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Resoconto della seduta n. 169 del 01/10/2021

CLXIX SEDUTA

Venerdì 1° ottobre 2021

Presidenza del Vicepresidente Giovanni Antonio SATTA

La seduta è aperta alle ore 11 e 19.

CUCCU CARLA, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 22 giugno 2021 (158), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Daniele Secondo Cocco, Angelo Cocciu, Michele Ennas, Diego Loi, Piero Maieli, Alfonso Marras, Annalisa Mele, Giuseppe Meloni, Pietro Moro, Francesco Paolo Mula, Antonio Mario Mundula, Giorgio Oppi, Antonello Peru, Andrea Piras, Aldo Salaris, Giovanni Satta, Stefano Schirru, Gian Filippo Sechi, Fabio Usai e Massimo Zedda hanno chiesto congedo per la seduta del 1° ottobre 2021.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i disegni di legge numero 289, 291.

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le proposte di legge numero 283, 284, 285, 286, 287, 288, 290.

Risposta scritta a interrogazioni

PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle interrogazioni numero 1138, 1140 (Risposte scritte pervenute il 12 agosto 2021); numero 1009, 1088 (Risposte scritte pervenute il 25 agosto 2021); numero 1148, 1151, 1154 (Risposte scritte pervenute il 1° settembre 2021); numero 1088 (Risposta scritta pervenuta l'8 settembre 2021); numero 1188 (Risposta scritta pervenuta il 13 settembre 2021); numero 908 (Risposta scritta pervenuta il 27 settembre 2021); numero 1101, 1143 (Risposte scritte pervenute il 30 settembre 2021).

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

CUCCU CARLA, Segretaria. Sono state presentate le interrogazioni numero 1156/A, 1157/A, 1158/A, 1159/A, 1160/A, 1161/A, 1162/A, 1163/A, 1164/A, 1165/A, 1166/A, 1167/A, 1168/A, 1169/A, 1170/A, 1171/A, 1172/A, 1173/A, 1174/A, 1175/A, 1176/A, 1177/A, 1178/A, 1179/A, 1180/A, 1181/A, 1182/A, 1183/A, 1184/A, 1185/A, 1186/A, 1187/A, 1188/A, 1189/A, 1190/A, 1191/A, 1192/A, 1193/A, 1194/A, 1195/A, 1196/A, 1197/A, 1198/A, 1199/A, 1200/A, 1201/A, 1202/A, 1203/A, 1204/A, 1205/A, 1206/A, 1207/A, 1208/A, 1209/A, 1210/A, 1211/A, 1212/A, 1213/A, 1214/A, 1215/A, 1216/A, 1217/A, 1218/A, 1219/A.

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

CUCCU CARLA, Segretaria. Sono state presentate le mozioni numero 506, 507, 508, 509, 510, 511, 512, 513, 514, 515.

Discussione congiunta delle mozioni: Mele - Zedda Alessandra - Fancello - Cuccu - Canu sul crescente e preoccupante fenomeno della violenza di genere e aumento dei femminicidi (513); Manca Desirè Alma - Ciusa - Li Gioi - Solinas Alessandro in merito all'istituzione di un percorso di tutela delle vittime di violenza (514); Pinna - Caddeo - Orrù - Ganau - Comandini - Corrias - Deriu - Meloni - Moriconi - Piscedda - Cocco - Lai - Agus - Loi - Piu - Satta Gian Franco - Zedda Massimo sulla strategia e le azioni da intraprendere a contrasto delle discriminazioni e violenza basate sul genere e sull'orientamento sessuale (515) e approvazione di ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni Mele - Zedda Alessandra - Fancello - Cuccu - Canu sul crescente e preoccupante fenomeno della violenza di genere e aumento dei femminicidi (513); Manca Desirè Alma - Ciusa - Li Gioi - Solinas Alessandro in merito all'istituzione di un percorso di tutela delle vittime di violenza (514); Pinna - Caddeo - Orrù - Ganau - Comandini - Corrias - Deriu - Meloni - Moriconi - Piscedda - Cocco - Lai - Agus - Loi - Piu - Satta Gian Franco - Zedda Massimo sulla strategia e le azioni da intraprendere a contrasto delle discriminazioni e violenza basate sul genere e sull'orientamento sessuale (515).

Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione numero 513 ha facoltà di illustrarla.

CUCCU CARLA (M5S). Grazie Presidente, è un onore poter illustrare questa mozione che ci riguarda tutte come donne facenti parte delle istituzioni, ma in primis come cittadine, come professioniste inserite nel mondo del lavoro, come madri, come figlie, come sorelle, come compagne, come spose. In particolar modo mi sento onorata di poter illustrare questa mozione dal momento che uno dei miei interventi, una volta eletta nel seno quindi di questa assise regionale, è stato quello di chiedere attraverso l'interpellanza numero 25 del 15 luglio 2019 l'attuazione dei decreti attuativi della legge regionale numero 33 del 2018, che la legislazione regionale precedente aveva previsto e approvato per poter istituire anche il reddito di libertà a favore delle donne vittime di violenza. Ho fatto seguito a questa prima interpellanza con un ulteriore interrogazione, e quindi nel marzo 2020, la numero 358 sempre a mia firma, proprio per dare ulteriore risalto e sviluppo, oltre che gambe, a questa necessità impellente davanti alla quale nessuno di noi può girarsi da un'altra parte, può sottovalutare. Questa mozione a prima firma quindi dell'onorevole Mele, firmataria insieme alla collega nonché assessora Zedda Alessandra, alla collega Elena Fancello, sottoscritta anche da me e poi anche dalla Capogruppo del Gruppo dei Riformatori qui in Consiglio regionale Sara Canu, mi vede sicuramente partecipe e convinta e soprattutto quindi impegnata a non trascurare questo tema, e vado a leggere.

Premesso che la violenza di genere è una grave violazione dei diritti umani e della libertà individuale in tutte le sue sfere, personale, lavorativa ed economica, oltre che rappresentare un grave problema culturale, il CRENOS, centro di ricerche dell'Università di Cagliari e Sassari ha dedicato un capitolo del suo consueto report sullo stato della Sardegna proprio al fenomeno della violenza domestica in virtù del sempre più crescente aumento del fenomeno.

Preso atto che nel 2019 le chiamate al numero "1522", ossia servizio pubblico promosso dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking, erano state centoquarantanove, mentre nel 2020 sono più che raddoppiate raggiungendo l'allarmante quota di trecentoventi.

Considerato che tali dati ufficiali non tengono ovviamente conto del sommerso, vale a dire tutte le vittime di violenza che decidono di non chiedere aiuto né denunciare, che ha quasi certamente delle dimensioni assai più consistenti, i dati inerenti ai casi di violazione relativamente al periodo del lockdown conseguente alle misure anti Covid-19 rilevano che la convivenza e il confinamento forzati hanno acutizzato situazioni di violenza preesistenti all'interno della famiglia. La maggiore difficoltà per il raggiungimento dell'autonomia da parte delle donne vittime di violenza che hanno intrapreso un percorso presso una casa rifugio nei centri antiviolenza è trovare una situazione e soluzione abitativa decorosa e capace di soddisfare le esigenze proprie, ma soprattutto nella maggior parte dei casi dei figli minori. Nella media nazionale solo il 35 per cento delle donne vittime di violenza considerano sin da subito tali atti come un reato, di queste solo il 12 per cento arriva poi a denunciare l'autore della violenza, mentre in Sardegna la consapevolezza immediata dell'essere rimasta vittima di un reato sale al 47 per cento, e molto più della metà ha poi denunciato. Tali differenze emergono anche nello studio dei dati inerenti alla percentuale di donne, in Sardegna il 7 per cento contro una media nazionale di ben quattro punti in merito che si sono rivolte nel 2020 ai centri antiviolenza e al Telefono Rosa dopo essere state aggredite.

Rilevato che l'istituzione del reddito di libertà, che ha visto la Sardegna essere la prima Regione a realizzarlo, è stato un primo e importante passo, ma adesso deve necessariamente far seguito anche la creazione di una rete capillare di servizi che diminuisca il costo economico e psicologico dell'uscita della donna dal luogo in cui è vittima di violenze. Il reinserimento nel mondo del lavoro per le vittime di violenza di genere risulta difficoltoso, compromettendo quel fattore determinante per l'emancipazione femminile che è l'indipendenza economica, elemento quest'ultimo decisivo anche per l'uscita definitiva dal terribile circolo delle violenze.

Rilevato inoltre che tali violenze di genere e casi di stalking purtroppo, sin troppo spesso, sfociano in femminicidi, termine che negli ultimi anni ha interessato con paurosa frequenza le nostre cronache locali, è necessario abbattere le barriere culturali come lo sono gli stereotipi arcaici che tentano di giustificare la predominanza fisica, psicologica e sessuale dell'uomo rispetto alla donna, per superare alla radice tali vergognosi episodi. Per farlo è indispensabile prevedere una sempre maggiore informazioni sull'argomento partendo dalle scuole di ogni ordine e grado, favorendo così la crescita e il corretto sviluppo psicologico e sociale di giovani sempre più consapevoli e non più legati a passati retaggi.

Impegna il Presidente della Giunta e la Giunta regionale ad assicurare la necessaria continuità ai finanziamenti alle attività e al funzionamento dei centri e delle reti antiviolenza territoriali al fine di rafforzare la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere, a prevedere sempre maggiori azioni per il reinserimento economico e sociale con particolare attenzione al mondo del lavoro, delle donne vittima di violenza che escono dai centri, ad attivarsi per sensibilizzare le imprese alle assunzioni di coloro che escono dai centri di violenza, incentivando misure di sostegno alla genitorialità, ad attivarsi presso gli istituti scolastici per promuovere azioni di sensibilizzazione, e ad adottare specifici programmi di educazione scolastica finalizzati alla prevenzione della violenza, nonché alla diffusione di linee guida per una comunicazione improntata al rispetto delle differenze di genere, ad intercedere presso il Governo nazionale per favorire l'adozione di strategie efficaci per prevenire tutte le forme di violenza fisica, psicologica, sessuale, lavorativa ed economica. Grazie.

PRESIDENTE. Uno dei presentatori della mozione numero 514 ha facoltà di illustrarla.

MANCA DESIRÈ (M5S). Grazie Presidente. Siamo veramente contenti che oggi arrivi in Aula questo argomento, sono due anni e mezzo che chiediamo di parlare di violenza, violenza di genere e soprattutto violenza sulle donne, e siamo stati costretti come minoranza a presentare una richiesta formale e istituzionale scritta per cercare di parlare di questo argomento nella massima istituzione sarda, e l'abbiamo fatto con un atto formale sottoscrivendo una richiesta. E oggi finalmente, nella seduta statutaria, parliamo di questo. È un onore per me da donna, da madre, da rappresentante delle istituzioni. Una ogni tre giorni: questo è il numero delle donne uccise nei primi dieci mesi. La morte è il prezzo più alto che le donne si trovano a pagare, ma non è l'unico, no, non è solo la morte, sono anche i soprusi, infatti i soprusi hanno molte forme di violenza, e spesso hanno delle forme quasi irriconoscibili, anche perché spesso nella maggior parte dei casi il carnefice è colui che dice di amare: un marito, un fidanzato. Parliamo della Sardegna, e mi piace ricordare le vittime di questo ultimo anno e di questi ultimi anni. Ricordiamo: Angelica Salis, accoltellata ripetutamente dal marito Paolo; Paola Piras, raggiunta da diciotto coltellate da parte dell'ex compagno sopravvissuto, ma purtroppo il suo figlio Mirko a soli vent'anni non ce l'ha fatta; Marisa Pireddu, uccisa a coltellate dal marito qualche mese prima; Zdenka, uccisa a coltellate dall'ex compagno, vittime anche le due figlie rimaste senza madre; non c'è stato niente da fare neanche per Michela Fiori, strangolata dal marito. Questi sono alcuni nomi che tutto il Consiglio regionale ha il dovere di ricordare e lo facciamo, scegliamo di farlo con la presentazione di questa mozione che è poi il risultato anche, una proposta, una richiesta di aiuto alla classe politica, tutta la classe politica senza colori di appartenenza, senza bandiere di appartenenza, di affrontare e di trovare anche quelle azioni concrete per cercare di contrastare l'aumento della violenza nel nostro territorio e nella nostra isola. Allora con la presentazione di questa mozione abbiamo cercato di raggruppare quello che è il contenuto di una nostra proposta di legge che abbiamo presentato e protocollato circa un anno fa che giace nei cassetti del Consiglio regionale. Ci sarebbe piaciuto che questa proposta di legge, sicuramente perfettibile, fosse arrivata nella Commissione competente, sarebbe stata una base di partenza, una base su cui lavorare tutti insieme per cercare di contrastare questo fenomeno che purtroppo vede la Sardegna una delle regioni più coinvolte di tutta Italia. Abbiamo cercato di inserire in questa mozione i punti fondamentali che abbiamo cercato di toccare nella nostra proposta di legge, e cosa chiediamo al Presidente della Regione Sardegna, che non si smentisce mai e neanche oggi è presente in un avvenimento così importante per il Consiglio regionale, che è quello dove cerchiamo di parlare di persone, uomini, donne e bambini vittime di violenza, e neanche in questa occasione il Presidente della Regione sarda ci onora della sua presenza. Noi chiediamo di adottare ogni atto necessario alla costituzione e implementazione della rete regionale contro la violenza di genere, predisponendo uno schema generale di protocollo d'intesa interistituzionale. Chiediamo di definire l'iter per l'attuazione del percorso di protezione denominato percorso di tutela delle vittime di violenza, e la costituzione delle équipe multidisciplinari all'interno delle strutture ospedaliere di pronto soccorso, di primo e secondo livello. Chiediamo di istituire il Codice Rosa quale codice aggiuntivo di accesso al triage di pronto soccorso visibile ai soli operatori sanitari. Chiediamo di adottare il piano regionale triennale di prevenzione e contrasto alla violenza e alle discriminazioni motivate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale. Chiediamo di sostenere e potenziare le strutture e i servizi di presa in carico, accoglienza e reinserimento psicologico, sociale e lavorativo dei soggetti vittime di violenza o psicologica, o di discriminazioni motivate dall'orientamento sessuale, o dall'identità di genere, e gli interventi a sostegno dei figli, non ci dimentichiamo mai dei figli delle vittime di violenza. Chiediamo di sostenere la realizzazione degli sportelli di ascolto e di rifugi Arcobaleno per le persone LGBT, vittime di discriminazione e violenza di genere. Chiediamo di promuovere interventi volti a sostenere l'autonomia economica, economica e psicologica delle vittime di violenza ai fini dell'inserimento, o reinserimento lavorativo, anche attraverso forme di sostegno e iniziative imprenditoriali e contributi con la formazione professionale. Chiediamo di promuovere percorsi specifici per assicurare ai figli vittime di violenza un adeguato sostegno psicologico, il diritto allo studio e alla formazione anche attraverso l'erogazione di contributi economici, nonché azioni per agevolare il loro inserimento nel mondo lavorativo. Chiediamo di istituire presso la Giunta regionale un tavolo di coordinamento permanente regionale quale sede di confronto, scambio di informazioni, condivisione e valutazione dei risultati raggiunti in funzione della pianificazione e programmazione regionale unitaria. Chiediamo di promuovere l'organizzazione dei tavoli di coordinamento d'ambito del sistema degli interventi per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni motivate dall'orientamento sessuale o dall'entità di genere, e della violenza di genere per l'inserimento socio-lavorativo delle vittime. Chiediamo di promuovere la formazione e l'aggiornamento secondo standard uniformi a livello regionale del personale interno e dei soggetti esterni operanti a diverso titolo nell'ambito della rete regionale contro la violenza. Chiediamo di promuovere il collegamento di tutti i Centri antiviolenza, gli sportelli Arcobaleno con la rete nazionale del numero di utilità pubblica "1522". Chiediamo di sostenere iniziative rivolte a fare emergere la violenza sommersa anche mediante strategie di intervento indiretto condotte con l'ausilio di educatori professionali. Chiediamo di promuovere nel settore della comunicazione e dei mass media campagne informative di sensibilizzazione rivolte in particolare ai giovani, agli insegnanti, agli operatori del settore, in merito ai potenziali rischi del mondo digitale e alle possibili contromisure sfruttando le potenzialità del web e dei social per favorire la diffusione di modelli positivi nelle relazioni di genere. Chiediamo di promuovere in ambito lavorativo, scolastico, formativo e nei luoghi di istruzione non formale, nei centri di aggregazione sportiva, culturale e anche di svago, campagne informative e azioni di sensibilizzazione sul tema dell'affettività, della cultura, del reciproco rispetto, dei modelli sociali positivi volti al superamento degli stereotipi di genere, o basati sull'orientamento sessuale, contrastando l'uso di termini, immagini, linguaggi verbali e non verbali, lesivi nella dignità delle persone. Chiediamo di promuovere appositi programmi anche all'interno delle carceri, non ce lo dimentichiamo mai, per il recupero delle persone maltrattanti su indicazione degli organi giudiziari o dei servizi sociali…

PRESIDENTE. Concluda.

MANCA DESIRÈ (M5S). …competenti a favore di coloro che li richiedono. Chiediamo di promuovere la raccolta, l'aggiornamento dei dati, ivi compreso il censimento dei centri antiviolenza e delle case rifugio e degli sportelli dei rifugi Arcobaleno. Chiediamo di assicurare il patrocinio legale alle vittime di violenza di genere attraverso l'istituzione del fondo di solidarietà e nei limiti dei criteri e delle modalità stabiliti dal regolamento attuativo. Chiediamo di garantire, altresì, l'istituzione del fondo di solidarietà alle vittime di violenza, alle vittime di violenza e ai loro figli, interventi di sostegno a titolo di contributo spese per le cure mediche e psicologiche che devono essere gratuite, e per il completamento del percorso formativo e di autonomia. Grazie Presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Desirè Manca.

Uno dei presentatori della mozione numero 515 ha facoltà di illustrarla.

PINNA ROSSELLA (PD). Grazie Presidente, signor Presidente, signor Assessore, assessore Nieddu, colleghe e colleghi. Inizio questo mio intervento oggi senza nascondere una certa emozione e il groppo alla gola. Il tema è molto delicato e mi sta particolarmente a cuore, e inizio parlando dei dati che già le colleghe che mi hanno preceduto hanno illustrato, dal dato del rapporto annuale stilato dal fondo ONU che ci restituisce un quadro allarmante sullo stato della popolazione mondiale, in particolare attesta che le donne hanno il 75 per cento dei diritti in meno degli uomini. Più di sette su dieci delle persone vittime di forme di schiavitù moderna, quali lavoro e matrimonio forzato, traffico di esseri umani, sono donne: matrimoni forzati, matrimoni cosiddetti riparatori dopo uno stupro, mutilazioni genitali, abusi sessuali, ingiustizie socio-economiche, femminicidi colpiscono le donne di tutto il mondo. Nella nostra civilissima Europa nell'anno 2019 una donna è stata uccisa ogni sei ore, una media di quattro al giorno, e in Italia secondo l'ultimo report il quadro dei femminicidi risulta piuttosto allarmante, così come è aumentata la violenza omotransfobica, che sfocia spesso in casi di suicidio fra i giovani e tra gli adolescenti, e non solo. In nove mesi, dal primo gennaio al 19 settembre, sono stati registrati duecentosei omicidi con ottantasei vittime donne, una in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, settantatre uccise in ambito familiare e affettivo, e cinquantadue di queste hanno trovato la morte per mano del partner o ex partner, e nel 2020 gli omicidi volontari ai danni di donne sono stati cinque in più rispetto al 2019, centosedici. Sono numeri dell'orrore cresciuti purtroppo negli ultimi anni in Italia e in Sardegna. Anche il racconto di queste morti violente, di queste vite spezzate è da farsi con attenzione al linguaggio, è morta per un amore malato, dicono, è stata uccisa per troppo amore, scrivono su alcuni giornali, ma non è amore, l'amore non uccide. Espressioni come queste, o le recenti affermazioni di una famosa giornalista in un noto programma televisivo sono volte quasi a giustificare un uomo violento, e ricordo anche che un tribunale ha perfino concesso un'attenuante legata a una tempesta emotiva, scaturita dalla gelosia, da sentimenti violenti di possessività e controllo sulla vita delle donne. Questi fatti ed espressioni linguistiche sono frutto di stereotipi radicati, che sottendono l'idea che sia la donna ad avere responsabilità sulla violenza fisica o sessuale subita. Questo uso del linguaggio inadeguato e irresponsabile è la cartina di tornasole di una mancanza di cultura della parità e del rispetto, e della sminuita percezione sociale del fenomeno della violenza contro le donne. I pregiudizi e gli stereotipi sui ruoli di genere sono ancora molto radicati anche tra i giovani e ciò spiega la diffusione in questa fascia di età di relazioni violente patologiche, e sono spesso alla base di comportamenti violenti e abusanti verso le donne e verso le persone LGBTQI. E' quello che emerge da numerose indagini condotte da autorevoli istituti di ricerca, sugli stereotipi, sui ruoli di genere e l'immagine sociale della violenza. Mi ha colpito un recente studio del Censis che in merito alla consapevolezza degli italiani sul tema dei femminicidi riferisce che più del 70 per cento è convinto che è quello della violenza sulle donne sia un problema reale della società, dove la disparità di genere resta forte e presente, ma circa 1 su 4 ritiene che sia un problema che riguarda solo una piccola minoranza, mentre 4 italiani su 100 ritengono invece che non si tratti di un problema, ma di casi isolati cui viene data una eccessiva attenzione mediatica. Sì, avete sentito bene, un'eccessiva attenzione mediatica, ovvero il problema non esiste. Invece sono state uccise da chi diceva di amarle e aveva promesso di rispettarle e proteggerle, uccise in quanto donne per un no, per la fine di una relazione, uccise perché considerate una proprietà, perché "se non sei mia non sarai di nessun altro", e perché "alla fine tu non vali e faccio di te ciò che voglio". Persino davanti alla pandemia donne e uomini stanno pagando un prezzo differente, la crisi economica causata dal Covid ha colpito maggiormente l'occupazione femminile rendendo le donne più sole e vulnerabili, mentre il lockdown ha canalizzato ancora di più le frustrazioni e la violenza all'interno delle famiglie e delle coppie. La convivenza forzata è diventata per molte una trappola mortale. Nel 2020 è quasi raddoppiato rispetto all'anno precedente il numero delle chiamate al numero antiviolenza 1522. E' in atto una terribile strage silenziosa che molto spesso si consuma dentro le relazioni talvolta finite, all'interno dell'intimità della famiglia, della casa, di quello che dovrebbe essere il luogo della sicurezza e del riparo, rassicuranti luoghi di affetti e di relazioni positive, e sono invece i luoghi più pericolosi per le donne e per i bambini. Femminicidi che spesso non arrivano all'improvviso, e si consumano dopo una escalation di violenza agita, subita e spesso taciuta, perché la paura è più forte, e perché denunciare non sempre, quasi mai, ti protegge dall'aguzzino. Tante volte giustificare i comportamenti aggressivi del partner è colpevolizzarsi inconsciamente è la strada preferita da molte donne.

Ora, davanti a numeri così altamente drammatici dobbiamo interrogarci come legislatori e come Istituzione regionale, ci dobbiamo chiedere se stiamo facendo abbastanza. Cosa c'è che non funziona, se delle donne uccise dai loro compagni o ex nell'ultimo triennio solo il 12 per cento ha denunciato? Perché l'88 per cento delle donne che subisce violenza, o meglio che è stata poi uccisa non denuncia? Perché non crede nella denuncia come via d'uscita? Il sistema di contrasto e di repressione funziona veramente? Gli interventi riparatori: centri di violenza, case rifugio, reddito di libertà, osservatorio, indispensabili sì strumenti a supporto delle vittime, sono adeguati? Sono sufficienti?

Sono diffusi, accessibili e sufficientemente finanziati? Il quadro normativo nazionale, penso alla legge sullo stalking, al codice rosso, agli orfani di femminicidio, e regionale in vigore, la Sardegna ha delle norme in materia tra le più avanzate oggettivamente, è appropriato? Oppure è necessario un ulteriore intervento legislativo per migliorarlo? Se non ha ancora prodotto i risultati sperati, occorrono ulteriori interventi legislativi? Credo che occorra mettere in atto sistemi invece di valutazione, per valutare e assicurare che tutti gli strumenti previsti siano effettivamente ed efficacemente applicati e utilizzati. Con questa mozione noi proponiamo che la Giunta metta nella sua agenda politica una serie di azioni coordinate di intervento, partendo da un piano strategico contro le discriminazioni di genere e per le pari opportunità tra gli individui. Sopraffazione e violenza, lo ribadisco, originano dallo stesso humus, senza un cambiamento culturale di orizzonte, che metta al centro il valore dell'identità di ogni persona, la relazione tra gli individui, il rispetto di ogni differenza e dell'altro da sé, nessuna legge, nessuno strumento di repressione, sarà sufficientemente adeguato. Non è più rinviabile, occorre stringere un'alleanza forte con la scuola, per una educazione di genere all'affettività, alla non violenza, fin dall'infanzia, che cambi i paradigmi dannosi e inadeguati, che insegni a gestire i conflitti e ad uscire dalle strettoie dei pregiudizi e degli stereotipi. Partire da qui è indispensabile per cambiare il modello culturale che giustifica la violenza, e quello sull'educazione è un investimento decisivo. E, concludo, mettere la parità di genere come obiettivo strategico dell'azione di governo, lo chiedo al presidente Solinas, a tutte le colleghe e colleghi, a quelli presenti e anche a quelli assenti, non è solo una questione di difesa sacrosanta dei diritti, non è solo il dovuto riconoscimento delle differenze, è far progredire la società culturalmente, economicamente e socialmente. Se tutte le donne fossero messe nelle condizioni di poter lavorare, di entrare nel mondo dell'impresa con un sostegno vero all'imprenditoria femminile. Se il 50 per cento dei ruoli apicali fosse garantito per le donne, se tutti i consigli di amministrazione, le nomine politiche, tenessero davvero in considerazione la parità garantita dalla Costituzione allora l'Italia, e ciò vale certamente per la nostra Regione, sarebbe un Paese con il PIL accresciuto di 3-4 punti l'anno, perché il lavoro femminile genera ricchezza. Se il diritto di rappresentanza fosse davvero il faro dell'agire politico saremmo un Paese davvero democratico e non sempre in lotta con se stesso. Se la parità salariale fosse garantita a uomini e donne, se ci fosse nella nostra Regione un valido sistema di servizi ed infrastrutture sociali per sostenere la famiglia e per la conciliazione dei tempi di cura e del lavoro, le donne non sarebbero costrette a licenziarsi alla nascita dei figli e, forse, anche in questa Regione nascerebbero più bambini, figli desiderati, a cui tanti giovani oggi rinunciano. Il lavoro da fare è davvero ancora molto lungo e deve essere fatto dalle donne e dagli uomini, ma soprattutto deve essere fatto ora con convinzione e concretezza. Noi abbiamo dato alcune idee e proposte, e su questo tema dai banchi della minoranza, come democratiche e democratici, dentro e fuori da quest'Aula, siamo pronti a offrire tutto il nostro impegno e a dare la nostra fattiva collaborazione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Elena Fancello. Ne ha facoltà.

FANCELLO ELENA (PSd'Az). Presidente, occasioni come quella di oggi non vanno sprecate, quindi il mio tentativo sarà quello di rifuggire dalla retorica per cercare di dire qualcosa di concreto e di utile. Il messaggio che vogliamo mandare con questo mio intervento è innanzitutto politico. La violenza sulle donne non è una questione di relazioni, come molti spesso intendono sbagliando, è una questione di potere. Gli uomini maltrattanti e assassini sono accomunati dalla volontà di avere il controllo totale sulla donna di cui si ritengono padroni, stiamo quindi parlando di persone che pretendono di avere la proprietà di altre persone, come se fossero cose. Per me è molto difficile affrontare questo discorso, sono sempre stata una donna libera e indipendente, provengo da un contesto in cui le donne hanno sempre avuto un ruolo sociale paritario rispetto agli uomini, non è un caso che in questo momento io sia candidata a sindaca di Dorgali, che anche l'altra candidata sia una donna e che la sindaca uscente sia donna, e che il mio paese vanti da sempre una lunga tradizione di sindache donne. E' quindi difficile per me accettare che possa esistere, in maniera così imponente, una forma di patriarcato ancora diffusa, anacronistica rispetto al mondo, ma che purtroppo scorre e si nutre ancora di paura, ignoranza e omertà. Cosa può fare la politica regionale per contrastare un fenomeno che le cronache dicono in aumento, sintomo di un peggioramento del livello di civiltà della nostra società? Questa è la domanda a cui oggi siamo chiamati a rispondere. La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, meglio nota come Convenzione di Istanbul, ha compiuto dieci anni, si fonda su quelle che vengono chiamate le quattro "p": proteggere, prevenire, perseguire, politiche integrate. Su almeno due di queste noi possiamo fare la nostra parte, opponendoci ai tentativi di confinare le donne nei ruoli tradizionali, potenziando gli strumenti per alleggerire il carico sociale a cui sono sottoposte. Possiamo investire maggiormente su progetti finalizzati a una svolta culturale fin dall'infanzia. Ho notato che le nuove generazioni, fin dalla più tenera età, stanno sviluppando una spiccata sensibilità sui temi ambientali, merito di un circuito virtuoso che dalle attività della scuola d'infanzia e primarie fino ai cartoni animati diffonde in maniera naturale e condivisa il senso del rispetto per la natura e della cura del pianeta. Vorrei che tutto questo accadesse anche per quanto riguarda i ruoli di genere, l'educazione al rispetto, alla condivisione e soprattutto alla libertà. Possiamo quindi prevenire e attivare politiche integrate, non possiamo purtroppo perseguire e questo è un tasto dolente, perché conosciamo bene le falle che ancora insistono nel nostro sistema Stato. Le misure che vengono messe in atto dopo la denuncia di maltrattamenti sono insufficienti. Troppo spesso le donne si sentono sole, non vengono credute, non hanno i mezzi economici e non vengono protette. E non si parli di coraggio di denunciare, il coraggio le donne lo hanno, sono le opportunità e le possibilità che mancano, servono più strumenti. La politica regionale può guardarsi allo specchio e chiedersi se, come, quanto le donne siano presenti nelle Istituzioni sarde. In questa stessa aula, Sa die de sa Sardigna, ho posto il problema dell'assenza delle donne nella politica linguistica, ho alzato un velo, molte persone si sono interessate e mi hanno detto, sì è vero, non ci avevo mai pensato. Eppure la lingua è il primo e il più potente fattore di potere. Se siamo assenti lì, quale può essere il nostro peso in tutti gli altri ambiti decisionali? Cos'altro può fare il Consiglio regionale? Può fare ottime leggi, come la legge numero 8 del 2007, che ha istituito i centri antiviolenza e le case di accoglienza. Quella legge fu un esempio di collaborazione fra Consigliere donne di tutti gli schieramenti e che, insieme, furono capaci di imporre all'Assemblea e tutta l'opinione pubblica sarda l'urgenza di riconoscere le specificità di un problema e il dovere di mettere in campo soluzioni e risorse. E' un esempio che anche noi, Consiglieri di questa legislatura, dovremmo seguire, unire le forze e collaborare. Dobbiamo risultare agli occhi delle donne sarde un punto di riferimento, la loro voce in questo Consiglio, dobbiamo prenderci l'impegno di vigilare sull'applicazione delle leggi che già abbiamo e, se necessario, aggiornarle o predisporne di nuove. Dobbiamo tenere un contatto costante con la realtà, verificare che gli strumenti a disposizione delle donne maltrattate funzionino, valutare i fabbisogni e gli stanziamenti necessari.

Questo è un compito che mi sento di dire potremmo svolgere in assoluta armonia, noi consiglieri regionali, senza costruire nuove strutture, ma semplicemente collaborando, ascoltando le associazioni che si occupano dei centri antiviolenza, che gestiscono le case rifugio, allargando il confronto all'intero arco politico, ma anche ai coordinamenti indipendenti, assumendo posizioni pubbliche ogni volta sia necessario per far sì che l'attenzione sul tema non si abbassi mai. Per tutti questi motivi avrei voluto che oggi ci fossimo presentate con un documento unitario, non lo abbiamo fatto, prendiamo atto di aver commesso un errore. Da parte mia c'è la massima disponibilità e iniziare un percorso unitario su questo tema ed è un appello che rivolgo alle colleghe, ma anche a tutti i colleghi. Nel nostro ruolo possiamo fare questo e tanto altro, mettendo in pratica l'azione più forte e più efficace di tutte, le esempio.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Maria Laura Orrù. Ne ha facoltà.

ORRU' MARIA LAURA (Progressisti). presidente, onorevoli colleghi e colleghe, mando un saluto anche a chi ci sta osservando oggi dalla tribuna. E' un momento chiaramente importante, un momento fondamentale. Un momento che diventa ancora più fondamentale visti i dati e le conseguenze della pandemia che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo. Non dobbiamo nasconderci, la pandemia da Covid 19 ha generato un incremento delle disuguaglianze, e tra queste c'è ciò che hanno vissuto in maniera distorta le donne e i giovani. E oggi mi sembra doveroso parlare di questo tema, anche perché è da tempo che le donne, i movimenti femministi, fanno sentire con forza la loro voce e, unite anche alle diverse realtà della società civile e politica, scendono in piazza per i diritti delle donne e contro ogni discriminazione e violenza. Una lotta sempre più attuale, visto che come dicevo poco fa, le donne stanno già pagando maggiormente la crisi determinata dalla pandemia. E oggi, più che mai, serve ribadire proprio con forza la necessità di sradicare un sistema distorto, prevalentemente patriarcale, che nel limitare il pieno esercizio dei diritti delle donne limita la stessa democrazia. Sì, perché se si continuano ad ignorare le discriminazioni di genere in ogni loro declinazione si intacca pesantemente la democrazia. E i dati sono allarmanti, l'hanno detto le colleghe prima di me, e non sto a ripetere quanto espresso, ma analizzando, guardando il report "vite violate", elaborato dal Servizio analisi criminale della direzione centrale della Polizia criminale, e insieme anche ai dati del report dell'Istat, è chiaro che vedere un incremento del 35 per cento e del 45 per cento degli omicidi totali come si in Italia, e che questi sono compiuti sulle donne, è chiaro che è un dato allarmante su cui non si può più tacere, e su cui bisogna fare però delle cose concrete, perché altrimenti continuiamo a parlare, a girarci intorno e non dare delle soluzioni. Intanto mi sembra chiaro che è stata presentata da parte della Commissione pari opportunità della Regione Sardegna un'istanza urgente per l'inserimento di ulteriori fondi per il funzionamento dei Centri antiviolenza della Regione Sardegna, che può e deve essere inserito all'interno dell'omnibus, dell'assestamento di bilancio, che sta passando nelle varie Commissioni. A questo punto, vista l'importanza della giornata, oggi è la giornata seconda della Seduta statutaria, quindi un momento importante, riteniamo che questo tema sia il tema fondamentale, considerato anche il fatto che ci siano altri interventi su cui dialogare, basti pensare ai trasporti, al problema della sanità in Sardegna, ma se abbiamo pensato che questo fosse l'argomento principe, ecco, allora dobbiamo mettere le risorse. E poiché nella VI Commissione, la Commissione sanità, è passato all'unanimità, penso e spero che le risorse vengano stanziate in maniera adeguata, perché i centri antiviolenza hanno bisogno delle nostre risorse. E questo è chiaro, anche perché in tempi non sospetti, durante il periodo della pandemia, esattamente ad aprile dell'anno scorso, avevo presentato a firma di tutto il mio Gruppo consiliare dei Progressisti una mozione con una richiesta di intervento a supporto proprio dei centri antiviolenza delle attività in loco e delle sedi operative e degli Sportelli. L'avevamo presentata perché, come riferito dagli stessi centri, durante le settimane di emergenza da coronavirus, i numeri verdi sono sì rimasti tutti attivi ma le donne vittime di abusi costrette in una forzata convivenza casalinga, spesso con uomini violenti, hanno avuto enormi problemi anche solo a inviare un messaggio di aiuto al numero verde. Il dato chiaramente è stato allarmante, perché nelle prime due settimane di marzo del 2020 le chiamate arrivate erano diminuite del 50 per cento, ma poi il risultato lo conosciamo bene adesso. Quindi, ripeto, noi dobbiamo poi fare uno sforzo superiore e lo sforzo superiore è quello di pensare e agire immediatamente, perché anche in quella mozione l'avevamo scritto, sul piano nazionale di ripresa e resilienza ci sono dei fondi dedicati, risorse straordinarie per la battaglia contro le disuguaglianze di genere e noi, però devo dirlo, non voglio essere polemica e critica in un momento così delicato, però non stiamo facendo niente. Quindi una mano sulla coscienza, una mano sull'omnibus e sui soldi destinati a questo tipo di politiche e portiamole avanti con coerenza e con coraggio, grazie.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Laura Caddeo. Ne ha facoltà.

CADDEO LAURA (Progressisti). Grazie Presidente, grazie a lei e grazie alla Conferenza dei Capigruppo che ha voluto fortemente questo argomento per la statutaria. Grazie alle colleghe che si sono attivate sulle mozioni che sono state presentate, mi sento di ringraziare anche i colleghi presenti, ma non posso non stigmatizzare l'assenza della maggior parte dei colleghi, ahimè trasversale. Forse, forse questo è uno dei rari momenti in cui si crea la parità in quest'Aula, perché siamo quasi nove a nove. È grave, mi scusi per il sarcasmo Presidente, in genere non mi piace utilizzarlo, non è uno strumento corretto, però è il minimo in questo momento. Questa secondo me è solo l'ennesima dimostrazione del fatto che su questo tema se la devono vedere le donne tra di loro, mi dispiace parlarne ai presenti, come si fa a scuola, quando si rimproverano i presenti per colpa degli assenti, però va detto. È successo il 25 novembre per la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, succede l'8 marzo, ma sì lasciamole sfogare una volta e poi riprendiamo il solito tran tran, d'altronde il potere ce l'abbiamo noi maschietti. Questa è la sintesi, mi dispiace dirla in maniera così cruda ma è così, ed è su questo che dobbiamo lavorare, sulla cultura e la cultura per quanto io sottoscriva tutti gli investimenti necessari a far passare già dalla scuola, già dalla famiglia, la formazione, l'educazione necessaria a modificare questa cultura patriarcale, maschilista, sessista nella quale siamo immersi, ancora! E che non sembra cambiare, non sembra cedere il passo al cambiamento. Ecco però io penso che oltre a quei canali dell'istruzione, della formazione, occorra lavorare sull'esperienza del cambiamento, perché sono convintissima che il bambino che in casa si rende conto che lo stipendio della mamma è uguale a quello del padre a parità di lavoro, che si rende conto che la mamma è chiamata a rappresentare la sua comunità e per questo alcune competenze le svolge il papà, oppure, ancora meglio, in quella comunità ci sono tutti i servizi che servono alla famiglia uomo e donna, padre e madre, conviventi, mariti e mariti, mogli e mogli, serva a potersi occupare della cosa pubblica, dell'interesse di una comunità. Se noi non ci occupiamo di questi cambiamenti culturali continueremo a fare queste giornate commemorative, celebrative che purtroppo diventano retorica e qualche volta, come oggi ve lo confesso, servono solo ad aumentare un po' i livelli della bile. È stato già detto che la pandemia ha peggiorato sicuramente la situazione delle donne vittime di violenza o vittime croniche in quelle famiglie dove l'uomo è violento, padre, fratello, convivente, marito e qualche volta ex. E se c'è un reato, un crimine che non è diminuito, anzi è aumentato, è proprio l'omicidio di donne. Vorrei anche sottolineare che la cultura, la cultura della parità reale, ma che vuol dire la cultura del rispetto della dignità di uomini e donne, passa anche, ormai è sempre più, attraverso i canali dell'informazione, della comunicazione. Ma lo vogliamo dire che ancora nonostante esistano linee guida, codici deontologici, auto regolamentativi del giornalismo, è stato anche citato, noi continuiamo a leggere, l'ha uccisa per troppo amore, era un così grande lavoratore, gelosia: il dramma della gelosia. Oppure raptus omicida. Allora siccome qualche volta conviene anche rivolgersi agli esperti, andiamo a vedere in psichiatria e psicologia se questo concetto di raptus omicida esiste, i giornalisti lo facciano questo sforzo di studiare prima di scrivere alcune cose. Perché questi omicidi, questi uomini che arrivano a sopprimere una vita i segnali li hanno dati abbondantemente di violenza, di aggressività eccessiva, di mancato rispetto della libertà della donna, della propria compagna, i segnali ci sono ma cosa vanno a intervistare i vicini per sentirsi dire: era un uomo normale, mentre lei che stava per separarsi era sempre gioiosa; questo ho letto! E l'avrete sentito anche voi nei servizi giornalistici. Ma basta! Ma basta perché questa è la cultura che poi respirano i nostri figli, i nostri bambini, i nostri adolescenti; è questa! Ma perché dovrebbero pensarla diversamente. C'è un altro aspetto che vorrei sottolineare, tra tutte le donne, più o meno esposte al rischio di violenza da parte degli uomini, perché prevalentemente è così, è abbastanza raro tra persone dello stesso sesso, c'è una fascia ancora più debole e ancora più invisibile che è quella delle donne portatrici di disabilità, disabilità con limitazioni sensoriali, fisiche oppure, e qui è ancora più pesante limitazioni di tipo psicosociale e intellettivo. Bene durante la pandemia queste donne non sono esistite, il loro ricorso alla denuncia, alla telefonata al 1522 si è attestato prevalentemente verso lo zero, perché? Perché sono donne, per la maggior parte, che non possono esercitare liberamente i propri diritti, non possono esercitare il diritto all'autodeterminazione e anche alla scelta di una vita sessuale consapevole, alla maternità, alla creazione di una famiglia, in genere sono sostituite da altri, possibilmente maschietti, anche in quel caso. Purtroppo il rischio, e parliamo della violenza peggiore oltre quella dell'omicidio, lo stupro. Ecco queste donne sono esposte allo stupro, o vengono addirittura stuprate in una percentuale doppia rispetto alle altre donne. È abbastanza grave e in generale sono esposte alla violenza dell'uomo sul 36 per cento rispetto al 30 per cento delle altre donne. Sono donne invisibili, donne che invece dobbiamo fare emergere da questa nebbia che le avvolge. Le leggi ci sono, è stato già detto, abbiamo una legge nazionale e anche una legge regionale addirittura con un'integrazione proprio sulla disabilità di circa un anno fa con un comma dell'allora assestamento di bilancio abbiamo introdotto proprio una modifica sui requisiti che devono avere le donne per accedere al reddito di libertà, siccome la legge prevedeva che avessero accesso privilegiato le donne con figli disabili, invece è stato introdotto anche donne disabili, sono a volte quelle dimenticanze che fortunatamente si possono correggere, così come è necessario che si legiferi sugli orfani da femminicidio, è necessario abbiamo tutti sicuramente presente il caso più eclatante in Sardegna che ancora questa bambina ormai adolescente non può accedere a un'eredità che le spetta. Ecco Presidente, la ringrazio per il tempo che mi ha concesso ancora e mi scuso, mi scuso anche per non essere oggi molto serena su questo argomento e spero che lei, Presidente, si faccia portavoce del nostro disagio rispetto all'assenza dei colleghi maschi.

Un'ultima cosa che forse però questa parità temporanea ci potrebbe far riflettere sul fatto che le quote rosa così come le abbiamo già così messe in pratica non sono sufficienti, occorre una reale parità di rappresentanza cioè dobbiamo eleggere tanti uomini quante donne.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Sara Canu. Ne ha facoltà.

CANU SARA (Riformatori Sardi). Grazie Presidente, allora mi introduco, subito dopo Laura Caddeo, che ha detto anche delle cose che condivido, come molte cose condivido nei discorsi anche delle altre donne e soprattutto anche nel fatto di fare queste giornate molto spesso commemorative senza arrivare mai a un dunque, cioè veramente si parla, si parla ma poi i problemi rimangono. Quindi ho avuto per questo anche difficoltà a pensare a un discorso che abbia veramente un significato qui dentro, molte delle cose sono già state dette, quindi non le ridirò, e quindi io mi sono soffermata quest'oggi soprattutto sulla prevenzione del femminicidio. Cioè siamo di fronte a questo fenomeno, che non tende a diminuire, ed è un po' comune sia in Italia ma in quasi tutti i Paesi del mondo. Evidentemente c'è un problema perché tutte le azioni poste in campo fino ad adesso non son state risolutive, anzi sono fallimentari visto che i problemi sono sempre gli stessi e anzi degenerano anche, anche a causa di questa pandemia che ha creato situazioni anche difficili da gestire di donne e uomini rinchiusi in casa, dove ovviamente si sono esacerbati gli animi e molti femminicidi poi sono incrementati anche per questo motivo, proprio per il fatto di essere così costretti a vivere in uno stesso ambiente. Ritengo che il primo problema più importante da risolvere è quello culturale, di cui ha parlato anche Laura Caddeo e che condivido, e che è il più difficile da cambiare, il più ostico risolto questo si risolverebbe tutti gli altri problemi e faccio un esempio concreto all'attualità, all'Afghanistan. Insegna l'Afghanistan, è tornato in un battito di ciglia nel Medioevo, andato via il controllo militare che teneva una apparente democrazia in questi decenni, dove le donne erano state incluse nella società acquisendo nuovi diritti come quello allo studio ad essere parte integrante della società, son venuti a mancare. È notizia del 30 settembre che la scuola e l'università sono state vietate alle ragazze, le donne sono state escluse dal Governo. Quindi voglio dire non si può imporre un qualcosa deve essere un processo interiore, un processo che avviene in particolar modo negli uomini che sono quelli che poi alla fine praticano queste violenze. Però neanche questo basta, perché nella società attuale in cui viviamo, i media hanno una fortissima influenza, veniamo da decenni di tv spazzatura, programmi di bassissimo livello culturale, improntati allo scontro, all'insulto da parte dei protagonisti di reality e si aggrediscono verbalmente, spessissimo si crea una contrapposizione proprio tra uomini e donne, sono veramente programmi che andrebbero, a parer mio aboliti, che io non ho mai guardato, perché mi rifiuto, ed è da decenni che non guardo questi programmi alla televisione, preferisco leggere un libro piuttosto che perdere il mio tempo. Però purtroppo i media sono quelli che attirano i giovani e quindi è lì il problema. Sì la scuola può fare quello che può fare, però bisogna fare di più, bisogna fare di più dando una programmazione culturale migliore, sia a livello della tv per esempio, ma siamo anche in una società multimediale, quindi si aggiunge la rete, quindi quell'ambiente dove regna la giungla e i giovani sono lasciati soli e trovano molti esempi negativi sfuggono ai controlli dei genitori e spesso i genitori lasciano i figli volontariamente, anche i più piccoli, anche piccolissimi, ho una bambina piccola io ho visto, non ha non ancora il cellulare in mano mia figlia che ha sei anni, ma io ho visto bambini di pochi mesi davanti ai cellulari intrattenuti e questo è un danno perché vanno saputi gestire questi media, c'è di tutto in internet, c'è di tutto nei cellulari abbiamo visto anche bambini suicidi… adesso magari un po' divagando, però secondo me rientra nell'argomento. Perché noi stiamo creando una società, i giovani di oggi non li stiamo mettendo in condizioni di creare comunque un maggiore rispetto tra gli uomini e donne, anzi si stanno distanziando con queste tecnologie. Questo per dire quindi appunto che i giovani di oggi saranno gli adulti di domani, e su essi dobbiamo investire, prevenire le situazioni drammatiche di violenza a cui oggi noi assistiamo, recuperare gli adulti di oggi, invece, è molto più complesso e di difficile riuscita. Se non si cambierà dunque mentalità, difficilmente riusciremo a risolvere le problematiche sociali cui assistiamo da anni con l'escalation di violenza, nonostante si mettano in campo una serie di iniziative che però purtroppo non sono poi così tanto efficaci. Per fare questo, io dico ovviamente, l'impegno non è soltanto regionale - ritornando appunto al discorso del contrasto alle violenze - ma nazionale.

Concludo. Ciò che noi possiamo fare oggi, quindi, è quello di dare mandato al Presidente, perché ovviamente la Regione da sola non può fare tutto, per intercedere con il Governo nazionale e per attivare tutta la prevenzione su tutte le forme di violenza di cui abbiamo parlato oggi - fisica, psicologica, sessuale, lavorativa -, incrementando anche i Centri in cui le donne vengono poi prese in carico, però quella è la parte finale, la cura, ma è molto importante anche, e soprattutto, la prevenzione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Alessandra Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA ALESSANDRA (FI). Un benvenuto a tutte le persone presenti oggi e alle colleghe e ai colleghi. Oggi siamo riuniti per discutere, ragionare e concordare su una questione sempre più drammatica e di un'attualità che è caratterizzata da un incremento di casi esponenziale, dinnanzi alla quale non possiamo e non dobbiamo permetterci di attendere, rinviare, procrastinare.

La politica, quella vera, quella al servizio della persona, di ogni persona, di tutte le persone, è chiamata oggi ad esprimersi con fatti concreti e azioni incisive per fronteggiare, combattere e arginare il dramma di migliaia di donne offese, vilipese, violentate e uccise. Non è una questione che riguarda alcune donne, in quanto parte lesa, o alcuni uomini, in quanto parte colpevole, è una vicenda di civiltà, di diritti negati. Sappiamo tutti quanto questa pandemia abbia di fatto acutizzato una crisi già in atto nel nostro sistema sociale ed economico e siamo altresì consapevoli quanto abbia favorito, nel chiuso delle case, l'aumento delle violenze casalinghe, dei soprusi, dei femminicidi; ci siamo impegnati per contrastare la crisi conseguente al Covid-19 e magari voltati dall'altra parte quando nel pianerottolo di casa nostra, e non a centinaia di chilometri di distanza, avveniva una lite, una discussione o peggio fatti di violenza. Il numero dei femminicidi in Italia non scende e la Sardegna non è stata esente da questo triste primato. C'è da chiedersi perché la società tutta - politica, istituzioni, enti locali, Chiesa, scuola, associazionismo, terzo settore - non assumono come primario l'impegno di denunciare, tutelare, proteggere e difendere. Questo Consiglio spero assuma con forza un piano straordinario di emergenza, che diventi strutturale, di contrasto alla violenza contro le donne; occorrono risorse e progettualità, energie sane e creative e soprattutto la creazione di una rete diffusa ed efficace di cui i Centri antiviolenza, le Case rifugio, l'accoglienza, la prevenzione, la formazione e l'inclusione sociale siano i nostri nodi strategici.

Come donna, come amministratrice e come prima firmataria della legge per il reddito di libertà, desidero che argomenti come quelli posti all'ordine del giorno di oggi non restino un numero qualsiasi di un elenco, ma diventino il fondamento di una alleanza trasversale, oltre gli schieramenti (come è stato in occasione dell'approvazione del reddito di libertà) e la differenza di genere, per affermare con forza e convinzione il principio ineluttabile della inviolabilità della persona e della libertà dell'autodeterminazione, dell'autoaffermazione di ogni persona, in primis delle donne, soprattutto di quelle più fragili, indifese e vulnerabili.

Occorre un impegno sinergico, da parte di tutte e di tutti, per individuare azioni concrete che possono favorire l'intercettazione dei rischi di violenza, la denuncia, il presidio, il processo di presa in carico della vittima, partendo dal nodo dell'allontanamento dell'uomo che la maltratta, insieme al rafforzamento della normativa, perché è necessario il rafforzamento della normativa. Abbiamo visto che anche con l'introduzione del codice rosso e con altre riforme si ha certo un'evoluzione, un aumento di norme a sostegno, però abbiamo capito che non basta ed è per questo che occorre che le forze dell'ordine siano dotate di maggiori strumenti affinché l'intervento sia il più tempestivo possibile. Con l'assessore Nieddu ho avuto modo di parlare più volte proprio dalla normativa esistente, e anche di capire quali possano essere poi le azioni amministrative a supporto, perché se non rimuoviamo quegli ostacoli burocratici che di fatto impregnano tutta la nostra attività, su questo aspetto non riusciamo ad incidere, perché occorrono soluzioni snelle, tempestive, efficaci e non possiamo continuare invece a seguire pedissequamente percorsi che abbiamo visto fino ad oggi, sia dal punto di vista normativo che amministrativo, non hanno dato i risultati attesi.

La radice più profonda di questo male è comunque quella culturale - l'ignoranza, le discriminazioni, i pregiudizi e il silenzio -, ecco perché anche nella nostra legge sul reddito di libertà si va a fondo, si ricorre all'educazione affettiva, si mette in evidenza che l'educazione affettiva e l'educazione in genere sui diritti della persona devono essere inseriti nella scuola di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola dell'infanzia, e probabilmente, forse adesso anche con la nuova programmazione con i nuovi fondi comunitari, la strategia che porta ad accentuare l'attenzione sul target donne e infanzia probabilmente ci aiuterà anche in questa direzione, sperando anche qui che le risorse disponibili e le attività consentite possano essere snelle e soprattutto attuabili in tempi rapidi, perché il fenomeno abbiamo visto che purtroppo è in continua espansione. Dobbiamo allora riscoprirci anche come comunità educante, e soprattutto da questi nostri banchi deve levarsi forte e chiaro il segnale di presenza, di impegno e di risoluta volontà di essere al fianco delle donne, perché, diciamocelo chiaro, c'è ancora tanto bisogno di difesa e di tutela in campo soprattutto affettivo, familiare, lavorativo e sociale. E a questo proposito voglio anche dire che è importante che tutte le attività che noi mettiamo in campo come Regione possano essere correlate, lo dirà meglio di me certamente il collega Mario Nieddu, però io voglio dare degli esempi di come ad ogni azione ci sono delle reazioni e ci possono essere anche delle valutazioni positive. Dopo il primo protocollo che proprio come Regione, insieme all'assessore Nieddu, abbiamo sottoscritto con l'associazione AIDDA abbiamo avuto l'attuazione di 22 progetti di inserimento e reinserimento lavorativo di donne vittime di violenza, anche questa è stata una scelta, la scelta di finanziarli tutti: c'era spazio solamente per 8, siamo arrivati ai 22. Ecco, queste sono delle azioni concrete per dire che ci siamo, per dire che quella è una delle strade, quella dell'inserimento lavorativo e soprattutto dell'inserimento delle persone che hanno una libertà violata. E allora, andiamo alla dipendenza economica, sappiamo benissimo, perché questo è il fondamento anche di tutto ciò che ha portato me e le colleghe a sensibilizzare nella passata legislatura anche i colleghi maschi per avere questa legge, che è stata la prima in Italia alla quale grazie a Dio oggi ne stanno seguendo tante altre, comprese le norme di carattere nazionale che speriamo possano davvero arrivare in Parlamento in breve tempo, ecco, sostenere la libertà dalla dipendenza economica delle donne vittime di violenza è una delle strade corrette, perché la donna ha più facilità a denunciare e soprattutto ad abbandonare quel focolare, quella casa dove dovremmo trovare la nostra gioia, la nostra vita e invece viene violata continuamente, ecco questa è un'altra delle strade. Noi crediamo, anche questo è stato oggetto di approfondimento, che i Centri antiviolenza e le Case di accoglienza possono davvero essere dei partner importanti, sono proprio gli attuatori di queste misure, perché dobbiamo trovare il modo, Mario, di trovare veramente quella strada che ci porta ad avere un rapporto diretto, senza tutti quei passaggi… io lo voglio dire, i Plus sono un nostro organismo che magari è importante per altre tematiche e per altre problematiche sociali, ma su questo settore io personalmente sono convinta che non sia proprio l'organismo principale con cui dobbiamo collaborare, con cui dobbiamo attuare le politiche a sostegno della lotta contro la violenza sulle donne, ed è appunto per questo che vedo bene un potenziamento dei Centri antiviolenza e delle case di accoglienza, mi piaceva definirle le case dove le donne ritrovano la libertà, e oggi abbiamo l'occasione attraverso l'housing sociale che io chiamerei, con una parola inglese, l'housing women, che potrebbe portarci addirittura creare quella filosofia, che è quello dell'abitare insieme, dell'abitare assistito, che davvero potrebbe essere un'altra delle opportunità io dico anche di autoimpresa di donne vittime di violenza.

A noi è richiesto oggi un sussulto di orgoglio, e permettetemi, come ho già detto, di civiltà. Siamo qui seduti a guardarci e ad ascoltarci ma non possiamo più permetterci di stare seduti solo a guardare e ascoltare, ci è richiesto di agire, agire subito con atti concreti. L'ho già detto, non servono le discussioni che poi ci portano a dire che ha ragione l'una piuttosto che l'altro, o un orientamento politico piuttosto che un altro, qui occorre davvero, in questo prestigioso Consiglio, se vogliamo continuare davvero a dire che facciamo delle leggi, delle norme, delle azioni, delle attività onorevoli, occorre unirci, unirci in questa battaglia che è diventata davvero una piaga sociale, che io metto ancora, purtroppo e non vorrei farlo, al primo posto nella nostra società.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Eugenio Lai. Ne ha facoltà.

LAI EUGENIO (LEU). Un saluto all'Assessore presente in aula e un sentito ringraziamento alle consigliere che prima di me hanno preso la parola, perché i vostri sono stati interventi sentiti, ricchi di proposte, ricchi di contenuti, alcuni dei quali si sono soffermati sull'analisi della situazione e dei dati, e comprendo anche l'indignazione dell'onorevole Caddeo oggi su un tema così importante, che avrebbe meritato una riflessione ben più a fondo: è presente meno del 50 per cento dei consiglieri, mancano i due Presidenti del Consiglio e della Giunta regionale, sono assenze che pesano e che denotano probabilmente un'attenzione minore di quello che meriterebbe il tema. E allora vorrei provare a portare un ragionamento all'interno di quest'Aula, e concordo con l'assessora Zedda che non è una questione che riguarda solo ed esclusivamente i diritti delle donne ma è una questione di civiltà, è una questione culturale, è una questione di tenuta sociale anche delle nostre comunità, della nostra Isola, della nostra Nazione, è una questione democratica, è una questione di tenuta democratica che si basa anche sulle libertà dell'individuo, ed è proprio dalle libertà che dobbiamo partire, analizzando anche la situazione del femminicidio, della violenza di genere, della violenza contro qualsiasi tipo di orientamento sessuale. Una delle prime proposte che avevo presentato all'interno di questa Assise, firmata anche da tutti i consiglieri dell'opposizione, era la proposta di legge numero 26 contro le discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. Condivido totalmente il fatto che bisogna investire sulla cultura, bisogna provare a entrare nel mondo delle scuole e individuare alcune azioni, alcuni progetti che possano modificare anche il linguaggio comune della nostra società, possano modificare alcuni aspetti che portano certamente a discriminazioni, serve insomma sradicare lo stereotipo di genere favorendo l'educazione al rispetto, solo attraverso il rispetto tra tutti noi, tra uomini e donne, tra bambini bambine, tra bambini e bambini, si può superare un problema culturale importante. E allora le scuole, sono d'accordo con chi lo diceva in precedenza, sono il primo luogo in cui insegnare la parità e l'osservanza delle regole; probabilmente da questo punto di vista come Consiglio regionale dobbiamo impegnarci di più anche attraverso le normative, perché la regione Sardegna ha fatto grossi passi in avanti nella scorsa legislatura ma non sono sicuramente sufficienti, la parità sulla doppia preferenza, il reddito di libertà che citava in precedenza l'onorevole Zedda. Dobbiamo provare a partire allora dalle scuole, le scuole sono l'elemento primario per migliorare la nostra società, non basta però solo ed esclusivamente provare a intervenire sulle scuole, serve anche intervenire sulle emergenze che la pandemia, il disagio sociale che stiamo vivendo, ha incrementato. Lo diceva anche in questo caso qualche consigliere prima di me, i dati sulla violenza di genere nella situazione pandemica sono aumentati a dismisura, probabilmente anche a causa della condivisione degli spazi talvolta esigui all'interno delle proprie abitazioni, ma questa non deve essere certamente una scusante, sono dei crimini, sono dei crimini contro la nostra società.

Allora, affinché questa seduta non diventi solo una mera retorica e una mera discussione sulla questione, è necessario assumere degli impegni, è necessario che probabilmente all'interno dell'ordine del giorno che andremo a approvare tutti insieme senza differenziazioni politiche siano inseriti alcuni punti che sono presenti all'interno delle tre diverse mozioni che sono in discussione quest'oggi.

Dicevo in precedenza delle scuole; condivido totalmente il tema dei Centri antiviolenza, sono da potenziare e non è pensabile che i Plus con il poco personale a disposizione siano in grado di gestire anche i Centri antiviolenza; è indispensabile che tutto il Consiglio regionale si impegni da questo punto di vista per incrementare le risorse, così come sul sostegno psicologico, sull'aiuto al superamento delle differenze e delle difficoltà che portano anche la donna a non avere il tempo di impegnarsi nel mondo della politica, penso ai servizi per la famiglia, penso agli asili nido, penso alle politiche che possono incentivare anche ogni tipo di sostegno di cui la famiglia ha bisogno.

Allora, Assessore, noi abbiamo la legge omnibus - lo diceva in precedenza la consigliera Orrù - all'interno della quale sono anche inseriti alcuni interventi relativi all'occupazione femminile e i dati Istat che qui tutti conosciamo sono impietosi relativamente all'occupazione e all'occupazione femminile in particolar modo, probabilmente dobbiamo riuscire a fare di più, possiamo già da lì iniziare a condividere un percorso tra le diverse forze politiche che vada ad incidere positivamente su alcune misure, che sono anche già presenti, sull'occupazione femminile, sull'incentivazione all'impresa femminile, sui servizi alla famiglia.

In ultimo due temi: bisogna immediatamente dar corso e potenziare il reddito di libertà, perché mi trova pienamente a favore, e dobbiamo impegnarci tutti quanti qui dentro a dare un esempio sulle modalità di comunicazione, perché anche da questo punto di vista noi possiamo essere un perno fondamentale per provare a scardinare un sistema malato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Emanuele Cera. Ne ha facoltà.

CERA EMANUELE (FI). Grazie, signor Vicepresidente del Consiglio, signore e signori della Giunta, colleghe e colleghi consiglieri, si rischia di essere ripetitivi ma i dati relativi alla violenza sulle donne continuano certamente a destare un forte allarme sociale. È oramai tristemente noto quanto il femminicidio sia un fenomeno atroce e devastante, dannosamente radicato nella nostra società. Nel 2019, su 315 omicidi, sono stati 111 quelli che hanno visto come vittima una donna. Nei primi sei mesi del 2020, invece, gli assassini di donne sono stati pari al 45 per cento del totale degli omicidi contro il 35 per cento dei primi mesi del 2019, e hanno raggiunto, ahimè, il 50 per cento durante il lockdown, nei mesi di marzo e aprile del 2020. Le donne sono state uccise principalmente in ambito affettivo e familiare, il 90 per cento nel primo semestre del 2020, e da parte di partner o ex partner, 61 per cento. Alla luce del fatto che la popolazione femminile rappresenta più del 51 per cento di quella della nostra comunità nazionale, le cifre indicate, unite ai fatti di cronaca che hanno suscitato un forte senso di indignazione, invocano ulteriori misure normative. Invero, negli ultimi anni sono state notevoli e sostanziali le innovazioni, quelle introdotte nel nostro ordinamento, dall'introduzione del reato di stalking alla fattispecie del femminicidio e del "revenge porn", all'inasprimento delle pene, fino alle misure di sostegno per i figli delle vittime. L'allarme sociale si evidenzia dai dati relativi al fenomeno brutale e vergognoso della violenza. La Sardegna, nel contesto del fenomeno, sta rivestendo un ruolo di apripista, lo è stato con l'approvazione, prima Regione in Italia, del reddito di libertà per le donne vittime della violenza, tuttavia l'esperienza concreta impone di imboccare con ancora maggiore determinazione la strada intrapresa al fine di offrire alle potenziali vittime di questi odiosi delitti una protezione ancora più puntuale e concreta. Ciò vale in particolare per quelle misure come il divieto di avvicinamento, che per essere effettive devono essere necessariamente accompagnate da strumenti applicativi che siano un'efficace barriera, un ostacolo all'escalation delle azioni criminose dello stalker. Già con la legge del codice rosso la possibilità di utilizzare il braccialetto elettronico è stata estesa alla fattispecie del divieto di avvicinamento, occorre sollecitare un'iniziativa legislativa a livello nazionale per compiere un passo in avanti e sancire con l'approvazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275 bis, e avvenga tutte le volte in cui viene disposto dal giudice il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. In questo modo si da stabilità ad un efficace strumento di difesa e si confida di salvare numerose vite umane, rendendo pienamente effettivo il divieto di avvicinamento e scongiurando il pericolo che possa avere mero carattere simbolico. Come politica regionale occorre certamente fare di più, occorre mettere in campo tutti gli strumenti necessari, una comunione di intenti a prescindere dalle ideologie politiche al fine di garantire il rispetto, la dignità e il sacrosanto diritto alla libertà e alla vita. Perciò noi ci siamo non solo fisicamente, il Gruppo che rappresento è pronto e disponibile a confrontarsi e a trovare soluzioni all'approvazione delle mozioni e dei provvedimenti che questa Assemblea consiliare vorrà porre all'Assemblea.

Grazie a tutte le colleghe e alle donne coraggiose e di buona volontà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Michele Ciusa. Ne ha facoltà.

CIUSA MICHELE (M5S). Grazie Presidente. Oggi questo Consiglio regionale tratta una di quelle emergenze sociali che non si possono ignorare, soprattutto da chi come noi ha il dovere di impegnarsi in prima persona per condannare tutti gli atti di violenza e in particolar modo quelli in cui a pagare sono le donne quando sono vittima della cattiveria umana del loro aguzzino. Pertanto oggi questo Consiglio regionale non deve solo dibattere su questo tema, ma deve da oggi iniziare una seria e proficua attività che permetta di mettere in campo tutte le risorse e gli strumenti che consentono di liberare tutte quelle donne che ancora oggi vivono sulla loro pelle e sulla loro mente, perché le violenze si presentano in diverse forme, tutta la barbarie di questo tempo. Questa deve essere una battaglia di civiltà che la Regione Sardegna deve fare propria per una migliore società. La cronaca nera è piena di esempi crudeli a danno delle donne, gli ultimi episodi sono solo di qualche settimana fa. Contro questa barbarie bisogna alzare la voce perché non è più tollerabile questa ripetizione di eventi in cui si percepisce tutta l'incapacità della nostra società di intervenire per un netto cambio radicale culturale. Pertanto la prima azione da mettere in campo, a mio avviso, è una campagna di sensibilizzazione permanente e costante nel tempo, in particolare nelle nuove generazioni. Bisogna combattere prima di tutto all'interno della nostra società che è sempre di più incentrata su un maschilismo dominante. Per questo bisogna ribadire ancora una volta di più l'importanza del ruolo della donna all'interno della nostra società. I dati ci dicono che le donne vengono ancora penalizzate nei luoghi di lavoro, e non parlo solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista della carriera lavorativa. Ancora oggi in Sardegna si registrano situazioni anacronistiche in cui una donna deve aspettare un possibile rinnovo del contratto prima di poter scegliere di avere un figlio, un fatto come questo fa comprendere come la nostra società sia arretrata, ed è paradossale per la nostra società sarda le cui tradizioni e leggende sono strettamente legate alle radici matriarcali. Per questo la politica deve intervenire garantendo il diritto alla maternità senza alcun rischio. La situazione del lavoro femminile influenza tantissimo le scelte della vita di una donna, la scelta tra una carriera lavorativa e una familiare non possono essere mai un limite per una donna, ma oggi nella nostra società lo è. Capita che le donne abbandonino le proprie prospettive di carriera per la famiglia, ma non solo, capita che lascino proprio il lavoro stesso, ed è soprattutto in quei casi in cui la donna non avendo una propria indipendenza economica è maggiormente soggiogata al volere del proprio compagno marito, e quando questo è un bruto non ci sono vie di fuga, la donna rimane sola, con pochissime o nessuna possibilità. È in situazioni come questa che lo Stato deve far sentire la propria presenza in tutte le sue forme, nessuna donna deve essere abbandonata al proprio destino, bisogna favorire un reddito, un rifugio, e la possibilità di reinserimento nel mondo del lavoro per consentire a una donna che versa in una drammatica situazione di potersi liberare del proprio carnefice, e il fattore tempo è fondamentale in questo caso, un secondo prima può fare la differenza. Oggi sull'isola ci sono dei centri antiviolenza, ma sono troppo poco supportati, serve un sistema che consenta di mettere la donna al sicuro e che essa stessa possa sentirsi al sicuro. Spesso le donne hanno paura di parlare della loro situazione, bisogna sostenerle e aiutarle a denunciare sempre e fargli sentire che non sono sole. A me purtroppo è capitato che una persona particolarmente cara ha subito dello stalking, per fortuna non è mai sfociato in situazioni di violenza fisica, ma solo il fatto che tramite i social abbia ricevuto dei messaggi di contenuti violenti ha intaccato la serenità della persona in questione. L'essere venuto a contatto con una situazione di questa gravità in prima persona mi ha sicuramente dato un punto di vista più completo su questa grave emergenza. Uomini e donne hanno sensibilità diverse, è difficile per noi uomini comprendere a pieno tutte le pressioni e le difficoltà che possono avere le donne della nostra società. Noi uomini, colleghi, abbiamo un compito, quello di garantire le stesse opportunità alle donne e farle sentire parte integrante della nostra società, solo allora avremo una vera e giusta società. Non lasciamole sole, colleghi, in questa battaglia di civiltà, ma facciamo sì che si possa vivere in una società realmente inclusiva, grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Francesco Mura. Ne ha facoltà.

MURA FRANCESCO (FdI). Grazie Presidente, io avevo preparato un intervento per oggi, ma le emozioni che mi ha suscitato l'intervento dell'onorevole Caddeo mi hanno fatto riflettere e mi hanno fatto rimettere a posto l'intervento, perché è facile apparire con l'intervento di un uomo in un argomento così complesso come questo, è facile che venga confuso con un intervento spesso, o meglio, ipocrita, ed io voglio evitare questo rischio, e voglio solo esternare quella che è stata l'emozione di questa giornata, e condivido con lei che forse quest'Aula ha perso un'occasione importante per affrontare un tema così complesso e così importante. E sono convinto che ci siano grandi difficoltà da parte degli uomini nel comprendere certe situazioni e certe emozioni, anche solo nel trattarlo quest'argomento, ed è per questo che sono convinto che la nostra intesa, quella degli uomini che sono presenti qua oggi, non debba essere una battaglia a supporto, un'azione politica a supporto della vostra battaglia, ma dobbiamo lavorare affinché realmente sia questa anche una battaglia nostra. E lo dobbiamo a tutte quelle donne che hanno subito le peggiori violenze, come è stato detto prima di me le ultime sono di poche settimane fa, ne abbiamo avuto un esempio la cui violenza è stata anche addirittura superiore, probabilmente, a quella della morte stessa, a quella della perdita di un figlio che cercava di difendere la madre da un atto così violento e vigliacco. Lo dobbiamo a loro, a tutte voi, lo dobbiamo alle donne del futuro, io ho una bambina di due anni, lo devo a lei più che a tutti gli altri e più che a me stesso. Quindi cercherò e mi impegnerò prendendo esempio dalle emozioni di questa giornata affinché possa io stesso cercare di capire quelle che sono le difficoltà che nel quotidiano vivete rispetto anche a gesti che spesso gli uomini fanno anche involontariamente, e questa involontarietà va fatta emergere e va fatto sì che quel gesto involontario diventi invece un gesto volutamente a favore di questa battaglia, che è una battaglia di civiltà. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Mura.

È iscritto a parlare il consigliere Francesco Agus. Ne ha facoltà.

AGUS FRANCESCO (Progressisti). Grazie Presidente, grazie ai colleghi e soprattutto alle colleghe che prima di me hanno reso onore a questa giornata. Credo che molto sia già stato detto, per cui mi limito ad alcune considerazioni e ad alcune proposte. In primo luogo, riguardo a due errori che quando si discute di questi temi si tende a fare, che tutti noi facciamo. In primo luogo pensare che una volta raggiunto un certo livello di consapevolezza di diritti e di civiltà non sia possibile tornare indietro, e invece è possibile, perché il momento storico che stiamo vivendo segna un ritorno al passato anche rispetto a conquiste che sembravano date per assodate. L'altro errore è pensare che la società sia qualcosa di omogeneo, che in tutte le famiglie si respiri lo stesso clima e la stessa aria, che in tutte le parti dell'Italia e della nostra isola ci siano le stesse possibilità per le donne e per chi in quelle famiglie ci vive. Ci sono situazioni molto differenti tra chi lavora e chi non lavora, tra le donne che hanno raggiunto un grado di istruzione elevato e tra quelle che non ce l'hanno, che fanno sì che situazioni diverse debbano essere considerate con consapevolezza diversa. Il problema è che nell'ultimo anno e mezzo le differenze nella società si sono ulteriormente aggravate; una parte della società ha continuato a vivere esattamente come prima, un'altra parte ha vissuto un arretramento che si è schiantato sulla routine familiare, sulla vita dei figli e delle donne che fino al giorno prima magari arrancavano e che nell'ultimo anno e mezzo hanno visto il baratro. Per ogni femminicidio, per ogni caso che viene riportato purtroppo dalla cronaca, ce ne sono decine che si fermano un gradino prima, magari senza nemmeno avere il coraggio o la mentalità e la consapevolezza per denunciare, ed è per questo che quest'Aula, oggi, lo ha detto l'onorevole Caddeo, non gremita come in altre occasioni, ha il dovere di comportarsi da Organo legislatore, quello di oggi non può limitarsi a un convegno per pochi e a delle belle discussioni, quest'Aula deve essere in grado di suggerire al legislatore nazionale delle modifiche rispetto all'impianto legislativo statale che presenta tante lacune, ci siamo occupati come Consiglio regionale del caso di Dina Dore e dei suoi figli, ci siamo accorti che a livello nazionale c'è tanto da fare e non sarebbe la prima volta se dalla Sardegna arrivassero suggerimenti e proposte per migliorare una legge dello Stato che non funziona, una legge dello Stato che guarda a un tempo ormai finito, una legge che va modificata. Poi occorre intervenire dal punto di vista finanziario. Ci segnalano le componenti della Commissione pari opportunità, che hanno monitorato e che monitorano costantemente il lavoro dei centri antiviolenza, il fatto che nella sola settimana di Ferragosto un centro antiviolenza del nord Sardegna, è un esempio, probabilmente anche in altri luoghi della Sardegna la situazione è più o meno la stessa, è stata oggetto di 18 richieste di intervento. Noi stiamo utilizzando in un momento straordinario, in cui appunto sono aumentate le differenze nella società e la parte più in crisi della società si è trovata a gestire situazioni legate all'emergenza ancora più complesse, strumenti ordinari; non è possibile! Dobbiamo fare il punto, dobbiamo farlo prima che l'assestamento di bilancio, la legge omnibus entri in Aula tra dieci giorni, e dobbiamo farci trovare pronti con gli stanziamenti tali da assicurare il lavoro dei centri antiviolenza, tali da rifinanziare e migliorare lo strumento del Reddito di libertà, tali da poter inserire, almeno in chiave sperimentale, le figure suggerite dalle colleghe per sostenere in maniera più efficace le donne in crisi. Ultimo punto, devo recitare la collega Caddeo e la collega che nel suo intervento ha citato il tema della sensibilità della stampa. Io ho letto, con interesse, purtroppo gli articoli che hanno descritto i recenti fatti di cronaca, non sta a me criticare il lavoro dei giornalisti e non è neanche mio costume farlo, è un appello più che una critica; io capisco che rientri pienamente nel dovere di cronaca del cronista riportare tutto quello che avviene in una determinata circostanza, credo però sia necessario in questa fase, magari dopo aver ripristinato il CdA del Co.re.com, che ad oggi non è ancora stato completato nella sua composizione, avviare subito come Consiglio regionale un'interlocuzione col Co.re.com, con l'Ordine dei giornalisti e con il sindacato dei giornalisti per far sì che, in alcuni casi, il sacrosanto diritto di cronaca si ponga anche il tema e il limite per far sì che alcune notizie non vengano date in maniera facilmente strumentalizzabile da parte di chi in questa fase continua a dire che si tratta di un tema connesso a quello dell'amore. Quando si enfatizzano alcuni eventi: gli applausi al funerale del carnefice, la situazione familiare non idilliaca, e quando non è idilliaca è sempre responsabilità di tutti, quando di fronte a un delitto sui giornali finiscono le attenuanti prima della gravità del fatto, io credo che sia importante a quel punto farci fare un ragionamento anche con gli Organi di stampa, affinché non diventino un facile alibi per giustificare l'ingiustificabile. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Gianfranco Ganau. Ne ha facoltà.

GANAU GIANFRANCO (PD). Grazie, Presidente. Oggi affrontiamo il tema della violenza sulle donne ma, più in generale, quello sulla condizione femminile, un tema che dovrebbe essere di massima attenzione per questo Consiglio ma, purtroppo, devo prendere atto che l'attenzione non è adeguata all'importanza del tema, se prendiamo in considerazione la scarsa partecipazione dei consiglieri, l'assenza dello stesso Presidente del Consiglio, del Presidente della Giunta e di gran parte della Giunta ad una riunione che, ricordo, ha il crisma della solennità della seduta statutaria. L'impatto della pandemia ha cambiato la vita di tutte e tutti, ma ha inciso in particolare sulle donne, acutizzando le diseguaglianze di genere, la perdita del lavoro, l'emarginazione, la povertà, la violenza all'interno delle mura domestiche sino ad arrivare ad un numero crescente di femminicidi. Le donne hanno visto aumentare il peso del lavoro per la cura dei figli, genitori, anziani, familiari con disabilità, spesso uniti allo smart working come anticamera della segregazione femminile. La didattica a distanza ha accresciuto i problemi e gli impegni di tutte le madri, che si sono ritrovate con i figli in casa e il conseguente disagio in tantissimi contesti familiari, con un incremento vertiginoso dei disturbi della sfera emotiva di adolescenti e preadolescenti, con aumento di aggressività che vede ancora le donne madri in primo piano nella gestione di tale fenomeno, con un aumento dei percorsi di psicoterapia in età evolutiva incrementati di oltre il 200 per cento. Dal punto di vista delle dinamiche di genere si osserva che in Sardegna i tassi di occupazione maschile sono superiori a quelli femminili di 15-20 punti percentuali, con un calo nettamente superiore per le donne, meno 4,5 punti percentuali rispetto a quello maschile, meno 1,4 punti percentuali nel periodo Covid. Benché le donne abbiano livelli di istruzione più elevati di quelli degli uomini stentano maggiormente ad entrare nel mercato del lavoro, tendono ad avere salari più bassi, faticano a far carriera e a raggiungere ruoli apicali nel mondo del lavoro e nella società in generale. È necessario creare occasioni e situazioni per sconfiggere le profonde diseguaglianze di genere, accentuate anche nella nostra Regione della pandemia a partire dalle politiche per l'occupazione e da politiche familiari che conducano ad una maggiore partecipazione in tutti i settori del mercato del lavoro, innanzitutto, e alla coniugazione delle esigenze femminili nei contesti territoriali, con un forte sostegno e supporto ai consultori, che sono le strutture in prima linea nel territorio e che, di fatto, possono aiutare a gestire quella che si sta rivelando essere una grave emergenza sociale e territoriale. L'uguaglianza di genere è tra gli obiettivi dell'agenda 20-30 e indica chiaramente che il progresso dell'umanità non può prescindere dalla questione femminile; si tratta di un problema globale e culturale, che necessita della presenza di donne nelle posizioni apicali della società anche nella nostra Regione. Per questi motivi riteniamo che alcune risposte debbano essere date immediatamente, a partire dall'occasione che abbiamo con la discussione dei prossimi giorni della legge omnibus, dove possono trovare spazio ed adeguate risorse la soluzione almeno parziale di alcuni temi. Se non vogliamo che questa seduta si trasformi in un'inutile passerella, dobbiamo essere conseguenti con quella che è la prima opportunità per dare risposte ad alcuni temi passando dalle parole ai fatti. Penso, ad esempio, al provvedimento di potenziamento e valorizzazione dei consultori sul territorio sardo, affinché facciano da supporto alle diverse problematiche femminili e familiari che si sono acutizzata con l'avvento del Covid, e che aiutino le donne in difficoltà verso un percorso di consapevolezza anche attraverso lo strumento della condivisione e solidarietà, all'attivazione di sportelli di ascolto psicologico in tutte le scuole della Regione, che non ne sono ancora dotate, per far fronte al disagio di un sempre numero crescente di bambine, bambini, ragazze e ragazzi che, in seguito alla pandemia, stanno manifestando difficoltà e disturbi legati alla sfera emotiva e che incidono negativamente sulla serenità e quotidianità delle famiglie, ed in particolare delle donne madri. Debbo denunciare, a questo proposito, un tentativo, che è presente nella legge omnibus, di cancellare il Dipartimento psicologico di cure primarie, annullando quella che invece sembrava una conquista di vicinanza di un servizio di psicologia, che in questo momento assume particolare rilevanza; spero che nella discussione in Aula questo stralcio sia evitato e che quindi possiamo utilizzare un servizio che invece in questo momento ha una particolare rilevanza. Penso a interventi di sgravi e aiuti alle imprese per l'assunzione di donne sul territorio regionale, visto che la pandemia è stata pagata a caro prezzo soprattutto dal genere femminile in termini di perdita di posti di lavoro, emarginazione, povertà, violenza tra le pareti domestiche, sino ad arrivare ad un sempre crescente numero di femminicidi. E come ultimo punto, ma non certamente in ordine di importanza, l'incremento dei fondi a favore dei centri antiviolenza territoriali, che hanno aumentato in modo esponenziale il carico di lavoro che sono sotto finanziati in maniera gravissima; faccio riferimento al parere espresso all'unanimità su questo punto dalla Commissione sanità e spero che su questo sia conseguenti proprio nella discussione sulla legge omnibus. Ma, poiché alla base di tutto c'è un problema culturale, credo inoltre che sia possibile e soprattutto compatibile con le misure previste dal PNRR, come abbiamo già provato a proporre in precedenza, il finanziamento di un piano massivo di educazione scolastica contro ogni discriminazione per motivi legati al sesso, che parta da una lotta agli stereotipi che sono alla base e giustificano tali discriminazioni. Io sono convinto che l'obiettivo della piena parità di genere, del pieno rispetto della figura femminile non sia un problema di uomini o donne, ma una battaglia di civiltà che deve vedere coinvolte unitariamente tutte le forze che hanno a cuore l'obiettivo di una società migliore e più giusta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale.

NIEDDU MARIO, Assessore tecnico dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale. Grazie Presidente. Un saluto a tutti i presenti. È una giornata importante, secondo me, perché la tematica, come tutti quanti hanno richiamato, che esplode quotidianamente, non può che stimolare giustamente la sensibilità di tutti, e devo dire che non è stata a mio avviso una discussione irrituale quella che abbiamo sentito, la paura che alcuni consiglieri hanno paventato che ci potesse essere qualcosa che era un mero rito ripetitivo, non l'ho vista oggi, ho visto una grande volontà di addivenire quantomeno, oltre che a una condivisione generale, anche di arrivare, richiamo l'onorevole Orrù a questo proposito, ad azioni concrete, che possano poi portare a un diverso coinvolgimento della struttura anche regionale rispetto a questa problematica. Mi sento di ringraziare particolarmente l'onorevole Zedda per quello che ha fatto nella scorsa legislatura e per quello che ha fatto e sta continuando a fare in questa, un grande lavoro, devo dire. E mi sento di dare anche un ringraziamento particolare all'onorevole Mura perché ha dimostrato una sensibilità non comune.

Per quello che riguarda le politiche che il mio Assessorato ha cercato di mettere in campo, devo dire che abbiamo viaggiato in sintonia con quello che è il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne del triennio 2017-2020, che si dispiega su quattro assi, che sono quello della prevenzione, quello della protezione e del sostegno, quello di perseguire e punire e l'ultimo, quello dell'assistenza e della promozione portando parallelamente avanti un'attività di integrazione dei diversi interventi in un quadro omogeneo e coerente nonché di implementazione degli strumenti di governo e di gestione delle politiche di contrasto alla violenza di genere. Come sarà illustrato più avanti poi avremo modo di dettagliare tutte le azioni che sono state compiute. Ciò nel contesto di una particolarissima situazione storica, quella, come da tutti richiamato, della pandemia da Covid che ha reso queste attività quanto mai necessarie e urgenti. Come è noto, la convivenza forzata determinata dal primo lockdown ha di frequente fatto esplodere le situazioni di disagio all'interno delle mura domestiche e ha reso più difficoltoso per le vittime trovare adeguate forme di tutela. Come nel resto d'Italia, in Sardegna i centri antiviolenza hanno continuato a operare sebbene per lo più da remoto cercando di garantire l'ascolto e il supporto alle donne vittime di violenza. Sono altresì proseguiti gli inserimenti in emergenza nelle case d'accoglienza anche se con notevoli difficoltà, data la necessità di tutelare la salute delle operatrici e degli ospiti.

Infatti si è subito presentato il problema ancora aperto della necessità di reperire nuovi alloggi e alloggi filtro, inoltre la chiusura di molte attività causata dall'emergenza sanitaria che come è stato reso noto dai dati ISTAT ha visto tra le categorie più colpite le donne, ha spesso determinato l'interruzione di progetti personalizzati di fuoriuscita dalla violenza e di indipendenza economica. L'attività della Regione in materia di contrasto alla violenza di genere è stata pertanto fortemente segnata da questa situazione e dalla necessità di affrontarla con i provvedimenti più adeguati e dalla rafforzata consapevolezza della imprescindibile necessità di un'azione di rete strutturata ed efficace. Rispetto al primo asse sono state avviate importanti iniziative sul versante degli autori di violenza, tra le quali va menzionata l'elaborazione di linee guida per la presa in carico degli uomini maltrattanti e per i requisiti dei Centri per autori di violenza, in raccordo con gli uffici giudiziari, il sistema sanitario, i servizi sociali e in un contesto nazionale che offre pochi punti di riferimento sotto questo aspetto. Come è stato richiamato più volte, la Regione Sardegna penso che sia una delle regioni all'avanguardia nel contrasto alla violenza di genere. Nell'ambito dell'asse 2 la Regione prosegue nel sostenere diverse misure per garantire la presa in carico e l'uscita dalla violenza, finalizzate alla restituzione della piena dignità e autonomia della donna che ha vissuto la violenza. Percorsi di empowerment economico, finanziario, lavorativo e di autonomia abitativa, a questo proposito va ricordato che la Direzione generale della sanità ha definito le modalità di applicazione e attuazione delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza sociosanitaria alle donne vittime di violenza, adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 novembre 2017. Tali disposizioni sono finalizzate a definire e rendere operativo nelle aziende sanitarie ospedaliere il modello di percorso per le donne che subiscono violenza, volto a garantire una tempestiva e adeguata presa in carico delle donne a partire dal triage attraverso un'appropriata assistenza, protezione e messa in sicurezza fino all'accompagnamento e orientamento verso i Servizi territoriali al fine di elaborare con le stesse un progetto personalizzato di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita dall'esperienza della violenza subita.

Come raccomandato dalla Convenzione di Istanbul e ribadito dal piano strategico, gli interventi di protezione e sostegno si devono realizzare all'interno di sistemi integrati e di cooperazione nel contesto dei sistemi di governance territoriale e delle conseguenti reti, a questo scopo la Regione Sardegna ha delineato e iniziato a costruire un modello di governance territoriale, come sarà esplicitato più avanti, che concorrerà a rendere operativi gli attori delle reti territoriali in stretta sinergia con i soggetti istituzionali e cioè il Ministero dell'interno, della difesa, della giustizia, i tribunali civili, penali e minorili nella prospettiva di garantire risposte tempestive ed efficaci alle donne che vivono o hanno vissuto violenza e ai minori o alle minori vittime di violenza o che hanno assistito a violenza. Anche nell'ambito dell'asse 4, per quanto riguarda i sistemi informativi e gli strumenti di valutazione e monitoraggio delle politiche antiviolenza, la Regione ha adottato alcune importanti misure relativamente all'istituzione dell'Osservatorio regionale sulla violenza e alla realizzazione di un sistema informativo dedicato. Va inoltre sottolineata l'apertura a un modello programmatorio e operativo basato sulla concertazione e sulla coprogettazione con tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nella lotta contro la violenza alle donne. Mi richiamo a quello che aveva accennato prima l'onorevole Zedda, cioè un discorso organico fra tutti gli attori istituzionali coinvolgendo anche in maniera diretta, per evitare quelle pastoie che richiamava l'onorevole Zedda, gli operatori che si occupano a tutti gli effetti di violenza sulle donne. Quali sono le lezioni che abbiamo appreso? Partiamo dagli strumenti di governance, il 21 luglio si è insediato il tavolo regionale permanente di coordinamento della rete contro la violenza di genere, ne è stata definita l'articolazione in sottogruppi, nel corrente anno ha preso il via l'attività, il tavolo è stato articolato in sottogruppi per consentire una più puntuale analisi dei fenomeni a supporto della programmazione. È stato inoltre istituito in attuazione della legge regionale numero 48/2018 all'articolo 9 e con deliberazione numero 4780 del 24 settembre 2020, l'Osservatorio regionale sulla violenza. La sua composizione è definita con decreto assessoriale e in tal modo si è data attuazione al modello di governance territoriale regionale assicurando a livello politico la piena integrazione e coordinamento delle politiche regionali a sostegno delle donne vittime di violenza e a livello tecnico il supporto di un organismo, come l'Osservatorio appunto, che monitora continuamente e costantemente l'attuazione degli interventi di contrasto alla violenza di genere anche attraverso proposte di aggiornamento degli interventi e approfondimenti tematici. Anche l'Osservatorio ha iniziato la sua attività e i suoi lavori ed è in corso l'esame dei dati propedeutico all'implementazione del sistema informativo. I centri antiviolenza e le case di accoglienza finanziati dalla Regione con l'ultima delibera che è quella del 4 agosto del 2020, sono sette e cinque le case di accoglienza. A novembre 2019 è stato pubblicato l'avviso per l'istituzione dei nuovi centri antiviolenza e le nuove case, in seguito al quale sono stati approvati progetti per quattro nuovi centri e una nuova casa d'accoglienza ed erogati 280.000 euro di fondi statali e regionali da utilizzare per il primo avvio. Ad oggi solo due centri hanno iniziato la loro attività, considerato che i centri di Carbonia e Sanluri hanno ripreso invece la loro attività alla fine dell'anno precedente si può affermare che i centri funzionanti nell'anno in corso saranno alla fine undici, mentre rimane invariato il numero delle case, cioè sempre cinque. In parallelo coi finanziamenti annuali a favore degli enti gestori dei centri antiviolenza e case di accoglienza già esistenti e funzionanti, si è proceduto con un'attività di uniformazione dei livelli di accoglienza e di sostegno e di definizione, questo è molto importante, di standard qualificati nella presa in carico delle donne vittime di violenza e dei loro figli minori in tutto il territorio regionale. Infatti con la delibera di Giunta regionale del 30 settembre del 2020, anche qui sono state approvate le linee guida regionali per l'accoglienza e il sostegno di donne vittime di violenza di genere e modalità di rendicontazione dei contributi per il funzionamento dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza…

PRESIDENTE. Prego, concluda Assessore.

NIEDDU MARIO, Assessore tecnico dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale. …che definiscono quindi i requisiti dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza in conformità alle disposizioni nazionali e regionali nonché le modalità omogenee di funzionamento di questi. La governance regionale e territoriale al fine di coordinare gli interventi pubblici e privati a favore delle donne vittime di violenza e dei loro figli, regole certe e condivise per la rendicontazione dei finanziamenti. Inoltre con la DGR 4624 del 17 settembre 2020 è stato istituito l'elenco regionale dei Centri antiviolenza e Case di accoglienza. L'iscrizione nell'elenco comporta l'inserimento di questi centri e delle case nella rete regionale antiviolenza ed è condizione per accedere in maniera diretta o indiretta all'assegnazione dei contributi regionali o delle assegnazioni statali trasferiti da parte della Regione Sardegna. I soggetti inseriti nell'elenco diventeranno nell'ambito dei servizi specializzati antiviolenza gli unici interlocutori e partner ufficialmente accreditati dalla Regione Sardegna garantendo quindi qualità e standard richiesti dalla normativa vigente. Sono in via di definizione le procedure per l'accreditamento. Una parola la vorrei spendere sul reddito di libertà. Con la delibera di Giunta del 17 settembre 2020 sono stati anche programmati fondi relativamente alla legge regionale numero 33 del 2018 pari a complessivi 714.800 euro, di cui 300.000 euro di fondi regionali stanziati nell'esercizio finanziario 2020 per l'attuazione della legge regionale numero 33, 200.000 di fondi regionali stanziati con la legge regionale 29 novembre 2019 numero 20 e 214.800 assegnazioni statali relative al Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Con la medesima deliberazione sono state definite le linee guida per il triennio 2020-2022, le principali modifiche e poi mi taccio, programmazione triennale della misura dando conseguentemente, questa è una cosa importantissima, vigenza di pari periodo alle linee guida in modo da accelerare e semplificare le procedure di gestione delle risorse e dare più ampio respiro alla gestione degli interventi, al fine di evitare forme di discriminazione fra donne vittime di violenza, possono accedere alla misura anche le donne che siano state o siano ospiti di strutture similari a una casa di accoglienza cui non sono potute accedere per mancanza di posti disponibili. Gli interventi previsti dalle linee guida, in particolare quelli relativi alla formazione e all'inserimento lavorativo sono estesi anche alle donne vittime di violenza che si rivolgono ai centri antiviolenza e il progetto relativo alle donne che siano state o siano ospiti di strutture similari a una casa di accoglienza cui non sono potute accedere per mancanza di posti, verrà presentato presso l'ambito PLUS nel cui territorio sia compresa la casa di accoglienza che non ha potuto accogliere la donna. Il piano personalizzato, infine, prima della scadenza della sua durata, può essere prorogato fino alla durata massima di tre anni e la proroga può essere disposta anche nei confronti dei progetti in essere. Un'ultima cosa, che però è importante citarla, è la richiesta che abbiamo fatto dell'aumento dello stanziamento per finanziare le case di accoglienza e i centri antiviolenza per portarlo da un milione attuale di fondi regionali a un milione e mezzo.

PRESIDENTE. Dal dibattito è emersa chiaramente la volontà di predisporre un documento che contempli un po'… Quindi sospendo per dieci minuti chiedendo a tutte le donne di partecipare qua nella saletta per la elaborazione di questo documento, compresi i Capigruppo. Approfitto perché l'onorevole Giagoni mi ha chiesto prima… Ho chiesto di partecipare anche i Capigruppo all'elaborazione del documento, quindi in quel contesto potrebbe fare quello che mi ha chiesto di fare.

(La seduta, sospesa alle ore 13 e 35, viene ripresa alle ore 14 e 08.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.

Comunico che il consigliere Massimo Zedda è rientrato dal congedo.

È stato presentato l'ordine del giorno numero 1 che do per acquisito essendo stato firmato da tutti i rappresentanti dei Gruppi e soprattutto da tutte le donne.

Per esprimere il parere sull'ordine del giorno numero 1 ha facoltà di parlare l'Assessore dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale.

NIEDDU MARIO, Assessore tecnico dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale. Il parere è ovviamente favorevole.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 1. Chi lo approva alzi la mano. Chi non lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Il Consiglio è convocato a domicilio.

La seduta è tolta alle ore 14 e 09.