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Blue Tongue e peste suina africana, il punto con l’Izs nelle commissioni V^ e VI^

Le commissioni Salute e Attività produttive, riunite in seduta congiunta, hanno fatto il punto sulla lotta alla peste suina e alla blue tongue. In audizione, nei due parlamentini presieduti da Nico Mundula (FdI) e Piero Maieli (Psd’Az), sono intervenuti il direttore dell’Istituto Zooprofilatico, Giovanni Filippini, e il direttore sanitario, Sandro Rolesu, che nei rispettivi interventi hanno illustrato le azioni e le strategie in essere per contrastare le due epidemie che ciclicamente flagellano il comparto ovino e quello suino.

Prima di entrare nel merito degli argomenti posti all’ordine del giorno, i consiglieri dei gruppi della minoranza, Daniele Cocco (Leu), Francesco Agus (Progressisti) e Gianfranco Ganau (Pd) hanno rilevato il mancato raggiungimento del numero legale nella commissione Salute ed hanno dichiarato di acconsentire al prosieguo dei lavori “soltanto per il rispetto dovuto ai convocati in audizione”. Sul piano prettamente politico non è passata inosservata l’assenza dei due consiglieri del gruppo Udc, Giorgio Oppi e Antonello Peru, nella VI^ commissione e del capogruppo scudocrociato, Gianfilippo Sechi, nella V^.

Le ondate epidemiche della Blue Tongue, che a partire dal 2000 hanno interessato la Sardegna, sono state al centro dell’intervento introduttivo del direttore dell’Izs che ha evidenziato insieme con i picchi del 2013, 2017 e 2021, anche gli intervalli nei quali la febbre catarrale degli ovini si è attenuata fino a quasi a scomparire per gli effetti delle vaccinazioni e della circolazione del virus tra le greggi. Più dettagliata la relazione del dottor Rolasio che ha ricordato la consistenza del patrimonio ovino sardo (circa tre milioni di capi) e la peculiarità dei territori per riaffermare come sia ormai evidente che “l’evolversi della malattia dipenda dalla territorialità e dalla temporalità”. Nei numeri del 2021 la portata della lotta alla lingua blu: 12.514 aziende, 4.057 delle quali hanno completato la vaccinazione che manca invece in 8.457 aziende. In percentuale significa che sono “vaccinate” il 32,42% delle aziende con il record nel Sulcis (68,76%) e Medio Campidano e Oristano ferme intorno al 50% delle attività immunizzate. «Ma è proprio dal Sulcis, dal Medio Campidano e dai Comuni costieri della Sardegna orientale che l’epidemia è sempre ripartita – ha spiegato il direttore sanitario – e le trappole per la cattura dell’insetto vettore in alcuni centri dell’Ogliastra registrano percentuali di molto superiori rispetto a quelle del centri del sassarese e del cagliaritano». L’epidemia 2021 conta dunque 3.236 focolai ed ha registrato 122.717 casi, con 34.874 decessi.

Stimolato anche dagli interrogativi posti dai presidenti delle due commissioni, il direttore dell’Izs non ha escluso la possibilità di produrre in Sardegna i vaccini contro la blue tongue, anche alla luce dei sempre minori investimenti delle case farmaceutiche e delle difficoltà riscontrate per il reperimento delle dosi vaccinali nell’anno in corso. L’ipotesi è stata confermata anche dal direttore dell’assessorato regionale della Salute, Marcello Tidore, che nel sottolineare l’esigenza di opportune valutazioni in ordine ai costi, non ha escluso una produzione in house delle fiale da inoculare sui bovini, la cui movimentazione, come è noto, è vietata durante la pandemia in quanto svolgono funzione di “incubatori” del virus.

I vertici dell’Izs hanno dunque riferito sull’ultimo audit della commissione europea sul piano di eradicazione della peste suina ed hanno evidenziato i positivi risultati ottenuti nei tre anni di attività coordinati dall’unità di progetto, istituita nel corso della precedente legislatura. «I commissari europei – ha dichiarato il dottor Filippini – hanno riscontrato un netto miglioramento di tutte le attività e l’eradicazione della peste suina africana è in fase assai avanzata». Le slide a supporto delle affermazioni del direttore dimostrano che soltanto in un’area assai circoscritta dell’Ogliastra si sono riscontrati quattro casi di sieropositività in allevamenti di tipo “al brado”. Ed è proprio sugli animali al pascolo brado (insieme con il suino domestico e il cinghiale, rappresentato i tre campi di azioni della lotta alla peste) che si sono concentrati gli interventi in sede di dibattito, fino ad ipotizzare la valorizzazione e la regolamentazione di tale tipica metodologia di allevamento attraverso il ricorso all’utilizzo delle terre degli usi civici.

Le attese, come era prevedibile, restano quelle incentrate sulla possibile riapertura degli scambi commerciali ma sul punto c’è ancora da attendere, perché  – così come ha spiegato il direttore dell’Izs – servirà continuare ad applicare ancora per un po’ di tempo “con estremo rigore e anche nei dettagli le misure di prevenzione e monitoraggio imposte dall’Ue” anche se, ha proseguito il dottor Filippini, “l’esempio della Sardegna rappresenta la fortuna di tanti Paesi attualmente interessati dalla peste suina come ad esempio la Germania e il Belgio”.

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