Interrogazione n. 924/A

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA

XVILegislatura

Interrogazione n. 924/A

LAI – COCCO, con richiesta di risposta scritta, sulla precarietà della sanità oristanese e sul rischio concreto di chiusura dell’ospedale San Martino di Oristano.

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I sottoscritti,

premesso che:
– l’inerzia della Regione e delle amministrazioni dell’ATS e della ASSL, ha accelerato il costante e inesorabile processo di ridimensionamento e cancellazione di interi e importanti comparti della sanità pubblica oristanese, a partire dall’ospedale San Martino di Oristano;
– tale situazione è stata denunciata a più riprese dal Comitato per la tutela del Diritto alla Salute di Oristano, dai rappresentanti di amministrazioni locali, organizzazioni sindacali e rappresentanti degli operatori del settore e associazioni di malati, attraverso petizioni, manifestazioni, incontri e segnalazioni alla stampa e con proposte destinate ai responsabili locali e regionali della sanità, investiti della responsabilità di difesa del diritto all’assistenza gratuita e uguale per tutti attraverso la richiesta di servizi sanitari adeguati per quantità e qualità alle esigenze di cure dei cittadini;
– un dossier messo a punto dalla segreteria del sindacato dei medici CIMO di Oristano e diffuso nei giorni scorsi fa temere l’imminente chiusura dell’importante presidio ospedaliero, come ovvia conseguenza del continuo esodo di personale nei diversi reparti e del carico di lavoro non più sostenibile per i pochi operatori rimasti;

sottolineato che il documento del sindacato dei medici CIMO mette in risalto la grave situazione in cui versano i vari reparti del S. Martino di Oristano, in particolare:
– Anestesia e Rianimazione: è il vero e proprio cuore dell’ospedale, che a causa del numero insufficiente di anestesisti blocca i reparti più importanti. Dei 22 medici in servizio, fino a due anni fa, ne sono rimasti solo 12, oltre a due specializzande, mentre 3 medici stanno per essere trasferiti e altri 2 potrebbero seguirli a ruota. Con i restanti anestesisti, sarebbe impossibile proseguire l’attività chirurgica, già pesantemente ridimensionata nell’intero presidio, che sarebbe così destinato a bloccarsi e in tutti i casi dovrà rinunciare agli interventi complessi o su pazienti a rischio;
– Pronto soccorso: la situazione di questo reparto è gravissima, i medici in servizio sono 9 ma ne occorrerebbero almeno il doppio per poter continuare a trattare in sicurezza i circa 27000 accessi annui, cioè poco meno di 90 pazienti al giorno, dei quali il 40 per cento codici rossi o gialli, oltre ai pazienti Covid, trattenuti in attesa di una sistemazione adeguata. Il ricorso a ore aggiuntive del personale si è rivelata una soluzione insufficiente e ormai da mesi di notte c’è un solo medico di turno e 4 infermieri, personale che risulta assolutamente insufficiente con grave incremento del rischio clinico. Inoltre è stato più volte chiuso per un’affluenza di pazienti Covid che non si è stati capaci di capire e gestire;
– Medicina: dei 18 medici necessari sono rimasti in 12, troppo pochi per far fronte ai 58 posti letto, ridotti infatti a 40 proprio in un momento di maggiore necessità, non solo per l’assenza dei reparti di geriatria, neurologia e endocrinologia o di posti letto nella nefrologia e oncologia, ma anche per il blocco dei ricoveri a Ghilarza, convertito nel frattempo in ospedale Covid. In questa situazione non si può pensare di attivare anche i previsti 8 posti letto del reparto di terapia semintensiva, il cui nuovo primario provvisorio, che mantiene la direzione del reparto Covid di Ghilarza, è un palese esempio del ridimensionamento messo in atto da ATS;
– Ortopedia: dei 12 medici necessari prestano servizio in 10 e conseguentemente la notte e la domenica non ci sono medici in reparto, come invece previsto per legge per un ospedale come il San Martino, ma solo reperibili che, se chiamati a intervenire, lascerebbero scoperto il turno successivo. Giova ricordare che per anni il reparto è stato fra i pochi in Italia a garantire un’alta percentuale di interventi per frattura del femore entro le 48 ore, obiettivo non più raggiungibile allo stato attuale;
– Radiologia: a fronte di un organico previsto di 14 medici attualmente prestano servizio in 11, due dei quali, impegnati nella radiologia del territorio e nella senologia, non fanno esami in urgenza né turnazioni. Solo 8 radiologi coprono le urgenze e i tre turni di lavoro, con una grave sottoutilizzazione della TAC e della Risonanza Magnetica, rendendo impossibile la ripresa, dopo un anno di blocco, degli esami per i pazienti esterni, costretti a rivolgersi agli ambulatori privati. Si evidenzia, infine, lo squilibrio dell’organico dei medici in relazione ai 25 tecnici sanitari di radiologia, alcuni dei quali assenti o con limitazioni d’orario, a cui si aggiungono 7 infermieri e 3 operatori socio-sanitari;
– Pediatria: considerato uno fra i reparti maggiormente a rischio, dei 15 medici previsti prestano servizio appena in 9, di cui 4 stanno per andare in pensione, mentre un altro sta per essere trasferito a Cagliari; inoltre, i pochi ancora in servizio devono garantire l’assistenza ai 10 posti letto, il pronto soccorso pediatrico, l’assistenza al parto (e quindi l’operatività del punto nascite), la patologia neonatale, il trasferimento dei bimbi con patologie complesse o i pazienti chirurgici e l’ambulatorio di diabetologia pediatrica. Nonostante la prevista perdita di cinque professionisti, che renderebbe di fatto impossibile il proseguimento dell’attività del reparto e anche del punto nascite, ad oggi non risulta avviata alcuna procedura per garantire nuovi arrivi, senza tener conto della disponibilità manifestata da tre pediatri disposti a venire a Oristano da altre ASSL;
– Ginecologia: dei 16 medici in servizio fino a due anni fa, oggi se ne contano appena 9, dei quali uno con limitazioni di turni e orario, a cui vanno aggiunti 4 ginecologi che verranno a mancare nei prossimi mesi. Nel reparto in cui in questi giorni vedono la luce i primi “figli del lockdown”, e dove, nonostante la perdita continua di medici, si continua a lavorare a ritmi serrati per garantire i numerosi servizi e ambulatori destinati alle donne in attesa o con patologie ginecologiche, è prossima la sospensione di più servizi ambulatoriali a partire dall’ambulatorio ginecologico e isteroscopia diagnostica. Per di più, nel momento in cui si dovesse perdere una dottoressa (di ruolo in una ASSL della penisola), sarà purtroppo necessario sospendere anche l’ambulatorio di ecografia ostetrica e l’ambulatorio di patologia ostetrica e gravidanza a rischio, costringendo le donne in gravidanza a rivolgersi agli ospedali fuori provincia. In breve tempo si assisterà quindi alla ulteriore riduzione dei parti, con il rischio di chiusura del punto nascita già messo in pericolo dalle difficoltà della pediatria;
– Chirurgia: dei 14 medici previsti ve ne sono appena 8 in servizio, dei quali 3 con limitazioni di orario o turni. Con un organico ridotto ai minimi termini il reparto, che pure è uno dei pochi a contare su un primario titolare e non provvisorio, ha drasticamente ridotto il numero di interventi programmati, in quanto impegnato per l’intera giornata sulle urgenze, con conseguente perdita sia di competenze che possibilità di crescita. Ancora da chiarire la problematica dei tumori alla mammella per cui, nonostante le sollecitazioni a Regione e ATS, si registrano lunghe liste e tempi di attesa per un intervento. Analogo problema si riscontra per la chirurgia tiroidea, che sarebbe dovuta essere effettuata a Ghilarza, dove sono presenti 5 medici in pianta organica, ma l’attività è attualmente sospesa;
– Cardiologia: questo è un reparto in grave sofferenza ed è anche un caso emblematico della scarsa programmazione della sanità oristanese, dove occorrerebbero almeno 18 medici e dove invece solo 10 dei 12 medici in servizio ruotano nei 3 turni giornalieri e 9 anche per reperibilità e festivi, mentre uno è in comando in un’altra sede. Manca ormai da anni il servizio di emodinamica, dopo il trasferimento dei 4 medici che vi lavoravano e sono stati bloccati anche gli accessi dei medici dalle altre ASSL, che ne garantivano l’attività per qualche giorno alla settimana. Ancora, l’Emodinamica, indispensabile servizio nei casi di infarto, funzionante 24 ore al giorno è fondamentale sia per la popolazione che per garantire uno standard sufficiente di attività; mantenere scoperto per anni tale servizio significa, in fondo, smantellare il reparto e sminuire l’importanza dell’ospedale S. Martino. Da rilevare che per la mancanza dell’emodinamica, in caso di indisponibilità il 118, il trasporto dei pazienti con sospetto infarto è a carico del personale e dei medici del San Martino, con ulteriore aggravio sulla turnazione già in sofferenza. Da sottolineare infine che sui medici di turno pesano anche le consulenze interne e la refertazione ECG sia del San Martino che dei presidi di Bosa, Ghilarza e spesso Isili e Sorgono, in un reparto che conta 7 posti letto di UTIC, 10 posti letto di cardiologia (dei quali tre di post-intensiva) e 2 posti letto di DH. Sia il DH che gli ambulatori sono stati sospesi più volte per l’emergenza COVID, mentre sono rimasti attivi con limitazioni e con grande sacrificio i controlli Pacemaker e defibrillatori con remota data di impianto o problematiche relative al sistema elettrodico. Sono stati inoltre rinviati nei mesi di emergenza oltre 150 controlli ambulatoriali che stavano venendo con fatica recuperati prima della seconda ondata;
– Oncoematologia: reparto in attesa di accreditamento dove lavora un solo medico con un altro appena specializzato, che ha in carico tutti i pazienti dell’intera ASSL, impossibilitato oramai ad occuparsi dei nuovi che di conseguenza migrano verso le altre strutture, con conseguente grave perdita economica e importanti disagi per gli ammalati e le loro famiglie;
– Oncologia: il reparto non ha posti letto ma solo accessi in day hospital per terapia e diagnosi, dove tutto il resto è demandato fuori provincia. L’imminente pensionamento del primario costringerà i 3 soli medici rimasti ad occuparsi di tutti i pazienti della ASSL (circa 5000) lavorando 5 giorni a settimana, costringendoli ad assumere grandissime responsabilità e numeri di assistiti di gran lunga fuori scala;
– Psichiatria: inutile ricordare che si tratta di un reparto con un’utenza crescente, ad elevato livello assistenziale, con 15 posti letto che dovrebbe contare 11 medici. Di fatto ci sono solo 5 medici turnanti e per sopperire a queste carenze sono autorizzate prestazioni aggiuntive e, in assenza di ulteriori disponibilità, 4 turni notturni al mese vengono svolte da 2 colleghi provenienti da Lanusei, mentre i medici appena assunti per concorso o selezione sono stati inviati a Cagliari e Sassari. Da rimarcare che molti neo specializzati rifiutano l’ospedale in quanto non è più appetibile per l’aspetto economico, il carico di lavoro, le sequele medico legali e non ultimo l’impegno burocratico amministrativo. Si segnala inoltre la grave situazione che si sta verificando al SERD ove è rimasto un solo psichiatra, ora in malattia, con conseguente verosimile (ventilato) spostamento al SERD dei colleghi del centro di salute mentale, già in grave difficoltà di organico;
– Endoscopia: paralizzato dall’emergenza Covid, si registra una grave carenza di infermieri (solo 5 in servizio), con 3 medici su 4 inviati nell’area Covid prima e nell’Obi (Osservazione breve intensiva) poi, con una lista di attesa infinita e le visite di 400 pazienti rinviate. Dopo un piano di recupero delle visite in attesa, si registra un nuovo stop alle visite ed alle endoscopie a causa dell’assenza dei medici, chiamati nuovamente a coprire le esigenze del reparto medicina;
– Pneumologia: ai due medici andati in pensione, mai sostituiti, si aggiunge ora anche il responsabile, e già si parla della soppressione del servizio e del suo accorpamento con il reparto medicina. Una decisione che non tiene conto del numero dei pazienti trattati (circa 2000 in un anno) e l’incremento delle patologie polmonari croniche, con l’aumentare dell’età media. Il reparto è anche centro prescrittore regionale di farmaci per le malattie rare e croniche. In questa situazione è singolare che non sia stata presa in considerazione la richiesta di mobilità di un medico che ha da tempo chiesto di venire a Oristano da un’altra ASSL.
– Neurologia: sebbene esista una graduatoria aperta da cui ATS non ha mai attinto, in questo reparto presta servizio un solo medico, peraltro a tempo determinato, che si occupa da un anno delle consulenze per tutto l’ospedale, al quale vanno aggiunti anche altri due colleghi neurologi al San Martino (di cui una assunta come fisiatra) che esercitano la loro attività in neuroriabilitazione. Appare superfluo sottolineare l’importanza di questo servizio nel presidio, poichè in una DEA (Dipartimento di Emergenza Urgenza e Accettazione) il reparto di neurologia deve essere presente per legge;
– Trasfusionale: attualmente ci sono 6 medici in servizio di cui 1 a tempo determinato e 1 in attesa di mobilità verso il Brotzu. Ne occorrerebbero almeno altri tre. Seguono circa 1200 pazienti in TAO e 63 pazienti con anemia mediterranea politrasfusi. Nel 2020 hanno raccolto 8561 sacche di sangue e sono state eseguite 600 trasfusioni in pazienti che non potevano essere ricoverati ed hanno praticato 250 sedute di plasmaferesi terapeutica. A seguito di un concorso per 6 posti in ATS, svolto lo scorso febbraio, è stata stilata una graduatoria che oltre ai vincitori comprende anche 21 idonei, da cui si potrebbero attingere i medici da destinare a Oristano;
– Nefrologia: in questo momento vi sono in servizio 7 medici più il primario mentre fino a qualche anno fa erano 10. Tra questi, due non fanno reperibilità notturne cosi come il primario. Inoltre alcuni infermieri e 2 medici sono stati positivi al Covid ed uno di questi, ricoverato in rianimazione a Cagliari, non è ancora rientrato in servizio. Si è interrotto per un periodo il servizio delle dialisi peritoneali ripristinato solo per l’abnegazione di un medico. Ancora, i medici devono prestare tre turni a settimana a Ghilarza e uno a Bosa, mentre durante l’anno passato, per far fronte alle difficoltà di Nuoro, hanno aperto la dialisi Covid a Ghilarza, con ulteriore incremento dell’attività lavorativa e dello stress correlato;
– Neuroriabilitazione: il primario del reparto è in comando dal Brotzu, con molte probabilità di rientro all’ospedale di appartenenza in caso di mancata stabilizzazione nel ruolo di primario a Oristano. Una ipotesi che metterebbe a repentaglio la continuità assistenziale di un reparto di particolare importanza, ove prestano servizio attualmente 7 medici compreso il responsabile. Hanno 12 letti ed è in Sardegna l’unico reparto ospedaliero che si occupa di malati con il cod 75, ovvero è un’Unità di riabilitazione intensiva per pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite, traumatiche e non traumatiche, in grado di sostenere una riabilitazione intensiva altamente specialistica ed è di conseguenza un reparto strategico a livello regionale che meriterebbe più attenzione e più risorse;

considerato che:
– è inaccettabile la passività della Regione e dell’ATS, che avrebbero potuto utilizzare il personale sanitario immediatamente disponibile a ricoprire i posti vacanti, attraverso il ricorso a mobilità interregionale o regionale o alla messa in campo di procedure accelerate di selezione e concorso da dedicare alla Assl di Oristano, analoghe a quelle già attivate o in corso di attivazione per altre Assl;
– non è altresì accettabile l’inerzia dei vertici della sanità regionale sul vincolo di garantire il diritto all’assistenza sanitaria pubblica dei sardi in tutte le parti dell’isola, senza il quale si agevola la crescita dei servizi sanitari privati, destinati di questo passo non più ad integrare ma addirittura a sostituire il ruolo dei presidi pubblici;
– sono gravi anche i ritardi negli screening e le carenze della medicina territoriale, in particolare quelle dell’assistenza domiciliare, affidata a una dotazione insufficiente di operatori, così come restano inaccettabili anche le contorte procedure, i ritardi e gli errori con cui si affronta la sostituzione dei medici di medicina generale che vanno in pensione o vengono trasferiti;

ritenuto che:
– non è più tollerabile che migliaia di cittadini sardi, residenti in piccoli paesi e in gran parte di età avanzata, siano costretti a rinunciare per mesi o anni a visite e prescrizioni farmaceutiche, specie con i rischi e le limitazioni legati alla pandemia;
– è cogente, infine, che vengano resi noti tempi, modalità, sedi e operatori con cui si intendono vaccinare contro il Covid i cittadini della provincia di Oristano, in cui si conta una bassissima percentuale di vaccinati a cui si uniscono criteri di accesso non sempre chiari e certamente non in linea con le cadenze e i tempi indicati dalla Regione circa la possibilità di raggiungere tutta la cittadinanza,

chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l’Assessore regionale dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale per sapere:
1) se siano a conoscenza delle problematiche sopra esposte;
2) quali atti e misure intendano adottare per garantire un deciso impegno di tutti i livelli istituzionali, al fine di risolvere i gravi problemi che caratterizzano il sistema sanitario pubblico oristanese e restituire l’irrinunciabile diritto alla salute ai cittadini della provincia di Oristano.

Cagliari, 12 marzo 2021

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