Versione per la stampa http://www.consregsardegna.it/wp-content/plugins/print-o-matic/css/print-icon-small-black.png

10 febbraio, il giorno del Ricordo. Pais: ieri, oggi, sempre. Mai più.

Il 10 febbraio di ogni anno l’Italia ricorda e rinnova, grazie ad una legge approvata dal Parlamento nel 2004 a larghissima maggioranza, la memoria delle drammatiche vicende di poco successive alla fine della seconda guerra mondiale che colpirono le comunità istriane, giuliane, fiumane e dalmate al confine orientale del nostro Paese. Una memoria carica di sofferenza e di dolore perché composta da due tragedie: la strage delle foibe che costò la vita a migliaia di italiani innocenti (almeno 20.000 secondo le ultime stime) e, successivamente l’esodo dalle loro terre di altre migliaia di italiani di quelle zone (circa 250.000), costretti ad abbandonare tutto (case, beni, lavoro ed affetti) dopo il trattato di Parigi del 1947 che assegnò all’allora Jugoslavia i territori di Istria, Quarnaro, la Provincia di Zara e parte della Venezia Giulia. In occasione della prima Giornata del ricordo, nel 2005, l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi rivolse il suo pensiero, a nome di tutti gli italiani, “a coloro che perirono in condizioni atroci nelle Foibe”, a quanti con enormi sofferenze “si videro costretti ad abbandonare per sempre le loro case in Istria e in Dalmazia», affermando che «quei drammatici avvenimenti formano parte integrante della nostra vicenda nazionale; devono essere radicati nella nostra memoria; ricordati e spiegati alle nuove generazioni”. Sempre il presidente Ciampi, per la prima volta, consegnò le onorificenze previste dalla legge ai familiari di venti italiani vittime delle uccisioni al termine della seconda guerra mondiale, oltre alla medaglia d’oro al merito civile a Norma Cossetto, giovane vittima di quella stagione di barbarie, con la seguente motivazione: “Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba.” A distanza di qualche anno, nel 2009, l’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha istituito il “Premio 10 febbraio – Giorno del ricordo” che viene assegnato “agli esuli o loro discendenti particolarmente distintisi nelle rispettive categorie lavorative, professionali o artistiche e ai personaggi della cultura e dello spettacolo che abbiamo direttamente o indirettamente contribuito alla conoscenza, divulgazione e conservazione della storia e delle tradizioni delle genti istriane, fiumane e dalmate. Nel corso degli anni sono stati premiati personaggi importanti che l’Italia ha avuto modo di conoscere ed apprezzare come Leo Gullotta, Toni Capuozzo, Abdon Pamich, Ottavio Missoni, Nino Benveuti, Mario Andretti, Stefano Zecchi, Susanna Tamaro, Giorgio Forattini e molti altri. Il lungo e particolarmente doloroso dopoguerra dei tantissimi nostri connazionali costretti a lasciare le loro terre in una sorta di “esilio forzato in Patria” determinò una vera e propria diaspora. I profughi giuliano-dalmati si dispersero un po’ in tutto il mondo, Australia, Argentina, Stati Uniti, Brasile, Canada e Venezuela, ma molti scelsero di restare in Italia ed una parte di essi arrivò in Sardegna. Anche in questa triste pagina della nostra storia, l’isola fu protagonista come luogo di accoglienza e come testimone degli orrori delle Foibe. Furono proprio due minatori di Carbonia a scoprire, calandosi sul fondo della cavità carsica di Goglia di Vines, la tragedia degli infoibamenti di massa. Chi riuscì ad arrivare in Sardegna fu accolto e contribuì alla crescita dei territori. In particolare, la borgata di Fertilia, da allora visse una sua “seconda vita” diventando, come scrisse la Nuova Sardegna nel 1948, una “città nuova” ed un importante “centro economico e demografico giuliano”. Grazie alla presenza dei profughi la borgata diventò luogo di incontro di culture diverse, sarda, algherese, ferrarese e giuliano-dalmata, e soprattutto una città completamente nuova il cui centro urbano di impianto architettonico razionalista fu portato a termine, caso unico rispetto ad analoghe situazioni in Italia, con il lavoro dei suoi nuovi abitanti, come ben sintetizzato dal racconto di una testimone: “Mi sempre digo che mi son cresuda con Fertilia, Fertilia sé cresuda con mi (Io dico sempre che son cresciuta con Fertilia ma Fertilia è cresciuta con me). Proprio a Fertilia, a partire dallo scorso anno, la Regione ha sostenuto fortemente la nascita del Museo etnografico “Egea” che sorgerà nel complesso delle Ex Officine Egas (Ente Giuliano autonomo di Sardegna) che vuole rappresentare un simbolo importante per la memoria e l’identità della comunità giuliana di Sardegna. Alla semplice ma toccante cerimonia, insieme all’Assessore Quirico Sanna in rappresentanza del Presidente Christian Solinas, è intervenuta l’esule istriana Egea Haffner, La signora, nata a Pola e figlia di un infoibato, insignito con la medaglia commemorativa del Sacrificio offerto alla Patria dal presidente della Repubblica Ciampi, è diventata un simbolo dell’esodo giuliano-dalmata per la foto dove è ritratta da bambina con la valigia e la scritta “esule giuliana n. 30001”. Quella di Fertilia, nonostante le molte difficoltà, è stata ed è per la comunità giuliana una storia a lieto fine. Ma, per i profughi di quelle terre, non è sempre stato così, perché per lunghi anni la loro vicenda è stata una pagina “strappata” della storia nazionale, come disse il Capo dello Stato Sergio Mattarella nel 2015. Una pagina alla quale sono state restituite dignità e verità storiche solo dopo la caduta nel muro di Berlino. E in questa sede è particolarmente significativo ricordare che, per primo, il 3 novembre 1991, fu un grande politico sardo, l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ad “aprire la strada”, recandosi in pellegrinaggio alla foiba di Basovizza, vicino Trieste, e chiedendo perdono, in ginocchio, per un silenzio durato cinquant’anni. Ieri, oggi, sempre. Mai più.

 

Condividi: