Interrogazione n. 968/A

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA

XVILegislatura

Interrogazione n. 968/A

ORRÙ – AGUS – CADDEO – LOI – PIU – SATTA Gian Franco – ZEDDA Massimo, con richiesta di risposta scritta, sulle direttive regionali in materia di Valutazione di impatto ambientale (VIA) e di Provvedimento unico regionale in materia ambientale (PAUR) approvate con deliberazione della Giunta regionale n. 11/75 del 24 marzo 2021.

 

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I sottoscritti,

vista:
– la legge regionale 8 febbraio 2021, n. 2, recante “Disciplina del provvedimento unico regionale in materia ambientale (PAUR), di cui all’articolo 27 bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e successive modifiche e integrazioni” che dispone «nel caso di progetti da sottoporre alle procedure di VIA regionale, il rilascio di un provvedimento unico regionale in materia ambientale (PAUR), comprensivo della stessa VIA e dei titoli abilitativi ambientali rilasciati dalle competenti amministrazioni»;
– la deliberazione della Giunta regionale del 24 marzo 2021, n. 11/75, che approva le Direttive regionali in materia di VIA e di provvedimento unico regionale in materia ambientale (PAUR) e i relativi allegati;

considerato che:
– in data 9 marzo 2021, il Ministero della transizione ecologica ha chiesto al Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri di voler proporre l’impugnativa della legge regionale 8 febbraio 2021, n. 2, dinanzi alla Corte costituzionale per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione italiana;
– la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, infatti, rientra tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (articolo 117, comma 2, lettera s);
– la disciplina del procedimento VIA/VAS, quindi, è attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali;
– la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, con un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenza n. 58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007);
– come anche sancito dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 198/2018, il legislatore statale ha escluso la possibilità per le regioni (anche a statuto speciale) e le Province autonome di Trento e Bolzano di sottrarsi o derogare alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 27 bis, consentendo alle regioni unicamente di disciplinare, con proprie leggi o regolamenti, l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative a esse attribuite in materia di VIA, nonché l’eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali;
– con la sentenza n. 246/2018, la Corte costituzionale ha ribadito che «non è consentito al legislatore regionale la scissione dell’unitario procedimento autorizzatorio, che, a prescindere dal modo in cui è concretamente configurata, non sembra garantire un livello più elevato di tutela dell’ambiente»;
– sempre la Corte costituzionale, con sentenza n. 147/2019, ha chiarito che «la normativa regionale si pone dunque in contrasto con la disciplina statale, laddove fraziona il contenuto del provvedimento di VIA, limitandosi a contenere le informazioni e le valutazioni necessarie a stimare e a contenere l’impatto ambientale del progetto autorizzato. Nella disciplina posta […] il provvedimento di VIA è, infatti, autonomo rispetto agli altri atti autorizzatori connessi alla realizzazione dell’opera, in evidente deroga all’assetto unitario e onnicomprensivo del provvedimento unico previsto dall’articolo 27 bis del cod. ambiente»;

preso atto che:
– l’articolo 1 della legge regionale 8 febbraio 2021, n. 2, “Disciplina del provvedimento unico in materia ambientale”, prevede esplicitamente, fin dalla rubrica, che tale provvedimento includa esclusivamente titoli in materia ambientale, riportati al comma 2; siffatta previsione risulta in aperto contrasto con le disposizioni dell’articolo 27 bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, che nel disciplinare il Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) lo qualificano come provvedimento unico comprendente non solo i titoli in materia ambientale, bensì tutte le autorizzazioni, intese concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del progetto;
– l’articolo 27 bis, comma 7, prevede che «La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto, recandone l’indicazione esplicita»;
– tali disposizioni, così come il dettato normativo di cui alla legge n. 241 del 1990, articolo 14, definiscono in termini inequivocabili la natura unitaria del PAUR, che rappresenta l’unica modalità per lo svolgimento dei procedimenti di VIA di competenza regionale;

rilevato che:
– il Ministero della transizione ecologica ha chiesto di impugnare integralmente i seguenti commi dell’articolo 1, poiché in contrasto con il decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 27-bis, commi 1 e 7, e con la legge n. 241 del 1990, articolo 14, comma 4:
– il comma 1, nella parte in cui circoscrive l’estensione del provvedimento «ai titoli abilitativi riportati al comma 2» nonché «ai titoli ambientali indicati nel comma 2»;
– i commi 2 e 3, poiché finalizzati a definire tali titoli in maniera ambientale da includere nel provvedimento unico;
– il comma 4, in quanto connesso direttamente con il comma 2;
– il comma 5, nella parte in cui restringe il novero delle amministrazioni partecipanti alle sole amministrazioni «competenti in materia ambientale»;
– il comma 9, nella parte in cui limita la conferenza dei servizi all’acquisizione dei «titoli in materia ambientale richiesti dal proponente»;
– il Ministero sottolinea, inoltre, che l’articolo 1 risulta anche in contrasto con la disciplina di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 27-bis, comma 7, e alla legge n. 241 del 1990, articolo 14-ter e 14-quater, con riferimento alle modalità di adozione del provvedimento finale, che dovrebbe corrispondere alla determinazione conclusiva della conferenza dei servizi; evidenzia, infatti, che l’ultimo periodo del comma 9 prevede che «tale determinazione è adottata con deliberazione della Giunta regionale su proposta dell’Assessore regionale competente in materia di ambiente», mentre il comma 10 fa addirittura riferimento alla “discrezionalità politica e amministrativa” per qualificare l’autonomia della Giunta regionale nell’adozione di tale deliberazione;

posto che tali disposizioni, attribuendo un potere decisionale sull’intero esito della conferenza a una successiva pronuncia dell’organo politico, appaiono in palese contrasto della disciplina statale, come già affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 9/2019, relativa a un’analoga disposizione normativa della Regione Lombardia; la Corte costituzionale constata che «il legislatore regionale – escludendo dalla conferenza la valutazione dell’organo politico inscindibilmente legata alla determinazione da assumere, in quanto quest’ultima “presuppone o implica” la prima – si pone in una logica che, lungi dal potenziare o sviluppare il disegno di semplificazione e accelerazione definito dal legislatore statale, finisce con il vanificare il senso stesso della conferenza e l ‘efficacia della sua determinazione conclusiva. In base alla previsione regionale contestata, infatti, la decisione dell’organo di indirizzo politico mantiene la sua autonomia e può arrivare a stravolgere, dall’esterno, l’esito della conferenza, giacché le valutazioni espresse da detto organo (siano esse assunte prima o dopo lo svolgimento della conferenza) prevalgono su quelle degli altri partecipanti. Così disponendo, il legislatore lombardo assegna alla decisione dell’organo di indirizzo politico (estrapolata dalla conferenza di servizi) un valore diverso e maggiore rispetto a quello delle valutazioni espresse dalle altre amministrazioni competenti. […] In conclusione, la norma regionale impugnata non assicura livelli ulteriori di tutela, e anzi chiaramente sacrifica le finalità di semplificazione e velocità alla cui protezione è orientata la disciplina statale. Essa configura inoltre un modello di conferenza di servizi del tutto squilibrato e contraddittorio: squilibrato, perché assegna una netta prevalenza alla valutazione degli organi di indirizzo politico (senza precisare inoltre che cosa avvenga in caso di coinvolgimento di più organi politici); contraddittorio, perché, sebbene la decisione da assumere in conferenza presupponga o implichi un provvedimento di questi organi, la loro valutazione è separata da quella degli altri soggetti interessati. Sicché si deve parimenti escludere che il modello così prefigurato costituisca sviluppo coerente e armonioso del quadro definito dalle norme statali interposte»,

chiedono di interrogare la Giunta regionale e in particolare l’Assessore regionale della difesa dell’ambiente per sapere:
1) quali siano le ragioni per cui la Giunta regionale ha deciso di approvare le direttive regionali in materia di Valutazione di impatto ambientale (VIA) e di Provvedimento unico regionale in materia ambientale (PAUR) con deliberazione n. 11/75 del 24 marzo 2021, nonostante il 9 marzo 2021 il Ministero della transizione ecologica avesse chiesto al Dipartimento Affari regionali della Presidenza del Consiglio del ministri l’impugnazione della legge regionale 11 febbraio 2021, n. 2 dinanzi alla Corte costituzionale per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione italiana;
2) per quale motivo si sia deciso di far deliberare la Giunta, “nell’esercizio della propria discrezionalità politica e amministrativa”, in ordine alla compatibilità ambientale e di far concludere il procedimento del PAUR con lo stesso atto piuttosto che nell’ambito della Conferenza di servizi;
3) quali e quante siano le procedure attualmente in corso;
4) come si intenda operare per le procedure in via di definizione e per le richieste pervenute successivamente alla approvazione della legge regionale n. 2 del 2021 e delle Direttive di attuazione;
5) se non si ritenga che l’impugnazione e il successivo annullamento della legge regionale n. 2 del 2021 per via delle disposizioni costituzionalmente illegittime possa compromettere le autorizzazioni rilasciate ai sensi della legge stessa e delle relative direttive attuative.

Cagliari, 9 aprile 2021

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