Sa Die 2021: l’intervento del Presidente del Consiglio Michele Pais

Signor Presidente della Regione, colleghe consigliere, colleghi consiglieri, signori ospiti

Oggi è la giornata di noi sardi, della nostra Sardegna.

Una giornata di celebrazioni, di riflessione, di grande unità.

Perché Sa die de Sa Sardigna ci deve richiamare a valori comuni di unità e di condivisione, deve essere un momento di incontro e di confronto in cui il popolo sardo celebra i valori più alti della sua cultura e della sua storia millenaria.

Purtroppo anche Sa Die di quest’anno è minata dalla difficile situazione sanitaria, dalla pandemia che ha sconvolto ogni nostra abitudine, condizionando anche occasioni alte e importanti come questa.

Sono trascorsi 28 anni dal varo della legge regionale n. 44, approvata da questo Consiglio il 4 agosto del 1993.

Con quella legge fu istituita Sa Die de Sa Sardigna, giornata nazionale del popolo sardo in ricordo dell’insurrezione popolare avvenuta nel 1794 e che portò alla cacciata da Cagliari e dalla Sardegna dei piemontesi e del viceré Balbiano.

Con tale legge si avviò una nuova stagione politica più attenta ai temi delle identità e dei diritti dei territori e si aprì una profonda riflessione sulla necessità di ripensare la nostra autonomia e la nostra specialità.

I momenti in cui ci si ferma a riflettere, in cui si condividono i valori che orientano nella ricerca di senso, costituiscono l’“ossatura” del nostro vivere comune, i punti fermi che aprono la strada a nuove prospettive.

Per questo ritengo che tali eventi non debbano essere percepiti e vissuti come “vuoti rituali”.

Purtroppo il tempo in cui viviamo viene vissuto come un frenetico flusso continuo, come una “mera sequenza di presente episodico” priva di sostegno.

Ebbene, i momenti celebrativi come quello odierno, acquisiscono la forza di un sostegno, offrono al tempo una struttura, una stabilità.

Antoine de Saint-Exupéry nel romanzo “La cittadella” scrive che «i riti sono nel tempo quello che la casa è nello spazio»: consentono di concepire il tempo come una costruzione, come un perfezionamento e non come un logorante fluire di eventi.

La ricorrenza odierna ci ricorda chi siamo, da dove veniamo. E ci aiuta a riflettere sulla direzione da intraprendere per continuare a costruire la Sardegna che vogliamo.

Oggi inevitabilmente il nostro ricordo va agli eroi dei “Vespri sardi”: Giommaria Angioy, Michele Obino e Francesco Cilloco e a tutti coloro che contribuirono a cacciare gli oppressori.

Il popolo sardo unito in un anelito di libertà e coalizzato contro “l’oppressore straniero” scrisse la pagina di storia che noi oggi celebriamo.

Dal passato ci arriva una grande lezione: solo uniti nella consapevolezza di identificarsi come unico popolo, si vincono le battaglie. E oggi più che mai la Sardegna ha bisogno di tutti. Quella idea di Giovanni Maria Angioy di una Sardegna “da rispettare, da costruire, da difendere e liberare, da proiettare in un nuovo futuro” assume sempre più un pensiero da condivide e da attualizzare.

Ma il 28 aprile deve essere anche l’opportunità per riflettere sul momento storico che attraversiamo, sulla nostra situazione economica e sociale, sul nostro essere sardi.
E deve rappresentare ogni anno un punto di partenza: come nel 1794 scacciando il Viceré e i funzionari piemontesi si mandarono via, idealmente, i soprusi e le sopraffazioni, oggi l’unità del nostro popolo è fondamentale nell’affrontare il momento drammatico che sta attraversando la nostra isola per contenere la catena dei contagi e per pensare alle modalità per ripartire tutti uniti.

Dobbiamo sempre più puntare sull’identità del popolo sardo,
osservare la storia e trarne i preziosi insegnamenti che ci tramanda: cosi come nel 1794 si era passati da una Sardegna asservita al feudalesimo alla prospettiva di una Sardegna libera oggi dobbiamo promuovere un processo che apra le porte alle prospettive di un autentico sistema autonomistico finora del tutto incompiuto.

Si deve partire proprio da quello spirito che ha motivato l’adozione della recentissima Legge sul riassetto territoriale della Regione, appena approvata dal Consiglio regionale, che esalta le peculiarità dei territori della Sardegna e che ha come obiettivo quello di creare un’Isola moderna, sempre più vicina al cittadino, nella quale tutti i livelli di governo trovino parità di trattamento.

Il Consiglio regionale, adottando questa legge, ha voluto porre un tassello affinché i singoli territori diventino sempre più protagonisti, in sinergia tra loro e con l’intera Regione, nello sviluppare un’azione congiunta che consenta di avviare quella rinascita della Sardegna, citata nello Statuto di autonomia, oggi resa ancora più fragile dall’emergenza sanitaria.

Proprio come avvenne nel 1794 quando ci fu una perfetta saldatura tra territori, soprattutto tra città e campagna.

Dal passato ci arriva una lezione di grande attualità: anche oggi devono essere i singoli territori della nostra Isola a fare grande la Sardegna.

Dai piccoli paesi, dalle zone interne e da quei luoghi indicati come terre dello spopolamento, così come dai grandi centri, deve partire una nuova spinta alla rinascita.

La Sardegna del futuro, soprattutto in un momento in cui si programmano ingenti risorse, dunque, si deve presentare come un’isola coesa, che deve rivendicare sempre di più la propria Autonomia anche nei rapporti con lo Stato, che deve puntare a risolvere questioni “storiche” come la vertenza entrate, la questione della lingua, l’attuazione dello Statuto speciale, un autentico riconoscimento della condizione di insularità.

Il 2020 e il 2021 saranno ricordati come gli anni dei “colori”. Un singolare e tragico arcobaleno che ha avuto anche nell’isola, conseguenze devastanti sulle nostre vite, sulla nostra società, sulla socialità, sul lavoro, sulla voglia di andare avanti.

Una situazione che ha inciso e continua ad incidere nel mondo produttivo e sulle fasce più deboli della società: voglio citare per tutti i giovani che stanno pagando un prezzo altissimo e dalle conseguenze ignote.

Continuiamo a combattere una guerra, una catastrofe universale. Ogni famiglia nel mondo, in Europa, in Italia e nella nostra isola piange congiunti o affetti scomparsi a causa della pandemia.

L’economia è al tracollo, l’incertezza mina gli equilibri, gli affetti soffrono le distanze.

Non potremo mai dimenticare il silenzio assordante dei cortei di bare, il senso di impotenza dei congiunti di chi ha lasciato questa terra sopraffatto dal male, senza conforto, da solo, in ospedale.

Milioni di morti in tutto il mondo, come una terza guerra mondiale. Un conflitto che, come i precedenti, non avrà mai un vincitore perché troppe vite sono state stroncate e troppe famiglie sono state ridotte alla miseria.

Una battaglia che ha dimostrato la fragilità della nostra società e del sistema sanitario che va ripensato e rafforzato.

Di fronte a questa situazione straordinaria, inaspettata e sconvolgente, la Sardegna e i sardi, come nl 1794 sapranno fare fronte comune consolidando la propria identità collettiva.

Per tale ragione siamo tutti chiamati indistintamente a lottare contro questo virus.
Lo dobbiamo fare ora, partendo proprio da qui, da Sa die de Sa Sardigna che ci richiama a valori comuni di unità e di condivisione.

Consentitemi in chiusura di intervento, in questa occasione solenne, di rivolgere un ringraziamento a tutti coloro che, nei vari settori, continuano a lavorare in prima linea per combattere il virus anche mettendo a rischio la propria vita.

A tal proposito rivolgo in questa sede un appello a tutti i sardi invitandoli ad ascoltare la scienza recandosi a ricevere il vaccino. È un gesto volontario del cittadino responsabile, di cura verso noi stessi, i nostri cari, la nostra comunità.

Bona Die de sa Sardigna. Bona jornada de Sardenya!

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