Versione per la stampa http://www.consregsardegna.it/wp-content/plugins/print-o-matic/css/print-icon-small-black.png

Resoconto della seduta n. 49 del 26/11/2004

XLIX SEDUTA

Venerdì 26 novembre 2004

Presidenza del Vicepresidente PAOLO FADDA

La seduta è aperta alle ore 9 e 36.

MANCA, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 18 novembre 2004, che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Roberto Capelli, Paola Lanzi, Fedele Sanciu e Nicolò Rassu hanno chiesto congedo per la seduta del 26 novembre 2004. Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Direi di aspettare sino alle 9 e 50 per permettere anche agli altri colleghi di poter arrivare.

(La seduta, sospesa alle ore 9 e 37 , viene ripresa alle ore 9 e 50.)

Continuazione della discussione generale del disegno di legge: "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 11 maggio 2004, n. 6 (Legge finanziaria 2004), variazioni di bilancio e disposizioni varie" (31/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale del disegno di legge numero 31/A. E' iscritto a parlare il consigliere Cugini. Ne ha facoltà.

CUGINI (D.S.). La ringrazio, Presidente. Intervengo non solo per esprimere qualche considerazione sulle relazioni che i colleghi hanno svolto e sul documento che è stato presentato dalla Giunta, ma anche per dire che i consiglieri del centrosinistra che interverranno parleranno solo per dieci minuti, perché vogliamo dare la possibilità a più colleghi di intervenire e perché riteniamo che dieci minuti siano per noi sufficienti per esprimere delle valutazioni ragionate, essendo totalmente d'accordo con la relazione di maggioranza svolta dal collega Secci.

Io intendo richiamare solo poche considerazioni, riferendomi all'indicazione che il collega Secci per noi ha dato sull'assestamento di bilancio, per dire che noi dobbiamo ragionare sull'assestamento pensando al DPEF e soprattutto alla legge finanziaria. Quindi noi vogliamo ragionare avendo chiaro che l'assestamento è volto a risolvere un problema grossissimo che sottoponiamo al giudizio dell'Aula, ossia la copertura del disavanzo generato dalla spesa sanitaria regionale.

Mi pare che questo sia il cuore della manovra di assestamento e lo richiamiamo separatamente rispetto alle altre parti del documento perché comprendiamo lo sforzo che è stato fatto. E seppure siamo in presenza di un obiettivo limitato nel numero, ma importante perché riguarda il valore sociale della sanità, dobbiamo subito dire che concordiamo sulla impostazione che è stata data al documento. Sottolinearlo significa chiamare a responsabilità tutto il Consiglio e in particolare i colleghi che hanno avuto la responsabilità di governo nei cinque anni precedenti.

Mi pare che stiamo parlando di un'esigenza che si è manifestata nel 2003. Io non voglio usare il termine "buco sanitario", perché non sarebbe corretto chiamarlo così, però siamo in presenza di una voragine di cui occorre discutere e che deve essere risanata. Essendo l'argomento limitato, si può dire che il deficit della sanità, per il 2003, ammonta a 148.968 milioni di euro e questo risultato deriva da un'analisi precisa che è stata fatta, per l'anno 2003, della spesa e dei deflussi finanziari in riferimento anche agli interventi ministeriali.

L'esigenza di copertura del deficit sanitario - lo dico in particolare al collega La Spisa, che è stato anche Presidente della Commissione programmazione, oltre che Assessore dell'industria nella parte finale del mandato della scorsa legislatura - viene valutata in 120 milioni di euro a valere prevalentemente su risorse regionali. Se siamo d'accordo su questo elemento, che è di natura tecnica, ma che richiama argomenti di natura politica, penso che la discussione, generale e dell'articolato, ci permetterà di trovare un punto di incontro.

E' difficile ragionare sull'assestamento avendo chiaro qual è il deficit e quale somma occorre recuperare per farvi fronte. Se ci troviamo d'accordo su questa lettura, è chiaro che la discussione tra noi sarà più serena e soprattutto potremo meglio ragionare su come recuperare i 120 milioni di euro tra le pieghe del bilancio della Regione, con riferimento soprattutto a quegli Assessorati che pur avendo la disponibilità finanziaria non hanno impegnato risorse che ora rischiano di finire in residui.

Se accettiamo questo criterio, che mi pare essere un criterio guida dell'assestamento, possiamo rapidamente passare alla discussione di merito, perché l'operazione complessiva che viene fatta non è di riduzione, ma è di risparmio e di utilizzo di poste di bilancio non utilizzate, al fine appunto di recuperare i 120 milioni di euro. Ed è un'operazione che non ha effetti negativi, anzi interviene a sostegno del sistema produttivo, avendo tra l'altro come riferimento (e questo è un concetto che condivido in pieno) l'esigenza di non indebolire il sistema famiglia in Sardegna. Quindi è un'operazione, seppure limitata all'assestamento, che traccia un'indicazione precisa per quanto riguarda il DPEF, che dovremo discutere nei prossimi giorni, e la finanziaria che verrà subito dopo.

Noi non pretendiamo che voi accogliate l'impostazione generale, perché è una valutazione da fare in Commissione e poi in Aula, ma pretendiamo una discussione che tenga conto che per la copertura del deficit sanitario ci sono vincoli e criteri a cui ci dobbiamo richiamare, che i margini di manovra sono molto ristretti e comunque i tagli proposti pesano in modo marginale, e cioè per il 2,1 per cento sugli stanziamenti del bilancio 2004. Con l'assestamento di bilancio noi intendiamo dare una risposta anche di prospettiva verso la rivalutazione della impostazione del DPEF, considerata anche l'esigenza di una discussione più generale sullo sviluppo complessivo della nostra regione. Vogliamo anche che ci sia attenzione all'esigenza, anche questa primaria, che non è qui richiamata, perché non può essere richiamata totalmente nell'assestamento, di ridiscutere il bilancio della Regione.

E' diventato un problema serio che deve essere affrontato, perché siamo in presenza di un forte indebitamento e di un bilancio ingessato dalle esposizioni derivanti da scelte precedenti, alcune delle quali possono essere riconfermate, per esempio quelle finalizzate a sostenere lo sviluppo, mentre altre vanno riviste e non con intento di sfida: "Adesso voglio vedere quello che fate voi", ma mettendo avanti l'interesse generale della collettività. Quindi in quest'ottica va rivista anche l'impostazione del bilancio.

Mi fermo a queste considerazioni, perché ritengo che la relazione del collega Secci abbia ben chiarito qual è l'impostazione politica dell'assestamento, e i numeri che io richiamato in modo sintetico ci fanno dire che l'obiettivo principale, cioè recuperare risorse per evitare il disastro sulla questione sanitaria, deve far riflettere tutti, in particolare i colleghi che hanno avuto la responsabilità di governo e hanno assistito a questa situazione. Quindi occorre avere chiaro che recuperare risorse proprie della Regione significa operare qualche taglio sul non speso e dare una risposta di risanamento molto attesa dal sistema sanitario, perché l'esigenza di ripianare il disavanzo della spesa sanitaria impone la partecipazione di tutti coloro che, stando all'opposizione o al governo, nei cinque anni precedenti, e in particolare nel 2003, hanno condiviso la direzione e la gestione di questo delicato momento di governo della Regione sarda.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cherchi. Ne ha facoltà.

CHERCHI OSCAR (Gruppo Misto). Grazie, signor Presidente. Io cercherò di ricollegarmi a quello che ha detto il collega Cugini sui tempi degli interventi, e proprio per questo motivo ho tracciato una linea per essere più veloce e più chiaro nella esposizione.

Il disegno di legge di assestamento del bilancio 2004 è indubbiamente una tappa obbligata del percorso politico, però il modo in cui è stato presentato chiaramente suscita in noi qualche perplessità e qualche dubbio. Sono consapevole, siamo tutti perfettamente consapevoli, come ha appena dichiarato il collega che mi ha preceduto, della necessità di coprire il disavanzo della spesa sanitaria, che, così come dichiarato, è pari o forse anche superiore a 148 milioni di euro, ma non si può condividere il fatto che ci troviamo davanti ad una manovra che non inciderà sulla realtà della nostra Regione. I tagli ci sono stati effettivamente, questo è palese; nelle stesse Commissioni la presentazione degli Assessori competenti per materia è stata chiara e netta: bisognava tagliare, bisognava spostare una serie di finanziamenti per coprire il "buco" - io lo chiamo così - della sanità.

Nonostante le rassicurazioni dell'assessore Pigliaru, che sono state ampiamente riportate anche dagli organi di stampa, sull'impegno a salvaguardare i finanziamenti per le politiche sociali e familiari, per l'istruzione, la formazione professionale, l'assistenza alle fasce più deboli, di fatto le riduzioni hanno colpito pesantemente proprio questi settori. Appare evidente che il deficit sanitario sia dovuto alla carenza di programmazione, a una politica di spesa che negli anni passati è andata ben oltre i propri limiti. Qui mi piace sottolineare una dichiarazione che l'assessore Pigliaru ha rilasciato in un'intervista fattagli qualche tempo fa a proposito della presentazione del Documento di programmazione economica e finanziaria, che discuteremo nei prossimi giorni. Lei, Assessore, ha in qualche modo messo in risalto come la brusca accelerazione che ha portato a questo disastro finanziario si sia verificata a partire dal 2001. Chiaramente questo ci fa riflettere. Ci sarebbero, come dichiara lei, chiari indicatori economici a conferma che da quel momento le cose sono precipitate, assumendo una piega veramente insostenibile.

L'Assessore, quindi, sta affermando che prima del 2001 la situazione non era certo così drammatica. Se mi permettete, bisogna ricordare, a questo punto, che la Giunta fino al 2001 era guidata dall'onorevole Floris, il che significa che le dichiarazioni della maggioranza si riferiscono al periodo che è cominciato nel momento in cui c'è stato un cambio al vertice della Giunta di centrodestra. Da quel momento probabilmente una scelta politica e programmatica di un certo tipo ha portato a questo disastro, così come dichiara ora la maggioranza. Questa precisazione la faccio solo per inciso e per rimarcare alcune nette differenze nelle linee politiche di chi è stato al governo della Sardegna.

Tornando al presente, bisogna assolutamente invertire la marcia. Passi il risanamento del deficit, tuttavia non possiamo penalizzare e mortificare esclusivamente alcuni ambiti. E' vero che il disavanzo sanitario può essere coperto soltanto con entrate proprie della Regione e non con mutui, giustamente, ma forse, piuttosto che operare riduzioni e pericolose limitazioni, sarebbe stato opportuno ricercare anche altri strumenti utili al conseguimento di questo scopo. Invece l'unica strada possibile è sembrata quella che la Giunta ha scelto di percorrere, quella drastica dei tagli.

Ora va certamente dato atto all'Esecutivo di aver messo a punto una precisa programmazione. E' una scelta politica all'interno della quale l'obiettivo specifico è quello di risanare il settore della sanità pubblica, e questo bisogna riconoscerlo. Questo adesso per voi è lo scopo da perseguire, a discapito comunque di tutto il resto. Un plauso (lo ripeterò all'infinito all'interno di questo intervento) per la vostra scelta coraggiosa e forse, bisogna riconoscerlo, da qualche punto di vista anche un po' impopolare, però nell'essere a volte impopolari bisogna avere il coraggio di fare determinate scelte, considerando che qualcuno, tra quelli che vi hanno preceduto, in realtà ha tirato dritto di fronte al dissesto finanziario, talvolta addirittura lo ha peggiorato.

Resta comunque il fatto che l'assestamento del bilancio deve rispettare le aspettative e gli interessi di tutti i settori, mentre talvolta si ha quasi la sensazione che si sia proceduto un po' con gli occhi bendati. Il deficit sanitario, a cui fa capo la necessità dei tagli previsti dalla manovra che stiamo discutendo, non giustifica certo completamente la volontà politica della Giunta, che sottrae finanziamenti proprio nei settori del sociale e della tutela delle fasce più deboli. Sono previste riduzioni in numerosi campi, senza però seguire una logica di equa proporzionalità; i tagli hanno inciso in particolar modo su determinati capitoli e non hanno nemmeno sfiorato altri. Qui nasce spontanea, come diceva qualcuno, una domanda: come mai? Che cosa c'è dietro queste scelte? Perché, Assessore - questa è una risposta che lei dovrebbe dare a quest'Aula -, si è deciso di operare tagli solo in alcune direzioni? Quali motivazioni hanno fatto propendere le forbici da una parte piuttosto che dall'altra? A questo punto mi sembra doveroso che vi siano dei chiarimenti da parte vostra.

Entrando nel merito, mi preme innanzitutto ricordare le restrizioni nell'ambito dell'istruzione: tagli rilevanti ai contributi per la gestione e per il personale delle scuole, dalla scuola materna fino all'università, passando per la formazione professionale. Ahimè, questa è una nota dolente, l'eco della polemica è ancora fortissima per i corsi che non riescono a partire e gli innumerevoli disagi per gli studenti e l'intero personale coinvolto. Ovvio che le responsabilità non possono essere addebitate alla Giunta Soru, perché la Giunta Soru è in carica soltanto da pochi mesi. Sono state però fatte delle scelte politiche ed è comunque vero che nel settore della formazione professionale, più che in altri settori, si sarebbe dovuto operare con precisione chirurgica. Non tutto funzionava alla perfezione, ma prima di fare tabula rasa sarebbe stato necessario verificare che cosa meritava di essere salvato. Su questo credo ci sia necessità di rivedere la legge 47 e l'UDS sarà sicuramente in campo e darà battaglia per arrivare in breve tempo a una rimodulazione di questa legge.

Le riduzioni proposte dalla Giunta, ovviamente, lasciano spiazzati e preoccupati quanti avevano fatto affidamento su determinati stanziamenti, programmando investimenti per realizzare i loro progetti, in particolare nell'ambito della scuola e della conoscenza, quest'ultimo uno dei punti di forza della vostra campagna elettorale. Ma non è finita qua: sono stati ridotti i capitali relativi ai finanziamenti ai gruppi folk, ai cori e ai complessi isolani, che pur tra innumerevoli difficoltà tengono viva la nostra tradizione musicale. L'assestamento, anziché contribuire a queste importanti funzioni culturali, dà loro quasi il colpo di grazia, decretandone la crisi. Un duro colpo è inferto anche ai contributi erogati ai comuni per le scuole civiche di musica e ai capitoli sull'editoria e i servizi radiotelevisivi. Uno di questi è stato addirittura completamente cassato, era quello relativo ai notiziari regionali che utilizzavano il linguaggio mimico-gestuale dei sordi.

Proseguendo in questa disamina appare in un certo senso bistrattata la legge regionale numero 26, per la valorizzazione e tutela della cultura e della lingua sarda. Questa legge è praticamente compromessa, la manovra infatti ha decretato l'azzeramento del capitolo relativo alla organizzazione della Conferenza annuale sulla lingua e la cultura sarda. Spicca poi la decurtazione pari al 25 per cento dello stanziamento del 2004 e a circa il 50 per cento dello stanziamento del 2003 per il finanziamento dei progetti relativi alla valorizzazione della cultura e della lingua sarda nelle scuole.

Ancora: è stato eliminato il capitolo per la borsa di studio sulla lingua sarda e sono stati tagliati del 20 per cento i fondi destinati alle Università di Cagliari e di Sassari per l'organizzazione dei corsi di lingua e cultura sarda. Che dire, infine, della drastica riduzione delle risorse destinate alla realizzazione del catalogo generale del patrimonio culturale e del censimento del repertorio linguistico della Sardegna? Un progetto interessante che, alla luce di questi tagli, corre il concreto pericolo di restare soltanto sulla carta.

Finora, chiaramente, solo qualche esempio, indubbiamente eloquente, di quella che è la manovra finanziaria che stiamo discutendo, per sottolineare quali settori la Giunta regionale rischia di penalizzare troppo severamente. Questa tendenza è ancora più preoccupante se si pensa che interessa e colpisce ambiti in cui, negli ultimi anni, si stavano conseguendo obiettivi importanti. La valorizzazione della cultura sarda si stava affermando con risposte positive che facevano ben sperare per il futuro. E' un nostro preciso dovere di amministratori puntare sulla tutela del ricco patrimonio sardo di cultura, storia e tradizione, incentivando i progetti in questo senso e non certo tagliando drasticamente i fondi. Ecco perché rimane una forte perplessità sull'intera manovra, che presenta un'eccessiva penalizzazione dei settori che andrebbero invece valorizzati nell'interesse della collettività.

C'è infine un altro aspetto che vorrei evidenziare: i tagli sulla tutela sanitaria dei praticanti le attività sportive e sui contributi ai sodalizi sportivi per i campionati federali nazionali. Un aspetto che in realtà mi dà lo spunto per aprire una piccola finestra sulle sponsorizzazioni sportive. Qui non si tratta di tagli di risorse in senso stretto, ma alla fine per i diretti interessati la sostanza cambia davvero poco. La spartizione dei contributi, passatemi il termine, perché di una mera spartizione dei contributi si tratta, tra 54 società sportive rischia di mettere letteralmente in ginocchio società che avevano già investito tanto. Qui sta il paradosso: da un lato società vincenti, che ottengono grandi risultati e sono ai massimi livelli nelle rispettive categorie, puntano giustamente sempre più in alto, firmano contratti e fanno programmi per il futuro; dall'altro l'amara sorpresa di dover fare i conti con le riduzioni imposte dalla Regione. A soffrirne e a rischiare maggiormente sono le società più deboli, quelle che già di per sé devono lottare doppiamente per affermarsi. Mi riferisco allo sport femminile che, pur accumulando una serie di importanti e lodevoli conferme sul campo, resta sempre un gradino sotto quello maschile. Pregiudizi, retaggi di chissà quale anacronistica mentalità che oggi non dovrebbero più esistere, ma con cui di fatto queste società devono confrontarsi e talvolta scontrarsi. Tantissimi dirigenti, che avevano già effettuato investimenti e operazioni bancarie programmando la prossima stagione anche sulla base delle sponsorizzazioni degli anni precedenti, si ritrovano improvvisamente e drasticamente ridimensionati. Qualcuno potrebbe addirittura chiudere e dire addio ai campionati che finora li hanno visti protagonisti. Sarebbe una sconfitta e non soltanto sportiva, sarebbe un vero fallimento, una pesante disfatta per il Governo della nostra Isola! Ecco perché ho presentato un emendamento aggiuntivo all'articolo 1 del disegno di legge in discussione, con cui propongo un incremento della sponsorizzazione Terra Sarda a favore dello sport femminile di 500 mila euro per tutte quelle società che già beneficiano di contributi nell'anno in corso. Stiamo parlando di squadre che giocano spesso ai massimi livelli (anzi giocano per forza ai massimi livelli, altrimenti, in base alla legge 17, non è prevista nessuna sponsorizzazione), portano fuori l'immagine della Sardegna, la fanno conoscere e tengono alto l'onore della nostra terra.

In conclusione, giusto per rispettare i tempi che ci siamo dati, alla luce di quanto emerso in quest'Aula, l'augurio è che si possa avere da parte della Giunta e dei colleghi della maggioranza un importante segnale di apertura su questi temi ampi e necessari per la risoluzione dei problemi della nostra Isola. Alcuni limiti restano, ma va riconosciuto all'Esecutivo guidato dall'onorevole Renato Soru di aver predisposto l'assestamento di un bilancio fatto da altri. Signori Assessori, il bilancio l'avete ereditato dai vostri predecessori, forse voi avreste programmato in modo completamente differente, chissà. In ogni caso, non bisogna dimenticare che nel vostro programma avete posto come condizione base il risanamento della sanità e questa manovra finanziaria è lo strumento per cercare di raggiungere il vostro scopo. Speriamo che questa sia veramente la strada giusta!

Troppo presto per dirlo, probabilmente, l'ardua sentenza ai posteri, ma, senza scomodare Alessandro Manzoni, è forse prematuro in questo momento esternare qualsiasi giudizio. In un modo o nell'altro vedremo, nell'andare avanti, quale sarà il risultato di questa operazione.

Chi può dire adesso se Soru riuscirà nell'impresa di risanare la sanità, guardando oltre i tanti mali della Sardegna? Certo, ribadisco l'importanza di alcune sue scelte coraggiose, lui che, per il suo ruolo e la sua figura, avrebbe potuto tranquillamente stare da una parte e dall'altra, sarebbe cioè potuto essere tranquillamente il candidato di centro, di destra o di sinistra; rappresentava e rappresenta ancora la voce nuova, l'emblema del cambiamento e gli elettori fino a questo momento glielo hanno riconosciuto.

Adesso bisogna andare avanti senza perdere di vista i programmi e le idee. E' indispensabile superare schemi rigidi, confrontarsi avendo sempre come punto fermo di riferimento gli interessi e i bisogni dei sardi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Oppi. Ne ha facoltà.

OPPI (U.D.C.). Innanzitutto mi corre l'obbligo di fare alcune precisazioni, evidentemente il collega Cherchi deve fare un corso accelerato, perché gli sono stati forniti dei dati sbagliati. Il riferimento al 2001 è fuori tempo massimo, chiunque l'abbia fatto, anche se è stato l'Assessore. Non vorrei che avesse pensato neanche per un attimo che ci sia un collegamento stretto col 2001 per la mancata presenza dell'illuminato assessore di allora, ora senatore, Manunza.

I dati reali sono questi: nel 1995 la differenza residua - così se lo annota, collega Cherchi, per oggi e per domani - era di 140 miliardi e lo Stato ha totalmente integrato i fondi; nel 1996 era inferiore e c'è stata un'integrazione statale di circa 40 miliardi; nel 1997 il buco (se vogliamo chiamarlo così) era di 185 miliardi, mentre nel 1998 a fronte di un disavanzo di 250 miliardi l'integrazione regionale è stata di 100 miliardi di lire e lo Stato deve ancora versare 61 milioni di euro. Nel 1999 il buco - se si può chiamare così, poi lo spiegherò - era di 189 milioni di euro, circa 370 miliardi, di cui la Regione si è fatta carico per un importo di 235 miliardi e lo Stato ha integrato con i rimanenti 135 miliardi. Nel 2000 il disavanzo è rimasto pressoché costante, 204 milioni di euro; la Regione ha messo 164 milioni di euro, cioè 320 miliardi di lire, e lo Stato, che ci aveva dato un acconto di 14 milioni di euro, deve ancora dare 26 milioni di euro. Nel 2001, è chiaro, siamo sempre sull'onda di 420 miliardi, di cui la Regione si è fatta carico nel suo bilancio, che è arrivato in ritardo, perché abbiamo avuto l'esercizio provvisorio, e lo Stato non ci vuole ancora dare - vero, Assessore? - 54 milioni di euro, perché dice che abbiamo dato le risorse finanziarie a febbraio, visto che era in corso l'esercizio provvisorio. C'è un contenzioso, sarà pagato in tempi brevi, penso, perché ci sono la Sicilia e la Campania che invece hanno programmato una spesa pluriennale. Nel 2002 si è raggiunto praticamente il tetto massimo, oltre 400 miliardi, e abbiamo fatto la stessa operazione che abbiamo fatto oggi. Cioè l'anno scorso, senza fare chiasso, in fase di assestamento di bilancio abbiamo stanziato 198 milioni di euro, che servivano per avere la compartecipazione statale. Per quanto riguarda il disavanzo del 2003, siccome noi siamo vincolati a pagare, dobbiamo approvare questo provvedimento di copertura entro dicembre 2004, ecco perché siamo qui, perché se non lo approviamo di fatto lo Stato, pur avendoceli assegnati, ci toglierà circa 100 milioni di euro. Quindi siamo vincolati come lo eravamo l'anno scorso e l'anno precedente, perché è cambiato il meccanismo.

Voglio dire subito, l'ho detto anche altre volte, che l'anno venturo, quando dovremo provvedere a sanare il buco - se volete chiamarlo così - del 2004, purtroppo troveremo un incremento di 100 miliardi, nonostante siano arrivati dei luminari a occuparsi, ciascuno per sei mesi, di questo problema. Ci voleva coraggio, bastava il coraggio che ho avuto io quando ho applicato i ticket (che poi ho ridotto), consentendo un risparmio che tutti conosciamo.

Quest'anno avremo un incremento del disavanzo di 100 miliardi, perché abbiamo annullato una delibera, fatta sia pure nella contrarietà. Io ho espresso forti critiche anche nei confronti del mio successore sia per quanto riguarda i ticket, sia per quanto riguarda una famosa delibera, che poi è stata sospesa, ma a cui è stata data attuazione in modo illegittimo, perché è stato emanato un decreto in assenza di delibera, grazie al quale le case di cura private, essendo stato modificato sistema dei DRG, dal primo gennaio hanno praticamente i DRG aumentati, mentre continua a mancare l'introito derivante dai ticket. Il gap della Sardegna deriva dal fatto che noi siamo partiti, dal 1998 in poi, con un differenziale di circa 100 mila lire pro capite rispetto alla quota media nazionale, e se avessimo avuto, non dico la quota spettante alle Regioni più avanzate, ma quella media nazionale non avremmo grossi problemi.

In più, al contrario delle Regioni più evolute, non abbiamo imposto addizionali sul bollo automobilistico, sull'IRPEF, non abbiamo imposto i ticket, e comunque nella nostra regione il 70 per cento della popolazione è esente, praticamente la percentuale più alta rispetto a tutte le altre regioni italiane. E' chiaro che, poiché percepisce una cifra inferiore, quest'anno la Regione dovrà mettere di più, perché più mette lo Stato, più dobbiamo mettere noi, e siccome lo Stato quest'anno integra con una congrua cifra, automaticamente, per raggiungere la quota del 29 per cento, noi dobbiamo mettere più soldi, quindi necessitano altre risorse finanziarie.

Comunque, non debbo fare lezioni a nessuno, ma questa è la verità. Pensate, noi mettevamo 692 miliardi nel 1998; nel 2003 abbiamo dovuto stanziare 1.193 miliardi di lire e quest'anno arriveremo a 1.300, con tutte le implicazioni che ci sono. Purtroppo il meccanismo perverso del 29 per cento ci danneggia e dobbiamo togliere a tutti i settori.

Allora, questo assestamento, va detto subito, che era necessitato, perché al fine di non perdere risorse deve essere approvato entro il 31 dicembre 2004. Noi non chiederemo il voto segreto, come è stato fatto in passato, lo voteremo, come peraltro l'anno scorso tutta l'Aula ha votato un analogo provvedimento; due anni fa era diverso, ma l'anno scorso l'intera Aula ha votato il provvedimento che prevedeva uno stanziamento di 198 milioni di euro per coprire il disavanzo del 2002.

E' chiaro che purtroppo ci portiamo dietro questo handicap strutturale che è nato dalla pesatura degli assistibili, che ci danneggia, perché favorisce alcune regioni e ne danneggia altre. L'anno scorso si è tentato di ridurre la quota relativa alla Liguria, che ha la percentuale più alta di anziani; questo ha provocato una mezza rivoluzione e i 400 miliardi previsti glieli hanno lasciati, con l'appoggio un po' di tutte le regioni italiane. Quando noi abbiamo detto : "Abbiamo emofiliaci, abbiamo malattie endemiche, abbiamo le piccole isole, tenete conto di noi", le altre regioni non ci hanno mai dato nessun supporto, speriamo lo facciamo negli incontri che ci saranno e lo facciano d'ora in avanti.

L'unica cosa che io devo rilevare è che in questo assestamento, purtroppo, in alcuni settori, vedi, per esempio, l'attività culturale nel suo complesso, per le infrastrutture aziendali, per alcuni incentivi, nei tagli si è tenuto conto di tutto. Noi abbiamo dato un contributo, ma c'è anche stupidità! E la stupidità nasce quando, come in questi giorni, si dice: "Noi diamo molti soldi al settore socioassistenziale". Non abbiamo dato niente! Lo faremo in questi giorni, così anche noi saremo demagogici, visto che voi parlate di demagogia, ma cento comuni della Sardegna saranno frustrati, riceveranno meno dell'anno scorso, perché purtroppo nel socioassistenziale quando si danno 50 euro anziché 49 non si è fatto niente! Se si fa sulla base di un dato ISTAT recente si penalizzano cento piccoli comuni della Sardegna, che riceveranno meno dell'anno scorso.

Nel corso dell'esame dell'articolato noi cercheremo di fare giustizia, attraverso degli emendamenti, presenteremo una proposta, che poi è una sciocchezza, per dare a questi cento comuni una cifra irrisoria, almeno quanto percepivano l'anno scorso, perché i poveri sono in aumento e dare ai grossi centri, che hanno avuto un incremento di abitanti, penalizzando quelli piccoli credo non serva e non sia nell'ottica di tutti quanti e nello stesso programma del centrosinistra.

Una cosa va rimarcata: tagliando in tutti i settori si è sbagliato, perché sulla sanità non si può tagliare; non si possono tagliare 10 mila euro alla Lega per la lotta contro i tumori, non si possono tagliare 18 mila euro al Centro regionale trapianti, non si possono tagliare - ecco come si recuperano risorse - 310 mila euro al comparto socioassistenziale, non si possono tagliare 500 mila euro destinati alla prevenzione, dimenticandoci che ne servirebbero 3000, ci si era infatti dimenticati della UPB relativa ai progetti già in essere di cui abbiamo avuto modo di discutere con l'Assessore e continueremo a discutere in fase di esame dell'articolato.

SECCI (La Margherita-D.L.), relatore di maggioranza. L'hai applicato anche tu allo stesso modo nel socioassistenziale!

OPPI (U.D.C.). Io l'ho applicato, ma non ho esaltato una grande... E' lo stesso metodo con un risultato diverso, che non penalizzava i piccoli comuni. Se l'ha riconosciuto lo stesso Assessore in Commissione, evidentemente vuol dire che aveva sbagliato, non conosceva le dinamiche.

Però, vedete, quello che maggiormente appare è il frasario. Leggo da un giornale del 24 settembre: "Anch'io ho fatto un sacrificio, perché ho eliminato gli sprechi della sanità". Alla sanità si sono tolti 5 milioni di euro, e io ho dimostrato che 2 milioni e mezzo di euro non si potevano togliere, c'era un errore. L'Assessore ne ha preso atto e ha ripristinato lo stanziamento. Le altre voci le ho citate, in ogni caso si danneggiano le categorie più deboli. Allora non costa niente parlare meno ed essere più concreti.

Perché dico questo, Assessore? Perché mi sarei aspettato qualcosa di diverso da questa specie di piccolo taglio, 7 mila euro dei 67 mila destinati alle consulenze degli Assessori. Ho dei dati facilmente riscontrabili: siccome la competenza, almeno per quanto riguardava in quel momento la sanità, dipendeva da una UPB, che voi avete modificato, del direttore generale, che è più disponibile, questo funzionario ha detto: "La UPB è mia e la gestisco io", quasi come Lilliu. Nel 2002 e nel 2001 non abbiamo utilizzato i 67 mila euro. Voi potete fare tutto quello che volete, l'ho detto ieri all'onorevole Dadea, e alcune cose la ragioneria e gli uffici non le avevano consentite perché erano collegate alla Presidenza della Giunta. Ci fosse un segnale forte di rinuncia, per esempio, a una consulenza in più - poi dimostreremo quante ce ne sono - si potrebbero recuperare, magari a favore delle categorie più deboli, due milioni di euro che potrebbero essere utilizzati per la ricerca, il cui stanziamento è stato ridotto, o per le fasce di nuova povertà.

Presenteremo anche degli emendamenti per destinare molte più risorse agli interventi previsti dalla legge 162, sulla quale ci sono dei ritardi. Dopo i proclami a cui abbiamo assistito in questi giorni, abbiamo visto che invece si è cambiata solo una virgola, nonostante le carenze determinate dai comuni e dagli uffici, l'attuazione è stata attribuita ai comuni, ma i soldi c'erano già, erano già assegnati, quindi non è cambiato niente. E' cambiata una virgola, al posto della virgola è stato messo un punto!

Noi riteniamo questo provvedimento comunque necessario, però, usando i termini giusti, perché non serve parlare di disastri, noi dimostreremo negli anni a venire che purtroppo se non riusciremo a fare una battaglia forte per avere almeno la quota media pro capite nazionale, difficilmente riusciremo a sanare la situazione, verificato che per anni abbiamo dato tutto gratis a chi veniva in Sardegna. Ci manca un'informatizzazione che ci consenta, con un pochino di mobilità, di usufruire di determinate cose. Per anni, per esempio, chi veniva in Sardegna - per esempio a Olbia - preferiva andare al pronto soccorso, perché non pagava nulla, piuttosto che alla guardia turistica o medica dove invece avrebbe pagato e fatto la fila. Questo perché non abbiamo mai avuto un sistema informatico che consenta di stabilire quali risorse le varie regioni ci devono restituire, sia in termini di farmaci, sia in termini di visite mediche e chi più ne ha più ne metta.

Credo, quindi, che anche il taglio di 500 mila euro dello stanziamento per il sistema informativo regionale, di cui la Regione è carente, sia un errore, probabilmente dovuto al fatto che, non potendola espletare entro l'anno, si fa slittare la relativa gara d'appalto di qualche mese. Quindi niente sprechi, ma soltanto danni alle categorie deboli, errori madornali per mancanza di competenza specifica, al di là della scienza, perché chiunque avrebbe capito che non si poteva togliere - è una specie di catena di Sant'Antonio - dal 29 per cento, perché è una percentuale collegata alla quota di competenza dello Stato. Di conseguenza se oggi si riduce la parte di competenza regionale, lo Stato riduce esattamente di tre volte tanto la parte di sua competenza.

Il senso di responsabilità del Presidente della Commissione e dell'Assessore della sanità, in tutti questi giorni in cui vi è stata una collaborazione reciproca, ha portato a questo risultato. Credo che questo provvedimento possa essere esitato in tempi brevi, perché di fatto si tratta soltanto di intervenire con qualche piccolo accorgimento, perché alcune dimenticanze ci sono.

Non eravamo tenuti a dare suggerimenti costanti, non a lei ben inteso, su alcuni tasselli fondamentali che mancano. Lo faremo la prossima settimana quando porteremo gli emendamenti, che non sono ovviamente tali da causare un cataclisma, ma sono emendamenti mirati, che possono contribuire a evitare che questa manovra penalizzi ulteriormente alcune categorie che per noi, come per voi, sono fondamentali, cioè le categorie più deboli.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cachia. Ne ha facoltà.

CACHIA (Insieme per la Sardegna). Signor Presidente, questa non è una materia su cui mi sento a mio agio, mi sento più a mio agio quando si parla di altri problemi. Comunque, visto che un giudizio bisogna darlo, mi atterrò a un giudizio politico, perché se tentassi di entrare nei meandri di questo provvedimento potrei rischiare di essere bacchettato dall'onorevole Oppi, come ha fatto con l'onorevole Cherchi. Quindi non mi addentrerò in tematiche sulle quali, effettivamente, non ho grande competenza.

Sono convinto anch'io, come tutti in quest'Aula, che il provvedimento in discussione fosse necessario, non dico per coprire un buco, ma per rimettere a posto una situazione che si era verificata ed evitare di perdere risorse pari credo a 120 milioni di euro che lo Stato ci deve ancora dare. Devo manifestare un grande apprezzamento alla Giunta e all'Assessore della programmazione in particolare, che credo abbia fatto un ottimo lavoro, perché considerando questa manovra obbligata e indispensabile ha cercato in tutti i modi di non intaccare risorse destinate a risolvere problemi inerenti alla produzione, alla cultura e alla pubblica istruzione venissero intaccate, drenando invece quei fondi che non erano stati utilizzati e che sarebbero passati nei residui passivi. E quindi faccio un plauso sia all'Assessore sia alla Giunta, ma non dobbiamo assolutamente dimenticare il lavoro della Commissione, che si è inserita in questo solco e ha cercato con tutti i componenti, sia di maggioranza sia di minoranza, di apportare dei contributi rilevanti a questo assestamento di bilancio.

Allora, noi diamo un giudizio politico positivo, anche perché come diceva l'onorevole Oppi sono stati intaccati in misura molto bassa alcuni capitoli che riguardano la sanità o altri settori di vitale importanza. Tuttavia siamo in Aula e abbiamo ancora il conforto degli emendamenti, perché credo che su un problema così importante, che vede maggioranza e opposizione accomunate nel varare una manovra che è obbligata e indispensabile, si possano decidere dei correttivi, se necessario, che ci trovino tutti d'accordo e ci consentano di procedere speditamente per passare, nel più breve tempo possibile, ad esaminare il DPEF e la manovra finanziaria. Quindi noi diciamo che politicamente questa manovra ci soddisfa, anche se, come tutte le manovre di questo tipo, chiaramente lascia un po' l'amaro in bocca.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Diana. Ne ha facoltà.

DIANA (A.N.). Grazie, Presidente. Dopo circa un mese di lavori in Aula, nel quale ci siamo sforzati tutti quanti di adoperare un vocabolario prevalentemente indirizzato su una materia certamente diversa da questa, adesso diventa quasi difficile entrare nel clima di una manovra di assestamento di bilancio che, per quanto possa comportare un movimento di spesa moderato, certamente è un elemento importante, significativo, che anticipa tutto quello che avverrà nei prossimi giorni o nei prossimi mesi, relativamente al DPEF, alle leggi finanziaria e di bilancio e a quant'altro.

Già in sede di discussione del progetto di legge che è stato tramutato in legge nei giorni scorsi avevamo espresso grande meraviglia per non aver portato prima all'attenzione dell'Aula l'assestamento di bilancio. Si è preferito seguire altre strade, ecco il perché del grave ritardo nell'esame di questo disegno di legge che riguarda una manovra definita da tutti necessitata, ma che al di là della necessità credo fosse obbligatoria, non vi era quindi solo un problema di necessità. L'assestamento andava fatto, ciò che era necessitato era una parte del contenuto, non certo la manovra di assestamento. Ora, io credo di aver contribuito in maniera importante, come i colleghi della minoranza, a evidenziare i limiti di questa manovra e soprattutto a far capire ciò che, mi pare, il Presidente della Commissione non abbia colto nella sua relazione, che certamente non ci convince e non ci trova assolutamente d'accordo. Il Presidente della Commissione dice, infatti, che il provvedimento prevede tagli obbligati, quindi non discrezionali, e su questo noi non siamo assolutamente d'accordo. Erano tagli obbligati, sì, ma non si dica che non erano discrezionali; la discrezionalità c'è stata perché non abbiamo deciso noi dove tagliare e quindi, se avete deciso voi, se ha deciso l'Assessore, non si può dire che i tagli non sono discrezionali, sono assolutamente discrezionali! Ma nella relazione è scritto che i tagli non sono discrezionali: la manovra è obbligata, è necessitata, i tagli sono obbligati, ma dove operare i tagli non si può dire che non sia una scelta discrezionale, lo è.

Ho voluto puntualizzare questo perché è ciò che dà origine a un argomento che io ho affrontato in Commissione e riaffronterò in Aula e che non mi ha convinto. Non mi ha convinto neanche quando abbiamo chiesto e ottenuto in Commissione la presenza dell'Assessore dei lavori pubblici con il commissario dell'ESAF, non ci ha convinto lo stanziamento di 8 milioni di euro a favore degli enti strumentali, poi ridotto, in Commissione, a 7 milioni di euro. Sono certo che le motivazioni che verranno portate all'attenzione dell'Aula saranno diverse, difformi, differenti, contrastati con tutto ciò che ci ha raccontato il commissario, perché per me vale solo la parola dell'Assessore dei lavori pubblici questa volta, il quale in Commissione, con molta franchezza, e bisogna apprezzarlo per questo, ci ha detto che il bilancio dell'ESAF non era stato redatto tenendo conto di tutta una serie di elementi. Noi ne prendiamo atto, però vogliamo anche rimarcare che l'ESAF con il consiglio di amministrazione, col suo Presidente e con un collegio dei revisori dei conti nel bilancio di previsione 2003 commise, questo ci è sembrato di capire, un grave errore di valutazione. Da qui nascerebbe, oltre alla necessità di contribuire con l'assestamento di bilancio al risanamento del disavanzo di circa 148 milioni di euro della sanità, sul quale nulla possiamo dire per le motivazioni che tutti quanti credo abbiano già esposto, in particolare l'onorevole Oppi, la necessità di coprire anche il disavanzo dell'ESAF. Quello non necessitato, quello non obbligatorio, quello che non ci convince.

Non ci convince perché non porta niente di nuovo, e io non credo neanche che tutto il disavanzo dell'ESAF sia di solo 8 milioni di euro. Questo ci sarà tempo per appurarlo e credo che con la chirurgia che sa adoperare il presidente Soru in breve tempo sapremo anche se il disavanzo dell'ESAF è limitato a 8 milioni di euro e se si limita a quello oppure c'è dell'altro. Non ho affrontato il problema della formazione professionale, delle scuole materne e altri problemi che sarebbe stato facilissimo non toccare se lo stanziamento di 8 milioni di euro non fosse necessitato, dato che voi avete definito necessitato anche quello. Sono d'accordo sul fatto che sia necessitato il disavanzo della sanità, non condivido assolutamente il fatto che questo buco che si è creato nell'ESAF - questo sì è un buco - sia necessitato. E se necessitato è, è corretto e opportuno che questo Consiglio regionale intervenga sulla proposta della Giunta, però, mentre sappiamo euro per euro quali sono le origini del disavanzo della sanità, non sappiamo e lo vorremmo invece sapere euro per euro che cosa ha generato quegli 8 milioni di euro. Questo vogliamo sapere noi e io in particolare.

Ci si è sforzati di capirlo in Commissione, ma credo che l'assessore Pigliaru, che ovviamente ha subito questo, e l'assessore Mannoni siano in grado, ma anche il Presidente, di darci delle motivazioni che ci rendano il passaggio di comprensione più facile in quest'Aula. Perché, lo dico subito, su questa materia in particolare, e non voglio toccare le altre, o abbiamo delle risposte certe, precise che ci facciano capire come si è prodotto nell'ESAF un disavanzo di 8 milioni di euro, altrimenti annuncio già da adesso che su questa partita ci sarà, da parte di Alleanza Nazionale, una battaglia senza sconti. L'ho già annunciato in Commissione, non con questo tono, che non è intimidatorio ovviamente, però su questa materia, siccome mi è sembrato di capire che l'atteggiamento del Presidente della Regione sia quello di far chiarezza dappertutto, e sono d'accordo che si debba far chiarezza, nel momento in cui si toccano 8 milioni di euro che potrebbero essere destinati alle scuole materne, alla pubblica istruzione e ad altri settori importantissimi della nostra economia, vogliamo capire esattamente qual è l'origine di questo disavanzo.

Su tutte le altre questioni certamente avremo modo di ragionare nei prossimi giorni, non ci sono grandi stravolgimenti da fare a questa manovra di assestamento di bilancio, che per il 90 per cento è già individuata, ma per tutto il resto, che si tratti di grandi o di piccole parti, credo che noi abbiamo il dovere, l'obbligo di esserne a conoscenza e di far conoscere a chi qui dentro non è le problematiche che sono state affrontate e come questo Consiglio regionale ha inteso risolvere questo problema.

Questo era ciò che mi interessava dire nella discussione generale sull'assestamento di bilancio, per il resto ovviamente ci riserveremo di presentare emendamenti, se fossero necessari, ma credo che su questo argomento lo saranno certamente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, io credo che sia stato molto opportuno che la minoranza abbia presentato una mozione che, a nostro avviso, probabilmente sarebbe stato opportuno discutere in questa fase o prima dell'assestamento di bilancio, perché effettivamente è possibile che quest'Aula abbia la necessità di chiarire nel dettaglio i motivi per cui questo assestamento si fa, posto che ovviamente non tutti i consiglieri regionali si occupano di sanità e per chi non se ne occupa specificamente può essere difficile cogliere alcuni aspetti e alcune sfumature che invece è importante in questo momento identificare, soprattutto perché non tutti i consiglieri regionali hanno un'esperienza derivante, per esempio, dall'aver ascoltato, nelle passate legislature, i dibattiti sulle problematiche che sul settore della sanità in quest'Aula sono state affrontate. Anche perché queste problematiche sono di notevole importanza per l'attività dell'intero Consiglio, se è vero come è vero che la sanità in Sardegna assorbe oltre 4.000 miliardi di vecchie lire del bilancio regionale, quindi una quota veramente importante del bilancio ordinario della Regione.

Ovviamente si è deciso di discutere la mozione sulla sanità al termine della prossima settimana, quindi presumibilmente alla fine dell'esame dell'assestamento di bilancio. Questo non inficia minimamente la discussione che faremo successivamente, però comporta che ciascuno di noi nel proprio intervento faccia qualche riflessione, anche perché di riflessioni ne hanno già fatto qualche collega del centrosinistra e il collega Cherchi dell'UDS, e sono riflessioni che ovviamente richiamano altre riflessioni e anche puntualizzazioni. Intanto bisogna dire che non c'è nessun buco della sanità, bisogna dirlo con precisione e con franchezza, o meglio non c'è nessun buco della sanità che non sia ampiamente noto a quest'Aula. Nel senso che se una famiglia in un anno deve spendere 20 milioni per l'istruzione dei figli ma ne stanzia 15, non c'è da stupirsi se a fine anno sarà costretta a contrarre un mutuo o comunque a trovare una soluzione economica per procurarsi i 5 milioni mancanti. Quindi il problema della sanità sarda non riguarda il buco di cui il Consiglio regionale viene improvvisamente a conoscenza a fine non anno. Il problema della sanità sarda è il sottodimensionamento, per scelta, della spesa sanitaria in fase di formazione del bilancio, per cui a fine anno ci si accorge di quello che si sapeva benissimo anche all'inizio dell'anno, e cioé che le risorse stanziate non sono sufficienti al funzionamento del sistema. Sostanzialmente quindi inseguiamo sempre debiti pregressi. Il collega Oppi ha spiegato in maniera estremamente puntuale e precisa, che non necessita di ulteriori spiegazioni, l'andamento della spesa sanitaria in Sardegna negli ultimi dieci anni, per cui diciamo che non ci deve essere nessuna sorpresa da parte di quest'Aula sul fatto che sia necessario reperire altre risorse finanziarie da destinare alla sanità.

Il collega Oppi ha anche accennato - ma ne parleremo io penso con la partecipazione di tutti e con ben diverso spirito quando discuteremo, insieme all'Assessore della sanità, le nuove linee guida per la sanità sarda e per il Piano sanitario regionale - ai motivi per cui c'è un sotto dimensionamento cronico della spesa. Il sottodimensionamento cronico della spesa non è responsabilità della Giunta di centrodestra che ha governato nella scorsa legislatura e, devo dire, neanche integralmente della Giunta di centrosinistra che l'ha preceduta, perché risale agli anni in cui venne definita la cosiddetta quota capitaria, cioè la somma che veniva destinata a ciascun cittadino sardo dallo Stato. Erano anni in cui non si facevano grandi battaglie per la quota capitarla. Perché, direte voi? Per la quota capitaria avremmo dovuto fare grandi battaglie perché più alta fosse stata, più soldi la Sardegna avrebbe preso. Era qualcosa di fittizio, perché voi ricorderete che sino al 1997 lo Stato ha comunque ripianato a piè di lista i debiti delle Regioni, per cui questa quota capitarla, che oggi noi ci rendiamo conto è importantissima, in realtà nel 1994, primo anno della Giunta Palomba, forse non era ancora considerata di grande importanza. Quando venne definita, l'unico criterio perequativo tra le regioni italiane fu quello dell'età anagrafica: siccome noi abbiamo una popolazione più giovane rispetto a quella della Lombardia, dell'Emilia Romagna o della Toscana, ci venne assegnata una quota capitaria inferiore di 100 mila lire a quella assegnata a qualche regione e di 900 mila lire a quella delle province di Trento e Bolzano. Il che significa che quando nel 1997 lo Stato ha interrotto il ripiano a piè di lista e ha cominciato a chiedere alle Regioni di mettere mano al proprio portafoglio per sanare il debito sanitario, ci siamo trovati con un costante sottodimensionamento delle risorse rispetto al fabbisogno. Questo indipendentemente dal modo in cui noi spendevamo le risorse, perché il sistema a regime costava 100 lire e noi ne avevamo, tra risorse messe da noi e risorse assegnate dallo Stato, sempre 80. Per cui a fine anno ci accorgevamo costantemente di quello che sapevamo perfettamente, cioè che mancavano venti lire. Quindi nessuno stupore e nessuna meraviglia. Sicuramente occorre ridiscutere le quote capitarie, nel senso che non può essere l'età anagrafica della popolazione l'unico criterio di perequazione, perché noi sappiamo perfettamente che la dispersione geografica della popolazione in Sardegna, ossia la scarsa densità di popolazione, è un criterio assai più importante dell'età anagrafica. E' vero che la spesa aumenta con l'incremento dell'età anagrafica, ma è ancor più vero che aumenta in rapporto alle esigenze territoriali, nel senso che a nessuno di noi sicuramente sfugge che 1 milione e 600 mila abitanti fanno un quartiere della città di Milano, ma garantire il servizio del 118 in un quartiere della città di Milano è cosa ben diversa dal garantirlo a Esterzili, a Escalaplano o in tutti gli altri paesi che distano 15 chilometri dal centro abitato più vicino, che dista a sua volta 15 chilometri dall'ospedale più vicino. Sostanzialmente, è del tutto evidente che le peculiarità della Sardegna comportano, dal punto di vista strutturale, una spesa sanitaria superiore a quella preventivabile per offrire lo stesso tipo di servizi in un quartiere di Milano, per cui è necessario aprire, in sede di Conferenza Stato-Regioni, un contenzioso con il Governo centrale chiedendo che sia rimessa in discussione la quota capitaria, perché non è più tollerabile che sia assegnata alla Sardegna nella misura attuale.

Di questo credo che sia necessario avere piena contezza, perché ovviamente una disponibilità di risorse inferiore a quella di altre regioni italiane e consolidatasi negli anni ha creato una serie di scompensi perché noi abbiamo percepito, per il nostro sistema sanitario, risorse economiche diverse da quelle delle altre regioni italiane. Pensate, per esempio, per quanto riguarda l'obsolescenza delle apparecchiature sanitarie che, come voi sapete, hanno necessità di essere continuamente rinnovate, al settore della radiologia, giusto per citare uno dei settori dotati di apparecchiature più costose: è evidente che solo se si hanno le disponibilità finanziarie necessarie il rinnovo è costante e segue l'evoluzione tecnologica, e mentre questo avviene in Toscana in Sardegna non avviene. Ciò significa uno scadimento progressivo della qualità del servizio reso dal sistema sanitario. E siccome l'obiettivo che noi abbiamo in sanità, cari colleghi, su questo penso che siamo d'accordo tutti, centrodestra e centrosinistra, è quello di rispettare il criterio di efficacia ed efficienza delle prestazioni e delle strutture, appropriatezza delle prestazioni, libertà di accesso alle prestazioni da parte del cittadino (questi sono i criteri universalmente accettati per l'accesso alle prestazioni sanitarie e per l'erogazione di un servizio sanitario di qualità), credo che su questo siamo d'accordo tutti. Se siamo d'accordo tutti, non possiamo dimenticare che la sanità costa e che la buona sanità costa molto, per cui se vogliamo offrire un servizio sanitario di qualità dobbiamo riservare a questo settore un'attenzione e una disponibilità economica sicuramente alte. Con questo non voglio dire che usiamo già bene le risorse che abbiamo. Probabilmente, quando ne discuteremo, l'Assessore della sanità ci farà delle proposte che renderanno chiaro a tutti che è possibile migliorare l'utilizzo delle risorse di cui disponiamo, però non pensiamo che una volta migliorate queste risorse possano essere compresse, in quanto le esigenze di sanità della popolazione sono in costante aumento, anche perché l'età anagrafica della popolazione è in costante aumento e quindi il trend del fabbisogno di risorse finanziarie è sicuramente anch'esso in aumento. E comunque l'obbligo di utilizzare nel modo migliore le risorse di cui disponiamo non ci esenterà sicuramente dalla necessità di recuperare nuove risorse e chiedere allo Stato una diversa applicazione dell'intesa Stato-Regione sulle quote capitarie.

Credo che questo ragionamento sia fondamentale, altrimenti rischiamo di replicare in quest'aula il teatrino del dialogo tra sordi, dove ognuno non ascolta ciò che dice l'altro e ignora i presupposti di partenza dei ragionamenti. Se siamo d'accordo sui presupposti e dato che il collega Diana ha sottolineato - ma vale per chiunque altro consigliere della minoranza, credo che sia un dato oggettivo, di cui si è discusso in Commissione e che può essere accettato anche dai colleghi della maggioranza - che questa manovra non serve soltanto a procurare 120 milioni di euro per la sanità, ma serve anche a procurare 50 o 45 milioni di euro da destinare ad altre partite, sulle quali possiamo discutere in maniera tanto dettagliata quanto abbiamo fatto per la sanità, anche noi Riformatori vogliamo porre all'Aula alcune questioni che abbiamo già sollevato in Commissione, attraverso alcuni emendamenti specifici, nella speranza che l'Aula voglia dare delle risposte. Sono questioni che non riguardano l'entità dei tagli e neanche forse specificamente i campi in cui i tagli sono stati fatti. Nel senso che noi accettiamo che siano fatti dei tagli, ma poiché normalmente essi procurano malumore sociale può essere interesse della maggioranza che vi sia una condivisione generale dell'Aula sulla necessità di operare in tal senso, e se si riesce a ragionare insieme anche sui settori dove è possibile ridurre gli stanziamenti già previsti, invece di generare uno scontento sociale che viene cavalcato - forse anche strumentalmente - dalla minoranza, il Consiglio regionale, indicando degli obiettivi, quindi le necessità che rendono indispensabile fare quei tagli, renderà il sacrificio forse più accettabile.

Quindi, colleghi del centrosinistra, io vi inviterei a riflettere sul metodo, il che può essere più opportuno per voi, che non per noi, ma è importante per il funzionamento dell'Aula e per lo svolgimento dei lavori dell'Aula. E allora non bisogna discutere sulle percentuali e sui settori, bensì sulla filosofia, nel senso che come avete detto voi, e noi abbiamo lo apprezzato, questa Giunta doveva essere la Giunta degli ultimi e non avrebbe investito in mattoni, ma in cultura. Ce l'avete ricordato impropriamente anche di recente. Ma se volete rivolgervi agli ultimi e investire in cultura, devo dire che avete toccato alcuni settori evidentemente senza riflettere troppo. Il primo settore che vi voglio segnalare è quello delle scuole materne: noi sappiamo, considerato il decremento demografico generale italiano e sardo in particolare, quanto la presenza di servizi di sostegno alla famiglia sia importante. Sappiamo quanto le scuole materne, negli anni precedenti, abbiano subito una contrazione graduale delle risorse disponibili. Nel corso della discussione dell'ultima finanziaria si era spinto perché questo non avvenisse e perché ci fosse un'inversione di tendenza. Purtroppo ciò che voi, tramite gli emendamenti, avete introdotto, nega questa possibilità. Noi, con forza, vi riproponiamo in Aula la necessità del sostegno alle scuole materne e su questo argomento saremo incalzanti, dialetticamente, nel senso che vi chiederemo uno sforzo in questa direzione.

Ma a questo ragionamento si lega, giusto perché riguarda ugualmente il settore dell'istruzione, il ragionamento sui tagli che ci sono stati nei confronti di tutti quei supporti che normalmente la Regione garantisce all'istruzione, come le borse di studio per corsi extrauniversitari di perfezionamento, cioè tutta quella azione che la Regione aveva esplicato in passato e che è auspicabile esplichi anche in futuro a sostegno della crescita culturale dei sardi. E' l'arma che, come voi avete sostenuto nelle vostre dichiarazioni programmatiche, la Sardegna può avere in più per uscire dal proprio stato di isolamento e colmare il gap che la separa da altre regioni italiane. Noi su questo vi chiediamo uno sforzo, perché effettivamente occorre un segnale importante di coerenza tra ciò che viene dichiarato in fase programmatica e ciò che viene attuato durante la fase di predisposizione degli strumenti legislativi.

Ci sono delle contraddizioni in questa manovra, ve ne cito una, non perché sia particolarmente grave, ma perché è significativa: in Commissione, con un emendamento, usando la pronuncia dell'Assessore, se ci riesco, bipartisan, si è riusciti a restituire alle scuole civiche di musica somme che sarebbero andate perse, però non si è pensato di fare la stessa cosa con le bande musicali. Voi sapete perfettamente che le scuole civiche di musica formano persone che si occupano di musica; siccome gli enti lirici non sono assolutamente in grado, per una propria politica consolidatasi negli ultimi anni e per carenza di disponibilità finanziarie, di assorbire chi esce dalle scuole di musica, il destino di queste persone è quello di diventare pizzaioli, camerieri, uscieri o impiegati in uno studio di avvocato. Allora, che senso ha sostenere e potenziare le scuole di musica se nel contempo non si dà adeguato sostegno alle strutture nelle quali almeno una parte importante di coloro che escono da queste scuole può sperare di entrare?

Si tratta di contraddizioni sulle quali noi vi chiediamo di riflettere insieme a noi, perché può darsi che riflettendo insieme riusciamo a trovare delle soluzioni nell'interesse non di una parte di quest'Aula, ma semplicemente nell'interesse del buonsenso.

Chiudo il mio intervento associandomi anch'io a quanto ha detto il collega Cherchi: speriamo che ciò che voi avete indicato in questa manovra possa essere il primo passo nella direzione giusta per riportare, magari insieme, con il concorso delle opposizioni, nel reciproco rispetto dei differenti ruoli, la Sardegna verso un l'utilizzo più virtuoso possibile delle risorse. Io mi unisco a questo auspicio. Devo anche dire che per essere sicuri di percorrere la strada giusta e di arrivare a destinazione bisogna essere certi di avere la macchina giusta e un autista che guidi rassicurando i passeggeri sul modo in cui si sta procedendo. Aggiungo, a commento di quello che abbiamo detto all'inizio sulla sanità, che bisogna sapere anche dove si è, nel senso che tutti no dobbiamo avere la consapevolezza del punto preciso da cui i partiamo, perché questo non è un elemento neutro rispetto all'indicazione del punto di arrivo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Licheri. Ne ha facoltà.

LICHERI (R.C.). Signor Presidente, colleghi consiglieri, non voglio utilizzare tutti i minuti a disposizione poiché la relazione dell'onorevole Secci ha chiarito bene come si è sviluppata tutta la manovra di assestamento, con la competenza e la serietà che lo ha contraddistinto, tra l'altro, nella conduzione dei lavori della terza Commissione in questi mesi.

La manovra di assestamento del bilancio scaturisce fondamentalmente dal disavanzo causato dalla spesa sanitaria - io non lo chiamo buco, lo chiamo disavanzo - per l'anno 2003, alla copertura del quale la Regione deve provvedere con finanziamenti propri non essendo più in grado di attivare mutui. Una manovra quindi indispensabile, seppure non obbligatoria, frutto di un confronto serrato nella terza Commissione, che ha visto maggioranza e opposizione confrontarsi correttamente per la predisposizione di tale atto.

Non v'è dubbio che anche in quella circostanza sono emerse due diverse visioni di interpretazione della manovra, che ha visto l'opposizione, pur con atteggiamento costruttivo, che va sottolineato in quest'Aula, criticare con forza una serie di tagli che la Giunta prima e la Commissione dopo hanno dovuto attuare per coprire tale disavanzo. Va sottolineato con forza che i tagli operati pesano per il 2,08 per cento, non interessando quindi gli interventi destinati alle politiche sociali e alle fasce più deboli della popolazione sarda. Va sottolineato, altresì, che tale manovra si è resa indispensabile per scongiurare la cancellazione delle sovvenzioni statali per la sanità, occorre quindi, rispetto a questo punto, ripianare immediatamente il deficit, affinché effettivamente la Regione sarda non perda il contributo statale del prossimo anno.

Nell'affrontare la discussione sulla manovra di assestamento, il centrosinistra ha avviato una discussione politica che, pur riconoscendo l'esigenza di attuare una politica di tagli, che saremo costretti probabilmente a portare avanti per lungo tempo a causa di un problema più generale di indebitamento delle casse pubbliche, si è cercato di limitare l'impatto al minimo sia, come affermato in premessa, sulle fasce deboli sia sul benessere sociale, oltre che sulle opportunità di sviluppo e sia sulle spese per gli investimenti. Una manovra, quindi, attenta e oculata, nonostante la contingenza del momento, che quasi sempre costringe ad affrontare argomenti come questi esclusivamente dal punto di vista contabile.

Anche per questa manovra, come è accaduto in questi giorni per quanto riguarda la legge di salvaguardia, la maggioranza è stata accusata di non aver consentito spazi di confronto attraverso le audizioni e di aver escluso le forze sociali dalla elaborazione del documento presentato dall'Assessore del bilancio e dalla Commissione terza. Su questa questione si è montata spesso una polemica inutile, in quanto ognuno di noi in quest'Aula è consapevole che tale interlocuzione era rimandata a una fase diversa da quella dell'assestamento e che si sviluppa invece al momento della predisposizione del Documento di programmazione economica e finanziaria. Noi oggi siamo di fronte a un atto dovuto, che ha fatto scaturire una manovra finanziaria che ha operato tagli per oltre 130 milioni di euro, distribuiti, a mio giudizio, in modo abbastanza omogeneo e proporzionale, nonostante la situazione finanziaria non presenti livelli identici. A nessuno di noi, però, viene mente di affermare che una manovra di assestamento che prevede tagli non abbia nessun impatto sociale, ma l'accortezza politica di questa maggioranza è quella di aver rivisitato il bilancio capitolo per capitolo riducendo al massimo l'impatto della manovra.

La novità sta proprio qui e cioè nel fatto che pur trovandoci di fronte a un problema tecnico contabile siamo riusciti a imprimere a questo documento un'anima politica, certi che affrontare un tema come quello dei tagli in modo serio e rispettoso delle politiche sociali e familiari significa che il Governo regionale è in grado, nel futuro prossimo, di avviare un grande progetto di sviluppo e di crescita economica e sociale della Sardegna.

Rispetto alla situazione attuale ci sono certamente responsabilità che provengono da un governo non oculato delle risorse della Regione nella precedente legislatura. Il bilancio regionale deve essere rivisitato, salvando le parti che riteniamo positive e utili per lo sviluppo della Sardegna. Aprire però un ragionamento sulla manovra di assestamento senza analizzare che cosa succede complessivamente nel nostro Paese non ci consentirebbe un giudizio corretto e puntuale della situazione finanziaria sarda, che viene chiaramente influenzata dalle politiche nazionali. La manovra finanziaria nazionale, in discussione in questi giorni, avrà ripercussioni forti nel Sud Italia. Infatti è evidente, a mio giudizio, che comunque il Governo nazionale intenda procedere noi saremo di fronte a una ridistribuzione del reddito a favore di chi ha già di più. Si ridurranno le tasse a chi guadagna di più e si recupererà tagliando i servizi sociali a coloro che hanno di meno; subiranno tagli anche gli enti locali e le Regioni. Siamo di fronte a un Paese che ha fatto una scelta sciagurata, poiché chi ha di più paga di meno; siamo di fronte a un Paese che ha scelto scientemente di rendere inefficiente la scuola pubblica; siamo di un fronte a un Paese che ha scelto di colpire i salari più bassi, che invece andrebbero aumentati al livello reale del costo della vita; siamo di fronte, in Italia, al disastro economico, che colpisce con forza le categorie più deboli. Rispetto a questa situazione, che colpirà anche la nostra regione, la nostra manovra di assestamento potrebbe sembrare un ulteriore colpo di scure, ma così non è, poiché abbiamo avuto la capacità di salvaguardare, proprio in controtendenza rispetto a ciò che avviene a livello nazionale, le risorse destinate a rafforzare i diritti fondamentali dei cittadini e a favorire lo sviluppo, la giustizia sociale e il lavoro per le generazioni future.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Atzeri. Ne ha facoltà.

ATZERI (Gruppo Misto). Grazie, signor Presidente, ringrazio i colleghi, la Giunta. Si è cercato di ammorbidire l'aggettivazione riguardante questa manovra di assestamento: chi sostiene trattarsi di un buco, chi invece di assestamento soft. La verità è che la sanità, purtroppo, per la classe politica, è stata sempre pensata all'insegna della improvvisazione, per non dire del clientelismo. Basti pensare al Policlinico universitario che, senza programmazione sanitaria, è stato concepito in un periodo storico e ha registrato ultimamente delle passività spaventose. E parlo anche dell'assenza di programmazione per ciò che riguarda la sanità privata. Siamo in piena anarchia, ben venga quindi un Piano sanitario regionale che ponga ordine e impedisca questo stillicidio, questa emorragia continua che saccheggia le anemiche casse della Regione. Anemiche perché la classe politica sarda, vorrei dire - me ne assumo totalmente la responsabilità politica, perché senz'altro è colpa mia - si è appiattita in un modo inspiegabile nei confronti dello Stato, senza pretendere ciò che è dovuto, senza avere un ufficio territoriale regionale. Mettiamoci in testa che lo Stato compenserà ciò che lui desidera, senza contraddittorio. Lo Stato, che poi sarà magnanimo nell'elargire ipotetici sconti, illudendo le aspettative dei cittadini italiani, darà queste risposte anche con i fondi destinati alla Sardegna, che da tempo questa classe politica non riesce a contrattare, perché non incalza su argomenti seri come questi il Governo italiano.

E' stato detto che il settore della sanità comporta comunque dei costi sociali spaventosi, perché i servizi sono sempre pretesi dalla stragrande maggioranza dei cittadini e perché la popolazione tende all'invecchiamento. Sulla sanità bisogna, come ho detto, razionalizzare la spesa attraverso un Piano sanitario regionale. Questa manovra di assestamento del bilancio, per mutuare un termine dal Codice della strada, non è dettata dall'ebbrezza, dall'incoscienza o dall'arroganza; è dettata dal fatto che questa Giunta ha emesso i primi vagiti, è una creatura che sta iniziando i primi passi e si è trovata, purtroppo, questo disavanzo che comunque va colmato entro il 31 dicembre.

Diceva bene l'onorevole Oppi, quando ricordava che questa è una malattia endemica, cronicizzata, e appartiene a diversi quadri politici. E' inutile, per onestà, nascondere questo dato, abbiamo il compito morale di porre un freno. Quindi se è vero che questo assestamento è dettato dalla paura di reperire somme e dalla fretta di individuare i possibili tagli per far sì che lo Stato, ancora una volta latitante, accolli tutto il gravame di questo buco sulle spalle della Regione, non v'è dubbio che, dal punto di vista politico, alcune considerazioni le dobbiamo fare, perché dietro i tagli, dietro le manovre si nascondono delle scelte politiche che, seppur dettate dall'urgenza, sempre tali sono.

In questo generale clima di contenimento delle spese, insieme all'esigenza che le stesse siano improntate a politiche amministrative fondate sull'efficienza e sull'efficacia delle misure, desta qualche perplessità, ad esempio, la UPB S 01001, relativa alle spese di rappresentanza della Presidenza della Giunta. A fronte di una diminuzione prevista di 36.000 euro, si registra uno stanziamento finale di 357.000 euro, ciò significa che i tagli ammontano a meno del 10 per cento delle risorse totali assegnate. Questo dato si discosta un po' dalla vocazione monastica, francescana della Giunta, che deve essere appunto all'insegna della severità; una visione, diciamo, sopportabile, però in questo caso non vale l'argomento secondo cui si tratta pur sempre di somme minime, dato che gli stanziamenti previsti per la Presidenza, che ha fatto della lotta contro gli sprechi e l'inefficienza un caposaldo politico condivisibile, vanno valutati col massimo rigore, in quanto espressione stessa della filosofia della maggioranza.

Per quanto riguarda l'agricoltura, della quale Commissione faccio parte, si registra un taglio indiscriminato di 480.000 euro, a fronte di uno stanziamento finale di appena 750.000. Appare in questo caso evidente che si tratta di tagli operati in un settore strategico per la produzione agricola isolana e ciò è ancora più incomprensibile in quanto uno dei capisaldi della maggioranza ha riguardato proprio il tema della tutela e valorizzazione dei prodotti di eccellenza e di quelli che occupano un posto determinante nel comparto. In particolare, si segnala il capitolo 06325 (valorizzazione dei prodotti DOP lattiero-caseari), che soffre di un ingiustificabile taglio di ben 330.000 euro, a fronte di uno stanziamento finale assai misero di 170.000 euro.

Per quanto riguarda l'attività di ricerca e promozione industriale si tratta di un settore evidentemente legato all'innovazione e pertanto dotato di valenza strategica per lo sviluppo. Ebbene, in proposito si registra addirittura un taglio netto del 50 per cento, precisamente 250.000 euro tagliati a fronte di uno stanziamento finale di 250.000 euro.

Borse di studio per progetti formativi, UPB 10027: l'analisi complessiva rivelerebbe che a fronte di uno stanziamento finale di 1.000.000 di euro, pur sempre modesto, si registra un taglio di ben 500.000 euro. Se invece si va ad analizzare in dettaglio dove si concentra la diminuzione, si scopre che la somma citata si riferisce all'intero capitolo relativo alle borse di studio per i giovani laureati. Ciò appare in contrasto con tutte le divagazioni circa la necessità strategica di valorizzare le giovani risorse umane isolane, e in particolare con l'impegno a realizzare misure realmente incentivanti per i laureati sardi, i quali scontano più dei colleghi di altre regioni il peso di questi costi per lo studio e la ricerca.

Per quanto riguarda la protezione ambientale (legge 61/94), suscita non poche perplessità una misura così drastica, consistente in un taglio di 400 mila euro a fronte di un misero stanziamento finale di appena 100 mila euro. Riteniamo, al contrario, che le misure di protezione ambientale rappresentino voci strategiche per qualunque seria politica regionale che consideri l'ambiente come risorsa fondamentale per lo sviluppo e la qualità della vita, e quindi come segno distintivo dell'identità collettiva.

La maggioranza, nonostante dichiarazioni programmatiche improntate a una spiccata visione sardista sui temi dell'identità, mostra di privilegiare la cultura accademico-universitaria istituzionale rispetto alle forme diffuse della produzione culturale etnica e della stessa valorizzazione della lingua e della cultura sarda. A questo proposito il collega Scarpa, relatore di minoranza, si è prodigato nel proporre, a nome dei Sardisti, degli emendamenti con la speranza che in questa fase della manovra finanziaria sia possibile ripristinare le originarie, e non tanto datate nel tempo, somme a disposizione di queste voci. I tagli operati tendono chiaramente a penalizzare la lingua e la cultura sarda: due terzi delle somme destinate alla valorizzazione della lingua e della cultura sarda e un terzo di quelle per la musica etnica e l'identità. Tra le tante sorprese emerge l'annullamento della Conferenza annuale sulla lingua e la cultura sarda e delle borse di studio sulla lingua e la cultura sarda.

Curiosamente lingua e cultura sarda subiscono tagli più modesti se il centro di produzione e di studio proviene dalla cultura accademico-universitaria, che certamente ha offerto qualche contributo ai nostri temi, ma che non rappresenta nel modo più assoluto l'esempio di migliore valorizzazione del nostro patrimonio. In sintesi, prevale ancora una volta la tendenza della maggioranza, che già in occasione del dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del presidente Soru abbiamo avuto modo di stigmatizzare, corrispondente a una filosofia politica ben nota che non ha certo ben servito la causa del sardismo. Si tratta della vocazione "benculturalista", prevale cioè la centralità del paradigma conservativo della tutela burocratica del bene culturale come bene didascalico. L'identità della Sardegna, che si assume centrale nella visione "benculturalista", è presentata come una dimensione fissa, immutabile e intoccabile, data una volta per tutte. Il bene culturale, che si pensa sia il miglior depositario della nostra identità, implica il primato della conservazione, della imbalsamazione quasi. La sua gestione è dogmatica e la valorizzazione è solo a parole. Non è qui in discussione la validità del benculturalismo, che se ben valorizzato costituirebbe valido motivo di attrattiva turistica, di diffusione culturale, di creazione, di occupazione non fittizia.

Chiudo ricordando la sostanziale differenza tra l'identità etnografica, che ha come modello il museo, e l'identità etnostorica, che ha invece come modello la piazza. Come abbiamo già osservato durante la critica costruttiva del programma del presidente Soru, dove la maggioranza parla di preservare, conservare, tutelare, noi sardisti, al contrario, siamo per un patrimonio vivo e vitale, non mummificato. Le nostre parole chiave sono: contaminare, innovare e valorizzare, senza insopportabili classifiche tra produzioni alte e produzioni minori, di serie B.

Adesso l'augurio è che con i contributi di tutti i consiglieri si trovino le risorse necessarie per colmare frettolosi, distratti tagli, che per quanto ci riguarda sono indispensabili da un punto di vista politico-programmatico. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pinna. Ne ha facoltà.

PINNA (Progetto Sardegna). Io credo che sia corretto ricondurre questo dibattito e questa sessione di attività d'Aula al tema più ampio, che avremo modo di discutere tra breve, concernente il bilancio della Regione e, se volete, contemporaneamente il progetto di sviluppo della stessa. Non credo che possiamo considerare questa prima fase l'avvio di uno degli elementi fondamentali del nostro impegno elettorale, che è dato dalla necessità di riqualificare il bilancio di questa Regione.

Sappiamo perfettamente che la riqualificazione del bilancio non inizia in questo modo, ma abbiamo definito più volte che si è trattato di una scelta necessitata e dovuta, anche se non si può negare che ci sono dei segnali, degli elementi che in qualche modo rappresentano una prospettiva verso la quale credo che intenderemo muoverci. Non possiamo che confermare, però, in questa fase, che la riqualificazione del bilancio della Regione è un fatto assolutamente necessario e inderogabile.

Non possiamo dimenticare, al di là degli aspetti forse più di dettaglio che riguardano i singoli interventi sui quali si svilupperà il lavoro in questi giorni, che ci troviamo di fronte a un dato macro che è comunque estremamente preoccupante. Abbiamo detto più volte che questa Regione si presenterà con un dato significativo sul disavanzo, si parla di 4 miliardi di euro; abbiamo anche visto che il livello di contrazione dei mutui autorizzabili non solo raggiunge, ma persino supera il tetto massimo possibile. La Regione, in questi anni in modo particolare, ha speso più di quanto potesse; stiamo parlando mediamente di un incremento della spesa non inferiore al 20 per cento. Voglio dire che non possiamo dimenticare, al di là poi della passione che possiamo riversare sui temi specifici, che il contesto dal quale partiamo è molto preoccupante; è un contesto rispetto al quale credo che le due parti, quella che governa e quella che è stata chiamata a esercitare una funzione di controllo, non possono esimersi dall'assumere atteggiamenti responsabili. Perché possiamo distinguere un elemento di oggettività che è affidato ai numeri, che possono essere anche il frutto di una stratificazione di responsabilità che si sono accumulate nel corso degli anni, ma che senza dubbio in quest'ultimo quinquennio hanno conosciuto un'accelerazione molto preoccupante. Ci può essere, poi, un elemento soggettivo rispetto al quale si può apprezzare il valore delle singole scelte che vengono fatte.

Ripeto, la nostra è una Regione fortemente indebitata, che non ha nessuna capacità di contrazione di nuovi mutui; è una Regione che spende molto di più (mediamente il 20 per cento) di quanto potrebbe e che si presenta con un sistema di residui che a momenti si equiparano al bilancio di competenza. E' una Regione indebitata che non ha nemmeno saputo spendere, perlomeno nelle parti più significative, mi riferisco agli investimenti.

E' chiaro che l'occasione di questa manovra di assestamento, che altre volte, come qualcuno ha detto, è stata fatta in silenzio, ma i cui risultati si vedono perché i dati li evidenziano, è data soprattutto dalla necessità di ripianare il disavanzo della spesa sanitaria. Siamo assolutamente d'accordo, non parliamo di voragine, ci rendiamo conto che la spesa sanitaria va rimodulata. C'è la necessità di stabilire un rapporto diverso con lo Stato, perché è stato detto che il ripianamento statale è sottovalutato, è sottostimato, e sono stati fatti degli esempi relativamente alle quote che lo Stato ci trasferisce. E' anche altrettanto vero che è necessario - noi lo stiamo già facendo e penso che l'intero Consiglio sarà coinvolto in questo - ridefinire tutti insieme il profilo della spesa sanitaria e dei servizi sanitari di questa regione, perché mi sembra evidente che il 2004 ci consegnerà un disavanzo ben superiore a quello del 2003. E' legittimo che, come Regione, ci domandiamo se sia possibile procedere in questo modo, continuando cioè ad accumulare disavanzi. Se questo deve accadere, deve essere una scelta condivisa, responsabile, pensata, non subita e non casuale.

Noi crediamo che sia stato giusto e opportuno proporre al Consiglio una manovra di assestamento disgiunta dalla presentazione del nuovo bilancio, sia per evitare il rischio di non arrivare all'approvazione entro il termine del 31 dicembre 2004, sia perché è la prima occasione che ci costringe, in qualche modo, a fare una riflessione comune, perché quello che appare strano è che la capacità di pensare al bilancio della Regione nel suo insieme, facendo riferimento a tutte le sue voci, a tutte le sue componenti, probabilmente non c'è stata o è sfuggita, hanno prevalso altre logiche. Questo non può più accadere. E' stato detto più volte anche in Commissione che ci troviamo di fronte a un punto di non ritorno. Questo bilancio va risanato, va riqualificato, va ripensato, non solo in ordine alle entrate, rispetto alle quali siamo abbondantemente in credito rispetto allo Stato, ma anche in relazione al sistema della spesa.

Noi siamo consapevoli che non si può attribuire a questa manovra di assestamento un valore strategico; sono stati però esibiti - e questo concetto è stato ripetuto dal Presidente della Commissione - i criteri, le logiche, le ragioni che ci hanno spinto a operare delle scelte, a fare dei tagli in presenza di un bilancio approvato forse troppo tardi (con dei dati che noi abbiamo ritenuto sospetti, drogati), e anche la prossimità della tornata elettorale ne è in qualche modo responsabile. E' una manovra necessitata, perché avevamo la consapevolezza di poter intervenire solamente per quel che atteneva alle spese correnti e alle entrate proprie della Regione. Questo spiega in qualche modo una sorta di sperequazione, il fatto cioè che alcuni Assessorati siano stati più colpiti di altri.

Certo, vi è già un elemento strategico intorno al quale dobbiamo fermarci a riflettere: nel momento in cui, dal livello europeo a quello nazionale, si mettono in discussione le spese del welfare, credo che noi dovremmo, come Regione, ripensare il nostro intervento in materia sociale come espressione di una Regione, non solamente di uno stato sociale, distinguere la dimensione di welfare dalla dimensione puramente assistenzialistica, in certi casi qualche volta anche clientelare. Non ritengo che le scelte che ci sono state proposte siano riconducibili perfettamente a questo disegno di ridefinizione del nostro sistema di welfare, che comunque non è di poco conto e rispetto al quale siamo chiamati a fare delle riflessioni comuni.

Fatta questa premessa, tenendo conto che la Giunta ci ha proposto un criterio che noi abbiamo condiviso, abbiamo aggiunto il lavoro fatto in Commissione che, come è stato messo ben in evidenza dal relatore di maggioranza e anche dai relatori di minoranza, ha consentito un riequilibrio, quella limatura che permette forse a quest'Aula di esaminare un testo che ha già conosciuto una prima forma di elaborazione, un vaglio con il concorso della maggioranza e anche della minoranza.

Una cosa è certa, le scelte che sono state fatte non rispondono a nessuna logica di contrapposizione ideologica. Credo che l'idea secondo la quale la dimensione statale e quella pubblica non coincidono perfettamente e che la dimensione del pubblico è molto più ampia rispetto alla dimensione dello statale ci abbia guidato nel fare responsabilmente alcune scelte. Da questo punto di vista, ma forse avremo modo di definirlo meglio la prossima settimana, deve essere chiaro che non ci ha mosso un rinnovato furore eroico nei confronti di chicchessia, ma abbiamo agito in nome di valutazioni, in nome di criteri, in nome di considerazioni rispetto alle quali siamo stati anche disponibili a sentire le ragioni degli altri.

E credo che il lavoro che abbiamo fatto nell'esaminare oltre 150 emendamenti ne sia una testimonianza. In questo senso crediamo che quest'ultima fase, affidata non più alla Commissione, ma all'Aula, possa proseguire col senso di responsabilità che ci ha guidato, cioè all'interno del grande contesto che ha presentato la Giunta e che per noi costituisce un limite invalicabile. Credo che la discussione che si svilupperà in questi giorni ci potrà consentire di licenziare un testo di legge seppure minore, perché stiamo parlando di una manovra di appena 174 milioni di euro, che dà due indicazioni: i tempi sono sicuramente difficili e l'eredità degli scorsi cinque anni e forse più, ma in modo particolare dell'ultimo quinquennio, è pesante, però siamo chiamati a dare delle soluzioni e a indicare delle prospettive. Credo che questi elementi convivano e dovranno convivere anche nel dibattito che in questi giorni si svilupperà.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Biancu. Ne ha facoltà.

BIANCU (La Margherita-D.L.). Grazie, Presidente. Altri prima di me hanno definito questa una manovra dovuta, una manovra necessaria. Così come ha puntualmente indicato il presidente Secci nella sua relazione, con la quale mi trovo interamente d'accordo, questa manovra di assestamento è finalizzata principalmente a coprire il disavanzo della spesa sanitaria 2003, pari a circa 149 milioni di euro, ed è necessaria, per altro, per l'ottenimento di una compartecipazione statale di circa 120 milioni di euro. Oltre al disavanzo della sanità vi è la copertura degli impegni relativi agli interventi previsti dalla legge 28/84 sulla occupazione giovanile, per circa 11 milioni 505 mila euro, e infine la copertura di 7 milioni di euro a favore dell'ESAF per continuare a garantire sia il servizio idrico, sia quello relativo alla depurazione fognaria. Manovra equilibrata - dirò più avanti perché - e limitata, in quanto insiste per soli 173 milioni di euro, pari a circa il 2 per cento del totale della manovra di bilancio dell'esercizio corrente. Manovra di assestamento alla quale risulta abbiano partecipato, per finanziare il disavanzo sanitario, tutti i settori dell'amministrazione; partecipazione differenziata, alla quale hanno contribuito soprattutto gli stanziamenti incrementati in misura superiore nella finanziaria 2004, verosimilmente il frutto della scadenza elettorale dello scorso giugno. Manovra equilibrata, pur non potendo operare, come per gli esercizi precedenti, con la copertura del disavanzo mediante la contrazione di mutuo, ma solamente con entrate proprie della Regione disponibili nonostante il periodo avanzato dell'esercizio finanziario. Manovra che è riuscita a non interessare di fatto gli stanziamenti destinati a finanziare le leggi di incentivazione per le imprese, le risorse per gli enti locali e i finanziamenti per le politiche sociali e della famiglia. Manovra che ha registrato il sostanziale giudizio positivo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni delle imprese, delle associazioni di enti locali. Manovra che arriva in Aula modificata dai contributi forniti in Commissione dai commissari sia di maggioranza che di minoranza; minoranza che ha partecipato responsabilmente e con comprensione, come ha detto il collega La Spisa ieri, anche perché è bene ricordare che di fatto si sta dando copertura al disavanzo della sanità per il 2003, esercizio interamente gestito dal centrodestra. E' un disavanzo che certamente sconta una quota pro capite assegnata alla Sardegna inferiore alla media nazionale e che si è creato, però, anche per il permanere di sprechi in questo settore, per la mancata definizione di obiettivi per i direttori generali, per la presenza di direttori generali inadeguati a gestire aziende così importanti e spesso preoccupati solamente di rendere un buon servizio a qualcuno, e infine per la mancanza di controlli adeguati.

Ieri il collega La Spisa lamentava che la manovra colpisce alcuni settori ritenuti strategici: l'istruzione, le scuole materne non statali, l'università, la programmazione negoziata, i trasferimenti agli enti locali. Istruzione, scuole materne non statali, ne parlava anche il collega Vargiu stamattina: siamo di fronte a uno stanziamento assestato pari a 22.500.000 euro contro i 20.000.000 di euro dell'esercizio 2003, cioè con un incremento di 2.500.000 euro rispetto al 2003.

Università: stanziamento assestato con le correzioni della manovra per 25.037.000 euro contro 18.978.000 euro, con un incremento sull'assestato rispetto al 2003 di 6.095.000 euro. Da questi numeri si evince già la risposta che, in presenza della necessità di operare un correttivo significativo per coprire i disavanzi accennati in apertura, c'è stato un trattamento sicuramente di grande attenzione e di grande responsabilità.

La programmazione negoziata: credo che il problema non esista, perché l'Assessore ha ribadito che le risorse conservate sono state definite dalla Giunta sufficienti per garantire gli impegni da assumere nell'esercizio corrente.

Trasferimenti agli enti locali: sono stati ripristinati tutti gli stanziamenti, eccetto quelli per le nuove province, perché per altro sappiamo che le nuove province partiranno nel 2005 e quindi non vi era la necessità di mantenere lo stanziamento di 1.170.000 euro previsto in finanziaria. Anzi, per quanto riguarda gli enti locali, a ben guardare vi è un maggiore stanziamento di 800.000 euro (UPB 05015) per la redazione dei piani comunali di classificazione acustica. Quindi non sono previsti tagli agli enti locali.

La manovra ha anche il merito di affrontare alcuni problemi specifici a favore di categorie deboli della nostra società, quali l'estensione dei benefici previsti dalla legge 27/03 anche ai cittadini residenti in Sardegna affetti da neoplasia maligna. E' la norma tesa a sbloccare il vergognoso arretrato per il riconoscimento dei benefici a favore degli invalidi civili. Il collega La Spisa scriveva: "Il disavanzo, l'indebitamento per i minori trasferimenti dello Stato". E' vero, collega La Spisa, che registriamo un trasferimento dell'I.V.A. incassata solamente per il 20 per cento, nonostante l'accordo siglato nel 1999 con lo Stato prevedesse l'adeguamento al regime concesso alle altre Regioni a statuto speciale dall'80 al 100 per cento. E' vero che l'IRPEF trasferita, nonostante il sensibile aumento del gettito, è inferiore ai trasferimenti relativi all'IRPEF da parte dello Stato del 1991, però la responsabilità di un'inesistente politica delle entrate degli ultimi cinque anni è esclusivamente vostra. Così come è totalmente vostra l'irresponsabile politica della spesa, della dilatazione della spesa, anzi sarebbe più corretto dire non della spesa, ma dello stanziamento. Politica dello stanziamento che al 14 settembre faceva registrare una quantità di residui pari a 7.299.000.000 di euro, una quantità enorme, pari a due o tre esercizi di spesa programmabile, tolte le spese fisse relative al personale e alla gestione.

Questo ci impone la necessità di affrontare da subito lo smaltimento dei residui o perlomeno il non incremento, così come opportunamente viene affrontato dal disegno di legge ai commi 2 e 3 dell'articolo 2. Così come occorre iniziare a pensare, visto che siamo prossimi ad affrontare la manovra finanziaria per il 2005- 2007, a una nuova politica delle entrate e al contenimento e alla qualificazione della spesa. Questo di una nuova politica delle entrate e della buona spesa è un impegno che ci deve coinvolgere tutti: Esecutivo, maggioranza e minoranza, in un confronto, in una discussione serena per recuperare risorse da destinare alle politiche per lo sviluppo e a quei settori che abbiamo dichiarato essere strategici.

PRESIDENTE. E` iscritto a parlare il consigliere Marrocu. Ne ha facoltà.

MARROCU (D.S.). Signor Presidente, cari colleghi, oggi un giornale titolava l'avvio del dibattito in quest'Aula così: "Adesso lo scontro passa all'assestamento di bilancio". E' un po' un'idea che si ha della vita politica, che è vista solo come scontro e non come confronto di posizioni differenti. In verità mi sembra che questa Assemblea abbia accolto il dibattito sull'assestamento di bilancio con un atteggiamento quasi di indifferenza, giustificato in parte dalla lunga e anche faticosa maratona sulla legge di salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale. Dopo tanti giorni trascorsi a discutere di questo argomento, è subito arrivato l'assestamento di bilancio e si è assunto un atteggiamento di distacco, tanto che molti colleghi hanno preferito fare altro piuttosto che confrontarsi su questo tema. C'è una giustificazione, la stanchezza, ma c'è anche una sottovalutazione del tema all'ordine del giorno, perché penso che sarebbe stata comunque un'occasione di confronto.

OPPI (U.D.C.). L'atteggiamento è stato anche sollecitato!

MARROCU (D.S.). Penso che sarebbe stata comunque occasione. Si può stare in aula non necessariamente per intervenire o per allungare il "brodo"; si può stare in aula anche perché lo si ritiene opportuno.

OPPI (U.D.C.). Se dici che stiamo sottovalutando ci stai offendendo.

MARROCU (D.S.). Non ti sto offendendo, caro Giorgio.

OPPI (U.D.C.). Se ogni volta che vi veniamo incontro create problemi…

PRESIDENTE. Onorevole Oppi!

MARROCU (D.S.). Non mi riferivo esclusivamente all'opposizione, parlavo dell'atteggiamento col quale un po' tutti stiamo affrontando l'argomento in discussione, un po' per la stanchezza, come ho detto prima, e un po' per il fatto che, a mio parere, in questo momento la situazione di difficoltà finanziaria della Regione viene sottovalutata. Poteva invece essere l'occasione per sviluppare in Aula un confronto su questo tema, sul quale ci confronteremo senz'altro quando affronteremo il DPEF, il bilancio e la finanziaria 2005, ma questa era comunque un'occasione che il Consiglio poteva cogliere. Certo, il fatto che l'assestamento sia arrivato a fine novembre, e quindi ormai a fine anno, e dopo tanti giorni dedicati a un altro argomento, ha determinato la situazione che oggi abbiamo sotto gli occhi, il fatto cioè che ci avviamo a discutere questo argomento un po' stancamente.

Io apprezzo il lavoro che è stato fatto dalla Giunta e anche dalla Commissione sull'assestamento. E' strano perché il bilancio e la finanziaria 2004 erano stati approvati in una situazione un po' anomala, con una Giunta che di fatto era in minoranza, dato che la maggioranza, almeno nel suo complesso, non la sosteneva più. E quindi, a fine legislatura, abbiamo approvato un bilancio dicendo: "Deve essere un bilancio tecnico, per consentire a chi vincerà le elezioni di fare poi un bilancio politico". Adesso affrontiamo l'assestamento di quel bilancio e si dice: "E' un assestamento tecnico che non ha nulla di politico perché è esclusivamente finalizzato a recuperare le risorse per coprire il disavanzo della sanità e consentire l'intervento dello Stato". Quindi questo assestamento di bilancio è caratterizzato intanto dalla sobrietà della proposta, e da un aspetto politico e un aspetto obbligato. L'aspetto obbligato è appunto la sobrietà, perché a fine anno si poteva intervenire, come hanno ben detto il collega Secci e altri colleghi, soltanto recuperando quelle risorse che ad oggi risultano non impegnate ed evitando tagli alle spese produttive, alle spese sociali. Quindi la sobrietà è data dalla situazione di fatto, ma anche da una scelta politica dell'assessore Pigliaru e della Giunta, perché spesso abbiamo visto che sia la finanziaria sia il bilancio e la manovra di assestamento sono stati utilizzati un po' come leggi omnibus su cui caricare di tutto attraverso norme intruse, come spesso abbiamo visto, che poco avevano a che fare con la manovra finanziaria. In questo caso vi è stato un atteggiamento, devo dire, di grande responsabilità da parte della Giunta, ma anche della Commissione nella sua interezza, quello di fare in modo che questo disegno di legge rimanesse sobrio, intervenendo laddove non si potevano generare situazioni di difficoltà o malessere sociale, evitando di ridurre i finanziamenti delle attività produttive e mantenendo l'obiettivo iniziale di recuperare le risorse necessarie al disavanzo della sanità. Quindi c'è un aspetto necessitato, obbligato, che impone sobrietà in quanto risorse da ridistribuire non ce ne sono, e un aspetto che è attinente alla volontà politica.

Alcuni colleghi si sono soffermati sul fatto che si sarebbe già dovuta avviare la riflessione sulla situazione di grave difficoltà finanziaria in cui si troverà la Regione nei prossimi anni, con un disavanzo di quasi 4.000.000 di euro e una situazione di forte indebitamento. Io mi auguro che su questi aspetti si apra una discussione che coinvolga tutti con un atteggiamento di severità che non prescinda dai dati che esamineremo. Mi auguro anche che quando discuteremo il DPEF e la finanziaria 2005 adotteremo lo stesso atteggiamento che è prevalso nella discussione sull'assestamento di bilancio.

In questi giorni, in verità, su tutti gli argomenti riguardanti l'azione politica della Giunta e del presidente Soru si sente ripetere una frase: "Si stanno intaccando diritti acquisiti". Questo è accaduto quando abbiamo affrontato l'argomento dell'urbanistica e accade ogni qualvolta sia in discussione un tema più generale che viene sollevato per la mancanza di risorse. Lo abbiamo visto affrontando il tema della formazione professionale e del venir meno da parte dello Stato (con il ministro Berlinguer prima e con il ministro Moratti in seguito) degli impegni in relazione all'attuazione della legge nazionale sull'obbligo formativo. L'abbiamo visto quando abbiamo incontrato le organizzazioni sindacali e i dipendenti regionali: "Si stanno intaccando diritti acquisiti" è stato appunto detto. Io credo che saremo chiamati a riflettere proprio su come poter conciliare il mantenimento dei diritti acquisiti con il venir meno delle risorse necessarie per garantire quegli stessi diritti. Spesso, però, dietro le parole diritti acquisiti si nasconde la volontà di mantenere il consolidato, su connottu, come dicevo nell'incontro coi sindacati, che non è conciliabile più con la situazione finanziaria attuale della Sardegna. Questo imporrà un atteggiamento di responsabilità collettiva in questo Consiglio alla maggioranza e alla opposizione, tralasciando, al di là dei reciproci ruoli, gli atteggiamenti strumentali rispetto alle azioni di governo, perché credo che sia giusto che un tema come questo sia affrontato per la sua gravità. Il medico ha l'obbligo di prescrivere la terapia assumendosene tutta la responsabilità, però è anche importante che il malato sappia perfettamente qual è la diagnosi della sua malattia e condivida la terapia. Credo cioè che una situazione finanziaria come la nostra richieda una terapia fata di sacrifici, tagli dei cosiddetti diritti acquisiti e modificazioni rispetto al consolidato, a su connottu, e questo necessariamente causerà problemi di carattere sociale. A quel punto sarà proprio responsabilità della classe dirigente sarda, al di là dei ruoli diversi che ognuno di noi ha, sapere nuotare contro corrente, puntando su quelle che sono le scelte necessarie per il futuro della Sardegna, anche quelle che nell'immediato possono non ottenere il consenso delle forze sociali che vengono coinvolte in quelle scelte, ma sono comunque scelte obbligate e necessitate per il bene comune.

Di questo, però, ovviamente, ne parleremo approfonditamente quando affronteremo il DPEF e la legge finanziaria. Oggi stiamo soltanto avviando una riflessione sul fatto che la sobrietà di questo disegno di legge è imposta dalla mancanza di risorse da ridistribuire e dalla gravità della situazione finanziaria regionale. Credo che far capire alla gente - ecco perché condivido gli inviti alla concertazione e al dialogo - qual è la situazione finanziaria regionale sia necessario anche per chiedere ai sardi di condividere quelle scelte. Ma per poterle condividere, anche quando esse impongono sacrifici, sono necessarie la concertazione e la partecipazione, non solo l'informazione.

Quindi rivolgo anch'io l'invito, che è stato fatto da diversi colleghi, al dialogo, alla concertazione, al coinvolgimento delle forze sociali, perché se non c'è la partecipazione della gente e se le scelte che faremo, che saranno obbligate e necessarie (e da una prima lettura mi pare che queste scelte si ripropongano nel DPEF), non saranno condivise da chi le dovrà subire, noi possiamo avere anche un'idea politica corretta di ciò che è necessario fare nei prossimi anni, ma non riusciremo a raggiungere l'obiettivo di risanare le finanze della Regione con il coinvolgimento della gente, riducendone il più possibile gli effetti nel sociale.

Per questo quella di oggi poteva essere l'occasione - ma ci saranno tante altre occasioni - per avviare in quest'Aula una discussione su questi temi. Limitiamoci dunque ad accogliere positivamente la disponibilità dichiarata dal collega Oppi circa una rapida approvazione di questa sobria manovra di assestamento del bilancio, per consentire che non venga meno la compartecipazione statale alla spesa sanitaria, rinviando al DPEF e alla finanziaria 2005 un esame più attento sulla grave situazione finanziaria della Sardegna e sulle terapie necessarie per risanarla.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere La Spisa. Ne ha facoltà.

LA SPISA (F.I.). Avendo già svolto la relazione di minoranza, intervengo nella discussione generale semplicemente per accennare ad alcuni punti che sicuramente ci vedranno nelle sessioni successive del Consiglio e anche nei lavori della Commissione maggiormente impegnati in un'analisi, in un confronto sulla impostazione di fondo, ma anche sulle scelte concrete di politica finanziaria.

Io direi, innanzitutto, che la questione di cui si comincia a parlare adesso con l'esame della manovra di assestamento è che qualunque decisione in questa materia è fortemente condizionata dalla situazione molto grave del bilancio regionale, derivante dallo squilibrio fra il livello delle entrate e quello della spesa, che è lievitato progressivamente negli ultimi decenni, mentre il livello delle entrate è rimasto formalmente fermo al 1983, grosso modo, la data cioè dell'ultima revisione del Titolo III dello Statuto. Di fatto, però, avendo anche la Regione avuto un notevole incremento di funzioni non corrisposto da un incremento dei trasferimenti statali, o almeno non adeguatamente corrisposto, potremmo proprio dire che mentre la spesa è progressivamente lievitata in questi anni, il livello delle entrate non solo non è aumentato, ma addirittura, in termini di potere reale e soprattutto di fabbisogno, è sceso ulteriormente.

Rimane il problema di fondo, ossia la nostra capacità di confrontarci con lo Stato per attuare quelle che sono state, per ora, soltanto intenzioni di modifica del livello delle entrate attraverso la revisione del Titolo III dello Statuto. Si è fatto cenno all'intesa istituzionale di programma dell'aprile 1999, quella cioè che aveva chiuso l'undicesima legislatura, se non ricordo male, che è stata ripresa in numerosi confronti con lo Stato, ma che non ha trovato, di fatto, una risposta. E dobbiamo tutti riconoscere che se la risposta ancora non arriva tutto ciò è determinato dal fatto che contemporaneamente la situazione del bilancio dello Stato richiede sempre di più ulteriori decurtazioni nei trasferimenti al sistema degli ordinamenti, diciamo, interni allo Stato, interni all'ordinamento costituzionale, quindi Regioni e autonomie locali.

Ora noi su questa questione possiamo lanciare e rilanciare, cioè voi avete richiamato il livello dei residui passivi raggiunto ad oggi, noi risponderemo sicuramente, nei prossimi giorni, rifacendoci al livello dei residui passivi che sono stati lasciati nel 1999 dalla Giunta di centrosinistra; voi citate l'entità del disavanzo e il livello di indebitamento, l'ha fatto poco fa il collega Marrocu, ma qui io ho i dati del DPEF 2000, quello sostanzialmente scritto dall'onorevole Pier Sandro Scano, che noi, quando abbiamo iniziato la nostra fulgida esperienza di governo, abbiamo semplicemente, almeno nei dati, riprodotto nel nostro DPEF. Per curiosità, prima di lanciare accuse, andate vedere il livello di disavanzo del 1999 e il totale dell'indebitamento dello stesso anno corrispondente, perché è inserito nel DPEF. Siete curiosi? Non lo dico.

BIANCU (La Margherita-D.L.). Lo conosciamo già!

LA SPISA (F.I.). Lo conoscete già? E allora perché continuate a dire che abbiamo, oggi, un disavanzo veramente scandaloso, quando il disavanzo del 1999 era di 4.092 migliaia di miliardi, cioè esattamente la metà di quello attuale? Sto parlando di disavanzo, se parliamo di indebitamento complessivo, cioè del totale delle voci A, B e C - scusate, leggete tutta la pagina - arriviamo a 5.966 mila miliardi. D'accordo? Cioè nel 1999 noi abbiamo trovato un indebitamento complessivo di 6.000 miliardi. Assessore, lei i dati sicuramente li ha. Allora, continuiamo così? Continuiamo a dire...

CUGINI (D.S.). Non sostenga che li avete ridotti!

LA SPISA (F.I.). No, io sostengo una cosa semplicissima, collega Cugini, adesso il clima e un po' prefestivo, quindi si possono dire le cose in maniera più franca del solito. Vogliamo continuare così? Continuate pure, noi andiamo a riprendere tutti i documenti di programmazione delle manovre finanziarie, vediamo qual era il disavanzo e l'indebitamento nel 1994, cioè quando sono arrivati anche molti di voi presenti in quest'Aula, come l'onorevole Cugini, l'onorevole Secci e così via. Notiamo che proprio l'innalzamento della curva del disavanzo e dell'indebitamento parte esattamente dal 1994. Allora di chi è la colpa? Dell'Assessore del bilancio e della maggioranza di allora o di quelli che sono susseguiti? Non facciamo nomi perché sono tutte persone stimabili, politici di alto livello, professori universitari esperti di economia politica, che hanno calcato le scene di quest'Aula e che certamente hanno fatto di tutto per far fronte allo squilibrio fra entrate e spese. Questo è il vero problema, poi la critica politica che può essere fatta più seriamente è sulla capacità di confronto con il Governo centrale, con lo Stato, ma anche su quello siamo veramente pari, perché il livello delle entrate è fermo al 1983. Va bene?

Io credo, rinviando queste polemiche ad altra sede, a quando esamineremo il DPEF e la manovra finanziaria, che onestà politica e intellettuale voglia che si riconosca che il problema è purtroppo oggettivo. L'indebitamento del 1999, se non ricordo male, deriva in grandissima parte da un'operazione legislativa, programmatoria e finanziaria che fu fatta alla fine dell'undicesima legislatura, nel 1998, che si chiama Piano straordinario per il lavoro - va bene? possiamo citare nomi e cognomi - e che è stata riprodotta negli anni successivi, a grande richiesta di tutto il sistema regionale, dai sindacati agli enti locali. Parlo dell'articolo 19 della legge 37, che si è trasformato di fatto oggi.

Entriamo nel merito delle questioni. L'articolo 19 della legge 37 ha prodotto un indebitamento, comunque un'autorizzazione di mutuo, di 333 miliardi di lire all'anno - calcolate voi l'equivalente in euro, che non ricordo - che è stato riprodotto in tutti questi anni. Il vero problema è valutare quale impatto, rispetto agli obiettivi che si erano posti, hanno avuto quegli stanziamenti. Qual è stato l'impatto sul piano occupazionale, sui trasferimenti agli enti locali, che hanno potuto così avere nuove risorse per opere pubbliche importantissime, utili per il territorio? E' vero o no che, in fondo, l'articolo 19 è diventato sostanzialmente un corrispettivo, una integrazione della legge 25, rispetto al sistema dei comuni? E' vero o no che in fondo è richiesto più che altro dagli amministratori, dai sindaci di tutti i colori? E' stato richiesto in questi anni alla maggioranza e all'opposizione di allora in particolare dai sindaci, oltre che dall'onorevole Cogodi, che ha fatto delle battaglie epiche in quest'Aula, a cui vanno riconosciute coerenza e sistematicità nel fare un ostruzionismo finalizzato al conseguimento di un obiettivo ben preciso, che ha sempre raggiunto. Allora il vero problema è valutare quanta parte dell'indebitamento autorizzato è servita effettivamente per fare investimenti pubblici, che possono essere opere pubbliche e anche incentivi per il lavoro e per l'impresa, certamente, soprattutto a seguito della finanziaria dello Stato del 2003, che tra l'altro ci impedisce, se non ricordo male, di utilizzare i fondi dell'articolo 19 con il sistema de minimis per iniziative volte all'occupazione. In realtà quello è uno stanziamento destinato ai comuni per opere pubbliche, che certo hanno una ricaduta occupazionale, ma di fatto non possono essere definiti stanziamenti o trasferimenti per l'occupazione.

Forse queste sono questioni, diciamo, di dimensioni macro, ma se andiamo invece alle dimensioni più piccole, che sono contenute anche in questo disegno di legge di assestamento - e così arriviamo all'altro punto di cui mi interessa parlare -, voi avete fatto alcune scelte, alcuni tagli in singole voci di spesa che noi abbiamo contestato. Lo abbiamo fatto, ripeto ancora, in Commissione, dove c'è stato un confronto vero addirittura su ogni singola voce. Di questo va dato atto alla maggioranza e alla Giunta, proprio nel senso che quando si vuole si può anche cercare, obiettivamente, di razionalizzare la spesa.

Ricorderà, Assessore, che alcuni vostri tagli sono stati corretti a seguito della discussione in Commissione, proprio perché era evidente che il vantaggio che si otteneva era di fatto non particolarmente influente sullo scopo finale, che è quello di rastrellare somme per coprire il disavanzo della sanità, quindi limitatamente alla manovra di assestamento, ma soprattutto che vi erano e vi sono ancora, credo, nelle pieghe del bilancio, nei singoli capitoli, nelle singole unità previsionali di base alcune previsioni di spesa che di fatto sono il preludio di residui passivi, che arriveranno prima o poi alla cancellazione. Noi abbiamo rilevato, in alcuni capitoli, spese per il monitoraggio del sistema scolastico e del sistema sanitario in questo o quel settore specifico, o in agricoltura o in altri comparti. Si può notare immediatamente che quelle azioni di monitoraggio non potranno mai essere fatte, perché o si facevano in corso d'esercizio o non aveva più senso farle. Si possono risparmiare molte somme facendo un'azione semplice, però onesta, cioè analizzare quali stanziamenti siano corrispondenti ad attese effettive, a obbligazioni, a diritti acquisiti, onorevole Marrocu, perché in certi casi ci sono veramente dei diritti.

Quel che vi chiediamo noi adesso, tralasciando la polemica sul disavanzo e sulle politiche finanziarie dei decenni scorsi, o almeno del decennio scorso, è di esaminare un periodo omogeneo, dal 1994 al 2004. Si veda allora, in questa sede di assestamento, dove si possono eventualmente ancora fare delle correzioni attingendo da voci di spesa del bilancio che realisticamente potrebbero essere ancora riviste. Credo che, da questo punto di vista, un'analisi fatta dagli uffici possa ancora dare qualche segnale interessante, ovviamente non a noi, ma almeno all'Assessore, e d'altro canto rivelare, nella discussione di questo disegno di legge, se davvero i tagli che sono stati previsti in alcuni settori, che continuano ad essere dolorosi e a nostro parere inutili, a nostro parere ancora contraddittori rispetto alle vostre stesse dichiarazioni programmatiche, possano essere corretti. Perché, se non si vogliono correggere gli effetti di questi tagli, può nascere il fondato sospetto che in realtà si vogliano tagliare quelle somme perché politicamente può essere utile prima tagliare e poi ridare, e contemporaneamente si ottengono dei risparmi di spesa, perché non attingere a quei capitoli in cui vi sono risorse che potrebbero essere riutilizzate in qualche modo costituisce per il futuro un'azione di risparmio.

Forse è un'interpretazione maliziosa, Assessore, però è utile che questa malizia venga confutata nei fatti, oltre che nelle dichiarazioni e credo che nel corso della discussione di questo assestamento, che non ritengo sarà lunghissima, si potrà avere occasione di scendere in alcuni particolari.

PRESIDENTE. Con l'intervento dell'onorevole La Spisa si chiude la serie degli interventi dei Capigruppo. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

PIGLIARU, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. Signor Presidente, onorevoli consiglieri, parlo con qualche emozione perché è la prima volta che intervengo in questa autorevole Aula e sono un po' dispiaciuto per il fatto che questo mio primo intervento piuttosto che occuparsi di sviluppo e di prospettive positive deve occuparsi di un assestamento di bilancio che occorre, comunque, rapidamente portare a casa. Ma così è la vita di un Assessore del bilancio e credo che sarà così ancora per qualche mese.

Ringrazio i relatori intervenuti stamattina per aver svolto delle relazioni che, da punti di vista diversi, sono state molto serie e circoscritte alla natura e ai limiti di questo assestamento, di cui hanno sottolineato la logica, qualche volta naturalmente contestandola. La stessa cosa si può dire per gli altri interventi svolti stamattina.

Il primo auspicio che faccio è che il clima di fattivo lavoro intorno a un problema difficile e, mi pare di capire, piuttosto condiviso è stato creato - inevitabilmente io penso - nella Commissione bilancio possa proseguire per la parte marginale della discussione, importante, ma marginale, perché in Commissione è stato fatto un notevole lavoro che dobbiamo ora affrontare in Aula.

Come ha detto uno dei relatori di minoranza, forse l'onorevole La Spisa, parlare oggi di questo assestamento è diverso che se ne avessimo parlato anche soltanto a settembre. E' diverso perché è passato del tempo e per voi consiglieri è passato un mese di grande tensione e confronto su un tema estremamente importante, come l'adozione di un valore di opzione riguardo a possibili danni irreversibili nella qualità ambientale di questa regione. Questo, naturalmente, è il punto di vista della Giunta.

E' diverso forse anche perché, nel frattempo, la Giunta ha approvato un DPEF la cui parte iniziale parla delle prospettive, ma la cui parte finale parla di un tema sul quale ci dovremo concentrare nelle prossime settimane, cioè il quadro generale delle risorse a disposizione di questa Regione nel 2005. Credo che non sfugga a nessuno il fatto che quelle poche pagine finali del DPEF dicono una cosa estremamente importante e definiscono una sfida per l'intera classe dirigente sarda. Infatti, qualunque sia l'analisi delle cause, che peraltro sarà importante, nessuno discuterà il fatto che c'è inevitabilmente un cambiamento di regime che dobbiamo affrontare. Io credo che i cambiamenti di regime li dobbiamo affrontare comunque tutti insieme, con posizioni diverse, con un confronto anche su diverse idee di sviluppo in presenza di risorse scarse, ma nessuno, credo, riterrà, responsabilmente, di poter mettere in dubbio quel quadro macro delle risorse. Come impiegare le risorse scarse naturalmente è materia del confronto, e sarà un confronto molto importante per l'intera Sardegna.

Su questo tornerò brevemente alla fine, perché certamente condivido il punto di vista di chi dice che questa discussione sull'assestamento, soprattutto in questa autorevole Aula, deve diventare l'occasione per cominciare a confrontarci anche sul metodo: come si fronteggiano le risorse scarse, come si può aumentare la produttività degli euro che possiamo spendere per lo sviluppo e per il benessere di questa regione. Credo che non sia per niente ozioso sottolineare, a questo punto, per degli esempi che farò fra un attimo, che la sfida che abbiamo di fronte, che non inizierà con il DPEF, ma può benissimo iniziare oggi, è quella di trovare soluzioni, confrontarci con proposte alternative, trovare il modo di individuare gli strumenti di intervento del pubblico a favore dello sviluppo del privato e a favore del benessere dei cittadini.

Non è un punto banale, citerò un paio di esempi tra poco. Voglio subito dire qualcosa sull'assestamento. Sarò molto breve, perché di assestamento ne abbiamo parlato spesso, ne dobbiamo parlare anche oggi, e da alcuni interventi capisco che comunque è inevitabile per me, a nome della Giunta, tornare sulla non estesissima filosofia che abbiamo potuto applicare a questo intervento di assestamento limitato e vincolato. Voglio ricordarlo perché alcuni degli interventi, per esempio, hanno posto domande del tipo: "Perché quei 300 mila euro sono rimasti invariati quando si poteva tagliare molto di più?" Oppure: "Perché tanti interventi hanno riguardato l'istruzione, quando voi dite che l'istruzione è una cosa fondamentale?" Io credo, quindi, che sia inevitabile per me tornare all'aspetto tecnico di questo assestamento. Che l'assestamento fosse dovuto non lo mette in dubbio nessuno, quindi non tornerò su questo punto. L'assestamento per quanto riguarda la sanità è quantificato in circa 149 milioni di euro; l'assestamento complessivo supera i 170 milioni di euro; la differenza, per liberarci subito di questo argomento, riguarda alcune leggi di incentivazione che, pur essendo andate avanti negli anni precedenti, non avevano però avuto copertura finanziaria nel bilancio 2004. Si tratta assolutamente di diritti acquisiti che andavano riconosciuti in fase di assestamento. Si parla di una cifra intorno ai 12 milioni di euro; ci sono gli 8 milioni, poi diventati 7 in Commissione, per la copertura del deficit dell'ESAF, argomento sul quale abbiamo fatto un importante approfondimento in Commissione, e sul quale naturalmente siamo pronti a discutere ancora in dettaglio, ma questo è il grosso di ciò che rimane al di fuori del deficit della sanità.

Da dove nasce il deficit della sanità è un argomento estremamente importante, uno degli argomenti fondamentali di cui si occuperà il Piano sanitario regionale, al quale la Giunta sta già lavorando. L'assessore Dirindin riferirà, mi pare, venerdì prossimo sulle linee generali nelle quali si sta muovendo. E' un argomento sul quale molto è stato detto, ma credo che alla fine uno dei punti fondamentali sia quello che viene citato nella relazione in cui Moody's ha abbassato il rating della Sardegna poco tempo fa. In questa relazione si nota, tra gli aspetti problematici del bilancio della Regione, un livello di controllo sulla spesa insufficiente. E' una naturale banalità condivisa, credo, da tutti; tutti sappiamo di doverci rimboccare le maniche, non è un fatto solamente sardo naturalmente, anche a livello nazionale c'è un problema di questo tipo, in generale c'è un problema di controllo sulla spesa pubblica. L'origine del disavanzo certamente è quella. Anche su questo ci sarà un concorso di idee, un confronto su come riportare il sistema sanitario regionale a maggiore produttività ed efficienza. Credo che su questo avremo molte occasioni di discutere in futuro.

La manovra, quindi, ha affrontato fondamentalmente il problema di 149 milioni di euro da trovare, a settembre, in un bilancio messo a punto l'11 maggio 2004. Quindi si tratta di una manovra assolutamente vincolata e limitata nel numero che ho detto; vincolata dal fatto che il bilancio regionale ha una storia nella quale si sono formate grandi categorie di spesa, alcune delle quali sono normalmente coperte da entrate proprie da fondi regionali, da entrate proprie della Regione, altre sono coperte da ricorso all'indebitamento. Come sappiamo in questo assestamento noi abbiamo potuto intervenire soltanto su spese stanziate, coperte da entrate proprie.

Questo è il motivo per cui la distribuzione degli interventi non è omogenea in termini proporzionali tra i vari Assessorati di spesa, perché non è omogeneo tra i vari Assessorati il modo in cui vengono coperte le spese stanziate. E' questo naturalmente il motivo per cui molti interventi, più di quanti noi avremmo mai voluto, hanno riguardato, per esempio, l'istruzione e altri temi che ci sono particolarmente cari. Questa non è una scelta, questo è un obbligo dato dalla storia dei bilanci della Regione.

L'altro vincolo riguarda il fatto che molte spese stanziate erano impegnate, erano già diventate impegni e quindi sugli impegni non siamo intervenuti, abbiamo dovuto cercare spese stanziate non ancora impegnate coperte da entrate proprie della Regione e non da mutui. Questo è il grande vincolo nel quale ci siamo trovati a muoverci. Questo per la verità risponde non a tutte le domande che erano state fatte, ma certamente a un numero importante di esse.

Dentro questi vincoli c'è discrezionalità, ci mancherebbe altro, qui nessuno si vuole nascondere dietro un dito che alcuni tagli sono stati preferiti ad altri, pur tuttavia possibili, perché questa Giunta ha utilizzato anche il proprio punto di vista per fare le scelte definitive. Nessuno ha mai detto che un assestamento, di qualunque entità esso sia, quando è in negativo, quando quindi riguarda delle riduzioni di spesa, sia indolore. Quello che abbiamo sempre detto e continuiamo a ritenere giusto dire è che abbiamo fatto il possibile, con molta attenzione, per cercare di ridurre al minimo l'impatto di questi tagli sulle prospettive di sviluppo e sul benessere della popolazione sarda.

Questo spiega anche il perché di tanti interventi piccoli che abbiamo fatto. Si potevano scegliere certamente strategie alternative, abbiamo ritenuto di cercare con cura di individuare quei tagli che, nei vincoli di cui ho detto, avrebbero avuto un impatto limitato. Questa è la semplice filosofia.

A questa filosofia si applicano anche alcune caratteristiche automaticamente tecniche, e cioè dare importanza, segnare come possibili candidati di taglio soprattutto quei capitoli di spesa che avevano avuto un forte incremento tra il bilancio di previsione del 2003 e il bilancio di previsione del 2004. Un caso tipico è il fondo unico per l'università, che viene spesso citato. Io spesso ho detto e continuerò a sottolineare un dato che deve essere nella memoria di tutti quando parliamo di questo argomento: la spesa assestata per il fondo unico dell'università riflette un incremento del 100 per cento rispetto al 2003. Questo non è un caso unico, perché l'assestamento, quando è analizzato nel suo complesso, mostra che spesso parlare di tagli è, da un certo punto di vista, quasi improprio, nel senso che si è trattato in molti casi di riduzione degli incrementi rispetto al 2003. Cioè se prendiamo il 2003 come punto di riferimento, alcuni dei tagli che noi abbiamo applicato in realtà si sono limitati a ridurre l'incremento dello stanziamento 2004 rispetto 2003. Il caso dell'università è il più eclatante, da questo punto di vista: l'incremento tra il 2004 e il 2003 è stato del 100 per cento. Noi abbiamo ridotto quindi questi incrementi, ma se volete potete continuare a chiamarli tagli.

Questo tipo di tagli, che sono in realtà riduzioni di incrementi sugli stanziamenti per il 2003, rappresenta quasi l'80 per cento dei nostri interventi, incluso il capitolo per le scuole materne, che mantiene in assestamento il record storico di stanziamento, se non ricordo male, 22 milioni e 500 mila euro a fronte dei 20 milioni previsti nel 2003. Voglio sottolineare questo punto: quasi l'80 per cento dei nostri interventi è di questo tipo, il restante 20 per cento, o poco più, è costituito da tagli effettivi. Questo per quanto riguarda le regole che ho molto rapidamente ricordato.

Questo per quanto riguarda il fatto che, sì, siamo dovuti intervenire nell'istruzione, nell'università, nella formazione, nella ricerca, ma per i motivi che ho detto prima, devo anche dire che l'abbiamo fatto obbligatoriamente perché esistevano delle spese importanti coperte da entrate proprie e non da mutuo; ci sono spese molto meno importanti coperte da mutuo, sulle quali non abbiamo potuto fare alcun intervento. In più l'abbiamo fatto nel modo che ho precisato, spesso stando attenti a ridurre gli incrementi piuttosto che a effettuare dei tagli e di questo naturalmente ci prendiamo le nostre responsabilità.

Onorevole La Spisa, mi sembra davvero eccessivamente malizioso pensare che noi vogliamo tagliare oggi per rilanciare domani. Quasi quasi mi verrebbe da dire: almeno fosse possibile farlo! In realtà quelle pagine finali del DPEF le suggeriscono con forrza che quello che abbiamo iniziato adesso frettolosamente, inevitabilmente, in modo rapido e limitato, è un metodo che dovrà migliorare, dovrà aprirsi al confronto, ma dovrà soprattutto affrontare quella fase assai più difficile del bilancio 2005 e delle nostre prospettive di sviluppo in una situazione di risorse così scarse.

Come è ovvio, il grande problema che si ha quando si fa un assestamento di questo tipo non è - se mi permettete - quello di fare dei tagli, perché quando si è obbligati a tagliare comunque si taglia, e qui siamo tutti d'accordo sul fatto che quei 149 milioni bisogna trovarli; il problema è invece trovare un metodo di perequazione, Individuare cioè dei tagli che mantengano un senso di giustizia distribuita tra i sacrifici che vengono chiesti. Questa è la cosa più difficile quando si lavora in una situazione così vincolata e limitata. Se avessimo avuto la possibilità di partire con mesi di anticipo, potendoci muovere su tutto il bilancio, sarebbe stato molto più facile. Quando ci sono vincoli di tempo e tecnici così stretti effettivamente è molto difficile trovare una quadratura nella quale la distribuzione dei sacrifici sia sufficientemente equa.

Questo credo che sia anche il motivo per cui la Commissione bilancio ha lavorato molto, perché è sempre possibile imparare delle cose, è sempre possibile scoprire che la soluzione che è stata trovata può essere migliorata e che il suggerimento venga da una parte o dall'altra dell'Aula, da questo punto di vista non è particolarmente importante se si tratta di una soluzione buona. Questa è stata la filosofia di lavoro della Commissione, e io credo che quando si affrontano cose molto difficili dal punto di vista del bilancio questa sia una buona pratica. Se ci si rimbocca le maniche e si va alla ricerca di soluzioni migliori di quelle che sono state proposte, le soluzioni migliori devono essere accettate.

Ha detto uno degli intervenuti che in un assestamento di bilancio non c'è tanto una contrapposizione ideologica, che ci può essere su altri argomenti, come magari il tema dell'urbanistica, che abbiamo appena finito di affrontare, ma su un assestamento di bilancio si può ragionare e si possono trovare soluzioni. Personalmente ritengo che gran parte del lavoro sia stato fatto e che ormai i margini dentro il bilancio siano davvero limitatissimi per ulteriori aggiustamenti, ma questo non vuol dire che dei buoni suggerimenti non potranno essere valutati. E soprattutto credo che, come sempre, l'analisi costi-benefici sia fondamentale. A questo punto, il beneficio fondamentale che dovremo ottenere da questa discussione, oltre al suggerimento di eventuali modifiche che sono ritenute importanti ed essenziali, sia anche quello di andare molto rapidamente verso la discussione del DPEF e della manovra finanziaria.

Fatemi dire che all'inizio ho accennato al fatto che questa può essere una buona occasione per cominciare a discutere della cosa più importante, che decisamente è il bilancio, che dovremo definire nelle prossime settimane, e ho parlato di metodo. Io devo imparare moltissimo, essendo appena arrivato, ma una cosa mi pare di averla imparata dal dibattito politico intorno al bilancio, cioè che spesso si parla molto degli obiettivi ma si parla pochissimo dell'efficacia degli strumenti che vengono adottati per raggiungere quegli obiettivi. E' successo spesso in Commissione bilancio che si dicessero cose condivisili di questo tipo: "Se pensate che l'agricoltura sia un settore così importante, se pensate che esportare i beni agricoli sia un elemento essenziale per creare sviluppo in questa regione, perché tagliate 300.000 euro, non ricordo la cifra esatta, nel capitolo destinato alla commercializzazione dei prodotti agricoli?" Lo facciamo perché un'analisi che abbiamo fatto in Assessorato mostra che l'obiettivo è perfettamente condivisibile, e tutti lo condividiamo, ma condividere un obiettivo non significa diventare acritici rispetto allo strumento che è stato adottato. La Sardegna esporta 8 milioni di euro di beni agricoli nel resto del mondo, Europa compresa; siamo di fronte a un evidente dato drammaticamente negativo, ciò vuol dire che le politiche che abbiamo adottato non sono state efficaci, che i soldi che abbiamo speso per commercializzare i prodotti agricoli non sono stati spesi beni e quindi dobbiamo trovare il modo di spenderli meglio. Io credo che in questo tipo di discussione ci sia il confronto fondamentale che una classe dirigente sarda in questo momento deve avviare, dato che si trova davanti a una situazione di bilancio davvero difficile da superare, indipendentemente dall'analisi delle sue cause, e che dobbiamo comunque affrontarle.

PRESIDENTE. Grazie, assessore Pigliaru. Con l'intervento della Giunta si è chiusa la discussione generale. Consentitemi di ringraziare tutti i Gruppi politici per aver condiviso, accettato e rispettato una proposta che la Presidenza aveva fatto. Siccome ho preso l'impegno di non procedere alla votazione del passaggio all'esame degli articoli per permettere a tutti i Gruppi di presentare emendamenti, do il programma dell'inizio della prossima settimana. In base a una proposta, che è stata accolta, della Presidenza, avanzata non in termini regolamentari, ripeto, ma in termini politici, gli emendamenti possono essere presentati entro le ore 11 di martedì. Alle 12 si riunirà la terza Commissione, che quindi convoco formalmente in questo momento, per un primo esame di tutti gli emendamenti. I nostri lavori riprenderanno martedì alle ore 16 e 30.

La seduta è tolta alle ore 12 e 49.