CDXXIV Seduta
(ANTIMERIDIANA)
MARTEDI' 15 LUGLIO 2008
Presidenza del Presidente SPISSU
INDICE
La seduta è aperta alle ore 10 e 46.
DAVOLI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana di giovedì 22 maggio 2008 (415), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri Barracciu, Fadda, Gessa e Pinna hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 15 luglio 2008.
Poiché non vi sono opposizioni, questi congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza:
DAVOLI, Segretario:
"Interrogazione Cassano, con richiesta di risposta scritta, sulla chiusura del centro zonale ERSAT ubicato presso il Comune di Ossi." (1291)
"Interrogazione Lombardo, con richiesta di risposta scritta, sugli interventi per risolvere la grave crisi idrica del Sulcis-Iglesiente e sulla richiesta dello stato di calamità naturale a seguito della perdurante siccità." (1292)
"Interrogazione Rassu, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata attuazione del disposto dell'articolo 7, comma 9, della legge regionale n. 3 del 2008." (1293)
"Interrogazione Diana - Cherchi Oscar, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di scongiurare la chiusura del Liceo classico e dell'Istituto professionale per l'agricoltura e l'ambiente di Bosa." (1294)
"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sui ritardi nell'inizio dei lavori relativi alla realizzazione del Centro intermodale passeggeri in via XXV aprile a Sassari." (1295)
PRESIDENTE. Testo unificato numero 162-163-305/A, riordino delle funzioni in materia di aree industriali. Il relatore è l'onorevole Giagu. Aspettiamo qualche minuto, invito i Capigruppo a far arrivare in Aula i colleghi, perché in queste condizioni non si può iniziare. Cinque minuti di sospensione, onorevole Giagu.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 48, viene ripresa alle ore 10 e 58.)
Discussione generale del testo unificato numero 162-163-305/A: "Riordino delle funzioni in materia di aree industriali" delle proposte di legge Sanciu - La Spisa - Pili - Contu - Licandro - Lombardo - Milia - Petrini - Rassu - Sanjust - Diana - Artizzu - Liori - Moro - Sanna Matteo - Ladu - Murgioni - Onida: "Ordinamento dei Consorzi di sviluppo delle attività produttive" (162); Pisano - Cassano - Dedoni - Vargiu: "Norme sulle politiche di sviluppo industriale in Sardegna" (163); Giagu: "Riordino delle funzioni in materia di aree industriali"(305)
PRESIDENTE. Prego i colleghi di prendere posto.
L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato 162-163-305/A.
Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Giagu, relatore.
GIAGU (P.D.), relatore. Sì, grazie Presidente, cari colleghi, finalmente siamo in Aula a discutere questa proposta, che tanto ha fatto discutere, e che spero sarà approfondita qui in Aula e possa vedere la luce il prima possibile. Ma, questa proposta nasce da un percorso, anche travagliato, condotto in Commissione, che parte dal 2005, con la presentazione delle proposte di legge da parte di alcuni Gruppi del Consiglio: proposta di legge numero 162, Sanciu e più, del 2/8/2005; la proposta di legge numero 163, Pisano e più, dell'8/8/2005. Segue a queste un disegno di legge presentato dalla Giunta nel 17 gennaio del 2006; a questo segue un emendamento sostitutivo totale da parte della Giunta del 22/3/2007. Il 28/11/2007 c'è il ritiro del DL numero 209 della Giunta, e cade così anche l'emendamento approvato dalla stessa Giunta. Il 28/11/ 2007 si presenta la proposta di legge numero 305 e si arriva, dopo una discussione che è durata molto tempo, certamente, come più volte detto, per non sola responsabilità da parte della Commissione, ma per l'intenso lavoro che si svolgeva in Aula, poi tra l'altro suddiviso in diversi periodi, con diversi provvedimenti portati in Aula, anche di caratura particolare, si arriva ad un testo unificato del 162-163 e 305, approvato dalla stessa Commissione. Chiaramente, di questa parte del testo, approvato nella Commissione, una rilevante parte viene approvata dalla finanziaria del 2008. All'articolo 7 ci sono disposizioni per i consorzi per quei comuni, particolarmente, le cui aree ricadono nell'ambito di un unico comune. Questa è la parte che è inserita in finanziaria, che noi adesso potremo riprendere con la discussione che affronteremo, oggi, in questi giorni. Come si è svolto il lavoro in Commissione? Il lavoro in Commissione, considerate anche le diverse interruzioni, e anche il periodo passato nella discussione della Commissione, è andato avanti con delle audizioni, abbiamo interpellato enti locali, consorzi, associazioni…
Scusate un attimino!
…associazioni imprenditoriali, sindacati, ANCI, UPS, anche chiunque abbia fatto richiesta, dei vari comuni, per essere ascoltato. Vedete questa è una problematica che ricade in diversi comuni, e il regime adottato finora non è che garantisse totalmente diversi comuni. Sorgevano diverse problematiche, che abbiamo dovuto affrontare singolarmente, anche alla luce di quella che era la grande esposizione di alcuni comuni, rispetto anche alla portata di quella gestione che si aveva rispetto ai consorzi, e rispetto agli insediamenti dentro i consorzi. Vi sono alcuni esempi di alcuni comuni, che devono gestire alcune partite. Io faccio l'esempio solo di Portoscuso, che deve gestire una partita, quella di Portovesme, che è particolarmente gravosa, e che per alcuni versi bisognava prendere in esame con una certa accuratezza e con una certa attenzione, per far sì che si approvasse un testo di legge che contemplasse anche quelle problematiche. Ma comunque in questo lavoro si è partiti dalla consapevolezza, in questo testo unificato, del ruolo centrale degli enti locali, sulla base di quelle che sono state le nostre audizioni, di quello che era il ruolo degli enti locali, di quello che significa la gestione di tutta una serie di funzioni trasferite agli enti locali ... enti locali stessi consorziati, per sapere come gestire una nuova fase e far sì che nascesse un organismo che rispondesse alle esigenze attuali, e non più alle esigenze che si ipotizzarono circa cinquant'anni fa, sulla base di alcune leggi che sono datate e che rispondevano alle esigenze di allora. E questo è ricompreso dentro la legge, nell'articolo 2, la funzione proprio degli enti locali e quello che è il ruolo che svolgono in seno a questi consorzi. E' importante poi aver individuato un consorzio per provincia, con la possibilità anche che gli enti locali costituenti, che cedono le aree, con la possibilità anche dell'inserimento dei comuni che determinano, decidano, secondo la legge, di far parte dello stesso consorzio, per affidare al consorzio stesso la politica industriale di quel comune, o del loro territorio. Questo all'articolo 2, comma quarto. S'è reso necessario anche, e a nostro avviso dopo lunga discussione, far partecipare alla vita del Consorzio le associazioni imprenditoriali. Noi abbiamo individuato come rappresentanti delle associazioni imprenditoriali la Camera di Commercio, che più di altre possa rappresentare, e riesce a rappresentare, tutte quelle realtà imprenditoriali e non che gravitano in quei territori, che operano in quei territori, che partecipano alla vita e alla crescita economica di quei territori. Ci è sembrato necessario allargare a questi, coinvolgerli, evitando di dare l'impressione che il sistema politico si arroccasse e non coinvolgesse forze vitali della cosiddetta società civile, che opera in quei territori, soprattutto per questa materia, soprattutto anche per la delicatezza della materia. La Commissione poi ha sollevato forti dubbi su quella che è la partita dei commissariamenti. Questo perché sappiamo benissimo che si rendono necessari in alcuni momenti e per alcuni aspetti, soprattutto per liquidare certe partite, ma soprattutto siamo fortemente contrari in relazione, anche, ad esperienze maturate in passato. In questa Regione abbiamo visto qual è il regime del commissariamento, e quanto dura il regime del commissariamento, e quanto non risolva le cose, anzi le peggiori molto spesso, e dia in capo ad una sola persona poteri incredibili, che molto spesso è difficile controllare, e portano anzi rispetto a quello che era l'intenzione iniziale, a provocare ulteriori danni. Per cui si è, dopo lunga discussione, deciso di trovare una formula che evitasse questo e che ci ponesse in condizioni di una sorta di continuità nella trasformazione anche degli enti locali caricando anche sul soggetto, sul Consiglio di amministrazione, questa fase liquidatoria che potrebbe essere, e spero venga trovata la formulazione giusta in Aula, possa essere il passaggio necessario per evitare una lunga vacatio e per evitare che qualcuno si impossessi magari di un consorzio, o di qualsiasi cosa, e possa, nel consorzio stesso, per lungo tempo, determinarne le scelte e non garantire la funzionalità stessa del consorzio. E' venuta fuori, questo prioritariamente, la necessità, detto da tutti e riportata da tutti, di una ristrutturazione e riordino, oggi non sono più attuali, non rispettano quelle che sono le esigenze, abbiamo dato particolare importanza alla snellezza, alla celerità, e all'esercizio di alcune funzioni, di determinate funzioni, questo rispetto anche all'articolo 3 dove si ritrova… all'articolo 4 comma 6, dove si ritrovano descritte e messe in legge le riflessioni che noi abbiamo portato in Commissione.
Abbiamo ritenuto indispensabile il ruolo della Regione, di programmazione, di indirizzo, coordinamento e anche controllo. Ruolo essenziale, anche per quanto riguarda la partita della trasformazione, ma soprattutto per quanto riguarda poi lo sviluppo delle politiche industriali future, e qui siamo all'articolo 1 e all'articolo 5, nello specifico ai commi 6, 7 e 8.
Abbiamo anche portato avanti una riflessione sulla tutela del personale attuale e sul riordino inserendo anche, e questa è una partita che si dovrà perfezionare in Aula, o sarà delegata allo Statuto, per le modalità di funzionamento, selezione e assunzione del personale rispetto a quello che si sta prefigurando come sistema pubblico. Questo credo che possa essere perfezionato in Aula, credo che sia utile perfezionarlo, e qua ci riferiamo all'articolo 7, ma abbiamo anche scritto, abbiamo dato voce, abbiamo dato senso, a quella che è la richiesta di una riduzione, di una semplificazione delle assemblee, dei consigli di amministrazione, con indennità riferibili alle disposizioni della legge finanziaria. Io parlo della legge finanziaria nazionale. Questo ritroviamo nell'articolo 4 comma 7. Diciamo che il gettone e l'indennità è differibile alla finanziaria e rientra anche in quella che era la richiesta dai più portata per controllare quelli che sono i proventi, cosiddetti gettoni, che si moltiplicano in questi enti sovra-comunali. Abbiamo anche riportato la coerenza con i piani urbanistici comunali, che tanti problemi avevano creato in passato e, tra l'altro, avevano creato in passato non solo tra gli enti di consorzio, tra i consorzi e tra i comuni degli stessi consorzi, che facevano parte degli stessi consorzi. Per cui, una certa coerenza, seria, tra i piani urbanistici comunali (articolo 3, comma 4).
Diciamo che siamo in coerenza con il disegno di legge numero 209 della Giunta dal quale siamo partiti. Con la legge numero 3 del 2008 della finanziaria regionale, la coerenza col comma 33 dell'articolo 2 della legge finanziaria nazionale del 2007, questi sono i riferimenti.
La Commissione ha lavorato tenendo presente l'orientamento delle audizioni, quell'orientamento diffuso. Devo anche dire che abbiamo sentito, più volte, gli stessi soggetti e molto spesso c'è capitato anche di registrare posizioni differenti ma abbiamo fatto, abbiamo puntualizzato, abbiamo fatto sintesi di quello che ci diceva e abbiamo individuato gli enti locali come primo riferimento, responsabilizzandoli, condividendo anche uno strumento che li possa rendere protagonisti per il futuro dei loro stessi territori. Questo partendo dalla piena fiducia che noi abbiamo e che riponiamo negli amministratori degli enti locali.
Abbiano ritenuto giusto il coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali, sia nella programmazione che nella gestione, responsabilizzando i protagonisti, responsabilizzando tutti quelli che partecipano alla vita socio-economica di quel territorio e abbiamo registrato una forte necessità di cambiamento e modernizzazione del sistema consortile in discussione, nate, come abbiamo detto, da leggi oramai datate, rispondenti a tempi che sono andati, differenti, ma abbiamo anche constatato che in quei territori questi organismi debbano insistere, debbano in qualche maniera continuare la loro esistenza. Anche riformati, riordinati e ristrutturati. Vi è la necessità, perché i compiti che svolgono questi organismi non sempre sono affidabili ai comuni, non sempre hanno la snellezza come abbiamo detto, la celerità che questi organismi possono garantire.
Siamo anche consapevoli, e sono particolarmente io personalmente consapevole, che abbiamo bisogno anche di una definizione più precisa di questa proposta. Ma, una proposta che non stravolga la logica, la ratio, che hanno ispirato i lavori della Commissione.
Noi ci auguriamo che da quest'Aula emerga una proposta che sia duratura, che non possa essere ripresa, magari tra un anno, tra due anni, che abbia il consenso più ampio, che riporti la discussione nei giusti ambiti, evitando anche significati propri, fuorvianti, che da più parti si danno alla legge e al suo percorso. Noi siamo convinti di aver lavorato, e la Commissione ha lavorato tenendo fermi i normali percorsi di questa Assemblea. Assumendo decisioni difficili, ma che le sono proprie, e soprattutto consapevoli che il Consiglio sarà sovrano e deciderà in merito.
PRESIDENTE. E' aperta la discussione generale, ci sono alcuni colleghi già iscritti a parlare, ricordo che durante il primo intervento, che è dell'onorevole Lombardo, chi vuole iscriversi a parlare deve farlo durante il suo intervento.
E' iscritta a parlare la consigliera Lombardo. Ne ha facoltà.
LOMBARDO (F.I.). Finalmente, dopo tanti anni, lo ricordava prima il collega Giagu, la tanto agognata riforma dei consorzi industriali, sbandierata da questa maggioranza e dalla Giunta come fiore all'occhiello della sua azione riformatrice, approda in questa aula. Ma approda in quest'Aula grazie all'apporto determinante dell'opposizione che ha consentito che l'iter di approvazione della legge andasse avanti. E' noto infatti a tutti che la Commissione per mesi e mesi è rimasta bloccata per la mancanza del numero legale, e questo è accaduto perché la maggioranza, sull'argomento più caro al Presidente, si è spaccata e ha evidenziato la mancanza totale di coesione politica e programmatica. Una frattura che non si è assolutamente ricomposta, tant'è che il testo unificato, oggi all'esame del Consiglio, scaturisce da due proposte dell'opposizione, di cui una del Gruppo di Forza Italia che rappresento, di un'altra proposta di legge del Presidente, l'onorevole Giovanni Giagu, mentre è stato completamente escluso l'emendamento sostitutivo totale al disegno di legge numero 209 presentato dalla Giunta regionale. Io tengo particolarmente a sottolineare che la prima proposta di riforma, in materia di consorzi industriali, è stata presentata proprio dal Gruppo di Forza Italia, primo firmatario l'onorevole Fedele Sanciu, nell'agosto del 2005. Questo a testimonianza di quanto fosse per noi impellente e necessaria una seria riforma in materia che riducesse il numero dei consorzi ne ridefinisse gli ambiti territoriali e le funzioni, e questo per qualificarli come soggetti attivi della politica industriale regionale affermando soprattutto la loro natura giuridica di enti pubblici economici. Ed è stata proprio la condivisione della filosofia di fondo e dei punti cardine della nostra proposta, che ci ha portati a sbloccare una paralisi imbarazzante dell'opposizione, se non fosse stato per noi non avremmo potuto fare neanche le audizioni. Una paralisi dovuta interamente ai dissidi interni alla maggioranza, per cui abbiamo deciso di aprire un confronto serio e costruttivo per portare avanti una riforma che fosse vera e possibile. Io penso che sia troppo semplicistico, troppo demagogico, troppo qualunquista affermare che, quando le cose non vanno nel verso voluto dall'assolutista Soru, la condivisione tra maggioranza e opposizione è il frutto solo di una trasversalità finalizzata al mantenimento dello status quo. Allora io mi chiedo se l'aver ridotto del 50 per cento il numero dei consorzi industriali significhi aver mantenuto lo status quo. Appare evidente che la tesi che viene sostenuta appalesa tutta la sua infondatezza e strumentalità e ciò per dimostrare, in una situazione come questa, di crisi e divisione profonda all'interno della maggioranza, che il Presidente è il buono e ha sempre ragione, mentre gli altri sono i cattivi e hanno sempre torto. Io mi auguro che la maggioranza, o meglio quella parte della maggioranza che sino ad oggi, con grande dignità e con grande coerenza, ha portato avanti le proprie idee continui a farlo; e non si pieghi alla volontà di chi, con grande presunzione e arroganza, pensa sempre e comunque, in ogni occasione di avere la verità in tasca.
Io con molta franchezza vi devo dire che intervengo con una certa insoddisfazione in questo dibattito, perché lo ritengo abbastanza inutile, mi chiedo a che cosa serve questa discussione generale, a che cosa serve confrontarsi, sviluppare un ragionamento su un testo che sappiamo già tutti essere totalmente superato da una proposta che potremmo conoscere soltanto nel momento della presentazione degli emendamenti. E' chiaro ed evidente che la discussione risulta viziata da questo limite, tutt'altro che trascurabile. A voi tutto questo ovviamente non interessa, perché l'importante è raggiungere l'obiettivo di mantenere il controllo assoluto degli strumenti del potere, perché per voi il fine giustifica sempre i mezzi, poco male se la riforma non dovesse andare avanti, anzi forse anche meglio per qualcuno di voi, perché così il monarca Soru potrebbe nominare i suoi commissari, veri e propri fiduciari del Presidente; perché pensate che sia del tutto indifferente, non dico rispetto all'opinione pubblica, ma rispetto agli interessi sociali, tenere in conto od in dispregio le istituzioni autonomistiche. Purtroppo, siamo passati da un estremo all'altro, nella scorsa legislatura avevamo un Presidente che era ostaggio del Consiglio, oggi abbiamo esattamente l'opposto, un Consiglio che è ostaggio del Presidente e del ricatto continuo: o si fa come voglio io o tutti a casa.
Io sono convinta che le riforme, lo diceva concludendo il suo intervento l'onorevole Giagu, debbano essere fatte dal Consiglio, è il metodo che noi contestiamo perché ancora una volta ravvisiamo da parte dell'Esecutivo la volontà di prevaricare il ruolo dell'Assemblea. E riscontriamo che, in totale e netta controtendenza, questa sorta di neocentralismo regionale, inaugurato da Soru, sta mettendo in ginocchio la Sardegna: è la peggiore calamità naturale che ci potesse capitare. Il nostro sistema produttivo sta attraversando una perdurante fase di crisi, così come testimoniato dai principali indicatori economici che evidenziano una criticità strutturale del nostro sistema. E' più che mai evidente il divario con le aree più sviluppate del nostro Paese, stiamo attraversando una preoccupante fase di stagnazione, dove non si intravedono processi che inducano a ritenere che si sia intrapresa la via della crescita e dello sviluppo. La caduta di produttività, non solo del sistema industriale, ma in generale di tutto il tessuto produttivo isolano, impone una seria riflessione sulle politiche industriali regionali e sui relativi strumenti di supporto, indirizzo ed attuazione.
Il confronto con il mondo esterno evidenzia come le nostre aree industriali siano ben lontane dal punto di vista urbanistico, gestionale e dei servizi dalle analoghe esperienze di altre regioni italiane ed europee, non essendo in grado di assolvere alla loro funzione principale e cioè: costituire il luogo privilegiato di insediamento delle attività produttive. Non si può pensare di promuovere processi atti al miglioramento della competitività del nostro tessuto produttivo, senza poter contare su aree di insediamento produttivo modernamente infrastrutturate, con servizi adeguati ai bisogni delle imprese ed a costi concorrenziali. Da qui la necessità di una riforma finalizzata principalmente a promuovere uno sviluppo industriale moderno, coordinato ed integrato nel territorio; con l'obiettivo di elevare la qualità e la competitività dei sistemi locali, di creare un ambiente favorevole alla cooperazione tra imprese, di incoraggiare e facilitare la cooperazione internazionale e regionale delle imprese; mediante il sostegno a reti che favoriscano il coordinamento e lo sviluppo delle loro attività economiche e industriali. Realizzando nel contempo un maggior raccordo tre i soggetti a cui viene demandato il compito di gestire le aree, e cioè le associazioni industriali, la Regione e gli enti locali. Si avverte quindi la necessità, considerato anche che forse la Regione Sardegna è rimasta l'unica fra le regioni interessate a non aver ancora legiferato in materia di consorzi industriali, di una disciplina organica in ambito regionale che, tenendo conto dell'evoluzione della normativa nazionale, sia aggiornata ed attuata alle specifiche esigenze di una moderna politica industriale ed insediativa. Definendo un quadro di riferimento cui richiamarsi e rapportarsi nell'esercizio delle proprie attività con diritti e doveri ben individuati, con ruoli e mansioni definiti, tali da costituire un'effettiva integrazione e completamento alle funzioni esercitate dagli enti locali.
Prima di entrare nel merito del contenuto della proposta di legge, occorre affrontare una questione pregiudiziale, non di poco conto, relativa alla legittimità costituzionale, alla luce dei pareri e delle approfondite valutazioni di illustri giuristi, che sono stati anche al vertice della Corte costituzionale. Un problema che è stato posto con forza nel corso delle audizioni e che è stato evidenziato anche nelle note fatte pervenire alla Commissione. Il punto cruciale riguarda la soppressione della maggior parte dei consorzi industriali operanti in Sardegna, ed il trasferimento del personale e delle risorse agli enti locali, destinatari delle funzioni dei consorzi soppressi. Come noto, i consorzi, previsti dalla legislazione per l'intervento straordinario per il Mezzogiorno, sono nati come enti aventi la forma consortile costituiti dai Comuni, dalle Province, dalle Camere di commercio e dagli altri soggetti interessati, al fine di eseguire, sviluppare e gestire le opere e più in generale ogni forma di servizio connessa all'industrializzazione delle aree individuate a tal fine. A queste competenze, che i consorzi svolgono in veste imprenditoriale, il legislatore ha successivamente aggiunto il conferimento di poteri autoritativi specifici, relativi sia alla pianificazione urbanistica delle aree e sia all'esercizio di poteri espropriativi. Questi poteri hanno concorso, in materia determinante, alla connotazione pubblicistica dei consorzi stessi. Anche dopo il trasferimento negli anni '70 delle relative funzioni alle Regioni, lo Stato non ha per questo cessato di intervenire in materia di assetto e di compiti dei consorzi industriali. Tant'è che nel 1991, con la legge numero 317, si è stabilita la natura di enti pubblici economici conformando la collocazione alla prestazione di servizi connessi alla produzione industriale delle aree interessate. Nel 1993 con legge si sono poi inseriti i consorzi nei processi di deindustrializzazione e di riconversione industriale nel quadro di competenze esplicitamente rivolte a contrastare gravi fenomeni di degrado ambientale, economico e sociale. Nel 1995 si sono ulteriormente disciplinate le funzioni dei consorzi, in materia di piani degli agglomerati industriali attrezzati, e contemporaneamente i controlli regionali sono stati limitati ai soli piani economici e finanziari degli stessi. Infine, nel 2005, si è prevista l'applicabilità anche ai Consorzi industriali di una serie di disposizioni dettate in materia di distretti industriali, aventi natura di agevolazione fiscale, amministrativa e finanziaria per la ricerca e lo sviluppo. L'estensione di queste disposizioni ai Consorzi industriali implica che, anche per le imprese e le unità produttive operanti nell'area di influenza dei Consorzi, valgano le norme dettate per le imprese che aderiscono ai distretti produttivi.
In questo quadro normativo bisogna valutare l'idoneità della legge regionale a disporre della giuridica esistenza dei singoli Consorzi industriali ed a regolare la sorte del relativo patrimonio. Le perplessità riguardano la peculiare natura dei Consorzi, qualificati espressamente dalla legge come enti pubblici economici, dei quali però possono far parte anche soggetti privati, come accade in alcuni dei Consorzi oggetto di soppressione. Il problema è che la legge regionale, disciplinando la sorte dei beni dei Consorzi soppressi, dispone di conseguenza anche della sorte dei conferimenti operati dai privati, la cui disciplina, a seguito della soppressione dell'ente, è riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale, trattandosi di rapporti di diritto privato e quindi di natura civilistica. Oltre a ciò i dubbi di incostituzionalità riguardano il fatto che, con l'attribuzione ai Comuni del patrimonio dei Consorzi soppressi, si realizza sostanzialmente una espropriazione senza indennizzo (in violazione dell'articolo 42 della Costituzione) della quota parte di tale patrimonio appartenente ai soci privati del Consorzio. Un limite di questo tipo all'intervento del legislatore regionale è stato espressamente stabilito dalla Corte Costituzionale - anche se nel diverso settore dei Consorzi di bonifica - sulla base del principio che solo il legislatore statale potrebbe sciogliere definitivamente l'intreccio di pubblico e di privato che nei Consorzi si esprime, per separare il modo netto le manifestazioni dell'autonomia privata dai caratteri pubblicistici impressi a tali enti. Di conseguenza siamo fermamente convinti che non si possa prescindere dalla natura dei Consorzi quali enti pubblici economici: un fatto assodato, fondamentale e condiviso dalla maggior parte dei soggetti auditi in Commissione. E' opinione quasi unanime, infatti, che i Consorzi industriali debbano mantenere la forma giuridica di enti pubblici economici, con un'articolazione territoriale provinciale. La proposta di riforma della Giunta regionale presenta, così come sottolineato dall'UPS e dall'ANCI - ma non soltanto da loro - aspetti ancora opachi e aspetti ancora non emersi sulla liquidazione della passata esperienza, con tutte le implicazioni che ciò comporta sia di ordine patrimoniale che finanziario. In particolare non si condivide l'agenzia governativa provinciale che, come fa rilevare Confindustria, genera particolare perplessità anche in capo alla percorribilità della soluzione proposta, trattasi infatti di un soggetto in house, poco coerente con gli orientamenti nazionali sui servizi pubblici locali, che di fatto svuota di ogni contenuto il ruolo delle rappresentanze industriali. La trasformazione dei Consorzi industriali in agenzie governative provinciali attua una sostanziale modifica della natura giuridica degli enti chiamati a gestire le aree industriali, senza che siano chiari i benefici per le imprese derivanti da questa modifica: sostanzialmente si rafforza ulteriormente la natura pubblicistica degli stessi e dunque il rischio di un potenziamento del ruolo della politica nella gestione delle aree, che la riforma avrebbe invece dovuto contrastare al fine di recuperare efficacia ed efficienza. Inoltre, la figura e i compiti delle agenzie appaiono poco chiari, alquanto lacunosi e riduttivi rispetto a quanto previsto per gli enti che si vogliono sopprimere, considerato anche che allo stato non esistono norme di riferimento sulle agenzie governative provinciali.
Bisogna stare attenti al fatto che il mutamento della natura giuridica potrebbe comportare il rischio di perdere i benefici attuali e potenziali riconosciuti ai Consorzi dalla normativa nazionale: agevolazioni fiscali, ad esempio, come l'esenzione dalle imposta di registro, ipotecarie e catastali nella cessione dei lotti di terreno. Il problema dei Consorzi industriali non è stata l'eccessiva presenza delle associazioni degli industriali e per loro tramite delle imprese, ma la prevalenza della parte pubblica che ha determinato modalità di gestione improntate a scarsa efficacia ed efficienza e poco corrispondenti ai reali fabbisogni delle imprese insediate e di quelle potenzialmente interessate a localizzarsi nelle aree. Se si volesse fare una riforma seria si dovrebbe rafforzare il ruolo della parte privata e la possibilità della stessa di indirizzare le decisioni della parte pubblica e la gestione stessa dell'ente, quale che sia la forma assunta.
Il rischio del fallimento della riforma è alto anche per l'assenza della previsione di un luogo - una sorta di cabina di regia - ove Provincia, enti locali competenti e rappresentanze industriali collaborino per gestire le aree e coordinare i vari strumenti di programmazione economica ed urbanistica, a questo proposito occorrerebbe rafforzare la presenza ed il contributo del sistema industriale e della sua rappresentanza negli organi deputati alla gestione del nuovo ente.
Va dunque valutata con attenzione la fattibilità di un percorso che deve portare in tempi brevi alla piena operatività dei nuovi enti, il sistema industriale sardo non si può infatti permettere ulteriori blocchi o vuoti operativi degli strumenti che dovrebbero sostenerne lo sviluppo.
Concludendo, oggi ci si chiede se il compito a cui i Consorzi sono stati chiamati si sia esaurito, oppure se il loro ruolo continui ad avere un senso, e l'interrogativo è tanto più importante in vista della definizione di una legge regionale per il riordino delle funzioni degli enti di industrializzazione; nelle intenzioni, infatti, la Regione vuole potenziare la centralità che l'ordinamento riconoscere agli enti locali, prevedendo la riattribuzione delle competenze dei Consorzi dei Comuni, ma nel contempo pensa di risolvere con un taglio la gestione non economica di gran parte dei Consorzi industriali. Sembra quindi che non si metta in discussione il ruolo dei Consorzi ma solo una gestione non sempre ispirata a criteri di economicità e di efficienza; ecco perché la riforma dovrebbe puntare a far sì che i Consorzi, conservando le loro natura giuridica, si pongano al centro delle dinamiche di sviluppo, stimolandole ed indirizzandole, facendosi interpreti di un progetto di sviluppo locale e di una politica industriale del territorio; filosofia, questa, che non emerge in nessuna della proposte della Giunta regionale, come affermato i numerosi ordini del giorno dei Comuni della Sardegna che devono essere tenuti in debita considerazione se si vuole che l'elaborazione del testo avvenga nell'ambito di un sereno e costruttivo dibattito, non influenzato da pregiudizi e preconcetti, affinché vengano correttamente valutate le esperienze e le competenze acquisite dai Consorzi. Questo auspicio è doveroso per evitare che, perseguendo il lodevole intento di riformare il settore, si finisca per eliminare anche quello che c'è di buono, buttando - come si suol dire - il bambino con l'acqua sporca. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lombardo.
E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, credo di non dire nulla di nuovo nell'affermare che la riforma dei Consorzi industriali dovrebbe essere collocata nel più vasto contesto della riforma della Regione, che, come abbiamo detto tante volte, rappresenta il cardine del processo di modernizzazione del nostro sistema istituzionale verso un'Italia federale solidale, verso l'Europa dei popoli; questo per adeguare gli strumenti dell'economia e della crescita civile e sociale.
Quello dei Consorzi industriali, dopo gli enti regionali del turismo, dell'artigianato, dell'agricoltura, dei Consorzi di bonifica, dei trasporti e del sistema istituzionale della formazione, chiude un ciclo di interventi pseudo riformatori, senza aver avuto all'inizio del ragionamento un punto di riferimento certo e definito. Lo stesso è avvenuto per gli interventi nell'economia, senza un piano generale di sviluppo al quale ancorare progetti e programmi che consolidassero l'economia esistente, avviasse la nuova economia e gestisse il processo e l'inserimento di tutto il sistema italiano nella globalizzazione. Ovvero si è voluto mettere il carro davanti ai buoi. Con il risultato che abbiamo, dopo quattro anni di questa cura, un sistema istituzionale pubblico regionale e degli enti locali in pieno caos e un sistema economico a rotoli con disoccupazione e cassa integrazione galoppanti e senza prospettive.
La riforma della Regione, come abbiamo detto più volte, deve essere complessiva, pensata e decisa con il coinvolgimento dei soggetti direttamente interessati, gli enti locali, il sistema economico e sociale culturale della Sardegna, e contestuale deve essere la modifica e l'adeguamento della legge numero 1 sulle competenze della Giunta regionale per il riequilibrio dei poteri. E in quest'ottica preminente è la legge elettorale di autonomia, funzionale alla vocazione di autogoverno del popolo sardo, propedeutica all'adeguamento dello Statuto speciale per una Sardegna Regione d'Italia, Regione d'Europa con la sua civiltà e le sue risorse umane, culturali, ambientali ed economiche. Un rapporto paritario Stato-Regione-autonomie locali nel sistema delineato dal nuovo Titolo V della Costituzione dove sancire il percorso, i contenuti e gli obiettivi di un'autonomia compiuta e moderna. Un patto Sardegna, Italia ed Europa proiettato nel mondo, al suo interno nel concetto di Regione nazione, occorre semplificare e ammodernare strutturalmente e culturalmente l'apparato e l'organizzazione di Regione ed enti locali mettendo mano ad una forte delegificazione per dare risposte certe in tempi veloci. A monte ci dev'essere, peraltro, un progetto, una legislazione di criteri e di indirizzi, non di vincoli responsabilizzando e reintroducendo controlli e meriti come garanzia per l'intero sistema.
Valorizzazione quindi delle risorse umane culturali ed economiche coniugando vecchia e nuova autonomia, vecchia e nuova economia specializzando le produzioni proprie dell'Isola ad alto valore aggiunto e diffondendole nel mondo anche con le nuove tecnologie. Per conseguire questi obiettivi, il Presidente non c'è mai, bisognerebbe ripristinare la programmazione economica regionale, fiore all'occhiello della Regione sarda in Italia, in Europa e nel mondo, distrutta da quattro amici al bar, perché oggi la programmazione non prevede più gli organismi che c'erano prima, sindacati, imprenditori, ci sono quattro amici che dicono quale deve essere la programmazione economica regionale. Siamo giunti all'atto conclusivo dello smantellamento del sistema organizzativo pubblico della Regione, della Sardegna, che con molta presunzione, e con poca accortezza, funzionalità e lungimiranza viene chiamata riforma della Regione. Siamo al requiem di un processo di demonizzazione della politica e della struttura amministrativa, che dal dopo guerra ad oggi ha garantito la libertà, democrazia, sviluppo, progresso e modernità alla nostra comunità civile, al sistema sociale ed economico della Sardegna.
Oggi siamo al redde rationem, con i provvedimenti che sono alla nostra attenzione per i consorzi industriali, come ieri per i consorzi di bonifica di una fase della vita autonomistica regionale che non possiamo definire storica perché di storico non ha nulla. L'irruzione irruenta, se volete anche caparbia e ostinata di chi ha introdotto nel meccanismo delle democrazie nelle regole dell'amministrazione pubblica comportamenti e metodi di un'impresa privata da amministratore unico con tutti i poteri di una fase certamente significativa ed emblematica, una fase che si è aperta con le premonizioni di Gavino Sanna con il pamphlet "la pipì controvento" e che si sta per chiudere con il con quinto moro di Bachisio Bandinu e Salvatore Cubeddu che sacrificano sull'altare della cultura e della storia della Sardegna che altro meriterebbe la figura di un rivoluzionario che ha portato invece la Sardegna alla catastrofe organizzativa ed istituzionale socioeconomica, avendo di mira un idealismo prevalentemente contabile, che è l'antidoto del progetto politico progettuale che dovrebbe contrassegnare il governo della Regione. Di una Regione, lo ricordiamo ad autonomia speciale, come la Sardegna con le sue aspirazioni di autogoverno in quanto nazione e popolo incardinata nel sistema repubblicano e nell'Europa dei popoli.
Ancora oggi per chi lo avesse dimenticato o non lo conoscesse, ma che è nella storia di questa nostra Isola e di questa nostra Regione, sin dalla sua origine, viene in mente, e dobbiamo ricordarlo con forza, quello che forse io chiamo, con un termine modesto rispetto alla nobiltà, alla grandezza e alla contemporaneità del suo significato un concetto-principio costitutivo della Regione autonoma con poteri statuali propri espresso da uno dei padri costituenti sardi, l'avvocato Salvatore Mannironi nel suo intervento alla Costituente 60 anni orsono nel dibattito dell'approvazione dello Statuto sardo, l'autonomia speciale alla Sardegna non è una gentile concessione dello Stato, ma è un diritto naturale del popolo sardo per la sua storia e per la sua civiltà, per quanto ha rappresentato e ha dato al Paese e al mondo nel corso dei millenni. In quel principio e in quel concetto era indicato il percorso che la Sardegna e i sardi dovevano fare per ricostruire il tessuto economico e sociale dell'Isola e per mettere le basi della crescita civile, del progresso e della società e dell'economia in sintonia con il concorso solidale dello Stato. Questo è stato fatto nel corso di 60 anni di vita autonomistica, forse talvolta non bene, ma certamente con serietà e onestà intellettuale e anche con notevoli sacrifici della classe politica dirigente, che dal dopoguerra ad oggi ha governato la Sardegna. Questa nostra discussione si colloca, tra l'altro nel contesto di un momento particolare della vita politica del Paese. Un momento storico, perché siamo in presenza di una semplificazione improvvisa, direi tellurica del quadro complessivo dei partiti rappresentati del Parlamento, che tuttavia non corrisponde ancora all'espressioni della società civile culturale politica, ma è propria per queste ragioni e non solo che il momento è storico ed emblematico di un processo che si è finalmente concretizzato, ovvero essere pervenuti ad una semplificazione, ad una riduzione delle rappresentanze politiche delegate dagli elettori a governare il Paese ed auspichiamo questo anche per amministrare la Regione e i comuni in un ruolo certo e duraturo di maggioranza, minoranza ed opposizione, con ricadute certamente positive nel complesso sistema istituzionale organizzativo economico e sociale. E' un quadro in fase di assestamento a livello nazionale in Sardegna nel livello regionale e locale e anche tutto da impostare, è la prova che avremo con le elezioni del 2009, è un processo avviato sia nel centro sinistra che nel centro destra e ad entrambi i processi dobbiamo prestare attenzione anche perché con essi dobbiamo misurarci guardando l'uno nel processo dell'altro e viceversa per trarne elementi di confronto utili alla causa comune dei sardi, cioè alla modernizzazione, allo sviluppo, al lavoro, all'occupazione guidando la crescita civile ed economica della Sardegna in questo passaggio cruciale dalla vecchia alla nuova autonomia.
Come osservatore rilevo anche oggi che nel centro sinistra c'è un'attenzione particolare, perché è ipotizzabile la stessa secessione che c'è stata in campo nazionale, quest'anno che manca alle elezioni del 2009 si profila come un anno da separati in casa, con riflessi certamente non positivi per un governo della Regione veramente attento ai problemi gravi e drammatici che attendono di essere risolti. Si continua cioè in una politica che in questi quattro anni ha portato molti lutti agli achei, parafrasando qualcuno che è nato prima di noi, quella del Governatore del centro sinistra che ha fatto danni ovunque ha messo mano, faremo, mi auguro, il rendiconto di questa legislatura non come quello di mezza estate fatto due anni fa per un'operazione di pura propaganda e di immagine e sprecando importanti risorse per stampare e diffondere un manuale ed un pseudo giornale regionale, dei quali fortunatamente non è rimasta traccia, tanto meno esempi di buona prassi e di buoni risultati. Quando tra breve faremo il rendiconto emergeranno, non ho dubbi, i dati del fallimento di una esperienza, dove ha primeggiato il pugno duro e forte di un presidenzialismo arrogante, fazioso e cieco, che non ha mai potuto vedere la luce della democrazia autonomistica, frutto di partecipazione, di confronto e di cooperazione, base di un'Italia federale e solidale, e di un'Europa dei popoli, meta eletta del popolo sardo. Il centrodestra, invece, ha cercato in questi anni in Consiglio regionale e negli enti locali un confronto serrato con le forze autonomistiche, liberaldemocratiche e nazionalitarie, e il processo di confluenza è stato portato ad un punto positivo di maturazione, che dovrebbe avere come primo grande traguardo le elezioni del 2009. E' una sfida questa, è una sfida di civiltà, una sfida che segnerà la storia della Sardegna e dei sardi, il contrario di quello che in tutti questi anni ha fatto il presidente Soru, la Giunta e la maggioranza di centrosinistra, che si sono caratterizzati per due connotazioni, due modi di pensare la politica, le istituzioni, l'economia e l'intera società civile, due modi di operare, di governare, la cultura dell'io e la cultura della semplificazione, ovvero una cultura monoteista, una politica centralista, che è il contrario di quello che vorremmo realizzare, il federalismo delle idee, il federalismo delle istituzioni, il federalismo solidale che nasce e fortifica con il confronto, con il dialogo, con le decisioni condivise; il federalismo verso il quale tende il moderno Stato italiano, quel federalismo che finalmente è entrato nell'agenda della politica italiana come impegno reale e concreto del Governo Berlusconi. Non ci deve far paura, e ci sollecita la sfida, sotto il profilo istituzionale e tanto meno sotto il profilo economico; sotto il profilo economico, per il momento contingente e di prospettiva dell'economia globale, determinata dal fattore predominante delle energie e del petrolio, destinato a perdurare nel tempo, forse per molte generazioni future, fattore tempo che può giocare a favore della Sardegna, strutturalmente funzionale ad essa per via della presenza della Saras, la cui ricchezza che deriva allo Stato e alle altre regioni, con il federalismo fiscale e solidale, dovrebbe garantire alla Sardegna un flusso notevole di risorse proprie, sufficienti a sviluppare e diffondere nel territorio sistemi produttivi ed economici tali da rendere l'isola appetibile ai competitori nazionali, europei e mondiali. Sotto il profilo istituzionale, perché il federalismo fiscale è alla base e fondamento del sistema organizzativo delle istituzioni, secondo il principio costituzionale di equiorganizzazione tra Stato, Regione e autonomie locali, realizzando le specificità e le caratterizzazioni di ogni singola regione. Allora non si può non tener conto della nostra storia e della civiltà che hanno attraversato l'isola e che hanno caratterizzato, ovvero dato i caratteri distintivi della terra e della gente di Sardegna nella nazione sarda. I giudici delle leggi, i giudici costituzionali hanno sbagliato, a mio giudizio, quando in una recente decisione non hanno tenuto conto, forse hanno dimenticato, forse ancora non hanno avuto quella memoria storica, legata anche al vissuto antropologico dei sardi, che ci riporta al lontano 1847, alla fusione del Parlamento sardo nello Stato sabaudo e risorgimentale, e quindi nello Stato italiano e nella Repubblica dei giorni nostri. Ecco perché aveva ragione Salvatore Mannironi, quando la Costituente del '49, lottando per lo Statuto sardo di autonomia, anche se era ed è un'autonomia incompiuta, ebbe a dire con forza che l'autonomia non era una graziosa concessione, ma un diritto naturale dei sardi e della Sardegna, e che ha subìto dallo Stato unitario una sistematica omologazione culturale, scolastica e formativa; ed ecco perché, colleghi, dobbiamo tornare a questi principi e a quest'Italia federale e solidale, ad un'Europa delle regioni, e noi intendiamo mettere le nostre forze, le nostre capacità per questo obiettivo; ed ecco perché il ragionamento non può essere un ragionamento settoriale, come quello che stiamo facendo in questi quattro anni in questa regione, non è possibile mangiare questo carciofo foglia a foglia; ecco perché il ragionamento non può che essere globale e profondo, con un disegno organico, che riguarda lo sviluppo economico e le istituzioni, costruendo e amalgamando e facendo sintesi per una società moderna ed efficace.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Floris. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (F.I.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, malgrado gli sforzi estetici del presidente Soru, volti a dare all'opinione pubblica l'impressione del cambiamento, un cambiamento radicale dell'apparato regionale e delle sue articolazioni, a me pare che quella che oggi ci apprestiamo ad esaminare, e probabilmente sia il presidente Giagu che una parte della maggioranza forse si deve mettere il cuore in pace, non sarà, come ha detto bene la collega Claudia Lombardo, l'esame del testo che è pervenuto in Aula, sarà sicuramente quella controriforma che con il suo blitz il presidente Soru propinerà, se non all'Aula, quantomeno alla sua maggioranza. Quindi, colleghi, apprestiamoci non ad esaminare un testo di riforma dei consorzi industriali, mai il testo di quella controriforma che risponde chiaramente a un preciso disegno, ad un preciso obiettivo del presidente Soru.
Io avrei voluto che fosse una riforma voluta dall'assessore Rau. Assessore Rau, non sarà così, non sarà così, perché purtroppo non c'è un'articolazione in questo Governo regionale, e neppure nella maggioranza, dove esistano voci libere, dove esista anche l'opinione divergente rispetto a quella del Presidente; ed ecco perché, ripeto, ha detto bene la collega Lombardo, questo è un dibattito che rischia di essere assolutamente vacuo ed inutile, perché il testo che verrà poi sottoposto all'approvazione, sicuramente, sarà come il solito blitz all'ultimo momento, oggetto e frutto di disegno preciso del Presidente.
Benedetto Croce sosteneva che l'Italia fosse il Paese delle controriforme, mai delle riforme, ma allora alludeva evidentemente ai processi storico-religiosi, che hanno caratterizzato diversamente il Nord e il Sud europeo, e ai riflessi sociali ed economici che ancora oggi segnano il passo in un'Italia, ma aggiungiamo in una Sardegna culturalmente stanca ed economicamente arrancante rispetto alle nuove sfide rappresentate dalla globalizzazione dei pensieri e dalle economie emergenti, soprattutto del continente dell'Est, che rischiano di schiacciare in termini di forza popolare ed economica tutto l'Occidente. In luogo di guidare, come aveva preannunciato, il cambiamento attraverso quelle sbandierate riforme sociali ed economiche, questo Governatore ha avuto il merito di introdurre un sistema di divieti, allontanando veramente ogni prospettiva competitiva della nostra Isola, rispetto allo scenario mediterraneo. Ed è inutile ricordare che la Giunta Soru si è contraddistinta per un uso non solo spregiudicato, ma anche illegittimo - e non lo dico io, lo dicono i giudici dei tribunali italiani - sia del potere amministrativo su svariate questioni, si pensi al pronunciamento delle entrate fiscali, ai vincoli urbanistici, alle nomine negli enti, cassate dai tribunali amministrativi, alle disinvolte gestioni in relazione a gare d'appalto di cui si è occupato anche questo Consiglio regionale. Le sentenze dei tribunali di diverso ordine e grado e le inchieste ancora aperte sono a testimoniare quanto appena detto. Ecco, vedete, questo modo di operare noi riteniamo non possa assolutamente produrre alcuna seria riforma dell'apparato regionale e delle sue articolazioni. Come molti colleghi sanno e come invece il presidente Soru dimostra di ignorare, non può esistere alcuna riforma nel contesto sociale e politico che non venga accompagnata da una presa di coscienza collettiva attraverso i confronti e finanche gli scontri sulle possibili opzioni. E vedete, dov'è il coinvolgimento del sistema delle autonomie locali? Dov'è il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali? Dove è e quale è il ruolo che si intende assegnare alle organizzazioni produttive, all'associazione degli imprenditori in primo luogo; si ha un concetto diverso di democrazia, è stato prima segnalato e sottolineato, ma un contesto sociopolitico che procede per approssimazioni successive nell'individuazione delle strade più consone ad un libero ed armonioso sviluppo dei singoli cittadini e della collettività, noi riteniamo sia questa la democrazia. In politica, cercare, come fa il presidente Soru, le scorciatoie o le imposizioni per realizzare ciò che si presume essere il bene della comunità, è una illusione tragica che la storia ha già ampiamente condannato come fallimentare, se non addirittura foriera di periodi autoritari che certamente non rimpiangiamo. Non vi è un pensiero forte, una strategia, il senso di una prospettiva per la nostra Isola che regga l'operato della Giunta regionale; tutto è lasciato ai calcoli, se non anche ai chiari di luna dei rapporti interni della maggioranza. E questa riforma, lo ricordava sempre la collega Lombardo, è rimasta bloccata anni nella Commissione industria, ma è rimasta bloccata non tanto perché si è distinta una opposizione ostruzionistica, anzi, l'opposizione ha fatto il suo dovere dando anche un supporto nella collaborazione, supporto costruttivo, ma la verità è che basta pensare alle lotte davvero fratricide interne alla maggioranza, che sono state causate non da semplice dialettica interna su come eventualmente gestire una riforma, ma da uno scontro di potere e per l'accaparramento del potere, perché il presidente Soru ce ne ha dato già un'anticipazione con la finanziaria, perché il disegno è quello di avere otto Commissari per otto nuclei industriali che possano rispondere alla sua persona e che possa utilizzare in periodo elettorale come sua diretta "longa manus"; questa è la verità. Di quale riforma stiamo parlando? Stiamo parlando di un calcolo di potere, e al quale calcolo di potere è sottinteso chissà quale altro calcolo di intrecci finanziari ed economici, ma poi tutto si scopre, tutto emerge, tutto viene alla luce, perché il nostro sarà un sindacato che non farà sconti a nessuno, anche su aspetti che riguardano la gestione commissariale che si intende imprimere al sistema dei Consorzi industriali. Otto Commissari, dunque, che siano otto yes man che possano obbedire alle sollecitazioni, alle richieste che, in qualunque modo, possano pervenire dal loro padrone. E allora, vedete, e questo è un invito alla maggioranza, o a quella parte della maggioranza che ha a cuore, veramente, la riforma del sistema dei Consorzi industriali... è stato ricordato che alcune proposte hanno proprio come primi firmatari l'onorevole Sanciu, quindi esponenti dell'opposizione; perché? perché anche da questa parte si ritiene assolutamente necessario e non più procrastinabile riformare i Consorzi industriali della Sardegna, perché 15 Consorzi industriali su tutto il territorio regionale cominciavano davvero ad essere anacronistici, non potendo più individuare e distinguere il ruolo di molti di questi, quindi ben venga la razionalizzazione, ben venga la riduzione anche dei costi faraonici attraverso le limature delle competenze, ma, vedete, come spesso accade quando ci si preoccupa più dell'apparire che dell'essere, quando ci si preoccupa più dell'impatto sull'opinione pubblica che sulla realtà che si pretende di riformare, si perdono di vista i giusti obiettivi. E allora, se veramente ci sta a cuore una riforma, questa è la sfida e l'invito, anche, che formuliamo ai colleghi della maggioranza, beh, cerchiamo di fare un lavoro assembleare, un lavoro parlamentare, un lavoro in questa Aula, ma che tenga fuori i diktat del presidente Soru che non deve interferire con i suoi metodi che ben conosciamo su riforme di questa natura, non consentiamo a nessuno, oggi a Soru, domani a un altro Presidente, che si possa disegnare un'articolazione del sistema degli enti della Regione a misura del suo Presidente; questo non è assolutamente concepibile. E allora, noi riteniamo che se il banco di prova in questa'Aula sarà discutere di una riforma che quantomeno prospetti anche, insieme, assessore Rau, un piano industriale di rilancio del nostro sistema impresa, che è totalmente assente, perché noi oggi parliamo di riforma dei Consorzi industriali quando, invece, da Sassari passando per la Piana di Ottana, per arrivare al Sulcis, c'è una sofferenza incredibile di un sistema che, ormai, non solo boccheggia, ma, ormai, appunto, ha già appeso le chiavi e portano i libri nei tribunali, perché è evidente il dissesto. Allora, quali sono gli strumenti? Quali sono i mezzi di sostegno ad un sistema industriale di per se debole? Quale ruolo devono avere i Consorzi industriali in questo contesto? Lasciamo da parte le questioni che attengono invece a calcoli di mero e bieco potere. E allora, individuiamo quelli che possono essere gli assi portanti del rilancio industriale della Sardegna, che coinvolga seriamente le categorie produttive e che coinvolga seriamente il sistema degli enti locali della Sardegna, in luogo di quel principio di sussidiarietà sempre tanto sbandierato dai banchi della Giunta, ma, nella realtà, sempre disatteso. E allora, smettiamola con questo stile in chiave centralistica che il presidente Soru ha voluto riproporre anche in quest'Aula, come se noi dovessimo ratificare tutto ciò che cade dall'alto. E allora ecco perché il sospetto che tutta l'operazione appartenga, consentitemelo colleghi, soprattutto de La Margherita, di dirvelo, più ad un disegno punitivo del presidente Soru nei confronti di quello che lui ha bollato come il "partito dei consorzi industriali", come appunto aveva definito La Margherita qualche tempo fa. E allora, il sospetto che le cose che ho detto abbiano fondamento, cari colleghi, è più che giustificato e se la discussione, i temi della riforma si svolgeranno liberamente in una dialettica anche di contrapposizione, ma libera da condizionamenti, libera da imposizioni, libera da minacce, libera da insulti…
Non sono il difensore d'ufficio di nessuno dei componenti della ex Margherita, ma essere bollati come "partito dei consorzi industriali" è sicuramente un'offesa perché denota anche il senso di mancanza dei rapporti istituzionali tra il sistema dei Partiti, Gruppi, Assemblea e il ruolo del Presidente. Ecco perché noi riteniamo e ci prestiamo con spirito di disponibilità a sostenere questo sforzo per fare una riforma seria, diciamo no ad un'eventuale controriforma.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Caligaris. Ne ha facoltà.
CALIGARIS (Gruppo Misto). Signor Presidente, Assessora Rau, colleghe e colleghi, non vi è dubbio della necessità di una riforma finalizzata alla riorganizzazione delle competenze e delle funzioni relative alle aree industriali, nonché al riordino del ruolo assegnato ai consorzi; finalmente, ha detto l'onorevole Giagu, esprimendo con forza il punto di vista dell'intera Commissione, siamo arrivati in Aula. E' però opportuno che si faccia una breve cronistoria per comprendere i ritardi remoti e per giustificare quelli più recenti, provocati da un assurdo prolungato braccio di ferro sulle soluzioni da adottare e spiegabile solo se la finalità ultima, e così mi è parso di poter interpretare dalle parole del presidente Giagu, è quella di evitare errori commessi nella cancellazione di enti che, pur con difetti e limiti, avevano ben operato nel passato. Non è insomma accettabile il punto di vista di chi vorrebbe passare un colpo di spugna su tutto, senza che si effettui un monitoraggio rigoroso per accertare gli effetti positivi, negativi, ma anche i benefici dei diversi processi riformatori in atto, e dico questo da Socialista, convinta della necessità delle riforme, sia chiaro nell'interesse dei cittadini e nel rispetto sempre del diritto dei lavoratori e non per mere questioni di potere o per essere liberi di perseguire e adottare scelte non discusse e condivise, che spesso, purtroppo, vanno in tutt'altra direzione.
Per quanto riguarda i consorzi industriali un primo atto recente è stato compiuto con la finanziaria 2008, all'articolo 7, comma 38, quando la Giunta ha disposto la soppressione dei consorzi indicati nella tabella F, parte prima, allegata al provvedimento. Sono stati quindi nominati i commissari liquidatori degli otto consorzi delle zone industriali di interesse regionale, indicando le direttive per la gestione sino al trasferimento delle competenze. I liquidatori, entro 60 giorni dall'insediamento, secondo le direttive, avrebbero dovuto presentare, e ritengo lo abbiano fatto, un programma di liquidazione per l'approvazione da parte della Giunta regionale. Il documento dovrebbe contenere, tra l'altro, la rappresentazione della situazione finanziaria e patrimoniale, con particolare riferimento al patrimonio, alle partecipazioni societarie e alla individuazione di quei beni per i quali vi siano concrete e immediate possibilità di cessione a terzi, sempre che questi beni ovviamente non siano funzionali alla gestione delle competenze da trasferire. E' quindi opportuno che l'Assessora dell'industria, magari in sede di intervento conclusivo, informi il Consiglio sullo stato dell'attività svolta dai commissari liquidatori. Si rischia, infatti, un periodo di stasi nell'attività degli enti, in un momento particolarmente difficile per il settore industriale, che avrebbe invece bisogno di nuove idee, investimenti e iniziative per il rilancio delle attività.
Sempre la finanziaria regionale 2008, al comma 40 dell'articolo 7, stabilisce che entro 150 giorni dall'entrata in vigore, cioè con termine ultimo il 26 luglio prossimo, se non ho sbagliato i conti, il Consiglio regionale approvi una legge finalizzata alla riallocazione delle funzioni in materia di aree industriali, secondo gli indirizzi espressi dalle disposizioni previste in materia dalla legge finanziaria dello Stato per l'anno 2008. In caso di mancata approvazione della legge la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, nomina i commissari per la soppressione e la liquidazione degli enti. La soluzione indicata dalla finanziaria 2008, dopo che la proposta della Giunta era stata cassata in quanto intrusa, è stata un primo compromesso e questo soprattutto, mi riferisco ad un compromesso all'interno del Partito Democratico, dopo un prolungato braccio di ferro, sintetizzato il 28 dicembre 2007 dal presidente Soru, in occasione della conferenza stampa di fine anno. "I consorzi industriali - ha affermato il Presidente della Regione, secondo il resoconto dell'agenzia giornalistica Italia - devono essere aboliti. Il loro compito storico è abbondantemente superato". "Cosa deciderà di fare se la maggioranza decidesse diversamente?", gli è stato chiesto. "In questo momento non so rispondere, ma certamente, se non andremo d'accordo e staremo separati, ci penserò su, naturalmente con molta attenzione. Io credo che nella maggioranza ci sia la volontà di proseguire la legislatura e quindi sono fiducioso". Fin qui il virgolettato dalla nota di agenzia. I fatti successivi hanno confermato che i contrasti nella maggioranza, in modo particolare nel Partito Democratico, sono proseguiti - ne ha fatto anche cenno indirettamente l'onorevole Giagu - e a tutt'oggi non è stata ancora trovata una soluzione. In estrema sintesi, la Commissione industria, presieduta dall'onorevole Giovanni Giagu del Partito Democratico, ha approvato a maggioranza un testo di proposta con una soluzione che, fatto non certo consueto nella storia del nostro istituto autonomistico, è stata in pratica contestata dalla Commissione autonomia e riforme istituzionali, presieduta dal collega Giambattista Orrù, anche lui del Partito Democratico. L'assenza, alla vigilia della discussione in Aula, della relazione scritta al testo unificato distribuito e le prolungate riunioni del Gruppo del Partito Democratico sembrano confermare che debba essere proprio l'Aula, attraverso la discussione degli emendamenti, a ricercare e trovare la soluzione finale. Questo è un dato che io valuto positivamente in quanto offre un contributo di chiarezza e di trasparenza all'intero dibattito, evitando quindi che il Consiglio, come purtroppo sta diventando prassi consolidata, debba prendere atto e recepire accordi dell'ultimo momento raggiunti dal Partito Democratico e da qualche pezzo della maggioranza che formava Sardegnaa Insieme. Ritengo, appunto, che tutto questo non si debba di nuovo presentare. Ma entrando nel merito delle soluzioni e delle proposte in esame mi voglio soffermare brevissimamente su quattro punti.
Primo. Si giunge all'esame della legge di riforma senza avere a disposizione un'analisi dettagliata sullo stato attuale, sul funzionamento e sui risultati dei Consorzi industriali almeno negli ultimi 15 anni. In assenza di dati e informazioni le ricerche - che ciascun consigliere ritengo abbia fatto - hanno fornito risultati parziali e insufficienti ad avere un quadro di insieme tale da consentire una valutazione complessiva sul ruolo che hanno svolto nel processo di sviluppo economico e industriale della Sardegna, quindi questo punto di riferimento diventa fondamentale. Degli otto Consorzi rimasti si ha quindi una visione a macchia di leopardo, tra luci ed ombre, per quanto concerne le attività, i servizi alle imprese e naturalmente ai cittadini, le infrastrutture, le aree, in particolare quelle costiere che sono particolarmente ambite, le scelte urbanistiche, le società satelliti istituite negli anni, il personale, gli emolumenti ai dirigenti, l'assenza di linee comuni per gli interventi effettuati e quelli programmati. E' quindi necessario, nell'attuazione della riforma, recuperare tutti i dati possibili per una corretta valutazione delle scelte e delle indicazioni future.
Secondo aspetto. Le motivazioni del commissariamento e della soppressione dei Consorzi contenuti in una nota pubblicata nel sito della Regione, anche se sostenuti da argomenti efficaci, francamente non mi hanno convinta. Possono essere giustificate dalle finalità che si intendono raggiungere, ma non possono essere accettate nella volontà di cancellare totalmente l'esperienza del passato. Si rischia, come del resto è avvenuto per altre riforme, di fare un salto nel buio. La Giunta propone, infatti, un intervento radicale con l'istituzione di otto nuove agenzie - se n'è fatto cenno già nel dibattito - una per provincia, in quanto i Consorzi vengono indicati come luoghi di esercizio di potere in forme improprie e poco trasparenti. Continuando con l'accentramento dei poteri in capo alla Giunta, Assessore, eliminando i controlli democratici, rinunciando alle forme di partecipazione con le forze sociali, di cui la legge statutaria, promulgata in modo improprio, è un chiaro esempio, non si rischia che la Regione diventi essa, le chiedo, un luogo di esercizio di potere in forme anche improprie e poco trasparenti? Alcuni recenti episodi e il contenzioso alla magistratura costituzionale, amministrativa, contabile e penale rischiano di fornire una risposta preoccupante all'interrogativo che ogni sincero democratico deve porsi perdurando l'attuale regime presidenziale, maggioritario e bipolare.
Terzo aspetto. Non possono essere otto agenzie costituite ex novo a sostituire i Consorzi industriali. In attesa di un monitoraggio effetti-benefici e costi dell'operato delle agenzie che nel processo riformatore di questa legislatura hanno sostituiti gli enti regionali operanti in agricoltura, nel turismo, nell'artigianato, nell'edilizia residenziale pubblica, perché anche di questo dobbiamo tenere conto, è opportuna una riflessione sul loro ruolo, una riflessione che sia basata su quanto è stato fatto e sulle risposte in positivo fornite direttamente ai cittadini e quindi all'accoglimento da parte dell'opinione pubblica di queste trasformazioni, unico reale punto di riferimento per chi si pone il problema di fare le riforme. Per non parlare poi di "Sardegna promozione" e "Sardegna investimenti" e di quanto sta avvenendo nel trasporto pubblico locale che ignora totalmente il servizio merci su rotaia. E non possono essere dei commissari nominati dalla Giunta a sostituire dei consigli di amministrazione, rappresentativi di enti pubblici istituzionali ed economici.
Quarto e ultimo punto. Occorre quindi trovare una soluzione equilibrata - duratura ha suggerito l'onorevole Giagu - e compatibile con l'attuale situazione socioeconomica e di forte crisi del settore industriale che non può permettersi davvero transizioni che si protraggono nel tempo nella gestione dei Consorzi industriali. L'obiettivo principale deve essere, infatti, quello di ricostruire la reale domanda insediativa delle imprese, per fare questo sono indispensabili aree adeguatamente infrastrutturate con servizi a costi competitivi rispetto alla concorrenza non solo nazionale, ma ormai internazionale, l'istituzione, in attuazione dello Statuto speciale, di zone franche e una gestione snella, con personale dotato di specifiche competenze. Soltanto in questo modo si potranno garantire ai cittadini servizi consortili efficienti a costi accettabili nella raccolta, nello smaltimento, nel riciclaggio dei rifiuti e nella depurazione delle acque.
Nel corso della discussione e dell'esame degli articoli e degli emendamenti mi impegnerò perché siano salvaguardati gli interessi dei cittadini, delle imprese e che il pluralismo gestionale, che non può che essere di carattere pubblico, assuma un ruolo preponderante e significativo in questa riforma. Grazie.
PRESIDENTE. Comunico che il consigliere regionale Uras ha chiesto congedo per la seduta antimeridiana di martedì 15 luglio 2008.
Poiché non vi sono opposizioni, questo congedo si intende accordato.
Continuazione della discussione generale del testo unificato numero 162-163-305/A:"Riordino delle funzioni in materia di aree industriali" delle proposte di legge Sanciu - La Spisa - Pili - Contu - Licandro - Lombardo - Milia - Petrini - Rassu - Sanjust - Diana - Artizzu - Liori - Moro - Sanna Matteo - Ladu - Murgioni - Onida: "Ordinamento dei Consorzi di sviluppo delle attività produttive" (162); Pisano - Cassano - Dedoni - Vargiu: "Norme sulle politiche di sviluppo industriale in Sardegna" (163); Giagu: "Riordino delle funzioni in materia di aree industriali"(305)
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Franco Ignazio Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU FRANCO IGNAZIO (U.D.C.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, preliminarmente al mio intervento vorrei utilizzare una manciata di secondi per destinarli al doloroso ricordo di quanto è accaduto il 15 luglio del 1938, settant'anni ad oggi, con la promulgazione del manifesto in difesa della razza firmato da una quantità di studiosi, scienziati, uomini di cultura, per dare valore e nobiltà ad un gesto che a mio avviso rimane uno dei più vergognosi nella storia di questo Paese.
Per andare all'ordine del giorno, il Consiglio oggi è chiamato finalmente a discutere di Consorzi industriali, di riforma dei Consorzi industriali sia pure virtualmente viste le condizioni dell'Aula, la quantità delle presenze e la conoscenza dei numerosi salottini che in contemporanea si stanno in questo momento svolgendo. Finalmente, perché sono tre anni che con tentativi a volte rozzi, a volte maldestri, il Governo regionale o meglio il Governatore regionale e i suoi mullah tentano di imbastire e di approvare un disegno di legge che cancelli ogni traccia dell'attuale sistema di gestione dei consorzi industriali. Vorrei ricordare ai colleghi del Consiglio che nel 2006 ci fu il primo tentativo con un collegato alla finanziaria che poi il Consiglio non esaminò; che nel 2007, sempre in occasione della finanziaria, ci fu l'inserimento nel testo di una serie di norme che costituivano una vera e propria riforma dei consorzi e che furono espunte perché giudicate norme intruse; e che nel 2008, con un percorso un po' più complicato, ha fatto capolino nel testo della finanziaria una serie di norme non più misteriosamente norme intruse, poi cancellate dalla Commissione bilancio, rientrate dopo che la Commissione industria aveva licenziato il testo sostanzialmente che oggi è all'esame del Consiglio, rientrate in sette-otto commi, non ricordo quanti sono esattamente, che introducevano alcuni concetti essenziali. Più la norma dello schiaffo, cioè quella norma che umiliava il Consiglio regionale e ce ne siamo doluti nel momento in cui il Consiglio l'ha votata dando piena libertà di commissariare i consorzi al presidente Soru, nel caso che il Consiglio non avesse proceduto all'approvazione di una legge sulla materia nel termine di 90 giorni, poi diventato di 150 come talvolta accade nella fase emendativa per un accordo, come dire, compromissorio tra le parti che si confrontavano. Un atteggiamento quindi di avversione, ostinato, non di puntiglio, io credo che chi pensa o abbia pensato che dietro questo atteggiamento ci fosse un immotivato puntiglio abbia sbagliato. In realtà l'argomento dei consorzi industriali costituiva una delle cinque azioni strategiche che servivano a costruire "Sorulandia", la quinta crociata.
Era la quinta leva che doveva funzionare e che da tre anni il nostro Presidente tenta di tirare con determinazione. Perché se è vero che il PPR è servito a sottrarre alle comunità locali i processi di trasformazione del territorio usando la leva della tutela ambientale; se è vero che il cosiddetto risanamento di bilancio, che poi è un trucco volgare che nemmeno Giucas Casella avrebbe utilizzato, in realtà era uno strumento per realizzare un marchingegno contabile che consentisse di affondare le mani nei cospicui residui non spesi che ingrassano le casse della Regione; e se è vero che l'abbandono del residuo tessuto industriale e di quel po' di materia imprenditoriale sopravvissute in artigianato e in agricoltura veniva fatta oggetto di, a mio avviso, un piano di soppressione graduale e programmata e che gli enti strumentali della Regione venivano disaggregati e riaggregati per creare un sistema centralizzato di controllo di ogni movimento di gestione delle risorse, beh, i consorzi, l'azzeramento della situazione attuale di gestione dei consorzi, rappresentavano di fatto la eliminazione di qualsiasi spinta di politica industriale proveniente dal basso, nascente dai territori, si facesse controparte e non oggetto del "grande fratello regionale". Ha ragione l'onorevole Caligaris, ha assolutamente ragione. Come si può pensare di procedere ad un sereno, motivato riordino di una materia senza presentare all'Assemblea legislativa che deve provvedere in merito, uno studio vero, accurato, onesto su punti di criticità del sistema, su positività, sui risultati raggiunti, sulle situazioni finanziarie che, badate, sono tutte differenti sul territorio regionale, e dirò poi perché sono tutte differenti. Non ci può essere un principio che un sistema è tutto male e che un altro è tutto bene! Occorre vedere, correggere significa rettificare quelle parti delle iniziative realizzate che non sono andate a regime in maniera positiva, quindi significa conoscere le disfunzioni. No, qui si è creata e lo ha detto in maniera chiara in momenti pubblici il Presidente qui nell'insegna della storicità del dualismo italiano, da Coppi e Bartali, a Mazzola e Rivera, al partito dei consorzi e al partito contro i consorzi. Non era questo il modo in cui l'Assemblea doveva essere chiamata ad esaminare questo provvedimento. Certo, i consorzi industriali, il sistema attuale di gestione dei consorzi industriali nascono in un'altra realtà storica di questa comunità sarda, sono superati, hanno più di cinquant'anni e vanno modificati, vanno rivisti, vanno corretti, vanno rielaborati i meccanismi che hanno creato un meccanismo consociativo, in senso positivo lo dico, fra i soggetti protagonisti dello sviluppo. La rete attuale dei consorzi industriali è figlia del sogno di industrializzazione della Sardegna. Nella seconda metà degli anni '60 e nella prima metà degli anni '70 i sardi tutti, la classe dirigente e i pastori che hanno messo la tuta a Ottana, hanno creduto che fosse possibile sollevare la qualità di vita e il reddito dei sardi impiantando brandelli di tessuto industriale. Beh, la storia dice che questo non ha funzionato, i consorzi nascono attorno a quel presupposto. Oristano, che è il mio territorio, nasce come terminale a mare della zona di Ottana, i consorzi industriali della Sardegna centrale nascono perché? Per tirare fuori dal disagio in cui da decenni si trovavano quelle zone interne, occorreva riconvertire i lavori, i mestieri, le professioni, portare in fabbrica gli abitanti di quei territori, oggi non abbiamo più le tute blu e non abbiamo più nemmeno dei buoni allevatori o dei buoni contadini, abbiamo lasciato il deserto. E' un errore del quale tutti ci siamo resi conto, oggi bisogna ripartire, ma si riparte come? Con l'uomo della provvidenza con gli stivali neri che dispensa frustate e che dice: "Qui ci mando gli amici miei!". Forse non è molto parlamentare questo modo di rivolgere le accuse, però credo che sia chiaro ed efficace più di qualunque altra perifrasi. Io credo che il tempo stia per finire, ad oggi sono 332 giorni, meno di un anno, 11 mesi che mancano al 13 giugno, assumendo come data, non ho altri strumenti, non ho altri mezzi per calcolare la fine della legislatura, la data di elezione del Consiglio regionale della tredicesima legislatura, 332 giorni. Forse questo è l'ultimo passaggio di un argomento importante, forse il penultimo perché c'è una legge urbanistica abbastanza calda e interessante da discutere. Perché se voi considerate le ferie ferragostane, natalizie e pasquali, la finanziaria perché bisogna farla, sarà una finanziaria tecnica che servirà soltanto a garantire i flussi di spesa regionale, che non apparterrà a questo Governo perché non la può spendere e non sarà riconosciuta da quello che verrà chiunque esso sia; beh, conditelo con le manovre elettorali che stanno già crescendo e che diventeranno vorticose dopo le ferie tra primarie di partito, primarie di coalizione, siluramenti, deroghe, premialità, equilibri, credo che il Consiglio regionale non avrà più grandi occasioni per cimentarsi su argomenti epocali e credo anche che l'occasione per chiudere sia pure temporaneamente questo argomento in maniera degna, l'abbia dato il senso di responsabilità che ha dimostrato la sesta Commissione. E' una proposta di legge che può rappresentare un punto di caduta delle posizioni differenti, è una proposta di legge che può essere migliorata, anche nella fase parlamentare, con gli interventi emendativi, è una proposta di legge che taglia da subito alcune improprietà della visione presidenziale della riforma dei consorzi. Come si può pensare di ridurre in ogni caso, a prescindere, come principio generale, i componenti dell'assemblea e i rappresentanti dei comuni che conferiscono il territorio? Questo significa il declassamento di un Consorzio industriale a Piano di interventi produttivi intercomunale. Significa farne una zona artigianale grande che interessa più comuni. Nel mio territorio, che è quello che conosco meglio, si realizza una particolarità geografica che non so se si realizza negli altri territori della Sardegna. Attorno al Golfo di Oristano ci sono 7-8 paesi che possiedono il 90 per cento del Pil prodotto in quel territorio e il 70 per cento della consistenza demografica di quei territori. Come si può dire che è stupido, che è sbagliato, che siano tutti insieme a far parte di un consorzio che oggi dispone di un porto, e che ha alle spalle un aeroporto che, a dispetto di tutto, sta per nascere? Non ci possono essere dei criteri assoluti che hanno valore in tutte le circostanze. Come si fa a lasciare fuori da un discorso come quello dei consorzi industriali le Camere di commercio? E' folle! E' come fare un congresso di medicina non invitando i medici, invitando soltanto i carpentieri e gli orologiai. Non può essere espressione del desiderio di crescita di un territorio e della volontà imprenditoriale che questo manifesta. Come si fa a non consentire che partecipino a queste assemblee i rappresentanti delle categorie produttive, quelli che giornalmente, sulla loro schiena, assaggiano il bastone della quotidianità, il rischio, la difficoltà di tirare avanti in momenti congiunturali mondiali, ma questo non è una consolazione, che forse prima di oggi non avevamo mai conosciuto? Tutto questo è stupido! Occorre far sì che i consorzi industriali vadano incontro alle nuove funzioni, che queste nuove funzioni vengano riprogrammate, rimesse a punto e collegate, però alla partecipazione e al sostegno di tutti i soggetti protagonisti dello sviluppo, tutti, non solo i comuni e le province. E sul commissariamento credo che ci saranno, se ci sarà commissariamento, credo che ci saranno grandi sorprese, perché ci sono dei consorzi che hanno situazioni economiche molto floride e hanno depositi cospicui, hanno realizzato consistenza patrimoniale, hanno iniziative in corso, non si arrenderanno senza combattere. Ci troveremmo un'altra via crucis come tutte quelle che ci ha costretto a vivere il nostro Presidente negli ultimi quattro anni. Io ricordo, e chiudo, che il 27 luglio del 2004 lui disse che non si sarebbe ricandidato. Io credo che il presidente Soru, dopo tutto quello che ha combinato, abbia l'obbligo morale di ricandidarsi e di presentarsi al giudizio elettorale dei sardi, perché in democrazia il rendiconto del proprio operato è parte integrante di un sistema di civiltà.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vincenzo Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS VINCENZO (P.D.). La riforma dei consorzi industriali riveste, come ha detto il relatore, una rilevanza sostanziale per il mantenimento del nostro sistema produttivo. Parlare di consorzi industriali quindi significa ritornare nell'alveo dei discorsi fatti sull'impresa, e su come realizzarla nella nostra Isola. Andando a guardare quali iniziative, oggi, si possono portare avanti, anche con il concorso della Regione, che ha il compito primario di definire gli indirizzi generali e programmare lo sviluppo per trovare un assetto definitivo e migliorativo del sistema economico sardo. Trattare d'industria significa prima di tutto eliminare tutte quelle incrostazioni, anti industriali, caratterizzate da posizioni generiche, disfattiste, che per troppe volte e per tanto tempo hanno cercato di dipingere il nostro patrimonio produttivo come un corpo in metastasi, che bisognava, per il bene della Sardegna, eliminare al più presto. Sono il primo a non negare le grandi difficoltà che l'industria ha attraversato negli anni corsi e che sta ancora vivendo. Abbiamo di fronte a noi, come fissata nella pellicola di un film, le tante situazioni di crisi, ad iniziare da quelle del settore tessile, con in testa la LEGLER, e tutte le altre vertenze che hanno interessato in questi anni il comparto chimico, metalmeccanico, minerario-metallurgico, alimentare e dei servizi. Sappiamo anche quanti drammi umani hanno accompagnato la chiusura di questi impianti. Addebitare all'una o all'altra parte politica questi fallimenti io credo che oggi non abbia senso, anche perché la crisi dell'industria sarda irrompe con la fine delle partecipazioni statali. Leggi di mercato, poi, e le mille promesse non mantenute hanno fatto il resto. Nella situazione attuale la densità media delle industrie che abbiamo nell'isola è di una ogni 1257 abitanti, contro una media nazionale di una ogni 97 abitanti. Le unità lavorative impegnate nel settore industriale sardo incidono per il 10 per cento del totale della forza lavoro regionale, mentre a livello nazionale la percentuale è vicina al 23 per cento. Il valore aggiunto prodotto dall'industria sarda concorre per il 15 per cento a quello totale regionale, contro una media nazionale del 24 per cento. Secondo gli ultimi dati ISTAT gli occupati nell'industria in Sardegna sono calati nella prima parte del 2006, ma nell'ultimo trimestre dello stesso anno, nel primo trimestre del 2007, sono nuovamente aumentati. Il totale della forza lavoro si è ridotto di 2000 unità nell'ultima parte dello scorso anno, assestandosi a quota 675 mila, mentre il numero degli occupati è sceso a 615 mila, cioè 3000 unità in meno. In questo quadro la politica industriale regionale ha cercato da una parte di affrontare le tante emergenze, e dall'altra ha prospettato un'azione innovativa, puntando a superare determinate situazioni, caratterizzate da un numero elevato di aziende decotte, dove si era fermi da anni nella pura difesa dell'esistente, sapendo tutti che in alcuni casi si trattava di pura resistenza sociale. Il caso della Cartiera di Arbatax, e di tutta la vicenda legata alla Girasole S.p.A., è secondo me emblematica. Aver avuto il coraggio, in quella realtà, di superare la vecchia fabbrica cartaria, che aveva avuto negli anni passati un'enorme importanza nello sviluppo dell'Ogliastra, per puntare sul settore nautico, sta a dimostrare che in Sardegna si può ancora parlare di industria, naturalmente questo si può fare in maniera diversa dal passato e con strumenti differenti a livello locale. Per fare rinascere un sistema produttivo innovativo, capace di affrontare la sempre più aggressiva concorrenza internazionale, io credo che occorra rivedere tutta la strumentazione che abbiamo oggi, rendendola più snella, vicino alle esigenze delle imprese e dei territori, ed accompagnata con una moderna politica industriale, che deve basarsi in primo luogo sulla centralità del capitale umano, favorendo il completamento delle infrastrutture e garantendo la connessione alle reti globali, e semplificando l'apparato burocratico. In questo modo si può assicurare l'efficienza del sistema amministrativo, garantendo nel contempo lo sfruttamento del patrimonio tecnico-scientifico, raccolto presso l'Università e i centri di ricerca. E' all'interno di questo quadro che si muove la nuova legge di riforma dei consorzi. I nostri consorzi sono nati in un distinto periodo storico e all'interno dell'intervento straordinario, dove vi era un orientamento prevalente che si basava sull'industria di base, e successivamente sulla localizzazione di piccole e medie imprese. Bisogna dire che la cultura gestionale delle aree industriali veniva svolta con mentalità più di logica assistenziale, che non da una logica imprenditoriale, basata su un'offerta attenta alla concorrenza sul territorio. Per come erano strutturati i consorzi, sicuramente non potevano assolvere appieno ad un'impostazione che salvaguardasse in primo luogo il sistema industriale, perché sappiamo che i consorzi si sono occupati in questi anni di tante cose: sono diventati enti appaltanti dei lavori pubblici; hanno costituito società per la depurazione delle acque; si sono interessati di rifiuti e di un'altra serie di servizi, molte volte attuando prezzi fuori mercato che hanno, alla fine, indebolito le stesse imprese localizzate. Io non dico che abbiano operato tutti male, affermo però che oggi, con il crollo della grande industria, dove si sta tentando di salvare il salvabile, si pone con forza l'esigenza di rilanciare un progetto industriale più omogeneo, legato in modo particolare alla ricerca e anche ai saperi del territorio. La stessa Confindustria sarda ha più volte rimarcato che l'attuale sistema non era più in grado, nel suo complesso, fatte alcune limitatissime eccezioni, di rispondere a questa necessità, anzi costituiva un vincolo rilevante alla localizzazione e al soddisfacimento delle esigenze dei settori più dinamici della nostra realtà economica. Vi era quindi la necessità di giungere ad una riforma reale del sistema delle aree industriali, la cui gestione non era più in linea con il quadro economico e produttivo regionale e con gli obiettivi di crescita per raggiungere una condizione moderna delle aree, con servizi a costi competitivi rispetto a concorrenza nazionale ed internazionale. Si è discusso molto sul soggetto su cui puntare per la gestione delle aree industriali di carattere provinciale, di quelle aree cioè comprendenti grandi insediamenti produttivi nell'ambito dei quali si sono realizzate nel tempo, e permangono, le iniziative industriali di maggior complessità, riguardanti l'industria di base, in modo particolare la chimica, l'alluminio, dove si stanno concretizzando, in particolare nei poli di Assemini, Porto Torres e Ottana, alcuni progetti industriali di particolare importanza strategica per il consolidamento dell'esistente, per garantire a questi impianti una continuità per almeno dieci, quindici anni. Alcuni progetti industriali, in particolare… analogo rilievo assume anche il consorzio per il nucleo di industrializzazione del Sulcis-Iglesiente in quanto in esso sono allocate le grandi industrie di base operanti, in Sardegna, nel campo minerario e metallurgico. Questo disegno di legge si è mosso all'interno delle scelte fatte dalla legge finanziaria di quest'anno, dove abbiamo già definito un pezzo importante di questa riforma che ha riguardato i consorzi di carattere comunale.
La scelta che lì abbiamo fatto, di riaffidare ai comuni, dove ricadevano quei consorzi, la gestione di quelle aree, viene riconfermata anche in questo disegno di legge, infatti, è dall'attribuzione di un ruolo centrale ai comuni e alle province che si è individuato lo strumento di gestione in grado di garantire questa prerogativa. Il riferimento legislativo è stato individuato nell'articolo 31 del decreto di legge numero 267 che dà ai comuni, per la gestione dei servizi condivisi, la possibilità di formare un consorzio tra enti locali secondo lo schema delle aziende speciali. I consorzi diventano enti pubblici e non economici. D'altronde, i processi di riforma della Pubblica Amministrazione, attualmente in atto, assegnano agli enti locali maggiori opportunità per la progettazione, la gestione e la valutazione di interventi di sviluppo determinando il coinvolgimento di tali soggetti nel più ampio disegno di programmazione regionale. Tali processi rendono pertanto fondamentale il riordino delle funzioni, in materia di aree industriali, e il passaggio ad un nuovo assetto istituzionale incentrato sugli enti locali in linea con il nuovo importante ruolo riconosciuto dall'attuale ordinamento. L'obiettivo di tale nuovo assetto è quello di migliorare la qualificazione territoriale e, conseguentemente, lo sviluppo industriale. Integrando la gestione delle aree con gli interventi più specificatamente rivolti alla promozione del territorio, allo sviluppo di leve di marketing, così come da altre azioni volte ad accrescere qualità e competitività dei sistemi locali. Si punta quindi, con questa legge, ad innalzare la qualità dell'offerta di aree per insediamenti produttivi, attraverso l'attenta valutazione delle tipologie di imprese insediabili, in funzione sia della compatibilità urbanistica ed ambientale, che dall'esistenza di sinergie fra le imprese insediate in ciascun'area produttiva. Assicurando in questo modo la maggior integrazione e sviluppo di servizi specializzati all'interno delle stesse aree. E' chiaro che vada perseguito ulteriormente il raggiungimento dei requisiti minimi di qualità funzionale delle aree, il miglioramento delle condizioni di accessibilità e dell'infrastrutturazione, nonché dell'immagine complessiva degli insediamenti industriali anche in termini di qualità architettonica.
Per riaffermare il ruolo unitario degli enti locali del territorio si lascia la possibilità, anche ai comuni che hanno visto la cancellazione dei consorzi comunali, di poter aderire, se lo ritenessero opportuno, al consorzio di carattere provinciale che viene definito all'interno di questo disegno di riforma. Gli organi dei consorzi si basano quindi sulla piena gestione degli enti locali. I consorzi, come abbiamo visto, non devono interessarsi semplicemente della vendita e infrastrutturazione delle aree attrezzate, ma devono anche fare promozione nel territorio, per cercare di spingersi verso modelli insediativi che sono l'espressione di una realtà economica in movimento. Dove i confini tra industria e terziario sono sempre più labili ed evanescenti, queste funzioni andranno esercitate in coerenza con la programmazione regionale, nel rispetto degli strumenti di programmazione economica e di politica industriale provinciale. Alla Regione resta il ruolo primario di traghettare i consorzi verso una nuova gestione, garantendo il risanamento, le dismissioni delle attività non più dovute e la collocazione del personale.
In questo senso è stato importante trovare un punto di vista comune rispetto al passaggio fra vecchio e nuovo. Il soggetto, il nuovo soggetto, non dovrà giustamente interessarsi di cessioni, di attività che i consorzi, in base anche legge, non possono più gestire. Mi riferisco in primo luogo alla depurazione delle acque, e al trattamento dei rifiuti, ma anche a tutti quei servizi, per esempio la gestione dei parchi-serbatoi, e tante attività che i consorzi hanno controllato e guidato fino ad oggi. Alla Regione spetterà anche la programmazione e la pianificazione delle politiche industriali in Sardegna, da condividere con gli enti locali, al fine di accrescere la competitività dell'azienda Sardegna nel suo complesso. Questo le dà la possibilità di stabilire un raccordo virtuoso con i territori attraverso uno strumento che può essere rappresentato, una volta che decolla l'"Agenzia regionale Sardegna promozione" - oppure direttamente dalla SFIRS - che potrebbe diventare il braccio operativo in grado di sovraintendere alle scelte di politica industriale a livello regionale. Alla Regione spetterà anche il compito di attrarre nuovi investimenti esterni alla Sardegna, in particolare nei settori più dinamici dell'economia e il coordinamento di nuovi consorzi e delle aree industriali. Il consorzio, dovrà altresì tener conto, nelle iniziative di sostegno alle imprese, degli indirizzi di politica industriale votati dalla Regione. Alla Regione, quindi, spetterà anche il compito, al fine di accrescere la competitività della Sardegna, di assicurare l'efficienza amministrativa e tutti quei servizi di assistenza tecnica e di supporto alle procedure burocratiche connesse alla realizzazione dei programmi di investimenti. Io credo che con questa riforma, e all'interno di questo scenario, si possa realmente partire per parlare di industria nella nostra Isola.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Diana. Ne ha facoltà.
DIANA (A.N.). Inconsapevolmente l'onorevole Floris ha operato una critica feroce nei confronti di questa Giunta regionale, forse non si è reso conto di tutti i problemi che ha sollevato così da farmi pensare che, non sia solo l'Assessore all'agricoltura che vive un dramma personale, ma probabilmente mi fa molta tenerezza anche l'assessore Rau, perché, insomma, toccare l'argomento industria, onorevole Floris, in questo momento in Sardegna è come evocare il diavolo! Per cui, non segue il suo filone, mi sarebbe fin troppo facile andare ad analizzare quali sono le colpevolezze e le manchevolezze di questa Giunta regionale. Non uno dei grandi problemi dell'industria sarda è stato affrontato e risolto, per cui stendiamo un velo pietoso su questo argomento e parliamo di quella che invece è la convinzione del presidente Soru.
Io stento a credere che ci sia, da parte della maggioranza, la volontà di presentare un emendamento che in qualche modo sostituisca integralmente questo testo di legge, perché, se così fosse, sarebbe veramente un fatto gravissimo. Perché, come altri colleghi hanno detto in quest'Aula, per molti mesi e per molte sedute ci siamo riuniti, e io, pur essendo non un facente parte di quella Commissione ma sostituendo, quando è stato necessario, il mio Capogruppo, ho partecipato attivamente e mi sono reso conto delle contrapposizioni e contraddizioni che esistevano all'interno della maggioranza, e quante sedute sono servite per arrivare alla fine a esitare un testo che, comunque lo si voglia giudicare, è un testo che è all'attenzione di quest'Aula. Cioè, ci siamo riappropriati di quella potestà nostra di decidere noi, con una legge e non di accettare supinamente quello che era il disegno strategico del presidente Soru di commissariare e, comunque, di arrivare noi non in tempo utile così da favorire il disposto della finanziaria regionale, che prevederebbe la nomina dei commissari, qualora questo Consiglio, e quindi ce ne dobbiamo assumere tutti la responsabilità eventuale, qualora questo Consiglio non si adoperi e non esiti un testo di legge. Questo testo di legge, che certamente nasce in maniera difforme da quanto aveva pensato il presidente Soru, è un testo di legge che certamente si riappropria di quelle che sono le prerogative del Consiglio regionale, che è portato alla nostra attenzione, e che ovviamente potrà essere anche modificato, perché lo abbiamo esitato anche con questo spirito. Non c'era da parte dei commissari della Commissione industria la certezza che sarebbe stato un testo non emendabile, certamente è emendabile, sono alcuni principi che noi non condividiamo rispetto alla posizione, che ancora non conosciamo, della Giunta e del suo Presidente, e questo ci preoccupa tanto. Il presidente Soru vuole appropriarsi delle aree industriali e non per fare le cose che ha detto l'onorevole Floris, assolutamente no, e che si voglia appropriare delle aree industriali è scritto in altre leggi che noi abbiamo esitato in quest'Aula, col vostro voto favorevole ovviamente non col mio. Per esempio, aver preferito e dislocato tutti gli interventi sulle nuove fonti energetiche nelle zone industriali è già un segnale. Non è un segnale da nulla, ma guarda caso è stato fatto nel momento in cui il presidente Soru aveva quasi la certezza di poter commissionare i consorzi, cosa che non gli è riuscita. Adesso noi siamo qua, stritolati quasi, tra le convinzioni nostre e credo anche le convenzioni dei benpensanti del centrosinistra, immagino molti, e la posizione del presidente Soru e della sua Giunta. Io non lo so se l'assessore Rau sarà in grado di tenere fronte a queste due posizioni, che per molti versi potrebbero anche coincidere, forse moltissimi versi potrebbero coincidere, l'importante è che rimanga fermo il principio che il Presidente della Regione non può permettersi di commissariare i consorzi industriali. Vedo dal cenno della testa dall'assessore Rau, che questo non è nelle intenzioni del Presidente, ne siamo tutti ben felici. E' un'ammissione, magari tarda, ma comunque gradita. Perché noi riteniamo che i consorzi industriali debbano mantenere la loro vita, e perché riteniamo che il presidente Soru non possa svilire il ruolo dei consiglieri regionali una volta con il partito dei consorzi industriali, e una volta scagliandosi contro i direttori generali dei consorzi - perché anche questa è l'altra bella notizia - chiedendo e assumendo tutte le informazioni necessarie per sapere quanto prendono e quanto non prendono. L'abbiamo fatto tante volte noi di chiedere quanto prende il direttore generale della Presidenza della Giunta, non siamo riusciti ad avere notizia sotto questo punto di vista, noi consiglieri regionali. Eppure viva Dio lo abbiamo chiesto con forza e con forza lo chiediamo ancora, aspettando che il presidente Soru ci dia qualche notizia. Ma per quale motivo si devono mettere sotto accusa i direttori generali e i loro consigli di amministrazione, quando in molti casi bene hanno operato, l'ha detto qualcuno di noi, che mi ha preceduto, ci sono dei consorzi che hanno maturato oggi esperienza, capacità, certo magari non dovevano mandare in appalto lavori, onorevole Floris, non l'ho stabilito mica io, è una cosa che ci trasciniamo, ce la siamo trascinata per moltissimi anni e ha ingrassato una parte della politica regionale, in altri tempi, immagino. Non è più necessario questo, benissimo non si dovranno occupare di depurazione, non si dovranno occupare di acqua, si dovranno occupare di che cosa? Con una Regione assente che non favorisce neanche il processo di industrializzazione di quelle aree, perché non viene favorito, e ne abbiamo dimostrazione quotidiana, soprattutto lei nella zona di Ottana. Anche i guai di stamattina, di ieri, i problemi energetici che si stanno, in questi giorni proprio, si stanno creando dei problemi gravissimi con la chiusura di numerose aziende. Beh, ma di che cosa vogliamo parlare? Quella è una zona industriale, non stiamo parlando mica di altro. E qual è l'intervento forte che la Giunta regionale ha messo in campo per favorire un processo che dovesse in qualche maniera azzerare ciò che è successo negli anni '60 e '70, quando abbiamo spogliato le campagne e li abbiamo illusi di poterli far diventare metalmeccanici, dipendenti delle industrie, abbiamo visto che cos'è successo nel nuorese. Certo, una cosa certa è successa, che il sindacato più intransigente e la sinistra opera esclusivamente, o quasi, nella Provincia di Nuoro. Ancora questa popolazione non ha capito quali sono i guai che derivano dall'industria nella piana di Ottana, abbiamo svilito la piana di Ottana che non meritava certamente una fine di questo genere. Non siamo mai andati a vedere i problemi ambientali che nascono in quella piana, non siamo mai andati a verificare se i terreni circostanti della piana di Ottana vorranno o non vorranno bonificati, io credo di sì, che debbano essere bonificati. Nessuno si è mai andato a vedere che cosa c'è nel fondo del Lago Omodeo, nessuno l'ha mai visto, nessuno l'ha mai fatto. Eppure, la grande attenzione del presidente Soru avrebbe imposto immediatamente che si andasse a verificare che cosa è stato scaricato in quaranta anni nel Lago Omodeo. Nessuno fa ragionamenti di questo genere, ciò che serve e che interessa è che i consorzi industriali vengano smantellati, noi non siamo d'accordo. Non siamo d'accordo per le motivazioni che molto brillantemente la collega Lombardo c'ha dato stamattina, non siamo assolutamente d'accordo. Si deve discutere se devono essere enti pubblici o enti pubblici economici, poi sento parlare di aziende miste da parte del collega Floris. Parliamo anche di questo, con tutto quello che sta venendo fuori con le aziende miste tra l'altro, o con le aziende speciali, peggio ancora. Ecco il carico di lavoro che vogliamo dare alle amministrazioni locali. Beh, non siete riusciti a soddisfare, o meglio le avete assolutamente irretite, tutte le Amministrazioni comunali della Sardegna, perché a fronte del trasferimento di competenze non siete stati in grado di dare le risorse necessarie perché queste competenze vengano tenute in considerazione e, quindi, ottengano dei risultati. Io dico che, e spero vivamente che noi possiamo esitare questo testo di legge senza grandi contrapposizioni, in Commissione si è cercato di fare questo e l'abbiamo fatto con la massima serenità, abbiano partecipato a che ci fosse il numero legale per far uscire dalla Commissione questa legge. Beh, insomma forse stamattina, prima di iniziare anche la discussione, sarebbe irrituale certamente, ma dopo la relazione del collega Giagu forse sarebbe stato necessario capire dalla Giunta quali sono le vere intenzioni, o se c'è qualcuno di voi che le intenzioni ce le ha ben scritte e ha già preparato degli emendamenti, forse sarebbe il caso prima ancora, Presidente, di andare ad uno scontro sugli emendamenti, non sarebbe male se ci fosse un ritorno in Commissione e esaminassimo almeno quegli emendamenti che voi ritenete fondamentali per arrivare alla conclusione di questo dibattito e all'esitazione di questa legge. Non lo so se questo sarà possibile, però credo che sia necessario, se, come tutti quanti avete detto e abbiamo detto, questa legge deve nascere in questo Consiglio regionale e deve avere il massimo concorso da parte di tutti. Ha detto bene l'onorevole Franco Ignazio Cuccu che questa è l'ultima, o forse la penultima, delle occasioni per esitare una legge prima che termini la legislatura, a parte la legge finanziaria e puoi si è parlato della legge urbanistica, ma anche la legge urbanistica è parcheggiata in Commissione e ancora dobbiamo vedere quando ne uscirà e se ne uscirà. Beh, non mi pare che ci siano molte altre cose da fare. E così abbiamo completato il quadro, o meglio avete completato il quadro di tutte le riforme possibili, e impossibili soprattutto, che ci hanno buttato in una situazione di grande disagio; stiamo ingrossando gli avvocati, stiamo ingrassano tutti quei contenziosi che esistono quotidianamente e il Tar è oberato di lavoro. Perché i ricorsi al Tar sono aumentati a dismisura, proprio per le modifiche che voi avevate fatto, smantellando enti e agenzie. Legittimo, era anche giusto, ma quante volte vi abbiamo detto: facciamole assieme, cerchiamo di far capire quali sono i pregi e i difetti delle modifiche che volevate fare. No, è caduta la tegola anche dell'Ersat, anche quella è arrivata, magari ne arriveranno tantissime con i consorzi industriali, perché è normale, e anche questo qualcuno l'ha già detto, i consorzi industriali hanno creato un patrimonio straordinario e importantissimo che non può essere vanificato in questo modo. E i soggetti privati che ne fanno parte come devono essere azzerati? Li dobbiamo mandare via? Sì, Assessore, li mandi via, con un colpo di spugna!
Il problema è che mi pare che il Presidente della Regione stia ponenedo la fiducia su questo fatto qua, e questa è la cosa che mi preoccupa di più. Certo, non è scritta, la fiducia non si può porre in termini formali come accade nel Governo, però può accadere in un altro modo, in modo surrettizio, in modo nascosto, in modo che tutto sommato si arrivi al termine della legislatura e, con buona pace di chi c'è e di chi non c'è, si vada avanti. Beh, non è questo il modo di fare, non può essere assolutamente questo il modo di fare!
E allora, l'invito è quello di dialogare con l'opposizione sulla questione dei consorzi, perché non ci sono posizioni totalmente differenti tra noi e i colleghi del centrosinistra; almeno per quello che è stato riferito personalmente, quando si parla, quando si discute, mi pare di capire che ci sia la possibilità che arriviamo ad esitare questo testo in maniera abbastanza concordata tra tutti. Se c'è questa volontà… ma purtroppo stamattina il primo che ha parlato del centrosinistra è stato l'onorevole Floris che ha fatto certamente un quadro deleterio della situazione industriale della Sardegna - ed è stato bravissimo, abilissimo, gli deriva questa sua preparazione dal fatto di avere un percorso da sindacalista importante, per cui ha potuto sviscerare tutti i drammi della industria sarda -, non c'è dubbio, ma qui stiamo parlando di un'altra cosa. Nessuno dei colleghi del centrosinistra ha ancora preso la parola per dirci, per mandare segnali, per farci capire "vogliamo fare questo, non siamo asserviti solo al presidente Soru, stiamo facendo gli interessi della regione sarda". Ecco, se ci fosse un ragionamento di questo genere - e ancora non l'ho sentito ma mi auguro che ci sia - allora possiamo anche riprendere un certo dialogo e, secondo me, ci sono tutte le condizioni perché questa legge, migliorata, certamente, mantenendo alcuni punti fermi che per noi sono irrinunciabili, io credo che si possa assolutamente esitare una buona legge e andare tutti quanti quindici giorni in vacanza e probabilmente senza creare tutte le frizioni politiche, perché già ce ne sono abbastanza a livello nazionale, internazionale e regionale per cui forse sarebbe anche meglio che tutti quanti ci dessimo una regolata. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Diana. E' iscritto a parlare il consigliere Mattana. Ne ha facoltà.
L'intervento dell'onorevole Mattana sarà l'ultimo della mattinata.
MATTANA (P.D.). Grazie, signor Presidente. Signor Assessore, colleghe e colleghi, dopo una lunga discussione nella Commissione competente e un ancor più lungo dibattito nell'opinione pubblica, giunge in Aula - forse anche un po' in ritardo - questo testo di legge sul riordino delle funzioni in materia dei consorzi industriali. Una questione senza dubbio importante, una riforma che riguarda un settore strategico dell'economia sarda, il settore industriale, che - è stato ricordato - soffre di una crisi strutturale, non congiunturale, che sicuramente risente di dinamiche non solo nazionali ma internazionali sulle quali io non voglio tornare. Sicuramente una questione forse troppo enfatizzata e caricata anche di troppi significati - che di certo non sono tutti collegati alla situazione del comparto industriale -, questa del riordino dei consorzi industriali è un'esigenza presente da anni nella nostra regione, al di là degli schieramenti. Intanto in ordine al numero dei consorzi industriali, che sono proliferati da cinque a sedici, e poi anche in particolare per un'esigenza di revisione delle funzioni, del ruolo dei consorzi industriali e dell'adeguamento anche alla normativa che è attualmente vigente.
I consorzi industriali, lo ricordiamo, hanno una configurazione normativa che corrisponde ancora a quella che è l'identità che gli era stata data dal legislatore nazionale con le leggi straordinarie per il Mezzogiorno, disciplinandone l'istituzione e la funzione, e questi enti sorsero infatti avendo forma consortile tra Comuni, Province, Camere di commercio e altri soggetti interessati che negli anni poi sono divenuti prevalenti anche rispetto alla stessa partecipazione degli enti locali, con la funzione di realizzare e gestire opere, e più generale ogni forma di servizio, connesse alle aree industriali. A queste competenze poi il legislatore ne ha aggiunto altre, in particolare conferendo dei poteri specifici in materia di pianificazione urbanistica, poteri espropriativi che hanno definito - com'è stato ricordato - anche la connotazione pubblicistica dei consorzi industriali, che sono stati poi definiti esattamente da una legge del 1991, la numero 317, enti pubblici economici, con una vocazione alla prestazione di servizi. Sono state poi successivamente emanate altre leggi, altri provvedimenti, che hanno limitato la funzione regionale al controllo dei piani economici e finanziari. Cosa ha fatto la Regione sarda in questa materia? La Regione sarda ha prestato negli anni una attenzione, io direi limitata, ad alcuni settori specifici, quelli degli interventi per le zone industriali e quelli, in particolare, per l'affidamento di opere ai consorzi (la progettazione, l'appalto e la realizzazione di opere, anche grandi opere, infrastrutturali) sulla base di un programma redatto dagli stessi consorzi e approvato dall'Ammirazione regionale. Prevedendo infine una unicità di regolamentazione, con uno statuto uniforme sulla base di uno schema tipo approvato dalla Giunta regionale del 1997. Quindi, alle originarie funzioni assegnate ai consorzi, che erano quelle di infrastrutturazione di aree industriale e dei servizi che sono connessi alla industrializzazione, sono state aggiunte poi ulteriori funzioni, come quelle in materia di igiene ambientale nella gestione degli impianti di incenerimento e di termovalorizzazione, e in materia di depurazione; in questo caso, quindi, con una gestione dei servizi non solo a favore delle imprese ma anche a favore di Comuni ed enti locali. Io direi che in questo caso i Consorzi industriali hanno supplito delle carenze degli enti locali e della stessa Regione sarda; quindi, io credo che non abbiano svolto funzioni negative ma hanno svolto funzioni anche positive, in questo senso.
Negli anni, rispetto all'originaria funzione, sono divenute prevalenti altre funzioni, che sono quelle ricordate, con degli aspetti critici anche, che io voglio rilevare, nel rapporto con gli enti locali in particolare - non lo faccio da oggi e non credo che sia onesto farlo da oggi - che riguarda il ruolo che è stato assegnato agli enti locali nei consorzi industriali (in particolare a quegli enti nei cui territori insistono le aree industriali e gli agglomerati industriali), la loro rappresentatività negli organi dei consorzi che è sempre stata marginale, io direi assolutamente inadeguata. Così come in materia urbanistica, con le funzioni assegnate ai Consorzi di pianificazione sovraordinata rispetto agli enti locali, che molte volte hanno subito o dovuto accettare scelte che hanno segnato il destino del loro territorio e lo sviluppo del loro territorio. Ci sono stati anche altri fenomeni che hanno un'accezione negativa, come quello delle società controllate e partecipate, con una difficoltà di controllo istituzionale.
Questi e altri motivi, non da oggi, motivano l'esigenza di riordino dei consorzi industriali, di revisione delle funzioni e di adeguamento ad una realtà di tipo sociale ed economico diverso e ad una normativa che negli anni è mutata. A queste esigenze si è proposto di dare risposta con il testo unificato della sesta Commissione, che ha fatto uno sforzo per cercare di coniugare anche le diverse proposte con una lunga discussione, con un confronto tra posizioni diverse, e con anche l'ascolto, l'audizione dei soggetti interessati per sentire qual è, quali erano le diverse opinioni in materia, con una posizione che è stata unanimemente condivisa, quella che era necessario trasferire funzioni e competenze agli enti locali. Con una convergenza direi ampia in Commissione e fuori dalla Commissione. Questo è quello che, tenuto conto della competenza legislativa della Regione in materia di industria, è stato fatto con un primo intervento di riordino con la legge finanziaria, che ha sostanzialmente recepito i primi due articoli del testo della Commissione, con il trasferimento delle funzioni amministrative ai comuni, tenuto conto anche della coincidenza di funzioni, attuando i principi di sussidiarietà ed adeguatezza in particolare, e con la soppressione dei consorzi industriali di dimensione comunale. Per le aree industriali invece a dimensione provinciale la stessa finanziaria ha demandato al Consiglio regionale all'approvazione di una specifica legge di riordino, e il testo in discussione si propone di operare in modo anche più organico e più generale la materia della gestione delle aree industriali, con riferimento ai soggetti competenti, alle funzioni spettanti, al soggetto giuridico che dovrà gestire le aree industriali e anche alla forma giuridica di questo nuovo soggetto gestore di aree industriali. Poi vi è una parte che riguarda la fase della transizione, le eventuali procedure di liquidazione, e la partita molto delicata che è quella del personale.
Certo è un testo suscettibile di miglioramenti, di integrazioni, è stato detto, e quindi credo che la discussione in Consiglio dovrà dare un contributo importante in questa direzione, ma credo che sia una buona base di lavoro, e credo che sia da riconoscere il lavoro fatto in Commissione, l'impegno dei commissari di maggioranza, ma anche il contributo dei commissari di opposizione, che hanno consentito anche che si potesse esitare questo testo di legge. E l'aspetto più importante, quindi, più rilevante è il ruolo centrale assunto degli enti locali in particolare dai comuni in cui insistono le aree industriali, che hanno avuto un ruolo marginale, sino ad oggi, ai quali va restituito un ruolo che spetta per legge con la modifica anche del Titolo V della Costituzione, e quindi credo che, rispetto anche alle opinioni e alle proposte in campo, che ci sia anche una forma giuridica che può meglio rispondere a quella esigenza, che è quella prevista dalla legislazione con riferimento agli enti locali, quella della gestione in forma associata di servizi di funzioni, con il ruolo naturalmente prevalente degli enti locali, dei comuni su cui insistono le aree industriali in primo luogo, della provincia per le funzioni di pianificazione e programmazione, che le sono conferite per legge, e per la valenza provinciale che hanno queste aree di sviluppo industriale, come a me piace definirle e anche con la discussione sui soggetti che sono interessati alla gestione di aree industriali, e che operano nelle aree industriali.
A questi nuovi soggetti pubblici dovrà essere quindi affidata la gestione in forma associata delle aree industriali con le funzioni amministrative, quelle che sono previste anche nella finanziaria regionale, che ricalcano quelle anche previste negli articoli di legge esitati dalla Commissione, e con le altre funzioni previste per legge che tendono a favorire lo sviluppo delle imprese. Naturalmente questo in coerenza con la programmazione regionale e in collaborazione con i soggetti che operano nella politica industriale.
In materia di politica industriale un limite che c'è stato dei consorzi è quello della promozione e della attrazione di imprese, questo è quello che abbiamo detto, i consorzi non possono svolgere funzioni di politica industriale, ci vuole una visione più ampia di carattere regionale, forse anche in un ambito nazionale ed internazionale, però, io credo, che anche il nuovo soggetto che si occupa di promozione industriale sconti delle difficoltà, forse gli abbiamo attribuito troppe competenze, che appesantiscono l'azione e rallentano poi anche la funzione che dovrebbe svolgere. Altre funzioni devono essere adeguate al quadro normativo attuale, in particolare con riferimento al decreto legislativo numero 152 del 2006 in materia di depurazione, in materia di rifiuti, e la Regione sarda mentre ha regolamentato la materia per il sistema idrico non ancora disciplinato la parte che riguardano gli impianti di gestione dei rifiuti, in attuazione della normativa nazionale, e credo che fino all'emanazione di una normativa adeguata questa funzione vada assegnata ai nuovi consorzi industriali e quindi che non ci debba essere un'interruzione dei servizi in questa materia.
Si è poi previsto anche uno snellimento degli organi dei nuovi consorzi, privilegiando la presenza di coloro che hanno rappresentanza politica elettiva nel territorio, cioè sindaci, Presidenti di Provincia, anche avendo attenzione all'aspetto dei compensi e dell'indennità, senza però enfatizzare questa materia perché credo che non bisogna neanche eccedere nei toni di carattere moralistico, ma sapendo che tutta la materia è stata ridimensionata e che trattandosi di amministratori pubblici non sono naturalmente compensi cumulabili. Quindi si tratta non solo di un riordino della materia, di una riduzione del numero dei consorzi industriali, io credo che si tratti di una vera riforma e quindi che segna anche una discontinuità rispetto al precedente sistema, che va superato però senza demonizzare tutto quanto è stato; anche perché se dovessimo individuare delle responsabilità, forse non è questa l'occasione per farlo, e però molte delle responsabilità sono della Regione sarda, ai cui limiti ad esempio quello dei rifiuti hanno sopperito i consorzi industriali per delega della stessa Regione sarda. Quindi credo che la discussione vada affrontata con onestà intellettuale e senza ipocrisie, tenuto conto che l'asse del potere dei consorzi industriali negli anni non è stato di certo esercitato dagli enti locali.
Quindi un segno di discontinuità che è evidenziato dalla necessità di procedere alla liquidazione di alcune partite senza che vi sia alcun commissariamento, lo dico per il collega Diana che lo richiamava prima. Io credo che i nuovi soggetti, i nuovi consorzi industriali debbano essere operativi immediatamente, non ci debba essere un'interruzione delle funzioni, debbano essere garantiti i servizi, e poi si proceda alla liquidazione di quelle partite che non sono più funzionali alla gestione delle nuove competenze trasferite, sia con riferimento ai beni che non hanno finalità pubblica, sia con riferimento alle quote dei soggetti pubblici e privati che non fanno, faranno più parte dei nuovi consorzi. Quindi questo, insomma, concludendo, è, diciamo, il quadro di cui il Consiglio deve discutere cercando di favorire una discussione che coinvolga tutte le parti del Consiglio senza contrapposizioni, avendo anche posizioni diverse, così come è avvenuto in Commissione, riservando una particolare attenzione al personale, il cui destino non può essere incerto o legato a procedure liquidative o altro. Noi dobbiamo salvaguardare le posizioni lavorative nel rispetto della normativa di legge, quindi in tanto dell'articolo 2112 e fare sì che, come per le altre riforme, le riforme si fanno senza lasciare per strada nessuno.
Quindi io credo che la discussione vada affrontata in questo modo, liberandosi dai pregiudizi, dagli eccessi di moralismo e senza difendere posizioni precostituite, ma confrontandosi sulle posizioni e sulle proposte, cercando di definire l'obiettivo di una gestione più moderna e dinamica delle aree industriali che restituisca il ruolo che compete, in attuazione del principio di sussidiarietà agli enti locali, cui spetta il governo del territorio e di operare politiche industriali che possano favorire veramente il sostegno e lo sviluppo dell'impresa nella nostra regione.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mattana. Quello dell'onorevole Mattana era l'ultimo intervento della mattinata. La seduta del Consiglio è aggiornata a stasera, nel senso che è convocato per stasera alle ore 16 e 30. Il primo intervento previsto è quello dell'onorevole Moro. La seduta è tolta.
La seduta è tolta alle ore 13 e 26.
Allegati seduta
Testo delle interrogazioni annunziate in apertura di seduta
Interrogazione Cassano, con richiesta di risposta scritta, sulla chiusura del centro zonale ERSAT ubicato presso il Comune di Ossi.
Il sottoscritto,
premesso che qualche anno fa la Giunta regionale di centro destra, per dare un sostegno al territorio, ha individuato nel Comune di Ossi un centro zonale dell'ERSAT;
considerato che, con l'introduzione della riforma degli enti agricoli, l'attuale Governo regionale avrebbe dato indicazioni di una riduzione delle sedi territoriali dell'ex ERSAT privando, quindi, i territori di sportelli di rappresentanza e di assistenza al mondo agricolo;
venuto a conoscenza che la Giunta regionale, in attuazione della legge regionale n. 13 del 2006, intenderebbe chiudere la sede zonale di Ossi, nonostante gli impegni assunti nei mesi scorsi dal direttore generale dell'Agenzia LAORE che, in una pubblica assemblea di fronte agli amministratori locali, aveva dichiarato che tale sede non sarebbe stata chiusa;
preso atto che, ancora una volta, siamo in presenza di un provvedimento punitivo nei confronti di una comunità che ha come unico torto quello di aver premiato immeritatamente alle ultime elezioni regionali, amministrative e politiche il centro sinistra;
rilevato che la chiusura del centro di Ossi farebbe di fatto venir meno l'assistenza tecnica ai numerosi imprenditori agricoli, agli allevatori ed ai pastori nonché ai viticoltori e agli olivicoltori dell'intero territorio;
constatato che questi risultati sono il frutto delle scelte e delle decisioni sbagliate di questa maggioranza di centro sinistra nonché del Presidente della Regione, Soru,
chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale per sapere:
1) se abbiano valutato attentamente i danni che produrrebbe la chiusura dell'ufficio zonale dell'ERSAT di Ossi;
2) quali iniziative intendano assumere per evitare che ciò accada;
3) se non ritengano infine, dopo le opportune valutazioni, di dover sospendere il provvedimento e confrontarsi con le amministrazioni del territorio così come segnalato dalla Commissione agricoltura del Consiglio regionale, di cui il sottoscritto fa parte. (1291)
Interrogazione Lombardo, con richiesta di risposta scritta, sugli interventi per risolvere la grave crisi idrica del Sulcis-Iglesiente e sulla richiesta dello stato di calamità naturale a seguito della perdurante siccità.
La sottoscritta,
premesso che:
dal 1° luglio 2007 è cessato il compito del Commissario governativo delegato per l'emergenza idrica in Sardegna ed è avvenuto il passaggio alla gestione ordinaria da parte dell'Amministrazione regionale: il Governo nazionale ha, infatti, trasferito alla struttura dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici la competenza gestionale delle opere e degli interventi del settore;
nel 2006 è stato istituito dal Presidente della Regione il nuovo sistema di monitoraggio della siccità in tempo reale;
il 2 aprile 2008 si è riunito il tavolo tecnico (composto da Abbanoa, Enas, Consorzio di bonifica del Basso Sulcis e Consorzio industriale del Sulcis-Iglesiente) presieduto dall'Assessore regionale dei lavori pubblici e sono stati messi a punto alcuni provvedimenti d'urgenza: recupero dei reflui dell'impianto di depurazione di San Giovanni Suergiu, riassetto funzionale del collegamento tra la miniera di Seruci e l'area industriale, riattivazione del collegamento con il Rio Flumentepido e razionalizzazione dei prelievi per l'utilizzo delle risorse sotterranee;
con decreto n. 50 del 10 giugno 2008, l'Assessore regionale dei lavori pubblici ha disposto il trasferimento di 200 litri al secondo tra la diga di Medau Zirimilis (Siliqua) e la diga di Punta Gennarta (potendo essere la prima rifornita dalla rete del Flumendosa che dispone di ingenti risorse idriche);
considerato che:
le dighe dell'alto Cixerri e del Basso Sulcis risultano in questo momento le più in sofferenza;
il bilancio idrico predisposto dal Servizio infrastrutture e risorse idriche e dall'Enas evidenzia negli invasi di Punta Gennarta e di Medau Zirimilis una disponibilità di risorse, sino al 31 dicembre 2008, pari a 1,5 milioni di metri cubi a fronte di un fabbisogno per il solo comparto irriguo di 8 milioni di metri cubi;
il corrente anno idrologico rappresenta, per le rarissime ed inconsistenti precipitazioni, uno dei più critici degli ultimi 80 anni; si è infatti accertata una caduta di appena 190 mm di pioggia, contro i 500 degli ultimi 2 anni;
si registra un calo del 40 per cento dell'apporto di acque agli invasi: l'evaporazione è più marcata quando piove meno;
il Sulcis-Iglesiente risente da tempo di irreparabili danni provocati da una perdurante e gravissima siccità che pregiudica le principali attività economiche, segnatamente l'agricoltura e l'allevamento, e determina disagi e tensioni sociali;
rilevato che:
il nuovo sistema di monitoraggio della siccità non ha prodotto i risultati trionfalmente annunciati dall'Assessore regionale dei lavori pubblici: "con questo sistema controlleremo i livelli di consumo e saremo in grado di evitare l'emergenza adottando dei correttivi che non creeranno disagi per i cittadini; insomma, niente più rubinetti a secco in futuro";
gli interventi sino ad ora solo annunciati non hanno consentito di superare e, tanto meno fronteggiare, la grave emergenza idrica;
i Consorzi di bonifica del Cixerri e del Basso Sulcis hanno sospeso l'erogazione dell'acqua nelle zone agricole;
gli invasi del Sulcis-Iglesiente sono caratterizzati da una debole connessione con i grandi laghi artificiali;
tenuto conto che:
la situazione su esposta sta portando al collasso definitivo il comparto primario dell'economia locale rappresentato dall'agricoltura e dall'allevamento, già in ginocchio per l'alto costo dei carburanti, delle sementi, dei concimi, dell'acqua di irrigazione e per altre calamità, senza contare poi il problema del pesante indebitamento aziendale;
per risolvere definitivamente il problema dell'approvvigionamento idrico del Sulcis-Iglesiente occorre realizzare i collegamenti previsti dal programma di interconnessioni di sistemi idrici del commissario governativo per l'emergenza idrica,
chiede di interrogare:
l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale per sapere se ritiene di assumere, senza indugio, le iniziative di sua competenza al fine di attivare la procedura per la sollecita ed auspicata dichiarazione dello stato di calamità naturale, in modo tale da assicurare le provvidenze economiche necessarie per fronteggiare la gravissima crisi provocata dalla perdurante siccità;
il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dei lavori pubblici per conoscere i motivi dei ritardi nell'attuazione del programma di interconnessioni sopra citato e quali provvedimenti urgenti intendano adottare per fronteggiare questo grave stato di crisi. (1292)
Interrogazione Rassu, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata attuazione del disposto dell'articolo 7, comma 9, della legge regionale n. 3 del 2008.
Il sottoscritto,
premesso che:
- agli articoli 30 e 31 della legge regionale n. 7 del 2005, veniva disposto che l'Istituto di incremento ippico della Sardegna, istituito come ente strumentale della Regione sarda dalla legge regionale n. 27 del 1969, confluisse nel neo istituto ERA Sardegna, insieme agli altri istituti di ricerca ;
- di seguito, la legge regionale n. 13 del 2006 disponeva, inspiegabilmente, che lo stesso Istituto, unico tra gli enti di ricerca, confuisse all'Agenzia LAORE (ex ERSAT) invece che nell'Agenzia AGRIS originata dall'ERA Sardegna, anche se di fatto l'ERA continua ad esercitarne le funzioni;
considerato che la legge regionale n. 3 del 2008, all'articolo 7, dispone che le funzioni dell'ex Istituto di incremento ippico vengano trasferite all'Agenzia AGRIS Sardegna, entro 60 giorni dalla pubblicazione della stessa legge, con tutti i rapporti giuridici attivi e passivi;
atteso che:
- il termine dei 60 giorni è abbondantemente scaduto dai primi del mese di maggio;
- a tutt'oggi ancora non appare si sia dato corso al trasferimento delle competenze inerenti l'Istituto di incremento ippico dall'Agenzia LAORE all'Agenzia AGRIS, in osservanza dell'articolo 7 della legge regionale n. 3 del 2008;
- la confusione e l'incertezza operativa venutesi a creare negli ultimi tre anni, hanno evidenziato la scarsa attenzione e la grave noncuranza con la quale la Giunta regionale ha guardato a questa importantissima struttura, causandone la scarsa operatività e, in certi casi, un vero e proprio stallo delle attività istituzionali danneggiando, non poco, il settore dell'allevamento del nostro cavallo e compromettendo sia l'immagine che la produttività dell'Istituto medesimo,
chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale affinché, in osservanza al disposto dell'articolo 7 della legge regionale n. 3 del 2008, dispongano l'immediato trasferimento delle competenze riguardanti l'Istituto di incremento ippico della Sardegna dall'Agenzia LAORE all'Agenzia AGRIS, rendendo operative le competenze dello stesso Istituto, indispensabile ed insostituibile strumento per la valorizzazione, ricerca, specificità e tutela del cavallo anglo arabo sardo e delle razze equine autoctone. (1293)
Interrogazione Diana - Cherchi Oscar, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di scongiurare la chiusura del Liceo classico e dell'Istituto professionale per l'agricoltura e l'ambiente di Bosa.
I sottoscritti,
premesso che, a causa del ridotto numero di domande di iscrizione finora presentate, il Dirigente scolastico regionale ha disposto, in ottemperanza alle linee guida impartite dal Governo nazionale, la chiusura della prima classe del Liceo classico e della prima classe a indirizzo agricolo dell'Istituto professionale per l'agricoltura e l'ambiente (IPAA) "G.A. Pischedda" di Bosa;
considerato che:
il Liceo classico di Bosa è in attività da circa un secolo e costituisce una realtà storicizzata, nella quale per decenni si sono formate le classi dirigenti della città e del territorio;
l'Istituto professionale per l'agricoltura e l'ambiente "G.A. Pischedda" è stato, nel 1892, la prima scuola agraria fondata in Sardegna e si contraddistingue per l'elevato livello di formazione dei suoi allievi, richiesti in tutta Italia dalle più importanti aziende del comparto agricolo;
verificato che l'orientamento della dirigenza scolastica regionale sembra essere quello di indirizzare gli studenti bosani che hanno presentato domanda di iscrizione nelle scuole di cui sopra ad iscriversi presso altri istituti scolastici della zona, come il Liceo classico di Macomer, o a scegliere un diverso indirizzo di studi;
valutato che la chiusura delle prime classi sembra preludere alla soppressione definitiva dei due istituti, dal momento che, stanti gli attuali criteri, il decremento demografico difficilmente consentirà la costituzione delle prime classi negli anni a venire e perciò si giungerà, in cinque anni al massimo, alla chiusura definitiva delle due scuole;
sottolineato che le scuole del Comune di Bosa fanno capo all'Ufficio scolastico provinciale di Nuoro per quanto attiene alla didattica, mentre per l'edilizia scolastica fanno capo alla Provincia di Oristano, situazione ai limiti del paradossale che comporta difficoltà operative e condizioni di incertezza per gli istituti;
preso atto che, nonostante le ripetute richieste rivoltegli, il Dirigente scolastico regionale non ha ancora accettato di incontrare l'amministrazione comunale di Bosa per un confronto sui problemi del sistema scolastico cittadino,
chiedono di interrogare l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport affinché riferisca quali misure:
la Giunta regionale intende adottare presso il Dirigente scolastico regionale al fine di scongiurare la chiusura delle prime classi del Liceo classico e dell'Istituto professionale per l'agricoltura e l'ambiente di Bosa;
intende adottare presso il Ministero della pubblica istruzione affinché le scuole del Comune di Bosa e, più in generale, della Planargia siano poste in capo all'Ufficio scolastico provinciale di Oristano. (1294)
Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sui ritardi nell'inizio dei lavori relativi alla realizzazione del Centro intermodale passeggeri in via XXV aprile a Sassari.
Il sottoscritto,
premesso che da diversi anni è stata prevista la realizzazione del Centro intermodale passeggeri nell'area di via XXV aprile (piazzale antistante il palazzo delle Poste) a Sassari, opera importante programmata da tempo e confermata negli atti di pianificazione della mobilità e trasporti a livello regionale e comunale;
ricordato che la copertura finanziaria (che ammontava a 28.780.000 euro) è stata assegnata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 28/26 del 16 giugno 2004 in attuazione del bando POR 2003-2006, e che l'intervento è stato a suo tempo affidato alla responsabilità dell'Azienda regionale sarda trasporti (ARST) al fine di procedere alla relativa gara d'appalto e all'aggiudicazione dei lavori;
considerata l'importanza che l'opera stessa riveste per l'attuazione di un programma della mobilità finalmente razionale ed efficiente in grado di soddisfare le legittime aspettative dei passeggeri della città di Sassari e dei comuni vicini;
ritenuto che sono trascorsi ormai quattro anni dalla delibera della precedente Giunta regionale e non si hanno notizie certe sui tempi previsti per la realizzazione dell'opera stessa,
chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dei trasporti per sapere se sono a conoscenza dei motivi del ritardo nell'inizio del lavori del Centro intermodale passeggeri in via XXV aprile a Sassari e per conoscere gli interventi urgenti finalizzati a sollecitare l'avvio della realizzazione dell'opera anche per evitare il rischio della perdita di ingenti finanziamenti a suo tempo destinati alla realizzazione dell'importante infrastruttura. (1295)