Statutaria, in Commissione speciale l’audizione dell’ex presidente della Regione Francesco Pigliaru
Cagliari, 16 ottobre 2025 – Forma di governo, qualità delle politiche pubbliche, il ruolo della Commissione paritetica Stato-Regione e norme di attuazione. Sono i punti principali dell’intervento dell’ex presidente della Regione Francesco Pigliaru, che è stato ascoltato dalla Commissione speciale per la riscrittura della legge statutaria della Sardegna, istituita dal Consiglio regionale nell’agosto 2025, e presieduta dal presidente del Consiglio Piero Comandini. L’obiettivo, ha spiegato il presidente, è aggiornare la forma di governo dell’Isola alla luce delle nuove disposizioni costituzionali, con una legge che nasca dal confronto tra maggioranza, opposizione e società civile. Secondo Pigliaru in Italia e in Sardegna si fa fatica a realizzare riforme strutturali, perché la polarizzazione politica e la frammentazione delle coalizioni rendono difficile trovare sintesi su temi complessi e divisivi. Secondo l’ex presidente, il sistema attuale garantisce stabilità, ma tende a rendere più difficile il confronto politico e l’attuazione di riforme divisive. Per questo motivo, Pigliaru ha proposto di valutare “un moderato abbassamento delle soglie di sbarramento”, in modo da consentire l’ingresso di un terzo polo, capace di essere un elemento di equilibrio e dialogo all’interno delle stesse coalizioni, senza compromettere però la governabilità. Tra le ipotesi proposte quella di passare dal 10% al 7% per i consiglieri, mentre per l’elezione del candidato presidente del terzo polo solo se la coalizione superasse il 10-12%. L’ex presidente si è poi concentrato sul tema della valutazione delle politiche pubbliche.
Secondo Pigliaru la Regione non è organizzata per imparare dall’esperienza, perché non sa con certezza quali leggi funzionano e quali no. Per l’ex presidente è necessario dotarsi di strumenti permanenti di analisi e verifica, come avviene in altri Paesi. Iniziativa che rafforzerebbe il ruolo di controllo da parte del Consiglio regionale sulle politiche proposte o messe in atto dalla Giunta, riequilibrando, così, i rapporti tra l’organo legislativo e l’organo esecutivo e migliorando le decisioni. Per quanto riguarda il funzionamento della Commissione paritetica Stato-Regione, l’ex presidente ha proposto una maggiore presenza politica nella sua composizione: la presenza del presidente della Regione e di un consigliere della minoranza darebbe più forza alla Sardegna nel confronto con lo Stato e consentirebbe di consolidare, attraverso le norme di attuazione, le conquiste di autonomia ottenute.
Il presidente Comandini ha ringraziato l’ex presidente Pigliaru per l’importante contributo dato alla Commissione. “Sono molto d’accordo sull’esigenza, di migliorare la qualità legislativa e di fare la verifica delle leggi”, ha affermato il presidente, sottolineando che bisogna affrontare il tema fondamentale legato alla governabilità, alla rappresentanza democratica all’interno delle Assemblee, ma anche il tema della rappresentanza dei singoli movimenti. Per il presidente la forza della politica deve essere quella di riportare al centro la rappresentanza dei valori, la rappresentanza di visioni e dei nostri cittadini.
Nel corso della seduta sono intervenuti i capigruppo di Fratelli d’Italia, Truzzu, dei Riformatori sardi, Umberto Ticca, di Sardegna al Centro 20Venti, Antonello Peru.
Riforme, l’ex presidente della Regione, Mauro Pili, e del Consiglio, Gianfranco Ganau, in audizione nella commissione speciale per la Statutaria e le norme di attuazione
I lavori della commissione speciale sulla legge statutaria e sulle norme di attuazione dello statuto speciale, presieduta dal presidente del Consiglio, Piero Comandini, sono proseguiti con l’audizione dell’ex presidente della Regione, Mauro Pili, eletto a suo tempo dal Consiglio regionale (non con l’elezione diretta) e che ha guidato la Giunta dal 25 ottobre 2001 al 25 agosto 2003. Mauro Pili, in apertura del suo intervento, ha fatto riferimento ad una vera e propria situazione di emergenza, riferita al rapporto dello Stato e della stessa Regione rispetto all’autonomia sarda che – a giudizio del presidente – va rafforzata attraverso l’attuazione del principio, costituzionalmente sancito, del riconoscimento della condizione di insularità. «E’ questo il principio – ha affermato Pili – su cui fondare la rivisitazione della specialità sarda, all’interno di un processo che segni una nuova stagione di attuazione e concretezza delle prerogative statutarie ed a difesa della nostra autonomia e della nostra identità».
Sulla eventuale riscrittura dello Statuto del ’48, Pili ha avanzato profonde perplessità, alla luce di quello che ha definito “l’evidente tendenza centralista in atto che rappresenterebbe rischi piuttosto che opportunità per la Sardegna”, dicendosi invece “fortemente convinto della necessità di procedere con tempestività su un piano concreto di attuazione delle norme statutarie”. Non già nella commissione paritetica Stato Regione, così come fino ad oggi è stata conosciuta, ma attraverso la costituzione di “un tavolo paritetico permanente Stato-Regione” e con la difesa delle competenze primarie della Regione (articolo 3 dello Statuto) “oggi minacciate dal ricorso improprio da parte dello Stato della formula riforma economico-sociale”. Queste tre parole (riforma economico sociale) inserite nei provvedimenti governativi – a giudizio dell’ex presidente – rischiano di “far finire l’autonomia sarda tra parentesi” e dimostrano “ l’urgenza di iniziative unitarie e di una strategia forte, politica e giuridica, per arginare la deriva centralista dello Stato”. La sfida – così la definisce Mauro Pili – consiste nel vincere sul tema dell’insularità (attraverso un vero e proprio piano di rinascita insulare, inteso come strumento strategico di programmazione economica e sociale); dei trasporti e della mobilità (la continuità territoriale riconosciuta come obbligo costituzionale e il riconoscimento del principio di parità di costo e di accesso ai servizi rispetto alla terraferma) e dell’energia (riconoscimento del fattore insulare come parametro vincolante nella pianificazione energetica; potestà della Regione sulla programmazione, l’autorizzazione e la localizzazione degli impianti). Nella parte conclusiva del suo intervento Mauro Pili ha fatto riferimento alla legge Pratobello (definita simbolo di libertà e partecipazione popolare) evidenziandone un triplice valore: difesa popolare del territorio, difesa del potere statutario e partecipazione diretta dei cittadini alla funzione legislativa. Da qui la presentazione della proposta del “voto ponderale” nei meccanismi di partecipazione popolare nella fase legislativa regionale. In sintesi, si prevedono tre soglie di partecipazione popolare: 10.000 firme, proposta di legge popolare presentata e pubblicata; 25.000 firme, esame obbligatorio in Commissione entro 60 giorni; 100.000 firme, iniziativa popolare con voto ponderato e immediata discussione in Aula. «Il voto ponderato – ha concluso Pili – riconosce valore politico alla partecipazione dei cittadini, trasformando la democrazia da consultiva a realmente attiva. È l’evoluzione naturale di una democrazia statutaria che mette i sardi al centro del processo legislativo».
Un “percorso pienamente unitario” sulla legge statutaria e le norme di attuazione, è stato l’auspicio formulato dal presidente della XV^ legislatura, Gianfranco Ganau, che ha ribadito perplessità sull’intraprendere invece un percorso di revisione dello Statuto per “il clima politico al livello centrale che non sembra favorevole alla concessione di maggiori spazi di autonomia”. Ganau ha fatto riferimento al confronto a suo tempo attivato con la commissione Bressa, per l’attuazione del titolo V° della Costituzione, e si è detto convinto che gran parte delle difficoltà della Regione sarda nell’attuare politiche di autonomia “sia da ricercarsi nelle scarso peso politico esercitato nei confronti dei governi centrali”. L’ex presidente del Consiglio ha quindi insistito sull’importanza delle norme di attuazione “non soltanto per dare efficacia alle prerogative statutarie, quanto come strumento utile per l’integrazione e l’ampliamento dei principi e delle funzioni stabilite nello Statuto”. Gianfranco Ganau ha inoltre ribadito “la piena validità del dettato dell’articolo 13 dello Statuto sardo”, alla luce della permanente situazione di arretratezza dell’Isola, confermata dagli indici infrastrutturali, da quelli che danno la misura della competitività del sistema Sardegna e dagli alti costi della condizione di insularità. Nello specifico, sulla legge Statutaria, Ganau ha sottolineato come con l’approvazione possano realizzarsi “spazi di autonomia vera”, insieme con la riorganizzazione delle deleghe assessoriali e di strumenti in grado di garantire il riequilibrio dei poteri tra Giunta e Consiglio, nonché per definire un reale decentramento delle funzioni a favore degli Enti Locali. Con riguardo alla legge elettorale, l’ex presidente dell’assemblea sarda ha indicato come priorità l’individuazione di strumenti adeguati ad arginare il fenomeno dell’astensionismo e si è espresso con nettezza per la revisione delle soglie di sbarramento: «Escludere il 10 per cento dell’elettorato da una rappresentanza consiliare non può che favorire l’allontanamento degli elettori».
Legge Statutaria. Audizione in Commissione Speciale degli ex presidenti del Consiglio Gianmario Selis, Giacomo Spissu e Michele Pais.
Cagliari 16 ottobre 2025 – Nell’ultima parte della mattinata sono stati sentiti gli ex presidenti del Consiglio regionale Gian Mario Selis, Giacomo Spissu e Michele Pais che hanno espresso apprezzamento per il lavoro avviato dalla Commissione Speciale.
Per Gian Mario Selis, l’avvio di una discussione su legge statutaria e norme di attuazione dello Statuto rappresenta una grande occasione per riaprire la stagione delle riforme. «Per far questo è necessario che il Consiglio regionale recuperi la sua centralità. La massima assemblea sarda ha perso forza in questi anni – ha affermato Selis – occorre riflettere sul perché di questa decadenza per provare a invertire la rotta e recuperare autorevolezza».
Con un ruolo di nuovo centrale del Consiglio, secondo Selis, si potrebbe mettere mano a temi cruciali per la Sardegna: il rilancio dello Statuto, la forma di governo, la legge elettorale, la riforma della macchina amministrativa.
«La prima cosa da fare è procedere a un’analisi seria per capire il perché dello squilibrio evidente tra i poteri della Giunta e quelli del Consiglio – ha affermato l’ex presidente – tra le cause c’è sicuramente il passaggio dal sistema parlamentare all’elezione diretta del presidente della Regione che ha amplificato i poteri dell’esecutivo. Il capo della Giunta è oggi il perno centrale di tutto il sistema autonomistico. Occorre pensare a forme di riequilibrio. L’assemblea legislativa non può dipendere dalle vicende personali del presidente della Regione». A questo proposito, Selis ha suggerito l’introduzione di correttivi, come il ricorso a maggioranze iperqualificate che possano votare la sfiducia al presidente e sostituirlo. «Non è possibile che l’intero impianto statutario sia imperniato su una sola figura».
L’ex presidente del Consiglio ha poi insistito sulla necessità di procedere anche a una riforma dell’apparato burocratico della Regione e dei suoi enti strumentali: «I problemi della Sardegna non riguardano solo la politica ma anche una macchina amministrativa che non funziona».
Sulla legge elettorale, Selis ha invitato la Commissione a una riflessione sul sistema di sbarramento al 10 per cento: «Il dato che emerge è che ampie frange dell’elettorato non sono più rappresentate in Consiglio. Su questo ha inciso anche la riduzione del numero dei consiglieri regionali da 80 a 60. Un’assemblea più ampia si radica meglio nella società».
Concludendo il suo intervento, Selis ha invitato la Commissione ad andare avanti sulla via delle riforme tenendo però sempre a mente due condizioni imprescindibili: il coinvolgimento di tutti i settori della società sarda e un accordo unitario tra le diverse forze politiche».
Della necessità di una sintesi tra i diversi schieramenti ha parlato anche Giacomo Spissu (presidente dal 2004 al 2009): «Per approvare la legge statutaria c’è bisogno di un ampio consenso. I provvedimenti di questa portata, approvati a colpi di maggioranza, non funzionano. Serve un’azione corale per affrontare un momento cruciale della nostra storia. Siamo ad una svolta, bisogna provare a cambiare lo stato delle cose. Il clima sembra favorevole: la sentenza della Corte Costituzionale sulla decadenza della Giunta Todde ha sgombrato il campo dal rischio di un’interruzione della legislatura. Ora si può lavorare serenamente».
Il lavoro, secondo Spissu, non sarà comunque facile: «Bisogna tener presente che c’è sempre qualcuno che mette in discussione la specialità. Ci sono stati, e ci sono anche oggi, diversi tentativi di modificare i poteri delle regioni a Statuto speciale. L’ultimo è quello portato avanti dalle regioni ricche a Statuto ordinario come la Lombardia e il Veneto. Io sono uno strenuo difensore della specialità. Le ragioni che l’hanno determinata non sono venute meno. Il divario economico e sociale tra la Sardegna e il resto d’Italia esiste ancora. Alcuni problemi si sono amplificati, basti pensare al dramma dello spopolamento o a quello della dispersione scolastica che in Sardegna raggiunge il tasso più alto a livello nazionale».
Spissu ha poi affrontato il tema dell’insularità: «Bene il riconoscimento del principio in Costituzione anche se questo non ha portato a una maggiore attenzione dello Stato per le condizioni di svantaggio della Sardegna. Questo rafforza l’idea che quando si affrontano temi come la legge statutaria è necessario un accordo forte tra le diverse forze politiche».
Sulla legge elettorale, infine, l’ex presidente della Regione ha assunto una posizione controcorrente sul sistema di sbarramento: «La legge elettorale deve favorire l’aggregazione e non la disgregazione. Alle ultime elezioni regionali c’erano 25 liste in campo. Eliminare lo sbarramento non semplifica il quadro ma rischia di aumentare la frammentazione».
Apprezzamento per l’iniziativa della Commissione ha manifestato anche Michele Pais (presidente del Consiglio dal 2019 al 2024).
«L’approvazione di una legge statutaria è un tema importantissimo, a partire dall’individuazione di una nuova forma di governo per la Regione – ha detto Pais – è nei poteri del Consiglio valutare anche il ritorno a un sistema parlamentare oppure prevedere meccanismi di garanzia per riequilibrare il rapporto tra assemblea legislativa e potere esecutivo. Uno si questi potrebbe essere la sfiducia costruttiva nei confronti del presidente della Giunta. Oggi il presidente della Regione è quasi un sovrano, ha più poteri del presidente del Consiglio dei Ministri. Un riequilibrio è necessario: il Consiglio deve avere maggiori strumenti di controllo».
Secondo Pais, le riforme dovrebbero riguardare anche gli assetti di governo: «Il sistema delle deleghe assessoriali è troppo rigido, non consente di distribuire gli incarichi sulla base delle valutazioni della Giunta e della maggioranza. Una modifica consentirebbe di utilizzare diversamente i direttori generali che oggi fanno riferimento ai singoli assessori»
Sulla legge elettorale, l’ex presidente del Consiglio ha suggerito l’introduzione di soglie di sbarramento all’interno delle coalizioni per favorire l’aggregazione tra le diverse forze politiche: «La Regione Sardegna è un unicum a livello nazionale per la presenza di un numero infinito di partiti e partitini. La partecipazione è un valore ma se l’aumento delle liste ha ragioni meramente elettorali crea problemi evidenti».
Pais si è poi soffermato sulle norme di attuazione dello Statuto: «E’ un problema gigantesco. La Sardegna è la Regione con il minor numero di norme adottate. Questo impedisce di liberare tutte le potenzialità che lo Statuto ci offre. Occorre rivedere il sistema di scelta dei componenti della Commissione Paritetica che oggi sembrano agire senza un mandato chiaro».
Ultimo passaggio sul principio di insularità: «E’ un tema a cui si è data una valenza preminentemente economica – ha detto Pais – bisogna cambiare visione e pretendere che tutta la legislazione statale tenga conto di questo principio inserito in Costituzione. Quando si approvano le leggi devono essere valutate le condizioni di svantaggio determinate dall’insularità».
(Psp)