CCXXIX SEDUTA
MARTEDI' 12 SETTEMBRE 2006
Presidenza del Presidente SPISSU
La seduta è aperta alle ore 16 e 51.
ORRU', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 3 agosto 2006 (223), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gian Luigi Gessa, Paolo Maninchedda, Carlo Sanjust, Salvatore Serra e Giommaria Uggias hanno chiesto congedo per la seduta del 12 settembre 2006.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Comunico di aver nominato, in data 31 agosto 2006, Presidente della Giunta delle elezioni, il consigliere Eliseo Secci e di aver nominato, a far data dall'8 settembre 2006, quale componente della Giunta delle elezioni il consigliere Gerolamo Licandro in sostituzione del consigliere Andrea Biancareddu.
PRESIDENTE. Comunico che, in data 8 settembre 2006, è pervenuta alla Presidenza la seguente petizione:
"Dal Sig. Francesco Masu sull'iter della proposta di legge di iniziativa popolare n. 1 concernente 'Norme in materia di trattamento economico dei consiglieri regionali della Sardegna'". (4/XIII)
Ricordo che, a norma dell'articolo 103 del Regolamento interno, il fascicolo relativo a detta petizione è a disposizione dei consiglieri presso la prima Commissione.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
ORRU', Segretario:
"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sui ritardi nelle procedure per la realizzazione del secondo lotto della strada Sassari-Alghero". (602)
"Interrogazione Moro, con richiesta di risposta scritta, sui gravi problemi dell'ospedale "Antonio Segni" di Ozieri". (603)
PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.
ORRU', Segretario:
"Interpellanza La Spisa - Lombardo - Sanciu - Contu - Sanjust - Petrini - Rassu - Licandro sulla sponsorizzazione del Cagliari Calcio". (187)
Continuazione della discussione sulle dichiarazioni del Presidente
della Regione sul Piano paesaggistico regionale
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Regione sul Piano paesaggistico regionale.
E' iscritto a parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Sono di seguito previsti gli interventi dei Presidenti di Gruppo e, conclusivamente, del Presidente della Regione.
Ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.
SANNA, Assessore tecnico degli enti locali, finanze ed urbanistica. Signor Presidente, onorevoli consiglieri, credo che a questo punto del dibattito sia necessario puntualizzare alcune questioni che sono state sollevate sulle procedure, sulle modalità e sulle prerogative istituzionali che si sono seguite in questo percorso di formazione del Piano paesaggistico regionale.
In effetti, il rispetto delle prerogative istituzionali è sempre stato un punto fermo dell'azione della Giunta regionale. Ogni atto - a maggior ragione questo - è sempre stato sottoposto a esame puntuale perché, nel massimo del rigore normativo, fossero rispettati i ruoli e le funzioni dell'istituzione. Tuttavia il dibattito ha ampiamente contestato un'intrusione, e cioè la prevaricazione nei ruoli del Consiglio regionale e degli enti locali da parte della Giunta. Per cui credo che sia doveroso per noi, prima di ogni altra questione, sgombrare il campo da questi equivoci.
Cominciamo dal Consiglio regionale. Pur sapendo che ogni legge può modificare un'altra legge, tuttavia le cose sono andate così: la legge numero 45, nata il 22 dicembre del 1989, nella sua lettura originaria prevedeva, al comma 5 dell'articolo 11, che dopo l'adozione da parte della Giunta, la proposta di piano fosse trasmessa al Consiglio regionale, che approvava definitivamente il Piano territoriale paesistico. Questa era effettivamente la lettura originaria della legge numero 45, ma il tempo è trascorso e questa legge ha subito molte modifiche nel corso degli anni, a cominciare dalla legge numero 11 del 1992, che però non riguardò l'articolo 11 sulle procedure, dalla legge regionale numero 22 del 1992, e neanche questa riguardò le procedure, fino ad arrivare alla legge numero 23 del 7 maggio 1993, con la quale si intervenne sul suddetto comma 5, eliminando l'approvazione da parte del Consiglio regionale e rinviando alla Giunta l'approvazione definitiva del Piano territoriale paesistico, sentito il Comitato tecnico urbanistico regionale.
Quindi non è stata né questa Giunta né questa maggioranza a dire che il Consiglio regionale doveva essere espropriato, semmai, di quella prerogativa. Ciò avvenne nel 1993, in quel contesto di legislatura, nella quale, come ben diceva l'onorevole Floris, c'erano tante persone che a diverso titolo oggi siedono tra questi banchi. L'onorevole Floris era Presidente del Consiglio regionale, quindi colui che in massima parte era depositario della tutela delle prerogative del Consiglio regionale.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Presidente, ma queste sono altre dichiarazioni, poi interveniamo!
SANNA, Assessore tecnico degli enti locali, finanze ed urbanistica. E tante persone che oggi siedono qua e che contestano queste procedure erano allora chi nell'area della maggioranza chi nel Governo regionale.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Non è così!
SANNA, Assessore tecnico degli enti locali, finanze ed urbanistica. Le cose sono andate così, perché così dicono le leggi e le date delle leggi.
In quella legge non vi era scritto nulla che riguardasse gli indirizzi preventivi che il Consiglio regionale doveva assegnare nella predisposizione dei Piani territoriali paesistici. Fu la legge numero 23 del 1993 a scoprire, dopo che erano stati elaborati i PTP, che c'era l'esigenza di dare indirizzi e orientamenti perché tali piani potessero essere omogenei ed efficaci. Tant'è che la legge regionale numero 23 stabilì quegli orientamenti. In più, questa maggioranza ha evitato questa contraddizione ponendo preventivamente, entro tre mesi dall'approvazione della legge numero 8, il confronto sulle linee guida, quindi sui principi, sulle direttrici, sugli obiettivi della pianificazione paesaggistica. Appuntamento che è stato rispettato e nel quale si è potuto dibattere su questi elementi e su questi contenuti, sulla base dei quali poi è stato avviato il lavoro.
Questo è quello che è avvenuto per quanto riguarda il Consiglio regionale, ma poi c'è tutta la questione che riguarda i comuni. I comuni, nella redazione dei precedenti PTP, non vennero assolutamente ascoltati. Nel 1993, furono inviati ai comuni, così come al Consiglio regionale, gli atti dei PTP per la loro pubblicazione, ai sensi del comma 5 dell'articolo 3 della legge numero 23 del 1993. Questo fu fatto, ed è l'unico atto che abbiamo trovato negli archivi del rapporto del Governo regionale con i comuni.
E allora è bene ricordare che cosa abbiamo fatto noi con i comuni: abbiamo notificato a tutti i settantatré comuni costieri la proposta completa del PPR, e non abbia timore l'onorevole Floris, perché è stata pubblicata sul BURAS la data dell'ultimo deposito che ha riguardato questa notifica; abbiamo fatto ventiquattro conferenze di copianificazione, dal 9 gennaio al 23 febbraio 2006, a cui hanno partecipato cento comuni e otto province; abbiamo fatto centosettantaquattro incontri tecnici con i comuni, dal 7 al 30 marzo 2006; otto incontri tecnici con le province, dal 4 al 9 maggio 2006.
Per quanto riguarda le osservazioni, queste sono sintomatiche del livello della partecipazione che fu allora garantita. Furono fatte diecimila osservazioni, perché nessuno spiegò prima ai comuni di che cosa si trattava, e ci fu quindi questa proliferazione enorme di questioni e di domande. Diecimila osservazioni, istruite, preparate, a cui si è risposto nello stesso modo in cui lo si sta facendo adesso, con un gruppo di lavoro che hanno istruito e ha portato avanti il lavoro. Questa volta sono pervenute duemilaottocento osservazioni, a dimostrazione di come fondamentalmente questa attività di forte informazione e di confronto, la così detta copianificazione, a qualcosa è servita, se non altro a far capire alcuni punti importanti e di contenuto della nostra proposta.
Poi si continua a insistere sulla questione dei ricorsi. Guardate, anche in questa materia il passato è molto chiaro. Dobbiamo avere timore dei ricorsi? Io credo che sia una prerogativa normale, legittima, quella del ricorso, ma diciamo anche che nella precedente esperienza, quella dei PTP, furono presentati oltre cinquanta ricorsi. Ad oggi ne sono stati presentati solo a due, peraltro su questioni attinenti alle misure di salvaguardia, che vengono confuse con le norme di salvaguardia; le misure anticipano gli effetti del Piano, ma ora il Piano è approvato e quindi valgono le sue disposizioni. Tant'è che quando noi diciamo che le disposizioni contenute nelle norme tecniche di attuazione valgono fino all'adeguamento dei PUC stiamo dicendo che, effettivamente, tali disposizioni si applicano fino a quando non verranno recepite dai PUC, e quindi rappresentano norme di salvaguardia e non misure, di cui non c'è più nessuna necessità, dal momento che l'atto è stato approvato. Le misure, giuridicamente, hanno valore ed efficacia solo prima dell'approvazione del Piano, in quanto ne anticipano gli effetti. E quindi chi contesta questo elemento deve sapere che questa contestazione è superata dai contenuti delle norme tecniche.
C'è poi una questione che sembra confondere alcuni e che invece è un principio fondamentale, uno dei due cardini sui quali si è mosso il Piano paesaggistico, e cioè la consapevolezza degli errori che erano stati fatti nei precedenti PTP, in particolare l'aver subordinato la tutela paesaggistica alla regola urbanistica, e la censura dei giudici è stata esplicita, ripetuta, reiterata su tutti i PTP bocciati. Quindi, l'unica cosa che potevamo fare era non ripetere questo errore, marcando il punto di stacco della disciplina paesaggistica rispetto all'intervento successivo, coerente con la disciplina paesaggistica, della norma urbanistica. Non c'è, dunque, una confusione sulle prerogative, perché le prerogative della tutela del paesaggio competono allo Stato ed è per quello, onorevole Caligaris, che lo Stato chiede, nel decreto legislativo numero 157, di sottoporre a verifica i Piani territoriali paesaggistici ancora in vigore in base al decreto legislativo numero 490 del 1999, per verificare quanto di questi piani è coerente con le nuove disposizioni dell'articolo 143 del decreto legislativo numero 42 del 2004, così come modificato dal decreto legislativo numero 157. E noi che siamo stati i primi ad approntare il Piano paesaggistico abbiamo fatto questa verifica attraverso diversi incontri, per cui andiamo sostanzialmente a un'intesa conclusiva che dirà - se lo dirà, ma credo di sì - che il nostro Piano è complessivamente coerente con la disciplina segnata nell'articolo 143 del Codice Urbani, così come modificato dai decreti legislativi numero 156 e 157. Credo che qualunque legittima volontà di ricorrere e di opporsi a questo Piano si dovrà confrontare anche con questa eventuale verifica e valutazione da parte del Ministero, che rimane il depositario delle prerogative delegate alla Regione in questa materia, attraverso le quali la Regione deve rimodulare e rendere coerente la sua competenza primaria, cioè quella urbanistica.
Detto questo, credo che altra polemica un po' artificiosa sia quella che riguarda il sistema dell'agro. Badate, è inutile mandare messaggi sbagliati al mondo agricolo, perché le norme sono chiarissime. Esistono in Sardegna delle vere e proprie "patologie" nell'uso distorto della risorsa agraria per fini residenziali, avulsi dall'attività agricola, che hanno meritato nelle nostre riflessioni una particolare attenzione. Al punto che l'articolo 83 del PPR, che disciplina questa materia, è chiarissimo: gli imprenditori agricoli e le aziende agricole continuano a beneficiare della normativa vigente, che fa riferimento alle direttive per le zone agricole del decreto del Presidente della Giunta regionale numero 228 del 1994. Il che vuol dire che le attività aziendali possono continuare a svolgersi serenamente. Se la preoccupazione riguarda l'attività agricola è infondata, perché è integralmente reiterata la disciplina vigente. Si pone, così, un freno all'uso indiscriminato della residenza, fissando un limite all'appezzamento entro il quale collocare la residenza, purché sia dimostrato che questa è connessa all'attività agricola. E questa responsabilità il PPR la assegna agli uffici tecnici comunali, che fino ad oggi, purtroppo, si sono trovati anche di fronte a un'interpretazione del cosiddetto lotto minimo come risultante dalla sommatoria di piccoli appezzamenti rinvenibili nella vasta area territoriale comunale nella quale ci troviamo, che è un'aberrazione, una deviazione del concetto di lotto minimo, che essendo espresso al singolare è da intendersi lotto agricolo entro il quale complessivamente si svolge l'attività.
Abbiamo posto un limite riguardo a coloro che non sono imprenditori agricoli, riservando, però, anche a questi considerazione nella misura in cui si è consentito e si consente che si possa realizzare un vano appoggio, un deposito attrezzi, credo commisurato alle esigenze che questo tipo di immobile deve soddisfare riguardo a un'attività che non è primaria, ma è complementare. Non stiamo, quindi, parlando di un elemento che può concretizzare una vera e propria esigenza rispetto a un'attività aziendale che non esiste in questi casi.
Si è detto anche: questo Piano è carente perché chi ha fatto verrà premiato e chi non ha fatto non verrà premiato. Badate, se il ragionamento si svolgesse tutto sul terreno dell'assunto secondo cui bisogna mollare qualcosa da qualche parte, in Italia non reggerebbe una regola, perché siccome c'è sempre un pregresso, inseguendo il pregresso non si può stabilire mai una regola. E allora, noi siamo consapevoli che esistono queste discrasie, che da una parte rappresentano le cosiddette virtuosità, ma abbiamo anche dei casi nei quali chi ha realizzato ha fatto bene le cose, per cui il giudizio dovrebbe essere più ampio. Tuttavia noi abbiamo voluto indicare - e questa è, secondo il nostro modo di vedere, la linea da seguire - nel disegno di legge in materia di urbanistica, che la Giunta ha approvato, l'istituzione di misure compensative, che non sono misure urbanistiche e nemmeno deroghe a disposizioni paesaggistiche, ma sono incentivi di carattere finanziario specifici per dare opportunità diverse e maggiori a quei comuni che, non avendo più la possibilità di realizzare determinate infrastrutture, possono disporre di risorse aggiuntive e di opportunità finanziarie che altri non avranno.
Credo che questo aspetto vada approfondito, anche perché l'idea che nella fascia costiera, bene paesaggistico d'insieme, ciò che non è stato toccato sinora non si tocca più non significa che stiamo parlando solo di borgate marine o di alberghi in riva al mare. Si tratta, infatti, di valorizzare tutto il repertorio dei centri abitati, dei centri storici e dei paesi, che avranno, attraverso il PUC, la possibilità di fare quello che si faceva in Sardegna esattamente prima che nascessero le zone F, cioè realizzare le strutture alberghiere nell'ambito degli assetti urbani, dedicando aree e spazi adeguati ai fabbisogni di posti letto. In molti casi si realizzerebbe così una collocazione della ricettività alberghiera a pochi minuti dal mare, con tutta l'infrastrutturazione, la viabilità e l'accessibilità che in questi anni si è andata sviluppando.
Quindi credo che abbiamo indicato un modello alternativo, abbiamo indicato l'esigenza di mettere in campo misure compensative, che saremo disponibili ad affrontare con concretezza, per ribadire che, fondamentalmente, questo Piano paesaggistico si muove in questa consapevolezza, ma si muove anche nella consapevolezza che, probabilmente, il consumo del territorio è oggi una variabile dell'economia assai più vistosa e rilevante di quanto non potesse interpretare, nel 1989, la legge numero 45. Ed è vero che la Convenzione europea del paesaggio dice che bisogna tenere presente che il paesaggio, oltre a quello rilevato, è anche quello che viene percepito dalla gente. Attenzione, però, il fatto che vi sia una percezione del paesaggio da parte della gente non significa che bisogna costruire le regole assecondando tale percezione o i desiderata della gente, perché se così fosse nessuno avrebbe scritto la Convenzione europea del paesaggio e il decreto legislativo numero 42. E nessuno, meno che mai la Regione, si sarebbe messo a fare piani paesaggistici regionali. Il che vuol dire che la percezione del paesaggio rappresenta il filtro delle interpretazioni storico-culturali, sociali e antropologiche che il contesto territoriale esprime nella dimensione della comunità nella quale opera, e non una procedura attraverso la quale assecondare solamente il desiderio della gente. Anche perché se fosse sempre così non si capirebbe quale dovrebbe essere la funzione di chi governa. Badate, per inseguire i desiderata della gente non serve la legittimazione di un Governo; basta un'agenzia di statistica che registri l'orientamento e la volontà della gente. E credo che quando si interpretano i fenomeni culturali in termini di cambiamento, noi dovremmo anche avere il coraggio, qualche volta, di capire che le leggi servono a riorientare i processi culturali e a creare una prospettiva per un popolo.
Si è detto spesso, qui dentro, che c'è qualcuno che avrebbe voglia di passare alla storia. Io sono convinto, sinceramente, che non si passi alla storia lasciando firme in calce a qualcosa. Chi pensa questo pensa poco! Nella storia si lascia un segno solo se si è interessati a esercitare una responsabilità che vada in direzione della creazione di una prospettiva di sviluppo e di crescita duratura - non momentanea e velleitaria - del proprio popolo, nulla di più. Questo è quello che ci ha governato e siamo pronti anche ad affrontare le sfide del confronto e della legittimità, avendo fatto tutto il nostro dovere possibile.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.
VARGIU (Riformatori Sardi). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, signori della Giunta, io credo che gli interventi che si stanno svolgendo in quest'Aula, compreso quello dell'assessore Gian Valerio Sanna, abbiano come riferimento il ragionamento sul Piano paesaggistico regionale. Ragionamento che, sino a questo momento, aveva coinvolto soltanto marginalmente quest'Aula. Ma, oltre al ragionamento sul piano Paesaggistico regionale, credo che oggi sia in Aula anche una riflessione sostanzialmente di metà legislatura. Sono passati due anni abbondanti dall'inizio di questa legislatura, che è nuova, perché è nata con un sistema elettorale diverso, con una maggioranza solida, con un Presidente direttamente eletto dal corpo elettorale, quindi è una legislatura nuova anche nei contenuti. Per cui credo che la riflessione che noi Riformatori facciamo a margine del Piano paesaggistico regionale valga anche al di là di quello che verrà detto sullo specifico del Piano stesso.
Il Piano paesaggistico regionale e la legge regionale numero 8, da cui esso muove, sono probabilmente gli atti più importanti di governo che sono stati compiuti in questi primi due anni di legislatura. Ci aspettano altri appuntamenti importanti nei prossimi mesi, ma questo sarà oggetto di ulteriore ragionamento. Credo, quindi, che sia giusto che noi facciamo, dal nostro punto di vista, una critica di metodo e di sostanza rispetto al Piano paesaggistico. La critica di metodo è relativa al fatto che, sostanzialmente, la discussione sul PPR non ha interessato il Consiglio regionale, se non per la parte in cui è stata direttamente coinvolta la quarta Commissione. E' evidente che non abbiamo mosso alcuna osservazione sulla legittimità dell'azione della Giunta, ci mancherebbe altro! Ciò che la Giunta ha fatto è scritto nella legge numero 8, però è altrettanto evidente che noi abbiamo scelto, sostanzialmente, attraverso questa legge, votata nell'autunno del 2004, uno strumento di delega al Governo regionale, che lo ha utilizzato come delega ponte nelle more della scrittura della legge urbanistica. Devo dire che, comunque, un pizzico di rammarico esiste sul metodo, in quanto avremmo voluto vedere allegata al Piano la carta dei livelli dei vincoli, che in qualche misura noi ci aspettavamo venisse allegata, e probabilmente non eravamo gli unici, se è vero che nella prima Conferenza dei Presidenti di Gruppo, dopo le ferie estive, a noi della minoranza, che chiedevamo che questo dibattito consiliare precedesse l'approvazione del Piano paesaggistico, giunsero delle rassicurazioni, in quel contesto e in quel momento sicuramente date in buona fede, da parte della Giunta e di autorevoli esponenti della maggioranza, i quali ci dissero che avremmo avuto il tempo di ragionare sui vincoli e sui livelli dei vincoli che sarebbero stati imposti sulle coste e sull'ambito costiero immediatamente retrostante a seguito dell'approvazione del PPR.
Ovviamente, però, non ci si può limitare alle critiche di metodo per quanto riguarda il Piano paesaggistico; ci sono anche delle critiche di sostanza, che abbiamo mosso in tutti i modi e che avanziamo anche oggi in Aula, con la fermezza assoluta che ci deriva dal fatto di essere in minoranza, ma anche di rappresentare parti sociali importanti della nostra regione. Questo Piano è, a nostro avviso, un riuscito mix mediatico di integralismo e discrezionalità. Il presidente Soru, intervenendo in Aula, dice, e credo di aver registrato in maniera testuale le sue parole: "Vogliamo mantenere intonsa la percezione del creato in Sardegna". Devo dire che noi abbiamo qualche inquietudine di fronte a un Presidente che parla in modo così ispirato; inquietudine derivante dal fatto che non siamo alla ricerca né di un Presidente etico né di un Governo etico. Noi Riformatori siamo convinti che il Governo sia depositario di deleghe, siamo cioè convinti che attraverso l'atto elettorale i cittadini conferiscano delle deleghe al Governo, e non che il Governo abbia una propria intrinseca eticità che gli consenta di andare al di là del mandato conferitogli dagli elettori. L'eticità è nel mandato che viene conferito dagli elettori e devo dire, copiando le parole che in quest'aula ha detto un autorevole consigliere di maggioranza, il collega Maninchedda, la sensazione è che l'integralismo verbale, l'integralismo annunciato, l'integralismo ambientalista si sposi, in questo Piano, con la discrezionalità e che quindi ci sia quel tipico atteggiamento che si mostra arcigno con i piccoli e disponibile a largheggiare con chi piccolo non è. Questo Piano sembra, cioè, pervaso da una sorta di calvinismo pragmatico. Dopo Lutero venne Calvino, e dopo il calvinismo c'è una nuova interpretazione dell'etica protestante, che è quella che viene fornita oggi in quest'Aula, dove c'è la forte sensazione che l'etica valga e serva da guida al Governo regionale, addirittura al di là di quanto noi auspicheremmo, mitigata però da un pragmatismo che consente comunque, pur di portare a casa dei risultati, di aprire delle trattative. C'è una sorta di calvinismo politicizzato, quindi disponibile a sacrificare pezzi di quell'etica che viene annunciata a parole pur di raggiungere il risultato. Insomma, questo è preoccupante!
Colleghi del centrosinistra, dov'è finito il disegno di legge sul conflitto di interessi? Sono passati due anni e mezzo! I temi del conflitto di interessi vi sono sempre stati molto a cuore, li avete sostenuti, ne avete discusso, e sono temi su cui comunque si fondano le regole della politica nelle moderne democrazie occidentali. Tiriamoli fuori dai cassetti, iniziamo a discuterne, non perché ci siano dei dubbi, ma perché non devono esserci dubbi neppure in futuro, e questo è possibile se ci sono delle regole di garanzia, che sono quelle che noi chiediamo con forza su tutti i vostri atti, perché sono le regole che consentono a ciascun cittadino sardo di vivere con dei diritti e di non rischiare di diventare valvassore dei potenti.
Ecco, l'impossibilità di comunicare anche su cose importanti come queste ha determinato la situazione attuale di quest'Aula; un'Aula dove ciascuno di noi, quando interviene, spesso nel disinteresse, probabilmente motivato, cerca di superare il collega in eccessi verbali, perché l'unico modo per farsi ascoltare sembra essere quello dello slogan più a effetto, dell'azione di protesta più eclatante. Questa minoranza è arrivata a compiere un gesto - l'occupazione dell'aula consiliare - che è la morte della politica! Io non ho la natura dell'occupante, ma credo che chi occupa un'aula parlamentare stia dichiarando che in quell'aula non c'è possibilità di confronto, non c'è possibilità di dialogo, che sono finiti i canali del rapporto politico. Se l'aula diventa un bivacco, un luogo dove dormire, evidentemente è inagibile per la funzione della politica, è inagibile per il confronto politico, è inagibile per il ragionamento, e questa è una sconfitta di tutti, non soltanto della minoranza che è costretta a occupare l'aula.
E allora, non vi domandate perché la minoranza ha occupato l'aula consiliare? Ve lo dico io: perché non ha più strumenti in questo Consiglio! Non esiste, per la minoranza, alcuno spazio di agibilità che le consenta di essere un referente per le parti sociali che rappresenta. E non è un problema soltanto della minoranza, è un problema dell'intero Consiglio! Già all'inizio, in questo Consiglio regionale, si è configurata una sorta di tripolarismo imperfetto: Giunta, maggioranza e minoranza. E la minoranza è stata per due anni uno strumento che è servito alla maggioranza nelle sue schermaglie con la Giunta. Maggioranza e Giunta hanno finito per esaurire la dialettica parlamentare al loro interno, usando all'occorrenza la minoranza come strumento di pressione. Forse politicamente questo gioco ha pagato: la maggioranza è diventata l'interlocutore delle parti sociali che avevano come riferimento la minoranza e che avevano votato e avrebbero continuato a votare per la minoranza. Insomma, è un interessante meccanismo, però la minoranza non ha più strumenti, la minoranza muore e se muore la minoranza muore anche il Consiglio. E quando noi Riformatori veniamo in Aula e voi ci dite che è giusto che i revisori dei conti non vengano nominati dal Consiglio, ma siano nominati dalla Giunta, noi vi diamo ragione. E' giusto, ma è altrettanto giusto che il Consiglio, che la maggioranza si ponga il problema di come garantire i diritti della minoranza, di come fare in modo che la minoranza possa essere maggioranza domani, perché altrimenti non c'è più possibilità di alternanza.
Tante volte noi abbiamo riecheggiato in quest'Aula le difficoltà di rapporto fra Giunta e Consiglio. La Giunta e il Consiglio sono legittimati allo stesso modo, il Presidente della Giunta e il Consiglio sono eletti dal corpo elettorale, sono eletti dai cittadini allo stesso modo, rappresentano due poteri altrettanto legittimati. E' vero, ma il problema grosso, colleghi del Consiglio, se ci pensate, non è quello dei rapporti fra la Giunta e il Consiglio; il problema grosso è quello dei rapporti fra la maggioranza e la minoranza, perché Giunta e maggioranza, in una normale dialettica, rappresentano la stessa parte. Il Presidente della Regione è il capo della vostra coalizione, la Giunta è la diretta emanazione di ciò che il Presidente della Regione ha deciso insieme a voi, quindi non ci può essere dialettica, se non quella fisiologica interna, tra la maggioranza e la Giunta. La dialettica deve svilupparsi tra la maggioranza, Giunta compresa, e la minoranza consiliare, e a quest'ultima devono essere dati strumenti per poter essere rappresentativa delle parti sociali per le quali è comunque riferimento e per poter sperare di diventare maggioranza fra tre anni. Il collega Dedoni cita spesso Tocqueville, il quale parlava di dittatura della maggioranza. La maggioranza ha il diritto di governare, ma non ha il diritto di sterminare, non ha il diritto di annullare la minoranza, non ha il diritto di introdurre la notte buia in cui le vacche restano sempre nere!
Ecco, credo che questi siano dei temi non estranei alla discussione che stiamo facendo sul Piano paesaggistico regionale, che introduce una delle norme contenute anche nel disegno di legge statutaria presentato dalla Giunta, che discuteremo tra breve, e cioè il decreto delegato, perché infatti il Piano paesaggistico regionale è un decreto delegato. Noi Riformatori, presidenzialisti, ci siamo battuti per l'elezione diretta del sindaco, per cui ci chiederete: "Ora cosa fate? Fate marcia indietro? Vi spaventano i presidenti?" Assolutamente no! Noi siamo stati e restiamo presidenzialisti, siamo stati e restiamo per un sistema elettorale maggioritario, che scelga bene chi governa e chi fa l'opposizione e non consenta rimescolamenti delle carte. Ma sappiamo perfettamente che il presidenzialismo e il sistema elettorale maggioritario si difendono dando strumenti a tutti gli attori del meccanismo, perché il meccanismo non funziona se una parte diventa incredibilmente più forte, sotto tutti i punti di vista, rispetto all'altra. Il sistema bipolare, il sistema maggioritario si difende dando strumenti alla minoranza, iniziando il ragionamento che faremo sulla legge elettorale e sulla legge statutaria, che ci faranno parlare di istituzioni regionali e di forma presidenziale di governo della Regione, e che ci dovranno tenere come stella polare dell'intero Consiglio, e soprattutto di quella parte della maggioranza che per cultura ha difficoltà a porsi il problema della tutela delle minoranze. Dovremo affrontare problemi che sono di tutti, perché se questi problemi non vengono risolti, la minoranza è espulsa dal Consiglio regionale, e quando una parte politica, rappresentativa di quasi la metà della Sardegna, è espulsa da questo contesto deve necessariamente trovare forme alternative per fare politica, che non passano più per l'Aula del Consiglio regionale.
Il Piano paesaggistico regionale, che non è arrivato nell'Aula del Consiglio regionale, introduce, a mio avviso, tante altre cose che possono non passare per quest'Aula, che non è più una palestra adeguata ai problemi che sono in campo. Credo, onorevoli colleghi, che questo sia il problema più grosso che dovremo affrontare nei prossimi mesi di legislatura.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Balia. Ne ha facoltà.
BALIA (Federalista-Autonomista Sardo). Signor Presidente, si sta sviluppando un dibattito in cui vengono manifestati notevoli dubbi, forti perplessità e alcune preoccupazioni. Un dibattito che ha avuto anche momenti di asperità e che, però, dimostra che nel Consiglio regionale non c'è ancora quello che alcuni definiscono "addomesticamento dell'anima". C'è, invece, ancora voglia di dibattere, c'è voglia di discutere, di esporre le proprie ragioni e osservazioni, che non debbono essere considerate offensive od obbligatoriamente di contrapposizione tra la maggioranza e la minoranza o tra il Consiglio e la Giunta. Sono osservazioni che nascono da una diversa visione del problema, da diversi ragionamenti, tutto sommato, però, nascono dalla ragione di ciascuno di noi. E io credo che le osservazioni siano tutte assolutamente legittime, proprio perché espresse con civiltà e serietà.
Una considerazione di tipo politico: credo che si sia commesso un errore, all'interno della maggioranza, nel momento in cui alla forma dialettica collegiale, più ampia e, proprio perché collegiale, maggiormente garantista si è sostituito il sistema, il metodo degli incontri bilaterali. Lo dico senza acredine e senza voler sollevare un problema politico (fra l'altro a quegli incontri bilaterali io non ho partecipato, sebbene sia stato invitato). Lo dico per avvertire che questo è un modo per indebolire il Consiglio nel corretto rapporto che esso deve avere con la Giunta regionale.
Ciò detto, assessore Sanna - amico Gian Valerio, lo dico con molto rispetto -, abbiamo assistito, col suo intervento, quasi a una lezioncina in stile molto difensivo, con molte giustificazioni e richiami al passato, pure opportuni, ma in una visione, mi è parso, e le chiedo scusa se così non fosse, eccessivamente deterministica rispetto alle cose fatte e approvate dalla Giunta regionale, cioè senza alcun accenno critico né alcuna disponibilità, insomma una visione deterministica priva di dubbi. Credo che questo rappresenti un errore e la sensazione è quasi che lei abbia scritto, letto e commentato, in questa sede, un testo diverso da quello che ho letto io. Debbo dire che, sotto questo profilo, pur nella differenziazione che c'è rispetto al Presidente, sia per quanto riguarda lo S.D.I. sia per quanto riguarda il F.A.S., al presidente Soru riconosciamo una coerenza di fondo, perché lo abbiamo ritrovato sempre su queste posizioni, anche quando noi in queste posizioni non ci riconoscevamo. Ora, nessuno di noi ha detto che la Giunta ha commesso un'illegittimità. Ci sono state asperità dialettiche, qualcuna può scappare anche involontariamente da parte della maggioranza, ma nessuno di noi ha detto, nel modo più assoluto, che la Giunta si è discostata dalle prescrizioni della legge numero 8, che prevede, senza dubbio, che il PPR sia approvato dalla Giunta regionale. Mi sia consentita, però, Presidente, assessore Sanna, un'osservazione: la legge numero 8 prevede che il PPR sia approvato dalla Giunta, ma prevede anche che venga prima acquisito il parere della competente Commissione consiliare. Parere che è obbligatorio acquisire, quindi la Commissione è obbligata a esprimerlo - e infatti lo ha espresso, credo anche in seguito a un lavoro solerte, giusto e approfondito -, ma che non è vincolante per la Giunta. Sotto il profilo politico e anche giuridico, questo significa che chi è titolare dell'amministrazione attiva può discostarsi dal parere della Commissione? Certo, la Giunta può discostarsene, ma c'è una condizione imprescindibile e, questa sì, pone un problema politico, ma anche un problema di legittimità giuridica: può discostarsene motivando il proprio assunto contrario alle indicazioni della Commissione. Ecco, in tutto il Piano paesaggistico queste motivazioni sulle parti, anche notevoli, per le quali ci si è discostati dal parere della Commissione sinceramente non le ho rinvenute.
Concordo su un'affermazione molto forte fatta dal presidente Soru: il Piano fa discutere, così come hanno fatto discutere tante iniziative che abbiamo assunto in passato, in maniera coerente e concordata, e faranno discutere anche altre iniziative che assumeremo in futuro, soprattutto quelle che toccano degli interessi. Il presidente Soru ha ragione quando dice: "Questo Piano tocca degli interessi". Mi sia consentito, però, di fare un'osservazione dal mio punto di vista. Presidente, è vero che il Piano tocca degli interessi, interessi sostanziali e interessi che si sono costituiti non sul lavoro, ma sulla base di quella che gli economisti definiscono rendita di posizione, ma può toccare degli interessi esaltandoli, amplificandoli, decuplicandoli e moltiplicando oppure riducendo i capitali. Quindi diciamo che gli interessi che il Piano tocca viaggiano in entrambe le direzioni, con provvedimenti che consentono maggiori frutti e ampliamenti dei risultati o con provvedimenti che, invece, ottengono effetti contrari. E' il caso tipico degli alberghi sul mare, per i quali potranno esserci degli aumenti di volumetria. Ricordo male o sono quegli stessi alberghi che già in passato, e li conosciamo tutti, mi sia consentito, hanno usufruito di altri incrementi volumetrici? Credo che siano gli stessi. Questo è sbagliato? Non lo so, però su questo mi riservo di esprimere qualche ulteriore giudizio.
Sotto il profilo del rapporto Giunta-Consiglio, Presidente, non c'è dubbio che si è persa un'occasione, perché nessuno impediva, ma era assolutamente opportuno sotto il profilo politico, che il Piano approdasse prima in Consiglio e che al di là delle previsioni legislative, si sviluppasse il dibattito che si sta sviluppando oggi e, in modo un po' meno deterministico, si entrasse anche nell'ottica dell'accoglimento di alcune considerazioni. La collega Caligaris diceva, l'altro giorno, che come Socialisti noi abbiamo espresso la volontà di prorogare le norme di tutela previste dalla legge numero 8, per poter approvare prima in Consiglio regionale la legge urbanistica. Quella proposta, che avevamo formulato attraverso un emendamento, non è stata accolta; abbiamo poi presentato una proposta di legge e anche questa non ha fatto strada.
Ma la domanda che io pongo, anche a lei, assessore Sanna, è questa: l'aver approvato prima il Piano paesaggistico obbligherà il Consiglio regionale ad adottare una legge urbanistica che assecondi il Piano, che sia conforme a esso? Non sarebbe stato più logico, più giusto, più opportuno, anche politicamente, approvare prima la legge urbanistica e far discendere da questa il PPR? Io ritengo di sì, ritengo che un percorso inverso a quello che si è seguito avrebbe garantito una maggiore coerenza e avrebbe dato al Piano sicuramente maggiore forza. Relativamente a questo farò, a conclusione del mio intervento, una proposta.
Onestamente debbo ammettere che ho letto il testo del Piano paesaggistico dopo averlo estrapolato da Internet. Devo godere di una posizione privilegiata in quanto consigliere regionale? No, ma debbo essere messo nelle condizioni di conoscere prima gli atti? Presumo di sì, ma gli atti che erano a conoscenza della maggioranza del Consiglio erano parziali, limitati e con alcune indicazioni: tale articolo verrà cambiato, sarà reso più coerente. Però non venivano dati chiarimenti su questa coerenza.
Provo a entrare nello specifico di qualche argomento. Qualcuna delle disposizioni contenute nel Piano temo che possa, quanto meno, essere definita ambigua e potrebbe costituire in futuro, in caso di impugnativa, elemento di caducazione del Piano medesimo a opera degli organi giurisdizionali. Per esempio: il comma 1 dell'articolo 4 prevede l'applicabilità del Piano in tutti i comuni, costieri e non, della Sardegna, mentre i commi 4 e 5 prevedono l'applicabilità del Piano ai soliti ambiti di paesaggio costiero e, in aggiunta, ai beni identitari in tutto il territorio della Sardegna. Oltre al fatto che rilevo, a torto o a ragione, una incongruenza tra il dettato dei due commi, anche il contenuto di quell'allargamento, oltre che al paesaggio costiero ai beni identitari in tutto il territorio della Sardegna, potrebbe essere motivo di impugnativa, cosa che di cui ho già parlato in altre sedi, dal momento che i comuni non costieri non hanno anticipatamente ricevuto le carte del Piano, quindi non hanno potuto esplicitare, assessore Sanna, quelle osservazioni a cui lei faceva prima riferimento. I comuni costieri hanno partecipato alla copianificazione e hanno potuto esporre le loro osservazioni, è vero, mentre i comuni non costieri nulla hanno ricevuto e nessuna osservazione hanno potuto avanzare. Potrà costituire, questo, elemento di impugnativa? Non spetta a me dirlo, però è un elemento di preoccupazione.
Inoltre, il Codice Urbani, all'articolo 135, comma 3, prescrive per il Piano l'obbligo di individuare le linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore paesaggistico riconosciuti. Nel PPR le linee di sviluppo non sono neanche accennate, ma nel Codice Urbani vi è anche la conferma della prescrizione di accompagnare il Piano con i livelli di valore paesaggistico. Se, infatti, è vero che l'articolo 135 non lo prevede più, quelle identiche prescrizioni sono contenute nell'articolo 143. Tant'è che la Commissione aveva segnalato delle preoccupazioni per quel concetto di fascia costiera che era stato definito, anche dall'équipe del Piano, di natura squisitamente culturale. Ecco, la preoccupazione è che si passi da una concezione culturale a una concezione discrezionale, proprio perché manca ogni e qualunque riferimento alla carta dei livelli di valore paesaggistico.
Per quanto riguarda l'articolo 11, comma 1, abbiamo tutti plaudito, Presidente, in qualche modo e in qualche forma, alla sostituzione dei piani a regia regionale con l'intesa tra comuni, province e Regione, però io mi pongo subito una domanda: l'istituto dell'intesa, che nell'articolato è solo richiamato, che significato ha? E' il vecchio istituto degli accordi di programma o è un altro modo per definire i piani a regia regionale? Francamente non lo so. Il dubbio può venire. "Intesa" con quali criteri? Non viene detto, e qua c'è una reale sottrazione di potere nel momento in cui il comune, in ogni caso, si vede sottratte alcune competenze che non la Giunta regionale, ma il legislatore regionale e nazionale gli aveva assegnato. Cos'è che non va bene? La sottrazione delle competenze? No, potevano pure essere sottratte, ma non con un atto amministrativo, perché le competenze debbono essere sottratte con un provvedimento legislativo.
E ancora, la casistica prevista dall'articolo 15 è carente. In una zona in cui, per esempio, sussistono costruzioni vecchie di trent'anni, ma residuano lotti liberi, che fine fanno questi ultimi? Rischiamo un contenzioso amministrativo? E inoltre, l'articolo 15 prevede che sino all'adeguamento degli strumenti urbanistici al PPR, gli interventi di riqualificazione di edifici agricoli, industriali e produttivi, ma anche gli interventi residenziali in zona C non convenzionati, sono eseguibili solo su autorizzazione della Giunta regionale. Ma su quali basi la Giunta esercita questo potere autorizzativo, con quali criteri, con quale livello di discrezionalità, in base a quale normativa? Cioè, anche qui vi è una sottrazione di poteri agli enti locali fatta con atto amministrativo.
Sulla cartografia ho raccolto voci secondo cui vi sarebbero degli errori. Sinceramente non ho elementi per esprimermi in merito, ma mi auguro che la cosa non sia assolutamente rispondente a verità.
Ora, c'è un'altra proposta: le zone compromesse, diciamo così, in qualche modo godono di una certa premialità volumetrica, le zone vergini continuano a restare vergini e intoccate come tali. Badate, è una concezione che sotto il profilo filosofico, ma naturalmente anche urbanistico, io potrei condividere. La domanda è un'altra: se non vogliamo che questa disposizione vada a favore dei comuni e dei cittadini che hanno usato e abusato del proprio territorio e diventi invece una penalizzazione per i comuni e i cittadini che hanno rigorosamente rispettato le leggi, prevediamo pure che dove si è compromesso poco conta se la compromissione continua e che dove non si è compromesso tutto debba essere salvaguardato, ma, perbacco, perché le popolazioni e i sindaci dei comuni che non hanno compromesso il proprio territorio non dovrebbero battere ciglio? Non batteranno ciglio se la Giunta e il Consiglio regionale appronteranno, a titolo risarcitorio, ma anche in direzione dello sviluppo economico, un progetto, dotato di adeguate risorse, che accompagni un provvedimento di questa portata. In assenza di un tale progetto resta una grossa carenza e vi sarà una forte insoddisfazione.
E infine l'agro. Assessore Sanna, anche sull'agro abbiamo davvero letto cose diverse. Le norme sull'agro sono l'elemento di maggiore e profonda divisione, e non tanto per i comuni costieri, quanto per i comuni dell'interno, perché costruire nell'agro rappresenta un grande sacrificio ma anche la certezza che le campagne almeno così saranno popolate. E questo fatto vale sia che si sia imprenditori agricoli a titolo principale, per i quali vale due volte, sia che non si sia affatto imprenditori agricoli, ma si eserciti quel ruolo in via suppletiva.
PRESIDENTE. Concluda, prego.
BALIA (Federalista-Autonomista Sardo). Grazie, Presidente, concludo subito con due proposte. La prima l'ho già enunciata, è quella di un progetto di sviluppo non urbanistico e di crescita per le zone a tutela integrale. Approntiamolo subito, perché serve da correttivo. La seconda proposta riguarda la legge urbanistica, che a questo punto è urgente che arrivi in Aula. Deve arrivare in Aula e non deve essere seconda o piegarsi totalmente al Piano paesaggistico.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Balia.
BALIA (Federalista-Autonomista Sardo). Ma in questo, presidente Soru, le chiedo un atto di laicità, cioè che la legge urbanistica venga discussa dall'Aula insieme alla Giunta regionale, adeguando il Piano in quelle parti che ci pare lascino dubbi e perplessità.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Artizzu. Ne ha facoltà.
ARTIZZU (A.N.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghe e colleghi, una delle più feroci e graffianti satire del comunismo, che è allo stesso tempo una delle più convincenti esposizioni della tesi cara e condivisa da tutti gli anticomunisti e da tutti i liberali, e cioè che non esiste distinzione tra comunismo speculativo e socialismo reale, ci viene, guarda caso, da un vero comunista, un comunista duro e puro, uno di quelli che per il suo ideale ci stava rimettendo la pelle nella guerra di Spagna, nella parte repubblicana si intende: George Orwell, inglese, nato in India, pseudonimo di Eric Arthur Blair, proprio lo stesso nome dell'attuale primo ministro britannico.
Deluso dalla ineluttabilità del fatto che il comunismo speculativo se poi tradotto in realtà pratica non può che portare al socialismo reale, amareggiato dalla constatazione della scarsa propensione dei suoi compagni a prendere lo scomodo e il rivoluzionario della propria fede politica, per adagiarsi più comodamente nei sollazzi del potere e nell'arroganza della pratica dello stesso, egli scrive la sua opera più famosa, ossia "La fattoria degli animali" (Animal farm). Qui, in quella che prima era la fattoria evidentemente degli uomini, gli animali sfruttati rivendicano il loro diritto di ribellarsi al potere tiranno e organizzano la rivoluzione. A capo del movimento ci sono due astuti maiali, Napoleone e Palla di Neve, che mobilitano tutte le bestie della fattoria, promettendo loro un futuro migliore, la cessazione di ogni forma di sfruttamento, insomma una vera e completa emancipazione sociale. Ben presto, però, l'utopia si trasforma in distopia: i due capi rivoluzionari approfittano in modo vergognoso della loro condizione di comando per fini personali, gli altri animali sono più sfruttati di prima e tutto va a finire male. Ciò che resta della stagione rivoluzionaria, ciò che è rimasto a noi umani di questa stagione che vedeva protagonisti gli animali è il motto furbesco coniato dai due, che è patrimonio, ormai, della cultura di tutti: "In questa fattoria tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri".
Presidente Soru, ho l'impressione che molte somiglianze vi siano tra la fattoria degli animali e la Sardegna, questa Sardegna da lei governata. Ci saranno, credo, in Sardegna, almeno tre categorie di "più uguali". Prima categoria: alcuni sardi, imprenditori e privati cittadini che vedranno realizzati i propri progetti talmente illuminati da convincere il Presidente, o la sua Giunta, della bontà delle proprie intenzioni e del proprio operato, talmente bravi da elaborare idee degne di trovare approvazione, talmente sensibili alle esigenze di conservazione e rispetto dell'ambiente da convincere il direttorio.
Seconda categoria: alcuni speculatori, sardi anche questi, ma solo in minima parte, forse continentali o stranieri, che già si fregano le mani per gli affari che faranno in un futuro prossimo, e soprattutto in un futuro un po' più lontano. Immaginate il potere immenso di contrattazione di chi può permettersi di aspettare, a differenza del piccolo imprenditore che deve immediatamente realizzare il proprio progetto per rientrare con la banca o della famiglia che aveva quattro soldi da investire e oggi vede il valore di quel terreno svilito e la possibilità di farci sopra una casa o un deposito di attrezzi o un piccolo impianto di produzione svanita come un sogno. C'è chi può sedersi sulla riva del fiume ad aspettare, sì, Presidente, perché i poteri forti, quelli che hanno il denaro per comprare oggi a poco prezzo, possono anche aspettare sapendo che la loro attesa sarà premiata.
Infine, c'è la terza categoria di "più uguali", e questa, presidente Soru, è composta solo da lei; lei, che nel pieno rispetto della legge, ha realizzato case e aziende sull'acqua e che, però, nella veste di Presidente della Regione considera immorale e ingiusto che, da oggi in poi, gli altri possano fare altrettanto. Una bella dimostrazione della differenza tra idea e azione!
Ma sul suo operato, sulla sua capacità di dare il buon esempio ai cittadini che lei amministra non intendo dilungarmi oltre, anche perché è giusto che non si identifichi solo nel Presidente della Regione l'unico responsabile di ciò che noi giudichiamo un atto legislativo e amministrativo dannoso per la nostra terra. In realtà, signor Presidente, sono responsabili quanto lei coloro che glielo hanno consentito, e cioè voi, colleghi della maggioranza, che avete digerito tutto ostentando dapprima sicurezza, poi un po' di rabbia, poi un pizzico di orgoglio ferito, tornando infine al ruolo di meri esecutori di ordini altrui. Per finire così, a capo chino, tanto valeva dire da subito che il Piano paesaggistico vi piaceva, tanto valeva non inscenare resistenza, orgoglio di rappresentanti del popolo, dignità del ruolo istituzionale, se quel parere formulato in Commissione ha avuto l'esito che ha avuto: carta straccia!
Voi colleghi della maggioranza, che rispetto e stimo, siete responsabili quanto il vostro Presidente, ed è chiaro che da oggi non funziona più, non può più funzionare, perché non sarà più credibile, il gioco che più volte, alternandovi nel ruolo, avete tentato di mettere in atto, quello di apparire allo stesso tempo maggioranza, ma anche opposizione. I sardi non ci credono più.
Strana, davvero strana questa sinistra. Strana e irriconoscibile la sinistra che va a cena sugli yacht dei miliardari, mentre i sardi più poveri a migliaia stanno perdendo il posto di lavoro. Nessuno, per entrare più nello specifico, può negare che questa impalcatura di regole, fondata su decisioni assumibili con tempi e tesi diversi, si presta a una utilizzazione di parte, Presidente. In questo si celano i peggiori rischi per l'intera collettività. Al di là della buona fede, dell'ideologia, della competenza, della luce interiore della classe politica di turno, la discrezionalità non può giungere a porre in discussione gli stessi principi della democrazia e dell'uguale trattamento di tutti i cittadini. D'altro canto, una ben minore alea di indeterminatezza e di discrezionalità ha prodotto, quale effetto voluto da alcuni e non da altri, l'annullamento dei precedenti Piani territoriali paesistici. La salvaguardia e le norme prescrittive saranno cogenti in fascia costiera, la cui reale profondità attende l'esatta individuazione e graduazione dei vincoli, nelle aree insediative, città, paesi, frazioni, case sparse, zone produttive, industriali, artigianali, direzionali e anche in agro. Nominalmente, la tutela della fascia costiera avrebbe dovuto interessare un massimo di due chilometri; questa era infatti la distanza tutelata dalla cosiddetta legge salvacoste - da noi chiamata "blocca sviluppo" - in termini di salvaguardia. Nel Piano tale dimensione cessa di avere un qualsivoglia significato, dal momento che la tutela paesaggistica non conosce soluzione di continuità in tutta la regione. Il Presidente vuol far credere ai sardi che la nostra Isola sarà una nuova Atlantide. Non sarà così, sarà un nuovo Far West, nel quale alcuni cowboy avranno la pistola carica e la cartucciera piena, alcuni altri saranno stati derubati delle cartucce.
L'obiettivo dichiarato del Piano paesaggistico è quello di comprimere al massimo qualsiasi intervento di trasformazione, attuando solo gli interventi minimali sia nella famosa fascia costiera sia nelle città e sia nell'agro. Il risultato di tale politica non può che essere premiante per coloro che hanno prosperato sulla trasformazione del territorio, giungendo talvolta a farne scempio. Sarà certamente penalizzante per coloro che, invece, hanno gestito il proprio territorio con oculatezza, preservandolo pressoché intatto a vantaggio di tutti. A costoro si offrono astratti meccanismi di compensazione, privi di risorse concrete, nostalgico richiamo alle politiche economiche fondate sull'assistenzialismo più che sull'equità, fondate sulla regalia di chi sta al Governo, sulla possibilità del principe di elargire o di togliere.
Mi auguro che in questa logica la perimetrazione di areali caratterizzati dalla non trasformabilità non trovi applicazione anche nei confronti delle persone fisiche, che per loro disavventura venissero censite e catalogate come valore peculiare di un luogo. Diversamente, si potrebbero istituzionalizzare le riserve, con l'obbligo di residenza. All'interno di queste, il sardo pellita o acculturato, ma pur sempre riconducibile a una valenza non umana, ma puramente socioculturale, avrebbe il solo compito di saltare, scandendo bene il ritmo, come i Mamuthones accompagnati dagli Issohadores, col compito di ripopolare e rendere appetibile la riserva per il turista pagante. Questo paradosso può riguardare qualsiasi luogo perché, già si è detto, il complesso delle prescrizioni riguarda anche gli abitati, centri storici compresi.
La filosofia di fondo di tale politica paesaggistica sembra essere o il meglio o niente. Difficile metabolizzare questa prospettiva, anche perché aspettiamo che coloro che la predicano ci mostrino finalmente un esempio concreto del meglio che hanno saputo realizzare. Avremo forse qualche difficoltà ad adeguarci al loro livello, ma l'impegno è quello di mettercela tutta. Contrariamente alla dichiarazione di intenti, volta alla tutela e anche alla valorizzazione della pluralità delle culture locali e delle relative specificità, il processo attivato determina la prevalenza di una monocultura, che, a prescindere dalla sua matrice, per illuminata che sia, non può che approdare all'uniforme omogeneità di un elettroencefalogramma piatto. La paralisi operativa, che non è azzardato ipotizzare estesa per i prossimi anni, avrà come effetto certo quello di collocare l'Isola sull'Aventino, mentre alcuni competitori nazionali e internazionali si accaparreranno quote sempre più significative di quello che fino ad oggi è stato il nostro mercato di riferimento. La città, l'urbano, in senso lato, riuscirà a sopravvivere. Qui, infatti, la modesta produttività industriale è affiancata dal terziario direzionale e commerciale e dai relativi trasferimenti di risorse propri del ceto impiegatizio. Tutti staranno un po' peggio, ma se la caveranno: le aree costiere già sviluppate potranno rafforzare la loro posizione dominante sul mercato; le aree costiere meno sviluppate, dominate dalla componente naturale, costituiranno un bene economico, un bene economicamente asservito alle precedenti; le aree interne e la campagna, già oggi agonizzanti, a mio giudizio, non hanno speranza. Può essere sospesa l'abilitazione alla realizzazione di interventi edilizi; qualsiasi autorizzazione, ivi compreso il permesso di costruzione già rilasciato, potrebbe essere sospesa con un provvedimento della Giunta regionale. Si reintroduce il controllo politico su atti preminentemente tecnici. Tutte queste incertezze, che si sommano alla salvaguardia, avranno come effetto quello di caratterizzare il rischio Sardegna per qualunque imprenditore che operi nel normale mercato. Ripeto, nel normale mercato, non in quello agevolato. E poi, tante considerazioni si potrebbero fare soltanto leggendo le norme di attuazione, che sarà nostra cura ed è già mia cura distribuire nel territorio, affinché davvero la gente sappia, nel concreto, quali belle nuove realtà sono preparate dal Piano, perché vanno lette le norme di attuazione per capire meglio quale incidenza sulla vita pratica si avrà.
Le amministrazioni comunali, a decorrere dall'entrata in vigore, rivedranno il proprio bilancio, azzerando o comunque modificando i previsti introiti da ICI, generati da quelle che fino a quel momento, a buon diritto, erano considerate aree edificabili. I soggetti privati e le aziende affidate al sistema bancario che avessero prestato come garanzia uno dei terreni soggetti a salvaguardia potrebbero, da un momento all'altro, dover affrontare un rapido rientro o una differente strutturazione della propria situazione debitoria. Tutti coloro che risiedono nei territori costieri o coloro che dovessero transitare, per qualche motivo, anche turistico, dovranno adeguarsi alle nuove norme, perfino in termini di viabilità, perfino sulle nostre strade, che dovranno essere non più larghe di un certo tanto, non rivestite di un certo materiale, non più circondate da cartelli turistici. Non parliamo, poi, sempre in area costiera, dei fastidiosissimi e odiosi campeggi e delle aree attrezzate per i camper: tutto bandito, tutto moralmente illecito, alla faccia del fatto che quello è il turismo dei più poveri, di quelli che non si possono comprare la villa e che non possono arrivare in barca, ma vogliono venire in Sardegna e avrebbero il diritto di trascorrervi la loro vacanza. Perfino i pedoni dovranno vedersela con regole tragicomiche, come quelle che riguardano, nelle aree naturali e subnaturali, l'impossibilità e il divieto di passare perfino a piedi in complessi dove siano presenti formazioni erbacee o siano presenti dei ginepri. Nemmeno a piedi! Ci si domanda se anche le condizioni soggettive, ad esempio un visus ridotto, possano limitare la circolazione delle persone!
Molti sardi, ad esempio gli agricoltori, i pastori, i cacciatori, i pescatori dovranno acquistare come minimo un GPS dotato di cartografia, per individuare la loro posizione rispetto a tutte le aree caratterizzate dal vincolo integrale. Queste, infatti, hanno la medesima valenza del parco, con tutti i limiti del parco. E' logico che, in confronto, la perimetrazione del Parco del Gennargentu è da considerarsi davvero una cosetta da nulla! Agricoltori e pastori, peraltro, rischiano una serie di problemi anche di carattere penale; la stessa libera circolazione del bestiame, alla luce delle norme, può subire drastiche limitazioni. Qualcuno provi a tracciare con un compasso un cerchio del raggio di 200 metri, ma in realtà del diametro di 400, in corrispondenza di ciascun bene tutelato. Il contadino, per arare, avrà bisogno del nulla osta della Soprintendenza!
CUGINI (D.S.). Il compasso noi non lo usiamo, lo usano i massoni!
ARTIZZU (A.N.). Prudenza vorrebbe che la richiesta autorizzatoria fosse inoltrata per l'aratura dell'anno successivo! Gli agricoltori e i pastori, insomma, sono nel mirino, la violazione di queste norme è penalmente perseguibile. A questa prima disavventura si aggiungerà, poi, la procedura sanzionatoria per il danno ambientale. Non c'è male, non c'è che dire, nei confronti di una categoria che notoriamente è fatta da miliardari che possono permettersi, quindi, tutta una serie di consulenze, anche di carattere aziendale, finanziario, fiscale, normativo per poter arare il loro terreno o portare a pascolare le loro pecore.
In conclusione, spero e credo che i sardi si accorgano davvero di quello che sta accadendo e che è già accaduto sulla loro testa, naturalmente in attesa dei pronunciamenti dei magistrati che dovranno esaminare i ricorsi, che saranno certamente abbondanti. Spero che la gente capisca che tutto questo è un danno gravissimo ed è un pericolo per la Sardegna, come tanti di voi, colleghi della maggioranza, avete ben capito e avete anche cercato di far capire a chi di dovere, almeno in una fase iniziale. Di questo bisogna darvi atto, però, non avete avuto il coraggio e la forza di proseguire su questa strada, che sarebbe stata la strada dell'autentica difesa dei sardi. Non sarà, presidente Soru, una nuova Atlantide, sarà un Far West, non quello bello, romantico dei film di Sergio Leone, ma quello dei filmetti dozzinali che ripetono il solito stereotipo dei poveri indiani - noi sardi - che perdono sempre.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Licheri. Ne ha facoltà.
LICHERI (R.C.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervenire oggi, a qualche giorno di distanza dalla protesta dei colleghi del centrodestra, che chiedevano maggiore coinvolgimento del Consiglio regionale, presenza costante del presidente Soru e continuità del dibattito, è sinceramente difficile, perché, nonostante questa maggioranza abbia garantito la discussione, il Presidente abbia riferito in Aula e anche oggi ascolti con attenzione, i banchi dell'opposizione continuano a essere vuoti, a testimonianza della strumentalità dell'azione di protesta che hanno messo in atto anche attraverso la stampa.
L'approvazione del Piano paesaggistico regionale da parte della Giunta rappresenta un momento importante per le politiche di tutela del nostro territorio, delle nostre coste, e un momento alto per la nostra autonomia. Il PPR è un provvedimento importante, ampio ed organico, che pone la Sardegna all'avanguardia in Europa sul versante della salvaguardia e della valorizzazione delle risorse ambientali. La Regione interviene con regole finalmente certe e chiare, anche dal punto di vista giuridico, che fanno compiere un balzo in avanti, in termini di progresso, alle nostre comunità. Manca certamente il consenso dell'opposizione che, probabilmente, intravede in questo Piano il rischio di pericolosi conflitti, ma c'è, ed è ben percepibile, il consenso tra i sardi come tra i milioni di estimatori che ogni anno vengono in Sardegna da tutto il mondo, che la amano per le sue bellezze, per la sua natura selvaggia, ma che temono per l'assedio costante di speculatori, palazzinari e affaristi di ogni risma. Assedio che tra l'altro, nessuno ne parla in questi giorni, ha aperto le porte della nostra Isola, proprio attraverso l'investimento turistico-immobiliare, al riciclaggio dei proventi della mafia e della camorra, come numerose inchieste giudiziarie hanno in questi anni dimostrato. Per me, per il partito di Rifondazione Comunista non c'è alcun motivo di scandalo, perché quanto viene disposto in questi provvedimenti era ampiamente presente nel programma politico da noi sottoscritto, con il quale ci siamo presentati alle elezioni e nel quale affermammo, con chiarezza, la necessità di una nuova concezione dello sviluppo in Sardegna, basata su una crescita qualitativa e non quantitativa, e dunque sull'esigenza di politiche di governo del territorio basate su alcuni punti chiave che voglio rileggere testualmente per dimostrarne la coerenza con quanto fatto. Primo: tutela, riqualificazione e riuso del patrimonio abitativo esistente, a partire da quello storico tradizionale, sia nelle aree rurali che in ambito urbano, con l'obiettivo di un generale rafforzamento delle qualità dei nostri centri urbani, della nostra edilizia residenziale e insediativa. Secondo: salvaguardia del patrimonio ambientale paesaggistico sia costiero che dell'entroterra, puntando a interrompere un ulteriore generalizzato consumo di territorio per finalità turistiche e produttive, sviluppando nel contempo, politiche di maggiore utilizzazione delle attrezzature e trasformazioni già realizzate. Terzo: tutela e valorizzazione del paesaggio agrario regionale e delle attività connesse, sinora piuttosto marginalizzate nella definizione delle politiche di salvaguardia e sviluppo. Quarto: deciso contrasto dell'abusivismo edilizio, di qualunque tipo e natura, con la riattivazione delle strutture regionali di contrasto a questo fenomeno, con un rifiuto radicale di qualunque proposta statale di condono o sanatoria di abusi e irregolarità edilizie e urbanistiche.
In quel programma si diceva, inoltre, che occorreva introdurre un più selettivo e rigoroso quadro normativo, basato sulla sostenibilità ambientale, ma anche semplificare, in modo deciso, il sistema della pianificazione urbanistica e territoriale-ambientale e rendere più snello e più certo il percorso autorizzativo delle trasformazioni e degli interventi, mediante, lo dicemmo allora in quel programma, un Piano avente valenza territoriale, ambientale e paesistica, con la funzione di piano strutturale generale che individua lo schema di assetto infrastrutturale della regione, gli ambiti paesaggistici e ambientali non suscettibili di trasformazione, i valori territoriali da proteggere e gli strumenti per attuarne una costante verifica e aggiornamento. Questa era una previsione programmatica su cui abbiamo sviluppato la campagna elettorale e vinto le elezioni, non un trattato filosofico destinato alla discussione incensata degli accademici. Dunque non capisco le ragioni di tanto clamore da parte dei colleghi del centrodestra.
Come ho già avuto modo di affermare al principio del mio intervento, il Piano di tutela delle coste e degli agri, unitamente all'istituzione delle imposte sul turismo di lusso, pone la Sardegna all'avanguardia in Italia e in Europa sul versante della salvaguardia e della valorizzazione ambientale. Solo qualche mese fa l'UNEP, (United Nations Environment Programme), l'organismo dell'ONU cui è affidata la tutela ambientale, ha lanciato l'allarme per il cemento che assedia, già oggi, il 40 per cento delle coste nel Mediterraneo, prevedendo facilmente che, senza una brusca inversione di tendenza, entro il 2025 questa percentuale supererà ampiamente il 50 per cento, con conseguenze gravi e irreversibili per tutto il suo ecosistema. L'UNEP ha dato, proprio in questi mesi, l'avvio di un intervento per lo sviluppo sostenibile, con l'obiettivo di vincolare i Paesi che si affacciano sul bacino mediterraneo, attraverso protocolli stringenti sul piano normativo, nello sfruttamento delle fasce costiere e del retroterra, fiumi, colline e boschi, indicando proprio la Sardegna come modello legislativo di salvaguardia ambientale. Ma, al di là del dato meramente ambientale che qualcuno potrebbe venialmente sottovalutare, sono proprio i più recenti studi in materia a dirci che i grandi progetti immobiliari sulle coste, stile riviera romagnola, sono un limite più che un'opportunità allo sviluppo economico del settore turistico e che solo la salvaguardia del restante 60 per cento di coste ancora integro, vale a dire un utilizzo razionale che anteponga il concetto di bene collettivo a quello di mero interesse individuale, può garantire un futuro nel nostro Paese. Per monetizzare il discorso e non lasciarlo a un'interpretazione idealistica, il valore puramente economico di queste zone è, secondo il rapporto dell'UNEP, di 2,4 milioni di euro per chilometro quadrato, senza tener conto, poi, che ricerche specialistiche e indicazioni di organismi sopranazionali concordano nel ritenere proprio la tutela delle zone costiere, delle zone umide e dell'ambito costiero l'unica via per limitare gli effetti di erosione delle coste, non i megaprogetti di ripascimento, come quello del Poetto. Così come la tutela e l'utilizzo razionale e normato degli agri è l'unico modo per prevenire gli effetti esondanti delle alluvioni.
Tenuto conto di tutto ciò, è curioso sentire certe posizioni di retroguardia come quelle del centrodestra, che parla di paralisi dello sviluppo proprio nel momento in cui la Sardegna fa da apripista a una nuova concezione di sviluppo ambientale, divenendo oggetto di osservazione ammirata a livello nazionale ed europeo.
L'ultimo aspetto che vorrei sottolineare riguarda l'approvazione del Piano paesaggistico, che ha seguito nel suo sviluppo il corretto iter istituzionale, che prevedeva l'elaborazione del Piano da parte della Giunta regionale e il parere non vincolante della Commissione competente, che puntualmente ha prodotto una serie di rilievi sui singoli articoli, prima che la Giunta approvasse il testo definitivo. In quest'iter non era prevista alcuna approvazione da parte del Consiglio regionale. Per questa ragione trovo ulteriormente incomprensibile l'atteggiamento del centrodestra, che ha avuto l'opportunità, in Commissione, di svolgere il suo ruolo e dare il suo contributo alla discussione e che prima ha avuto cinque anni di tempo per sottoporre ai sardi la propria idea di sviluppo e governo del territorio. Non lo ha fatto, perché non ha saputo o perché non ha voluto, e oggi non può paralizzare l'iniziativa legislativa per i suoi sensi di colpa. La verità è che questa maggioranza, che al di là degli attacchi furibondi del centrodestra o delle manifestazioni di protesta sta dimostrando non solo capacità di buon governo, ma anche stabilità politica, in soli due anni ha già saputo mettere in campo le misure fondamentali per la realizzazione di un nuovo modello di sviluppo in Sardegna. La verità è che dopo questa legislatura qualsiasi paragone in termini di continuità di governo, produttività normativa, centralità nella politica italiana tra quanto fatto da questa maggioranza e quanto fatto da quella precedente, e in particolar modo dal Governo Pili, che, forse, a mio giudizio, non fu in grado di fare un piano di salvaguardia delle coste perché nelle sue dichiarazioni programmatiche aveva confuso la Sardegna con la Lombardia, non lascerà dubbi ai sardi.
Con questo Piano si apre una pagina nuova, storica per la Sardegna e il suo sviluppo, che si lascia alle spalle una concezione sorpassata e devastante di sfruttamento della risorsa natura. Da qui parte un'idea di sviluppo che scommette non solo su volumetrie e turismo cafone, ma sulla qualità della tutela ambientale che un territorio pregiato come il nostro potrà ora offrire. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (U.D.C.). Signor Presidente, qualche secondo per riprendermi dalla commozione che ha suscitato in me l'intervento del Capogruppo di Progetto Sardegna, l'onorevole Licheri.
PORCU (Progetto Sardegna). Rifondazione!
CAPELLI (U.D.C.). Rifondazione, certo! Per un attimo, non me ne vogliano i colleghi di Forza Italia, l'on Licheni mi ha ricordato l'onorevole Bondi e pensavo che concludesse il suo intervento con la richiesta: "Soru, santo subito!", perché mi sembra la sintesi reale del suo intervento.
Questo non è sicuramente il dibattito che noi avremmo voluto fare, che chiedevamo e pensavamo di poter fare prima della notte in cui è stato approvato il Piano paesaggistico. Ciò avrebbe significato dare un senso a questo dibattito, invece ci ritroviamo qui in un dibattito farsa: parliamo di quello che è già successo, cercando ognuno dalla sua parte, secondo i suoi principi, secondo la sua visione, di giustificare lo scorrere delle ore in questi giorni. Noi abbiamo compiuto un atto che, come ha detto correttamente il collega Vargiu, non è nel nostro DNA: l'occupazione dell'aula consiliare. E' stato un atto estremo, per quanto ci riguarda, al quale decisamente non eravamo neanche preparati, ma ci è sembrato l'unico modo per poter attirare l'attenzione soprattutto vostra, colleghi, oltre che dei sardi, sullo stato di salute del sistema democratico di questa regione e di quest'Aula.
Sul Piano paesaggistico mi sento di poter dire che tutto è stato detto, ma in modo particolare credo di poter essere d'accordo con chi, per mandato e per delega, è il maggiore responsabile dell'approvazione del Piano paesaggistico regionale, e cioè con l'assessore Pilia, che bene ha espresso, in quanto Assessore responsabile, i concetti predominanti e le linee portate avanti nel Piano paesaggistico. Mi sembra che si sia arrivati anche a cambiare la delibera, che in un primo momento recitava: "Il Presidente della Regione, di concerto con l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport e con l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica, propone…". Mi risulta che oggi, in Internet, il testo sia diverso, ma sicuramente non posso contraddire quanto riportato in questi mesi di dibattito assiduo, e a volte sopra le righe, appunto dall'Assessore competente per materia, l'assessore Pilia.
Dicevo che lo stato di salute del sistema democratico sembra essere il significato di questo dibattito. Su questo sistema democratico credo ci siano seri dubbi; è un sistema con la febbre alta, in stato agonizzante, in cui continua a emergere l'incapacità legislativa della Giunta e di questa maggioranza. Non può passare sotto silenzio, signori Presidenti, il fatto che, è vero, c'è stato un buon avvio di legislatura per quanto riguarda la produzione legislativa. La tanto decantata riforma delle comunità montane doveva sopprimere consigli di amministrazione, assessorati, presidenti e quant'altro: non mi risulta che una sola comunità montana sia stata modificata! E' stata annunciata, in un famoso dicembre, la costituzione di aziende miste Università-Regione e di aziende miste nel sistema sanitario: non mi risulta che una sola azienda mista sia stata costituita, né a Cagliari né a Sassari! Abbiamo prodotto leggi regolarmente impugnate dal Governo centrale o che sono oggetto di continui ricorsi; abbiamo prodotto anche la legge sul commercio, di cui discuteremo dopo e probabilmente ci sarà la vostra richiesta di rimandarla in Commissione, ma credo che prima ne dovremo discutere. Questa è la vostra capacità legislativa, questa è la capacità di un Governo che si era presentato all'insegna della chiarezza e della trasparenza! Io sono pronto, in quest'Aula, per la chiarezza e per la trasparenza, signor Presidente, in riferimento ad alcuni bandi per la progettazione integrata, che sono in questo momento sottoposti a valutazione, a dire chi li vincerà, facendo nomi e cognomi. Questa è la vostra trasparenza, quella trasparenza che vi permette di sfuggire regolarmente alle interrogazioni, alle mozioni, alle interpellanze! C'è un lungo elenco di domande senza risposta e tutto questo si è cercato di coprirlo con una relazione introduttiva al dibattito da parte del Presidente; una relazione insolitamente stanca, in cui si è abusato per l'ennesima volta della demagogia e, mi permetta, Presidente, anche condita di basso populismo.
Io mi terrorizzo quando sento tuonare un'istituzione governativa con frasi altisonanti quali quelle che si sono sentite anche oggi in quest'Aula: "Guerra ai cementificatori", "Abbiamo salvato la Sardegna", e quant'altro. Quando un governatore, chiunque esso sia, viene legittimato a decidere in totale solitudine, io provo paura, soprattutto se viene legittimato da una maggioranza che, in parte, è colpevolmente silente e, in parte - scusate il paragone - si lascia portare al guinzaglio. Mi spavento quando mi trovo davanti a personaggi "illuminati" o, ancor di più, quando chi ha il dovere di fermare questi personaggi non li ferma. E' con voi, colleghi della maggioranza, che io voglio dialogare, è a voi che do la responsabilità di questa situazione, a voi che legittimate un comportamento illuminato che non sta portando, sicuramente, risultati positivi. Mi fa paura il silenzio del Presidente della Commissione urbanistica, il collega Pirisi, pesa come un macigno il suo silenzio, che io credo di interpretare in modo corretto. E' un silenzio assordante, ma è pur sempre un silenzio e nella maggioranza nessuno ha rilevato questo suo silenzio, collega Pirisi. Lei ha avuto modo, nei giorni passati, di esternare il suo pensiero e non può rimanere isolato, non deve rimanere isolato.
Vorrei, inoltre, spiegare all'Assessore Pilia - e non vuole essere strumentale quello che sto per dire - che cosa ha detto il collega Balia in Aula oggi. Con delicatezza, con signorilità, con serenità e con correttezza l'onorevole Balia vi ha detto, assessore Pilia, che non condivide il Piano paesaggistico e puntualmente ha spiegato il perché, articolo per articolo, e gliene do merito, prospettando anche soluzioni alternative. Io credo che la risposta ai suoi interrogativi, collega Balia, sarà un ennesimo silenzio e non si corregge con i piani particolareggiati o con i piani di sviluppo territoriali l'errore fondamentale del Piano, che lei ha richiamato: premia chi ha sempre abusato dell'ambiente e punisce chi lo ha sempre rispettato. Colleghi della maggioranza, io credo che siate voi i veri colpevoli di una pericolosa deriva democratica. Siete voi i veri responsabili del disastro legislativo, dello scivolamento della Sardegna verso uno stato di degrado economico, culturale e sociale.
Nel merito del Piano, credo che in particolare gli interventi dei colleghi Cuccu e Milia siano stati quelli che ne hanno ben sottolineato le contraddizioni. Un Piano, a detta del Presidente, che dimostra e rappresenta il suo orgoglio nei confronti di questa maggioranza. "Sono orgoglioso di questa maggioranza", ha detto il presidente Soru e quando ha pronunciato questa frase mi è venuta in mente la pubblicità del "Gratta e vinci", che ho visto in sala d'attesa in aeroporto: "Ti piace vincere facile?" In questa pubblicità, una squadra di calcio scende in campo schierando regolarmente undici uomini, mentre la squadra avversaria ne schiera un centinaio, e si sente la frase: "Ti piace vincere facile?" Ma qui non siamo al "Gratta e vinci". La minoranza, che è numericamente debole, che sopporta la vostra prevaricazione numerica, cerca in tutti i modi di giocare la partita. Ma se lei, Presidente, è orgoglioso di questa maggioranza, chiedo alla maggioranza: siete orgogliosi di voi stessi in riferimento a questi due anni? Siete orgogliosi del programma che viene portato avanti e che la stragrande maggioranza dei sardi ha votato e non ha letto? Siete orgogliosi del mandato che tutti noi abbiamo avuto da 900 mila elettori, oltre al mandato che ha ricevuto il Presidente? State onorando quel mandato? State onorando, insieme a noi, i 900 mila elettori che si sono espressi su di noi e non sul Presidente? Non credo!
"Scelta coraggiosa il Piano paesaggistico", ha detto qualcuno. Io la definirei lucida follia! Lucida follia, perché si dice anche che non si fanno sconti a nessuno, ma è tutto da dimostrare. Si dice che questo Piano provocherà molte reazioni, e ricordo che qualcuno nel passato, prima del presidente Soru e prima di me, ha detto: "Molti nemici, molto onore". Io non vorrei tornare a quella situazione, io non vorrei tornare a un Presidente che dice: "Molti nemici, molto onore". Vorrei coerenza anche sul Piano paesaggistico.
Veda, Presidente, io non sono d'accordo con il collega Artizzu quando dice: "Dov'è la sua coerenza se possiede una casa sul mare?" Io non discuto questo fatto, non voglio discuterlo, anche perché appartiene a una vicenda precedente alla sua elezione come Presidente della Regione e perché lei ha ristrutturato una casa che ha trovato lì, e forse l'ha anche migliorata, i gusti sono gusti, però le domando, Presidente, se lei ha nell'animo, così come vuole rappresentare a noi e alla Sardegna, il bene ambientale, la tutela del paesaggio, il rispetto delle regole, la salvaguardia del paesaggio, perché ha costruito sulle rive dello Stagno di Santa Gilla? Di questo le do responsabilità! Coerenza avrebbe voluto che nelle vicinanze di un bene protetto non facesse quel passo.
Siete orgogliosi, colleghi della maggioranza, di come sta andando questa legislatura? Siete orgogliosi del sistema dei trasporti? Credo di poter affermare che in fatto di trasporti di persone e merci da e per la Sardegna la nostra regione fa concorrenza agli scafisti libici e albanesi: uno su mille ce la fa!
Per quanto riguarda pubblica istruzione, spettacolo e sport, ho già detto del parere che ho sentito da parte dell'assessore Pilia sul Piano paesaggistico regionale, ma credo che la cronaca di oggi, che pone la scuola all'ultimo posto in Italia, sia buona testimone della politica di questa Giunta. Non mi permetto per il momento, perché ho poche informazioni, Presidente, di andare sopra le righe in merito alle risposte che lei ha dato alle squadre professionistiche sarde, dico, però, che io non avrei firmato la mozione presentata dai colleghi di Forza Italia sul Cagliari calcio. Ne avrei firmata, invece, un'altra che prendesse in considerazione anche le risposte che lei ha dato ai presidenti delle squadre professionistiche sarde del settore calcistico, dove non siamo, grazie appunto alle sue risposte, né nani né giganti, non esistiamo proprio!
Lei ha anche detto a quei presidenti: "Ma volete che porti via i soldi alla sanità o al sistema sociale per darli a voi?" Guardi, Presidente, queste sono cose che lei, nell'esercizio del suo ruolo, può anche pensare, ma averle esternate mi è parso un atto di eccessiva autorità. Non doveva portare via risorse alla sanità, per questo c'è già l'Assessore della sanità, però poteva portarle via alle consulenze, agli sprechi che questa Giunta per l'ennesima volta, in questi anni di governo, non è riuscita a calmierare e alle consulenze non sempre opportune e appropriate. Con quei denari, signor Presidente, lei avrebbe potuto dare risposta a quei presidenti, a cui ha detto anche di rivolgersi a sponsor privati. Ma lei conosce la Sardegna, il sistema economico sardo? Non è una domanda provocatoria. A chi lei andrebbe a chiedere i denari per la struttura economica sarda e per il sistema economico nuorese? A quelli che già stanno dando? Alla povera economia di quel territorio? O andrebbe a chiederli a Ottana? Si faccia accompagnare dall'assessore Rau alle imprese di Ottana. Dove vuole andare a chiedere questi danari? Ma lei sa cosa vuol dire sport? Sa cosa vuol dire tirar su un settore giovanile? Conosce i sacrifici e il volontariato nello sport? Guardi, in quest'Aula io ho criticato la legge numero 17, perché era orientata troppo verso il settore professionistico e poco verso il dilettantismo. E sto parlando del sistema democratico che lei sta ledendo, che è direttamente collegato al Piano paesaggistico regionale, perché nel metodo lei ha posto in essere un attentato al sistema democratico che vige o che dovrebbe vigere in quest'Aula. Però su questo credo che non arriveranno risposte, e anche lì, cari colleghi, godremo del vostro colpevole silenzio o metterete in tasca, come sempre, le tessere omaggiate per le partite?
Per non parlare dell'ambiente: solo il Presidente illuminato sa come lo si conserva, perciò i nostri avi, quelli che ci hanno consegnato l'ambiente che voi avete osannato, non meritano il rispetto di quest'Aula. Caro collega Licheri, il Presidente sta dando risposte a tutto, perché i sardi, secondo il vostro principio, sono bravi solo a distruggere e solo gli illuminati che vengono da Marte, come è risaputo, e i suoi fedeli amici, come hanno ben spiegato i colleghi Cuccu e Milia, sanno quali paletti legislativi bisogna porre per un corretto sviluppo nell'interesse di pochi eletti.
L'industria: l'industria più grande, più proficua in Sardegna è quella delle demolizioni, della demolizione dell'industria! E l'assessore Concetta Rau è maestra in questo. Avrò modo di attardarmi sugli Assessorati che mancano, per cui potrò fare un'analisi compiuta dello stato di salute di questi Assessorati, ma una cosa voglio dire: c'è una possibilità, caro Presidente, la possibilità che lei revochi quella delibera e la riadotti dopo il dibattito dell'Aula. Ci consenta di discutere senza il macigno di una delibera già adottata, e questo sarà un atto di grande coraggio.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Capelli.
CAPELLI (U.D.C.). C'è poi un altro atto di grande coraggio che lei può porre in essere, Presidente, quello di dimettersi, perché quest'Aula non avrà mai il coraggio di sfiduciarla, però lei può avere il coraggio di tornare agli elettori per farsi nuovamente dare la fiducia sulla base di questi due anni di governo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (Progetto Sardegna). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghi consiglieri, credo che in apertura del mio intervento sia necessaria una breve replica ad alcune osservazioni che faceva il collega Capelli, al quale riconosciamo la possibilità di fare tutta la facile ironia che ritiene opportuna, ma al quale voglio ricordare che le accuse velate, i richiami a dossier, le minacce di clamorose rivelazioni, questo fare politica lasciando sempre presagire chissà quali clamorose rivelazioni, che poi non avvengono, sono tutte cose molto lontane da quello che io ritengo un corretto confronto democratico.
Sinceramente dispiace che un collega come l'onorevole Capelli si attardi in questo tipo di considerazioni, perché se ha in mano delle informazioni farebbe bene a informarne l'autorità giudiziaria, ma alimentare questo dibattito politico con il sospetto, con l'idea di una presunta mancata trasparenza, con accuse generiche credo che significhi veramente toccare un punto molto basso del confronto in quest'Aula. A questo tipo di confronto siamo tuttavia abituati, perché gli interventi dei colleghi del centrodestra hanno seguito un refrain che abbiamo già ascoltato ai tempi della legge salvacoste. Siamo abituati, da un lato, a previsioni di catastrofi economiche e sociali, che puntualmente non si verificano, dall'altro all'eterna minaccia della democrazia in pericolo, con il Consiglio schiavo dei poteri del Presidente.
Potremmo riprendere gli interventi fatti due anni fa, nel corso del dibattito sulla cosiddetta legge salvacoste, e rispondere più o meno negli stessi termini. Anche allora si parlava dell'uscita della Sardegna dal mercato turistico, della più grande speculazione immobiliare che si fosse mai vista, argomento ripreso in questo dibattito da molti colleghi, tra cui l'onorevole Artizzu: i terreni perderanno valore, qualcuno glieli ricomprerà, c'è un grande speculatore alle porte, stiamo attenti, c'è qualcuno che sta diffondendo paura per poter speculare sull'acquisto di terreni, perché in futuro i vincoli si allenteranno e questo sarà un grande business alle spalle dei sardi. E' da due anni che sentiamo raccontare questa storia e non abbiamo ancora visto lo straccio di una prova. E anche di questo modo di fare, di cui era protagonista il collega Pili, sinceramente non sentiamo la mancanza.
Dei ricorsi contro "la legge illegittima, la norma illegittima" ha parlato prima l'assessore Sanna, il quale ha spiegato che il Piano paesaggistico regionale è, invece, sui binari della legalità. Ci saranno sicuramente dei ricorsi, che siamo fiduciosi di poter affrontare, come d'altronde abbiamo affrontato quelli che riguardavano la legge salvacoste, che è stata dichiarata legittima a tutti i livelli, compreso quello della Corte costituzionale.
Per quanto riguarda le previsioni catastrofiche, i dati parlano da soli. Il collega Artizzu, in un dibattito svoltosi prima dell'estate, aveva profetizzato un crollo delle presenze turistiche. Ahivoi, questo crollo non è avvenuto! L'assessore Depau ha diffuso dei dati, sviluppati in collaborazione con l'Università di Sassari e Cagliari, che ci dicono che mediamente, non solo nel mese di agosto, ma anche nel mese di aprile, quindi compresi i mesi di spalla, le presenze turistiche in Sardegna sono cresciute del 2 per cento. Non si è perso un solo posto di lavoro in questi due anni, ce lo dicono i dati dell'Osservatorio industriale. Nel 2005 il tasso di disoccupazione è sceso, ma non perché siano diminuiti coloro che cercano lavoro, ed è aumentato il tasso di occupazione. Non so se sia merito dei provvedimenti di questa maggioranza, ma il disastro annunciato non c'è stato in alcun modo!
Personalmente posso essere più o meno soddisfatto, ne possiamo discutere, forse si può fare di meglio, ma non siamo di fronte a disastri, tutt'altro! Siamo di fronte a una strategia della politica dei disastri! E allora dispiace che un collega come l'onorevole Vargiu - io sono anche un ambientalista, sono iscritto a varie associazioni ambientaliste - minacci l'estinzione di una specie, quella della minoranza del Consiglio. Vorrei ricordare al collega Vargiu che la minoranza, anche in questo Consiglio, ha molteplici modi per far sentire la propria voce e che è da dieci giorni che siamo inchiodati a quest'Aula, che ci sottoponiamo ai tempi, ai modi, alle richieste del centrodestra, rinunciando a portare avanti un ordine del giorno stabilito nella Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Giusta e sacrosanta la richiesta, però è da dieci giorni che noi dibattiamo e seguiamo i tempi e i modi della minoranza, e anche quando il Presidente ha dato la propria disponibilità a intervenire in Aula lo scorso mercoledì ci è stato detto che siccome non era certa la presenza nella mattina successiva non si poteva discutere e dovevamo attendere. Quindi credo che la minoranza abbia tempi e modi per farsi ascoltare. E ci riesce pienamente, visto che è da dieci giorni che discutiamo di come portare avanti questo dibattito.
L'altro tema che ho citato, oltre a quello delle catastrofi, è il tema della democrazia in pericolo. Sinceramente, credo che i sardi si siano stancati di questo refrain. Si è parlato di intento di consegnare la Sardegna ai poteri forti; il collega Floris ha parlato di filosofia padronale del Piano, di esproprio del Consiglio regionale di ogni sua prerogativa, e ha posto una questione morale sulla partecipazione del Presidente alle scelte in materia urbanistica parlando di conflitto di interessi. Anche questi sono temi su cui abbiamo discusso e che forse possiamo ancora approfondire, ma credo che la democrazia in Sardegna non sia affatto in pericolo. E l'assessore Sanna, nel suo intervento, ha marcato la differenza tra la qualità della democrazia che stiamo mettendo in campo con questa maggioranza e la qualità assai più scarsa della democrazia che è stata messa in campo nelle legislature precedenti, in cui vi era una minore partecipazione alle scelte. Credo valga la pena ricordare la situazione della Sardegna alla fine della scorsa legislatura, quando le previsioni della legge urbanistica del 1989 sono state completamente disattese dalla pianificazione comunale, quando soltanto diciannove comuni costieri su settantatré, come ricordava il collega Mattana nel suo intervento, si sono dotati, in sedici anni, di un PUC conforme anche alle previsioni dei successivi PTP. Il perché è molto semplice, cari colleghi: è inutile fare una norma di qualsiasi tipo, se nel contempo non si prevede una sanzione per mancato rispetto della norma medesima. E per quanto riguarda la pianificazione urbanistica precedente non c'erano sanzioni! Si poteva continuare a costruire, si potevano portare avanti i piani di risanamento, si poteva approvare tutta una serie di strumenti attuativi. Non c'era nessun blocco e si andava avanti così. Per quale motivo adeguarsi ai Piani territoriali paesistici? Era molto meglio aspettare che i vincoli si allentassero, che ci fossero delle deroghe, che una normativa ancora più permissiva consentisse di dotarsi di strumenti urbanistici in grado di dare risposte molto maggiori alle pressioni speculative sulle coste. E devo dire che, purtroppo, quell'attesa, per un certo periodo, non è sembrata vana. Quando, nel 2003, gli ultimi sette PTP furono caducati dal Consiglio di Stato si aprì uno spiraglio per avviare una pianificazione urbanistica che non recepisse neanche quella minima tutela prevista dai PTP, che ricordiamo furono annullati proprio per il carattere eccessivamente permissivo, perché attenuavano e in alcuni casi eliminavano il vincolo paesaggistico. In quel caso la storia sembrava insegnare che l'attesa poteva pagare e poteva pagare in mattoni! Com'è avvenuto, per esempio, per quanto riguarda le deroghe alla legge urbanistica del 1989, la legge numero 45. Questa legge era sicuramente importante, perché favoriva un certo livello di salvaguardia del territorio, ma fu battezzata con ben duecentotrentacinque interventi in deroga, che derivavano dagli articoli 12 e 13. Duecentotrentacinque interventi in deroga! Fu festeggiato così l'avvio di una nuova fase della pianificazione urbanistica in Sardegna, interventi in deroga che prevedevano la realizzazione di strutture ricettive e di seconde case anche a centocinquanta metri dal mare. E' chiaro che con questo livello di pianificazione urbanistica agli amministratori comunali abbiamo trasmesso il principio che l'attesa paga, che c'è sempre la speranza di una deroga, di un'attenuazione del vincolo. E allora capisco la sorpresa quando cade anche la possibilità di questo intreccio istituzionale, in cui le deroghe probabilmente potevano essere concordate e magari venivano accordate grazie ai nullaosta della Giunta regionale, che allora andavano bene, perché con duecentotrentacinque deroghe probabilmente c'era una deroga per tutti, e quindi non disturbava che fosse la Giunta regionale a concederle. Però anche in quella fase, che doveva costituire, come dire, l'ultimo sacco delle coste sarde, quelle benedette duecentotrentacinque deroghe non erano più sufficienti e con la nuova pianificazione paesaggistica, che aveva le maglie molto larghe, passarono molti altri interventi. Ai nostalgici della zonizzazione e della graduazione dei livelli di tutela vorrei suggerire di leggere i vecchi PTP, che nella zona 2A, cioè la fascia di massima tutela immediatamente successiva a quella dei trecento metri, prevedevano punti di ristoro e strutture a carattere turistico-ricettivo di limitatissima volumetria. Questa è la graduazione del vincolo! In virtù dell'espressione "limitatissima volumetria" la Sardegna è stata il regno della discrezionalità e della soggettività, in quel periodo sì! E grazie a questa discrezionalità, che lasciava a un tecnico comunale, a un ufficio di tutela del paesaggio valutare cosa fosse la limitatissima volumetria, sono stati approvati interventi per centinaia di migliaia di metri cubi. Alcuni, per fortuna, sono stati bloccati successivamente, come quello di Scivu, altri sono andati avanti, come quello di Narbolia o sono in corso di realizzazione. A Cala Grande vi è una minaccia che deriva proprio da quel periodo; a Costa Rei e a Monte Nai sono in corso di completamento degli interventi avviati in quel periodo; su Capo Malfatano pende ancora una minaccia grazie alle interpretazioni che in quel periodo furono date dei Piani paesistici. Sinceramente quello a cui abbiamo assistito nel recentissimo passato non mi sembra che faccia parte del regno del diritto.
Non voglio soffermarmi sul tema del conflitto d'interessi, a proposito del quale mi viene da sorridere. Vorrei sapere se in questo Consiglio regionale c'è qualcuno che non ha interessi! Li ha anche il collega Sanciu, che ha ricordato i suoi interessi, come imprenditore, nel Consorzio Sandalia. E vorrei capire perché il Consiglio regionale è il luogo dove ciascuno di noi riesce ad astrarsi da ogni interesse particolare! Se così fosse, mi domando come mai nella scorsa legislatura, il 16 ottobre 2003, il Consiglio regionale ha scritto una delle sue pagine più nere, quando, a voto segreto, trentatré consiglieri hanno impedito il passaggio all'esame degli articoli di una legge di provvisoria salvaguardia del tutto simile a quella che questa maggioranza ha varato all'avvio della legislatura. Evidentemente c'erano degli interessi e l'incapacità di mediare quegli interessi portò, ripeto, il Consiglio regionale a scrivere una delle pagine più nere della scorsa legislatura. Sicuramente ci fu qualche aiuto trasversale per poter portare avanti quel voto segreto.
LA SPISA (F.I.). Chi chiese il voto segreto allora?
PORCU (Progetto Sardegna). Lo chiese il collega Mario Diana, così dicono le cronache dell'epoca, poi non so, qualcuno ce lo spiegherà nel corso della replica. C'è conflitto di interessi oggi, che si limita la possibilità di costruire, o c'era conflitto di interessi ieri, quando i familiari dell'ex Presidente del Consiglio dei ministri miravano a costruire nella costa olbiese e, nello stesso tempo, il Presidente della Regione, dello stesso partito del Presidente del Consiglio dei ministri, non metteva mano a delle norme minime di salvaguardia. C'è conflitto di interessi oggi o c'era conflitto di interessi ieri, quando da una parte si portava avanti una megaspeculazione immobiliare, quella di Costa Turchese, e dall'altra non si metteva in essere neanche una rete minima di tutela del nostro territorio? Allora, non so come possa esistere in edilizia un conflitto di interessi senza interessi, ovvero senza un via libera a costruire, ma credo che se non c'è stato il Far West nella scorsa legislatura, come ha cercato di spiegare il collega Floris, poco c'è mancato. Sicuramente quel periodo somigliava molto al Far West e personalmente non ne ho nessuna nostalgia.
Sulle questioni di merito, devo dire che pochi, purtroppo, sono stati gli interventi capaci di entrare nel merito. Il collega Cuccu, che si sforza sempre di farlo, anche in Commissione, è tornato sulla necessità della carta dei livelli, cioè sulla necessità di graduare il vincolo. Io credo che uno degli aspetti maggiormente migliorativi, dall'adozione del Piano sino alla sua approvazione, sia stata la sparizione di questa benedetta carta dei livelli. Il vincolo non può essere soggetto a graduazione! Il Piano paesaggistico non può attenuare il vincolo. Il Piano paesaggistico non è il vincolo! Il vincolo sussiste a prescindere dal Piano paesaggistico. Il Piano paesaggistico indica come il vincolo deve essere gestito e se c'è un vincolo paesaggistico non ci può essere una carta che mi dice: qui puoi fare una casetta, lì puoi fare una casotta. C'è il vincolo e basta! Quindi o l'intervento migliora la qualità paesaggistica ambientale o non si può fare, ed è esattamente quello che con molta maggiore semplicità questo Piano paesaggistico oggi riesce a dire e, secondo me, in maniera molto moderna, per quanto difficile da recepire. Sicuramente, però, questo Piano non corre il rischio, che hanno corso gli scorsi PTP, e che il Consiglio di Stato ha denunciato, e cioè che la pianificazione paesaggistica - e qui cito la sentenza della Corte costituzionale - sia un'occasione per contrastare gli effetti del vincolo e non per gestirli. Quindi credo che questo Piano paesaggistico ponga la Sardegna all'avanguardia in Europa nelle politiche di sviluppo sostenibile.
Personalmente, al pari di altri colleghi, ho dei dubbi su alcuni aspetti che andranno rivisti. Molti colleghi, tra cui il collega Balia, hanno sottolineato alcuni punti e credo che il più importante sia legato alle tematiche della perequazione territoriale. E' indubbio che occorra mettere mano alla legge urbanistica; è indubbio che oltre alle cose già fatte, come i piani di marketing per i comuni delle zone interne e la rete ecologica regionale, dobbiamo fare di più per dare prospettive diverse di sviluppo a chi non ha compromesso il proprio territorio. C'è anche una visione, nel Piano, che io ritengo eccessivamente albergocentrica: i campeggi, per esempio, vengono considerati alberghi di ripiego, non hanno dignità di offerta turistica e se ne auspica la sparizione. Personalmente credo che questo sia profondamente sbagliato, perché i campeggi fanno parte, a tutti gli effetti, dell'offerta turistica, hanno una loro dignità e non si capisce perché non debbano coesistere con gli alberghi, visto che c'è chi, come me, e non credo di essere il solo, preferisce andare in campeggio e non in un albergo a quattro o cinque stelle.
Su altri punti non mi voglio attardare, perché ne hanno parlato alcuni colleghi, ma sicuramente si sente il bisogno del Piano di sviluppo sostenibile, che è citato nel PPR, ma non è stato presentato al Consiglio. Ci sono dubbi anche sul fatto che gli impianti eolici non si materializzino nuovamente, visto che attraverso uno strumento forse improprio, come il Piano paesaggistico, stiamo di fatto prorogando una legge di salvaguardia. Io spero che questa sia, in qualche modo, una misura effettivamente difendibile, che non faccia riaffiorare la minaccia delle mille o duemila torri eoliche che il centrodestra pensava di disseminare in Sardegna.
Voglio chiudere dicendo che anch'io sono dispiaciuto per il fatto che il Presidente della Commissione urbanistica non è intervenuto in Aula, perché, fino a prova contraria, egli rappresenta ogni componente di questa maggioranza, nonché ogni componente del Consiglio, quindi anche me. Non aver sentito la voce del presidente Pirisi, non aver potuto conoscere la sua posizione su un Piano così innovativo, che non lascia spazio ai compromessi, che non lascia dubbi tra chi è a favore di una nuova filosofia pianificatoria e chi ha nostalgia della pianificazione urbanistica selvaggia e "fai da te" del passato, a me personalmente, che l'ho delegato e l'ho apprezzato per il lavoro svolto in Commissione, dispiace particolarmente.
Credo che da una parte ci sia chi, come questa maggioranza, ha ottemperato ai doveri di legge, alle deleghe del Governo, ai richiami della magistratura, e dall'altra chi è in qualche modo nostalgico della deregulation. Credo che il Piano comporterà dei costi, soprattutto un costo culturale e il costo della ricerca costante della sostenibilità degli interventi, che richiede un'integrazione profonda fra tessuto economico e sociale e interventi urbanistici, ma credo anche che con questo Piano si restituiscano speranze di sviluppo e non scorciatoie verso la ricchezza per pochi privilegiati.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Diana per una precisazione su un'informazione errata data dal consigliere Porcu. Ne ha facoltà, naturalmente limitatamente a questa precisazione.
DIANA (A.N.). Grazie, Presidente, intervengo solo per ricordare all'onorevole Porcu, che non faceva parte del Consiglio allora, che l'onorevole Diana in quella occasione non era Capogruppo e non poteva chiedere il voto segreto, che invece è stato chiesto dalla controparte, che allora era la minoranza.
Io ho chiesto una sola volta il voto segreto, per garantire quelle prerogative alle quali lei non ha mai rinunciato, onorevole Porcu. Non so se sono stato chiaro!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Atzeri. Ne ha facoltà.
ATZERI (Gruppo Misto). Signor Presidente, carissimi colleghe e colleghi, c'è un'esigenza di chiarezza, a cui si è appellato anche adesso l'onorevole Diana, che allontani l'aria un po' torbida che si respira in quest'Aula: maldicenze, insinuazioni, cattiverie, interessi più o meno palesi, che riguardano anche, stando ai beninformati, cordate imprenditoriali che il presidente Soru vorrebbe favorire.
Per tradizione, noi Sardisti non ci siamo mai accodati al coro dei maligni, per questo motivo, signor presidente Soru, il collega Scarpa e io presentiamo stasera la proposta di legge sul conflitto di interessi, che è ora di riesumare dai cassetti polverosi per rendere legittimità a quest'Aula, perché non si può andare avanti a colpi di maldicenze e insinuazioni. Per noi lei resta una persona in buona fede, chi ha prove si rivolga alle autorità competenti e poniamo fine a questa confusione che vede questa nobilissima Aula trasformata in una vaccheria.
Perché diciamo questo? Perché un'altra azione che ci ha amareggiato profondamente, pur rispettandone la motivazione, è stata l'occupazione dell'aula consiliare. Ci sono sedi opportune dove il dissenso può trovare sfogo, come quella dell'informazione democratica, al di là degli interessi che possono avere i vari editori, e che ci lasciano indifferenti, o del tifo che essi fanno per la minoranza o per la maggioranza. Non rientra, però, nella nostra cultura l'occupazione e quindi la vulnerazione, per la prima volta, di questa nostra nobilissima aula, perché si crea un precedente pericoloso: quando la maggioranza vorrà portare avanti dei disegni di legge o delle azioni che non sono metabolizzabili da una sparuta minoranza, si ricorrerà a questo trauma che il collega Scarpa e io non abbiamo condiviso, pur rispettandolo. Noi non potremo mai fare cose di questo genere.
Il presidente Soru ha perfettamente ragione quando dice che il Piano paesaggistico regionale, per la sua valenza strategica, colma e centra il programma elettorale e politico del centrosinistra. Questo è coerente. Su un altro piano può dirsi che il Piano paesaggistico regionale ha un'importanza tale che condizionerà il modello di sviluppo della Sardegna. Quindi, da qualsiasi parte lo guardiamo, questo Piano, del quale abbiamo avuto comunicazione - poi mi soffermerò su questo - tardivamente dal Presidente, condizionerà per decenni la politica isolana e quindi lo sviluppo della nostra terra.
Per questi problemi di carattere generale, cosa bisognava fare secondo noi, vista l'importanza degli stessi? Bisognava varare il Piano paesaggistico in un contesto interistituzionale, con ampio respiro delle forze politiche e sociali che lo sostengono, proprio per le cose che abbiamo detto. E invece abbiamo visto questo iter sofferto, travagliato, l'esautoramento del Consiglio, la mortificazione della Commissione, che è palese, perché l'incomunicabilità istituzionale porta proprio a questa deriva presidenziale. E' innegabile! Come si può pensare di centrare programmi elettorali esautorando e mortificando coloro che li hanno scritti a quattro mani? E' una contraddizione! Questo è avvenuto. La Commissione certamente ha dato un parere consultivo, dal punto di vista giuridico non è stato commesso nessun reato, però dal punto di vista politico, che è vincolante moralmente, la Commissione doveva essere coinvolta. Invece, affannosamente, ha inseguito, ha richiesto ripetutamente, checché ne dicano i consiglieri della maggioranza, questa benedetta carta o tabella dei livelli di tutela, prevista dal Codice Urbani e mai consegnata. Questo è un mistero, mai consegnata! Il fatto, poi, che siano sopraggiunte innovazioni normative che hanno eliminato l'obbligatorietà di questa carta mica vi vieta di darla comunque alla Commissione e al Consiglio. Non è obbligatorio, ma non è vietato consegnarla, non è un peccato mortale, anche perché la carta dei livelli, che teneva conto di tutto ciò che è successo nel nostro territorio e classificava a seconda dell'importanza monumentale, culturale, storica certi territori, rendendoli quindi più appetibili rispetto agli altri, celava il DNA dello stesso Piano paesaggistico. Non è una sciocchezza! Invece questo è stato impedito alla Commissione. Io non sono uno psicologo, non voglio sapere di silenzi più o meno assordanti. Ho profondo rispetto per la competenza, la classe, la lealtà di certi Presidenti di Commissione, che hanno sempre fatto i crocerossini e adesso sono costretti a un sano silenzio e a una riflessione. Perché succede questo? Perché ingenerare sospetti, perché parlare di discrezionalità? La discrezionalità è qualcosa che qualcuno fa a danno di terzi, che devono subire gli stessi vincoli. Poi questi vincoli non viviamoli con angoscia, se la filosofia è condivisibile. Ho fatto l'esempio, più di un anno fa, della Carta costituzionale. Anche lì non ci sono tanti vincoli che garantiscono, ci sono però valori nobili, come la libertà, la salute, che mettono al centro di questi vincoli l'uomo, la democrazia. Invece, in questo caso la discrezionalità può emarginare, offendere, umiliare. E' questo il disagio di un Consiglio che attraverso questa logica di governo vede questa matrice presidenziale, questa deriva presidenziale!
Noi non siamo abituati a spandere veleni, a criticare ingiustamente chi si impegna tutti i giorni, però siamo fortemente preoccupati. La fortuna di noi consiglieri è quella di avere un Presidente che è garante del dibattito, difensore delle prerogative consiliari, paladino della sovranità del Consiglio. Pensate se per disgrazia di tutti noi avessimo un Presidente con una cultura tecnocratica, della tirannia, un despota, magari ossessionato dalla voglia di governare, di opprimere. Meglio non pensarci, meglio non pensarci!
Allora, se vogliamo veramente restituire legittimità e centralità a quest'Aula dobbiamo abbandonare la maldicenza, dobbiamo fare proposte di legge, che speriamo abbiano, come i disegni di legge, una corsia preferenziale, perché l'attuale legge elettorale, che io ho definito truffaldina e liberticida, dà poteri enormi al Presidente, che li sta esercitando. Però, se noi sottoponiamo il Presidente a un corso di formazione, facendogli capire quanto sia importante portare a casa risultati, come questo Piano, potremo festeggiare, saremo tutti coinvolti, potremo dare il nostro contributo senza fretta. Ecco che cosa è importante, la concertazione.
E' stato detto, tardivamente, dall'assessore Sanna che questo Piano è stato -bontà sua! - notificato ai comuni. Ma ai comuni non si notifica; i comuni si coinvolgono, con essi si concerta, si condividono le azioni. Non parlo di consultazione, che è differente, e lo sappiamo, una cosa è la consultazione altra cosa è la concertazione. E anche su questo noi dobbiamo impegnarci vicendevolmente, per rendere un servizio al popolo sardo, perché siamo in ritardo, ci sono tanti vuoti normativi, però bisogna fare queste riforme, non quelle di facciata, come la legge numero 9 del 2006, che trasferisce funzioni e compiti agli enti locali, e che poi viene dimenticata dalla Regione, che presenta il suo neocentralismo avocando a sé tutto.
Ecco dove stanno le contraddizioni, ecco che cosa hanno ingenerato le dichiarazioni del Presidente della Regione. Eravamo tutti in trepidante attesa di novità su un atto così importante per i prossimi decenni. Oggi abbiamo preso atto di queste notizie e noi assicuriamo la nostra leale collaborazione alla maggioranza, con dei distinguo. Il Piano paesaggistico è all'insegna della saggezza politica e allontana una cultura che non deve mai interessare quest'Aula - mai! -, perché veramente i colleghi perdono in credibilità e, ogni giorno che passa sembra quasi che i partiti, con un sadismo e un masochismo impressionante, facciano a gara per dare un'idea distorta all'opinione pubblica, che sta guardando con trepidazione alla soluzione di questi problemi.
Questo Piano paesaggistico, sul merito, ci vedrà puntualmente dare dei contributi, anche se non facciamo parte della quarta Commissione. Ci auguriamo che in futuro, anche se non siamo presenti, ma siamo rappresentati, ci sia un coinvolgimento maggiore, ci si parli di più, affinché non si ingenerino più questi spettacoli, che non sono decorosi per questo consesso e per i colleghi qui presenti.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Biancu. Ne ha facoltà.
BIANCU (La Margherita-D.L.). Signor Presidente, colleghi, signori della Giunta, intervengo in questo dibattito dopo che i colleghi Manca e Uggias hanno già espresso con dovizia di argomenti la posizione de La Margherita sul merito del Piano paesaggistico regionale. Conseguentemente, il mio intervento vuole concentrarsi, più che sugli aspetti di merito, sulla portata politica che l'approvazione del Piano assume oggi per la nostra Regione.
Innanzitutto, confermo la piena soddisfazione de La Margherita per l'approvazione del Piano paesaggistico regionale. Abbiamo finalmente colmato, colleghi, un pericoloso vuoto normativo che si era creato con la cancellazione dei Piani territoriali paesistici, avvenuta, in parte, nell'ormai lontano 1999. Un vuoto che lasciava amplissime e pregiate parti del nostro patrimonio territoriale esposte al rischio di trasformazioni non pianificate, irreversibili e dannose. Scongiurare questo rischio era una delle maggiori responsabilità per questa maggioranza regionale; una responsabilità che forse non era altrettanto sentita dal centrodestra, perlomeno da una parte di esso, che per mesi si è contrapposto e ancora oggi si contrappone, in maniera vivace e talvolta colorita, al provvedimento di cui stiamo discutendo.
La minoranza ha, infatti, criticato aspramente questo Piano, rivendicando una visione della pianificazione territoriale diversa da quella espressa dalla maggioranza. Considero questo fatto pienamente legittimo, assai meno legittime - a mio avviso - sono state le accuse venute dai banchi della opposizione sullo svuotamento e sulla mortificazione del ruolo del Consiglio regionale. Addirittura, il collega Licandro l'altro giorno diceva: "E' morta l'autonomia, sono morte le istituzioni". Affermazioni così gravi suscitano una domanda, colleghi del centrodestra, che non ha trovato risposta nei vostri ragionamenti. Non ci avete detto perché questa vostra cultura della pianificazione non l'avete espressa durante la passata legislatura, quando eravate maggioranza, producendo gli strumenti normativi che colmassero il vuoto che si era creato già dal 1999. Non ci avete spiegato perché, pur avendo governato le istituzioni regionali per cinque anni, vi siete ben guardati dal porre mano al problema. Cosa ve l'ha impedito? Da un lato vi è forse la mancata capacità di fare sintesi tra le vostre diversità e divisioni, dall'altro probabilmente siete stati obbligati all'immobilità da poteri e interessi che - a mio avviso - hanno continuato a condizionarvi e a influenzare il dibattito sulle regole per l'utilizzo del nostro patrimonio territoriale anche nei primi due anni di questa legislatura.
Non potevamo certo riprodurre anche noi, oggi, la stessa immobilità. Nel 2004 la coalizione Sardegna Insieme si è presentata agli elettori promettendo discontinuità rispetto all'improduttività legislativa e alla evanescenza dell'azione di governo nell'ultima legislatura. Credo che stiamo mantenendo la promessa grazie a un intenso lavoro corale e coordinato di Giunta, Presidente della Regione e Consiglio regionale. A questo proposito voglio fermamente contestare le tesi di chi dice che nel processo che ha portato alla definizione del Piano paesaggistico c'è stato un deficit di partecipazione del Consiglio regionale e un eccesso di decisionismo del Presidente della Regione. Al contrario, nel pieno rispetto della legge numero 8 del 2004, legge, è bene ricordarlo, approvata da questo Consiglio, la Commissione consiliare competente ha svolto la propria funzione in modo approfondito e incisivo. E' noto a tutti, infatti, che proprio la quarta Commissione, con il lavoro sviluppato e in particolare attraverso i pareri espressi, ha avuto la capacità di migliorare in modo significativo la proposta di Piano che è stata approvata. E per smentire l'accusa di verticismo e decisionismo rivolta alla Giunta e al Presidente in relazione alla costruzione del Piano, credo che basti ripercorrere l'evoluzione subita dalla proposta attraverso le diverse tappe del suo iter.
A chiunque volesse confrontare la prima proposta inviata ai comuni nel dicembre del 2005 con il testo adottato il 24 maggio scorso e, infine, con quello definitivamente approvato il 25 settembre, non sfuggirebbero le significative modifiche di volta in volta apportate, finalizzate al recepimento delle osservazioni dei comuni, delle diverse categorie, degli ordini professionali e, naturalmente, della Commissione consiliare competente.
Si può forse dissentire sul risultato, ma non si può certo negare ci sia stato un processo serio, complesso, che ha visto l'impegno e il lavoro intenso di una pluralità di soggetti. Tra questi voglio ringraziare, a nome del Gruppo La Margherita, proprio la quarta Commissione consiliare e il suo Presidente per l'importante lavoro istituzionale svolto nella fase delle audizioni e nella formulazione degli articolati pareri. E un ringraziamento voglio anche indirizzare all'assessore Gian Valerio Sanna, per l'impegno profuso nella predisposizione e nella successiva definizione di questo importante strumento normativo; uno strumento frutto di un dibattito ampio nel quale, purtroppo, è mancato spesso il contributo del centrodestra che, anziché confrontarsi sul merito delle misure in discussione, ha preferito nascondersi dietro un fuoco di sbarramento fatto di slogan, di polemiche, di accuse propagandistiche e pretestuose. Basti ricordare i tentativi di referendum abrogativi promossi durante la campagna elettorale di questa primavera, con i quali, peraltro, avete dimostrato di non conoscere le leggi o, più verosimilmente, siete stati bocciati dai sardi sul tema proposto, cioè quello dell'abrogazione del Piano paesaggistico.
Anche negli interventi in Aula la minoranza si è soprattutto esercitata nella ripetizione a oltranza dell'accusa rivolta alla Giunta e al Presidente di eccesso di discrezionalità, se non di arbitrarietà. Tuttavia, in quegli stessi interventi, non abbiamo potuto rintracciare nemmeno un esempio concreto che indicasse dove sarebbero stati esercitati l'eccesso di discrezionalità e l'arbitrio. E non si vede come sarebbe stato possibile, visto che questo Piano, proprio per la sua previsione di regole severe, in realtà cancella i margini di discrezionalità e ancor più di arbitrarietà, che la Regione e i comuni avrebbero potuto esercitare in materia di pianificazione del territorio.
Su un'altra accusa che considero infondata, secondo la quale il Piano affermerebbe una sorta di nuovo centralismo della Regione a discapito del ruolo e dell'autonomia degli enti locali, vorrei ricordare soltanto tre elementi, a mio avviso, importanti, che hanno caratterizzato l'iter del Piano paesaggistico: la scomparsa dei piani a regia regionale, la scomparsa della delibera di autorizzazione della Giunta, precedentemente prevista per la realizzazione di interventi edilizi, la definizione del Piano sulla base della legge numero 45 del 1989 e non di nuove norme da approvare. Si tratta di tre passaggi nodali che hanno orientato il carattere del Piano nella direzione del rafforzamento della centralità dei comuni in materia di pianificazione del territorio, rispondendo a un'esigenza da subito richiamata sia dagli stessi enti locali sia dalla Commissione consiliare.
Qualcuno ha inoltre parlato di maggioranza umiliata, addirittura sconfitta. Sono affermazioni paradossali anch'esse, inevitabilmente smentite dai fatti. Questa maggioranza, infatti, risulta oggi decisamente rafforzata innanzitutto dal risultato che ha ottenuto - la realizzazione di un fondamentale obiettivo programmatico fortemente sentito dalla società sarda - e in secondo luogo dal modo attraverso cui l'ha ottenuto.
Il centrosinistra ha dato vita a un dibattito autentico, approfondito, aperto alla società sarda, ma anche intenso e a tratti acceso al proprio interno. Abbiamo espresso alla luce del sole le nostre opinioni, anche quando sembravano divergere, ma, lavorando con serietà e con la volontà di trovare una sintesi, siamo stati capaci di arrivare in tempi congrui al varo di un provvedimento che rappresenterà certamente uno dei frutti più significativi della presente legislatura.
Mi dispiace per l'opposizione, ma sono proprio i passaggi come questo che rafforzano la maggioranza, rendendola più coesa è ancora più motivata nel perseguire la realizzazione del programma di governo della nostra regione.
Per noi de La Margherita, per il Gruppo consiliare come per il partito, proprio la realizzazione del programma sul quale gli elettori ci hanno dato fiducia è la bussola che orienta ogni giorno il nostro impegno politico e istituzionale. L'abbiamo affermato in più di un'occasione, e lo vogliamo richiamare oggi, rimarcando la nostra soddisfazione per aver concluso nei tempi dati l'iter di approvazione di quello che abbiamo sempre considerato uno dei punti più importanti del programma della coalizione Sardegna Insieme.
Abbiamo sostenuto questo provvedimento fin dalla sua prima formazione, convinti dell'importanza di fissare regole certe e chiare in materia di pianificazione territoriale, per bloccare, da un lato, il consumo sregolato e irreversibile del nostro ambiente e del nostro paesaggio, garantendone la salvaguardia, e per creare, dall'altro, condizioni che trasformino finalmente il nostro inestimabile patrimonio territoriale nel motore di uno sviluppo autogeno e sostenibile capace di dare una prospettiva di crescita e benessere anche per le generazioni a venire. Per questo abbiamo collaborato lealmente e con impegno, sia durante i lavori della Commissione sia negli incontri non istituzionali, sempre con l'intento di contribuire a migliorare i contenuti del Piano. Per questo siamo ora pronti a proseguire l'applicazione, valutando il dispiegarsi dei suoi effetti alla luce delle finalità che ho appena richiamato. Siamo, infatti, consapevoli del fatto che, avendo dato alla luce un provvedimento innovativo e complesso, potremmo anche doverci misurare, dopo una prima sperimentazione, con l'eventualità di doverlo affinare ulteriormente con modifiche e adeguamenti magari finalizzati ad armonizzare il Piano con i nuovi strumenti legislativi che approveremo nei prossimi mesi. Penso, in particolare, alla nuova legge urbanistica e al piano per il turismo sostenibile.
Consideriamo, dunque, il Piano paesaggistico che è stato approvato come il primo importante tassello di un più generale mosaico normativo che regoli il governo del territorio regionale in modo equilibrato, basato sull'unitarietà dei valori paesistici, ambientali e culturali che caratterizzano l'intera Sardegna e sulla inscindibilità delle sorti delle zone costiere e di quelle più interne. Anche per i prossimi impegni legislativi in materia di urbanistica e territorio siamo, quindi, pronti a proseguire il cammino iniziato con questo Piano. Dovremo definire con chiarezza le finalità e le priorità da perseguire e, una volta fissate le indispensabili competenze di livello regionale, costruire le condizioni per far crescere le iniziative e l'autonomia decisionale locale; iniziative e autonomia rispetto alle quali la Regione avrà soprattutto un compito di indirizzo, di guida e di controllo.
Alla base di questo lavoro noi continueremo a porre, come è ovvio, la nostra visione del modello di governo del territorio e dello sviluppo della società sarda, ma continueremo a porre anche l'affermazione di una dimensione etica di quella visione e dell'interesse pubblico come elemento generatore della nostra azione politica. Continueremo a lavorare sulla base del dialogo e di un confronto approfondito con le istituzioni e con i soggetti collettivi interessati allo sviluppo sostenibile della nostra Regione e continueremo a proporre uno spazio di dialogo e confronto anche con il centrodestra, perché siamo convinti che, pur nella profonda diversità di cultura politica e di programmi, tutte le componenti di questo Consiglio regionale devono condividere il proseguimento dell'interesse comune, al di fuori del quale c'è solo la possibilità di una battaglia continua, ma sterile, basata sulla contrapposizione di schieramento o, peggio, sulla tutela di interessi particolari.
In conclusione La Margherita saluta con grande favore l'approvazione del Piano paesaggistico regionale, che farà finalmente cessare il vuoto normativo e l'anarchia edificatoria che abbiamo ereditato, e si prepara a proseguire il lavoro finalizzato alla realizzazione di un nuovo duraturo equilibrio tra la nostra comunità regionale e l'inestimabile patrimonio territoriale che essa ha in dote.
PRESIDENTE. Onorevole Porcu, lei è già intervenuto, su che cosa intende ancora parlare?
PORCU (Progetto Sardegna). Vorrei intervenire per fatto personale. All'onorevole Diana è stato concesso.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà..
PORCU (Progetto Sardegna). Il collega Diana prima ha voluto precisare di non essere stato colui che aveva richiesto il voto segreto nella seduta del 16 ottobre 2003. Io vorrei a mia volta precisare che non era mia intenzione fare il suo nome, ma sono stato sollecitato in tal senso da un suo collega, che voleva sapere chi aveva chiesto il voto segreto.
Siccome il collega Diana ha parlato come se io avessi menzionato qualcosa di non vero, ho chiesto i verbali di quella seduta da cui risulta che effettivamente il collega Diana chiese il voto segreto in merito alla legge di provvisoria salvaguardia.
Ci tenevo a precisare che non ho affermato niente di diverso dalla realtà dei fatti.
PRESIDENTE. La memoria ha tradito l'onorevole Diana.
DIANA (A.N.). Posso, Presidente?
ARTIZZU (A.N.). Gli dia la parola.
PRESIDENTE. No, eventualmente apriremo il dibattito un'altra volta. Le ho già dato la parola, onorevole Diana. E' stata fatta una verifica, naturalmente, e così risulta agli atti, il merito di quella sua richiesta non è dato saperlo.
E' iscritto a parlare il consigliere Marrocu. Ne ha facoltà.
MARROCU (D.S.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, cari colleghi, ogni volta che questa Assemblea viene chiamata a confrontarsi su provvedimenti importanti - e sappiamo quanto sia importante l'approvazione del Piano paesaggistico regionale - puntualmente molti colleghi del centrodestra lanciano l'allarme, manifestano questa voglia di interrogarsi sullo stato della salute della democrazia in Sardegna e ci avvertono che siamo quasi a una deriva antidemocratica. Io non ho vissuto, in questi due anni di legislatura, né vivo adesso alcun disagio, non ho mai vissuto in subalternità, anzi ho sempre osteggiato un certo atteggiamento cortigiano e ruffiano anche quando lo si intravedeva tra le nostre file. Non ho mai vissuto in subalternità, non ho mai tenuto la testa china e non mi sono mai sentito ferito o minacciato. Anzi, questo Consiglio regionale, in questi due anni, ha riacquistato quella dignità che stava rischiando di perdere, minacciata non dal despota che impedisce un dibattito vero, ma minacciata e offesa semmai da ciò che è avvenuto non solo nell'ultima legislatura, ma anche nei dieci anni precedenti, che ha trasmesso ai sardi un'immagine nefasta di questo Consiglio.
Poc'anzi Chicco Porcu, e mi dispiace coinvolgere un compagno che apprezzo tanto per la sobrietà che ha dimostrato in questi anni di lavoro consiliare, ricordava il periodo in cui i provvedimenti venivano approvati all'unanimità in Commissione, senza che ci fosse una vera discussione, un vero confronto, e ci si affidava alla manina infedele che nell'urna decideva le sorti della Giunta, degli Assessori e del Presidente.
CAPPAI (U.D.C.). Voi non ne sapete niente?!
MARROCU (D.S.). Quella che faceva sì che, in Consiglio, su 130-140 votazioni la Giunta cadesse per ben 80 o 90 volte e ciò nonostante rimanesse su quei banchi. Quel comportamento offendeva l'Aula e poteva toglierle dignità. Io ritengo che, invece, in questi due anni, questo Consiglio regionale - e io mi onoro di appartenere al Gruppo D.S. e a questa maggioranza - abbia approvato più leggi difficili e qualificanti di quante non ne siano state approvate nell'intera legislatura precedente. Segno che in questo Consiglio si lavora attraverso il confronto vero e la discussione, per arrivare all'approvazione dei provvedimenti che si ritengono giusti, anche quando questi aprono problemi e scontri non solo con la società sarda e con interessi in essa diffusi, ma anche all'interno della stessa maggioranza. Ma non si evita la discussione facendo sì che i provvedimenti approvati all'unanimità in Commissione muoiano poi nel segreto dell'urna, senza che nessuno venga chiamato a risponderne.
Noi abbiamo scelto un'altra strada. Molti colleghi mi dicevano: "Voi D.S. vivete un imbarazzo, in questo momento. C'è stato un lungo braccio di ferro, uno scontro forte tra D.S., maggioranza e Giunta". Io non provo nessun imbarazzo e nessun disagio. C'è stato un confronto vero, alla luce del sole, forse anche troppo alla luce del sole, visto che non sempre la rappresentazione di questo dibattito corrisponde ai veri obiettivi che si è posto chi questo confronto ha avviato. C'è stato un impegno notevole da parte dei D.S., in studi, incontri, seminari che hanno coinvolto tutte le intelligenze e tutte le professionalità presenti nel nostro partito, a cominciare dall'egregio lavoro svolto dalla maggioranza, dai nostri due commissari della quarta Commissione, dal presidente Pirisi, che ha avuto il riconoscimento di tutto il Consiglio regionale, e dal collega Mattana, che ha dimostrato di saper dare il proprio contributo in modo equilibrato, preciso e competente.
Del presidente Pirisi credo che tutto si possa dire tranne che non abbia il coraggio di intervenire e dire la propria opinione. Ha scelto una strada che, secondo me, gli fa onore, la strada del rispetto verso una Commissione che aveva espresso un parere, che era la sintesi di un lungo lavoro di interlocuzione con gli enti locali. Gran parte delle proposte avanzate in Commissione sono state recepite dalla Giunta regionale nell'approvazione del Piano paesaggistico. Il collega Pirisi ha ritenuto opportuno - lo potrà chiarire egli stesso -, prima di dare un suo parere ufficiale, coinvolgere nuovamente la Commissione per valutare il risultato del lavoro compiuto e ciò che è stato recepito dalla Giunta.
Non c'è nessun silenzio imbarazzante, nessun silenzio assordante, al contrario di quanto sosteneva l'onorevole Capelli. I D.S. sono qui ed esprimono alla luce del sole le loro posizioni. Su un punto, però, in tutto questo percorso del Piano paesaggistico, anche nei momenti - uso un termine forse improprio - più aspri del confronto tra noi e la Giunta, tra noi e il Presidente, o tra la maggioranza e la Giunta, non c'è mai stato contrasto, ed è quello che riguarda la tutela, la salvaguardia del nostro patrimonio ambientale. Guardate, l'ho detto più volte in quest'Aula, io sono convinto che difendiamo il nostro turismo solo ed esclusivamente con questa impostazione. Sono convinto che l'unico elemento che rende concorrenziale l'industria turistica sarda nel mondo sono le bellezze naturali e quando si rischia di perdere quest'unico elemento, che fa sì che pur di fronte a costi molto alti, a una scarsa offerta di servizi e infrastrutture, alle difficoltà dei trasporti (uno su mille ce la fa, diceva il collega Capelli, citando impropriamente il problema dei trasporti), in Sardegna comunque si arrivi, nonostante le vostre previsioni catastrofiche, non resta che salvaguardare queste bellezze naturali. Ed era questo l'obiettivo della maggioranza.
Credo che sia straordinariamente positivo il fatto che la Sardegna abbia oggi il suo Piano paesaggistico. Il collega Uras diceva: "Positivo intanto perché esiste", mentre in passato questa Assemblea ha ignorato il fatto che il Consiglio di Stato avesse annullato i Piani territoriali paesistici e non si è curata di approvare neppure delle norme di provvisoria salvaguardia, anzi la relativa proposta di legge fu fatta cadere utilizzando il voto segreto. Quindi questo è l'elemento che ci caratterizza.
Noi avevamo due obiettivi, come Gruppo D.S., intanto quello di rafforzare il Piano paesaggistico, rendendolo giuridicamente inattaccabile. Ecco perché apprezzo il lavoro svolto dalla Commissione che va prevalentemente in questa direzione, grazie anche all'apporto molto professionale dei funzionari del Consiglio regionale. Noi volevamo che il Piano fosse inattaccabile per dare alla Sardegna delle regole in materia urbanistica. Il collega Floris diceva: "C'è tanta tradizione". Proprio per tener fede a questa tradizione abbiamo voluto che questo Piano fosse condiviso dalla maggioranza. E' un provvedimento che segna una svolta, che segna una legislatura, pertanto non poteva rimanere solo come atto della Giunta e del Presidente, ma doveva essere condiviso dalla maggioranza e dai sardi, perché un piano condiviso è inattaccabile e non potrà, un domani, essere travolto.
Il nostro secondo obiettivo era quello di dare certezza di diritto. Ho precisato in Commissione, l'ho detto anche al Presidente, che non intendevo affidare né nelle mani del presidente Soru né in quelle della Giunta o del sindaco di un qualsiasi comune la possibilità di decidere se un intervento si potesse o non si potesse fare. E chiedevamo la tabella dei livelli in funzione di questo, per conoscere i gradi di vincolo e di valore paesaggistico che insistono su quell'area. Abbiamo risolto questo punto con la modifica dell'articolo 20, che stabilisce in modo certo che la fascia costiera è un bene paesaggistico unitario e che in quella fascia si può fare solo ciò che è stabilito, cioè completare le opere che hanno di fatto già compromesso in modo irreversibile lo stato dei luoghi, fare interventi di recupero urbanistico e avviare processi di risanamento.
Anche qui, noi abbiamo delle riserve sulla premialità volumetrica, ma non sposiamo la vostra tesi, vogliamo solo suggerire una gestione corretta di questa premialità. Mi viene, però, da sorridere, a questo proposito, perché voi attaccate il Piano dicendo: "Premia chi non è stato corretto, chi non è stato virtuoso e penalizza chi invece lo è stato". Voi, in pratica, sostenete la tesi che chi non ha costruito è virtuoso e chi ha costruito ha compromesso i luoghi, quindi il più virtuoso di tutti è chi non vuole far più costruire! O lo accusiamo di essere virtuoso? Può darsi che abbia ragione l'assessore Sanna quando dice che non tutto ciò che si è costruito in Sardegna ha compromesso il territorio e che non sempre non si è costruito per virtuosità, ma magari anche per incapacità degli amministratore di avviare processi di sviluppo del proprio territorio. Questo testimonia comunque un'incoerenza. Io sono convinto che in Sardegna ci siano state tante speculazioni immobiliari, camuffate da investimenti turistici, ma ci sia stata anche industria turistica vera, che ha qualificato, premiato e fatto conoscere la Sardegna nel mondo. Allora, si tratta di utilizzare questa premialità non per agevolare chi è stato scorretto, ma per favorire i processi di risanamento e riqualificazione, per far sì che magari laddove si è investito solo sulle seconde case, causando problemi nei territori, le strutture realizzate possano essere convertite da residenziali in ricettive, magari favorendo lo spostamento delle attività verso l'interno, premiando i progetti di riqualificazione e risanamento ed evitando di concedere volumetrie ulteriori a chi ha già beneficiato di quanto previsto in tal senso dalla legge numero 45. Magari si possono premiare i territori che hanno rispettato le volumetrie previste dalla legge e che hanno dimezzato le volumetrie nelle zone F, e non premiare i territori che hanno invece approfittato dell'annullamento dei PTP per ignorare quel dimezzamento. Bisogna utilizzare la premialità volumetrica con saggezza, per rimediare a quanto di brutto si è fatto, per scongiurare operazioni immobiliari speculative e favorire invece lo sviluppo dell'industria turistica.
Noi chiediamo, quindi, alla Giunta una gestione corretta, seria, dinamica e positiva della premialità, così come non nascondiamo - lo abbiamo scritto persino nel documento che ha salutato come storico questo risultato - le nostre perplessità su quanto ha approvato la Giunta in materia di agro. Non le nascondiamo! Io apprezzo intanto che si sia distinta la fascia costiera dalla zona interna, per la quale la normativa è ancora tutta da studiare; in secondo luogo apprezzo che si sia fatta una distinzione tra chi è imprenditore agricolo e chi non lo è. Possiamo affermare che si è consentito un uso improprio di certe aree, che non era consentito neanche dal decreto che ha l'onore di chiamarsi decreto Floris, cioè si è consentito di realizzare delle vere e proprie residenze in aree agricole ricoperte solo di macchia mediterranea e che non avevano nessuna potenzialità agronomica? Possiamo ammettere che quelle residenze sono state considerate vani appoggio per attività agricole in terreni in cui di attinente all'agricoltura non c'era nulla? Guarda caso queste ville, nate in modo speculativo, i cui proprietari magari non pagano l'IRPEF nella nostra regione perché residenti fuori della Sardegna, sono tutte situate nelle zone costiere! Che ci fosse la necessità di mettere fine a un utilizzo improprio e illegittimo del territorio in Sardegna è fuor di dubbio. E allora, la distinzione tra aziende agricole e non agricole è importante. Io parlo di aziende, non solo di imprenditori, perché, per esempio, anche un libero professionista può avere un'azienda agricola. Io avrei preferito altre soluzioni, l'ho detto più volte. Avrei preferito la scelta di imporre una certa tipologia di costruzione, perché non è soltanto la dimensione dell'azienda che determina la possibilità o meno di costruire. Se sussiste un vincolo paesaggistico, si possono possedere anche cento ettari di terreno e non potervi costruire nulla. Avrei preferito che si fosse evitata la confusione tra norme paesaggistiche e norme urbanistiche, perché mentre la Regione ha competenze delegate in materia paesaggistica non ne ha in materia urbanistica, ma su questo ci torneremo, ci confronteremo e verificheremo. Può darsi, poi, che una previsione vincolistica così rigida venga confermata, perché ci convinciamo che è giusta, o che l'applicazione concreta del PPR dimostri che forse un atteggiamento differente, come quello che noi indicavamo, potrebbe andare meglio. Lo verificheremo in questi mesi, certo è che c'era bisogno di stabilire delle regole. C'è stata una discussione, un confronto e poi ognuno si è assunto le proprie responsabilità.
Con la legge numero 8 del 2004 il Consiglio ha delegato la Giunta ad approvare il Piano paesaggistico regionale, e la Giunta lo ha approvato, dopo un confronto, una discussione, un dibattito vero anche al nostro interno e in Commissione. Credo che, oggi, noi dobbiamo affermare che ci sono altre tappe che possono esaltare il ruolo del Consiglio; una di queste è l'approvazione della legge urbanistica. La si approvi il più presto possibile, la Commissione si metta a lavorare sulla legge urbanistica. C'è, tra l'altro, da predisporre il Piano paesaggistico per la restante parte del territorio e in quella occasione verificheremo se qualche passaggio di ciò che abbiamo fatto finora dovrà essere rivisto o confermato. Certo è che il lavoro fatto è tanto e anch'io mi unisco ai ringraziamenti al Presidente della quarta Commissione, all'intera Commissione e all'Assessore dell'urbanistica, anche perché i tempi che insieme ci siamo dati sono stati rispettati.
Vorrei fare un'ultima considerazione sul rapporto con gli enti locali. Una delle questioni da verificare è quella di cui ho parlato prima, e cioè alla Regione è comunque demandata la pianificazione paesaggistica e, badate, che gli amministratori locali spesso hanno bisogno di regole certe, perché la pressione che si esercita sui sindaci, che si esercita nel territorio, è tale da non poter essere sopportata dal singolo amministratore locale. Allora c'è bisogno, anche qui, di regole certe, però i comuni comincino intanto ad approvare il proprio PUC, a iniziare dal Comune di Olbia, che ha avuto uno sviluppo enorme senza aver mai approntato un PUC, ma soltanto piani di risanamento. Cominci il Comune di Olbia a darsi delle regole, a curare meglio il proprio territorio. Penso che anche la regola di dotarsi di piani particolareggiati sia condivisibile, perché salvaguardare e sviluppare il patrimonio urbanistico è un fatto positivo.
Ripeto, noi D.S. non proviamo né abbiamo mai provato alcun imbarazzo; neanche nei momenti più aspri della discussione e dello scontro c'è mai stata divisione tra noi, la maggioranza e la Giunta sugli obiettivi. Riteniamo che questi obiettivi siano stati raggiunti e salutiamo questo Piano come un provvedimento positivo. Ci sarà un confronto sui punti di divergenza tra la posizione della Commissione, che noi condividiamo totalmente, e quella della Giunta, e questo confronto continuerà nella gestione dinamica del Piano paesaggistico e nella prossima tappa, che è il completamento del Piano stesso.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere La Spisa. Ne ha facoltà.
LA SPISA (F.I.). Il presidente Soru non è in aula.
PRESIDENTE. La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 19 e 56 , viene ripresa alle ore 19 e 59.)
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere La Spisa. Ne ha facoltà.
LA SPISA (F.I.). Signor Presidente, non so se utilizzerò tutto il tempo, però credo sia importante iniziare con una precisazione. Questo dibattito, come hanno sottolineato alcuni colleghi, è stato preceduto da un'iniziativa dei Gruppi della opposizione, che certamente si può definire e noi stessi definiamo irrituale rispetto alle dinamiche ordinarie del dibattito consiliare. Ma questa irritualità non era dovuta a una decisione improvvisa o presa a cuor leggero da parte nostra. Noi abbiamo rispetto per questa Assemblea parlamentare, che rappresenta ciò che tutti noi conosciamo bene, rispettiamo e tentiamo anche di rappresentare: l'identità, la cultura, le concezioni della vita, le concezioni della politica. Quindi le dinamiche del confronto parlamentare sono disciplinate, giustamente, da regole certe e condivise e, questa certezza noi non la vogliamo dimenticare neanche quando la violiamo.
Ritengo, però, che questa violazione, questa irritualità noi dovessimo assolutamente compierla. Infatti, siamo ormai quasi alla metà di una legislatura che, per la prima volta, si svolge secondo una forma di governo derivante da un sistema elettorale nuovo, che pone un nuovo modello di rapporti tra maggioranza e opposizione, tra organo legislativo e organo esecutivo, tra potere di governo e potere di indirizzo politico; un modello profondamente modificato rispetto a tutto quello che aveva caratterizzato sessant'anni di autonomia regionale. La forma di governo presidenziale è in fase di prima applicazione e noi abbiamo preso questa iniziativa, e non escludiamo che non rimanga un'iniziativa isolata, perché riteniamo che questa prima fase di applicazione del sistema presidenziale, della nuova forma di governo stia veramente mostrando rischi di involuzione molto grave.
La materia che stiamo trattando, la materia per la quale abbiamo chiesto questo dibattito, riguarda valori e interessi importantissimi per qualunque regione, ma che per la Sardegna sono ancora più importanti. Il territorio, il paesaggio, l'ambiente, l'identità che si vive anche attraverso il territorio forse sono in secondo piano soltanto rispetto al capitale umano, alla cultura, alla tradizione del nostro popolo, ma uomo e territorio costituiscono un binomio inscindibile. Per questo il modo in cui gli atti di legge, gli atti amministrativi, gli atti di pianificazione trattano il rapporto tra la società e il territorio costituisce veramente un problema di importanza decisiva. Abbiamo valutato il modo in cui l'attuale Governo regionale e l'attuale maggioranza hanno trattato e stanno tuttora trattando questo rapporto, anche in questo dibattito, in cui si è assistito, soprattutto negli ultimi interventi, a una manifestazione di servilismo veramente poco edificante anche per chi lo esercita, oltre che per noi che siamo costretti a esserne spettatori.
Noi non intendiamo assolutamente scindere le responsabilità del Governo da quelle della vostra maggioranza; avete tutti e due la stessa responsabilità, anche per quanto riguarda il procedimento che ha portato all'approvazione del Piano paesaggistico regionale. Abbiamo dovuto constatare che vi è stata una leggerezza, una spregiudicatezza e una capacità di coprire tutto questo con l'ipocrisia che davvero costituiscono un pericolo per l'assetto istituzionale della nostra regione, perché l'assetto istituzionale non lo si modifica soltanto con le norme, con le leggi, ma lo si può modificare anche con una prassi che trasferisce competenze dal sistema legislativo al sistema regolamentare o pianificatorio andando contro l'equilibrio dei poteri.
In questa materia, è in discussione il rapporto tra il potere legislativo e il potere esecutivo, e questo è nella dinamica che ha portato, internamente alla Regione, all'approvazione del Piano paesaggistico. Ma c'è un problema ancora più forte, che è stato sottolineato più volte fuori di quest'Aula e poche volte in quest'Aula dalla maggioranza. E' il problema della uguale dignità tra l'istituzione regionale e i poteri locali, tra la Regione e i comuni in particolare, che la maggioranza ha svilito, soprattutto negli ultimi interventi, a un banalissimo e quasi offensivo invito ai comuni a dotarsi del PUC. E' stato detto: "Ma cos'hanno da lamentarsi? Comincino a fare quel che devono fare". Una subdola insinuazione, che rivela una mentalità profondamente minata dalla sfiducia nell'autorevolezza e nella responsabilità dei nostri amministratori locali.
Poco fa il Capogruppo dei D.S. ha detto: "Chi vive l'amministrazione locale è soggetto a pressioni". E noi dobbiamo - sembrerebbe questa la conclusione - alleggerire questi poveri amministratori locali, questi poveri sindaci, questi poveri consiglieri comunali dalla pressione che può arrivare loro dai poteri locali per l'approvazione di questo o di quell'altro strumento urbanistico o per l'approvazione di questa o di quell'altra concessione edilizia. Solleviamoli da questo peso insopportabile per una cultura democratica e amministrativa evidentemente arretrata dei nostri comuni. Sembra che vogliate dire questo! E' questo il messaggio che da quest'Aula, questa sera, vogliamo far passare? La pari dignità tra il sistema istituzionale regionale e quello locale è un valore costituzionale e statutario assolutamente da rispettare. Questo principio lo avete scritto e approvato voi e oggi lo banalizzate dicendo che bisogna allontanare dalla realtà locale il rischio di scelte che possono essere condizionate da poteri forti. Forse che, concentrando, così come state facendo, le decisioni nel vertice regionale i poteri forti saranno meno forti? E il sistema regionale sarà più forte e più capace di evitare scomode e difficili pressioni, che sia un uomo solo o chiunque altro a gestire questo Piano paesaggistico? Come ha detto il Presidente - ed è forse l'unica cosa che possiamo condividere del suo intervento - certamente anche altri dovranno gestire questo Piano. E dopo questo Piano paesaggistico regionale, dopo le riforme che state facendo, dopo la concentrazione del potere nel vertice, certamente questa poltrona, questa carica sarà sempre più ambita! E per arrivare a questa carica combatteranno uomini che avranno sempre meno capacità politica e sempre più solide ramificazioni nei poteri finanziari, regionali, nazionali e forse internazionali. Varrà la pena investire nella campagna elettorale per la Presidenza della Regione! D'ora in poi ne varrà sempre più la pena! E il confronto sarà sempre di più ristretto a persone che o hanno soldi propri o hanno la capacità di procurarseli. Questo è quello che noi vogliamo evitare, e cercheremo ancora di non limitarci nelle azioni di protesta se questa deriva continuerà a essere presente in quest'Aula. Questo è il vero rischio.
Ma perché diciamo questo? Diciamo questo - ed entro nel merito - perché questo Piano stravolge tutto un sistema normativo che aveva previsto un metodo, un modello di distribuzione dei poteri dalla Regione agli enti locali che culminava nell'atto amministrativo della concessione edilizia. Poi l'Assessore può argomentare come crede, dicendo che non si deve confondere il Piano paesaggistico con la pianificazione urbanistica, perché non sono la stessa cosa. Lo sappiamo bene, ma questo Piano paesaggistico è di fatto lo strumento principale della politica urbanistica; lo è oggi e lo sarà nei prossimi anni. Lo sappiamo noi, ma lo sapete bene anche voi! E lo sapete tanto bene che avete infarcito le norme di attuazione del Piano di frecce che indicano la Giunta regionale. E' inutile che diciate che sono state tolte quelle norme che indicavano la Giunta regionale come l'organo che dovrà decidere sulle questioni principali, attraverso proprie delibere e attraverso lo strumento dell'intesa, che voi inserite fra gli strumenti di attuazione del Piano. L'articolo 11 dice esplicitamente che il Piano verrà attuato attraverso la pianificazione provinciale e comunale, i piani delle aree protette e le intese tra Regione, province e comuni interessati, ma nel quinto comma di questo stesso articolo prevedete che, nel caso in cui sia attivato il procedimento relativo all'intesa a iniziativa della Regione o del comune interessato, il raggiungimento dell'intesa è condizione per l'adeguamento degli strumenti urbanistici alle nuove prescrizioni. Cosa c'è di diverso tra questa disposizione e i piani a regia regionale o i piani di azione paesaggistica che avevate previsto nella prima adozione del Piano? Che differenza c'è? E' soltanto la copertura ipocrita di un nuovo strumento di pianificazione urbanistica che mutuate dal sistema complessivo di altre norme. Con questa semplicissima parola, "intesa", voi di fatto condizionate d'ora in poi la pianificazione urbanistica nei livelli inferiori a quello regionale. Ed è assolutamente vero che sia nel parere della Commissione sia nell'unico intervento coraggioso che ho sentito stasera, che è quello dell'onorevole Balia, rimane ancora il dubbio sulla legittimità di un Piano, e quindi di un sistema di pianificazione urbanistica a cascata, che può essere modificato con un atto amministrativo e non con una legge.
Voi potete pure sperticarvi negli elogi più evidenti, e anche più ipocriti, nei confronti dell'Assessore dell'urbanistica, del Presidente della Regione, del Presidente della Commissione urbanistica e persino degli uffici (che ovviamente io ringrazio sempre, anche per dovere di parte), ma soltanto per coprire l'ipocrisia e l'incapacità di assumere in quest'Aula decisioni e prese di posizione chiare. Quello che sta accadendo è che attraverso questo Piano, con queste intese, voi create un sistema che interviene sul sistema della pianificazione, ma che di fatto incide sul mercato immobiliare. Il collega Diana ha lucidamente affermato nel suo intervento, e sottoscrivo le sue parole, che il mercato immobiliare è oggi sottosopra (noi lo sappiamo e lo diciamo, voi non lo dite ma lo sapete perfettamente): valori crollati, valori gonfiati a dismisura, contrattazioni, trattative, offerte altissime su aree vincolate. Ma perché? Su che cosa sperano, su che cosa contano? Questa è l'origine della discrezionalità che sfiora e potrà sfiorare l'arbitrio di questo sistema di pianificazione paesaggistica e urbanistica che avete inaugurato. Questo Piano vuole vincolare, vuole porre fine alle speculazioni del passato e noi certamente sottoscriviamo la necessità che speculazioni come quelle del passato vengano evitate.
Apro e chiudo una parentesi, per invitare il collega Porcu, in riferimento alle duecentocinquanta deroghe a cui ha fatto cenno, a rivedere i verbali e le notizie di stampa per dirci chi era l'Assessore dell'urbanistica in quegli anni e a quale partito oggi faccia riferimento. Ma si sa, i voti e i sostegni non fanno mai schifo se vengono al proprio mulino. Non fa assolutamente ribrezzo che chi ha concesso quelle deroghe sia oggi un vostro fedelissimo alleato!
Noi diciamo che questo Piano ha innescato veramente un timore che sfiora il terrore per i vincoli generalizzati che sono stati previsti. D'altra parte, però, questo Piano genera anche un'altra cosa molto più pericolosa: se fosse stato davvero un Piano vincolistico, Presidente, se fosse vero quello che lei ha detto nella sua premessa, e cioè che nell'intonso non si potrà fare niente, noi potremmo dire: rispettiamo la scelta pur non condividendo una logica rinunciataria, che cioè rinuncia a dettare delle linee per lo sviluppo, oltre che per la conservazione. Ma come si può credere che voi vogliate davvero combattere la speculazione edilizia quando prevedete, tra gli strumenti finalizzati alla riqualificazione ambientale - l'ha già detto molto lucidamente il collega Milia, per cui mi rifaccio alla sua sottolineatura - tutto un sistema di premialità volumetrica, fino al 25 per cento, per la trasformazione delle seconde case in strutture ricettive? Arrivate addirittura a prevedere un premio in caso di trasferimento degli insediamenti di maggior impatto paesaggistico esistenti nella fascia costiera verso insediamenti residenziali preesistenti, mediante procedure negoziali comportanti incrementi di cubatura fino al 100 per cento. Se ci fosse tempo chiederei all'Assessore di spiegarmi cosa potrebbe succedere a una lottizzazione o a un villaggio esistente sulla costa se venisse spostato. Magari se ne riparlerà in altra sede, lei d'altra parte è già intervenuto.
Ciò che è interessante è che voi, in questo modo, avete incrementato lo squilibrio nelle volumetrie sulla costa, per cui è evidente che verranno incrementate le cubature esistenti proprio nelle aree più colpite dall'intervento edilizio e in certi casi, quindi, anche dalla speculazione. Questo non potete negarlo! D'altra parte, le domando, Presidente: l'incremento di cubatura fino al 25 o al 100 per cento, a seconda dei casi, previsto dall'articolo 90 del PPR è una disposizione vecchia o nuova? E questo incremento di cubatura viene dato tramite l'intesa! Anche qui, guarda caso, gli interventi di riqualificazione e questi premi saranno definiti attraverso l'intesa, cioè non avete previsto un sistema che affida la previsione di nuove volumetrie a un terzo soggetto, l'amministratore locale, fidandovi della capacità di scelta degli amministratori locali. No, avete previsto che questi premi vengano dati passando sempre per l'intesa.
E ancora: voi prevedete, attraverso la disciplina transitoria, ciò che in tutte le leggi urbanistiche, in tutti i piani accade con grande frequenza, e cioè si vincola per tutti, quindi si scatena un temporale per tutti, tutti corrono a ripararsi, ma per qualcuno si apre un ombrello. Non si sa bene come, perché, quando, a quali condizioni, ma per qualcuno si apre un ombrello! Il comma 2 dell'articolo 15 prevede che gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi approvati e con convenzione efficace nella fascia costiera dei duemila metri dalla linea di battigia marina possono essere, di fatto, completati. La questione è proprio quella del completamento: nel secondo comma dell'articolo 15, alle lettere a) e b), prevedete completamenti che verranno fatti sempre attraverso quel benedetto sistema dell'intesa. Attraverso l'intesa voi potrete discrezionalmente dire quali titoli abilitativi potranno essere dati per quegli strumenti che sono stati approvati e sono efficaci e quali no! Vi riservate un potere enorme, così come nel comma 1, dove fate riferimento alle zone C intercluse. Vorrei capire da dove nasce la modifica del Piano approvato rispetto a quello adottato, visto che la Commissione aveva previsto ben altro.
Noi crediamo davvero che questo dibattito abbia almeno dato la possibilità a tutti i sardi di conoscere la verità. Una verità che speriamo possa emergere e possa determinare scelte diverse nel prosieguo di questa legislatura, soprattutto nel momento in cui affronteremo la discussione della legge urbanistica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.
SORU (Progetto Sardegna), Presidente della Regione. Concludiamo con questo dibattito il percorso che era iniziato nel novembre del 2004 sul Piano paesaggistico regionale. Un provvedimento largamente atteso dai sardi, largamente promesso dal centrosinistra in campagna elettorale, in un nuovo sistema di governo, il sistema presidenziale, che vede il Presidente assolutamente responsabile del mantenimento della parola data ai cittadini. E per questo, opportunamente, una delle prime cose che sono state fatte è stata proprio quella di avviare, insieme all'Assessore della tutela del paesaggio e all'Assessore dell'urbanistica, il processo di approvazione del Piano paesaggistico regionale, riempiendo un vuoto normativo, che comunque c'era - ed è stato ricordato - e che si sarebbe anche potuto evitare se qualcuno avesse deciso in tal senso. Cosa sia successo non lo so, perché qui a volte più che le ragioni conta parlare a voce più alta, dire le cose più impunemente, essere più sfrontati, per cui non si capisce più quale sia la verità e forse, solo successivamente, attraverso i documenti si possono ricostruire i fatti.
Si è riempito un vuoto normativo che avevamo denunciato all'opinione pubblica sarda e anche in base a questa denuncia, probabilmente, è stata data questa responsabilità al centrosinistra. Anche per questo, oggi, siamo qui a parlarne. Credo che si tratti di un provvedimento importante; l'abbiamo fatta grossa, mi sembra di poter dire. E' stato ricordato che forse il PPR è il provvedimento più importante che abbiamo approvato in questi due anni. Si è iniziato a capire che forse è un provvedimento i cui effetti dureranno nei prossimi decenni; si è iniziato a dire che è un provvedimento che forse inciderà in maniera importante sul modello di sviluppo della nostra regione, sul modo di vivere in questa regione, sul futuro della nostra regione. E' proprio così. E' stato fatto un provvedimento importante, che riguarda temi altrettanto importanti su cui il centrosinistra non aveva un pensiero unico. Il centrosinistra ha discusso, lo ha fatto apertamente, alla luce del sole; ha discusso nella chiarezza delle diverse posizioni ed ha maggiormente la responsabilità di aver portato a compimento questa discussione, di averla portata a sintesi. Una sintesi sulla quale, ancora una volta, non c'è un pensiero unico, unanimemente condiviso. Qualcuno sente ancora la necessità di chiarire o distinguere la sua posizione, ma questo centrosinistra ha mantenuto la promessa ed ha approvato la legge che delegava la Giunta ad approvare il Piano paesaggistico regionale. Tutti insieme abbiamo approfondito la discussione e, oggi, in vastissima parte condividiamo gli ultimi momenti di questa discussione. Potremo ulteriormente arricchire e migliorare questa discussione; sicuramente ci sarà da discutere la legge urbanistica, ci saranno da discutere, a diversi livelli, numerosi piani urbanistici comunali, ci sarà da discutere il Piano paesaggistico regionale per la parte relativa agli ambiti dell'interno, ci sarà da discutere la disciplina sulle costruzioni nell'agro, ci saranno da ridiscutere i parametri urbanistici, ci sono ancora tanti provvedimenti da approntare, che serviranno a migliorare, a chiarire, a puntualizzare, ad articolare in maggior dettaglio il PPR. Ma è innegabile che la forza di tutta la discussione che si è svolta intorno a questo Piano dimostra l'importanza di questo primo passo che è stato compiuto.
Mi sembra che la destra non sappia gestire questo fatto, non l'ha saputo gestire fin dal primo momento. Dal primo momento, infatti, per oltre un mese, la destra ha cercato in tutti i modi di bloccare l'Aula nell'approvazione di una legge in questa materia. Poi ha sostenuto che tanto il Governo avrebbe cancellato tutto. Effettivamente, poi il Governo ha presentato un'impugnativa a quella legge, ma la Corte costituzionale non l'ha nemmeno ricevuta. Poi ha cercato di sostenere che probabilmente quella legge l'avrebbero cancellata, con rabbia, i sardi e ha iniziato a moltiplicare per tre il numero delle persone che avevano firmato per il referendum abrogativo. Ci siamo, poi, resi conto che forse nemmeno diecimila persone avevano firmato per quel referendum. Fa confusione la destra, la stessa destra che ha approvato, a maggioranza, la modifica della Costituzione e che non sa interpretare, come invece dovrebbe, nemmeno il pensiero del suo stesso elettorato, perché quando c'è stato il referendum si è accorta che forse meno del 30 per cento degli italiani aveva votato a favore. Quindi la destra tradisce largamente il mandato dei suoi stessi elettori o non lo sa interpretare, e non in una questione di dettaglio, ma nella scrittura del patto fondamentale tra gli italiani, cioè la Costituzione.
Non è bastata la Corte costituzionale, non è bastato il referendum e allora i primi interventi in quest'Aula hanno cercato di buttarla sul comico, passando poi ad altri argomenti. All'inizio si andava sul comico: "Soru si presenta con un'immagine salvifica: la Sardegna è salva!" Siamo tutti lettori attenti o in qualche maniera dovremmo essere più attenti nella lettura dei giornali. Sappiamo tutti che i giornali semplificano, maggiormente nel titolo. Magari il titolo in questione racchiudeva un pensiero: le coste della Sardegna sono salve. Altro è dire: la Sardegna è salva. Non c'è nessuna persona tanto sciocca da ritenere che basti approvare una legge perché la Sardegna sia salva, perché sarà salva da qualcosa, ma non dalla peste suina, non dai furti delle automobili, non da tante altre cose.
Qui stiamo parlando del Piano paesaggistico regionale e della tutela dell'ambito costiero: la Sardegna è salva dal sacco delle coste. Era evidente a tutti, ma si è cercato di banalizzare. Qualcuno ha cercato di banalizzare le mie parole, sostenendo di aver annotato a chiare lettere questa presunta mia frase: "Vogliamo mantenere intonsa la percezione del creato". Invito questo qualcuno a rileggere il testo delle mie dichiarazioni. Io non ho detto una cosa del genere, ho detto una cosa diversa: vogliamo mantenere intonsi i luoghi in cui non si è ancora costruito, una parte abbondante del territorio, affinché sia possibile, almeno in qualche caso, la percezione del creato.
Scandalo! Si è detto: "E' un pensiero che scantona nei principi etici. Cosa c'entra l'etica nella politica, nel governo? Qui dobbiamo parlare di altre cose!" Ma vogliamo veramente scherzare? L'etica dovrebbe guidare ogni maestro elementare, ogni insegnante, ogni preside, dovrebbe guidare un meccanico che aggiusta la macchina, dovrebbe guidare tutti! Mi è stata appena consegnata una proposta di legge, annunciata prima dal collega sardista, che si intitola: " Norme in materia di etica pubblica e conflitto di interessi". Quindi mi pare che sia normale che ciascuno di noi faccia politica cercando di portare la sua visione etica, il suo atteggiamento etico. E allora non ci si scandalizzi se su una cosa così importante cerchiamo di ricondurci ai principi etici fondamentali, e in questo caso il principio etico fondamentale è la necessità di considerare che non tutto quello che abbiamo a disposizione dell'ambiente è a disposizione per essere consumato, per renderci più ricchi, per attirare un turista in più, per avere una seconda casa o un albergo in più. C'è qualcosa che non è a nostra disposizione e che vogliamo tutelare, e noi lo stiamo mettendo da parte.
Poi, siccome è facile parlare, uno dice: "Ma no, quello lì racconta storie, quello lì dice bugie, quello lì è un farabutto!" E' facilissimo innescare le maldicenze, è facilissimo innescare le calunnie, ed è dal mio primo passo in quest'Aula che i nostri rapporti si sono basati sulle maldicenze.
Conflitto di interessi: "Questo qui, con Tiscali, farà carne di porco" - chiedo scusa per la parola - "di tutti i bandi pubblici sull'informatica". Non è successo prima e non sta assolutamente succedendo adesso, potete andare a controllare. Oppure si parla di devastazione ambientale e si dà luogo a maldicenze di qualsiasi tipo. E allora vorrei parlare un pochino di questo, a cui ha già accennato, opportunamente, il collega Chicco Porcu.
(Interruzione del consigliere Sanciu)
SORU (Progetto Sardegna), Presidente della Regione. Io ascolto sempre in silenzio.
PRESIDENTE. Onorevole Sanciu!
SORU (Progetto Sardegna), Presidente della Regione. Stavo giusto per dire qualcosa che la riguarda personalmente. Per quanto riguarda gli interessi, devo dire che io i miei interessi li ho tutti chiari, chiarissimi, alla luce del sole! E vi posso dire, per quanto riguarda il Piano paesaggistico, che avevo un interesse, nel senso che sono proprietario di un terreno a Scivu, e ho già detto che questo terreno è a disposizione della Conservatoria delle coste, non appena sarà istituita da questo onorevole Consiglio regionale. Quindi i settantamila metri cubi realizzabili in quel terreno sono stati ceduti alla Conservatoria. Avevo un altro terreno, dove si potevano realizzare novantamila metri cubi, dove esisteva già una casa e dove ho lasciato una casa, mentre qualcuno ha parlato di devastazione ambientale. Quindi il mio "interesse", quello di perdere altri novantamila metri cubi, l'ho salvaguardato! Ho un altro terreno, dove il Piano ha cancellato settanta mila metri cubi e vi rimane un rustico.
Per cui il mio interesse è chiaro, è alla luce del sole, è a portata di chiunque voglia approfondire in merito e si riassume nell'essere stato anch'io giustamente colpito dal Piano paesaggistico regionale, che ha cancellato tra i centocinquanta e i centoottantamila metri cubi per salvarne trentamila su un terreno dove, prima di questo impegno in politica, intendevo costruire un albergo. Siccome ora faccio un'altra cosa e ho promesso che in questi cinque anni non avrei perseguito nemmeno per un giorno i miei interessi personali, ma mi sarei occupato solo degli interessi pubblici, non realizzerò più quell'albergo. Ho già detto che quel terreno è in vendita e sono pronto a dare l'incarico di vendita a chiunque di voi voglia assumerselo. Do l'incarico di vendita a chiunque di voi lo voglia!
LA SPISA (F.I.). Ma cosa c'entra col Piano tutto questo?
PRESIDENTE. Onorevole La Spisa, se questo è il metro lo adottiamo. Se questo è il metro, onorevole La Spisa, lo adottiamo, va bene? Così come è stato concesso a tutti gli intervenuti, lasciamo che il Presidente della Regione svolga il suo intervento.
LA SPISA (F.I.). Dopo le faremo un applauso!
SORU (Progetto Sardegna), Presidente della Regione. La ringrazierò per l'applauso, nel frattempo vorrei terminare il ragionamento.
L'unico interesse che ho è assolutamente alla luce del sole e viene ceduto nella maniera più trasparente possibile. Ho chiesto di poterlo fare in maniera trasparente, affidandone la cessione all'amministrazione comunale di Arbus, però sono a disposizione, in attesa dell'approvazione di una legge sul conflitto di interessi, di chiunque mi voglia suggerire il modo più trasparente e più certo per tutti di evitare che ci sia il minimo sospetto che il Presidente della Regione possa guadagnare un solo euro o guadagnare comunque qualcosa da questa cessione. Quindi rimango a disposizione.
Detto questo, per non occupare eccessivamente il vostro tempo, visto che siete stanchi tutti quanti, faccio un'ultima considerazione. In maniera meravigliosa, chiarissima, il collega Diana ha detto: "Qui si sta giocando una grande speculazione a medio e lungo termine, perché oggi dicono che su quei terreni non si può costruire, fanno finta che sulle coste non si possa più costruire, crollano i prezzi, qualche potere forte compra quei terreni, tanto ci sarà pur sempre qualcuno che fra tre, quattro, cinque, dieci o dodici anni li renderà nuovamente edificabili, creando la più grande speculazione che sia mai stata fatta in Sardegna". Allora io avanzo una proposta, sulla quale quest'Aula si può impegnare, può aprire una discussione, forse può anche legiferare in tempi brevi: e se approfittassimo di questo Piano paesaggistico regionale, che dice che sulle coste non si può più costruire? Se, approfittando del fatto che quelle coste ormai hanno un valore basso, proprio perché non vi si può costruire nulla, la Conservatoria regionale le comprasse tutte e le destinasse a usi civici, così come si faceva nei nostri paesi? Se ci fosse un unico uso civico regionale su tutta la fascia costiera e la fascia costiera fosse il vero comunale della Regione, per il futuro e per tutti quanti, la Sardegna, come ho già detto, sarebbe veramente più ricca, saremmo tutti più ricchi, perché le coste apparterrebbero a tutti e non a nessuno. Questa è la mia proposta e spero che venga approvata in fretta.
PRESIDENTE. Colleghi, abbiamo così concluso la discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Regione sul Piano paesaggistico regionale.
I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina, alle ore 10.
La seduta è tolta alle ore 20 e 36.
Allegati seduta
Testo dell'interpellanza e delle interrogazioni annunziate in apertura di seduta
Interpellanza La Spisa - Lombardo - Sanciu - Contu - Sanjust - Petrini - Rassu - Licandro sulla sponsorizzazione del Cagliari Calcio.
I sottoscritti,
considerato che:
- la sponsorizzazione del Cagliari è stata per più di vent'anni assicurata dalla Regione Sardegna, al fine di promuovere l'immagine dei prodotti della terra sarda in tutto il mondo;
- l'importo pagato annualmente è stato sempre adeguato al valore del veicolo pubblicitario che storicamente ha goduto e gode di grande prestigio a seguito dei successi conseguiti in passato e del buon livello di prestazioni fornite nei campionati nazionali e, in alcuni casi, nelle competizioni europee;
- la Regione Sardegna, pur dovendo affrontare ristrettezze finanziarie dovute alla progressiva riduzione delle entrate statali, nel 2004 ha attribuito al Cagliari la somma di 1.600.000 euro;
- nell'anno successivo la nuova Giunta, presieduta dall'On. Soru, ha ridotto drasticamente la somma portandola a soli 800.000 euro;
appreso che:
- nell'anno 2007 la Regione avrebbe annunciato l'indisponibilità a proseguire il rapporto contrattuale;
- il Cagliari si sarebbe trovato in gravi difficoltà a trovare in breve tempo un altro sponsor;
- nel mese di agosto è stato concluso, tra le società Cagliari Calcio Spa e Tiscali Spa, un contratto di sponsorizzazione per l'anno 2006-2007;
- la prestazione corrispettiva all'utilizzo dello spazio pubblicitario accanto al logo del Cagliari è di 800.000 euro per un anno;
rilevato che:
- in questo modo si sarebbe attuato da parte della Regione un grave comportamento finalizzato a mettere la società calcistica in forte difficoltà economica;
- sarebbe intervenuto uno sponsor privato che, per esplicita ammissione contenuta nel contratto, avrebbe assunto la sponsorizzazione ad un prezzo inferiore a quello corrispondente al valore reale del veicolo pubblicitario;
sottolineato che:
- il successo del Cagliari è sempre stato considerato dai sardi come evento importante per la Sardegna, ben al di là dell'ambito sportivo strettamente considerato;
- è ancora considerato come un compito proprio dell'istituzione regionale promuovere in ogni modo la buona immagine dell'Isola, anche per sostenere la penetrazione dei nostri prodotti nel mercato internazionale, chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport per:
1) conoscere quali iniziative abbiano assunto o intendano assumere per tutelare e sostenere l'attività del Cagliari Calcio;
2) sollecitare un riesame delle decisioni fino ad ora assunte, al fine di individuare modalità adeguate per incrementare le potenzialità di crescita del Cagliari Calcio;
3) sapere se sia vero che le squadre giovanili del Cagliari sono escluse dai contributi per le spese relative alla partecipazione ai campionati nazionali, nonostante la cessazione del rapporto di sponsorizzazione. (187)
Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sui ritardi nelle procedure per la realizzazione del secondo lotto della strada Sassari-Alghero.
Il sottoscritto,
preso atto del dilatarsi dei tempi tecnico-amministrativi relativi alle procedure per la realizzazione del secondo lotto della strada Sassari-Alghero;
considerato che non si hanno notizie precise sull'iter della pratica, anche a seguito dell'apertura di un tavolo di consultazione tra la Regione autonoma della Sardegna, l'ANAS e i proprietari dei lotti interessati dagli espropri (questi ultimi avevano legittimamente manifestato la loro preoccupazione per 1'irrisorietà degli indennizzi previsti);
ritenuto che la Giunta regionale, tenuto conto dell'importanza della citata arteria per lo sviluppo economico e sociale di tutto il nord ovest della Sardegna, debba farsi carico della problematica accelerando il più possibile le procedure al fine di consentire entro l'anno 2006 l'inizio delle opere che, come a suo tempo programmato, devono partire da Alghero;
rilevato che 1'urgenza è dettata anche dal fatto che c'è il rischio che i finanziamenti a suo tempo stanziati possano essere dirottati verso altre destinazioni, penalizzando ancora una volta il territorio del nord Sardegna che, attraversando una grave crisi economica, sociale e occupazionale, non può assolutamente rinunciare a un importante finanziamento e, soprattutto, alla disponibilità di un'opera infrastrutturale fondamentale per il suo sviluppo,
chiede di interrogare il Presidente della Regione, l'Assessore regionale dei lavori pubblici, l'Assessore regionale della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio e l'Assessore regionale dei trasporti per conoscere i provvedimenti urgenti che la Giunta regionale intende assumere in collaborazione con gli enti interessati per mandare in appalto il secondo lotto della strada Sassari-Alghero. (602)
Interrogazione Moro, con richiesta di risposta scritta, sui gravi problemi dell'ospedale "Antonio Segni " di Ozieri.
Il sottoscritto,
considerati i gravi problemi dell'ospedale "Antonio Segni" di Ozieri,
chiede di interrogare l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere:
1) quali provvedimenti urgenti intenda assumere per risolvere i gravi problemi dell'ospedale "Antonio Segni" di Ozieri, più volte sottoposti all'attenzione dell'Assessorato e della ASL n. 1 di Sassari, sempre senza alcun esito, al punto da determinare le clamorose dimissioni del primario di chirurgia, dottor Angelino Gadeddu, caso di cui non risultano precedenti, quanto meno nelle strutture sanitarie del nord Sardegna;
2) come si intenda affrontare, con risposte concrete ed in tempi certi, la situazione delle sale operatorie dell'ospedale "Antonio Segni", dove il personale medico e paramedico continua ad operare con grande professionalità in una condizione di estremo disagio, soprattutto per le carenze di organico cui si è fatto fronte con grande ritardo ed in maniera del tutto insufficiente con l'assunzione di personale a tempo determinato nella delicata funzione di anestesista;
3) quale ruolo intenda assegnare, garantendo anche in questo caso le certezze che gli operatori e gli utenti attendono ormai da anni, all'ospedale di Ozieri nell'ambito della sanità regionale, posto che la struttura costituisce un riferimento costante ed insostituibile per il territorio del Monte Acuto-Goceano. Ad avviso dell'interrogante, la sua marginalizzazione ed il suo ridimensionamento rappresenterebbero un pregiudizio gravissimo ed irreparabile per il diritto alla salute di decine di migliaia di cittadini sardi. (603)