CCXLII SEDUTA
Giovedì 16 maggio 2002
Presidenza del Vicepresidente BIGGIO
indi
del Vicepresidente Salvatore SANNA
indi
del Vicepresidente BIGGIO
La seduta è aperta alle ore 10 e 19.
CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 24 aprile 2002 (236), che è approvato.
Congedi
PRESIDENTE. Comunico all'Assemblea che i consiglieri regionali Ettore Businco, Gerolamo Licandro, Pietro Pinna e Nicolò Rassu hanno chiesto di poter usufruire di un giorno di congedo per la seduta del 16 maggio 2002.
COGODI (R.C.). Vorrei, Presidente, che lei specificasse le motivazioni delle richieste di congedo.
PRESIDENTE. L'onorevole Rassu ha chiesto congedo per motivi di salute; l'onorevole Licandro per motivi personali; l'onorevole Businco e l'onorevole Pinna non hanno fornito motivazione.
Ha domandato di parlare il consigliere Cogodi. Ne ha facoltà.
COGODI (R.C.). Signor Presidente noi siamo contrari alla concessione del congedo a fronte di richieste non motivate, ivi compresa la richiesta di congedo per motivi personali, che non riteniamo una giustificazione valida.
PRESIDENTE. Essendoci una opposizione devo porre ai voti. Metto in votazione la concessione del congedo per i colleghi Businco e Pinna. Chi l'approva alzi la mano. (Viene richiesta la controprova). Chi non l'approva alzi la mano.
(E' approvata)
Questi congedi sono accordati.
Annunzio di presentazione di proposta di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:
dal consigliere Floris:
"Istituzione della Convenzione Costituente del Popolo sardo". (322)
(Pervenuta il 9 maggio 2002 ed assegnata alla prima Commissione.)
Annunzio di presentazione di proposta di legge nazionale
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge nazionale:
dal consigliere Floris:
"Nuovo Statuto della Regione Autonoma della Sardegna e cambiamento di denominazione della stessa in "Comunità Autonoma della Sardegna". (11)
(Pervenuta il 9 maggio 2002 ed assegnata alla prima Commissione.)
Sul Regolamento
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare sul Regolamento il consigliere Scano. Ne ha facoltà.
SCANO (D.S.). Signor Presidente, intervengo sul Regolamento. Premetto innanzitutto che mi dispiace fare questo intervento in assenza del presidente Serrenti, perché la questione che pongo riguarda questa figura istituzionale ma, in qualche modo, riguarda anche la persona che esercita questa funzione. Però, la prassi è questa e quindi io a questo punto intervengo.
Io pongo un quesito di natura regolamentare e squisitamente istituzionale inerente la possibilità che il Presidente del Consiglio regionale possa, nell'esercizio delle sue funzioni, in quanto Presidente, esprimere posizioni che siano in contrasto con deliberazioni assunte dal Consiglio regionale. E' chiaro che il quesito che io sto ponendo è un quesito retorico, perché la risposta è evidente. La risposta è "no".
Il Consiglio regionale ha approvato, come è noto, e come è noto sicuramente anche al Presidente Serrenti, una proposta di legge costituzionale che prevede l'istituzione dell'Assemblea Costituente; prevede - diciamo - un certo percorso incardinato sulla modifica dell'articolo 54 dello Statuto speciale della Sardegna. Il Presidente del Consiglio regionale è il portavoce di questa Assemblea, è - come dice il Regolamento - l'oratore ufficiale dell'Assemblea. Io mi sarei aspettato che il Presidente del Consiglio avesse assunto in questi mesi delle iniziative presso gli organi centrali dello Stato, segnatamente il Parlamento, in una necessaria opera di sensibilizzazione su un progetto di tale portata.
Questo non è stato fatto, abbiamo taciuto, ma ora siamo di fronte a un fatto nuovo, e non mi riferisco alle cene, perché chiunque può partecipare alle cene a cui ritiene giusto partecipare; l'unica curiosità che ho riguarda il menu, per il resto non mi interessa granché. Mi riferisco, invece, a un atto ufficiale, a una lettera firmata - abbiamo saputo dai giornali - dal Presidente del Consiglio regionale al senatore Cossiga, in cui si esprimerebbe adesione alla proposta di nuovo Statuto avanzata appunto dal senatore medesimo.
Allora, io non so se questa adesione effettivamente vi sia stata, chiedo se questo è, perché in Sardegna tutti possono essere contro l'Assemblea Costituente e tutti possono essere a favore di proposte in contrasto con l'Assemblea Costituente. C'è solo una persona, una sola, che nell'esercizio delle sue funzioni non può, non deve assumere posizioni contrastanti con le posizioni espresse ufficialmente dal Consiglio, e si tratta esattamente del Presidente del Consiglio regionale.
Quindi io chiedo, primo, se il Presidente del Consiglio regionale abbia espresso adesione a un progetto legittimo, interessante, che io non condivido, ma interessante, che contrasta con una posizione votata da questo Consiglio; secondo, se il Presidente del Consiglio regionale ritenga che l'assumere, l'esprimere posizioni discordanti da ciò che il Consiglio ha votato sia compatibile con la sua funzione..
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare sul Regolamento il consigliere Cogodi. Ne ha facoltà.
COGODI (R.C.). Intervengo sul Regolamento e rapidamente sulla questione posta dal collega, con il collega quale ho avuto anche un rapido scambio di opinioni prima dell'inizio dei lavori dell'Aula.
Io condivido sostanzialmente quanto espresso dal collega e il giudizio che ne consegue; questo voglio specificarlo perché questa condivisione proviene da un componente di questa Assemblea legislativa e di un Gruppo politico, quello di Rifondazione Comunista, che non ha condiviso e non condivide il progetto politico e la legge regionale che è stata approvata da questo Consiglio per richiedere al Parlamento nazionale il permesso per scrivere il nuovo Statuto di autonomia.
La nostra è una valutazione di merito politico, che però non può in alcun modo toccare, non dico il prestigio come spesso qui si dice, ma le funzioni, le prerogative dell'autonomia costituita; e, il primo valore, il primo potere dell'autonomia costituita, cioè di quella esistente che, se vorrà fare cose migliori, dovrà adoperarsi e dovrà esprimersi in tal senso, è quella del rispetto sostanziale, e non solamente formale, di queste prerogative.
E` inammissibile che il Presidente di questa Assemblea legislativa, nell'esercizio delle sue funzioni, non come persona, singolo cittadino o anche come singolo componente dell'Assemblea, ma nell'esercizio delle sue funzioni, cioè quando rappresenta in qualsiasi modo il Consiglio, anche usando la carta intestata del Consiglio regionale, rappresenti all'esterno posizioni diverse da quelle che il Consiglio regionale, con una legge peraltro, cioè con l'atto più significativo e solenne che il Consiglio regionale, l'Assemblea legislativa può produrre, ha adottato.
Questo è il nostro giudizio, noi non formuliamo nessuna domanda, nessuna interrogazione, confermiamo il giudizio che più volte abbiamo dato, e cioè non è possibile che questo Consiglio regionale si sia privato, dall'inizio della legislatura, e prosegua privandosi di una funzione di Presidenza che sia al di sopra delle parti. Al di sopra delle parti vuol dire non che non abbia opinioni, ma che rappresenti, sia capace di rappresentare l'istituzione.
Questa non rappresentazione però in questa legislatura ha costituito un danno, lo ha prodotto quella maggioranza ibrida, quella destra o quell'aggregato che a suo tempo pensava che l'elezione del Presidente del Consiglio fosse una delle tante cose che sono fattibili con logica di parte. Così non è e queste sono le conseguenze.
Io non domando nulla, semplicemente, non domando nulla né al Presidente in carica, né al Presidente facente funzioni in questo momento. Ritengo che su questo problema sia necessario un momento di riflessione; il problema rimane però all'attenzione di tutti, e il Consiglio regionale dovrebbe prenderne atto per porvi, perché ne ha il potere, rimedio.
PRESIDENTE. Onorevole Cogodi, devo rilevare che la conclusione del suo intervento non era meramente legata alle motivazioni per cui le è stata concessa la parola.
Certamente merita attenzione e una risposta il quesito, molto serio e preciso, che è stato posto. Non posso non rilevare che per molti versi in quest'Aula si trascura spesso il vero senso dell'istituzione. Per cui, ognuno tragga, da questa mia considerazione, motivo di meditazione su ciò che qui dentro ciascuno di noi rappresenta.. Mi risulta comunque che il Presidente a breve sarà in Aula.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 64, Vassallo-Cogodi-Ortu sulla situazione del settore chimico in Sardegna, e numero 65 Falconi-Spissu-Fadda-Dore-Balia-Sanna Giacomo sulla situazione industriale in Sardegna e in particolare del settore chimico.
Se ne dia lettura.
CAPPAI, Segretario:
MOZIONE VASSALLO - COGODI - ORTU sulla situazione del settore chimico in Sardegna.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PRESO ATTO della conferma del gravissimo intendimento dell'Enichem di procedere alla sostanziale chiusura delle proprie attività in Sardegna, con l'avvenuto blocco, fra l'altro, dell'impianto cloro-soda di Porto Torres;
VISTA l'ipotesi di Accordo di programma, sottoscritta in il 22 febbraio 2002 sulla base dell'elaborazione dell'Osservatorio regionale per il settore chimico, da sottoporre al confronto con il Governo nazionale;
CONSIDERATO che tale ipotesi di Accordo di programma risulta del tutto inadeguata e del tutto incoerente rispetto alle azioni effettivamente poste in essere da Enichem con la chiusura del predetto impianto e della dichiarata volontà di porre gli impianti chimici sardi nell'elenco di quelli previsti per la dismissione, escludendo perciò ogni ipotesi di valorizzazione, attraverso programmi di sviluppo e integrazione, di cui tali attività necessitano al fine di operare in maniera competitiva nel mercato internazionale;
CONSIDERATO che tale comportamento, nel concreto, contrasta palesemente con gli stessi obiettivi indicati dalla predetta ipotesi di Accordo di programma, che rivelano pertanto la propria inattendibilità;
TENUTO CONTO che il la predetta ipotesi di Accordo prevede che Regione Sarda "si farà promotrice di idonei programmi e specifiche iniziative permanenti per promuovere attività di ricerca e sviluppo nel settore chimico";
CONSIDERATO che l'Accordo - per esplicito preventivo riconoscimento delle parti sottoscriventi - è tuttora carente delle parti relative ad impegni che debbono da assumere le parti istituzionali ai diversi livelli (locale, regionale e statale) ed alla formulazione delle strategie aziendali, in specie con la rappresentazione di programmi di investimento prospettati dalle singole imprese firmatarie;
VISTO che la suddetta ipotesi di Accordo di programma individua, tra gli altri obiettivi, quello "di risanare e tutelare l'ambiente attraverso azioni di disinquinamento, bonifica e messa in sicurezza dei siti", ma che tale previsione non può costituire un incentivo o un alibi per nuove dismissioni, dovendo al contrario necessariamente riguardare le aree già da tempo non utilizzate;
RITENUTO perciò che debba essere verificato e reso esplicito l'impegno delle imprese in tal senso, e che in particolare debba essere richiesta con forza l'assunzione di responsabilità della Enichem nei confronti dei territori interessati, mediante la messa in sicurezza e la bonifica a proprio carico dei siti già tempo dismessi e non soggetti a specifica valorizzazione e del loro trasferimento non oneroso agli enti territoriali;
TENUTO CONTO che diverse aziende operanti in Sardegna con propri impianti in filiere fondamentali della produzione industriale si avvalgono delle produzioni di base degli stabilimenti Enichem e che la chiusura di questi ultimi costituirebbe un colpo mortale, non solo per le maestranze direttamente interessate, ma anche per un vasto indotto produttivo, ed in ultima analisi per tutta l'economia e lo stato dell'occupazione isolana;
CONSIDERATO che gli stabilimenti sardi, sinora, hanno potuto sopravvivere anche in forza della esperienza, delle innovazioni tecniche, dell'aggiornamento produttivo, della professionalità maturata, elementi tutti che verrebbero persi con il progressivo disimpegno dell'Eni dalla chimica nell'Isola;
CONSIDERATA la grave ripercussione di tali scelte sull'occupazione nei territori interessati, ed in particolare nell'ampio indotto, a partire dalle imprese metalmeccaniche, oggi impegnate nelle manutenzioni, per le quali cesserebbe ogni lavoro possibile;
CONSIDERATO che gli stabilimenti Enichem nel territorio regionale e gli altri impianti operanti nel territorio, quali Ottana, Macchiareddu, Sarroch, etc., rivestono un carattere strategico per tutta l'economia regionale, in considerazione del fatto che realizzano circa il 30% della complessiva produzione industriale isolana, e che la crisi dell'industria in Sardegna, e non solo del comparto chimico, rischia di trascinare a catena l'intera economia isolana verso effetti devastanti;
RIBADITO inoltre che anche nel settore chimico occorre risolvere il problema posto dal differenziale causato dall'insularità nei costi di trasporto delle materie prime in entrata e dei prodotti lavorati in uscita, e che pertanto occorre che la Giunta regionale presti adeguata attenzione anche a tale settore, in sede di confronto col Governo nazionale, nella vertenza sulla continuità territoriale delle merci;
CONSIDERATO che l'elevato costo energetico costituisce un ulteriore, pesante aggravio per molte aziende del settore, le cui lavorazioni richiedono la disponibilità di notevoli quantità di energia elettrica, che dovrebbe essere pertanto resa disponibile a costi più favorevoli, in analogia a quelli vigenti nell'Europa continentale;
CONSIDERATO, inoltre, che emerge chiaramente l'assenza di un progetto di sviluppo regionale del settore chimico e che in tale situazione la Giunta regionale appare semplicemente acquiescente e subalterna rispetto alle politiche di deregolamentazione e di privatizzazione selvaggia promosse del Governo nazionale;
RITENUTO che sia necessario, per tutto ciò, rilanciare un programma di settore, secondo i seguenti punti qualificanti:
- difendere e riqualificare l'area chimica regionale;
- favorire un processo di diversificazione delle produzioni industriali;
- verticalizzare il settore;
- assicurare il mantenimento e la qualificazione dell'occupazione;
- promuovere adeguati investimenti per dotare gli impianti esistenti di aggiornate tecnologie di processo e ambientali;
- produrre nuova conoscenza scientifica e tecnologica nello stesso settore;
delibera
- di esprimere la ferma volontà di difesa e di rafforzamento del comparto chimico isolano e la contrarietà rispetto ad ogni prospettiva di smantellamento;
- di impegnare la Giunta regionale perché:
1) sottoscriva l'Accordo di programma con le altre parti cointeressate solo in presenza di chiari impegni e concreti programmi che garantiscano la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali non solo nel comparto produttivo, ma nell'intero sistema ad esso collegato;
2) operi nei confronti dei soggetti imprenditoriali interessati e con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, per valutare concrete proposte per il superamento della crisi ed il rilancio produttivo della chimica in Sardegna che contemplino il rafforzamento della gestione Enichem anche mediante l'ingresso nella compagine aziendale, ai più alti livelli, di altri operatori economici di comprovata capacità imprenditoriale;
3) si attivi per convocare in Sardegna i maggiori operatori del settore per valutare le convenienze connesse alla disponibilità di aree attrezzate, con servizi e strutture fruibili per l'insediamento di nuove intraprese, e richieda perciò uno specifico impegno da parte del Governo nazionale perché vengano posti a disposizione i necessari finanziamenti agevolativi;
4) definisca il più conveniente costo al quale deve essere resa disponibile l'energia per il sistema industriale sardo, avendo riferimento a costi analoghi vigenti nell'Europa continentale;
5) definisca in tempi rapidi la vertenza con il Governo nazionale sulla attuazione della continuità territoriale delle merci;
6) predisponga i necessari atti normativi perché venga disposta la retrocessione o la cessione senza oneri ai Consorzi industriali delle aree a suo tempo assegnate o acquisite, e non più finalizzate allo svolgimento di attività industriale;
7) indichi in maniera precisa tempi e modalità della bonifica dei siti interessati dagli insediamenti produttivi da tempo dismessi, dando puntuale attuazione alle normative nazionali in materia di risanamento ambientale, attivando conseguentemente nuove e più valide attività economiche ed occupazionali. (64)
MOZIONE FALCONI - SPISSU - FADDA - DORE - BALIA - SANNA Giacomo sulla situazione industriale in Sardegna ed in particolare del settore chimico.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che l'apparato industriale in Sardegna versa in uno stato di degrado e abbandono, che prosegue anche con la politica delle privatizzazioni che hanno interessato massicciamente gli stabilimenti parastatali esistenti in Sardegna;
CONSIDERATO che la politica delle privatizzazioni fu a suo tempo ritenuta indispensabile nell'ambito di un sistema economico produttivo che collocandosi nel privato accoglieva la sfida della globalizzazione per migliorare la competitività e l'efficienza delle aziende in settori strategici;
SOTTOLINEATO che la Sardegna entrava in questo grande processo, difficile ma pieno di speranze, con il suo patrimonio industriale chimico, metallurgico e minerario, avendo come punto di forza e vantaggio l'integrazione e la complementarità che la rendevano estremamente competitiva con altre produzioni sul mercato internazionale;
RILEVATO che la politica delle privatizzazioni è comunque costata alla Sardegna in termini occupazionali più che altre regioni d'Italia; che questo processo è stato condotto mediante una politica industriale di ottimizzazione delle produzioni, di taglio dei cosiddetti rami secchi e riduzioni occupazionali che hanno visto la partecipazione attiva delle organizzazioni sindacali e delle Istituzioni impegnate alla contemporanea ricerca della diversificazione produttiva con l'utilizzo di tutti gli strumenti della programmazione negoziata;
EVIDENZIATO come oggi si assista al completo abbandono dell'Isola da parte di tutte le Partecipazioni Statali ed in particolare dell'Enichem nel comparto chimico;
RIBADITO che l'avvenuta costituzione di un Osservatorio regionale per il settore chimico in Sardegna doveva essere accompagnata da un progetto industriale dei diversi comparti produttivi per favorire un processo complessivo di reindustrializzazione;
SOTTOLINEATO:
- che il recente Accordo di programma stipulato tra le diverse parti pubbliche e private non è stato "sottoscritto dal Governo nazionale";
- che l'Accordo di programma già disatteso in fase di sua prima applicazione, prevede diverse azioni volte al risanamento e bonifica industriale, investimenti per la salvaguardia dell'occupazione nei processi di trasformazione produttiva;
VISTI gli ultimi sviluppi che hanno visto la chiusura del reparto per la produzione del cloro-soda nello stabilimento di Porto Torres;
PREOCCUPATI per l'ultimo incontro tra le parti sarde interessate e il Governo nazionale rappresentato dal sottosegretario alle attività produttive (Valducci) che propone una proroga di tre mesi ed ipotizza lo studio di massicci interventi attraverso gli ammortizzatori sociali,
impegna la Giunta regionale
1) ad elaborare con urgenza un programma di rilancio e di reindustrializzazione della Sardegna volto al mantenimento e all'ampliamento della base produttiva;
2) a salvaguardare i livelli occupazionali, di competitività e produzione, in particolare nel comparto chimico;
impegna, altresì la Giunta regionale
a) a rivendicare presso il Governo nazionale un tavolo permanente di concertazione con le diverse rappresentanze sociali;
b) a riferire, entro tre mesi, in Consiglio regionale sulle questioni inerenti il comparto chimico e, più in generale, sulla strategia industriale in Sardegna. (65)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale. Ha facoltà di parlare il consigliere Cogodi per illustrare la mozione numero 64.
COGODI (R.C.). Signor Presidente e colleghi del Consiglio, notiamo con rammarico che al momento di trattare un argomento non secondario, cioè la vicenda che diviene sempre più difficoltosa e per molti versi drammatica del comparto chimico in Sardegna, un comparto produttivo che rappresenta oltre il trenta per cento del complessivo sistema produttivo industriale della Regione, in Consiglio regionale si notano molteplici assenze. E non mi riferisco solo alle assenze di chi chiede congedo senza dire neppure il perché, ma anche a quelle di chi congedo proprio manco ne chiede. Può essere che queste assenze siano giustificate; che oltre alla cena romana all'Hotel Plaza ieri altre cene imperversassero, che si sia scatenata oggi una sorta di epidemia da intossicazione da salsa catalana, magari qualche barattolo dimenticato al "Plaza" dal frequentatore più assiduo di un tempo, il ministro De Michelis che peraltro di chimica se ne intendeva. Può essere che il motivo delle assenze sia questo, può essere che sia altro, tuttavia non si può non sottolineare che di fronte ad argomenti così rilevanti per la vita, per la produzione, per l'economia, per la politica di questa Regione, non è certo commendevole la sottovalutazione che gran parte del Consiglio regionale fa, a partire ovviamente dalla maggioranza, a partire dalla Giunta che lascia vuoti i banchi della Giunta, con la presenza del solo Assessore dell'industria, uno su tredici, quasi che questo fosse argomento secondario, parziale, settoriale e non fosse argomento, invece, che investe profondamente tutto il progetto, se progetto c'è e se non c'è bisogna pensarlo, di sviluppo regionale.
Noi, il Gruppo della Rifondazione Comunista, abbiamo presentato una specifica mozione, quella che attualmente è in illustrazione, il 10 aprile nell'immediatezza cioè della comunicazione, confermata dall'Enichem, che si sarebbe proceduto, intanto, alla chiusura dell'impianto cloro-soda di Porto Torres e, insieme, al confermato non più annuncio ma proposito di procedere allo smantellamento complessivo dell'apparato produttivo chimico nella nostra Regione, inserendo nell'elenco degli impianti dismissibili tutti gli impianti chimici Enichem che poi sono, principalmente, quelli della nostra isola.
Parola equivoca per molti versi, ambigua, la "dismissione"; succede nel mondo politico, succede quando si vuole in qualche modo addolcire la pillola che, di per sé, è amara, che si usino parole che possono sembrare, come dire, più docili, meno indigeste per cui, non si dice smantellare, chiudere, eliminare, non si dice retrocedere nel sistema produttivo, rinunciare alla produzione, non si dice licenziare i lavoratori, creare drammi sociali; no, si usano altre espressioni, mobilità, flessibilità, come se le persone, a guisa di fil di ferro si potessero prendere e piegare! Ma anche la legge del fil di ferro dice che piegando piegando c'è un punto che si riscalda e il fil di ferro si spezza, ma è fil di ferro; qui si flessibilizzano le persone al punto di spezzarne la vita, o la prospettiva di vita. Parliamo non di poca cosa, parliamo dell'assetto produttivo industriale di questa Regione e del comparto chimico.
Il Consiglio regionale, se non sarà sufficiente questa riunione, dovrà essere chiamato ancora a discutere su questo argomento, e la Giunta regionale se non vuole capire sarà costretta ad occuparsi ancora, noi riteniamo, di questa questione vitale per la nostra Regione, per la sua economia, per la sua prospettiva di sviluppo.
Dismissione, cioè dare ad altri, privarsi, di che cosa? Non della titolarità perché la dismissione, insieme al processo di privatizzazione, significa che un comparto produttivo non un qualsiasi bene immobile, non un palazzo, non un terreno, no, un bene produttivo viene ceduto. Ma un bene produttivo è costituito certamente da beni immobili ma è costituito anche da persone che operano, da professionalità, da una ricchezza collettiva che non dovrebbe essere in sé e per sé così dismissibile come se fosse una cosa, una giacca vecchia.
Prima di dire "dismettere" parlando di impianti produttivi e di persone, quindi non solo di cose, ma di valori produttivi e umani e professionali, bisognerebbe essere molto attenti anche alle parole, e più rispettosi anche nei termini, come quando si deve cacciare via, licenziare, aprire drammi sociali e si dice che "ci sono esuberi". "Esuberi", cioè una dimensione quantitativa che si adotta per parlare delle persone, delle loro capacità, ma che spesso coincide col dramma di non avere altre opportunità di lavoro e di applicazione produttiva.
La linea delle privatizzazioni, che non è il rispetto del privato, che è un'altra cosa, è una linea di politica economica che da qualche anno imperversa nel nostro Paese, per molti versi anche condivisa da governi di centrosinistra o ulivisti, ma soprattutto condivisa, esagerata ed esasperata, dai governi della destra in Italia e in Sardegna.
Privatizzare non vuol dire rispettare il privato, privatizzare vuol dire prendere il pubblico e renderlo privato, che è un'altra cosa, vuol dire rinunciare al fatto che la mano pubblica possa agire insieme al privato, in economia, e quindi intervenire la mano pubblica così come la mano privata per determinare processi e progetti di sviluppo.
Noi siamo usciti da tempo tutti, credo, dall'antinomia pubblico-privato, cioè dal chiederci se tutta l'economia deve essere pubblica, se i mezzi di produzione devono essere tutti pubblici, giuridicamente nella loro titolarità, o tutti privati. E mi pare che le economie moderne ma anche la concezione politica moderna, in diverse varianti e con diversi equilibri, prenda in considerazione la convivenza, la coesistenza, sia dell'utilità dell'intervento privato nell'economia, sia l'utilità, talora la necessità dell'intervento pubblico in economia, o anche dell'intervento misto pubblico-privato. Perché vi sono produzioni che hanno un valore strategico, che sono fondamentali per lo sviluppo armonico di una economia che nessun privato curerebbe, perché il privato, ovviamente, risponde al suo solo interesse individuale, legittimo e garantito, ma è il suo interesse, mentre alcune forme di produzione o alcune condizioni dello sviluppo o del sottosviluppo o perché debbano essere particolarmente incentivate o perché debbano essere inizialmente avviate, o perché debba essere favorita la creazione di una cultura imprenditoriale, vedono la parte pubblica attivarsi per creare processi economici solidi, veri, duraturi; ed è questa una politica economica che tutti gli Stati moderni del mondo hanno adottato ed adottano.
Ma oltre questo, cioè il sostegno da dare alle economie in ritardo di sviluppo, e la nostra è una Regione che ha una economia in ritardo di sviluppo, per non dire di sottosviluppo, no, ma in ritardo di sviluppo, sì, rispetto ai processi più ampi e più alti dello sviluppo di altre parti dei paesi industrializzati, vi è un'altra componente che è quella delle produzioni strategiche. Che la mano pubblica o la parte pubblica o meglio dire il potere pubblico non può né abbandonare, né dismettere, né privatizzare, sono comparti strategici.
Pensiamo all'energia, il privato ha interesse ad avere energia, a produrre energia in quanto ha garanzia di venderla e di guadagnare. Il potere pubblico ha interesse e necessità che si produca l'energia, non solo per guadagnare, ma perché l'energia è un servizio per la produzione, ma è anche un servizio per la vita civile; e non è detto che sempre si debba guadagnare. Perché illuminare le strade o le case di abitazione, o gli ospedali o porre in essere tutte le applicazioni civili dell'energia non necessariamente comporta un'utile di impresa.
L'utilità spesso è l'utilità sociale che accompagna l'utilità economica; ecco perché la produzione dell'energia è un comparto strategico, che se non cura sufficientemente il privato e non garantisce che ciò venga curato sufficientemente, la mano pubblica ha sempre ritenuto di dover tenere in conto, non solo nei moduli gestionali ma anche e soprattutto, anzi, nei sistemi produttivi.
O pensiamo al comparto minerario dei minerali che possono essere - questo è un altro comparto - tali da avere una valenza strategica; il carbone estratto in Sardegna in sé e per sé non è il migliore carbone del mondo, ma in sé e per sé non c'è un carbone nel mondo che sia il migliore, e tuttavia è un elemento che è stato sempre, in guerra e in pace, ritenuto un elemento strategico per la produzione di energia. Ed ecco perché l'attività di coltivazione, di estrazione, di questa materia prima ha avuto una valenza strategica così come l'estrazione di altri minerali; e male ha fatto questa Regione e malissimo sta continuando a fare a ritenere il settore minerario una qualsiasi attività economica dismissibile perché in questo modo, anche laddove ci sono costi iniziali che sono anche costi alti, ne derivano complessivamente nelle applicazioni successive, nella differenziazione, nella verticalizzazione dei risultati anche economicamente validi. Non c'è miniera al mondo che sia non dico in attivo, ma in pareggio, nella fase estrattiva; qualcuno dice le miniere d'oro, le miniere d'oro meno che mai, perché per trovare un po' d'oro debbono scavare tutto quello che debbono scavare. Non c'è miniera al mondo che sia produttiva nel senso di dare profitti nella sola fase estrattiva, ma è nel ciclo di produzione che poi diventa estremamente redditiva l'estrazione dei minerali, cioè nelle successive lavorazioni.
Le nostre miniere di piombo-zinco in sé e per sé non possono essere attive nella fase estrattiva; e quando si fanno conti e si dice che quella miniera è in passivo, per cui bisogna privatizzarla, darla al privato, si dicono balle! Perché l'attività mineraria va vista in tutte le sue fasi, perché si parte dall'estrazione della materia prima originaria e si arriva alle produzioni nel settore farmaceutico e della cosmesi, per esempio. Ed è chiaro che il tubetto del cosmetico ha un valore aggiunto di un milione di volte superiore rispetto al granello di minerale che concorre alla sua creazione. E quindi la valutazione sui costi va effettuata sul complesso del processo lavorativo. Io dico che era ora che questo Consiglio regionale venisse indotto a parlare di nuovo di industria, ma dovrà riparlare di industrializzazione della Sardegna, di "quanta industria" ha questa Regione, industria e industriosità, di quanta industria permane e può rimanere, di quale industria ha bisogno questa Regione, intendendo con il termine "industria" uno dei fattori primari dello sviluppo da nient'altro sostituibile.
Questo concetto va detto e va ripetuto, perché nella proposizione politica della destra che governa oggi in Italia, e che governa anche nella nostra Regione, più di una volta, pressoché sempre, si sentono dire delle cose che prima che essere sbagliate sul piano economico, in termini di prospettiva di sviluppo, sono delle vere e autentiche corbellerie sul piano politico.. Quando si dice che la vocazione di questa Regione è il turismo, e si dice che il "tutto turismo" risolverà i problemi dello sviluppo di una Regione ed anche della nostra, che in nome del turismo, "tutto turismo", si devono chiudere le industrie, si può abbandonare l'agricoltura, e si debbono sacrificare i beni ambientali, e che in nome del "tutto turismo" si debbono pure aggredire questi beni ambientali ed eliminare le spiagge e sacrificare l'ambiente ed affettare il territorio, ed anche in questo settore privatizzare e vendere ai ricchi del mondo che vengono e vedono che questa regione è bella, e la vogliono comprare per distruggerla, per consumarla, ed è questa la vostra linea di politica economica, io ribadisco che è sbagliata. E' sbagliata non solo perché aggredisce l'ambiente, ma perché si fonda su un solo comparto economico, quello del turismo, che non è una forma di produzione, il turismo è una forma di consumo e di intermediazione, comunque, di beni già prodotti.
Nessuno si veste di sole, nessuno mangia sole ed acqua di mare, tutti vestono, tutti si alimentano mediante i beni materiali che da qualche parte vengono prodotti. E chi produce i beni materiali sono coloro che hanno, come dire, il governo dell'economia reale. E non c'è paese al mondo o regione, ivi compresa la nostra, che possa pensare ad uno sviluppo serio, vero, duraturo, sano, tralasciando quei settori primari della economia che sono pur sempre il settore industriale e il settore agricolo.
Questo va detto perché si comprenda che anche il comparto chimico, che non è nella vocazione originaria di questa Regione, che non viene dall'antichità, viene dalla modernità, tuttavia in questa Regione ha acquisito un valore in quanto componente essenziale delle produzioni industriali; e non si può ogni giorno ricominciare da capo.
Gli impianti chimici debbono certamente essere resi produttivi e competitivi e sani, come le tecnologie moderne consentono, attraverso gli investimenti, tutti quelli che sono necessari perché, venga non dico abbattuto, ma venga eliminato del tutto, ripeto del tutto, il tasso di inquinamento.
Tuttavia, per comparto chimico non intendiamo solo le produzioni primarie, ma senza la produzione primaria non ci può essere neanche la secondaria, né la terziaria; non ci può essere verticalizzazione senza avere una base, ed avendo questa regione una base produttiva da lì, da quella base deve partire per elaborare progetti di sviluppo in termini di differenziazione produttiva, di integrazione produttiva, di verticalizzazione produttiva fino ad arrivare alle produzioni della chimica fine che sono quelle che danno maggior valore aggiunto, e quindi la maggiore ricchezza e redditività, che danno occupazione.
Ma di tutto questo, ne è consapevole il Governo nazionale? No, perché il governo nazionale propone di chiudere la chimica in Sardegna, di eliminare l'area chimica sarda; il governo nazionale non firma neppure quell'asfittico per ora, chiamiamolo così, e pressoché inutile accordo di programma, che un osservatorio della chimica in Sardegna ha prodotto. Il governo nazionale dice "No, io non sono tra i firmatari"; e se tu, governo nazionale, che hai in mano la leva e il governo dell'economia, non ti impegni chi garantisce che le linee di sviluppo economico in questo Paese trovino concreta realizzazione? E la Regione, non può continuare a dire "produco bozze di accordi di programma, e quando non so che fare faccio un osservatorio". Quando non si sa come affrontare il problema dell'agricoltura si istituisce un osservatorio agricolo. E che cosa osserva l'osservatorio? Non si sa come affrontare i problemi della chimica? Si fa un osservatorio chimico, e che cosa osserva l'osservatorio chimico? La chiusura dell'industria chimica.
Questi strumenti di conoscenza debbono essere preliminari alla progettazione di veri e propri programmi di intervento, e dopo il programma di intervento e il progetto, l'autorità politica deve essere capace di proporre e di rivendicare dal governo nazionale e da tutti i poteri l'attuazione del progetto di sviluppo. Un progetto di sviluppo industriale è parte necessaria ed essenziale del progetto di sviluppo della Regione; progetto di sviluppo che non avete, che non c'è e che tuttavia bisogna pensare, bisogna inventare, senza di voi o, se necessario, anche contro di voi, ma nell'interesse della Sardegna.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Falconi per illustrare la mozione numero 65.
FALCONI (D.S.). Signor Presidente, io mi scuso subito con i pochi, coraggiosi colleghi presenti che hanno avuto, e li ringrazio anche per questo, la forza e la voglia di venire in Aula per parlare e sentir parlare di industrializzazione e di chimica in Sardegna.
Capisco, e mi pare che anche poco fa, all'inizio della seduta, vi sia stata la prova di questo, che molti argomenti siano per l'Aula, e soprattutto fuori dall'aula, molto più accattivanti, rispetto ad un argomento che tratta di disoccupazione, di abbandono. Oggi sono gli stabilimenti industriali che al nord, al centro e al sud hanno caratterizzato il grande sogno industriale della nostra Isola, a dibattersi tra le ultime dismissioni di un'azienda parastatale, mi riferisco all'ENI, naturalmente, che raccoglie le sue ultime cose e scappa senza neanche ripulire quei siti che negli anni ha, forse irrimediabilmente deturpato, avendoli utilizzati solo per fini industriali;.
Ma affrontiamo subito l'argomento specifico, riferendoci anche a chi non vuole parlare di industria in Sardegna. Lo diceva poco fa il collega Cogodi, e io su questo concordo con lui, che in quest'Aula, ma anche fuori da quest'Aula, non si vuole più parlare di industria in Sardegna.
Voglio, a queste persone soprattutto, ricordare che il comparto industriale rappresenta due terzi del PIL sardo, del PIL complessivo, e all'interno di questi due terzi, il quasi sessanta per cento è rappresentato dall'industria chimica. Cioè vale a dire che un terzo del PIL sardo è dato ancora oggi, nel '02, dall'industria chimica. In termini occupazionali, invece, le cifre sono meno confortanti; dei 12 mila e 500 lavoratori, più i 12 mila dell'indotto dei primi anni settanta, ne sono rimasti tremila e seicento, più tremila-tremila e cinque nell'indotto a lavorare nei grandi agglomerati industriali di Porto Torres, Ottana, Sarroch, Assemini. Tutto il resto è andato in fumo, tutto il resto è dismesso, tutto il resto è diversamente organizzato.
Questo perché anche noi, centrosinistra, a suo tempo abbiamo raccolto la sfida delle privatizzazioni, le abbiamo ritenute indispensabili nell'ambito di un sistema economico e produttivo che collocava la maggior parte delle industre nel privato, raccoglieva la sfida della modernizzazione del mercato globale, al fine di salvare quanto rimaneva di un sistema produttivo non più assistito, ma che doveva competere, e che compete, con efficienza in settori definiti strategici dell'industria chimica europea e mondiale.
La Sardegna e i suoi lavoratori dell'apparato industriale chimico hanno investito tutte le loro speranze, il loro patrimonio di conoscenza nella chimica, nella metallurgia, nel minerario, puntando allora e puntando ancora oggi sul vantaggio dell'integrazione, della complementarietà all'interno dei nostri stabilimenti e tra stabilimenti che in Sardegna insistevano e dove si stava avviando e consolidando una capacità di produzione che competeva e che compete a livello internazionale.
In Sardegna questo processo di modernizzazione, di taglio dei rami secchi, di riduzioni occupazionali è costato più che altrove. E' costato perché interviene qui nel Sud, qui in Sardegna, dove c'era già poco, perché forse allora, ma anche oggi, c'è questa scarsa attenzione politica all'industria e alla chimica. Ciò nonostante, in alcuni siti, come Ottana, con la partecipazione attiva dei territori circostanti e delle rispettive amministrazioni comunali e provinciali, di concerto con le organizzazioni sindacali si è provveduto, in larga parte, alla contemporanea diversificazione produttiva degli impianti dismessi e alla ricollocazione internazionale o nazionale degli impianti produttivi. Naturalmente, seguendo un percorso che ha utilizzato gli strumenti di programmazione negoziata che ancora oggi sono vigenti, ma allora erano soprattutto dotati di risorse finanziarie nazionali.
Rispetto a questo percorso gestito, governato, che poteva essere riutilizzato oggi e anche perfezionato alla luce dell'esperienza che lì si è maturata, alla luce anche degli sbagli che lì vi sono stati, Porto Torres e Assemini non sono rientrati in questo grande primo processo. Sono infatti, questi stabilimenti quelli che l'Enichem, oggi l'ENI, definisce e colloca nella bad company, da cedere, da liquidare se non si trova da vendere, o da svendere. E l'Enichem (io dico Enichem, ma oggi bisogna leggere ENI) dovrebbe essere indotta dal governo nazionale, con l'esposizione delle nostre ragioni, a cambiare la sua strategia industriale, così da permetterci almeno di prendere tempo, perchè oggi ci serve tempo, per riorganizzare, ricollocare e, dove serve, anche diversificare. Ma non siamo confortati in questa direzione dalle ultime notizie che vedono, da parte dell'amministratore delegato, Mincato, la riconferma di quella politica, di quella strategia industriale che colloca l'industria chimica sarda in posizione marginale rispetto all'industria chimica italiana, e comunque sempre nell'ottica della dismissione.
Occorre quindi ridiscutere di reindustrializzazione all'interno di un accordo di programma quadro che veda la partecipazione di tutti i soggetti interessati, compresa l'ENI per il comparto chimico; ma il Governo nazionale deve avere soprattutto la piena consapevolezza che non si può abbandonare un comparto strategico come la chimica che, al momento, pesa sulla bilancia dell'impor-export con un buco di 17 mila miliardi. In questo contesto la Sardegna è relegata ai margini, priva di una strategia e di un progetto industriali a lunga scadenza.
E' necessario rivedere quindi le politiche produttive alla luce dei costi, che qui in Sardegna sono maggiori, di trasporto e di energia. In Sardegna il chilowattora industriale costa mediamente il 30 per cento più che in Italia, il 50 per cento più che in Europa, parlo di chilowattora industriale, perché il chilowattora dell'ENEL è uguale in Sardegna come nel resto d'Italia.
Però, oltre queste diseconomie che vi sono, che bisogna riconoscere e possibilmente cercare di rimuovere con diversi approvvigionamenti energetici, vi sono anche sinergie che, in molti casi, compensano le diseconomie esistenti. Mi riferisco alla centralità della nostra Isola nel Mediterraneo, mi riferisco ad alcune zone industriali perfettamente attrezzate; sto parlando di spazi industriali che la Lombardia, per esempio, non ha più. Non è più possibile impiantare delle industrie nella cintura milanese di Rho, l'industria chimica non è possibile espanderla attorno a Milano. E' possibile qui, dove ci sono appunto gli spazi, dove c'è un sistema produttivo, un collegamento tra uno stabilimento e l'altro, dove si possono determinare effetti positivi.
Ma se non si opera questa riconversione, il collegamento di cui parlavo può provocare un malefico, un dannosissimo effetto domino che porterà da una chiusura all'altra, da un disastro all'altro, proprio perché in Sardegna le produzioni sono tra loro collegate.
In tutto questo complesso intreccio economico-industriale la Regione Sardegna può e deve avere un ruolo, che io giudico fondamentale. Per stare nell'argomento "chimica" io direi che il ruolo preciso della Regione è è quello di fungere da catalizzatore all'interno di una reazione chimica. Questo è il ruolo che io vedo per la Regione. Un catalizzatore che entra in una reazione, la attiva, la favorisce, non si fa inglobare in questa reazione e alla fine fuoriesce dalla stessa, senza danni alla sua struttura molecolare. Questo deve fare la Regione.
Ho cercato di chiarire con questo esempio quello che la Regione dovrebbe fare e non sta facendo, non è parte attiva in tutto questo, anche se sappiamo bene che l'Assessore dell'industria, La Spisa, è particolarmente attento anche a questo processo molto preoccupante. Ma noi ci riferiamo alla maggioranza, all'intera Giunta soprattutto che oggi non c'è, è assente.
Noi del centrosinistra siamo fortemente preoccupati per la situazione generale che si sta creando nel meridione e che, di conseguenza, si riverbera in Sardegna. Voglio ricordare che ad una congiuntura negativa sotto l'aspetto economico e occupazionale, era seguita, alla fine degli anni novanta, una timida ripresa dell'industria nel Sud e in Sardegna; oggi i cosiddetti governatori regionali del Sud, anche il nostro si distinguono per il loro silenzio, non trovano nulla da proporre di fronte allo smantellamento in atto delle politiche di integrazione nazionale tra Nord e Sud.
Il sottosegretario al Ministero delle attività produttive, Miccichè, è venuto in Sardegna non solo per offendere, in prima battuta, il nostro Statuto autonomistico ma per dirci con assoluta tranquillità che non possiamo più contare su quegli strumenti di programmazione negoziata che nel 1998, 1999, 2000, avevano consentito alle regioni del Sud un aumento del PIL restringendo la forbice che le divideva dalle regioni del Nord.
Orbene, colleghi, colleghi del centrodestra, assessore La Spisa, assessore Masala, visto che non posso rivolgermi al nostro governatore perché è interessato a ben altre faccende, forse a parlare impropriamente di turismo in giro per la Sardegna, a parlare impropriamente di alcune comunità che non riescono a darsi una amministrazione comunale.
Eppure io penso che questo argomento oggi dovesse essere all'attenzione di tutta l'Aula, ma in particolare, all'attenzione dell'esecutivo della Regione Sardegna, della Giunta ma, ahinoi! Ma noi oggi chiediamo loro, alla Giunta regionale, di chiarire, intervenendo in quest'Aula, all'opinione pubblica sarda se condividono l'attuale politica di sviluppo industriale del Governo nazionale; su questo punto, chiediamo risposte precise. Chiediamo loro che spieghino ai lavoratori interessati con quali strumenti operativi e finanziari intendono porre mano alla diversificazione produttiva della chimica sarda. In questo caso, deve sapere la Giunta regionale che lo stabilimento di Porto Torres non può più produrre clorosoda e paraxiloro e quello di Assemini il polivinilcloruro; e queste produzioni di fibre sono quelle che, in massima parte, negli ultimi decenni hanno creato ricchezza nella nostra isola, a partire dagli stipendi per coloro che vi lavorano. Queste produzioni in Sardegna, l'ho già detto in quest'Aula, forse hanno superato persino per volume quella del latte di capra. Però non c'è la conoscenza di questi dati.
Ma come si intende sostituire questo sistema industriale che rischia di andare al macero? Se non condividete l'attuale strategia sull'industria chimica nazionale, studiata dall'Eni per conto del Governo, se volete invece insieme a noi, centrosinistra, chiedere un tavolo permanente di concertazione per stabilire, anche con un livello di conflittualità iniziale, se necessario, che tutti ci battiamo per la salvaguardia degli attuali minimi livelli occupativi all'interno del comparto industriale sardo, e per rilanciare con urgenza un programma di reindustrializzazione, noi saremo insieme a voi, a quel tavolo, ad elaborare progetti, propositivi ed attivi e per nulla intimoriti dalle difficoltà presenti e future.
Noi ci batteremo affinché nell'isola non ci sia, come diceva chi mi ha preceduto, il tutto turismo, il tutto agricoltura, il tutto industria, noi ci batteremo per una economia che veda la compenetrazione di questi settori vitali per l'economia sarda. Molti di voi avranno letto giorni fa la classifica delle aziende che nella nostra isola hanno il fatturato più alto.. Stranamente, tra le prime cinque aziende industriali, tre acquistano dal comparto agricolo la loro materia prima per trasformarla in prodotto finito non agricolo; la prima azienda industriale per fatturato in Sardegna è un'industria chimica.
Ebbene, noi questa compenetrazione vogliamo e cerchiamo, non ci rifugiamo esclusivamente nella discussione sul turismo perché lo consideriamo il toccasana di tutti i mali, il settore che risolve i nostri problemi; e, tra l'altro, anche alle esigenze del comparto turistico non riusciamo a dare risposte concrete. Nel corso di altre discussioni abbiamo detto che in tre anni di governo voi del centrodestra non siete stati capaci di fare un decreto che finanzi un'azienda alberghiera; beh, a distanza di tre anni, ancora ribadiamo che di turismo parlate ma di turismo e per il turismo non agite. Ad oggi non avete ancora emanato nessun decreto di finanziamento; aspettiamo, aspetteremo la fine della legislatura.
Ma, rendendomi conto di avere quasi consumato il mio tempo mi avvio a concludere questa breve e sicuramente incompleta illustrazione della mozione voluta dal centrosinistra e firmata da tutti i suoi Capigruppo.
Un'ultima considerazione la vorrei fare senza demagogia sulle maestranze che, in questi ultimi decenni, hanno contribuito a consolidare in Sardegna un patrimonio di cultura, di conoscenze, di modernità che ha smosso il sistema produttivo arcaico, fermo nel tempo, ingessato nella sua arretratezza proprio della nostra isola; e sto parlando di cultura industriale, sindacale, politica, che queste maestranze hanno portato nella vecchia cultura, maestranze che tanto ancora possono dare. Non disperdiamo questo immenso patrimonio umano, di conoscenza, che ormai fa parte dei nostri territori in alcuni dei quali ha determinato cambiamenti epocali.
Chiudo davvero ricordando un'esperienza vissuta nel mio territorio. Nel '74 lavoravo ad Ottana, eravamo duemila e settecento dipendenti dei quali ben duecento, quando in quel periodo si tennero le elezioni amministrative, vennero candidati nelle rispettive comunità; 180 vennero eletti consiglieri comunali. Si realizzava così quello che la Commissione parlamentare Medici aveva auspicato 10 anni prima: lo scossone dell'industria aveva rotto l'isolamento, l'arretratezza e la solitudine delle zone interne Ma di questo argomento ne parleremo in un'altra mozione..
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Pilo. Ne ha facoltà.
PILO (F.I.-Sardegna). Signor Presidente, colleghi, noi ci troviamo di fronte ad un problema grave, che interessa il Consiglio regionale ma che, principalmente, tocca i lavoratori che, anche a Porto Torres così come in altre parti della Sardegna, rischiano di essere licenziati a causa di una crisi innegabile e indiscutibile.
Quindi credo che sia dovere di questa Regione affrontare un problema di queste dimensioni, e certamente il centrodestra non si sottrarrà a questo obbligo. Occorre però, cari colleghi del centrosinistra, confrontarsi sulle motivazioni che ci hanno portato a questo punto perché, badate, non si tratta tanto di piangere sul latte versato, né di porre il problema sul piano ideologico, ma effettivamente, va detto, questo è il risultato di una politica adottata negli ultimi vent'anni che non ha prodotto nessuno dei frutti sperati.
Caro collega Falconi, è vero che con l'industrializzazione delle zone interne si è rotto l'isolamento, ma è altrettanto vero che con quel tipo di industrializzazione si è creato un ulteriore deserto, perché la barca è andata bene finché poteva andare bene, perché la scelta delle grandi industrie, la scelta della chimica, che è stata operata in Sardegna trent'anni fa, è una scelta che ha impedito sostanzialmente la formazione, la creazione e la nascita di una industrializzazione diffusa con lo sviluppo di un'imprenditoria locale, e quindi ha sostanzialmente bloccato un processo di sviluppo che poteva esserci e non c'è stato. Allora, con la nascita della grande industria noi abbiamo garantito redditi, è vero, abbiamo garantito anche capacità di rapporti assembleari, ma certo non abbiamo creato sviluppo per la nostra isola. E oggi rincorriamo queste situazioni.
Ottana è un esempio significativo, caduta Ottana non c'è stata alternativa, perché Porto Torres rischia di vivere esattamente la stessa situazione di Ottana, perché quello che sta capitando nelle zone dell'Iglesiente deriva dalla crisi della grande industria.
Allora, cari amici, c'è da chiedersi quale sia il nostro ruolo. Io personalmente, come tutti sanno perché lo dico spesso, non sono più d'accordo perché si sposi la politica della grande industria, ma credo che ormai nessuno possa essere di diverso avviso; ma credo anche che sia ora veramente di finirla col pensare che la pubblica amministrazione e la Regione in particolare si debbano sostituire all'imprenditoria. Dall'applicazione pratica di questa ipotesi deriva infatti un grande danno. io Quando l'altro giorno ho sentito le dichiarazioni degli imprenditori sul nuovo Dpef approvato recentemente dalla Giunta ho avuto una ulteriore conferma (e, onestamente, non dico questo per motivi ideologici, perché il centrodestra veniva attaccato) del fatto che quando la pubblica amministrazione si sostituisce all'imprenditoria privata, non avendo le competenze e i requisiti necessari per gestire un'impresa, si corre il rischio di creare ulteriori situazioni di crisi.
E non parliamo poi delle privatizzazioni; anche in questo caso non si può recriminareperchè le privatizzazioni erano sacrosante. Il problema è che nella stragrande maggioranza dei casi noi abbiamo scelto di cedere aziende a partecipazione regionale a imprenditori che tali non erano, che hanno rubato i soldi della Regione e di tutti i sardi e sono scappati col bottino. Si sono arricchiti personalmente, hanno gonfiato le proprie tasche e poi, dopo poco tempo, hanno chiuso le industrie oppure sono dovuti ricorrere alle casse della Regione.
Per noi, lo sviluppo di quest'isola è legato ad un'imprenditoria che deve ancora nascere; e non può nascere assistita sempre da "mamma Regione" a prescindere dal mercato di riferimento, noi non possiamo continuare a far nascere imprese, solo perché ci sono dei soldi regionali che devono essere dati comunque.
Noi non possiamo continuare a sostenere che la chimica va salvata in ogni caso, nonostante produca danni ambientali, e ogni giorno si pongano dei problemi. Noi possiamo dire che i posti di lavoro vanno salvati, ma questo è un altro discorso; noi possiamo porci il problema delle famiglie che devono continuare a vivere ed avere un reddito e che non possono andare a chiedere l'elemosina agli angoli delle strade.
Però, badate, va detto onestamente che la politica industriale che si è fatta in Sardegna in questi trent'anni è sbagliata!!! Noi leggiamo, in tutte le relazioni introduttive ai vari provvedimenti, che vi è l'assoluta necessità di potenziare una classe imprenditoriale, beh, la classe imprenditoriale nasce per capacità sue, per idee sue, per competenze sue, non può nascere sotto l'ala protettrice della Regione perché la Regione rischia di scegliere classi imprenditoriali che tali non sono, così come è stato fatto in questi trent'anni.
Allora, chi paga le conseguenze di queste scelte sbagliate, sono ovviamente i lavoratori che nessuna responsabilità hanno sulle scelte che la politica ha fatto in questi anni.
Noi ci poniamo perciò il problema di questi lavoratori, noi ci poniamo il problema di quelli che lavoratori non sono perché sono ancora disoccupati; però, badate, non è più pensabile che la politica industriale, lo sviluppo economico siano legati a questo tipo di scelte, perché va detto innegabilmente, e lo diceva anche il collega Falconi nel suo intervento, che il fatto che la nascita della grande impresa abbia generato partecipazione, vuol dire anche che ha generato partecipazione per un centrosinistra che aveva interesse poi ad attingere per quanto riguarda i candidati, i sindaci, e gli eletti all'interno della classe politica che si stava...
PIRISI (D.S.). Ma dov'eri? Ma da che parte stavi allora?
PILO (F.I.-Sardegna). Io facevo sindacato, io nel 1984 facevo sindacato, e allora come oggi, perché su questo è nato il mio conflitto con la C.I.S.L. della quale facevo parte, sostenevo che l'impresa non può essere condizionata totalmente dalla classe politica e dal sindacato così come avveniva. Oggi ripeto delle affermazioni che facevo già nel 1984; in quel periodo, infatti, quando in fase di rinnovi contrattuali le aziende ci chiedevano la cassa integrazione perché erano in difficoltà, io sostenevo che bisognava entrare nel merito di queste difficoltà, capire se erano o non erano reali. Ebbene, i miei colleghi dirigenti sindacali affermavano invece che questo problema non interessava il sindacato. Questa linea si è seguita nel 1984, questa linea si è seguita negli anni successivi. Io parlo, invece, di scelte diverse dal punto di vista strategico e dal punto di vista tattico; parlare di sviluppo di piccola impresa, di imprenditoria diffusa in settori diversi quali il turismo, il manifatturiero e altri, non è un "far finta" di volere risolvere i problemi, ma è l'unico, vero modo per risolvere i problemi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE SANNA
(Segue Pilo.) Questo nulla toglie, come ho detto, al problema della tutela dei posti di lavoro che noi, centrodestra, affrontiamo tutti i giorni, e nessuno può sostenere il contrario. Però smettiamo di imbrogliare le carte, cominciamo a dire le cose come stanno, cominciamo a dire agli imprenditori che se vogliono fare gli imprenditori devono farlo con gli strumenti che hanno a disposizione, che la legislazione mette a disposizione, ma senza obbligare la Regione ad interventi che non sono di sua competenza.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sanna Giacomo. Ne ha facoltà.
SANNA Giacomo (Gruppo Misto). Signor Presidente, la chimica in Sardegna costituisce da sempre un argomento controverso; come una medaglia presenta due facce così la chimica da un lato significa innovazione, dall'altro rischi per l'ambiente e la salute; da un lato sviluppo importato e dall'altro mancato sviluppo endogeno.
Oggi la chimica in Sardegna è però soprattutto un dramma, un dramma di dimensioni vastissime, di portata straordinaria, un'emergenza occupazionale che è insieme emergenza sociale, frutto di strategie aziendali che si susseguono da almeno un decennio, improntate su chiusure, cessioni, dismissioni, riduzioni del personale e blocco degli investimenti; strategie che hanno consentito all'Enichem di uscire dal tunnel dell'indebitamento, precludendogli però la prospettiva dello sviluppo e della solidità industriale.
Le misure adottate per il salvataggio di Enichem sono state determinate infatti dall'emergenza finanziaria, per cui si è operato sulla riduzione dei costi fissi, sul disimpegno e sulla cessione delle attività; la riduzione degli organici è stata imponente e drastica, soltanto nel quinquennio '91-'95 si è registrata una riduzione di oltre 34 mila unità lavorative. A Porto Torres i lavoratori sono passati da dodici mila a due mila.
Il processo di dismissione ha avuto uno straordinario carattere disorganico , e non si è prestata alcuna attenzione agli assetti industriali. E` stato semplicemente un abbandono, un disimpegno, senza alcuna propensione a svilupparsi in altri settori, o a rafforzare le poche attività rimaste.
Enichem in questi anni si è in pratica trasformata in un semplice fornitore di materie prime per i compratori dei rami aziendali ceduti; ha riassaporato il raggiungimento di un conto economico positivo, decretando la fine delle sue attività, attraverso un processo di marginalizzazione nei mercati e invecchiamento e depauperamento del suo parco industriale. Enichem si è dunque salvata disegnandosi un futuro senza prospettive.
In pratica, una fuoriuscita dal settore chimico, restano sul campo i frutti amari della razionalizzazione e delle dismissioni, quelli della disoccupazione e della perdita del lavoro, dell'assenza di prospettive soprattutto in Sardegna, ed è questo che ci interessa, dove qualcuno ha persino pensato di rispondere all'attacco all'occupazione difendendo il sito industriale a lui più vicino, isolandosi sul suo impiantino senza riaprire un discorso ampio sulle strategie.
Se questa è stata la forza regalata a Enichem nel territorio italiano a maggior ragione lo è stato in Sardegna; soltanto oggi,chi ha pensato di difendere i posti di lavoro a Macchiareddu a discapito di Porto Torres si rende conto che si chiude il cloro a Porto Torres, ma non c'è lavoro neppure a Macchiareddu. Scatenare la guerra tra i senza lavoro del nord Sardegna è del sud dell'Isola significa far vincere l'Enichem su tutti i fronti; limitarsi a una difesa condotta sito per sito, per realizzare accordi di semplice e specifica tutela, rappresenta un ulteriore rischio. Il problema non è, infatti, la difesa del proprio sito in concorrenza con altri siti, ma capire quanto Enichem voglia restare nella chimica, e quanto impegno politico vi sia da parte del Governo per sostenerne la strategicità.
E' questa la prima grande questione da chiarire, è questa la prima grande risposta che attendiamo dal Governo italiano e da quello regionale; a ciò sono legate anche le soluzioni relative all'ambiente, alla salute e alla compatibilità ecologica. In Sardegna, insieme all'interesse aziendale a investire, vengono meno gli impegni e gli accordi sui problemi ambientali. Sono impegni dovuti che riguardano il pregresso: bonifiche e più in generale gli interventi per il miglioramento ambientale, come quelli previsti nell'accordo per il cumene e il fenolo, dove Enichem si è impegnata alla riduzione delle emissioni in atmosfera e alla riduzione dell'apporto di acque primarie con l'utilizzo di quelle reflue; impegni che difficilmente saranno mantenuti, nonostante la sottoscrizione formale degli accordi.
Qualcuno sostiene che proprio la scadenza imminente dei tempi entro i quali realizzarli sia il vero motivo dell'accelerazione delle dismissioni del nord dell'Isola, una vera e propria fuga, lasciando alla Sardegna i disoccupati, i rottami e i problemi ambientali, mantenendo però uno straordinario bottino, rappresentato anche da un immenso patrimonio immobiliare costituito da aree e terreni vicini al mare.
A Porto Marghera l'Enichem fa un investimento di mille miliardi per il risanamento ambientale, in Sardegna invece potrà scappar via senza pagare dazio e con 400 e più ettari di terreni di proprietà. Non è un dato sapere quanti ettari siano stati già venduti, sappiamo però che tanti sono oggi in vendita; il silenzio e l'indifferenza sono il miglior agente immobiliare per l'Enichem, peccato che tutto ciò avvenga con un immane danno economico e sociale all'intera Isola, quei terreni rappresentano infatti una straordinaria opportunità per nuovi insediamenti produttivi. L'hanno compreso in molti, ma l'azione della Regione è davvero inadeguata, quella degli enti locali interessati è persino dannosa, intempestiva al punto da lasciare morire una proposta concreta come quella del polo farmaceutico a Porto Torres.
A dubbi si aggiungono dubbi, a penalizzazioni i drammi, mentre per l'Enichem si fa sempre più concreta la possibilità di evitare i costi delle bonifiche e incassare i danari delle vendite immobiliari. Le regalie fatte a Rovelli sono piccoli omaggi in confronto a ciò che sta avvenendo oggi in Sardegna. Nessuno più dell'industria petrolchimica in Sardegna ha avuto così tanti e ingiustificati privilegi, in cambio sta lasciando un cimitero industriale e un dramma sociale di portata per certi versi storica.
La risposta politica del Governo regionale è la solita risposta, fatta di proclami, rinvii, passerelle e promesse. Mancano una strategia di fondo, un programma condiviso per la ripresa e lo sviluppo, un'azione incisiva e provvedimenti adeguati. Vorremmo venissero tutelati meglio i diritti dei nostri lavoratori, ma soprattutto vorremmo capire se vi sarà un futuro per l'industria in Sardegna, per un'industria chimica più pulita, più rispettosa dell'ambiente e della salute, vorremmo capire inoltre come e quando avremo certezza delle azioni di recupero ambientale previste negli accordi sottoscritti con l'Enichem, quale futuro si è riservato al settore della ricerca.
Vogliamo soprattutto che le aree e i terreni, che L'Enichem disinvoltamente ha posto in vendita, vengano utilizzati per nuovi insediamenti produttivi. Ed è proprio in questa fase che la Regione dovrà fare la sua parte, per assicurare un futuro a quelle aree industriali, che rischiano di restare soltanto un ammasso di rottami e veleni, per dare una speranza concreta a chi oggi esce dal sistema produttivo e che ha perso il posto di lavoro, perché l'industria in Sardegna abbia ancora un futuro, scongiurando il pericolo di vedere il Governo regionale silenzioso complice della fuga dell'Enichem dalla Sardegna
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Balletto. Ne ha facoltà.
BALLETTO (F.I.-Sardegna). Uno dei tanti esempi in negativo, ma certamente più significativi della scriteriata presenza dello Stato imprenditore in Sardegna, è quello rappresentato dalla politica industriale praticata e dei conseguenti investimenti nel settore della chimica, con tutto ciò che essa ha comportato in questo lungo periodo.
I danni creati, e per certi versi irreversibili, sono sotto gli occhi di tutti, è inutile negarlo. Tanto per indicarne qualcuno possiamo rappresentare lo scempio irrecuperabile del territorio deturpato dalle mostruose cattedrali nel deserto, oppure verificare il livello di inquinamento atmosferico, marino, delle acque interne, del suolo relativamente al Golfo degli Angeli, la piana di Ottana, i comprensori industriali di Porto Torres, Villacidro, Macchiareddu, del Sulcis per il polo dell'alluminio e quanti altri ce ne sono ancora. Perché quando parliamo di interventi a sostegno dell'industria chimica dimentichiamo che le stesse forze politiche, che demagogicamente fanno quegli interventi, nella stessa misura altrettanto demagogica, in altre circostanze, fanno gli interventi a tutela della salute, fanno gli interventi volti ad evitare l'abbandono delle campagne, dei centri interni, dimenticandosi che queste battaglie sono tra loro estremamente contraddittorie.
Quindi, come dicevo, i danni patiti dalla salute, che sono ancora oggi incombenti e che sono sempre più minacciosi per le incolpevoli popolazioni, che quelle scelte hanno dovuto subire, perché sono state imposte dallo Stato e sono state avvallate dalla classe politica regionale di trent'anni fa, di vent'anni fa, di quindici anni fa, poco importa chi ci fosse, sta di fatto che si dimostra oggi che quelle scelte erano sbagliate.
Ancora lo spopolamento delle campagne, come dicevo poc'anzi, e l'abbandono dell'agricoltura da parte di coloro che nell'industria hanno visto la salvezza per tutti i mali, perché a questi così è stato fatto credere. E in funzione di queste scelte, considerata l'industria pesante come la panacea di tutti i mali, si è perso già da tempo di vista il grande problema, il vero problema, se non l'unico, che oggi affligge la nostra isola, quello delle risorse idriche. A questo problema è necessario cercare di dare una soluzione per sconfiggere la sete, non solo della popolazione, ma anche la sete dei campi, e per fornire l'acqua anche a tutte quelle attività imprenditoriali che, altrimenti, non è possibile che si svolgano utilmente.
Ma quello che più importa è che per ottenere questi risultati, che sono sconcertanti, sono stati effettuati investimenti (denaro pubblico) per decine e decine di migliaia di miliardi, questo per ciò che attiene ai capitali fissi, ma sono ancora stati sperperati nel ventennio migliaia di miliardi per ripianare le perdite di gestione che queste iniziative imprenditoriali andavano dal loro sorgere accumulando e che si sarebbero, con un po' più di accortezza e avvedutezza, evitate appena si fosse valutato che sotto l'aspetto economico queste imprese non possedevano neanche i presupposti minimi per poter nascere.
Quindi iniziativa, quella chimica, in partenza già fallimentare per l'errata collocazione territoriale che l'insularità comportava allora e tuttora comporta per effetto dei maggiori costi di trasporto, per l'acquisizione delle materie prime, per la lontananza dei mercati destinatari dei prodotti finali, delle lavorazioni, per l'elevato costo di approvvigionamento dell'energia elettrica, da utilizzarsi in grandissima quantità per i processi industriali di trasformazione, e così via discorrendo.
Tutti problemi questi che sono evidenziati nelle mozioni oggi in discussione; anche perché nella parte dispositiva si dice alla Regione di intervenire per risolvere questi problemi, problemi che esistevano trent'anni fa, che per trent'anni sono permasi e che oggi devono ancora essere affrontati e risolti.
Ma non è solamente con la soluzione di questi problemi che il comparto improvvisamente da improduttivo, da antieconomico può diventare una intrapresa dal punto di vista economico remunerativa e quindi capace di risolvere duraturamente i problemi aziendali e con essi anche quelli della disoccupazione.
La constatazione di oggi, quella amara, è una sola: siamo stati in presenza di una colpevole inettitudine e incapacità da parte dello Stato, ingigantita, questa inettitudine, dal folle sostegno che la classe politica regionale al potere in quegli anni gli aveva assicurato, e tutto ciò evidentemente non per il bene della Sardegna. Io non posso pensare infatti che allora la classe politica fosse formata da tutti emeriti idioti, perché le persone sono sempre state intelligenti; sono state fatte scelte politiche, scelte volte a tutelare determinati interessi che quella classe politica rappresentava e che hanno determinato la gestione di una massa enorme di risorse che in quei tempi era stata attribuita alla Sardegna per attuare gli investimenti,.
Quella scriteriata politica statale del passato ha concorso, insieme a tante altre iniziative aventi i medesimi connotati, a creare quella grave situazione di indebitamento che poi ha condotto il Paese alla profonda crisi economica che abbiamo attraversato sino a qualche giorno fa. Ricordiamoci tutte le politiche che sono state attuate, con il sacrificio di tutti gli italiani, tese al rientro dell'indebitamento.
Anche oggi, bisogna dirlo onestamente, lo Stato e quindi il Governo, che ha cambiato colore, non è più un governo di centrosinistra, è un governo di centrodestra, non sembra capace di intervenire su questi problemi che sono stati ereditati, e che certamente, anche e soprattutto in funzione della loro gravità, non si possono risolvere con un colpo di bacchetta magica, in tempi brevissimi, quali sono quelli intercorsi dall'avvento del centrodestra sia in Consiglio regionale che a livello nazionale.
Che fare quindi? Qual è il problema? Che cosa si deve fare oggi? Tra le tante possibili misure ipotizzate si è puntato in passato sulle privatizzazioni e ancora, nelle mozioni, in questa direzione si tende ad andare. Però, come l'esperienza del passato ci ha dimostrato, privatizzare non è affatto semplice. Nel settore delle privatizzazioni regionali sappiamo perfettamente che la maggior parte delle aziende dismesse sono state risanate, per poterle cedere addirittura si è dovuto pagare al potenziale compratore un prezzo per la vendita, l'esatto contrario di quello che avviene nelle normali contrattazioni economiche: si è dovuto pagare per poter privatizzare. Ma qui stiamo parlando di comparti di dimensioni ben più ampie rispetto a quelle proprie dell'imprenditoria pubblica regionale, e pensare di poter pagare per risanare aziende che hanno realizzato solamente perdite diventa difficile.
Quindi la privatizzazione comporta delle difficoltà. Nel caso infatti di una azienda che rispetta i criteri di efficienza e di produttività si deve avere la capacità di individuare possibili acquirenti che abbiano interesse a investire nelle aziende; ma se queste aziende non sono sane, capaci di auto sostenersi e di stare autonomamente sul mercato gli imprenditori, data anche la cronica carenza, oggi più che mai, di liquidità nel mercato finanziario e nel mercato dei capitali, difficilmente indirizzeranno i loro capitali in quella direzione.
Se poi si vuole privatizzare a ogni costo, previo risanamento finanziario, realtà produttive che non possiedono i requisiti economici e che finora sono sopravvissute solo grazie ai ripetuti interventi da parte della finanza pubblica, v'ha da dire che i costi non sono sopportati dallo Stato in quanto tale, ma i costi vanno a riversarsi sulla collettività attraverso la fiscalità, quindi è un costo che tutti quanti dobbiamo sostenere.
Ma ciò che disturba è che le risorse così drenate vengano sottratte al sistema produttivo, al sistema che produce valore aggiunto per essere impiegate in attività che si sono dimostrate fallimentari.
La realtà quindi, colleghi, è ben altra; i problemi che da essa discendono non possono essere affrontati con le solite logiche del passato, improntate a retorica da una parte e demagogia dall'altra, non foss'altro, e non è poco, per il doveroso rispetto verso chi soffre e chi vede il proprio futuro e quello dei propri familiari tingersi di tinte sempre più cupe.
Dobbiamo muoverci, quindi, nell'interesse di questi lavoratori individuando attività alternative a quelle che finora hanno prodotto soltanto sfascio e disperazione.
PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che i termini per l'iscrizione a parlare scadevano nel corso del primo intervento. Abbiamo accolto anche richieste pervenute successivamente, ma da questo momento dichiaro chiuse le iscrizioni a parlare.
E' iscritto a parlare il consigliere Vassallo. Ne ha facoltà.
VASSALLO (R.C.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che questa discussione in Consiglio oggi abbia avuto quanto meno un pregio, quello di aver consentito di chiarire quali siano effettivamente le posizioni della maggioranza di governo, quindi le posizioni di questo centrodestra sul problema della crisi del comparto chimico e sull'approccio che questo Consiglio regionale deve avere rispetto alla innegabile crisi del settore industriale nel suo complesso.
Si tratterà di capire quanto le affermazioni degli onorevoli Pilo e Balletto, saranno concretamente condivise da parte della Giunta regionale. L'onorevole Pilo invitava a smettere di mischiare le carte, io dico che è veramente ora di finire di mischiare queste carte, perchè le carte ormai sono state date, si tratta di scoprirle; non si può continuare, soprattutto in questa sede, che è la sede istituzionale più alta della nostra Regione, a ragionare in base alle circostanze e al luogo in cui ci si trova a discutere.
Mi sto riferendo in particolare ad una serie di affermazioni rese dall'Assessore dell'industria e, per certi, anche dallo stesso Presidente della Giunta regionale che contrastano con quelle fatte poc'anzi da alcuni colleghi.
Dico questo perché sulla questione della chimica penso sia necessario fare una, seppur breve, premessa. E` chiaroche la situazione che stiamo vivendo non ha avuto origine l'altro ieri, o alcuni mesi fa, da scelte politiche maturate comunque recentemente. Lo stesso Osservatorio per la chimica, organismo creato durante la fase di governo del centrosinistra,
inteso come organismo che doveva permettere di far fronte alle, tra virgolette, future dismissioni o ristrutturazioni che dir si voglia da attuarsi nel comparto prefigurava un chiaro piano di ristrutturazione della chimica italiana, in modo particolare di quella sarda.. Fu questa una scelta politica condivisa da una gran parte delle forze dell'arco costituzionale, assunta dal Governo di centrosinistra, che sull'onda di questa scelta parve voler cavalcare azioni ancora più intransigenti e più forti rispetto alle politiche del centrodestra.
C'è stato il cambio di governo, il centrosinistra è stato sostituito dal centrodestra, è avvenuta un'accelerazione, si può dire, di quel progetto di dismissione, tanto è vero che la stessa riconferma dei quadri dirigenti dell'Eni la comprova l'accoglimento di una filosofia, quella di "fare cassa", di vendere tutto quello che è possibile vendere e soprattutto quello di uscire da un settore da noi da sempre considerato strategico, quello della chimica.
E` una scelta puramente politica; in questo caso, caro Balletto, non c'entra niente la questione, strettamente economica, delle perdite. Se si analizzano i dati dei singoli comparti, infatti, si potrebbe dimostrare che il conto non è assolutamente in rosso, soprattutto se si considera che cosa significherebbe per la nostra bilancia commerciale perdere questo comparto.
Ma, ripeto, è stata fatta una scelta politica, quella di uscire dalla chimica, e in questa uscita è chiaro che la Sardegna, detenendo nell'ambito della chimica nazionale una parte considerevole, importante, è stata e ancora sarà concretamente e ampiamente penalizzata.
Allora, dicevo, questo Osservatorio, seppur con notevole ritardo, elaborò un accordo di programma che fu sottoscritto il 22 febbraio 2002. Ricordo questi dati perché assumono importanza di fronte al fatto che poi questo accordo è stato disconosciuto, come non risolutivo da una serie di soggetti, nonostante avesse ricevuto il benestare delle categorie sociali che avevano avuto un ruolo di partecipazione attiva nella costruzione dell'accordo medesimo.
Comunque questo accordo è stato sottoscritto il 22 febbraio 2002, la Giunta regionale l'ha fatto proprio, assumendolo come l'elemento base di una discussione che doveva concretizzarsi così come l'accordo prevedeva. Non è soltanto un fatto di natura formale, c'era l'accordo, certo andrà rivisto e completato però è la base su cui la Giunta regionale riteneva di poter dare soluzione ad un problema molto vasto e, di sicuro, anche molto complesso.
E` un accordo che, quando venne fatto proprio con delibera dalla Giunta regionale, non conteneva il minimo cenno alla chiusura già ufficializzata in sede istituzionale (entro il 31 marzo di allora), dell'impianto cloro-soda di Porto Torres; come se le decisioni di tale portata fossero parte di un gioco che le parti interessate potrebbero dilazionare a piacere senza arrivare a un risultato. Invece un risultato finale c'era, nel senso che era ormai ufficiale la chiusura di quel sito.
E` qui che il giocattolo si è rotto, e quando parlo del gioco delle tre carte, intendo quindi che chiunque partecipi alla stesura di documenti poi interpreta come meglio crede ciò che è scritto. Però l'italiano è l'italiano, e l'interpretazione finale di un testo non può essere lasciata all'ambiguità delle semplici dichiarazioni che possono essere interpretate in modo diverso l'una dalle altre.
Vi è la necessità in questo caso di arrivare a una modifica di quell'accordo di programma, esplicitando nel merito le singole questioni trattate, così da non lasciare spazi di ambiguità per nessuno, in primo luogo per questo Governo della Regione, per capire se le cose sono così come hanno detto i consiglieri Balletto e Pilo, se questo è l'orientamento che la Giunta regionale persegue, o se invece si ritenga che la chimica Sardegna possa avere ancora un ruolo, in quanto chimica, in quanto settore strategico.
PRESIDENTE. Qualche secondo per concludere, onorevole Vassallo.
COGODI (R.C.). C'è un errore nel calcolo del tempo.
PRESIDENTE. Se c'è un errore verrà corretto. Prego, onorevole Vassallo, continui il suo intervento.
VASSALLO (R.C.). Presidente, quanto tempo ho ancora a disposizione?
COGODI (R.C.). Sta parlando solo da tre minuti, ha ancora dieci minuti
PRESIDENTE. Continui, si avvii a concludere.
COGODI (R.C.). Le assicuro che non sta parlando da dieci minuti. Ci dev'essere un errore.
PRESIDENTE. Se c'è un errore cercheremo di porvi rimedio. Colleghi non credo sia il caso di aprire una discussione. Concedo qualche minuto all'onorevole Vassallo per concludere il suo intervento.
VASSALLO (R.C.). Presidente, io lascerò alla Presidenza parte delle osservazioni, che peraltro erano state formulate anche per iscritto, rispetto all'accordo di programma per la qualificazione dei poli chimici in Sardegna, in modo che rimangano agli atti, perché mi rendo conto che illustrarlo di sicuro mi porterebbe via più di alcuni minuti.
Voglio terminare questo mio intervento ponendo un semplice problema. Noi abbiamo presentato questa mozione, la numero 64, e consideriamo un gesto di buonsenso che questo Consiglio regionale riconsideri la questione nel suo complesso, e abbia l'opportunità di esprimersi favorevolmente rispetto ai sette punti che noi indichiamo nella mozione stessa. Questi sette punti, che noi riteniamo fondamentali, possono costituire a nostro avviso una base per determinare anche in Sardegna la possibilità di continuare le produzioni nel comparto chimico e, di conseguenza, mantenere i livelli occupazionali.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Liori. Ne ha facoltà.
LIORI (A.N.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mozione Vassallo, Cogodi, Ortu giunge in un momento particolarmente delicato della vita della Sardegna, per via dei cambiamenti, anche strutturali, di ordine economico che si stanno registrando. In questi ultimi anni sono nate, quasi dal niente, molte iniziative imprenditoriali locali, che non hanno ricevuto la dovuta attenzione da parte della classe politica; quella attenzione che invece, in passato, è stata mostrata nei confronti delle iniziative che hanno portato alla nascita della industria chimica in Sardegna.
Erano anni certamente diversi, io ero bambino e come tale li ho vissuti, non mi interessavo certamente di politica, però per quello che ho letto e per quello che posso ricordare erano anni di entusiasmi, di aspettative, certamente anni nei quali la gente sperava in un cambiamento, in un miglioramento totale della vita della Sardegna. Le aspettative di rinascita della nostra isola passavano per queste industrie. Se ne parlava anche quando io ero un ragazzo del liceo, si facevano le assemblee, venivano i sindacalisti, venivano gli operai, si facevano gli scioperi, i cortei, e si parlava di questi investimenti nella chimica, dei famosi 500 milioni di allora a posto di lavoro. Quando nacque Video On Line, quando è nata l'iniziativa di Soru in Sardegna, che ha portato la nostra isola all'attenzione dell'opinione pubblica europea, noi non abbiamo avuto neanche il buonsenso di andare a visitare, come classe politica organizzata, queste iniziative, e non le abbiamo sostenute in alcun modo, tant'è che qualcuno ha anche chiuso. Questo fatto non va certamente a nostro onore.
Dopo tanti anni assistiamo alla crisi della chimica, assistiamo ad una volontà di chiusura di queste iniziative imprenditoriali che hanno succhiato miliardi, miliardi e miliardi dalla Sardegna, che hanno originato disastri di carattere ambientale, che hanno lasciato nella delusione più totale le popolazioni che hanno avuto la disavventura di ospitare queste iniziative imprenditoriali.
Ottana, a me risulta che non abbia dei passivi tali da giustificare la sua chiusura; la chiusura di una importante realtà economica della Sardegna centro occidentale. Non conosco bene la realtà di Porto Torres, però non vorrei che la ventilata chiusura fosse uno dei soliti ricatti che periodicamente queste persone, chiamiamoli imprenditori, abituate a succhiare risorse dalla nostra isola, mettono in atto per drenare soldi, per drenare risorse che, oggi più che mai, devono essere indirizzate verso altri settori dell'economia che hanno dimostrato di poter dare di più in termini occupazionali, in termini produttivi, in termini quindi di sviluppo per la nostra isola.
E` stato un danno allora far nascere queste industrie in zone che avrebbero avuto altra vocazione economica, ma non per questo noi dobbiamo essere disattenti e giocare a distruggere l'esistente; bene o male in questi settori abbiamo speso, abbiamo investito, e non credo che sia il caso di assumere atteggiamenti distruttivi, soltanto per una vendetta di carattere politico, soltanto per dimostrare che aveva ragione chi in altri tempi si opponeva.
La strada l'abbiamo percorsa, sono passati tanti anni, le aziende che oggi sono in dubbio di sopravvivenza, sono comunque un patrimonio di tutti i sardi, vanno salvaguardate, vanno certamente aiutate a rimanere sul mercato, ma va anche richiesta una maggiore tutela della salute delle popolazioni locali. Noi dobbiamo fare in modo che vengano rispettate da parte di queste aziende le leggi in merito ditutela ambientale, certamente non dobbiamo cedere ai ricatti.
Io credo che questa mozione, rivista in maniera unitaria, vada certamente, nella sostanza, approvata, io perciò inviterei i colleghi Vassallo, Cogodi e Ortu ad accettare la proposta di una riscrittura, dandogli un taglio diverso, del documento per affrontare questo problema tutti uniti, una volta tanto, come classe politica. Io credo che si possa trovare un momento unitario, che ci veda tutti partecipi per dare un contributo alla soluzione del problema.
Alleanza Nazionale lancia questa proposta, e speriamo che venga accolta positivamente dai colleghi di Rifondazione Comunista. Il problema della chimica in Sardegna, infatti, non è un problema soltanto del partito della Rifondazione Comunista, è un problema di tutti i lavoratori, principalmente, che da questa industria ricevono uno stipendio, con il quale mantengono le famiglie in Sardegna, è un problema della classe politica, è un problema delle amministrazioni locali, è un problema di tutti, ed è quindi un problema anche di Alleanza Nazionale, che intende dimostrare l'attenzione e la solidarietà a tutti coloro che da queste iniziative imprenditoriali traggono motivo di miglioramento delle proprie condizioni di vita.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ortu. Ne ha facoltà.
ORTU (R.C.). Presidente, io prendo la parola volentieri e dico volentieri perché sinceramente sono rimasto esterrefatto da alcune cose che ho sentito, compreso l'ultimo intervento dell'onorevole Liori, per non parlare degli interventi degli onorevoli Pilo e Balletto. Prima di entrare nel merito del mio intervento vorrei ricordare all'onorevole Liori che non è in discussione solo la nostra mozione, anche se noi siamo onorati di così tanta considerazione, ma è in discussione anche un'altra mozione, presentata dal centro sinistra, che affronta le questioni dello sviluppo industriale. Vedremo quindi in seguito come chiudere la questione. . Ho iniziato il mio intervento dicendo che sono rimasto esterrefatto dalle cose che ho sentito, anche perché sono state dette cose non esatte.
Non è esatto, per esempio, contrapporre la chimica e lo sviluppo industriale allo sviluppo della piccola e media industria o allo sviluppo diffuso. Né è esatto sostenere che noi, solo perchè oggi sosteniamo la necessità di dire con grande chiarezza che cosa si vuol fare dell'apparato industriale sardo, compreso il settore chimico, saremmo nel momento in cui noi poniamo questo problema contro lo sviluppo diffuso. Scusate un attimo, noi abbiamo sostenuto una battaglia furibonda nel corso della discussione sui provvedimenti finanziari, perchè venissero destinate risorse allo sviluppo locale. Anzi, abbiamo detto che oltre tutti gli strumenti esistenti, nonché i vari patti che sono poi stati trattati nel modo che voi sapete dal vostro sottosegretario (non so perché sia capitato in Sardegna, poteva tranquillamente rimanere in Sicilia), devono essere sostenute tutte le misure che possono aiutare a promuovere lo sviluppo diffuso nel territorio, quello incentrato sulla piccola e media industria, sulle attività anche di dimensioni limitate. lAbbiamo sostenuto questa tesi perfino durante la discussione della legge sul commercio, quando abbiamo indicato quali strutture occorre privilegiare.
E poi voi ci date lezioni!. La Pilo è davvero "toga", nel senso che non so se capitando ogni tanto in Aula si rende conto di quello che stiamo discutendo. Ma badate, noi quando si è parlato quindici giorni fa, o dieci giorni fa, della legge sul commercio, abbiamo sostenuto che occorreva addirittura introdurre uno sbarramento con parametri molto più bassi a sostegno del piccolo commercio, quindi abbiamo chiesto di adottare parametri più bassi degli stessi previsti dalla normativa comunitaria.
Adesso, in contrapposizione ad un'esigenza giusta che noi abbiamo sollevato, che è quella di dire che cosa si intende fare della chimica in Italia e in Sardegna, qualcuno scopre che esistono i piccoli imprenditori. Ma perseguire una politica di sviluppo in questo Paese, a livello nazionale e a livello regionale, vuole dire che è necessario promuovere uno sviluppo armonico, integrato, ed uno sviluppo che deve consentire a tutte le attività economiche, piccole, medie e grandi, se sono utili per il Paese, per la Sardegna, di poter non dico sopravvivere, ma addirittura di poter crescere.
A questo punto devo dire che sono curioso di sentire che cosa dirà l'onorevole La Spisa, l'assessore dell'industria di questa benedetta Isola. Dirà che lui non deve esercitare il suo ruolo di governo nel chiedere alle parti interessate, prima di tutto all'Enichem, ma anche al Governo nazionale che cosa intendono fare della chimica in Italia, degli stabilimenti chimici in Sardegna?
Esercitare il proprio ruolo, lo farà l'onorevole La Spisa? Oppure anche lui asseconderà le cose allucinanti che sono state dette dalla sua maggioranza? Una volta per sempre smettete di fare il gioco della tre carte. Dite con chiarezza che cosa volete e che cosa volete fare, perché questo è utile, perché si capisca e i lavoratori possano leggere e capire cosa si vuole fare di una condizione - badate - anche questo va detto con grande chiarezza, che non hanno voluto e creato loro.
Ma perché la Pilo viene a dirci che saremmo stati noi ad aver voluto la chimica in Sardegna, ma Moratti e Rovelli, di cui qualche cosa anche lei a suo tempo, quando era scapigliata ricorda, Moratti e Rovelli non li abbiamo senz'altro portati noi. Lo Stato è dovuto subentrare alle scelte sbagliate fatte sul primo Piano di rinascita dal partito di cui è stato esponente l'onorevole La Spisa ,e di cui è stato esponente Beppe Pisanu, che è stato sottosegretario in tutti i governi democristiani fino al 1990.
La scelta della chimica in Sardegna, non venite a darci lezioni su questi temi, è una scelta che abbiamo subito, è una realtà che oggi esiste, è una realtà dalla quale può venire anche sviluppo se si ha la chiarezza, la consapevolezza e la responsabilità di governare processi economici, di governare i processi industriali. Ma la realtà, è che né questa Giunta, né il Governo a livello nazionale hanno una politica industriale, e tanto meno hanno una politica di sviluppo e di tutela dell'apparato industriale del Paese, del Mezzogiorno, e della Sardegna. E dico che non hanno nemmeno una politica economica, perché basta aprire i giornali di oggi, poi i ministri diranno che anche l'istat sbaglia può darsi che ci dovremo rivolgere solo a Mediaset per capire come vanno le cose in Italia, e quindi anche qui, può darsi che davvero tutto debba essere uniformato a lor signori, ma l'istat oggi dice che le scelte compiute nel DPEF e l'impostazione di politica economica voluta da Tremonti non stanno dando i risultati che lo stesso governo aveva indicato, perché per raggiungere il 2,3 per cento di crescita del prodotto interno lordo, lo sviluppo economico in questo Paese, il PIL dovrebbe crescere nei prossimi trimestri del 3 per cento, dovrebbe crescere con una media del 3 per cento, visto che nel primo trimestre è cresciuto appena dello 0.1 per cento, per raggiungere l'obiettivo del 2,3 per cento. Io mi chiedo che cosa succederà al DPEF, quindi alle scelte di programmazione economica indicate dall'amministrazione regionale, che cosa succederà, visto quello che sta accadendo a livello nazionale, nella nostra Isola.
La realtà è che non c'è una politica di sviluppo, che si è voluto affidare tutto alla cosiddetta Tremonti bis, cioè agli incentivi automatici, che non è assolutamente vero che generano sviluppo e investimento. Se andate a scomporre i dati che sono stati presentati dall'ISTAT vedrete che non c'è una ripresa degli investimenti, c'è un crollo della produzione industriale, meno 7.6 per cento nel primo trimestre; se poi andate a leggere i dati scomposti, vedrete anche che non c'è una ripresa degli investimenti, perché guarda caso non aumentano ma addirittura crollano drammaticamente le produzioni di quei settori che forniscono i beni necessari al riavvio del processo produttivo. Allora, noi vi abbiamo chiesto e continueremo a chiedervelo, e ci auguriamo che l'assessore risponda con chiarezza, qual è il ruolo che lui e la Giunta regionale vogliono giocare in Sardegna per quanto riguarda lo sviluppo industriale, in particolare relativamente al settore chimico e soprattutto ai poli idi Porto Torres e di Macchiareddu.
Non abbiamo chiesto soldi, badate! Ma l'onorevole Pilo dove sta? Sta in Consiglio o è in giro a chiacchierare, come fa sempre, per cui non può capire quello che succede in Aula? Ma chi è che ha chiesto che la Regione intervenga con sue risorse, e che debbano essere la Sardegna e i sardi a pagare i risanamenti che debbono fare altri? Queste sono le scelte sbagliate, che state contribuendo a fare anche voi; come Giunta regionale avete contribuito per quanto riguarda il settore minerario, e state contribuendo a farlo anche per la chimica.
Noi invece diciamo qual è il progetto di sviluppo industriale che si vuole perseguire per garantire la ripresa di un settore che può dare comunque un apporto alla crescita economica della Sardegna, , e del Paese, in modo da garantire anche e soprattutto quei lavoratori che non sono stati loro - loro hanno chiesto un posto di lavoro - a scegliere né questo e né altri settori industriali. I settori industriali sono scaturiti dalle politiche economiche che voi avete adottato, anche da quelle che avete perseguito in questi anni contro la volontà dei sardi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Secci. Ne ha facoltà.
SECCI (Popolari-P.S.). Signor Presidente, colleghi, io penso che nelle intenzioni dei colleghi che hanno proposto le due mozioni, per chi le ha lette con attenzione, ci fosse l'esigenza di fare il punto sulla situazione drammatica che sta vivendo un settore importante della nostra economia; non penso fosse invece un tentativo per scagliarsi l'uno contro l'altro da opposte fazioni con considerazioni che, credetemi, qualche volta superano i normali limiti imposti dalla dialettica di quest'Aula. Perché quando si parla di scempi, quando si parla di scelte sbagliate, quando si parla di diseconomie, quando si parla di bilanci continuamente in perdita, bisognerebbe avere approfondito ciò di cui si parla.
Se si fossero analizzati tutti i dati probabilmente qualcuno dei colleghi, soprattutto della maggioranza, non si sarebbe avventurato in questo tipo di considerazioni. A mio avviso è necessario mettere in chiaro alcune cose. Io sono, in questo Consiglio regionale, tra coloro che non giudicano la presenza della chimica in Sardegna dagli anni '60 un incidente della storia, o un fatto negativo. Io ritengo che ogni tipo di scelta si debba valutare all'interno del contesto storico nel quale la scelta medesima è stata fatta. Se si torna indietro a quegli anni, la chimica in Sardegna ha rappresentato un'importantissima occasione di sviluppo, ha dato lavoro e professionalità a tantissime persone; certo, è stata realizzata attraverso il sistema delle partecipazioni statali, allora dominante, nel tentativo di attuare un riequilibrio economico nei territori deboli del Mezzogiorno.
Chi oggi dà giudizi trancianti parlando degli scempi che sarebbero stati commessi contro la comunità, contro l'ambiente, eccetera, dovrebbe studiare bene la storia dell'industria nel nostro Paese, la storia degli interventi a favore dello sviluppo e della crescita del Mezzogiorno. Altra cosa è dare un giudizio, che è di natura diversa, sui risultati; altra cosa è dire che cosa si deve fare oggi in un settore in crisi a causa di scelte politiche perché, sia chiaro a tutti, la bilancia commerciale della chimica in Italia chiude con un saldo negativo di diverse decine di migliaia di miliardi. Parliamo di miliardi di lire perché la trasformazione delle lire in euro non è ancora automatica.
Allora noi siamo in presenza di un'Italia che compra dall'estero prodotti chimici per 30 mila miliardi, mentre ha tali potenzialità da sviluppare, salvaguardando tutti quegli aspetti che i colleghi hanno evidenziato, che sarebbe possibile dare occupazione alla gente, rispettare l'ambiente e quanto altro.
Perchè va detto, cari amici, che la chimica in Sardegna, la chimica in Italia, la chimica nel mondo opera e produce nel rispetto totale delle leggi ambientali in vigore nei diversi Stati, perché altrimenti sembra che si parli sempre per comparti separati: una volta si parla di attività produttive, una volta si parla di ambiente. Le attività produttive chissà perché sfasciano l'ambiente! Si produce acqua e si ricicla acqua nello stabilimento di Sarroch che potrebbe essere bevuta dopo i cicli industriali; si butta acqua a mare che è più pulita dell'acqua di mare. E allora ci si informi, cari colleghi, di come stanno le cose!
Però io penso che questo dibattito, intanto, avrebbe meritato e meriterebbe per l'importanza dell'argomento, perché riguarda territori importanti della nostra regione (Porto Torres, Ottana, l'area di Cagliari, l'area di Sarroch, ed altre aree minori), una maggiore attenzione da parte dell'Aula, anche perché stiamo ponendo un problema, il futuro della chimica in Sardegna che, per la verità, è nelle nostre mani soltanto per una parte molto limitata. Il La chiave di volta che consente a noi in questo settore di essere parte in causa, di essere parte determinante, di essere partecipi delle decisioni passa, cari colleghi, è l'unità di intenti, cosa alla quale non siamo più abituati, nel delineare le priorità di questo settore, e gli indicatori economici più importanti. Ma dobbiamo essere tutti uniti, Giunta regionale, Consiglio regionale, forze sociali, forze sindacali, forze imprenditoriali, per raggiungere un obiettivo comune.
L'altra strada che si percorre, è quella delle accuse reciproche lanciate da una parte e dall'altra a chi ha fatto parte di partiti che nel passato hanno governato la Sardegna e l'Italia. Io sono tra quelli, collega Ortu, che si onorano di avere la stessa provenienza politica dell'onorevole La Spisa, anche se adesso nell'azione politica ci dividono tante cose. Non mi vergogno delle mie origini, ho criticato in moltissime circostanze, da maggioranza di governo in questa Regione, l'azione del governo in settori strategici della nostra economia, continuo a farlo, continuiamo a farlo; io spero che lo facciano nei confronti del Governo nazionale anche i colleghi della attuale maggioranza, perché solo così saremo in condizioni di firmare un accordo di programma per la chimica che abbia un senso, che abbia una prospettiva, che abbia un futuro.
Cari amici, o reinveste l'ENI nella chimica in Sardegna, o investono i grandi gruppi della chimica internazionale, oppure stiamo parlando di un'altra cosa. E allora io sono anche disposto a parlare e a sentir parlare di altre cose, purché non mi si parli di un futuro per la Sardegna basato e concentrato prioritariamente soltanto sul turismo. Perché io che sono figlio di pastore non voglio che mia figlia muoia figlia di cameriere, perché non è pensabile che un'economia come la nostra possa essere basata su questo sogno che noi tutti abbiamo, e che è da perseguire, dello sviluppo della piccola e media impresa, che però è un settore, è un comparto dell'economia di una regione e dell'economia di un paese.
Il turismo è un settore sicuramente strategico per la nostra economia, perchè rappresenta il 10 per cento del prodotto interno lordo della Sardegna, e queste sono cifre ottimistiche; se poi però iniziassimo a verificare dove finisce il valore aggiunto prodotto dal turismo in Sardegna, io mi preoccuperei perché non vedo tanti padroni sardi che gestiscono il turismo, ma vedo tanti gruppi internazionali, che poi i benefici provenienti dall'industria turistica sarda li reinvestono da altre parti.
Ma riprendiamo un attimo il ragionamento iniziale. Noi siamo in presenza di un attacco portato contro questi siti produttivi, siti produttivi che utilizzano tecnologie fra le migliori a livello internazionale, siti produttivi che hanno comportato l'infrastrutturazione sul territorio di una ulteriore serie di attività produttive; credetemi, quando si parla di stabilimenti che sono nati per contenere trenta, quaranta impianti, e dove tutti i servizi sono strutturati per quella dimensione, capisce chiunque che gestirli,avendo in funzione solo cinque, sei, sette, impianti significa avere diseconomie di scala paurose. E allora dove sta il futuro di Porto Torres, di Assemini, di Ottana, di Villacidro e degli altri siti simili?
Certo questo futuro non sta, come diceva giustamente il collega Sanna, nel bisticcio, che qualche volta ci ha anche visto protagonisti tutti, tra il Nord e il Sud della Sardegna, tra l'impianto che deve essere fermato da una parte e avviato dall'altra, tra la turbina che doveva partire dall'impianto di Assemini nel 1977-78 per andare a costituire la centrale di Porto Torres. Certo non sta in questi bisticci, ma penso che di queste esperienze ne abbiamo fatto tutti.
E certamente non sta, caro Assessore, neppure nell'istituzione di un osservatorio regionale per il settore chimico, che spero sia a uno stato di avanzamento molto antico, firmato da un professore universitario che non assomiglia neppure alla preistoria delle cose che servono alla nostra chimica. Come non è pensabile che la Sardegna possa essere, come regione, protagonista di studi e di ricerche in questo settore. Gli studi e le ricerche che si compiono in Sardegna devono essere orientate a riconvertire eventuali esuberi del sistema produttivo della chimica, anche se questo settore industriale oggi non è sostituibile con nessun altro.
Questo settore quindi va salvaguardato, e siccome ci sono ancora possibilità che da questo settore derivi ricchezza per la Sardegna, io penso che noi dobbiamo trovare la formula giusta perché questo dibattito si concluda con un impegno non formale, Assessore, ma sostanziale, da parte di tutti, a sostenere in tutte le sedi opportune un bene nel quale crediamo, perché ha una sua complessiva positività; E ricordo che se qualcuno scarica fumi con tasso di ossidi di azoto superiore ci sono le leggi che gli devono impedire di farlo.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Secci.
SECCI (Popolari-P.S.). Sto concludendo, Presidente. Il mio invito, che spero venga accolto da tutti nella sostanza, è quello di concludere questo dibattito, assumendo l'impegno, noi tutti, di fare in modo che tutti coloro che operano in questo settore vedano finalmente svanire quelle nubi che da troppi anni si addensano sul loro futuro.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cassano. Ne ha facoltà.
CASSANO (Rif.Sardi-U.D.R.). Signor Presidente, sarò brevissimo. Vorrei prima di tutto ringraziare i colleghi presentatori delle due mozioni, perché mi hanno offerto l'opportunità di intervenire anche una volta sulla chimica. Ho giù avuto modo di farlo presentando a dicembre una mia interrogazione; ho avuto occasione di testimoniare il mio impegno affianco dei lavoratori a Porto Torres, che giustamente difendono il loro posto di lavoro, esattamente come fanno quelli di Ottana, Assemini, Macchiareddu e Sarroch.
Credo che bene farebbero oggi la maggioranza e la Giunta regionale, con l'Assessore in testa, a predisporre eventualmente un documento unitario al quale possa fornire il proprio contributo l'intero Consiglio regionale.
Come ebbi modo di dire, parlando a nome del Gruppo dei Riformatori, noi siamo perché in Sardegna venga mantenuto e quindi riqualificato il comparto della chimica in generale. Siamo fermamente contrari a ogni tentativo di dismissione o di smantellamento, se prima non viene stipulato un accordo di programma serio e concreto tra Governo, Enichem, e soprattutto con la Regione autonoma della Sardegna.
Il Nord Sardegna sta attraversando un momento di crisi particolare in diversi settori produttivi, e quindi non può permettersi di subire, ancora un volta, questo scippo. Sono certo che l'assessore La Spisa assieme a tutta la maggioranza prenderà a cuore questa mia richiesta. Io credo di poter sottolineare, e quindi riaffermare in quest'Aula, che questo non è un problema di maggioranza o di opposizione, qui è in gioco il futuro di diverse famiglie, di centinaia di operai, di lavoratori, che chiedono giustamente in prospettiva un futuro stabile, sereno, certo. Come Consiglio regionale noi dobbiamo dare perciò, a coloro che questo da noi attendono, risposte certe.
Quindi anch'io, come altri hanno fatto, chiedo che alla conclusione del dibattito venga stilato un documento unitario dal quale non emergano né vincitori, né vinti, ma nel quale sia eventualmente messo in evidenza il contributo determinante dato da tutto questo Consiglio regionale alla ricerca di una prospettiva di sicurezza futura per questi lavoratori.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sanna Gian Valerio. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (Popolari-P.S.). Grazie Presidente. Colleghi, noi partecipiamo a questo dibattito sostanzialmente mossi dall'ansia, dalla preoccupazione e dal quel giusto spirito di operosa solidarietà che ci dovrebbe animare tutti rispetto ad un orizzonte preoccupante, buio, che riguarda centinaia e centinaia di famiglie, di giovani, di anziani e di donne.
Vi è per noi, in questo dibattito, un profilo etico originale e quasi doveroso, non onorato assolutamente dal Consiglio regionale, meno che mai dalla Giunta, ed ancora meno dalla maggioranza che la sostiene. Da questo punto di vista, è la mia opinione, non intendo impegnare nessun altro in questo, a noi non interessa l'unità solo sulle questioni della solidarietà, ne abbiamo fatto troppe partite di queste genere, inutili, di facciata, improduttive di effetti, parziali nella volontà di costruire strategie, soluzioni che guardassero lontano.
Mi dispiace, collega Liori, non siamo interessati a questo tipo di unità, un'unità che muove dal silenzio di iniziativa del centrodestra, che poggia sulle sole iniziative del centrosinistra in ordine a questo problema, che vede il Presidente Pili in giro per la Sardegna a costruire i suoi murales mediatici di un sogno di Sardegna che non c'è, lasciando dietro sé la scia delle distruzioni di questo contesto preoccupante, ormai sistematico, di desertificazione economica.
Io credo che la crisi della chimica, così come la crisi del sistema industriale isolanostante anche la vicenda della grande industria della FIAT di questi giorni, anche se a noi interessa il nostro contesto, si inserisca in un disegno più ampio di strategia industriale nazionale. Ebbene, noi in questo frangente non possiamo non fare un'analisi impietosa, certo non come quelle che fa l'onorevole Berlusconi che, un po' incautamente dice "Avete sentito quello che dice il centrosinistra? Rovesciatelo e saprete la verità". Noi potremmo rilanciare dicendo, dopo quello che abbiamo sentito oggi in quest'Aula da parte del centrodestra, "rovesciatelo e siamo alla follia".
Siamo alla follia di chi vuole cercare nelle ragioni storiche di un processo di industrializzazione in Sardegna l'alibi per ricostituirsi dentro le fortificazioni di una Bastiglia dalla quale si lanciano annunci di solidarietà, ma si buttano giù dal muro i problemi, le soluzioni. Noi non siamo più disposti a fare una politica sulla quale anche la nostra parte politica accetta di fare, e lo dichiara, la propria autocritica. Noi abbiamo vissuto stagioni politiche nelle quali la Regione in materia industriale ha rincorso i problemi, ha agito solo come un mediocre sarto che mette le pezze alle falle che si aprono senza imporre, proporre, negoziare una strategia diversa. Anche perché la Regione autonoma della Sardegna, questa maggioranza politica industriale non ne ha; e, badate, non ne ha non perché le manchino le idee, ma a causa della sua acquiescenza ad un disegno complessivo, proprio della cultura portata avanti dalla nuova maggioranza che governa il nostro Paese. Questa maggioranza ha infatti abbandonato la concezione del profitto che noi potevamo chiamare solidale, e continuiamo a sognarlo tale come giusto, d, il profitto cioè che deve tenere conto della ridistribuzione dei vantaggi, per passare alla concezione del profitto totalizzante, il profitto che guarda solo i grandi interessi, e in questi grandi interessi isola le aree maggiormente sofferenti del nostro paese, del meridione, della Sardegna.
Io mi domando, libero anche dalle mie appartenenze, all'alba degli anni Settanta, in una Sardegna oppressa e depressa, senza speranza, con una concentrazione industriale che dopo il boom nazionale aveva visto determinati esiti, era sbagliato, colleghi, che qualcuno che governava pensasse che quella scelta fosse la scelta più giusta anche per la Sardegna? Era sbagliato pensare questo in quel momento? E` oggi sbagliato pensare che insieme a tanti problemi che quelle scelte portarono negli anni, nel bene o nel male, noi abbiamo garantito trent'anni di una prospettiva che oggi continua a mantenere un peso significativo nel prodotto interno lordo dalla Sardegna? E' sbagliato tutto questo? Non ci risulta.
Altri pensieri alternativi, altre congiunture diverse. La politica industriale, la non politica industriale che fate in Sardegna è lo specchio della politica nazionale, una politica nazionale che costruisce la desertificazione economica del Mezzogiorno d'Italia, e che sostiene con grande faccia tosta il paradosso dei paradossi in base al quale il Governo in questa condizione operativa dovrebbe potenziare le nostre prerogative di autonomia.
Facciamo proprio ridere! Facciamo ridere al punto che noi non siamo disponibili e non abbiamo neanche grandi speranze oggettivamente, colleghi, sulle possibilità di un intervento salvifico né di questa Giunta regionale, e ancora meno di un Governo che in questi anni e in questi ultimi mesi sta compiendo il suo ciclo virtuoso cancellando il prestito d'onore, la programmazione negoziata, la "488" ridotta del 40 per cento solo in quest'ultimo anno, lasciando alla manipolazione degli appalti contenuti nella legge-obiettivo del ministro Lunardi la funzione di continuare a potenziare le grande imprese, i grandi interessi e continuare a mantenere le aree depresse come serbatoio dal quale attingere un popolo di servi, un popolo di camerieri, e un popolo di sub-appaltatori.
In questo quadro qual è la proposta alternativa, qual è lo scenario di pattuizione che noi mettiamo in campo contro un Governo nazionale, che ha arrestato completamente quella che era, io lo voglio dire con determinazione e chiarezza, l'alternativa che si stava costruendo. Non è corretto infatti insinuare che il centrosinistra non abbia avuto, rispetto al problema della industrializzazione della Sardegna e della sua crisi, una proposta alternativa; perché noi, attraverso il processo dello sviluppo locale (i quindicimila miliardi che i governi di centrosinistra hanno messo sul campo per il Mezzogiorno), avremmo dovuto e potuto col tempo, se si fosse mantenuto fermo questo obiettivo, riconvertire in un tessuto imprenditoriale diffuso, con il concorso delle autonomie locali, appunto, quelle industrie che immaginavamo potessero andare in crisi.
Ed allora a noi interessa oggi capire quali sono, sì, le azioni che dobbiamo mettere immediatamente in campo per salvaguardare i posti di lavoro, ma avvertiamo noi stessi e lo avvertono anche i lavoratori interessati che questo non basta.
Non basta per noi, non basta per la Sardegna, non basta soprattutto per il loro futuro; non basta per quella dignità che noi dovremmo avere e che non abbiamo in una Regione che non è guidata, non ha politica e che ha accettato questa cultura di una pseudo-politica che vorrebbe manifestarsi perfetta, non riconoscendo, come abbiamo sempre fatto noi, in una storia che come ha detto bene il collega Secci, non abbiamo nessun intendimento di rinnegare, una politica che invece a noi ha insegnato che bisogna avere sempre moderazione, umiltà, ed accettare anche la sfida della sua imperfezione nelle scelte che comporta. Perché dalla consapevolezza dell'imperfezione della politica e dell'agire della politica maturano le tensioni che ci consentono di migliorare la nostra qualità della vita.
PRESIDENTE. Colleghi, abbiamo ancora nove iscritti a parlare, vi era un impegno nella Conferenza dei Capigruppo di concludere entro le ore 13.00. Peraltro era convocata anche la Commissione prima. Io credo quindi che tutti quanti dovremmo fare uno sforzo, e mi riferisco in modo particolare ai colleghi che devono intervenire, per contenere per quanto possibile gli interventi in modo tale da poter concludere entro le ore 14,00. Questo credo sia un termine che potremmo impegnarci tutti quanti a rispettare, naturalmente se non vi sono opposizioni.
E' iscritto a parlare il consigliere Masia. Ne ha facoltà.
MASIA (S.D.-Socialisti Uniti). Signor Presidente, sentendo alcuni interventi della maggioranza io mi sono chiesto, e credo che anche altri l'abbiano fatto, a che cosa serve parlare di ciò che è stato, a che cosa serve entrare nel merito di scelte che sono state fatte nel passato, giuste o sbagliate che siano. A che serve parlare di quei danni ambientali per le trasformazioni che poi ha subito - credo che sia più importante - forse la società sarda in generale, e quella di quei territori. Territori di cui noi ci stiamo interessando in questo momento: Porto Torres, Ottana, Cagliari e tante altre piccole realtà i.
Noi sappiamo che negli anni Sessanta e Settanta la chimica è stata una scelta strategica, che è servita per trasformare una società in forte ritardo di sviluppo rispetto ad altre realtà del nostro Paese. Ed è anche vero, siamo d'accordo, che sia stata una scelta forte, scioccante direi per quei territori. Si sono pagati costi incredibili, sui quali tutti quanti abbiamo discusso e dibattuto in questi anni.
Però non si può negare, colleghi, che la Sardegna, e quei territori in particolare, abbiano vissuto un momento, importante, di sviluppo, un momento di sradicamento forse epocale per quelle culture. Culture in senso lato ma, in particolare, mi riferisco alla cultura economica che era basata principalmente sull'agricoltura, sulla pastorizia, sul piccolo artigianato; un'economia povera, e comunque non in grado di tenere il passo con l'economia nazionale.
Per questo motivo stavano pericolosamente insorgendo problemi e tensioni sociali che segnarono negativamente quegli anni nella nostra regione e determinarono principalmente le successive scelte di politica economica.
La scelta sulla chimica prevalse perché ritenuta capace di dare risposte in maniera diffusa, ampia ed anche urgente, a questi problemi. E` stata forse imposta dal Governo nazionale, però dobbiamo ammettere che è stata anche ampiamente condivisa in Sardegna dalla classe politica che era allora al potere. Non si può negare, però, che la scelta della chimica favorì una crescita occupazionale, per circa venti anni, che si concretizzò in decine di migliaia di posti di lavoro, decine di migliaia di stipendi per le famiglie dei sardi, che mai prima avevano visto certezze ed opportunità di lavoro fisso e duraturo.
Questo andava detto e credo che nessuno di noi possa dimenticare questo aspetto, perché fa parte della nostra storia, della nostra storia più recente, ma sicuramente una storia che ha portato a recuperare forti ritardi.
Io non sono per l'industria chimica, credo che molti di noi la pensino allo stesso modo. In Sardegna ci sono, è vero, tante altre opportunità, ma non sono nemmeno d'accordo sul suo smantellamento totale, perché anche questa decisione non nasce da una nuova scelta strategica. Io non vedo scelte importanti in campo, non ci sono proposte alternative certe, che abbiano effetti duraturi ed altrettanto importanti da sostituirsi all'industria chimica, perciò l'industria chimica in Sardegna non può essere totalmente cancellata. Questa scelta nasce, probabilmente, da scelte di impresa.
L'Enichem dopo aver sfruttato in Sardegna le situazioni favorevoli vuole dismettere per incrementare le produzioni da altre parti, abbandonando i sardi e quei territori nella situazione che a noi è ben presente. Sono situazioni ambientali di forte degrado, sono situazioni che vedono la chiusura di interi processi di trasformazione con i conseguenti licenziamenti di personale. Oggi, dicevo, si discute in Consiglio per trovare soluzioni che impediscano l'abbandono di quei territori, di quei lavoratori, di quelle popolazioni.
Io ho avuto delle perplessità, però, nel sentire gli interventi di alcuni esponenti della maggioranza, i quali sostengono che la scelta dell'industria chimica sia stata un grave errore. L'ha detto la Pilo, lo diceva il collega Balletto. Dicono anche che oggi la ventilata chiusura di alcuni settori dell'industria chimica non è altro che una sorta di ricatto per chiedere e ottenere altre risorse finanziarie. Io non credo che sia così. Io credo che esista un problema reale, ma se poi fosse corretta l'ipotesi del ricatto noi siamo qui pronti anche a discuterne. Io però chiedo a questi colleghi che cosa propongono loro nell'immediato, in particolare per quei territori. Sono a favore dello smantellamento totale, intendono mandare tutti in cassa integrazione, e quale solidarietà propone questo Consiglio per quei territori in particolare, quali alternative immediate? Hanno ben presente loro qual è la situazione che si sta sviluppando, hanno presenti i problemi che oggi stanno nuovamente emergendo in quei territori? Sono situazioni drammatiche che noi non possiamo trascurare, così come noi non possiamo non considerare con attenzione, ma abbiamo anzi il dovere di difenderla, l'occupazione presente in quei territori. Questa maggioranza conosce quello che sta già avvenendo? Sta avvenendo che per ogni cento operai che ogni anno vanno in pensione, che escono dal ciclo di produzione, al massimo ne vengono riassunti cinquanta, quindi c'è già una dismissione di questa realtà. Una dismissione che è in atto, dato che la disoccupazione è sempre crescente.
O forse si pensa, nel momento in cui si propone di salvaguardare quei territori dal danno ambientale, che sia meglio (questa maggioranza lo sta già facendo) concedere coltivazioni di cava dappertutto? Si grida al danno ambientale per quei territori, per lo scempio che può aver prodotto l'industria chimica, ove è presente, e sono scelte che sono state fatte quarant'anni fa in situazioni diverse, in situazioni necessitate, e poi oggi, in situazioni diverse, lo scempio viene commesso in maniera diffusa, dando concessioni di cava che, alla fine, daranno risultati economici e sociali sicuramente diversi.
In quei territori l'occupazione, come saprete, è a livello zero, ed è in atto su questi temi un dibattito molto acceso. Il Presidente Pili era presente in quei territori alcuni giorni fa ma non ha detto parole esaustive. Però è anche vero che quello sì che è danno ambientale, quello sì che non ha ritorni dal punto di vista occupazionale. Pensa questa maggioranza che noi sulla chimica ci possiamo dividere? Io credo che si debbano trovare delle soluzioni unanimi, perché stiamo lavorando per cercare di salvaguardare posti di lavoro, per salvaguardare territori che hanno subito trasformazioni epocali, territori che oggi noi non possiamo in assoluto abbandonare.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Dettori. Ne ha facoltà.
DETTORI I. (D.S.). Signor Presidente, cercherò di non utilizzare tutti e dieci i minuti, perché tanto è stato detto, ed essendo quasi un monologo, piuttosto che un dialogo, credo che sia anche importante sottolineare solo alcuni dei punti che io ritengo fondamentali. E voglio partire da alcune considerazioni svolte, nel corso delle prime riunioni, dall'osservatorio per la chimica.
In proposito vorrei anche dire, sommessamente, a qualche collega che sostiene l'inutilità dell'istituzione degli osservatori, che gli osservatori diventano inutili nel momento in cui, pur producendo analisi e proponendo strategie, non ricevono risposte dagli organi di Giunta a questo preposti. E cioè la Giunta non pone in essere atti significativi, che consentano di portare a soluzione compiuta, quanto dagli osservatori viene prospettato.
Debbo anche dire che è vero che siamo in campagna elettorale per le amministrative del 26 maggio, ma è anche vero che un tema come questo è di una tale rilevanza per la debole economia di quest'Isola, che forse avrebbe meritato una presenza maggiore e una attenzione, soprattutto, maggiore. Tant'è, non è la prima volta, così come è stato già rilevato, che il Consiglio lavora sotto tono.
Parlavo di quanto l'Osservatorio ha prodotto e cioè la necessità, per tutte le cose che sono state dette sulla grave crisi dell'apparato industriale in Sardegna, della elaborazione di una nuova strategia per la chimica italiana, con progetti di riqualificazione dei poli chimici. E, in un tale quadro, si procede alla definizione di obiettivi strategici tra i quali vengono ritenuti fondamentali e prioritari favorire la nascita di iniziative produttive di piccole e medie dimensioni, favorire la nascita e il rafforzamento di sistema integrati di imprese, riequilibrare domande ed offerta e utilities, fare dei poli chimici un punto di riferimento per il sistema produttivo locale.
Si parte quindi proprio dall'idea che fu del centrosinistra, e che lo stesso, nella passata legislatura, ha faticosamente, ma produttivamente messo in campo, che è l'idea di uno sviluppo locale a partire da quelle attività e da quelle energie che nei territori della nostra isola ci sono, e non by-passandoli, e non pensando ad uno sviluppo che, anche se fosse industriale, niente ha a che a che vedere con ciò che la Sardegna ha e produce. Partire quindi - dicevo - dallo sviluppo locale, come sviluppo strategico per la nostra Isola.
Da questo presupposto discende anche una strategia di riqualificazione dei poli chimici sardi, nel contesto dello sviluppo economico e produttivo della Sardegna, dunque del ruolo della chimica nell'Isola e del ruolo dell'Enichem, con riferimento alla situazione nei siti di Ottana, Cagliari e Porto Torres.
Quindi è urgente, è questo che noi chiediamo, che la Giunta dia risposte certe al fine di definire una strategia di intervento non solo in tema di risanamento ambientale, che è fondamentale, ma anche di sviluppo futuro di questi poli o di una loro reale riconversione. E qui rientra la questione che è stata affrontata del rapporto tra pubblico e privato.
Ed è vero, rispondo a qualche collega (a pochi) del centrodestra che dicono che non possiamo avere solo un'imprenditoria assistita, solo un apparato produttivo assistito, è stato detto, è stato ribadito, che abbiamo messo in campo strategie, leggi, risorse, perché questo finisse, perché questo non fosse più, perché l'impresa e l'industria avessero capacità di stare sul mercato con risorse ed energie proprie. Mi pare invece che in questi ultimi tre anni in Sardegna ci sia rispetto a questo un'inversione di tendenza; e cioè che si stia riproponendo il fare clientela e assistenzialismo proprio da parte di chi dovrebbe portare avanti politiche liberistiche. Noi invece riproponiamo una serie di paracaduti non a favore degli operai, dei lavoratori e delle lavoratrici che si ritrovano sul mercato dal lavoro senza alcuna prospettiva, ma guarda caso proprio, invece, per quegli industriali, per quegli imprenditori che di quel paracadute, abbiamo detto, non avrebbero più avuto necessità.
C'è quindi un'inversione totale di tendenza, come dicevo nelle scelte politiche che questo centrodestra, sia nazionalmente che regionalmente sta attuando.
Allora noi ribadiamo che sono importanti e fondamentali il consolidamento e la riqualificazione delle attività chimiche della Sardegna; contemporaneamente siamo assolutamente convinti che insieme a questo occorra mettere in campo strategie di risanamento ambientale. Perché quei siti dismessi vanno resi utilizzabili per altre attività.
Abbiamo sempre detto, così come è accaduto in altre parti della nazione, ma anche dell'Europa, che è possibile rendere compatibilitindustria e ambiente; si tratta anche in questo caso di fare scelte politiche sul controllo delle produzioni industriali e sulla ricaduta di queste nei territori sotto l'aspetto ambientale; riprendendo, e finisco, ciò che viene detto dalla mozione presentata dal centrosinistra, cioè che è necessario elaborare con urgenza un programma di rilancio e di reindustrializzazione della Sardegna, volto al mantenimento e all'ampliamento della base produttiva.
Assessore, Giunta, rispetto a questo quesito io vi chiedo che cosa rispondete, non a noi consiglieri regionali che abbiamo presentato la mozione, ma alla Sardegna, a quelli che aspettano risposte certe, in tempi certi, per dar vita a un'inversione delle scelte economiche disastrose che voi state portando avanti.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Morittu. Ne ha facoltà.
MORITTU (D.S.). Signor Presidente, colleghe e colleghi, io personalmente concordo molto con chi ha sottolineato il fatto che il dibattito che si sta svolgendo oggi in Aula, su un argomento di così vitale importanza per l'economia della Sardegna, non sia certamente all'altezza dell'impegno e dell'attenzione che questo argomento merita. E comunque sta rivelando purtroppo una differenza non marginale tra le posizioni del centrosinistra e quelle, poche per la verità, espresse dal centrodestra. Mi riferisco in particolare agli interventi degli onorevoli Pilo e Balletto che ci dicono chiaramente che l'industria chimica è stata una sorta di iattura per la Sardegna e quindi va cancellata il più presto possibile.
Certo, tutti quanti riconosciamo che il problema della chimica e dell'apparato industriale sardo non è un problema nuovo, non è un problema di questi giorni, ma è certamente di questi giorni e di questi tempi il silenzio assordante del Presidente della Giunta, e di questa maggioranza, di fronte non solo alle annunciate ma anche alle effettive operazioni di chiusura degli impianti operate dall'Enichem in Sardegna.
L'onorevole Falconi ricordava, nella sua illustrazione della mozione, che si è fatta avanti, ahimè, in questi ultimi anni, peraltro fortemente teorizzata, l'abbiamo sentito dagli interventi che ricordavo degli onorevoli Balletto e Pilo, l'idea che la Sardegna può fare a meno dell'industria pesante e che si deve puntare solo ed esclusivamente sull'industria turistica. L'industria turistica è certamente una risorsa primaria della Sardegna, che in questi ultimi anni è andata avanti anche a dispetto degli orfani del Master Plan, anche a dispetto della mancata politica di sostegno al turismo da parte dell'attuale Giunta regionale. Ha sottolineato anche questo l'onorevole Falconi nel suo intervento, e cioè che avete fatto tanti proclami e tanti annunci, ma non alcuna seria politica di sostegno al turismo.
C'è poi chi perfino, mi riferisco in particolare all'onorevole Nuvoli, ha presentato in Parlamento una proposta di legge che è anche, secondo me, troppo benevolo definire demagogica: è soltanto ridicola, che prevede lo smantellamento dell'industria di Porto Torres per sostituirla con parchi giochi per bambini. Il centrodestra affida lo sviluppo della Sardegna ai campi da golf ed ai Disneyland, è davvero ridicolo! Si vuole sostituire un terzo del prodotto interno lordo con campi da golf! Mi pare che ne dovremmo fare davvero tanti, forse qualche migliaio, di questi campi, per avere lo stesso impatto occupazionale e di reddito che produce l'industria in Sardegna.
Io credo davvero che non possiamo permetterci la minima disattenzione nei confronti di questo settore dell'economia isolana che, come qualcuno ha ricordato in quest'aula dando numeri, rappresenta oltre un terzo del prodotto interno lordo della Sardegna. E credo che per tutti noi, come qualcuno ricordava, sia vivo nella memoria il ricordo (probabilmente il ricordo è più vivo per chi ha amministrato quei territori) del disastro sociale ed economico causato, a partire dalla metà degli anni settanta in poi, dalle dismissioni industriali in Sardegna, comprese quelle del comparto chimico. Hanno prodotto choc continui e ripetuti in quelle realtà territoriali, con esuberi, cassa integrazione, mobilità, disoccupazione.
Oggi, abbiamo le dichiarazioni, rese pubbliche in un'intervista, dell'amministratore delegato dell'Enichem, che annuncia lo smantellamento del comparto chimico sardo nel giro di una decina di anni, lui dice che sarà uno smantellamento morbido che, assicura, non creerà disagi, non creerà tensioni sociali. Insomma, gli attuali occupati possono stare tranquilli, se ne andranno tutti quanti in pensione e per i giovani che rimarranno, ahimè, davvero pochi come qualcuno ha ricordato, ci sarà l'alternativa dell'esilio, in giro per il mondo a cercare un'occasione di lavoro.
Ebbene, di fronte a queste gravi dichiarazioni la Giunta regionale, il Presidente della Giunta, ma anche lo stesso Assessore, mi pare, hanno avuto una reazione assolutamente tiepida. Non è quindi sufficiente, io credo, l'impegno successivo dell'onorevole La Spisa, del quale pure gli diamo atto, riconosciamo la sua partecipazione personale a tante assemblee, ma non mi pare davvero che questo sia sufficiente per salvare l'anima di questa maggioranza, che non dimostra davvero la volontà di voler compiere atti concreti a sostegno di questo comparto.
E quello che si chiede non è un sostegno di tipo assistenzialistico, si chiede un sostegno in termini di idee, di progetti, e anche di risorse, naturalmente. E la risposta non può certo essere, quindi, un accordo di programma privo di idee forza e privo di un progetto serio di rilancio del sistema industriale della Sardegna, privo anche di risorse adeguate, anche regionali se necessario, come credo che sia necessario.
Né può bastare, lo ricordava l'onorevole Dettori poc'anzi, richiamando l'opera svolta dall'Osservatorio della chimica, salvarsi l'anima con l'istituzione dell'Osservatorio in questione, se poi non gli si dà il giusto riconoscimento mettendo in opera le proposte dallo stesso Osservatorio elaborate. E poi, che cosa ha fatto l'attuale maggioranza regionale per sostenere l'industria sul versante dei fattori di produzione? Mi riferisco in particolare all'energia, all'acqua e ai trasporti, che sono gli elementi che sostengono un impianto industriale di quella natura, come quello operante in Sardegna.
Il centrosinistra vi ha lasciato una grandissima eredità: il POR, i fondi per le aree depresse, stiamo parlando di risorse per oltre 12 mila miliardi, e di uno strumento quale l'intesa istituzionale di programma. Ebbene, su questi argomenti voi avete portato un ritardo grandissimo. Sull'energia vi era la possibilità di realizzare un polo criogenico. Guardate, nell'ultima delibera CIPE, sui cosiddetti progetti-obiettivo proposti da Lunardi, io ho visto la lunga elencazione fatta dal CIPE, la Sardegna non è assolutamente citata. Si tratta di interventi sul settore dell'industria energetica come sull'industria delle telecomunicazioni, ma la Sardegna è assolutamente assente. Ugualmente si parla di portare l'acqua dalla Corsica, ma niente si dice in quest'Aula, per cui chi è che ha deciso che l'acqua deve essere portata dalla Corsica? Però nella delibera CIPE riportata nei progetti-obiettivo, per memoria, per la verità, senza una lira di risorse, appare che lo Stato l'acqua prevede di portarcela dalla Corsica. Sui trasporti naturalmente vi è un ritardo enorme nell'attuazione dell'intesa istituzionale di programma.
Certo che l'accordo di programma è sicuramente e può essere una grossa opportunità, ma nessun accordo può prevedere le dismissioni senza alternative chiare e forti. La difesa dell'industria e dell'industria chimica in particolare non è la difesa di una bandiera, come diceva l'onorevole Pilo. E' la difesa del reddito, dei posti di lavoro in territori importanti della nostra Isola; è la difesa della cultura industriale e, assieme alla cultura industriale, della cultura democratica che è connessa alla cultura industriale, e non è un problema di candidati alle elezioni comunali. E' un problema, di democrazia che ha messo radici ed è cresciuta con gli insediamenti industriali in Sardegna.
Certo, il problema ambientale che naturalmente è connesso a quel tipo di attività, a quel tipo di interventi non può essere assolutamente sottovalutato, né può essere messo in ombra. E l'accordo di programma io credo che debba partire innanzitutto dai problemi di risanamento ambientale e di riqualificazione di quei siti, come condizione per l'insediamento di nuove attività industriali integrate, rispetto allo stesso comparto chimico.
L'esempio di Porto Marghera, a un passo da Venezia, la perla del Mediterraneo e del mondo, e lo stesso esempio di Ferrara, dove si è concluso un forte accordo di programma incentrato sul polo chimico, io credo possa essere un riferimento da seguire. Molto naturalmente è nelle mani del Governo nazionale, e per raggiungere obiettivi seri, concreti, non vi è dubbio che sia necessaria la forte volontà di questo Consiglio regionale.
Io spero che vi sia davvero un serio ripensamento delle posizioni espresse dalla maggioranza sino ad ora nelle conclusioni che esporrà l'assessore La Spisa per conto della Giunta.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (P.P.S.-C.D.U.Sardi). Signor Presidente, cari, pochi ed alquanto, non tutti ovviamente, distratti colleghi. Io credo che questo confronto sull'industria, industria chimica, ma più in generale sulle linee di sviluppo economico della Sardegna, sia importante, determinante e ovviamente sottintenda posizioni diverse in merito alle valutazioni sul passato, sul presente e sui programmi per il futuro. Certo, si è detto delle scellerate scelte effettuate nel passato. Bene, io non le considero tali, io rispetto quelle scelte del passato, perché nell'esprimere un giudizio a mio avviso occorre rifarsi al quel momento storico nel quale avvennero. Ripensare cioè che si era in un momento in cui la Sardegna partecipava insieme alla nostra Nazione a scelte ben più ampie, a scelte europee, scelte di mercato, scelte di suddivisione di produzioni. Ebbene, allora la Sardegna che allora era chiamata a partecipare era caratterizzata da un ambiente in molte zone socialmente difficile da una disoccupazione avanzante, da una visione del mondo tipica dell'economia agro-pastorale diffusa in gran parte del suo territorio. Questa era la Sardegna che doveva integrarsi in una nuova Europa.
Allora governava la D.C., sia a livello nazionale che regionale; e la D.C. fece l'unica scelta possibile, una scelta annunciata come determinanteper cambiare il modello di sviluppo economico della nostra isola. Io non critico quella scelta, perché se lo facessi col senno di poi, e avendo di fronte gli effetti che ne sono conseguiti, senza valutare il momento storico in cui quella scelta venne compiuta, ovviamente troverei i mille svantaggi che quella scelta ha comportato. Ma non dimentichiamo anche che era un'isola, la nostra, sottoposta ad un continuo saccheggio; se io dovessi giudicare oggi il disboscamento operato dai boscaioli toscani in Sardegna, chiaramente direi che è condannabile, ma quel disboscamento fu per molti dei nostri padri, dei nostri nonni, una piccola e non opportunamente valutata fonte di reddito. E lo stesso potremmo dire per tanti altri casi. Però si definì la scelta dello sviluppo chimico, e passarono tante sigle da Rumianca, allora Rovelli, a Montedison, Enichem, Eni e quant'altro. Oggi siamo in una situazione di definizione di una ulteriore scelta; si critica questa maggioranza e questa Giunta perché si dice non abbia un programma definito di sviluppo economico della nostra Regione.
Costruire uno sviluppo sulle ceneri non è facile, l'unica ipotesi che qui stata da alcuni formulata è stata quella di impostare tutto sul turismo. E` una scelta d'epoca. Anche questa è una scelta d'epoca. Certo non è condivisibile comunque l'idea, che mi auguro non appartenga a questa maggioranzache occorra cancellare tutto ciò che appartiene al passato. Appartengono al passato, ma anche all'oggi quei posti di lavoro, appartiene al passato ma anche all'oggi la scelta industriale, appartiene al passato ma soprattutto all'oggi la scelta dello sviluppo delle piccole e medie imprese.
Non concordo quando si dice che il turismo non produce. Il turismo, inteso come vendita semplice, banale, di un biglietto aereo, o di un posto letto, sicuramente non è una grande produzione, ma indurre la presenza di turisti in Sardegna, che consumano prodotti sardi, che godono dei servizi locali, che godono del nostro ambiente, che pagano il nostro ambiente e le nostre produzioni, il turismo allora, vi dico, a mio avviso, è sicuramente un'industria di produzione; fine a se stesso non lo sarebbe.
Questo dimostra anche che la scelta questa maggioranza e questa Giunta l'hanno fatta, la portano avanti e la sostengono. E questa scelta non può essere certamente quella della cancellazione fine a stessa dell'industria, noi viviamo momenti di crisi nell'industria chimica, in tutto il comparto. Dal Sulcis alle zone interne, al sassarese, ovunque noi abbiamo situazioni di malessere in questa fase storica che impone scelte economiche impostate alle idee di federalismo, di sussidiarietà, di solidarietà.
Io già altre volte in questa sede chiedevo ed auspicavo una discussione su ciò che è avvenuto in altre parte d'Italia. Io non credo che a San Giovanni o a Bagnoli l'industria non sia più presente, credo invece che ci siano stati una riconversione, un impegno forte dello Stato per il cosiddetto risanamento ambientale, e non solo risanamento ambientale, ma soprattutto nuove impostazioni dello sviluppo.
Parlai allora della zona di Ottana una zona a vocazione storica agro-alimentare trasformata in zona industriale. E` vero, l'esperienza ci ha dimostrato che non basta costruire fisicamente un'industria per modificare una cultura. Non basta aprire un'industria per creare un popolo di operai. Di questo dobbiamo farne tesoro. Nel tempo, però, abbiamo seviziato quella cultura agro-pastorale per trasformarla in cultura industriale. Oggi possiamo dire che quello è stato un errore, pur riconoscendo la grande ricchezza della cultura industriale, pur riconoscendo che dove non è mai esistito un mondo sindacale, è cresciuto un mondo sindacale, con i suoi aspetti positivi e con i suoi aspetti negativi, ma comunque con una netta prevalenza degli aspetti positivi quali la ricerca del confronto, della concertazione, della tutela di tutti.
Allora, qual è la scelta che noi dovremmo privilegiare? La scelta è quella di puntare molto sull'artigianato, sul turismo, sulla piccola e media impresa. Ma non possiamo comunque abbassare le saracinesche sulla grande industria. Ma qui dove è lo Stato? Io sono convinto che la nostra Regione e quindi anche il nostro Stato abbiano imposto le privatizzazioni troppo in fretta, mentre io credo che proprio in ragione della nostra cultura economica e sociale non dovevamo, e non dobbiamo tuttora, accettare il disimpegno totale dello Stato.
Noi abbiamo ancora bisogno della presenza dello Stato. Abbiamo bisogno della presenza dello Stato perché non abbiamo ancora definito il nostro percorso di cultura industriale. Noi abbiamo bisogno di tutti quegli aspetti di sussidiarietà che comporta la presenza dello Stato; noi non siamo pronti, come classe imprenditoriale, come società sarda, ad andare ancora totalmente da soli. Noi non possiamo stare in silenzio di fronte all'abbandono dell'Eni, per me Stato; all'abbandono delle Poste, per me Stato; all'abbandono dell'Enel, all'abbandono di Telecom, all'abbandono di tutto quello che costituiva un tessuto economico per la nostra isola. Noi su questo dobbiamo sicuramente aprire un tavolo di confronto.
L'Italia, come si sa, non è tutta uguale, è sempre andata a due, a volte tre velocità. Bene, noi forse siamo passati dalla terza alla seconda velocità, non siamo pronti per andare da soli alla stessa velocità di chi da tempo ha già innestato la prima. Ecco perché ritengo essenziale la presenza dello Stato nella grande industria.
Si è parlato di reddito, di posti di lavoro. Un altroelemento da considerare è che allora si elaboravano i progetti industriali e di investimento considerando il numero di posti di lavoro che quella azienda avrebbe creato, dimenticando la redditività di quella azienda, dimenticando quale era il piano strategico industriale di quella azienda, dimenticando che un'azienda per vivere ha bisogno anche delle adeguate infrastrutture.
Oggi noi tutto questo dobbiamo pretenderlo, chiederlo fortemente allo Stato affinché testimoni ancora la sua presenza discreta nella nostra regione; e, contestualmente, impostare noi uno sviluppo nuovo per un'isola che pensava prima a se stessa, in quanto isola, in termini negativi, e che oggi invece vuole volgere in positivo il fattore dell'insularità per diventare la perla di un Mediterraneo di cui noi vogliamo essere piattaforma culturale, sociale, economica e per il momento ancora industriale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pirisi. Vi sono poi altri tre interventi. Io mi permetto, e chiedo scusa ai colleghi, di far presente ancora una volta che c'è l'impegno a concludere i lavori entro le ore 14.00, e bisogna ancora presentare l'ordine del giorno, illustrarlo e votarlo. Chiederei quindi ai colleghi che devono ancora intervenire di contenere i loro interventi.
Il consigliere Pirisi ha facoltà di parlare.
PIRISI (D.S.). Signor Presidente, colleghe e colleghi, io credo sia giusto prendere atto, in maniera inconfutabile, che quest'Aula, il Consiglio regionale della Sardegna è stato costretto a discutere sulla situazione dell'industria da tutta l'opposizione consiliare grazie alle due mozioni che sono state presentate. Ma credo che noi, opposizione, abbiamo dato anche voce, e stiamo dando voce, alla preoccupazione, all'allarme lanciato dai lavoratori del comparto chimico e dalle organizzazioni sindacali che vogliono capire, al pari nostro, quale funzione e quale ruolo questo governo regionale e questa maggioranza che governano la Sardegna intendono svolgere.
E vogliamo capire che cosa questa Giunta e questa maggioranza intendono dire al Governo, amico dite voi, presieduto dall'onorevole Berlusconi, circa la problematica in discussione.
Ma io credo che sia anche giusto cercare di capire se possa essere considerato amico della Sardegna un Governo che di fatto attacca il Mezzogiorno, che avalla e sostiene il progetto di deindustrializzazione della Sardegna. Non credo che se qualcuno ha un po' di buonsenso possa chiamare ancora quello nazionale Governo amico dei sardi.
E come si può, cari colleghi, cantare il de profundis per la chimica, come hanno fatto alcuni esponenti dalla maggioranza, i colleghi Balletto e Pilo, che hanno svolto i loro interventi in maniera molto accalorata, dico cantare il de profundis e nel contempo non levare una voce contro il Governo centrale, contro i vari Miccichè che decretano la fine della programmazione negoziata, e dei contratti d'area quindi, dei patti territoriali, degli strumenti cioè dello sviluppo locale.
Ma c'è da ricordare anche che qualche tempo fa il Presidente del Consiglio amico aveva detto che la Sardegna per l'allargamento ad est dell'Europa poteva uscire tranquillamente dalle regioni dell'Obiettivo 1.
Questi sono gli amici ai quali voi vi riferite! Ma credo che questo Governo, se avesse davvero a cuore le sorti della Sardegna, dovrebbe dire che i patti territoriali e i contratti d'area sono degli strumenti fondamentali per il nostro sviluppo. E voglio ricordare che, all'interno del contratto d'area di Ottana, è inserito un patto territoriale, ottenuto attraverso una concertazione forte tra le organizzazioni sindacali, le imprese e i diversi livelli istituzionali, che oggi sta producendo degli effetti positivi.
Bisognerebbe dirglielo questo all'onorevole Miccichè. Io credo che anche quella nuova occupazione sia un elemento importante, sia un indicatore, una linea sulla quale noi dovremmo muoverci. Invece volete che la chimica muoia, però non levate una voce per sostenere questi importanti strumenti di sviluppo. A mio avviso quella di oggi poteva essere anche una occasione importante per questa scalcinata, distratta ed anche un po' rumorosa maggioranza di centrodestra, per spiegare a noi, ai lavoratori del comparto chimico ed ai sardi quale sia il disegno concreto di sviluppo integrato della Sardegna, al quale tanto avete fatto riferimento, quali siano gli obiettivi che vi prefiggete di raggiungere.
Avete invece la testa sempre rivolta al passato, a guardare gli errori del passato, dimenticando che non siete nati né ieri né oggi, che anche il "ministro del nulla" era un importante uomo che ha governato l'Italia, e che ha avuto anche importanti responsabilità di governo in Sardegna.
Ma la verità, io credo, è che voi sulla chimica come sullo sviluppo in generale della nostra isola non avete una linea. Avete affermato che siete contro la chimica, che è stata definita una scelta scellerata, una scelta sbagliata; io so che la scelta dell'industria chimica a suo tempo ha prodotto delle rotture all'interno del contesto socio economico in cui venne inserita, ma sono state anche delle rotture positive. E, come ricordavano i colleghi che mi hanno preceduto, la nascita e lo sviluppo di questa industria ha prodotto reddito, ha prodotto cultura diffusa in senso lato, non solo cultura operaia, di fabbrica, ma ha prodotto attraverso quei lavoratori cultura che si è riverberata nel territorio della Sardegna centrale.
Voi sostenete, inoltre, di essere contro l'inquinamento e operate un arbitrario sillogismo; in sostanza, sostenendo che industria vuol dire inquinamento; ma l'esempio diventa addirittura iperbolico quando si afferma che la difesa del comparto chimico favorirebbe il degrado ambientale, lo spopolamento delle zone interne, la poca attenzione all'emergenza idrica, e così via.
Così per memoria richiamo gli articoli di giornale di questi giorni che parlano della Sicilia, di come un governo omologo al vostro stia appunto operando, e della conseguente rabbia dei siciliani; ma credo che non tarderà a farsi sentire anche la rabbia dei sardi sulle scelte che voi state facendo.
Però io credo che occorra un minimo di serietà, cari colleghi. Ma come può parlare per esempio, sulle politiche ambientali, sul Parco del Gennargentu, chi pur di raccattare una manciata di voti, ha operato la scelta di bloccare quella che poteva e potrebbe essere una occasione di sviluppo della Sardegna. Ci vuole veramente una bella dose di faccia tosta! Soprattutto quando si subisce passivamente, senza levare la voce nella maniera dovuta, i tagli ai servizi (poste, scuole e quant'altro), adottati da questo Governo, lo ricordava poc'anzi il collega Capelli. , E non parliamo poi di altre questioni che, Presidente, eviterò di citare per motivi di tempo e per avviarmi velocemente alla conclusione.
Io credo che oggi sia indispensabile che la Regione sarda esprima una posizione volta a difendere questi comparti in crisi, studiando, se lo si vuole, una fuoruscita morbida, e garantendo comunque i livelli di occupazione.
Permettetemi un'ultima considerazione. Ogni tanto in Aula dei colleghi danno lezioni di liberalismo, di liberismo, parlano degli errori del passato sulle privatizzazioni; per restare in tema io vorrei ricordare, per esempio, una non gloriosa privatizzazione, quella della GTM, ex Alas, ex Texal, in merito alla quale devo dare atto, per correttezza, che l'assessore La Spisa si sta prodigando per cercare di trovare una soluzione. Ma le scelte sulla GTM le ha compiute questo Governo, quello che oggi è qui dentro, non i governi del passato, il governo attuale che non ha avuto la cura e l'attenzione necessarie per valutare e studiare fino in fondo quali strategie adottare per portare avanti la difesa del posto di lavoro degli operai, e quindi la difesa di quella fabbrica utile a quel territorio.
Quindi, signori liberisti, cercate di fare la cose con una certa attenzione per essere credibili.
Concludo dicendo che a mio parere la Giunta, la maggioranza, il Consiglio nel suo insieme, debbono rivendicare, così come viene detto nel dispositivo della mozione del centrosinistra, ma sostanzialmente viene detto anche nella mozione presentata da Rifondazione, un tavolo nazionale di discussione quando sono in gioco questioni certamente di grande interesse per l'Isola quali il rilancio della reindustrializzazione, la salvaguardia dei livelli occupazionali, la salvaguardia soprattutto del comparto chimico.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.
VARGIU (Rif.Sardi-U.D.R.). Signor Presidente, colleghi del Consiglio io credo sia doveroso partecipare a questo dibattito e credo sia stata doverosa la presenza in Aula di tutti i consiglieri nella giornata odierna per l'importanza degli argomenti da trattare. Inoltre, essendo uno tra gli ultimi ad intervenire mi preme anche sottolineare il fatto che le riflessioni oggi portate in quest'Aula hanno senz'altro stimolato ciascuno di noi (intendo quelli che le hanno ascoltate, e per le parti che sono state ovviamente ascoltate), a degli ulteriori approfondimenti.
Personalmente credo che l'atteggiamento più giusto di porsi di fronte ai problemi della chimica, sia quello adottato da molti dei colleghi intervenuti, cioè un atteggiamento ispirato alla ragionevolezza, per cercare di capire insieme, nell'ottica del confronto tra le posizioni, quanto di ciò che noi abbiamo oggi in mano possa essere salvato e come possa essere salvato.
Questo è il ragionamento che a me preme svolgere, anche perché le considerazioni introduttive del collega Falconi nell'illustrazione di una delle due mozioni che oggi abbiamo discusso, sono senz'altro di quelle che fanno paura. Nel senso che il collega Falconi ha citato dei numeri risalenti al 1970, quando gli occupati nel settore della chimica erano dodicimila e cinquecento, ci ha detto, non cito l'indotto ma sono numeri sostanzialmente analoghi, mentre oggi gli occupati nel settore della chimica sono tremilaseicento.
Credo che i numeri, a trent'anni di distanza, diano l'idea del fallimento di questo settore, diano l'idea della entità del problema disoccupazione, che come un volano - in questo caso non virtuoso - è stato inserito. Io ritengo, a questo punto, difficile fare un ragionamento di tipo squisitamente ideologico, come qualcuno ha fatto in quest'Aula, per cui il fallimento viene giustificato come effetto di una serie di iniziative di privatizzazione realizzate nel settore, e che avrebbero, come spesso succede rendendo pubbliche le perdite e privati gli utili, con uno slogan che spesso si sente risuonare, ulteriormente danneggiato ed affossato l'intero settore della chimica sarda.
Io credo che una valutazione di questo genere sarebbero irrispettosa nei confronti di un passato, che essendo il passato di quest'Aula, dove le scelte sono state prese, è comunque, come qualcuno ha sottolineato, un passato che merita rispetto, e che merita da parte nostra una chiave di lettura più approfondita per comprendere le ragioni di quelle scelte.
Ed allora io voglio chiedere, a chi in quest'Aula ritiene di dover ascoltare, quali siano le ragioni che hanno portato all'insediamento dell'industria pesante in Sardegna, industria pesante che nel 1960 nell'Isola non esisteva. E le scuole di pensiero che su questo si sono interrogate e hanno dato risposte, si sono divise, ma le une hanno accettato in parte, come spesso avviene, le ragioni delle altre. Da un lato cioè coloro che sostengono che la chimica si insediò in Sardegna perché, al di là delle scelte di geo-politica e di mercato, vennero privilegiate quelle zone dove venivano concessi degli incentivi più elevati per favorire l'insediamento di nuove attività industriali di questo tipo; e altri che sostengono che più che il sistema degli incentivi abbia funzionato l'apertura di nuovi spazi di mercato che le industrie chimiche, per loro natura oligopolistiche, decisero di occupare. E fu scelto il mercato sardo perché, data la presenza degli incentivi, era tra i più favorevoli.
Io credo che sarebbe facile poi dire che, qualunque sia tra le due, la tesi che dovesse essere adottata come motivazione da parte dell'Aula, di entrambe si può dire che con la cultura liberale o con la cultura di impresa poco hanno a che fare.
Tutti sanno che dove c'è oligopolio, dove c'è monopolio non c'è cultura liberale.
Io penso allora che sia utile, ma utile per discuterne insieme in quest'Aula, leggere le parole dette da un economista sulla situazione sarda del periodo: "Si è affermato da parte di alcuni studiosi che la installazione nei settori pesanti, sebbene abbia generato in Sardegna vistosi squilibri, ha avuto almeno il pregio di creare occupazione stabile. Eppure" (dice sempre questo economista) "l'esperienza di questi anni ha dimostrato che soprattutto in Sardegna lo sviluppo di questi settori, e quindi di tutto il sistema industriale sardo, è puramente effimero, l'accumulazione che si è verificata non è frutto dell'autofinanziamento, del capitale di rischio, ma è il risultato di trasferimenti di reddito operati dal potere centrale alla Regione. Ciò ha costituito il terreno di lotta di grandi gruppi oligopolistici, che hanno visto negli incentivi lo strumento per aumentare le loro quote di mercato e il loro potere in settori di importanza strategica; favoriti inoltre da una politica di incentivazione funzionale ai loro interessi, e fatta con criteri clientelari, dall'assoluta imprevidenza della classe politica, e dalla mancanza di una programmazione, essi si sono espansi indiscriminatamente creando doppioni di stabilimenti. Tutto ciò ha portato ad un'autentica catastrofe economica appena sono cessati i contributi e i trasferimenti di reddito da parte governativa. Le imprese chimiche si trovano ora in una situazione fallimentare".
Adesso forse non c'è l'onorevole Cogodi in Aula, magari vorrebbe sapere chi è l'iperliberista, liberale eccetera, che ha scritto queste parole e quando le ha scritte. Queste parole sono state scritte nel 1980 dal professor Antonio Sassu, economista ben noto in quest'Aula.
Quindi su questa base non possiamo che fare un ragionamento privo di preconcetti, estremamente pragmatico. Noi stiamo dicendo da tempo in quest'Aula, lo dice la maggioranza e lo dice l'opposizione, che la Sardegna deve operare una scelta per diventare e per essere l'Isola della qualità. Allora, chiediamoci tutti quanti insieme se questo assunto è compatibile con la difesa o con il rilancio del polo della chimica. E di seguito dovremmo porci delle domande, entrando nel dettaglio e cioè se la chimica è strategica per la ricerca in cui la Sardegna vuole investire. Sappiamo che in certi casi lo è e in certi casi non lo è. Quando crea semplicemente degli stabilimenti di produzione non è strategica per la ricerca.
Chiediamoci cosa è la chimica oggi in Sardegna. E` capofila di altre attività industriali e queste sono compatibili con lo sviluppo ambientale che noi vogliamo? Chiediamocelo.
E` sostenibile con i livelli dell'occupazione, quando sappiamo che l'industria pesante espelle occupazione, non ne crea. Chiediamoci se c'è una compatibilitàdell'industria chimica con la tutela ambientale. Ci sono delle regioni in Francia, dalla Camargue alla Costa Azzurra, dove sono stati insediati poli chimici considerati trainanti dello sviluppo industriale; teniamone conto per il nostro ragionamento. E se la risposta è affermativa, quindi se noi arriviamo in questo Consiglio a pensare che per la chimica ci sia un futuro in Sardegna, allora dobbiamo porci il problema della riduzione dei costi energetici, e dobbiamo porci il problema della riduzione di costi dei trasporti, tutto il resto diventa soltanto pura fantasia e non è di alcun sostegno per la chimica.
Se la risposta invece fosse negativa, allora dobbiamo porci il problema della reindustrializzazione. Perché ha ragione l'onorevole Falconi quando sostiene che non ci possono essere dei monopoli o delle monocolture. Qualcuno ha detto in quest'aula di non volere che il proprio figlio muoia cameriere o servo pastore; io aggiungo che non voglio che muoia neanche minatore, o con un altro tipo di servitù culturale, sono perfettamente d'accordo, ma è un argomento di cui dobbiamo discutere in quest'Aula, se vogliamo trovare delle soluzioni.
E ricordiamoci che, comunque sia, anche coloro che sono liberali, e qui dovremmo interrogarci su che cosa significa questo, non negano che ci possano essere degli interventi di correzione fuori dal mercato. La Thatcher, tacciata di iperliberismo, è quella che ha obbligato i giapponesi ad investire nelGalles perché aveva il problema, in quel momento, di riequilibrare la situazione di che si stava generando per la chiusura delle miniere del Galles appunto. Ricordiamocene, è di insegnamento a tutti.
E ricordiamoci che la scommessa che noi oggi stiamo facendo sull'adeguamento della nostra politica di sviluppo, è una scommessa che, ha detto bene Giacomo Sanna del Partito Sardo d'Azione, si gioca nel mondo, nel senso che esistono regole che non vengono stabilite da questo Consiglio; quindi questo Consiglio può decidere di non giocare, ma se decide di giocare deve farlo con le regole accettate dagli altri giocatori.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Balia. Ne ha facoltà.
BALIA (S.D.I.-S.U.). Signor Presidente, poveri lavoratori del comparto chimico, c'è quasi disagio a parlare, lo si fa quasi per testimonianza, c'è disattenzione da parte della Giunta regionale per prima, a parte l'Assessore che è sempre molto attento, ma è anche molto solo. Il Presidente della Giunta regionale pare poco interessato alle problematiche di questo settore, ai disagi che subiscono adesso i lavoratori di questo comparto, ma che si estenderanno poi a tutti i settori economici. Io voglio rammentare il dibattito che si è svolto in quest'Aula in occasione della legge finanziaria, laddove le opposizioni hanno attaccato in maniera forte, decisa direi, per alcune decisioni della Giunta, a partire dal livello di indebitamento. Abbiamo adesso verificato, evidentemente questo fa parte di una scelta politica notevolmente più ampia, che anche a livello nazionale, per la prima volta a far data dal 1993, la tendenza che prima vi era al risanamento finanziario si è ormai invertita. Il livello del disavanzo resta elevato, salta in maniera decisa il patto di stabilità. Lo scostamento per quest'anno e lo scostamento presunto per l'anno 2003 è in Italia dell'1,3 per cento.
Le regioni in ritardo di sviluppo, naturalmente, rischiano ulteriori nuovi ritardi. Il Governo nazionale non ha alcuna politica per il Meridione, così come il Governo regionale non ha una politica per le sviluppo in Sardegna. Tanto meno, poi, questo lo dico per inciso, sarà infatti oggetto di altro dibattito, ha una politica di sviluppo per le zone più disagiate, più povere e per le zone interne della Sardegna.
I problemi, a quanto pare, vengono risolti tagliando le risorse, anche quelle destinate alle piccole iniziative, e qua nascono evidentemente i contrasti, rispetto ad alcune affermazioni che per parte di consiglieri di maggioranza sono venute. Mi riferisco a quelle piccolissime iniziative che potevano essere garantite attraverso il prestito d'onore e che servivano, se non altro, ad alleviare il disagio del mondo giovanile e a creare un tessuto di micro imprese in Sardegna. Il Governo invece blocca i contratti d'area.
Io non voglio dire che il Governo regionale sia inconsapevole di questa situazione, ne è sicuramente, assolutamente consapevole, ma l'operatività, l'azione, la ricerca di soluzioni vengono accantonate e vengono invece preferiti i proclami. Vengono fatte delle scelte assurde, illogiche, forse anche illegittime, come quella di garantire regalie alle imprese per accelerare lavori pubblici già appaltati, in chiara lesione della par condicio tra parti, che erano invece originariamente sullo stesso piano ed erano parti concorrenti. Evidentemente il Governo regionale ritiene di salvarsi la coscienza con i soliti richiami al passato.
E' quanto è emerso anche in quest'Aula, negli interventi svolti soprattutto nella prima mattinata da parte dei consiglieri di maggioranza, che gridano, urlano sugli errori del passato, cioè sulla scelta originaria, sbagliata, fatta da chi ha portato la chimica in Sardegna. Era una scelta effettuata, secondo loro, contro lo sviluppo.
Certo tutti sappiamo, ne siamo consapevoli, che tradizionalmente la Sardegna aveva vocazioni differenti, ma oggi, nella condizione di disagio totale che viviamo, che senso ha, che significato ha, onorevole Balletto, tornare alle origini, fare le analisi storiche? A che cosa giova richiamare gli errori del passato - qualche altro consigliere di maggioranza invece anche stamattina in quest'aula, cito per tutti, sento il dovere di farlo, l'onorevole Capelli, si poneva degli interrogativi in termini problematici - posto che quelli siano stati errori, questo oggi è l'unico tessuto industriale che la Sardegna ha e non possiamo permettere che venga smantellato, ma dobbiamo operare e agire perché venga tenuto in piedi a tutti i costi, in qualche caso, io dico, al di là delle logiche di mercato, perché si è parlato solo ed esclusivamente di logiche di mercato.
Le logiche di mercato devono naturalmente essere rispettate, i problemi relativi alla redditività contavano e continuano a contare ed è giusto che contino, però sono anche giusti gli interventi, i correttivi, le alternative, le opzioni che debbono essere create se quel settore redditività non fosse, ma è tutto da dimostrare, eventualmente in grado di garantirne ulteriormente.
In ogni caso non possiamo permetterci l'ulteriore chiusura di un solo stabilimento e la perdita di un ulteriore solo posto di lavoro, soprattutto di fronte alle cifre allucinanti e preoccupanti che sono state citate e che purtroppo sono assolutamente veritiere, assolutamente reali. C'è una volontà, da parte di questa Giunta regionale, di tutela del tessuto industriale esistente e dei posti di lavoro? Se c'è che la Giunta regionale batta un colpo, non aspetti di essere chiamata in Aula attraverso una mozione delle opposizioni, ma si attivi, e si attivi nei confronti del Governo nazionale e nei confronti dei vertici dell'ENI.
Il ragionamento, poi, ancora più aberrante che ho sentito fare è che non abbiamo una classe imprenditoriale capace, il mercato è intransigente, la scelta di industrializzazione attraverso la chimica è inutile e poi, naturalmente, oltre che inutile rischia, a parere di alcuni, di essere anche dannosa. E allora, se questa è l'analisi e queste sono le conclusioni, le altre conclusioni quali sono se vi è un atteggiamento di pura e assoluta inerzia? Che gli operai vadano a casa? Che le industrie chiudano puramente e semplicemente? Non c'è un problema che il Governo regionale deve porsi in maniera seria? Si finge di non sapere che la scelta dell'ENI è un'altra.
La realtà è che l'Eni è interessata solo ed esclusivamente al settore del petrolio, perché in quel settore è alta la redditività.
Comprendiamo le regole del mercato, non le rifiutiamo, però noi dobbiamo costruire le alternative. Il Governo regionale non può consentire in silenzio, in assoluto silenzio, inerte, che l'Eni faccia le scelte che sta facendo. cioè Da un lato infatti l'Eni mantiene, attraverso una società, tutte le attività correlate al petrolio, dall'altro, invece, la Polimeri sposta tutte le altre attività che considera poco redditizie; e in Sardegna tutte le attività dell'Eni fanno capo solo alla Polimeri, tutte, dalla prima all'ultima.
Il Governo regionale sta consentendo non solo che l'Eni vada via, ma che l'Eni vada via gratis, senza pagare alcun prezzo. Quali iniziative sostitutive, se di iniziative sostitutive si deve parlare, intende assumere per garantire, se non altro, gli impieghi attuali? A Porto Torres è già un cataclisma, il polo è chiuso. Ottana non ne parliamo. A Cagliari parrebbe che stiano trattando la vendita. Serve un periodo di transizione, ma che duri nel tempo, e serve una ricerca assoluta di strumenti alternativi. Ma, badate, il Governo regionale sarà costretto ad occuparsene, in ogni caso. Sarà costretto se non altro dalle pressioni, non solo le nostre, ma soprattutto quelle pressioni degli operai, che scenderanno in piazza e li costringeranno ad occuparsene. Non può continuare, così come sta facendo, a limitarsi ad innalzare la bandiera bianca.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Spissu. Ne ha facoltà.
SPISSU (D.S.). Signor Presidente, intervengo per fare alcune brevi considerazioni, essendo stato l'argomento sufficientemente sviscerato e trattato dai colleghi che mi hanno preceduto, del mio Gruppo ed anche di altri Gruppi.
Sul "Corriere della Sera" di ieri è apparso un interessante editoriale a firma di Piero Ostellino, un opinionista che ha un approccio liberale ai problemi dell'economia e del mercato. Piero Ostellino ieri ha scritto un lungo fondo a sostegno delle ragioni per le quali il Paese, Torino, il Piemonte, dovrebbero difendere la FIAT. La FIAT che, come sapete, attraversa una gravissima crisi industriale, conseguente naturalmente alla crisi più generale che ha colpito i mercati mondiali dell'automobile. Questa è tuttavia l'ennesima crisi dell'auto e della FIAT nel Paese, e autorevolissimi liberali sostengono come il Paese sia la FIAT, o la FIAT sia il Paese. Affermano quindi che un paese civile, industrializzato, avanzato non possa non intervenire con tutti gli strumenti che ha a disposizione (i primi strumenti da utilizzare sarebbero sicuramente quelli degli ammortizzatori sociali) per consentire il superamento della crisi della FIAT.
E viene portato avanti un ragionamento sulla strategicità dell'industria automobilistica in questo Paese, e su quanto la storia di questo Paese sia legata alla storia della FIAT, su quanto lo sviluppo del Paese sia connesso e collegato alle ristrutturazioni, agli ammodernamenti, ai tagli costanti di occupazione che sono avvenuti nel corso degli anni alla FIAT. Io, che non sono troppo vecchio, ne ricordo almeno cinque o sei ristrutturazioni pesantissime, che hanno comportato costi consistenti per la collettività.
Questo ragionamento di Ostellino sulla FIAT mi convince abbastanza, nel senso che se noi ragionassimo soltanto in termini squisitamente ed esclusivamente di mercato chiuderemmo quasi tutto l'apparato industriale, e non metteremmo in campo nessuno strumento a sostegno dei settori industriali che vengono attraversati da crisi. E sono crisi che si determinano ciclicamente non solo per incapacità del management, ma anche per effetto di fattori esterni. Se questo ragionamento vale per la FIAT, così come è valso per la Olivetti, così come è valso per altri settori fondamentali della nostra economia, trovo poco convincente la discussione che facciamo in Sardegna, e le divisioni che avvengono anche in quest'Aula fra chi è a favore della chimica e chi è contro la chimica.
Io credo che intanto ci sia un difetto di impostazione del tema, perché non è questo il problema, non è che dobbiamo scegliere tra la chimica e il turismo, dobbiamo scegliere la chimica ed anche il turismo. Una chimica di qualità ed anche un turismo di qualità, perché anche con il turismo si sono fatti disastri che sono sotto gli occhi di tutti, che hanno avuto un impatto ambientale non inferiore a quello causato dalla chimica o da altri settori produttivi. Allora credo che ci sia un difetto di impostazione.
Trovo che sia sbagliato dire, quarant'anni dopo, che la scelta della chimica, della grande industria, è stata una scelta sbagliata, perché è un'operazione che non si fa da nessuna parte. Quella scelta va rapportata a quel periodo, a quella fase storica, a quel momento storico. E la Sardegna nella fase in cui si è scelta la grande industria, e si è scelta la chimica di base, non diversamente da quanto è avvenuto nel resto del meridione, aveva davanti una prospettiva di sottosviluppo, non certo la possibilità di scegliere tra la chimica e chissà quali altre attività collegate.
Per esempio, noi abbiamo sempre sostenuto l'agricoltura, ebbene questo non ha prodotto posti di lavoro, tant'è che negli anni in cui si è pensato alla chimica i nostri lavoratori emigravano alla FIAT, emigravano in Germania, andavano via dalla Sardegna. La chimica ha costituito un tentativo di industrializzazione del Mezzogiorno, l'unico che al momento pareva possibile, perché nel mondo occidentale si riteneva che l'investimento nella grande industria di base fosse l'investimento corretto, l'investimento utile, l'investimento opportuno per uscire dal sottosviluppo. E questo si è fatto anche in Sardegna, e la Sardegna anche grazie all'investimento nell'industria di base, chimica ma non solo chimica, è uscita dal sottosviluppo.
Allora, fare a posteriori discussioni che sono assolutamente campate per aria, trovo che sia un esercizio oratorio non utile alla discussione in corso. La chimica oggi è comunque una risorsa della Sardegna; la chimica comunque oggi produce un reddito che è pari a quello prodotto in Sardegna dall'azienda turismo. La chimica oggi non è assistita, perché ciò che è rimasto in piedi dell'apparato chimico è in piedi senza alcuna assistenza statale o pubblica; quindi siamo in presenza di un'azienda che c'è, che è radicata, che ha formato una generazione intera di operatori, di operai, di tecnici, di quadri, che sono quelli - badate - su cui stiamo fondando la crescita delle piccole e medie aziende. Sono quelli che, acquisita la cultura della fabbrica, della produzione, acquisita la capacità che solo la fabbrica dà, stanno provando a mettersi sul mercato da soli con piccole attività imprenditoriali.
Allora io credo che noi faremo bene a non parlare di fallimenti, a non parlare di disastri; credo che faremo bene a non ritenere che la chimica sia un bubbone da asportare, e prima lo asportiamo meglio è. Credo che noi dobbiamo intelligentemente e consapevolmente difendere quella che è diventata una nostra risorsa, sulla quale sono stati riversati molti investimenti, che ha aree infrastrutturate, che produce reddito e lo produce restando sul mercato.
Io credo che nessuna classe dirigente al mondo si sbarazzerebbe di un sistema industriale come quello che noi abbiamo in Sardegna nel settore chimico per parlare di altro, per parlare di turismo, per parlare di agricoltura, per parlare di piccole e medie aziende. A mio avviso noi possiamo parlare di turismo, di agricoltura, di piccole e medie aziende che sono tutte compatibilissime con la chimica, dato che la chimica impegna porzioni piccolissime del nostro vastissimo territorio regionale. Credo che nessuno potrebbe credere all'idea che il turismo non si sviluppa perché abbiamo l'impianto chimico a Macchiareddu. Infatti il turismo si sviluppa laddove si può sviluppare, e nelle vastissime aree che abbiamo a disposizione con vocazione turistica.
Quindi credo che nessuna classe dirigente si sognerebbe di gettare a mare la chimica; credo che nessuno si sognerebbe di puntare sul business del risanamento ambientale. Perché badate che dietro il risanamento ambientale si muovono interessi fortissimi. E chi dice che bisogna chiudere la chimica e risanare lo dice sapendo di che cosa parla, non soltanto perché è interessato all'ambiente e al mantenimento dell'ambiente in quanto tale.
Credo che se correggeremo il tiro, anche dal punto di vista culturale dell'approccio alla questione chimica, l'assessore La Spisa e la Giunta avranno meno difficoltà a condurre una battaglia per la definizione di un accordo di programma che, partendo dal mantenimento della struttura essenziale degli impianti chimici, rilanci una prospettiva di nuova industrializzazione in quei siti fortemente strutturati, fortemente serviti, siti sui quali la comunità sarda ha investito tantissimo e che possono essere utili per la chimica ed anche per altri settori sui quali possiamo canalizzare ed orientare gli strumenti della programmazione negoziata.
Io credo che se l'Assessore avrà da questo Consiglio un mandato, pieno e convinto, insieme potremo risolvere questa ennesima difficoltà che attraversa il settore chimico.
PRESIDENTE. Per esprimere il parere della Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore dell'industria.
LA SPISA (F.I.-Sardegna), Assessore dell'industria. Cercherò, vista l'ora tarda, di schematizzare al massimo, però ritengo necessario dire alcune cose su questo tema importantissimo. Innanzitutto prendo atto positivamenteche il dibattito di stamattina è stato davvero molto approfondito e direi, nonostante alcuni dei colleghi intervenuti abbiano parlato di un clima di stanchezza (il problema probabilmente porta a questo atteggiamento), che su questo tema è emersa anche una buona dose di passione politica, di giudizi che evidentemente riflettono le diverse posizioni dei partiti anche in tema di economia.
Innanzitutto è chiaramente emersa dai diversi interventi una differenziazione sul giudizio da dare sul passato. La diversità è sulla valutazione di alcune scelte che sono a monte della situazione del patrimonio industriale chimico di fronte a cui ci troviamo oggi, cioè nell'anno 2002. E sicuramente direi che l'intervento del collega Vargiu, che ha citato un giudizio di un economista, evidentemente non di cultura liberale, dimostra molto intelligentemente ed acutamente che sul giudizio rispetto alle scelte di fondo sull'industrializzazione chimica in Sardegna, tutto sommato, non c'è molto da analizzare e non c'è molto da dividersi, anche se alcune divisioni in qualche modo derivano più che altro da alcune accentuazioni di un aspetto, piuttosto che di un altro. Sta di fatto che oggi il giudizio sulle scelte del passato è evidentemente negativo, complessivamente, per i risultati che ha avuto, per l'andamento, per il grandissimo peso che alcune logiche clientelari, o alcune logiche assolutamente irrazionali hanno avuto sugli investimenti.
Le partecipazioni statali da un lato, il privato fortemente incentivato dall'altro, gli investimenti scoordinati, la mancata attenzione a far crescere a valle e a monte un sistema produttivo di piccole e medie imprese attorno alla chimica. Ma credo che non sia utile oggi accanirsi sul giudizio negativo rispetto al fallimento di numerose iniziative, o di gran parte delle iniziative, perché il giudizio ormai l'ha dato la storia, l'ha dato lo stesso andamento di queste imprese. Quel che rimane oggi della chimica in Sardegna, io credo che sia ancora un apparato industriale che abbia la sua validità, e per dimostrare questo, per dire che non è una affermazione di comodo, né un'affermazione di difesa perché riguarda il mio assessorato, io vorrei soltanto invitarvi a notare una cosa, che poi apre la strada ad un giudizio molto specifico, che ci deve indurre anche alle azioni da svolgere nel prossimo futuro.
Che cosa è oggi l'industria chimica in Sardegna? E` in grandissima parte quel che deriva dalle partecipazioni statali, che hanno rilevato a guisa di contenitore una miriade, non tanto quantitativa, ma qualitativa di iniziative spesso scoordinate tra di loro: l'Eni e l'Enichem.
Quantitativamente è ancora Eni e Enichem quindi quello che resta delle partecipazioni statali, ed è un settore che nelle stesse strategie enunciate da Eni e Enichem vive una situazione fortemente critico. Ma oggi la chimica in Sardegna è anche un insieme di altri soggetti; chimica in Sardegna vuol dire AES, vuol dire DAU, vuol dire EVC, vuol dire Montefibre, vuol dire SASOL, vuol dire cioè soggetti imprenditoriali che dalle stesse relazioni che ci stanno portando nell'ambito dell'accordo di programma per la qualificazione dei poli chimici in Sardegna, dimostrano buone prospettive di mercato, dimostrano una buona organizzazione imprenditoriale, dimostrano una posizione positiva rispetto al futuro. Allora, purtroppo c'è da prendere atto di questo fatto, che la crisi della chimica in Sardegna oggi, è la crisi della strategia dell'Eni e dell'Enichem, questo è il dato di fatto su cui credo tutti ci troviamo onestamente d'accordo. Senza dare, da parte mia, giudizi su quali siano le responsabilità politiche, perché non è questa la sede.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BIGGIO
(Segue LA SPISA.) Quel che di fatto oggi ci è utile sottolineare, per senso di responsabilità nei confronti della Sardegna, del sistema imprenditoriale, dei lavoratori impegnati in questo settore, è che è possibile oggi fare ancora industria, grande industria in Sardegna; è possibile fare ancora industria chimica in Sardegna.
Questo è quello che dicono i dati di fatto, questo è quello che dicono le schede che ci hanno presentato le imprese che sono interessate all'accordo di programma per la chimica, questo è quello che dicono le analisi di mercato. Allora, se il problema è questo, significa che la vera sfida da raccogliere oggi è quella di insistere sulla strada già avviata di un accordo. Insistere su un accordo di programma per la qualificazione dei poli chimici in Sardegna che punti su due obiettivi fondamentali, con un terzo a valle e di contorno, che è quello naturalmente dello sviluppo di una chimica che sia compatibile con l'ambiente.
Quindi un'azione di risanamento ambientale che va assolutamente fatta. I due punti sono una richiesta forte nei confronti di Eni e Enichem per una inversione di rotta nella strategia.
E' giustissima l'analisi fatta: l'Eni non può pensare soltanto di fare affari nell'ambito del petrolio. Non può pensare, cioè, di abbandonare a se stesso il settore chimico, perché deve comunque svolgere un ruolo storico, deve accompagnare questo settore verso una logica di privatizzazioni di mercato, ma accompagnandolo, non abbandonandolo al proprio destino.
D'altra parte la stessa scelta fatta da Eni e Enichem in questo periodo, che è stata sventata, lo devo sottolineare, dal Governo Berlusconi, cioè quella di dividere l'attuale settore, l'apparato industriale dell'Enichem, nella parte buona Polimeri Europa, da svendere ad un gruppo estero, e lasciare invece la parte cattiva, la bad company, abbandonata al proprio destino, è stata sventata dal Governo Berlusconi che ha impedito esattamente proprio la vendita di Polimeri Europa alla Sabic.
Credo che di questo se ne debba prendere atto positivamente; e d'altra parte quando si dice del silenzio del Governo regionale e statale non si può dimenticare che il Governo regionale ha chiamato qui il sottosegretario delle attività produttive, onorevole Valducci, che ha firmato con noi un documento nel quale si ribadisce l'urgenza di elaborare un programma volto al mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali attualmente esistenti in Sardegna, supportato da un livello di investimenti che garantisca la conservazione della capacità di produzione del reddito, nella prospettiva di un rilancio della chimica.
E chiede anche, con la firma del sottosegretario alle attività produttive, all'Enichem di sospendere ogni e qualsiasi azione unilaterale volta alla modifica degli attuali livelli produttivi ed occupativi degli impianti attualmente operanti nell'Isola.
Direi che gli atti posti in essere attualmente dal Governo regionale e nazionale hanno un significato abbastanza chiaro, credo che su questo sia stata opportuna e giustissima la mobilitazione, sia delle parti sociali, del sindacato, sia delle opposizioni, per segnalare e portare in quest'Aula il problema, in modo tale che ci sia un pronunciamento forte di tutto il sistema politico e ssociale della Sardegna. Credo quindi che questo dibattito possa positivamente concludersi in questa direzione chiedendo un impegno forte anche al Governo nazionale, e in particolare all'Eni e all'Enichem.
Chiudo su un'ultima considerazione; maggioranza, e ribadisco maggioranza, quindi Governo regionale, ed opposizione, credo si possono trovare uniti su questa ipotesi di sviluppo; perchè non esiste uno sviluppo squilibrato, e quindi puntare su turismo e servizi giustamente e prioritariamente come prospettive innovative per lo sviluppo della Sardegna, non significhi pensare illusoriamente che si possa puntare ad uno sviluppo in cui sia assente l'industria, in cui sia assente anche la grande industria, in cui sia assente l'industria chimica.
Occorre pensare cioè all'impresa moderna, un'impresa che ha necessità certamente anche di incentivi, ma che ha necessità comunque di prospettive che guardino al mercato.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Comunico all'Assemblea che è stato presentato un ordine del giorno. Se ne dia lettura.
CAPPAI, Segretario:
ORDINE DEL GIORNO SPISSU - CORONA - MURGIA - VARGIU - CAPELLI - FADDA - BALIA - GRANELLA - COGODI - SANNA Giacomo - FALCONI - VASSALLO sulla situazione del settore chimico in Sardegna.
IL CONSIGLIO REGIONALE
a conclusione della discussione sulle mozioni nn. 64 e 65 riguardanti la situazione del settore chimico in Sardegna;
Premesso che quanto accade nel settore chimico nazionale desta fortissime preoccupazioni a causa della politica dell'ENI che ha proceduto a scorporare le proprie attività destinandone altre ad intese con imprese straniere e dismettendone alcune, come avvenuto per l'impianto Clorosoda di Porto Torres;
Preso atto che l'ENI ha confermato la volontà di disimpegno dalla chimica;
Ritenuto che l'industria costituisce un elemento fondamentale dello sviluppo dell'economia della Sardegna e che le attività chimiche rappresentano circa un terzo del valore aggiunto della produzione industriale in senso stretto;
Valutato che l'ENI intende procedere alla dismissione delle attività chimiche anche in modo frammentato con la cessione di singoli stabilimenti o parte di essi, determinando così una prospettiva drammatica per l'industria chimica italiana, per quella sarda in particolare e per il futuro dei lavoratori;
Considerato che una tale prospettiva avrebbe conseguenze gravissime in Sardegna, non solo a causa della perdita di importanti posti di lavoro, ma in modo particolare per lo smantellamento di una parte decisiva dell'apparato industriale sardo che costituisce e ha costituito fonte di ricchezza, di reddito, di capacità professionali e produttive ;
Ritenuto che le politiche dell'ENI debbano trovare la coesione delle Istituzioni sarde e delle forze economiche e sociali per contrastare anche con proposte alternative un disegno di disimpegno e di dismissione di impianti decisivi per il mantenimento delle produzioni chimiche e dell'assetto degli stabilimenti di Porto Torres, di Macchiareddu e di Ottana nei quali devono essere mantenuti gli investimenti per l'adeguamento e la messa in sicurezza degli impianti;
PRESO ATTO che è in corso il tentativo di far confluire le proposte di rilancio industriale in un Accordo di programma per la qualificazione dei poli chimici della Sardegna, al fine di ottenere un forte impegno delle imprese e delle istituzioni locali, regionali e statali verso la promozione di iniziative di nuovi investimenti,
impegna la Giunta regionale
1) a difendere, potenziare e riqualificare l'apparato produttivo chimico sardo;
2) a perseguire l'obiettivo dell'Accordo di programma per la qualificazione dei poli chimici in Sardegna;
3) a promuovere quindi ogni iniziativa presso il Governo Nazionale e presso l'ENI perché si costituisca un tavolo negoziale nazionale nel quale definire l'assetto degli stabilimenti chimici e gli interventi di conservazione della capacità di produzione degli impianti che ne impedisca il degrado e la conseguente inevitabile chiusura;
4) a predisporre un piano di rilancio dei siti industriali su cui insistono gli impianti chimici, anche attraverso azioni di recupero e di risanamento di tutte le aree infrastrutturate e dotate di servizi non impegnate dagli impianti chimici e utili a processi di reindustrializzazione e di nuovi insediamenti nei settori della chimica, della farmaceutica, della ricerca;
5) a porre in essere tutte le iniziative necessarie a superare le condizioni strutturali che creano diseconomie all'industria chimica e a qualunque attività industriale, quali il costo dell'energia e la movimentazione dei fluidi "pipe line" e delle produzioni;
6) a definire con il Governo Nazionale, l'ENI, le istituzioni locali e le forze sociali nell'ambito dell'Accordo di programma-quadro strumenti mirati di formazione dello sviluppo e di nuovi insediamenti produttivi nei siti di Porto Torres, Macchiareddu, Ottana, destinando risorse che attraverso gli strumenti della programmazione negoziata esistenti a Porto Torres e Ottana favoriscano il rilancio e le nuove iniziative;
7) a predisporre analoghi strumenti per l'area di Macchiareddu-Sarroch;
8) a riferire entro tre mesi in Consiglio regionale sull'insieme delle iniziative assunte e sullo stato della vertenza. (1)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare per dichiarazione di voto il consigliere Cogodi. Ne ha facoltà.
COGODI (R.C.). Presidente, noi abbiamo rinunciato, come presentatori di una delle mozioni, alla replica. Farò quindi una breve dichiarazione di voto per dire che, di fronte a una questione così rilevante, incisiva, non solo per l'economia, ma per l'equilibrio complessivo della vita in Sardegna, noi riteniamo che la proposta di ordine del giorno, chiamiamolo unitario, comunque largamente condiviso, speriamo, dal Consiglio regionale della Sardegna, rappresenti un fatto positivo.
Noi non siamo tra coloro che ricercano sempre e comunque intese unitarie col centrodestra, siamo disponibili a farlo però di fronte alla questione della sopravvivenza della chimica in Sardegna. La sopravvivenza cioè di una parte rilevante dell'apparato produttivo industriale di questa Regione, messo a rischio e pesantemente minacciato di chiusura. Un comparto produttivo industriale, non si dimentichi, nel quale operano direttamente ancora (qualcuno pensa sia un fatto marginale) cinquemila o seimila professionalità, che incide sul prodotto interno lordo della nostra Isola per 1.200 miliardi, tanto quanto incide tutto il settore turistico.
Condannare la chimica a sparire vorrebbe dire provocare in Sardegna un danno equivalente, in termini quantitativi, ma in termini economici sarebbe di gran lunga superiore, alla quota di prodotto interno lordo derivante dal turismo. Quindi non stiamo parlando di fatti secondari e marginali; e riteniamo necessaria questa dichiarazione perché con preoccupazione prendiamo atto che una parte consistente del centrodestra ha espresso in quest'Aula una forte contrarietàal mantenimento dell'industria chimica in Sardegna. La qual cosa potrebbe indebolire la battaglia politica che la Regione come istituzione deve condurre.
Noi siamo preoccupati per queste dichiarazioni di contrarietà di parte del centrodestra che indeboliscono le ragioni della Sardegna, siamo preoccupati del fatto che il Presidente della Regione oggi non sia in Aula ad assumere direttamente questo impegno almeno a nome di parte della maggioranza, possibilmente della maggioranza della maggioranza, o comunque a ricevere questo impegno direttamente dal Consiglio e dire che lo condivide. Però, siccome rimane di fronte a noi il traguardo che deve essere necessariamente raggiunto, riguarda la battaglia che è dura, ma che deve essere vinta, noi riteniamo che il Consiglio regionale possa dare questo contributo che non è un conforto alla Giunta, come ben si vede.
L'Assessore dell'industria ha parlato diversamente e ha detto cose che noi in parte condividiamo rispetto alle cose che altri della maggioranza, e non gli ultimi della maggioranza, hanno detto e che noi non condividiamo. Quindi Assessore dell'industria sappia che il Consiglio le darà un mandato che non coincide col mandato che le dà la sua maggioranza, perché la sua maggioranza in gran parte le direbbe: basta con la chimica. La sua maggioranza in gran parte le ha detto: la chimica è un fatto negativo, deve essere superata, come chiaramente in quest'Aula è stato detto.
Lei faccia quel che può, avrà un mandato dal Consiglio, però noi abbiamo il dovere di precisare questa nostra posizione. Diamo il nostro contributo a questo ordine del giorno perché riteniamo che sia importante la posta in gioco e che non si possa ancora giocare al gioco sporco di chi dice che va difesa l'economia della Sardegna, che va difesa l'occupazione, che va difesa la produzione, che va difeso lo sviluppo equilibrato; però nello sviluppo equilibrato vanno considerati tutti i settori economici, ma secondo alcuni ci sono sempre e solo territorio ed ambiente da aggredire, turismo e solo turismo. Si dice che vi è compreso tutto eccetto la produzione industriale.
La produzione industriale quella giusta, quella sana, quella pulita, quella ordinata, in integrazione e connessione con tutti gli altri comparti produttivi, ci deve essere alla pari e siccome c'è già deve essere difesa e potenziata.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare per dichiarazione di voto il consigliere Balletto. Ne ha facoltà.
BALLETTO (F.I.-Sardegna). Annuncio il mio voto contrario a questo ordine del giorno, non sapendo ma presupponendo che la maggioranza lo voti, e io dalla maggioranza in questa circostanza mi voglio dissociare, in questa circostanza specifica.
Sono contrario intanto perché non sono state dibattute a sufficienza le tematiche che nelle due mozioni sono state sollevate, perché sono convinto che un problema di così vasta gravità non si possa esaurire nel breve volgere di un paio d'ore di discussione in quest'Aula. Sono contrario perché i presupposti su cui si basa il dispositivo non coincidono con quella che è stata la realtà di questi trent'anni di industria pesante in Sardegna e della chimica in particolare.
E' vero, la chimica dello Stato ha dato la possibilità di creare posti di lavoro; se ci limitassimo a considerare solamente la manodopera e gli impiegati che sono stati occupati direttamente, faremmo un'operazione riduttiva perché deve essere anche considerato l'indotto che da queste intraprese discende e che, a sua volta, crea Quindi forza lavorativa.
Ma noi dobbiamo considerare, e dobbiamo esserne tutti consapevoli, e chi non lo è bisogna vedere se lo è in buona fede o sostiene esigenze di parte, se questi trent'anni di chimica in Sardegna, e le decine di migliaia di miliardi che vi sono stati investiti, hanno veramente dato alla Sardegna, alla nostra isola, quel qualcosa in più che cercavamo e, forse, non abbiamo trovato.
Oggi ci si mette un velo davanti agli occhi perché si sostiene che dobbiamo continuare in quella direzione realizzando investimenti, impiegando risorse, stipulando accordi di programma, facendo tutto quello che deve essere fatto per mantenere in piedi una struttura industriale che non ha decollato perché non abbiamo ancora risolto il problema dell'energia, non abbiamo risolto il problema del costo del trasporto delle materie prime e dei costi di trasporto per esportare questi prodotti che sono destinati non al consumo interno ma al consumo esterno.
Tutti i problemi che avevano inficiato in origine il mantenimento di questo sistema, oggi si pensa di superarli tenendo in piedi innanzitutto il sistema. Io credo che non si debba fare in questo modo se siamo veramente responsabili, se ci sta a cuore lo sviluppo, se vogliamo dare occupazione stabile ai soggetti che in questo settore vivono perennemente in uno stato di precarietà; questo perché non siamo stati capaci, chi ha governato prima di noi e noi in questi due anni di governo, di trovare un modello alternativo e quando, verso quel modello alternativo vogliamo andare, abbiamo paura di scontrarci con la realtà, abbiamo paura di scontrarci con l'opposizione e di non mantenere e di non portare avanti il nostro programma che viene molto spesso annunciato ma difficilmente mantenuto.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Spissu. Ne ha facoltà.
SPISSU (D.S.). Non voglio fare un intervento, Presidente, voglio soltanto proporre un emendamento per cassare una parte che, se mantenuta, può impedire ad alcuni colleghi di votare l'ordine del giorno. Io propongo di cassare, nel capoverso che inizia con la parola "considerato" il periodo successivo alle parole "capacità professionali e produttive" in quanto superfluo.
PRESIDENTE. Se nessuno si oppone, metto in votazione l'ordine del giorno con la modifica proposta dall'onorevole Spissu. Chi lo approva alzi la mano. (Viene richiesta la controprova.) Chi non lo approva alzi la mano.
(E' approvato)
Ricordo all'Aula che, alla chiusura dei lavori, dovrebbe riunirsi la Prima Commissione. Il Consiglio sarà riconvocato a domicilio.
La seduta è tolta alle ore 14 e 32.