--------CCI SEDUTA
(Pomeridiana)
Giovedì 29 maggio 1997
Presidenza del Vicepresidente Milia
La seduta è aperta alle ore 16 e 41.
FRAU, Segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta di martedì 27 maggio 1997 (197), che è approvato.
Congedo
PRESIDENTE. La consigliera regionale Maria Teresa Petrini ha chiesto di poter usufruire di tre giorni di congedo a far data dal 29 maggio 1997. Se non vi sono opposizioni il congedo si intende accordato.
Risposta scritta ad interrogazioni
PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni:
"Interrogazione VASSALLO, con richiesta di risposta scritta, sulla deliberazione della Giunta Regionale del 13.4.1995 (16/23)" . (360)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione FRAU, con richiesta di risposta scritta, sul mancato pagamento delle indennità d'esproprio". (567)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione AMADU, con richiesta di risposta scritta, sull'acquisizione al patrimonio regionale del palazzo ex sede della Banca CIS sito in Cagliari". (595)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione CUCCA, con richiesta di risposta scritta, sulla riduzione dei fondi messi a disposizione della Sardegna per i lavori socialmente utili". (712)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione LIORI - MASALA - BIGGIO - BOERO - CADONI - CARLONI - FRAU - LOCCI - SANNA NIVOLI - USAI Edoardo, con richiesta di risposta scritta, sui compensi Speciali attribuiti ad alcuni dipendenti del Centro regionale di programmazione". (715)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione AMADU, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di intervenire da parte della Giunta Regionale presso il Ministro dei Lavori Pubblici per richiedere la riapertura dei termini di legge per il condono edilizio". (718)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione NIZZI - PITTALIS - MARRAS - BALLETTO - BERTOLOTTI - PIRASTU - OPPIA - CASU - BIANCAREDDU - USAI Edoardo - LIORI, con richiesta di I risposta scritta, sulla perdita dei finanziamenti della U.E. per il Centro Intermodale di Olbia". (719)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione FOIS Pietro, con richiesta di risposta scritta, sulla problematica riguardante gli interventi di protezione sulla costa algherese". (723)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione AMADU, con richiesta di risposta scritta, sulla forte protesta dei lavoratori 'socialmente utili' in particolare del Sassarese, per i gravissimi ritardi della Regione nell'accreditamento della propria quota dei sussidi previsti dalla vigente normativa". (724)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
"Interrogazione FANTOLA con richiesta di risposta scritta sull'esclusione dei comuni interessati dalla firma dell'accordo preliminare per la ricostruzione economica e lo sviluppo del Sulcis Iglesiente-Guspinese-Villacidrese". (739)
(R.S. in data 27 maggio 1997.)
Continuazione della discussione delle dichiarazioni del Presidente della
Giunta regionale sulla situazione politica
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Giunta.
PRESIDENTE. E' iscritto 0a parlare il consigliere Bonesu. Ne ha facoltà.
BONESU (P.S.d'Az.). Signor Presidente, signor Presidente della Giunta, onorevoli colleghi, dibattito lungo, dibattito però tutto sommato ma privo di novità. Privo di novità tanto al punto che qualche intervento ha riportato pari pari integralmente interventi svoltisi in altra occasione, senza neanche prendersi la briga di aggiornare i dati oggettivi che erano cambiati. Ho sentito un consigliere di Alleanza Nazionale che parlava di una Presidenza di Commissione tenuta da esponenti del Partito Sardo d'Azione,: non si è aggiornato molto. Invece in questo Consiglio, almeno sulle cariche e soprattutto sulla geografia dei Gruppi, occorre aggiornarsi in tempo reale, perché un dibattito inizia con una certa composizione di Gruppi e invece finisce con un'altra composizione...
USAI EDOARDO (A.N.). Questa è l'unica cosa vera che abbia detto dall'inizio della legislatura.
BONESU (P.S.d'Az.). Occorre effettivamente capire che il dibattito non poteva essere diverso perché l'ordine del giorno del Polo, che è stato presentato, è un ordine del giorno che, se accolto o se respinto, non cambia cambierebbeminimamente le cose,. Infatti perché se fosse accolto si apre aprirebbe una crisi al buio e aprendosi al buio che è facile che finisca finirebbe come le altre crisi, e continuando così arriveremo al Palomba septies, octies, eccetera, prima della fine della legislatura. Se viene venisse respinto non risolve risolverebbe certamente i problemi politici che sono alla base dello stato di malessere. Perché anche se l'ordine del giornoviene venisse respinto, non è che poiché la Giunta non abbia ha una maggioranza tale da poter, in questo Consiglio, contare su un appoggio continuo, i problemi ci sono, le dissidenze ci sono, le difficoltà di una politica condivisa vi sono, per cui probabilmente respingere quest'ordine del giorno serve sicuramente a non creare il problema oggi, serve probabilmente a guadagnare tempo o a perdere tempo secondo i punti di vista di chi guarda, però non risolve i problemi. I problemi sono quelli di una maggioranza che è eterogenea, che è e divisa, di una maggioranza che ha problemi a stare assieme, problemi oggettivi che magari certi comportamenti suggestivi tendono ad esasperare, ma sono sicuramente problemi oggettivi. Noi ci dichiariamo profondamente contrari a una crisi al buio, una crisi alla cieca, perché riteniamo che non risolva i problemi della governabilità della Regione e tanto meno risolva i problemi dei sardi. Crediamo che la maggioranza vada consolidata e crediamo che in questo senso i problemi che sono sorti in alcuni Gruppi e tra alcuni Gruppi e la Presidenza della Giunta vadano risolti con lo strumento politico che è il dialogo, l'accordo, il raggiungere posizioni comuni partendo da premesse che non sono comuni, partendo da divergenze. Io credo che delle nelle ultime vicende si sia andati da una parte e dall'altra sopra le righe, si sia accentuato un problema che era di uomini, ma anche di metodo, portandolo ed estendendolo ad una sfiducia generale dell'operato del Presidente della Giunta. Si è andati forse ad un linguaggio sopra le righe e anche ad una politica di non vedere la realtà quando si sono accusati determinati colleghi di essere sabotatori e disfattisti, io credo che epiteti del genere siano assolutamente ingiustificati. , Non credo che l'onorevole Marteddu, un nome per tutti, di cui ho potuto apprezzare in prima Commissione l'impegno, possa essere certamente annoverato tra i sabotatori e i disfattisti. , Occorre nella nostra situazione anche moderare le parole, tener conto che siamo una maggioranza composita, che siamo una maggioranza che ha problemi, che viene da esperienze diverse, che effettivamente ha una difficoltà di raggiungere obiettivi comuni e di fare una politica comune. In questo senso, io credo che debba però prevalere quello spirito che portò nel 1994 a stare assieme, a voler andare assieme, a costruire un programma comune, programma comune a cui per molti versi non ha fatto riscontro però un'azione politica concreta e piena di risultati. Questo accresce sicuramente il malessere, perché se oltre i motivi di divisione e di contrasto vi è anche un mancato raggiungimento degli obiettivi che tutti indicano come comuni e voluti, chiaramente (*)quasi, e neanche lo scarico di responsabilità avviene subentra il quel tentativo di far passare gli altri come coloro che impediscono il lavoro comune. Ed è un fatto grave, un fatto, tra l'altro, che fa poca giustizia di impegni personali che vi sono stati, fa poca giustizia dello spirito di collaborazione che pure spesso c'è stato. e Non si possono prendere le eccezioni come la regola e dire che in questa coalizione, in questa maggioranza va tutto male. Io non credo che i problemi della maggioranza possano essere risolti sostituendo quattro consiglieri con altri quattro consiglieri; e questo non vuol dire che la maggioranza, o quel che ne resta, non debba allacciare un dialogo costruttivo con Rifondazione Comunista. Come dissi in altra occasione, il fatto che Rifondazione Comunista non faccia parte della maggioranza di governo deriva da due fattori: , dal fatto che il disegno di una vittoria a sinistra fallì nelle elezioni del 1994, che fu tutto sommato sconfitto o una sconfitta occultata dalla sconfitta ancora maggiore del polo di destra e , dal fatto che si dovettero incontrare quelle forze diverse che si erano avevano combattute combattuto sul piano elettorale e che due di quelle forze posero un veto pregiudiziale nei confronti di Rifondazione Comunista. Noi sardisti non abbiamo mai posto questo veto, non lo poniamo oggi e riteniamo che con Rifondazione Comunista, ma forse non solo con Rifondazione Comunista, possa essere avviato un dialogo programmatico che non si sa dove ci porti perché può portare ad un totale disaccordo, può portare ad un accordo su determinati problemi, può portare ad un accordo generale che veda Rifondazione Comunista in maggioranza. Noi riteniamo che il dialogo sia necessario, sia utile, ma sia sicuramente una cosa diversa dal ritrovare la compattezza della maggioranza che è un valore che va posto prioritariamente a qualunque discorso di allargamento della maggioranza, se no anche questo dialogo nasce viziato da una dalla strumentalizzazione, dal di volerlo utilizzare per fini che non sono propri. Perché una cosa è cercare di allargare l'area del consenso che può essere allargata sia a sinistra, sia sulla a destra, perché anche Forza Italia, anche il Polo, unitariamente o meno, se uscisse da un atteggiamento di contrapposizione su tutto e su tutti, che è una contrapposizione più teorica che fattiva, a dire il vero, perché poi gran parte delle leggi vengono votate anche al Polo e allacciasse un dialogo programmatico, probabilmente anche la capacità di funzionare di questo Consiglio ne avrebbe grande giovamento. E io credo che questo non sia giovamento politico soltanto delle forze di maggioranza, ma sia giovamento politico dell'intera Sardegna, anche delle forze di opposizione che si troverebbero sicuramente comunque, in caso di loro vittoria, a gestire una Regione meno disastrata di quella che il presidente Palomba si è ritrovato nel 1994. Perché, diciamocelo, qua si tende a deprimere l'immagine di questo Consiglio, ma la Regione maceria l'abbiamo ereditata da altri, da quelle generazioni di consiglieri regionali che oggi vanno gloriosi dicendo che ai loro tempi certe cose non succedevano. Bene, io credo che il frutto di tutta quella politica, di quell'amministrazione, noi l'abbiamo sotto gli occhi, se abbiamo solo macerie dobbiamo ringraziare questi personaggi che sicuramente gestivano con criteri diversi da quelli con cui chela corretta amministrazione e gli interessi della Sardegna avrebbero dovuto portare a gestire. Dicevo, maggioranza composita, ma maggioranza che può trovare anche momenti unificanti; maggioranza composita perché veniamo da esperienze diverse, da visioni del mondo diverse. Io per esempio non ho condiviso quanto ha affermato nel discorso introduttivo il presidente Palomba a proposito della bozza d'Onofrio sul federalismo; chiaramente avrà anche dei problemi, dei lati oscuri, ma sicuramente rappresenta una ipotesi di federalismo vero, di vera autonomia, di vera limitazione dei poteri statali. ,
Ma di fronte ad una situazione in cui il governo ci rinvia tutte le leggi con i più speciosi motivi, basta vedere quella sull'acqua potabile, che addirittura dice che non abbiamo competenza primaria ma semplicemente delegata in materia, ignorando lo Statuto regionale, di fronte ad un governo che qualunque colore abbia, Berlusconi, Dini o Prodi, ci fa rinvii con grande arroganza, con grande ignoranza e con grande disprezzo delle autonomie locali, io credo che la proposta di D'Onofrio sia senz'altro un progresso da valutare, da sviluppare, nel quale trovare i nostri spazi, da essere propositivi.; Non si può come si è sentito dire dal presidente Palomba ed anche da altri esponenti, rigettarla perché di fronte al rigetto di quella proposta c'è soltanto il centralismo dei D'Alema e dei Berlusconi, non c'è federalismo. Credo che quella sia l'unica via da percorrere e chiaramente con un percorso che tenga conto delle nostre esigenze e mi pare che l'ipotesi D'Onofrio che lascia alla contrattazione tra Stato e Regione l'ambito delle competenze legislative e che dà alle regioni una completa capacità amministrativa anche nelle materie statali, salvo determinati casi, sia l'ipotesi da percorrere, l'ipotesi che costruttivamente dobbiamo affrontare. Credo che questo Consiglio regionale probabilmente dovrebbe uscire dalla stagnazione che ha, di fronte ad una situazione che vede la Sardegna in una situazione di grave recessione economica, di grave degrado sociale, di grave degrado demografico in gran parte del territorio, che vede il cittadino sardo profondamente insoddisfatto, che vede lo Stato che abbandona il territorio privandolo delle strutture, quali le scuole, le poste, delle strutture per l'ordine pubblico, della giustizia che per i sardi è veramente qualcosa di essenziale. Questo Consiglio regionale credo che debba ritrovare comunque momenti unitari, momenti alti, e soprattutto li debba ritrovare la maggioranza uscendo dalle sue problematicità, dal suo esasperare problemi tutto sommato piccoli, dal suo non trovare l'accordo su questioni anche di dettaglio e poi trasformarle in problemi gravi. Mi pare invece che su questo Consiglio regionale pesi una sindrome albanese, questo Consiglio regionale assomiglia sempre di più al parlamento albanese perché stiamo ad aspettare i soccorsi che arrivano dall'Italia e sembra che l'unico problema che abbiamo sia la legge elettorale come in Albania, cioè se la legge elettorale in Albania risolvesse i problemi in quel paese o la legge elettorale in Sardegna risolvesse i problemi della Sardegna. Ma se non cambiamo il modo di fare politica, se non cambia il rapporto fra i cittadini e la pubblica amministrazione, se non cambia l'atteggiarsi dei partiti politici che devono diventare strumento di partecipazione dei cittadini, essere la cinghia di trasmissione della volontà popolare nelle istituzioni, ma che cosa vogliamo? In questo dibattito sulla legge elettorale ne sentiamo di bellissime, per esempio che saremmo l'unico paese al mondo dove esiste il ballottaggio a tre ed è sotto gli occhi di tutti che in Francia in questi giorni in centinaia di collegi ci sarà il ballottaggio a tre; e questo indica che non siamo neppure originali in questo. Questo sistema maggioritario è stato idolatrato, ma come dimostreranno le elezioni francesi, un popolo che vota a destra avrà probabilmente un governo di sinistra grazie al sistema maggioritario. Il sistema maggioritario non è il sistema che garantisce la volontà della maggioranza dei cittadini, è un sistema che, come dimostreranno queste elezioni francesi, dimostra invece la capacità di minoranze più forti, più aggregate, più decise e più spregiudicate di governare in luogo delle maggioranze. Per cui è un sistema il maggioritario che non è la panacea di tutti i mali; certo, può accontentare qualche schieramento che non avrà mai la maggioranza nel voto dei cittadini, ma non risolve i problemi perché i problemi ci saranno e saranno accresciuti dal distacco tra le istituzioni e la volontà popolare. Io credo che un problema diverso sia quello invece della governabilità, cioè di concedere allo schieramento più forte la capacità di avere dei margini, di non essere esposto ai ricatti di singoli, di poter governare. Io credo che tutto sommato, con le modifiche imposte dal nostro Statuto regionale, il sistema elettorale delle regioni a statuto ordinario sia preferibile un sistema senza ballottaggio, un sistema con premio di maggioranza, un sistema che indichi il presidente e che lo dia alla coalizione che riporta più voti, senza alchimie di collegi regionali, senza ballottaggi a cui partecipa solo la metà degli elettori. Credo che garantirebbe, sarebbe funzionale, credo che non accentuerebbe il distacco tra le istituzioni e la società civile e garantirebbe la governabilità. Credo che sia possibile andare su questa strada se si abbandona il tentativo di colpi di mano. Ricordiamoci che questa legge, tanto criticata, è stata fatta in Aula e non in Commissione; non vorrei che si ripercorresse la stessa strada, che si portasse la legge elettorale in Aula e, con una serie di votazioni confuse, si facesse di nuovo una legge priva di senso logico, di senso del rapporto tra i cittadini e le istituzioni e che si accantonassero i problemi.
E un problema fra tutti è il problema, per esempio, del numero delle preferenze. Qua si è accettata acriticamente la preferenza unica, e oggi si scopre che questo criterio della preferenza unica, all'interno dei Gruppi e dei partiti, mette tutti uno contro l'altro, non serve alla coesione, serve a creare, di ogni consigliere regionale o aspirante consigliere regionale, un partito. E credo che questo non ce lo possiamo permettere. Non è certamente andare verso il bipolarismo se si consente ad ogni consigliere regionale di avere un proprio schieramento e di determinarsi con uno schieramento autonomo. Occorre privilegiare il senso dell'aggregazione, della solidarietà, dell'abbandonare opinioni e soprattutto interessi personali per andare ad opinioni e soprattutto interessi che sono quelli generali. Per cui il discorso della legge elettorale è importante, ma non è essenziale se non cambierà la logica del fare politica.
Il Consiglio deve affrontare, e non sta affrontando, impantanato in questo dibattito, problemi gravi come quelli della riorganizzazione della macchina regionale, senza una riorganizzazione del personale e delle strutture della Regione ben poco possiamo chiedere al Governo regionale più di quello che sta facendo. Io devo dire che in questa situazione disperata il Governo regionale ha ottenuto indubbi obiettivi e successi, sotto il profilo della spendita dei fondi e dell'efficienza della macchina amministrativa. Basta confrontare i consuntivi dal 1993 a oggi e si notano progressivi e sensibili miglioramenti, sia sul versante della spesa sia sul versante delle entrate. Ma a nulla serve, chiaramente, se continuiamo a stare in un'economia dirigistica e collettivistica come siamo in Sardegna. Se contiamo ancora sull'industria di Stato, sulla sovvenzione regionale, l'economia sarda è un'economia che va liberalizzata, e qui occorre dare al privato degli spazi; non possiamo far sì che l'economia continui ad essere completamente dipendente dalla mano pubblica. I continui interventi dell'Unione Europea che ci sta bloccando le leggi e gli incentivi all'una e all'altra categoria sono il segnale che dobbiamo cambiare rotta; un'economia non assistita ha bisogno, considerata la nostra situazione di Isola e di isolamento, di marginalità nei confronti, non solo geografica ma anche economica, nei confronti dell'Unione Europea, ha bisogno di strumenti nuovi che sono quelli della zona franca. Il Governo, nel protocollo d'intesa Governo-Regione, si è dichiarato favorevole rilanciandoci la palla e dicendo di presentare un progetto. Noi, mentre discutiamo qua, non progettiamo ciò che è nell'interesse del nostro popolo.
La Giunta quindi, al di là dei risultati obiettivi, ha fatto probabilmente quello che poteva; forse non ha fatto tutto quello che doveva, perché qualcosa in più, qualche spinta in più sui problemi principali, come questa zona franca probabilmente poteva fare, ma chiaramente non è e non possiamo ricercare nella sola Giunta la crisi della Sardegna, la crisi dell'Amministrazione regionale. E dirò che probabilmente, non me ne voglia il presidente Palomba, ma mi è sembrato di cogliere anche un destino avverso. L'uomo e la sua Giunta probabilmente non hanno avuto la fortuna; arrivano qua con un'intesa Governo-Regione che è positiva ed è quanto di meglio è stato ottenuto negli ultimi anni, basta un paio di consiglieri che si attardano al pranzo e la Giunta cade alla prima votazione immediatamente dopo. Il Consiglio approva, per la prima volta, la programmazione bimestrale dei lavori, e che cosa sta succedendo della programmazione bimestrale è sotto gli occhi di tutti. Bene, la maggioranza riesce a portare in Aula i rinnovi dei consigli di amministrazione e li vota compatti. La minoranza non tanto, perché si mette a litigare dall'Istituto etnografico, alla fiera di Cagliari, a dimostrazione che quando sono in ballo poltrone la litigiosità non è solo della maggioranza, ma spesso anche della minoranza, solo che le poltrone sono di meno. Bene, la Giunta si crea i problemi su una nomina che non era in quel pacchetto. Vanno lisci tutti gli enti, arriva una nomina che tra l'altro non era esclusivamente regionale, ma doveva essere concordata col Governo, e succede il patatrac su quella. Io, Presidente, avrei qualche opinione su questa sfortuna che sicuramente aleggia, per cui le cose positive vengono subito sotterrate da quelle negative. Lei conoscerà, Presidente, perché riguarda un paese a lei caro per ascendenze materne, un poemetto, chiamiamolo così, che suscitò molto l'interesse di Gramsci nelle lettere dal carcere, ne parla infatti in varie lettere del 1927. L'onorevole Balletto dice che la maggioranza ha una cultura marxista; io non sarei tanto d'accordo, perché se la maggioranza studiasse un po' più Gramsci forse ne trarrebbe indicazioni utili. Ebbene, era successo, verso il 1850 che un certo predi Antiogu, rettore della parrocchia di Masullas, subì quello che oggi chiameremmo abigeato. Cioè il povero prete per vivere, (i sardi sono stati sempre molto poveri e in Marmilla lo sono anche adesso, è anche senza irrigazione), faceva oltre il prete, mestiere da cui ricavava molto poco, nonostante le decime, faceva anche il pastore. Alcuni malintenzionati, una bella notte, andarono, gli portarono via il povero gregge, tutto sommato una ventina di capi di bestiame, ma era tutto il vivere di quel povero parroco, e chiaramente l'uomo si scontrò con l'omertà dei paesi, infatti anche se era il parroco, nessuno andava a confessare un bel niente. Per cui un bel giorno salì, durante la messa "grande" della domenica, e con l'autorizzazione di monsignore lanciò una scomunica nei confronti di tutti quanti avevano in qualche modo concorso a questo...
(Interruzione del consigliere Montis)
questa privazione del posto di lavoro, diciamo così. Problemi vecchi e tragedie vecchie. E quindi scomunicò chi aveva concorso al furto, chi aveva visto e non aveva riferito, chi aveva mangiato la carne, chi si era messo a ridere della vicenda e disse, senza nessuna esclusione, :"padri e figli, uomini e donne".
USAI EDOARDO (A.N.). Siete scomunicati tutti, allora.
BONESU (P.S.d'Az.). Il bello che quest'uomo, forse un po' privo di carità cristiana disse che la scomunica si estendeva di babbo in mamma, di generazione in generazione e che tutti erano consegnati a Belzebù. Ora lei, in qualche occasione, ha parlato di poteri forti e poteri occulti, credo che potere più occulto e più forte di quello del demonio non ce ne sia e credo che la soccorra poco in queste evenienze il pensiero liberale di Benedetto Croce che disse: non è vero, ma ci credo. Credo che forse può soccorrerla di più se lei si affidasse alla filosofia umanista e illuminista per cui l'uomo è fabbro della sua sfortuna e che quindi contro le scomuniche, la iella e altre cose, occorre raddoppiare l'impegno, fare di più, e credo che ci sia anche il proverbio che "la fortuna aiuta gli audaci". Occorre un po' più di audacia, di impegno e credo che anche la scomunica de predi Antiogu non colpirà più la Giunta e il suo Presidente.
Detto questo, passiamo a un altro tema e qua chiudo: lo scioglimento del Consiglio. Qua si è equivocato molto perché credo che questo Consiglio non soffra di pericolo di scioglimento né per dimissioni dei consiglieri, che credo siano poco probabili, né per incapacità di approvare il bilancio, perché un bilancio lo approviamo sempre in modo completamente diverso da come è stato proposto, né per mancanza di Giunta, perché lei, onorevole Palomba, riesce a farla sempre pressappoco uguale. Io credo che il pericolo di scioglimento, che chiaramente è temuto da quanti ormai siedono in questo Consiglio a titolo personale e qualcuno anche privo di personalità, ebbene io credo che il pericolo di scioglimento sia in questo: , che noi siamo andati a dire che questo era un Consiglio costituente, una legislatura costituente. Fra i motivi di scioglimento del Consiglio c'è l'incapacità a svolgere i propri compiti. Siccome abbiamo dichiarato che il compito era di fare un Consiglio costituente, una legislatura costituente, e non abbiamo fatto quasi nulla in questo senso, io credo che il Consiglio, se è serio, non possa, continuando così, che dichiarare l'autoscioglimento, perché, fatte certe premesse, deve certificare che certe premesse il Consiglio non ha rispettato. E credo che se continuiamo a perdere tempo in dibattiti del genere, in litigi, in contrapposizioni, in urla, in occupazioni, eccetera, noi il nostro dovere, il dovere che abbiamo detto essere nostro non facciamo e occorre che ne traiamo le conseguenze.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Montis. Ne ha facoltà.
MONTIS (R.C.-Progr.). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, io so che questo nostro parlare di oggi susciterà, suscita già molto interesse, non tanto per la nostra modestissima persona, quanto per i fatti che sono noti e che determinano attribuiscono una particolare importanza al Gruppo di Rifondazione Comunista.
Una precisazione iniziale: in un giornale di oggi si è parlato dei quattro consiglieri di Rifondazione Comunista che sarebbero determinanti, eccetera. Siamo cinque, : io parlo a nome di cinque consiglieri del Gruppo di Rifondazione Comunista più di una autorizzazione esplicita dell'onorevole Aresu. E poiché siamo in vena di aneddoti io ne dirò un altro, a me si addice, tra l'altro, sono vecchio come il mondo quindi posso farlo. In un grande Paese dell'Europa un grande dirigente comunista vinse un congresso di un partito ingessato e settario con una felice espressione che fu apprezzata ed ebbe successo: "Che le bocche si aprano!". Ci furono, lui sapeva che c'erano mugugni e rifiuti della vecchia politica e della gestione di questo grande partito europeo che non venivano espressi pubblicamente, ma sottovoce; poi si espressero e lui vinse, ripeto, trionfalmente il congresso. Bene, le bocche in questo Consiglio bisogna che si aprano tutte intere. In una parte è già avvenuto in modo esplicito, chiaro, responsabile, apprezzabile, di chi condivide e di chi non divide la gestione di questo governo e di questa maggioranza, però che l'atto si compia fino in fondo. I rappresentanti delle forze politiche di maggioranza e di opposizione si esprimano nel modo più completo possibile. Noi siamo ad una svolta, siamo in un momento cruciale, è inutile negarlo.
Saranno le circostanze, saranno gli effetti della crisi in atto, che sembrerebbe senza sbocco, a riconoscere il nostro ruolo, la nostra forza, ma soprattutto la nostra affidabilità e se volete anche la nostra capacità di essere così ampiamente e autenticamente riconosciuti. Di questo vi siamo molto grati, sia alla compagine di governo che ha gestito sinora le sorti della nostra Regione, sia all'opposizione che ha riconosciuto in noi questa serietà e questo ruolo. E' un apprezzamento nei nostri confronti che noi accettiamo volentieri, ma non è sufficiente. Occorre avviare un percorso nella costruzione di un governo e nella riconsiderazione delle responsabilità delle articolazioni istituzionali, delle quali noi, se dovessimo far parte della maggioranza, rivendichiamo una piena responsabilità alla pari con le altre forze politiche. Non vogliamo surrogare consiglieri regionali, non prendetevi preoccupazioni, non siamo la ruota di scorta di nessuno, abbiamo sufficiente dignità per combattere anche in condizioni difficilissime, come dirò più tardi. Non vogliamo surrogare ministri di questa repubblica, cioè assessori, quindi nessuno si preoccupi. Dirò di più: che la maggioranza non consideri interscambiabili eventuali ministri di Rifondazione Comunista con le destre. Non si preoccupi, noi non siamo in questa direttrice; noi siamo insieme al nostro partito, abbiamo fatto delle scelte, possiamo anche riconsiderarle, non siamo tutti d'un pezzo; è passato quel tempo. Potremmo anche riconsiderarle, però se ci si dimostra che altre scelte sono percorribili nell'interesse del popolo sardo, nell'interesse della soluzione dei problemi drammatici che la nostra Isola attraversa.
Signor Presidente, colleghi del Consiglio, questo governo è giunto al capolinea, non ha più una maggioranza su cui contare, non ha credibilità in questo Consiglio, se mai l'ha avuta. Il consenso gli è stato revocato dalle organizzazioni sindacali, checché se ne dica, dalle categorie economiche, dalle masse popolari. Si va verso una manifestazione regionale dei contadini e delle allevatori del il 3 giugno, di uno sciopero generale per il 10. E' di chiara contestazione della Giunta e della sua maggioranza, del suo modo di governare, dei suoi esiti.
Il fallimento di questa alleanza di governo si è avuto in modo incontestabile quando si è potuto constatare che ai programmi e alle premesse non si poteva dare nessun affidamento.
Per questi motivi e per quelli che indicherò successivamente credo sia opinione diffusa che la Giunta e la maggioranza residua non può essere rappezzata come le altre volte, deve lasciare il campo ad altre esperienze, a programmi realisticamente attuabili nei due anni che mancano alla fine della legislatura. Incombe in questo senso una grave responsabilità delle forze politiche e dell'ex maggioranza, che nessuna mistificazione può cancellare nel prendere atto della fine di un esperimento peraltro protrattosi con fasi alterne, ma sempre insufficiente e conflittuale.
Limpido e chiaro dovrà essere il confronto con Rifondazione Comunista. Alle manifestazioni di buona volontà esternate da molti mesi devono seguire fatti concreti. Le nostre decisioni assunte in un documento pubblicato dalla stampa e dalla televisione dal Comitato regionale del Gruppo indicano le condizioni di una trattativa alla pari, senza discriminazioni, senza furbesche aperture con il sottinteso di fare dei nostri consiglieri quella ruota di scorta, che è apparso in dichiarazioni ufficiali e non, da sostituire ai numeri mancanti della maggioranza che ha manifestato quelle vistose crepe nell'ultimo periodo. Si offende la nostra dignità, signor Presidente, solo a pensare all'esistenza di tali possibilità, né offerte singole né trattative fuori dai normali canali della responsabilità politica del Partito e di Gruppo possono avere miglior successo, e voi avete tentato di far questo. Non è solo un calcolo sbagliato quello di propinare all'opinione pubblica e ai nostri elettori soluzioni pasticciate, ma è sbagliato anche perché non si è tenuto conto del travaglio terribile che abbiamo attraversato in questi anni di legislatura, giorno per giorno abbiamo dovuto conquistarci un posto in questo Consiglio regionale, e quando il Gruppo fu sciolto, in qualche occasione anche il diritto di parlare, che ci veniva contestato, rendendo invalicabili le norme regolamentari persino fattesi rigide soltanto per noi, nella prospettiva di piegarci ai voleri altrui e persino ad altri abbandoni. Avemmo in quei difficili momenti solo espressioni di generica solidarietà, senza tuttavia ottenere una rappresentanza ufficiale per il Partito, rappresentativo di cittadini e di proposte politiche alternative a quelle della maggioranza. Si parla di una forza politica che nelle ultime elezioni provinciali, che è il solo confronto proponibile con le elezioni politiche, Rifondazione Comunista si attesta sul 12 per cento. Tratteremo col centrosinistra e con l'Ulivo su questa opportunità, se ci sarà offerta, di un programma forte che affronti alcune drammatiche urgenze, come l'occupazione, il piano energetico, l'ambiente, la crisi dell'allevamento e dell'agricoltura. Possiamo concorrere a iniziative efficaci e realizzabili nei prossimi due anni di fine legislatura con un confronto alla pari, purché la Giunta regionale sia azzerata, liberando le forze politiche dai condizionamenti degli incarichi pregressi, riprendendo un confronto interrotto nel 1994, avviando un processo nuovo di unità delle sinistre e con il centrosinistra nel suo complesso. Le alternative a questa soluzione da noi proposta sarebbero quelle di accordi con le destre che, d'altra parte, non possono che aspettare tranquillamente che il cadavere della maggioranza passi trasportato dal fiume in piena, senza impegnarsi in iniziative e proposte politiche ed economiche elaborate in modo alternativo.
Nessuno si illuda che le riconquiste dei comuni amministrata dalle sinistre e dall'Ulivo sia un segnale rassicurante per il loro futuro, per il vostro futuro, nelle amministrative prevalgono situazioni locali e anche coalizioni spurie, il vero banco di prova saranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Cagliari l'anno venturo e le elezioni regionali del 1999, dove la rabbia e la frustrazione di interi settori dell'opinione pubblica cercheranno nuove vie di rappresentanza politica ed istituzionale, alternativa, da sostituire con chi non ha saputo mantenere gli impegni presi con gli elettori, violando platealmente quel governare nuovo e finalmente libero da clientele e localismi. Le forze politiche rappresentate in questo Consiglio facciano un coraggioso passo indietro, riconsiderando la necessità di esprimere uno slancio e un impegno autonomistico almeno pari a quello verificatosi in passato che, anche senza ricordare i fecondi albori dell'autonomia, stiamo per ricordare i cinquant'anni della legge costituzionale che diede ai sardi lo Statuto autonomistico,. Possiamo ricordare lo scatto di orgoglio che coinvolse l'intero Consiglio regionale alla fine degli anni '60 con l'ordine del giorno-voto contestativo dell'impegno del Governo, nel considerare i finanziamenti del primo Piano di rinascita in modo sostitutivo e non aggiuntivo ai normali finanziamenti dei singoli Ministeri e dell'intero bilancio dello Stato. Il Consiglio divenne un laboratorio di idee, di proposte degne di interesse nazionale, altre regioni se non proprio si ispirarono alla nostra azione, vollero almeno conoscere, con permanenti contatti, le esperienze assimilabili da quel nostro procedere in strade fino allora inesplorate. Le forze politiche sarde non furono mai estranee al confronto politico del Paese, ci furono luci e ombre, forse prevalenti le ombre, ma sempre attente ad individuare esperienze a sostegno della soggettività sarda che assicurasse all'Isola uno sviluppo moderno e compatibile con la nostra peculiarità, non estranea, non imposta, nel quadro dello Stato nazionale e della pressante richiesta della solidarietà. Se questi obiettivi di profonde modificazioni strutturali in campo economico non ebbero risultati compiuti, non fu per mancanza di volontà, la generosa lotta delle popolazioni, della classe operaia, dei braccianti agricoli, dell'intera Sardegna continuò sempre, le responsabilità sono da addebitarsi storicamente a un cedimento delle classi di governo, sempre contestate, tuttavia dalla sinistra e dalle componenti autonomistiche più conseguenti. Se questo impegno autonomistico, se questo laboratorio di idee si è ridotto oggi a pura testimonianza, non è perché questo Consiglio è rinnovato all'ottanta per cento, non è perché nei suoi componenti manca l'esperienza o la volontà di servire questa causa, anche se a volte viene considerato con disprezzo, ma perché sono mancati i presupposti di un confronto istituzionale, giacciono da mesi, a volte per anni, interrogazioni, interpellanze, mozioni, proposte di legge che trattano questioni di grande interesse, che investono i problemi delle grandi masse popolari sarde senza ottenere risposta, senza consentire un serrato dibattito, anche aspro, tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione, che poi è l'anima del dispiegarsi di una vita democratica nelle istituzioni, perché in definitiva si crea e si creano stimoli all'impegno e, come conseguenza, si crea anche un successo per un diverso assetto economico e sociale e in definitiva per l'intera società sarda di una costruzione moderna e civile.
Sembra mancare alla maggioranza questo interesse, questa spinta al confronto che rende vivo il cimento, sempre vantando i successi che hanno ottenuti nella gestione della vita economica di governo. Quando esso avviene è spesso saccente e presuntuoso e non favorisce il dibattito, essendovi in alcune componenti del centrosinistra l'idea della perdita del tempo prezioso; è stato ripetuto anche qui, il dibattito politico sarebbe perdita di tempo, non sarebbe confronto alto, dal quale si traggono poi conclusioni di governo, conclusioni di operosità, di iniziativa, di attività politica, di attività di gestione della cosa pubblica, no, sarebbe una perdita di tempo, sottratto al governo dell'Isola, a questo magnifico governo si disdegna persino il riferimento alla politica nazionale rifugiandosi nel provincialismo più misero e quando si tenta di introdurre questi temi, i confronti più ampi, si è guardati con sufficienza per non dire altro. E' quanto di, maggioranza, rileveranno il crescente impoverimento delle classi subalterne nei paesi più ricchi dell'Europa, eppure è un campanello d'allarme lanciato dalle Nazioni Unite che rivelano un dato terribile, terribilmente attuale, con 57, 58 milioni di poveri esistenti nei paesi dell'Unione Europea, pari al 19 per cento dell'intera popolazione contro il 13 per cento degli Stati Uniti e del Giappone. Guardate che cosa succede nella grande Germania, il conflitto tra il governo e la Bundesbank, che cosa succede in Francia, la grande stampa le concentrazioni finanziarie, le classi ricche, le classi che si richiamano al passato, al successo, alla vittoria del regime capitalistico avevano decretato attraverso i loro organi di stampa, le loro televisioni, lo sbaglio dei partiti socialisti di creare una alleanza con il Partito comunista francese, questo sarebbe stato un loro insuccesso, un loro tracollo elettorale. In Francia i socialisti ed il Partito comunista francese hanno vinto il primo round ci auguriamo che vincano anche il secondo. Cari amici, state valutando troppo in fretta la fine dei comunisti, la fine di quello che si richiama alla costruzione di una società più giusta, più moderna, più umana; l'Italia è tra le nazioni più colpite dal fenomeno della povertà, il mezzogiorno al massimo grado e la Sardegna anche. Ecco perché occorrono sforzi eccezionali per dare lavoro, impedire che il bisogno provochi fenomeni preoccupanti di rifiuto e di rivolta; pensando a quei 25 lavoratori di Portovesme chiusi in una ciminiera altissima che considerano la morte fisica meno drammatica della fame e della miseria loro e delle loro famiglie. Non vi è dubbio che vi siano responsabilità anche delle opposizioni nel loro complesso, che non hanno offerto un terreno più alto di confronto e di scontro sui grandi temi economici e progettuali. Le destre, con la forza numerica che si ritrovano, potevano presentare anche programmi alternativi, sostenerli con la forza dei numeri che a noi non è data. Tuttavia la responsabilità maggiore della caduta politica e progettuale è della maggioranza, dedita a curare i propri interessi e fette di potere sempre più ampie in concorrenza tra i Gruppi, all'interno degli stessi Gruppi, come si evidenzia benissimo nell'episodio della Fondazione del Banco di Sardegna e dell'Ente minerario. Da dove partire quindi per riavviare un dibattito politico di livello, elaborando per il tempo residuo della legislatura una serie di interventi nei settori più penalizzati, dando corpo a provvedimenti nel campo dell'occupazione realizzabili nell'immediato, rifiutando promesse demagogiche per guadagnare tempo, non più disponibile fra l'altro perché è finito, come è finito l'inganno del buon governo e della attività gestionale rinnovata rispetto al passato. Il popolo sardo ha bisogno di provvedimenti che si possono riassumere in ordine di urgenza in massicci investimenti per l'occupazione, in direzione dei lavori di pubblica utilità, della forestazione, degli appalti delle opere pubbliche finanziate; nella spendita delle somme disponibili nell'ordine dei 4-5 mila miliardi, in quelle erogate e non spese per parte europea che sono nell'ordine dei 900-1000 miliardi, nel trasferire risorse e poteri agli enti locali dando a questi strumenti ed attivando un permanente confronto sui temi dello sviluppo. La costituzione dei parchi laddove il parere delle popolazioni è pressoché totale, gli investimenti turistici nel rigoroso rispetto della legislazione vigente, non solo ai progetti del nord dell'isola ma ai numerosi altri che si annunciano nelle zone costiere come quelle occidentali, evitando, ed era possibile evitare, che si autorizzassero in questi giorni di crisi politica e di crisi della maggioranza, autorizzazioni che sono state date in deroga e in violazione delle leggi che esistono nella nostra isola, dando risposte e portando le stesse elaborate dalla Giunta in sede di Consiglio per le decisioni conclusive, perché questo è l'organismo e la sede dove, in definitiva, si decide sui grandi temi dello sviluppo economico e degli investimenti. L'ambiente deve essere salvaguardato non solo per un fatto culturale, ma perché rappresenta una parte importante di cui il popolo sardo possa usufruire in futuro, nel lavoro e nella dignità, senza svenderlo o bruciarlo per una manciata di obiettivi irrealizzabili al solo fine di rendere disponibili grandi aree, grandi parti della nostra isola per le classi ricche e potenti. Un piano energetico integrato dell'uso del metano e della gassificazione del carbone Sulcis, e delle altre fonti produttive in Sardegna che operano o sono in fase di costruzione. Lo sviluppo delle coltivazioni pregiate nelle campagne. Noi abbiamo letto con sorpresa, assolutamente con sorpresa, ma credo non solo noi ma gran parte di questo Consiglio e dell'opinione pubblica, che la Giunta regionale e per essa l'assessore dell'industria, ha sottoscritto e firmato un protocollo con le organizzazioni sindacali nel quale decide esso decide, con le organizzazioni sindacali l'alienazione di proprietà pubbliche nell'agro industria. Ma questo Consiglio regionale, chi l'ha abilitato a decidere le sorti dell'isola? Non è abilitato a niente, che cosa siamo nell'Argentina di Peron o siamo in Italia? Riflettete, se mi si dimostra che io ho della fantasia più di quanto dovrebbe averne un vecchio come me, dimostratemelo; sancire accordi di programma con le organizzazioni sindacali per alienare i beni pubblici. Ma scherzate! State scherzando col fuoco. L'allevamento, l'agricoltura l'agroindustria sono settori importanti dell'economia, da essi dipendono le condizioni di avanzamento del futuro dell'isola. Ignorare questa vocazione delle sue condizioni ambientali è vivere fughe dalla realtà. Nel settore agricolo e dell'allevamento sono stati investiti nell'ultimo decennio, per chi non lo sapesse, 8000 miliardi, e parlo dei componenti di questa assemblea che non conoscono questi dati, 8000 miliardi in un tappo(?) di isola come questa che avrebbero potuto dare e per ricostruire una parte dello sviluppo moderno e competitivo dell'economia in questi settori, con tecniche produttive e di trasformazione industriale e di remunerazione delle aziende. Ho finito signor Presidente e colleghi del Consiglio, rilevando ancora una volta il patrimonio di fiducia accordato dal popolo sardo a questa maggioranza, che ha concluso la sua esperienza come difficilmente potrà accadere in futuro, ad un altro singolo uomo o ad un'altra aggregazione politica. La fiducia riposta per il cambiamento è stata ripagata con l'arroganza, la presunzione, qualche volta con l'inganno. Questa Giunta e questo Presidente debbono dimettersi per poter affrontare in un clima politico disteso, e come si dice semplicemente, a bocce ferme, il confronto tra il centrosinistra e Rifondazione Comunista. Questa è la nostra leale offerta. Le altre strade sono tortuose, percorse anche nelle precedenti crisi e in precedenti occasioni. Non sono più percorribili. Abbiamo sofferto assieme ai cittadini sardi una involuzione sociale grave; noi ci onoriamo di rappresentare la parte più povera. Non abbiamo responsabilità in nulla che si richiami alle condizioni sociali ed economiche date. Abbiamo attraversato momenti difficili ed avversi più di quanto pensavamo, ma non c'è mancata la volontà di contribuire a migliorare le condizioni esistenti. Adesso siamo più forti e capaci di interpretare i bisogni del popolo sardo. Conoscete le nostre decisioni, valutate i pro e i contro, secondo la vostra visione, per la sola strada che, come maggioranza, vi rimane. L'altra è quella dell'accordo con le destre, non so quanto per voi produttivo e accettabile per i vostri elettori. Questa crisi può ricomporsi in tempi relativamente rapidi, se si ha buona volontà e lo spirito di servizio che deve prevalere nei politici, che può prevalere nell'interesse del popolo sardo e non delle singole forze politiche. Ci sono una serie di proposte: qual è la migliore? Noi ve ne proponiamo una, l'abbiamo proposta pubblicamente in una serie di interviste, la più corretta, la più limpida, la più percorribile dal punto di vista istituzionale. Questo dibattito non si concluda con la replica del Presidente; questo dibattito si concluda con le dimissioni della Giunta, prima della verifica. A bocce ferme ricostituiamo una maggioranza, se voi lo ritenete opportuno, con Rifondazione Comunista, riconsiderando l'insieme dei problemi, di governo, di maggioranza, di governo istituzionale. Le altre sono chiuse. Noi voteremo l'ordine del giorno delle destre, voi sarete sconfitti, voi dovrete dimettervi; quella sarà una crisi al buio, perché quella non riuscirete a governarla, mentre invece riuscirete a governare un atto di coraggio, di lealtà, un momento politico del quale prendete atto in questo Consiglio. Non c'è maggioranza per questa Giunta, non c'è possibilità di avere una maggioranza. Solo per questa strada potete poi trovare la forza di risalire a una maggioranza e governare in questi due anni che ci rimangono l'Isola, la sua economia, le speranze che i sardi riposero in quell'anno 1994. Signor Presidente del Consiglio, colleghi, io ho finito. L'intervento che ho testé concluso è stato pensato e scritto nei giorni nei quali si supponeva avrebbe avuto corso un dibattito politico, in questo Consiglio, richiesto con forza dalle opposizioni e dalle due mozioni, perché c'è un ordine del giorno, una mozione delle destre e una mozione di Rifondazione Comunista, quanto mai opportuna data la situazione esistente. Sembrava assolutamente fuori della realtà ignorare il momento di acuta crisi politica e istituzionale, senza un confronto a tutto campo in questa sede, non in altre sedi. Invece conciliaboli e infiniti incontri, più o meno segreti, nella maggioranza e con altri, di cui si è avuto solo una pallida idea, negli echi di stampa, e che tuttavia sottintendevano un groviglio di interessi rimescolati continuamente, e solo in dichiarazioni ufficiali si faceva sfoggio di sicurezze e ricomposizioni, ma il travaglio non riuscirà a ricomporre questa compagine di governo. Permangono sacche di resistenze e possibili franchi tiratori appostati in posizioni strategiche, tali e quali come ai vecchi tempi, anzi fattisi più esperti dalle precedenti esperienze. Il Regolamento consiliare, con regole invecchiate che servono peraltro forze politiche ora scomparse o frantumate e in altri periodi furono la salvezza della stessa maggioranza, è stato invocato, per procrastinare il dibattito, sotto mentite spoglie, che è lo stesso, cioè il Regolamento, ha valore politico. In sostanza, in realtà quello strumento è servito a nascondere la sostanza politica e il fallimento di una politica stessa. Per questo si è tentato di evitarlo e si è invocato a ogni pie' sospinto. Se questo Consiglio venisse sciolto, cosa che io non credo, prima della fine della legislatura, e sarebbe la prima volta nella storia autonomistica, questo è il nostro testamento, di critica senza sconti, perché serva di monito per il futuro di una possibile maggioranza e per i componenti della prossima legislatura.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Balia. Ne ha facoltà.
BALIA (Progr. S.F.D.). Fa meraviglia, signor Presidente, che un Consiglio regionale, laddove si sta sviluppando un dibattito ricco, appassionato, interessante, cosa evidente, sia dagli interventi della maggioranza, sia da quelli delle opposizioni, ultimo riferimento i due interventi pronunciati dall'onorevole Ribelle Montis e dall'onorevole Bonesu, fa meraviglia, dicevo, che vista questa consapevolezza, visto questo stato di fatto, vista la considerazione logica che ne emergerebbe, cioè di capacità di produttività, di capacità di elaborazione, di capacità di sintesi politica, rischi talvolta di degenerare nelle modalità con cui i lavori si svolgono e di dare all'esterno un'opinione, un'immagine differente da quella che in realtà rappresenta. Lo dico senza offesa per nessuno, in maniera quasi riservata. Ecco, però è difficile fare uscire all'esterno le azioni politiche concrete, ed è molto più facile, invece, far uscire le grida, le urla, gli striscioni, l'occupazione dell'aula. Io non credo, signor Presidente, che questo sia un modo o che questo rappresenti il modo più opportuno per tutelare la dignità dell'istituzione. Le ragioni possono essere differenti, le ragioni degli uni non devono prevalere sulle ragioni degli altri, se non attraverso una logica di dialettica e di democrazia, e però l'attività dentro il Consiglio regionale deve essere ricondotta a giusti criteri di equilibrio, alla naturale dialettica che viene richiesta, limitando le posizioni di inutile esacerbazione. La democrazia non è uno status, è un percorso, ed è un percorso per tutti noi di natura anche educativa. Venendo al merito del problema, la maggioranza in questo momento sta attraversando forti difficoltà; ci sono tensioni, lacerazioni, mancati accordi, incapacità a esprimere appieno la propria forza e le proprie ragioni politiche, incapacità talora a trasformare, a concretizzare in fatti politici rilevanti azioni, pensieri, opportunità, idee, che pure la maggioranza possiede, che pure la maggioranza ha.
Bisogna anche riconoscere che i tormenti sono sempre più spesso interni alla maggioranza e sempre meno spesso, invece, determinati dall'attivismo delle opposizioni. I tormenti stanno probabilmente negli accordi mancati, stanno probabilmente nelle difficoltà a coniugare le molteplici ragioni politiche, pure giuste, in maniera simbiotica. Il risultato è che il comportamento della maggioranza, sotto questo profilo rischia di rinchiudere in un forziere ideali, sogni, speranze che sono gli ideali, i sogni e le speranze dell'Ulivo. Rischiamo di rinchiuderli in una cassaforte, di smarrire la chiave, e smarrire la chiave di quella cassaforte equivale in qualche modo a perdere la ragione e le ragioni dello stare insieme.
Io voglio rifarmi ad una delle affermazioni che è venuta dagli onorevoli Marteddu e Secci, un'affermazione che a mio avviso costituisce anche un forte elemento di consapevolezza. Gli onorevoli Marteddu e Secci, con toni differenti l'uno dall'altro, ma uniti nella sostanza delle cose, dicevano nel loro intervento: "se non si assume il coraggio, la volontà, la determinazione di cambiare le cose, il centro sinistra è destinato al fallimento". E individuavano nel loro intervento un percorso, un modo, una forma per pervenire a questo risultato. Io non condivido ovviamente le conclusioni alle quali essi sono pervenuti, però, ho piena consapevolezza che le tensioni all'interno della maggioranza non sono frutto della fantasia di nessuno, ma sono fatto concreto e tangibile.
Si badi bene, se il problema fosse solo ed esclusivamente quello, così come qualcuno sintetizza, di raggiungere accordi sulle nomine in questo o in quell'altro ente, o attraverso l'applicazione di vecchie formule e di vecchie logiche politiche o attraverso nuove filosofie di contrattazione, pur esse legittime, sarebbe probabilmente facile riuscire a fare sintesi e a coniugare le ragioni degli uni con le ragioni degli altri. Però, badate, colleghi, ridurre il problema a un fatto di questa natura, o squisitamente a un fatto di questa natura, non serve a fare chiarezza, serve a tenere la nebbia nell'Aula e all'interno della maggioranza, non serve a ridare coraggio e vigore a quell'accordo che all'interno dell'Ulivo si riconosce. Magari la maggioranza davvero litigasse e fosse in difficoltà su due o tre banali nomine, pure importanti. Le difficoltà reali della maggioranza, consentitemi di dirlo, dobbiamo trovare il coraggio e la forza di dircelo apertamente all'interno di questa Assemblea, risiedono su ben altre cose, su aspetti ben più importanti di due o tre nomine, e che ancora non sono stati portati a chiara determinazione al nostro interno. Ancora non abbiamo trovato i modi e le forme per coniugare nel modo giusto le proposizioni e le tesi degli uni, legittime, con proposizioni e tesi di altri, pure legittime. Lo diceva prima l'onorevole Salvatore Bonesu che la maggioranza è fatta di fantasie politiche plurime, di idealità diverse; non è frutto di una coalizione elettorale univoca, permeata dagli stessi processi e dalla stessa storia. No, al contrario, è frutto di un accordo successivo, evidentemente non pienamente raggiunto in tutti i punti, neanche di natura programmatica. Ed ecco quali sono le sofferenze, quali sono i veri disagi, e questa sofferenza e questi disagi abbiamo il dovere di recuperare. E per recuperarli io credo che esista solo un metodo, quello di entrare nel merito, quello di trovare il grimaldello che ci consenta pure nel rispetto di posizioni differenti, di arrivare all'assunzione di determinazioni e al compimento di scelte politiche che debbono tradursi in atti politici significativi.
La Giunta regionale, ed ecco perché, onorevole Secci e onorevole Marteddu, non condivido le conclusioni alle quali voi pervenite. Quelle mi paiono una semplificazione. La Giunta regionale ha certamente delle responsabilità, non solo dai banchi dell'opposizione, ma anche da questi banchi più volte si sono richiamate cose non perfezionate, velocizzazione della spesa, sburocratizzazione del sistema, il settore industriale, laddove continua a permanere un'intima consapevolezza che chi spesso è preposto ad attuare le operazioni di semplificazione e di privatizzazione rischi di tutelare se stesso tenendo tutto nell'immobilismo più assoluto. Ecco alcune delle responsabilità della Giunta regionale, però questa Giunta regionale ha anche fatto passi in avanti: la spesa non l'ha velocizzata così come ciascuno di noi avrebbe voluto e così come la situazione critica della Sardegna imporrebbe, però risultati positivi ne ha certamente ottenuto. La metanizzazione, che è un argomento che ha solo parzialmente attraversato le nostre coscienze, e rispetto al quale ci siamo espressi così, come se si trattasse di una naturale conquista. La metanizzazione rappresenta ed è una grossa conquista; è una conquista per la quale nel passato si sono fatte tante battaglie che poi, però, non si sono tradotte in un fatto positivo. Oggi, è destinato a diventare fatto positivo e, cari colleghi, bisogna riconoscere che se così è quel fatto è da ascrivere alla capacità, più che della Giunta regionale, del Consiglio regionale, perché battaglie in quella direzione il Consiglio regionale ne ha fatto ben poche, abbiamo perso spesso tempo nell'incontrare colleghi responsabili di altre istituzioni locali a dibattere se la metanizzazione dovesse avvenire attraverso un procedimento o un altro procedimento e non abbiamo avuto invece come Consiglio regionale capacità di incidere nei confronti del Governo e di essere di giusto supporto all'azione della Giunta regionale e del suo Presidente che invece stava facendo e stava portando avanti. Perché non riconoscere che quel disagio che permane talora all'interno della Giunta regionale è lo stesso disagio profondo che pervade i banchi del Consiglio regionale; perché non riconoscerlo, signor Presidente, quando sempre più spesso da un po' di tempo a questa parte la maggioranza viveva nel terrore di imboscate approfittando di un voto segreto. Questo era il frutto di cose irrisolte, altro che nomine degli enti, altro che lottizzazioni, e se così non fosse, se non vi fossero queste cose irrisolte a monte, ma credete davvero che vi sia incapacità nelle Commissioni a far marciare, vado a caso, la "421" o la legge sui centri storici o il progetto di riforma delle acque? Purtroppo hanno difficoltà a marciare o comunque a camminare col ritmo dovuto perché all'interno del Consiglio e dentro la maggioranza consiliare ci sono ancora elementi che vanno portati a razionalità politica univoca,mentre oggi ci sono ancora troppe ragioni, tutte legittime, ma non siamo stati ancora capaci di farne una giusta sintesi. Io mi rendo conto, signor Presidente, che questo discorso potrebbe poi anche con molta facilità essere strumentalizzato dalle opposizioni a partire dall'onorevole Pittalis che ha la fortuna di parlare dopo di me, per arrivare a dire che allora questa è una maggioranza inconcludente, una maggioranza rabberciata, questa è una maggioranza tenuta assieme da un pochettino di colla e non affonda invece le proprie ragioni politiche in motivazioni di natura diversa.
USAI EDOARDO (A.N.). Invece no !?!
BALIA (Progr.S.F.D.). Invece, onorevole Usai, non è così. C'è una scelta a monte, io l'ho richiamata in partenza e quando ho richiamato in partenza e ho invitato i colleghi consiglieri ad esprimere e ad esprimersi nelle dovute forme perché a rimetterci diversamente sarebbe l'istituzione, evidentemente è perché facciamo parte di una cultura politica differente senza con questo voler offendere nessuno, mi sia consentito, ma è una osservazione che tendo a rimarcare. Questa maggioranza, può aprioristicamente non piacere, ha fatto la scelta politica di riconoscersi sotto l'ombrello dell'Ulivo e ha dichiarato, per primo il Gruppo politico al quale appartengo, la propria indisponibilità a soluzioni di altra natura rimarcando anche l'esigenza di una necessaria, utile demarcazione tra maggioranza e opposizione. Noi crediamo che da queste differenze e non dalle confusioni nascano i maggiori momenti di giusta esaltazione politica e allora lo rivendichiamo. Rivendichiamo anche il diritto, se ci è consentito, fintanto che siamo maggioranza, di ricercare ancora quelle ragioni politiche che ci hanno portato ab origine a intrattenere questo rapporto dentro la maggioranza e iniziarlo e a portarlo a piena definizione e compimento. Ecco una cosa è certa, l'idea di una maggioranza, anche questo lo dico con molta pacatezza, sapendo di far male prima di tutto a me stesso, però, badate, aver capacità critiche significa aver anche voglia di rinascita e di recupero. Occultarsi invece dietro interpretazioni speciose significa voler continuare nella recita e continuare nella recita non serve. Ecco troppo spesso, ripeto, lo dico a costo di farmi male, come maggioranza ci siamo limitati ad esprimere una serie di buoni intendimenti, di buone intenzioni, ma di buone intenzioni sono lastricate le vie dell'inferno, l'idea cioè di una maggioranza che su alcuni argomenti si costruisce giorno per giorno non può durare, non può essere, Presidente, io sotto questo profilo la capisco, ne comprendo interamente la sofferenza, non può essere che il Presidente e l'intera Giunta regionale, prima di ogni voto segreto, debbano consultare gli indovini per cercare di comprendere quale sarà il risultato. Ecco allora che il problema non sta al di là della barricata, il problema coinvolge quella parte, ma coinvolge anche il Consiglio regionale, il rischio è di avere una foresta pietrificata da quella parte ma anche da questa, e l'altro rischio è che all'interno di ogni singola aggregazione prevalga un principio, quello della legittima difesa. Però ciò detto, le ragioni di parte quando anche giuste, legittime, forti non possono in ogni caso prevalere sulle ragioni istituzionali, ecco perché l'invito che io rivolgo in maniera pressante ai colleghi che da questa sede hanno manifestato forte il dissenso continuo a rivolgerlo partendo da questa consapevolezza e da questa constatazione. Questo significa che se alcune cose non funzionano nell'aggregazione la soluzione non è la rimozione del Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta regionale non è un pacco, un bagaglio che sposto da una parte all'altra e ho trovato la soluzione al problema, il Presidente della Giunta regionale ha operato con vigore, con forza, con serietà nella logica del possibile, così come prima ho accennato, stiamo attenti che ciascuno di noi di tanto in tanto viene preso dalla passione di infinito; e c'è un rischio, che la passione di infinito cancelli il senso del limite, cancelli il senso del limite per fare emergere invece in maniera diretta il senso dell'immediatezza. Il senso dell'immediatezza probabilmente ci porterebbe tutti verso un delirio di onnipotenza, ma non ci aiuterebbe affatto a ricercare soluzioni credibili, e a ricercare soluzioni durature. Ecco perché alcune osservazioni, pur partendo da giuste premesse, pervengono ad una considerazione e ad una conclusione di natura sbagliata. Va ricercato lo spirito di appartenenza non ai singoli Gruppi ma alla maggioranza; le differenze non devono essere occultate ma devono diventare una ricchezza, non elemento di divisione, ma se abbiamo la capacità di fare sintesi devono essere elemento di esaltazione, non devono servire per avvilirci. La deriva dell'Ulivo io credo che vada evitata, va evitata recuperando ogni componente, ogni consigliere di questa maggioranza ad un progetto comune; e va aperto subito, va aperto un dialogo con il Gruppo di Rifondazione comunista. Dobbiamo sotto questo profilo, noi da questi banchi, e al Partito lo diciamo da parecchio, dobbiamo tutti sotto questo profilo assumere atteggiamenti di maggiore laicità: i diavoli stanno nell'inferno, non stanno dentro i banchi di questo Consiglio regionale. Non è pensabile che si rifiuti un dialogo di natura programmatica già all'inizio senza sapere poi quali sarebbero i risultati, andiamo a verificare assieme quei risultati. Io credo che Rifondazione, anche all'interno del nostro programma, abbia molto da dire e potrebbe contribuire in maniera determinante ad arricchirlo, a renderlo più credibile, a migliorarlo. Allora, cari colleghi, chi ancora ha manifestato riserve, chi ancora ha riserve, deve fare sforzi per superarle perché sono riserve non più condivisibili e non più accettabili, e non più concepibili perché non affondano le proprie ragioni su niente. Non si può ancora rifiutare un dialogo di questa natura. Noi stamane abbiamo ascoltato con molto interesse l'intervento che è venuto per parte dell'onorevole Walter Randaccio, laddove annunciava la nascita in Consiglio regionale di un Gruppo che forse dovrà essere meglio determinato e specificato in senso dinamico del Gruppo di Rinnovamento italiano. Rinnovamento italiano a livello nazionale è all'interno del governo Prodi, ben rappresentato. Credo che questa novità dentro questo Consiglio possa anch'essa rappresentare una ricchezza quindi con l'augurio
(Interruzione dell'onorevole Edoardo Usai.)
Ci risiamo, onorevole Usai, il lupo perde il pelo ma non il vizio, .Con l'augurio che anche Rinnovamento italiano che ancora si porta appresso scorie che sono frutto di vecchie culture, di vecchie appartenenze, faccia quel balzo in avanti per quanto riguarda i futuri rapporti e gli allargamenti, le nuove, più larghe maggioranze che dentro questo Consiglio regionale possono nascere, ed io mi auspico che nascano. Infine io ho letto con la giusta attenzione un ordine del giorno presentato dagli onorevoli Sassu e Murgia. E' un ordine del giorno per buona, per larga parte condivisibile, io credo che con gli onorevoli Sassu e Murgia con i quali ovviamente già colloquiamo abbastanza, perché crediamo di essere dalla stessa parte al di là delle parti specifiche, dobbiamo approfondire il dialogo partendo dalla considerazione che forse quel documento può rappresentare una utile base di partenza alla quale l'intera maggioranza può ancorarsi con le opportune modificazioni, integrazioni che risultassero utili in seguito al confronto cui prima facevo riferimento. Infine, non posso non parlarne, visto che sono uno di quelli che ne ha parlato da alcuni giorni a questa parte. Scioglimento del Consiglio regionale; ma cari colleghi, queste cose possono essere dette per spaventare, per creare un clima di tensione, per accelerare davvero un processo chiarificatore attraverso una nuova tornata elettorale ma io credo che in nessun caso possano essere dette, tanto meno da un uomo della maggioranza, con leggerezza o addirittura auspicandone l'evento. È chiaro che io non auspico quell'evento, io auspico che questa maggioranza ritrovi le ragioni politiche come ho detto prima dello stare assieme e vada avanti; ho detto in quella occasione e lo ripeto in questa occasione, che se chi interpreta la ricerca di quelle ragioni nell'esclusiva sostituzione del Presidente e della Giunta regionale rischia di percorrere quella strada, rischia mio malgrado e rischia nostro malgrado per mancanza di alternative e perché i torti non stanno solo da quella parte. Vi sono torti da quella parte, ma vi sono forti torti anche dall'altra parte. Quindi quello non solo non è l'auspicio, ma vi è forte ovviamente la speranza in me, ma credo in tutti noi, che tutto ciò non si realizzi. Io concludo, è scaduto il mio tempo, concludo l'intervento con un richiamo a chi ancora manifesta forti dissensi; cerchiamo di non adagiarci troppo, tutti, sul detto oraziano del carpe diem l'attimo fuggente vale ma cerchiamo invece di allargarlo perlomeno il carpe diem al giorno dopo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno Dettori. Ne ha facoltà.
DETTORI BRUNO (P.D.). Signor Presidente, colleghe e colleghi, un dibattito vero, ampio, difficile, coraggioso in molte parti, utile per capire i tanti disagi, per fare il punto di tante situazioni. Tuttavia non vedo ottimismo, vedo visi tirati, vedo visi preoccupati. Siamo sotto osservazione e mi dispiace che, comunque vadano le cose, tanti, forse troppi sono pronti a utilizzare qualsiasi pretesto per continuare a delegittimare questa Assemblea consiliare, creando sempre maggiore confusione. Da questo dibattito mi è sembrato di scorgere molti elementi positivi che consentono di ben sperare; non solo buone intenzioni, ma forti tensioni che mettono in evidenza (e ce n'è forte bisogno) la preziosità di un risveglio da parte di ciascuno di noi, per porre un limite alla tendenza disgregratrice, oggi presente in tutti i Gruppi, frutto del momento delicato che sta attraversando la nostra politica. Oggi, al di là delle apparenze, è forte in noi una grande consapevolezza di cui lamentiamo il disagio, che è quella di non essere riusciti, in questi tre anni, a inventare una chiara comune idea di Sardegna in cui poterci rispecchiare. E su questo tutti abbiamo grosse responsabilità. Questa è un'esigenza per noi sardi, non più rinviabile, è un'assunzione di forte responsabilità su cui qualificare per rilanciare un modello di sviluppo ecosostenibile, erede dei valori irrinunciabili dell'autonomia. Senza un progetto complessivo qualsiasi impegno contenuto in un programma non potrà consentire di guardare al futuro con molto ottimismo. Siamo rimasti nel guado; il grande progetto di cambiamento è rimasto un sogno, la costruzione della coalizione è risultata più complessa di quanto fosse legittimo attendersi, specie nei rapporti tra i
Gruppi e, in particolare, tra i Gruppi moderati e la sinistra. Ma non possiamo arrenderci; siamo qui per costruire insieme il clima giusto, quello che consente la partecipazione e il rispetto di tutti. Nessuna riforma passerà mai se non muteranno certi condizionamenti, se non saremo capaci, prima all'interno dei Gruppi e poi tra i Gruppi di maggioranza e opposizione, di costruire pazientemente un rapporto solido e di prospettiva, che sia anche di forte garanzia per ogni singolo consigliere. Solo la politica, non la logica arrogante e sbrigativa della conta dei numeri, può dare certe risposte, può farci uscire dai momenti difficili, può rassicurarci e darci speranza. Stiamo attraversando un momento particolarmente difficile, lo sappiamo tutti, dagli aspetti molto complessi. Gestire e governare questa complessità è il compito nuovo e forse il più delicato e complicato. Ho già avuto modo di scrivere a lei, signor Presidente, che questo scenario è ormai minato da una quantità insostenibile di elementi di insofferenza all'interno di tutte le forze politiche, e le tensioni presenti stanno lentamente logorando i valori autentici di crescita democratica delle lotte referendarie e la speranza di quanti hanno combattuto quelle battaglie di libertà. Fino a ieri dominava la scena politica e isolana, una politica assistenziale e clientelare; questa politica non è del tutto scomparsa, responsabile del fallimento della rinascita detiene a tutt'oggi una rilevante quota di potere. Eppure qualcosa è profondamente cambiato negli ultimi anni, grazie a noi qualcosa di determinante degli attori di questa politica è decisamente venuto meno. Il loro successo stava tutto in un processo che li vedeva soddisfare domande particolari dell'elettorato, rinunciando a offrire quei beni collettivi indivisibili (scuola, formazione, servizi sociali, servizi alle imprese) la cui carenza è all'origine del degrado e della crisi in cui ci dibattiamo. Ma oggi si afferma un nuovo giusto protagonismo della così detta società di mezzo, che avverte la indispensabilità del colmare il vuoto lasciato dalle iperpoliticizzazioni. Sono uomini rappresentativi del lavoro, dell'imprenditoria, del disagio del vivere civile che, a nome della società isolana, chiedono a noi, soggetti politici di questa coalizione, di fare la nostra parte. Si vogliono forse creare le condizioni di rimpiangere ciò che la storia ha superato e sconfitto? Si vuole ritornare al passato, quasi invocandolo, magari con l'intento di riaffermare con la vecchia politica, molto sensibile alla logica dei numeri, garante unicamente dell'esclusione di quanti non si rendono disponibili all'ubbidienza? Questa è una partita che intendo combattere con tutte le mie forze, perché non si può tornare indietro, perché da sempre ho disapprovato quel modo di far politica per cui oggi non mi sento di rinunciare alle conquiste che milioni di cittadini hanno voluto. La complessità dei problemi che oggi abbiamo di fronte, non può essere gestita come semplice sommatoria di singoli e specifici problemi. Siamo chiamati ad uno sforzo maggiore, siamo chiamati a ricercare le cause vere della lenta evaporazione di questa maggioranza, per porvi rimedio, per recuperare, laddove si è stati un tantino superficiali. Signor Presidente, quando non ho condiviso il suo atteggiamento e quello della sua Giunta è stato perché non mi ritrovavo in sintonia, ma le ho sempre manifestato lealmente le ragioni del mio dissenso, con la speranza che il mio modo di vedere le cose potesse, in qualche misura, entrare e far parte della sfera della sua sensibilità e la aiutasse a comprendere fino in fondo le ragioni di tutti, pur nella differenza delle posizioni. So che spesso coniugare tutte le esigenze è compito difficile, ma su questo versante è opportuno lavorare in maniera instancabile, per costruire sempre maggiori opportunità di confronto e trovare sempre più numerose ragioni per stare insieme. E' vero, sono rimasti irrisolti molti aspetti del programma, e non parlo solo del problema dell'assetto istituzionale delle riforme, ma anche del necessario rilancio delle ragioni forti, di un'autonomia speciale che trovi adeguate risposte e adeguate articolazioni di ruoli e poteri delegati. Per non parlare del sistema delle autonomie locali, finora mortificato da un centralismo che tiene i comuni, le province e le comunità montane in una situazione di profondo disagio. Ma come è possibile conseguire questi obiettivi se non si cambia il clima, se non ci adoperiamo radicalmente a rimuovere i paletti che ci condannano all'immobilismo, se non produciamo uno sforzo per sconfiggere chi lavora per l'immobilismo. Questi problemi, queste tensioni non si superano né in termini aritmetici né semplificando le ragioni del nostro stare insieme. Devo dire agli amici di Rifondazione, di cui ho apprezzato, in questa vicenda, la grande tensione e la loro grande apertura, che non è possibile superare le molte differenze fra loro e noi. Ci rendiamo conto della grave responsabilità che incombe sulle nostre decisioni, ci rendiamo conto che la Sardegna oggi sconta un quadro politico difficile, in una situazione politica in continua evoluzione. E' per questo che il dibattito segna continuamente momenti di grande tensione. Tuttavia, per il rispetto che ho nei confronti di tutti i Gruppi politici, e vostro in particolare, ma anche per il rispetto che nutro nei confronti di chi mi ha eletto, l'aderire a un quadro politico diverso è un passaggio di tale rilevanza che non può trovare risposte all'interno del Gruppo consiliare. E' giusto ricercare soluzioni, ma soluzioni possibili, non pasticci. Per esempio un tavolo programmatico fra tutte le forze di centro e di sinistra, che sia preludio di un fatto politico programmatico, senza che questo debba necessariamente comportare la modifica dell'allargamento della maggioranza. Questo in linea con quanto sostenuto in una recente lettera aperta inviata a lei, signor Presidente, e che l'onorevole Frau ha frainteso totalmente. E pertanto mi trova consenziente ma non pensiamo, dall'oggi all'indomani, cambiamenti inaccettabili. Da questa situazione si può uscire solo se si recupera un sano spirito di servizio in tutti gli ambiti di lavoro e un sano rispetto tra tutte le forze politiche. Siamo alla conclusione del dibattito, tutti hanno avuto modo di dire ciò che pensano, dagli interventi non mi sembra siano emerse priorità programmatiche o programmi alternativi. Questo significa che il malessere, quello profondo, è annidato nelle difficoltà degli schieramenti e attraversa le coscienze di tutti noi. E sulle coscienze, per etica, credo che non si può incidere più di tanto.
Il voto attraverso il quale faremo sintesi, signor Presidente, definirà il futuro percorso della sua Giunta e della sua coalizione. Non accettiamo crisi al buio, non siamo per le crisi al buio. Il mio Gruppo ed io accordiamo a lei e alla sua Giunta la fiducia, una fiducia condizionata certo al recupero dei numeri originari della coalizione.
Prendiamo atto delle affermazioni impegnative che sono state fatte nel corso del dibattito e chiediamo l'impegno sincero di tutte le forze politiche per riprendere la strada di un confronto dignitoso sul terreno delle cose urgenti da fare in Sardegna. Solo così possiamo saldare il rapporto tra noi e i cittadini sardi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Masala. Ne ha facoltà.
MASALA (A.N.). Signor Presidente, signor Presidente della Giunta, colleghe e colleghi, mi si consenta in apertura di questo intervento di fare un brevissimo richiamo all'ineffabile collega che del bipolarismo e della democrazia dell'alternanza ha una visione strettamente personale: se perde passa dall'altra parte. E per giustificare questo passo getta veleno sui partiti che ne hanno consentito l'elezione. Io ho titolo, pur non facendo parte del Gruppo di Forza Italia, per parlare in questi termini, perché l'onorevole Randaccio fu eletto nel listone regionale insieme a me sotto i simboli di Forza Italia e di Alleanza Nazionale, della stessa Alleanza Nazionale della quale oggi egli parla in modo inqualificabile. E poiché ha dimostrato di non conoscere i fatti gli voglio ricordare che Alleanza Nazionale si ispira ai valori del cattolicesimo e per quanto riguarda in particolare l'aspetto sociale alla Rerum novarum, e quindi alla politica cristiana sul lavoro. Si ispira ai valori della nazione e ai valori risorgimentali, e forse ha dimenticato un fatto, che Forza Italia è il partito liberale di massa e non ammette, non è concepibile che al suo fianco o intorno possano crescere cespugli rivendicanti democrazie liberaldemocratiche. Esiste già ed è Forza Italia, con la quale Alleanza Nazionale ha stretto un patto d'onore, e lei, onorevole, lo sa benissimo, al quale rimane costantemente fedele, e ci troviamo molto bene. Il Polo esiste anche in Sardegna, a meno che la sua presunzione non sia tale da far ritenere che la sua uscita da Forza Italia abbia fatto perdere al Polo le sue caratteristiche. Io non so se abbia fatto bene, se sia stato un vantaggio per Forza Italia il perdere l'onorevole Randaccio oppure sia più vantaggioso per l'Ulivo l'averlo acquistato. Gli voglio però anche dire, a lui che si è scagliato contro i vertici del suo partito o del suo ex partito, che stranamente il richiamo all'elezione e alla espressione diretta degli iscritti non l'ha rivendicato quando fu nominato coordinatore dei club di Forza Italia, cioè di quella base militante di Forza Italia che ne consentì l'elezione. E oggi sarei curioso di conoscere quali iscritti di Rinnovamento Italiano lo abbiano invece legittimato. Se non è questa operazione di vertice, e il presidente Dini, ma ahimè anche Dini fu ministro di Berlusconi e poi passò al centro sinistra, quindi è una storia che si ripete, ma ahimè presidente Palomba la posizione che io ho adesso denunciato è uguale, identica e precisa alla sua, perché anche lei nel 1994 fu eletto con i voti di Rifondazione Comunista, e poi questi voti furono messi da parte in nome della sacralità del centro sinistra, dell'Ulivo, eccetera.
Ora questa digressione di stamattina ha avuto un effetto, o almeno si proponeva di avere un effetto, quello di spostare il dibattito dall'oggetto centrale al quale eravamo chiamati a dibattere. Sotto accusa non è il Polo, in questo dibattito: sotto accusa o sotto esame, diciamo così, è caso mai il centrosinistra, la sua Giunta e il Presidente di questa Giunta, e, segnatamente, il Presidente di questa Giunta, come ha dimostrato abbondantemente il dibattito che si è svolto in quest'Aula. E allora, è ragionevole, logico e opportuno che proprio da queste dichiarazioni del Presidente si parta per affrontare, per vedere su quali temi si debba svolgere il dibattito. Innanzitutto io ho intravisto anche nelle dichiarazioni del presidente Palomba un tentativo di sviare l'argomento in discussione. Ha evitato di parlare delle cause della crisi, ma non c'è maggioranza, l'oggetto della crisi, della discussione è questo: esiste o non esiste una maggioranza politica e numerica che possa sorreggere questa Giunta? Questo è il problema che si doveva affrontare e di questo il presidente Palomba, lo ha detto, lo ha fatto capire, ma non ne vuole trarne le conclusioni. Sottende però una minaccia partendo da questo presupposto: "dopo di me il diluvio". Attenzione, se cado io, qui siamo nell'ingovernabilità. Ingovernabilità che invece viene respinta dalle organizzazioni sindacali che però scioperano, dalle categorie che però languiscono, dal mondo sociale e del lavoro che però reclama fatti, non stabilità. Noi abbiamo avuto forse la sensazione, l'impressione, la prova che esiste stabilità di governo? Io dico di no. Perché conterrebbe una sorta di sottintesa minaccia? Perché infatti questo dibattito, è stato ricordato anche dall'onorevole Montis, che è sacrosanto, era doveroso, perché è in quest'Aula che si deve svolgere il dibattito, non nelle redazioni dei giornali, non nei corridoi, non attraverso i comunicati stampa, ma è in quest'Aula; se si vuole veramente avere rispetto delle istituzioni è bene che tutti imparino a parlare di questo cose qua dentro e non fuori di qua. Ma questo dibattito sacrosanto avrebbe impedito a questo Consiglio di svolgere il suo ordine del giorno; questo dibattito, in questo Consiglio, avrebbe impedito alle Commissioni di funzionare. Ma scusi, signor Presidente, lei è mai stato in Commissione? Lei si è mai reso conto che se non fosse per la pietà di qualche esponente della minoranza le Commissioni non potrebbero mai funzionare perché non esiste mai il numero legale? Obbligo politico al quale dovrebbe essere tenuta la maggioranza, perché non è compito delle opposizioni quello di garantire il numero legale, ma se qualche volta ciò noi facciamo è solo ed esclusivamente per senso di responsabilità e per cultura di governo, perché ce l'abbiamo, almeno noi ce l'abbiamo e ne stiamo dando ampia prova dove siamo al governo. Avrebbe distratto il governo regionale, da problemi istituzionali: mentre qui noi dibattiamo, in Bicamerale si sta consumando la morte dell'autonomia sarda. Allora, altra minaccia, questo dibattito viene chiesto con il rischio di aprire poi ufficialmente la crisi quando c'è - come ho detto prima - una richiesta di stabilità. Non è la stabilità un fatto che si ottiene non presentandosi alla verifica del Consiglio, il rapporto tra governo e maggioranza è un rapporto che deve sussistere sempre, non è un fatto che si esaurisce soltanto il giorno del voto della maggioranza e della Giunta e poi non si sa bene se ci sia, il rapporto tra numero e maggioranza politica e Giunta deve esistere quotidianamente, ogni santo giorno, se viene meno anche per un solo giorno non esiste più, si ha il dovere di registrare questo fatto, ora come si può permettere in questo Consiglio, il Presidente dice nelle sue dichiarazioni, di distrarre il Presidente, unto del Signore, ce lo ricordiamo, da questi gravi problemi, non è possibile, non è possibile, perché noi dobbiamo registrare la realtà dei fatti. E' emerso dal dibattito che c'è una crisi, le crisi non esistono solo quando vengono dichiarate attraverso un atto formale di dimissioni o atto di sfiducia ma quando si verifica che non c'è più il consenso, cioè basterebbero le dichiarazioni che sono state fatte qui dentro per dimostrare al Presidente che non ha la maggioranza, perché non è un discorso di numeri, è stato detto dall'onorevole Dettori poc'anzi, che farebbe lei se avesse solo 39 "no" al nostro ordine del giorno, non avrebbe ugualmente la maggioranza anche se noi prendessimo 35 voti. Perché lei non avrebbe ugualmente i numeri, non avrebbe la maggioranza politica. Ora per giustificare questa crisi, lei ha dato una versione, qualcuno l'ha definita così, io la definirei anche offensiva fossi stato al loro posto, e cioè l'ha ridotta al problema dell'elezione del presidente della Fondazione del Banco di Sardegna. Però io ho sentito ben altre ragioni di diversa profondità, di diversa valenza che affondano le loro dita in problemi molto più profondi che attengono al metodo, attengono alla gestione del potere, hanno parlato di oligarchia, si è parlato di egemonia, si è parlato di clan politici, sono stati di nuovo evocati pur senza dirlo i famosi poteri forti di cui lei allora parlò e poi nessuno ne ha più sentito niente, cioè si è sentito parlare di una serie di problemi che hanno aperto gli occhi anche a quelli dell'opposizione i quali, sfortunati, io parlo almeno di quelli di Alleanza Nazionale, non avendo mai avuto responsabilità di governo qua dentro, non conosce, perché è da questa parte del bancone, quindi non conosce le cose, ne abbiamo sentito di tutti i colori, abbiamo sentito delle cose allucinanti, preoccupanti, altro che non esiste la crisi, per noi sarebbe anche irrilevante il conoscere se a determinare la crisi sia stata la nomina del presidente della Fondazione del Banco di Sardegna o se al contrario siano state le ragioni che molto brillantemente hanno qui in quest'Aula esposto i colleghi del Partito Popolare ma anche dagli altri Gruppi sono arrivate delle notazioni di critica preoccupate, sono arrivate anche adesso, anche l'onorevole Balia ha parlato soltanto di intenzioni, la maggioranza avrebbe delle intenzioni, avrebbe manifestato l'intenzione di fare, ma atti concreti di governo no, sono arrivate una serie numerosissima di censure nei confronti della Giunta. Ora è chiaro che a noi non interessano molto le ragioni della crisi, ma ci interessa soprattutto che si registri il fatto della crisi, senza che il Presidente tenti di confondere le carte, di mescolare le carte, cioè la responsabilità è di chi causa la crisi, la responsabilità è di chi determina le ragioni della crisi, non di chi la denuncia, ha voluto confondere la causa con l'effetto, noi ci siamo limitati a denunciare e a registrare la situazione di crisi, non l'abbiamo determinata, l'ha determinata la maggioranza, quindi è la maggioranza che deve assumersi tutta intera la responsabilità della crisi. Questi giochi non ci piacciono e non ce li lasciamo fare. Allora il vero problema dal nostro punto di vista è questo: innanzitutto è di individuare il luogo in cui doveva essere svolto il dibattito, il luogo era questo Consiglio, il Presidente nelle sue dichiarazioni lancia anche un'altra sottintesa minaccia, attenzione amici del centro sinistra, badate che, elettoralmente in Sardegna, il centro sinistra supera il Polo e quindi non rompete questo giocattolo che comprometterebbe anche la vostra posizione politica personale. Anche questo si legge tra le righe della relazione del Presidente. Allora innanzitutto incominciamo col dire che bisogna precisare che cosa si intende per centrosinistra. Il Presidente della Giunta quando ha parlato di centro sinistra intendeva dire dal Patto, non so più se adesso chiamarlo Patto Segni, comunque, dal Patto dei Democratici sino a Rifondazione Comunista, cioè tutto l'arco che va da questo banco in là, quindi anche con Rifondazione Comunista. Ma Rifondazione Comunista è organico o non è organico, oppure come nel 1994 e in altre numerosissime occasioni viene utilizzato ai fini di dare il voto e poi viene tranquillamente messo fuori dalla porta. Qui il Polo può essere battuto, come hanno dimostrato recentemente le elezioni amministrative, soltanto coll'apporto determinante di Rifondazione e non sempre è necessario e sufficiente neanche quello. Per quanto riguarda la Sardegna a quali dati ci riferiamo per fare affermazioni di questo genere, alle elezioni politiche? Beh, alle elezioni politiche ha vinto il Polo, signor Presidente della Giunta, non la sinistra, non il centro sinistra, è il Polo che alle proporzionali ha vinto le elezioni superando il centro sinistra. Poi l'Ulivo sardo ha e contiene delle anomalie particolari perché per vincere deve essere ostaggio dei voti di Rifondazione, come a Roma, né più né meno. Il Partito sardo non fa parte dell'Ulivo, fa solo delle alleanze elettorali, ma secondo me dovrebbe rivendicare un ruolo più centrale né di destra né di sinistra, solo così potrebbe portare avanti le sue tradizionali battaglie. Il Patto dei Democratici, di cui oggi abbiamo saputo che in due più uno si è anche suddiviso in due sottogruppi, diciamo così, perché per Regolamento, voi sapete che tre persone non formano Gruppo se non vengono elette nella lista alle elezioni, quindi li chiamo sottogruppi per adesso, occorrerà vedere di questo Gruppo quale sarà il destino, perché è inutile che noi tentiamo di imbrogliarci, il Patto dei Democratici in Sardegna nel 1994 era Patto Segni e chi proviene da Sassari sa perfettamente che la forza elettorale non è di Dini, Dini non esiste, nessuno sa a Santa Teresa di Gallura chi sia Dini, ma tutti sanno ad Alghero chi è Segni, e allora questi conti senza l'oste a me pare che siano un pochino affrettati, comunque è un loro problema, l'ho citato soltanto perché non comprendo le affermazioni così velenose, astiose, quasi astiose di qualche collega del Patto nei confronti del centro destra. Ora io che cosa dovrò dire al padre dell'onorevole Pietro Fois che ogni volta che mi vede mi raccomanda di non maltrattare il figliolo, "trattatemi bene il mio figliolo"; questo è un altro discorso, forse ne potremmo parlare in una sede diversa da questa, se è meritato o se non è meritato, perché noi ci conosciamo molto bene politicamente parlando, quindi sappiamo dove abito io e dove abiti tu, quindi sappiamo esattamente dove stiamo di casa.
FOIS PIETRO (P.D.). Questo non vuol dire nulla.
MASALA (A.N.). E' per dire che ci conosciamo. Che dire signor Presidente della sua dichiarata volontà, così espressa, di governare il processo politico di trasformazione dal proporzionalismo al bipolarismo. E' un passaggio che io non ho ben compreso, perché io ho sempre saputo almeno da quando sono in questi banchi che questi processi li governa il Consiglio, non la Giunta; io ho sempre saputo che i processi di riforma li fa il Consiglio, non la Giunta. Quindi è un passaggio che io non ho compreso e spero di aver compreso male. Ora, si è parlato di bipolarismo, di come deve essere, ne abbiamo sentito parlare anche stamattina, addirittura vengono evocati neocentrismi che dovrebbero, dopo aver collaborato per anni insieme, in questo governo, nei governi dei comuni, di numerosissimi comuni della Sardegna un neocentrismo che con la veste di liberaldemocrazia dovrebbe rappresentare l'alternanza nei confronti della sinistra. E di questa coalizione dovrebbero fare parte oltre che i così detti partiti di centro anche le parti più sensibili, più brave, le persone buone di Forza Italia non Alleanza Nazionale perché Alleanza Nazionale è tutta quanta cattiva, mentre Forza Italia ha una parte di buoni, ma anche di cattivi, va bene! Ora, per parlare seriamente di bipolarismo qui in Sardegna, non si può fare a meno di andare a guardare un po' la genesi di questa maggioranza, vedere come si è formata questa maggioranza eliminando tutte le falsità involontarie che si dicono su queste cose. Nel 1994, perché dobbiamo dire fino alla noia che nel 1994 non c'era un bipolarismo, che c'erano tre, quattro gruppi che si confrontavano alle elezioni e che non ha vinto quindi nel 1994 il centro sinistra perché non esisteva il centro sinistra, perché esisteva il centro ed esisteva la sinistra. Questa è la verità storica. Quindi è inutile che si vada a dire che è la coalizione che ha vinto le elezioni, è una falsità; questa coalizione non esisteva, è una cosa, una aggregazione che si è formata dopo perché i partiti di centro nella loro legittima scelta, autonoma scelta, hanno deciso di collaborare con la sinistra. Avrebbero potuto tranquillamente scegliere di collaborare con Forza Italia e Alleanza Nazionale e avremmo avuto un governo di centro, centro destra perché Forza Italia è un partito di centro, squisitamente di centro, prevalentemente di centro, come dimostrano abbondantemente le elezioni amministrative di poco tempo fa dove risulta chiaro a tutti, è davanti agli occhi, che il centro è con il centro destra non con la sinistra. In ogni caso nel 1994 si è formata questa coalizione, ed era una coalizione ovviamente eterogenea, percorsi diversi, culture diverse, è evidente; è stato detto che era una coalizione di programma, ma poi si è voluto trasformarla in coalizione politica, e quando si è trasformata in coalizione politica gli si è messo sopra anche l'Ulivo e si è avuta la pretesa, mettendo il tutto sotto i rami dell'Ulivo, di omogeneizzare quello che omogeneizzabile non è. Perché chi è cattolico rimane cattolico, chi è ateo o non cattolico rimane non cattolico, non c'è niente da fare, chi ha una cultura liberale, liberista, mantiene la cultura liberista, chi ha invece una cultura portata più all'assistenzialismo può modificare perché i tempi e le cose corrono per tutti, però l'humus, il comune denominatore, lo spirito, rimane sempre assistenziale. Quindi è logico che succedano queste cose, perché manca la coesione, l'omogeneizzazione; non è possibile, deve, e non poteva essere che così, rimanere se volete solo ed esclusivamente una maggioranza programmatica. Ora io adesso, avviandomi alla conclusione, devo rivolgermi al Presidente della Giunta perché a lui voglio ricordare, ma anche ai colleghi del Consiglio, che in questi tre anni noi siamo al quater uno non lo contiamo, siamo alla terza Giunta di fatto, la prima ce la ricordiamo era la Giunta del Presidente, dell'eletto dal popolo. Onorevole Palomba, chi parla in questo momento, lei sa, è stato sempre molto sensibile alle indicazioni che provenivano direttamente dall'elettorato anche se le ho sempre contestato il fatto che lei fosse il reale vincitore delle elezioni, perché nel momento in cui lei si spoglia dei voti che ha ricevuto da Rifondazione, automaticamente lei non è il più votato, perché bisogna anche farle queste operazioni di decurtazione, se si vuole essere corretti soprattutto con sé stessi, perché non è possibile che lei alla luce dei voti presi alle elezioni, del voto personale, venga considerato il vincitore delle elezioni e poi invece non utilizzi i voti di Rifondazione Comunista. E' un controsenso, non è possibile. Allora questa utilizzazione del voto popolare sul quale lei ha intrattenuto quest'Aula anche in occasione della recente crisi, dell'ultima crisi, e lei utilizzando questo ha indotto i partiti di centro a considerarla vincente nelle elezioni, mentre in realtà lei non aveva vinto le elezioni, sul piano personale intendo dire, al di là e indipendentemente dai 90 mila voti, perché se io facessi come l'onorevole Randaccio, eletto con i voti di Alleanza Nazionale ma anche con quelli di Forza Italia, io non posso dire quali di questi voti mi abbiano realizzato il quoziente, se quelli di Alleanza Nazionale o quelli di Forza Italia. Come faccio io a scorporare dalla mia persona questi voti, non è possibile. Poi siamo passati alla Giunta dei Gruppi, ma la cosa era uguale a quella precedente, soltanto che era diminuita di credibilità, di affidabilità, di prestigio la figura del Presidente e siamo passati, l'abbiamo sentito dall'onorevole Manunza e dagli altri intervenuti in quest'Aula, alla Giunta delle oligarchie. Allora qual è e deve essere la conclusione di tutto questo, se dopo tre anni ci troviamo in questa situazione, e cioè di una Giunta che non può contare su una maggioranza politica e forse neppure numerica. Se siamo in questa situazione quale conclusione dobbiamo trarre se non che la coalizione che si è artificiosamente, forzando i numeri, interpretando comodamente i numeri, anche dietro la spinta di una stampa compiacente, si è realizzata questa coalizione di centro-sinistra, poi denominata Ulivo, io devo concludere che è il fallimento di questo centro-sinistra. Perché se non è riuscita, questa coalizione, neppure a mantenere i pezzi che aveva; se ogni quindici giorni, venti giorni, ogni tre mesi, cinque mesi, affrontiamo la crisi e ci accorgiamo che questi numeri continuamente diminuiscono, è chiaro che è il fallimento del centro-sinistra. E come in una squadra di calcio, quando la squadra non va, la responsabilità, ahimè, è dell'allenatore, non c'è niente da fare. Io dico che il fallimento del centro sinistra è il fallimento del Presidente della Giunta, perché di quel prestigio che, a torto o a ragione, in virtù anche della compiacente stampa fu conquistato nel 1994, dov'è? Dov'è quel prestigio del Presidente? Come è possibile che la Regione non sia nelle condizioni di esprimere un altro uomo, in grado cioè di guidare una qualsivoglia Giunta? Come è possibile che un uomo di tale prestigio (così almeno si diceva) debba essere ridotto a guidare tre o quattro punti programmatici per consentire la fine della legislatura, come è stato detto anche oggi. O non è forse vero che la drammaticità dei problemi richiede invece un Esecutivo che sia in grado di affrontare seriamente, con grande tensione ideale e con progettualità politica, la gravità di questi problemi medesimi? Ora, se tutto questo è vero, signor Presidente, lei sa e mi darà atto che io ho avuto, nei suoi confronti, comportamenti sempre rispettosi e corretti e mi sono sempre comportato con lei con assoluta onestà intellettuale. E allora, se oggi non c'è più il Presidente eletto dal popolo, mi deve credere quando io le dico, come le dico adesso, che quando passo sulla strada chi mi conosce mi dice: ma Palomba quando lo mandate a casa? Signor Presidente, faccia veramente un atto di coraggio, non aspetti il voto, rassegni lei le dimissioni; almeno questo faccia per la Sardegna.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giagu. Ne ha facoltà.
GIAGU (Popolari). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, non nascondo che prendo la parola con un certo disagio, non perché voglia sottrarmi al dibattito o perché intimorito dalle bordate che vengono dai banchi dell'opposizione e non solo. L'opposizione - è chiaro - sta esercitando il suo ruolo; sminuisce il lavoro della Giunta, critica la natura della coalizione, inserisce elementi di dubbio in futuri e possibili dialoghi fra forze politiche che oggi governano e altre forze politiche, nega che a gran voce l'opinione pubblica chieda stabilità di governo; fa insomma demagogia. Il disagio, dicevo, è perché questo dibattito ci costringe a ripeterci; ci costringe quasi ad una sorta di verifica, se siamo fedeli o no a ciò che si è detto appena qualche mese fa, sempre in quest'aula. Non solo, ho anche la sensazione, ed è ricorrente, che l'effetto prodotto da questo evocare in continuazione la crisi sia quello di provocare uno stato di permanente depistaggio, con un unico e preciso disegno: la distrazione dai veri problemi, per obiettivi che non attengono alla collettività, ma semplicemente agli interessi del singolo. La nostra funzione ha degli obblighi nei confronti della comunità, principalmente sarda ma non solo. Non ci è lecito, non ci è permesso abbandonare, come qualcuno va dicendo, in corso d'opera. Il nostro orgoglio, oltretutto, non ce lo deve consentire. Stiamo in trincea, se è guerra, oppure nei rilassanti green dei campi di golf, solo se sapremo essere all'altezza del compito al quale siamo stati chiamati. Oggi gli eventi di diversa natura, sia regionali che nazionali, ci devono portare ad un'assunzione di responsabilità tale da ricercare ogni strumento che consenta la stabilità. Dalle forze sindacali e dalle forze imprenditoriali il monito che riceviamo è inequivocabile: stabilità, non crisi, per costruire insieme un argine a questo pericolo di ulteriore recessione economica che ci spingerebbe non certamente tra le regioni europee, ma tra quelle meno sviluppate. Il rischio è reale e fonti economiche autorevoli ci stanno in continuazione allertando. Siamo a un passaggio delicatissimo per la nostra Regione; stiamo scrivendo, e lo stanno facendo anche a Roma, le pagine che consegneranno la Sardegna al 2000. Una Sardegna trasformata, diversa; questa trasformazione incide - è ovvio - direttamente sulla nostra popolazione, con scelte che saranno, se saremo attenti, vantaggiose. Ma se il clima dei veleni, di agguati, di incertezze ci impedirà di essere attenti, altri scriveranno per noi. Credetemi, sinceramente non penso che il così detto fondamento solidarista dello Stato sia così forte, così presente da considerarci tutelati, sempre e comunque. O vogliamo sperare che qualcuno, al nostro interno, consideri che le nostre difficoltà derivano da ritardi storici imposti dal centralismo statale. La così detta razionalizzazione della finanza pubblica, che altro non è che un modo gentile di definire i tagli, colpisce alla stessa maniera e in modo indistinto tutto il territorio nazionale, vale a dire Sardegna, come Veneto, come Lombardia. Ma questo non può essere razionale; è razionale tutto ciò che si fa con raziocinio, con ragione, con logica. Non è razionale non pensare alla peculiarità di essere isola, di avere ancora delle ferite dovute a scelte economiche che non sono dipese da noi. Non è logico non pensare che dobbiamo avere delle attenzioni diverse, senza ricorrere a quell'assistenzialismo mascherato che ha fatto, più che un favore alla nostra economia, la fortuna dei diversi boiardi di Stato che si sono succeduti alla guida degli enti che conosciamo bene. Per queste problematiche sono convinto che, oggi più che mai, abbiamo bisogno di un Esecutivo forte, non minato dalla instabilità politica, da claudicanti maggioranze o da minacciati salti che supererebbero facilmente gli steccati fra la maggioranza e l'opposizione. C'è un dialogo aperto fra i partiti che formano l'attuale maggioranza, che ha espresso l'Esecutivo e governa la Regione. C'è un confronto dialettico all'interno del nostro partito. Questo confronto, alcune volte, per alcune argomentazioni, le quali non abbiamo difficoltà a dire che attengono alla sfera del governo, può trasformarsi in dissenso. Questo è nelle nostre radici, questa è la tolleranza e il pensiero sturziano. Dal dissenso vitalità, dal dissenso forza per la selezione e l'assimilazione. E a mio avviso tutto questo non deve determinare precarietà; al contrario: da certe spinte nascono le puntualizzazioni, estremamente utili nel rapporto Consiglio-Giunta, in quanto sollecitano una definizione di quei programmi individuati da noi tutti come snodi insostituibili, sui quali far passare la rinascita economica e sociale della nostra Isola. In grandi tematiche mi riferisco a quelle che riguardano i rapporti con lo Stato, le politiche europee, la riforma della Regione e dei suoi enti, le politiche sociali, le nuove politiche a favore dell'occupazione e dello sviluppo e il master plan e così via, senza stare a elencare ciò che è stato fatto e ciò che resta da fare. Signor Presidente, il Gruppo che rappresento, non solo vuole esorcizzare, una volta per tutte, questo demone crisaiolo, ma è fermamente convinto che l'attuale composizione dell'alleanza è, per la convergenza e le istanze sociali e civili rappresentate da ciascun partito che la compone, credibile e rafforzabile. Sarebbe stoltezza politica non ricercare per una maggiore governabilità quelle convergenze con chi è disponibile a condividere il nostro progetto politico. Non possiamo ignorare che il nostro futuro e le sorti della stessa legislatura dipendono dalla risolutezza con cui si affrontano gli ostacoli che ben consociamo. Un passaggio delicatissimo che impone concretezza, lucidità, ma soprattutto, stabilità, garantita da una maggioranza forte, coesa che non inciampi su sterili polemiche e inutili prove muscolari. Una maggioranza che si trovi oggi non su una crisi, confortata anche da una verifica a tutto campo, come è stato richiesto da chi con saggezza ragiona in termini propositivi (l'ordine del giorno Murgia-Sassu esprime un notevole contributo); una maggioranza che si basa sulla condivisione di programmi che va verificata immediatamente anche con chi può apportare significative esperienze all'interno di un quadro politico che rafforzi il progetto di centro sinistra.
La mia formazione culturale mi impone la ricerca del dialogo e l'eventuale convergenza con chiunque abbia da dire e da proporre per il bene comune, sia riferito a forze già presenti in questo Consiglio che a novità emerse questa mattina nel corso del dibattito. Chi vuole la crisi oggi si pronunci sulle alternative, si pronunci su quali forze cercherà il consenso per portare avanti progetti e programmi, si pronunci su quale modello vorrà disegnare la Sardegna e il nuovo millennio. All'esterno non c'è comprensione per le nostre alchimie politiche, non c'è più tolleranza nei nostri confronti. Quest'Aula sembra muoversi al di fuori del contesto reale esterno, sembra che non sappia ascoltare ciò che ripetutamente ci viene detto dalla gente, dagli amministratori locali, dalle forze imprenditoriali e sindacati: non crisi ma governo. Ciascuno di noi è consapevole degli effetti che produrrà questa crisi, dove essa andrà ad incidere negativamente, quale sarà il sacrificio che faremo pagare alla nostra comunità. Ciascuno di noi sa esattamente che la crisi significa blocco del processo riformatore della Regione, blocco dei provvedimenti sulle politiche attive del lavoro, dei provvedimenti nel settore della sanità, delle privatizzazioni, blocco soprattutto della interlocuzione con il Governo centrale in un momento delicatissimo che avrebbe necessitato di aggregazioni più ampie, non certo di dannose divisioni.
Cari colleghi abbiamo bisogno di riflettere sulla responsabilità del nostro mandato, sull'opportunità che ci è stata data. Quando avremo capito l'importanza delle nostre parole, del nostro lavoro svolto in funzione delle speranze dei giovani, delle certezze di tutti, delle richieste dei deboli, allora potremo trovare le necessarie convergenze per evitare che quest'Aula si fermi, che un Esecutivo non governi, che si aggravi ulteriormente questa crisi, che qualcuno, nella logica del tanto peggio tanto meglio, vorrebbe globale.
Onorevole Palomba, lei ha la grave colpa, come alcuni dicono, di aver negato la democrazia; un concetto di democrazia molto labile, come dimostrano le ultime correnti di pensiero, i nostri nuovi filosofi. Non siamo aggiornati, siamo forse inadeguati e dovremmo presumibilmente sospendere la nostra attività di governo e consiliare per capire e recepire alcune ultime teorie. Io personalmente, chiedo scusa, ho origini contadine, sposo concetti semplici. Vi sono dei limiti insuperabili, intelligenze irraggiungibili, aspetto l'avvento degli illuminati per seguirne gli insegnamenti e far librare la nostra Isola verso orizzonti sconosciuti di beatitudine. Per ora posso solo adoperarmi per il conseguimento di umani obiettivi che possano lenire le nostre sofferenze: sono gli stessi obiettivi che questa Giunta, che questa maggioranza, congiuntamente a nuove volontà, si devono prefiggere. I nuovi inquisitori, accecati evidentemente dal bagliore del rogo nel quale vorrebbero bruciare l'eretico, o gli eretici, dimenticano che con quella eresia hanno convissuto fino a poco tempo fa, in quell'eresia hanno creduto, di quella eresia si sono nutriti. Non servono oggi i distinguo giustificativi, non serve la furba difesa da caserma: "non c'ero e se c'ero dormivo". Stiamo attenti, è anche con questi atteggiamenti che si nega un normale processo di democrazia che mai è il sopruso e la volontà del più debole, qualche volta può essere, bisogna accettarla, la volontà dei più.
Signor Presidente della Giunta, per quattro volte le abbiamo affidato responsabilità che oggettivamente, visto il contesto sia regionale che nazionale, all'interno del quale si è dovuto e si deve esplicare il suo mandato, sono notevoli. A nostro avviso, il bilancio del suo governo è attivo. E' vero che l'informazione, distratta da eventi nazionali giornalisticamente più appaganti, non ha fatto da giusta cassa di risonanza delle cose fatte, ma è anche vero che all'interno di quest'Aula viene negata l'evidenza, vengono negati fatti e circostanze che invece depongono a suo favore e a favore del suo Esecutivo. Come è altresì vero affermare che il Consiglio regionale ha lavorato, ha prodotto leggi, altre ne sta esaminando in un ambiente che è diverso, rispetto a quello delle passate legislature. Questo è doveroso ricordarlo a chi spara nel mucchio, a chi fa un semplicistico confronto con il lavoro svolto in passato, noi stiamo operando in una realtà politica e sociale che ha subìto, nello spazio di un secondo, una violentissima trasformazione. Questo è lo stesso ambiente in cui si è trovato ad operare, signor Presidente, lei e la sua Giunta.
Il Gruppo dei Popolari, per tutte queste considerazioni e consapevole di interpretare i continui richiami di chi scongiura salti nel buio, le rinnova la fiducia e la invita a proseguire con determinazione nel suo mandato per il solo interesse della comunità che ci ha consentito e ci consente di stare in questo consesso. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Scano. Ne ha facoltà.
SCANO (Progr. Fed.). In quest'Aula si sta svolgendo, signor Presidente, un confronto politico duro, ma serio e maturo.
Il primo tema del mio intervento sarà appunto la questione del Consiglio regionale, questione emersa con grande forza in questo dibattito per la prima volta, mi pare, nella legislatura. Il Consiglio regionale è, infatti, oggetto di un attacco frontale. Ho già avuto modo in passato, in questa sede, di operare una distinzione fra critica al Consiglio e campagna di attacco al Consiglio. La critica è non solo legittima, ma per tanti aspetti spesso fondata. Viviamo una crisi della vita pubblica sarda, il Consiglio regionale ne è specchio e talvolta ne è anche fattore, ma altra cosa rispetto alla critica è la virulenta aggressione in atto, aggressione che fa di ogni erba un fascio, che attacca questo Consiglio, ma finisce, in verità, con l'attaccare il Consiglio, come tale, l'istituzione. Infatti c'è chi, più bizzarro di altri, trae poi dalla tesi dello scioglimento del Consiglio la tesi dell'abrogazione della Regione. La verità è che tale campagna ha fatto breccia ormai; faremmo male a non rendercene conto. Sta diventando senso comune, dato difficile da modificare. Questo accade naturalmente perché la campagna coglie un elemento di verità, ma anche perché, almeno a me così pare, c'è in piedi un'orchestrazione, un'operazione di carattere politico. E allora, signor Presidente, colleghi, deve partire, noi pensiamo, da qui una controffensiva che deve certo essere affidata ai fatti, cioè ad un più alto rendimento, ad una migliore produttività del Consiglio. Questo è un punto fermo, senza il quale non c'è altra risposta, ma insieme a questa risposta è necessario anche mettere in campo una corretta e robusta polemica culturale e politica, si tratta intanto di ristabilire l'oggettività delle cose. Io non mi soffermo ad operare un paragone tra questa legislatura e quelle precedenti, dico però che potremmo farlo, dico che siamo pronti a farlo. Il disastro dell'autonomia irrealizzata e della rinascita fallita non è opera di questo Consiglio, però badate, l'offensiva, io lo dico non con nemmeno un grammo di intento polemico, ma per il dovere di un ragionamento approfondito e schietto, questa offensiva nasce anche dall'interno stesso del Consiglio, dalle lotte interne al Consiglio e segnatamente, duole dirlo, anche dalla coalizione del centrosinistra. Né di illusione, io credo, di fare della critica al Consiglio un'arma di una battaglia politica, però chi fa questo deve sapere che usa un'arma che ha un nome preciso: si chiama boomerang. Questo Consiglio regionale, non è la prima volta che lo dico, e mi dispiace ripeterlo, è figlio di un periodo caratterizzato dal crollo del sistema istituzionale, dal collasso delle formazioni politiche, è il Consiglio della transizione politica ed istituzionale; questo è il problema. Non l'incapacità, come qualcuno dice, né la poltronite, come altri dicono, che talvolta ci sono e magari talvolta ci sono anche in misura inammissibile. Ma non è questo il problema vero. Il cuore della questione politica sarda oggi è, io credo, la questione delle regole, bipolarismo e degli schieramenti del bipolarismo, questa è la questione centrale insieme all'emergenza lavoro, per cui occorre lavorare nei due anni finali della legislatura.
A volte, vedete, accade che si porti acqua, involontariamente, al mulino dell'attacco al Consiglio. Io ho partecipato nella scorsa legislatura ad un'occupazione dell'Aula, era il marzo del 1992, l'occupazione avvenne sul tema del lavoro, per il piano straordinario per il lavoro, l'occupazione avvenne per impulso di un piccolo Gruppo di opposizione (Rinascita e Sardismo) e una parte, una gran parte non tutto, non ricordo bene, del Partito Democratico della Sinistra, tra cui io, partecipammo, sulla spinta, mi piace ricordarlo, esercitata dal compianto e amato Giovanni Ruggeri. Beh, noi sbagliammo allora, noi sbagliammo ad occupare l'Aula. Alcuni anni dopo io mi sento di dirlo, non perché fosse sbagliata la causa, ma perché non si occupa il Parlamento, non si occupa la sede della sovranità popolare. Perché questo è il Consiglio, l'organo della sovranità popolare. Come vedete, ho polemizzato prima con me stesso che con voi, ma io credo che, come si sbagliava allora, si sbagli oggi. E i consiglieri non sono una categoria come i geometri, gli idraulici, i consiglieri sono eletti dal popolo, dotati di un'investitura democratica, in questo contesto si colloca anche la questione dello scioglimento del Consiglio regionale. Lo scioglimento è un istituto essenziale della vita delle assemblee elettive e dei parlamenti, quando un parlamento non è in grado di esprimere una maggioranza e un governo viene sciolto, dopo naturalmente gli opportuni e necessari tentativi; ciò vale anche per quest'Assemblea. E non è un argomento il fatto che non ci sia un precedente. Nulla quaestio, dunque, solo un'osservazione: lo scioglimento, senza una legge elettorale profondamente riformata, significherebbe semplicemente regalare alla Sardegna una legislatura, la prossima, di instabilità e di ingovernabilità; una buona legge elettorale richiede una norma costituzionale, con i tempi che ne conseguono. Questo per noi è un punto centrale ed è questione di responsabilità verso il popolo sardo. La fase che abbiamo di fronte dovrà essere dunque non di vuoto istituzionale o di bagarre, bensì fase di costruzione del bipolarismo delle leggi e degli schieramenti del nuovo sistema istituzionale. Su questo piano e sul terreno della revisione costituzionale e della predisposizione del nuovo Statuto riprendiamo, noi diciamo, questo Gruppo dice, riprendiamo con coraggio e determinazione il lavoro. E' indispensabile riprendere la strada del rinnovamento della politica. Vedete, io penso che noi come Consiglio ci siamo discostati, chi ha sostenuto tesi diverse da quelle sostenute da noi pensava sicuramente di muoversi per ragioni fondate, per obiettivi buoni e degni, ma quando abbiamo soppresso la legge sull'incompatibilità, io penso che abbiamo segnato in negativo l'evoluzione della legislatura. Non è un problema di valore degli Assessori, naturalmente, è un problema di meccanismi istituzionali e politici. La complessa sfida della riscrittura delle regole e dello Statuto esige, l'abbiamo detto tante volte, un impegno comune della maggioranza e delle opposizioni. Su questo terreno sì, non su quello del governo, occorre la costruzione di larghe intese, che non ci interessano invece sul piano del governo.
Il secondo argomento del mio intervento riguarda la questione della coalizione. Stiamo vivendo una fase turbolenta e non esaltante della politica regionale. E' chiaro ad ogni persona ragionevole, quanto sia difficile affrontare con successo la crisi economica e sociale della Sardegna, il suo ritardo nello sviluppo, l'inefficienza delle sue istituzioni, anche se c'è l'impegno del governo regionale e ci sono anche significativi risultati, spesso sottovalutati dall'opposizione e anche dalla maggioranza. Ma soprattutto è difficile governare una crisi di queste proporzioni, parlo della crisi economica e sociale sarda, senza una vera maggioranza politica e programmatica. Noi ponemmo, anche io personalmente, con grande forza l'estate scorsa questo problema; per andare avanti dicevamo, per governare sul serio, occorre che sia chiara qual è la maggioranza e che cosa vuole, che programma intende realizzare. Quella discussione per motivi che adesso non importano, prese una piega sbagliata e la crisi venne chiusa senza essere risolta, né sul piano politico né sul piano programmatico, e siamo qui, la situazione si è deteriorata ulteriormente e oggi il problema non è più che non c'è una vera maggioranza, la domanda oggettiva è se c'è una maggioranza, se c'è nelle Commissioni, se c'è nell'Aula. La ragione originaria va ricercata nel momento elettorale, anche io torno, come altri colleghi che mi hanno preceduto, su quel punto, anche perché penso che da qui venga la centralità della legge elettorale. Noi, le forze della coalizione, siamo andati alle elezioni non con una proposta politica, l'Ulivo, ma con quattro proposte, non con un premier, Prodi, faccio il raffronto con il livello nazionale, ma con quattro candidati e due al ballottaggio, due della coalizione, non con un programma ma con quattro e forse più programmi. Quindi l'operazione, come dire, di trarre e pluribus unum è piuttosto complicata. L'operazione di costruzione dopo il voto dello schieramento e del programma si è rivelata una fatica di Sisifo, immane; ma colleghi, quando si dice, adesso mi rivolgo anche polemicamente ai colleghi della opposizione, alcuni colleghi che hanno detto: poche storie, è tutta guerra di poltrone, è solo guerra di poltrone; c'è la guerra di poltrone, ma non spiega tutto. Io vorrei dirlo oltre che ai colleghi della opposizione anche agli opinionisti, ai giornalisti, ma temo che sia fatica sprecata. C'è qualcosa di più serio e complesso, ci sono problemi che affondano le loro radici nella storia di queste forze politiche e che non possono essere risolti con la spada di Brenno, con un patto(?). Sulla concezione dello sviluppo ci sono concezioni differenti, è reale o no il conflitto sulla attribuzione delle risorse ai vari comparti della vita economica, o è roba di poltrone? E' reale o no il conflitto sul rapporto ambiente e sviluppo, o c'è di mezzo una presidenza? E' reale o no il conflitto sul metodo delle nomine? E' un conflitto alto non volgare. E' reale o no il conflitto sulla collegialità della Giunta, su quella regola non scritta ma salda come le Alpi per cui io non pesto i piedi a te e tu non pesti i piedi a me. Potrei continuare ma credo che il concetto risulti chiaro. Il problema allora è sempre e ancora il medesimo, quello della costruzione dello schieramento, del suo programma, della sua cultura politica anzi, e perché no, del suo gruppo dirigente. In politica la lotta tra le persone spesso, non sempre, è lotta tra programmi e culture diverse, non è un fatto deteriore, è la fisiologia della democrazia. Io ho visto teste senza programmi, ma non ho visto programmi che non camminino con le gambe e con la testa delle persone. Del resto, la questione della costruzione dello schieramento, del programma e del gruppo dirigente si pone per entrambi i poli; è stato detto dai colleghi della opposizione di destra, anche se è chiaro che per il centro sinistra si pone più acutamente e più drammaticamente perché ha la responsabilità del governo. Potrei dire, se mi viene perdonato, come un personaggio di un fumetto di Walter Kendy(?), Kelly mi pare di ricordare: alla fine abbiamo incontrato il nostro nemico e siamo noi medesimi. Credo che questo valga per noi qui e forse anche, scusatemi, per voi lì. Bene, come si supera questo difficile passaggio politico dove, sia chiaro, la difficoltà non consiste sul contrasto Fondazione-Banco di Sardegna, la Fondazione forse è stato un detonatore non la ragione del conflitto; noi Partito Democratico della Sinistra e Gruppo Progressista Federativo, abbiamo tre punti chiari, chiarissimi. Il primo, siamo risolutamente contrari ad una crisi e ad una crisi al buio. Non lo consente, per la maggioranza naturalmente, le valutazioni delle opposizioni si capisce che siano diverse, non lo consente la ragionevolezza, non lo consente il buon senso, non lo consente la storia di questa legislatura. Secondo, sulla Presidenza abbiamo detto parole chiare e inequivoche, per noi Federico Palomba è il Presidente della legislatura dal 1994 al 1999, per valutazioni istituzionali e per valutazioni politiche e perché gli va dato atto di un grande, intelligente impegno in una situazione straordinariamente difficile e complessa. Terzo punto, niente crisi al buio ma anche no al rappezzo, no al rabberciare la situazione, no alla paralisi, no alla crisi strisciante da qui alle elezioni, al rotolamento come abbiamo detto verso le elezioni. Due anni sono tanti, qui serve un governo e non esiste un governo senza una maggioranza, e non esiste un governo senza un Consiglio che funzioni, cioè senza una maggioranza nelle commissioni e in aula. Quindi noi rifiutiamo la logica della sopravvivenza. Un grande partito in particolare, tutti i grandi partiti, tutti i settori dello schieramento politico hanno una prospettiva da difendere. E allora noi vogliamo realizzare una operazione politica, così se ne esce non con qualche astuzia. L'operazione politica è costituita da due fattori: rimettere insieme la coalizione ed aprire il confronto politico e programmatico con Rifondazione Comunista. E' una strada difficile ma non c'è altra strada. Sul versante del centro, detto che sulla novità di oggi noi abbiamo una esperienza nazionale, abbiamo con Dini, pur con tante differenze politiche e programmatiche un rapporto chiaro e leale, lo avremo anche qui. Mi limito al problema più rilevante sul versante del centro, sulla differenza in casa popolare. Abbiamo avuto ed abbiamo un atteggiamento di rispetto anche di fronte a qualche eccesso polemico, potevamo dividerci noi come accade talvolta in questi casi tra chi picchia sugli uni e chi picchia sugli altri. Abbiamo evitato di farlo lasciando stare appunto quella che io ho chiamato la politica del randello, perché non crediamo che giovi l'andare avanti a testa bassa contro l'ostacolo e perché bisogna sapere ragionare anche oltre i Gruppi consiliari. Per spiegarmi parlo di noi, così il discorso è più liscio e più tranquillo. Chi ha votato noi, questi consiglieri qui, è cosa ben più grande del Gruppo consiliare. C'è il PDS, ci sono energie sociali, culturali, associative, individuali che vanno anche oltre il Partito Democratico della Sinistra. C'è una rete di associazioni, di interessi, di idealità, di culture, questo vale per noi e vale anche per gli altri, vale per i Popolari che sono eredi di una storia, quella della Democrazia Cristiana, come noi Partito Democratico della Sinistra e il Partito della Rifondazione Comunista, siamo eredi della storia del Partito Comunista Italiano. Per questo non abbiamo interpretato questa vicenda come una storia di quattro ribelli, ma come una frattura politica che vorremmo chiarita e sanata. Quindi dialogare, ragionare, ascoltare le ragioni degli altri, ascoltare chi la pensa come noi è molto semplice non è un problema, bisogna ascoltare le ragioni degli altri anche quando pensiamo che abbiano torto. Diversi colleghi hanno parlato di maggioranza nella maggioranza, di una sorta di sindacato di blocco della maggioranza; io non so se da qualche parte si sia avuta questa tentazione, può essere, se la si fosse avuta bisognerebbe levarsela di testa, sul serio. Ho molto apprezzato l'intervento di Giuseppe Sassu; ad un certo punto ha detto che il dissenso si ha quando non si ha voce per incidere ed ha aggiunto che talvolta non rimane che il dissenso per contribuire a salvare il progetto. Ma una coalizione che costringesse una parte rilevante dei propri consiglieri al dissenso sarebbe una coalizione davvero autolesionista e destinata alla sconfitta irreparabile. Queste energie preziose vanno recuperate in un impegno comune di governo. La questione di Rifondazione Comunista, : noi siamo per aprire subito il confronto politico e programmatico con Rifondazione Comunista; siamo per portarlo avanti con tutta la coalizione; altro che operazioni sostitutive, cambio di ruote! Siamo per portarlo avanti con tutta la coalizione e lavoreremo per concluderlo positivamente con l'intera coalizione. La nostra opzione istituzionale di fondo è il bipolarismo, e nel sistema bipolare le aree stanno dentro gli schieramenti, naturalmente su una base programmatica comune, mica perché è fissato per decreto. Le resistenze, i dubbi, vorrei dire ad alcuni colleghi del centro, sono ormai, in quest'ottica istituzionale, battaglie di retroguardia. Le comprendiamo ma appartengono al passato. Nel '94 si è commesso forse un errore? Questo gruppo ha commesso un errore? Noi pensiamo che ogni scelta vada collocata nel suo contesto, nel suo tempo, era una situazione totalmente diversa e, in ogni caso, sul passato ciascuno ha la sua opinione. Rifondazione Comunista oggi ha una posizione di disponibilità che noi valutiamo come un grande, sereno, forte atteggiamento di responsabilità verso la Sardegna. Noi vogliamo, desideriamo, chiediamo che la maggioranza incontri questa responsabilità e questa disponibilità; una disponibilità che non è per sempre e che non è (abbiamo inteso il discorso pieno di coerenza, di linearità e di dignità del collega Ribelle Montis)... c'è una valutazione diversa tra di noi sul percorso; c'è una valutazione diversa, seriamente diversa. Noi non pensiamo sia utile un azzeramento preliminare, anche per le esperienze fatte. Pensiamo che sia dannoso. E' stata avanzata un'ipotesi di mediazione e di lavoro, è stata avanzata utilmente dai colleghi Murgia e Sassu; c'è ancora uno spazio, domandiamo? Comunque c'è un problema politico da affrontare, che è quello della composizione e del programma effettivo della coalizione. Noi pensiamo che vada affrontato un dialogo dentro la coalizione, come ho detto, con Rifondazione Comunista e gli amici tutti dell'area di centro sinistra, ma senza azzeramenti preliminari e crisi al buio. Da qui al momento del voto, dopo una discussione così tesa, robusta, ci sarà da riflettere per tutti. Il collega Emilio Floris, sto concludendo, stamattina faceva riferimento ai conflitti esistenti in tutte le formazioni. Certo, in tutte le componenti è aperta una dialettica sui caratteri della propria formazione, sui caratteri dello schieramento, dell'alleanza di cui si fa parte, e anche una competizione. Ne parlo perché mi ha citato, come dire, con maliziosa bontà. Scano, diceva, ha buona memoria. Sì, certo, ma l'esperienza, caro Floris, mi ha insegnato una cosa: mi ha insegnato che, se è difficile fare la politica con i sentimenti, con i risentimenti è proprio impossibile. Una frase di Pietro Nenni che Consiglio a tutti. Questi due anni, da qui al '99, possono essere utili alla Sardegna. Noi, anch'io personalmente, abbiamo e ho una fiducia profonda, radicata nella possibilità o nelle possibilità di questo Consiglio. Anche se sono controcorrente in questo. Bisogna cercare di dare orizzonti alla legislatura, con idee programmatiche chiare e forti (lavoro e riforme in testa a tutto) con una ricomposizione della coalizione di centro sinistra e l'apertura di un dialogo con Rifondazione Comunista per un nuovo patto programmatico e di governo. Questo è il terreno su cui noi, nei prossimi giorni, lavoreremo con tutta l'energia e con tutta l'intelligenza di cui siamo capaci.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (F.I.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, colleghe e colleghi, il dibattito che ho l'onere di concludere, colleghi, lo dico senza mezzi termini, mi pare che sia nato zoppo e ha proseguito a claudicare per tutti i tre giorni nei quali si è stancamente articolato. Era e doveva essere un dibattito con uno scopo chiarificatore, Forza Italia e il Polo per le libertà hanno promosso questa straordinaria convocazione del Consiglio regionale proprio per affrontare una situazione straordinariamente grave. Una straordinaria convocazione nella quale abbiamo chiesto, da un lato, al Presidente della Giunta regionale, dall'altro ai colleghi della maggioranza, di chiarire le loro posizione personali, nonché quelle delle forze politiche a cui essi si sentono di dovere ancora aderire. Nessuno aveva certo intenzione di promuovere oziose discussioni, degne solo .... chiedo scusa ai banchi della sinistra, so che forse è antipatico sentire qualcuno che parla dall'opposizione, però abbiamo pazientemente sopportato tutto, sopportate anche i nostri interventi.
CUCCA (Progr. Fed.). No, ci fa solo piacere.
PITTALIS (F.I.). Dicevo che nessuno aveva intenzione di promuovere delle discussioni degne solo, come questa che si conclude, a mio modesto avviso, della tarda scolastica e dei suoi interrogativi sul sesso degli angeli. Dibattito, questo, che è nato malfermo, perché primo fra tutti il Presidente della Giunta, e umanamente io lo capisco, nella sua solitudine e nel suo abbandono, ha deciso di imporgli il sigillo dell'evanescenza, della inesaustività e della incompletezza. Le sue dichiarazioni, signor Presidente della Giunta regionale, infatti niente ci hanno detto sulla compatezza della sua maggioranza, niente sugli aspri dissidi che caratterizzano le forze che la compongono, niente in ordine alle sue personali valutazioni sulle reali e concrete prospettive che si aprono per un Esecutivo esposto ai mille fuochi dei cecchini ulivisti. Ella, signor presidente Palomba, ha riproposto in quest'Aula una sintesi di quelle dichiarazioni programmatiche, contenute in quelle 69 cartelle dattiloscritte che rappresentarono, nel settembre '94, l'inizio della lunga agonia della nostra Isola. Parole, mi consenta, non certo adeguate alla straordinaria rilevanza dei problemi oggi sul tappeto. E sa da un lato il dibattito oggi è stato viziato da un presidente taciturno e passivo, dico pazientemente passivo nell'attendere, dall'altra ci è toccato assistere all'indecoroso spettacolo di consiglieri della maggioranza, che ignari della trave che portano nell'occhio cercano, con certosina perversione, la pagliuzza nell'occhio altrui. Un po' come la mitologica storiellina di Giove che nell'imporre all'uomo una bisaccia carica con i mali propri e con quelli altrui, pose dietro le spalle la tasca con i mali propri e proprio davanti agli occhi quella con i mali altrui. Il dato che in una discussione non bisognerebbe mai tralasciare è l'argomento che si tratta; e questa discussione è stata convocata per parlare dei rapporti tra l'Esecutivo e la sua maggioranza e per verificare la possibile prosecuzione del Governo dell'onorevole Palomba. Queste e non altre le ragioni della convocazione straordinaria. Si tratta di un dibattito stimolato dal centrodestra sui mali del centrosinistra che è al governo, e non certamente, come si è tentato, di invertire ancora una volta in maniera inopinata i ruoli. Ma, cari colleghi, del centrosinistra, se vorrete potremo anche organizzare un dibattito sui dubbi amletici che ho visto soprattutto da parte di molti consiglieri del PDS, ma oggi discutiamo di una cosa ben più importante, e cioè il governo dell'Isola che voi non siete più oggettivamente in grado di gestire. Così, lungi dal sentire interventi contriti dai consiglieri di maggioranza che fanno autocritica, tocca alle nostre incredule orecchie raccogliere critiche spocchiose, supponenti e pretestuose. Quale sia il ruolo delle forze di opposizione non spetta certo alla maggioranza né indicarlo né controllarlo, collega Pietrino Fois, tanto meno quando si tratti di una maggioranza che langue in una pozza, e lascio alla sua fantasia comprendere in quale pozza, nella quale volete far affannosamente piombare noi tutti. E siamo ai livelli della comicità, lo dico con la stessa ironia con la quale l'hai detto anche tu, caro amico Falconi, la comicità del collega Falconi che imputa il fallimento inescusabile della Giunta regionale alla mancanza di una opposizione efficace. E desidero, per inciso, ricordare al collega che evidentemente questa opposizione il suo lavoro lo fa e lo sa fare bene, visto che proprio il dibattito odierno è dovuto all'iniziativa - e questa è la cosa ancora più vergognosa - proprio delle opposizioni, e non certamente a chi, dopo aver fatto tutto il lecito e anche l'illecito per rimandare il chiarimento, come unica politica ha quella dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia. Qualcuno parla appunto di necessità di svelenire il clima che, lo ricordo a menti troppo distratte, è avvelenato, questo clima, proprio dalle faide dei gruppi lobbistici di cui certamente non si trova traccia nei banchi dell'opposizione, perché è un problema tutto del centrosinistra che è al governo della Sardegna. Smettetela con l'appropriarvi del ruolo di governo che già avete di appropriarvi anche del ruolo di opposizione. Assumetevi tutte le responsabilità che sono e devono rimanere propriamente vostre: al governo ci siete voi, non il centro destra. E poi, cari amici del PDS, caro amico Falconi, lascia perdere di avventurarti a parlare di moderatismo, attieniti a quella massima di Wittgenstein che diceva: "Si taccia di ciò di cui non si sa parlare". Moderatismo vuol dire saper conciliare nel governo gli opposti interessi per la società, non certo tollerare con grazia e l'arbitrio e lo scarso rispetto della democrazia.
Moderatismo non è dabbenaggine, né vocazione al masochismo e alla sopportazione inerme della mortificazione del decoro istituzionale. L'attacco violento alle istituzioni di cui parlava il collega Ghirra, invece, esiste, ha ragione, esiste ed è innegabile, ma come al solito il collega Ghirra non aggancia il problema che aveva intravisto e si dimentica che le chiassate sono quelle di chi come lui occupa il Consiglio e le istituzioni promuovendo metodi che hanno causato tre crisi in tre anni e hanno paralizzato l'economia e lo sviluppo non solo economico, ma perfino civile di quest'Isola. E non si tratta certamente di opinioni, colleghi, ma di dati statistici per i quali non posso che rimandarvi all'eccellente impeccabile intervento del collega Secci senza ripetere quello che poi voi tutti sapete benissimo. E' di questa mattina addirittura un manifesto che mi è giunto dove si dice: una volta i politici facevano a gara per posare la prima pietra, che sull'edilizia vogliano posano posare l'ultima? Questi sono l'Api Sarda, le leghe, le Confcooperative, Confartigianato e quant'altri si occupano di un settore che questa Giunta, che questo governo, che questa maggioranza stanno facendo purtroppo fallire in tutti i settori.
Antiparlamentare, caro Ghirra, è chi ha fastidio, come te, della libertà di parola altrui, e antidemocratico è chi paralizza la necessità e i bisogni dei cittadini per i suoi piccoli beceri calcoli di bottega, come invece fate voi che da un'eternità sedete al governo della Sardegna per realizzare negli anni lo sfascio che è sotto gli occhi di tutti. Piaccia o non piaccia, cari colleghi, noi siamo una grande forza liberale che conta 10 milioni di voti in questo Paese e in questo momento siamo una grande, democratica forza di opposizione, ci compete controllare la legittimità degli atti di governo, quegli stessi che voi mai e mai avete messo in atto, e ci compete controllare che non si verifichi quella sottile gassificazione delle coscienze che invece è la vostra prima se non unica passione. E come forza di opposizione, anche qui, piaccia o non piaccia, siamo rappresentanti della tradizione moderata, liberale e democratica. A poco, a nulla vale che chi si trova fuori dal gioco avendo spesso sbagliato strada scomunichi la nostra liberalità e il nostro spirito democratico.
All'amico Fantola dico: siamo lieti di abbracciare il figliol prodigo, ma credo che non ci sia la necessità di creare un terzo polo. Un polo per le libertà, un polo autenticamente liberaldemocratico esiste già. Noi la accogliamo volentieri se vuole rafforzare quello appunto che è già un programma fatto di idee fatto di uomini all'altezza di poterlo sostenere.
Colleghi della maggioranza, avete posto in atto critiche impietose e durissime di questa Giunta regionale e delle precedenti esperienze e ancora insistete nell'ostinarvi a non comprendere che non esiste un vostro programma comune, non esiste altro collante per voi che il potere e il suo mantenimento. Parlate ancora, e non so con quale impertinenza, ancora di programma, ma ciascuno di voi, si è mai chiesto perché una legislatura dura cinque anni? Se si vuole evitare da persone mature di pensare che la vita istituzionale di una grande democrazia sia affidata al caso, bisognerà riflettere che cinque anni sono un tempo minimo per mettere in atto un qualsivoglia programma. E voi che avete inescusabilmente fallito, voi che avete ammesso in questo dibattito il vostro fallimento, non potevate certamente fare altro rispetto all'evidenza, mi chiedo quale programma pensate ancora di realizzare in due anni? Qui si parla ancora di impostare un programma forte ed efficace, un programma nuovo, ma quale programma credibile si può impostare ora per realizzarlo nell'arco di ventiquattro mesi? Cosa ragionate ancora di riforme, di federalismo interno, di riforma della Regione, della macchina burocratica dell'amministrazione, di grandi progetti? La vostra inettitudine, cari colleghi della maggioranza, quella sì è programmatica, e se mi permettete questa volta un consiglio ve lo diamo noi dai banchi dell'opposizione: se accettate un consiglio e se sarete in grado ancora di ricostituire una maggioranza approntate un programma con un solo punto, per gestire poi l'ordinaria amministrazione. Approntate un programma per un intervento straordinario, veramente straordinario, questo sì, perché ve lo chiedono tutti i sardi, gli oltre 300 mila disoccupati, un programma straordinario per l'occupazione e mettiamo quindi mano alla legge elettorale, si è detto da più parti. Esiste una proposta, una proposta seria, quella presentata dai colleghi Lippi, Floris e altri colleghi dei partiti del centro, che sicuramente può costituire un valido punto di partenza. Io non credo ai grandi progetti, non credo ai grandi programmi, presentarvi ancora un'altra volta con i grandi libri sarebbe ancora una presa in giro per tutti i sardi, sarebbe soprattutto un affronto di cui spero i sardi stessi possano ricordarsi quando ci presenteremo al loro giudizio, tra due anni se non succederà qualcosa prima. Questo sarebbe già un risultato assai pregevole. Occuparvi almeno del problema della disoccupazione, non volete ancora rendere effettiva la fine di quest'esperienza che è finita, non volete formalizzare questa crisi che è impropriamente una crisi falsa, ma è ugualmente molto dolorosa. Una crisi che non riesce a vedere la luce e sulla quale ciascuno di voi, colleghi, che sedete a sinistra, avrebbe, penso, volentieri steso un velo pietoso per tirare a campare. Abbiamo dovuto porre in essere noi, un gesto clamoroso quale quello dell'occupazione dell'Aula, un gesto che a noi - lo dico serenamente - a noi non piace, proprio per l'alto rispetto che noi abbiamo delle istituzioni e dei loro simulacri, un gesto cui ci avete costretto tirandoci per i capelli, ridotti come siamo stati al silenzio dalla prepotenza e dall'arroganza che governa. Ma è possibile, mi chiedo, che sia toccato a noi l'onere dell'iniziativa politica di oggi? L'amico onorevole Paolo Fois, acuto nella ricerca delle aporie, lamenta la intempestività della presentazione del nostro ordine del giorno, in sostanza ne rileva la pretestuosità essendo stato presentato prima della fine del dibattito. Ma, signori, noi volevamo ancora lasciare fuori da quest'Aula il problema della crisi, sui giornali, sulle televisioni, evitare di portarla in Aula o come si è tentato di fare, svilire ancora di più questo già svilito dibattito, facendolo terminare in un nulla di fatto, senza capo né coda; noi, rispondo al collega Paolo Fois, vogliamo costringere l'Assemblea ad esprimersi con un voto, come si conviene ad ogni consesso democratico, un sì o un no per fare chiarezza. Perché se si fosse registrata una sostanziale permanenza delle ragioni della maggioranza, noi, signor Presidente, glielo dico, non avremmo avuto nessuna difficoltà a ritirare lo stesso ordine del giorno, ma qui abbiamo registrato che, all'interno della sua maggioranza, più sono le critiche, più sono le accuse, più sono le divisioni, più sono le lacerazioni, cosa altro, signor Presidente, potevamo fare.In ogni caso, amici e colleghi della maggioranza, penso che non bisogna avere paura dei voti, il voto è un esercizio libero, democratico, a noi interessa sapere se questa maggioranza di centrosinistra che sostiene la Giunta Palomba ha i 41 voti oppure no. Quindi mi pare che sia un esercizio di democrazia e soprattutto si tratti di schiarire alla luce del sole una crisi che sta diventando veramente pietosa per il modo in cui si atteggia giorno dopo giorno. Abbiamo esitato a lungo, signor Presidente, a presentare l'ordine del giorno che promuove le sue dimissioni e quelle della sua Giunta. L'abbiamo fatto proprio per alto senso della responsabilità e perché ritenevamo, come riteniamo, che l'onere dell'iniziativa politica spettasse alla stessa maggioranza che ha dato vita ai quattro sciagurati governi dell'Isola, non ci interessava e non ci interessa aprire crisi al buio senza vie di sbocco, ma tanto meno ci interessa prestare il fianco per dare ossigeno, ormai, a questa che è un'asfissia e mantenere in vita una Giunta priva della maggioranza politica di riferimento. Così come non riteniamo utile una lunga crisi per vedere riedizioni approssimative e assai simili all'attuale compagine, stessa gente, stessa minestra che ci tocca sorbire oggi. Ma il problema è vostro, il problema è solo e tutto vostro, signori della maggioranza, e delle vostre contraddizioni e delle vostre incongruenze, delle vostre inconciliabili voluttà di potere. Il contraltare che state mettendo curiosamente in atto per raccattare voti è degno, più che di un'Aula parlamentare, di un souk, si dovrebbe chiamare sogno di una notte di mezza estate, signor Presidente, la sua esperienza. Esperienza che ha portato lei, signor Presidente, alla guida di una delle compagini più sciagurate che la lunga e travagliata storia della nostra autonomia abbia conosciuto, un sogno che si è prestato e si è trasformato in un lungo incubo, in un abbandono della fiducia, sogno che non è durato che lo spazio effimero di una notte, dalla travagliata storia della sua prima Giunta (quella dei cosiddetti tecnici che poi erano più politici dei politici) all'attuale crisi a collo di bottiglia, passando per una miriade di incomprensioni, dispetti e per altre due crisi formali dell'Esecutivo da lui guidato. E che la crisi politica sia senza uscita è un fatto che si staglia violento all'evidenza di tutti noi, al di là dei populismi di alcuni ininfluenti atti di "prof" cui facevo dianzi riferimento e oltre a pochi interventi di sostegno assai pregevoli perché dettati dall'affetto, oltre a questi strati(?) strali dalla maggioranza, signor Presidente, sono venutei preoccupanti moniti e lunghi mugugni di insofferenza. Molti autorevolissimi colleghi della sinistra, del partito che l'ha adottata, signor Presidente, le hanno espresso la loro delusione per il non fatto, la loro preoccupazione per il baratro verso il quale, a passi sempre più lunghi ci dirigiamo. Un importante partito della coalizione, poi, vive una crisi assai drammatica, il dissenso violento ma sincero e sentito dai colleghi del Partito popolare, merita anche da noi il massimo rispetto, come è stato anche da altri ricordato. Però c'è un fatto politico al quale lei, Presidente, non ha dato risposta. Il coordinatore regionale di quel partito le ha chiesto a gran voce, e con ripetuti interventi che hanno avuto una vasta eco sulla stampa regionale, di togliere il disturbo così privandola di fatto della fiducia del Partito Popolare Italiano. I colleghi Secci, Manunza, Marteddu e Ladu hanno espresso in durissime considerazioni una totale disapprovazione della sua Giunta e della sua leadership, lei per tutta risposta, signor Presidente, pensa di passare sopra questo fatto come se di niente si trattasse, addirittura proponendo di sostituire in corsa i voti dei, come sono stati simpaticamente definiti gli amici popolari, quattro dell'Ave Maria, con i quattro voti del Partito del Gruppo della Rifondazione.
SECCI (Popolari). Perché noi siamo uomini di preghiera.
PITTALIS. (F.I.). Perché siete uomini di preghiera. Con i quattro voti dei colleghi della Rifondazione Comunista. Signor Presidente, io non esito a definire questo un pensiero, sotto il profilo politico, sconcio. Penso che sia anche offensivo, io spero di sbagliarmi, che non sia stato questo il senso del suo richiamo, ma sarebbe offensivo altrimenti della correttezza, della democrazia, nonché delle più elementari pratiche istituzionali; e questo almeno per alcuni ordini di ragioni che brevemente sintetizzerò. In primo luogo perché per quanto lontano dalle nostre posizioni il partito della Rifondazione comunista non può certamente essere, come giustamente ha ricordato il loro leader, l'onorevole Ribelle Montis, considerato come ruota di scorta i cui voti si utilizzano a piacimento e indipendentemente da degli accordi di programma. Il passaggio eventuale di un ingresso dei comunisti in Giunta necessita di un serio e approfondito dibattito da parte di quest'isola, anche noi non lo possiamo considerare dai banchi dell'opposizione un fatto normale, un fatto ordinario, un fatto di routine. Cambia scenario, cambia quadro politico, cambia composizione e mi pare logico che non possa passare attraverso rabberciamenti o mescolamenti in corso. Esiste, signor Presidente, una vocazione all'occultismo nella politica regionale, una volontà di tenere segreti i passaggi politici; mi pare che stia succedendo ancora con questa gravissima crisi che si è cercato di tenere sempre lontana dall'aula e che, grazie all'alto senso di responsabilità di questa opposizione, abbiamo riportato all'interno di quest'aula. Volete che succeda l'accordo con Rifondazione Comunista? Ma è legittimo, ma questo deve succedere nell'aula, alla luce del sole, e non preferendo le stanze fumose all'aria limpida di un confronto coram populo. In secondo luogo ritengo che il dissenso dei colleghi del Partito Popolare Italiano meriti maggiore considerazione. Non è mio costume occuparsi dei problemi degli altri, ma è un fatto politico che non può essere sottovalutato. Io esprimo anche una valutazione personale e di gruppo; non comprendo perché siano loro a dover passare per scissionisti e non invece quegli altri consiglieri che si sono allontanati dalla linea di una segreteria politica del loro coordinatore, e questo ancora non è stato spiegato bene
TUNIS GIANFRANCO (Popolari). Stai ascoltando delle voci che non sono quelle giuste.
PITTALIS (F.I.). Mi fa piacere, avreste dovuto dirlo in aula. Io ho registrato che c'è un grande scollamento tra la linea del Gruppo...
TUNIS GIANFRANCO (Popolari). Questo vuol dire essere avvoltoi.
PITTALIS (F.I.). Io registro un fatto, queste reazioni smodate, quanto scomposte di alcuni consiglieri dei banchi dei Popolari mi fanno capire che il problema esiste in tutta la sua gravità e in tutta la sua realtà, altrimenti una reazione di questo genere sicuramente non l'avreste avuta. Ma, mi chiedo, forse dobbiamo considerare più degni di stima i centri di potere che hanno influenzato la vita di questo Consiglio regionale per tante legislature anche da parte di chi, caro Giovanni Giagu, io ti invito a non offendere i contadini quando richiami la tua origine. C'è veramente chi zappa la terra con il sudore delle sue braccia, se tu alludevi per aver zappato tu e chi per te la terra con la zappa e arato anche elettoralmente siamo d'accordo, lasciamo fuori il problema dell'agricoltura che deve trovare sicuramente altre risposte anche dai banchi dove ora tu siedi. E ricordavo che il collega Giuliano Murgia, proprio nel suo lucido intervento, ricordava che la Fondazione del Banco di Sardegna controlla il 70 per cento del risparmio dei sardi ed ha un numero di dipendenti inferiore solo a quello dell'amministrazione regionale. Pensate quale è lo scontro, uno dei problemi che hanno investito la turbolenza di questo esecutivo. Cioè significa che il Banco di Sardegna è un centro di potere senza eguali, questo i sardi lo devono sapere, e la nomina del suo Presidente spetta al Ministro del Tesoro su proposta della Giunta. E cioè in ultima analisi, lei, Presidente, ha preferito cedere alle candidature univoche di bande piuttosto che rifarsi all'elementare criterio della competenza per rilanciare il prestigio dell'istituto. Era una grande occasione anche per questa Giunta e per questa maggioranza per rilanciare il problema, veramente sentito dai sardi, dalle imprese, dagli artigiani, dai commercianti, il problema del credito, non il problema della poltrona della presidenza del Banco che ha impegnato mesi e mesi questa Giunta ed i settori della maggioranza. Ha preferito, Presidente Palomba, cedere alla lottizzazione di consiglieri regionali autonomi perché sganciati da un partito che li ha sconfessati e nominare un professore universitario, rispettabilissimo, di biologia degli insetti. Alle critiche del Partito Popolare bisogna dare risposte, Presidente, e non certo facendo passare i colleghi per lottizzatori minoritari. Ed in terza analisi, Presidente, un eventuale ingresso di Rifondazione in Giunta, abbiamo già detto che non è un problema che ci tocca da vicino, ma abbiamo registrato in quest'aula che incontra l'altolà delle formazioni centriste di questa assemblea, senza considerare poi che i Gruppi fortemente minoritari in quest'aula, ed ancor più minoritari nella Regione, non potrebbero contare ancora quel rilevante numero di assessori che oggi invece contano. E, da ultimo, rimane una fondamentale nota costituzionale alla quale anch'io mi richiamo. E' stato detto che il centrosinistra, signor Presidente, è nato con lei, io lo dissi già in un'altra occasione che Palomba e la sua maggioranza simul stabunt et simul cadent.
MANCHINU (Progr. S.F.D.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Cadunt non cadent.
PITTALIS (F.I.). Simul cadent certo. Professor Manchinu si dice cadent e non cadunt, la invito a ristudiarsi un po' di latino. Io dico Presidente, e mi consentirà il recupero di questo tempo, che alchimie, rimescolamenti non sono ammessi a meno di gravi compromissioni con la democrazia, la logica, il buon senso e la correttezza istituzionale. E siccome, signor Presidente, la maggioranza l'abbiamo verificato in questi giorni è caduta, glielo diciamo non per chi sa quale intento punitivo, signor Presidente, ma perché constatiamo che lei non avendo più la maggioranza anche lei deve conseguentemente trarne le conclusioni. Deve, signor Presidente, prendere responsabilmente atto dello stato delle cose e in questo caso non c'è più una maggioranza, non c'è più neanche una maggioranza ordinaria che possa consentire la conservazione di questo stato di cose. Lo scenario attuale nella sua gracilità e fragilità non può essere mutato e non pare affidabile ricorrere ai voti dei transfughi che credono che la democrazia dell'alternanza consista nell'alternare se stessi tra l'uno e l'altro schieramento senza passare dal via. Apro una parentesi, me lo deve consentire signor Presidente, a proposito
PRESIDENTE. Onorevole Pittalis la invito a concludere, ha già sforato di tre minuti.
PITTALIS (F.I.). Io ho cronometrato altri interventi, Presidente, e sono andati ben oltre i trentasette minuti. Poi lo verifichiamo, io chiedo in questo senso la par condicio. Il collega Randaccio, comprensibilmente esacerbato, sicuramente per i lunghi mesi passati in esilio, cerca un riscatto con l'infangare i voti di chi lo ha eletto (questo lo ha detto chiaramente l'onorevole Italo Masala) tralasciando i suoi ragionamenti politici che, more solito, non trovano, nel nostro Gruppo, né grande credito né grandi opposizioni, essendo irrilevantiflatus voci va rilevato che, lo dico a fini cronachistici, e l'onorevole Randaccio passa disinvoltamente dall'opposizione al consenso alla stessa Giunta, utilizzando le stesse argomentazioni. Lo inviterei soltanto a rileggersi le sue dichiarazioni, quando votò contro la sua stessa Giunta nell'ottobre del 1996. Mi dica che cosa è cambiato da quel sistema, perché oggi assuma violentemente attacchi contro questo Gruppo e Alleanza Nazionale e invece abbiamo visto quale consenso abbia lei riservato. Senza poi rilevare che lo stesso raggruppamento di Rinnovamento Italiano si è distinto anche oggi in differenti posizioni in questo Consiglio, e al collega Randaccio va sinteticamente ricordato che, visto che con Forza Italia lui non ha, grazie a Dio, più niente da spartire, sarà per lui più opportuno pensare di portare il suo nuovo movimento politico a percentuali più ragguardevoli di quello 0,2 per cento che ha raccolto nelle ultime elezioni amministrative. E io concludo, signor Presidente, perché non voglio neanche abusare del tempo a mia disposizione. Noi proponemmo lo scioglimento del Consiglio, ma non come una soluzione automatica, noi spieghiamo ancora il senso di quella che è stata una proposta nostra, di cui oggi si stanno appropriando anche consiglieri della maggioranza. Qui non volevamo, signor Presidente, e ho veramente concluso, che prendere atto, abbiamo preso atto delle fratture all'interno della maggioranza, prendiamo atto che esiste l'impossibilità di ricostituire un quadro di maggioranza. Il Polo per le libertà ha un suo programma di governo, ha i suoi uomini, non ha i voti. Se il centro sinistra non può o non vuole assolutamente ricostituire la maggioranza, allora mi pare che la soluzione sia lo scioglimento: dare ai sardi la possibilità veramente di esprimere una nuova classe di governo che possa traghettarla verso un futuro che sia certamente più consono alle esigenze reali di questa nostra Isola. Io concludo rinnovando l'invito al presidente Palomba perché non attenda l'esito del voto sull'ordine del giorno da noi presentato, ma perché tragga direttamente le conclusioni dal dibattito che si è svolto e, nell'interesse della Sardegna, tragga le conseguenze delle dimissioni che abbiamo chiesto.
PRESIDENTE. Il Consiglio verrà riconvocato per sabato 31 maggio alle ore 10.
La seduta è tolta alle ore 20 e 24
Allegati seduta
Risposta scritta ad interrogazioni