Mozione n. 133

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA

XVILegislatura

Mozione n. 133

MORICONI – GANAU – COMANDINI – CORRIAS – DERIU – MELONI – PIANO – PISCEDDA – LAI – COCCO – AGUS – PIU – ORRU’ – SATTA Gian Franco – LOI – CADDEO – STARA – ZEDDA Massimo – MANCA Desiré Alma – SOLINAS Alessandro – LI GIOI – CIUSA – CUCCU sulla valutazione degli effetti dell’accordo del 7 novembre 2019, stipulato tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna e la sua eventuale rettifica, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio regionale ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 54 del Regolamento.

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IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:
– in data 7 novembre 2019, in attuazione dell’articolo 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, è stato sottoscritto l’accordo tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per il sud con il Presidente della Regione Sardegna, finalizzato alla rideterminazione del contributo della Regione alla finanza pubblica, confermato con la norma prevista nella legge di bilancio 2020 che vede, contemporaneamente e con le stesse modalità, acquisiti gli accordi con la Sardegna e la Sicilia;
– l’urgenza di tale accordo era stata portata, prima dalla Giunta Pigliaru e poi dall’attuale Giunta Solinas, all’attenzione del Governo insediatosi all’inizio della XVIII Legislatura e che dal Ministero dell’economia, guidato dal prof. Giovanni Tria, era arrivato, per oltre 14 mesi, un costante diniego alle legittime e riconosciute richieste della Regione;
– il diniego del Governo nazionale era ingiustificato, considerato che le proiezioni economiche e le condizioni della finanza pubblica statale erano del tutto analoghe sia nella legge di bilancio 2019 che di quella del 2020;
– l’accordo, dunque, è stato sbloccato solo con l’avvento del nuovo governo insediatosi nell’agosto scorso e con il cambio ai vertici del Ministero di via XX settembre e l’arrivo del nuovo ministro Gualtieri;

VALUTATO che:
– con l’accordo del 7 novembre viene rideterminato in 383 milioni all’anno il contributo della Regione alla finanza pubblica a decorrere dall’anno 2020, ma al prezzo della rinuncia, da parte della Regione, di somme dovute per oltre 350 milioni di euro, equivalente a risorse sufficienti alla costruzione di 2 ospedali, o a 7 volte la spesa annua per l’università della Sardegna, determinate come di seguito:
– la rinuncia agli effetti delle sentenze della Corte costituzionale n. 77/2015 e n. 6/2019, con cui è stata dichiarata l’illegittimità degli accantonamenti trattenuti dallo Stato per l’importo complessivo di 570,618 milioni di euro (285,309 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2018 e 2019);
– la rinuncia agli effetti delle sentenze della Corte costituzionale n. 31/2019 per l’importo di 12,870 milioni di euro;
– la rinuncia agli effetti della sentenza del TAR Sardegna n. 194/2019 per l’importo di 78,631 milioni di euro;
– la rinuncia agli effetti delle sentenze della Corte costituzionale 205/2016 e 84/2018 su ricorsi presentati dalle regioni Veneto e Lombardia, sulla base delle quali spettano alla Regione, per il triennio 2016-2018, somme per l’importo complessivo di 100,377 milioni di euro, calcolati nella cifra di circa 33 milioni di euro l’anno, per l’esercizio delle funzioni non fondamentali degli enti di area vasta subentranti nelle medesime funzioni alle province sarde in attuazione della legge regionale n. 2 del 2016;
– rispetto all’ammontare complessivo delle rinunce di cui sopra, calcolato per un totale di 762,5 milioni di euro, lo Stato restituisce solo 412 milioni di euro, dilazionandoli in un sessennio, con una simbolica rata nel 2020 e poi, a seguire dal 2021 al 2025;
– il contributo alla finanza pubblica della Regione, così come rideterminato dall’accordo dopo che l’Alta Corte ha sancito come incostituzionali le precedenti misure stabilite unilateralmente dallo Stato, può comunque prevedere ulteriori modifiche in rialzo, a danno della Sardegna, del 10 per cento e in casi di necessità del 20 per cento, come facoltà dello Stato, sino a cifre che potrebbero superare, dunque, la restituzione annua del pregresso;
– in tema di finanziamento di enti locali, l’accordo prevede un contributo da parte dello Stato, a decorrere solo dal 2020 e sino al 2025, di soli 10 milioni di euro all’anno, contro i 63 previsti a regime, calcolati sulla base degli stessi criteri applicati per le regioni a statuto ordinario, con una rinuncia notevole per il pregresso e per il futuro, in virtù del fatto che tali contributi riconosciuti dallo Stato alle regioni a statuto ordinario con diverse disposizioni legislative, a partire dal 2016, devono essere garantiti a tutte le regioni per l’esercizio delle funzioni loro attribuite dalla legge, mentre diventano, per la Sardegna, interamente finanziate dal bilancio della Regione, già gravato, solo per le annualità 2016-2017, dei relativi costi per importi pari a circa 190 milioni di euro; i dati dell’IFEL mostrano come i comuni sardi sono tra quelli che, in Italia, hanno il livello di autonomia finanziaria (40,7 per cento contro la media nazionale del 74,4 per cento) e tributaria (27,5 per cento contro la media nazionale del 48,3 per cento) tra i più bassi in assoluto e che, nonostante ciò, gli stessi comuni sardi, negli anni della crisi, hanno subito un taglio dei trasferimenti nazionali del 43 per cento, contro il 10 per cento per i comuni della Lombardia e il 15  per cento per quelli del Lazio; per sopperire, almeno in parte, alle straordinarie riduzioni dei trasferimenti di cui sopra, la Regione ha dovuto progressivamente aumentare gli stanziamenti aggiuntivi al fondo unico, sottraendo risorse di vitale importanza ad altri settori strategici e nevralgici dell’Isola;
– in tema di investimenti, l’accordo riconosce alla Regione un trasferimento di risorse aggiuntive per spese di investimento pari alla cifra di 1.425, 8 milioni di euro, da erogare in quattordici anni sino al 2033, secondo le modalità degli stati d’avanzamento in quote annuali che comportano che la Regione sia tenuta, sin dal primo anno, ad assicurare, con risorse proprie, la copertura finanziaria per l’effettuazione della complessiva spesa dell’investimento; lo stesso accordo prevede anche l’assegnazione di 111 milioni di euro per investimenti in ambito sanitario a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 555, della legge n. 145 del 2018, finalizzate alla realizzazione del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico di cui all’articolo 20 della legge n. 67 del 1988, norma dalla quale provengono anche i 243,879 milioni di euro disponibili già da anni e dei quali ben 200,977 milioni di euro sono stati ripartiti addirittura con delibere CIPE n. 97 e 98 del 18 dicembre 2008, non ancora spesi perché in attesa della definizione della proposta di accordo di programma necessaria;

CONSIDERATO che, in tema di infrastrutture:
– la Sardegna, per la scarsa densità di popolazione e la condizione di insularità, elementi che, correlati, limitano la possibilità del mercato di compensare eventuali svantaggi di partenza, ha sviluppato, rispetto a tutte le altre regioni anche europee, un gap infrastrutturale di proporzioni eccezionali, con gravi responsabilità dei governi nazionali e del Parlamento che si sono succeduti senza mai ottemperare al dovere di rimozione di quegli squilibri economici e sociali di cui all’articolo 119 della Costituzione, così come neppure sostenere in sede europea le battaglie finalizzate al riconoscimento di quelle compensazioni degli svantaggi di cui all’articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; la mancanza di collegamenti certi e continui con il continente, di reti energetiche, di una rete ferroviaria diffusa e moderna e di un’autostrada in grado di garantire i collegamenti interni dell’Isola, sono certamente una condizione infrastrutturale superabile con opportuni investimenti nazionali ed europei;
– tali svantaggi si riversano, sul piano economico, sullo sviluppo delle aziende nell’Isola e le probabilità di realizzazione di un’economia solida e sicura, mentre sul lato sociale, incidono sui costi per la crescita del capitale umano, in particolare giovanile, e sui costi sociali legati all’assistenza sanitaria e alla sicurezza delle persone più in generale; tali svantaggi sono stati in parte quantificati in 430 milioni di euro di maggiori costi annuali per la sola energia e 660 milioni di euro per i maggiori costi annuali per il solo trasporto marittimo di merci e persone e che ci sono, come anticipato, molti altri effetti economici da quantificare;
– l’accordo sottoscritto rimanda genericamente ad un tavolo tecnico-politico, da costituire entro il 6 gennaio 2020, il compito di individuare gli strumenti compensativi più idonei alla rimozione degli svantaggi strutturali permanenti;

CONSIDERATO, infine, che:
– l’accordo sottoscritto rischia di restare limitato ad un compromesso economico, con la rinuncia certa di una quota del pregresso, la restituzione rateizzata della restante quota e un impegno per investimenti importante, ma inadeguato rispetto agli obiettivi di compensazione dei gap infrastrutturali esistenti, necessario per uno sviluppo armonioso della nostra Isola nei prossimi 20 anni;
– le risorse per gli investimenti, cosi limitate e dilazionate nel tempo, sono insufficienti per un adeguato piano infrastrutturale e rischiano di andare disperse nella spesa corrente, se non vincolate e finalizzate;
– un vero accordo sullo sviluppo dell’Isola non potrà che vedere il coinvolgimento dell’intero quadro delle forze politiche, quelle al governo nazionale che nell’Isola stanno all’opposizione e quelle che hanno avuto la responsabilità di guidare l’Isola nei prossimi anni e che un tale accordo non può raggiungersi se non saranno coinvolti, oltre gli esecutivi, anche i rappresentanti istituzionali ad ogni livello;
– una vertenza per lo sviluppo armonico e duraturo dell’Isola deve vedere coinvolta e impegnata tutta la popolazione attraverso i propri rappresentanti negli enti locali, i sindaci, e le forze economiche e sociali, così che si possa arrivare alla definizione di un Patto per la crescita della Sardegna;
– occorre dar vita a una mobilitazione straordinaria e unitaria dell’Isola per condividere le priorità e individuare, insieme al Governo e al Parlamento, gli strumenti e le misure necessarie e utili al fine di colmare il gap di opportunità di sviluppo e crescita, che separa la Sardegna dal resto delle altre regioni d’Italia, nonché dare compiutamente attuazione alle previsioni di cui alla legge n. 42 del 2009 per la definizione dei meccanismi perequativi, la quantificazione degli oneri derivanti dagli svantaggi strutturali e permanenti della particolare condizione demografica connessa all’insularità;
– la sede di confronto e di definizione delle priorità deve essere promossa dal Consiglio regionale che dovrà identificare un mandato preciso per la trattativa sul tavolo tecnico politico che si insedierà a gennaio e che dovrà operare con rapidità ed efficacia; al tavolo dovranno essere portate poche e definite priorità infrastrutturali, che possano modificare il destino dell’Isola, in un progetto da avviarsi entro il 2021 che riguardi gli assi fondamentali di ferrovie, energia, continuità territoriale, ambiente, e digitale, connesse a innovative opportunità industriali;

al fine di definire le iniziative da intraprendere per verificare e realizzare quanto previsto dall’accordo stipulato il 7 novembre 2019,

chiede al Presidente del Consiglio regionale

di procedere alla convocazione straordinaria del Consiglio regionale, con la partecipazione dei parlamentari eletti in Sardegna e dei massimi rappresentanti delle autonomie locali e delle parti sociali ed economiche isolane, per esaminare e discutere l’accordo stipulato, il 7 novembre 2019, tra la Regione e lo Stato, al fine della sua valutazione, l’eventuale rettifica e la costruzione di un mandato per un nuovo Patto per la crescita della Sardegna e

impegna il Presidente della regione e la Giunta regionale 

ad attivare tutte le procedure propedeutiche e conseguenti.

Cagliari, 19 dicembre 2019

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