CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 34

presentata dai Consiglieri regionali

SANNA Salvatore - PIRISI - DEMURU - SANNA Gian Valerio - LODDO

il 4 gennaio 2000

Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali


RELAZIONE DEI PROPONENTI

Con la presente proposta di Legge si disciplina il decentramento di un gruppo rilevante di funzioni e compiti amministrativi, tuttora accentrati nella Regione sarda, alle Province e ai Comuni, singoli ed associati, ai loro consorzi e alle Comunità Montane. L'assetto istituzionale viene, in tal modo, ridisegnato in conformità al criterio del maggior avvicinamento possibile dell'amministrazione ai cittadini contemperato con il principio di efficienza, efficacia ed economicità della gestione del potere pubblico nell'ambito regionale.

Nel provvedere all'attuazione della Legge Costituzionale n. 2 del 1993, che ha modificato l'art. 3 dello Statuto, attribuendo alla Sardegna potestà legislativa esclusiva in materia di "ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni", l'articolato che si presenta intende dare, altresì, svolgimento ad alcuni principi generali, derivanti dalla legislazione nazionale, come la Legge  142/90 e, da ultimo, la Legge  59/97 alla cui osservanza la legislazione regionale è da ritenere vincolata.

Per la realizzazione degli obiettivi prefissati si è reso necessario un intervento legislativo ampio e complesso che ha preso in considerazione unitariamente, secondo uno schema simile a quello per settori organici, già accolto nel D.P.R. n. 348/79, un ambito esteso di materie rientranti tra quelle oggetto di competenza legislativa regionale, ai sensi degli artt. 3,4, e 5 dello  Statuto sardo. Uniformandosi, almeno in linea di massima, all'impianto complessivo del D.Lgs. n. 112/98 che a sua volta ricalca il D.P.R. n. 616/77 emanato in attuazione del Capo I della Legge n. 59/97, l'articolato che si presenta provvede ad accorpare le materie in questione secondo criteri di affinità, complementarità ed omogeneità, in tre grandi aree settoriali, coincidenti con quelle relative a "Sviluppo economico, attività produttive, lavoro e cooperazione sociale", " Territorio, ambiente e infrastrutture", " Servizi alla persona e alla Comunità". Ogni area di cui sopra è stata ricompresa in un apposito Titolo che, a sua volta, si articola in Capi distinti, ciascuno dei quali è dedicato ad una singola materia tra quelle afferenti alle aree stesse ed entro i quali sono stati individuati, secondo un criterio di residualità rispetto a quelle destinate a restare di competenza regionale, le funzioni e i compiti di competenza provinciale e comunale.

Nel perseguire l'obiettivo del decentramento delle funzioni e dei compiti regionali agli altri Enti territoriali, si è ritenuto di provvedere all'enunciazione in via preventiva di alcuni principi, da porre a base dei conferimenti nei singoli settori, enunciandoli nel Titolo I contenente "Disposizioni generali". Tra tali principi, in primo luogo, viene ricompreso quello di sussidiarietà, alla stregua del quale dovranno essere indicate, in via tassativa, le funzioni destinate a restare nella sfera di competenza regionale; funzioni identificate in quelle di programmazione  e indirizzo, oltre che di coordinamento, necessarie a raccordare le funzioni riservate alla Regione con quelle conferite agli Enti minori, e nelle altre diverse funzioni a queste ultime connesse. All'Amministrazione Regionale vengono, altresì riservate le funzioni ed i compiti di amministrazione attiva il cui esercizio unitario sia realmente necessario a tutelare interessi insuscettibili di una gestione frazionata (art. 2).

Si stabilisce, di converso, che tutte le funzioni ed i compiti diversi da quelli espressamente riservati alla Regione debbono essere conferiti agli altri soggetti istituzionali del governo locale, costituiti dai Comuni e loro aggregazioni, dalla Comunità Montana e dalle Province, secondo i criteri all'uopo indicati nell'art. 7, 1° e 2° comma.

Si è ritenuto, peraltro, di dover consegnare agli enti territoriali diversi dalla Regione l'intero governo degli interessi Comunitari di cui essi sono esponenziali, includendo nell'ambito di quelle oggetto di conferimento le funzioni ed i compiti affini connessi, strumentali e complementari, comprese le attività di controllo e di vigilanza (art. 1,  2° comma). In tale ottica rientra anche la consacrazione del principio di unicità dell'amministrazione, tendente ad evitare duplicazioni delle funzioni, e quello, connesso, di responsabilità, che consente di identificare nel soggetto destinatario delle funzioni conferite l'unico responsabile dei servizi e delle attività svolte nel loro svolgimento, sia sul piano organizzativo che su quello gestionale e finanziario (art. 1, 4° comma). 

Al fine della salvaguardia delle esigenze di efficienza, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa svolta nell'esercizio delle funzioni conferite, la presunzione generale di competenza a favore del soggetto istituzionale più vicino ai cittadini potrà subire un temperamento alla luce del principio di differenziazione; ai sensi di questo, infatti, la locazione delle funzioni in capo ai singoli Comuni potrà, eventualmente, a discrezione del legislatore regionale, tener conto delle loro caratteristiche di ordine strutturale, organizzativo e demografico; ciò anche in conformità al principio di adeguatezza, teso ad assicurare la corrispondenza tra l'ente destinatario del conferimento operato ed il soggetto effettivamente più adatto all'esercizio delle funzioni conferite (art. 7, 2° comma).

Per assicurare concretezza ed effettività al decentramento operato si prevede che la Regione, contestualmente al conferimento delle funzioni deve garantire ai soggetti destinatari di queste la disponibilità degli strumenti, sia umani che finanziari, necessari al loro effettivo esercizio (art. 1, 4° comma, lett. b).

Onde evitarne il rinvio oltre i limiti di tempo tecnicamente necessari, si stabilisce (art. 1, 3° comma) che il completamento del processo di conferimento delle funzioni a favore degli enti locali va contenuto nel limite massimo di due anni, al decorso dei quali lo svolgimento dell'effettivo esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti deve comunque essere assicurato, con l'inizio dell'anno finanziario.

Nel presente articolato trova espressa enunciazione anche l'esigenza che l'esercizio delle funzioni da parte degli enti territoriali e della Regione si ispiri al principio di leale cooperazione (art. 3) cui dovrà altresì conformarsi l'intera rete dei rapporti tra gli enti in questione, in vista del raccordo e dell'integrazione tra le rispettive sfere di azione e di intervento. In tale ottica si inquadra la previsione sia della circolazione dei dati e delle informazioni tra i diversi livelli territoriali di amministrazione sia della utilizzazione, previa convenzione, degli uffici degli enti locali da parte della Regione. Sono previsti, inoltre, dei meccanismi di coinvolgimento degli enti locali sia nelle fasi preliminari all'esercizio delle funzioni regionali di programmazione e di indirizzo (art. 3, 1° comma) sia nella fase relativa al conferimento delle funzioni che deve svolgersi previa consultazione delle rappresentanze degli enti locali (art. 6, 2° comma).

Quale sede privilegiata, anche se non esclusiva, dello svolgimento dei rapporti in senso cooperativo tra Regione ed Enti locali, viene individuata la Conferenza permanente Regione-Enti locali, già istituita con D.P.G. n. 331/1993 ma opportunamente rivista nei compiti, nella composizione e nel funzionamento secondo quanto verrà disposto da un successivo provvedimento legislativo cui viene fatto rinvio (art. 4).

Coerentemente con il principio del potenziamento della sfera dell'autogoverno locale, e delle relative responsabilità, la presente Legge si prefigge altresì di valorizzare l'autonomia normativa, ed in particolare regolarmente degli enti destinatari del decentramento, che potranno disciplinare l'organizzazione e lo svolgimento delle funzioni e dei compiti e dei compiti conferiti (art. 5).

Per evitare la perdurante inerzia o il prolungato ritardo nell'esercizio dei compiti conferiti, ovvero le gravi inattuazioni delle direttive programmatorie regionali, è stato previsto l'intervento sostitutivo regionale, da esercitare in presenza dei presupposti e nel rispetto delle modalità di cui all'art. 8. Si ritiene, in tal modo, di contemperare le esigenze autonomistiche con quelle di funzionalità dell'amministrazione locale e con quelle di coerenza dell'azione amministrativa e programmatoria svolta nel territorio regionale.

Ai principi surrichiamati indicati nel titolo I, è stata data integrale attuazione nei Titoli successivi ove alla puntuale indicazione delle funzioni e dei compiti mantenuti in capo alla Regione, all'interno dei singoli settori ivi contemplati, fanno riscontro le competenze, generale e residuali, conferite ai  Comuni e le altre, anch'esse oggetto di enumerazione, allocate alle province.

A rendere più ardua la sistematizzazione ha contribuito non poco la carenza, riscontrata in certe materie, come quelle dell'industria, del commercio e - seppure con l'eccezione contemplata nell'art. 2 del Capo I, Titolo II - dell'artigianato, di una disciplina normativa sufficiente a delineare un quadro articolato di competenze provinciali e comunali, distinguendole da quelle destinate a restare nella sfera regionale. 

In conformità alle indicazioni contenute nelle "Disposizioni generali", alla Regione vengono riservate, nelle singole aree interessate dal decentramento, esclusivamente funzioni e compiti strettamente coerenti ad un ruolo di ente di governo, con poteri prevalentemente di programmazione e di indirizzo. Le altre competenze ad essa mantenute sono state circoscritte a quelle di alta amministrazione o a quelle realmente necessarie a tutelare esigenze dotate di rilevanza unitaria tale da escludere una loro gestione frazionata a livello locale, ovvero anche alle altre il cui svolgimento, comunque, richiede di essere ricondotto al centro al fine di assicurare adeguata tutela ai diritti ed interessi diffusi dei cittadini.

Tutte le altre funzioni e gli altri compiti, siano essi di programmazione e di indirizzo che di gestione amministrativa vengono allocati, secondo criteri omogenei e coerenti con le esigenze di una amministrazione democratica ma anche efficace ed efficiente, in capo alle Province, ai Comuni, singoli ed associati ed ai loro consorzi, ed alle Comunità montane, distribuendoli a seconda dell'ambito territoriale interessato dal loro esercizio e del livello dell'interesse comunitario implicato.

Mentre i Comuni vengono resi destinatari di tutte indistintamente le funzioni e compiti non espressamente riservati ala Regione ed alle Province, alcuni dei quali vengono, peraltro, identificati dallo stesso disegno di Legge, per quanto concerne le Province, il potenziamento del ruolo loro assegnato appare ben visibile nella redistribuzione delle competenze regionali operata nei settori materiali ricompresi nei vari Titoli, dove l'assetto attuale è stato in più punti significativamente modificato e perfino, talora, rovesciato a favore delle stesse Province. 

A queste ultime, infatti, sono state assegnate funzioni e compiti incisivi e specifici che, pur con le differenze che si è ritenuto opportuno introdurre nella disciplina dettata per i singoli settori ed in conformità alle peculiarità relative, ne consacrano la condizione di "ente intermedie", punto di snodo delle relazioni tra Regioni e Comuni, in conformità, del resto, alle indicazioni già contenute nella Legge  142/90. Alle Province vengono, infatti, riconosciute funzioni di programmazione e, in taluni casi, di indirizzo e coordinamento delle attività comunali, o comunque delle attività ricadenti  nel rispettivo territorio, seppure da esercitare nel rispetto della programmazione regionale che le stesse Province, di norma, concorrono a formare, e nell'ambito degli indirizzi e dei criteri regionali, che talvolta esse sono chiamate ad integrare. Alle stesse Province vengono, altresì, riconosciute significative funzioni di amministrazione attiva, di area vasta di dimensione intercomunale o sovracomunale, o riferite all'intero territorio provinciale, oggetto anch'esse, alla pari di quelle regionali, di espressa indicazione, nonché funzioni di controllo e vigilanza su determinati interventi come quelli svolti, ad esempio, in materia di occupazione, immigrazione e formazione professionale, di territorio ed urbanistica e in alcune altre materie ricomprese nel Titolo III.

In sede di elaborazione del presente articolato si è reso necessario procedere ad alcune fondamentali opzioni che ne hanno senz'altro condizionato tanto l'impostazione quanto il contenuto. Tra queste, in primo luogo, quella di prendere in considerazione, ai fini del decentramento, le sole funzioni oggetto di esercizio diretto da parte della Regione, escludendo dall'ambito delle funzioni e dei compiti da conferire a Province e Comuni quelle attualmente svolte dagli enti strumentali, cui è dedicato apposito e distinto disegno di Legge elaborato dall'omonimo gruppo di lavoro. 

In secondo luogo, si è provveduto ad inserire la redistribuzione delle funzioni tra Regioni, Province, Comuni ed altri enti locali nel quadro normativo regionale tuttora in atto, operando, dunque, "a legislazione vigente"  e rimettendo ai futuri interventi legislativi le modifiche e gli aggiornamenti di cui la disciplina attuale senz'altro abbisogna. A tale riguardo, anzi, si deve sottolineare la opportunità, e perfino, in taluni campi - come, ad esempio, nel campo del commercio ma anche in quello dell'industria e dell'artigianato - la urgente necessità, di sottoporre al più presto a revisione l'attuale quadro normativo regionale, in vista di quel riordino e quella razionalizzazione che appaiono indispensabili anche per consentire l'impostazione, all'interno di un più vasto progetto di potenziamento del sistema autonomistico locale, di un più organico e completo disegno di decentramento, esteso a tutti indistintamente i campi materiali ancora sottoposti ad un regime accentrato. 

Si deve rimarcare, altresì, che, oltre che della obsolescenza della attuale legislazione regionale, il riassetto delle funzioni amministrative disposto con il presente disegno di Legge risente della mancata emanazione, a tutt'oggi, delle norme di attuazione statutarie necessaire ad adeguare, secondo le peculiarità del rispettivo ordinamento, la sfera di competenza della Regione sarda a quella contemplata dalla Legge  59/97; e ciò al fine di trasferire o delegare a quest'ultima, affinché essa possa provvedere a decentrare agli altri enti territoriali, ove non ne sia richiesto l'unitario esercizio a livello regionale, non solo le funzioni e i compiti già conferiti alle Regioni ordinarie dal D.Lgs. n. 112/98, e dagli altri decreti attuativi della Legge 59/97, ma anche quegli altri che le competono, ai sensi della diversa e più ampia sfera di competenza derivante dalle particolari forme e condizioni dell'autonomia di cui la Sardegna dispone rispetto alle regioni di diritto comune. A tal riguardo si ricorda che una serie di contatti sono stati intrapresi dal gruppo di lavoro con il 2° gruppo settoriale "Revisione norme attuazione statuto", al fine di procedere agli scambi di informazione reciproca in vista del coordinamento delle attività rispettive. 

In terzo luogo, essendosi ritenuto di operare nell'ambito e nel rispetto dell'attuale contesto normativo,  si è dovuto rinunciare anche ad un più profondo e penetrante intervento teso alla riconsiderazione del novero delle funzioni da conservare alla gestione pubblica e di quelle che esigerebbero di essere ricondotte nella sfera di gestione privatistica; ciò che potrebbe riguardare particolarmente taluni settori, come, ad esempio, quello del turismo o quello dell'artigianato, ove un'attenta ed incisiva opera di riordino delle funzioni relative, può rendersi certamente opportuno, per fronteggiare l'evoluzione intercorsa del quadro politico, economico e sociale nella Regione così come nell'intero Paese.

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