CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURATESTO UNIFICATO N. 11-204-290/A
Disciplina per il governo del territorio regionale
Approvato dalla Quarta Commissione nella seduta del 24 luglio 2008
***************RELAZIONE DELLA COMMISSIONE ASSETTO GENERALE DEL TERRITORIO - PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE - URBANISTICA - VIABILITÀ E TRASPORTI - NAVIGAZIONE E PORTI - EDILIZIA - LAVORI PUBBLICI
composta dai Consiglieri
PINNA, Presidente - PILERI relatore di minoranza, Vice Presidente - MATTANA, Segretario - CAPELLI - CORDA- FADDA - GIORICO - MANCA - MURGIONI - PIRISI, relatore di maggioranza - SABATINI
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Relazione di maggioranza
On.le PIRISI
pervenuta il 1° agosto 2008
Il testo unificato PL 11 - DL 204 - PL 290/A, concernente la "Disciplina per il governo del territorio regionale", rappresenta un importante momento di adeguamento e ammodernamento della vigente disciplina regionale di settore che è ancora, sostanzialmente, normato dalla legge regionale n. 45 del 1989, seppure ripetutamente modificata e aggiornata in aspetti spesso secondari.
La necessità di una profonda rivisitazione legislativa della materia non va rinvenuta in una valutazione negativa degli effetti della normativa vigente, bensì nell'opportunità di adeguare la strumentazione normativa regionale al nuovo quadro costituzionale, quale emerso con chiarezza dalla riforma del titolo V della Costituzione approvata nel 2001.
In tale ottica la Regione Sardegna, con il testo unificato proposto, si pone lungo la scia di numerose regioni italiane che hanno già provveduto ad adeguare la propria legislazione ai nuovi principi che la riforma costituzionale pone come centrali: sussidiarietà, adeguatezza, autonomia nella pianifcazione, modalità di copianificazione, partecipazione e sostenibilità ambientale.
Naturalmente molti di questi principi non costituiscono novità assolute essendo, sotto diversi profili, già presenti nella disciplina normativa; quello che cambia è il loro livello di considerazione, è la valenza discriminante che ad essi viene data per impostare più correttamente ed efficacemente un processo complesso come quello di governo e pianificazione del territorio. In particolare appare oramai largamente diffusa la volontà di superare il sistema della pianificazione fondata su principi prettamente gerarchici e verticali - che ha dato luogo alla cosidetta cascata di piani con reciproci condizionamenti tra i vari livelli - e di sostituirlo con una procedura sussidiaria di pianificazione. Questo deve consentire l'instaurarsi di un processo orizzontale e di cooperazione fra tutti gli enti che governano il territorio in una chiara distinzione di competenze che non può più consentire travalicamenti e compressioni. In tal senso i principi sopra sinteticamente richiamati rappresentano le concrete modalità attraverso cui tale cambiamento d'impostazione di fondo si concretizza.
La normativa proposta, mentre si pone in linea, come sopra accennato, al quasi tumultuoso esplicarsi dell'attivismo regionale in materia, deve fare i conti con una situazione normativa nazionale che, a parte la presentazione di proposte di riforma più o meno articolate della legge urbanistica del 1942, puntualmente arenatesi nelle secche dei dibattiti parlamentari, mostra una calma piatta i cui negativi effetti si riverberano anche sull'attività regionale, sovente limitata in alcuni aspetti fondamentali rientranti nella competenza dello Stato.
Infatti la già citata riforma costituzionale del 2001, che ha sancito la definitiva evoluzione della materia della pianificazione dalla nozione di urbanistica a quella più ampia e comprensiva di governo del territorio, ha assegnato allo Stato la responsabilità di legiferare sui principi generali di tale materia, lasciando la concreta attuazione alle regioni.
La complessità dell'attuazione del governo del territorio richiede, quindi, un coordinato e complessivo intervento di tutte la pubbliche amministrazioni coinvolte, secondo i vari livelli di competenza, per fornire un quadro organico ed efficace della disciplina proposta. L'assenza di una riforma statale - che da qualche parte si considera non così urgente proprio a causa del proliferare di leggi regionali innovatrici - appare, invece, decisiva per la mancata soluzione dei principali nodi concettuali e giuridici che attanagliano la materia e che bloccano, sovente, l'operatività del riformismo regionale; se ne possono indicare i principali:
a) l'esatta definizione di quali siano e in cosa consistano i "principi fondamentali della mate-ria";
b) quali siano le implicazioni tra il governo del territorio e le altre materie assegnate alla com-petenza esclusiva dello Stato;
c) la disciplina dei diritti e dei vincoli alla proprietà, con particolare riferimento all'ambito di applicazione e intervento dei nuovi strumenti della perequazione e della compensazione;
d) una puntuale disciplina della fiscalità urbanistica che, superando l'attuale impostazione prettamente statalista, consenta l'utilizzo della leva fiscale come strumento fondamentale per l'attuazione dei piani di livello comunale.La Commissione consiliare, nel suo lungo ed approfondito esame di tutte queste tematiche sommariamente riportate, ha sottoposto a valutazione la particolare situazione della Sardegna, nell'ambito di una competenza esclusiva che lo Statuto le riserva in materia e alla luce della sua storia e tradizione normativa, da inquadrare nello scenario nazionale così variegato.
In particolare la Commissione, partendo dai testi dei proponenti che, in varia misura, ponevano all'attenzione molte delle questioni centrali sul tappeto, ha sottoposto a verifica attenta le varie impostazioni che sono state date alle varie leggi regionali di riforma, tutte più o meno condizionate dal modello proposto dall'Istituto nazionale di urbanistica (INU) a partire dal 1995. Nello specifico l'esame della Commissione ha scandagliato la concreta attuazione e praticabilità in Sardegna di tale proposta, ne ha attentamente valutato la portata e gli effetti anche alla luce delle esperienze già maturate nelle altre regioni e degli strumenti di pianificazione separata di cui la Regione si è già dotata.
Così individuato il criterio guida della propria attività, la Commissione ha proceduto ad una stesura della disciplina che, secondo un lavoro in progress continuo e puntuale, ha consentito di evidenziare i problemi, individuarne le soluzioni ed enucleare quelle più praticabili, di raccordare i vari istituti secondo una visione organica complessiva che, si crede, sia ispirata da comuni principi e indirizzata verso unici fini.
La partecipazione convinta e fattiva di tutte le componenti politiche presenti in Commissione e l'assidua presenza dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica, ha consentito un esame approfondito del testo, arricchendolo con problematiche e questioni pratiche la cui astrazione ha consentito la delineazione di numerose disposizioni di carattere generale unanimemente concordate e condivise.
Tale proficua attività di istruttoria legislativa è stata successivamente divulgata dalla presidenza della Commissione, secondo modalità che hanno cercato la massima diffusione e discussione sulle tematiche del governo del territorio. Infatti, l'unanime considerazione che le procedure contenute nel testo in questione abbiano una valenza di carattere così generale da riguardare tutti i cittadini e le istituzioni della Regione, ha indotto la Commissione a deliberare la trasmissione del testo in primo luogo a tutti i comuni dell'Isola, alle province e poi a tutti gli enti, organizzazioni, associazioni ed organismi che, a vario titolo, si è ritenuto essere capaci di fornire un valido contributo in tale delicata materia.
Purtroppo gli obiettivi della Commissione sono stati conseguiti molto parzialmente; infatti, forse in parte a causa della ristrettezza dei termini posti per l'invio delle memorie, forse - soprattutto - per l'effettiva complessità della materia, sono state pochissime - in rapporto alle attese - le memorie scritte trasmesse alla Commissione. Spicca in tale vicenda la totale mancanza di partecipazione degli ordini professionali che, puntualmente contattati, si sono trincerati dietro il paravento della ristrettezza dei termini posti - peraltro del tutto indicativi - e non hanno fornito quel contributo tecnico che la Commissione legittimamente si aspettava. Tale circostanza, oltre a far nascere dei dubbi sulla reale volontà partecipativa della cosiddetta società civile - anche a livello qualificato - al processo legislativo quando viene chiamata ad esprimersi non su questioni generiche, ma su aspetti precisi e puntuali, ha comunque consentito di sottoporre ad un vaglio critico il testo normativo inviato in consultazione; infatti la limitatezza delle memorie pervenute ha avuto l'effetto di renderne molto puntuale l'esame e di sottoporre ad un'attenta verifica la disciplina degli istituti giuridici presenti nel testo.
Molto proficuo e articolato è stato, invece, il confronto con le associazioni ed organismi rappresentativi degli enti locali e, in particolare, con l'ANCI e il Consiglio delle autonomie locali. Tale confronto, infatti, non si è limitato ad una consultazione formale e rituale, ma è stato molto approfondito proprio su uno dei punti centrali della normativa proposta: il rapporto tra i vari livelli della pianificazione territoriale. L'esito di tale confronto è stato la redazione di un testo finale che ha tenuto conto, nella quasi totalità, delle critiche, indicazioni e segnalazioni del sistema delle autonomie locali e che ne ha caratterizzato la fase finale dell'approvazione.
Nel passare ad una sommaria illustrazione del testo approvato dalla Commissione, è opportuno evidenziare - a causa della notevole complessità della materia - i principi base e gli aspetti di principale novità.
Nel titolo I sono contenuti i principi generali della pianificazione; essi rappresentano i fondamentali principi innovatori contenuti nella normativa proposta e sono proprio quelli della sussidiarietà, adeguatezza, autonomia, perequazione e compensazione, modalità di copianificazione, partecipazione, sostenibilità ambientale e tutela dei beni comuni per le generazioni future che la riforma costituzionale pone come fulcro della nuova impostazione da dare al governo del territorio. Tali principi sono sia contenuti nel titolo primo della normativa proposta, sia successivamente specificati ed attualizzati nella puntuale disciplina settoriale sistemata nelle altre parti della legge.
La Commissione ha posto particolare attenzione nell'individuazione di tali principi fondamentali, consapevole che, dalla loro esatta ed organica disciplina, discenda la redazione di un testo in linea con le attese dei cittadini.
Tra questi principi generali, preme evidenziare la novità introdotta nel panorama legislativo sardo degli istituti della perequazione e compensazione; essi presenti in numerose leggi regionali di riforma - rappresentano lo strumento concreto attraverso cui la pubblica amministrazione si dà delle regole per giungere ad un teorico trattamento ugualitario dei cittadini nella definizione degli atti e strumenti della pianificazione territoriale, sopperendo alle disuguaglianze create dalla rendita edilizia.
Posti tali principi, le scelte di fondo operate dalla Commissione per delineare la nuova normativa, sono le seguenti.
a) Soggetti della pianificazione e loro rapporti
Sono stati individuati i soggetti della pianificazione, secondo i vari livelli di competenza;
- il comune viene individuato come il soggetto titolare della competenza a dettare le norme di governo del proprio territorio;
- la provincia svolge le funzioni di coordinamento dell'azione dei comuni e, soprattutto, incentiva la pianificazione sovracomunale la cui assenza è considerata quasi una emergenza nel governo del territorio isolano;
- la Regione deve dettare le regole generali del governo del territorio che consentano a province e comuni di esplicare in un quadro armonico l'attività pianificatoria.In tale ottica, particolare attenzione è stata posta nell'individuazione degli strumenti di livello regionale. È stata, infatti, più approfondita la valutazione critica delle soluzioni inizialmente proposte dalla Commissione, trattandosi di uno dei punti più delicati della normativa. La soluzione proposta si articola nell'individuazione dei seguenti strumenti:
1) il Documento di pianificazione territoriale (DPT) che è l'atto con il quale la Regione fissa il quadro complessivo e le linee fondamentali della pianificazione territoriale; esso viene assunto in seguito ad approfondita consultazione degli enti locali sulla proposta di documento, la successiva adozione da parte della Giunta regionale e la definitiva sua approvazione da parte del Consiglio regionale - previa acquisizione del parere da parte del Consiglio delle autonomie locali;
2) il Piano paesaggistico regionale (PPR); esso, nel continuare a rappresentare il punto di riferimento dell'azione di tutela, viene aggiornato al nuovo quadro normativo con particolare riferimento alle fasi di consultazione e coinvolgimento degli altri soggetti istituzionali;
3) gli atti di indirizzo e coordinamento; tale strumento rappresenta una notevole novità sia nel contenuto che nella procedura prevista ed è finalizzato a delineare i profili generali degli aspetti tecnici della pianificazione, fornendo una chiave di lettura il più possibile univoca del territorio regionale. Infatti è stato previsto il pieno coinvolgimento sia degli enti locali - mediante l'istituto dell'intesa - sia del Consiglio regionale, nella fase preparatoria e finale, pur mantenendosi in capo alla Giunta il potere finale di approvazione;- si è introdotta un'importante distinzione tra i piani urbanistici comunali e sovracomunali, strumenti di livello strategico della pianificazione, configurativi della proprietà, ed i piani attuativi quali strumenti di livello operativo, aventi la funzione conformativa della proprietà. Tale distinzione è di fondamentale importanza per gli effetti a cascata che produce in tutto il corpus normativo. Partendo dalla constatazione dell'eccessiva rigidità del tradizionale piano urbanistico comunale (PUC), si è delineato un sistema basato su due livelli di pianificazione: quello strutturale e quello operativo, ognuno caratterizzato da differenti modalità e contenuti. La Commissione, dopo aver sistematicamente analizzato le soluzioni adottate da altre Regioni e averle valutate alla luce delle esigenze della Sardegna e della sua tradizione di pianificazione, ha unanimemente ritenuto opportuno non introdurre un ulteriore documento di piano che i comuni dovrebbero predisporre. Infatti, la constatazione che solamente la realizzazione di piani attuativi comunali ha il potere di conformare la destinazione urbanistica del territorio e la volontà unanime di evitare ulteriori ap-pesantimenti alla già difficile attività comunale, ha indotto la Commissione ad approvare la distinzione proposta e ad assegnare ai PUC e ai piani attuativi (PA) le funzioni rispettivamente di piano strategico e di piani operativi;
- si è proceduto ad indicare una puntuale disciplina della VAS e all'individuazione del ruolo del Sistema informativo territoriale regionale (SITR), vero elemento cardine della conoscenza del territorio regionale alla cui realizzazione sono chiamate a partecipare tutte le pubbliche amministrazioni operanti in Sardegna.
b) Strumenti e contenuti della pianificazione
Contiene disposizioni puntuali che danno corpo alle norme contenute nei principi generali. Tra queste, quelle più significativamente innovative riguardanti il piano urbanistico comunale sono:
- la puntuale ed articolata specificazione dei contenuti del PUC in linea con l'impostazione di fondo che gli assegna la funzione configurativa del territorio comunale;
- una disciplina delle procedure di elaborazione ed approvazione del PUC imperniata sui principi della massima partecipazione di tutti gli interessati - mediante l'indizione, da parte del comune, di una conferenza secondo modalità dallo stesso individuate - la snellezza e semplificazione dei procedimenti;
- la precisa delineazione dei limiti entro cui si esercita la verifica di coerenza da parte della Regione, sia sotto il profilo temporale, sia sotto l'aspetto del contenuto, avendo come punto di riferimento solamente gli aspetti prescrittivi del Piano paesaggistico regionale;
- la previsione che la verifica di coerenza comporta l'acquisizione - in sede di istruttoria regionale - del parere degli organi regionali del Ministero dei beni culturali;
- la previsione di una procedura semplificata di approvazione delle varianti al PUC che non presuppongano nuove valutazioni e scelte di pianificazione.Per quanto riguarda, invece, la disciplina concernente i PA, vengono reiterate le disposizioni che assicurano celerità e snellezza nei procedimenti e inoltre:
- viene prevista una procedura semplificata per i PA che non apportano varianti al PUC;
- viene introdotta la proroga per i PA per una sola volta e per un periodo massimo di tre anni a condizione che sia stato realizzato il 70 per cento delle opere di urbanizzazione previste;
- viene introdotta la disposizione secondo cui, nelle convenzioni, deve essere previsto il rilascio delle concessioni edilizie solamente qualora sia completata al 70 per cento la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria;
- viene precisato che l'applicazione del regime tributario locale scatta a partire dal momento dell'approvazione del PA; tale disposizione - che appare non in linea con la vigente disciplina statale in materia fiscale - trova il suo fondamento proprio nella natura conformativa della proprietà del PA e nell'esigenza di equità nei confronti dei cittadini che, solo a partire dall'approvazione di un atto così efficace, possono essere chiamati a corrispondere il contributo fiscale. È questo uno dei settori in cui, si ribadisce, la mancanza di una legge statale di principi viene maggiormente avvertita; la Commissione, pur consapevole dello scostamento dai principi statali vigenti e consolidati in pronunce giurisdizionali a vario livello, ha ritenuto opportuno mantenere la disposizione considerando prevalenti e assorbenti i suoi elementi di equità.Altra norma assai significativa è la disciplina regionale in materia di delega ai comuni al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica che conforma la previsione regionale alle nuove disposizioni contenute nelle ultime modifiche al Codice del paesaggio, pubblicate nel marzo del 2008. Infine, sempre nell'ottica della semplificazione delle procedure e di responsabilizzazione degli enti locali è stata prevista la possibilità che i comuni possano istituire lo sportello urbanistico, quale unico ufficio competente a pronunciarsi sulle modalità burocratiche necessarie per il rilascio di tutti i titoli abilitativi.
Nel capo II del testo è disciplinata - volutamente a parte per sottolineare la sua importanza - la pianificazione territoriale sovracomunale, intesa come strumento per ovviare all'eccessiva frantumazione dei centri decisionali e alla dispersione di risorse, tempi e procedure.
La soluzione prospettata nel testo mira a porre le premesse per una reale incentivazione di tale modalità di pianificazione secondo procedure che utilizzano modelli già introdotti nella legislazione regionale con la legge regionale n. 12 del 2005.
Il capo III del titolo II del testo disciplina partitamente i nuovi istituti della perequazione e compensazione urbanistica, dettando norme che consentano di perseguire l'equa distribuzione dei diritti edificatori tra tutti i proprietari di terreni interessati dagli interventi di trasformazione edilizia. In attuazione della previsione della loro natura di atto conformativo della proprietà, è assegnata ai PA la concreta determinazione delle modalità pratiche di attuazione della perequazione e della compensazione. Per quanto attiene in particolare alla compensazione, appare significativa l'introduzione dell'istituto del credito edificatorio, inteso come una quantità volumetrica riconosciuta a seguito delle compensazioni urbanistiche, liberamente commerciabili e annotate presso apposito registro istituito, aggiornato e reso pubblico secondo modalità stabilite dal comune.
Infine, degna di menzione è anche la compensazione urbanistica territoriale utilizzabile da parte dei comuni che utilizzano lo strumento della pianificazione sovracomunale.
Per quanto riguarda la pianificazione provinciale, nel ribadire le considerazioni effettuate in premessa, il testo unificato ribadisce le competenze della provincia codificate nella legge regionale n. 9 del 2006, ma le inquadra in una nuova dimensione, non coinvolgendole direttamente nel processo pianificatorio attuativo che viene lasciato al rapporto comune - Regione.
Nel ribadire le ragioni politiche di tale scelta, è opportuno evidenziare come essa prenda le mosse dalla considerazione che appare indispensabile in Sardegna - nella fase attuale - realizzare una pianificazione sovracomunale di ambiti infraprovinciali il più possibile omogenei per realizzare una corrispondente pianificazione e organizzazione dei servizi. In tale ottica viene attribuito alla provincia il compito centrale di stimolare, porre le condizioni e facilitare tale pianificazione sovracomunale, compito diverso ma di grande e significativo rilievo e impegno.
Per quanto attiene il livello regionale di pianificazione, illustrati in precedenza i nuovi strumenti introdotti, è opportuno, in particolare, evidenziare:
- la norma relativa alla verifica di operatività del Piano paesaggistico regionale; tale norma, nell'individuare alcune specifiche ipotesi di aggiornamenti o modifiche parziali del PPR, contiene una procedura più celere per introdurre tali modificazioni; ciò in ragione del loro contenuto necessitato. Tale disposizione è, inoltre, richiamata nelle norme transitorie e finali con termini particolari per la sua prima applicazione;
- la norma che introduce l'istituto della compensazione paesaggistica a favore di quei comuni particolarmente svantaggiati dalle misure del PPR, per i quali viene prospettata una forma di compensazione secondo le modalità ivi stabilite. Al di là del contenuto, appare interessante l'inserimento del principio che sta alla base della disposizione che merita attenzione;
- la disciplina dell'intervento sostitutivo; di tale norma è importante sottolineare non tanto l'ovvio riferimento alla disciplina generale contenuta nella legge regionale n. 9 del 2006, quanto la previsione che, comunque, l'esercizio del potere sostitutivo non potrà mai spingersi fino all'emanazione dell'atto di pianificazione che resta solo ed esclusivamente di competenza dell'ente oggetto dell'intervento sostitutivo. Ciò al fine di garantire e assicurare una reale autonomia dell'ente locale.Il titolo III si apre con il capo I che contiene una serie di importanti disposizioni a contenuto innovativo nel panorama legislativo sardo e che sono in linea con le ultime tendenze della legislazione nazionale e regionale. Si tratta di alcune misure di incentivazione, sostegno e promozione della bioedilizia, del rendimento energico nell'edilizia e dell'utilizzo di materiali tipici della tradizione locale. Inoltre appare significativa anche la norma che pone le premesse per il conseguimento di una sempre maggiore qualità nell'architettura finalizzata ad un significativo miglioramento delle varie modalità di costruzione.
Infine il capo I si conclude con un'importante disposizione che introduce agevolazioni urbanistiche nei confronti dei portatori di handicap gravi. Tale disposizione, di particolare delicatezza, estende anche alle abitazioni plurifamiliari la possibilità di realizzare un ampliamento volumetrico per consentire la realizzazione di servizi indispensabili a favore di soggetti affetti da handicap fisici particolarmente gravi. Il testo proposto mira a conciliare, da un lato, le particolari esigenze di tali soggetti e, dall'altro, ad introdurre una serie di verifiche e controlli per evitare eventuali usi distorti.
Il capo II del titolo III contiene una serie di norme finalizzate a consentire un più efficace coordinamento tra la vigente pianificazione paesaggistica e gli altri strumenti della pianificazione territoriale. In particolare sono significative le disposizioni relative all'individuazione puntuale dei beni paesaggistici e alla delimitazione dei centri storici e dei perimetri cautelari dei beni paesaggistici e identitari.
Per quanto attiene alle disposizioni finali e transitorie, contenute nel capo III, sono degne di particolare menzione le seguenti:
- la norma relativa alle procedure di adeguamento degli strumenti comunali al vigente PPR in corso al momento dell'entrata in vigore della legge; per esse si prevede che l'amministrazione comunale competente possa - con specifica delibera consiliare - stabilire l'applicazione delle procedure previgenti; ciò al fine di assicurare la più piena economia di mezzi giuridici;
- la norma che, al fine di consentire agli enti locali la più completa ed elevata attuazione delle ampie competenze che tale legge loro assegna, consente un incremento delle dotazioni organiche di personale.In conclusione, la normativa esitata dalla Commissione appare, pur nella sua complessità, caratterizzata da un preciso filo conduttore unico: assicurare un adeguato livello all'autonomia degli enti locali in un quadro di condivisione e comunicazione continua con la Regione. Le soluzioni pratiche che sono state introdotte dovranno, certamente, essere sperimentate sul campo e solo successivamente sarà possibile effettuare gli inevitabili e necessari aggiustamenti, correzioni e rettifiche. Si può affermare che il testo normativo proposto rappresenta il primo importante tassello per la costruzione di un nuovo sistema amministrativo regionale che non sia più imperniato solamente, o prevalentemente, sulla Regione, ma che veda gli enti locali veramente protagonisti. Infatti, non è sufficiente richiamare o appellarsi a principi seppure di livello costituzionale per affermarsi come reali punti di riferimento nell'amministrazione e nella politica, ma è indispensabile saper assumere le decisioni che, di volta in volta, appaiono dovute per assicurare e contemperare gli interessi in campo.
La particolare importanza e rilevanza che la normativa proposta assume per tutta la Sardegna ne impone un immediato esame ed un'approfondita discussione da parte dell'Assemblea consiliare, al fine di porre la Sardegna tra il novero delle regioni virtuose che legiferano in tale delicatissimo settore.
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Relazione di minoranza
On.le PILERI
pervenuta il 4 agosto 2008
La Quarta Commissione consiliare permanente, nella seduta del 24 luglio 2008, ha approvato, con il solo voto favorevole della maggioranza, il testo unificato concernente la "Disciplina per il governo del territorio regionale", più volte modificato ed aggiornato.
La minoranza ha espresso il voto contrario, astenendosi sui singoli articoli, ritenendo opportuno un maggior approfondimento degli stessi perché molte modifiche sono state apportate nelle ultime ore, anche sulla base delle osservazioni pervenute, senza che vi sia stata la possibilità di un attento esame delle stesse.
Ma al di là dell'aspetto legato ai tempi ristretti dati alla minoranza per esprimersi, permangono forti perplessità sull'impostazione generale della legge che, nonostante l'accoglimento di alcune osservazioni, continua a prevedere un'impostazione di pianificazione centralista nelle mani della Giunta regionale, comprimendo il ruolo degli enti locali, ma anche dello stesso Consiglio regionale.
Dall'esame del testo emerge, quindi, la necessità di un maggiore approfondimento delle osservazioni presentate dalle associazioni di categoria, dall'ANCI e dal Consiglio delle autonomie locali (CAL).
In particolare, riteniamo sia opportuno affermare e rafforzare nel testo il principio di sussidiarietà, come previsto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 e, nel contempo, limitare il potere decisionale e discrezionale della Giunta pro tempore, in merito alle problematiche paesaggistiche ed urbanistiche.
Infatti, tale impostazione è stata rilevata anche dal Consiglio delle autonomie locali: "tutto il testo unificato è permeato da un dirigismo del livello di governo regionale o meglio il testo proposto risulta chiaramente orientato verso il consolidamento, nelle mani della Giunta regionale pro tempore, di ogni prerogativa in materia paesaggistica ed urbanistica".
Seppure nel testo licenziato siano state apportate le necessarie modifiche per il controllo di competenza della Regione degli atti di pianificazione comunale, limitando quest'ultimo alla verifica di coerenza, permangono forti perplessità sulle procedure che si intendono adottare per l'approvazione delle direttive (articolo 31 Atti di indirizzo e coordinamento) che dovrebbero essere approvate dal Consiglio regionale e non dalla Giunta, peraltro come già previsto dall'articolo 5, non abrogato, della legge regionale n. 45 del 1989.
Anche in questo caso è opportuno richiamare il parere espresso dal CAL che recita: "la delega data dal Consiglio alla Giunta per l'approvazione delle direttive si configura come una vera e propria cambiale in bianco nel campo applicativo dell'urbanistica".
Come più volte evidenziato nelle sedute di Commissione la minoranza ha, tra l'altro, sollecitato la maggioranza a dare priorità all'approvazione delle direttive, anche anticipando la legge, come strumento di supporto ed indirizzo per la redazione dei piani urbanistici comunali (PUC), così come previsto dalla legge regionale n. 45 del 1989, anche in considerazione del fatto che, a distanza di due anni dall'approvazione del Piano paesaggistico regionale (PPR), nessun comune ha ancora adottato il PUC (che in base alla legge regionale n. 8 del 2004, avrebbero dovuto essere adottati entro dodici mesi dalla pubblicazione del PPR).
Quindi un evidente fallimento non dei comuni, ma della politica urbanistica regionale che, con le norme contenute nel PPR, rende difficile la procedura di adozione che diventa ancora più problematica a causa della mancanza di direttive.
Senza considerare che, a distanza di venticinque anni, rimane unico riferimento ancora richiamato nelle norme transitorie il decreto dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica n. 2266 del 1983 che, appunto, dovrebbe essere abrogato a seguito dell'approvazione delle direttive di cui sopra.
Altre perplessità riguardano le procedure previste dall'articolo 43 in relazione alla "verifica dell'operatività del Piano paesaggistico regionale", secondo la procedura semplificata (articolo 30) che consentirebbe di aggirare le norme previste dalla legge n. 8 del 2004, contraendo oltremodo i tempi previsti per la pubblicazione e la presentazione di osservazioni da parte degli enti locali, dei privati e il rilascio del parere della Commissione consiliare competente.
La tempistica prevista, infatti, più che rappresentare uno snellimento delle procedure, si configura come un ulteriore accentramento dei poteri nelle mani della Giunta poiché i tempi previsti non consentirebbero la presentazione nei termini delle osservazioni.
Altrettanto importante appare la necessità di rivedere la normativa al fine di consentire la concertazione di tutti gli atti pianificatori sottoponendoli alla preventiva approvazione della Conferenza Regione - enti locali.
La legge dovrà, tra l'altro, normare con chiarezza le procedure previste dall'istituto dell'intesa, garantendo un ruolo determinante dell'ente locale e non di sottomissione nei confronti dell'Esecutivo regionale.
Quindi, si dovrà pervenire ad una normativa snella, basata sulla certezza del diritto, che consenta ai comuni di poter adottare, in tempi congrui, i piani urbanistici comunali, anche a seguito delle necessarie ed urgenti modifiche da apportare al PPR prima dell'approvazione della legge.
Nelle more di una più attenta rivisitazione del testo unificato all'esame, la minoranza ha proposto una legge stralcio che consentirà in alcuni casi lo sblocco dei cantieri ormai fermi da molto tempo a causa dell'applicazione delle norme previste dal PPR e delle contrastanti interpretazioni tra Regione e magistratura, emerse nell'esame dei numerosi contenziosi attivati dai cittadini e dagli enti locali.
Il testo presentato dalla minoranza conteneva alcuni commi, non approvati dalla Commissione e dal Consiglio, che prevedevano un maggiore riconoscimento dell'attività pianificatoria degli enti locali.
La minoranza ritiene altresì opportuno che prima di inserire all'ordine del giorno del Consiglio regionale l'esame della legge, si proceda ad ulteriori interlocuzioni con le associazioni di categoria, con l'ANCI e con il Consiglio delle autonomie locali come richiesto dagli stessi in audizione, nella seduta di Commissione del 22 luglio 2008.
Solo a seguito di tale ulteriore confronto sarà possibile l'esame da parte dell'Aula e la minoranza si riserva di presentare gli opportuni emendamenti in attuazione delle osservazioni contenute nella presente relazione, nonché emendamenti correttivi dei singoli articoli, molti dei quali non condivisi, che per brevità non sono stati citati.
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La Terza Commissione permanente non ha espresso il proprio parere di competenza nei termini previsti dall'articolo 45 del Regolamento.
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PARERE DEL CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI
pervenuto il 18 luglio 2008
(N.B. Il parere del Consiglio delle autonomie locali è stato espresso sul testo esitato dalla Quarta Commissione il 3 luglio 2008 ed inviato per la consultazione; pertanto alcuni riferimenti contenuti nelle note di dettaglio, non corrispondono al testo finale)
Il Consiglio delle autonomie locali della Sardegna ribadisce l'urgenza, dopo quasi vent'anni dall'emanazione della prima legge di governo del territorio in Sardegna (la legge regionale n. 45 del 1989), di fissare le regole fondamentali per il governo del territorio attraverso una normativa che ne rinnovi gli strumenti e i metodi di governo.
Per questa ragione giudica positivo il fatto che, finalmente, dopo numerose proposte di legge parziali, questo testo unificato affronti il tema della riforma urbanistica con un corpus legislativo organico.
È vero che il testo unificato affronta i grandi temi della riforma urbanistica, ma lo fa timidamente e senz'altro con meno rigore e minor impegno innovativo di altre leggi regionali (ad esempio la legge regionale n. 20 del 2000 dell'Emilia Romagna o la legge regionale n. 12 del 2005 della Lombardia a cui il testo unificato sembra ispirarsi).
Tuttavia, il testo unificato appare evidentemente inadeguato rispetto alle aspettative del sistema delle autonomie locali e il Consiglio delle autonomie locali ritiene che possa essere migliorato accogliendo le osservazioni di seguito riportate.
A sette anni dall'emanazione della legge costituzionale n. 3 del 2001 (Modifiche al Titolo V della Costituzione) tarda ad affermarsi il principio di sussidiarietà, sebbene richiamato dal testo unificato, e tarda a divenire "senso comune" il principio di non dipendenza gerarchica dei livelli di governo del territorio e quindi di concertazione tra i soggetti della pianificazione.
I nuovi istituti che meglio hanno espresso la volontà di concertazione tra i soggetti della pianificazione sono stati "la conferenza di pianificazione" e "l'accordo di pianificazione" previsti entrambi nella gran parte delle nuove leggi regionali per il governo del territorio delle altre regioni italiane.
Le conferenze di pianificazione potrebbero essere il momento di costruzione del quadro conoscitivo condiviso del territorio, di condivisione delle linee di indirizzo strategico delle pianificazioni generali e settoriali, il luogo ove formulare ed esprimere valutazioni in merito agli obiettivi ed alle scelte di pianificazione prospettate nei documenti generali, l'occasione di confronto e di coinvolgimento del partenariato economico-sociale.
Se le conferenze di pianificazione si concludono con "accordi di pianificazione" che definiscono gli elementi costituenti parametri per le scelte pianificatorie, si potrebbero superare i controlli burocratici e di merito, chiedendo, semplicemente, di dar conto, nella stesura finale dei piani, del rispetto degli accordi.
Nel testo unificato licenziato dalla Commissione, sebbene venga richiamata, al comma 1 dell'articolo 1, l'intesa con gli enti locali (ma non si fa cenno ad alcun coinvolgimento della Conferenza Regione-enti locali o dello stesso Consiglio delle autonomie locali), ad essa non si dà seguito in quanto gli strumenti previsti sono di consultazione e non di concertazione tra i soggetti della pianificazione territoriale.
Un timido accenno alla copianificazione viene fatto al comma 1 dell'articolo 4, ma solo tra province e comuni e per casi specifici, peraltro dai contorni indefiniti di presunte "omogeneità territoriali e ambientali e interdipendenza economica".
Ma ciò che desta maggiore perplessità è il fatto che né all'articolo 4 (Modalità di pianificazione concertata) né all'articolo 26 (Piano paesaggistico regionale - procedure) viene regolamentato l'istituto dell'intesa, che pure vorrebbe essere centrale nell'esecuzione del PPR anche a regime.
Tutto il testo unificato è permeato da un dirigismo del livello di governo regionale; meglio, il testo proposto risulta chiaramente orientato verso il consolidamento, nelle mani della Giunta regionale pro tempore, di ogni prerogativa in materia paesaggistica e urbanistica.
Questa volontà emerge sin dai primi articoli, allorquando all'articolo 5, comma 2, si deroga all'articolo 49, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2006, sottraendo alle province la funzione amministrativa per la VAS (Valutazione ambientale strategica) della pianificazione territoriale comunale, imponendo in tal modo un doppio controllo regionale degli strumenti urba-nistici comunali.
Sempre in questo articolo erroneamente si assoggettano i piani attuativi (PA) alla VAS. Ciò è manifestamente assurdo, intanto perché i PA sono attuativi della pianificazione generale (per la quale è stata già prodotta la VAS) e poi perché, in quanto attuativi, non hanno nulla di "strategico".
In tal modo però si esercita un'ulteriore controllo della Regione anche in atti, i PA, non in variante al PUC, e pertanto non soggetti al preventivo controllo regionale (vedi comma 5 dell'articolo 11).
Al primo comma dell'articolo 8, così come al primo comma dell'articolo 21, i comuni e le province convocano una sorta di conferenza di pianificazione, quasi una presentazione degli intenti in materia di pianificazione territoriale, che non sortisce alcun effetto successivo perché ad essa non fa seguito nessun accordo di pianificazione, vincolante ai fini degli impegni presi e degli obiettivi perseguiti.
Il coordinamento tra i livelli di pianificazione è così affidato solo ai controlli che vengono esercitati solo dalla Regione.
Ed è proprio in materia di controlli, attraverso le procedure di approvazione dei piani, che la presenza della Regione diventa invasiva.
È ben vero che al comma 7 dell'articolo 8 è detto che il PUC viene sottoposto alla sola verifica di coerenza, ma al comma 11 la Regione si riserva la facoltà di restituire il PUC al comune, cioè lo respinge, anche solo per l'incompletezza del quadro conoscitivo, pur non avendo indicato precisamente in nessuna norma legislativa quali documenti costituiscano il "quadro conoscitivo".
È fin troppo evidente che, in tal modo, si reintroduce un controllo di merito ampiamente discrezionale.
Controllo di merito che potrebbe essere esteso anche ai piani attuativi in variante al PUC per i quali è prevista, al comma 3 dell'articolo 11, l'espressione di un parere positivo da parte della Regione. Ci sembra più logico che il comune debba inviare il PUC variato dallo strumento attuativo, per il controllo di coerenza con gli strumenti sovraordinati o di settore e non il PA.
Date le limitate competenze assegnate al Piano di coordinamento provinciale (PCP) dall'articolo 20 del testo unificato in oggetto, anche i controlli regionali per il PCP sono limitati alla semplice coerenza con il Piano paesaggistico regionale (articolo 21, comma 6), pur essendo il parere vincolante (senza possibilità di controdedurre); un ulteriore modo per dire che il PCP non deve occuparsi di infrastrutture, di servizi sovracomunali e di quant'altro alle province viene riconosciuto dalle leggi urbanistiche regionali delle altre regioni.
In altre leggi regionali di governo del territorio il controllo ed il coordinamento della pianificazione di livello comunale sono esercitati dalle province.
Al contrario, il ruolo della provincia nella definizione degli strumenti di governo territorio è, in questo testo unificato, praticamente inesistente.
È vero che il testo unificato la indica quale soggetto della pianificazione territoriale ed urbanistica che predispone e adotta gli atti di coordinamento territoriale di livello intermedio (il Piano di coordinamento provinciale), ma alla provincia non viene inviato il PUC per un'analisi di coerenza con il PCP, tanto che si ipotizza l'assurdo che tale coerenza dovrebbe verificarla la Regione.
Non vi è l'obbligo, da parte dei comuni, di inviare i propri strumenti urbanistici alla provincia, neanche per la costruzione di un mosaico della pianificazione utile a definire l'assetto del territorio provinciale vigente.
E se la provincia è l'ente intermedio di programmazione economica e sociale, non si capisce per quale ragione, almeno per essa, non venga previsto un momento di concertazione, nella formazione ed approvazione del DPT, indispensabile, ad esempio, nella definizione dello sviluppo locale, disattendendo in tal modo il comma 1, lettera b), dell'articolo 5 della legge regionale n. 9 del 2006.
Inoltre, per dare piena attuazione a quanto previsto dal comma 1, lettera a), dell'articolo 5 della legge regionale n. 9 del 2006 occorre che vengano previsti istituti e forme permanenti di concertazione fra la provincia ed i comuni. Ma di ciò non vi è traccia nel testo unificato proposto.
Desta perplessità la non individuazione degli organi istruttori del controllo regionale, cioè quali sono gli uffici che predispongono gli atti? Chi li approva? Esistono organi consultivi della Giunta regionale visto che il CTRU viene abolito? Anche in questo caso la poca chiarezza lascia ampi margini di discrezionalità alla Giunta regionale.
Tra gli strumenti di governo del territorio di livello regionale (Documento di pianificazione territoriale - DPT -, Piano paesaggistico regionale, direttive) l'unico che prevede forme concertative è il PPR per cui è prevista l'istruttoria pubblica, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, della legge regionale n. 40 del 1990.
Sull'istruttoria pubblica più volte gli enti locali, l'ANCI e l'UPS, in occasione dell'approvazione dei primi PPR, hanno espresso varie censure di violazione del ruolo di copianificazione e comunque del principio di sussidiarietà per la fretta ed il modo sommario in cui fu svolta l'istruttoria pubblica. Riteniamo utile che la legge fissi tempi e modalità per l'istruttoria pubblica, se proprio si vuole utilizzare ancora questo strumento di consultazione, ma soprattutto occorre che le istruttorie si concludano con atti di concertazione di cui si dovrà tener conto nella stesura definitiva del PPR.
Il tentativo dirigistico della Regione appare ancora più evidente all'articolo 23 quando descrive il DPT di competenza regionale, ma privo di qualsiasi forma di partecipazione.
Il DPT dovrebbe contenere "...misure finalizzate a garantire le modalità di interfunzionalità fra i vari livelli di pianificazione..."; ci si domanda che cosa siano le modalità di interfunzionalità. Così dette sembrano la reintroduzione delle linee guida della pianificazione comunale e provinciale, presenti nel testo del 27 maggio ed eliminate in quello licenziato dalla Commissione. Se è così, con il DPT si attribuisce un potere straordinario alla Giunta regionale che può condizionare la pianificazione territoriale delle province e dei comuni utilizzando uno strumento che non ha forme di concertazione, né formalità di pubblicizzazione e di osservazione.
Con le direttive, di cui all'articolo 25 del testo unificato in oggetto, si ha un vero e proprio passaggio di competenze dal Consiglio alla Giunta regionale.
La legge regionale n. 45 del 1989, all'articolo 5, comma 8, prevedeva che le direttive dovessero essere approvate dal Consiglio regionale previa deliberazione della Giunta regionale.
Nel testo unificato in oggetto, le direttive sono approvate dalla Giunta regionale una volta acquisito il parere della Commissione consiliare competente in materia (articolo 25, comma 5).
Le direttive hanno, ovviamente, come soggetti attuatori principalmente i comuni e le province e quindi, a seguito della loro applicazione, vi è un'oggettiva limitazione dell'autonomia degli enti locali in sede di pianificazione urbanistica. Ciò presuppone, per la gerarchia delle fonti del diritto, che tali limitazioni vengano emanate con provvedimento dell'organo legislativo, e non esecutivo, altrimenti potrebbe ravvisarsi una violazione del principio costituzionale di sussidiarietà, ma quanto meno sarebbe necessario prevedere forme di concertazione per non incorrere nella violazione del principio di leale collaborazione tra Regione ed enti locali.
La delega data dal Consiglio alla Giunta per l'approvazione delle direttive si configura come una vera e propria cambiale in bianco nel campo applicativo dell'urbanistica. Pur comprendendo la necessità di snellimento delle procedure, il percorso individuato nel comma 4 non può essere condiviso, anche perché, prima dell'invio in Commissione, la proposta di direttiva dovrebbe avere un'adeguata pubblicità e dovrebbe essere inviata agli enti locali ponendo un termine per le osservazioni e le proposte, oppure si dovrebbe svolgere l'istruttoria pubblica ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale n. 40 del 1990. La proposta di direttiva, corredata delle osservazioni e delle proposte pervenute o raccolte in sede di istruttoria pubblica e delle pronunce della Giunta regionale sulle stesse, dovrebbe essere inviata alla Commissione consiliare competente ed al Consiglio delle autonomie locali della Sardegna per il parere di competenza.
È fin troppo evidente che esso nasce con l'esigenza prioritaria di recepire la pianificazione paesaggistica regionale del Codice Urbani, per farla diventare il principale strumento di governo del territorio regionale, ma è buona prassi legislativa fare prima la norma e dopo lo strumento, altrimenti si rischia, come in questo caso, di adattare la norma allo strumento o, peggio, di usare la legge per correggere evidenti carenze del PPR.
Nella procedura di approvazione del Piano paesaggistico regionale (articolo 26, comma 6), come nel caso delle direttive, il conferimento della delega per l'approvazione del PPR alla Giunta pone quest'ultima fuori da qualsiasi effettivo controllo da parte del Consiglio il quale esprime un semplice parere senza conseguenze formali.
Inoltre, un'ulteriore forma di dirigismo è contenuta all'articolo 28, comma 1, laddove è detto che la Giunta, con proprio atto, anche se non è specificato quale, determina quali siano i comuni i cui territori risultano particolarmente svantaggiati. In tal modo l'organo esecutivo regionale può decidere in modo del tutto arbitrario quali siano le comunità locali da beneficiare, e, addirittura, quali privati beneficiare, visto che si parla di permute di aree e quindi di proprietà private.
Il dibattito urbanistico a livello nazionale ha individuato da anni, anche a seguito delle esperienze maturate nelle regioni del centro-nord, nel Piano strutturale (PS) e nel Piano operativo (PO) i due nuovi strumenti della pianificazione territoriale di competenza dei comuni.
Il Piano strutturale deve essere svincolato da ogni carattere regolativo e conformativo, relativamente, in particolare, ai diritti edificatori.
Se è vero che i piani strutturali conservano necessariamente un carattere conformativo per le aree gravate da vincoli ricognitivi (quelli, per intenderci, del PPR) normalmente sovraordinati, non indennizzabili ed atemporali, è anche vero che tutte le altre previsioni devono assumere nei Piani strutturali un carattere esclusivamente programmatico, cioè di indirizzo, e non di prescrizione.
Se non si afferma rigorosamente quanto richiamato, assicurando che le indicazioni contenute nei PS non configurino nessuna forma di diritto, ma anche nessuna aspettativa, il Piano ricadrebbe in tutte quelle contraddizioni giuridiche che hanno alimentato migliaia di processi penali e civili e prodotto centinaia di volumi di giurisprudenza.
Il testo unificato che trattiamo assimila il PUC al Piano strutturale in quanto al comma 2 dell'articolo 7 ne recepisce il carattere programmatorio e non conformativo.
Positiva è l'introduzione del nuovo strumento del Regolamento edilizio (RE) per disciplinare gli ambiti di intervento diretto, superando così, definitivamente, la perenne ambiguità tra norme tecniche di attuazione e regolamento edilizio, a favore di un unico strumento di gestione più snello e ad operatività diretta.
Ma perché realmente il RE sia snello ed operativo occorre svincolarlo dalle procedure di variante del PUC, rendendolo autonomo ed assimilandolo ad un qualsiasi regolamento comunale.
Se il PUC nel testo unificato viene assimilato al Piano strutturale, i PA dovrebbero fare le veci del Piano operativo e ciò è condivisibile e lodevole dal punto di vista della semplificazione amministrativa (nel caso della legge emiliana, ad esempio, esistono entrambi gli strumenti), ma i PA dovrebbero assomigliare ai PO ed invece sono tanto simili agli attuali Piani di lottizzazione.
Anche qui non esiste innovazione, se non a parole, in quanto i PA, per essere dei veri PO, non solo devono essere conformativi della proprietà, ma devono individuare i comparti, stabilire gli indici di edificabilità e le tipologie e, soprattutto, devono definire tutti gli aspetti tecnici e giuridici della perequazione e compensazione urbanistica sulla base degli indirizzi e delle regole stabilite nel RE.
In una parola, i PA devono essere un atto di concertazione tra il pubblico ed il privato all'interno del contesto del PUC, o anche in variante al PUC, ma solo in motivati casi di interesse pubblico.
I PA, sia di iniziativa pubblica che privata, riguardano in generale la trasformazione urbana; tuttavia essi non devono limitarsi alla loro disciplina, ma devono rappresentarne un vero e proprio bilancio economico evidenziando i costi che essa comporta, ma anche le risorse che genera.
Il bilancio economico di cui sopra serve a stabilire la reciproca convenienza degli attori pubblici e privati, rappresenta un concreto strumento di controllo della rendita e della quota di rendita che viene restituita alla collettività, e rende trasparente un processo di negoziazione che, fino ad adesso, ha comportato vantaggi pubblici assai limitati.
Ma perché i PA siano realmente efficaci, la loro portata deve essere fortemente limitata nel tempo, quindi appare eccessiva la loro validità decennale e riteniamo che tale validità vada almeno dimezzata.
Tra gli strumenti innovativi introdotti da quasi tutte le leggi regionali urbanistiche quelli della perequazione e della compensazione sono sicuramente i più sperimentati ed efficaci. Il testo unificato usa questi strumenti in maniera intensiva e ne allarga le potenzialità e gli ambiti di impiego non solo alla pianificazione di livello comunale, ma anche a quella paesaggistica di livello regionale, e ciò è condivisibile.
Anche l'introduzione dello sportello urbanistico è una novità apprezzabile e condivisibile, ma le figure di adeguata competenza e professionalità devono essere individuate e selezionate con criteri oggettivi. Il concetto non può essere lasciato così generico come nella norma viene espresso: è opportuna una regolamentazione di dettaglio, che può essere introdotta con un'apposita direttiva (articolo 25). Ed inoltre, se tali figure non sono presenti nell'organico dell'amministrazione comunale, chi esercita le funzioni finalizzate al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica attribuite, ai sensi dell'articolo 11 alla competenza dei comuni? Sembra ravvisarsi un fin troppo facile intervento surrogatorio della Regione. Va meglio chiarito il coordinamento dello sportello urbanistico con lo sportello unico per l'edilizia e per le attività produttive.
Abbiamo già detto che lo strumento di pianificazione provinciale assolve funzioni tutto sommato marginali, ma anche notevolmente sottodimensionate rispetto alle funzioni delegate alla provincia dall'articolo 5 della legge regionale n. 9 del 2006.
Se il Piano di coordinamento provinciale è anche uno strumento di programmazione socio-economica, allora deve indicare gli obiettivi di sviluppo economico e sociale della provincia, anche raccordando le previsioni dei piani di settore, deve approfondire i contenuti della programmazione regionale ed eventualmente anche modificarli e/o integrarli e, nel contempo, deve prospettare le conseguenti linee di assetto e di utilizzazione del territorio.
Ma il PCP è anche uno strumento di governo del territorio sovracomunale e, quindi, deve definire i criteri per la localizzazione ed il dimensionamento dei servizi e delle infrastrutture sovracomunali ed, eventualmente, la loro localizzazione ed il loro dimensionamento.
Inoltre, per orientare e coordinare gli strumenti di pianificazione comunale è necessario che il PCP definisca i bilanci delle risorse territoriali ed ambientali, i criteri e le soglie per il loro uso stabilendo le condizioni ed i limiti di sostenibilità delle previsioni urbanistiche comunali; è, infatti, impensabile che tali risorse siano ascrivibili nei confini comunali.
In sostanza, lo strumento urbanistico di livello provinciale è interamente da ripensare nel testo unificato rafforzandone il ruolo e le competenze per meglio permettere alla provincia di svolgere l'azione di coordinamento che l'articolo 5 della legge regionale n. 9 del 2006 le attribuisce. Il Documento di pianificazione territoriale è evanescente; direttive, indirizzi, criteri, linee guida, sono tutti necessariamente generici, suscettibili di interpretazioni nell'attuazione e nella verifica, aperti alla discrezionalità.
Il DPT assomiglia molto agli schemi di assetto del territorio dei vecchi Piani di rinascita e non è uno strumento di governo del territorio, ma solo l'esplicitazione territoriale di un programma di governo regionale.
In tal modo si scardina il "principio di pianificazione", secondo il quale l'istituzione (Stato, regioni, province, comuni) che ha competenza su scelte suscettibili di modificare l'assetto del territorio, esprime tali scelte mediante un documento, precisamente riferito al territorio, nel quale sia rappresentata e valutata la coerenza tra le scelte relative ai diversi settori (infrastrutture, centri di servizi di vari ordini e livelli, tutele, ecc.).
Non tutte le scelte che incidono sull'assetto del territorio possono essere affidate all'autonoma decisione dei comuni. Questioni come quelle della produzione e della trasmissione dell'energia, delle infrastrutture per la mobilità, della gestione dei rifiuti e dei relativi impianti e servizi, della localizzazione delle grandi attrezzature per il commercio, per i servizi e le attrezzature di portata sovralocale, di gestione del ciclo delle acque, di assetto idrogeologico, di forestazione, di difesa dei litorali dall'erosione, richiedono un inquadramento regionale e devono essere assunte tenendo conto delle reciproche interrelazioni.
Un'impalcatura della pianificazione priva della orditura a livello regionale è inefficace e soggetta alla discrezionalità del potere della Giunta regionale.
Il testo unificato potrebbe concludersi con l'articolo 32 bis ed essere integrato con le disposizioni finali e transitorie del capo IV, dagli articoli dal 40 al 47, in quanto le norme contenute negli articoli dal 33 al 39 non hanno niente a che fare con la legge urbanistica e possono essere emanate come direttive senza nulla togliere alla loro efficacia, anticipando in legge solo ciò che tali norme prevedono in deroga alla normativa vigente.
Le disposizioni contenute negli articoli 33, 34, 35, 36 e 37 (recupero dei sottotetti e riutilizzo dei piani interrati e semi-interrati) costituiscono delle vere e proprie norme intruse. A parte il fatto che sono state trapiantate in una legge regionale urbanistica della Sardegna, prendendole dalla legge regionale n. 12 del 2005 della Regione Lombardia (articoli 63, 64 e 65), senza verificare la loro reale portata in un contesto tipologico completamente diverso da quello lombardo, ci pare assurdo includere norme tecniche di dettaglio in un testo legislativo di riforma urbanistica, senza neanche una vera motivazione d'urgenza e considerando che nessuna delle disposizioni contenute in quegli articoli modifica precedenti disposizioni legislative vigenti.
La loro collocazione più ovvia è in una direttiva, previa un'attenta valutazione della loro reale portata.
Possono essere condivise e anche mantenute nel testo di riforma urbanistica le disposizioni contenute negli articoli 38, 38 bis e 39, anche se, pure per loro, la collocazione più ovvia sono le direttive.
Tuttavia, nel caso degli articoli 38 e 38 bis, l'affiancamento a norme di incentivazione già operanti con la legge finanziaria del 2008 le rende particolarmente urgenti, mentre nel caso dell'articolo 39 le disposizioni sono in deroga agli indici edilizi stabiliti dal Decreto Floris.
Le note di dettaglio allegate servono a dimostrare e rafforzare quanto detto nel presente parere, ma vogliono essere, in quanto contengono molti spunti e suggerimenti, un contributo fattivo al miglioramento del testo unificato "Disciplina del governo del territorio regionale".
Note di dettaglio al testo unificato "Disciplina di governo del territorio regionale"
Titolo I
Principi generali della pianificazione
Art. 1 - Oggetto e finalità
Comma 1. Se si persegue coerentemente l'obiettivo dell'intesa con gli enti locali, si dovrebbe anche dire che "Tutti gli atti, i documenti, le deliberazioni e le direttive di applicazione della presente legge sono sottoposti alla preventiva approvazione della Conferenza Regione-enti loca-li".
Comma 2. Viene prevista come obbligatoria la sottoposizione della pianificazione paesaggistica regionale ad una preventiva intesa con il MIBAC. Questo pone il problema della autolimitazione da parte della Regione della propria competenza in materia urbanistica. La pianificazione paesaggistica regionale, secondo il Codice Urbani, può, ma non deve, essere preceduta da un'intesa; non è opportuno obbligarsi una volta per tutte, per legge, a cercare sempre l'intesa. Comma inutile da eliminare.
Comma 3, lettera f). Il principio di tutela esplicitato è ricompreso nel precedente punto c).
Comma 4, lettera d). Non si capisce il significato del diritto riconosciuto a tutti i cittadini di partecipare, oltre che alla formazione degli strumenti di pianificazione generale anche alle "scelte che incidono sull'uso delle risorse territoriali ed ambientali"; non esiste autorizzazione, concessione o atto che, di fatto, non incida sull'uso delle risorse territoriali ed ambientali. Sarebbe meglio eliminare l'ultima riga ed eliminare anche la specificazione "generale" relativa agli strumenti di piano.
Art. 2 - Soggetti e strumenti della pianificazione
Comma 1. Non tutte le forme associative dei comuni hanno funzioni di pianificazione. È meglio dire "i comuni, singoli o associati".
Comma 2, lettera c). La Regione assicura la funzione di coordinamento ma, occorre ribadirlo, d'intesa con gli altri soggetti della pianificazione territoriale.
Art. 3 - Partecipazione
Comma 1. È bene scrivere alla fine del primo paragrafo "e delle associazioni costituite per la tu-tela di interessi diffusi" togliendo la frase dalla successiva lettera b).
Art. 4 - Modalità di pianificazione concertata
Comma 1. Il principio di copianificazione, fortemente perseguito nelle altre leggi regionali, è qui dato solo come una possibilità per comuni e province, ma non per la Regione ed esclusivamente nel caso in cui vi sia "un'omogeneità territoriale e ambientale e un'interdipendenza economica delle loro principali caratteristiche" (?). Il testo è incomprensibile ed il principio sotteso non sembra comunque condivisibile. I soggetti della pianificazione territoriale conformano la propria attività al metodo della concertazione istituzionale tra loro e gli altri enti ed amministrazioni pubbliche. La conferenza e gli accordi di pianificazione sono gli strumenti della concertazione istituzionale che in legge andrebbero previsti e normati.
Ancorché rientrino sostanzialmente nella previsione di questo comma, non si spende una frase per definire le aree urbane, quelle metropolitane ed entità analoghe (ad esempio l'area vasta di Cagliari) per le quali potrebbe essere opportuno forzare, o con lo strumento di una copianificazione o con il piano provinciale, un coordinamento altrimenti non conseguibile spontaneamente.
Comma 2. Andrebbe chiarito meglio il meccanismo della perequazione territoriale di cui agli accordi di copianificazione (di quali forme si tratta, in quali casi si applica e chi ne sono i beneficiari).
Comma 3. D'accordo che il soggetto promotore degli accordi di programma sia sempre un soggetto pubblico, ciascuno per le proprie competenze e in funzione del livello di intervento, ma i soggetti privati potrebbero farsi promotori presso il soggetto pubblico e per tale caso occorre che la legge preveda le corrette procedure di concertazione.
L'accordo di programma, in quanto riferito a tutti gli strumenti di pianificazione territoriale vigenti, interessa anche il PPR. Si introduce in tal modo una forma di deroga molto pericolosa. Sarebbe bene limitare il campo degli accordi di programma alla sola pianificazione territoriale di livello comunale.
Comma 4. Viene introdotta una disciplina dell'accordo di programma che prevede l'immediata convocazione della conferenza da parte del soggetto proponente con i soggetti partecipanti alla stessa. Da questo momento decorrono i sessanta giorni di tempo per esaminare la proposta e i documenti ad essa allegati. Vanno meglio chiariti i tempi che intercorrono tra l'invio dei progetto alle amministrazioni interessate e la prima conferenza. Va specificato che la conferenza dei servizi, ai sensi del decreto legislativo n. 267 del 2000, articolo 34, è convocata dal Sindaco, dal presidente della provincia o della Regione "in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento" e non dal proponente che potrebbe anche essere un soggetto diverso. Va precisato, peraltro, che, qualora la proposta comporti una variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco deve essere autorizzata dal consiglio comunale. Deve essere specificato che lo studio di fattibilità cui si fa cenno sia quello di cui all'allegato della delibera della Giunta regionale n. 42/11 del 4 dicembre 2001.
Comma 5. E sul BURAS.
Comma 6. Per quanto riguarda le osservazioni le stesse vengono esaminate in sede di Conferenza o l'istruttoria è garantita dagli uffici competenti o di nuova istituzione?
Comma 7. Suggeriamo di ridurre i tempi per la convocazione della conferenza preordinata all'approvazione dell'accordo di programma da sessanta a trenta giorni. L'approvazione non deve "dare conto", ma deve indicare le motivazioni che giustificano l'accoglimento o il rigetto delle osservazioni peresentate.
MANCA TOTALMENTE LA REGOLAMENTAZIONE DELL'ISTITUTO DELL'INTESA, CHE PURE VORREBBE ESSERE CENTRALE NELL' ESECUZIONE DEL PPR ANCHE A REGIME.
Art. 5 Valutazione ambientale strategica (VAS) degli strumenti di governo del territorio
Comma 1. Nel testo si fa riferimento al vecchio articolato del decreto legislativo n. 152 del 2006. Si ritiene che si debba tener conto anche delle modifiche introdotte dal nuovo decreto legislativo n. 4 del 2008, recepito dalla Regione con deliberazione della Giunta regionale n. 24/23 del 23 aprile 2008.
Comma 2. Vi è in questo comma un esproprio di competenza dalla Regione a danno delle province. Il comma va modificato nel senso che per la VAS sui PUC valgono le disposizioni di cui all'articolo 49 della legge regionale n. 9 del 2006. La Regione provvederà a regolamentare le procedure di formazione dello strumento così come previsto dal comma 2, lettere a) e b), dell'articolo 48 della legge regionale n. 9 del 2006.
La VAS può comportare un'ingerenza estremamente forte dell'autorità preposta alla valutazione rispetto alle scelte pianificatorie del comune, già notevolmente compresse dal PPR. Non si può non far notare che, con la sottoposizione del Piano alla VAS ed all'approvazione della Giunta regionale, e poi con la verifica di coerenza di cui all'articolo 8, i piani urbanistici sono sottoposti ad una duplice approvazione regionale con allungamento dei tempi di approvazione. Occorre precisare che la VAS non si applica ai piani attuativi in quanto di dettaglio ed attuativi del PUC per la quale è già stata effettuata la VAS.
Titolo II
Strumenti e contenuti della pianificazione
Capo I
Pianificazione territoriale comunale
Art. 7 - Pianificazione comunale
Comma 3, lettera c). Occorre specificare che le dotazioni territoriali (infrastrutture per l'urbanizzazione ed attrezzature e spazi collettivi) sono quantificate nel PUC, ma individuate, salvo quelle esistenti, solo a titolo orientativo e di indirizzo ed assumeranno carattere conformativo della proprietà solo con la pianificazione attuativa. Manca un qualsiasi riferimento alle dotazioni ecologiche ed ambientali. È bene precisare, in questo comma, che un'apposita direttiva definirà le dotazioni territoriali e le dotazioni ecologiche ed ambientali e dettaglierà, per ciascuna di esse, i criteri prestazionali utili per la loro qualificazione e quantificazione.
Comma 3, lettera d). Se si vuole superare il decreto Floris è necessario non fare più riferimento a "zonizzazioni" e "decreti". Le definizioni di "territorio urbanizzato", "territorio urbanizzabíle" e "territorio rurale" nonché i criteri per individuare tali ambiti è bene sia precisato che saranno specificati in un'apposita direttiva.
Comma 4. Mancano alcuni adempimenti fondamentali:
1) l'individuazione univoca dei beni paesaggistici e identitari da tutelare, con la relativa delimitazione e rappresentazione in scale idonea alla identificazione, in attuazione della delega contenuta nel PPR;
2) il rapporto ambientale, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e con esclusivo riferimento al PUC definitivamente approvato;
3) il parere motivato dell'autorità competente.
Comma 4, lettera d). Proporre il Regolamento urbanistico ed edilizio (RUE) come parte integrante del PUC comporta l'obbligo di variare il Piano ogni volta che ci sia la necessità di apportare una modifica regolamentare non incidente sui carichi urbanistici. Si propone di considerarlo uno strumento a se stante, alla stregua di un normale regolamento comunale, vincolando la sua predisposizione all'emanazione, da parte della Regione, di una direttiva che contenga una modellistica precisa, una sorta di RUE regionale tipo.
Comma 5. Non essendo chiara la differenza tra RUE e NTA del PUC è necessario specificare quali sono le parti, le materie e gli oggetti disciplinati dalle NTA.
Comma 6, lettera c). Il RUE dovrebbe contenere anche le regole per la perequazione e la compensazione. Occorre, inoltre, definire il "diritto edificatorio" e quale relazione vi sia con i "crediti edificatori' citati all'articolo 17, comma 4.
Art. 8 Elaborazione ed approvazione del PUC
Comma 1. Se si vuole recuperare la dimensione programmatoria del PUC è necessario renderlo coerente con gli atti di programmazione locale, provinciale e regionale. A questo dovrebbe provvedere un documento preliminare del piano che contiene le linee di indirizzo, ma anche gli obiettivi generali, specifici ed operativi che si vogliono perseguire ed un'analisi di coerenza degli obiettivi e delle linee di indirizzo con la programmazione in atto e prevista e con gli strumenti di pianificazione sovraordinati vigenti. In sostanza occorre recuperare i 28 piani strategici già elaborati e porli a base della pianificazione territoriale. I comuni non dotati di questo documento produrranno comunque un elaborato che contenga i requisiti minimi di cui sopra. Il Documento preliminare di piano, discusso ed approvato dal consiglio comunale, è la base dì discussione della conferenza di pianificazione che il sindaco, non la giunta comunale, convoca avendo cura che, tra i convocati, vi siano soprattutto la Regione, la provincia e gli altri enti pubblici territoriali, ognuno con un solo rappresentante plenipotenziario. A conclusione della conferenza di pianificazione comune, Regione e provincia sottoscrivono un "accordo di pianificazione" che definisce l'insieme degli elementi che costituiscono i parametri delle scelte pianificatorie.
Comma 3. Entro quindici giorni il PUC viene inviato alla Regione, alla provincia, agli altri enti pubblici territoriali ed al MIBAC ed è depositato al pubblico, non per trenta giorni (troppo pochi), ma per sessanta giorni. Entro gli stessi termini la Regione acquisisce il parere degli organi regionali del MIBAC.
Comma 4. Qualora la provincia o la Regione, con le osservazioni, avanzassero riserve in merito alla coerenza del PUC con gli strumenti di pianificazione sovraordinati e relativamente alle materie di pertinenza dei piani stessi, o in merito alla coerenza con l'accordo di pianificazione stipulato, il comune ha l'obbligo di indire un'ulteriore conferenza di pianificazione tra i tre soggetti, entro i trenta giorni successivi alla data di scadenza del termine, per proporre osservazioni, per addivenire ad un'intesa in merito alla conformità del PUC agli strumenti sovraordinati e/o all'accordo di pianificazione.
Comma 5. Nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine per proporre osservazioni, qualora non fossero pervenute o venissero accolte le osservazioni della Regione e della provincia, oppure nei trenta giorni successivi alla sigla dell'intesa tra comune, Regione e provincia di cui al comma 4 "il consiglio comunale accoglie o respinge le osservazioni presentate, con provvedimento motivato e, tenuto conto di esse, delibera l'approvazione definitiva del PUC, previa emissione del giudizio di compatibilità ambientale".
Commi 6, 7, 8, 9, 10 e 11. Devono essere soppressi se si accetta l'impostazione suddetta; in ogni caso chi è la "Regione" che verifica la coerenza? Quale organo? Con quali poteri? Chi sono gli uffici istruttori? Una particolare attenzione va data al processo di elaborazione ed approvazione del RUE. Il RUE è un regolamento comunale, redatto secondo i modelli e le direttive dettate dalla Regione con apposita direttiva. Segue lo stesso iter di approvazione di un qualsiasi regolamento consiliare a cui va aggiunta la fase delle osservazioni, così come nel PUC. Qualora la Regione ravvisasse delle incongruenze le segnala in sede di osservazioni ed il comune si adegua ad esse nei quindici giorni successivi alla data di scadenza del termine di presentazione delle osservazioni, rinviando il documento emendato alla Regione.
Comma 14. All'atto dell'approvazione del nuovo PUC o di una sua variante, per verificare la decadenza o meno di un piano attuativo, bisognerà scommettere sul completamento dei lavori (quali?) entro i termini previsti. Se i lavori citati sono le urbanizzazioni è sufficiente che si sia dato avvio alla realizzazione delle opere di urbanizzazione per ritenere ancora validi i piani attuativi salvo stabilire esattamente nella legge che cosa si intenda per avvio alla realizzazione. In ogni caso non si può liquidare così genericamente un tema delicato come la nullità di uno strumento attuativo vigente a causa dell'entrata in vigore di un nuovo PUC. Occorrerebbe una casistica relativa allo stato di attuazione forse da dettagliare meglio con una direttiva.
Art. 9 - Procedura di approvazione delle varianti
Comma 1. Dopo "specifiche" è bene introdurre "a meno che non implichino nuovi vincoli preordinati all'esproprio" perché in tal caso si è di fronte ad una nuova programmazione.
Art. 11 - Contenuto e procedimento di formazione dei piani attuativi
Mancano due disposizioni essenziali per l'effettiva realizzabilità dei PA di iniziativa privata, relativi all'inerzia del comune a provvedere; occorre riportare nel testo unificato il contenuto degli articoli 3 e 5 della legge regionale n. 20 del 1991, in quanto, essendo tale legge modificativa della legge regionale n. 45 del 1989, verrebbe abrogata con essa dalla nuova legge.
Comma 3. Perché si deve inviare alla Regione il piano attuativo? È più logico che venga inviato alla Regione, ma anche alla provincia, il PUC variato, con le modalità già previste all'articolo 9. Se così non fosse si determinerebbe una pericolosa concorrenza tra varianti del PUC e piani attuativi in variante al PUC. Anche in questo comma si ravvisa un ritorno indietro rispetto alla legge regionale n. 45 del 1989 in merito ai poteri delle amministrazioni locali.
Art. 12 - Piano di utilizzo dei litorali (PUL)
Comma 1. Il decreto legislativo n. 234 del 2001 richiama quello n. 112 del 1998, il cui articolo 105 ha per oggetto solo le "concessioni" sul demanio marittimo; non invece la "fruizione" che è un concetto più ampio. Il demanio marittimo è bene dello Stato ed il suo uso può essere limitato solo da norme di polizia che sono rimaste di competenza statale. L'oggetto del PUL appare sovradimensionato rispetto ai poteri legislativi della Regione e regolamentari dei comuni, esponendolo ad impugnazioni ed esponendo la norma a censura di illegittimità costituzionale per violazione dell'articolo 117 della Costituzione. Si propone di modificare "la fruizione" in "le concessioni".
Comma 2. Non è buona tecnica legislativa "legiferare" un atto amministrativo, necessariamente transeunte. È meglio sopprimere il comma e regolamentare la predisposizione e le procedure di approvazione dei PUL con una direttiva di cui all'articolo 25.
Art. 14 - Sportello urbanistico
Commi 2 e 3. Le figure di adeguata competenza e professionalità devono essere individuate e selezionate con criteri oggettivi. Il concetto non può essere lasciato così generico come nella norma viene espresso: è opportuna una regolamentazione di dettaglio, che può essere introdotta con un'apposita direttiva (articolo 25). Ed inoltre, se tali figure non sono presenti nell'organico dell'amministrazione comunale chi esercita le funzioni finalizzate al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica attribuite, ai sensi del precedente articolo 11, alla competenza dei comuni? Sembra ravvisarsi un fin troppo facile intervento surrogatorio della Regione. Va meglio chiarito il coordinamento dello sportello urbanistico con lo sportello unico per l'edilizia e per le attività produttive.
Capo II
Pianificazione sovracomunale
Art. 15 - Ambito di applicazione e contenuto
Comma 1. Non ha senso limitare il libero esercizio di associazione dei comuni per la pianificazione sovracomunale. Anche solo due comuni devono potersi associare per redigere il piano urbanistico e, siccome anche il comune più piccolo deve redigere il PUC, che senso ha porre una soglia minima di 5.000 abitanti? Inoltre sembrerebbe che la pianificazione sovracomunale non possa aver luogo prima della pianificazione urbanistica provinciale. Anche questo è un controsenso in quanto i comuni devono
redigere il PUC subito.
Capo III
Perequazione e compensazione
Art. 17 - Perequazione e compensazione
Comma 1, lettere a), b) e c). Occorre chiarire che cosa si intenda per "diritti edificatori", altrimenti si rischiano le più varie interpretazioni e addirittura rischi di incostituzionalità (articolo 117 della Costituzione in merito alle competenze statali sulla definizione ed il contenuto dei diritto di proprietà).
Art. 18 - Perequazione e compensazione urbanistica
Comma 2. Non viene giustificata, e dunque non si capisce, la limitazione del 20 per cento. È meglio dire che, con apposita direttiva, la Regione disciplinerà la materia.
Art. 19 - Compensazione urbanistica territoriale
Comma 1. Nuovamente si introducono concetti senza definirli. Che cosa sono i "valori di natura urbanistica ed economica" ?
Capo IV
Pianificazione territoriale provinciale
Art. 20 - Piano di coordinamento provinciale
Comma 1. La funzione della provincia ai fini della pianificazione territoriale è qui ai limiti dell'inutilità! Se all'articolo 2 la provincia è citata come uno dei soggetti della pianificazione territoriale per il governo del territorio, in questo articolo il ruolo del piano provinciale è ridotto a mero atto di programmazione socio economica in attuazione della programmazione regionale. Al contrario il Piano di coordinamento provinciale (PCP), oltre ai punti a), b) e c), dovrebbe:
1) essere sede di raccordo e verifica dei piani settoriali di livello provinciale;
2) individuare, anche in attuazione della programmazione regionale, le ipotesi di sviluppo socio-economico dell'area provinciale, prospettando le conseguenti linee di assetto e di utilizzazione del territorio;
3) stabilire previsioni di indirizzo e di coordinamento per la pianificazione comunale e sovracomunale;
4) definire i criteri per la localizzazione ed il dimensionamento di strutture e servizi di interesse provinciale e sovracomunale;
5) approfondire e dettagliare i contenuti della pianificazione regionale anche proponendo modifiche ed integrazioni ritenute necessarie;
6) definire i bilanci delle risorse territoriali ed ambientali, i criteri e le soglie del loro uso.
Comma 2. Mancano i riferimenti per la redazione ed il processo valutativo della VAS.
Comma 2, lettera c). Dalle norme di attuazione del PCP, contenenti anche i criteri di attribuzione .....
Art. 21 - Formazione e approvazione del piano di coordinamento provinciale e delle varianti
Comma 1. Anche per il PCP, così come per il PUC, gli istituti fondamentali per la concertazione istituzionale sono "la conferenza di pianificazione" e gli "accordi di pianificazione". Il documento preliminare di piano deve essere la base di discussione con la Regione, le altre province contermini, i comuni, le comunità montane e gli enti gestori delle aree protette nella sede della conferenza di pianificazione che si concluderà con un accordo di pianificazione fra gli enti partecipanti.
Comma 5. Non si comprende perché i comuni debbano avere un termine inferiore agli altri enti pubblici territoriali per il loro pronunciamento.
Comma 6. E non si comprende perché anche la Regione non debba pronunciarsi nei sessanta giorni prescritti agli altri enti. Nel caso di parere negativo per incoerenza con la pianificazione e con la programmazione regionale o per incoerenza con l'accordo di pianificazione, la provincia, entro i successivi trenta giorni, ha l'obbligo di convocare una conferenza con i soggetti sottoscrittori dell'accordo di pianificazione per giungere alla sottoscrizione di un'intesa sui punti controversi del PCP.
Comma 9 . Che cos'è e cosa dovrebbe contenere l'elaborato di sintesi?
Capo V Pianificazione territoriale regionale
Art. 22 - Documento di pianificazione territoriale (DPT)
Il Documento di pianificazione territoriale è evanescente; direttive, indirizzi, criteri, linee guida, necessariamente generici, suscettibili di interpretazioni nell'attuazione e nella verifica, aperti alla discrezionalità. Il DPT assomiglia molto agli schemi di assetto del territorio dei vecchi piani di rinascita. In tal modo si scardina il "principio di pianificazione", secondo il quale l'istituzione (Stato, regioni, province, comuni) che ha competenza su scelte suscettibili di modificare l'assetto del territorio, esprime tali scelte mediante un documento, precisamente riferito al territorio, nel quale sia rappresentata e valutata la coerenza tra le scelte relative ai diversi settori (infrastrutture, centri di servizi di vari ordini e livelli, tutele, ecc.). Nulla è più lontano da un efficace governo delle trasformazioni del territorio che l'assunzione di scelte caso per caso, o settore per settore, indipendentemente dalle altre. Non tutte le scelte che incidono sull'assetto del territorio possono essere affidate all'autonoma decisione dei comuni. Questioni come quelle della produzione e della trasmissione dell'energia, delle infrastrutture per la mobilità, della gestione dei rifiuti e dei relativi impianti e servizi, della localizzazione delle grandi attrezzature per il commercio, per i servizi e le attrezzature di portata sovralocale, di gestione del ciclo delle acque, di assetto idrogeologico, di forestazione, di difesa dei litorali dall'erosione richiedono un inquadramento regionale e devono essere assunte tenendo conto delle reciproche interrelazioni. Un'impalcatura della pianificazione priva della orditura a livello regionale è inefficace e soggetta alla discrezionalità del potere del livello sovraordinato.
Comma 1. Parte del DPT appare essere una duplicazione del PPR, o meglio, una sua scissione in due documenti di cui questo, di indirizzi, è senza le garanzie procedimentali e di partecipazione del PPR stesso.
Comma 2. Comma assolutamente insufficiente a definire uno strumento di pianificazione. Le lettere a) e b) sono, come già detto, dal contenuto evanescente, mentre la lettera c) addirittura definisce a posteriori le linee guida di se stessa.
Art. 23 - Procedure di approvazione del DPT
Comma 1. Si richiama la necessità di precisare che l'approvazione da parte del Consiglio regionale avviene solo dopo l'intesa in sede di Conferenza Regione-enti locali.
Comma 2. Non è previsto alcun tipo di consultazione, né di possibilità di osservazioni, né alcuna forma di partecipazione, in aperto contrasto con quanto enunciato all'articolo 1 comma 4 lettera d), del medesimo testo unificato.
Art. 25 - Direttive
Comma 3. Non si comprende perché la Commissione consiliare si debba esprimere anticipatamente su un documento preliminare. È anche risibile che una direttiva (in questo caso assai simile ad un regolamento), di natura prevalentemente tecnica, debba essere preceduta da un documento che contiene gli obiettivi e le linee generali che dovrebbero essere presenti nel testo legislativo di cui la direttiva è attuazione. Ci sembra un'inutile perdita di tempo e, pertanto, il comma è da cassare.
Comma 3 bis. Comma da riformulare in base a quanto detto per il comma 3.
Comma 4. In base ad una corretta interpretazione della gerarchia delle fonti del diritto, una direttiva dovrebbe essere approvata dallo stesso organo istituzionale che ha prodotto la legge di cui la direttiva è attuazione (così è nella legge regionale n. 45 del 1989). La delega data dal Consiglio alla Giunta regionale per l'approvazione delle direttive si configura come una vera e propria cambiale in bianco nel campo applicativo dell'urbanistica. Pur comprendendo la necessità di snellimento delle procedure, il percorso individuato nel comma 4 non può essere condiviso, anche perché, prima dell'invio in Commissione, la proposta di direttiva deve avere un'adeguata pubblicità e deve essere inviata agli enti locali ponendo un termine per le osservazioni e le proposte, oppure si deve svolgere l'istruttoria pubblica ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale n. 40 del 1990. La proposta di direttiva, corredata delle osservazioni e delle proposte pervenute o raccolte in sede di istruttoria pubblica e delle pronunce della Giunta regionale sulle stesse, dovrebbe essere inviata alla Commissione consiliare competente ed al Consiglio delle autonomie locali della Sardegna per il parere di competenza. Venti giorni per la Commissione sono veramente pochi.
Art. 26 - Piano paesaggistico regionale - Procedure
Comma 6. Come nel caso delle direttive, il conferimento della delega per l'approvazione del PPR alla Giunta pone quest'ultima fuori da qualsiasi effettivo controllo da parte del Consiglio il quale esprime un semplice parere senza conseguenze formali.
Art. 26 bis - Verifica dell'operatività del Piano paesaggistico regionale
Comma 1. Compare qui per la prima volta l'istituto, peraltro condivisibile, della " valutazione degli effetti del Piano paesaggistico"; di che si tratta? Quando, come e chi la dovrebbe fare? Coincide con la "Verifica dell'operatività del vigente Piano paesaggistico regionale" di cui all'articolo 40 bis? Ciò che viene detto alla lettera a) è oggetto non di una modifica e aggiornamento del PPR, ma di una semplice circolare dell'Assessorato competente senza che vi sia la necessità di alcuna modifica al PPR. Se ci fosse la necessità di modifiche, si deve parlare di "variante al PPR" che segue le procedure di cui al comma 8 dell'articolo 26. D'accordo invece per le successive lettere b) e c), per le quali è giustificato il comma 2.
Art. 27 Cartografia tecnica regionale
Commi 1 e 3. Non è possibile che sia la Giunta, organo politico, a definire le specifiche tecniche della cartografia tecnica regionale, al massimo potrà approvare un capitolato tecnico proposto dagli uffici.
Art. 28 Compensazione paesaggistica
Anche in questo articolo la volontà dirigistica della Giunta regionale è espressa al massimo livello. Decide quali sono i comuni i cui territori risultano particolarmente svantaggiati, decide quali sono gli ambiti territoriali omogenei (?) su cui articolare l'istruttoria pubblica, attiva il procedimento relativo alla compensazione, anche se solo dietro richiesta del Comune, delibera le operazioni, gli accordi e gli oneri senza una ratifica da parte degli enti locali interessati.
Art. 32 bis - Delimitazione dei centri storici e dei perimetri cautelari dei beni paesistici ed identitari
Comma 3. È inconcepibile che la deliberazione del consiglio comunale che approva la nuova perimetrazione non costituisca variante dello strumento urbanistico. Che fine fa la garanzia di partecipazione dei soggetti interessati al procedimento che incide fortemente su situazioni giuridiche soggettive tutelata all'articolo 3, comma 2, del medesimo testo unificato?
Titolo III
Norme particolari e disposizioni finali e transitorie
Capo Il
Utilizzo del patrimonio edilizio, recupero dei sottotetti, dei piani seminterrati e interrati
Art. 33 - Utilizzo del patrimonio edilizio residenziale privato
Art. 34 - Recupero dei sottotetti
Art. 35 - Disciplina degli interventi
Art. 36 - Requisiti igienico-sanitari
Art. 37 - Riutilizzo dei piani seminterrati e interrati
Le disposizioni contenute negli articoli 33, 34, 35, 36 e 37 (recupero dei sottotetti e riutilizzo dei piani interrati e semiinterrati) costituiscono delle vere e proprie norme intruse. A parte il fatto che sono state trapiantate in una legge regionale urbanistica della Sardegna, prendendole dalla legge regionale n. 12 del 2005 della Regione Lombardia (articoli 63, 64 e 65), senza verificare la loro reale portata in un contesto tipologico completamente diverso da quello lombardo, ci pare assurdo includere norme tecniche di dettaglio in un testo legislativo di riforma urbanistica, senza neanche una vera motivazione d'urgenza e considerando che nessuna delle disposizioni contenute in quegli articoli modifica precedenti disposizioni legislative vigenti. La loro collocazione più ovvia è in una direttiva, previa un'attenta valutazione della loro reale portata. L'intero capo II è da sopprimere.
Capo IV
Disposizioni finali e transitorie
Art. 40 - Procedure in corso
Come fa un consiglio comunale ad adottare una deliberazione che non ha certezza giuridica? O le procedure sono conformi al nuovo testo di legge, oppure la delibera del consiglio è priva di legittimità. Norma poco chiara e ambigua.
Art. 40 bis - Verifica dell'operatività del vigente Piano paesaggistico regionale
Si vuole con questa norma variare i PPR vigenti, utilizzando le motivazioni e le procedure di cui all'articolo 26 bis. È un modo poco corretto perché comprime eccessivamente gli istituti della concertazione e della partecipazione. È meglio che i PPR attuali, se devono essere variati, seguano le procedure di cui al comma 8 dell'articolo 26.***************
TESTO DELLA COMMISSIONE
Titolo: Disciplina per il governo del territorio regionale.
Titolo I
Principi e finalità generali della pianificazioneArt. 1
Principi1. La presente legge, nel dettare la disciplina concernente il governo del territorio regionale, assicura lo sviluppo sostenibile di tutte le attività umane che producono effetti diretti e indiretti sul territorio della Sardegna, senza pregiudizio per la qualità della vita delle generazioni future, nel rispetto della conservazione e riproducibilità delle risorse naturali anche mediante un minore consumo di territorio, e garantisce un uso egualitario delle risorse comuni.
2. La Regione, nel rispetto delle disposizioni costituzionali e in attuazione dell'articolo 3, lettera f), dello Statuto speciale approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3:
a) disciplina le attività di governo del territorio regionale secondo le norme della presente legge, di intesa con gli enti locali e in modo da assicurare, attraverso un costante coordinamento tra i differenti livelli, modalità di pianificazione condivise e tra loro coerenti;
b) sottopone la pianificazione paesaggistica regionale ad intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC), secondo gli indirizzi previsti dagli articoli 133 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e successive modifiche e integrazioni.3. La presente legge si ispira ai principi di sussidiarietà, coerenza, adeguatezza ed efficienza, mediante l'attribuzione ai comuni di tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente conferite dall'ordinamento e dalla presente legge alle province e alla Regione.
4. La presente legge si ispira ai principi della semplificazione, dell'efficienza dell'azione amministrativa, della partecipazione e della tutela dei diritti del cittadino. I comuni, e loro forme associative, le province e la Regione attuano, attraverso le disposizioni della presente legge, la responsabilizzazione dei livelli amministrativi preposti allo svolgimento delle procedure, assicurando la certezza dei tempi anche attraverso l'applicazione del principio del silenzio assenso.
Art. 2
Finalità1. I comuni, e loro forme associative, le province e la Regione, sulla base delle disposizioni della presente legge, esercitano la funzione della pianificazione mediante l'adozione e l'utilizzo di un sistema informativo territoriale unificato e accessibile, al fine di disporre di elementi conoscitivi raffrontabili per il raggiungimento delle seguenti finalità:
a) coordinamento delle dinamiche del territorio regionale con le politiche di sviluppo nazionali ed europee;
b) adeguamento della pianificazione territoriale ai principi di tutela e valorizzazione del paesaggio e tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio, con la riduzione della pressione urbana degli insediamenti sui sistemi naturali ed ambientali;
c) conseguimento di più elevati livelli di qualità architettonica, edilizia ed insediativa e della diffusione dell'attività edilizia sostenibile e dell'efficienza energetica delle abitazioni;
d) sviluppo di un sistema equilibrato e policentrico di aree urbane, promuovendo altresì la massima integrazione tra le diverse vocazioni territoriali della regione;
e) promozione, in considerazione degli elevati livelli di interdipendenza degli enti locali nella gestione del governo del territorio, della pianificazione sovracomunale al fine di incentivare l'attuazione di politiche comuni;
f) tutela delle identità storico-culturali degli insediamenti urbani ed extraurbani, attraverso la riqualificazione e il recupero edilizio ed ambientale degli aggregati esistenti, con particolare riferimento alla salvaguardia e valorizzazione dei centri storici, dei centri minori dell'interno a rischio di spopolamento e la promozione della qualità dell'architettura nei nuovi interventi;
g) tutela dei territori costieri, del paesaggio rurale, montano e delle aree di importanza naturalistica;
h) messa in sicurezza degli abitati e del territorio dai rischi di dissesto idrogeologico.
Art. 3
Soggetti e strumenti della pianificazione1. Sono soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica: i comuni, e loro forme associative, le province e la Regione; essi approvano i propri strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.
2. In particolare:
a) il comune, sia singolarmente che associato, è il titolare della funzione della pianificazione territoriale, non espressamente attribuita ad altri livelli;
b) la provincia predispone e approva gli atti di coordinamento territoriale di livello intermedio secondo le modalità e i criteri stabiliti dalla presente legge;
c) la Regione assicura, mediante le procedure e le competenze stabilite dalla presente legge, che la funzione della pianificazione si svolga in modo organico al fine di assicurare un armonico sviluppo dell'intero territorio regionale.3. Sono strumenti di pianificazione per il governo del territorio:
a) a livello comunale:
1) i piani urbanistici comunali e sovracomunali, quali strumenti di livello strategico, aventi contenuto configurativo del territorio comunale;
2) i piani attuativi, quali strumenti di livello operativo aventi funzione conformativa della proprietà;b) a livello provinciale:
1) i Piani di coordinamento provinciale;c) a livello regionale:
1) il Documento di programmazione territoriale (DPT);
2) il Piano paesaggistico regionale (PPR);
3) gli atti di indirizzo e coordinamento.
Art. 4
Perequazione e compensazione1. Le previsioni della pianificazione territoriale ed urbanistica sono concretamente realizzate, secondo le disposizioni contenute nella presente legge, anche attraverso i criteri della perequazione e della compensazione urbanistica, territoriale e paesaggistica al fine di:
a) assicurare un'equa ripartizione dei diritti edificatori e dei corrispondenti oneri tra i proprietari inclusi in un certo ambito in modo indipendente dalla destinazione specificamente assegnata ad ogni singola area;
b) consentire ed agevolare la cessione di diritti edificatori su altre aree aventi analoga destinazione;
c) consentire, nell'ambito sovracomunale, un'equa compensazione dei diritti edificatori con equivalenti valori di natura urbanistica ed economica, con particolare riferimento a quei territori particolarmente svantaggiati sotto il profilo economico dall'attuazione delle disposizioni della pianificazione territoriale e paesaggistica regionale.
Art. 5
Partecipazione1. Nei procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione e di governo del territorio sono assicurati, nei limiti e secondo le procedure di cui alla presente legge:
a) la concertazione, con le associazioni economiche e sociali, sugli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;
b) specifiche forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi, sui contenuti degli strumenti;
c) il coinvolgimento dei cittadini, dei soggetti portatori di interessi diffusi e delle associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale) e successive modifiche.2. Nella formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive deve essere garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento, attraverso la più ampia pubblicità degli atti e documenti concernenti la pianificazione, assicurando il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti intervenuti e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse.
Art. 6
Modalità di pianificazione concertata1. I comuni e le province possono promuovere accordi territoriali di copianificazione per coordinare la predisposizione degli strumenti di governo del territorio che, in considerazione della sostanziale omogeneità territoriale e ambientale e interdipendenza economica delle loro principali caratteristiche, richiedano una considerazione unitaria delle variabili di intervento ipotizzabili.
2. Gli accordi di copianificazione possono prevedere forme di perequazione territoriale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato dagli enti locali con risorse proprie o con quote dei proventi degli oneri di urbanizzazione e delle entrate fiscali conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati.
Art. 7
Accordi di programma1. I soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica possono stipulare con altri soggetti pubblici accordi di programma che, anche in variante ai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, siano finalizzati alla realizzazione di un complesso di opere nei settori produttivi e dei servizi aventi l'obiettivo primario della crescita economica e produttiva del territorio interessato, della salvaguardia del territorio, del paesaggio e dell'ambiente, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) e successive modifiche.
2. Il soggetto proponente l'accordo di programma predispone, oltre al progetto relativo alla variante proposta, uno studio di fattibilità contenente:
a) la convenienza economico-sociale degli interventi;
b) la verifica di compatibilità ambientale e paesaggistica;
c) la programmazione pluriennale degli interventi.3. Il soggetto proponente convoca, inoltre, la conferenza di cui all'articolo 34, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modifiche.
4. La proposta di accordo di programma e gli elaborati sono depositati presso le sedi dei soggetti ed enti partecipanti all'accordo per un periodo di sessanta giorni decorrenti dalla data di svolgimento della prima conferenza. L'avviso è pubblicato anche in almeno due quotidiani a diffusione regionale.
5. Entro la scadenza del termine di deposito possono presentare osservazioni tutti gli organismi pubblici, le associazioni economiche e sociali rappresentanti interessi diffusi e i singoli cittadini direttamente coinvolti dagli effetti dell'accordo.
6. Entro sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni il sindaco del comune, il presidente della provincia o il Presidente della Regione, convoca la conferenza preordinata all'approvazione dell'accordo di programma. Questa deve avvenire dando conto delle osservazioni e proposte, eventualmente, alternative presentate.
7. Per quanto non previsto, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 34, commi 2, 4, 5, 6 e 7, del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Art. 8
Valutazione ambientale strategica (VAS) degli strumenti di governo del territorio1. Fino all'emanazione di una specifica disciplina legislativa regionale concernente le procedure di Valutazione ambientale strategica (VAS) e per quanto non previsto dalla presente legge, nei procedimenti di formazione dei piani urbanistici comunali, sovracomunali e dei piani di coordinamento provinciale trovano applicazione le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e successive modifiche e integrazioni.
2. Per le funzioni e i compiti in materia di VAS nei procedimenti di formazione degli strumenti di pianificazione territoriale di cui al comma 1 trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 48 e 49 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), ad eccezione delle funzioni amministrative relative alla valutazione del piano urbanistico comunale e sovracomunale per i quali, in deroga all'articolo 49, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2006, la competenza è attribuita alla Regione.
3. La VAS è redatta esclusivamente al fine di valutare l'incidenza delle nuove scelte di pianificazione rispetto al contesto territoriale e urbano preesistente.
4. Le consultazioni previste per la redazione della VAS sui piani urbanistici comunali e sovracomunali si attuano attraverso l'istituto dell'istruttoria pubblica, di cui all'articolo 18 della legge regionale 22 agosto 1990, n. 40 (Norme sul rapporto tra i cittadini e l'Amministrazione della Regione nello svolgimento dell'attività amministrativa).
Art. 9
Sistema informativo territoriale regionale (SITR)1. Il Sistema informativo territoriale regionale (SITR) costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale per l'elaborazione delle carte tematiche da utilizzare negli strumenti di governo del territorio, consente la valutazione e la conoscenza degli strumenti della pianificazione territoriale e la verifica dei loro effetti, in conformità con le disposizioni di cui alla presente legge e in coerenza con gli indirizzi nazionali e comunitari in tema di informazione geografica.
2. Il SITR rappresenta la piattaforma unitaria di comuni, province e Regione in materia di governo del territorio, di monitoraggio delle trasformazioni territoriali, la banca dati per il coordinamento delle informazioni utili alla gestione dei tributi, del catasto, delle risorse idriche ed energetiche della regione.
3. Le basi informative che costituiscono il quadro conoscitivo sono parte del sistema informativo comunale, provinciale, regionale e dei soggetti pubblici e privati, ivi compresi i soggetti gestori di impianti di distribuzione di energia, che svolgono funzioni di raccolta, elaborazione e aggiornamento di dati conoscitivi e di informazioni relativi al territorio e all'ambiente; dette basi informative contengono dati e informazioni finalizzati alla conoscenza sistematica degli aspetti fisici e socio-economici del territorio, della pianificazione territoriale e della programmazione regionale e locale.
4. I comuni, le province e gli enti pubblici interessati collaborano alla realizzazione e alla gestione, nell'ambito del sistema, della base informativa geografica regionale, le cui componenti fondamentali sono:
a) le basi informative topografiche e geologiche, le ortofotocarte, le riprese aeree e satellitari, le cartografie catastali e storiche;
b) le basi informative tematiche sullo stato delle risorse essenziali del territorio;
c) le basi informative sullo stato di fatto e di diritto risultante dagli strumenti della pianificazione territoriale e dagli atti di governo del territorio.5. La Regione assicura le condizioni per il funzionamento del sistema informativo. Esso è gestito dall'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio.
6. Il SITR redige ogni anno un rapporto sullo stato di avanzamento del processo di pianificazione territoriale e sullo stato di attuazione delle relative previsioni, che viene trasmesso al Consiglio regionale in occasione della proposta di manovra finanziaria regionale.
7. Gli enti locali sono tenuti a conferire gratuitamente al sistema informativo, secondo specifiche istruzioni tecniche, i dati in loro possesso necessari al governo del territorio riguardanti: piani urbanistici comunali, piani attuativi, autorizzazioni paesaggistiche delegate, concessioni edilizie, convenzioni e informazioni relative a concessioni di opere pubbliche. Ad analogo conferimento possono procedere, altresì, gli altri enti pubblici che ne dispongano l'invio, sulla base di specifici accordi con la Regione.
8. La Giunta regionale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, emana istruzioni tecniche al fine di definire e disciplinare:
a) le modalità di realizzazione e gestione della base informativa;
b) le condizioni e le modalità per lo scambio e l'integrazione di dati e informazioni e per il collegamento dei rispettivi sistemi informativi al fine di creare una rete unificata;
c) le specifiche tecniche, gli standard informativi minimi e le regole comuni, con riferimento alla produzione e alla diffusione dell'informazione geografica.9. A tali fini ciascuna pubblica amministrazione utilizza il proprio sistema informativo, connesso in rete con i sistemi informativi delle altre amministrazioni pubbliche.
10. Tutti i cittadini interessati e le pubbliche amministrazioni possono accedere al sistema informativo regionale, attraverso il sito della Regione "www.Sardegnaterritorio.it".
Titolo II
Strumenti e contenuti della pianificazioneCapo I
Pianificazione territoriale comunaleArt. 10
Pianificazione comunaleì1. La pianificazione comunale si attua mediante il Piano urbanistico comunale (PUC). Esso è lo strumento di livello strategico della pianificazione comunale che delinea le fondamentali scelte di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, recependo e specificando le vocazioni e le invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, in conformità alle esigenze della comunità locale e in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi degli altri livelli di pianificazione e governo del territorio.
2. Il PUC è valido a tempo indeterminato. Esso si adegua alle prescrizioni e dà attuazione agli indirizzi contenuti negli atti di pianificazione territoriale regionale e nei piani di coordinamento provinciale, costituisce la carta unica del territorio ed è l'esclusivo riferimento per la pianificazione attuativa e per la verifica di conformità urbanistica ed edilizia.
3. Il PUC in particolare:
a) contiene il quadro conoscitivo territoriale elaborato in coerenza con le specifiche del Sistema informativo territoriale regionale;
b) valuta la consistenza, la localizzazione e la vulnerabilità delle risorse naturali ed antropiche presenti nel territorio, ne indica le soglie di criticità, fissa i limiti e le condizioni per le trasformazioni sostenibili ed elabora una carta di sintesi valutativa dei gradi di idoneità del territorio alle trasformazioni, in coerenza con il quadro conoscitivo elaborato;
c) contiene un'analisi della popolazione e dello sviluppo demografico e individua il fabbisogno abitativo riferito a un arco di tempo decennale, prevede la dotazione minima complessiva per servizi, opere, servizi pubblici e di interesse pubblico, reti e servizi di comunicazione da realizzare o riqualificare;
d) classifica il territorio comunale secondo le previsioni contenute negli atti di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 31, ne individua gli ambiti definendone le caratteristiche urbanistiche e funzionali e ne stabilisce gli obiettivi sociali ed ambientali, individua gli ambiti territoriali da sottoporre a riqualificazione;
e) individua le attività produttive da delocalizzare in aree più idonee mediante apposita convenzione, anche attraverso il riconoscimento di diritti edificatori e l'utilizzo di eventuali compensazioni;
f) individua, sulla base della disciplina regionale quadro in materia di commercio, i criteri urbanistici ed edilizi per la localizzazione delle strutture di vendita e di altre strutture ad esse assimilate;
g) prevede la specifica normativa d'uso del territorio destinato all'insediamento delle attività produttive industriali di cui all'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel mezzogiorno).4. Il PUC è composto da:
a) gli elaborati grafici e fotografici che costituiscono il quadro conoscitivo del territorio e le relative relazioni tecniche;
b) le relazioni tecniche che inquadrano la pianificazione vigente e descrivono il territorio comunale dal punto di vista insediativo e della dotazione di servizi ed infrastrutture;
c) gli elaborati grafici e fotografici che costituiscono il PUC, la relazione urbanistica generale contenente, inoltre, una valutazione della compatibilità paesaggistica delle trasformazioni previste e i documenti comprovanti la VAS di cui all'articolo 8;
d) il Regolamento edilizio;
e) le norme tecniche di attuazione;
f) per i comuni costieri, il piano di utilizzo dei litorali.5. Il Regolamento edilizio (RE) contiene la disciplina generale delle tipologie e delle modalità attuative degli interventi di trasformazione e delle destinazioni d'uso, le norme di conservazione delle opere edilizie, comprese le norme igieniche di interesse edilizio e la disciplina degli elementi architettonici e urbanistici, degli spazi verdi e degli altri elementi che caratterizzano l'ambiente urbano e gli interventi negli ambiti specializzati per attività produttive.
6. Il RE è valido a tempo indeterminato e, inoltre, contiene:
a) la definizione dei parametri edilizi ed urbanistici e le metodologie per il loro calcolo;
b) la disciplina degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione;
c) i criteri ed i metodi per la determinazione del diritto edificatorio spettante a ciascun proprietario, in ragione del diverso stato di fatto e di diritto in cui si trovano gli immobili al momento della formazione del PUC.
Art. 11
Elaborazione e approvazione del PUC1. Il sindaco, nel procedimento di formazione del PUC convoca, per gli obiettivi di cui all'articolo 5, una conferenza comunale, le cui modalità sono disciplinate con proprio atto, nella quale vengono presentate e discusse le linee fondamentali di indirizzo della proposta di PUC.
2. La giunta comunale provvede ai successivi adempimenti per la redazione del PUC, che viene poi trasmesso al consiglio comunale che lo adotta.
3. Entro quindici giorni, il PUC è depositato a disposizione del pubblico per trenta giorni presso la segreteria del comune; dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all'albo del comune, mediante l'affissione di manifesti e la pubblicazione su almeno due dei quotidiani editi nell'Isola e nel portale "www.Sardegnaterritorio.it" del sito istituzionale della Regione. Il comune può attuare ogni ulteriore altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.
4. Chiunque può formulare, entro trenta giorni decorrenti dall'ultimo giorno di pubblicazione, osservazioni al PUC adottato.
5. Nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine per proporre osservazioni il consiglio comunale accoglie o respinge le osservazioni presentate, con atto motivato e, tenuto conto di esse, delibera l'adozione definitiva del PUC.
6. Il PUC adottato è trasmesso all'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio.
7. La delibera di adozione definitiva è sottoposta alla verifica di coerenza da parte dell'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio, che si esprime entro quarantacinque giorni. Decorso tale termine la verifica di coerenza si intende conclusa positivamente.
8. L'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio verifica la coerenza del piano e propone, eventualmente, le modifiche necessarie ad assicurare la coerenza del PUC con il Piano paesaggistico regionale.
9. La verifica di coerenza comporta l'acquisizione, in sede di istruttoria regionale, del parere degli organi regionali del MIBAC.
10. Con provvedimento motivato del responsabile del procedimento regionale, il termine di cui al comma 7 può essere sospeso, per una sola volta e per non più di quarantacinque giorni, in relazione alla complessità dell'istruttoria o al fine di acquisire integrazioni documentali. Il termine riprende a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa o, comunque, trascorsi quarantacinque giorni dalla sospensione.
11. Il PUC è successivamente approvato con delibera del consiglio comunale ed entra in vigore il giorno della pubblicazione del provvedimento di approvazione definitiva nel Bollettino ufficiale della Regione Sardegna (BURAS).
12. Il PUC approvato è depositato presso la segreteria del comune a disposizione del pubblico e ha validità a tempo indeterminato.
13. L'approvazione del PUC e delle sue varianti comporta la decadenza dei piani urbanistici attuativi vigenti limitatamente alle parti con esso incompatibili, salvo che i relativi lavori siano iniziati e siano rispettati i termini per la loro ultimazione.
Art. 12
Procedura di approvazione delle varianti1. Le varianti al PUC sono approvate con la medesima procedura di cui all'articolo 11, comma 2 e successivi, salvo che si tratti dell'approvazione delle seguenti varianti specifiche:
a) adeguamenti dei piani alle disposizioni di legge statali e regionali aventi valenza territoriale;
b) recepimento delle previsioni contenute in atti di pianificazione di livello regionale;
c) rettifiche di errori materiali presenti nella cartografia di base e nella rappresentazione dello stato di fatto;
d) adeguamenti ed aggiornamenti non sostanziali del RE, derivanti dall'approvazione di piani attuativi.2. Nei casi di cui al comma 1, la delibera di approvazione della variante da parte del consiglio comunale è trasmessa all'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio unitamente alla certificazione del responsabile del procedimento comunale attestante la conformità della variante introdotta alle tipologie di cui al comma 1.
Art. 13
Piani attuativi1. I Piani attuativi (PA) sono gli strumenti attuativi della pianificazione urbanistica comunale, aventi valore conformativo della proprietà, finalizzati all'attuazione degli interventi di nuova urbanizzazione e di riqualificazione disposti dal PUC. Essi possono assumere il valore e gli effetti dei:
a) piani particolareggiati e piani di lottizzazione, di cui agli articoli 13 e 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica);
b) piani per l'edilizia economica e popolare, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare);
c) piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi, di cui all'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica);
d) piani di recupero, di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l'edilizia residenziale);
e) programmi integrati di intervento, di cui all'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 (Norme per l'edilizia residenziale pubblica) e di cui all'articolo 3 della legge regionale 29 aprile 1994, n. 16 (Programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione dell'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179);
f) programmi di recupero urbano, di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 5 ottobre 1993, n. 398, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 (Conversione in legge con modificazioni del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398 recante disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia);
g) programma integrato di intervento nei centri storici, di cui all'articolo 6 della legge regionale 13 ottobre 1998, n. 29 (Tutela e valorizzazione dei centri storici della Sardegna) e successive modifiche.2. Al fine di disciplinare i rapporti derivanti dall'attuazione degli interventi previsti dal PA può essere stipulata una apposita convenzione.
Art. 14
Procedimento di formazione dei Piani attuativi1. I PA, sia di iniziativa pubblica che di iniziativa privata, sono adottati dalla giunta comunale e approvati dal consiglio comunale.
2. Per i PA che non apportino varianti al PUC, si procede, dopo l'adozione, al loro deposito presso la sede comunale per quarantacinque giorni, dandone avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale. Entro la scadenza del termine di deposito chiunque può formulare osservazioni. Il consiglio comunale, entro i successivi quarantacinque giorni con atto motivato, decide in merito alle osservazioni presentate ed approva il PA che è successivamente depositato presso la segreteria del comune.
3. Per i PA che apportino variante al PUC si procede, dopo l'adozione, al loro deposito presso la sede comunale per quarantacinque giorni. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato nell'albo pretorio del comune e mediante l'affissione di manifesti. Entro la scadenza del termine di deposito chiunque può formulare osservazioni. Contestualmente al deposito, il PA viene trasmesso all'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio, il quale, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di ricevimento, esprime parere positivo o formula eventuali prescrizioni relativamente a previsioni del piano che contrastino con la disciplina di livello regionale. Trascorso tale termine il silenzio equivale al parere positivo.
4. Scaduto il termine di cui al comma 3, il consiglio comunale, entro i successivi quarantacinque giorni e con atto motivato, decide in merito alle osservazioni presentate ed approva il PA che è successivamente depositato presso la segreteria del comune.
5. Le varianti al PA sono adottate e approvate con le procedure di cui al presente articolo entro il termine di efficacia del medesimo, compresa la trasmissione degli atti, contestualmente alla pubblicazione, all'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio.
6. I PA, sia di iniziativa pubblica che di iniziativa privata, una volta approvati hanno validità per dieci anni. I PA di iniziativa privata, qualora siano decorsi cinque anni dalla loro approvazione e non sia stata stipulata la relativa convenzione, perdono efficacia a decorrere dalla data di approvazione. Può essere prevista la proroga, prima della loro scadenza, una sola volta per un periodo non superiore a tre anni, a condizione che, al momento della richiesta, sia stato realizzato il 70 per cento delle opere di urbanizzazione previste.
7. Il PA d'iniziativa pubblica, ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità delle opere pubbliche in esso previste. La dichiarazione di pubblica utilità ha efficacia per dieci anni.
8. I PA d'iniziativa privata sono corredati da atto di convenzione urbanistica che regola gli obblighi, le garanzie e gli adempimenti tra le parti.
9. In sede di attuazione dei PA, le convenzioni prevedono il rilascio delle concessioni edilizie solamente qualora sia stata completata, al 70 per cento, la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria.
10. Il regime tributario locale derivante dal diritto ad edificare si applica esclusivamente quando esso si concretizzi in seguito all'approvazione del PA, come atto conformativo della proprietà.
Art. 15
Delega al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica1. Le amministrazioni comunali, individuate sulla base delle condizioni di cui all'articolo 146, comma 6, del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche, sono delegate al rilascio, secondo le procedure di cui al medesimo articolo 146, dell'autorizzazione paesaggistica, finalizzata all'esercizio dei titoli legittimanti interventi urbanistici ed edilizi previsti da piani attuativi del PUC approvato ai sensi dell'articolo 11.
2. Nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al comma 1 e ai fini dell'efficacia dell'autorizzazione paesaggistica, i comuni dovranno trasmettere l'atto di autorizzazione ai competenti uffici regionali che, entro trenta giorni dal ricevimento, comprensivi anche delle eventuali richieste di integrazioni, provvedono alla conferma, all'annullamento o alla formulazione degli eventuali rilievi. Decorsi i termini, il silenzio equivale a conferma e l'autorizzazione acquista efficacia.
Art. 16
Piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale1. I piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale e le relative varianti sono redatti e proposti a cura dei consorzi in conformità al comma 1 dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 1978.
2. Nei comuni dotati di PUC adeguato alla previsione di cui all'articolo 10, comma 3, lettera g), i piani di cui al comma 1 e le relative varianti, sono approvati dai comuni seguendo le procedure previste per l'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi.
3. Nelle more dell'adozione del PUC o dell'adeguamento dello stesso alla normativa di livello regionale, i piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale e le relative varianti, sono approvati dai comuni su proposta dei consorzi seguendo le procedure previste per l'approvazione dello strumento urbanistico comunale di cui all'articolo 11.
Art. 17
Piani di utilizzo dei litorali1. Il Piano di utilizzo dei litorali (PUL) disciplina l'utilizzo delle aree demaniali marittime di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del capo I della legge n. 59 del 1997) e regolamenta la fruizione a fini turistici e ricreativi del bene demaniale, in un regime di compatibilità con gli obiettivi di salvaguardia e tutela dell'ambiente costiero.
2. Il PUL, predisposto secondo i criteri di cui all'articolo 40 della legge regionale n. 9 del 2006 e gli atti di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 31 della presente legge, è adottato e approvato secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 2 e successivi.
Art. 18
Misure di salvaguardia e cautelari1. Dalla data di adozione del PUC e dei PA fino alla data di esecutività degli stessi, ma comunque non oltre due anni dalla data di loro adozione, si applicano le misure di salvaguardia previste dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche.
2. Per comprovati motivi d'urgenza ed in relazione alle finalità di cui alla presente legge la Giunta regionale può deliberare provvedimenti idonei ad inibire o sospendere, per un periodo non superiore a tre mesi, non rinnovabili, trasformazioni di destinazioni d'uso e costruzioni su aree pubbliche o private, anche se consentite dagli strumenti urbanistici vigenti.
3. Il provvedimento della Giunta regionale deve essere immediatamente trasmesso al Consiglio regionale che può aumentare il periodo di inibizione o sospensione fino a sei mesi.
4. La deliberazione della Giunta regionale deve essere esplicitamente motivata e deve indicare e perimetrare cartograficamente i beni oggetto del provvedimento.
Art. 19
Sportello urbanistico1. Le amministrazioni comunali possono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, istituire, anche attraverso le forme associative di cui alla legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane. Ambiti adeguati per l'esercizio associato di funzioni. Misure di sostegno per i piccoli comuni), lo sportello urbanistico per le trasformazioni territoriali quale ufficio competente a curare tutti i rapporti tra i privati e le pubbliche amministrazioni competenti a pronunciarsi sugli strumenti urbanistici attuativi e sulle attività edilizie oggetto di concessione edilizia o di denuncia d'inizio attività.
2. Lo sportello urbanistico, inoltre, presta consulenza e supporto tecnico agli uffici tecnici comunali sulle modalità di attuazione dei principi della qualità architettonica. In tal caso l'ufficio deve essere dotato di adeguate figure professionali o può avvalersi della consulenza o supporto di un comitato di lavoro per la qualità architettonica.
3. Lo sportello urbanistico, qualora sia dotato di figure di adeguata competenza e professionalità, può, altresì, esercitare le funzioni finalizzate - alle condizioni dell'articolo 146, comma 6 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche - al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica attribuite, ai sensi dell'articolo 15 della presente legge, alla competenza dei comuni.
4. Le istanze presentate allo sportello urbanistico sono esitate entro quarantacinque giorni dalla loro presentazione. Se l'istanza consiste nel rilascio di un titolo abilitativo edilizio ed è corredata da autocertificazione da parte di un tecnico abilitato, attestante la conformità con gli strumenti della pianificazione, decorsi quarantacinque giorni senza l'espressione formale dell'assenso o del diniego, si ritiene acquisita l'autorizzazione ad edificare. Tale procedura non si applica quando ricorrono i casi di cui all'articolo 1, comma 24 della legge regionale 5 marzo 2008, n. 3 (legge finanziaria 2008).
5. Per quanto non previsto si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.
Capo II
Pianificazione sovracomunaleArt. 20
Ambito di applicazione e contenuto1. La pianificazione sovracomunale tra comuni ricadenti in ambiti caratterizzati da elevata contiguità insediativa ovvero ricadenti negli ambiti territoriali ottimali per l'esercizio associato delle funzioni, di cui alla legge regionale n. 12 del 2005, può essere effettuata qualora comprenda o un numero di comuni non inferiore a quattro o un numero di comuni la cui popolazione complessiva non sia inferiore a 5.000 abitanti e la sua previsione sia coerente con le indicazioni contenute nel Piano di coordinamento provinciale.
2. La pianificazione sovracomunale si realizza mediante l'adozione e approvazione, ai sensi dell'articolo 21, di un Piano urbanistico sovracomunale, avente i contenuti di cui al titolo II, capo I, della presente legge e che interessi i territori dei comuni contermini ricompresi nell'ambito considerato.
3. L'utilizzo della pianificazione sovracomunale:
a) assicura priorità nell'attribuzione dei finanziamenti regionali a favore degli enti locali, con particolare riferimento a quelli relativi alla realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici o di pubblica utilità riferiti all'ambito sovracomunale;
b) assicura la priorità nell'attuazione degli interventi di compensazione paesaggistica nei limiti e alle condizioni di cui all'articolo 33;
c) consente l'utilizzo delle tecniche di perequazione e compensazione urbanistica e territoriale riferite al territorio sovracomunale interessato.4. La Regione inoltre, al fine di incentivare l'utilizzo della pianificazione urbanistica sovracomunale:
a) è autorizzata a concedere, sulla base di uno stanziamento complessivamente stabilito con la legge finanziaria annuale, agli enti locali che utilizzano le modalità di cui al comma 2, finanziamenti e contributi aggiuntivi per la redazione degli strumenti di pianificazione sovracomunale;
b) assicura, nella predisposizione degli strumenti regionali di pianificazione per il governo del territorio, l'utilizzo degli atti della pianificazione sovracomunale approvati o adottati, con particolare riferimento all'individuazione delle tematiche trasversali, quali le dotazioni infrastrutturali e produttive, il dimensionamento delle capacità insediative e residenziali, la tutela ambientale, riferite agli ambiti oggetto di pianificazione.
Art. 21
Procedure di approvazione1. I comuni di cui all'articolo 20, comma 1, possono esercitare la funzione della pianificazione sovracomunale mediante l'attribuzione di delega, con atto approvato da tutti i consigli comunali interessati, della funzione della pianificazione sovracomunale alle forme associative degli enti locali di cui alla legge regionale n. 12 del 2005.
2. La giunta comunale, per i fini di cui al comma 1, elabora una bozza di convenzione che contiene le indicazioni sui limiti, modalità, vigilanza e durata dell'attribuzione della delega della funzione pianificatoria sovracomunale. Tale convenzione è successivamente approvata dai consigli comunali dei comuni interessati.
Capo III
Perequazione e compensazioneArt. 22
Perequazione e compensazione urbanistica1. La perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali. A tal fine, il PUC individua le aree a destinazione edificatoria ed attribuisce loro, attraverso l'approvazione di apposito PA, una potenzialità edificatoria uguale nei diversi ambiti del territorio comunale che presentino caratteristiche omogenee.
2. La perequazione e la compensazione sono disciplinate, sulla base dell'apposito PA approvato, dal RE che non può, comunque, prevedere delle variazioni compensative, in aumento o in diminuzione, che eccedano il 20 per cento. Con gli atti di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 31 può essere prevista l'introduzione di percentuali anche maggiori a condizione che lo scostamento previsto sia adeguatamente motivato.
3. I PA nel disciplinare, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree, gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria, assicurano:
a) la ripartizione dei diritti edificatori;
b) la ripartizione dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati rientranti nelle aree a destinazione edificatoria;
c) l'individuazione degli obblighi relativi alle eventuali quote obbligatorie di edilizia residenziale con finalità sociali.4. La compensazione urbanistica consente, ai proprietari di aree o edifici oggetto di vincolo preordinato all'esproprio o derivante da dichiarazione di notevole interesse pubblico, di recuperare adeguata capacità edificatoria anche sotto forma di credito edificatorio su altre aree o edifici, di proprietà pubblica, previa cessione delle aree sottoposte a vincolo.
5. Per credito edificatorio si intende una quantità volumetrica riconosciuta a seguito delle compensazioni urbanistiche. I crediti edificatori sono liberamente commerciabili e sono annotati presso apposito registro comunale dei crediti, predisposto, aggiornato e reso pubblico secondo le modalità stabilite dal comune.
6. Il PUC individua e disciplina gli ambiti in cui è consentito l'utilizzo dei crediti edificatori prevedendo, attraverso l'approvazione di apposito PA, l'attribuzione di indici di edificabilità differenziati in funzione dell'omogeneità degli interventi dei comparti interessati.
7. Il comune e i proprietari delle aree destinate all'edificazione possono concordare la loro cessione al comune, a fronte di una compensazione attuata mediante il trasferimento dei diritti edificatori in altre aree del territorio comunale a ciò preventivamente destinate.
8. La compensazione può avere luogo mediante convenzione fra il comune e i proprietari delle aree interessate dagli interventi che, in attuazione delle disposizioni del RE, nel dettaglio stabilisca:
a) le modalità di calcolo dei crediti edificatori;
b) la localizzazione delle aree sulle quali trasferire i diritti edificatori;
c) il tempo massimo di utilizzazione dei crediti edificatori;
d) la corresponsione di un importo pari all'indennità di esproprio per il caso di impossibilità di utilizzazione del credito edificatorio nel periodo convenuto.
Art. 23
Compensazione urbanistica territoriale1. I comuni che provvedono congiuntamente alla pianificazione in forma sovracomunale possono utilizzare la tecnica della compensazione urbanistica territoriale per realizzare lo scambio di diritti edificatori contro equivalenti valori di natura urbanistica o economica.
Capo IV
Pianificazione territoriale provincialeArt. 24
Piano di coordinamento provinciale1. La provincia, ferme restando le competenze dei comuni e in attuazione della legislazione e degli atti di programmazione regionale, predispone ed adotta il Piano di coordinamento provinciale quale atto di programmazione socio-economica provinciale. Esso, nell'ambito delle funzioni attribuite alle province dall'articolo 5 della legge regionale n. 9 del 2006:
a) definisce ed individua gli indirizzi e gli obiettivi generali di assetto del territorio relativi o all'intera provincia o ad ambiti sovracomunali suscettibili di organica e coordinata considerazione. A tal fine il Piano può prevedere, in aggiunta alle previsioni di cui alla legge regionale n. 12 del 2005 e sulla base di specifici trasferimenti da parte della Regione, ulteriori modalità d'incentivazione delle forme di cooperazione nella pianificazione tra comuni ricadenti in ambiti caratterizzati da elevata contiguità insediativa ovvero ricadenti in ambiti suscettibili di omogenea pianificazione e di organizzazione unitaria dei servizi pubblici, secondo le modalità di cui all'articolo 20;
b) contiene misure di coordinamento delle iniziative comunali finalizzate alla localizzazione dei nuovi insediamenti industriali, artigianali e turistico-ricettivi;
c) contiene misure di coordinamento della programmazione urbanistica commerciale comunale.2. Il Piano di coordinamento provinciale è formato:
a) da una relazione che, esposti gli esiti delle analisi e delle verifiche territoriali necessarie per la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale, stabilisca gli indirizzi per il coordinamento provinciale e, in particolare, individui gli ambiti territoriali destinatari delle misure e degli interventi di cui al comma 1, lettera a);
b) dagli elaborati grafici che rappresentano le indicazioni progettuali e i documenti comprovanti la VAS di cui all'articolo 8;
c) dalle norme contenenti i criteri di attribuzione delle misure di incentivazione e le misure di coordinamento e indirizzo;
d) da una banca dati alfanumerica e vettoriale contenente il quadro conoscitivo e le relative informazioni, redatta secondo le specifiche dettate dal SITR.
Art. 25
Formazione e approvazione del piano di coordinamento provinciale e delle varianti1. Il presidente della provincia, nel procedimento di formazione del Piano di coordinamento, convoca, ai sensi dell'articolo 5, una conferenza provinciale, le cui modalità sono disciplinate con proprio atto, nella quale vengono presentate e discusse le linee fondamentali di indirizzo della proposta di Piano.
2. La giunta provinciale provvede ai successivi adempimenti per la redazione del Piano di coordinamento, che viene poi trasmesso al consiglio provinciale che lo adotta.
3. La provincia, divenuta esecutiva tale deliberazione di adozione, ne dà avviso sul BURAS e su almeno due quotidiani a diffusione regionale, con indicazione delle modalità e dei termini di pubblicazione del progetto di piano.
4. Il progetto adottato viene inviato all'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio, ai comuni, agli enti parco, alle comunità montane e agli altri enti pubblici ritenuti interessati; i comuni, previo avviso da divulgare con ogni mezzo ritenuto idoneo, provvedono a depositare il progetto nella segreteria comunale per quarantacinque giorni consecutivi durante i quali chiunque ha la facoltà di prenderne visione e di presentare osservazioni e proposte.
5. Ciascun comune, entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di deposito, trasmette alla provincia la deliberazione consiliare con la quale formula il proprio parere, pronunciandosi sulle eventuali osservazioni; gli enti parco, le comunità montane e gli altri enti pubblici interessati trasmettono alla provincia il proprio parere entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento degli atti.
6. La Regione esprime il proprio parere che ha carattere vincolante con esclusivo riferimento alle indicazioni prescrittive del Piano paesaggistico regionale; il parere è reso con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio, da trasmettere alla provincia entro novanta giorni dal ricevimento degli atti.
7. La provincia, nei sessanta giorni dal ricevimento dei pareri o dall'infruttuoso decorso dei termini, approva in via definitiva, con deliberazione del consiglio provinciale, il Piano di coordinamento provinciale, tenuto conto delle valutazioni acquisite.
8. Una copia del Piano con i relativi allegati è trasmessa a tutti i comuni interessati, i quali provvedono a depositarlo per consentire la libera visione del pubblico entro dieci giorni dal ricevimento degli atti.
9. La deliberazione di approvazione del Piano, unitamente all'elaborato di sintesi, è pubblicata sul BURAS; dell'approvazione è data notizia con avviso pubblicato su almeno due quotidiani a diffusione regionale. Il Piano entra in vigore dalla data di pubblicazione della deliberazione di approvazione sul BURAS.
10. Entro il termine massimo di dieci anni dall'approvazione del Piano, il consiglio provinciale ne accerta l'adeguatezza alla luce anche dei piani territoriali regionali, delle esigenze e atti di programmazione sopravvenuti. Il Piano di coordinamento può, comunque, essere variato, anche su proposta degli enti locali interessati, con le procedure di cui al presente articolo.
Capo V
Pianificazione territoriale regionaleArt. 26
Documento di programmazione territoriale1. Il Documento di programmazione territoriale (DPT) è lo strumento strategico di coordinamento e programmazione generale con il quale la Regione, in esecuzione delle scelte contenute nel Programma regionale di sviluppo, definisce le linee fondamentali per assicurare lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale, accrescere la competitività del sistema territoriale regionale, garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione delle risorse sociali ed ambientali.
2. Il DPT considera la totalità del territorio regionale, ne definisce gli indirizzi da perseguire in relazione all'assetto, contiene misure finalizzate a garantire le modalità di interfunzionalità tra i vari livelli di cui all'articolo 3, assicurando una stretta correlazione tra di essi. Esso è composto da:
a) il quadro descrittivo del territorio regionale, con l'evidenziazione delle potenzialità, delle dinamiche evolutive, delle situazioni di vulnerabilità e delle condizioni di trasformazione compatibili nel tempo;
b) le previsioni programmatiche indicanti l'insieme degli obiettivi da perseguire, con riferimento ai diversi contenuti del documento esplicitandone le priorità e i livelli di interazioni, e contenenti le valutazioni di massima della fattibilità economica finanziaria delle previsioni del DPT;
c) le linee guida della programmazione territoriale di livello regionale.
Art. 27
Procedure di approvazione del Documento di programmazione territoriale1. La Giunta regionale elabora una proposta preliminare di Documento di programmazione territoriale. Essa è trasmessa, entro trenta giorni, alle province, ai comuni, alle unioni di comuni. Entro sessanta giorni dal ricevimento, la Giunta regionale convoca e presiede una conferenza regionale che, articolata per ambiti provinciali, si svolge con le procedure dell'istruttoria pubblica di cui all'articolo 18 della legge regionale n. 40 del 1990. Ad essa partecipano, oltre alla Regione, le province, i comuni, le unioni comuni, gli altri enti pubblici e le associazioni economiche e sociali portatrici di interessi diffusi ricadenti nella circoscrizione territoriale provinciale. La Giunta regionale, acquisite le risultanze della conferenza, adotta la proposta definitiva di Documento di programmazione territoriale e lo trasmette al Consiglio regionale.
2. Il Consiglio regionale, acquisito il parere del Consiglio delle autonomie locali ai sensi dell'articolo 9 della legge regionale 17 gennaio 2005, n. 1 (Istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regione-enti locali), approva il Documento di programmazione territoriale.
3. Copia integrale del Documento di programmazione territoriale approvato è depositata per la libera consultazione presso la Regione, è trasmessa agli enti locali ed è, contestualmente, pubblicata sul BURAS.
Art. 28
Piano paesaggistico regionale1. La Regione approva il Piano paesaggistico regionale (PPR), ai sensi dell'articolo 135 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche al fine di assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio. Esso assume i contenuti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche, individua i valori paesaggistici, ambientali e culturali del territorio regionale e le risorse storiche, culturali, paesaggistiche e ambientali del territorio regionale e ne definisce la disciplina di tutela e valorizzazione. Il Piano può essere proposto, adottato e approvato per fasi e per ambiti territoriali diversi e costituisce comunque riferimento per l'applicazione coordinata degli atti di indirizzo e coordinamento.
2. Il Piano attua la strategia dello sviluppo territoriale mediante l'indicazione:
a) dei tipi di intervento nei relativi ambiti territoriali di paesaggio che, per i loro effetti intercomunali, sono oggetto di concertazione fra i vari livelli istituzionali anche in relazione alle forme di compensazione tra comuni;
b) del ruolo dei sistemi delle città e dei sistemi locali, degli insediamenti turistici, dei servizi produttivi, delle aree agricole e di quelle caratterizzate da intensa mobilità nonché degli ambiti territoriali di rilievo sovraprovinciale;
c) delle azioni integrate per la tutela e valorizzazione delle risorse essenziali.3. L'approvazione del Piano paesaggistico regionale comporta l'obbligo per:
a) le province di adeguarsi adottando apposite varianti al Piano di coordinamento provinciale vigente entro il termine di sei mesi, ivi compreso ogni conseguente adeguamento ai nuovi assetti amministrativi;
b) i comuni di adeguarsi entro il termine di dodici mesi.
Art. 29
Piano paesaggistico regionale - Procedure1. La Giunta regionale predispone la proposta di Piano paesaggistico regionale, per la cui redazione possono essere utilizzati anche gli elaborati dei Piani di coordinamento provinciale e dei piani sovracomunali approvati o adottati. Tale proposta è trasmessa alla competente Commissione del Consiglio regionale. Contestualmente la Giunta regionale svolge l'istruttoria pubblica, articolata per province, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, della legge regionale n. 40 del 1990.
2. La proposta di Piano paesaggistico regionale è pubblicata, per un periodo di sessanta giorni, all'albo di tutti i comuni interessati.
3. Chiunque può formulare, entro trenta giorni decorrenti dall'ultimo di pubblicazione, osservazioni sulla proposta.
4. Trascorso tale termine la Giunta regionale esamina le osservazioni presentate, ne motiva l'accoglimento o il rigetto, delibera l'adozione del Piano paesaggistico regionale e lo trasmette al Consiglio regionale, completo di tutti i suoi allegati.
5. La Commissione consiliare competente in materia di governo e assetto del territorio esprime, entro trenta giorni, sul Piano stesso, il proprio parere che viene trasmesso alla Giunta regionale.
6. Acquisito tale parere e sulla base di esso, la Giunta regionale approva in via definitiva il Piano entro i successivi trenta giorni. Il Piano paesaggistico regionale entra in vigore alla data di pubblicazione nel BURAS.
7. Dopo l'approvazione del Piano paesaggistico regionale la Giunta regionale provvede al coordinamento ed alla verifica di coerenza degli atti della programmazione e della pianificazione regionale con il Piano stesso.
8. Le modifiche cartografiche e normative del Piano paesaggistico regionale seguono la medesima procedura di cui ai precedenti commi, salvo i casi di applicazione dell'articolo 30 della presente legge. Qualora in sede di approvazione del PUC emergano differenze tra la cartografia ad esso allegata, derivante dalla rappresentazione più puntuale del territorio, e quella contenuta nel Piano paesaggistico regionale, la cartografia del PUC definitivamente approvato costituisce adeguamento automatico della cartografia allegata al Piano paesaggistico regionale.
9. Al fine di conseguire l'aggiornamento periodico del Piano paesaggistico regionale la Giunta regionale provvede al monitoraggio delle trasformazioni territoriali e della qualità del paesaggio.
10. Al fine di promuovere una più incisiva adeguatezza ed omogeneità della strumentazione urbanistica a tutti i livelli, l'Amministrazione regionale procede ad un sistematico monitoraggio e comparazione dell'attività di pianificazione urbanistica, generale ed attuativa, mediante l'attivazione di un Osservatorio della pianificazione urbanistica e qualità del paesaggio in collaborazione con le università e con gli ordini ed i collegi professionali interessati.
11. I comuni, in adeguamento alle disposizioni e previsioni del Piano paesaggistico regionale, approvano, entro dodici mesi dalla sua pubblicazione nel BURAS e, comunque, a partire dall'effettiva erogazione delle risorse finanziarie, i propri PUC. A tal fine, con specifica norma finanziaria, sono previste adeguate risorse per il sostegno delle fasi di approvazione ed adeguamento alla nuova pianificazione paesaggistica regionale da parte dei comuni.
Art. 30
Verifica dell'operatività del Piano paesaggistico regionale1. La Giunta regionale, in sede di valutazione degli effetti del Piano paesaggistico regionale, ne verifica l'attuazione e apporta le modifiche e gli aggiornamenti necessari per:
a) fornire un'interpretazione precisa e puntuale delle disposizioni contenute nelle Norme tecniche di attuazione;
b) assicurare l'adeguamento o armonizzazione delle Norme tecniche di attuazione con sopravvenute disposizioni statali di livello sovraordinato;
c) assicurare l'adeguamento, coordinamento e razionalizzazione delle Norme tecniche di attuazione con sopravvenute pronunce giurisdizionali.2. Nei casi di cui al comma 1, si applica la seguente procedura semplificata:
a) la Giunta regionale predispone la proposta di adeguamento e la pubblica, per un periodo di dieci giorni, all'albo di tutti i comuni interessati;
b) chiunque può formulare, entro dieci giorni decorrenti dall'ultimo di pubblicazione, osservazioni sulla proposta;
c) trascorso tale termine la Giunta regionale esamina le osservazioni presentate, ne motiva l'accoglimento o il rigetto, delibera l'adeguamento al Piano paesaggistico regionale e lo trasmette al Consiglio regionale, completo di tutti i suoi allegati;
d) la Commissione consiliare competente in materia di governo e assetto del territorio esprime, entro sette giorni, sulla proposta, il proprio parere che viene trasmesso alla Giunta regionale;
e) acquisito tale parere e sulla base di esso, la Giunta regionale approva in via definitiva l'adeguamento del Piano paesaggistico regionale entro i successivi sette giorni.
Art. 31
Atti di indirizzo e coordinamento1. La Regione, allo scopo di orientare e coordinare l'attività di pianificazione territoriale, emana atti di indirizzo e coordinamento per la formazione, l'adeguamento, la gestione degli strumenti di pianificazione regionale settoriale e degli enti locali, per la tutela degli insediamenti storici, delle aree di interesse pubblico e delle aree agricole.
2. Gli atti di indirizzo e coordinamento contengono i criteri generali di dimensionamento delle trasformazioni territoriali, i criteri generali per la determinazione del fabbisogno abitativo, i limiti generali di densità edilizia, di altezza, di distanza minima tra i fabbricati e della qualità delle trasformazioni e delle costruzioni. Inoltre, essi individuano i livelli di flessibilità degli strumenti di pianificazione necessari per un'ottimale interpretazione dei caratteri sociali e identitari delle differenti aree regionali.
3. L'Assessore regionale competente in materia di governo del territorio, predispone, entro sessanta giorni dall'approvazione della presente legge, una proposta preliminare di atto di indirizzo e coordinamento contenente gli obiettivi e le linee generali del provvedimento e la trasmette alla Commissione consiliare competente in materia di governo del territorio per una preliminare valutazione, da concludersi entro trenta giorni dalla presentazione. Entro gli stessi termini la Giunta regionale acquisisce l'intesa con gli enti locali ai sensi dell'articolo 13 della legge regionale n. 1 del 2005.
4. Successivamente l'Assessore regionale competente in materia di governo del territorio, previa delibera della Giunta regionale, predispone, entro trenta giorni dall'acquisizione della valutazione preliminare e dal conseguimento dell'intesa, la proposta definitiva degli atti di indirizzo e coordinamento e la trasmette alla Commissione consiliare competente in materia di governo del territorio.
5. La Commissione consiliare esprime, entro venti giorni, il proprio parere che viene trasmesso alla Giunta regionale.
6. La Giunta regionale, acquisito tale parere o decorsi i termini di cui al comma 5, approva, sulla base di esso, in via definitiva gli atti di indirizzo e coordinamento entro i successivi quindici giorni. Essi entrano in vigore alla data di pubblicazione nel BURAS.
Art. 32
Cartografia tecnica regionale1. Tutti gli strumenti di pianificazione territoriale urbanistica e paesaggistica sono redatti sulla carta tecnica regionale secondo le specifiche tecniche definite dalla Giunta regionale.
2. La Regione provvede all'aggiornamento periodico della carta tecnica.
3. La base cartografica degli strumenti urbanistici di pianificazione provinciale e comunale può essere aggiornata a scala di maggiore dettaglio rispetto a quella regionale anche a cura degli enti, secondo le specifiche tecniche indicate dalla Giunta regionale.
Art. 33
Compensazione paesaggistica1. La Giunta regionale, sulla base delle richieste formulate dai comuni in sede di approvazione dei PUC o di loro varianti, individua i comuni i cui territori risultano particolarmente svantaggiati dal punto di vista socio-economico in conseguenza delle disposizioni derivanti dal Piano paesaggistico regionale e dispone misure compensative mediante finanziamento di interventi pubblici di promozione economica e occupazionale
2. La compensazione paesaggistica, quale azione ad iniziativa pubblica volta al recupero, alla tutela paesaggistica di aree private, compromesse o investite da attività non compatibili con la disciplina paesaggistica, si attua in sede di istruttoria pubblica articolata per ambiti territoriali omogenei. Essa è attivata dalla Regione su richiesta del comune e consiste in una o più proposte da esaminarsi in sede di istruttoria pubblica, secondo il principio del prevalente interesse pubblico.
3. Le proposte si articolano secondo due linee d'intervento:
a) permuta di area privata contro equivalente area pubblica, con grado maggiore di compatibilità paesaggistica per le attività in oggetto, oltre ad un bonus volumetrico non superiore al 20 per cento delle volumetrie esistenti;
b) permuta di area privata contro equivalente area privata da acquisirsi da parte della Conservatoria delle coste, con grado maggiore di compatibilità paesaggistica, oltre ad un bonus volumetrico non superiore al 20 per cento delle volumetrie esistenti.4. Le aree così pervenute al patrimonio pubblico confluiscono nel patrimonio della Conservatoria delle coste. Per la valutazione del grado di compatibilità paesaggistica si fa riferimento agli obiettivi di qualità paesaggistica.
5. Le operazioni di compensazione, gli accordi pubblico-privato e gli oneri connessi a tali azioni, individuati in sede di istruttoria pubblica, sono deliberati dalla Giunta regionale e le loro conclusioni sono pubblicate nel BURAS.
Art. 34
Intervento sostitutivo1. In tutti i casi in cui un adempimento non risulti effettuato, per inerzia dell'Amministrazione nell'assunzione degli atti e del rispetto dei termini procedimentali indicati dalla presente legge, si applica la disposizione di cui all'articolo 9 della legge regionale n. 9 del 2006.
2. Resta, comunque, in capo ai comuni e alle province l'adozione ed approvazione degli strumenti per il governo del territorio di loro competenza, così come individuati dall'articolo 3, comma 3.
Art. 35
Commissione per la dichiarazione di notevole interesse pubblico1. Per l'istituzione della commissione preposta alla dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 137 del medesimo decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche.
Titolo III
Sostenibilità e qualità architettonica, norme particolari e disposizioni finali e transitorieCapo I
Sostenibilità e qualità architettonica e norme a favore dei portatori di handicapArt. 36
Incentivazione e promozione della bioedilizia, del rendimento energetico nell'edilizia e dell'utilizzo di materiali tipici della tradizione locale1. La Regione, per il conseguimento dei fini di cui alla presente legge, in aggiunta alle disposizioni in materia contenute nella legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) e in attuazione della direttiva 2006/32/CE del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e dei servizi energetici, adotta misure di promozione, incentivazione e sostegno a favore dei comuni che introducono nei propri strumenti di pianificazione disposizioni finalizzate a promuovere e sostenere gli interventi di bioedilizia e di rendimento energetico nell'edilizia che presentino le caratteristiche di:
a) favorire il risparmio energetico e l'utilizzo delle fonti rinnovabili;
b) utilizzare le tecniche costruttive e di materiali tipici della tradizione locale, quali ladiri e pietre locali;
c) avvalersi dell'utilizzo di materiali da costruzione, di componenti, impianti e arredi che non comportino l'emissione di gas tossici, l'emissione di particelle e radiazioni o gas pericolosi e l'inquinamento delle falde acquifere e del suolo;
d) privilegiare l'impiego di materiali e manufatti di cui sia possibile il riutilizzo e la cui produzione avvenga sulla base di processi produttivi a basso consumo energetico;
e) consentire il conseguimento degli obiettivi di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l'integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, in attuazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia) e successive modifiche e integrazioni.2. La Giunta regionale, entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, approva, con le procedure di cui all'articolo 31, un atto di indirizzo e coordinamento contenente i criteri tecnici fondamentali che i comuni devono seguire per attribuire effettivo carattere di sostenibilità e riconoscibilità ambientale ai singoli progetti attuativi. Tali criteri sono individuati fornendo una chiara specificazione tecnica che individui i necessari supporti ai seguenti settori:
a) utilizzo di materiali che per produzione e smaltimento siano i più naturali possibili ed adottare sistemi capaci di disperdere il gas radon, qualora presente;
b) utilizzo di tecniche costruttive e di materiali tipici della tradizione locale;
c) adozione di impianti che riducano al massimo la presenza di campi elettromagnetici e di impianti e tecnologie che assicurino il massimo conseguimento di isolamento termico e la conseguente riduzione del fabbisogno termico;
d) utilizzo di impianti che consentano una significativa riduzione del prelevamento di acqua potabile con la predisposizione delle reti idriche duali;
e) utilizzo di prodotti di finitura coloranti e protettivi suscettibili di non rilasciare nell'ambiente interno ed esterno sostanza inquinanti.3. I comuni, al fine di incentivare e sostenere gli interventi di bioedilizia e di rendimento energetico nell'edilizia, possono, in aggiunta alle agevolazioni di cui alla legge n. 244 del 2007, per gli interventi realizzati secondo le tecniche individuate dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, prevedere:
a) una riduzione del contributo di costruzione fino al 20 per cento;
b) lo scomputo, nel rispetto dei limiti di piano, dei volumi tecnici e del maggiore spessore, eccedente i 30 centimetri, delle murature perimetrali e dei solai intermedi degli edifici che contribuiscono in maniera determinante al miglioramento dei livelli di coibentazione termo-acustica;
c) l'assimilazione totale a "volume tecnico" delle volumetrie abitabili, ma strettamente funzionali al conseguimento del guadagno solare passivo mediante la realizzazione delle serre solari.4. La Regione, al fine di sostenere ed incentivare il recupero, valorizzazione, tutela e sostegno delle strutture insediative realizzate con l'utilizzo di materiali tipici del patrimonio architettonico regionale (quali ladiri e pietre locali) assicura:
a) priorità, nella predisposizione dei programmi di intervento regionali, ai sensi della legge regionale n. 29 del 1998 e successive modifiche, agli interventi di recupero primario realizzati con l'utilizzo di tali materiali tipici;
b) priorità, nella predisposizione del programma straordinario di cui all'articolo 8, comma 24, della legge regionale n. 3 del 2008, per gli interventi di recupero, ristrutturazione e acquisto realizzati con l'utilizzo di tali materiali tipici.5. La Regione, inoltre, nell'ambito dei programmi di cui al comma 4, promuove studi, ricerche e progetti finalizzati al recupero dei saperi, delle arti e delle tecniche professionali legati all'utilizzo dei materiali tipici regionali e alla bioedilizia.
Art. 37
Qualità architettonica1. La Regione promuove la predisposizione di manuali sulle culture abitative della Sardegna a valenza territoriale, perseguendo obiettivi di elevata qualità architettonica per l'inserimento armonioso delle nuove costruzioni nel contesto urbano e paesaggistico e di adeguatezza dei criteri di ristrutturazione e restauro degli edifici nelle aree e nuclei storici.
2. In coerenza con tali manuali, gli strumenti urbanistici comunali devono promuovere modalità costruttive orientate al risparmio energetico e al naturale comfort abitativo e formulare specifiche prescrizioni inerenti le tecniche costruttive, i materiali utilizzabili ed i colori ammissibili nonché individuare idonei provvedimenti coercitivi finalizzati a contrastare la cultura ancora presente in Sardegna del "non finito".
3. Gli strumenti comunali devono, inoltre, disciplinare tutti gli interventi di configurazione dello spazio urbano, quali impianti di illuminazione e arredi atti a valorizzare i caratteri identitari del contesto e assicurarne la coerenza estetica, incentivare l'incremento delle dotazioni di verde pubblico e privato a carattere ornamentale, prevedendo l'acquisizione di aree vuote interne ai contesti urbanizzati.
Art. 38
Disposizioni urbanistiche a favore dei portatori di handicap gravi1. Il comune, al fine di assicurare la massima fruibilità degli spazi esistenti destinati alla prima casa da parte dei soggetti portatori di handicap grave, così come certificato ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) e successive modifiche può, anche in deroga agli indici di zona previsti dai vigenti strumenti urbanistici, consentire:
a) nelle abitazioni unifamiliari, un ampliamento volumetrico fino ad un massimo di 120 metri cubi, realizzato in aderenza all'edificio esistente; qualora questo sia ricompreso in una zona A - ai sensi del decreto assessoriale n. 2266/U del 20 dicembre 1983 - la richiesta di ampliamento è accompagnata dalla redazione di uno studio particolareggiato del comparto interessato;
b) nelle abitazioni condominiali, un ampliamento volumetrico mediante la chiusura di verande con strutture precarie; la richiesta di ampliamento è accompagnata dalla redazione di uno studio relativo agli effetti sulla stabilità e statica dei nuovi interventi sull'edificio esistente.2. La domanda per il rilascio della concessione edilizia è, inoltre, corredata da:
a) una certificazione medica rilasciata dalla competente azienda sanitaria, attestante la situazione di handicap grave non reversibile, ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della legge n. 104 del 1992 e successive modifiche, della persona residente nell'immobile oggetto della richiesta;
b) il progetto di nuovo volume che evidenzi le soluzioni tecniche adottate e giustifichi la necessità delle specifiche finalità dell'intervento;
c) dalla dichiarazione di non aver già ottenuto la concessione tale incremento volumetrico in altro immobile sito in Sardegna.3. All'atto del rilascio del titolo abilitativo sulle nuove volumetrie di cui al comma 2, lettera b), è istituito un vincolo quinquennale di divieto di mutamento di destinazione d'uso, alienazione e locazione a soggetti diversi dai portatori di handicap grave, da trascriversi presso la conservatoria dei registri immobiliari.
4. Durante il quinquennio, per sopravvenute esigenze, il proprietario dell'abitazione o i suoi eredi possono presentare istanza di revoca del provvedimento abilitativo con conseguente cancellazione del vincolo, al fine di cedere, locare o mutare la destinazione d'uso dell'abitazione. La revoca è concessa previo accertamento dell'effettiva rimozione o demolizione delle opere realizzate.
5. L'istruttoria delle pratiche relative all'esecuzione delle opere di ampliamento assume carattere di assoluta priorità e l'istanza presentata deve, comunque, ottenere riscontro entro sessanta giorni dalla sua presentazione, trascorsi inutilmente i quali, si intende accolta.
Capo II
Norme di coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazioneArt. 39
Individuazione e riclassificazione dei beni paesaggistici e identitari1. La Regione, in sede di prima applicazione e per non oltre tre anni dalla data di approvazione della presente legge e previa motivata istruttoria effettuata a seguito di interventi modificativi sul bene o di più approfonditi accertamenti ed analisi di dettaglio che abbiano fatto emergere mutate esigenze di tutela ovvero l'irrilevanza dei beni ai fini paesaggistici, può disporre la riclassificazione totale o parziale dei beni paesaggistici di cui agli articoli 134, lettera c) e 143, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e dei beni identitari.
2. Il provvedimento di riclassificazione è adottato, previa deliberazione della Giunta regionale ed acquisito il parere motivato del MIBAC, con decreto del Presidente della Regione, da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
3. Copia della Gazzetta ufficiale è affissa per novanta giorni all'albo pretorio di tutti i comuni interessati.
Art. 40
Individuazione dei beni paesaggistici1. In attuazione dell'articolo 143, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, come modificato dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63 (Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), i beni paesaggistici, compresi quelli identitari, protetti e disciplinati dal Piano paesaggistico, sono esclusivamente:
a) i beni di cui all'articolo 136 del medesimo decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141;
b) le aree di cui all'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche;
c) gli immobili, le aree e i beni specificamente individuati nei piani paesaggistici e delimitati nelle cartografie ad essi allegate in scala idonea alla loro puntuale identificazione.2. I piani paesaggistici non possono apporre vincoli su intere categorie di beni non puntualmente individuati.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 valgono anche nel periodo d'applicazione delle norme di salvaguardia di cui all'articolo 145 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e, comunque, anche per tutto il periodo transitorio d'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali ai piani paesaggistici. Ogni diversa disposizione eventualmente contenuta nei piani paesaggistici vigenti è abrogata.
4. È fatta salva l'individuazione, nei futuri piani paesaggistici regionali o attraverso l'adeguamento dei PUC al Piano paesaggistico regionale, di eventuali ulteriori contesti da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione ai sensi dell'articolo 143, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche.
Art. 41
Delimitazione dei centri storici e dei perimetri cautelari dei beni paesaggistici e identitari1. I comuni i cui centri storici non coincidano con quelli delimitati nella cartografia allegata al Piano paesaggistico regionale, nelle more dell'adeguamento dei rispettivi piani urbanistici, possono avviare un'intesa con l'ufficio regionale del Piano per giungere ad una nuova perimetrazione.
2. Qualora la nuova perimetrazione coincida con il perimetro del previgente piano particolareggiato del centro storico, con atto del sindaco sono attivate le procedure d'intesa con l'Ufficio regionale del piano. Qualora l'ipotesi di nuova perimetrazione non coincida con il perimetro del previgente piano particolareggiato del centro storico, la proposta d'intesa è attivata previa delibera del consiglio comunale ed ha l'effetto di superare il regime transitorio di salvaguardia eventualmente previsto dal Piano paesaggistico regionale.
3. Il raggiungimento dell'intesa è attestato, entro il termine massimo di trenta giorni da suo conseguimento, dal direttore generale della Pianificazione urbanistica con propria determinazione.
4. Dal giorno successivo alla pubblicazione nel BURAS della determinazione del direttore generale, nei centri storici interessati si applica la disciplina contenuta nei previgenti piani particolareggiati dei centri storici, fatte salve le prescrizioni eventualmente contenute nell'atto d'intesa di cui al comma 2.
5. Dall'approvazione del Piano paesaggistico regionale e fino all'adeguamento ad esso dei PUC con le medesime procedure di cui ai precedenti commi vengono ridefiniti i perimetri cautelari dei beni paesaggistici ed identitari.
Capo III
Disposizioni finali e transitorieArt. 42
Procedure in corso1. Per il completamento delle procedure relative all'adeguamento della pianificazione comunale alla vigente pianificazione regionale paesaggistica in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge, il comune può deliberare, con atto del consiglio comunale, l'applicazione delle disposizioni procedurali previgenti all'entrata in vigore della presente legge.
Art. 43
Verifica dell'operatività del vigente Piano paesaggistico regionale1. La Giunta regionale, in sede di prima valutazione, entro il termine massimo di centoventi giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nel BURAS, degli effetti del vigente Piano paesaggistico regionale, primo ambito omogeneo, approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 36/7 del 5 settembre 2006, verifica l'attuazione delle disposizioni contenute nelle Norme tecniche di attuazione del Piano e apporta le modifiche per le finalità e secondo le procedure di cui all'articolo 30.
Art. 44
Piani e programmi regionali vigenti1. Fino all'entrata in vigore del Documento di programmazione territoriale regionale conservano valore ed efficacia le vigenti disposizioni regionali contenute in piani e programmi di carattere generale relativi alla programmazione regionale urbanistica e territoriale.
Art. 45
Adeguamento ai principi della normativa statale in materia di edilizia1. La Giunta regionale, al fine di adeguare la vigente disciplina regionale in materia di attività edilizia ai principi contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e successive modifiche, approva, entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge, una proposta di normativa disciplinante la materia dell'edilizia con particolare riferimento:
a) ai titoli abilitativi;
b) alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzioni;
c) alla normativa tecnica di settore.
Art. 46
Attuazione degli strumenti vigenti1. Fino all'approvazione del PUC i comuni danno attuazione alle previsioni contenute nei vigenti piani se adeguati alle disposizioni del vigente Piano paesaggistico regionale. Dall'entrata in vigore della presente legge e fino all'approvazione del PUC possono essere adottati e approvati i seguenti strumenti urbanistici:
a) i piani attuativi dei piani urbanistici comunali vigenti, che anche in variante, siano già adeguati alle disposizioni del vigente Piano paesaggistico regionale;
b) le varianti agli strumenti urbanistici vigenti anche in attuazione di atti di programmazione negoziata, previa verifica di coerenza, ai sensi dell'articolo 31, comma 5, della legge regionale 22 aprile 2002, n. 7 (legge finanziaria 2002) con le disposizioni del vigente Piano paesaggistico regionale;
c) le varianti specifiche di recepimento delle previsioni dei piani di livello regionale.
Art. 47
Adeguamento organizzativo1. I comuni e le province, al fine di potere compiutamente attuare i processi di riforma contenuti nella presente legge e pervenire ad un sensibile miglioramento del livello qualitativo delle prestazioni offerte ai cittadini, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, possono, entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, incrementare le proprie dotazioni organiche, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di contenimento di assunzione di personale.
Art. 48
Copertura finanziaria1. A valere sulla disponibilità recate dalla UPB S04.10.006 relativa a contributi ai comuni per la redazione degli strumenti urbanistici è assicurata la riserva per la pianificazione territoriale comunale e sovracomunale; per l'individuazione del destinatario dei contributi, si applica la disposizione di cui all'articolo 20.
Art. 49
Abrogazioni1. Sono abrogate:
a) la legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), ad eccezione della disposizione di cui all'articolo 5, comma 4, che continua ad applicarsi fino all'entrata in vigore degli strumenti di cui all'articolo 30 della presente legge;
b) la legge regionale 1° luglio 1991, n. 20 (Norme integrative per l'attuazione della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45);
c) la legge regionale 18 dicembre 1991, n. 37 (Proroga dei termini per le norme di salvaguardia di cui agli articoli 12 e 13 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45);
d) la legge regionale 22 giugno 1992, n. 11 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45);
e) la legge regionale 29 dicembre 1992, n. 22 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 22 giugno 1992, n. 11 e alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45);
f) la legge regionale 7 maggio 1993, n. 23 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45);
g) la legge regionale 8 luglio 1993, n. 28 (Interventi in materia urbanistica);
h) l'articolo 21 della legge regionale 12 dicembre 1994, n. 36 (Modifiche alla legge regionale 29 gennaio 1994, n. 2, e disposizioni varie);
i) l'articolo 72, secondo periodo, della legge regionale 15 febbraio 1996, n. 9 (legge finanziaria 1996);
l) la legge regionale 15 febbraio 1996, n. 13 (Fissazione di un termine entro il quale i comuni devono adeguarsi alle prescrizioni dei piani territoriali paesistici);
m) la legge regionale 6 maggio 1998, n. 13 (Proroga del termine di cui all'articolo 1, comma 1, della legge regionale 15 febbraio 1996, n. 13);
n) l'articolo 1, comma 17 della legge regionale n. 7 del 2002;
o) la legge regionale 25 novembre 2004, n. 8 (Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale);
p) l'articolo 32 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative);
q) il comma 2 dell'articolo 5 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali);
r) la legge regionale 12 agosto 1998, n. 28 (Norme per l'esercizio delle competenze in materia paesistica trasferite alla Regione autonoma della Sardegna con l'articolo 6 del D.P.R. 22 maggio 1975, n. 480 e delegate con l'articolo 57 del D.P.R. 19 giugno 1979, n. 348).
Art. 50
Entrata in vigore1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nel BURAS.