CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURATESTO UNIFICATO N. 53-67/A
Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppoApprovato dalla Quarta Commissione nella seduta del 17 settembre 2009
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RELAZIONE DELLA QUARTA COMMISSIONE PERMANENTE ASSETTO GENERALE DEL TERRITORIO - PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE - URBANISTICA - VIABILITÀ E TRASPORTI - NAVIGAZIONE E PORTI - EDILIZIA - LAVORI PUBBLICI
composta dai consiglieri
SANNA Matteo, Presidente e relatore di maggioranza - MORICONI, Vice presidente - CHERCHI, Segretario - LOTTO, Segretario - MANCA, relatore di minoranza - MELONI Franco - MILIA - MURGIONI - PERU - SANNA Giacomo - SECHI - STOCHINO
Relazione di maggioranza
On.le SANNA Matteo
pervenuta il 23 settembre 2009
Come sappiamo, una grave crisi socio-economica, dai risvolti non ancora ben definiti, sta interessando il sistema economico mondiale e, come agevolmente intuibile, ciò ha avuto ripercussioni rilevanti non solo in Italia, ma anche sull'economia della Sardegna.
È pertanto, necessario affrontare il momento di attuale debolezza con misure straordinarie, frutto di strategie urgenti, ma efficaci e condivise, che consentano non solo il raggiungimento degli auspicati benefici nel breve periodo, ma siano capaci di produrre effetti positivi anche nel medio e lungo periodo. Coerentemente con il programma di governo e soprattutto con le esigenze emerse durante il proficuo processo partecipativo attivato dagli esponenti della Giunta regionale nel corso dei mesi di maggio e giugno 2009.
D'altra parte, la crisi economica e il rallentamento dello sviluppo, sono stati, come noto, accentuati da alcune scelte operate dalla passata legislatura.
La finalità del testo esitato, pertanto, non è solo quella di dare attuazione all'accordo raggiunto il 31 marzo scorso tra il Governo e le regioni che, come noto, si proponeva il rilancio dell'economia, ma anche e soprattutto quella di incentivare il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente ed il miglioramento della qualità architettonica, dell'efficienza energetica, e di attenuare il disagio abitativo di molte famiglie. Un testo, dunque, dai profili assai significativi e dalla portata molto ampia.
Il conseguimento di tali obiettivi è reso possibile anche grazie all'introduzione di misure di semplificazione delle procedure nel settore edilizio ed alla soluzione dei problemi inerenti la pianificazione paesaggistica, emersi durante le conferenze territoriali con cui l'Esecutivo ha finalmente dato avvio al dialogo con i rappresentanti degli enti locali, inaugurando una nuova stagione caratterizzata da un attivo confronto ed una costante collaborazione tra i soggetti che ai vari livelli intervengono sulle scelte riguardanti il territorio.
È, pertanto, senz'altro riduttivo l'inquadramento del testo in questione nel cosiddetto "Piano casa"; le disposizioni di cui si chiede l'approvazione vanno, infatti, considerate nell'ambito di una strategia di più ampio respiro.
Una normativa che verrà affiancata da nuove disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica favorita da ulteriori risorse finanziarie, già in fase di predisposizione nell'ambito della prossima manovra finanziaria.
Un processo continuo e finalizzato a dotare anche la Sardegna di una nuova legge organica in materia di governo del territorio, in linea con le dichiarazioni programmatiche del Presidente, al fine di fare chiarezza tra il groviglio di normative, direttive e circolari di settore che, come noto, si sono succedute nel corso degli ultimi anni.
Esigenza questa fortemente avvertita e manifestata dalle amministrazioni locali, dagli operatori economici ed anche dai privati cittadini, che hanno con incessante forza evidenziato le enormi difficoltà riscontrate nell'interpretazione delle norme del Piano paesaggistico e nella attuazione del medesimo, testimoniate dalla brusca frenata della pianificazione locale che ha avuto ripercussioni negative su tutto il sistema socio-economico dell'Isola.
Tali problematiche sono state espresse anche alla IV Commissione del Consiglio che, sulla scia del percorso inaugurato dalla Giunta regionale, ha sentito i rappresentanti delle autonomie locali (UPS, ANCI, UNCEM, ASEL, Consiglio delle autonomie), degli ordini professionali (architetti, ingegneri, geologi, agronomi, forestali e geometri), delle associazioni di tutela ambientale (Legambiente, Gruppo di intervento giuridico, WWF Sardegna, Italia nostra), delle parti sociali (confederazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori), in audizione nel corso delle sedute dell'8, 9 e 10 settembre scorso.
Da tutte le parti è stata con forza evidenziata la necessità di mettere mano all'impalcato normativo vigente, al fine di ridare regole certe e consentire la ripresa del sistema socio-economico, nel rispetto dell'esigenza primaria di tutela e salvaguardia del paesaggio.
Con il testo esitato in esame, pertanto, nel dare risposta a quelle esigenze di tutela e valorizzazione delle valenze paesaggistiche, naturalistiche, storiche e culturali del territorio, sono stati privilegiati gli interventi di sostituzione del patrimonio edilizio di modesta qualità architettonica e tecnologica.
Viene istituita la Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica in grado di contemperare l'esigenza di sviluppo con quella di tutela di aree particolarmente sensibili del territorio isolano, la delicatezza delle funzioni sarà affidata ad esperti tecnici di elevata caratura ed indiscussa professionalità.
In questo senso, lo sviluppo non viene declinato in un selvaggio permissivismo, ma esalta i principi di tutela e valorizzazione del territorio, unanimemente condivisi, senza per questo ingessarne la naturale evoluzione.È stata dettata una disciplina che prevede l'applicazione ponderata e graduale degli incrementi volumetrici in relazione alle caratteristiche e alla rilevanza paesaggistica delle diverse zone, con particolare attenzione al sistema costiero, per il quale, a titolo di esempio, viene riconosciuta la possibilità di modesti incrementi volumetrici a condizione di demolire e ricostruire arretrando verso l'interno rispetto alla linea di battigia.
Sono previste norme specifiche per il patrimonio turistico e ricettivo al fine di consentire la ripresa di tale settore, considerato di importanza strategica per l'economia della Sardegna. È riconosciuta la facoltà di apportare incrementi volumetrici graduandoli in relazione alla distanza dalla costa ed indirizzandoli al miglioramento della qualità architettonica, privilegiando i servizi funzionali all'attività ricettiva. In tal modo si intende dare la possibilità agli operatori del settore di effettuare importanti e positivi adeguamenti dell'offerta turistica, incentivando le modifiche volte al miglioramento dei servizi indirizzati verso standard di elevata qualità.
Si propone, pertanto, come anche si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge di iniziativa dell'Esecutivo regionale, di coniugare la tutela di fondamentali valori ambientali, paesaggistici e culturali della Sardegna con l'obiettivo di pervenire ad uno sviluppo sostenibile.
Né deve essere sottovalutato che gli incentivi volumetrici finalizzati alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente sono legati, dalle norme che ne disciplinano l'applicazione, al miglioramento dell'efficienza energica degli edifici.
Sia per gli interventi di ampliamento che per quelli di demolizione e ricostruzione, la premialità volumetrica è normalmente legata al contenimento del consumo energetico, alla presentazione delle certificazioni energetiche e di regolare esecuzione delle opere.
Le disposizioni previste oltre che in linea con la più recente legislazione statale e con le direttive comunitarie in materia, risultano essere tra le più avanzate a livello regionale.
Gli interventi previsti nel testo in esame sono, in conclusione, volti ad avviare un processo dinamico di tutela, gestione e valorizzazione che, a partire dalla fragilità dei paesaggi costieri, valuti le interazioni e gli impatti sul sistema ambiente, fermo restando il primario obiettivo del mantenimento e della valorizzazione dello stesso, quale risorsa strategica.
Si tratterà di un primo passo verso un processo di cambiamento, che dovrà, anzitutto, essere di tipo culturale. Si intende proporre una visione non più solo vincolistica, con norme di tipo prevalentemente coercitivo, ma vista la singolarità e complessità dei territori e, più in generale, del paesaggio isolano, identificare elementi di cautela e di interesse paesaggistico, al fine di orientare le trasformazioni dei sistemi urbani e rurali della nostra regione. Una tutela di tipo dinamico, caratterizzata da un chiaro disposto normativo di base, che consenta di integrare anche gli atti di pianificazione di diversa natura e scala, superando le difficoltà e incertezze che hanno contraddistinto la prima fase di applicazione, da parte dei comuni, del Piano paesaggistico regionale.
Il testo esitato dalla Commissione è suddiviso in tre capi.
Il primo, relativo alle disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, disciplina l'applicazione ponderata e graduale degli incrementi volumetrici in relazione alle valenze paesaggistiche, storiche e culturali che il territorio esprime.
Il secondo inquadra in una visione più ampia la tematica della pianificazione paesaggistica e tende a dare risposta ad esigenze di chiarezza ed uniformità reiteratamente manifestate anche dagli enti locali nelle citate conferenze territoriali.
Il terzo detta alcune norme per il recupero dei sottotetti e dei seminterrati e le disposizioni finali.
Il capo primo, titolato "Disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente", disciplina gli interventi di ampliamento e quelli di sostituzione edilizia, oltre quelli di semplificazione delle procedure relative all'attività edilizia.
Per quanto attiene ai primi, il testo distingue tra quelli riguardanti la residenza e i servizi connessi e quelli inerenti le costruzioni in zona agricola e gli immobili destinati a finalità turistiche e ricettive (rispettivamente articoli 2, 3 e 4).
L'articolo 2 disciplina gli interventi di ampliamento concessi alle diverse tipologie di fabbricati (uni-bifamiliari, condomini, case a schiera); incrementi variabili a seconda di alcuni parametri quali la zona urbanistica in cui è situato l'edificio, la distanza dalla linea di costa, l'entità del miglioramento energetico.
Si mostra, poi, particolare sensibilità per gli interventi ricadenti in zona urbanistica A (centro storico) optando non per un drastico divieto, ma per una soluzione che li consenta a condizione che il manufatto abbia meno di cinquant'anni e che sia in contrasto con i caratteri tipologici e architettonici della zona. È evidente che, in questa ipotesi, l'incremento risulta finalizzato ad incentivare gli interventi che tendano ad armonizzare l'edificio rispetto al contesto storico-paesaggistico, ed alle peculiarità architettonico-compositive che il centro storico esprime.
Disposizioni specifiche sono, come detto, dettate per gli interventi in zona agricola e per gli immobili con destinazioni turistiche e ricettive.
Per la prima categoria l'articolo 3 gradua le possibilità di ampliamento in relazione alla valenza paesaggistica delle aree, permettendo così di incentivare la ripresa anche del settore agricolo, settore tradizionale nell'economia isolana. Oltre i due chilometri dalla linea di battigia, nelle stesse aree, è consentito un incremento volumetrico che non può superare il 20 per cento.
Nella fascia dei trecento metri dalla linea di battigia è concesso un ampliamento per i fabbricati dell'imprenditore agricolo destinati ad attività agro-silvo-pastorali nella misura del 10 per cento a condizione che le nuove volumetrie siano destinate ai medesimi usi e previa valutazione positiva della Commissione regionale per la qualità paesaggistica.
Analoga previsione è contenuta nell'articolo 4 per le strutture turistico-ricettive nella fascia dei trecento metri dalla linea di battigia. Maggiori incrementi sono concessi per gli immobili situati oltre la fascia predetta, l'ampliamento può arrivare al 30 per cento nel caso di interventi di riqualificazione dell'intero edificio tali da determinare un contenimento del consumo energetico maggiore del 25 per cento del fabbisogno di energia primaria.
L'articolo 5 disciplina gli interventi di sostituzione del patrimonio edilizio esistente. Sarà ammessa la demolizione e ricostruzione, anche su area diversa e con proporzioni più ampie fino al 30 per cento (o al 35 per cento in caso di contenimento delle prestazioni energetiche) degli edifici anteriori al 1989 che necessitino di un adeguamento ai mutati standard tecnologici, architettonici o energetici.
L'articolo 6 prevede il recupero e la ristrutturazione degli edifici destinati ad attività istituzionali o comunque pubbliche, concedendo un incremento volumetrico al fine di agevolarne la riqualificazione, garantendo ancora una volta la tutela della fascia più prossima alla linea di costa.
L'articolo 7 istituisce la Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica al fine di fornire all'Amministrazione regionale un supporto tecnico-scientifico in materia di tutela del contesto ambientale e quale organo chiamato ad assicurare che gli interventi in zone particolarmente sensibili del territorio regionale si coniughino con la finalità di tutela e valorizzazione delle medesime.
L'articolo 8 disciplina, invece, le condizioni di ammissibilità degli interventi siano essi di ampliamento che di sostituzione del patrimonio edilizio esistente, prevedendo che non possano essere realizzati su immobili privi del titolo abilitativo o su quelli di interesse storico, artistico, archeologico vincolati ai sensi della parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.L'articolo 9 detta le disposizioni relative alla misura degli oneri di concessione, prevedendo forme di agevolazione qualora gli intereventi riguardino la prima abitazione. La contribuzione è, invece, maggiorata negli altri casi.
L'articolo 10 detta norme volte alla semplificazione delle procedure relativa all'attività edilizia, rispondendo all'esigenza di snellezza nell'ottenimento del titolo edilizio.
In tale ottica per una serie di interventi (manutenzione ordinaria e straordinaria, di eliminazione delle barriere architettoniche, per le opere precarie ecc.) non è necessario alcun titolo abilitativo, è sufficiente la semplice comunicazione di avvio lavori, da effettuarsi anche in via telematica. Gli interventi di ampliamento possono realizzarsi mediante la Denuncia di inizio attività (DIA) ad eccezione di quelli ricadenti nella zona omogenea A (centro storico) o nei trecento metri dalla linea di battigia.
Viene, altresì, introdotta una forma di monitoraggio delle operazioni urbanistiche ed edilizie al fine di consentire un'efficace forma di controllo delle trasformazioni edilizie in atto.
Il testo normativo licenziato dalla IV Commissione del Consiglio regionale prevede che entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore della legge debba essere improrogabilmente effettuata la denuncia di inizio attività, ovvero la comunicazione di inizio lavori nel caso in cui il titolo abilitativo sia costituito dalla concessione edilizia, mentre entro 36 mesi, decorrenti sempre dalla medesima data, deve essere comunicato la fine dei lavori.
Trattandosi di un provvedimento straordinario destinato ad avere immediati effetti sul sistema economico, non si è ritenuto di dover estendere a tempo indeterminato l'efficacia delle disposizioni.
Il capo secondo, intitolato "Norme in materia di pianificazione paesaggistica", si apre con l'articolo 11, che disciplina le modalità di aggiornamento e revisione del Piano paesaggistico regionale, prevedendo che la Giunta regionale con periodicità biennale possa procedere alla revisione dei contenuti dispositivi e discretivi mediante deliberazione da pubblicarsi sul BURAS e sul sito istituzionale. È previsto che chiunque ne abbia interesse possa proporre osservazioni e la competente Commissione del Consiglio regionale esprima il proprio parere al riguardo. Successivamente la Giunta delibera in via definitiva la modifica o l'aggiornamento del piano.
L'articolo 12 disciplina le procedure relative alla realizzazione di programmi, piani o progetti di valenza strategica per lo sviluppo coerenti con gli indirizzi della pianificazione paesaggistica.
L'introduzione di tali strumenti costituisce attuazione del programma di governo regionale e, nell'ottica della leale collaborazione tra enti, individua i criteri di partecipazione e di eventuale condivisione delle proposte.
L'articolo 13 regolamenta gli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici ai piani paesaggistici per tutti i comuni ricompresi negli ambiti di paesaggio individuati dai piani. Distingue a seconda della zona in cui ricade l'intervento urbanistico da realizzare ed a seconda che il comune sia o meno dotato di piano urbanistico comunale. Vengono, inoltre, disciplinati gli interventi di riqualificazione degli insediamenti esistenti e delle strutture destinate all'esercizio di attività turistico-ricettiva, agricola e produttiva, nonché gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria restauro e risanamento conservativo, nonché quelli di ristrutturazione.
L'articolo 14 apporta modifiche alla legge regionale 4 agosto 2008, n. 13, disciplinando gli interventi di trasformazione del territorio compreso nella fascia di rispetto di cento metri dei beni paesaggistici ed identitari, prima che si proceda ad una corretta delimitazione della stessa che tenga conto delle effettive valenze paesaggistiche del contesto territoriale.
La realizzazione degli interventi è assoggettata al preventivo ottenimento dell'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
La disposizione attribuisce poi ai comuni la possibilità di verificare la coerenza dei propri piani particolareggiati dei centri storici al piano paesaggistico regionale e di procedere, quindi, alla loro attuazione per le parti considerate coerenti.
L'articolo 15 disciplina il recupero a fini abitativi dei sottotetti e tende a contenere il consumo di nuovo territorio ed a favorire la messa in opera di interventi tecnologici per garantire condizioni di maggiore efficienza energetica.
La disposizione è applicabile nelle zone urbanistiche A, B C, ed E, e si estende anche ai seminterrati. È, infine, attribuita ai comuni la possibilità di escluderne l'applicazione della stessa mediante motivata deliberazione del consiglio comunale da assumersi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge.
Il testo normativo in esame pone al centro dell'attenzione le strategie per lo sviluppo dell'Isola in materia edilizia ed urbanistica, senza per questo contraddire i principi di tutela e valorizzazione del territorio isolano, privilegiando il contributo della comunità che lo abita.***************
Relazione di minoranza
On.le Manca
pervenuta il 23 settembre 2009
L'approvazione, da parte della Quarta Commissione consiliare permanente del testo unificato DL 53 - PL 67/A recante "Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo" viene rappresentato, dalla maggioranza politica regionale, come un momento fondamentale per dare risposte concrete e tangibili alla situazione di stagnazione e grande difficoltà economica in cui versa la nostra Regione. Tale finalità, da quanto emerso nel corso della discussione in Commissione da parte della maggioranza e, per il vero, da diverse delle risultanze delle numerose audizioni effettuate, è non solo accolta ed accettata ma, a nostro parere, assolutamente sovradimensionata ed enfatizzata; si è finito, infatti, per attribuire a tale atto normativo una portata tale da farlo assurgere a vera chiave di volta della rinascita economica dell'Isola. In sostanza, sia i partiti di maggioranza sia le numerose associazioni audite, con esclusione di alcune, attribuiscono una valenza taumaturgica e miracolosa alle norme approvate ed una loro immediata e quasi naturale applicazione nel tessuto istituzionale, sociale ed economico della Sardegna.
Tale atteggiamento euforico è, invece, secondo la nostra valutazione, del tutto fuori luogo ed è frutto di una valutazione superficiale del testo proposto dalla Giunta regionale che non ha, finora, portato le forze politiche e sociali ad una disamina obiettiva, laica e complessiva del contenuto e degli effetti della normativa in esame.
Nel seguire tali criteri di valutazione del testo unificato DL 53 - PL 67/A, occorre evidenziare come il dibattito e l'esame in Commissione, pur se caratterizzato da grande fair play istituzionale tra le componenti politiche e grande rispetto dei ruoli - aspetto comunque di oggettiva rilevanza ed importanza - non ha consentito, sotto il profilo del merito, di approfondire adeguatamente le criticità del testo, le sue lacune ed incertezze. Ciò in quanto la maggioranza, anche di fronte a timidi tentativi di discussione formulati in particolare dal PSd'AZ, non ha inteso sottoporre ad esame critico il testo in esame, anche in presenza di puntuali e precisi input forniti dalle forze di minoranza con la presentazione di emendamenti tesi a migliorarne il contenuto, appiattendosi invece sull'impostazione della Giunta regionale, rinunciando a svolgere la propria funzione legislativa nella sede - quella della Commissione - più opportuna.
Secondo la nostra valutazione il documento normativo approvato, pur contenendo alcuni aspetti utili e condivisibili, appare complessivamente sbagliato nell'impostazione generale, suscettibile di sanzioni di illegittimità che rischiano di renderlo inoperante, generico in molti aspetti centrali, contraddittorio tra finalità dichiarate e strumenti operativi individuati e di assoluta pericolosità per quanto attiene l'impatto delle misure e gli interventi proposti sul patrimonio ambientale dell'Isola.
Il disegno di legge appare sbagliato nell'impostazione generale in quanto, seguendo in questo l'errata valutazione ed impostazione contenuta nell'intesa Stato-regioni-enti locali del 1° aprile 2009, attribuisce una portata taumaturgica agli interventi eccezionali in esso contenuti, utilizzando il comparto edilizio come concreta e fondamentale modalità operativa per smuovere la stagnate economia.
A tale proposito si osserva:
a) stimolare senza alcun limite il settore delle costruzioni non è una scelta politica ed economica adeguata ai tempi, sia perché non è pensabile che si costruisca tutto il territorio libero, sia perché una semplice valutazione economica porta a rilevare la svalutazione di un bene in presenza di un eccesso di offerta;
b) gli interventi nel settore edilizio possono avere effetti realmente benefici solo in presenza di massicci interventi pubblici sulle grandi opere infrastrutturali di un paese o di una regione. Tale modalità di intervento è stata seguita da molti Stati ed economie ed ha fornito, nei casi di crisi economica, risultati rilevanti. Nel caso in esame, invece, lo Stato italiano decide di non intervenire direttamente in tale settore con investimenti di tale rilevanza da creare effettiva nuova occupazione e colmare il gap infrastrutturale esistente, ma sposta sul settore privato l'onere di smuovere l'economia fidando che una moltitudine di micro opere - quali oggettivamente sono gli ampliamenti consentiti - riescano a sostituire il proprio mancato intervento. Detto in sintesi e per fare un esempio per tutti, da un lato si sottraggono i quasi 500 milioni di euro per la Sassari-Olbia, dall'altro si confida che la chiusura di verande e l'ampliamento di una stanza o di qualche albergo possano sostituire tale mancato grande investimento;
c) la crisi reale del comparto edilizio potrebbe nella sua complessità venire acuita dall'approvazione di tale testo normativo. Infatti, a nostro parere, ma non solo, la stagnazione attuale è frutto della mancanza di liquidità determinata da una fortissima restrizione del credito imposta dalle banche a causa della loro pesantissima esposizione sul fronte dei titoli spazzatura nel tempo acquistati. Ciò comporta che è sempre più difficile ottenere credito per acquistare le nuove abitazioni che si costruiscono. Ebbene, in tale situazione, un intervento normativo che consente di ampliare gli immobili esistenti produce, oggettivamente, un rilevante impatto negativo sulla vendita delle nuove costruzioni che verrà ulteriormente penalizzata. Infatti, nell'attuale situazione caratterizzata da limitata liquidità, sarà molto più facile aumentare il proprio immobile di una unità abitativa piuttosto che impegnarsi per un lungo periodo nell'acquisto di una nuova abitazione. Stupisce, pertanto, che le associazioni dei costruttori sentite in Commissione non abbiano neanche avvertito il possibile pericolo che tale testo normativo potrebbe rappresentare per il loro settore, ma si siano entusiasticamente espresse a suo favore. Ben altro impatto avrebbe, invece, sulla situazione attuale un massiccio intervento della Regione che, in prosecuzione degli ingenti stanziamenti posti dalla precedente Giunta regionale a sostegno delle politiche sulla casa, intervenisse direttamente sul settore delle costruzioni con misure finalizzate alla costruzione di abitazioni per prima casa, come inutilmente proposto dalla minoranza nel corso della discussione del testo normativo.
Il testo unificato proposto appare, sotto il secondo aspetto, suscettibile di sanzioni di illegittimità che rischiano di renderlo inoperante. Infatti la Giunta regionale, preso atto che l'intesa del 1° aprile 2009 esclude dal novero degli interventi ammissibili i beni e le zone vincolate, ha proposto una serie di disposizioni che, da un lato violano i vigenti atti di pianificazione paesaggistica, dall'altro ne contengono un'espressa modifica secondo modalità e procedure a nostro parere a grave rischio di legittimità. Le deroghe o modifiche al Piano paesaggistico regionale devono, infatti, seguire le procedure fissate secondo parametri determinati da disposizioni statali di livello sovraordinato (il decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni) che non sono nella disponibilità della Regione e le cui previsioni procedurali devono essere obbligatoriamente seguite nella disciplina urbanistica che si introduce. Assodato e del tutto inconfutabile, infatti, il dato della prevalenza del valore paesaggistico sugli altri interessi e finalità richiamati nel testo, appare assai probabile che l'evidente e clamorosa deroga del testo in esame alla disciplina paesaggistica statale e regionale vigente posso comportare - in tempi anche brevi e alle prime applicazioni della normativa - una sua impugnativa nelle sedi giurisdizionali proprie e una sua sostanziale inefficacia.
In breve sintesi si evidenzia come tale grave e pericolosa impostazione è contenuta:
a) nell'ammissibilità degli ampliamenti sia negli ambiti tutelati dal vigente Piano paesaggistico regionale sia anche entro la fascia dei 300 metri dal mare (o 150 metri per le isole minori come viene quasi ossessivamente ripetuto dal testo proposto quasi a voler sottolinearne l'operatività); ciò è stato temperato dall'approvazione in Commissione dei un emendamento soppressivo presentato dal gruppo sardista e dalla minoranza per quanto attiene gli ampliamenti dei fabbricati ad uso residenziale siti entro tale fascia. Si esprime l'auspicio cha ciò rappresenti una prima fase di riconsiderazione della questione e lo si estenda anche agli altri interventi nei 300 metri;
b) nella deroga alle norme transitorie del vigente Piano paesaggistico regionale contenute nel titolo II del testo in esame che, giustificata dalla difficile applicazione delle previsioni alla pianificazione comunale, viene completamente modificata; ciò, si ribadisce, secondo modalità e procedure a totale rischio di illegittimità;
c) nella disposizione di cui all'articolo 8, comma 1, lettera b) che, dopo aver sanzionato l'inammissibilità degli ampliamenti sui beni di interesse artistico, storico, archeologico o etno-antropologico (attenzione mancano i beni di interesse paesaggistico che sono proprio quelli che interessano maggiormente) dispone: "ad esclusione dei casi previsti negli articoli precedenti" determinando in tal modo la cancellazione della superiore pianificazione paesaggistica;
d) la nuova procedura contenuta nell'articolo 11 del testo proposto che, perseguendo lo scopo di consentire un mero aggiornamento e revisione del Piano paesaggistico regionale, introduce una procedura alternativa a quella vigente, consentendo modificazioni illegittime in quanto non introdotte secondo procedure garantiste per tutti i soggetti cointeressati.
Per quanto riguarda gli altri rilevanti limiti che, a nostro avviso, il testo presenta essi possono essere così sinteticamente richiamati:
a) gli ampliamenti sono concessi a favore del patrimonio edilizio esistente (articolo 1), ma la non specificazione di un termine (come invece fanno tutte le altre regioni italiane anche quelle governate dal centro destra che si riferiscono al 31 marzo 2009, data di approvazione dell'intesa) porta a consentire che anche un immobile oggi (settembre 2009) non ancora costruito potrà beneficiare degli ampliamenti. Infatti, l'articolo 10, comma 4 stabilisce che la Dia e la comunicazione di inizio lavori, nel caso di concessione edilizia, deve essere inoltrata "entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge". Si tratta, in sostanza di una promessa di ampliamento che non trova riscontro in alcuna altra disposizione regionale;
b) le disposizioni sugli ampliamenti contengono una serie di previsioni generiche (continui riferimenti a coerenze, miglioramenti di qualità e di aspetti paesaggistici) che sembrano formule di stile non essendo specificamente disciplinate certe procedure di verifica e valutazione. Tale genericità rischia seriamente di ingenerare una diffusa litigiosità soprattutto nelle tipologie edilizie pluriplano e nelle case a schiera, la cui previsione originaria è stata ulteriormente peggiorata nel testo esitato dalla Commissione;
c) non esiste alcuna valutazione degli effetti che gli ampliamenti ammessi avranno sul settore dei servizi pubblici direttamente interessati; infatti non è stato accolto l'invito a introdurre una disposizione che attribuisse ai comuni la facoltà di calibrare gli ampliamenti al loro impatto sulla situazione esistente; ciò rischia di avere effetti assai negativi sull'infrastrutturazione comunale cui non è certamente sufficiente la previsione della corresponsione, anche maggiorata, degni oneri di urbanizzazione; infatti tutti i rappresentanti degli enti locali hanno evidenziato tale rischio;
d) la normativa proposta si pone espressamente in deroga agli indici massimi di edificabilità, di altezza e di distanza tra le pareti prospicienti previsti dagli strumenti comunali e dalle norme regionali vigenti di varia natura (dai decreti alle direttive) e rischia di creare confusione se, com'è sicuramente, essi sono stati redatti in osservanza delle disposizioni del Codice civile che non possono essere derogate;e) gli interventi sui centri storici sono vietati ad eccezione di quelli aventi ad oggetto immobili con meno di 50 anni ed in contrasto con i caratteri circostanti; anche tale previsione, in mancanza di un soggetto e di una procedura certa e chiara che attribuisca ai comuni il ruolo dovuto, rischia di creare incertezze e disparità applicative;
f) appare del tutto incongruo consentire ampliamenti anche alle costruzioni agricole entro la fascia dei 300 (o 150) metri da mare; ciò si presta certamente ad abusi;
g) appare di mera facciata e funzionale agli interessi e volontà della Giunta regionale il ruolo e la funzione attribuite alla Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica; essa oltre a rappresentare un possibile rallentamento dell'azione amministrativa, può rappresentare - in presenza di disposizioni generiche come quelle proposte - un mero strumento di conferma di decisioni assunte altrove;
h) non viene affrontato il tema del'ammissibilità degli ampliamenti agli immobili in tutto o in parte realizzati abusivamente; si rischia, in tal modo di premiare ulteriormente chi non ha osservato le norme, dando un segnale devastante per la già fragile cultura della legalità attualmente esistente;
i) viene disciplinato in modo generico la materia della modifica di destinazione d'uso degli ampliamenti effettuati;
j) si introduce, all'articolo 13, una disciplina degli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al vigente Piano paesaggistico regionale che, oltre ad essere illegittima per le considerazioni sopra svolte, appare del tutto errata sotto il profilo del merito, consentendo, di fatto, la realizzazione di qualunque intervento ipotizzabile. Inoltre, con un atteggiamento a dir poco discutibile, da un lato si dichiara di volere modificare il Piano paesaggistico regionale, dall'altro si utilizzano a man bassa gli strumenti eccezionali che lo stesso prevede nella fase transitoria per introdurre le modificazioni territoriali che interessano; lo strumento dell'intesa assurge a ruolo determinante e centrale dell'operato dell'Amministrazione regionale, senza avere neanche quel briciolo di procedura e certezza che essa ha secondo le previsioni attuali del Piano paesaggistico regionale che si vanno a modificare. Inoltre la previsione, anche in tale norma, di espressioni volutamente generiche ed ambigue (ad esempio aumenti di modesta entità), accompagnate dalla previsione di valutazioni del tutto estemporanee e di facciata (quali ad esempio il non incidere negativamente sullo stato dei luoghi e sulla qualità paesaggistica) o da previsioni che introducono procedure assolutamente pleonastiche ed inutili (quale ad esempio la valutazione di coerenza con un atto che viene modificato e secondo la procedura dell'intesa) determinano un quadro normativo di grande pericolosità per il patrimonio ambientale e fonte di gravi disparità di trattamento, oltre che del tutto illegittimo.
k) infine, lo stesso articolo 13 contiene una norma di grande pericolosità; al comma 5 espressamente si stabilisce che ai casi previsti dal medesimo comma (ristrutturazioni ed ampliamenti alberghieri fino al 25 per cento anche nella fascia dei 300 metri (o 150), non si applica l'abbattimento del 50 per cento dei volumi, così come stabilito per la Sardegna dal 1993; cioè si apre la strada all'ulteriore depauperamento e irreversibile rovina della zona costiera più sensibile.
In conclusione, con queste considerazioni si invita la maggioranza ad un'attenta e adeguata rivalutazione del testo in esame, ad una attenta e corretta rivalutazione delle proposte che già in Commissione sono state avanzate e che anche in Aula la minoranza farà, al fini di esitare un provvedimento di legge certo, legittimo e serio, che realmente possa dare un input per la ripresa di una parte importante del tessuto economico della nostra Regione.
Tutto questo nel rispetto di un elemento penso condiviso da tutti, un elemento che la nostra terrà ancora possiede, che ci viene invidiato e che può è potrà rappresentare, adesso ed nel futuro il suo valore aggiunto, il rispetto del nostro patrimonio ambientale e naturale.
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OSSERVAZIONI DEL CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI
pervenute il 23 settembre 2009
Il DL 53-PL 67/A "Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo" risponde all'esigenza di dare attuazione all'intesa sottoscritta tra lo Stato e le regioni nella conferenza Stato-regioni del 31 dicembre 2009 che prevedeva che le regioni, entro 90 giorni dalla sottoscrizione dell'intesa, dovevano approvare leggi regionali finalizzate a favorire il rilancio dell'economia nel settore dell'edilizia privata, soddisfacendo i fabbisogni delle famiglie e semplificando le procedure dell'attività edilizia.
Nell'intesa si fa riferimento, anche se non a carattere prescrittivo, ad un limite massimo di aumento delle cubature concedibili in deroga di 200 mc per unità edilizia. Nel testo proposto dalla IV Commissione non si fa riferimento a nessun limite massimo di cubatura concedibile in deroga e ciò può provocare modifiche sostanziali nella forma e nella tipologia degli edifici con cubatura superiore ai 1.000 mc, tali da incidere negativamente sui prospetti in ambito urbano e sul paesaggio in ambito extra-urbano. Sarebbe opportuno introdurre, almeno per le unità abitative destinate alla residenzialità privata, un limite massimo di cubatura concedibile, magari i 200 mc suggeriti nell'intesa.In tutti i testi legislativi delle altre regioni, la concessione delle nuove volumetrie edilizie è condizionata alla diminuzione della produzione di CO2 e dello spreco energetico. Si chiede pertanto che anche nella legge sarda qualsiasi ampliamento sia realizzato conformemente alle norme riportate nel decreto legislativo n. 192 del 2005 concernente l'attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia, restando ferma la premialità prevista del 30 per cento se si dimostra che l'intera unità immobiliare viene adeguata al decreto legislativo n. 192 del 2005 e senza indicare inopportune e problematiche riduzioni percentuali dei consumi energetici (comma 3 dell'articolo 2, comma 2 dell'articolo 4). Inoltre si ritiene opportuno che tale obbligo venga esteso (si veda il comma 1 dell'articolo 6), agli ampliamenti concessi agli edifici pubblici, ma solo se si dimostra che l'intero edificio, non solo le parti in ampliamento si conformano o migliorano i parametri del decreto legislativo n. 192 del 2005.
Uno dei punti fermi concordati nell'intesa Stato-Regione sottoscritta il 31 marzo 2009, era che gli ampliamenti non potessero o dovessero interessare edifici esistenti, quantunque legittimi, ubicati in aree attualmente inedificabili. La fascia dei 300 metri, o dei 150 metri per le isole minori, dalla linea di battigia è inedificabile per la nostra normativa urbanistica regionale e perciò nessun volume in ampliamento è ammissibile (vedi comma 3 dell'articolo 3, commi 1 e 3 dell'articolo 4).
La deroga agli strumenti urbanistici, prevista dalla legge al comma 5 dell'articolo 2 e al comma 3 dell'articolo 5, deve riguardare solo gli indici volumetrici, ma non le altezze ed i distacchi dai confini. Questo perché derogando alle altezze ed ai distacchi si produrrebbe un disordine edilizio nei prospetti che, altrimenti, proprie le norme di questa legge, se ben applicate, potrebbero sanare (vedi il caso frequentissimo di un edificio in un lotto che ha esaurito la sua cubatura che rimane più basso rispetto agli altri edifici circostanti).
Un altro dei punti fermi dell'intesa Stato-Regione sottoscritta il 31 marzo 2009 riguardava la non applicabilità degli ampliamenti nei centri storici. Nel testo licenziato dalla IV Commissione, invece, si prevedono ampliamenti o demolizioni e ricostruzioni con premi di cubatura anche se limitati agli edifici aventi meno di cinquant'anni ed in contrasto con i caratteri architettonici e tipologici del contesto (vedi comma 6 dell'articolo 2 e comma 6 dell'articolo 5). Quanto previsto è manifestamente assurdo, in quanto l'ampliamento è improbabile che renda tali edifici compatibili con i caratteri architettonici e tipologici del contesto, mentre è più facile che accentui la loro difformità, specie se rimane la deroga alle altezze di cui al comma precedente. Inoltre, non si può prevedere che proprio gli edifici aventi meno di cinquant'anni possano essere demoliti e ricostruiti con un incremento di cubatura del 30 per cento o 35 per cento al di fuori di un piano particolareggiato che ne fissi la tipologia e gli elementi architettonici e costruttivi, perché in assenza di quel piano operativo è facile che si edifichino dei mostri incoerenti con il contesto e anche peggiori di quelli demoliti. Inoltre, se si considera che in molti dei centri storici della nostra Isola gli edifici con meno di cinquant'anni costituiscono una parte significativa del patrimonio edilizio, è facile prevedere modificazioni sostanziali nel tessuto storico dei centri matrice. Si ribadisce il concetto che nei centri storici non si fanno comunque incrementi di cubature, tutt'al più si potrebbe prevedere per le zone A quanto già previsto al comma 3 dell'articolo 5, ma solo se il piano particolareggiato vigente consente la demolizione dell'immobile. La stessa identificazione dei centri storici fatta dalla proposta di legge (zone A degli strumenti urbanistici vigenti) può generare casi di sperequazione se si tiene conto che in alcuni strumenti urbanistici vigenti (per fortuna pochi) non esistono le zone A. Sarebbe opportuno, solo per i casi in cui non esiste la zona A, fare un richiamo esplicito ai centri matrice identificati nel Piano paesaggistico regionale o alla delimitazione dei centri storici di cui all'articolo 2 della legge 4 agosto 2008, n. 13.
Non si capisce perché si introduce il termine ultimativo del 31 dicembre 1989 (commi 1 e 6 dell'articolo 5). È pensabile che, anche oltre tale, data possano essere state ultimate costruzioni che necessitano di riqualificazione e, pertanto, si potrebbe pensare di fissare il termine ultimativo con una data più ravvicinata rispetto a quella proposta o non fissarlo affatto.
La commissione prevista all'articolo 7, in quanto si deve esprimere su atti previsti agli articoli 2, 3 e 4 per i quali si chiede la soppressione, risulta inutile e, pertanto riteniamo che non debba essere istituita.
L'elenco dei casi di inammissibilità degli interventi, contenuto nel comma 1 dell'articolo 8 è fortemente lacunoso. Riteniamo, infatti, che debbano essere ritenuti inammissibili gli interventi di ampliamento sugli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della legge compresi:
a) nei siti della Rete natura 2000 (SIC e ZPS) ai sensi delle direttive comunitarie 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992 e nelle aree protette nazionali istituite ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e nelle aree protette regionali istituite ai sensi della legge regionale 7 giugno 1989, n. 31, salvo che le relative norme o misure di salvaguardia o i relativi strumenti di pianificazione consentano interventi edilizi di tale natura;
b) nelle zone umide tutelate a livello internazionale dalla convenzione firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971 e resa esecutiva dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 488;
c) negli ambiti dichiarati ad alta pericolosità idraulica e ad elevata o molto elevata pericolosità geomorfologica (o ad essi assimilabili) dai piani stralcio di bacino di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o dalle indagini geologiche allegate agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica;
d) nella fascia dei 300 metri, o 150 metri nelle isole minori, dalla linea di battigia ad eccezione di quelli ricadenti nelle zone A e B degli strumenti urbanistici vigenti;
e) nelle zone A degli strumenti urbanistici vigenti o, laddove non esiste la zona A, nei centri matrice delimitati nella cartografia del Piano paesaggistico regionale o nei centri storici delimitati con le procedure di cui di cui all'articolo 2 legge 4 agosto 2008, n. 13;
f) nelle zone H degli strumenti urbanistici vigenti.
La regolamentazione, la vigilanza ed il controllo delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche del territorio sono prerogativa e competenza dei comuni e pertanto è necessario, nonché legittimo, che essi possano intervenire anche per limitare la portata degli interventi previsti da questa legge. Così come hanno fatto molte altre regioni, si chiede di introdurre in legge, all'articolo 8, la possibilità che i consigli comunali possano, entro e non oltre 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, adottare deliberazioni che motivatamente dispongano:
a) l'esclusione di parti del territorio comunale dall'applicazione della legge in relazione a caratteristiche storico-culturali, morfologiche, paesaggistiche ed alla funzionalità urbanistica;
b) la perimetrazione di ambiti territoriali nei quali gli interventi previsti dalla legge possono essere subordinati a specifiche prescrizioni (es. limiti di altezza, distanze tra fabbricati, arretramento dai confini e dal filo stradale, ampliamento dei marciapiedi ecc.).
Sempre nell'intesa del 31 marzo 2009 tra Stato e regioni, un ulteriore punto di concordato riguardava la non applicabilità degli incrementi edilizi ai fabbricati abusivi. È evidente che non si intendeva riferirsi ai fabbricati attualmente abusivi, e quindi, per definizione, privi di titoli abilitativi, ma a quei fabbricati, la cui cubatura era stata già incrementata da fenomeni di abusivismo edilizio, sebbene reso legittimo dalle leggi di sanatoria edilizia succedutesi nel tempo. Tuttavia in questo caso occorre distinguere i diversi tipi di abuso. In generale l'incremento edilizio previsto in questa legge è applicabile considerando come cubatura esistente quella legittimamente edificata in base agli indici e parametri del piano urbanistico comunale vigente a cui vanno applicate le varie percentuali di incremento previste dagli articoli 2 e seguenti a meno della cubatura già realizzata con abusi edilizi anche se condonata. Ma se la cubatura condonata era assentibile in base agli indici e parametri vigenti all'epoca della costruzione (accertamento di conformità ex articolo 16 della legge regionale n. 23 del 1985) la cubatura realizzata è comprensiva anche di queste parti realizzate in parziale difformità. È importante che tali distinzioni e precisazioni siano contenute nella legge esitata dalla IV Commissione, che invece non ne fa alcuna menzione, in quanto, se così non fosse, il privato cittadino che ha ben operato realizzando solo volumi legittimi, si troverebbe discriminato rispetto a chi ha edificato in eccesso se a quest'ultimo venisse riconosciuta per intero la cubatura realizzata come base per l'incremento percentuale.
Qualsiasi aumento di cubatura incide sugli standard urbanistici ovviamente diminuendoli. Non si può ignorare questo problema, così come fa il testo di legge in esame. Si può dire che la legge permette di agire in deroga anche agli standard urbanistici, ma ciò, se è vero nell'immediato, non lo è più nel caso di varianti generali o peggio di nuovi piani urbanistici comunali che, nella contabilizzazione degli standard, dovrebbero comunque tener conto dell'incremento di volume, aumentando i già larghi deficit di attrezzature per servizi. Ciò vuol dire che la collettività per intero si dovrebbe accollare i costi (in termini di esproprio di aree) per riportare a normalità gli standard alterati a beneficio di pochi. In altri testi normativi di altre regioni (vedi Regione Puglia) il problema è stato affrontato introducendo ope legis la monetizzazione degli standard a carico di chi vuole ampliare la propria unità abitativa.
Il capo II reca norme relative alla pianificazione paesaggistica, correttive dell'attuale normativa vigente, costituendo un corpo separato dal capo I, quasi due leggi messe insieme e indipendenti fra di loro.
Pur condividendo la necessità e l'urgenza di apportare correttivi alla normativa paesaggistica, le correzioni operano in un regime di incertezza del diritto. Non è detto, infatti, quando la Regione opererà le modifiche annunciate al PTP e quindi quanto lungo possa essere il regime transitorio previsto dall'articolo 14, ne se la verifica biennale possa e debba comportare una revisione degli strumenti urbanistici comunali.
Una tale incertezza, rilancia, di fatto, il regime delle intese, istituto fortemente richiamato al comma 6 dell'articolo 13, eleggendolo a strumento ordinario di governo delle trasformazioni territoriali. Peccato che tale istituto, non essendo regolamentato da alcuna normativa regionale, rischia di creare sperequazioni e difformità adattando la normativa, volta per volta, ai singoli casi oggetto delle intese.
È auspicabile che venga proposta nel breve termine una nuova legge di riforma urbanistica che ridefinisca le competenze e gli strumenti per il governo del territorio senza la quale, ogni disegno di legge che incide sul territorio, per quanto meritevole, rischia di generare atti incompiuti ed incoerenti.
Così come proposto al comma 1 dell'articolo 11 la Giunta, non solo si impossessa definitivamente della competenza in materia paesaggistica, ma addirittura può modificare il PTP, ogni due anni, senza porre in essere alcuna procedura concertativa, con il solo ricorso al regime delle osservazioni, peraltro da rendere in un brevissimo lasso di tempo (30 giorni) da tutti i soggetti, compreso il Consiglio regionale. In tal modo le autonomie locali non potrebbero avere neanche la possibilità di essere sentite tramite gli istituti previsti per legge (Conferenza regioni-enti locali e Consiglio delle autonomie locali) data l'esiguità del tempo e la materia oggetto del parere (semplice delibera della Giunta regionale).
L'articolo 4 della legge regionale n. 8 del 2004 prevede vi siano, per la realizzazione delle lottizzazioni, due condizioni tra loro concorrenti e cioè l'approvazione e l'esistenza delle opere di urbanizzazione le quali devono avere mutato in modo irreversibile lo stato dei luoghi.
Al contrario, il comma 3 dell'articolo 13 del testo esitato dalla IV Commissione, contrasta con la suddetta prescrizione e con una recente sentenza del Consiglio di Stato (sentenza n. 5459/2009), prevedendo che possano essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti attuativi con la sola condizione che le opere siano legittimamente avviate.
Il comma 5 dell'articolo 13 è in totale contrasto con il capo I della proposta di legge in oggetto. Crediamo e speriamo si tratti di una svista e, pertanto, riteniamo che debba essere eliminato.
Per quanto riguarda il capo III, non è chiaro quale sia il titolo abitativo per le opere previste all'articolo 15 in quanto trattandosi di interventi di manutenzione straordinaria dovrebbero ricadere fra quelle previste al punto b)del comma 1 dell'articolo 10, ma, comportando un cambio di destinazione d'uso di parte dell'immobile, dovrebbero essere assoggettate a concessione edilizia.
Nonostante venga esplicitamente richiamato al comma 1 dell'articolo 15 il contenimento dei consumi energetici, pure, per le opere da realizzare nei sottotetti e nei seminterrati, non viene richiamato l'obbligo del rispetto, al momento del rilascio del titolo abitativo, delle norme contenute nel decreto legislativo n. 192 del 2005.
La possibilità di modificare le altezze di colmo e di gronda, prevista al comma 6 dell'articolo 15 genererà numerosi contenziosi in quanto, non essendoci in Sardegna un regolamento edilizio-tipo valido per tutta la Regione, anche i termini edilizi possono essere usati in differenti modi nei diversi regolamenti edilizi comunali creando possibili casi di aumenti volumetrici impropri o inusuali tipologie edilizie (pendenza delle falde superiore al 35 per cento).
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TESTO DELLA COMMISSIONE
Titolo: Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo.
Capo I
Disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistenteArt. 1
Finalità1. La Regione autonoma della Sardegna promuove il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio favorendo interventi diretti alla riqualificazione ed al miglioramento della qualità architettonica e abitativa, della sicurezza strutturale, della compatibilità paesaggistica e dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, anche attraverso la semplificazione delle procedure.
Art. 2
Interventi di adeguamento e ampliamento del patrimonio edilizio esistente1. È consentito, anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici e dalle vigenti disposizioni normative regionali, l'adeguamento e l'incremento volumetrico dei fabbricati ad uso residenziale e di quelli destinati a servizi connessi alla residenza, nella misura massima, per ciascuna unità immobiliare, del 20 per cento della volumetria esistente. Per volumetria esistente si intende quella realizzata alla data di presentazione della denuncia di inizio attività di cui all'articolo 10.
2. Tali adeguamenti e incrementi si inseriscono in modo organico e coerente con i caratteri formali e architettonici del fabbricato esistente e costituiscono strumento per la riqualificazione dello stesso in funzione della tipologia edilizia interessata, nel rispetto delle seguenti prescrizioni:
a) nel caso di tipologie edilizie uni-bifamiliari gli adeguamenti e incrementi possono avvenire mediante la realizzazione di nuovi corpi di fabbrica in ampliamento nei diversi piani; mediante sopraelevazione o mediante realizzazione al solo piano terra di corpi di fabbrica separati dal fabbricato principale, da utilizzare come pertinenze dello stesso;
b) nel caso di tipologie edilizie pluripiano gli incrementi sono consentiti esclusivamente mediante adeguamento e ampliamento dell'ultimo piano o la sopraelevazione di un solo piano ovvero mediante chiusura dei piani pilotis, nel rispetto della sagoma dell'edificio e delle dimensioni minime dei parcheggi, come previste dalle norme legislative vigenti; tali adeguamenti e incrementi, nel caso di proprietà frazionata, possono essere realizzati anche dai singoli proprietari purché venga dimostrato, mediante un progetto complessivo, il coerente inserimento della singola parte da realizzare rispetto all'ampliamento totale; gli incrementi volumetrici così realizzati non possono costituire unità immobiliari autonome;
c) nel caso di tipologie edilizie a schiera in lotto urbanistico unitario, gli adeguamenti e incrementi possono essere realizzati per tutte le unità e sono ammessi purché venga dimostrato, mediante progetto complessivo, il coerente inserimento della singola parte da realizzare rispetto all'ampliamento volumetrico del complesso edilizio.
3. L'adeguamento e l'incremento volumetrico possono arrivare fino ad un massimo del 30 per cento, nel caso in cui siano previsti interventi di riqualificazione dell'intera unità immobiliare oggetto dell'intervento, tali da determinare una riduzione almeno del 15 per cento del fabbisogno di energia primaria oppure si dimostri che l'unità immobiliare rientra nei parametri di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia) e successive modifiche ed integrazioni. Nell'ipotesi di cui alle lettere a) e c) del comma 2 si consegue anche il miglioramento della qualità architettonica dell'intero edificio, della sicurezza strutturale e della accessibilità degli immobili. La presenza di tali requisiti è dichiarata nella documentazione allegata alla denuncia di inizio attività e successivamente attestata dal direttore dei lavori che, in allegato alla comunicazione di fine lavori, produce tutte le certificazioni di conformità e di regolare esecuzione delle opere con idonea documentazione tecnica e fotografica, nonché la certificazione energetica rilasciata da tecnico abilitato ai sensi del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 (Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE), articolo 2, comma 2.
4. Per gli edifici ad uso residenziale e per i servizi connessi alla residenza situati in zona F turistica nella fascia compresa tra i 300, o i 150 metri nelle isole minori, e i 2.000 metri dalla linea di battigia, l'adeguamento e l'incremento volumetrico di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotti del 30 per cento.
5. Gli adeguamenti e incrementi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 possono superare i limiti di altezza e di distanza tra pareti prospicienti e i rapporti di copertura previsti dagli strumenti urbanistici vigenti e dal decreto assessoriale n. 2266/1983, fermo restando quanto previsto dal decreto ministeriale 5 luglio 1975 (Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali d'abitazione). Sono, comunque, fatti salvi, i diritti dei terzi. I medesimi adeguamenti e incrementi rispettano i distacchi minimi previsti dal Codice civile e non possono essere realizzati utilizzando superfici destinate a soddisfare la quota minima di parcheggi prevista dalle leggi vigenti.
6. Le previsioni di cui al presente articolo non si applicano per gli edifici compresi nella zona urbanistica omogenea A, come individuata negli strumenti urbanistici comunali, ad eccezione di quelli aventi meno di cinquant'anni in contrasto con i caratteri architettonici e tipologici del contesto.
Art. 3
Interventi di ampliamento per le costruzioni
in zona agricola1. Nelle zone omogenee E, così come individuate dagli strumenti urbanistici vigenti, gli incrementi volumetrici sono disciplinati dalle seguenti disposizioni, anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici e dalle vigenti disposizioni normative regionali.
2. Per gli immobili destinati ad usi agro-silvo-pastorali e per quelli ad uso residenziale, compresi nella fascia costiera dai 300, o 150 metri nelle isole minori, ai 2.000 metri dalla linea di battigia, è consentito l'incremento della volumetria, esistente alla data di presentazione della denuncia di inizio attività di cui all'articolo 10, nella misura del 10 per cento per funzioni agro-silvo-pastorali e nella misura del 10 per cento per uso residenziale. Oltre la fascia dei 2.000 metri l'incremento volumetrico consentito è del 20 per cento.
3. All'interno della fascia costiera dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, per i fabbricati di proprietà dell'imprenditore agricolo destinati ad usi agro-silvo-pastorali è consentito il solo incremento del 10 per cento della volumetria esistente alla data di presentazione della richiesta di concessione edilizia di cui all'articolo 10, a condizione che le nuove volumetrie siano finalizzate agli stessi usi ed al miglioramento della qualità architettonica e del contesto paesaggistico; la proposta di intervento deve ottenere la positiva valutazione della Commissione regionale di cui all'articolo 7.
4. Sono comunque ammesse varianti per i fabbricati legittimamente realizzati lasciando invariati i parametri urbanistici senza variazioni di volumi e superfici coperte.
Art. 4
Interventi di ampliamento degli immobili a finalità
turistico-ricettiva1. Per gli immobili destinati allo svolgimento di attività turistico-ricettiva situati nella fascia costiera dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, è consentito, anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici vigenti e dalle vigenti disposizioni normative regionali, l'incremento del 10 per cento della volumetria, esistente alla data di presentazione della richiesta di concessione edilizia di cui all'articolo 10; la proposta di intervento deve ottenere la positiva valutazione della Commissione regionale di cui all'articolo 7.
2. Per gli immobili di cui al comma 1, situati oltre la fascia costiera di cui al comma 1, è consentito un incremento volumetrico del 20 per cento che può arrivare al 30 per cento nel caso in cui siano previsti interventi di riqualificazione estesi all'intero edificio tali da determinare il contenimento del consumo energetico con una riduzione maggiore del 25 per cento del fabbisogno di energia primaria, oppure si dimostri che l'immobile rispetti i parametri di cui al decreto legislativo n. 192 del 2005, e successive modifiche ed integrazioni e si consegua il miglioramento della qualità architettonica, della sicurezza strutturale e della accessibilità degli immobili. La presenza di detti requisiti e delle relative tecnologie impiantistiche e costruttive è dichiarata nella documentazione allegata alla denuncia di inizio attività. Successivamente il direttore dei lavori produce, in allegato alla comunicazione di fine lavori, tutte le certificazioni di conformità e di regolare esecuzione delle opere, con idonea documentazione tecnica e fotografica, nonché la certificazione energetica rilasciata da tecnico abilitato ai sensi del decreto legislativo n. 115 del 2008, articolo 2, comma 2.
3. Per gli incrementi di cui al comma 1, deve essere rispettata la condizione che l'incremento volumetrico non determini un aumento di posti letto, ma sia esclusivamente destinato a servizi turistici dell'attività aziendale; per gli incrementi volumetrici di cui al comma 2, deve essere rispettata la condizione che essi siano destinati per almeno il 50 per cento a servizi turistici dell'attività aziendale.
4. Gli incrementi sono realizzati in continuità rispetto al fabbricato esistente; ove ciò risulti materialmente o giuridicamente impossibile può essere autorizzata la costruzione di un corpo edilizio separato, di carattere accessorio e pertinenziale.
Art. 5
Interventi di demolizione e ricostruzione1. La Regione promuove il rinnovamento del patrimonio edilizio ad uso residenziale e di quello destinato a servizi connessi alla residenza, turistico-ricettivo e produttivo esistente mediante interventi di sostituzione edilizia delle costruzioni ultimate entro il 31 dicembre 1989, che necessitino di essere adeguate in relazione ai requisiti qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici, di sicurezza strutturale ed a quelli necessari a garantire l'accessibilità dell'edificio alle persone disabili.
2. Per gli interventi di cui al comma 1, anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici e dalle vigenti disposizioni normative regionali, è consentito un incremento volumetrico del 30 per cento in caso di integrale demolizione e ricostruzione degli edifici ad uso residenziale e di quelli destinati a servizi connessi alla residenza, di quelli destinati ad attività turistico-ricettive o produttive, a condizione che nella ricostruzione venga migliorata la qualità architettonica e tecnologica complessiva e l'efficienza energetica dell'edificio nel rispetto del decreto legislativo n. 192 del 2005, e successive modifiche ed integrazioni. L'incremento volumetrico può arrivare fino ad un massimo del 35 per cento nel caso in cui siano previsti interventi tali da determinare il contenimento del consumo energetico con una riduzione pari almeno al 10 per cento rispetto agli indici previsti dal citato decreto.
3. Nel caso di immobili insistenti nella fascia dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, ed in aree di particolare valore paesaggistico o in prossimità di emergenze ambientali, architettoniche, archeologiche o storico-artistiche, al fine di conseguire la riqualificazione del contesto é consentita, previa approvazione da parte del consiglio comunale e stipula di apposita convenzione, l'integrale demolizione degli stessi ed il trasferimento della volumetria preesistente in altra area con destinazione urbanistica compatibile, a condizione che il lotto originario sia ceduto gratuitamente al comune per destinarlo a finalità pubbliche. In tale ipotesi è concesso un incremento volumetrico del 40 per cento in caso di riduzione di almeno il 15 per cento dell'indice di prestazione energetica di cui al decreto legislativo n. 192 del 2005, e successive modifiche ed integrazioni, e un incremento volumetrico del 45 per cento nell'ipotesi di riduzione dell'indice di prestazione energetica di almeno il 20 per cento. La deliberazione del consiglio comunale può prevedere una deroga esclusivamente all'indice di edificabilità e all'altezza, che non può comunque essere maggiore di un piano rispetto agli edifici circostanti.
4. I requisiti di cui ai commi 1, 2 e 3 sono dichiarati nel progetto allegato alla richiesta di concessione edilizia e successivamente attestati dal direttore dei lavori che produce, in allegato alla comunicazione di fine lavori, le certificazioni di conformità e di regolare esecuzione delle opere con idonea documentazione tecnica e fotografica, nonché la certificazione energetica rilasciata da tecnico abilitato ai sensi del decreto legislativo n. 115 del 2008, articolo 2, comma 2.
5. Le previsioni di cui al presente articolo non si applicano agli edifici ubicati nelle zone extraurbane ricadenti nella fascia dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, ad eccezione della demolizione dei volumi incongrui e del loro trasferimento, con il relativo incremento volumetrico, oltre la fascia suddetta in aree extraurbane con destinazione urbanistica compatibile.
6. Le previsioni di cui al presente articolo non si applicano per gli edifici compresi nella zona urbanistica omogenea A, come individuata negli strumenti urbanistici comunali, ad eccezione di quelli aventi meno di cinquant'anni in contrasto con i caratteri architettonici e tipologici del contesto e fermo restando che gli stessi devono risultare ultimati alla data del 31 dicembre 1989.
Art. 6
Interventi sul patrimonio edilizio pubblico1. Al fine di agevolare la riqualificazione del patrimonio edilizio di proprietà pubblica, è consentito, anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici e dalle vigenti disposizioni normative regionali, l'incremento del 20 per cento della volumetria esistente degli edifici destinati ad attività istituzionali o comunque pubbliche.
2. Tale incremento può arrivare fino ad un massimo del 30 per cento nel caso in cui siano previsti interventi di recupero e ristrutturazione di edifici non in uso, finalizzati al ripristino delle destinazioni di cui al comma 1, attualmente non consentite per effettive carenze funzionali e strutturali, ed al miglioramento della qualità architettonica dell'intero edificio, della sicurezza strutturale e della accessibilità degli immobili.
3. Le previsioni di cui al presente articolo non si applicano agli edifici ubicati nelle zone extraurbane e ricadenti nella fascia dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, ad eccezione della demolizione dei volumi incongrui e del loro trasferimento con il relativo incremento volumetrico oltre la fascia suddetta.
Art. 7
Commissione regionale per il paesaggio
e la qualità architettonica1. È istituita la Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica al fine di fornire un supporto tecnico-scientifico all'Amministrazione regionale in relazione ad interventi da realizzare in zone di particolare valore paesaggistico ed ambientale del territorio regionale. La Commissione esprime i pareri di cui agli articoli 3 e 4 e negli altri casi previsti dalla presente legge. Svolge inoltre funzione consultiva della Giunta regionale.
2. La Commissione si avvale, per il suo funzionamento, degli uffici dell'Assessorato competente in materia di governo del territorio, ed è composta da tre esperti in materia di tutela paesaggistica ed ambientale con comprovata pluriennale esperienza nella valorizzazione dei contesti ambientali, storico-culturali ed insediativi e nella progettazione di opere di elevata qualità architettonica.
3. I componenti della Commissione sono nominati dalla Giunta regionale, rimangono in carica per l'intera durata della legislatura e cessano dalle loro funzioni novanta giorni dopo l'insediamento dell'organo esecutivo di nuova elezione. Con successiva legge regionale è disciplinata la corresponsione, ai componenti, di eventuali compensi.
4. Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale nomina i componenti della Commissione.
Art. 8
Condizioni di ammissibilità degli interventi1. Gli interventi previsti nei precedenti articoli non sono ammessi:
a) su edifici privi di titolo abilitativo;
b) sui beni immobili di interesse artistico, storico, archeologico o etno-antropologico vincolati ai sensi della parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche ed integrazioni, ad esclusione dei casi previsti negli articoli precedenti.
2. Gli incrementi di volumetria previsti dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 possono cumularsi con gli aumenti consentiti da altre disposizioni di legge, dagli strumenti urbanistici comunali e dalle norme di pianificazione regionale. Non sono cumulabili fra loro gli incrementi previsti nella presente legge.
3. Le unità immobiliari interessate dagli interventi previsti dalla presente legge devono risultare accatastate presso le competenti agenzie per il territorio alla data di presentazione dell'istanza.
4. Il mutamento della destinazione d'uso per le unità immobiliari sulle quali siano stati realizzati gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 è ammesso a condizione che sia compatibile con le destinazioni urbanistiche previste dalla strumentazione urbanistica comunale.
Art. 9
Oneri1. Per gli incrementi di cui agli articoli 2, 3 e 4, gli oneri di concessione, ove dovuti, sono ridotti del 40 per cento se relativi alla prima abitazione del proprietario o dell'avente titolo, ovvero aumentati del 60 per cento negli altri casi. Nell'ipotesi di cui articolo 4, comma 1, gli oneri di concessione sono aumentati del 200 per cento.
2. Per gli interventi di demolizione e ricostruzione di cui all'articolo 5, gli oneri di concessione sono dovuti nella misura del 140 per cento per l'incremento volumetrico e nella misura del 60 per cento per la parte ricostruita e sono in ogni caso ridotti del 40 per cento se relativi alla prima abitazione del proprietario o avente titolo.
3. Decorso il termine per la comunicazione di fine lavori di cui all'articolo 10, comma 4, il costo di costruzione complessivo dovuto per l'intervento è aumentato del 50 per cento.
Art. 10
Norme sulla semplificazione delle procedure amministrative in materia edilizia1. Nel rispetto delle normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni ed integrazioni, sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo:
a) interventi di manutenzione ordinaria;
b) interventi di manutenzione straordinaria, sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento degli standard urbanistici;
c) interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;
d) opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato;
e) movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola-zootecnica e le pratiche agro-silvo-pastorali compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;
f) opere oggettivamente precarie dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee tali da poter essere immediatamente rimosse alla cessazione della necessità e, comunque, entro un termine di utilizzazione non superiore a novanta giorni;
g) serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell'attività agricola;
h) opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità stabilito dallo strumento urbanistico comunale;
i) interventi e impianti funzionali all'incremento dell'efficienza energetica, di cui al decreto legislativo n. 115 del 2008, articolo 11, comma 3;
j) elementi di arredo di aree di pertinenza degli edifici esistenti.
2. Prima dell'inizio degli interventi di cui al comma 1, l'interessato, anche per via telematica, informa l'amministrazione comunale dell'avvio dei lavori, comunicando gli estremi delle autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore.
3. Gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono assoggettati alla procedura di denuncia di inizio attività (DIA), ad eccezione di quelli ricadenti nella zona omogenea A, nelle zone omogenee E ed F localizzate nella fascia dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori e di quelli previsti all'articolo 5, per i quali deve essere ottenuta la concessione edilizia.
4. La denuncia di inizio attività o la comunicazione di inizio lavori è inoltrata improrogabilmente entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e la comunicazione di fine lavori entro trentasei mesi dalla medesima data.
5. Per gli interventi di cui al presente capo, ad eccezione di quelli ricadenti nella fascia extraurbana dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, di quelli ricadenti in centro storico e di quelli disciplinati dall'articolo 5, l'autorizzazione paesaggistica, qualora necessaria, è rilasciata dall'organo comunale ai sensi della legge regionale 12 agosto 1998, n. 28 (Norme per l'esercizio delle competenze in materia di tutela paesistica trasferite alla Regione autonoma della Sardegna con l'art. 6 del D.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, e delegate con l'art. 57 del D.P.R. 19 giugno 1979, n. 348).
6. Ai fini del monitoraggio degli interventi di cui alla presente legge e delle conseguenti trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio, i comuni trasmettono all'Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio i relativi dati tecnici e amministrativi, secondo direttive emanate dalla Giunta regionale.
7. All'articolo 31 della legge regionale 22 aprile 2002, n. 7 (legge finanziaria 2002), dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
"5 bis. Ai fini della verifica di cui al comma 5, i comuni trasmettono gli atti di pianificazione e i relativi dati di analisi anche su supporto informatico, secondo direttive emanate dalla Giunta regionale.".
Capo II
Norme in materia di pianificazione paesaggisticaArt. 11
Aggiornamento e revisione del
Piano paesaggistico regionale1. Con periodicità biennale la Giunta regionale procede all'aggiornamento e alla revisione dei contenuti descrittivi e dispositivi del Piano paesaggistico regionale con specifica deliberazione da pubblicarsi sul BURAS e della quale è data pubblicità sul sito istituzionale della Regione e mediante deposito presso gli uffici regionali. Nei trenta giorni successivi alla pubblicazione sul BURAS di tale deliberazione, chiunque ne abbia interesse può presentare osservazioni in merito alle modifiche proposte. Nel medesimo termine la Commissione consiliare competente in materia di urbanistica esprime il proprio parere e lo trasmette alla Giunta regionale. Trascorso tale termine la Giunta, esaminate le osservazioni, delibera in via definitiva l'aggiornamento o la revisione. Tale deliberazione è pubblicata sul BURAS e le conseguenti modifiche costituiscono parte integrante del Piano paesaggistico regionale.
Art. 12
Programmi, piani e progetti di valenza strategica per lo sviluppo del territorio1. La Regione, le province ed i comuni, anche con il concorso di altri soggetti pubblici e privati, individuano ed attivano programmi, piani e progetti aventi carattere strategico per promuovere lo sviluppo del territorio regionale in un'ottica di sostenibilità ambientale e paesaggistica.
2. I programmi, i piani ed i progetti devono essere tali da incidere significativamente sul sistema economico-sociale, sull'organizzazione del territorio e sulla valorizzazione paesaggistico-ambientale. In particolare possono comprendere operazioni di riassetto e riqualificazione degli insediamenti, anche costieri, e la realizzazione di parchi ecologico-ambientali anche di carattere botanico e forestale di elevata valenza scientifica e culturale. Essi in ogni caso eseguono obiettivi di elevata qualità paesaggistica, ecologico-ambientale e urbanistico-architettonica.
3. La proposta di cui al comma 1 è sottoposta all'Assessorato competente in materia di governo del territorio per la preliminare valutazione di compatibilità alle norme paesaggistiche vigenti. In caso di esito positivo si procede mediante conferenza di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme sul procedimento amministrativo), e successive modificazioni ed integrazioni.
4. Qualora la realizzazione degli interventi programmati necessiti di variante agli strumenti urbanistici si procede secondo le vigenti disposizioni legislative. In tal caso i termini per le pubblicazioni e le osservazioni sono ridotti della metà.
Art. 13
Disciplina degli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale1. Per tutti i comuni ricompresi negli ambiti di paesaggio individuati dal Piano paesaggistico regionale, fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al piano medesimo, fatto salvo quanto previsto dalla legge regionale 4 agosto 2008, n. 13 (Norme urgenti in materia di beni paesaggistici e delimitazione dei centri storici e dei perimetri cautelari dei beni paesaggistici e identitari), articolo 2, così come sostituito e integrato dall'articolo 14 della presente legge, sono consentite le attività e gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici vigenti:
a) nelle zone omogenee A e B;
b) nelle zone C, D a destinazione commerciale e G, nella ipotesi che per tali zone si tratti di aree intercluse ovvero contigue e funzionalmente integrate all'ambito urbano consolidato.
2. Nei comuni ricompresi negli ambiti di paesaggio individuati dal Piano paesaggistico regionale, dotati di piano urbanistico comunale vigente alla data dell'8 settembre 2006, nelle rimanenti zone C, D, G, nonché nelle zone F, possono essere realizzati gli interventi previsti dagli strumenti attuativi approvati alla stessa data. I medesimi comuni, per i piani attuativi adottati alla data di cui sopra, possono concludere la procedura di cui alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), articolo 20, a condizione che i piani suddetti siano coerenti con le previsioni del Piano paesaggistico regionale. Tale valutazione di coerenza è effettuata tramite intesa tra Amministrazione regionale e amministrazione comunale, di cui si dà atto con determinazione del direttore generale competente in materia di governo del territorio, da pubblicarsi sul BURAS. L'intesa può prevedere il ridimensionamento e l'adeguamento degli interventi previsti dai piani attuativi al fine di renderli coerenti con le finalità del Piano paesaggistico regionale.
3. Nei comuni ricompresi negli ambiti di paesaggio individuati dal Piano paesaggistico regionale non dotati di piano urbanistico comunale, nelle zone urbanistiche di cui al comma 2, nell'intera fascia dei 2.000 metri dalla linea di battigia, possono essere realizzati gli interventi previsti dagli strumenti attuativi approvati e convenzionati, a condizione che le relative opere di urbanizzazione siano state legittimamente avviate. Oltre tale fascia sono eseguibili i piani attuativi regolarmente approvati alla data del 25 maggio 2006.
4. Negli ambiti di paesaggio, fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al Piano paesaggistico regionale, sono consentiti gli interventi di riqualificazione degli insediamenti esistenti, sotto il profilo urbanistico, architettonico-edilizio e paesaggistico-ambientale, da realizzarsi senza aumento delle volumetrie ad eccezione di quelle strettamente necessarie per servizi o consentite ai sensi delle disposizioni di cui al capo I. Sono, altresì, consentiti gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico, di restauro e risanamento conservativo nonché quelli di ristrutturazione edilizia, senza aumento di volume, tali da conseguire obiettivi di qualità architettonica-edilizia e paesaggistica. Sono, infine, consentiti eventuali volumi tecnici di modesta entità strettamente necessari e funzionali alla gestione tecnico-operativa delle strutture esistenti e tali da non incidere negativamente sullo stato dei luoghi e sulla qualità paesaggistica del contesto.
5. Negli ambiti di paesaggio, ai fini della riqualificazione delle strutture esistenti destinate all'esercizio di attività turistico-ricettive, agro-silvo-pastorali, produttive e dei servizi, sono consentiti interventi di ristrutturazione e rinnovamento delle stesse; limitatamente alle strutture turistico-ricettive presenti nei 300 metri dalla linea di battigia, ridotti a 150 metri nelle isole minori, eventuali incrementi volumetrici non possono comunque superare il 25 per cento dei volumi legittimamente esistenti, non devono svilupparsi verso il mare e devono realizzare concreti obiettivi di qualità paesaggistico-architettonica e di efficienza tecnico-funzionale. Gli interventi di cui al presente comma sono soggetti alla valutazione di coerenza ai sensi del comma 2 e alla conseguente procedura d'intesa; per essi non si applica quanto disposto dalla legge regionale 25 novembre 2004, n. 8 (Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale), articolo 6.
6. Negli ambiti di paesaggio, i comuni, nelle more dell'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al Piano paesaggistico regionale e quale attività anticipatoria del medesimo, possono avviare l'intesa con la Regione per l'identificazione, sulla base delle peculiarità locali e delle modalità di utilizzo del suolo, dei parametri e dei requisiti di dimensionamento delle residenze connesse alle aziende agro-silvo-pastorali già insediate nel territorio comunale. Raggiunta l'intesa, qualora sia necessario variare gli strumenti urbanistici, si procede secondo le vigenti disposizioni legislative.
Art. 14
Modifiche alla legge regionale 4 agosto 2008, n. 131. Dopo il comma 2 dell'articolo 1 della legge regionale n. 13 del 2008, è aggiunto il seguente:
"2 bis. All'interno delle aree ricomprese nella fascia di larghezza pari a 100 metri a partire dal perimetro più esterno dei beni paesaggistici ed identitari, come definiti dal comma 1, sono consentiti, nelle more della nuova delimitazione della suddetta fascia, gli interventi di trasformazione del territorio e degli edifici esistenti, compresa la realizzazione di nuovi corpi di fabbrica, a condizione che abbiano ottenuto l'autorizzazione paesaggistica, rilasciata ai sensi dell'articolo 146 e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. I contenuti e le prescrizioni della suddetta autorizzazione costituiscono commisurazione e valutazione della compatibilità dell'intervento proposto con l'interesse paesaggistico tutelato.".2. L'articolo 2 della legge regionale n. 13 del 2008 è sostituito dal seguente:
"Art. 2 (Disciplina per le aree all'interno dei centri di antica e prima formazione)
1. Nelle more dell'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al Piano paesaggistico regionale, i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, verificano la coerenza delle disposizioni dei vigenti piani particolareggiati dei centri storici ricadenti nelle aree di antica e prima formazione, con le disposizioni del Piano paesaggistico regionale e possono procedere alla loro attuazione per le parti coerenti. Con deliberazione consiliare, i comuni, per le restanti aree del centro di antica e prima formazione, esterne al piano particolareggiato del centro storico, verificano la coerenza delle relative previsioni urbanistiche con le disposizioni del Piano paesaggistico regionale e procedono alla loro attuazione.
2. Il comune procede alla pubblicazione sul BURAS delle deliberazioni di cui al comma 1. Dal giorno successivo alla pubblicazione, all'interno dell'area del centro di antica e prima formazione, possono essere realizzati gli interventi coerenti, previsti nella disciplina urbanistica previgente, a condizione che abbiano ottenuto l'autorizzazione paesaggistica, rilasciata ai sensi dell'articolo 146 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004.".3. Dopo l'articolo 2 della legge regionale n. 13 del 2008, è inserito il seguente:
"Art. 2 bis (Nuova delimitazione dei centri di antica e prima formazione)
1. I comuni, nelle more dell'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al Piano paesaggistico regionale, possono avviare l'intesa con la Regione per la riperimetrazione del centro di antica e prima formazione.
2. Raggiunta l'intesa, il consiglio comunale approva la nuova perimetrazione del centro di antica e prima formazione con propria deliberazione, da pubblicarsi sul BURAS. Dal giorno successivo alla pubblicazione, nelle aree esterne al nuovo perimetro, possono essere realizzati gli interventi previsti nella disciplina urbanistica previgente.".
Capo III
Disposizioni in materia di sottotetti, di seminterrati e norme finaliArt. 15
Utilizzo del patrimonio edilizio, recupero dei sottotetti e dei seminterrati1. La Regione Sardegna promuove il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti nelle zone urbanistiche A, B, C ed E con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici.
2. Negli edifici destinati in tutto o in parte a residenza è consentito il recupero volumetrico a solo scopo residenziale del piano sottotetto esistente alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Si definiscono sottotetti i volumi sovrastanti l'ultimo piano degli edifici di cui al comma 2 dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.
4. Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito, previo titolo abilitativo, attraverso interventi edilizi, purché siano rispettate tutte le prescrizioni igienico-sanitarie riguardanti le condizioni di abitabilità previste dai regolamenti vigenti, salvo quanto disposto dal comma 5.
5. Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di metri 2,40 per gli spazi ad uso abitativo, ulteriormente ridotta a metri 2,20 per spazi accessori dei servizi. Per i comuni posti a quote superiori a seicento metri di altitudine sul livello del mare è consentita rispettivamente la riduzione a metri 2,20 per spazi ad uso abitazione e a metri 2,00 per accessori e servizi. Gli eventuali spazi di altezza inferiore ai minimi devono essere chiusi mediante opere murarie o arredi fissi e può esserne consentito l'uso come spazio di servizio destinato a guardaroba e ripostiglio. In corrispondenza delle fonti di luce la chiusura di tali spazi non è prescrittiva. Il calcolo dell'altezza media ponderale viene effettuato dividendo il volume della parte di sottotetto la cui altezza superi metri 1,50 per la superficie relativa.
6. Gli interventi edilizi finalizzati al recupero dei sottotetti possono comportare l'apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi per assicurare l'osservanza dei requisiti di aeroilluminazione, nonché, nelle sole zone B, sono ammesse modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, unicamente al fine di assicurare i parametri di cui al comma 5.
7. Al fine di favorire la limitazione del consumo di nuovo territorio e per esigenze del nucleo familiare è consentito il recupero dei locali seminterrati a fini abitativi previo cambio di destinazione d'uso senza incrementi volumetrici.
8. Il cambio di destinazione d'uso di cui al comma 7 è consentito a condizione:
a) che i locali abbiano altezza non inferiore a metri 2.40;
b) godano di luce ed areazione naturale con parametri non inferiori al 50 per cento di quelli previsti dai regolamenti comunali per le abitazioni;
c) che comunque le condizioni di aeroilluminazione esistenti vengono adeguate ai valori previsti per legge anche con sistemi artificiali;
d) che i locali non si trovino in una zona a rischio idrogeologico e/o di esondazione.
9. La documentazione tecnica prevista per la richiesta di cambio di destinazione d'uso contiene la perizia giurata di tecnico abilitato che certifichi la salubrità dei locali e la mancanza di rischio idrogeologico e/o di esondazione.
10. Le disposizioni del presente articolo non si applicano negli ambiti territoriali per i quali i comuni, con motivata deliberazione del consiglio comunale, ne dispongano l'esclusione nel termine perentorio di novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
11. Alle disposizioni di cui al presente articolo non si applicano i termini di cui all'articolo 10, comma 4.
Art. 16
Entrata in vigore1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna.