CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
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Nota stampa
della seduta n. 297 del 20 febbraio
2007
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La legge Statutaria: all'esame dell'aula l'articolo 11.
Cagliari, 20 febbraio 2007 - Prosegue in Consiglio regionale l'esame della Legge statutaria. La seduta di stamattina si è aperta sotto la presidenza dell'on. Giacomo Spissu. Dopo aver bocciato l'emendamento aggiuntivo 506 (Diana e più) l'Aula ha sospeso l'emendamento 805 (che sostituiva il 342). I lavori sono proseguiti con l'esame dell'articolo 11 (Controllo della spesa) Nella discussione generale è intervenuto l'on. La Spisa (F.I.) che ha detto che questo articolo afferma il principio che le amministrazioni pubbliche della Regione devono rispettare il rigore della spesa. Per il capogruppo di Forza Italia la formulazione di questo articolo pone un problema politico importante. Affermando infatti che "le amministrazioni pubbliche regionali perseguono il rigore della spesa per il funzionamento degli organi istituzionali…" si assoggetta la politica all'amministrazione regionale. Per il consigliere "azzurro" non è corretto. Anzi si dovrebbe affermare esattamente il contrario. L'on. Caligaris (Sdi- Rnp) ha definito l'articolo 11 "insignificante" e "inefficace" (perché mancano le sanzioni) e, pertanto, è da sopprimere. L'esponente socialista ha dichiarato il suo voto a favore degli emendamenti soppressivi dell'articolo.
L'on. Capelli (Udc) ha detto che il n. 11 è uno degli articoli più inopportuni dell'intera legge statutaria. Prima di tutto perché non ha niente a che vedere con questa legge e poi perché è formulato male. Cosa vuol dire - ha chiesto - "le amministrazioni pubbliche regionali" perché si usa il plurale? L'amministrazione regionale è una. E poi: perché usare "pubblica"? Se è regionale è chiaro che si tratta di un'amministrazione pubblica. Per l'esponente dell'Udc questo articolo è "pleonastico" e dichiara cose che "fanno a pugni" con il concetto di Pubblica amministrazione.
L'on. Pisano (Riformatori) ha detto che l'art. 11 approvato dalla commissione Autonomia ha subito una vera e propria "mutazione genetica" rispetto al testo della giunta regionale. Il testo arrivato all'esame dell'aula non ha più senso ed è incongruente rispetto all'articolo 15 dello Statuto. Per il consigliere dei Riformatori l'articolo 11 andrebbe soppresso anche perché l'obiettivo che persegue è di tipo regolamentare. Il costo della politica non ha niente a che fare con una legge statutaria. I Riformatori voteranno, quindi, a favore degli emendamenti che intendono sopprimere tale articolo.
(R.R.)
Approvato l'articolo 11. Ora con l'articolo 12 si entra nel vivo della disciplina e organizzazione del Consiglio regionale
Cagliari, 20 febbraio 2007 - Dopo l'approvazione dell'articolo 11 riguardante il controllo della spesa (un articolo criticato e fortemente contestato dalle opposizioni con gli interventi in particolare di Rafaele Farigu, Giovanni Moro e Mario Floris che hanno giudicato del tutto inutile la norma a causa della sua assoluta genericità), e dopo l'approvazione degli emendamenti sostitutivi presentati dalla maggioranza, l'attenzione della discussione ritorna alla forma di governo ed alla disciplina degli organi regionali, cominciando, con l'articolo 12 con il Consiglio regionale.
E' questo l'articolo col quale si stabilisce il numero di 80 consiglieri, che ribadisce l'elezione diretta del presidente della Regione, contestualmente al Consiglio, e disciplina gli aspetti organizzativi elettorali.
In sede di discussione generale dell'articolo e dei numerosi emendamenti è intervenuto per primo l'on. Mario Floris (Uds), che ha illustrato l'emendamento N. 35, sostitutivo totale dell'articolo in questione, che reca la sua firma. Floris ha sottolineato l'esigenza, contrariamente a quanto indicato nell'articolo, di una fdrastica riduzione del numero dei consiglieri a sessanta (oltre tutto un notevole risparmio di risorse al di là degli articoli scandalistici che ripetutamente appaiono sui giornali). Ma col suo emendamento, Floris propone anche l'elezione contestuale al Consiglio del presidente della Regiona, ma anche di un vice presidente. L'emendamento inoltre tende a disciplinare le candidature e la regolamentazione delle elezioni e dei collegi elettorali. Dopop aver svolto una cronistoria delle varie modificazioni intervenute nei meccanismi elettorali e nel numero dei consiglieri da eleggere, fino a soffermarsi a lungo sulla questione della riduzione del numero di consiglieri e dei vantaggi anche economici che ne deriverebbero.
Ha quindi preso la parola l'on. Paolo Maninchedda (Fas), che ha ricordato come con questo argomento si ritorna a parlare di forma di governo, di presidenzialismo e parlamentarismo, che sono poi il centro della discussione. Nel sottolineare che nessuno ha oggi l'intenzione, criticando l'attuale forma presidenzialistica, di ritornare al parlamentarismo del passato, Maninchedda ha tuttavia osservato come anche una forma di parlamentarismo moderno garantisce la stabilità di governo. "Con la legge elettorale si possono prevedere facilmente norma antiribaltone"; "nessuno vuole tornare al peggio sperimentato". Tuttavia la forma presidenzialista in atto, fa della figura del presidente della regione un "dominus" necessario, dicono i suoi fautori, per spazzare via le incrostazioni dei vecchi potentati della politica. Maninchedda ha concluso auspicando una attenta riflessione.
Il dibattito prosegue. (LP)
Legge statutaria: da Balia e Davoli un no secco al presidenzialismo. Caligaris e Lombardo ripropongono il tema della parità nella rappresentanza.
Cagliari, 20 febbraio 2007 - Due "affondo" contro il presidenzialismo arrivano dalla maggioranza, mentre si discute l'articolo 12 della legge statutaria: il Consiglio regionale, il "cuore" della legge secondo il parere di molti. Le bordate arrivano dall'on. Balia (Fas) e dall'on. Davoli (Prc), che annunciano battaglia. Balia insiste riprendendo un intervento dell'ex presidente Raggio (Ds) per il quale il presidenzialismo non è "né autonomia, né Europa" ed è frutto "della debolezza politica e programmatica dei partiti". Sostenere che sia forma di democrazia è azzardato; pretendere, con un presidenzialismo forte, di riequilibrare i poteri (presidente-Consiglio) è velleitario, tanto è vero che il tentativo fatto dalla Commissione non ha ottenuto risultati concreti. In realtà (cita ancora Raggio) "non ci può essere riequilibrio finché il Consiglio vive sotto ricatto del presidente dimissionario".
Per l'on. Davoli, che ricorda il dibattito ("aspro") all'interno dei partiti del centrosinistra, dibattito favorito dalla stagione congressuale voler semplificare la politica (rispetto a una società sempre più complessa e diversificata) e sostenere che la stabilità di governo è determinata dalla forma elettorale non risponde al vero; da una parte si trascurano le esigenze di un pluralismo che chiede rappresentanza, dall'altra si dimenticano esperienze, anche attuali, di ribaltoni e ribaltini, di lobbies interne ai partiti. Accentrare le deleghe nelle mani del presidente toglie voce alla democrazia e costituisce "un grave errore". Rifondazione si è espressa in sede congressuale e andrà avanti sulla sua linea.
Altro tema emerso e tenacemente sostenuto è quello di diritto di accesso delle donne in primis alle candidature e poi ai luoghi di rappresentanza democratica. Ne hanno diffusamente parlato le onorevoli Caligaris (Sdi-Rnp) e Lombardo (FI). La Caligaris ha criticato anche il sistema maggioritario che facilita la rappresentanza delle fasce sociali economicamente più attrezzate" a danno dei soggetti deboli; ma ha insistito soprattutto sul fatto che la legge elettorale (e, per le parti in essa contenute, la statutaria) devono fare di più per le rappresentane di genere, perché le quote rosa sono "una necessità per la politica". Ha annunciato emendamenti che rafforzano tale idea.
** Nel dibattito generale sull'articolo 12 è intervenuta anche l'on. Lombardo (F.I.) che si è soffermata soprattutto sulla seconda parte del comma 6 che riguarda l'equilibrio della rappresentanza. "Gli emendamenti presentati insieme alle colleghe del Centrosinistra e sostenuti dalla Commissione regionale per le Pari opportunità - ha detto l'ex vicepresidente del Consiglio - riportano ancora una volta in quest'aula, il problema della parità nella rappresentanza". Già nella scorsa legislatura - ha aggiunto - in occasione della discussione sulla legge elettorale , con un'azione eclatante (ci presentammo in aula con una maglietta rosa con scritto "per la parità") si cercò di richiamare l'attenzione (e di sensibilizzare la società sarda) anche attraverso una petizione popolare rispetto ad un problema di "deficit di democrazia" nei confronti del quale la classe politica regionale (maschile) si dimostrò "sorda e ottusa" ostaggio , più per convenienza che per convinzione, di un retaggio sociale e culturale, che vede la donna relegata ad un ruolo di subalternità e di esclusione dai centri decisionali e del potere. Con gli emendamenti presentati chiediamo una rappresentanza femminile adeguata , ora e subito. Vogliamo una rappresentanza femminile adeguata al numero delle elettrici, ad ogni livello ed in ogni luogo dove si progetta, si decide e si amministra. Vogliamo la possibilità per le donne di partecipare alle competizioni elettorali, in condizioni pari: si tratta, quindi, di applicare il principio di uguaglianza e non di violarlo. L'on. Lombardo è stata chiara: "Chiediamo la parità di accesso e non la parità di risultato". La consigliera azzurra ha illustrato una serie di percentuali che fanno riflettere: nel Parlamento italiano le donne sono appena il 16,1%, a Montecitorio siedono 109 deputate su 630, al senato 44 su 322, abbiamo 14 parlamentari europee su 78. In Consiglio regionale ci sono appena 8 donne su 85 consiglieri. Nel governo nazionale appena 6 ministri donna su 25. Ci sono, invece, Paesi Europei, come la Spagna (8 su 16) e la Svezia (11 su 22) in cui le donne ministro sono esattamente la metà, il 50%, la stessa percentuale da noi proposta negli emendamenti a proposito di candidature e nomine assessoriali e negli enti.
Questi dati, ha proseguito l'on. Lombardo, fanno capire che, la politica delle quote che, peraltro rifiuto, in quanto, lo ribadisco con fermezza, sono per una legislazione paritaria che veda oltre la politica della "riserva indiana" che ci umilia come donne ed offende la dignità della persona, non può considerarsi lo strumento risolutivo di un problema che va affrontato sotto molteplici aspetti. Non è solo una questione di norme legislative ma, anche e soprattutto, a parer mio, di una presa di coscienza di tutte le donne e dei partiti, sull'importanza della presenza femminile in politica e non solo, per il contributo che le stesse possono dare in termini diversi rispetto agli uomini. Il problema è il superamento di una cultura prevalente, anche e soprattutto fra le donne, che vede la politica come un universo esclusivamente maschile, più adatto agli uomini che non alle donne. Promuovere la presenza delle donne vuol dire riaffermare la credibilità della democrazia, soprattutto in questo momento di grande disaffezione nei confronti della politica e delle Istituzioni. Non si tratta più di un problema delle donne ma della democrazia italiana. La vera arma vincente, in questo caso, deve essere proprio la valorizzazione, in chiave positiva, delle differenze e delle risorse peculiari che una donna può mettere in campo. Sono fermamente convinta che una maggiore presenza femminile nei partiti e nelle Istituzioni consentirebbe di dare un'impronta diversa alla politica, con l'apertura di un nuovo corso. Concludo, cari colleghi, con l'auspicio che questo Consiglio, a differenza del precedente, dimostri di avere maturità e sensibilità democratica. In particolare , mi auguro che l'istinto di sopravvivenza non prevalga sul buon senso. Perché è chiaro: se più donne entrano nelle Istituzioni, più uomini devono uscirne.
Ma il dibattito sull'articolo 12 è di maniera, perché la maggioranza ha già scelto l'impostazione presidenzialista, ha detto l'on. Capelli (Udc), nonostante si colga, in esponenti di maggioranza, "lo spirito nostalgico del passato", precisando che il significato di "nostalgico" non è di segno negativo, avendo la politica difeso, se non altro, la democrazia. Avanza il presidenzialismo, ma non quello moderato; colpa di una maggioranza - spiega Capelli - che non la capacità di bloccare azioni politiche e legislative del presidente che non condivide.
L'on. Farigu (Misto) ha chiesto una riflessione sull'articolo 12 ("meglio sospenderlo in attesa di affrontare la parte sistematica della materia"). Inutile sperare che "la grande sensibilità di quest'Aula al parlamentarismo possa frenare una deriva "che offende lo spirito libertario e democratico". Contrari al presidenzialismo unitevi, è l'appello di Farigu, che critica il centrosinistra "per la dimostrazione di impotenza nel rinnovare le istituzioni" al di fuori della pressione psicologica del presidente.
L'on. Pisano (Riformatori) ha criticato le molte rinunce al dibattito da parte di esponenti della maggioranza ("non ci aiutano nel confronto") sottolineando come l'articolo 12 sia sostanzialmente inutile, contenendo "pedissequamente", persino le virgole, cose già scritte nello Statuto. Non è utile che la statutaria imponga subito i diktat fissando il numero dei consiglieri, 80. Ed ha ricordato le 60mila firme raccolte nel 1992 dai Riformatori per abolire l'articolo statutario che fissava quel numero. Il referendum, trattandosi di materia statutaria, non fu ammesso, ma la volontà popolare fu manifesta. (adel)