CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
Nota stampa
della seduta n. 144 pomeridiana del
24 novembre 2005
Il Consiglio regionale ha ripreso i suoi lavori sotto la presidenza dell'on. Giacomo Spissu e dell'on. Paolo Fadda.
In apertura di seduta il Presidente ha comunicato la presentazione di:
Mozione N. 48 Diana - F. I. Cuccu-Gallus
sulla chiusura del reparto ostetricia
e ginecologia dell'ospedale di Ghilarza.
In apertura di seduta l'on. Pierpaolo Vargiu (I Riformatori) ha chiesto qualche minuto di sospensione.
Alla ripresa dei lavori (dopo circa un'ora) il presidente Spissu ha detto che sulla mozione non era stato trovato un accordo e che era stato presentato un ordine del giorno (primo firmatario Masia).
La mozione n. 48 è stata messa in votazione. L'on. Mario Diana (AN) ha chiesto la votazione elettronica.
L'on. Roberto Capelli (UDC), per dichiarazione di voto, ha detto che avrebbe votato a favore della mozione soprattutto dopo l'intervento in Aula dell'assessore Dirindin. Se la sospensione del reparto - ha detto il vicecapogruppo dell'Udc - è dovuta, come ha affermato l'assessore, a questione di sicurezza si dovrebbe chiudere la maggior parte dei presidi ospedalieri. E' a conoscenza - ha chiesto Capelli alla Dirindin - di quanti ospedali non hanno il certificato di conformità antincendio? Il consigliere dell'Udc ha detto poi di non essere d'accordo sulla politica dell'assessore alla Sanità di "portare i cittadini verso i servizi di qualità". Per Capelli si deve fare il contrario: portare i servizi di qualità dai cittadini. Per quanto riguarda il dato sui parti cesarei, ritenuto dalla Dirindin sintomo di inefficienza, Capelli ha detto che secondo questo principio si dovrebbe chiudere non solo il reparto di Ghilarza, ma anche il reparto del SS Trinità di Cagliari dove i parti cesarei superano il 44%. Al contrario, per Capelli, i dati relativi al reparto di ostetricia e di ginecologia dell'ospedale di Ghilarza sono positivi: nel 2003 ci sono stati 614 ricoveri, 188 nascite, 1130 ecografie, 1290 visite. Ma a parte i dati, per Capelli, un reparto non può essere valutato solo per il numero delle nascite.
Anche I Riformatori voteranno a favore della mozione n. 48. Lo ha assicurato il capogruppo, Pierpaolo Vargiu, che ha detto che fino alla fine ha sperato in un documento unitario sull'argomento. "Il caso del reparto dell'ospedale di Ghilarza è un piccolo pezzo del grande mosaico sanità in Sardegna. Se è vero che da un punto di vista tecnico la struttura non soddisfa, ha detto Vargiu, nella stessa situazione ci sono tanti altri ospedali. Per il capogruppo de I Riformatori il problema fondamentale è che il Consiglio regionale deve fare una scelta politica per garantire al cittadino il diritto alla salute. Insomma il Consiglio deve decidere "politicamente" se a Ghilarza ci deve essere il punto nascita o meno: se decide positivamente deve garantire a chi si fa curare nella struttura la stessa sicurezza degli altri ospedali.
Anche l'on. Mario Diana (A) voterà a favore della mozione 48. Il capogruppo di Alleanza Nazionale ha espresso netta contrarietà sull'ordine del giorno presentato dal centrosinistra "sospensione temporanea dell'attività del reparto di ostetricia del Delogu di Ghilarza". L'ordine del giorno, per Diana, è una presa in giro. Il reparto deve riaprire e deve avere tutta la sicurezza necessaria.
Voterà a favore della mozione anche l'on. Franco Ignazio Cuccu (Udc). La struttura non può chiudere definitivamente - ha detto - perché si penalizzerebbero le popolazioni del circondario di Ghilarza che sono i maggiori fruitori del reparto.
L'on. Silvestro Ladu (Fortza Paris) ha ricordato che l'ospedale di Ghilarza è il punto di convergenza di una vasta area in fase di spopolamento. Non possiamo usare gli stessi parametri della grande città - ha aggiunto - ma bisogna fare delle scelte. Il capogruppo di Fortza Paris ha chiesto all'Assessore a quanto incide la spesa del reparto di Ghilarza nei confronti della spesa sanitaria regionale. Solo essendo a conoscenza dei costi si può discutere della questione sanità. Per Ladu, comunque, sarebbe stato più opportuno, prima di affrontare l'argomento, aspettare il Piano sanitario regionale.
La mozione 48 è stata messa in votazione con voto elettronico palese come richiesto dall'on. Diana (AN). La mozione è stata bocciata (presenti 69, votanti 62, sì 26, no 37, 5 astenuti, 1 nullo).
Si è poi passati all'esame dell'ordine del giorno (primo firmatario Masia) sulla sospensione temporanea dell'attività del reparto di ostetricia del Delogu di Ghilarza.
L'on. Mario Floris (Misto - Uds) ha dichiarato il voto contrario all'ordine del giorno. Per due motivi: uno formale (perché questo ordine del giorno non ha niente a che vedere con la mozione) e uno di ordine sostanziale (perché il Consiglio sta affrontando frettolosamente una materia complessa). "La sanità - ha detto Floris - non è una materia qualunque. Io non ho mai visto nella storia della Regione ridurre la spesa sanitaria anziché aumentarla. Prima si vedono quali sono le esigenze dei cittadini e poi si decide quante risorse destinare al settore. Inoltre per Floris, questo ordine del giorno non può essere approvato perché nel documento si fa riferimento al Piano sanitario regionale che non è stato ancora discusso e licenziato dal Consiglio regionale. Così non va bene - ha aggiunto Floris - il Piano va discusso in Consiglio, non potete mettere le mani avanti. State attenti - ha concluso l'ex presidente della Regione - perché sulla sanità si gioca la credibilità dell'intera classe politica regionale.
L'on. Pierangelo Masia (Federalista Autonomista Sardo) ha affermato che l'ordine del giorno di cui è anche primo firmatario è "opportuno" perché, non condividendo la mozione, non si poteva far "cadere" questo problema che deve essere affrontato in termini generali. Rispondendo all'on. Floris, il presidente della Commissione sanità ha detto che nessuno sta affrontando la questione con leggerezza ma che, ormai, in materia sanitaria, è necessario entrare nel merito perché la Sardegna è fortemente in ritardo. Con questo ordine del giorno abbiamo voluto ribadire che i piccoli ospedali devono restare aperti - ha detto - e abbiamo voluto impegnare la giunta a predisporre entro il 31 dicembre un Piano di riqualificazione dell'assistenza ostetrico - ginecologica dell'Asl n. 5 di Oristano, con particolare riferimento al Servizio di ostetricia del presidio di Ghilarza e a predisporre, per la provincia di Oristano, un progetto pilota sperimentale per l'assistenza alla maternità.
L'on. Silvio Lai (Ds) ha detto d'essere d'accordo con l'on. Floris, quando dice che i problemi della sanità vanno affrontati col piano regionale, occasione di confronto e di scelte. Ma la mozione Diana si allontana da questa visione, è una sorta di battage elettorale e, pertanto, non può essere condivisa. C'è un punto, tuttavia, dal quale non si può prescindere: la decisione sul reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Ghilarza non è legata dalla disponibilità di risorse, ma alla qualità delle prestazioni fornite, qualità - ha precisato Lai - che non dipendono dalla professionalità degli operatori, ma dalla casistica, perché "la qualità si garantisce solo con la qualità". Tenere in piedi servizi e far credere che siano sempre sinonimo di prestazioni elevate è un'illusione, che non deve essere regalata ai cittadini".
Lasciamo allora che sia il piano a decidere sul ruolo dei piccoli ospedali, ha detto l'on. Alberto Sanna (Ds); del resto il provvedimento di sospensione dell'attività di quel reparto è frutto dalla difficoltà a garantire condizioni di sicurezza per pazienti e operatori sanitari. In altre parole, è un atto di responsabilità.
Che si parli di Ghilarza è "un fatto accidentale", ha detto, invece, l'on. Artizzu (An); il problema è evitare di indebolire e smembrare i piccoli ospedali. Voto contrario all'ordine del giorno della maggioranza; ma anche voto di "convinta sfiducia" nei confronti dell'assessore Dirindin, "così lontana dai problemi della sanità sarda", e del suo operato. L'assessore "taglia, sopprime, licenzia, epura", ma non dice, ancora, quale saranno le linee della "nuova sanità", essendo il piano regionale un'"araba fenice".
Per l'on. Diana (An) non ha senso il richiamo dell'on. Floris a discutere di sanità col piano sanitario, se la maggioranza (vedi ordine del giorno) sostiene che quel piano "è già in aula". Risposta che dimostra come i giochi siano già fatti, come, del resto, è avvenuto per l'ospedale di Ghilarza, dove, dopo aver dibattuto il problema in numerose assemblee territoriali, dopo la levata di scudi per difendere l'ospedale, è stata presa una decisione negativa per il territorio e più nessuno dei sindaci ha fiatato. Il vento è cambiato; ma i problemi si sono aggravati.
Il "Delogu" di Ghilarza "è solo un pretesto". Sui piccoli ospedali "c'è un disegno preciso e questo è l'inizio della fine" ha detto l'on. Roberto Capelli (Udc) il quale si è chiesto "come mai non si è iniziato da Isili o Sorgono", dove il numero dei parti è inferiore, o da Sassari, dove i "cesarei" sono in percentuale molto elevata (42,2%), quasi da allarme sanitario. Sorprende il fatto che alcuni atteggiamenti siano cambiati nel centrosinistra rispetto a quand'era all'opposizione, rivelando inclinazioni "camaleontiche". Ed ha concluso: "Basterebbe legge l'interpellanza, presentata nel 2002, dall'attuale presidente della Commissione sanità, on. Masia, quando difendeva a spada tratta i piccoli ospedali di Ittiri e Thiesi per rendersene conto".
Contrario all'ordine del giorno anche l'on. Oppi (Udc), i cui contenuti lasciano presagire che, per i piccoli ospedali, "siamo all'ultima fase", ci avviciniamo, a grandi passi, alla chiusura, non per problemi di budget (il deficit del 2004, 231 milioni, è stato sanato) ma per le linee di politica sanitaria del piano, che il Consiglio non ha ancora esaminato. E' evidente, comunque, che se si tengono in piedi i servizi, essi devono garantire qualità e sicurezza; non si può puntare su un reparto di ostetricia senza un'adeguata assistenza neonatale.
Un altro richiamo all'unità del Consiglio è venuto dall'on. Renato Cugini (Ds), per il quale da quando "abbiamo inaugurato la politica della tentata convergenza", aumentano le contrapposizioni. Di discute in un clima unitario e si vota con divisioni nette, "a tutti i costi". Di questo passo, pur essendo vicini al precipizio, c'è sempre qualcuno che invita a fare un passo avanti. Se l'ordine del giorno ha qualche inesattezza (in particolare quelle riferite a un piano regionale non ancora preso in esame), ci vuol poco a correggerlo. A patto che si formino le auspicate convergenze.
Contrario all'ordine del giorno l'on. Silvestro Ladu (Fortza Paris): non dice nulla di nuovo, non dà risposte alla mozione, è un contenitore vuoto. Al problema di Ghilarza risponde parlando d'altro. Sbagliato anche il riferimento al progetto pilota di Oristano; i problemi della sanità vanno affrontati su scala regionale.
Un ulteriore tentativo per raggiungere un'intesa viene proposto dall'on. Marrocu (Ds), che modifica una parte dell'ordine del giorno, eliminando i riferimenti al piano sanitario regionale. Ma il tentativo non dà risultato: al voto i sì sono 40, ma i no sono 21 e l'ordine del giorno è approvato (allegato).
Discussione della mozione 57 Vargiu e più
per la richiesta del referendum sulla legge di devolution.Chiuso l'argomento, l'on. Pierpaolo Vargiu (I Riformatori) ha sollecitato, a norma regolamento, la discussione sulla mozione che chiede di avviare l'azione per il referendum confermativo sulla legge di devolution. Richiesta che è stata accolta.
Lo stesso Vargiu ha spiegato l'importanza di essere la prima Regione ad avanzare tale richiesta: lucidiamo gli ottoni della specialità della tradizione autonomista, della storia. Giunto il primato che la Sardegna rivendica.
A favore si è espresso l'on. Renato Cugini (Ds): il ricorso allo strumento referendario - ha detto - è un modo democratico di combattere una legge che segna in modo ancora più netto la demarcazione fra regioni ricche e povere, che ripropone, in tutta la sua gravità, la questione meridionale.
Mozione condivisa anche dall'on. Luciano Uras (Prc): necessario - ha detto - contrastare una legge dello Stato che crea divisioni interne al Paese, in contrasto con le finalità della Carta costituzionale. Il referendum non sarà un confronto fra costituzionalisti, ma una lotta di popolo in difesa dei diritti dei cittadini ad uno Stato equo e solidale.
Contrario l'on. Mario Diana (An): questa mozione non chiede il referendum, ma dice che cosa dobbiamo fare col referendum. L'atteggiamento è strumentale. La delega dei poteri dal centro alla periferia è stata sempre invocata, in alcuni casi (sanità) ottenuta per tempo senza creare disastri. Ingiusto perciò affermare che la devolution segna lo sfascio dello Stato.
Il referendum sarà l'occasione per trattare in maniera più approfondita anche la questione meridionale, da decenni avanzata e mai risolta. Sono di fronte due modelli culturali: uno fondato sul profitto e il mercato, l'altro sulla solidarietà e il sociale. Non è un caso che anche il cardinale Ruini abbia indicato le conseguenze che, da questa legge, possono sortire. La devolution accrescerà il gap fra Nord e Sud, fra ricchezza e povertà.
D'accordo sulla mozione ma anche sulla necessità di ricercare comunque un'intesa unitaria che renda più forte la Sardegna di fronte al pericolo di ulteriori povertà l'on. Giuseppe Balia (Misto - SU - Sdi). Il referendum può essere inteso come "uno strumento di difesa". Spiace sentire un partito come An, che ha fatto dell'unità d'Italia una bandiera, andare per altre strade, pur sapendo che la devolution minaccia la nostra autonomia.
Quello che nasce dalla legge di Bossi non è uno stato neoregionalista, ma uno stato federalista, che mantiene un centro molto forte e non risponde a logiche di tipo solidale. Lo ha detto l'on. Stefano Pinna (Progetto Sardegna), sottolineando come il percorso della devolution sia stato "innaturale", ed abbia costituito una "brusca virata", rispetto alla normale dialettica su quel decentramento dei poteri iniziatosi con la Bassanini. Siamo contro lo Stato federale, ha concluso, che uccide la specialità e aggrava la crisi delle aree in difficoltà.
Approvare una legge costituzionale senza i due terzi dei voti del parlamento "è un atto di arroganza" ha detto l'on. Caligaris (Misto - Sdi - SU).
Per l'on. Giorgio La Spisa (Fi) ad una mozione abbastanza "asciutta" ("siamo convinti che si debba andare al referendum") si è aggiunta una polemica sui contenuti della legge, della quale si parla "ma non si dice tutta la verità". Anzi, ne dà una versione "caricaturale" di un Paese spaccato in due. Speriamo che il referendum coincida con un periodo meno carico di veleni e consenta un dibattito sereno e senza pregiudizi. La legge ha difetti, ma non è un mostro; ha contraddizioni, ma alcune derivano dall'impostazione data ala riforma costituzionale dal precedente governo. Il tema è vasto; discutiamone con profitto considerato che la nostra autonomia deve essere rafforzata da nuovo Statuto e legge statutaria, nel quadro di uno Stato unitario e solidale".
"Quando abbiamo proposto questa mozione, non era nostro intendimento provocare una discussione sulla devolution, un tema che merita una seduta preparata meglio e senz'altro più partecipata". L'on. Roberto Capelli (UDC) ha difeso l'iniziativa di chiedere l'indizione del referendum sulla nuova riforma costituzionale ed ha difeso i colleghi che "non hanno firmato questa richiesta perché, ha ragione, prevedevano che sarebbe stata subito strumentalizzata". Quella che il Consiglio si appresta a votare "e spero ad approvare" è una mozione "neutra", che chiede l'attivazione delle azioni previste dalla Costituzione per indire un referendum confermativo. "Quindi anche "questi colleghi" avrebbero potuto sottoscriverla loro, come ha fatto Formigoni partendo da un diverso punto di vista. Ma quei colleghi temevano che su questa iniziativa si sarebbe aperta immediatamente la campagna elettorale. "E voi, colleghi della maggioranza, avete immediatamente aperto la campagna elettorale, ha aggiunto Capelli. Al contrario, invece, noi abbiamo sempre agito in piena libertà", ed anche in questa occasione abbiamo dimostrato la nostra coerenza, come non apprezzammo le modifiche al Titolo V non condividiamo queste riforme perché inopportune oltre ché non condivisibili nel merito. Critichiamo questa riforma confermando le nostre posizioni ed idee senza strumentalizzazioni, senza dire che ora Ruini ha ragione mentre aveva torto su altri importanti temi. "Voi, invece, capite dove tira il vento, ha detto ancora Capelli, vi comportate di conseguenza. In questo caso avete avviato la campagna elettorale.". Purtroppo questo è un momento inopportuno per la riforma Costituzionale sulla quale non ci saranno confronti seri, discorsi approfonditi, iniziative concrete. D'altra parte la sinistra ha sempre chiesto l'unità ma ha sempre cercato di strumentalizzare le posizioni degli altri, come anche in questa occasione. Comunque, ha concluso Roberto Capelli, è necessario avviare un dibattito sereno e approfondito per ritrovare i principi generali, anche di sussidiarità, che devono essere ben presenti nella Costituzione e nello Statuto della Sardegna perché adesso e necessario lavorare per riaffermare la specificità della nostra autonomia nel disegno generale della nazione e dello stato italiano.
"Voteremo contro questa mozione che lascia campo libero alle strumentalizzazioni". L'on. Giuseppe Atzeri (Misto - Psd'az) ha vivacemente criticato il metodo seguito dal centrodestra e dal centrosinistra nel proporre e realizzare le riforme. Ha iniziato il centrosinistra, ha detto l'esponente sartiato, con quel monstrum d riforma del Titolo V, (annata 2001) approvato con quattro miseri voti di scarto, originando un mostro giuridico. Il centro destra si è inserito nei varchi di quella riforma ed ha almeno stabilito i confini, i contorni delle competenze dello Stato e delle regioni. Anche in questo caso, però, imponendo decisioni che ben poco hanno di tutela delle autonomie. Ne è una prova il parco del Gennargentu imposto dall'alto; così come il centro destra ha subito le interferenze della Chiesa che prende posizioni quando le conviene- Perché dobbiamo prestarci alle strumentalizzazioni? Ha chiesta Atzeri. Perché dobbiamo accettare aggettivi, definizioni, indicazioni che sono in grande contrasto fra loro e che sminuiscono il vero significato del concetto di Federalismo? Noi siamo federalisti da sempre, senza aggettivi, quindi, non consideriamo questa una riforma seria e compiuta. Il Federalismo riconosce compiti, diritti, reali autonomie, specialmente impositive e fiscali, perché "senza soldi non si fa nulla". D'altra parte anche in questa occasione le posizioni dei due poli sono state oltremodo ambigue perché non si è mai pensato di modificare l'art. 119, appunto quello sulla autonomia finanziaria, comunque questo delle riforme è un argomento che va sfrontato con grande serietà e attenzione, senza opportunismi e strumentalizzazioni. Comunque è bene ricordare che se questa pseudo - riforma sarà cassata tornerà a prendere vigore il mostro del 2001, anche per queste ragioni i sardisti voteranno contro la mozione.
"I problemi della politica devono essere risolti nell'ambito della politica" dichiarandosi contrario alla riforma della cosi detta devolution, ma anche auspicando una netta separazione della Chiesa e dello Stato. Per sancire il principio libera chiesa in libero Stato. L'on. Attilio Dedoni (I Riformatori) ha confermato la necessità di fare riforme serie, moderne, rivalutandoli ruolo del Popolo, delle istituzioni, ricorrendo anche alle Costituente (nazionale o regionale) per modificare realmente Costituzione e Statuto. Coinvolgere i cittadini è l'unica strada per fare le cose bene, ha aggiunto Dedoni, ed è opportuno riprendere a parlare di riforme in termini concreti e moderni. Autorevoli esponenti della sinistra hanno riconosciuto che la riforma del Titolo V non ha portato a buoni risultati. Questo che si sta esaminando è un provvedimento imposto da chi vuole affermare il potere dell'economia; è il parto di una classe dirigente che vuole governare tutti i processi politici perchè controlla un sistema economico ricco, quello del Nord. Il Federalismo non è divisione, ma una ricomposizione di Stati, un accordo fra soggetti sovrani, l'Italia delle cento città ha dato vita ad un paese unito. Questo di cui si parla non è, quindi, un federalismo moderno ma una "dissoluzione". Questa nuova riforma, ha aggiunto Dedoni, penalizza la Sardegna, anche in questa occasione perdiamo un tantino della nostra autonomia, che prima era speciale, poi ordinaria ora meno che ordinaria. È giusto, ha concluso Dedoni, avviare in questa sede un serio ed approfondito dibattito, per riconquistare quote di specialità e specificità nell'interesse assoluto della Sardegna.
"La Giunta regionale condivide in pieno il senso ed il contenuto di questa mozione". L'assessore Massimo Dadea (Affari Generali) intervenendo in conclusione del dibattito sul documento con il quale si chiede il referendum sulla devolution, ha sottolineato il significato politico che ha questa iniziativa partita dalle opposizioni, partita dal Consiglio. Sarebbe stato disdicevole, ha aggiunto, Dadea se questa mozione fosse stata presentata dalla maggioranza, o peggio dalla Giunta. Questa iniziativa conferma l'autorevolezza e l'autonomia del Consiglio che ha avviato una grande battaglia in linea con quelle fatte dai parlamentari sardi, dalla Giunta, dallo stesso consiglio in difesa della specialità autonomistica della Sardegna. La vertenza fiscale avviata dalla Giunta sostenuta dal consiglio, il dibattito sulle riforme sviluppato in consiglio, sono passi importanti verso un'unità 'intenti necessaria per salvaguardare la specialità. Questa riforma, ha aggiunto Dadea, prevede la modifica di molti articoli tra i quali quelli che si devono seguire per approvare lo Statuto speciale della nostra Regione. Un preoccupante passo indietro nel processo di valorizzazione delle autonomie che provocherà molti e gravi conflitti. L'attribuzione alle regioni di competenza esclusive senza le necessarie autonomie fiscali e le compensazioni garantite dallo stato porrà la Sardegna in condizioni di inferiorità nei confronti delle regioni più ricche. Ed i sardi non avranno lo stesso diritto alla salute ed ad un'istruzione moderna che verrà, invece, garantito ai cittadini di altre Regioni. Ben venga, quindi, il ricorso al referendum così almeno si avvierà un riesame delle riforme costituzionali.
La grande maturità di questo Consiglio che propone una mozione in linea con quella approvata, quasi all'unanimità, nel novembre del 2004 e con la quale si difendeva la specialità della nostra autonomia regionale è stata sottolineata dal presidente del Consiglio regionale l'on. Giacomo Spissu, prendendo brevemente la parola, ha ricordato che la legge sulla devolution introduce profonde modifiche anche allo Statuto regionale violando, quindi, la nostra autonomia. Questo documento è stato largamente condiviso dalle altre regione a Statuto speciale, infatti, in occasione di queste riforme non siamo stati consultate, come non lo sono state le altre Regioni speciali e province autonome. Inoltre, sono stati introdotti principi e concetti sui quali ci sarebbe molto da discutere ad esempio il controllo di merito delle leggi. È giusto che la Sardegna, ha aggiunto Giacomo Spissu, sia in prima fila nel chiedere il referendum, come è opportuno che si avvii un dibattito, che deve essere ampio e approfondito. Se il Consiglio non approvasse questa tesi, "il nostro dibattito sarebbe accademico". Il presidente del Consiglio, quindi, ha proposto una limatura al testo della mozione per evitare confusioni e possibili ricorsi, anche perché il testo dovrà essere trasmesso alle altre Regioni perché lo approvino uguale. Il presidente ha anche comunicato la presentazione di un ordine del giorno, da votare successivamente alla mozione, con l'indicazione di due delegati del Consiglio regionale per tutte le operazioni necessarie per l'indizione del referendum.
Il Presidente ha messo in votazione la mozione n° 57 (allegata) che è stata approvata con 54 voti a favore, 2 contrari, 3 astensioni, dai 59 consiglieri presenti in Aula; successivamente l'ordine del giorno collegato alla mozione (allegato) è stato approvato dai 61 consiglieri presenti con 55 voti a favore, 2 contrari, 4 astensioni.
I lavori del Consiglio proseguiranno
martedì 29 alle ore 10.00