Discorso di insediamento (quarta parte)

...La governabilità, la tempestività delle decisioni, che il nuovo metodo costituzionale ha introdotto e anche noi dovremo sperimentare, dovrà cioè qui trovare una giustificazione, una sede dialettica ed anche di controllo, sia da parte della maggioranza che delle minoranze. Gli equilibri che dovranno qui attuarsi, come già ho accennato, saranno diversi, e tutti importanti: tra governo e assemblea (maggioranza e minoranze insieme), tra minoranze e maggioranza, fra organi e istituti diversi di decisione, indirizzo, controllo e garanzia.

La vera scommessa che ci attende è proprio questa: accompagnare la grande spinta innovativa e attuativa che la società e noi stessi attendiamo dal nuovo esecutivo con azioni, procedimenti di integrazione e garanzia, che la sottopongano a verifica e reale conoscibilità, arricchendola senza minimamente frenarla. In questo senso questa Assemblea sarà una sede di sperimentazione, di creazione istituzionale, o, se volete, più sommessamente, un’officina-laboratorio per costruire una nuova fase della nostra civiltà regionale.

I profeti dell’autonomia – Tuveri, Asproni, Bellieni e Lussu –, i grandi movimenti di massa che l’hanno proposta nel primo e secondo dopoguerra del ’900, hanno concepito la nostra capacità di autogoverno e di emancipazione come un fatto economico, culturale, di liberazione sociale; ma anche, e non meramente in senso strumentale, come originale strumentazione dei poteri istituzionali.

Anche i nostri gruppi dirigenti regionali, nei primi 50 anni di vita della Regione, si sono adoperati per creare le condizioni – sostanziali e formali – per rendere effettiva, dinamica e piena, l’autonomia: grandi eventi sono stati percorsi, come il Piano di Rinascita, l’età della contestazione verso lo Stato, l’unità autonomistica, e altre ancora. Spinte materiali e ideali che via via, come si dice, hanno poi perso la loro forza propulsiva. Oggi abbiamo necessità di nuovi valori e di nuovi strumenti.

Il mondo, l’Europa, la nostra stessa piccola società sono diventati più complessi, e al tempo stesso tra loro più interdipendenti.

L’impegno per nuove forme di cultura e di lavoro, più libere e garantite, la tutela dei diritti per tutti, la pace, l’equilibrio ecologico sono divenuti in modo sempre più forte e stringente valori estesi e condivisi . Valori estesi e condivisi che si devono fondare su un altro essenziale valore, direi una pre-condizione, un diritto di accesso, una discriminante politica: la libertà dal bisogno.

Cresce nella nostra società la povertà, le povertà, aumenta il numero delle persone e delle famiglie che vengono risucchiate ogni giorno sotto la soglia minima di soddisfacimento di bisogni essenziali senza che contestualmente cresca nelle Istituzioni e nella stessa percezione che ognuno di noi deve avere, la consapevolezza del fenomeno e la esigenza di fare di questo problema la frontiera di qualunque battaglia per il cambiamento e per la civiltà. Non c’è progetto, programma, piano di lavoro, sistema di incentivi se non si ha presente e si opera per la sua rimozione; la questione delle vecchie e nuove povertà che diventano diritti negati, opportunità non date, diseguaglianza. Cresce il numero di chi ha molto meno di quanto serva e aumenta la forbice fra essi e chi è più garantito.

Il Consiglio Regionale, il Presidente della Regione devono fare di questo problema il punto centrale della loro attività, una battaglia di civiltà. Intendiamo adeguare le nostre azioni ai nuovi modi dell’intelligenza e della creatività umana, attenti alle sollecitazioni che ci vengono dal mondo del lavoro, dalle sedi scientifiche, dai giovani, dalle donne che ormai esigono forme reali di parità nei diritti, dal nostro specifico patrimonio culturale, dalla letteratura e dal cinema, dalle arti.

Siamo fra le Regioni in Italia con i più bassi livelli di scolarità: è necessario e urgente rimuovere questo ostacolo che tutto frena, che tutto condiziona.

Nella tessera degli emigrati Sardi in Piemonte c’è una frase di Antonio Gramsci che diceva “Dobbiamo istruirci, istruirci, istruirci”: penso che dobbiamo ripartire da lì, aumentare istruzione e conoscenza, utilizzare al meglio le grandi energie soprattutto quelle dei giovani.

Tutto questo, in gran parte, dobbiamo farlo tutti insieme, e questo Consiglio, questa istituzione, è il luogo fondamentale in cui possiamo farlo.

Per interpretare in modo nuovo quella spinta originale che è l’autonomia, quella “pazzia” che – come sosteneva all’Assemblea Costituente Lussu in polemica con Nitti e i tanti ostinati centralisti – “è il sale della terra”, della nostra terra, aggiungerei umilmente.

Un profilo così alto del nostro lavoro necessiterà di tutto il nostro impegno, che sono certo non mancherà, del coinvolgimento più vasto della società sarda, di un sostegno e di un contributo alla comunicazione che può avvenire solo grazie al lavoro degli amici dell’informazione che ci seguono e ci seguiranno.

Ad essi rivolgo insieme al saluto dell’Assemblea, un appello affinché tutti insieme facciamo un passo in avanti rappresentando la politica e il nostro lavoro in modo nobile, come deve essere, di confronto di idee e di progetti e non solo come lotta interna fra partiti, fra gruppi, fra persone per l’occupazione delle istituzioni. Ciò avviene in gran parte per nostra responsabilità in parte per esigenze legate alla ricerca della notizia. E si sa la rissa fa sempre più notizia.

A noi il compito di saper superare con il lavoro, con la serietà e l’impegno costante sui problemi, la rappresentazione non buona che spesso diamo, agli amici della stampa e dell’informazione tutta un sommesso invito a contribuire con noi alla riuscita di questo alto impegno.

Buon lavoro a tutti.