Nota stampa
della seduta n. 188 antimeridiana del 3 aprile 1997

 


Il Consiglio regionale si è riunito sotto la presidenza dell'on. Selis.
In apertura di seduta sono state date le comunicazioni riguardanti:

 


Commemorazione dell'on. Ruggeri

Il Presidente ha commemorato l'on. Giovanni Ruggeri, morto tragicamente all'inizio dell'anno.
Sullo scranno che per due legislature ospitò l'on. Ruggeri, è stato deposto nel frattempo un mazzo di rose rosse.
Successivamente il Presidente ha sospeso la seduta, in segno di lutto, per mezz'ora.

 


Alla ripresa dei lavori, il Consiglio ha discusso ed approvato la mozione, firmata dai Capigruppo (ad eccezione del Partito Sardo d'Azione che si è rifiutato di sedere al "tavolo delle riforme"), sulla revisione costituzionale dello Stato.

Mozione N. 112 - Scano, Pittalis, Marteddu, Masala, Dettori Bruno,
Balia, Montis, Amadu, sulla riforma costituzione dello Stato.

Il Presidente ha posto in discussione la mozione precisando che verrà esaminata per parti considerato che sono stati presentati undici emendamenti a firma PSd'A, riguardanti i diversi punti del documento.

Ad illustrare la mozione è stato il capogruppo dei Progressisti Federativi, on. Scano, che ha premesso che avrebbe parlato a nome di tutti i capigruppo sforzandosi di dare una valutazione oggettiva sul lavoro del "Tavolo per le riforme" che ha rappresentato una sede di confronto e consultazione politica per evitare uno stallo negativo per la Sardegna nel momento in cui la Bicamerale sta procedendo alla trasformazione delle forme dello Stato.
Scano ha spiegato, che si è provato a ricercare una intesa comune pur nel rispetto dei ruoli della maggioranza e delle opposizioni, ed avendo tuttavia ben chiaro che il tema delle regole non appartiene ad un polo esclusivo, ma a tutte le forze politiche presenti nell'Assemblea.
Il Consiglio, ha aggiunto Scano, deve dare una risposta alla campagna, con sfondi politici, che i mass media stanno fomentando contro l'istituzione. Una delle risposte da dare all'opinione pubblica è, appunto, il lavoro fin qui svolto e l'intenzione, per il futuro, di continuare il confronto con le autonomie locali. Esiste però il rammarico per il mancato contributo del PSd'A, al quale va riconosciuto il merito storico di aver avviato la costruzione dell'autonomia.
Escluso che si possa parlare di inciucio, Scano ha affermato di esser contrario all'istituzione di un'Assemblea costituente sarda così come richiesto dai sardisti. Tuttavia anche questa ipotesi - ha detto - è un tema sul quale si può discutere nel rispetto di tutte le posizioni.
Scano ha poi affrontato nei suoi contenuti la proposta varata dal "tavolo delle riforme". Ha ricordato che nel documento assume priorità la conferma della specialità sarda, come pure prioritaria è la condizione paritaria nella rappresentanza delle regioni nel Senato delle Regioni.
Infine Scano si è soffermato su un punto che è stato giudicato fondamentale per la Sardegna, e cioè il sistema della autonomia finanziaria.
Secondo l'oratore, il "Tavolo" ha individuato e sostenuto che nella carta costituzionale debba essere formulato, come principio ineludibile, il riequilibro delle aree socialmente ed economicamente deboli.
Se non si va avanti nel processo di riforma, ha detto Scano avviandosi a conclusione, si rischia di rimanere esclusi dalle revisioni statali. Occorre perciò che il Consiglio discuta e approvi il progetto di riforma costituzionale e statutaria: è l'unico modo per rilegittimare la classe dirigente attuale. Si è perciò augurato che da stasera si possa cominciare a pensare alla revisione dello Statuto.
Dal 1950, ha concluso Scano, sono state costituite ben 8 commissioni consiliari per la revisione della carta di autonomia. Quasi tutte si sono arenate per strada; ora però si deve andare avanti cercando di mettere in moto anche le forze culturali, intellettuali, sociali che sono le energie della nostra terra.

La discussione in atto riguarda il nostro futuro, ha affermato l'on. Boero (A.N.), e dovremo vedere come arrivare a questo importante traguardo. Il nostro lavoro deve dedicare ampio spazio alla nostra autonomia affinché la specialità acquisti sostanza e non rimanga solo un'enunciazione, come dimostrano gli "schiaffi" subiti spesso, e troppo, dai Governi nazionali che hanno respinto le leggi regionali.
Il modello di riferimento è un'altra isola, la Sicilia, che gode di una vera autonomia, ha proseguito Boero, ed a questo dovremmo guardare.
C'è la Bicamerale ed è il momento opportuno per incidere su ciò che ci riguarda, ma non si devono "istituzionalizzare le manchevolezze politiche del governo regionale che sta portando al disastro la Sardegna", ha concluso Boero, affermando che AN è pronta a dare il suo contributo senza però avallare i guai provocati dal governo regionale.

Per l'on. Paolo Fois (Progr. Fed.) occorre incentrare l'attenzione sulle modifiche all'art. 116 della Costituzione, che ricalcando il precedente articolato, accetta il principio di forme speciali di autonomia per alcune regioni. Sotto molti aspetti, però, se ne differenzia in quanto i 50 anni trascorsi dall'entrata in vigore della Costituzione hanno condotto ai principi di federalismo che ne capovolgono il senso.
Questa nuova situazione, ha detto ancora Fois, impone di verificare e approfondire le ragioni della specialità. Nel nuovo testo si delinea il fondamento della specialità, ancorandola alle peculiarità particolarmente evidenti, sottolineando che la specialità non è più frutto dell'unilaterale scelta del Costituente, ma semmai della volontà delle popolazioni interessate.
Forse, ha aggiunto Fois, qualcuno può dire che sarebbe stato meglio elencare le ragioni della specialità, ma ciò poteva portare ad un elenco incompleto e non aderente alle regioni interessate.
Il richiamo agli obblighi comunitari e internazionali è fondamentale, ha detto ancora Fois, e consente di correggere una lacuna dell'attuale articolo 116, che oggi non àncora la specialità agli obblighi internazionali se non per le regioni di frontiera.
Uscendo dalla logica degli accordi bilaterali si fa fare un salto di qualità alla Sardegna, per arrivare ad una piattaforma che servirà per ulteriori passi avanti verso il progetto del nuovo Statuto, in quanto si prefigurano le caratteristiche proprie della specialità.
Dobbiamo rafforzare la peculiarità riconosciuta nel '48, ha aggiunto Fois, rivendicando competenze diverse da quelle delle Regioni ordinarie, competenze che esaltano la nostra peculiarità, come ad esempio la scuola ed i beni culturali.
Gli obblighi internazionali che il governo assumerà dovranno rispettare le identità culturali e le norme costituzionali sui trattati internazionali. Tutti i lavori per il nuovo Statuto dovranno essere centrati sul principio di "non assimilazione" rivendicando la specialità che non deve essere perduta o ridotta o contenuta in alcun modo.
Si dovrà lavorare per l'Europa delle Regioni, ha detto ancora Fois, ricordando che anche l'Unione europea, e non solo lo stato nazionale, potrà mettere dei freni a questo progetto.
La Sardegna, ha concluso Fois, è particolarmente interessata perché le decisioni dell'UE rischiano di penalizzare le regioni più deboli.

"Molti sardi attendono da noi un segnale di speranza. Attendono di veder nascere un progetto di Regione, un progetto di Stato, che serva a fugare la disperazione e dia, invece, speranza per il futuro". L'on. Fantola (Patto), è partito da queste considerazioni per illustrare le attese e le esigenze dei sardi, che chiedono una organizzazione politico-amministrativa nuova, diversa da quella esistente, in grado di dare finalmente risposte alle gravi esigenze della Sardegna.
La Regione, secondo Fantola, è vecchia, superata, insufficiente e nemica dei sardi. Con questa regione non solo non si va in Europa, ma non si resta agganciati neppure al treno dell'Italia.
L'esponente del Patto, quindi, ha indicato in una profonda modifica della struttura dello Stato il primo passo per giungere ad una seria riforma della macchina politico-amministrativa regionale.
La riforma dello Stato deve puntare al federalismo municipale ed al Presidenzialismo, ha aggiunto Fantola. I comuni e gli enti locali devono essere messi in condizione di operare e di autogovernarsi, devono poter collaborare tra loro per fornire reali servizi, per rispondere alle giuste richieste dei cittadini.
Per l'esponente del Patto, quindi, l'ipotesi di riforma dello Stato, sulla quale si è ora aperta la discussione, contiene proposte condivisibili, ma presenta anche preoccupanti lacune.
Oggi, in Sardegna si deve realizzare una vera e propria grande rivoluzione pacifica, ha aggiunto Fantola, per arrivare ad una completa revisione della carta Costituzionale e dello Statuto regionale. Ma per una rivoluzione di questo tipo non basta solo il Palazzo. La Bicamerale, quindi, è un "momento di conservazione" e non è in grado di dare indicazioni o proposte reali e concrete, per rinnovare profondamente lo Stato e la Regione.
Questo profondo rinnovamento, secondo Fantola, può avvenire solo grazie ad una "Assemblea Costituente" con compiti e limiti ben precisi, in grado di portare un reale contributo al processo di riforme dello stesso Statuto regionale.
Fantola, quindi, ha sottolineato come siano state raccolte, nell'isola, molte migliaia di firme. "Forse non saranno "formalmente" sufficienti per ottenere dal governo l'autorizzazione a "costituire questa assemblea dei sardi per fare le rifrome", ma sono una piattaforma dalla quale si può partire, proprio con l'obiettivo di realizzare una concreta riforma dello Statuto sardo.
Concludendo il suo intervento, Fantola ha confermato la volontà del proprio gruppo politico di lavorare per un'assemblea costituente dei sardi, che porti ad una reale riforma delle istituzioni e che si basi sul federalismo e sul presidenzialismo, i pilastri sui quali deve poggiare la nuova Regione, il nuovo Stato, per essere realmente più vicini e sensibili alle "istanze ed alle esigenze dei cittadini".

E' un momento,ha affermato l'on. Locci (AN), in cui i sardi ci seguono con attenzione perchè la situazione della Sardegna è tale da far richiedere alle sue istituzioni un impegno forte anche in materia di riforma delle carte costituzionali nazionale e sarda.
E' un obbligo politico e morale, quindi, confrontarci sulle varie ipotesi ed incominciare un dibattito che dovrà scaturire in un documento da portare davanti alla Bicamerale, prendendo comunque atto che in futuro si possa approfondire ed arricchire la proposta.
Dettosi complessivamente favorevole con le conclusioni del Tavolo delle riforme, Locci ha però soggiunto che non tutto è condivisibile, soprattutto per quanto rigaurda le competenze della Regione in materia di paesaggio. Ed ha quindi richiesto che venga modificata quella parte con l'attribuire tutte le competenze alla Regione, eliminando del tutto quelle residuali dello Stato.
Locci ha successivamente affrontato il problema delle riforme sui rapporti tra Regione ed Europa, precisando che con il riconoscimento delle specialità si può porre la Sardegna nella condizione di parità con le altre regioni europee sia per quanto riguarda i mercati e sia per quel che concerne gli scambi culturali. Soltanto in condizioni di parità la Sardegna ha possibilità di sviluppo, soprattutto sfruttando la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, che la pone come interlocutrice di altri paesi rivieraschi.
La politica economica della Sardegna, ha concluso Locci, deve far perno sulla possibilità di avere capacità di contrattazione con altre regioni europee ed extraeuropee.

La mozione è un arretramento culturale e politico, ha affermato l'on. Demontis (Misto), in quanto è una proposta arretrata. Non vi compare la sostanza di una riforma federalista, e ci si deve interrogare su che tipo di riforma si vuole e con quali obiettivi.
Per Demontis potrebbe avere ragioni Bossi quando afferma che i partiti italiani vogliono conservare lo Stato così com'è. Forse la Bicamerale produrrà un testo più avanzato di quello di questo Consiglio, e ciò sarà la dimostrazione dell'"atavica subalternità" ai partiti italiani.
Demontis ha proseguito affermando che il testo non è nemmeno emendabile e deve essere respinto in toto.Ci si attendeva un pronunciamento per una riforma in senso federale, ma si continua invece a confondere la Nazione con lo Stato.
Per queste ragioni, ha concluso Demontis "voterò contro la mozione e invito chi nutre un sincero orgoglio sardo a fare altrettanto".

La discussione sulla proposta di riforma dello Stato, frutto del "Tavolo delle riforme", così come quella sui risultati della Commissione speciale per la riforma dello Statuto dimostrano la "non perfetta conoscenza dei termini sui quali si discute": così si è espresso l'on. Macciotta (Patto) affermando poi che quella discussione, quella risoluzione ha pesato e pesa tuttora sul dibattito, in corso, sul processo di riforme della Costituzione italiana e dello Statuto sardo.
Per Macciotta, infatti si sono commessi errori nell'esaminare il "contributo" elaborato dalla Commissione speciale, sono sorti equivoci che hanno penalizzato il dibattito, e lo penalizzeranno anche in futuro.
L'ipotesi elaborata dal "Tavolo delle riforme" è comunque un documento aperto, utile come base di discussione, alla quale tutti possono dare il proprio libero, autorevole, apporto.
Macciotta, quindi, ha polemizzato con coloro che sono intervenuti nel dibattito perchè non hanno, forse volutamente, tenuto posizioni estremamente chiare.
"Equivoci sono sorti perchè non si sono analizzati, con la dovuta attenzione, i testi in esame" ha aggiunto l'oratore. Ed ha indicato nelle leggi elettorali, nella tutela della specialità della Sardegna, nella difesa delle competenze regionali, nella necessità di una visione solidaristica delle funzioni dello stato i temi sui quali sarebbero necessarie profonde riflessioni.
Un reale federalismo, ha sottolineato Macciotta, se è un federalismo reale, consente di ottenere e di tutelare le autonomie speciali, i diritti reali delle regioni. Sono tutti temi, come quello dei rapporti tra autonomie speciali e regioni, che stanno animando il dibattito anche in sede nazionale, ed in questo dibattito la Sardegna deve intervenire tempestivamente.
"Non esiste possibilità di progresso, ha aggiunto Macciotta, se non si tiene conto delle esigenze e dei diritti di tutti". L'oratore si è quindi soffermato sulle indicazioni contenute nel documento predisposto dal "Tavolo delle riforme" giudicandole positivamente. Le riforme dello Stato, della Regione, degli enti locali sono temi di grande importanza, di interesse generale, sui quali tutti i consiglieri devono potersi esprimere in totale ed assoluta libertà.
Pur nel rispetto delle posizioni di altri colleghi, Macciotta ha dichiarato la propria perplessità per giungere alla riforma della Regione attraverso la "costituente sarda". Si parte del paradosso, al di là delle norme previste dallo stesso Statuto per le previste modifiche, che "solamente asssemblee speciali e compiti particolari" possono essere in grado di modificare le norme statutarie.
Questa assemblea, ha aggiunto l'oratore, è stata eletta con lo stesso sistema e dagli stessi cittadini che dovrebbero eleggere, con le stesse regole elettorali, l'assemblea costituente sarda.
Cosa cambia tra questa assemblea e quella che dovrebbe essere eletta per modificare lo Statuto? si è chiesto ancora Macciotta, affermando poi che forse non si rispettano le istituzioni, ma le si vuole, in ogni caso, sostituire con altre istituzioni. Perchè, allora, non procedere con realismo ed a piccoli passi?
L'oratore ha concluso indicando nel realismo politico la strada per giungere ad un effettivo cambiamento delle istituzioni statali e regionali.

L'on. Bonesu, (PSd'Az), appartenente all'unico schieramento che non ha partecipato al "Tavolo delle riforme", ha svolto un intervento notevolmente critico nei confronti della proposta di riforma costituzionale elaborata dai capigruppo consiliari in due mesi di lavoro serrato.
Bonesu ha esordito ricordando la storia della costituzione italiana, rimasta inalterata per quasi cento anni, nonostante gli eventi traumatici, come la prima guerra mondiale e il ventennio fascista, che avevano provocato nella società nazionale profondi sconvolgimenti. Per cambiare la carta costituzionale, ha aggiunto Bonesu, sono state necessarie una terribile guerra, la sconfitta e la caduta del fascismo e della monarchia. Mutamenti traumatici, dunque, non simili ma corrispondenti per gli effetti che hanno prodotto a quel periodo iniziale degli anni 90, quando un'intera classe dirigente è finita in galera ed il Parlamento, alle successive elezioni, si è ripresentato per la prima volta con un quadro di rappresentanze politiche che non si riconosceva nell'ambito dei partiti del cosiddetto "arco costituzionale".
Quello era il momento di fare le riforme, ha detto Bonesu, perchè quella era la vera ed unica rivoluzione sociale intervenuta dal 1948. Ma prima che intervenissero gli effetti della rivoluzione non cruenta che ha percorso l'Italia, è arrivata la voglia di restaurazione, e con essa la Commissione bicamerale per le riforme dello Stato con tutti i limiti che già sono stati denunciati. A cominciare con il fatto che la prima parte della Costituzione non dovrà essere modificata. Ed allora?
Allora, ha affermato ancora Bonesu, ci si avvia a fare una riforma a metà, con una discussione che è circorscitta ad ambiti sempre più ridotti. La stessa situazione si riscontra anche qui in Sardegna, dove il "Tavolo delle riforme" ha espropriato la Commissione e quindi l'assemblea delle sue prerogative appropriandosi della competenza di varare una proposta di revisione costituzionale e statutaria.
Per Bonesu, il Consiglio sta venendo meno al suo compito, dichiarato, di essere un'assemblea costituente; in due anni e mezzo ha varato solo due leggi di riforma, quella sulle province e quella sulla riforma degli enti: entrambe incomplete e traballanti.
Dopo aver ribadito che non c'è da attendersi dal lavoro della Bicamerale alcun cambiamento di rilievo, Bonesu ha sostenuto che l'unico modo per ottenere una vera riforma dello Stato e della costituzione è quello "di andare al popolo con una proposta di assemblea costituente". Ed in tal senso deve esprimersi anche il Consiglio regionale della Sardegna.
Invece oggi il Consiglio si trova a dover discutere un documento privo di quei principi basilari che avrebbe dovuto contenere. Non vi sono contenuti, ha detto ancora Bonesu, neanche i motivi per cui alla Sardegna deve essere riconosciuta la specialità.
Secondo Bonesu, infine, la mancanza di punti fermi e chiari nella proposta di riforma si traduce in un appiattimento che permetterà alle regioni forti di imporre la loro volontà a discapito di quelle più deboli.
Concludendo, l'esponente sardista si è comunque augurato che il dibattito dia possibilità a tutti i consiglieri di esprimere le loro idee, al di là dei vincoli di gruppo e dei contrasti e pregiudizi esistenti. Ma comunque vada la discussione, ha detto, il documento non dice nulla e non rappresenta perciò la Sardegna e le aspirazioni del suo popolo.

La discussione sulla mozione è proseguita con l'intervento dell'on. Montis (R.C.), il quale, dopo aver ricordato la nascita della Bicamerale, ha sottolineato il lavoro del "Tavolo delle riforme" che ha consentito di recuperare il ritardo sul tema delle riforme.
Per Montis, dietro la discussione pacata svoltasi in Aula vi sono espressioni forti non codivisibili. Che senso ha una riforma statutaria con il fallimento delle politiche per l'agricoltura? si è chiesto l'oratore, che ha proseguito evidenziando le "debolezze intrinseche di questa maggioranza", e affermando che è fallita la "gestione del comunismo", non il comunismo in sè.
Non si può addebitare solo alle leggi il fallimento della soluzione dei problemi, ha proseguito Montis ricordando anche il fallimento delle revisioni costituzionali sviluppate in altri Paesi.
I parlamentari possono far proprie le richieste e le proposte della Sardegna e portarle come emendamenti nella Bicamerale, ha aggiunto Montis, ma sarà necessaria una lunga e faticosa opera di mediazione come quella sviluppata per la Carta Costituzionale.
Montis ha poi ricordato l'apporto e l'impegno per le proposte formulate anche dai Coordinamenti delle Regioni, dal sistema delle Autonomie e da varie forze sociali e culturali. C'è però oggi il senso di uno sfilacciamento dell'unità iniziale che aveva dato vita alla Bicamerale. Crescono le divisioni e le contrapposizioni su vari temi, ad esempio quello sulla Giustizia e sul nuovo assetto istituzionale.
Ci sarà scontro sulle nuove leggi elettorali, ha detto ancora Montis, e non pare credibile l'intento di arrivare al bipolarismo, facendo sparire le forze minori. Altro tema di divisione è quello dell'assegnazione delle frequenze televisive. Insomma, quello che sembrava un facile percorso rischia di diventare un clamoroso fallimento che dividerà ancora di più le forze politiche nazionali.
In questa situazione, il documento del Consiglio regionale sarà marginale, ha aggiunto ancora Montis, ma se non si raggiungeranno gli obiettivi indispensabili, R.C. ne trarrà le conseguenze, pur non ritirando l'adesione al documento. Si deve però sottolineare che l'impegno delle forze politiche sarde non può prescindere da una seria opera di riforma che consenta alla Regione di utilizzare le risorse disponibili.

Il Presidente ha quindi chiuso i lavori che riprenderanno nel pomeriggio.

 


I lavori del Consiglio proseguiranno
nel pomeriggio alle ore 16,30.

 

Alla pagina delle sedute dell'Assemblea