Nota stampa
della seduta n. 159 pomeridiana del 9 dicembre 1996

 


Il Consiglio regionale ha ripreso i suoi lavori presieduto dall'on. Selis.
In apertura di seduta sono state date le comunicazioni riguardanti:

 


All'inizio dei lavori l' Assessore tecnico Paolo Fadda ha prestato giuramento.

 


Commemorazione on. Elio Giua

Il Presidente ha svolto un breve discorso di commemorazione dell'ex consigliere Elio Giua, deceduto nei giorni scorsi.

 


Discussione del Documento n. 21/A.
Commissione Speciale per la revisione
dello Statuto - Risoluzione sulla

riforma federalista dello Stato e sul
nuovo Statuto di Autonomia.

Il relatore on. Bonesu ( PSd'Az), ha esordito affermando che il problema della riforma dello Stato assume una particolare importanza, ma occorre passare dal dibattito al concreto, con soluzioni relative alla capacità di governare una realtà in continua evoluzione.
La revisione dello Statuto, ha detto Bonesu, si è allacciata alla riforma della Repubblica, la cui Costituzione è nata con lo Statuto. La Costituzione rappresentò una formula di "elevato compromesso" che guardava più al passato che al futuro. Costituzione e Statuto si riferivano a condizioni diverse: la Sardegna era prevalentemente agricola, l'Europa era appena uscita dal conflitto, in un clima di guerra fredda.
Le basi erano fortemente ideologiche, ha proseguito Bonesu, ma oggi c'è un tessuto comune più vasto, che deve essere valorizzato per cercare posizioni unitarie sia sulla riforma dello Statuto che come linea per la riforma dello Stato. Oggi lo Statuto non assegna quei poteri necessari per governare le situazioni. Il problema dei rapporti con lo Stato era formale e la divisione per materie è significativa in questo senso. Occorre andare invece al criterio dei centri di interesse e non delle materie, anche se quegli articoli sono stati svuotati dalla giurisprudenza.
La Regione, ha aggiunto Bonesu, oggi emana leggi puramente amministrative, e questo è un limite del potere della Regione. Lo Statuto inoltre detta molte norme sullordinamento regionale, ma il rapporto Stato-Regione è pesantemente condizionato, e influisce sull'autonomia. Lo Statuto affrontava inoltre il problema del rapporto tra Regione ed Enti Locali da un punto di vista puramente formale e burocratico.
Occorre abbattere la Regione centralista, ha detto ancora Bonesu, per arrivare a una Regione diversa, "leggera", che non intenda governare direttamente tutta la realtà sarda, che sia organo di programmazione e di controllo, che non ricopi gli schemi ministeriali.
Punto dolente di ogni riforma, ha aggiuntoBonesu, è quello delle risorse finanziarie. Il federalismo fiscale di cui si parla può essere dannoso. La Regione oggi non ha risorse certe, mentre è essenziale avere garanzie fiscali e finanziarie. La struttura della Repubblica è superata, è invecchiata, con un sistema di poteri e di organizzazione che rispetti le esigenze della società odierna.
Occorre un insieme di regole, ha detto ancora Bonesu, che renda compatibile la libertà con la democrazia, e questo è un problema per il quale sono state prospettate diverse soluzioni.
Dopo essersi soffermato sul ruolo dei partiti e sui sistemi elettorali, Bonesu ha affermato l'esigenza di soluzioni globali che rispettino i principi fondamentali di equilibrio dei poteri. La Commissione ha lavorato con impegnoe nella fase finale sono emerse alcune differenziazioni.
Se il Consiglio presenterà questo progetto di riforma, in senso federale, ha detto ancora Bonesu, allora sarà anche un grande contributo per la riforma del Paese. Occorre cogliere le idee fondamentali per arrivare all'autogoverno del popolo sardo, ed in questo senso si devono cercare le convergenze con le altre Regioni. Il tema è difficile: arrivare da uno Stato unitario ad uno federale. Se in Cecoslovacchia il processo è fallito, in Belgio sta dando frutti positivi.
Dopo un accenno al problema della Lega, Bonesu ha concluso affermando che è necessario trovare forme di collaborazione nel rispetto delle singole dignità.

La risoluzione di una riforma in senso federalista dello Stato e di nuovi compiti della Regione è stata esaminata ed approfondita dall'on. Giagu, vice capogruppo del PPI, il quale ha ringraziato, per l'ottimo lavoro fatto, i componenti della commissione speciale ed ha sottolineato l'esigenza di non limitare il dibattito sul processo di trasformazione dello Stato ad una nuova riforma elettorale o ad una riscrittura della Costituzione e dello Statuto regionale sulle indicazioni dei referendum abrogativi degli anni passati.
Giagu ha, quindi, riconfermato la volontà della commissione Bicamerale come sede naturale per mettere a punto la riforma dello Stato, ed ha indicato le linee lungo le quali dovrebbe muoversi la nuova Commissione. Partendo dai risultati raggiunti da quella De Mita-Iotti, e tenendo conto delle indicazioni della commissione Bassanini, la nuova riforma dovrebbe portare ad una nuova attribuzione di compiti, indicando quelli di competenza statale e riservando tutti gli altri alle Regioni.
Di particolare importanza il necessario rapporto di "sussidiarietà" che deve esistere tra l'Ente regione e la struttura dello Stato. La Regione, comunque, non deve dare vita ad un nuovo neo-centralismo regionale, ma deve dare nuova autonomia e nuovi compiti agli enti locali.
La riforma dello Stato in senso federalista, comunque, ha concluso Giagu, è ormai un processo avviato e deve essere portato a termine secondo le esigenze della Sardegna, anche per garantire le necessità delle Regioni mediterranee nell'ambito della Comunità Europea. I problemi generali, quindi, sono stati affrontati con serietà dalla Commissione speciale ed i suoi risultati sono condivisibili e da giudicare positivamente.

L'intervento dell'on. Marras (F.I.) si è svolto in due parti: una prima fortemente critica nei confronti della relazione della Commissione speciale per la riforma dello Statuto, e quindi anche della risoluzione presentata in Consiglio a proposito dei temi della sussidiarietà fra stati e regioni e autonomie locali e dell'imposizione fiscale di tipo federalista; ed una secondo parte svolta a riconoscere la vitalità delle piccole comunità locali e ad affermare che il fallimento della politica dello Stato soprattutto nel Mezzogiorno ha portato allo sperpero di finanze, all'accumulo del debito pubblico e quindi alla sottrazione di risorse agli investimenti produttivi.
La conclusione per Marras è che, in un sistema federalista, deve essere rafforzato lo Stato nazionale ed assicurata la massima stabilità del potere centrale attraverso la realizzazione del sistema politico bipolare. Per cogliere questo obiettivo è necessario arrivare ad un governo presidenziale con l'elezione diretta del capo dell'esecutivo. E' questa la forma di assetto costituzionale che potrà attuare e garantire la democrazia completa e la certezza della stabilità e quindi dell'unità nazionale.

Per l'on. Fantola (Patto), stiamo vivendo una coincidenza straordinaria: gettare le basi per una riforma dello Stato e della Regione. In passato la rivendicazione della Sardegna nei confronti del Governo è fallita perché non c'era una coscienza diffusa della necessità di una riforma.
La prossima legge per l'istituzione della Bicamerale, ha deto Fantola, se da un lato pone in discussione il problema, dall'altro può essere il tentativo di non modificare l'assetto istituzionale del Paese, riportando la riforma all'interno del "Palazzo".
E' preferibile, ha aggiunto Fantola, un'Assemblea costituente, per dare spazio ad un ampio dibattito che coinvolga l'intera società, evitando che su di essa cali un progetto dei partiti. L'Assemblea è fondamentale se si pensa ad una riscrittura della Costituzione, nata per un modello di società che ha retto a tutte le bufere della vita politica locale, nazionale e internazionale. Ci sono valori indiscutibili, ma non si deve dimenticare che costituzione e Statuto sono stati scritti in un momento storico in cui si voleva evitare il ritorno del fascismo.
L'attuale società, ha detto ancora Fantola, è completamente diversa e certo più complessa, ed esige diversi modelli di governo, con maggiori organi di controllo in una dinamica che veda il cittadino al centro di una società solidale con piena libertà.
Non possiamo correre in Sardegna il rischio che si corre a Roma, ha detto ancora Fantola, cioè di un semplice ritocco dei dettati costituzionali. Occorre il coraggio politico e civile di cambiare profondamente il sistema, progettando una Regione diversa e nuova. All'interno della Commissione i temi sono stati discussi a fondo, con coordinate molto ampie.
Sul tema della riforma federalista dello Stato, Fantola si è detto profondamente convinto di questa scelta. E' necessario il presidenzialismo, che sia un momento di sintesi di tutti i poteri.
Sul federalismo, Fantola ha affermato che l'Italia delle Regioni ha riproposto in sede locale la burocrazia dello Stato centrale. Occorre un federalismo che rovesci il rapporto Stato - Regioni - Comuni, esaltando l'autonomia comunale. Non basta un passaggio di deleghe dello Stato alle Regioni che resterebbero burocratiche e inefficienti.
E' indispensabile quindi, ha detto ancora Fantola, affrontare tre temi fondamentali: l'esaltazione delle autonomie municipali, forme di governo che diano credibilità, efficienza e stabilità, ed infine uno Statuto che scardini l'apparato elefantiaco della Regione che deve avere funzioni di coordinamento e di controllo.
Tutto ciò non è facile da ottenere, ha proseguito Fantola, per diversi motivi, ma ci si deve rendere conto che mentre si portano avanti segmenti di riforma, la Sardegna rimane immutabile, mentre occorrerebbe un grande sforzo creativo. Il Consiglio deve darsi un nuovo obiettivo: se si è convinti della crisi della Sardegna e se si crede ad un grande progetto per la nuova Sardegna, allora è necessaria un'Assemblea costituente sarda, istituita con legge costituzionale, che progetti il nuovo Statuto per progettare una Sardegna dei cittadini, degna di entrare in Europa.
L'Assemblea, ha concluso Fantola, dovrebbe essere il momento di passaggio dalla vecchia alla nuova Regione e porrebbe i sardi davanti alla crisi che attanaglia oggi la nostra isola, dando però a tutti una nuova speranza.

La discussione della risoluzione in senso federalista dello Stato avviene alcuni mesi dopo la "dichiarazione" di indipendenza della Padania e dopo la "clamorosa" manifestazione di Milano organizzata per confermare "l'intangibilità dello Stato italiano". Partendo da quei due diversi appuntamenti, l'on. Frau (A.N.), ha anche ricordato la partecipazione dei sardi alla grande riunione milanese, dove i rappresentanti dell'Isola sono stati a lungo e clamorosamente applauditi e la presenza di una "pattuglia sardista alla manifestazione di Venezia, organizzata per festeggiare la nascita della nuova repubblica Padana".
Frau, quindi, ha sottolineato l'importanza dei messaggi, alti, autorevoli che si sono ripetuti anche in questi ultimi tempi e che hanno sempre ricordato l'esigenza e l'intangibilità dellunità nazionale e la necessità della sua difesa.
Frau si è poi soffermato sui particolari aspetti della "specialità" dell'autonomia sarda ed ha contestato la teoria che "i sardi siano assolutamente diversi dagli altri italiani".
I sardi sono italiani da sempre e sono tra i più convinti sostenitori del principio, culturale e morale, dell'unità della nazionale italiana. Frau ha ricordato "l'italianità" di Deledda, Manzoni, Verga, Ariosto, Petrarca, Cuoco, Dante Alighieri e di tanti altri che hanno sempre esaltato l'appartenenza alla stessa "nazione" seppur con le caratteristiche tipiche delle loro regioni, dei loro paesi o città originari. Quindi la necessità di una "nuova autonomia" anche per superare "l'insularità della Sardegna" sempre nella concreta visione dello Stato unitario.
Quale federalismo? si è infine chiesto Frau. Forse i cittadini vogliono solo una migliore forma di amministrazione. Ad esempio, il Brasile ed il Messico sono stati federali, ma sono amministrati male, mentre la "centralistica" Svezia è amministrata molto bene.
Quindi, per Frau, è necessario garantire un nuovo decentramento amministrativo, ma anche un reale potere al governo centrale. Si deve prevedere, quindi, una diversa forma di organizzazione statale, che partendo dal Presidenzialismo disegni norme e regole in grado di garantire uno Stato unitario ed un decentramento amministrativo, che tengano conto dei principi di solidarietà e di cooperazione alla base di ogni stato moderno.

Dopo aver annunciato che la seconda Commissione ha preparato un ordine del giorno sulla necessità di approfondire il tema del nesso tra la costituzione e gli statuti regionali evidenziata dagli accordi di Maastricht, l'on. Paolo Fois (Progr. Fed.), si è detto d'accordo con la prima parte della risoluzione oggi in discussione, ma ha ravvisato la necessità che vengano meglio individuate le ragioni della specialità della Sardegna rispetto non solo alle altre regioni italiane, ma anche rispetto a quelle europee.
Questa specialità, secondo Fois, risiede nell'insularità della Sardegna, una condizione che rappresenta "la ragione prima di tutte le altre caratteristiche della regione sarda" e non esclude il senso di appartenenza allo stato unitario, ma implica anche la coscienza di una identità culturale particolare.
Bisogna perciò, ha insistito Fois, contrastare la tendenza verso un'omogeneizzazione delle regioni a Statuto speciale con quelle a statuto ordinario, essendo consapevoli che il diritto internazionale ed i principi consolidati in Europa tutelano le ragioni della insularità, quali matrice di una specifica identità culturale.
Fois ha preso in esame altri punti che a suo parere devono essere tenuti presenti nell'attuazione delle riforme costituzionali e statutarie. A cominciare dalla capacità di concludere accordi internazionali (il che si traduce nella possibilità per la Sardegna di salvaguardare i suoi interessi quando lo Stato stipuli accordi che possano recare pregiudizio alla situazione economica e sociale dell'Isola - vedi il caso del pecorino sardo) per finire con la cooperazione internazionale e quella transfrontaliera, che vede la Regione assoggettata ad un preventivo assenso dello Stato.
Concludendo, Fois si è detto contrario ad una riscrittura ex novo di Costituzione e Statuto ed ha invitato l'Assemblea ad individuare alcuni principi che permettano di avviare la fase delle riforme: operazione, questa, estremamente delicata che deve richiedere il coinvolgimento di tutta la popolazione sarda.

L'on. Demontis (Misto) ha esordito definendo la risoluzione "un compromesso al ribasso", ispirata ad una concezione "italocentrica". Si afferma dovunque l'unitarismo dello Stato, ha proseguito Demontis citando diversi passi del documento, per poi ribadire che il vero federalismo rappresenta comunque la rottura e la disarticolazione dello Stato unitario che perde la sua centralità.
Al di fuori di questa concezione, ha detto ancora Denmontis, non c'è federalismo, ma una vecchia riproposizione dell'autonomismo.
Per Demontis questo è quanto emerge dalla risoluzione in discussione, che cita sempre le "Regioni federate". Non c'è da meravigliarsi, ha detto, che a promuovere queste posizioni siano i partiti italiani. C'è semmai da meravigliarsi che ci sia stato il sostegno del Presidente della Commissione, che è un sardista.
Pur tenendo presente che il compromesso è necessario, ha proseguito Demontis, meraviglia che non vi sia neanche un accenno alla Sardegna come nazione che quindi ha diritto alla sovranità, all'autodeterminazione e all'autogoverno.
Proseguendo con la citazione di altri passi del documento, Demontis ha evidenziato come in questo si identifichi la nazione con lo Stato. Per questo, ha aggiunto, si deve sostenere l'indipendenza e il federalismo, se non altro per riappropriarsi di tutto ciò che nei secoli è stato portato via alla Sardegna.
Questo è il federalismo solidale, ha aggiunto Demontis, tutto il resto sono solo chiacchiere ed ha poi invitato il Consiglio a rigettare l'intera risoluzione che, se approvata, porterebbe ad avere meno di ciò che Roma potrebbe concedere.
E' necessaria un'assemblea costituente sarda, ha concluso Demontis, coinvolgendo tutte le forze sociali, economiche e culturali sarde, per disegnare un nuovo Statuto.

La riforma dello Stato, da mesi, è oggetto di un dibattito politico a tutti i livelli e questo dibattito interessa, quindi, anche il futuro della Sardegna. Ma, si è chiesto l'on. Lippi, (F.I)., con quali strumenti si deve operare? Prende piede l'ipotesi di una Bicamerale, ma forse sarebbe più opportuna una nuova Costituente, eletta col sistema proporzionale. E' da troppi anni che si sente parlare dell'esigenza di una profonda rivisitazione dell'ordinamento statale e, quindi, dell'ordinamento regionale sardo. Ma se ne parla solo, senza alcuna proposizione concreta. Eppure non si parlerà di seconda repubblica, di nuova regione se non si avrà il coraggio di riformare radicalmente il "patto con i cittadini" che è alla base di ogni organizzazione civile.
Lippi, quindi, ha tracciato le nuove linee che dovrebbero caratterizzare lo statuto della Sardegna del 2000, una Sardegna governata in modo più efficiente e dinamico. Per giungere a questo risultato, però, sarebbe necessario dare vita ad un "nuovo governo di larga intesa" e superare le divisioni, per giungere ad un confronto produttivo ed ad uno sforzo al quale devono concorrere tutti.
Secondo Lippi., la risoluzione predisposta dalla Commissione speciale contiene indicazioni largamente condivisibili e sulle quali "tutti non possono non essere daccordo". Una maggiore autonomia, l'istituzione di una zona franca sono, inoltre, idee sulle quali si deve lavorare, sono i poteri sui quali puntare, per il riscatto della Sardegna.
Concludendo il suo intervento, Lippi ha anche auspicato l'istituzione di una consulta regionale, per mettere a punto uno Statuto più adeguato alla realtà sarda. Il lavoro della commissione speciale, comunque, può essere una buona base di discussione e può, quindi, essere giudicato positivamente.

"Il problema delle autonomie locali, di un nuovo regionalismo, o di un plausibile federalismo" è stato affrontato, nell'ottica di un quadro "più ampio e complesso delle riforme istituzionali" anche dall'on. Marco Tunis, (F.I.). Partendo dall'esperienza statunitense, il primo caso di "federalismo" nato per superare "l'associazione tra stati sovrani" non più in grado di garantire la soluzione di molti problemi politico-istituzionali, Tunis ha sottolineato la necessità di andare "non verso un federalismo spinto ed eccessivamente frammentario, quanto verso un forte regionalismo sul tipo di quello tedesco".
Quindi, per Tunis, si deve pensare non ad una federazione per le regioni, ma a nuove regioni per una federazione. Ma la stessa origine della parola federalismo, dal latino Foedus, che vuol dire patto, significa "unione nelle differenze, più che differenze nella diversità".
Partendo dalle attuali regioni, quindi, con i necessari accorpamenti, trasformando il Senato in camera delle regioni, prevedendo l'autonomia fiscale alle nuove regioni e ridefinendo il ruolo della Corte Costituzionale si potrebbe modificare in senso veramente moderno lo Stato italiano. La nuova organizzazione dello Stato porterebbe, inoltre, ad una maggiore estensione dei principi di solidarietà e sussidiarietà, in "grado di avvicinare la gente allo Stato".
La riforma, ha aggiuntoTunis, dovrebbe prevedere un sostanziale trasferimento di poteri dello Stato alle Regioni, per realizzare quel "regionalismo federalista" che si accorda pienamente con il trattato di Maastricht, quello stesso federalismo che è come, secondo i romani "Et pluribus unum" (i molti nell'unità), un regionalismo forte, unitario e solidale. Questo federalismo deve essere anche caratterizzato dai principi di sussidiarietà, di solidarietà, di trasparenza e responsabilità, di perequazione fiscale e deve essere sostenuto da un forte rafforzamento del potere esecutivo e da una riforma del bicameralismo perfetto.
Sul piano del nuovo federalismo, tra l'altro, si muove la stessa comunità europea, che guarda all'Europa delle regioni, complementare e simmetrica all'Italia delle regioni. Ma per favorire questo risultato si deve tendere ad un sistema politico bipolare ed ad un "semipresidenzialismo alla francese".
Il dibattito sulla riforma delle istituzioni, ha aggiunto Tunis, impone la "riscoperta del significato della politica", intesa come amministrazione sana e responsabile della res pubblica. Impone anche la riforma del bicameralismo perfetto, un sistema economico basato sul mercato e la libera concorrenza, un'inflazione contenuta e su una moneta stabile; condizioni che devono portare il nostro paese al livello degli altri Stati europei più industrializzati, proprio per garantire quel processo di crescita civile e sociale per i quali si battono i rappresentanti del popolo.
A conclusione del suo intervento, Tunis. ha ribadito le perplessità che gli avevano fatto contestare la istituzione della Commissione speciale per la riforma dello Statuto, perchè lo stesso lavoro si sarebbe potuto fare nell'ambito della Prima Commissione, ma ha giudicato positivamente l'impegno profuso da tutti nell'affrontare un tema così difficile ed importante.

L'on. Biggio, (A.N.) ha svolto nel suo intervento alcune considerazioni che partivano dal federalismo per arrivare ad una critica serrata di quelli che, secondo il suo parere, sono i "regimi" che reggono le sorti dell'Italia e della Sardegna.
Tutti parlano di Federalismo, ha detto Biggio, ma pochi sanno che cosa in concreto rappresenti e come lo si debba definire. Il federalismo è una forma di organizzazione statuale che deve trovare il suo fondamento nell'esaltazione delle autonomie municipali per l'avvio di uno sviluppo complessivo ed integrato, ma quel federalismo che oggi è sulla bocca di tutti si riduce ad un'esasperazione del centralismo regionale. Anche il federalismo fiscale, fondato sul principio che il gettito di una regione deve ritornare a quella regione, è chiaramente incompatibile con il principio dell'equa redistribuzione delle risorse.
Per Biggio il federalismo può garantire l'organizzazione dello Stato soltanto se accompagnato dall'elezione diretta del vertice dell'esecutivo. Non sono possibili, a scanso di condurre il Paese al disfacimento, due sovranità, quella dello Stato e quella delle Regioni. E' dunque necessario, che si varino delle serie politiche di sviluppo economico e sociale inserite in un articolato progetto federalista. Soltanto con il riequilibrio della cultura dominante può avere un senso parlare oggi di federalismo.

 


I lavori del Consiglio proseguiranno domani alle ore 9,30

 

Alla pagina delle sedute dell'Assemblea