Seduta n.7 del 01/04/2009
VII Seduta
(ANTIMERIDIANA)
Mercoledì 1° aprile 2009
Presidenza della Presidente LOMBARDO
INDICE
La seduta è aperta alle ore 10 e 28.
CHERCHI, Segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 19 marzo 2009 (1), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Paolo Dessì, Giampaolo Diana, Gavino Manca, Efisio Planetta e Pierpaolo Vargiu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 1° aprile 2009.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione.
E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Signori Presidenti, consiglieri, Assessori, mi sono chiesto, in questi giorni, che cosa si aspetta il Presidente della Regione dai nostri interventi, cosa si aspetta dal dibattito sulle dichiarazioni programmatiche. Mi sono chiesto se le dichiarazioni programmatiche e il dibattito siano soltanto passaggi formali, obbligatori, in base alla legge statutaria, e se l'agenda dell'attività legislativa e amministrativa non sarà invece dettata dalle tante emergenze che ci troveremo ad affrontare. Le linee programmatiche, arricchite dalle idee e dalle proposte che arrivano dal Consiglio, potranno rappresentare realmente la rotta per i prossimi cinque anni di governo? Nella mia personale esperienza, la più grande soddisfazione nel ricandidarmi alla carica di sindaco è stata quella di poter dire, a testa alta, agli elettori: ho realizzato per intero l'ambizioso programma che avevo presentato ai cittadini e al Consiglio. Il programma mi è servito come guida, mi è servito per evitare di farmi sopraffare dalla quotidianità dei problemi. Spero che anche lei, Presidente, si rapporti al suo programma in questo modo.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Cuccureddu. Onorevole Diana, onorevole La Spisa!
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Posso? Poi recupero questi due minuti, semmai.
Spero che anche lei, Presidente, si rapporti al suo programma in questo modo, che lo tenga nel primo cassetto della sua scrivania e ogni tanto gli dia uno sguardo. Servirà anche a lei per non farsi sopraffare dai problemi quotidiani e per mantenere sempre organicità e prospettiva strategica all'azione di governo e alla progettualità che metterà in campo. Mi auguro, signor Presidente, che lei possa arricchire il suo programma, che già contiene tanti spunti innovativi, con i diversi contributi interessanti che stanno emergendo dal dibattito, devo dire sia dalla maggioranza sia dall'opposizione, fatta naturalmente la tara di quel clima da campagna elettorale che in alcuni interventi ancora emerge. Dopo un risultato così netto, per la verità, mi aspettavo qualche analisi critica sugli errori commessi nei cinque anni passati, e invece ho sentito molti interventi trionfalistici, quasi che gli unici errori siano stati commessi dagli elettori sardi.
Non mi soffermerò ad analizzare nel dettaglio le sue dichiarazioni, che, le dico, e questo forse non la sorprenderà, condivido appieno e ho trovato apprezzabili anche dal punto di vista stilistico. L'emergenza occupazionale, la crisi economica e quella industriale sono la priorità assoluta e condivisa. Lo ha sottolineato ampiamente nella sua relazione ed è stato giustamente rimarcato in quasi tutti gli interventi in quest'Aula. Posso aggiungerle che in tanti anni di attività amministrativa non mi era mai capitato, come è avvenuto lunedì scorso, che un muratore cinquantacinquenne venisse a chiedermi, piangendo, di trovargli qualche giornata di lavoro, anche in nero. Questo fatto, più di ogni altro, mi ha dato il senso di una crisi che ormai ha investito l'intero territorio regionale.
Fatta questa premessa cercherò, invece, di concentrare l'attenzione solo su tre argomenti, quelli a cui tengo maggiormente. Se poi resterà il tempo dirò qualcosa anche su trasporti e mobilità, su alcuni elementi che, a mio avviso, dovrebbe contenere il Piano strategico del turismo, del quale si parla nella sua relazione, ma anche sulla visione strategica, sul pensare in grande, sulla trasformazione degli atavici punti di debolezza, quale l'insularità, in veri punti di forza. I tre argomenti che cercherò di trattare nel tempo che mi resta sono: il metodo, un nuovo modo di fare politica e di governare le istituzioni in Sardegna; il ruolo delle città e delle autonomie locali, il federalismo interno e le riforme e il ruolo della Sardegna nel contesto nazionale e mediterraneo.
Il metodo: premesso che se non ci fosse stato il Governo precedente, il Governo Soru, forse non sarebbe stato necessario questo ampio capitolo nelle sue dichiarazioni, ma proprio il metodo deve rappresentare, a mio avviso, la discontinuità con il passato. Signor Presidente, a proposito della forma di governo democratico, lei ha citato appropriatamente Churchill. Sul rapporto tra forma e contenuto, tra metodo e azione si sono confrontati, da Platone in poi, quasi tutti i filosofi, specie quelli del diritto. Bene ha fatto a sottolineare che il metodo, nel suo programma, assume valenza almeno analoga a quella dei contenuti. In politica e nella vita delle istituzioni democratiche la forma assume, sempre e comunque valore sostanziale. Così, se in altri contesti, nei rapporti personali, in quelli lavorativi, in quelli familiari, le forme sono soprattutto sinonimo di educazione, quando invece definiscono e regolano rapporti istituzionali, tra persone investite di responsabilità pubbliche, la forma rappresenta il corretto esercizio della democrazia.
Trovo giusto che abbia dedicato la prima parte del documento programmatico proprio alla forma, al metodo di governo che intende attuare nel prossimo quinquennio. La precondizione per poter dispiegare con efficacia la sua azione politica, amministrativa e legislativa, sarà quella di dare la corretta interpretazione al ruolo degli organi regionali. Cercherò, nel mio intervento, di non fare troppi riferimenti alle esperienze di governo del passato, però non si può non sottolineare come le diverse Giunte Palomba prima e quelle del centrodestra nella legislatura successiva siano state caratterizzate da un'intrinseca debolezza dell'organo esecutivo rispetto al Consiglio e, invece, con l'elezione diretta del Presidente della Regione ci sia stato un ribaltamento della situazione e una compressione del ruolo degli organi collegiali - Giunta e Consiglio - a favore del Presidente, anche per il potere a questo attribuito di sciogliere l'Assemblea legislativa, potere che, in effetti, alla prima occasione è stato concretamente esercitato. E così, per la prima volta nei suoi sessant'anni di storia, il Consiglio regionale non è arrivato alla conclusione naturale della legislatura. Non voglio entrare nel merito e analizzare se la causa sia stata l'impossibilità reale di legiferare o se, invece, alla base ci siano stati calcoli politici o elettorali; in quest'ultimo caso possiamo, però, dire che si è trattato sicuramente di calcoli imprecisi, quantomeno imprecisi.
Grava soprattutto su di lei, presidente Cappellacci, certo anche sul presidente Lombardo - Claudia Lombardo, naturalmente; quando parlo del presidente Lombardo a volte penso anche ad altri -, la responsabilità di ristabilire il giusto equilibrio fra i tre organi ed evitare che il Consiglio e il Presidente (è oggettivamente più difficile che possa farlo la Giunta) possano tentare di affievolire le prerogative e le funzioni l'uno dell'altro. Se questo sarà il suo metodo, se saprà rapportarsi, come mi pare peraltro sia nel suo carattere, con rispetto nei confronti dell'Assemblea legislativa, dei Gruppi e dei singoli consiglieri, sono certo che troverà sempre il sostegno di cui necessita per perseguire il comune obiettivo, che è quello di creare opportunità di crescita e di sviluppo per la Sardegna, al fine di garantire migliori condizioni di vita per i sardi. Apprezzo che abbia scelto e dichiarato di volersi affidare al metodo dell'ascolto, del confronto e della concertazione con le altre autonomie, siano esse territoriali, universitarie o scolastiche, con le forze sociali, con quelle sindacali, insomma con tutte le energie vive della società sarda, che potranno senz'altro darle un prezioso contributo.
Sarà faticoso, Presidente, ma non ceda mai alle sirene del metodo dell'efficientismo che vorranno spingerla a sottrarre tempo al suo metodo concertativo per destinarlo alla produzione di atti e delibere. La trasformazione dell'attività di governo in "deliberificio" porta all'isolamento, a perdere contatto con i problemi, alla presunzione di conoscere già tutto e di avere, per ogni problema, pronta la soluzione. Sempre a proposito di metodo, dovrà ristabilire i corretti rapporti fra organi politici e apparato amministrativo, creando una cesura netta tra le funzioni di programmazione e quelle gestionali, che devono tornare a essere prerogativa assoluta dell'apparato amministrativo. Solo questo consentirà ai cittadini di tornare a guardare con imparzialità l'attività amministrativa, consentirà ai sardi di avere certezza del diritto.
Sul ruolo delle città, delle autonomie locali e del federalismo ho cercato sempre, con umiltà, devo dire, di attuare concretamente alcune delle grandi intuizioni di Giorgio La Pira, che dopo cinquant'anni appaiono ancora assolutamente attuali, soprattutto relativamente al ruolo delle città, ai rapporti con gli altri livelli istituzionali e alla cooperazione fra le città nell'area mediterranea. Ho progettato e realizzato diverse reti di città: dalle città regie, dei cui contributi oggi beneficia anche il comune di Cagliari, che prima non era proprio entusiasta di farne parte, alle cattedrali di Sardegna, alle città storiche del Mediterraneo, al Village Terraneo, ai borghi più belli d'Italia, alla rete dei porti e così via. Poi, due settimane prima della scadenza fissata per la presentazione delle liste regionali, da sindaco, espressione di una lista civica e impossibilitato a ricandidarmi per la terza volta alla guida della mia città, ho deciso di costruire una sorta di lista civica regionale collegata al Movimento per le autonomie. L'obiettivo è stato quello di creare un contenitore nel quale anche chi fosse espressione di liste civiche, anche chi non volesse appartenere a un partito tradizionale, ma si identificasse con una precisa area politica, quella liberaldemocratica e autonomista, potesse avere accesso alle istituzioni, a quella regionale e, magari, un domani anche quella statale, portando le esperienze di chi ha realizzato modelli innovativi ed efficienti di governo locale. Questa premessa per dire quanto il tema delle città, dei comuni e delle autonomie sia importante per me è per il Movimento che rappresento.
Ho apprezzato particolarmente la responsabilità e il ruolo di protagonisti che intende riconoscere agli amministratori locali, che svolgono una vera attività di volontariato, prima ancora che politica e amministrativa. Il comuni costituiscono il front office per ogni problema dei cittadini, più che mai in questa situazione di crisi. Il comune è il luogo nel quale si rinnova quotidianamente il metodo democratico, è luogo in cui viene costantemente sottoposto a verifica il rapporto fiduciario fra eletto ed elettore, ed è il luogo nel quale immediatamente si riscontra l'efficienza di un'amministrazione e l'efficacia dei suoi atti e della sua azione; è anche il luogo nel quale è necessario avere strumenti adeguati per dare risposte immediate. E' giusto, come dice la sua relazione, dare la massima fiducia ai comuni e ai sindaci, restituendo loro il diritto di programmare il proprio territorio e coinvolgendoli realmente nelle scelte, non in maniera formale o con finte copianificazioni; è necessario stimolarli alla responsabilità di progettare e realizzare il proprio modello di sviluppo locale. Il fatto che nella precedente legislatura sia stato costituito il Fondo unico per gli enti locali, peraltro si è trattato di un aggiornamento della legge Lorettu, la legge numero 25 del 1993, non attenua l'anacronistico centralismo regionale manifestatosi in maniera evidente nelle vicende legate alla fiscalità creativa in materia di turismo o all'urbanistica dal PPR, tanto per fare qualche esempio. Concordo pienamente sulla necessità di adeguare le politiche alle diverse funzioni che svolgono le città, i comuni, i territori rurali piuttosto che i borghi marini; tutti hanno diritto naturalmente alla pari dignità, ma non si possono confondere i diversi ruoli e le diverse funzioni. Proprio La Pira fa una distinzione precisa fra città, comuni e territori e fra le funzioni di ciascuno, così se nel Medioevo i caratteri distintivi delle città erano essenzialmente il possesso di un corpus organico di norme di un sistema di governo e di una cinta muraria, oggi le città si distinguono dai comuni per uno specifico riconoscimento legale, ai sensi dell'ordinamento sugli enti locali, ma, al di là del titolo giuridicamente rilevante, sono definibili città quegli aggregati urbani capaci di fornire servizi a valenza quanto meno distrettuale, di essere il punto di riferimento per lo sviluppo di un territorio. Le città, a mio avviso, sono il modello di democrazia a cui ispirarsi; è un modello che vanta un millennio di storia e di condivisione di regole, di autogoverno, al contrario della nostra autonomia regionale che ha soltanto sessant'anni, di quella delle Regioni a statuto ordinario che ne hanno meno di quaranta e dello Stato che, almeno nella forma risorgimentale, non ha più di un secolo e mezzo di storia. Quello delle città, peraltro, è un modello che si rinnova e che oggi, anticipando la Regione e altre istituzioni, ha messo in campo un processo democratico di condivisione dal basso degli obiettivi di lungo termine, quale la pianificazione strategica.
E allora, le città, anche quelle sarde, prima col soffocante centralismo statale e poi con quello non meno asfissiante della Regione, hanno visto via via inaridirsi i rapporti culturali, economici e commerciali che per secoli avevano intrattenuto con le altre città del Mediterraneo. Queste città, oggi, devono riappropriarsi di quel ruolo propulsivo che la storia ha loro assegnato. L'Unione Europea ci spinge a rompere quel radiocentrismo relazionale che ha portato i comuni sardi a dialogare soltanto con la Regione o al più con lo Stato e promuove la ricerca di solide partnership internazionali; spinge, insomma, alla competizione. Se nel Medioevo, come dicevo, i caratteri distintivi erano le norme e la cinta d'area, oggi le città, e in particolare le aree metropolitane, si caratterizzano per la capacità di sviluppare eccellenze, di competere con le altre città nel Mediterraneo, in Europa, nel mondo, in tutti i settori, da quello culturale e a quello artistico, a quello universitario, sanitario, fieristico, economico, scientifico, architettonico, turistico, eccetera. Avrà notato, Presidente, che uso il plurale quando parlo di città e di aree metropolitane della Sardegna; non c'è solo Cagliari.
La Regione, a mio avviso, deve favorire questo processo volto a liberare le tante energie che nelle città esistono; deve favorire l'emancipazione delle città dalla Regione e deve, però, trovarsi al fianco delle città nella competizione mediterranea e globale. Certo, questo ruolo delle città, dei contesti urbani, la loro capacità di generare sviluppo avrà un effetto diffusivo, ne sono convinto anch'io, sia nei comuni che nel territorio, che deve, però, dotarsi comunque di propri sostenibili modelli di sviluppo locale, integrati e sinergici con quelli delle città e con il modello regionale. E allora, come rendere partecipi i comuni delle politiche regionali? Come renderli protagonisti della progettazione del proprio sviluppo? Come dargli la dignità di istituzioni pari ordinate allo Stato e alla Regione che la riforma costituzionale gli ha assegnato? Sicuramente un primo passo, come enunciato nella sua relazione, è la riforma del ruolo e delle funzioni del Consiglio delle autonomie. Non so, Presidente, se si riuscirà a realizzarla in cento giorni, ma se ne occorressero duecento non sarebbe certo uno scandalo. Credo, però, che nel definire il ruolo dei comuni non si possa prescindere dal ridefinire il ruolo della Regione nei rapporti con lo Stato alla luce della riforma federale, a cui dovrà accompagnarsi un federalismo interno. Sarà necessario anche capire, in questa fase, quale ruolo debbano svolgere le province, se ancora un ruolo dovranno avere. In quest'ottica il Consiglio delle autonomie può diventare, in analogia al senato federale delle Regioni, quella sorta di seconda camera a cui affidare le competenze su quelle materie che più direttamente attengono alle funzioni degli enti locali, sulle riforme e il ruolo della Regione nel contesto nazionale e mediterraneo.
Ho seguito in quest'Aula alcuni interventi sul tema delle riforme, tra questi mi ha particolarmente interessato l'analisi storico-politica dell'onorevole Steri, anche se non ne condivido le conclusioni, e cioè la necessità di riattivare una nuova stagione di politiche contestative, di dettoriana memoria, nei confronti dello Stato. Alla fine degli anni Sessanta, con uno Stato fortemente centralista, per ottenere il rispetto degli impegni costituzionalmente assunti con l'approvazione del nostro Statuto regionale era necessario attivare quel genere di politica, ma nella fase nella quale oggi ci troviamo, di riscrittura dell'architettura istituzionale dello Stato italiano, con il passaggio a un sistema federalista, più che la contestazione è necessaria la proposta. Certo, mai dobbiamo dare l'impressione di subalternità. Dobbiamo riscrivere il patto federale con lo Stato, dobbiamo contribuire a riempire di contenuti la legge delega sul federalismo fiscale e, a mio avviso, anche nel caso in cui la legge statutaria dovesse superare indenne l'esame presso la Corte costituzionale, è necessario mettere mano alla forma di governo interno della Regione Sardegna e disciplinare in maniera più efficace il rapporto tra Regione e comuni e fra Regione e cittadini, il cosiddetto federalismo interno.
La storia ci insegna, però, che i poteri raramente si autoriformano e quasi mai si autolimitano. Pertanto, se realmente si vuole intervenire in profondità, è necessario affidare tale riforma a un organismo eletto dai sardi soltanto per svolgere quella funzione, cioè l'Assemblea costituente. In questo caso più che mai la forma assume valenza sostanziale. Tutti i sardi devono essere coinvolti nella redazione di una riforma che dovrà fondarsi sul principio del vero federalismo, e quindi della partecipazione delle Regioni alle grandi scelte del Governo centrale e, analogamente, della partecipazione degli enti locali alle decisioni più importanti della Regione. Solo basandosi su questi principi si potrà parlare di federalismo, altrimenti si rimarrà nell'alveo del decentramento di funzioni, più o meno settoriali e dell'attribuzione delle relative risorse. Una modalità potrà essere quella del senato delle Regioni, sul modello del Bundesrat tedesco, e parallelamente, come dicevo, di una sorta di seconda camera regionale, che potrà essere o meno costituita dal riformato Consiglio delle autonomie. La Sardegna dovrà, a mio avviso, svolgere quindi un ruolo propositivo e propulsivo fra le Regioni a Statuto speciale, aprendo rapidamente la strada delle riforme attraverso l'Assemblea costituente, che riscriverà il nuovo Statuto di autonomia che potrà, poi, essere approvato o respinto dal Parlamento nazionale, ma certamente non emendato, in quanto frutto di una specifica delega assegnata dal popolo sardo.
Ma la nostra Isola dovrà svolgere un ruolo importante anche in ambito mediterraneo. Dovrà essere sfruttata al meglio l'occasione fornita dal fatto che alla Regione Sardegna è stata attribuita, e questo risultato va sicuramente riconosciuto al precedente Governo regionale, la funzione di autorità di gestione dell'ENPI, il programma di vicinato europeo. Prima che i ritardi nell'avvio del programma trasformino la grande opportunità in boomerang, è necessario completare rapidamente la pianta organica dei dirigenti (mi pare che solo due, uno interno e uno a contratto, siano oggi i posti coperti) e dei funzionari per promuovere un lancio del progetto, un lancio in grande stile, magari riunendo in Sardegna i leader delle isole e dei paesi transfrontalieri sia della riva sud che della riva nord del Mediterraneo. E' opportuno proporre loro progetti di cooperazione decentrata sui temi della pace e dello sviluppo, in vista dell'allargamento dell'area di libero scambio.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cuccureddu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.
SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente, signore e signori della Giunta, in premessa vorrei formulare, è doveroso, gli auguri non formali a nome mio personale e del Gruppo dell'Italia dei Valori a lei, signora Presidente, e a tutto il Consiglio regionale. Salutiamo con la sua elezione la rottura, come dire, di un blocco dell'accesso delle donne alle più alte cariche del parlamento della Sardegna, che non può, e noi ci associamo in questa definizione, che definirsi storica. Quindi i nostri auguri più sinceri per la sua presidenza, che già dalle sue dichiarazioni e dai suoi primi comportamenti pensiamo di poter dire si muova nel senso dell'ascolto e del coinvolgimento di tutte le parti politiche presenti in Consiglio. E noi non abbiamo dubbi che ella, signora Presidente, voglia continuare con questo atteggiamento.
Esprimo un rammarico politico da parte del Gruppo dell'Italia dei Valori, e cioè che l'opposizione o la minoranza o la coalizione di minoranza presente in questo Consiglio non abbia saputo cogliere l'esempio. Lo devo dire, non voglio entrare nel merito del giudizio degli altri partiti della coalizione, ma io penso che per l'attenzione che la coalizione di centrosinistra ha sempre dedicato al problema della condizione femminile e della parità di genere tra uomo e donna, anche il centrosinistra avrebbe dovuto dare un segnale in questo senso. Abbiamo perso questa occasione, ma non dispero che potremo recuperare nei prossimi nostri atti.
Inizio, quindi, con gli auguri non formali, ma sicuramente sinceri per un buon lavoro di tutto il Consiglio, perché il buon lavoro di tutto il Consiglio è foriero di buoni risultati per il popolo sardo, di cui noi siamo qui rappresentanti e che vogliamo continuare a rappresentare.
Presidente Cappellacci, relativamente alle sue dichiarazioni programmatiche, che sono state arricchite particolarmente dal dibattito, dagli atteggiamenti, anche dal modo di porsi in questa discussione sia della maggioranza sia dell'opposizione consiliare, mi permetto di abbandonare il discorso scritto e di parlarle, così, con molta franchezza, con il cuore, per il mio dovere di rappresentante del popolo. Ebbene devo dirle, con molta franchezza e anche con molto rispetto, che le sue dichiarazioni programmatiche sono lontane da quelle che noi riteniamo essere le dichiarazioni programmatiche propriamente intese. Noi intendiamo le dichiarazioni programmatiche - io mi rifaccio alla mia esperienza da sindaco e da assessore provinciale - come una compiuta definizione del quadro entro cui una maggioranza si vuole muovere; un quadro di priorità ben definite, un quadro di selezione dei valori, con un'idea del progetto che nel quinquennio di governo si vuole dare non solo ai propri elettori, ma a tutta la Sardegna, che lo aspetta da noi, dalla maggioranza di governo, che siete voi, e dalla opposizione di governo, che siamo noi. Noi ci riteniamo, infatti, un'opposizione di governo e nel nostro ruolo di opposizione vogliamo utilizzare tutti gli spazi che la democrazia ci offre per svolgere azione di governo. La nostra non sarà una opposizione sterile, come si dice nel gioco delle parti politiche, che ormai ha stufato e non interessa più ai cittadini. La nostra sarà un'opposizione di governo con proposte che tenderanno a modificare quelle che noi riteniamo delle indicazioni sbagliate e che si vedono già nei primi atti di governo che questa Giunta ha portato avanti, e poi, se ne avrò il tempo, lo definirò meglio.
Non entrerò nel merito delle singole proposte; mi piacerebbe molto discutere della bozza di DAPEF, il Documento annuale di programmazione economica e finanziaria, che ho avuto modo di leggere ieri sera e che contiene alcuni elementi molto interessanti, ma purtroppo me ne manca il tempo e quindi non mi soffermerò neanche su questo argomento. Quello che mi sembra interessante dire, signor Presidente, è che nelle sue dichiarazioni programmatiche manca un elemento che forse è ancora condizionato dagli slogan elettorali. Se posso fare un'affermazione che può sembrare di parte, ho la sensazione che noi dell'opposizione abbiamo già metabolizzato la sconfitta e stiamo ragionando da opposizione, mentre la maggioranza - da alcuni accenti che ho sentito nei troppo numerosi interventi di suoi esponenti - parla ancora come opposizione, rivangando forse il passato e dando tutta una serie di testimonianze di una campagna elettorale da cui bisogna velocemente uscire.
Nel merito, signor Presidente, io sono anche d'accordo sulle analisi che avete fatto sulla nostra sconfitta, ma fatecele fare a noi. Noi non abbiamo fatto analisi sulla vostra vittoria e io posso dire semplicemente - lo dico tra parentesi, velocemente - che la vostra vittoria è assolutamente ineccepibile e inconfutabile dal punto di vista democratico. Ma se andiamo a vedere come viene condizionata e influenzata la democrazia in questo momento storico, non potete negare che la vostra vittoria sia stata ampiamente condizionata da alcuni poteri esterni, che dovrebbero essere neutrali e che invece hanno giocato abbondantemente a vostro favore. Per dirla in termini economici, i titoli tossici non hanno inquinato solo le azioni e i movimenti finanziari nel mondo; i "titoli tossici", in Sardegna, quelli di alcuni giornali e televisioni, hanno determinato, per quattro anni e mezzo, un'influenza sull'opinione pubblica che voi sapete meglio di me quanto pesi in questo momento.
(Interruzioni)
PRESIDENTE. Colleghi, onorevole Rassu! Grazie.
SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, io non perdo il filo, ma vorrei non perdere minuti.
PRESIDENTE. Viene scomputato questo tempo, le assicuro che non perde nulla.
SALIS (I.d.V.). Scusate, ma perché vi offendete? Se mi interrompete, mi costringete a parlare in modo ancora più chiaro. Io sto dicendo cose concrete. La democrazia viene influenzata concretamente dalla detenzione dei poteri dei mezzi di informazione. Questo non lo potete negare.
PRESIDENTE. Onorevole Salis, si rivolga alla Presidenza. Onorevole Rassu, per cortesia!
Onorevole Salis, lei si deve rivolgere alla Presidenza e non deve interloquire con i colleghi. Pregherei i colleghi di far proseguire l'onorevole Salis. Grazie
SALIS (I.d.V.). L'onorevole Rassu ha un timbro di voce potente!
PRESIDENTE. Onorevole Salis, prosegua. Grazie.
SALIS (I.d.V.). Se stanno zitti! Signora Presidente, mi rivolgo a lei: quando mai si è visto, in una nazione democratica, che a sei mesi dalle elezioni il Presidente del Consiglio dei Ministri guidi il corteo papale durante la visita del Papa, come è successo a Cagliari? Dove si è visto? Dove si è visto che il Presidente del Consiglio, che dalla Costituzione è votato all'imparzialità, perché anche lui dovrebbe essere il Presidente di tutti, così come il presidente Cappellacci…
PRESIDENTE. Onorevole Salis, si attenga all'ordine del giorno e all'argomento in discussione.
SALIS (I.d.V.). E' l'ordine del giorno, Presidente.
PRESIDENTE. La invito a ritornare sull'argomento, la prego.
SALIS (I.d.V.). Presidente, è l'ordine del giorno!
PRESIDENTE. Non è in discussione la visita del Papa, la prego, onorevole Salis.
RASSU (P.d.L.). Intervieni sulle dichiarazioni programmatiche.
SALIS (I.d.V.). No, è in discussione la visita del Papa!
RASSU (P.d.L.). Il Papa non c'entra niente!
SALIS (I.d.V.). Come, cosa c'entra? C'entra, eccome! C'entra l'uso che ne avete fatto voi della visita del Papa, non il Papa.
PRESIDENTE. Onorevole Salis, le ho già detto di rivolgersi alla Presidenza e non ai colleghi, per cortesia. Ho già chiesto ai colleghi di consentirle di svolgere il suo intervento.
SALIS (I.d.V.). Presidente, si rivolga ai colleghi indisciplinati, per favore.
TOCCO (P.d.L.). Devi parlare sulle dichiarazioni, non c'entra il Papa!
ARTIZZU (P.d.L.). Rivolgiti alla Santa Sede!
PRESIDENTE. Onorevole Tocco, per cortesia! Chi voleva intervenire poteva farlo iscrivendosi nel corso della discussione generale. Consentite all'onorevole Salis di proseguire nel suo intervento. Grazie.
SALIS (I.d.V.). Presidente, grazie. Evidentemente ho toccato un nervo molto sensibile e scoperto, e quindi io continuo.
Badi, signor Presidente - e non è necessario richiamare Montesquieu, che non è, onorevole colleghi, un giocatore del Paris Saint-Germain -, che la divisione dei poteri in democrazia, e in questa democrazia in particolare, inizialmente, nell'Ottocento era fondata, onorevole Pittalis, su tre poteri distinti e divisi: il potere legislativo…
ARTIZZU (P.d.L.). Ma ita ses narendi!
SALIS (I.d.V.). Artizzu, lei non mi vedrà mai venire in Consiglio con due buste dell'immondezza e con la telecamera al seguito, però non le permetto di levarmi il diritto di parlare. Va bene?
Dicevo che vi erano il potere legislativo, che è quello del Consiglio regionale e delle Camere, il potere esecutivo, che è quello della Giunta regionale e del Governo nazionale, e il potere giudiziario. Questo nell'Ottocento. Nell'era moderna si sono aggiunti il quarto potere, quello della stampa, e ultimamente il quinto potere, quello delle televisioni. Sta nascendo anche un sesto potere, libero, molto più libero di quello della stampa e delle televisioni, e cioè Internet, uno strumento democratico potentissimo per il trasferimento di nozioni, conoscenze, per gli scambi culturali, economici, per tutto quello che vogliamo, che soprattutto i regimi antidemocratici, parlo della Cina e di altri regimi, stanno cercando di bloccare in tutti i modi, perché hanno capito che questi sono i veri strumenti che possono condizionare la democrazia.
Allora, non scandalizzatevi se noi diciamo che abbiamo subito una sconfitta perché, oltre alle nostre divisioni di quattro anni e mezzo, che ne sono forse la causa principale, hanno pesato importanti interventi estranei alla logica della politica. Così come ha pesato, lo voglio dire, lo spettacolo dato dai vescovi con il saluto al presidente Berlusconi in ogni provincia in cui lui arrivava. Ma per carità, per carità! Mancava solamente che ci avesse portato le biglie di cristallo o gli specchietti e saremmo tornati indietro di almeno quattrocento anni!
Allora, questo è il dato, che però è ormai acquisito. D'altronde lei, onorevole Cappellacci, il debito nei confronti di questi poteri l'ha già pagato. Lei è talmente sicuro di quello che sto dicendo io, della verità che sto dicendo io, che ha portato in Consiglio, includendole nel listino, una bravissima giornalista e un'imprenditrice, che io non conosco, ma mi si dice sia legata all'editoria. Anche per quanto riguarda l'editoria, se andiamo a vedere, qual è il problema della nostra democrazia? L'editoria in Italia non è pura come negli altri Paesi. In America, in Inghilterra, in Francia, gli editori sono editori e basta. In Italia…
PITTALIS (P.d.L.). Anche quelli dell'Unità!
SALIS (I.d.V.). Questi non sono bravi, quelli che interrompono e non lasciano parlare!
PRESIDENTE. Onorevole Salis, le ho già detto che lei si deve rivolgere alla Presidenza. Per cortesia! Grazie.
SALIS (I.d.V.). Ha ragione. Scusatemi, però non mi potete interrompere! Io ho sentito parlare di Brenno, del vae victis di Brenno da un autorevole avvocato dell'opposizione, ho sentito dire: "Non faremo prigionieri di Previti". Brenno e Previti, come voi sapete, sono due barbari che in epoche diverse hanno saccheggiato Roma. In epoche diverse!
Voglio dire, signor Presidente, che noi siamo qui per difendere le nostre idee, e la mia idea, come rappresentante dell'Italia dei Valori, è questa: noi siamo all'opposizione del Governo Berlusconi, che sta assumendo su di sé tutti e cinque i poteri. Tutti! Li ha assunti tutti, perché il Parlamento non sta più legiferando, perché il Governo attuale sta andando avanti per decreti! Decreti che vengono convertiti in legge dal Parlamento, che sta solo votando decreti del Governo! La magistratura è sotto attacco da sempre. Da sempre! Non diciamo, poi, quante televisioni e quanti giornali possiede Berlusconi! Quindi il Presidente del Consiglio sta accentrando tutto su di sé e poi va a dire, nel congresso costitutivo del P.d.L., a cui tutti voi avete partecipato e da cui siete usciti come "missionari della libertà", che vuole ancora più poteri! Ma di fronte a questo non ci preoccupiamo? Io ve lo chiedo come persona e non come rappresentante di partito: ma non vi preoccupa questo accentramento di poteri?
STOCHINO (P.d.L.). Parla delle dichiarazioni programmatiche! Stiamo parlando di quello, non del congresso del P.d.L.!
SALIS (I.d.V.). Voi, e mi riferisco solo ai consiglieri uscenti e riconfermati, che avete parlato sempre di "uomo solo al comando", che vi siete stracciati le vesti e avete fatto una campagna elettorale dicendo che il presidente Soru comandava tutto, faceva tutto lui, poi andate ad applaudire un uomo che è la quintessenza dell'accentramento del potere nel mondo! Non in Italia, nel mondo! Ma allora che tipo di responsabilità avete nel proporre queste cose?
Mi avete fatto scaldare e ho perso tempo. Non volevo trattare questi argomenti, non mi interrompete più, per favore! Democrazia, signor Presidente...
CONTU (P.d.L.). Non sia mai! Dovresti cambiare tema!
SALIS (I.d.V.). Onorevole Contu, lei dovrebbe stare attento. Lei proviene da un'area rurale, come me, non è un cittadino, quindi dovrebbe stare attento al fatto che la città - tornando a un dibattito politico di trent'anni fa - sta riassumendo il suo ruolo o si tenta di ridarle un ruolo predominante. Questo è un problema che dovrebbe porla in allarme, perché, per esempio, parlare di ruolo determinante delle città vuol dire che le città non diventano luogo di trasferimento di poteri e di potenzialità verso l'esterno, diventano bensì luogo di accentramento. Le faccio, onorevole Contu, l'esempio della metropolitana leggera di superficie. Io e lei ci siamo impegnati in un progetto che il presidente Soru e la Giunta hanno portato avanti, ed è un progetto strategico, su cui non si dice neanche mezza parola nelle dichiarazioni programmatiche del presidente Cappellacci. Ho visto che ieri l'Assessore dei trasporti ha, giustamente, fatto una conferenza stampa, in cui ha preannunciato la realizzazione di un progetto che prevede un notevolissimo accorciamento dei tempi di trasferimento da Cagliari a Sassari. Questo fa parte della politica dei trasporti posta in essere dal presidente Soru, dalla sua Giunta e dalla coalizione di centrosinistra. Ma il CIPE, cari colleghi, ha cancellato i fondi per la SS Sassari-Olbia, un progetto strategico per tutta la regione, anche per me che sono di Settimo San Pietro e che posso avere la necessità di recarmi a Olbia, e ha invece finanziato - e questo è passato sotto silenzio - lo studio di fattibilità della metropolitana interrata di Cagliari, il progetto tanto voluto e desiderato dal sindaco Floris. Questo vuol dire, signor Presidente, che quel progetto sarà come un buco nero e assorbirà tutte le risorse che potrebbero invece essere destinate alla progettazione di una metropolitana di superficie che deve servire tutto l'hinterland di Cagliari, in base a un ragionamento da area metropolitana, non da città. Il concetto di città è superato, le cinte daziarie sono superate, presidente Cappellacci. Si parla di area urbana, non più di città! Se la Regione non parte da questa premessa stiamo sbagliando tutto! Stiamo sbagliando tutto, perché la città - e lo dico io che sono stato sindaco di un comune che sta a dieci chilometri da Cagliari - sta riversando sull'hinterland i suoi problemi e sta tenendo per sé i servizi pregiati, secondo un ragionamento egoistico.
Ma parliamo di quello che sta succedendo per la casa. Alla pagina 11 dell'edizione di avantieri di un quotidiano della Sardegna si legge: "Casa, il Governo stringe i tempi, centomila alloggi per i giovani". Nella pagina successiva: "Dalla Corte dei conti, finanziamenti mai spesi".
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Salis, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIACOMO (P.S.d.Az.). Proviamo a rasserenare il clima, Presidente, tanto c'è un settimo potere, che è quello di utilizzare i rimborsi elettorali per comprare appartamenti da affittare al proprio partito. Credo che questo sia l'elemento...
SALIS (I.d.V.). Questo è da denunciare!
SANNA GIACOMO (P.S.d.Az.). Lo denunciamo, lo stiamo denunciando!
PRESIDENTE. Onorevole Salis, per cortesia, consenta all'onorevole Sanna di fare il suo intervento.
SANNA GIACOMO (P.S.d.Az.). Signor Presidente, nelle sue dichiarazioni e in quelle della Presidente del Consiglio abbiamo registrato accorati riferimenti all'unità d'Italia. Per noi questo è un argomento delicato. Noi abbiamo giurato fedeltà a questa Costituzione e a questo Statuto, perché abbiamo scelto di modificare la realtà democraticamente, pacificamente e legalmente, quindi rispettando l'ordinamento giuridico. Però noi, signor Presidente, stiamo spendendo la nostra vita per vedere la Sardegna unita e indipendente. Noi viviamo per riprenderci quello che ci è stato tolto e l'unità d'Italia è la cornice che ha legalizzato questa privazione. Tenga conto, Presidente, di chi siamo. Lei ha a che fare con gente che si sente in battaglia, non certamente con gente accomodata, e anche quando vede i migliori di noi affidarsi alla prudenza sappia sempre che lo fanno perché, come tutti quelli che hanno la responsabilità del comando, sentono la responsabilità della battaglia che stanno conducendo. Non lo fanno certo perché si stanno omologando.
C'è nel sistema politico sardo un'estrema facilità nel dichiararsi sardisti; è l'effetto del sardismo diffuso, infausto termine che ha coperto la realtà del sardismo confuso. La cosa più ridicola è vedere questo sardismo da scaffali di supermercato, pronto all'uso, che utilizza categorie, immagini e slogan datati, vecchi ormai di vent'anni. E' un falso sardismo quello che accetta da Roma il perimetro entro cui svolgersi. E' il sardismo estetico, del vellutino, del salottino. E' il sardismo che piace all'estero perché è mascherato e innocuo. E' una versione locale delle correnti democratiche americane. E' un prodotto della borghesia benpensante anglosassone e delle sue appendici italiane, ma non è sardismo vero, perché gli manca la rottura con le oligarchie italiane, con le oligarchie finanziarie italiane, con le oligarchie bancarie europee e con le oligarchie politiche italiane.
L'onorevole Gian Valerio Sanna, nel suo intervento, ha ricordato il successo ottenuto con la vertenza sulle entrate. Noi lo riteniamo emblematico della subordinazione a cui porta l'autonomismo, perché nella stessa finanziaria, in cui il Governo Prodi riconosceva le nuove entrate alla Sardegna, veniva iscritto il diritto del Governo italiano di stabilire il tetto della spesa della Regione. Come dire: "Ti do i soldi, ma decido io quanti ne puoi spendere". In più, in quell'accordo, per la prima volta, veniva scritto nel nostro Statuto che i costi della continuità territoriale erano tutti a carico dei sardi, secondo il principio degli svantaggiati, per cui gli svantaggiati, appunto, si devono pagare lo svantaggio!
Questi sono i paradossi dell'autonomismo, del sardismo diffuso e confuso, da salotto, da ricchi snob. Ma dopo dodici anni il Partito Sardo d'Azione ritorna a essere forza di maggioranza e un partito di governo in questo Consiglio regionale. Il risultato arriva a conclusione di un percorso politico sofferto, a tratti difficile, sempre coerente e in ogni caso esaltante. Un percorso lungo il quale abbiamo dimostrato di saper fare sacrifici, di saper compiere rinunce, senza mai tradire il nostro patrimonio politico fatto di passione, valori, tradizione e amore per la Sardegna. Un percorso di libertà, rispettoso delle regole, della nostra convivenza interna, dei nostri deliberati congressuali, che qualcuno, a partire dalle elezioni politiche del 2001, si ostina a far finta di non comprendere e che, all'indomani delle ultime regionali, qualcuno pensa di poter liquidare revocando i fantasmi del ventennio, soltanto perché così è più facile evitare l'autocritica, anche quando le sconfitte hanno un nome, un cognome, sono pesanti e senza appello. Un percorso politico, il nostro, che è stato ben compreso dagli elettori, che lo scorso 15 febbraio, votando per i Quattro Mori, hanno consacrato la riaffermazione della libertà di scelta sardista, che oggi, come partito, rivendichiamo con orgoglio e soddisfazione: libertà di scelta dei nostri alleati, libertà di confronto sui programmi per la Sardegna e soprattutto una ritrovata autonomia del partito rispetto alle vecchie logiche di schieramento e ai logoranti debiti politici personali, il cui conto non poteva essere pagato all'infinito dalle nuove generazioni di sardisti. Per queste ragioni mi sento di ringraziare quanti, in questi dieci anni, hanno contribuito con il loro impegno a tenere alto il vessillo sardista e quanti, con la loro passione, hanno garantito al Partito Sardo d'Azione un futuro, combattendo ad armi impari una vera e propria battaglia di sopravvivenza politica. E' anche per merito di costoro se, oggi, per i sardisti si apre in Regione un nuovo capitolo della nostra gloriosa storia, se ci è possibile, cioè marcare il passo che segni una svolta non solamente per il nostro partito, ma soprattutto per la nostra Sardegna.
Noi siamo qui, come sempre lo siamo stati, con la nostra identità, per rafforzare la nostra diversità di sardi e la nostra unicità di popolo e vogliamo che il programma del Presidente, a partire dalle premesse, si traduca in atti concreti e azioni conseguenti. Vogliamo contribuire a fare della nostra diversità e della nostra unicità quel valore aggiunto, indispensabile per realizzare un vero e proprio progetto di riscatto per la nostra Isola. Abbiamo ben chiare le difficoltà del contesto e sono note le prove che attendono il Presidente, la Giunta e la stessa maggioranza, ma è altrettanto evidente quanto grande sia la consapevolezza della portata della sfida che abbiamo davanti e quanto importante sia saper dare ai sardi le risposte che meritano. La più urgente tra queste non è di tipo politico e neppure rappresenta una ricetta economica, attiene ai sentimenti, è semplicemente diretta, è la speranza. Questa maggioranza, questo Governo e il suo Presidente hanno l'obbligo di restituire ai sardi la speranza: la speranza in un futuro più libero e la speranza in una Sardegna più uguale e più giusta, perché in questi anni in Sardegna non si sono persi soltanto posti di lavoro, non si è perso solo qualche punto di PIL, non si è perduta soltanto la fiducia nella Regione, non si è smarrita solamente la via per lo sviluppo. In Sardegna, in questi anni, si è persa soprattutto la speranza, e non poteva essere altrimenti se chi avrebbe dovuto alimentarla preferiva il buio alla luce e il silenzio alla parola.
Noi dobbiamo ridare voce alla Sardegna, dobbiamo dimostrare di saperla ascoltare per valorizzare le sue migliori energie positive, dobbiamo spegnere la stagione della Regione contro tutti, quella stagione del contenzioso infinito che ha visto cittadini, imprese, comuni ed enti rivolgersi ai tribunali e ai giudici per vedere riconosciuti i diritti calpestati dalla stessa amministrazione regionale. Troppe volte in questi anni la Regione è stata controparte della stessa Sardegna e dei suoi stessi figli. E' quella Regione che non ci piace, è quella Regione che vogliamo cancellare, quella che dice: "Intanto vado avanti, se vuoi avere ragione cerca un avvocato e fai causa".
Al contrario, noi vogliamo una Regione che stia dalla parte dei sardi e non certo contro i sardi; vogliamo una Regione che sappia ascoltare e un Presidente che decida dimostrando di saper fare sintesi delle differenti opinioni altrui; vogliamo che il Consiglio regionale ritorni a essere uno spazio di mediazione nella disponibilità di tutti i sardi; vogliamo che la casa dei sardi ritorni a essere il luogo del confronto e della politica alta. Soltanto con una grande unità di popolo la Sardegna riuscirà a vincere le sfide dei mercati globalizzati e quelle delle competizioni politiche; le sfide che già bussano alla porta della nostra Isola e che, senza una grande conoscenza identitaria, rischiamo soltanto di subire. Il federalismo è soltanto l'ultimo esempio: il testo che disegna l'Italia federale è scritto a Roma, mentre a Cagliari lo Statuto speciale resta quello di sessant'anni fa.
La Regione, che per decenni è stata considerata la punta avanzata dell'autonomismo, è relegata, nei fatti, ai margini dei grandi processi riformatori che avanzano nella politica italiana. In tutti questi anni il massimo risultato prodotto in Sardegna sono state le diverse Commissioni speciali del Consiglio, una Consulta abortita e un surrogato di forma e sostanza che prende il nome di legge statutaria. Nel frattempo nessuna legge di riforma costituzionale proposta dai consigli regionali che si sono succeduti è mai approdata nell'aula del Senato o in quella della Camera. A onor del vero, nessun testo di rango costituzionale ha mai avuto l'onore di ricevere un voto finale neppure in una delle Commissioni parlamentari. Per questo diciamo che se il P.d.L. a Roma invoca una grande stagione costituente per ridisegnare l'architettura dello Stato, noi qui meritiamo la Costituente sarda, per riscrivere il nuovo patto tra la Sardegna, l'Italia e l'Europa, per ridisegnare, rafforzandoli, i nostri poteri di Regione speciale e riaffermare la nostra specificità nell'Italia federale.
Il rischio di vedere mortificate le nostre prerogative all'interno di uno Statuto ormai superato dai tempi, dalle norme e dalle necessità si fa sempre più reale e concreto, e riporre fiducia solo nelle iniziative che il Parlamento saprà intraprendere per la causa della Sardegna non allontana il pericolo, nonostante oggi la Sardegna registri una conquista storica, quella del riconoscimento dell'insularità, che certifica la straordinaria attenzione da parte del Governo per le necessità dell'Isola, piuttosto che rappresentare una reale conquista della politica sarda.
Noi vogliamo che lo spirito riformatore e quello propositivo riconquistino la politica sarda, vogliamo intraprendere un vero cammino costituente in Sardegna, vogliamo una grande mobilitazione di popolo per cambiare dal profondo la nostra Regione. E abbiamo motivo di credere che ci siano le condizioni politiche perché davvero questa legislatura che va a incominciare segni l'avvio della grande stagione costituente, come altri hanno richiamato. Un banco di prova per maggioranza e opposizione in Consiglio, ma soprattutto un'occasione per coinvolgere e riconquistare la fiducia del popolo sardo. Una prova di maturità per la politica e una cartina di tornasole per i politici sardi, un terreno di confronto per restituire credibilità ai partiti in Sardegna, sia a quelli rappresentati in quest'Aula sia a quelli che esistono fuori di qui e che solo i meccanismi della legge elettorale hanno estromesso dal "palazzo". Penso ai fratelli indipendentisti e agli amici socialisti, penso a quanti non si tireranno indietro davanti a un così grande appuntamento. E' questa la stagione partecipata di cambiamento e riforma, la grande scommessa del Partito Sardo d'Azione, che ritorna al governo della Sardegna. Interpretiamo in questo modo l'auspicio formulato dal Presidente di pensare in grande e di intraprendere un cammino di grande idealità e alta progettualità. In ogni caso, assicuriamo il nostro sostegno anche per le piccole e grandi questioni che attengono alla quotidianità dell'azione di governo. Non ci sfugge l'urgenza di misure straordinarie che aiutino le famiglie e le imprese a superare la congiuntura economica negativa e siano di sostegno a quanti rischiano il posto di lavoro, a Porto Torres come nel Sulcis o nel Nuorese. Allo stesso modo, siamo convinti che resti una priorità il superamento delle ragioni che relegano l'Isola al sottosviluppo. Energia, credito, trasporti e infrastrutture sono i settori dai quali dipende il futuro della nostra economia; ambiente, turismo e agricoltura quelli che rappresentano ancora le troppe occasioni mancate della politica sarda. E se è vero, come il Presidente afferma, che la Sardegna non ha bisogno di un Governo con una grande idea, i sardisti sono orgogliosi di far parte di una coalizione che dimostra di avere idee per fare grande una Sardegna.
Signor Presidente, nell'intervento che ha preceduto il mio qualcuno ha voluto parlare di titoli tossici, di vittoria condizionata. Ma siccome la matematica, come si suol dire, non è un'opinione, vorrei chiedere se sono titoli tossici l'8 per cento circa ottenuto alle elezioni dagli amici dell' U.D.C. e il 4 per cento e oltre ottenuto dal Partito Sardo d'Azione. E magari il 2 per cento e oltre del Partito socialista è anche quello un titolo tossico! Poi qualcuno tra quelli che hanno perso la battaglia elettorale provi a fare la somma e si dia la risposta.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente del Consiglio, voglio preliminarmente esprimerle il mio personale augurio di buon lavoro. I prossimi anni si annunciano particolarmente difficili per la società e l'economia della Sardegna e per questo il parlamento dei sardi sarà chiamato a svolgere compiti, se si può, ancora più rilevanti e decisivi di quelli svolti in altri pur intensi periodi della storia dell'autonomia. Per questo reputo la scelta del Consiglio di attribuire finalmente la più alta responsabilità a una donna, giovane di età, ma con consistente esperienza parlamentare, per le funzioni già ricoperte in quest'Aula, una scelta giusta.
Signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghe e colleghi, ho l'onore di parlare questa mattina perché sono stato eletto Presidente del Gruppo che raccoglie tutte le forze della sinistra presenti in Consiglio. I Comunisti, la Sinistra Sarda e i Rosso Mori sono una positiva costruzione plurale integralmente rispettosa delle singole soggettività politiche che la compongono e che vicendevolmente si riconoscono per i tratti comuni e per le differenze. E' il primo Gruppo interetnico e multiculturale della storia dell'autonomia, segno dei tempi che evolvono in positivo, nonostante le resistenze di chi propone modelli chiusi e pratiche conservatrici.
In questa seduta del Consiglio regionale, lo voglio dire, noto che c'è l'aria tipica non delle grandi occasioni, ma delle occasioni così così. E lo noto dall'atteggiamento dei colleghi, qualche volta dai contenuti degli interventi, ma anche dagli spalti pressoché deserti. Lo noto e me ne dispiaccio, perché questo non è un appuntamento formale. Lei non è venuto qua, signor Presidente, per fare dichiarazioni programmatiche vecchia maniera. Questo è un passo procedurale previsto dalla legge, ed esattamente dall'articolo 11 della legge statutaria. Lei viene qua per presentare il suo programma di governo e il suo Governo, perché fra due anni e mezzo deve rientrare qua e fare una relazione, dato che in una legge di questo ordinamento regionale sta scritto che il Consiglio regionale, oltre a tutti gli altri compiti (ne cito alcuni: il compito di fare il controllo, il compito di dare l'indirizzo politico, il compito di esercitare la vigilanza sugli organi di governo), ha anche il compito di verificare l'attuazione del programma. E allora, per verificare l'attuazione del programma ci vuole un programma che sia verificabile, e io lo dico perché avrei voluto di più. Da questo punto di vista non concordo sulle forme, noi siamo ancora legati alle vecchie ipotesi che non esistono più. Qualcuno veniva qua, perché era stato scelto non dal popolo, ma da una maggioranza consiliare, per raccontarci quali erano le sue intenzioni, anche sulla base delle indicazioni che aveva ricevuto dai Gruppi. Oggi no, oggi si fa un programma, ma bisognerebbe farlo meglio, lo dico per voi e per tutti noi, e soprattutto per i sardi; un programma in cui si dica: "Io devo fare questo, devo costruire una sede universitaria, un campus, ho deciso di finanziare le strutture sportive, voglio costruire una ferrovia, credo di poter sostenere l'economia dei comuni incrementando il Fondo unico da 500 milioni a 750 milioni, reperirò le risorse in questo modo". Cioè, bisogna avere un programma che sia, direi, quasi puntuale in ogni suo singolo aspetto, in modo tale che, dopo due anni e mezzo di governo, sia verificabile: "Guardate che le cose che dico sono queste e fra due anni e mezzo spuntiamo quelle fatte e quelle che sono ancora da fare. Aggiorniamo se la situazione evolve positivamente o negativamente, perché i bisogni sono questi".
La realtà è che oggi le istituzioni vivono una crisi profonda, e la vivono perché non svolgono la loro funzione, perché c'è una continua invasione del campo di questo o di quello, perché la politica si riduce a una sorta di battibecco indecoroso tra i suoi protagonisti solo per recuperare un trafiletto in un giornale, perché noi non facciamo il nostro dovere, che è quello di governare i processi, anche quelli che vedono condizioni di crisi, anche quelli che vedono un ansimare della società e dell'economia dietro miti o a causa del fallimento dei miti. Oggi siamo in crisi, in crisi economica, su tutti i giornali si legge: "Ah, ma io l'avevo detto prima", "Io l'avevo detto", "Eh, me lo ricordo!" Le cito una proposta che vorrei inserisse nel suo programma, perché non è vietato. E' vero che il programma lo si presenta agli elettori, però non è vietato integrarlo con qualche soluzione intelligente, e io ne ho una da circa dieci anni: si chiama reddito di cittadinanza, contrasto alla povertà, fondo regionale di solidarietà sociale, che si alimenta con contributi pubblici e privati e che ha una modalità di inclusione. Cioè non è un sussidio, non è un'elemosina, ma è uno strumento attraverso il quale sostenere la formazione e l'educazione permanente; è uno strumento attraverso il quale sostenere attività lavorative anche socialmente utili, anche pubblicamente utili. Noi questa soluzione ce l'abbiamo da dieci anni perché avevamo detto che bisognava contrastare la povertà. E quando le ho sentito dire, Presidente, nelle sue prime dichiarazioni: "Il nostro compito principale è il lavoro che contrasta la povertà", io ho pensato che questa volta, finalmente, il Consiglio regionale approverà la legge sul reddito di cittadinanza. Questo è ciò che dobbiamo tentare di fare.
Io non mi appassiono alle discussioni tese a capire se siamo stati bravi noi o se siete stati meno bravi voi, se noi abbiamo perso le elezioni perché non siamo stati capiti o se voi avete vinto le elezioni perché, come diceva il collega Salis, avevate una batteria di fuoco che faceva spavento. Mi interessa poco, soprattutto non mi interessa per nulla in questa circostanza. Io ho interesse a capire - perché fra due anni e mezzo ci dobbiamo rivedere - che cosa ne facciamo delle poche risorse pubbliche che abbiamo a disposizione, quali sono le priorità che mettiamo in campo, perché se spendiamo da una parte non possiamo spendere dall'altra.
Vedo, nel suo programma, che ci sono due ipotesi di lavoro: una riguarda l'emergenza e l'altra gli interventi di natura strutturale. Allora, sulle emergenze, io immagino: le emergenze sono quelle che abbiamo di fronte, che abbiamo davanti agli occhi, sono quelle della sopravvivenza dei nostri lavoratori, possibilmente nella loro condizione principale, cioè di lavoratori, non di assistiti. Ne abbiamo avuto altri di periodi di assistenza, anche molto prolungati, e non possiamo ripetere quei percorsi, dobbiamo anzi rifiutare l'idea che tutto si possa risolvere esclusivamente attraverso l'ampliamento della quantità e della qualità degli ammortizzatori sociali. Noi dobbiamo intervenire nell'emergenza mantenendo possibilmente i lavoratori nel luogo di lavoro, se non in quello che hanno adesso, in uno che costruiremo.
Poi c'è un altro elemento che ricorre nelle sue dichiarazioni: il protagonismo dei territori. Ma c'è anche un altro elemento che ricorre nelle sue dichiarazioni e nelle dichiarazioni che normalmente fanno, che viene definito con un termine che non mi piace: valorizzazione del "capitale" umano. Abbiate pazienza, si tratta di carne, ossa, sangue, sentimenti, ma è possibile che dobbiamo ridurre tutto a banconota? Qualche volta lasciamo qualcosa fuori dal danaro, fuori dalla cassa, fuori dal numero, fuori dal dollaro! Siamo uomini e donne di questa regione, non siamo un capitale, siamo i protagonisti della vita di questa regione, quelli che la devono condurre alla migliore condizione possibile per noi e per quelli che verranno dopo di noi, i nostri figli, i nostri nipoti. Ed è per questo che negli interventi, sì, diamo protagonismo ai territori e alle persone che popolano i territori, non solo ai sindaci o agli amministratori provinciali. Lo dico con grande rispetto per la loro funzione di rappresentanza delle comunità, ma nella semplificazione politica, nella semplificazione dei linguaggi avviene sempre più spesso che si identifichi la popolazione con il sindaco o l'assessore. Non è così, essi sono espressione di parti magari maggioritarie, ma non sono le comunità, non sono le popolazioni, non sono gli uomini e le donne che si cimentano nella loro vita quotidiana in quei territori. Allora valorizziamo le persone, sono d'accordo, raccogliamo le idee dei nostri giovani, di tutti.
E, quindi, un'altra soluzione che noi abbiamo messo in campo, lo dico perché devo riconoscere all'onorevole Soru non solo il suo carattere spigoloso che spesso si cita per dire: "Questa è la ragione della sconfitta del centrosinistra". La sconfitta del centrosinistra sta nei mali del centrosinistra, nel non voler svolgere il ruolo che deve svolgere nella sua dimensione politica, ma cercando di inseguire. Questo è un centrosinistra che va sfoltito ancora! Non basta, non basta! Va sfoltito ancora per recuperarne l'identità. Non deve inseguire identità altrui, deve mantenere la propria!
L'onorevole Soru ha indicato, nella precedente legislatura, con atti coraggiosi di rottura, alcuni ambiti di ricerca, di costruzione degli interventi strutturali. Abbiamo litigato anche su come gestire le risorse, perché il tentativo suo era quello di meglio destinarle verso gli interventi di maggior spessore, di maggior solidità per il futuro, dimenticando che l'emergenza purtroppo cresceva e lasciava molti scontenti, anche quando si facevano cose giuste e doverose. L'ambito dell'identità, la nuova cultura ambientale, un'industria che sia finalmente ecologica, tutte queste cose hanno preceduto visioni che, poi, sono state rilanciate in campo nazionale, in campo internazionale. Molti dei contenuti che oggi si discutono vengono dall'esperienza di questi cinque anni, e male ha fatto la minoranza di allora, oggi maggioranza, a rifiutare in molte circostanze anche la discussione. Lo dico con rispetto nei confronti dei colleghi con i quali intrattengo relazioni umane sicuramente positive, con molti di loro e da molto tempo. Ma pensiamo alla riforma istituzionale: noi oggi abbiamo una legge statutaria, perfettibile, ma intanto ce l'abbiamo, prima non avevamo nulla, cioè non c'era una regola. Abbiamo tentato con la Consulta statutaria di intervenire sullo Statuto; uno strumento insufficiente, uno strumento non all'altezza della situazione, ma si poteva aprire una discussione, almeno sperimentare, non rifiutare pregiudizialmente. E anche in merito ai temi che incidono sul modello di sviluppo, se si deve aprire una stagione di dialogo, di relazione positiva attorno alle questioni che abbiamo davanti, bisogna prendere qualcosa di quel tanto di buono che è stato prodotto in questi anni e bisogna concentrarsi, più che sulla polemica, sulla costruzione.
Ho già detto che noi non faremo, almeno io non farò un'opposizione né isterica né pregiudiziale; farò un'opposizione di merito. Quando vedrò qualcosa che non va, dal mio punto di vista, un'inadeguattezza, un'insufficienza del Governo regionale, lo dirò con tutte le energie di cui sono capace, combatterò per i diritti che rappresento, per gli strati più deboli della popolazione, per gli ultimi, che sono quelli sempre più dimenticati, non nei discorsi, perché li citiamo tutti, ma negli atti concreti, anche di governo. Lo farò, e non per impedire, ma per condizionare positivamente. Ha ragione il collega Salis quando dice che noi faremo un'opposizione di governo. Io provengo dal P.C.I., e il P.C.I. ha governato dall'opposizione facendo grandi riforme nel momento in cui decise di studiare le soluzioni, di proporle, di avanzarle con l'energia, con la forza che è necessaria per farle capire a tutti. Perché viviamo in questo posto, io lo dico a tutti ogni volta: noi sardi siamo 1 milione e 600 mila, purtroppo, e questa è una delle ragioni per cui la nostra economia non farà mai faville, mettiamocelo in testa, perché non abbiamo mercato di consumo, siamo deboli. Così nasciamo e così è probabile che rimarremo per lungo tempo ancora. Anzi i dati indicano uno spopolamento, una riduzione della presenza degli uomini e delle donne in Sardegna. Noi siamo 1 milione e 600 mila, i nostri figli vanno nelle stesse scuole, frequentano le stesse città, si incontrano negli stessi locali, attraversano le stesse strade, non hanno la cultura della divisione che abbiamo noi, che esprimiamo noi costantemente, anche solo per giustificare la nostra esistenza. Prendiamo insegnamento, cerchiamo cioè di lavorare nella distinzione dei ruoli, perché a voi è stata data la responsabilità di governare e la dovete esercitare. Ma cerchiamo di lavorare per il bene dei sardi.
E io rilancio, in conclusione, tre questioni, che sono già state presentate, peraltro, e sono agli atti del Consiglio Regionale. La prima, l'ho detto, riguarda il reddito di cittadinanza, cioè uno strumento di intervento, di contrasto alla povertà. Non attendiamo che siano i vescovi a garantire i 500 euro per la sopravvivenza. La seconda, riguarda l'articolo 13, perché il Piano di rinascita esiste, è nello Statuto, con tutto il suo valore, anche attuale, di costruzione del nuovo modello di sviluppo della Sardegna. La terza questione, signor Presidente, riguarda una stagione di riforme che faciliti la relazione democratica e salvi, perché ce n'è bisogno, la politica dai continui attacchi e dal depauperamento della sua funzione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (U.D.C.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, Assessori, colleghe e colleghi, cinque giornate di dibattito sulla proposta programmatica del presidente Cappellacci, mi vorrei soffermare su questo dato. Era questo che la gente si aspettava da tutti noi? Cinque giornate di sterili discussioni? O si aspettava, in un momento emergenziale, una discussione sobria? La discussione del programma di governo è un atto, come già detto precedentemente, previsto dall'articolo 11 della legge statutaria; un atto che merita sicuramente grande attenzione e a cui, a mio avviso, sarebbe stato più opportuno dare dignità con una discussione molto più sobria di questa.
Parlavo poc'anzi, nei corridoi, con alcuni giovani che avevano difficoltà - sintetizzo il loro pensiero - nell'identificare il nuovo percorso che si attendevano. E uno in particolare mi ha riferito: "Questo nuovo Consiglio sa di vecchio". Tante parole, tante discussioni, a volte anche oltre le righe, contrapposizione minoranza-maggioranza, alcuni interventi anacronistici, altri molto puntuali, precisi, che dimostrano una conoscenza del territorio e delle problematiche che dovremo affrontare. Qualcuno ha portato avanti anche delle proposte, altri non hanno letto la procedura. Tante domande a lei, Presidente: "Cosa farà sul lavoro?", "Cosa farà sull'energia?", "Mi risponda, cosa farà su quest'altra problematica?", dimenticando che quelle domande saranno più che opportune nel momento in cui, come previsto dalla legge numero 11, sarà presentato il Piano regionale di sviluppo. Allora bisognerà dare le risposte. E, la prego, Presidente, nella sua replica non dia risposte che non è opportuno dare in questo momento.
Altri si sono soffermati sul suo modo di porsi all'Aula. Una superficiale accusa è stata: "Non ha mai sollevato lo sguardo dalle pagine che leggeva". E, guarda caso, proprio chi indicava questa particolarità del suo intervento non sollevava lo sguardo dalle pagine che a sua volta leggeva. Tutti abbiamo preso appunti, abbiamo scritto, poi c'è chi ha scelto - perché ha seguito con attenzione il dibattito, nonostante tutto - di focalizzare l'attenzione su alcune parti, ha buttato via i fogli che aveva scritto in questi giorni, il discorso preparato, e si è lasciato andare, dimenticando che la campagna elettorale è finita. E' un rimprovero che a noi è stato mosso nella passata legislatura. Io ricordo le dichiarazioni programmatiche del presidente Soru, su cui non voglio tornare ovviamente; ci fu un'ampia discussione e anche in quel caso l'opposizione di allora, la maggioranza di oggi, forse qualche errore lo commise. Però, vorrei rimarcare un fatto: quella opposizione, quel cartello tra i partiti di opposizione ha vinto le successive elezioni. Non voglio fare un esame del dato elettorale, rimarco solo questo: quel cartello delle opposizioni e dei partiti ha vinto le elezioni, quella opposizione ha vinto le elezioni, ha convinto i sardi che quel metodo di governo - sul cui merito tornerò, possiamo discuterne sempre - era sbagliato. E i sardi hanno dato fiducia, più che altro, a chi si proponeva e si è proposto per cambiare quel metodo. Per quanto riguarda il merito, non tutto è da buttar via; sono state fatte cose importanti nella scorsa legislatura, sono stati espressi principi di grandissima importanza, che alcuni colleghi hanno ricordato in quest'Aula, e poiché voglio utilizzare al meglio il tempo non li ripeterò. Ci sono state anche delle dichiarazioni importanti. Vedete, sono andato a rileggermi le sedute iniziali della scorsa legislatura, quelle in cui si fecero tante enunciazioni sul programma di governo, che noi definimmo, così come oggi l'opposizione definisce il programma del presidente Cappellacci, "un libro dei sogni", "cose scontate". Ma se torniamo indietro, alla legislatura ancora precedente, e ai Governi Palomba, Pili, Masala, Floris, notiamo che tutta l'opposizione, di volta in volta, ha criticato le dichiarazioni programmatiche perché erano "un libro dei sogni", "cose scontate", "ci vuole lavoro", "abbattere il costo dell'energia", "Assemblea costituente", "legislatura costituente". Parole e parole, che oggi stiamo ripetendo. E la gente ancora non capisce magari il legame che intercorre tra riforme, Statuto, legge statutaria e quant'altro e mangiare, lavorare, avere la dignità di un lavoro. Non riusciamo a trasferirlo, e questo c'è l'hanno detto anche in campagna elettorale.
Le dichiarazioni programmatiche del presidente Soru e la sua replica, in particolare, furono da me totalmente condivise. Totalmente! In particolare mi sono annotato mentalmente una parte, quella in cui il Presidente fece una riflessione sulla discussione in atto, quasi la stessa, da punti di vista diversi, che sto facendo io adesso, e citò il termine palaver, in inglese, oppure palavra, in portoghese, o palabre, in francese, che ha un'accezione positiva o negativa, a seconda delle interpretazioni, sul merito della discussione, cioè una lunga ed estenuante discussione (accezione negativa), oppure una ricerca continua ed estenuante del confronto, per arrivare comunque a condividere un percorso, per trovare i punti che uniscono. E allora, io la interpreto così, e voglio interpretarla così anche adesso. E ho plaudito, mi sono anche complimentato con alcuni colleghi dell'opposizione per alcuni interventi che sono stati fatti, che danno risposta a ciò che ci ha chiesto la gente in sede di campagna elettorale. Abbiamo bisogno di unità nelle istituzioni; ognuno non deve perdere, ovviamente, il ruolo che deve esercitare in quest'Aula con dignità, però dobbiamo trovare dei punti che ci uniscano, e ce ne sono tanti, badate bene, sui progetti, sui programmi, sul modo in cui affrontare le emergenze. Pochi fuori di quest'Aula possono capire che, come è stato detto, a volte il metodo è anche sostanza. Lo capiamo di più noi. Abbiamo avuto qualche problemino, che si è manifestato anche in quest'Aula, ma la gente cerca di collegare il fatto: "Sì, ma cosa importa?" Noi diamo una grande importanza all'aver ottenuto un voto in più o un voto in meno, sappiamo che cosa vuol dire, ne conosciamo gli effetti, conosciamo i perché. E allora, forse, sul metodo bisogna fare una riflessione, ma è una riflessione di "palazzo". Poco importa alla gente tutta quali siano stati i criteri e il metodo - se criteri e metodo ci sono stati - nel comporre la Giunta, nel comporre le Commissioni consiliari, nello scegliere i Vicepresidenti e i Questori, ma noi ne comprendiamo molto bene l'importanza, perché a volte il metodo è sostanza.
E allora, forse, sul metodo qualche riflessione va fatta, ed è compito unicamente della maggioranza riflettere sul metodo. Io continuo a pensare che nel momento in cui ci sono criteri chiari, condivisi, si va avanti in maniera trasparente, allora chi si ritrova nei criteri non avrà niente da dire; se mancano i criteri, allora sì che il percorso inizia a diventare difficoltoso istituzionalmente. Ma confidiamo tutti sul fatto che, strada facendo, si possano trovare i criteri più appropriati.
Torniamo al merito, a ciò che la gente ci chiede e ci ha chiesto in campagna elettorale. Tra le altre cose la gente ci ha chiesto: "Cambiate". Non ha detto: "Sostituitevi". Noi non dobbiamo sostituirci a chi governava prima, non dobbiamo sostituire l'Assessore, il dirigente, il responsabile del procedimento "x" o "y". "Cambiate", cioè cambiate l'approccio, cambiate il metodo. Ma è anche vero che ci hanno chiesto quello che è sempre stato richiamato, anche nelle precedenti dichiarazioni programmatiche, uno spoil system necessario e intelligente. Bene, io ho già detto in quest'Aula, nella precedente legislatura, che forse questo è il primo passaggio da fare. Noi non ci siamo ritrovati in quel metodo, non ci siamo ritrovati nella scelta di quei dirigenti, molto spesso dirigenti senza titolo; non ci siamo ritrovati nella gestione dei trasporti, dell'ambiente, della sanità, dell'industria e quant'altro. Ci siamo ritrovati su principi grandi; sul principio della tutela dell'ambiente, per esempio, ci siamo ritrovati. Io mi sono riletto le dichiarazioni sul Piano paesaggistico regionale, le mie dichiarazioni: noi vogliamo la tutela dell'ambiente, ma siccome il metodo, continuo a ripetere, è sostanza, l'ambiente è di tutti e non ci sono i prescelti rispetto a quelli che devono subire. L'ambiente deve essere un momento di sviluppo al servizio dell'uomo e deve essere tutelato. Assolutamente sì, è il bene primario che abbiamo in quest'Isola, è la materia prima che la nostra più grande industria può vendere nel mondo, però non ci siamo ritrovati nel metodo, nella gestione, nella scelta degli uomini che hanno gestito. Ecco perché, in prima istanza, proprio nella discussione sulle dichiarazioni programmatiche, chiedo a lei, Presidente, e all'Aula: cambiamo, subito, immediatamente! Cambiamo tutto ciò che non può essere in linea con il nuovo metodo di governo. E siamo in ritardo, siamo in ritardo perché c'è l'assalto alla dirigenza; c'è l'assalto alle AA.SS.LL., per promozioni, contratti e appalti, e agli altri enti regionali, come la SBS, che non più tardi di una settimana fa, ha provveduto, nonostante il bilancio sia in passivo, a un buon numero di assunzioni.
Probabilmente queste cose non sono mai state conosciute neanche da chi governava - io l'ho sempre pensato -, da chi aveva la responsabilità di quel Governo, mentre gli altri, quelli della "corte", dividevano, spartivano, molto spesso senza criteri, senza metodo e senza quel principio di trasparenza che deve contraddistinguere, invece, questa legislatura. Trasparenza è controllo, quello che noi affidiamo all'opposizione; un controllo attento, perché l'opposizione ha un ruolo importantissimo e basilare, tant'è che continuo a sostenere, come ho detto all'inizio, che l'opposizione ha vinto questa campagna elettorale, l'hanno vinta gli uomini che da questi banchi hanno contrastato un metodo e a volte hanno condiviso dei principi. E' per questo che non dobbiamo pensare a congiure di "palazzo"; sono l'ultima cosa di cui in Sardegna c'è bisogno in questo momento. Dobbiamo essere nuovi nella proposta, dobbiamo essere nuovi nell'approccio, dobbiamo essere nuovi nel dialogo. Non abbiamo bisogno di congiure che noi pensiamo possano essere l'anello mancante per arrivare alla soluzione del problema. No, noi dobbiamo accettare molto spesso delle decisioni che non condividiamo per perseguire, però, un fine maggiore, che è quello di dare risposte immediate ai sardi; a quei sardi che tutti noi abbiamo incontrato in campagna elettorale - e, ahimè, troppi di noi li incontrano solo in campagna elettorale -, a quei sardi che oggi hanno necessità di dare dignità alla loro esistenza, a quelle famiglie che pensano: "Cosa me ne faccio del Master and Back?" Iniziativa pure importante, utile, necessaria, ottima, ma oggi mandare un figlio all'Università costa mediamente dagli 800 ai 1.000 euro, ed io mi chiedo: come si può pensare che chi ha uno stipendio di 1.200 euro, a volte di soli 700 euro, possa programmare il futuro dei figli? E allora, forse, una riflessione, in un momento emergenziale, va fatta anche all'interno della struttura politico-amministrativa.
Io non voglio, Presidente, che domani qualcuno, nel manifestare le sue perplessità e preoccupazioni, mi blocchi macchina, la circondi, come sta succedendo in Francia ai manager della Renault, perché è facile, troppo facile, ma secondo me irresponsabile, parlare delle 370 mila persone sulla soglia della povertà, della disperazione delle famiglie, del reddito di cittadinanza. Mi chiedo perché nei cinque anni precedenti non sia stato fatto niente, o sia stato fatto poco, e oggi la si ponga come prima istanza delle opposizioni. Ma è giusto, noi accediamo a questa proposta, magari non a un reddito di cittadinanza che non dia dignità neanche a una giornata lavorativa, nel senso che dobbiamo prevedere qualcosa che possa dare dignità alla persona e non un semplice obolo. Allora occorre fare qualche riflessione in più sui costi eccessivi della pubblica amministrazione, che poi, come vedremo, sono cresciuti in maniera esponenziale; il perché e il come lo vedremo, non sto caricando nessuno di responsabilità o cercando di denigrare il passato. Voglio guardare avanti, vorrei guardare insieme a voi verso il futuro. E allora facciamo una riflessione sui costi inutili, sul risparmio, sull'appropriatezza, sulla dimensione di chi, in maniera troppo semplicistica, parla della soglia di povertà senza sapere, per sua fortuna, cosa significa essere sulla soglia di povertà. E forse dobbiamo dimensionare qualcosa; qualcosa che ci riguarda direttamente, qualcosa che abbiamo in più e di cui possiamo fare a meno, perché anche questi sono segnali importanti e se li moltiplichiamo diventano questioni di sostanza. Forse abbiamo troppi manager, troppi dirigenti che percepiscono, oggi, indennità anacronistiche, fuori luogo; forse noi per primi dobbiamo rivedere qualcosa per poter pensare agli altri.
Allora, Presidente, non le farò l'elenco della spesa. Da nuorese potrei parlare a lungo, ma non voglio, in questa fase, portare alla sua attenzione problemi che presumo già conosca e per i quali, credo e spero, tutti quanti ci adopereremo; ci adopereremo, cioè, per Oristano, per Alghero, per Cagliari, per Sassari, per Nuoro, per Orosei, ma non è il momento di fare l'elenco della spesa, non è il momento di dire: voglio per la mia città la metropolitana, voglio per la mia città la ferrovia e via dicendo. E' finito quel momento, noi dobbiamo contribuire, tutti insieme, arricchendoli con i consigli, i suggerimenti che arriveranno dall'opposizione, a predisporre dei progetti; progetti che guardino più in là, per cercare di dare risposte al futuro dei nostri giovani e nel contempo combattere un'emergenza. Ecco perché durante l'esame della finanziaria tutti noi avremo modo di riportare nei principi cardine che la sorreggeranno anche le istanze dei territori e collaboreremo per questo, perché noi del Gruppo U.D.C. e l'U.D.C. siamo degli alleati affidabili, ma siamo anche degli alleati attenti che chiedono metodo, criteri, trasparenza ed efficienza.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Diana. Ne ha facoltà.
DIANA (P.d.L.). Signora Presidente, era mia intenzione annunciare un sogno, e nella precedente legislatura fu assolutamente un incubo. Questa volta il sogno si è avverato: il centrodestra governa la Sardegna, il suo Presidente in quest'Aula, che ha visto anche tanti misfatti, presenta le dichiarazioni programmatiche. Mi sarebbe piaciuto molto parlare a braccio, come ho praticamente sempre fatto in quest'Aula, ma il ruolo di Capogruppo del primo partito di questo Consiglio regionale mi impone la massima attenzione. Farò delle considerazioni a braccio, come quelle che sto facendo adesso, e le farò in premessa per evitare di perdere, poi, la possibilità di completare il mio intervento.
Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi dei colleghi della maggioranza e della minoranza. Sulla minoranza tornerò nel corso dell'intervento; per quanto riguarda la maggioranza ho ascoltato e incomincio col dire che dovremmo cercare di non farci del male; è una raccomandazione che mi venne fatta nella precedente legislatura. E' ammessa la critica ed è opportuna, però è necessaria la lealtà; non la fedeltà, la lealtà. E allora, se noi vogliamo governare per cinque anni e non per quattro anni e mezzo, è opportuno che il primo segnale lo diamo proprio noi, colleghi del P.d.L., colleghi della maggioranza. E' opportuno che noi facciamo questo ragionamento, perché abbiamo già visto che cosa è successo nella precedente legislatura e non possiamo neanche dare tutte le colpe al presidente Soru, che certamente se ne sarà fatto carico, e spero se ne faccia carico anche nel suo intervento, non perché debba esserci un'ammissione di responsabilità, ma perché forse quattro anni e mezzo sono serviti per capire meglio che cosa è e dovrebbe essere la politica.
Avrei voluto interloquire, stamattina, con il collega Uras, potrei rimanere ore a dialogare con lui. Lo faremo, collega Uras, come ha ben detto il collega Capelli, lo faremo quando parleremo del Programma regionale di sviluppo. Allora sì dovremo fare tutte le cose che lei ha evidenziato in quest'Aula, però la raccomandazione che io faccio - e chiedo scusa se la faccio io che sono il Capogruppo del P.d.L. - è necessaria, perché la responsabilità che ha questo centrodestra è certamente tanta, ma è ancora di più la responsabilità che ci portiamo appresso noi del P.d.L.. Il Popolo della libertà è l'assoluta novità, come peraltro è stato un'assoluta novità il P.D.; il ruolo di guida, oggi, è toccato a noi e mi auguro che un domani, magari non presto, possa spettare al P.D. Noi confidiamo di governare bene e di governare per almeno due legislature, ma siamo convinti della politica dell'alternanza; se poi la si intende come bipartitismo o bipolarismo a qualcosa di questo arriveremo sicuramente. Quindi è necessario che noi stiamo veramente molto attenti, colleghi. Non basta stare in aula, è necessario studiare, è necessario approfondire gli argomenti, e non è una raccomandazione banale. Nel momento in cui si chiede al Presidente tutta una serie di notizie, quando ci sono anche delle velate critiche, che sono ammesse e opportune, cominciamo col pensare che un Presidente della Regione da solo al comando lo abbiamo già avuto, e non per responsabilità del presidente Soru, secondo me, ma per responsabilità della maggioranza che lo sosteneva, che non è mai riuscita a incidere con fatti concreti, con proposte attendibili. Spesso e volentieri, in quella legislatura, noi della minoranza abbiamo dovuto supplire alle assenze continue della maggioranza in Commissione, perché certi provvedimenti di legge venissero approvati. E noi consiglieri della precedente legislatura ce le ricordiamo bene tutte queste cose.
Non si può pensare che il presidente Cappellacci sia la soluzione di tutti i mali della Sardegna. Io credo che, se vogliamo rivalutare la politica e vogliamo rivalutare il ruolo dell'Assemblea legislativa, questa sia solo ed esclusivamente responsabilità nostra; non può essere certamente imputata alla Giunta o al suo Presidente. E allora, se noi ci diamo un metodo e se con i segnali che ci sono arrivati anche in questi giorni da parte dell'opposizione, certo non i segnali dati dall'onorevole Salis… Onorevole Salis, abbiamo cinque anni per discutere di alcune questioni con lei e le discuteremo certamente. Discuteremo, per esempio, del motivo per cui il suo "Capo" a "Porta a Porta" disse che Soru non sarebbe mai stato candidato come Presidente della Regione Sardegna se non avesse rimosso il conflitto di interessi. Ve la siete rimangiata voi la parola!
SALIS (I.d.V.). L'ha rimosso!
DIANA (P.d.L.). Sì, infatti, ho visto bene come è stato rimosso! Non è questo l'argomento in discussione, ma siccome lei è stato piuttosto pungente è tutto memorizzato e ne discuteremo in altre sedi. Oggi siamo chiamati a discutere d'altro.
Io credo che la forza di questo Consiglio regionale debba emergere sia per quanto riguarda la maggioranza sia per quanto riguarda l'opposizione. Alcuni temi sono già stati affrontati ed è meglio che li memorizziamo tutti quanti, perché da qui nasce la forza di un Consiglio regionale, da qui nasce la forza della maggioranza, che può interessare noi e interessare meno voi, è vero, ma credo che un unico interesse abbiamo tutti quanti ed è quello di far stare meglio la Sardegna e i sardi. Noi abbiamo avuto un risultato elettorale straordinariamente importante e quindi ci preoccupiamo tanto. E io, come Capogruppo del P.d.L., mi preoccupo ovviamente ancora di più nel momento in cui spero che i colleghi del centrosinistra vogliano affrontare materie importanti con noi, sulle quali dialogare, discutere, anche bisticciare quando è necessario, ma per trovare le soluzioni. Non vorrei che arrivassimo a votare una modifica della legge statutaria, dello Statuto o dei regolamenti con la sola maggioranza che i cittadini ci hanno assegnato, che sarebbe anche sufficiente, ma credo che noi dobbiamo fare i ragionamenti, e spero che li faremo insieme.
Noi, e termino questa parte, dovremmo riuscire a far capire all'esterno di quest'Aula, da dove troppe critiche arrivano ai consiglieri regionali, quale può essere il costo della politica. Onorevole Capelli, sarebbe troppo semplice e semplicistico andare d'accordo con lei, il problema è quanto noi meritiamo le indennità e quanto le meritino i dirigenti che stanno seduti al loro posto e che quotidianamente dovrebbero fare il loro lavoro. Ma se dovessero fare il loro lavoro hanno i loro controllori, ci sono gli Assessori, c'è il Presidente. E noi vogliamo farci un esame di coscienza tutti quanti? Se ci facessimo un esame di coscienza, forse riusciremmo anche a giustificare i costi della politica. Ma non si risolve il problema riducendo le indennità dei consiglieri regionali, non si riduce affatto a questo il problema. Il problema è ben altro! Anche di questo, forse, bisognerà parlare in altra sede, ma siccome è stato sfiorato questo argomento, ho sentito la necessità di dire qualcosa in merito.
Dagli interventi dei consiglieri regionali, sia di maggioranza che di minoranza, che si sono succeduti, è emerso con unanime chiarezza l'elemento fondamentale che contraddistingue le dichiarazioni programmatiche e il programma di legislatura presentati dal Presidente della Regione: la discontinuità, elemento positivo per i consiglieri del centrodestra e ovviamente negativo per i consiglieri del centrosinistra. Questo per il presidente Cappellacci e per la coalizione che lo sostiene può già essere considerato un successo. Infatti, la discontinuità rispetto alla precedente amministrazione regionale di centrosinistra, guidata dall'onorevole Renato Soru, è il fondamento del mandato elettorale che i sardi ci hanno voluto affidare: gli elettori hanno votato per il centrodestra e per Ugo Cappellacci affinché vi fosse una netta discontinuità rispetto all'esperienza di governo degli ultimi quattro anni e mezzo.
Ha detto bene l'onorevole Capelli, noi, allora consiglieri di minoranza, siamo stati i maggiori interpreti, siamo stati quelli che sistematicamente hanno denunciato la non condivisione dell'opera del presidente Soru, e i cittadini ci hanno premiato. Ed è tempo di mettere da parte gli atteggiamenti snobistici per cui se gli elettori non hanno voluto premiare il centrosinistra è perché le cose fatte nella passata legislatura non sono state capite. Onorevole Uras, lei è la seconda persona che ripete questo passaggio, oltre al presidente Soru. E' offensivo nei confronti dei sardi; i sardi hanno capito benissimo e, peraltro, se anche non glielo aveste spiegato bene, a cosa servivano i milioni di euro spesi per la comunicazione? Avete avuto tantissimo tempo, quattro anni, moltissime risorse per dire ai sardi: "Stiamo facendo il bene della Sardegna". Come è possibile che i sardi non lo abbiano capito? Come è possibile che non siate riusciti a veicolare questo messaggio? Segno evidente che quel messaggio non poteva essere veicolato, era un messaggio fallimentare e i sardi non lo hanno condiviso. Questa è la realtà!
La più netta discontinuità riscontrata tra la vecchia e la nuova amministrazione, sin dalle prime settimane della XIV legislatura, riguarda il metodo di governo, il passaggio dal decisionismo esasperato dell'onorevole Soru al ritorno alla concertazione, dall'accentramento del potere nelle mani di una sola persona alla partecipazione alle decisioni di tutti i soggetti interessati. I primi, positivi risultati si sono ottenuti con la manovra finanziaria. Pensate che velocità: stiamo affrontando le dichiarazioni programmatiche e io posso parlare della finanziaria! E' un fatto innovativo, assolutamente innovativo, non si era mai verificata una situazione così felice. E magari l'onorevole Porcu potrebbe provare a chiedere ai sindacati se la forma può coincidere con il contenuto oppure no, visto che neppure dalla CGIL c'è stato un parere negativo, né sulla decisione di ricercare il dialogo né sulle misure previste nella manovra. Forse l'onorevole Porcu si aspettava che le parti sociali rimpiangessero la cosiddetta "concertazione" portata avanti dal presidente Soru, che magari - mi perdonerà l'onorevole Soru -, dopo aver fatto attendere in anticamera i suoi interlocutori per qualche ora si degnava di far finta di ascoltarli e poi rigettava sistematicamente tutte le loro proposte. Forse l'onorevole Porcu sarà rimasto stupito nel non sentire rimpiangere un metodo simile; forse sarà rimasto stupito anche nell'apprendere, sentita la sua affermazione secondo cui la partecipazione alle decisioni permette a chi governa di scaricare le proprie responsabilità sui soggetti che vogliono svolgere un ruolo propositivo nel delineare lo sviluppo della Sardegna, che i sindacati, le associazioni di categoria, gli enti locali e la società civile - quella società civile tanto cara, almeno a parole, all'ex Governatore - le responsabilità se le vogliono assumere, perché ritengono di essere abbastanza maturi da poter contribuire in modo fattivo e concreto, al fianco della Regione, al rilancio dell'Isola, perché preferiscono un ruolo da protagonisti all'esistenza marginale cui sono stati relegati nella passata legislatura.
I tempi stringenti imposti dalla fine anticipata della passata legislatura: mi consenta un passaggio anche su questo l'opposizione. Denunciai in quella sede che siete stati un branco di dilettanti, dilettanti allo sbaraglio! Avete permesso che il presidente Soru desse le dimissioni e avete così concesso un vantaggio straordinario al centrodestra, il più straordinario possibile, frutto della vostra ingenuità, del dilettantismo, solo di questo. C'è in particolare, dicevo, un disegno di legge finanziaria già adottato dalla Giunta regionale a un mese circa dal suo insediamento, fatto di per sé straordinario, se si pensa al tempo di cui ha avuto bisogno lo scorso anno la Giunta Soru per arrivare a presentare la manovra.
C'è, dunque, una prima dimostrazione di cosa comporta in concreto la discontinuità rispetto alla passata amministrazione: il risanamento del bilancio regionale, con l'eliminazione del meccanismo perverso dell'anticipazione delle entrate future; l'eliminazione delle imposte sul turismo, che hanno arrecato un grave danno all'immagine della Sardegna, che sono costate ingenti risorse per le operazioni di riscossione e che non hanno portato un centesimo nelle casse dei comuni delle zone interne; il rilancio della formazione professionale, intervento mai così doveroso come nell'attuale congiuntura di crisi occupazionale; i contributi in conto occupazione; le misure in materia di ammortizzatori sociali, di sostegno ai contratti di solidarietà, di aiuto ai soggetti gravati da indebitamenti insostenibili. Proposte innovative che mostrano un'accresciuta sensibilità verso le fasce più deboli.
Onorevole Uras, se lei ha avuto già modo di leggere la finanziaria, avrà visto che molte cose concrete si stanno già mandando avanti, e non abbiamo ancora terminato la discussione sulle dichiarazioni programmatiche. Tutto ciò dimostra come la discontinuità non sia soltanto un totem da esibire per attrarre facili consensi, ma una precisa direzione programmatica, quella direzione richiesta con forza dai sardi nei quattro anni e mezzo della passata legislatura. Erano semmai un totem i proclami all'identità e all'autonomismo da parte dell'ex Governatore, che ci hanno lasciato l'eredità, pesante come un macigno, del modo in cui si è risolta la vertenza sulle entrate fiscali: la Sardegna, in cambio della promessa del saldo dei debiti pregressi maturati con lo Stato, si è dovuta accollare i costi della continuità territoriale, del sistema ferroviario locale e della sanità.
Anche su questo tema la discontinuità che anima la nostra azione di governo ha spiazzato il centrosinistra, così come lo hanno spiazzato il ricorso alla democrazia partecipata, l'ascolto e il coinvolgimento della società, il rispetto delle minoranze, queste è fare politica oggi. Talmente lo hanno spiazzato che c'è persino chi, dimostrando di non avere le idee molto chiare - mi scuserà l'onorevole Zuncheddu - in fatto di democrazia ha bollato tutte queste cose come un sistema autoritario, anticamera di sistemi fascisti. Se questa è l'anticamera dei fascismi, allora veramente non abbiamo capito proprio nulla! Se coinvolgere i cittadini nel governo della cosa pubblica è un sistema autoritario e accentrare il potere nelle mani di una persona sola è la democrazia, allora appare chiaro come, per quanto riguarda il centrosinistra, alla base dell'insuccesso dell'esperienza di governo prima e della spedizione elettorale poi ci sia principalmente una questione semantica, che parte dal travisamento del significato delle parole e arriva alle conseguenze che tutti i sardi hanno avuto modo di sperimentare.
Ancora in materia di autonomia: le dichiarazioni programmatiche del presidente Cappellacci hanno posto al centro dell'attenzione un nuovo problema, anch'esso ereditato dalla passata legislatura, e cioè l'autonomia degli enti locali dalla Regione. Il precedente Governo di centrosinistra ha sempre visto l'autonomia non come un valore in senso lato, da coniugare a ogni livello, ma come un diritto di proprietà esclusiva della Regione. L'unica forma di autonomia possibile era quella della Regione Sardegna dallo Stato italiano. E' questo il nodo alla base del conflitto tra amministrazione regionale ed enti locali, che ha caratterizzato la passata legislatura e che ha avuto il suo culmine nell'adozione del Piano paesaggistico regionale, strumento creato ad arte per eliminare la certezza del diritto, democratica in quanto uguale per tutti, e sostituirla con il meccanismo elitario delle deroghe e delle intese. Da un lato c'è l'autonomia degli enti locali, che la esercitano secondo un sistema di regole uguali ovunque e per tutti, e dall'altro lato c'è il centralismo regionale con il Governatore che decide di volta in volta secondo i suoi principi ideologici, o, peggio ancora, secondo il suo personalissimo senso estetico.
Che d'altra parte ci sia un concetto di autonomia ben strano lo dimostrano, oltre a qualche intervento svolto in quest'Aula da consiglieri della minoranza, che hanno ripetuto, parola per parola, le dichiarazioni rilasciate dall'ex Governatore in un'intervista a un quotidiano locale, ponendo grossi dubbi sulla loro autonomia personale, anche certe affermazioni secondo cui gli svantaggi derivanti dall'insularità sarebbero tutti da dimostrare, secondo cui l'insularità racchiuderebbe in sé un potenziale tale da non necessitare di misure compensative per i maggiori costi che chi vive e opera nostra regione deve sostenere.
Certo, è innegabile che la posizione centrale di cui gode la Sardegna all'interno del bacino del Mediterraneo possa rappresentare un punto di partenza privilegiato per una prospettiva di sviluppo. Peccato, però, che la passata Amministrazione non abbia fatto nulla per sfruttare tale potenziale. In compenso, molto è stato fatto per cercare di dimostrare la tesi che l'insularità non costituisce uno svantaggio. Ad esempio, si è scelto di subire passivamente lo smantellamento del servizio di trasporto merci su rotaia da e per l'Isola. Allo stesso modo, la continuità territoriale per le merci è rimasta un miraggio. Ne ha parlato l'onorevole Porcu qua, avete avuto quattro anni e mezzo per discutere di questo problema! Per quattro anni e mezzo, la Sardegna è stata governata come se davvero l'insularità non costituisse uno svantaggio, dicevo. Se la tesi può dirsidimostrata o no si può provare a chiederlo alle nostre aziende, in particolare a quelle i cui prodotti sono destinati all'esportazione. Per fortuna le cose sono destinate a cambiare. Il riconoscimento degli svantaggi derivanti dall'insularità, inserito nel progetto di legge sul federalismo fiscale, costituirà una fondamentale base di partenza per una nuova stagione di sviluppo della Sardegna. Alla nostra Amministrazione spetterà il compito di raccogliere la sfida, trasformando le risorse trasferite dallo Stato per compensare gli svantaggi dell'insularità in occasioni concrete di sviluppo, con particolare attenzione alla creazione di un sistema di continuità territoriale per le merci che consenta alle nostre aziende di essere finalmente competitive sui mercati nazionali e internazionali.
Ho usato il termine sfida non a caso, perché il riconoscimento degli svantaggi derivanti dall'insularità servirà a ben poco se non sapremo risolvere i problemi strutturali che attanagliano il nostro sistema produttivo, dalla carenza di infrastrutture al costo dell'energia. Il nodo delle infrastrutture è fondamentale affinché, risolto il problema dell'insularità, si passi ad affrontare quello dell'isolamento, evitando così di avere una Sardegna a due velocità, con la fascia costiera che fa da volano dello sviluppo e le zone interne che restano indietro, preda del sottosviluppo e dello spopolamento. Mi aspetto dalla Giunta Cappellacci una grande attenzione per la Sardegna centrale, abbandonata a se stessa negli ultimi quattro anni e mezzo. Ciò dimostra come non sia certo la rappresentanza che i territori hanno nell'Esecutivo a garantire l'interessamento dell'Amministrazione regionale.
Colleghi della maggioranza, siamo tutti probabilmente dispiaciuti per non avere un rappresentante del nostro territorio nella Giunta, ma la mia esperienza ve la posso portare senz'altro come rappresentante, assieme ad altri colleghi, della provincia di Oristano. Nella precedente Giunta regionale c'erano tre assessori provenienti dalla provincia di Oristano. Sfido chiunque a dimostrare che la situazione socioeconomica del territorio di questa provincia sia cambiata. Non è la presenza degli Assessori che determina il cambiamento, ma è la loro capacità di incidere sul tessuto socioeconomico. Ma questo dipende dagli Assessori, dal Presidente e anche da noi:più saremo capaci di interpretare il nostro ruolo più otterremo dei risultati.
In materia di energia è da accogliere positivamente l'impegno a favore delle fonti rinnovabili, strumento indispensabile per la produzione di energia a basso costo e con un impatto ambientale ridotto. In quest'ottica, nella passata legislatura sono stati fatti grandi passi indietro, come dimostrano le due sentenze della magistratura...
PRESIDENTE. Onorevole Diana, è terminato il tempo.
DIANA (A.N.). Ma la freccia sul tabellone non lampeggia più?
PRESIDENTE. Non lampeggia perché il cronometro è partito in ritardo, però i venti minuti sono esauriti. Grazie.
E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.
SORU (P.D.). Signora Presidente, signor Presidente della Regione, signori colleghi, intervengo, credo in conclusione di questo dibattito, innanzitutto per fare gli auguri a tutti voi colleghi, a questo Consiglio regionale, alla Presidente del Consiglio, ancora una volta a lei, signor Presidente della Regione, come ho già fatto in altre occasioni, e a tutti voi della Giunta.
Presidente Cappellacci, le faccio di cuore, in maniera sentita, gli auguri di buon lavoro. Il buon lavoro ci riguarderà tutti e riguarderà soprattutto le stesse persone per le quali anche noi di questa minoranza, me stesso e tanti altri, avremmo voluto lavorare in un ruolo diverso e invece lavoreremo in questo ruolo, cercando di dare il meglio di noi. Credo che sia importante farle questi auguri, innanzitutto perché ne ha bisogno: ne ha bisogno anche per le cose che ho sentito in questi lunghi giorni, come qualcuno ricordava, e ne ha bisogno perché penso che, comunque, un pochino la incoraggeranno. Sarebbe piaciuto anche a me riceverli cinque anni fa, invece non li ho ricevuti. E' un segnale piccolo piccolo di un avvio diverso, più pacifico, più sereno, più disponibile al lavoro comune.
Detto questo, in questi pochi o tanti minuti, mi tocca fare un po' la sintesi di quasi cinque anni di lavoro e anche della proposta diversa che abbiamo presentato agli elettori sardi. Io lo faccio in quest'Aula, gli Assessori che hanno condiviso con me quasi cinque anni di governo hanno avuto modo di farlo in maniera, invece, più approfondita, a seconda delle circostanze, con i nuovi Assessori, rendendo conto delle cose fatte, lasciando dei documenti, lasciando un dossier che potesse anche aiutare a proseguire il lavoro avviato. Anche in questo si è trattato di un metodo nuovo; cinque anni fa noi avemmo difficoltà a proseguire il lavoro avviato, perché fu difficile avere dei documenti o anche solo una relazione sul lavoro svolto. Documenti di cui in questi giorni qualcuno ride: troppi documenti, troppa carta, troppi libri, anche se, poi, i libri sono importati ed è anche importante leggerli.
Allora, devo dirle francamente che questa discussione, anche il suo intervento, a cui maggiormente mi devo riferire, mi ricorda una specie di reality show, mi ricorda un po' il "Truman show", un film in cui soprattutto il personaggio principale recita un ruolo, senza rendersi conto che delle cordicelle regolano quel ruolo. Ed è un'illusione bellissima, fantastica su un mondo bello, sereno, dove il cattivo è già ben individuato e dove tutti gli altri sono buoni, buonissimi. E' bellissimo vivere in quel mondo, fintanto che il personaggio principale fa qualche passo in più e si accorge che lo sfondo è finto, che dietro non c'è nulla ed è tutta una finzione. Questo dibattito e anche il suo intervento, per l'enfasi con cui sono state poste le cose, mi sembra una piena finzione, in cui ognuno gioca il ruolo che gli è stato assegnato e si cerca di far giocare agli altri, ugualmente, il ruolo loro assegnato.
Allora, per arrivare al suo discorso, lei ha iniziato parlando della democrazia e dell'alternanza al governo, che rende prezioso questo ruolo di opposizione, che rende preziosi questi minuti e questa possibilità di dare un punto di vista. E' vero, non di meno non tutto quell'entusiasmo, non tutta quell'enfasi è giustificata, perché la democrazia è importante, ma è altrettanto importante il modo in cui viene esercitata. E io, a costo di spiacere a tutti voi, devo dire che non credo che la democrazia sia stata esercitata bene in questa campagna elettorale in Sardegna: non credo che sia stata esercitata bene per il ruolo svolto dal Capo del Governo, cioè dal Presidente del Consiglio; non credo che sia stata esercitata bene per le regole a cui il Presidente...
Io le chiederei, per cortesia, di fare un po' di silenzio, così mi permette di seguire il filo del discorso.
SANNA GIACOMO (P.S.d.Az.). Ma sta dicendo a me?
SORU (P.D.). Sto dicendo a chi parla, in maniera, se possibile, da permettermi di svolgere l'intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Soru, se ne occupa la Presidenza. Ha ragione, prego tutti i colleghi di evitare il brusio in aula, che disturba chi sta intervenendo.
Prosegua, onorevole Soru. Grazie.
SORU (P.D.). Io ho ascoltato in silenzio, chiedo solamente questo, non chiedo tanto, solamente di poter svolgere un ragionamento nel silenzio.
Credo che la democrazia sia importante, sia preziosa; sia preziosa oggi e sia preziosa sempre. E allora, alcune regole democratiche devono essere salvaguardate. Ed è una regola democratica importante che ognuno svolga nei propri limiti il proprio ruolo. Il ruolo del Presidente del Consiglio esercitato in Sardegna in questa campagna elettorale è stato prevaricante, e questo è errato. Sarebbe errato, signor Presidente, se lei, nei prossimi cinque anni, si recasse in un qualunque paese della Sardegna e partecipasse, con la stessa presenza e con la stessa enfasi, con gli stessi poteri, con tutto quello che deriva dal suo ruolo di Presidente della Regione, all'elezione del sindaco promettendo, blandendo, in qualche modo minacciando.
Sono importanti i ruoli e sono importanti anche le regole. Per le competizioni elettorali ci siamo dati delle regole, questo Paese ha delle regole di par condicio, giuste o sbagliate che siano. Se arriva qualcun altro e si impegna in una campagna elettorale totalmente fuori dalle regole, questa democrazia, di cui ci compiacciamo tanto, ne esce minata, e ne esce minata per tutti, perché oggi ci tocca un ruolo, domani ce ne può toccare un altro, ed è un bene che riguarda tutti noi. Soprattutto, io credo che sia stato sbagliato quell'intervento e siano state sbagliate anche le dichiarazioni successive del Presidente del Consiglio. Quando il Presidente del Consiglio dice: "Abbiamo vinto perché ci ho messo la faccia", non offende solamente le persone interessate, offende tutti noi, perché lui non doveva mettere la faccia nella nostra autonomia regionale, nelle elezioni che riguardano la nostra autonomia regionale. Quando il Presidente del Consiglio si vanta, facendomi troppo onore, di aver sconfitto l'ennesimo leader del centrosinistra sbaglia, perché non era lui la persona direttamente interessata, ma evidentemente c'è qualcosa nella sua visione di profondamente sbagliato. E questo mi preoccupa, innanzitutto per le regole, che debbono funzionare sempre. Ma se il Presidente del Consiglio pensa che la faccia ce l'ha messa lui e non lei, presidente Cappellacci, come sarebbe giusto, ho paura che vivremo un sistema di realtà virtuale o di reality show, dove la sua parte potrà essere pesantemente condizionata, dove l'autonomia della sua presidenza potrà essere pesantemente condizionata. E quello che sta accadendo in queste prime settimane me lo fa pensare in maniera grave, perché se è vero che non abbiamo avuto un programma di governo, o almeno io così ho capito, se è vero ciò che lei ha ribadito ("Non abbiamo un'idea forte, non c'è un'idea, la nostra idea è di andare a cercare e raccogliere le idee che verranno nei prossimi anni", dimenticandosi che forse la politica ha un ruolo guida, ha un ruolo educante, ha la responsabilità di proporre una visione anche di lungo periodo, uno sguardo lungo nel futuro), non saranno le nostre idee, non saranno probabilmente le idee dei nostri territori a prevalere, ma le idee di chi pensa di averci messo la faccia in queste elezioni regionali.
E allora, messo da parte un programma che non vedo, almeno le promesse, però, le abbiamo viste e sentite: la promessa di un collegio alle elezioni europee, appena adesso ho sentito che non è importante, ma comunque era una promessa importante; la promessa di risolvere finalmente il problema della strada Sassari-Olbia, immaginando che sia, con un atteggiamento paternalistico, una cosa che ci può essere regalata e non un diritto che era già stato acquisito e nel frattempo cancellato. Insomma, vedo le promesse cadere a una a una, e allora vigileremo, vigilerete voi innanzitutto, vigileremo noi affinché questo non accada.
Ancora mi preme segnalarle questo, in questo piccolo passaggio di consegne, scelgo un punto tra tanti punti possibili: non è tutto sbagliato quello che vi abbiamo lasciato. Non è tutto da scartare quello che trovate. Proprio a lei, casualmente, ho avuto la possibilità di parlare, in altri tempi, della cosiddetta battaglia sulle entrate e le avevo anche consegnato il mio punto di vista per iscritto, dicendole: "Lo tenga caro, lo metta da parte e quando saremo fuori dalla competizione politica faccia in modo di guardarlo con occhio laico, con occhio attento".
E' vero, è stato consegnato il disegno di legge finanziaria, forse anche perché non è troppo diverso da quello che abbiamo lasciato noi, poi magari ne parleremo nella discussione sulla finanziaria. Però, nel disegno di legge finanziaria che è stato presentato c'è un numero importante: nella prima riga, "Entrate tributarie ordinarie", c'è scritto 4 miliardi e 470 milioni di euro. Le segnalo, come lei sa, perché allora era Assessore regionale del bilancio, che nel 2004 in quella prima riga c'era scritto 3 miliardi e 222 milioni. Vuol dire che ci sono 1.250 milioni di euro in più a disposizione nel bilancio, vuol dire che il bilancio è cresciuto del 40 per cento rispetto al 2004. Se, poi, va un po' più giù, alla riga "Entrate regionali proprie", vedrà che, rispetto al 2004, le entrate regionali proprie sono cresciute di 1 miliardo e 950 milioni di euro (nel nostro testo; nel suo ci sono 500 milioni in meno per la famosa storia), cioè del 58 per cento.
E allora le politiche, alla fine, si fanno con le risorse. Noi abbiamo lasciato, alla fine della XIII legislatura, nel disegno di legge che voi avete presentato, entrate tributarie ordinarie cresciute del 40 per cento! Utilizzatele bene, ma soprattutto non fatevele sottrarre l'anno prossimo, perché nel 2010 quelle entrate possono crescere di un altro miliardo e 600 milioni di euro. E mi suonano sinistre, chiedo scusa per il termine, ma considero veramente pericolose le affermazioni del Capogruppo del P.d.L., l'onorevole Diana: "Stiamo attenti, perché poi si sono accollati degli oneri, gli oneri della continuità territoriale". Quaranta milioni di euro, contro un aumento di entrate di queste dimensioni! Ho paura che dentro la discussione sul federalismo fiscale questa conquista importante, che riguarda soldi veri, scritti nel bilancio che voi presentate, possa essere dimenticata. Ci starete attenti voi, ci staremo attenti noi, lo denunceremo con forza.
Al di là di queste risorse finanziarie in bilancio, lasciamo una serie di libri, che magari infastidiscono qualcuno, però li lasciamo, una serie di pianificazioni, di documentazione, per la prima volta il Documento unico di programmazione. Si è parlato per tanti anni della possibilità di mettere assieme le risorse europee, le risorse dei fondi FAS, le risorse straordinarie del bilancio della Regione e provare a pianificare secondo un criterio tutte queste risorse. Bene, quelle risorse, fino a qualche mese fa, fino a qualche settimana fa, ammontavano a circa 10 miliardi di euro: circa 3 miliardi di risorse europee, circa 2 miliardi e 200 milioni di euro di fondi FAS attribuiti direttamente alla nostra Regione e nella sua piena e perfetta titolarità, 4 miliardi e 400 milioni di euro di fondi FAS che dovevano essere gestiti assieme dal Governo e dalla Regione, ma che erano assegnati per il 12,61 per cento alla nostra Regione. C'era già non solo la decisione di un'assegnazione pro quota (alla nostra Regione spettava il 12,61), ma anche la certezza di questi fondi da qui al 2013. Purtroppo questo è passato quasi inosservato. I Presidenti delle Regioni del Mezzogiorno e tutti gli interessati stanno firmando una posizione comune, ma quei 4 miliardi e 400 milioni di euro - e lì dentro ci stava anche la realizzazione della SS Olbia-Sassari e di altre opere pubbliche - sono stati sottratti, sono stati, quelli sì, portati a un unico potere centralistico in Italia. Sono stati, infatti, portati nella disponibilità diretta della Presidenza del Consiglio, che gestirà un totale di 32 miliardi di euro (a noi riguardano, ripeto, 4 miliardi e 400 milioni) in parte per finanziare l'eliminazione dell'ICI sulla prima casa, in parte per finanziare ancora gli oneri sociali, che in questo momento di crisi gravissima continuano a crescere. Certamente sono risorse che sono state sottratte alla nostra Regione, così come alle altre Regioni del Mezzogiorno, che sono state sottratte alle regole e ai diritti, per cui se qualcosa arriverà sarà semplicemente per la benevolenza della Presidenza del Consiglio, una benevolenza su cui credo poco, anche perché nella recente delibera CIPE, in cui questa benevolenza è stata messa alla prova per la prima volta in questa circostanza, i fondi per il Mezzogiorno sono andati in gran parte ad altre cose. Alla Sardegna sono stati assegnati 30 milioni di euro che, è vero, sono destinati alla metropolitana sotterranea di Cagliari, che nella consapevolezza di tutti, però, costa più di un miliardo di euro, per cui quei 30 milioni potranno far felice qualche progettista, ma certamente non finanzieranno mai la metropolitana del capoluogo regionale. Comunque, mancano 4 miliardi e 400 milioni di euro, glielo segnalo; le segnalo anche che i Presidenti delle Regioni del Mezzogiorno stanno firmando un documento in merito, e probabilmente lo dovrà firmare anche lei.
Tra i tanti argomenti ho sentito parlare dell'insularità, se ne è parlato ancora adesso. E' vero, io ho cercato di rappresentare sempre l'opinione secondo la quale oggi, non cent'anni o cinquant'anni fa, l'insularità non è più un limite, anzi sono maggiori gli aspetti positivi di quelli negativi. Peraltro, continuiamo a parlare di turismo, continuiamo a parlare di ambiente: sarebbe totalmente diverso e forse anche le nostre opportunità per quanto riguarda il turismo sarebbero totalmente diverse se la Sardegna, appunto, non fosse un'isola.
Così come il grande trasporto merci internazionale ormai è totalmente diverso rispetto al passato, grazie anche alla presenza del Porto Canale; il trasporto aereo, come ben sapete, è totalmente diverso e non pone nessuna differenza tra la Sardegna e Reggio Calabria; le telecomunicazioni sono un mondo totalmente diverso rispetto a non troppi anni fa e non pongono la Sardegna in maniera diversa rispetto ad altre regioni.
Che cosa ci rimane dell'insularità? Ci rimane, appunto, non il limite del trasporto aereo, non il limite del grande trasporto marittimo internazionale, ma il limite del trasporto marittimo in Italia a opera della Tirrenia, alla quale ci siamo opposti, che abbiamo contrastato, e alcuni segnali ci sono, seppure siano passati quasi inosservati: ormai tutti i giorni parte una nave da Porto Torres verso Barcellona e poi Civitavecchia; quattro volte alla settimana da Valencia parte una nave che arriva a Cagliari e poi se ne va a Salerno, sotto Napoli. Sarebbe bastato un minimo di attenzione e la possibilità di fare una gara internazionale per eliminare questo ulteriore limite. Il costo del trasporto merci si sarebbe potuto ridurre ulteriormente, ma gli oneri che ne sarebbero derivati alla Sardegna valgono quattro spiccioli rispetto alle maggiori entrate nel bilancio regionale, uno specchietto di cristallo contro il tesoro rappresentato dalle risorse che cercano, invece, di aggredire.
Ancora sull'insularità - credo che il mio tempo sia finito - le segnalo che nel 2002 l'allora presidente Pili, l'allora presidente Cuffaro, il presidente Berlusconi e il ministro Tremonti firmarono un documento in cui solennemente dissero che avrebbero difeso il concetto di insularità della regione sarda al momento della presentazione della posizione italiana a Bruxelles per negoziare i fondi strutturali europei. A dicembre essi presentarono la posizione italiana e il concetto di insularità venne cancellato, perché la Sicilia rimaneva comunque nell'Obiettivo 1 e noi venimmo abbandonati totalmente a noi stessi, senza la possibilità, ricordata anche dall'onorevole Vargiu, di appigliarci al concetto di insularità, che Mario Segni riuscì a introdurre anche nel progetto di nuovo Statuto.
L'insularità, casomai, è un limite per il passato, per il ritardo infrastrutturale che si è portato dietro e che ci lascia. E allora, nel momento in cui ci dicono che terranno conto di questa insularità nell'attuazione del federalismo fiscale e ci dicono che faranno una ricognizione dei deficit strutturali, io ho un dubbio, ci credo poco.
PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato.
Richiesta di procedura abbreviata
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Presidente della Regione. Ne ha facoltà.
CAPPELLACCI, Presidente della Regione. Solo per chiedere a quest'Aula di volersi pronunciare sulla richiesta di adozione della procedura abbreviata, ai sensi dell'articolo 101 del Regolamento, per i disegni di legge finanziaria e di bilancio.
PRESIDENTE. Il Presidente ha chiesto, ai sensi del comma 1 dell'articolo 101, che prevede che il Presidente della Regione o un consigliere proponente possa chiedere al Consiglio l'adozione di una procedura abbreviata per l'esame dei progetti di legge e di altri provvedimenti. Il comma 2 prevede che l'Assemblea deliberi per alzata di mano e che in caso di approvazione i tempi stabiliti dal comma 1 dell'articolo 100 e dal comma 4 dell'articolo 48 vengano ridotti della metà.
Nel caso che ci interessa la richiesta si riferisce ai termini per la presentazione delle relazioni di minoranza, che verrebbero ridotti a cinque giorni.
Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Chiedo cinque minuti di sospensione.
PRESIDENTE. Sospendo la seduta per cinque minuti. I lavori riprenderanno alle ore 12 e 55.
(La seduta, sospesa alle ore 12 e 50, viene ripresa alle ore 12 e 55.)
PRESIDENTE. Vorrei pregare un collega dell'opposizione di accomodarsi nei banchi della Presidenza per svolgere le funzioni di Segretario. Onorevole Meloni, ci dà la sua disponibilità? Grazie.
Onorevole Uras, se c'è bisogno di un'ulteriore sospensione la si chiede.
Sospendo la seduta per altri cinque minuti. I lavori riprenderanno alle ore 13.
(La seduta, sospesa alle ore 12 e 56, viene ripresa alle ore 13 e 01.)
Richiesta di procedura abbreviata
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Presidente della Regione. Ne ha facoltà.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Signora Presidente, in questi minuti di sospensione, come esito di una interlocuzione tra i colleghi della maggioranza e dell'opposizione, debbo rilevare con piacere e soddisfazione la disponibilità da parte di tutti a condividere e quindi a costruire un percorso che possa tener conto di tempi abbreviati per l'esame della manovra finanziaria e quindi consentirci di arrivare rapidamente in Aula. Alla luce di questa gradita disponibilità, ritiro la richiesta di procedura abbreviata.
PRESIDENTE. I lavori della mattinata si concludono qui, riprenderanno alle ore 16 e 30. Convoco una Conferenza dei Capigruppo. La seduta è tolta.
La seduta è tolta alle ore 13 e 02.