Seduta n.287 del 21/12/2011
CCLXXXVII SEDUTA
MERCOLEDI' 21 DICEMBRE 2011
(ANTIMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
indi
della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 10 e 33.
COCCO DANIELE, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 3 novembre 2011 (279), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Angelo Francesco Cuccureddu, Gabriella Greco, Silvestro Ladu, Sergio Obinu, Antonio Pitea e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 21 dicembre 2011.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di disegni di legge
PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:
"Disciplina transitoria per l'organizzazione e regolazione del servizio idrico integrato". (342)
(Pervenuto il 19 dicembre 2011 e assegnato alla quarta Commissione.)
"Razionalizzazione dell'esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni di cui all'articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione)". (343)
(Pervenuto il 19 dicembre 2011 e assegnato alla prima Commissione.)
PRESIDENTE. Considerata l'assenza di numerosi consiglieri, sospendo i lavori sino alle ore 10 e 45.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 35, viene ripresa alle ore 11 e 16.)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del testo unificato numero 304-328/A.
E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.
SORU (P.D.). Signor Presidente, intervengo innanzitutto per dire che sono d'accordo sulla necessità e l'urgenza di fare questa riforma, perché finalmente si arriva, seppure con molto ritardo, a una riforma del FITQ del personale dipendente dell'amministrazione regionale. E' dal 1995, anno della cosiddetta riforma Dini, che si sarebbe dovuto provvedere e non ci si è riusciti fino a oggi. Non ci si è riusciti perché evidentemente è molto più facile assumere personale, aumentare le retribuzioni, aumentare non dico i privilegi, ma i benefit, piuttosto che, in tempi di crisi, magari diminuire il numero dei dipendenti, quindi stare attenti alle piante organiche, guardare con più attenzione alle progressioni di carriera e appunto ai benefit che vengono concessi.
Certo oggi è indiscutibilmente improrogabile, se guardiamo a quello che accade nel resto del Paese rispetto alle altre categorie di lavoratori, fissare un punto di equilibrio anche in questa materia. Certamente ci riesce un po' più facile per il fatto che anche il Consiglio regionale ha recentemente provveduto a riformare un argomento analogo che ci riguarda, che è quello dei vitalizi. Meglio sarebbe stato però, signor presidente, se l'avessimo fatto con più attenzione, ad esempio come è avvenuto nel Parlamento nazionale, dopo la nostra decisione - chiedo scusa, ma mi preme dirglielo -, avendo cura che i cambiamenti e le modifiche anziché decorrere dalla prossima legislatura avessero effetto a partire dal 31 gennaio 2012, così come prevediamo per i dipendenti regionali. Sarebbe un criterio di equità importante che ci permetterebbe di giustificare meglio anche il provvedimento che ci accingiamo ad approvare.
Sul testo unificato in esame credo che abbiamo compiuto uno sforzo importante in direzione dell'equità, come è di moda dire in questi giorni. E' un provvedimento necessario, possiamo avere opinioni diverse sui singoli punti, ma nel suo complesso evidenzia lo sforzo di equità che è stato compiuto, per esempio quando si dice che dal 1° gennaio 2012 ai dipendenti regionali si applica il sistema contributivo (né più né meno ciò che è previsto per tutti gli altri lavoratori italiani) e si salvaguardano i diritti acquisiti mantenendo il sistema retributivo per il periodo lavorativo maturato fino al 31 dicembre 2011. Si fa uno sforzo - è interessante, alla fine - avendo cura di mantenere il riferimento non all'ultima retribuzione, ma alla media delle retribuzioni degli ultimi dieci anni, e anche questo avrà un peso sul calcolo degli assegni integrativi futuri. Dal materiale che ci è stato consegnato risulta evidente che questo porterà un risparmio nelle casse regionali; risparmio che è di circa il 13 per cento per quanto riguarda il personale assunto fino al 1986, progressivamente più ampio, fin quasi al 40 per cento, per quanto riguarda il personale assunto successivamente e decisamente importante per quanto riguarda il personale per il quale il calcolo della pensione con il sistema retributivo sarà riferito soltanto a pochissimi anni.
Ma posto che di risparmio si tratta, sarebbe stato di grande aiuto poter disporre di conteggi che ci permettessero di capire quale sia la dimensione del disequilibrio del fondo in questo momento, perché mi pare che nei primi articoli di questo testo diciamo in maniera chiara una cosa che non era nemmeno scontata, cioè che la Regione verserà quanto necessario per assicurare queste prestazioni, quindi è di fatto il prestatore di ultima istanza per il progressivo riequilibrio del fondo. Sarebbe interessante, visto che stiamo legiferando in tal senso, capire qual è la dimensione del disequilibrio del FITQ e qual è l'entità dell'impegno finanziario che la Regione si sta assumendo. Sarà di 250 milioni di euro o forse di 500? Nei corridoi si vocifera che la dimensione del disequilibrio che viene stanato con questa legge è di circa 600 milioni di euro, ma foss'anche di 1 miliardo di euro sarebbe il caso di conoscerla con esattezza. All'università di Cagliari ci sono degli attuari molto bravi che avrebbero potuto darci una mano in questo senso.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue SORU.) Il mio intervento finisce qui, ricordando alla Presidenza, che ne ha maggiormente la responsabilità, l'opportunità che lo stesso tipo di trattamento e le stesse modalità di entrata in vigore delle norme che riguardano il fondo integrativo del personale della Regione siano estese anche a noi che ne abbiamo la responsabilità, così come è accaduto nel Parlamento. Sottolineo che stiamo facendo una cosa importante e grave, perché stiamo incidendo sulle aspettative dei lavoratori della Regione, il che ci responsabilizza maggiormente d'ora in avanti nel controllare ogni spesa della nostra Regione, nel prendere ogni decisione con maggiore attenzione, visto che ormai siamo arrivati a decidere sulle aspettative, anche legittime, dei lavoratori dell'amministrazione regionale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (P.D.). Io ho partecipato, come componente della prima Commissione, a tutte le riunioni che si sono svolte in questi giorni, ho avuto l'occasione di ascoltare tutti coloro che sono stati auditi, in particolare i rappresentanti sindacali dei lavoratori di tutte le categorie, e debbo dire che da ogni parte è emersa la necessità di intervenire con una legge di riforma del FITQ. E' emerso, evidentemente, il fatto che questo provvedimento non era più procrastinabile, per tante ragioni. La più ovvia è che questo fondo è strutturalmente in disequilibrio finanziario; disequilibrio stimato in decine e decine di milioni di euro. Le cause sono diverse, le abbiamo già esposte, ma magari occorre ribadire quali sono le diverse cause che devono essere attribuite al fatto che il FITQ sia in disequilibrio finanziario. Ciò è avvenuto in tanti anni, con diversi interventi normativi senza le dovute coperture finanziarie.
Quella del FITQ, badate, è una materia complessa e articolata, che riguarda tante persone, e quando si discute di questioni che riguardano provvedimenti che toccano tanta gente è bene istruire a dovere il provvedimento. A onor del vero, credo sia doveroso riconoscere che è stato svolto in Commissione un lavoro minuzioso, accurato, non privo di confronti fra i commissari, che ha portato, alla fine, alla stesura di un testo che, tutto sommato, credo possa andare incontro alle esigenze che i tempi oggi ci impongono e all'attesa dei lavoratori di vedere riconosciuti i loro diritti.
Il FITQ, come molti hanno ampiamente sottolineato durante le diverse discussioni, è nato strutturalmente in disequilibrio già nel 1965, con la legge numero 15 che lo ha istituito. Tale disequilibrio è stato amplificato ulteriormente dalle leggi messe in piedi nel corso degli anni: la legge numero 18 del 1971, sul passaggio alla Regione sarda del personale proveniente dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, che è stato iscritto al FITQ senza il versamento delle relative quote pregresse (passaggio riconosciuto ai fini dell'erogazione del FITQ anche successivamente); la legge numero 6 del 2000, che ha fatto in modo che il FITQ potesse essere toccato ancora più pesantemente. Devo dire che il primo passaggio è costato circa 80 milioni di euro, una cifra rilevante, mentre la retrodatazione dal 1984 al 1975, prevista dalla legge numero 6, dell'iscrizione al FITQ di tutto il personale che proveniva dallo Stato e da enti soppressi ha comportato una spesa stimata in circa 35 milioni di euro, a fronte di 1 milione di euro di versamenti al fondo. Negli anni successivi, sino al 2005, il passaggio nei ruoli regionali del personale dell'ERSAT, dell'EPT, dell'ESIT, dell'ARST e così via, non ha fatto altro che accrescere ulteriormente il problema.
In tutti questi anni la Regione si è fatta carico di coprire le mancate contribuzioni con sovvenzioni che sono state versate nel fondo. Ora, è chiaro ed evidente che bisogna intervenire. Probabilmente sarebbe stato necessario farlo molto tempo fa, ma adesso, anche in virtù di un processo inevitabile che sta investendo tutti i settori lavorativi del nostro Paese, è opportuno fare una riforma che parta innanzitutto da un calcolo della pensione basato esclusivamente sul sistema contributivo e non più su quello retributivo, che basava il calcolo sull'ultima retribuzione percepita e non sui contributi realmente versati.
Assodato questo, che è un dato di fatto sul quale tutti concordiamo e sul quale non credo si possa oltremodo discutere, la Commissione si è soffermata in modo particolare su alcuni aspetti. Dal 1° gennaio 2012 il metodo di calcolo secondo il sistema contributivo riguarderà tutti gli iscritti al FITQ, suddivisi in due fasce: coloro che si iscrivono per la prima volta, ovvero i nuovi assunti (se ci saranno nuovi assunti in questi anni, visto che la norma non prevede la possibilità di nuove assunzioni), e coloro che non sono mai stati iscritti al FITQ. Poi ci sono quelli che al FITQ sono iscritti da anni, che hanno maturato diritti che devono essere riconosciuti, anche in considerazione del fatto che c'è un processo in atto al quale questo Consiglio regionale non si può sottrarre per le ragioni che ho detto prima, cioè perché ha contribuito a fare in modo che il fondo fosse in disequilibrio finanziario e perché ci sono diritti in base ai quali i dipendenti che sono stati iscritti al FITQ per diversi anni hanno maturato delle aspettative.
Ci sono quindi questioni che devono essere valutate, tant'è vero che gli interrogativi sono questi: cosa fare per gli anni passati, cosa fare per coloro che sono iscritti al FITQ da molti anni, cosa fare per coloro che sono iscritti da più di quindici anni, come prevede la legge regionale numero 15, cosa fare per coloro che sono iscritti da meno di quindici anni. Sono tutti argomenti che sono stati ampiamente dibattuti e che alla fine hanno trovato sintesi in un testo che io personalmente condivido e che credo possa essere portato all'attenzione di quest'Aula per il voto definitivo. Anche questo, naturalmente, non è esente da eventuali considerazioni. Credo pertanto opportuno un confronto per valutare se qualche correttivo all'impianto di questo testo possa essere ancora apportato, se ci sono margini di manovra. Lo faccio sapendo bene di rispettare l'impegno preso in Commissione di venire in Aula senza toccare l'impianto complessivo della legge e senza modificare gli impegni di spesa previsti. Il ragionamento che facciamo in quest'Aula deve essere intellettualmente onesto, sapendo bene che ci sono ulteriori punti che possono ancora essere affinati. Ci sono aspettative che i lavoratori ci hanno sottoposto a seguito della stesura di questo testo di legge e credo valga la pena ancora una volta (non so se in Commissione, ma certamente fra i Capigruppo) di confrontarsi affinché qualche piccolo ritocco possa essere fatto senza modificare l'impianto della legge, sapendo bene che non ci sarà forzatura da parte di nessuno, tanto meno da parte del Partito Democratico, in questa direzione. Dobbiamo fare in modo che eventuali modifiche siano condivise, per arrivare a un testo di legge che possa essere votato, io spero, in maniera unanime dall'Aula.
Certamente le cose cambiano. E' bene dire che la legge regionale numero 15 del 1965 prevedeva per i dipendenti regionali l'iscrizione obbligatoria al fondo, con a loro carico il 5 per cento della retribuzione lorda, pari alla somma che la Regione versava fino al 2006, momento nel quale tale percentuale è passata al 7,50 per cento. Anche questo in legge viene modificato: qua si dice in maniera più esplicita che il 6,91 per cento deve essere dedicato al TFR, mentre il restante 0,59 va destinato alla rendita vitalizia. Sono questioni sulle quali si può fare la contrattazione, perché a questo si aggiunge il 5 per cento che viene versato per la rendita vitalizia da parte dei dipendenti e che sarà oggetto di contrattazione.
Ci sono questioni che naturalmente possono essere ancora viste, lo dico anche per anticipare la questione che riguarda soprattutto il calcolo che deve essere effettuato per la rendita vitalizia a favore di coloro che sono iscritti al FITQ da più di quindici anni. Insomma, ci sono diritti acquisiti che credo non possano essere toccati in alcun modo, sempre naturalmente in ragione del fatto che è in atto un processo dal quale nessuno può ritenersi escluso completamente e tutti dobbiamo fare, se necessario, un passo indietro per farne qualcuno in più in avanti. Sono regole normali quando si cerca di trovare un punto di mediazione che possa guardare avanti in quest'Italia in cui tutti dobbiamo contribuire a tenerne i conti in ordine, ma lo dobbiamo fare sapendo bene che ci sono questioni che non possono essere modificate, anche perché non dico che le ragioni per le quali siamo arrivati a una situazione di questo genere possono essere equamente distribuite, ma certamente la Regione ha grandi responsabilità al riguardo. Tutti all'interno della Regione hanno avuto grandi responsabilità nell'arco degli anni, perché è chiaro che si stava vivendo al di là delle possibilità e si stava gravando un fondo che non poteva sopportare ulteriormente carichi di quel tipo. Va sottolineato che si tratta di una riforma della previdenza per l'erogazione dei trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio per i dipendenti di ruolo con rapporto a tempo indeterminato.
Concludendo, ritengo che sia stato licenziato un provvedimento equo, che tiene conto dei diritti acquisiti e maturati, ma che non può sottrarsi a un condizionamento legato a problemi strutturali di un fondo che non regge più e a un mondo che cambia, e cambia per tutti. Ci sono questioni che verosimilmente vanno riviste. Abbiamo già presentato due emendamenti, probabilmente ne presenteremo un terzo, che naturalmente saranno discussi in Aula. Questo lo abbiamo fatto come Gruppo del Partito Democratico all'interno della Commissione. Riteniamo che i provvedimenti che abbiamo posto all'attenzione dell'Aula attraverso gli emendamenti possano essere accolti e siamo disponibili a trovare insieme un'intesa per fare in modo che siano approvati.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Rinuncio.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, colleghi, credo che dobbiamo avere chiaro il quadro in cui questo provvedimento si sta inserendo e dobbiamo anche avere la capacità di cambiare i termini che in genere usiamo per designare questi interventi. Non ci sono persone che hanno goduto di privilegi, anzi forse è il caso di bandire questa parola. C'è stato un sistema, vigente anche in Sardegna, in base al quale lo Stato ha molto protetto i cittadini e anche i suoi dipendenti. Lo ha fatto in ragione di una cultura vigente fino a quel momento, che è stata costretta a rivedere le sue posizioni proprio per l'insostenibilità finanziaria delle sue ambizioni.
Si deve partire da qui, se no non si capisce perché si sia intervenuti su una legge che tocca le aspettative dei dipendenti regionali. E' inutile che in Aula usiamo il "maanchismo" di Veltroni: c'è il sole, ma anche piove! Questa è una legge che tocca le aspettative dei dipendenti regionali e bisogna avere il coraggio di dirlo, però si deve spiegare il motivo per cui la facciamo. La facciamo perché oggi, come nel resto del mondo, la finanza pubblica deve far fronte a un insieme di bisogni e di interventi cospicui che non regge più e che non può reggere con uno sbilancio, quindi occorre rivedere tutta la spesa che può essere legittimamente rivista, perché domani ci troveremo magari a dover decidere sugli interventi per l'area di crisi del Sulcis, di cui parlavamo ieri, e a dover trovare fondi regionali per integrare il welfare. Lo dico per inciso, colleghi: io sto aspettando che venga completamente ratificato il decreto legge Monti, ma in quel decreto è scritto che le compartecipazioni erariali della Sardegna vanno ridotte di 1 miliardo e 400 milioni di euro. C'è scritto! Quindi noi ci troveremo a discutere di interventi nei settori di crisi con una ristrettezza finanziaria che ci costringe a essere molto severi nella gestione delle istituzioni e anche dei costi delle istituzioni.
Ciò che ha detto l'onorevole Soru vale per i nostri costi - io lo sottoscrivo e sono pronto a firmare la sua proposta - e vale per il funzionamento della macchina amministrativa. Nella fattispecie il FITQ non era sbilanciato per le furbizie dei dipendenti regionali o quant'altro; lo sbilancio era l'esito di una cultura differente, completamente differente. Pensate solo a questo: quando noi abbiamo tentato, per alleggerire la macchina regionale, di incentivare l'esodo del personale abbiamo ottenuto un vantaggio sul costo corrente della macchina regionale che chiaramente ha avuto uno sbilancio sul FITQ, perché ci sono state delle persone che sono andate in pensione senza avere ancora maturato i requisiti. E' chiaro!
Se usciamo dalla logica della furbizia, del giudizio sul passato con categorie, passatemi il termine, moralistiche ed entriamo nella logica della responsabilità, poiché viviamo tempi in cui tutti dobbiamo tentare di tenere la finanza pubblica in equilibrio, allora dobbiamo riconoscere che questa legge fa questo, per una parte chiaramente, non per il totale. Come lo fa? Lo fa, come è stato già detto, intanto garantendo l'erogazione delle prestazioni a chi è in pensione, che mi sembra una cosa non banale, perché, badate, noi parliamo di fondo e con i termini correnti si ha l'idea che il FITQ fosse uno di quei fondi pensione gestiti finanziariamente che garantiscono rendimenti e quant'altro. No, il FITQ è nato con una natura mutualistica, meramente mutualistica, e questa natura l'ha mantenuta. Pensate che la Regione versava meno di quello che avrebbe dovuto versare per legge, perché poi integrava. La Regione per un lungo periodo ha versato il 5 per cento, mentre avrebbe dovuto versare il 6,91 per cento; è durante la scorsa legislatura che il versamento della Regione è stato adeguato alle disposizioni di legge sul trattamento di fine rapporto. Quindi il termine fondo non induca a fraintendere. Il FITQ era un fondo mutualistico e noi abbiamo inserito le norme che proteggono l'erogazione delle prestazioni, e quindi chi è in pensione.
Devo dire che dall'analisi delle prestazioni risultano assegni integrativi obiettivamente minimi, di 200 o 300 euro, ma anche assegni integrativi che arrivano a 1.500 euro, per cui mi sarei aspettato che fossero i sindacati a proporre che quegli assegni integrativi versassero un contributo di solidarietà atto a mettere in ordine il fondo, perché quando si percepiscono assegni integrativi di questa entità si può decidere di concorrere anche se si è in pensione. Questa generosità civile non è emersa in questo momento, però credo che per assegni integrativi così corposi, sostenuti dalla finanza pubblica, si sarebbe anche potuto proporre al legislatore un intervento di questo genere, che invece non è stato proposto. Però le prestazioni sono assicurate, la sicurezza dello sbilancio è certa per i meccanismi già illustrati dai colleghi, cioè garantiamo anche lo sbilancio, però progressivamente questo viene meno.
Altri aspetti di correzione, per esempio per quanto riguarda l'articolo 7, sono stati segnalati anche dai sindacati e da dipendenti, perché, grazie a Dio, la partecipazione oggi può avvenire anche in forma non mediata. Ci sono dipendenti capaci che segnalano i punti dove ci sono incertezze o imprecisioni, per cui tutti questi suggerimenti credo verranno accolti senza nessun problema.
C'è poi il calcolo della media del TFR. Io francamente, lo dico ai colleghi, non capisco il pudore che porta a dire: "Ne parliamo in un altro momento". Se ne parla qua, se ne parla con franchezza e ognuno si assume le proprie responsabilità. Allora, diciamo con chiarezza che se fosse stato possibile distinguere il trattamento del TFR degli impiegati da quello dei dirigenti la partita sarebbe stata gestita diversamente, ma questo non è risultato possibile ed è agli atti della Commissione che cosa ha determinato, rispetto ai trattamenti di fine rapporto e degli assegni integrativi, la divaricazione tra le retribuzioni degli impiegati, dalla categoria A alla categoria D, e quelle dei dirigenti.
Che cosa è successo? Ieri l'onorevole Campus diceva quanto incida diversamente sul FITQ il trattamento di fine rapporto dei dirigenti rispetto al trattamento di fine rapporto degli altri impiegati. Ci abbiamo lavorato, ma non se ne esce. Non se ne esce! Abbiamo trovato la soluzione della media della retribuzione lorda percepita negli ultimi dieci anni, che fa salvi i diritti acquisiti, perché sostanzialmente riguardano quello che è stato versato, attualizzato. Ma è vero che questo può intaccare le aspettative e se si è uomini si ha anche la capacità di assumersi questa responsabilità dando giustificazioni rispetto al motivo per cui lo si fa, magari perdendo qualche voto, perché si può anche perdere qualche voto, però dicendo onestamente quali sono stati i presupposti della scelta. E il presupposto della scelta è quello che dicevo in principio, cioè cercare di rimettere in equilibrio una situazione di difficoltà.
Io non credo che siano emendabili i pilastri di questa legge; è emendabile tutto il resto, perché tutti possiamo sbagliare, ma i pilastri restano tali, sia chiaro. Penso che anche le altre norme oggetto di proposte emendative debbano essere discusse, perché mi risulta siano stati presentati emendamenti anche all'articolo 14, sull'omogeneità nel comparto. Colleghi, bisogna avere la forza di parlarne: non abbiamo un sistema omogeneo e non perché i dipendenti di LAORE siano più furbi, ma semplicemente perché all'interno di LAORE sono confluite delle strutture del parastato che avevano forme contributive differenti, ma noi non possiamo, se siamo gente seria, tenere all'interno dello stesso comparto contribuzioni differenti. E allora abbiamo detto che occorre un percorso di omogeneizzazione, che non può essere guidato dall'Aula, perché dovremmo fare una legge specifica su ogni fondo, ma che è affidato a procedure che verranno definite dalla Giunta e alla contrattazione. Ciò che si sta dicendo in giro, cioè che si perde il contributo del 10 per cento riguardante i dipendenti di LAORE è una stupidaggine. Una stupidaggine detta da persone che sapevano di dire una stupidaggine! Invece la legge prevede che il Governo regionale, nel tempo intercorrente di tre mesi per l'applicazione delle norme generali e fino alla nuova contrattazione, trovi non una modalità rivoluzionaria, populista o finalizzata a esibire una vittima del rigore, ma una modalità riformista, e quindi graduale, per far sì che il fondo integrativo del personale regionale sia in equilibrio. Non a caso la legge individua la contribuzione minima del datore di lavoro e del dipendente, ma non la contribuzione massima. Sarebbe veramente assurdo prevedere quanto un dipendente o una categoria in sede di contrattazione può decidere di accantonare per il suo assegno integrativo. La soglia minima è legata alla necessità di tenere i conti in equilibrio, tutto qui. Questo è accaduto. Questo è ciò che è dentro questa legge; una legge che protegge i diritti acquisiti, che non rispetta tutte le aspettative - diciamolo, è così - ma che ha una struttura di equità che ho cercato di illustrarvi.
Noi dobbiamo avere il coraggio di dire le cose nelle sedi in cui ci si confronta su questi temi, che sono quelle del Consiglio regionale, e di non fraintendere il nostro mandato, come se fossimo dei rappresentanti corporativi, perché non è questo il nostro compito. Il nostro compito è quello di guardare oltre il gruppo che ci parla e di vedere se l'interesse di quel gruppo può essere coniugato con l'interesse di tutti. E quando questo costa fatica bisogna avere la capacità di essere uomini che si assumono le proprie responsabilità. Questo è ciò che bisogna fare e noi abbiamo cercato di farlo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.
CONTU MARIANO (P.d.L.). Rinuncio.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Vedo un'aula colma e tutti i consiglieri regionali fortissimamente impegnati in questa discussione perché tratta della riforma di una tra le più "resistenti" leggi dell'ordinamento regionale. Dal 1965 sono passati quarantasei anni e in quarantasei anni nessuna Giunta, nessuna maggioranza è stata in condizioni di affrontare questo problema, non perché non ci fosse, ma perché è stato accuratamente evitato. Io mi onoro di essere un consigliere regionale, e mi onoro di essere un consigliere espressione di un partito di sinistra che ha a cuore la vita, l'attività, le aspirazioni, i diritti dei lavoratori. E tanto me ne onoro, che onoro questa funzione con il coraggio che ci vuole nell'esprimere la propria opinione sempre, anche quando non è gradita. Io non mi nascondo, non giro l'angolo, reggo il confronto, perché questo è il nostro dovere.
Questo è un dibattito assente, e perché è un dibattito assente? Se l'Assessore ci dice il vero - e io so che è così -, cioè che questo provvedimento interviene per evitare un sovraccarico finanziario compreso tra 600 milioni e 1 miliardo di euro in capo a un bilancio già aggredito intanto dalle inadempienze dello Stato, questa discussione doveva essere una di quelle importanti occasioni in cui ciascuno di noi, assumendosi la responsabilità di quello che dice e che pensa, fa la sua parte e manda un messaggio alla società sarda, perché fuori da questo palazzo, e anche fuori dalle stanze di viale Trento, c'è una società che affronta con sofferenza e incertezza la propria condizione di vita. Qualcuno dirà: "Ma voi dovete rinunciare alle indennità, dovete rinunciare all'assicurazione". Ho visto che i quotidiani sardi si sono dedicati a ragionare sull'assicurazione - io non sapevo neppure che esistesse, devo dire la verità - contro gli infortuni dei consiglieri regionali. Ma siccome la mia passione è, com'è noto, l'arrampicata libera, non sarò neppure uno dei soggetti che ne potrà usufruire per essere caduto dalla montagna, magari sulla base di qualche augurio anche immeritato. E mentre si parla di questo non si dice per esempio - Assessore, lei ce lo può dire - quanto spende la Regione per tutelare non dagli infortuni, non dalla guida spericolata nelle strade in condizione di ebbrezza, ma dalle responsabilità della funzione di governo gli Assessori e i dirigenti della Regione. Quanto si spende, Assessore, ce lo dica, perché così facciamo un po' di giustizia.
E anche nel parlare di FITQ facciamo un po' di giustizia: chi c'era nel 1965 decide di darsi una doppia pensione, perché la Regione era costituita da alcune centinaia di persone che si mettevano d'accordo attorno al tavolo di una stanza, non era mica il complesso di uffici, di enti, di agenzie e di competenze che è adesso! Allora non c'erano migliaia di lavoratori, ma solo alcune centinaia, i quali decisero di darsi una doppia pensione, cioè di costruirsi un sistema mutualistico parallelo. Com'è noto, anche nel dopoguerra non prevaleva la cultura solidaristica, ma quella corporativa, per cui ogni amministrazione (in molti casi anche imprese private), ogni ente dello Stato organizzava se stesso, e così si garantivano diritti che oggi verrebbero comunemente considerati privilegi. Stiamo parlando, per esempio, del titolo del figlio a subentrare al padre che andava in pensione o aveva subito un infortunio in servizio; stiamo parlando, per esempio, del diritto alla casa. Il personale regionale ha costruito case con il concorso del bilancio della Regione e ne è diventato proprietario. I quartieri vicino a via dei Giudicati, a Cagliari, sono costituiti da abitazioni per il personale della Regione; la stessa "torre" del palazzo di viale Trento nasce come destinazione di abitazioni per il personale dell'amministrazione regionale. Questa era la filosofia - ha ragione il collega Maninchedda - di un sistema corporativo che nell'ambito di ciascuna azienda, di ciascuna amministrazione trovava aggiuntivamente trattamenti di favore nei confronti dei propri dipendenti. E siccome era una grande famiglia, ma era una famiglia, la Democrazia Cristiana, che era maestra nel governare i bisogni - lo dico senza nessuna ironia, lo dico perché lo penso -, risolveva dentro quel sistema corporativo in questo modo il rapporto con i lavoratori. Stiamo parlando, però, di uno Stato che noi abbiamo solamente nella memoria e nella conoscenza storica, di uno Stato che ci ha lasciato un debito pubblico impressionante, che noi e le generazioni che verranno siamo costretti a pagare.
Nel 1965, veniva quindi approvata illegittimamente, in violazione dei principi costituzionali, una legge che garantiva una doppia previdenza, con il concorso del finanziamento pubblico, in modo mutualistico e solidaristico, e quella legge incostituzionale ha retto per quarantasei anni a ogni governo di centrodestra e di centrosinistra. Fino a quando? Fino a oggi. E perché oggi si pone il problema? Perché non abbiamo più una lira, ha ancora ragione l'onorevole Maninchedda a richiamare i contenuti del decreto Monti. Ma il Ministro del lavoro del Governo Monti quando è andato all'Associazione della stampa a parlare dell'INPGI, cioè dell'istituto di previdenza dei giornalisti riconosciuto dallo Stato, il quale non dà una doppia previdenza, ma ne dà una sola, ha detto: "Voi non siete compatibili con i livelli di finanza pubblica che sono definiti dallo Stato". Il presidente della Federazione nazionale stampa italiana (FNSI) ha replicato: "Non è vero". E badate, quello è un trattamento previdenziale che viene pagato dagli editori e dai giornalisti, cioè da soggetti privati.
Questo lo dico perché così incominciamo a inquadrare le cose. Nessuno qua vuole colpire diritti acquisiti, nessuno vuole vessare il personale dell'amministrazione pubblica, quello regionale e quello degli enti, ma noi (dico noi, anche se io sono incolpevole, perché le colpe sono di chi governa e di chi ha governato e ha lasciato le cose come stavano) siamo costretti a fare oggi interventi che si sarebbero potuti fare dieci anni fa, con effetti molto meno negativi. Lo dico perché le responsabilità sono diverse, perché non si può essere opposizione quando bisogna contare sulle cose e poi governo quando bisogna addossarsi il fardello delle responsabilità di altri e delle manchevolezze di un sistema che non si è peraltro concorso a costruire.
Noi non abbiamo nessuna intenzione penalizzatrice, anzi è il contrario. Badate, non è che questa legge viene approvata qua e non passa al vaglio del Governo! Verrà approvata qua e verrà esaminata accuratamente dagli uffici del Governo, compreso ogni emendamento che oggi pare appagante rispetto alle pressioni che ci sono state e che non sono state sempre totalmente civili. Incomincio a dirlo, Presidente, perché bisogna prendere provvedimenti ogni tanto. Qua non si fa la caccia! Cattivi maestri ce ne sono fin troppi in giro e quando si evocano le aggressioni nei confronti di una categoria che ha responsabilità politiche di governo o di rappresentanza, come quella del consigliere regionale, e ogni giorno c'è un articolo in più sulla stampa che ci indica come i responsabili dei danni di una società e ci taccia di egoismo, questa indicazione può essere decisiva, determinante per la società, per la sua civiltà, per il suo rispetto, anche nella vita! Bisogna stare attenti, bisogna vigilare e chiamare a questo le autorità pubbliche, perché noi non giriamo con la scorta, come fanno i ministri. Noi viviamo nel rapporto, nel rispetto e nella considerazione dei cittadini che frequentiamo.
Presidente, se ci sono emendamenti cerchiamo di rendere migliore questo testo che ha la finalità di salvare la previdenza integrativa o complementare. Ripeto, integrativa o complementare, cioè non si tratta della previdenza che tutti hanno diritto di avere e che non viene assolutamente intaccata, ma di un di più che prima veniva pagato dall'amministrazione pubblica a carico del bilancio regionale, dove versano risorse finanziarie, in quanto derivano dalla fiscalità, tutti i lavoratori della Sardegna, e che da oggi deve invece essere prevalentemente pagato con la contribuzione dei beneficiari. E non vale il ragionamento che ci sono state categorie che hanno goduto di privilegi, perché quelle categorie ne godono ancora e ne godranno, in quanto quello che ci chiede anche il sindacato, cioè di mantenere i diritti acquisiti, vale anche per loro. Non abbiamo passato in rassegna tutti coloro che non avevano versato i contributi ai tempi dovuti, in forza di legge, per cui quel personale continuerà a godere di certi benefici proprio sull'assunto che dobbiamo salvaguardare i diritti acquisiti.
Quindi, Presidente, questa è una legge finalizzata a salvare la previdenza complementare e integrativa dalla mannaia dei provvedimenti centralistici del Governo, riportando a compatibilità finanziaria gli interventi, e a colpire una giungla retributiva che è ingiustificata e ingiustificabile e, secondo me, lo dico all'Assessore, è anche frutto della mancanza - da sempre! - degli interventi di controllo che dovrebbe attuare la direzione generale del personale. Se un ente prende il 17,5 per cento di contributi da ciascun lavoratore, ogni 1.000 euro prende 175 euro di salario differito, che va alla previdenza integrativa; se un altro ente ne prende 120 o 50, sempre ogni 1.000 euro, si crea una disparità. Il salario differito è comunque salario e deve stare dentro la cinta della contrattazione! I lavoratori, i sindacati possono scegliere di investire più sul futuro che sul presente. Questo dice la legge, che non inibisce però rende questo meccanismo trasparente. Dobbiamo rendere il fondo della contrattazione integrativa totalmente visibile, perché non possiamo operare fuori dalle regole che sono sancite per tutti e per tutte le amministrazioni pubbliche. Cioè la Regione sarda si comporti esattamente come si deve comportare qualunque altra Regione d'Italia. Questo ci eviterà danni gravissimi e ci aiuterà a recuperare credibilità nei confronti di tutti.
Infine, abbiamo la partita delle entrate, lo dico anche ai lavoratori della Regione, che oggi e anche ieri, onorevole Espa, ho visto anche ieri presenziare qua in Consiglio regionale con grande attenzione. Non li ho mai visti, devo dire la verità, in occasione della discussione sulle grandi vertenze, sulla partita delle entrate, sull'ammodernamento dell'amministrazione regionale, sulla sua capacità di spesa, su come si attuano le leggi. Mi chiedo: ma quei dirigenti, quei funzionari, quegli impiegati, lo sanno che non si attua la legge sulla sicurezza del lavoro, una legge bipartisan, proposta da me, quale primo firmatario, e dal collega Sergio Pisano dei Riformatori e approvata all'unanimità da questo Consiglio? Lo sanno che non si applica la legge in materia di politiche del lavoro e di servizi per il lavoro? Lo sanno che quella legge è da sei anni ferma al palo? E noi siamo la Regione della disoccupazione, ce lo ricorda l'associazione "Carta di Zuri": persone al di sotto della soglia di povertà 350 mila. E' venuto il Governo Monti a dirci che bisognava pagare puntualmente le imprese, che la pubblica amministrazione non può far fallire i piccoli fornitori. Noi l'abbiamo fatto, su proposta dei Riformatori, l'anno scorso, con la legge finanziaria. Abbiamo stanziato 10 milioni di euro, l'apparato amministrativo non ha speso una lira! Ricordiamoci di tutte queste cose! Quando chiediamo diritti siamo sicuri di aver fatto il nostro dovere?
PRESIDENTE. Informo l'Aula che la consigliera Zuncheddu è rientrata dal congedo.
E' iscritto a parlare il consigliere Diana Giampaolo. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Io penso sia utile, lo hanno già fatto alcuni colleghi che mi hanno preceduto, contestualizzare questa discussione. Dico anche che per quanto ci riguarda ovviamente noi esprimiamo un parere favorevole sul testo unificato esitato dalla Commissione. Voglio dire, a scanso di equivoci, che riconosco alla Commissione di aver svolto un lavoro importante, non era semplice e tra l'altro non era nemmeno scontato, visto il contesto in cui si opera. Io apprezzo pertanto il lavoro che ha svolto la Commissione, non lo dico certamente per piaggeria. Viviamo, Presidente, cari colleghi, un momento drammatico dell'economia del nostro Paese, che, come ci hanno ricordato in tanti, in particolare gli osservatori più attenti, ha rischiato il fallimento. La manovra Monti pare aver scongiurato questo rischio, speriamo che ciò risponda al vero.
Vorrei ricordare che la Sardegna non sta certamente meglio, anzi credo stia peggio, poi cercherò di spiegarlo seppure brevemente. Il nostro problema, il problema di questo Paese e della nostra regione, è l'assenza di crescita. Quando un Paese non cresce e non aumenta la sua capacità di produrre ricchezza è costretto, in momenti drammatici della sua economia, a intervenire così come si è intervenuti anche recentemente attraverso la manovra Monti. Vorrei ricordare che nei giorni scorsi il CENSIS, che certamente non è un organo che possa essere accusato di partigianeria nei confronti di nessuno, ha reso noti i tassi di crescita della zona euro e ci ha ricordato che nel periodo 2001-2011, cioè in dieci anni, l'Italia è cresciuta di appena il 4 per cento, la Francia del 9,7 per cento, la Germania dell'11,9 per cento. Ora, qualcuno dirà: "Cosa c'entrano questi riferimenti?". C'entrano eccome - scusate la poca eleganza discorsiva -, perché se non c'è crescita, come purtroppo registriamo, ahinoi, da troppi anni, è evidente che per risollevare le sorti del Paese, della sua economia, e per evitare i rischi di fallimento si è costretti a intervenire sulle spese, ed è quello che si è fatto. Lo si è fatto in questo Paese, non lo si fa in questa Regione, e io direi che su questo dovremmo riflettere in maniera più attenta.
In che modo si è intervenuti sulla spesa? Si è intervenuti soprattutto sull'unica voce esigibile - io non sono d'accordo, ma ha poca importanza la mia opinione personale -, in particolare si sono fatti tagli al sistema previdenziale. La manovra Monti alla fine è stata votata alla Camera, corretta soprattutto dall'azione del mio partito, ma non soltanto del mio partito, in particolare per quanto riguarda il tetto relativo alle pensioni che non andavano rivalutate in base al tasso di inflazione. E comunque il testo approvato prevede che le pensioni oltre i 1.400 euro non vengano rivalutate. Stiamo parlando di 1.400 euro, stiamo parlando di un intervento del Governo sostenuto da tutto il Parlamento che, per recuperare risorse, per evitare che il Paese fallisca, interviene sulla spesa. Non può fare altro non essendoci crescita, ma guarda caso interviene chiedendo di pagare alla parte più debole, più povera del Paese, tant'è che le pensioni di 1.401 euro non verranno rivalutate in base al tasso di inflazione. Sembra quasi che chi percepisce 1.400 euro e rotti appartenga alla categoria dei ricchi! E' una manovra, dal mio modestissimo punto di vista, che non ha un profilo di equità, perché anche su questo terreno, anche sulla previdenza poteva certamente intervenire in maniera più significativa ed equa.
Che c'entra questo con la discussione che è in atto? Credo che pian piano - sto cercando di dire delle cose a un'Aula assente e distratta - si capirà che forse qualche nesso c'è.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
(Segue DIANA GIAMPAOLO.) Noi siamo intervenuti, lo ha fatto la Commissione, lo ha fatto bene e nell'unico modo possibile. Credo infatti che la Commissione, e quindi questo Consiglio, non avesse scelta; il Consiglio era ed è costretto a intervenire nelle forme in cui è intervenuto. Ce lo ha ricordato ieri puntualmente l'onorevole Steri, stamattina lo ha richiamato il Presidente della Commissione, soffermandosi su qualche dato che aiuta a comprendere e soprattutto a riflettere laicamente, non condizionati da alcuna spinta, perché un legislatore, almeno quando è costretto (avrebbe dovuto farlo prima, ma purtroppo non lo ha fatto), dovrebbe intervenire senza subire la spinta di nessuno, assumendosi, sbagliando o meno - spero non sbagliando, ma facendo bene - la responsabilità generale di rappresentare gli interessi di tutti.
Siamo in una situazione in cui, ripeto, non potevamo non intervenire, per le cose che ci sono state ricordate. Oggi in Sardegna siamo di fronte a una manovra per il 2012 che registra - qualcuno non sarà d'accordo, ma è così - più spese rispetto alle entrate certe. Abbiamo la consapevolezza in quest'Aula che la manovra finanziaria, che stenta anche a essere discussa proprio per queste ragioni, prevede spese maggiori delle entrate certe? Io ho l'impressione che non ci sia questa consapevolezza, che però deve avere innanzitutto quest'Aula. Dovremmo essere bravi, ed evidentemente non lo siamo, nel far condividere questa consapevolezza anche all'esterno, perché noi non stiamo meglio del nostro Paese, che era sull'orlo del fallimento. E se fosse fallito, come è fallita la Grecia, quel fallimento avrebbe significato che il valore di tutto ciò che abbiamo, dal valore del conto corrente al valore del mutuo, sarebbe stato nella migliore delle ipotesi dimezzato.
Allora, quando parlo di contestualizzare questa discussione credo che la Commissione e il Consiglio regionale non possano fare a meno di aver presente la situazione in cui viviamo e in cui versa questa regione, certamente - ma non voglio scaricare la responsabilità su altri - non per responsabilità dell'attuale Consiglio regionale. Le responsabilità, come ha ricordato il collega Uras poc'anzi, vengono da lontano e questo Consiglio aveva il dovere di intervenire prima, così come il presidente Berlusconi aveva il dovere di intervenire tre anni fa su una situazione drammatica dell'economia regionale, perché se fosse intervenuto allora probabilmente oggi non ci troveremmo in questa situazione. Ma non voglio scappare per la tangente. Ripeto, noi siamo una Regione - prego il Presidente e i due Assessori presenti di dirmi se non è così - dove le spese sono maggiori delle entrate. Questo è il dato che noi abbiamo e stiamo intervenendo perché costretti.
Concludendo il ragionamento su queste poche cose che ho voluto dire, penso che questo Consiglio oggi non possa permettersi il lusso di non assumersi le responsabilità che i suoi predecessori non si sono assunti. A noi oggi non è permesso nascondere la testa sotto la sabbia, perché se lo facessimo qualcuno ce lo farebbe notare drammaticamente per tutti, non soltanto per i lavoratori che hanno diritto al FITQ. Penso che in questo contesto la Commissione si sia mossa bene, abbia fatto un buon lavoro e il testo esitato garantisca equilibrio. Mi pare che la Commissione abbia fatto bene anche a porsi, con l'articolo 14, l'obiettivo della omogeneizzazione del comparto, perché un Consiglio regionale deve porsi necessariamente, e io dico obbligatoriamente, anche questo obiettivo. E' un suo dovere e bene ha fatto la Commissione a formulare in quel modo l'articolo 14.
A me pare, ripeto, che il testo esitato si muova con equilibrio, come dicevo. Ci siamo assunti la responsabilità, a differenza di chi ci ha preceduto, di non scaricare sugli altri un costo, perché se c'è una cosa grave di cui si è macchiato il legislatore regionale negli anni passati è aver gestito questa situazione in una condizione di non equilibrio, scaricandone a posteriori i costi. Credo che quando un legislatore compie un atto di questa natura non abbia il diritto di essere considerato come tale, perché si può accettare tutto tranne che mantenere un sistema in disavanzo e scaricare il disavanzo di una parte di quel sistema su una collettività che nulla ha a che vedere con essa. Credo che questo sia avvenuto negli anni passati e sia stato un grave danno per tutti. Questa situazione non può essere più accettata e mi pare che il lavoro esitato dalla Commissione garantisca, ripeto, i diritti acquisiti e si muova sul terreno importante dell'equità e dell'omogeneità, che vanno salvaguardate.
Finisco con un appello: se è necessario introdurre qualche modifica che non tocchi i cardini, come diceva il Presidente della Commissione, siamo qui per farlo, ma guai a noi se questo Consiglio si dovesse dividere sul voto su questo testo di legge. Se lo facesse, ovviamente…
(Interruzione del consigliere Campus)
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). No, non ce l'ho assolutamente con te, e lo sai bene!
Guai a noi se dovessimo dividerci su una materia come questa. Credo che l'Aula sia messa alla prova e debba assumersi la responsabilità di esitare un testo condiviso da tutto il Consiglio e non soltanto da una parte di esso. Mi dispiacerebbe davvero molto che, pur di speculare su qualcosa che non è alla portata, noi registrassimo delle differenze. Ripeto, siamo disponibili a esaminare tutto senza toccare i cardini di questo testo, ma auspico che ci sia un'espressione unitaria di questo Consiglio. Ce n'è bisogno qui dentro, ma anche fuori di qui.
PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto), Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. Signora Presidente, colleghi, anch'io come molti colleghi la voglio vedere così: con questo provvedimento noi tutti stiamo mantenendo fede a un impegno che era stato assunto dalle diverse Giunte che si sono succedute in Sardegna nei confronti dell'intero sistema organizzativo della Regione, del quale ovviamente la disciplina previdenziale e pensionistica del personale è un tassello fondamentale.
Insieme al disegno di legge numero 328, la Giunta ha presentato al Consiglio regionale la modifica della numero legge numero 31, sul personale dell'amministrazione regionale, che rappresenta un segnale concreto verso quella riforma complessiva della Regione di cui tutti stiamo parlando da diverso tempo e che è quindi negli obiettivi di tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale. Questo è un momento anche di verifica, se vogliamo, delle reali vocazioni riformiste. Lo dico con modestia, senza enfasi; diciamo che stiamo facendo, uno alla volta, significativi passi avanti verso la Regione che vogliamo, verso il modello di Regione che tutti abbiamo in mente, ma che ancora non c'è.
Quello di oggi è un passo che ha subito un'accelerazione improvvisa nei mesi scorsi, sollecitata dalla proposizione in Aula, in occasione dell'approvazione, nello scorso mese di agosto, della legge numero 16 sul personale regionale, delle questioni legate al FITQ. In tempi rapidi è stato fatto un buon lavoro con il coinvolgimento e la condivisione di tutte le parti in causa. Ricordo che anche allora l'onorevole Soru, che partecipò a quel dibattito, indicò alla Giunta regionale e alla stessa Commissione alcuni punti fondamentali, tra cui quello del FITQ, che bisognava in qualche modo affrontare.
Quello del FITQ era ed è un tema ineludibile. Il percorso fatto negli anni aveva purtroppo imboccato una strada di non ritorno ed era necessario porvi rimedio nel contesto di principi condivisi non solo di compatibilità della spesa, ma anche, come è stato rimarcato più volte in quest'Aula, di giustizia e di equità nel rispetto dei diritti dei lavoratori. A questo impegno arriviamo oggi, possiamo dire, con proposte che, tenuto conto del quadro generale della regione e del Paese, rappresentano, se verranno condivisi dall'Assemblea, come io auspico fortemente, un buon traguardo in quanto contemplano i diritti dei dipendenti e gli interessi generali della pubblica amministrazione secondo condivisi principi di equità sociale e di razionalizzazione della spesa pubblica, dal cui contesto la Regione Sardegna non può star fuori, come ben diceva il Presidente della prima Commissione. Dobbiamo anche dire, con obiettività, che l'emendamento a quella legge ha avuto il merito di richiamare in maniera forte l'attenzione del Consiglio regionale su un tema di sicuro rilievo e di stretta attualità, anche perché le soluzioni alle quali siamo pervenuti sono in linea, anzi hanno anticipato le decisioni in materia adottate dal Governo e dai parlamentari per allineare il sistema previdenziale e pensionistico italiano a quello europeo, condizione sine qua non, con altre condizioni di natura fiscale ed economica, per tenere in regola i conti pubblici. Io mi auguro che quello che diceva il Capogruppo del P.D. possa essere raggiunto, purtroppo siamo partiti da qui, ma mi auguro che oltre ai soliti noti ci siano anche i nuovi noti che ancora non abbiamo visto.
L'esigenza primaria di questa fase storica e difficile dell'economia complessiva del Paese e della nostra regione è quella di rifare i conti, riequilibrare il fondo, liquidare il passato, semplificare il sistema mantenendo l'equità e tutelando i diritti acquisiti. La Sardegna, quindi, anche in questo concorre ai sacrifici del Paese e ne condivide le ragioni. La Regione sarda si allinea alle regole dello Stato, anzi le anticipa perché è la prima Regione ad aver messo in campo un sistema che finalizza i sacrifici all'equità, al risparmio, al contenimento e alla razionalizzazione della spesa, oltre che ai presupposti su cui costruire lo sviluppo futuro. Ci aspettiamo analoga considerazione e condivisione da parte dello Stato, ma questa pare che tardi ad arrivare.
La riforma proposta del FITQ, oltre che doverosa, a mio giudizio è anche giusta dal punto di vista politico, giuridico ed economico, soprattutto equa. Il FITQ ha rappresentato da sempre per i dipendenti regionali un approdo di grande rilevanza sociale ed economica, un fattore di sicurezza nel futuro incerto del divenire della società. A fronte dell'esigenza di modificare e interrompere il trend negativo del fondo, di adeguarlo alle mutate condizioni e regole nazionali sulla materia, è stata fatta, io credo, la scelta più equa ed equilibrata, tenendo conto della pluralità degli aspetti insiti nella natura stessa del fondo. Si potevano intraprendere forse altre strade, abbiamo preferito quella del riconoscimento della validità sociale della natura del fondo, con la convinzione che esso rappresenti uno strumento non di riconoscimento di un privilegio, ma di risposta equa e coerente a un'esigenza di vita e di giustizia sociale. La Giunta, per la verità, aveva presentato una proposta di legge diversa, ma il rapporto con il Consiglio - su cui tornerò alla fine di questo mio intervento - è stato di fattiva e cristallina collaborazione e ha consentito di sviscerare nei minimi particolari le tematiche e pervenire a una scelta ponderata.
Il testo di legge che viene presentato all'approvazione del Consiglio, che assomma due progetti di legge, uno presentato dall'onorevole Steri e altri, l'altro dalla Giunta, è frutto del lavoro della prima Commissione, che ha operato una sintesi tra i due testi, superando le molte difficoltà proprie della materia. E' noto come le problematiche affrontate siano di difficile soluzione, non solo a causa della complessità del sistema della previdenza integrativa sotto il profilo tecnico e finanziario, ma anche per il radicamento dell'istituto nella realtà regionale. Infatti il fondo integrativo del trattamento di pensione a fine servizio dei dipendenti regionali risale, come è stato detto, al 1965, e viene quindi percepito dai dipendenti regionali come parte integrante della propria condizione giuridica. Intervenire sulla sua disciplina dà luogo a problemi che non sono soltanto di ordine strettamente giuridico; essi derivano dai limiti che il legislatore incontra nel disciplinare situazioni pregresse nell'ambito di un rapporto di lavoro in atto, in particolare quando intenda introdurre regole che comprimono diritti già maturati o che limitano aspettative formatesi sulla base delle norme vigenti nel tempo. Se per il futuro la scelta può essere netta, per il passato occorrono attente valutazioni. Per il futuro la scelta è quella del metodo contributivo per tutti, non essendo finanziariamente sostenibile una soluzione di riforma radicale solo per le future iscrizioni al FITQ, che faccia salve le aspettative dei dipendenti in servizio anche per le anzianità contributive che verranno maturate in data successiva alla legge di riforma. Per il passato, invece, occorreva e occorre riconoscere i diritti laddove questi possano essere considerati come acquisiti. E tali sono, o perché la loro maturazione avviene tempo per tempo, come nel caso del trattamento di fine servizio, o perché la formazione del diritto accede al conseguimento di altro diritto già maturato dal dipendente. E' questo il caso del diritto all'assegno integrativo della pensione che il dipendente iscritto al FITQ da oltre quindici anni consegue per effetto del diritto al trattamento di pensione che egli ha maturato secondo la legge nazionale. E' difficile in questi casi cancellare le regole vigenti per sostituirle con altre di dubbia ragionevolezza, che possono creare margini di incertezza e quindi di conflitto.
Quanto sto affermando porta a concludere, ragionevolmente, che la soluzione che meglio contempera i diversi interessi è quella di riconoscere a ogni iscritto il valore economico dei diritti maturati alla data della legge di riforma e di consolidarlo come credito a suo favore, che gli verrà riconosciuto al momento della cessazione dal servizio, rivalutato secondo gli indici Istat, o in altro modo. La rivalutazione potrà eventualmente formare oggetto di revisione successiva.
La legge regionale istitutiva evidentemente non risulta coerente né con l'evoluzione della legislazione pensionistica nazionale - ecco perché bisognava cambiare -, che gradualmente è stata traghettata verso il sistema contributivo a decorrere dal 1° gennaio 2012 (infatti il metodo contributivo per il calcolo delle pensioni è stato esteso a tutti i lavoratori, pur con la salvaguardia dei diritti già riconosciuti sulle anzianità contributive pregresse; diritti scaturenti dalla legge Dini), né con le nuove regole per il calcolo del trattamento di fine servizio, posto che una specifica norma del decreto legge numero 78 del 2010 ha esteso a tutte le pubbliche amministrazioni, per il trattamento di fine servizio, i criteri di calcolo del trattamento di fine rapporto stabiliti dal Codice civile con effetto sulle anzianità contributive che si maturano al 1° gennaio 2011. La legge regionale non risulta compatibile neanche, conseguentemente, con l'affermarsi dei principi ormai inderogabili che impongono l'equilibrio finanziario delle gestioni previdenziali, mentre il FITQ è strutturalmente sbilanciato sul piano finanziario per l'assenza di correlazione tra prestazioni erogate e contributi versati dall'amministrazione e dal dipendente.
Lo squilibrio strutturale del sistema risulta poi accentuato da altri fattori. Incide alla base il fatto - è stato sottolineato - che le prestazioni sono parametrate all'ultima retribuzione del dipendente, e quindi su valori che spesso non consentono alcun accumulo contributivo. Questi fattori sono andati nel tempo ad ampliarsi a causa della contrattualizzazione del rapporto di lavoro. Ma oltre ai fattori di squilibrio intrinseci - lo hanno dichiarato in tanti, in particolare il relatore della legge - ci sono anche fattori estrinseci: le iscrizioni retroattive al FITQ di numerosi gruppi di persone senza la previsione di adeguate coperture contributive, il trasferimento al FITQ dei dipendenti iscritti nei fondi integrativi di enti regionali soppressi (per esempio l'ESAF), il riconoscimento dei benefici economici ai dipendenti in pensione agli effetti del trattamento integrativo e dell'indennità di anzianità. Ma qualunque fondo si sarebbe sfondato!
L'ipotesi di riforma, quindi, presenta questo duplice obiettivo: da un lato dota il fondo di meccanismi che ne garantiscono per il futuro l'equilibrio finanziario, dall'altro salvaguardia i diritti acquisiti e tutela le anzianità contributive maturate prima della riforma. Perciò la riforma si muove su due direttrici fondamentali: il trattamento di fine servizio viene adeguato alla normativa civilistica, mentre per quanto riguarda il trattamento integrativo della pensione viene introdotto il meccanismo di costituzione di una rendita vitalizia esclusivamente formata con l'apporto contributivo a carico del dipendente e dell'amministrazione. Per quanto riguarda il passato un'adeguata salvaguardia dei diritti acquisiti viene assicurata sostanzialmente confermando il criterio già introdotto dalla legge regionale numero 16, vale a dire cristallizzando il valore economico della quota di trattamento di fine servizio e di trattamento integrativo della pensione maturata sino all'entrata in vigore della legge di riforma.
Ora, per rispondere anche ad alcune cose, il che richiederebbe, per la verità, molto tempo, devo intanto dire che i 640 milioni di euro di cui si parla sono la somma tecnicamente necessaria per pagare tutte le prestazioni del fondo, da oggi fino ai prossimi quarant'anni, e tutti i pensionati. E' una somma calcolata per tutti gli anni a venire, che viene coperta mensilmente dai contributi dell'amministrazione regionale e dei dipendenti. Il totale è dello 0,59 per cento, perché dobbiamo parlare sempre di questa quota; l'altra quota che riguarda il 6,91 per cento è obbligatoria per il TFR che viene dato indipendentemente dal fatto che si sia iscritti al fondo oppure no. Se non si è iscritti al fondo si versa direttamente all'INPDAP (adesso all'INPS). Quindi la quota che interessa la Regione è dello 0,59 per cento. Il totale imponibile è di 164 milioni, il totale contributivo della Regione è pari a 971 mila 374 euro, per gli anni 2012-2013-2014, poi si vedrà.
Vorrei rivolgermi al Consiglio, alle forze politiche, per dire che noi abbiamo instaurato con la prima Commissione un nuovo metodo di lavoro che, secondo me, è un metodo proficuo. Non si è trattato di un indottrinamento dda parte della Giunta regionale nei confronti della Commissione, si è trattato invece di dare tutte le informazioni necessarie per cercare, responsabilmente, di decidere sulla base di dati. Si tratta di una materia ostica e posso dire che i componenti della Commissione si sono trasformati un po' in tecnici, perché hanno dovuto approfondire una materia scabrosa. Non continuiamo con il solito sistema, che cioè arrivando in Aula il tutto viene poi trasformato senza avere la conoscenza dei meccanismi e dei problemi che coinvolgono le decisioni che si assumono, perché se no tutto il lavoro che abbiamo fatto, questo nuovo metodo di lavoro che può essere anche preso ad esempio per le future riforme, viene in qualche modo vanificato e si torna alla consuetudine di questo Consiglio, che forse è meglio che venga cancellata per sempre.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del passaggio all'esame degli articoli.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Rassu e Stochino hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cugusi - Dedoni - Dessi' - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Lai - Locci - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Oppi - Peru - Piras - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Soru - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zuncheddu.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 61
votanti 60
astenuti 1
maggioranza 31
favorevoli 60
(Il Consiglio approva).
I lavori del Consiglio riprenderanno questo pomeriggio alle ore 16 e 30. Alle ore 16 è convocata l'ottava Commissione. La prima Commissione è convocata adesso per l'esame degli emendamenti.
La seduta è tolta alle ore 12 e 42.
Allegati seduta
CCLXXXVII SEDUTA
MERCOLEDI' 21 DICEMBRE 2011
(ANTIMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
indi
della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 10 e 33.
COCCO DANIELE, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 3 novembre 2011 (279), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Angelo Francesco Cuccureddu, Gabriella Greco, Silvestro Ladu, Sergio Obinu, Antonio Pitea e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 21 dicembre 2011.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di disegni di legge
PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:
"Disciplina transitoria per l'organizzazione e regolazione del servizio idrico integrato". (342)
(Pervenuto il 19 dicembre 2011 e assegnato alla quarta Commissione.)
"Razionalizzazione dell'esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni di cui all'articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione)". (343)
(Pervenuto il 19 dicembre 2011 e assegnato alla prima Commissione.)
PRESIDENTE. Considerata l'assenza di numerosi consiglieri, sospendo i lavori sino alle ore 10 e 45.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 35, viene ripresa alle ore 11 e 16.)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del testo unificato numero 304-328/A.
E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.
SORU (P.D.). Signor Presidente, intervengo innanzitutto per dire che sono d'accordo sulla necessità e l'urgenza di fare questa riforma, perché finalmente si arriva, seppure con molto ritardo, a una riforma del FITQ del personale dipendente dell'amministrazione regionale. E' dal 1995, anno della cosiddetta riforma Dini, che si sarebbe dovuto provvedere e non ci si è riusciti fino a oggi. Non ci si è riusciti perché evidentemente è molto più facile assumere personale, aumentare le retribuzioni, aumentare non dico i privilegi, ma i benefit, piuttosto che, in tempi di crisi, magari diminuire il numero dei dipendenti, quindi stare attenti alle piante organiche, guardare con più attenzione alle progressioni di carriera e appunto ai benefit che vengono concessi.
Certo oggi è indiscutibilmente improrogabile, se guardiamo a quello che accade nel resto del Paese rispetto alle altre categorie di lavoratori, fissare un punto di equilibrio anche in questa materia. Certamente ci riesce un po' più facile per il fatto che anche il Consiglio regionale ha recentemente provveduto a riformare un argomento analogo che ci riguarda, che è quello dei vitalizi. Meglio sarebbe stato però, signor presidente, se l'avessimo fatto con più attenzione, ad esempio come è avvenuto nel Parlamento nazionale, dopo la nostra decisione - chiedo scusa, ma mi preme dirglielo -, avendo cura che i cambiamenti e le modifiche anziché decorrere dalla prossima legislatura avessero effetto a partire dal 31 gennaio 2012, così come prevediamo per i dipendenti regionali. Sarebbe un criterio di equità importante che ci permetterebbe di giustificare meglio anche il provvedimento che ci accingiamo ad approvare.
Sul testo unificato in esame credo che abbiamo compiuto uno sforzo importante in direzione dell'equità, come è di moda dire in questi giorni. E' un provvedimento necessario, possiamo avere opinioni diverse sui singoli punti, ma nel suo complesso evidenzia lo sforzo di equità che è stato compiuto, per esempio quando si dice che dal 1° gennaio 2012 ai dipendenti regionali si applica il sistema contributivo (né più né meno ciò che è previsto per tutti gli altri lavoratori italiani) e si salvaguardano i diritti acquisiti mantenendo il sistema retributivo per il periodo lavorativo maturato fino al 31 dicembre 2011. Si fa uno sforzo - è interessante, alla fine - avendo cura di mantenere il riferimento non all'ultima retribuzione, ma alla media delle retribuzioni degli ultimi dieci anni, e anche questo avrà un peso sul calcolo degli assegni integrativi futuri. Dal materiale che ci è stato consegnato risulta evidente che questo porterà un risparmio nelle casse regionali; risparmio che è di circa il 13 per cento per quanto riguarda il personale assunto fino al 1986, progressivamente più ampio, fin quasi al 40 per cento, per quanto riguarda il personale assunto successivamente e decisamente importante per quanto riguarda il personale per il quale il calcolo della pensione con il sistema retributivo sarà riferito soltanto a pochissimi anni.
Ma posto che di risparmio si tratta, sarebbe stato di grande aiuto poter disporre di conteggi che ci permettessero di capire quale sia la dimensione del disequilibrio del fondo in questo momento, perché mi pare che nei primi articoli di questo testo diciamo in maniera chiara una cosa che non era nemmeno scontata, cioè che la Regione verserà quanto necessario per assicurare queste prestazioni, quindi è di fatto il prestatore di ultima istanza per il progressivo riequilibrio del fondo. Sarebbe interessante, visto che stiamo legiferando in tal senso, capire qual è la dimensione del disequilibrio del FITQ e qual è l'entità dell'impegno finanziario che la Regione si sta assumendo. Sarà di 250 milioni di euro o forse di 500? Nei corridoi si vocifera che la dimensione del disequilibrio che viene stanato con questa legge è di circa 600 milioni di euro, ma foss'anche di 1 miliardo di euro sarebbe il caso di conoscerla con esattezza. All'università di Cagliari ci sono degli attuari molto bravi che avrebbero potuto darci una mano in questo senso.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue SORU.) Il mio intervento finisce qui, ricordando alla Presidenza, che ne ha maggiormente la responsabilità, l'opportunità che lo stesso tipo di trattamento e le stesse modalità di entrata in vigore delle norme che riguardano il fondo integrativo del personale della Regione siano estese anche a noi che ne abbiamo la responsabilità, così come è accaduto nel Parlamento. Sottolineo che stiamo facendo una cosa importante e grave, perché stiamo incidendo sulle aspettative dei lavoratori della Regione, il che ci responsabilizza maggiormente d'ora in avanti nel controllare ogni spesa della nostra Regione, nel prendere ogni decisione con maggiore attenzione, visto che ormai siamo arrivati a decidere sulle aspettative, anche legittime, dei lavoratori dell'amministrazione regionale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (P.D.). Io ho partecipato, come componente della prima Commissione, a tutte le riunioni che si sono svolte in questi giorni, ho avuto l'occasione di ascoltare tutti coloro che sono stati auditi, in particolare i rappresentanti sindacali dei lavoratori di tutte le categorie, e debbo dire che da ogni parte è emersa la necessità di intervenire con una legge di riforma del FITQ. E' emerso, evidentemente, il fatto che questo provvedimento non era più procrastinabile, per tante ragioni. La più ovvia è che questo fondo è strutturalmente in disequilibrio finanziario; disequilibrio stimato in decine e decine di milioni di euro. Le cause sono diverse, le abbiamo già esposte, ma magari occorre ribadire quali sono le diverse cause che devono essere attribuite al fatto che il FITQ sia in disequilibrio finanziario. Ciò è avvenuto in tanti anni, con diversi interventi normativi senza le dovute coperture finanziarie.
Quella del FITQ, badate, è una materia complessa e articolata, che riguarda tante persone, e quando si discute di questioni che riguardano provvedimenti che toccano tanta gente è bene istruire a dovere il provvedimento. A onor del vero, credo sia doveroso riconoscere che è stato svolto in Commissione un lavoro minuzioso, accurato, non privo di confronti fra i commissari, che ha portato, alla fine, alla stesura di un testo che, tutto sommato, credo possa andare incontro alle esigenze che i tempi oggi ci impongono e all'attesa dei lavoratori di vedere riconosciuti i loro diritti.
Il FITQ, come molti hanno ampiamente sottolineato durante le diverse discussioni, è nato strutturalmente in disequilibrio già nel 1965, con la legge numero 15 che lo ha istituito. Tale disequilibrio è stato amplificato ulteriormente dalle leggi messe in piedi nel corso degli anni: la legge numero 18 del 1971, sul passaggio alla Regione sarda del personale proveniente dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, che è stato iscritto al FITQ senza il versamento delle relative quote pregresse (passaggio riconosciuto ai fini dell'erogazione del FITQ anche successivamente); la legge numero 6 del 2000, che ha fatto in modo che il FITQ potesse essere toccato ancora più pesantemente. Devo dire che il primo passaggio è costato circa 80 milioni di euro, una cifra rilevante, mentre la retrodatazione dal 1984 al 1975, prevista dalla legge numero 6, dell'iscrizione al FITQ di tutto il personale che proveniva dallo Stato e da enti soppressi ha comportato una spesa stimata in circa 35 milioni di euro, a fronte di 1 milione di euro di versamenti al fondo. Negli anni successivi, sino al 2005, il passaggio nei ruoli regionali del personale dell'ERSAT, dell'EPT, dell'ESIT, dell'ARST e così via, non ha fatto altro che accrescere ulteriormente il problema.
In tutti questi anni la Regione si è fatta carico di coprire le mancate contribuzioni con sovvenzioni che sono state versate nel fondo. Ora, è chiaro ed evidente che bisogna intervenire. Probabilmente sarebbe stato necessario farlo molto tempo fa, ma adesso, anche in virtù di un processo inevitabile che sta investendo tutti i settori lavorativi del nostro Paese, è opportuno fare una riforma che parta innanzitutto da un calcolo della pensione basato esclusivamente sul sistema contributivo e non più su quello retributivo, che basava il calcolo sull'ultima retribuzione percepita e non sui contributi realmente versati.
Assodato questo, che è un dato di fatto sul quale tutti concordiamo e sul quale non credo si possa oltremodo discutere, la Commissione si è soffermata in modo particolare su alcuni aspetti. Dal 1° gennaio 2012 il metodo di calcolo secondo il sistema contributivo riguarderà tutti gli iscritti al FITQ, suddivisi in due fasce: coloro che si iscrivono per la prima volta, ovvero i nuovi assunti (se ci saranno nuovi assunti in questi anni, visto che la norma non prevede la possibilità di nuove assunzioni), e coloro che non sono mai stati iscritti al FITQ. Poi ci sono quelli che al FITQ sono iscritti da anni, che hanno maturato diritti che devono essere riconosciuti, anche in considerazione del fatto che c'è un processo in atto al quale questo Consiglio regionale non si può sottrarre per le ragioni che ho detto prima, cioè perché ha contribuito a fare in modo che il fondo fosse in disequilibrio finanziario e perché ci sono diritti in base ai quali i dipendenti che sono stati iscritti al FITQ per diversi anni hanno maturato delle aspettative.
Ci sono quindi questioni che devono essere valutate, tant'è vero che gli interrogativi sono questi: cosa fare per gli anni passati, cosa fare per coloro che sono iscritti al FITQ da molti anni, cosa fare per coloro che sono iscritti da più di quindici anni, come prevede la legge regionale numero 15, cosa fare per coloro che sono iscritti da meno di quindici anni. Sono tutti argomenti che sono stati ampiamente dibattuti e che alla fine hanno trovato sintesi in un testo che io personalmente condivido e che credo possa essere portato all'attenzione di quest'Aula per il voto definitivo. Anche questo, naturalmente, non è esente da eventuali considerazioni. Credo pertanto opportuno un confronto per valutare se qualche correttivo all'impianto di questo testo possa essere ancora apportato, se ci sono margini di manovra. Lo faccio sapendo bene di rispettare l'impegno preso in Commissione di venire in Aula senza toccare l'impianto complessivo della legge e senza modificare gli impegni di spesa previsti. Il ragionamento che facciamo in quest'Aula deve essere intellettualmente onesto, sapendo bene che ci sono ulteriori punti che possono ancora essere affinati. Ci sono aspettative che i lavoratori ci hanno sottoposto a seguito della stesura di questo testo di legge e credo valga la pena ancora una volta (non so se in Commissione, ma certamente fra i Capigruppo) di confrontarsi affinché qualche piccolo ritocco possa essere fatto senza modificare l'impianto della legge, sapendo bene che non ci sarà forzatura da parte di nessuno, tanto meno da parte del Partito Democratico, in questa direzione. Dobbiamo fare in modo che eventuali modifiche siano condivise, per arrivare a un testo di legge che possa essere votato, io spero, in maniera unanime dall'Aula.
Certamente le cose cambiano. E' bene dire che la legge regionale numero 15 del 1965 prevedeva per i dipendenti regionali l'iscrizione obbligatoria al fondo, con a loro carico il 5 per cento della retribuzione lorda, pari alla somma che la Regione versava fino al 2006, momento nel quale tale percentuale è passata al 7,50 per cento. Anche questo in legge viene modificato: qua si dice in maniera più esplicita che il 6,91 per cento deve essere dedicato al TFR, mentre il restante 0,59 va destinato alla rendita vitalizia. Sono questioni sulle quali si può fare la contrattazione, perché a questo si aggiunge il 5 per cento che viene versato per la rendita vitalizia da parte dei dipendenti e che sarà oggetto di contrattazione.
Ci sono questioni che naturalmente possono essere ancora viste, lo dico anche per anticipare la questione che riguarda soprattutto il calcolo che deve essere effettuato per la rendita vitalizia a favore di coloro che sono iscritti al FITQ da più di quindici anni. Insomma, ci sono diritti acquisiti che credo non possano essere toccati in alcun modo, sempre naturalmente in ragione del fatto che è in atto un processo dal quale nessuno può ritenersi escluso completamente e tutti dobbiamo fare, se necessario, un passo indietro per farne qualcuno in più in avanti. Sono regole normali quando si cerca di trovare un punto di mediazione che possa guardare avanti in quest'Italia in cui tutti dobbiamo contribuire a tenerne i conti in ordine, ma lo dobbiamo fare sapendo bene che ci sono questioni che non possono essere modificate, anche perché non dico che le ragioni per le quali siamo arrivati a una situazione di questo genere possono essere equamente distribuite, ma certamente la Regione ha grandi responsabilità al riguardo. Tutti all'interno della Regione hanno avuto grandi responsabilità nell'arco degli anni, perché è chiaro che si stava vivendo al di là delle possibilità e si stava gravando un fondo che non poteva sopportare ulteriormente carichi di quel tipo. Va sottolineato che si tratta di una riforma della previdenza per l'erogazione dei trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio per i dipendenti di ruolo con rapporto a tempo indeterminato.
Concludendo, ritengo che sia stato licenziato un provvedimento equo, che tiene conto dei diritti acquisiti e maturati, ma che non può sottrarsi a un condizionamento legato a problemi strutturali di un fondo che non regge più e a un mondo che cambia, e cambia per tutti. Ci sono questioni che verosimilmente vanno riviste. Abbiamo già presentato due emendamenti, probabilmente ne presenteremo un terzo, che naturalmente saranno discussi in Aula. Questo lo abbiamo fatto come Gruppo del Partito Democratico all'interno della Commissione. Riteniamo che i provvedimenti che abbiamo posto all'attenzione dell'Aula attraverso gli emendamenti possano essere accolti e siamo disponibili a trovare insieme un'intesa per fare in modo che siano approvati.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Rinuncio.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, colleghi, credo che dobbiamo avere chiaro il quadro in cui questo provvedimento si sta inserendo e dobbiamo anche avere la capacità di cambiare i termini che in genere usiamo per designare questi interventi. Non ci sono persone che hanno goduto di privilegi, anzi forse è il caso di bandire questa parola. C'è stato un sistema, vigente anche in Sardegna, in base al quale lo Stato ha molto protetto i cittadini e anche i suoi dipendenti. Lo ha fatto in ragione di una cultura vigente fino a quel momento, che è stata costretta a rivedere le sue posizioni proprio per l'insostenibilità finanziaria delle sue ambizioni.
Si deve partire da qui, se no non si capisce perché si sia intervenuti su una legge che tocca le aspettative dei dipendenti regionali. E' inutile che in Aula usiamo il "maanchismo" di Veltroni: c'è il sole, ma anche piove! Questa è una legge che tocca le aspettative dei dipendenti regionali e bisogna avere il coraggio di dirlo, però si deve spiegare il motivo per cui la facciamo. La facciamo perché oggi, come nel resto del mondo, la finanza pubblica deve far fronte a un insieme di bisogni e di interventi cospicui che non regge più e che non può reggere con uno sbilancio, quindi occorre rivedere tutta la spesa che può essere legittimamente rivista, perché domani ci troveremo magari a dover decidere sugli interventi per l'area di crisi del Sulcis, di cui parlavamo ieri, e a dover trovare fondi regionali per integrare il welfare. Lo dico per inciso, colleghi: io sto aspettando che venga completamente ratificato il decreto legge Monti, ma in quel decreto è scritto che le compartecipazioni erariali della Sardegna vanno ridotte di 1 miliardo e 400 milioni di euro. C'è scritto! Quindi noi ci troveremo a discutere di interventi nei settori di crisi con una ristrettezza finanziaria che ci costringe a essere molto severi nella gestione delle istituzioni e anche dei costi delle istituzioni.
Ciò che ha detto l'onorevole Soru vale per i nostri costi - io lo sottoscrivo e sono pronto a firmare la sua proposta - e vale per il funzionamento della macchina amministrativa. Nella fattispecie il FITQ non era sbilanciato per le furbizie dei dipendenti regionali o quant'altro; lo sbilancio era l'esito di una cultura differente, completamente differente. Pensate solo a questo: quando noi abbiamo tentato, per alleggerire la macchina regionale, di incentivare l'esodo del personale abbiamo ottenuto un vantaggio sul costo corrente della macchina regionale che chiaramente ha avuto uno sbilancio sul FITQ, perché ci sono state delle persone che sono andate in pensione senza avere ancora maturato i requisiti. E' chiaro!
Se usciamo dalla logica della furbizia, del giudizio sul passato con categorie, passatemi il termine, moralistiche ed entriamo nella logica della responsabilità, poiché viviamo tempi in cui tutti dobbiamo tentare di tenere la finanza pubblica in equilibrio, allora dobbiamo riconoscere che questa legge fa questo, per una parte chiaramente, non per il totale. Come lo fa? Lo fa, come è stato già detto, intanto garantendo l'erogazione delle prestazioni a chi è in pensione, che mi sembra una cosa non banale, perché, badate, noi parliamo di fondo e con i termini correnti si ha l'idea che il FITQ fosse uno di quei fondi pensione gestiti finanziariamente che garantiscono rendimenti e quant'altro. No, il FITQ è nato con una natura mutualistica, meramente mutualistica, e questa natura l'ha mantenuta. Pensate che la Regione versava meno di quello che avrebbe dovuto versare per legge, perché poi integrava. La Regione per un lungo periodo ha versato il 5 per cento, mentre avrebbe dovuto versare il 6,91 per cento; è durante la scorsa legislatura che il versamento della Regione è stato adeguato alle disposizioni di legge sul trattamento di fine rapporto. Quindi il termine fondo non induca a fraintendere. Il FITQ era un fondo mutualistico e noi abbiamo inserito le norme che proteggono l'erogazione delle prestazioni, e quindi chi è in pensione.
Devo dire che dall'analisi delle prestazioni risultano assegni integrativi obiettivamente minimi, di 200 o 300 euro, ma anche assegni integrativi che arrivano a 1.500 euro, per cui mi sarei aspettato che fossero i sindacati a proporre che quegli assegni integrativi versassero un contributo di solidarietà atto a mettere in ordine il fondo, perché quando si percepiscono assegni integrativi di questa entità si può decidere di concorrere anche se si è in pensione. Questa generosità civile non è emersa in questo momento, però credo che per assegni integrativi così corposi, sostenuti dalla finanza pubblica, si sarebbe anche potuto proporre al legislatore un intervento di questo genere, che invece non è stato proposto. Però le prestazioni sono assicurate, la sicurezza dello sbilancio è certa per i meccanismi già illustrati dai colleghi, cioè garantiamo anche lo sbilancio, però progressivamente questo viene meno.
Altri aspetti di correzione, per esempio per quanto riguarda l'articolo 7, sono stati segnalati anche dai sindacati e da dipendenti, perché, grazie a Dio, la partecipazione oggi può avvenire anche in forma non mediata. Ci sono dipendenti capaci che segnalano i punti dove ci sono incertezze o imprecisioni, per cui tutti questi suggerimenti credo verranno accolti senza nessun problema.
C'è poi il calcolo della media del TFR. Io francamente, lo dico ai colleghi, non capisco il pudore che porta a dire: "Ne parliamo in un altro momento". Se ne parla qua, se ne parla con franchezza e ognuno si assume le proprie responsabilità. Allora, diciamo con chiarezza che se fosse stato possibile distinguere il trattamento del TFR degli impiegati da quello dei dirigenti la partita sarebbe stata gestita diversamente, ma questo non è risultato possibile ed è agli atti della Commissione che cosa ha determinato, rispetto ai trattamenti di fine rapporto e degli assegni integrativi, la divaricazione tra le retribuzioni degli impiegati, dalla categoria A alla categoria D, e quelle dei dirigenti.
Che cosa è successo? Ieri l'onorevole Campus diceva quanto incida diversamente sul FITQ il trattamento di fine rapporto dei dirigenti rispetto al trattamento di fine rapporto degli altri impiegati. Ci abbiamo lavorato, ma non se ne esce. Non se ne esce! Abbiamo trovato la soluzione della media della retribuzione lorda percepita negli ultimi dieci anni, che fa salvi i diritti acquisiti, perché sostanzialmente riguardano quello che è stato versato, attualizzato. Ma è vero che questo può intaccare le aspettative e se si è uomini si ha anche la capacità di assumersi questa responsabilità dando giustificazioni rispetto al motivo per cui lo si fa, magari perdendo qualche voto, perché si può anche perdere qualche voto, però dicendo onestamente quali sono stati i presupposti della scelta. E il presupposto della scelta è quello che dicevo in principio, cioè cercare di rimettere in equilibrio una situazione di difficoltà.
Io non credo che siano emendabili i pilastri di questa legge; è emendabile tutto il resto, perché tutti possiamo sbagliare, ma i pilastri restano tali, sia chiaro. Penso che anche le altre norme oggetto di proposte emendative debbano essere discusse, perché mi risulta siano stati presentati emendamenti anche all'articolo 14, sull'omogeneità nel comparto. Colleghi, bisogna avere la forza di parlarne: non abbiamo un sistema omogeneo e non perché i dipendenti di LAORE siano più furbi, ma semplicemente perché all'interno di LAORE sono confluite delle strutture del parastato che avevano forme contributive differenti, ma noi non possiamo, se siamo gente seria, tenere all'interno dello stesso comparto contribuzioni differenti. E allora abbiamo detto che occorre un percorso di omogeneizzazione, che non può essere guidato dall'Aula, perché dovremmo fare una legge specifica su ogni fondo, ma che è affidato a procedure che verranno definite dalla Giunta e alla contrattazione. Ciò che si sta dicendo in giro, cioè che si perde il contributo del 10 per cento riguardante i dipendenti di LAORE è una stupidaggine. Una stupidaggine detta da persone che sapevano di dire una stupidaggine! Invece la legge prevede che il Governo regionale, nel tempo intercorrente di tre mesi per l'applicazione delle norme generali e fino alla nuova contrattazione, trovi non una modalità rivoluzionaria, populista o finalizzata a esibire una vittima del rigore, ma una modalità riformista, e quindi graduale, per far sì che il fondo integrativo del personale regionale sia in equilibrio. Non a caso la legge individua la contribuzione minima del datore di lavoro e del dipendente, ma non la contribuzione massima. Sarebbe veramente assurdo prevedere quanto un dipendente o una categoria in sede di contrattazione può decidere di accantonare per il suo assegno integrativo. La soglia minima è legata alla necessità di tenere i conti in equilibrio, tutto qui. Questo è accaduto. Questo è ciò che è dentro questa legge; una legge che protegge i diritti acquisiti, che non rispetta tutte le aspettative - diciamolo, è così - ma che ha una struttura di equità che ho cercato di illustrarvi.
Noi dobbiamo avere il coraggio di dire le cose nelle sedi in cui ci si confronta su questi temi, che sono quelle del Consiglio regionale, e di non fraintendere il nostro mandato, come se fossimo dei rappresentanti corporativi, perché non è questo il nostro compito. Il nostro compito è quello di guardare oltre il gruppo che ci parla e di vedere se l'interesse di quel gruppo può essere coniugato con l'interesse di tutti. E quando questo costa fatica bisogna avere la capacità di essere uomini che si assumono le proprie responsabilità. Questo è ciò che bisogna fare e noi abbiamo cercato di farlo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.
CONTU MARIANO (P.d.L.). Rinuncio.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Vedo un'aula colma e tutti i consiglieri regionali fortissimamente impegnati in questa discussione perché tratta della riforma di una tra le più "resistenti" leggi dell'ordinamento regionale. Dal 1965 sono passati quarantasei anni e in quarantasei anni nessuna Giunta, nessuna maggioranza è stata in condizioni di affrontare questo problema, non perché non ci fosse, ma perché è stato accuratamente evitato. Io mi onoro di essere un consigliere regionale, e mi onoro di essere un consigliere espressione di un partito di sinistra che ha a cuore la vita, l'attività, le aspirazioni, i diritti dei lavoratori. E tanto me ne onoro, che onoro questa funzione con il coraggio che ci vuole nell'esprimere la propria opinione sempre, anche quando non è gradita. Io non mi nascondo, non giro l'angolo, reggo il confronto, perché questo è il nostro dovere.
Questo è un dibattito assente, e perché è un dibattito assente? Se l'Assessore ci dice il vero - e io so che è così -, cioè che questo provvedimento interviene per evitare un sovraccarico finanziario compreso tra 600 milioni e 1 miliardo di euro in capo a un bilancio già aggredito intanto dalle inadempienze dello Stato, questa discussione doveva essere una di quelle importanti occasioni in cui ciascuno di noi, assumendosi la responsabilità di quello che dice e che pensa, fa la sua parte e manda un messaggio alla società sarda, perché fuori da questo palazzo, e anche fuori dalle stanze di viale Trento, c'è una società che affronta con sofferenza e incertezza la propria condizione di vita. Qualcuno dirà: "Ma voi dovete rinunciare alle indennità, dovete rinunciare all'assicurazione". Ho visto che i quotidiani sardi si sono dedicati a ragionare sull'assicurazione - io non sapevo neppure che esistesse, devo dire la verità - contro gli infortuni dei consiglieri regionali. Ma siccome la mia passione è, com'è noto, l'arrampicata libera, non sarò neppure uno dei soggetti che ne potrà usufruire per essere caduto dalla montagna, magari sulla base di qualche augurio anche immeritato. E mentre si parla di questo non si dice per esempio - Assessore, lei ce lo può dire - quanto spende la Regione per tutelare non dagli infortuni, non dalla guida spericolata nelle strade in condizione di ebbrezza, ma dalle responsabilità della funzione di governo gli Assessori e i dirigenti della Regione. Quanto si spende, Assessore, ce lo dica, perché così facciamo un po' di giustizia.
E anche nel parlare di FITQ facciamo un po' di giustizia: chi c'era nel 1965 decide di darsi una doppia pensione, perché la Regione era costituita da alcune centinaia di persone che si mettevano d'accordo attorno al tavolo di una stanza, non era mica il complesso di uffici, di enti, di agenzie e di competenze che è adesso! Allora non c'erano migliaia di lavoratori, ma solo alcune centinaia, i quali decisero di darsi una doppia pensione, cioè di costruirsi un sistema mutualistico parallelo. Com'è noto, anche nel dopoguerra non prevaleva la cultura solidaristica, ma quella corporativa, per cui ogni amministrazione (in molti casi anche imprese private), ogni ente dello Stato organizzava se stesso, e così si garantivano diritti che oggi verrebbero comunemente considerati privilegi. Stiamo parlando, per esempio, del titolo del figlio a subentrare al padre che andava in pensione o aveva subito un infortunio in servizio; stiamo parlando, per esempio, del diritto alla casa. Il personale regionale ha costruito case con il concorso del bilancio della Regione e ne è diventato proprietario. I quartieri vicino a via dei Giudicati, a Cagliari, sono costituiti da abitazioni per il personale della Regione; la stessa "torre" del palazzo di viale Trento nasce come destinazione di abitazioni per il personale dell'amministrazione regionale. Questa era la filosofia - ha ragione il collega Maninchedda - di un sistema corporativo che nell'ambito di ciascuna azienda, di ciascuna amministrazione trovava aggiuntivamente trattamenti di favore nei confronti dei propri dipendenti. E siccome era una grande famiglia, ma era una famiglia, la Democrazia Cristiana, che era maestra nel governare i bisogni - lo dico senza nessuna ironia, lo dico perché lo penso -, risolveva dentro quel sistema corporativo in questo modo il rapporto con i lavoratori. Stiamo parlando, però, di uno Stato che noi abbiamo solamente nella memoria e nella conoscenza storica, di uno Stato che ci ha lasciato un debito pubblico impressionante, che noi e le generazioni che verranno siamo costretti a pagare.
Nel 1965, veniva quindi approvata illegittimamente, in violazione dei principi costituzionali, una legge che garantiva una doppia previdenza, con il concorso del finanziamento pubblico, in modo mutualistico e solidaristico, e quella legge incostituzionale ha retto per quarantasei anni a ogni governo di centrodestra e di centrosinistra. Fino a quando? Fino a oggi. E perché oggi si pone il problema? Perché non abbiamo più una lira, ha ancora ragione l'onorevole Maninchedda a richiamare i contenuti del decreto Monti. Ma il Ministro del lavoro del Governo Monti quando è andato all'Associazione della stampa a parlare dell'INPGI, cioè dell'istituto di previdenza dei giornalisti riconosciuto dallo Stato, il quale non dà una doppia previdenza, ma ne dà una sola, ha detto: "Voi non siete compatibili con i livelli di finanza pubblica che sono definiti dallo Stato". Il presidente della Federazione nazionale stampa italiana (FNSI) ha replicato: "Non è vero". E badate, quello è un trattamento previdenziale che viene pagato dagli editori e dai giornalisti, cioè da soggetti privati.
Questo lo dico perché così incominciamo a inquadrare le cose. Nessuno qua vuole colpire diritti acquisiti, nessuno vuole vessare il personale dell'amministrazione pubblica, quello regionale e quello degli enti, ma noi (dico noi, anche se io sono incolpevole, perché le colpe sono di chi governa e di chi ha governato e ha lasciato le cose come stavano) siamo costretti a fare oggi interventi che si sarebbero potuti fare dieci anni fa, con effetti molto meno negativi. Lo dico perché le responsabilità sono diverse, perché non si può essere opposizione quando bisogna contare sulle cose e poi governo quando bisogna addossarsi il fardello delle responsabilità di altri e delle manchevolezze di un sistema che non si è peraltro concorso a costruire.
Noi non abbiamo nessuna intenzione penalizzatrice, anzi è il contrario. Badate, non è che questa legge viene approvata qua e non passa al vaglio del Governo! Verrà approvata qua e verrà esaminata accuratamente dagli uffici del Governo, compreso ogni emendamento che oggi pare appagante rispetto alle pressioni che ci sono state e che non sono state sempre totalmente civili. Incomincio a dirlo, Presidente, perché bisogna prendere provvedimenti ogni tanto. Qua non si fa la caccia! Cattivi maestri ce ne sono fin troppi in giro e quando si evocano le aggressioni nei confronti di una categoria che ha responsabilità politiche di governo o di rappresentanza, come quella del consigliere regionale, e ogni giorno c'è un articolo in più sulla stampa che ci indica come i responsabili dei danni di una società e ci taccia di egoismo, questa indicazione può essere decisiva, determinante per la società, per la sua civiltà, per il suo rispetto, anche nella vita! Bisogna stare attenti, bisogna vigilare e chiamare a questo le autorità pubbliche, perché noi non giriamo con la scorta, come fanno i ministri. Noi viviamo nel rapporto, nel rispetto e nella considerazione dei cittadini che frequentiamo.
Presidente, se ci sono emendamenti cerchiamo di rendere migliore questo testo che ha la finalità di salvare la previdenza integrativa o complementare. Ripeto, integrativa o complementare, cioè non si tratta della previdenza che tutti hanno diritto di avere e che non viene assolutamente intaccata, ma di un di più che prima veniva pagato dall'amministrazione pubblica a carico del bilancio regionale, dove versano risorse finanziarie, in quanto derivano dalla fiscalità, tutti i lavoratori della Sardegna, e che da oggi deve invece essere prevalentemente pagato con la contribuzione dei beneficiari. E non vale il ragionamento che ci sono state categorie che hanno goduto di privilegi, perché quelle categorie ne godono ancora e ne godranno, in quanto quello che ci chiede anche il sindacato, cioè di mantenere i diritti acquisiti, vale anche per loro. Non abbiamo passato in rassegna tutti coloro che non avevano versato i contributi ai tempi dovuti, in forza di legge, per cui quel personale continuerà a godere di certi benefici proprio sull'assunto che dobbiamo salvaguardare i diritti acquisiti.
Quindi, Presidente, questa è una legge finalizzata a salvare la previdenza complementare e integrativa dalla mannaia dei provvedimenti centralistici del Governo, riportando a compatibilità finanziaria gli interventi, e a colpire una giungla retributiva che è ingiustificata e ingiustificabile e, secondo me, lo dico all'Assessore, è anche frutto della mancanza - da sempre! - degli interventi di controllo che dovrebbe attuare la direzione generale del personale. Se un ente prende il 17,5 per cento di contributi da ciascun lavoratore, ogni 1.000 euro prende 175 euro di salario differito, che va alla previdenza integrativa; se un altro ente ne prende 120 o 50, sempre ogni 1.000 euro, si crea una disparità. Il salario differito è comunque salario e deve stare dentro la cinta della contrattazione! I lavoratori, i sindacati possono scegliere di investire più sul futuro che sul presente. Questo dice la legge, che non inibisce però rende questo meccanismo trasparente. Dobbiamo rendere il fondo della contrattazione integrativa totalmente visibile, perché non possiamo operare fuori dalle regole che sono sancite per tutti e per tutte le amministrazioni pubbliche. Cioè la Regione sarda si comporti esattamente come si deve comportare qualunque altra Regione d'Italia. Questo ci eviterà danni gravissimi e ci aiuterà a recuperare credibilità nei confronti di tutti.
Infine, abbiamo la partita delle entrate, lo dico anche ai lavoratori della Regione, che oggi e anche ieri, onorevole Espa, ho visto anche ieri presenziare qua in Consiglio regionale con grande attenzione. Non li ho mai visti, devo dire la verità, in occasione della discussione sulle grandi vertenze, sulla partita delle entrate, sull'ammodernamento dell'amministrazione regionale, sulla sua capacità di spesa, su come si attuano le leggi. Mi chiedo: ma quei dirigenti, quei funzionari, quegli impiegati, lo sanno che non si attua la legge sulla sicurezza del lavoro, una legge bipartisan, proposta da me, quale primo firmatario, e dal collega Sergio Pisano dei Riformatori e approvata all'unanimità da questo Consiglio? Lo sanno che non si applica la legge in materia di politiche del lavoro e di servizi per il lavoro? Lo sanno che quella legge è da sei anni ferma al palo? E noi siamo la Regione della disoccupazione, ce lo ricorda l'associazione "Carta di Zuri": persone al di sotto della soglia di povertà 350 mila. E' venuto il Governo Monti a dirci che bisognava pagare puntualmente le imprese, che la pubblica amministrazione non può far fallire i piccoli fornitori. Noi l'abbiamo fatto, su proposta dei Riformatori, l'anno scorso, con la legge finanziaria. Abbiamo stanziato 10 milioni di euro, l'apparato amministrativo non ha speso una lira! Ricordiamoci di tutte queste cose! Quando chiediamo diritti siamo sicuri di aver fatto il nostro dovere?
PRESIDENTE. Informo l'Aula che la consigliera Zuncheddu è rientrata dal congedo.
E' iscritto a parlare il consigliere Diana Giampaolo. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Io penso sia utile, lo hanno già fatto alcuni colleghi che mi hanno preceduto, contestualizzare questa discussione. Dico anche che per quanto ci riguarda ovviamente noi esprimiamo un parere favorevole sul testo unificato esitato dalla Commissione. Voglio dire, a scanso di equivoci, che riconosco alla Commissione di aver svolto un lavoro importante, non era semplice e tra l'altro non era nemmeno scontato, visto il contesto in cui si opera. Io apprezzo pertanto il lavoro che ha svolto la Commissione, non lo dico certamente per piaggeria. Viviamo, Presidente, cari colleghi, un momento drammatico dell'economia del nostro Paese, che, come ci hanno ricordato in tanti, in particolare gli osservatori più attenti, ha rischiato il fallimento. La manovra Monti pare aver scongiurato questo rischio, speriamo che ciò risponda al vero.
Vorrei ricordare che la Sardegna non sta certamente meglio, anzi credo stia peggio, poi cercherò di spiegarlo seppure brevemente. Il nostro problema, il problema di questo Paese e della nostra regione, è l'assenza di crescita. Quando un Paese non cresce e non aumenta la sua capacità di produrre ricchezza è costretto, in momenti drammatici della sua economia, a intervenire così come si è intervenuti anche recentemente attraverso la manovra Monti. Vorrei ricordare che nei giorni scorsi il CENSIS, che certamente non è un organo che possa essere accusato di partigianeria nei confronti di nessuno, ha reso noti i tassi di crescita della zona euro e ci ha ricordato che nel periodo 2001-2011, cioè in dieci anni, l'Italia è cresciuta di appena il 4 per cento, la Francia del 9,7 per cento, la Germania dell'11,9 per cento. Ora, qualcuno dirà: "Cosa c'entrano questi riferimenti?". C'entrano eccome - scusate la poca eleganza discorsiva -, perché se non c'è crescita, come purtroppo registriamo, ahinoi, da troppi anni, è evidente che per risollevare le sorti del Paese, della sua economia, e per evitare i rischi di fallimento si è costretti a intervenire sulle spese, ed è quello che si è fatto. Lo si è fatto in questo Paese, non lo si fa in questa Regione, e io direi che su questo dovremmo riflettere in maniera più attenta.
In che modo si è intervenuti sulla spesa? Si è intervenuti soprattutto sull'unica voce esigibile - io non sono d'accordo, ma ha poca importanza la mia opinione personale -, in particolare si sono fatti tagli al sistema previdenziale. La manovra Monti alla fine è stata votata alla Camera, corretta soprattutto dall'azione del mio partito, ma non soltanto del mio partito, in particolare per quanto riguarda il tetto relativo alle pensioni che non andavano rivalutate in base al tasso di inflazione. E comunque il testo approvato prevede che le pensioni oltre i 1.400 euro non vengano rivalutate. Stiamo parlando di 1.400 euro, stiamo parlando di un intervento del Governo sostenuto da tutto il Parlamento che, per recuperare risorse, per evitare che il Paese fallisca, interviene sulla spesa. Non può fare altro non essendoci crescita, ma guarda caso interviene chiedendo di pagare alla parte più debole, più povera del Paese, tant'è che le pensioni di 1.401 euro non verranno rivalutate in base al tasso di inflazione. Sembra quasi che chi percepisce 1.400 euro e rotti appartenga alla categoria dei ricchi! E' una manovra, dal mio modestissimo punto di vista, che non ha un profilo di equità, perché anche su questo terreno, anche sulla previdenza poteva certamente intervenire in maniera più significativa ed equa.
Che c'entra questo con la discussione che è in atto? Credo che pian piano - sto cercando di dire delle cose a un'Aula assente e distratta - si capirà che forse qualche nesso c'è.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
(Segue DIANA GIAMPAOLO.) Noi siamo intervenuti, lo ha fatto la Commissione, lo ha fatto bene e nell'unico modo possibile. Credo infatti che la Commissione, e quindi questo Consiglio, non avesse scelta; il Consiglio era ed è costretto a intervenire nelle forme in cui è intervenuto. Ce lo ha ricordato ieri puntualmente l'onorevole Steri, stamattina lo ha richiamato il Presidente della Commissione, soffermandosi su qualche dato che aiuta a comprendere e soprattutto a riflettere laicamente, non condizionati da alcuna spinta, perché un legislatore, almeno quando è costretto (avrebbe dovuto farlo prima, ma purtroppo non lo ha fatto), dovrebbe intervenire senza subire la spinta di nessuno, assumendosi, sbagliando o meno - spero non sbagliando, ma facendo bene - la responsabilità generale di rappresentare gli interessi di tutti.
Siamo in una situazione in cui, ripeto, non potevamo non intervenire, per le cose che ci sono state ricordate. Oggi in Sardegna siamo di fronte a una manovra per il 2012 che registra - qualcuno non sarà d'accordo, ma è così - più spese rispetto alle entrate certe. Abbiamo la consapevolezza in quest'Aula che la manovra finanziaria, che stenta anche a essere discussa proprio per queste ragioni, prevede spese maggiori delle entrate certe? Io ho l'impressione che non ci sia questa consapevolezza, che però deve avere innanzitutto quest'Aula. Dovremmo essere bravi, ed evidentemente non lo siamo, nel far condividere questa consapevolezza anche all'esterno, perché noi non stiamo meglio del nostro Paese, che era sull'orlo del fallimento. E se fosse fallito, come è fallita la Grecia, quel fallimento avrebbe significato che il valore di tutto ciò che abbiamo, dal valore del conto corrente al valore del mutuo, sarebbe stato nella migliore delle ipotesi dimezzato.
Allora, quando parlo di contestualizzare questa discussione credo che la Commissione e il Consiglio regionale non possano fare a meno di aver presente la situazione in cui viviamo e in cui versa questa regione, certamente - ma non voglio scaricare la responsabilità su altri - non per responsabilità dell'attuale Consiglio regionale. Le responsabilità, come ha ricordato il collega Uras poc'anzi, vengono da lontano e questo Consiglio aveva il dovere di intervenire prima, così come il presidente Berlusconi aveva il dovere di intervenire tre anni fa su una situazione drammatica dell'economia regionale, perché se fosse intervenuto allora probabilmente oggi non ci troveremmo in questa situazione. Ma non voglio scappare per la tangente. Ripeto, noi siamo una Regione - prego il Presidente e i due Assessori presenti di dirmi se non è così - dove le spese sono maggiori delle entrate. Questo è il dato che noi abbiamo e stiamo intervenendo perché costretti.
Concludendo il ragionamento su queste poche cose che ho voluto dire, penso che questo Consiglio oggi non possa permettersi il lusso di non assumersi le responsabilità che i suoi predecessori non si sono assunti. A noi oggi non è permesso nascondere la testa sotto la sabbia, perché se lo facessimo qualcuno ce lo farebbe notare drammaticamente per tutti, non soltanto per i lavoratori che hanno diritto al FITQ. Penso che in questo contesto la Commissione si sia mossa bene, abbia fatto un buon lavoro e il testo esitato garantisca equilibrio. Mi pare che la Commissione abbia fatto bene anche a porsi, con l'articolo 14, l'obiettivo della omogeneizzazione del comparto, perché un Consiglio regionale deve porsi necessariamente, e io dico obbligatoriamente, anche questo obiettivo. E' un suo dovere e bene ha fatto la Commissione a formulare in quel modo l'articolo 14.
A me pare, ripeto, che il testo esitato si muova con equilibrio, come dicevo. Ci siamo assunti la responsabilità, a differenza di chi ci ha preceduto, di non scaricare sugli altri un costo, perché se c'è una cosa grave di cui si è macchiato il legislatore regionale negli anni passati è aver gestito questa situazione in una condizione di non equilibrio, scaricandone a posteriori i costi. Credo che quando un legislatore compie un atto di questa natura non abbia il diritto di essere considerato come tale, perché si può accettare tutto tranne che mantenere un sistema in disavanzo e scaricare il disavanzo di una parte di quel sistema su una collettività che nulla ha a che vedere con essa. Credo che questo sia avvenuto negli anni passati e sia stato un grave danno per tutti. Questa situazione non può essere più accettata e mi pare che il lavoro esitato dalla Commissione garantisca, ripeto, i diritti acquisiti e si muova sul terreno importante dell'equità e dell'omogeneità, che vanno salvaguardate.
Finisco con un appello: se è necessario introdurre qualche modifica che non tocchi i cardini, come diceva il Presidente della Commissione, siamo qui per farlo, ma guai a noi se questo Consiglio si dovesse dividere sul voto su questo testo di legge. Se lo facesse, ovviamente…
(Interruzione del consigliere Campus)
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). No, non ce l'ho assolutamente con te, e lo sai bene!
Guai a noi se dovessimo dividerci su una materia come questa. Credo che l'Aula sia messa alla prova e debba assumersi la responsabilità di esitare un testo condiviso da tutto il Consiglio e non soltanto da una parte di esso. Mi dispiacerebbe davvero molto che, pur di speculare su qualcosa che non è alla portata, noi registrassimo delle differenze. Ripeto, siamo disponibili a esaminare tutto senza toccare i cardini di questo testo, ma auspico che ci sia un'espressione unitaria di questo Consiglio. Ce n'è bisogno qui dentro, ma anche fuori di qui.
PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto), Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. Signora Presidente, colleghi, anch'io come molti colleghi la voglio vedere così: con questo provvedimento noi tutti stiamo mantenendo fede a un impegno che era stato assunto dalle diverse Giunte che si sono succedute in Sardegna nei confronti dell'intero sistema organizzativo della Regione, del quale ovviamente la disciplina previdenziale e pensionistica del personale è un tassello fondamentale.
Insieme al disegno di legge numero 328, la Giunta ha presentato al Consiglio regionale la modifica della numero legge numero 31, sul personale dell'amministrazione regionale, che rappresenta un segnale concreto verso quella riforma complessiva della Regione di cui tutti stiamo parlando da diverso tempo e che è quindi negli obiettivi di tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale. Questo è un momento anche di verifica, se vogliamo, delle reali vocazioni riformiste. Lo dico con modestia, senza enfasi; diciamo che stiamo facendo, uno alla volta, significativi passi avanti verso la Regione che vogliamo, verso il modello di Regione che tutti abbiamo in mente, ma che ancora non c'è.
Quello di oggi è un passo che ha subito un'accelerazione improvvisa nei mesi scorsi, sollecitata dalla proposizione in Aula, in occasione dell'approvazione, nello scorso mese di agosto, della legge numero 16 sul personale regionale, delle questioni legate al FITQ. In tempi rapidi è stato fatto un buon lavoro con il coinvolgimento e la condivisione di tutte le parti in causa. Ricordo che anche allora l'onorevole Soru, che partecipò a quel dibattito, indicò alla Giunta regionale e alla stessa Commissione alcuni punti fondamentali, tra cui quello del FITQ, che bisognava in qualche modo affrontare.
Quello del FITQ era ed è un tema ineludibile. Il percorso fatto negli anni aveva purtroppo imboccato una strada di non ritorno ed era necessario porvi rimedio nel contesto di principi condivisi non solo di compatibilità della spesa, ma anche, come è stato rimarcato più volte in quest'Aula, di giustizia e di equità nel rispetto dei diritti dei lavoratori. A questo impegno arriviamo oggi, possiamo dire, con proposte che, tenuto conto del quadro generale della regione e del Paese, rappresentano, se verranno condivisi dall'Assemblea, come io auspico fortemente, un buon traguardo in quanto contemplano i diritti dei dipendenti e gli interessi generali della pubblica amministrazione secondo condivisi principi di equità sociale e di razionalizzazione della spesa pubblica, dal cui contesto la Regione Sardegna non può star fuori, come ben diceva il Presidente della prima Commissione. Dobbiamo anche dire, con obiettività, che l'emendamento a quella legge ha avuto il merito di richiamare in maniera forte l'attenzione del Consiglio regionale su un tema di sicuro rilievo e di stretta attualità, anche perché le soluzioni alle quali siamo pervenuti sono in linea, anzi hanno anticipato le decisioni in materia adottate dal Governo e dai parlamentari per allineare il sistema previdenziale e pensionistico italiano a quello europeo, condizione sine qua non, con altre condizioni di natura fiscale ed economica, per tenere in regola i conti pubblici. Io mi auguro che quello che diceva il Capogruppo del P.D. possa essere raggiunto, purtroppo siamo partiti da qui, ma mi auguro che oltre ai soliti noti ci siano anche i nuovi noti che ancora non abbiamo visto.
L'esigenza primaria di questa fase storica e difficile dell'economia complessiva del Paese e della nostra regione è quella di rifare i conti, riequilibrare il fondo, liquidare il passato, semplificare il sistema mantenendo l'equità e tutelando i diritti acquisiti. La Sardegna, quindi, anche in questo concorre ai sacrifici del Paese e ne condivide le ragioni. La Regione sarda si allinea alle regole dello Stato, anzi le anticipa perché è la prima Regione ad aver messo in campo un sistema che finalizza i sacrifici all'equità, al risparmio, al contenimento e alla razionalizzazione della spesa, oltre che ai presupposti su cui costruire lo sviluppo futuro. Ci aspettiamo analoga considerazione e condivisione da parte dello Stato, ma questa pare che tardi ad arrivare.
La riforma proposta del FITQ, oltre che doverosa, a mio giudizio è anche giusta dal punto di vista politico, giuridico ed economico, soprattutto equa. Il FITQ ha rappresentato da sempre per i dipendenti regionali un approdo di grande rilevanza sociale ed economica, un fattore di sicurezza nel futuro incerto del divenire della società. A fronte dell'esigenza di modificare e interrompere il trend negativo del fondo, di adeguarlo alle mutate condizioni e regole nazionali sulla materia, è stata fatta, io credo, la scelta più equa ed equilibrata, tenendo conto della pluralità degli aspetti insiti nella natura stessa del fondo. Si potevano intraprendere forse altre strade, abbiamo preferito quella del riconoscimento della validità sociale della natura del fondo, con la convinzione che esso rappresenti uno strumento non di riconoscimento di un privilegio, ma di risposta equa e coerente a un'esigenza di vita e di giustizia sociale. La Giunta, per la verità, aveva presentato una proposta di legge diversa, ma il rapporto con il Consiglio - su cui tornerò alla fine di questo mio intervento - è stato di fattiva e cristallina collaborazione e ha consentito di sviscerare nei minimi particolari le tematiche e pervenire a una scelta ponderata.
Il testo di legge che viene presentato all'approvazione del Consiglio, che assomma due progetti di legge, uno presentato dall'onorevole Steri e altri, l'altro dalla Giunta, è frutto del lavoro della prima Commissione, che ha operato una sintesi tra i due testi, superando le molte difficoltà proprie della materia. E' noto come le problematiche affrontate siano di difficile soluzione, non solo a causa della complessità del sistema della previdenza integrativa sotto il profilo tecnico e finanziario, ma anche per il radicamento dell'istituto nella realtà regionale. Infatti il fondo integrativo del trattamento di pensione a fine servizio dei dipendenti regionali risale, come è stato detto, al 1965, e viene quindi percepito dai dipendenti regionali come parte integrante della propria condizione giuridica. Intervenire sulla sua disciplina dà luogo a problemi che non sono soltanto di ordine strettamente giuridico; essi derivano dai limiti che il legislatore incontra nel disciplinare situazioni pregresse nell'ambito di un rapporto di lavoro in atto, in particolare quando intenda introdurre regole che comprimono diritti già maturati o che limitano aspettative formatesi sulla base delle norme vigenti nel tempo. Se per il futuro la scelta può essere netta, per il passato occorrono attente valutazioni. Per il futuro la scelta è quella del metodo contributivo per tutti, non essendo finanziariamente sostenibile una soluzione di riforma radicale solo per le future iscrizioni al FITQ, che faccia salve le aspettative dei dipendenti in servizio anche per le anzianità contributive che verranno maturate in data successiva alla legge di riforma. Per il passato, invece, occorreva e occorre riconoscere i diritti laddove questi possano essere considerati come acquisiti. E tali sono, o perché la loro maturazione avviene tempo per tempo, come nel caso del trattamento di fine servizio, o perché la formazione del diritto accede al conseguimento di altro diritto già maturato dal dipendente. E' questo il caso del diritto all'assegno integrativo della pensione che il dipendente iscritto al FITQ da oltre quindici anni consegue per effetto del diritto al trattamento di pensione che egli ha maturato secondo la legge nazionale. E' difficile in questi casi cancellare le regole vigenti per sostituirle con altre di dubbia ragionevolezza, che possono creare margini di incertezza e quindi di conflitto.
Quanto sto affermando porta a concludere, ragionevolmente, che la soluzione che meglio contempera i diversi interessi è quella di riconoscere a ogni iscritto il valore economico dei diritti maturati alla data della legge di riforma e di consolidarlo come credito a suo favore, che gli verrà riconosciuto al momento della cessazione dal servizio, rivalutato secondo gli indici Istat, o in altro modo. La rivalutazione potrà eventualmente formare oggetto di revisione successiva.
La legge regionale istitutiva evidentemente non risulta coerente né con l'evoluzione della legislazione pensionistica nazionale - ecco perché bisognava cambiare -, che gradualmente è stata traghettata verso il sistema contributivo a decorrere dal 1° gennaio 2012 (infatti il metodo contributivo per il calcolo delle pensioni è stato esteso a tutti i lavoratori, pur con la salvaguardia dei diritti già riconosciuti sulle anzianità contributive pregresse; diritti scaturenti dalla legge Dini), né con le nuove regole per il calcolo del trattamento di fine servizio, posto che una specifica norma del decreto legge numero 78 del 2010 ha esteso a tutte le pubbliche amministrazioni, per il trattamento di fine servizio, i criteri di calcolo del trattamento di fine rapporto stabiliti dal Codice civile con effetto sulle anzianità contributive che si maturano al 1° gennaio 2011. La legge regionale non risulta compatibile neanche, conseguentemente, con l'affermarsi dei principi ormai inderogabili che impongono l'equilibrio finanziario delle gestioni previdenziali, mentre il FITQ è strutturalmente sbilanciato sul piano finanziario per l'assenza di correlazione tra prestazioni erogate e contributi versati dall'amministrazione e dal dipendente.
Lo squilibrio strutturale del sistema risulta poi accentuato da altri fattori. Incide alla base il fatto - è stato sottolineato - che le prestazioni sono parametrate all'ultima retribuzione del dipendente, e quindi su valori che spesso non consentono alcun accumulo contributivo. Questi fattori sono andati nel tempo ad ampliarsi a causa della contrattualizzazione del rapporto di lavoro. Ma oltre ai fattori di squilibrio intrinseci - lo hanno dichiarato in tanti, in particolare il relatore della legge - ci sono anche fattori estrinseci: le iscrizioni retroattive al FITQ di numerosi gruppi di persone senza la previsione di adeguate coperture contributive, il trasferimento al FITQ dei dipendenti iscritti nei fondi integrativi di enti regionali soppressi (per esempio l'ESAF), il riconoscimento dei benefici economici ai dipendenti in pensione agli effetti del trattamento integrativo e dell'indennità di anzianità. Ma qualunque fondo si sarebbe sfondato!
L'ipotesi di riforma, quindi, presenta questo duplice obiettivo: da un lato dota il fondo di meccanismi che ne garantiscono per il futuro l'equilibrio finanziario, dall'altro salvaguardia i diritti acquisiti e tutela le anzianità contributive maturate prima della riforma. Perciò la riforma si muove su due direttrici fondamentali: il trattamento di fine servizio viene adeguato alla normativa civilistica, mentre per quanto riguarda il trattamento integrativo della pensione viene introdotto il meccanismo di costituzione di una rendita vitalizia esclusivamente formata con l'apporto contributivo a carico del dipendente e dell'amministrazione. Per quanto riguarda il passato un'adeguata salvaguardia dei diritti acquisiti viene assicurata sostanzialmente confermando il criterio già introdotto dalla legge regionale numero 16, vale a dire cristallizzando il valore economico della quota di trattamento di fine servizio e di trattamento integrativo della pensione maturata sino all'entrata in vigore della legge di riforma.
Ora, per rispondere anche ad alcune cose, il che richiederebbe, per la verità, molto tempo, devo intanto dire che i 640 milioni di euro di cui si parla sono la somma tecnicamente necessaria per pagare tutte le prestazioni del fondo, da oggi fino ai prossimi quarant'anni, e tutti i pensionati. E' una somma calcolata per tutti gli anni a venire, che viene coperta mensilmente dai contributi dell'amministrazione regionale e dei dipendenti. Il totale è dello 0,59 per cento, perché dobbiamo parlare sempre di questa quota; l'altra quota che riguarda il 6,91 per cento è obbligatoria per il TFR che viene dato indipendentemente dal fatto che si sia iscritti al fondo oppure no. Se non si è iscritti al fondo si versa direttamente all'INPDAP (adesso all'INPS). Quindi la quota che interessa la Regione è dello 0,59 per cento. Il totale imponibile è di 164 milioni, il totale contributivo della Regione è pari a 971 mila 374 euro, per gli anni 2012-2013-2014, poi si vedrà.
Vorrei rivolgermi al Consiglio, alle forze politiche, per dire che noi abbiamo instaurato con la prima Commissione un nuovo metodo di lavoro che, secondo me, è un metodo proficuo. Non si è trattato di un indottrinamento dda parte della Giunta regionale nei confronti della Commissione, si è trattato invece di dare tutte le informazioni necessarie per cercare, responsabilmente, di decidere sulla base di dati. Si tratta di una materia ostica e posso dire che i componenti della Commissione si sono trasformati un po' in tecnici, perché hanno dovuto approfondire una materia scabrosa. Non continuiamo con il solito sistema, che cioè arrivando in Aula il tutto viene poi trasformato senza avere la conoscenza dei meccanismi e dei problemi che coinvolgono le decisioni che si assumono, perché se no tutto il lavoro che abbiamo fatto, questo nuovo metodo di lavoro che può essere anche preso ad esempio per le future riforme, viene in qualche modo vanificato e si torna alla consuetudine di questo Consiglio, che forse è meglio che venga cancellata per sempre.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del passaggio all'esame degli articoli.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Rassu e Stochino hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cugusi - Dedoni - Dessi' - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Lai - Locci - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Oppi - Peru - Piras - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Soru - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zuncheddu.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 61
votanti 60
astenuti 1
maggioranza 31
favorevoli 60
(Il Consiglio approva).
I lavori del Consiglio riprenderanno questo pomeriggio alle ore 16 e 30. Alle ore 16 è convocata l'ottava Commissione. La prima Commissione è convocata adesso per l'esame degli emendamenti.
La seduta è tolta alle ore 12 e 42.