Seduta n.326 del 24/05/2012 

CCCXXVI SEDUTA

Giovedì 24 maggio 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 19 e 00.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 19 aprile 2012 (318), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Radhouan Ben Amara, Rosanna Floris, Giorgio Locci, Antonello Peru, Pietro Pittalis e Teodoro Rodin hanno chiesto congedo per la seduta del 24 maggio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Regione, in applicazione dell'articolo 24 della legge regionale 7 gennaio 1977, numero 1, ha trasmesso l'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 4, 18, 20, 26, 31 gennaio, 1°, 16, 21, 23, 28 febbraio, 6, 20, 28 marzo, 4, 10, 18, 24 aprile 2012.

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Sabatini - Stochino - Petrini - Cuccu - Pittalis - Cucca: Disciplina e finanziamento delle associazioni pro loco. (390)

(Pervenuta il 17 maggio 2012 e assegnata alla sesta Commissione.)

Lotto - Solinas Antonio - Cucca - Diana Giampaolo - Agus - Barracciu - Cocco Pietro - Corda - Cuccu - Manca - Meloni Valerio Porcu - Sabatini: Promozione e costituzione delle organizzazioni interprofessionali per prodotti agro-alimentari. (391)

(Pervenuta il 17 maggio 2012 e assegnata alla quinta Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Piras, con richiesta di risposta scritta, sulle tariffe imposte dalla Trenitalia Spa in Sardegna, in relazione alle sanzioni previste per i passeggeri che cominciano il viaggio senza aver potuto acquistare preventivamente il documento di viaggio per motivi non imputabili alla loro volontà". (877)

"Interrogazione Tocco, con richiesta di risposta scritta, sull'incolumità dei dipendenti Equitalia". (878)

"Interrogazione Lai - Bardanzellu - Corda - Sanna Matteo, con richiesta di risposta scritta, sulla soppressione delle sedi staccate del tribunale Olbia e di quelle del resto della Sardegna". (879)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sul mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti dell'Ente foreste". (880)

"Interrogazione Gallus, con richiesta di risposta scritta, sulla revoca del finanziamento all'Unione dei comuni del Guilcier dei fondi PO Sardegna 2007-2013, Competitività regionale e occupazione - Asse IV - Ambiente, attrattività naturale, culturale e turismo. Linea di intervento 4.2.4.c. Promozione di itinerari tematici che valorizzano il patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale sardo". (881)

"Interrogazione Agus - Cuccu, con richiesta di risposta scritta, sulle procedure ed i tempi per il completamento ed il rilancio del Centro di riabilitazione ad alta intensità S. Maria Assunta di Guspini". (882)

"Interrogazione Fois - Bruno - Sechi, con richiesta di risposta scritta, sul comparto della piccola pesca in Sardegna". (883)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interpellanza Solinas Antonio - Lotto - Cucca - Diana Gianpaolo sull'applicazione del rinnovo contrattuale per i lavoratori dell'Ente foreste della Sardegna". (333)

"Interpellanza Cocco Daniele Secondo - Uras - Salis - Mariani - Cugusi - Sechi - Zuncheddu sulla necessità di dare immediata attuazione all'articolo 15, comma 17, della legge regionale n. 12 del 2011, relativo all'esonero dei componenti delle compagnie barracellari dal pagamento dei certificati medici di idoneità". (335)

"Interpellanza Planetta sugli interventi presso il Governo italiano finalizzati al riconoscimento di pari dignità, nello svolgimento del ruolo di vigilanza e controllo dei corpi forestali delle regioni e province autonome, e delle funzioni parificate nelle attività di pubblica sicurezza della specificità degli ordinamenti del corpi forestali delle regioni e province autonome, alla stregua di quello effettuato per le forze di polizia, compreso, quindi, il Corpo forestale dello Stato (CFS)". (336)

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Mozione Diana Giampaolo - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sull'applicazione al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) dei lavoratori dell'Ente foreste della Sardegna dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 con oggetto: "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", convertito con modificazioni dall'articolo 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122, che dispone il contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e sul processo di stabilizzazione dei precari dell'Ente foreste della Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (182)

"Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Barracciu - Cocco Pietro - Espa - Lotto - Manca - Meloni Valerio - Sanna Gian Valerio - Sabatini - Solinas Antonio - Cucca - Cuccu - Moriconi - Agus - Meloni Marco - Corda - Porcu - Soru sulle mancate risposte della Giunta regionale alle iniziative avviate per la città di Alghero". (183)

"Mozione Uras - Diana Giampaolo - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sulle procedure di nomina degli amministratori degli enti strumentali, delle agenzie, delle società in house, partecipate e controllate dalla Regione, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (184)

Continuazione della discussione e approvazione del testo unificato: "Norme in materia di province e modifiche alla legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4 (Norme in materia di enti locali e sulla dispersione ed affidamento delle ceneri funerarie)" (343-354 - Parte II) del disegno di legge: "Razionalizzazione dell'esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni di cui all'articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione)" (343) e della proposta di legge Cuccureddu: "Norme transitorie e urgenti in materia di composizione degli organi degli enti locali della Sardegna" (354 - Parte II)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del testo unificato numero 343-354 Parte II/A; discussione sospesa dopo l'illustrazione da parte del relatore. Ricordo ai consiglieri che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

È iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi del Consiglio, credo sarebbe sbagliato se noi non iniziassimo il ragionamento in Aula di questa sera prendendo atto del differente clima in cui il progetto di legge, riguardante la modifica di una legge sugli enti locali e sulle province, ritorna in Aula dopo il venerdì 4 maggio. Quel venerdì, 4 maggio, noi stavamo apportando delle modifiche alle province, probabilmente di livello non particolarmente importante, dovendo votare, la domenica successiva, dei referendum che sulle province dovevano dire qualcosa di importante. Forse, però, quel passaggio in Aula avvenne con l'idea, un po' diffusa in vasti settori dell'Aula, che se ne sarebbe potuto comunque riparlare, ritenendo che il risultato referendario non modificasse minimamente le carte in tavola.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Vargiu, non mi sembra ci siano le condizioni per proseguire con questo brusio in Aula. Capisco che ci possano essere interlocuzioni, ma vi pregherei di farle fuori dall'Aula.

VARGIU (Riformatori Sardi). Io credo che oggi dobbiamo tenere a mente due cose. La prima è il contesto regionale. Il raggiungimento del quorum nei referendum del 6 maggio è un fatto sul quale questo Consiglio regionale sicuramente ha compiuto, attraverso le singole persone che lo compongono, delle riflessioni, probabilmente è utile che le riflessioni vengano fatte anche in Aula. Colleghi, noi abbiamo votato i referendum con la scelta, sostanzialmente deliberata da questo Consiglio regionale, di non abbinarli alle elezioni amministrative per non facilitare il raggiungimento del quorum; abbiamo votato in una sola giornata, invece che in una giornata e mezzo; credo di non dire una cosa sbagliata se dico che nelle "plance" dei manifesti elettorali non c'era un manifesto, né a sostegno né contro, oltre quelli del movimento referendario, perchè l'idea, della politica, era che meno se ne parlava, forse, meno danno si faceva.

Bene, io vi invito a considerare i numeri. Analizziamo il referendum sul nucleare. La partecipazione a questo referendum, supportato da tutti i partiti politici, svoltosi un anno fa subito dopo la tragedia di Fukushima, quindi dal punto di vista psicologico fortemente sentito da parte della gente comune, con i giornali che stamparono gli adesivi con l'invito ad andare a votare, tenendo conto delle elezioni amministrative che si svolgevano sostanzialmente in mezza Sardegna, raggiunse la percentuale del 39 per cento. I referendum del 6 maggio, che si sono svolti in un clima di tendenziale scarsa informazione, hanno raggiunto il 35,5 per cento. Questo dato la dice lunga sulla volontà della gente di andare a votare.

Possiamo raffrontare qualche dato. Sapete quanti elettori, nella Provincia di Cagliari, sono andati a votare al turno di ballottaggio del 2010? Il 24,9 per cento. Sapete quanti elettori sono andati a votare al secondo turno delle elezioni comunali, quindi per la scelta del sindaco, recentemente svoltesi in Italia? Il 36 per cento. Quindi, il dato del 35,5 per cento, espresso dagli elettori sardi, è un dato che, a chiunque abbia intelligenza politica, offrirà degli stimoli di riflessione che non si esauriranno certamente oggi in Aula.

In secondo luogo occorre valutare la situazione politica nazionale. Non c'è dubbio che stiamo vivendo uno tsunami i cui effetti non possono non arrivare anche in Sardegna. Mi riferisco all'elezione di un sindaco del Movimento Cinque Stelle a Parma o ai sondaggi (per quello che valgono i sondaggi, me ne rendo conto, però costituiscono sicuramente un ulteriore spunto di riflessione), che dicono che il Movimento Cinque Stelle, oggi, ha superato il P.d.L. raggiungendo una percentuale del 18,5 per cento. Sono cioè la conferma che l'intuizione di dare vita a una iniziativa referendaria su argomenti importanti in Sardegna, fu un'intuizione giusta; fu un'intuizione, chi di noi partecipò a quell'attività referendaria sin dall'inizio lo sa, che andava in direzione del disarmo dei forconi, in direzione del riportare dentro canali di partecipazione democratica quel dissenso, quell'irritazione, quella rabbia che purtroppo ciascuno di noi, che gira per la Sardegna, e lo facciamo tutti, coglie quotidianamente. E che è, purtroppo, sicuramente crescente.

Il secondo obiettivo dell'iniziativa referendaria era quello di far partire il cambiamento; chi ha sposato l'iniziativa referendaria non ha mai pensato che i referendum siano il cambiamento, i referendum sono sempre iniziative grossolane, sono approcci con la scure a temi che meriterebbero di essere trattati col bisturi; non c'è dubbio però che i referendum siano un punto di partenza e che le leggi le debba fare in seguito il Consiglio regionale, cioè la sede che istituzionalmente è preposta a fare le leggi.

Ora io, che sto cercando di proporvi una riflessione senza connotazioni di parte, vorrei chiedere quanti di voi pensano che avremmo discusso sul serio in questo Consiglio regionale di riforme, come quella di cui siamo obbligati a discutere stasera, se non ci fosse stato il sasso nello stagno, il macigno nello stagno dei referendum del 6 maggio.

Ecco, la proposta che io vi faccio, che i riformatori vi fanno è questa: cercate di vedere, se possibile, i referendum come una opportunità, non come una disgrazia che capita al mondo della politica tra capo e collo, ma come una opportunità che questo Consiglio regionale può sfruttare e che forse non avrebbe avuto in assenza della tornata referendaria. È vero, i referendum sono uno strumento straordinario, non sono previsti dal legislatore come strumento ordinario di gestione della politica, ma non c'è dubbio che oggi noi viviamo una situazione straordinaria e non c'è dubbio che gli elettori sardi abbiano mandato, a questo Consiglio regionale, un segnale inequivocabile.

Allora, il mio suggerimento, il suggerimento dei Riformatori è che questo Consiglio regionale non faccia finta di non vedere e non faccia finta di non sentire. Perché se questo succedesse, non sarà un danno fatto a qualche partito politico, sarà un danno fatto al Consiglio regionale, sarà un danno fatto alla credibilità delle istituzioni, sarà un danno fatto all'intera Sardegna. Questo Consiglio regionale non faccia il frenatore, come purtroppo ha fatto nella fase iniziale della proposizione referendaria, perché questo non sarebbe in nessun modo capito fuori da quest'Aula e fuori dal mondo della politica.

Io dico, e lo dico con onestà culturale, che c'è stata una parte di questo Consiglio che in misura varia ha creduto all'azione referendaria. Ci sono ventuno consiglieri regionali che hanno aderito all'iniziativa referendaria, ci sono due partiti politici che per bocca del loro segretario si sono espressi a favore di tutti e dieci i quesiti referendari, e non sto parlando dei Riformatori. Ci sono state persone singolarmente in questo Consiglio e segretari di partito politico che hanno avuto coraggio. E' il momento che continuino ad avere coraggio e magari, nell'avere coraggio loro, aiutino anche noi Riformatori ad averlo ancora.

Non c'è dubbio infatti che noi percepiamo l'ostilità incomprensibile di cui veniamo, in qualche misura, fatti oggetto; ed è un'ostilità sbagliata perché è l'ostilità di chi guarda il dito e non vede la luna; ed è un'ostilità sbagliata perché il percorso del cambiamento che i referendum hanno avuto la speranza di attivare è appena partito ed è un progetto che ha bisogno di tanti protagonisti perché altrimenti, se non avrà tanti protagonisti, sarà destinato a inaridirsi.

I referendum sono dieci, questo Consiglio è chiamato ad avere dialogo al suo interno e ad avere lealtà verso gli elettori che hanno votato i dieci quesiti referendari. Oggi, iniziamo in quest'Aula con il progetto di legge sulle province; io credo che serva un segnale forte e chiaro sul fatto che nessuno, all'interno di questo Consiglio regionale, ha in mente di stravolgere la volontà espressa dagli elettori, ma anzi questo Consiglio regionale intende porsi alla testa del cambiamento che gli elettori hanno chiesto.

La campagna elettorale è finita, le polemiche della campagna elettorale, le dissonanze, i dissensi sono terminati, adesso c'è una volontà espressa in modo chiaro e questo Consiglio regionale può fare soltanto due scelte. Una scelta, ed è quella che noi auspichiamo che faccia, è quella di porsi alla testa del cambiamento che gli elettori hanno chiesto; l'altra scelta è quella di frenarlo, non ci sono altre possibilità. Quindi se avremo divisioni saranno divisioni sulla frontiera del cambiamento. Ognuno di noi dovrà dire con chiarezza da che parte sta, se è dalla parte di coloro che vogliono confrontarsi e dialogare per l'innovazione oppure se è dalla parte di coloro che vogliono far finta di far questo ma ai quali, in realtà, andrebbe benissimo che le regole continuassero a essere quelle che sono state sino a questo momento.

E'inutile che io faccia l'elenco delle cose da cambiare; voi sapete quali sono, almeno quelle che possiamo cambiare noi, che non dipendono né dalla Cina, né dalla Banca Europea, né da Monti, né da nessun altro fuori da quest'Aula. Mi riferisco al Regolamento dell'Aula; alla necessità di avere un supporto all'attività legislativa che, anche in questa occasione, abbiamo scoperto avere bisogno di apporti esterni perché il Consiglio non è comunque in grado di fornire al legislatore il supporto che serve.

Sto parlando della necessità, ancora, di potenziare l'attività legislativa e di controllo di questo Consiglio affinché questo Consiglio eviti di fare quella gestione quotidiana che ammazza l'attività del legislatore; della necessità di arrivare a un cambio di passo della nostra burocrazia che non è adeguata alle sfide epocali che stiamo vivendo; della necessità, infine, della semplificazione legislativa che ci porti lontano da questo modo estemporaneo di fare le leggi che normalmente incarniamo.

Poi, alla "fine della fiera", quando avremo attivato il confronto sui temi importanti dei referendum, su quelli più pregnanti dal punto di vista politico, sulla Costituente che ci consente di scrivere il nuovo Statuto, sulla obbligatorietà delle primarie per la scelta del Presidente della Regione, quando avremo attivato tutto questo noi scopriremo quello che la gente fuori di qui ha già scoperto e cioè che la vera frontiera, con cui si può dividere la politica sarda, è quella del progetto, quindi è quella dell'innovazione e del cambiamento.

I referendum sono stati un percorso che ha consentito a tanti, diversi, di capire che ci sono percorsi che si possono percorrere insieme, ha consentito di superare pregiudizi ideologici che sembravano insuperabili, ha consentito di trovare sedi di discussione laddove sembrava che non ci potesse essere discussione perché le diversità sembravano tante, troppe per poter persino iniziare a discutere.

Elementi che hanno ammazzato, se voi siete onesti culturalmente e ci riflettete, la stessa capacità di confronto dialettico e di produzione legislativa di questo Consiglio regionale nei primi quasi tre anni e mezzo della sua attività. Noi crediamo e siamo convinti che i referendum abbiano confermato che la vera frontiera di separazione oggi in Sardegna è tra chi vuole conservare le regole in vigore, perché tutto sommato con queste regole si è garantito l'arrivo al potere, il perpetuarsi del suo potere e del potere di quelli che, dietro di lui, sono pronti a prendere il suo posto, e tra chi invece si vuole mettere in discussione, perché ha capito che diversamente questa società sarda tende alla desertificazione e alla politica, in questa prospettiva, è affidato il ruolo di guardiano del cimitero. Ma nessuno di noi ha voglia, passione, cose da dare e da spendere per fare il guardiano di un cimitero o il guardiano di un deserto, per fare nel "deserto dei tartari" la guardia contro un nemico che non arriverà mai per cui, nel frattempo, finisce la vita e si muore.

Pertanto, e concludo, con il cuore in mano, a nome dei Riformatori e, se posso, anche a nome di tanti consiglieri regionali, di tanti consiglieri comunali, di tanti sindaci referendari, e soprattutto delle 525 mila persone che, liberamente, hanno scelto di andare a votare per i referendum, dico che tutti hanno scelto di andare a votare i referendum avendo una cosa soprattutto in testa, e cioè che così come è andato avanti questo stesso Consiglio regionale, non sia possibile andare avanti per il futuro.

Questo è il messaggio lanciato e (questo lo sapete quanto me) molti di coloro che non sono andati a votare non l'hanno fatto non perché non condividessero il messaggio o perché non condividessero il testo dei quesiti, ma perché non credono che la politica possa mai cambiare niente, perché non gli piaceva la faccia dei referendari, perché comunque in quelle facce vedevano facce di politici, perché invece che usare la matita per esprimere il voto avrebbero voluto usare la spranga di ferro per darcela in testa, perché questa è la realtà che oggi si vive in Sardegna. Colleghi, il mondo fuori di qui ha già fatto una svolta, ora tocca a noi, tocca al Consiglio regionale dire se anche noi vogliamo fare la svolta oppure se vogliamo rassegnarci a una Sardegna che non ci piace.

PRESIDENTE. Comunico che il consigliere Peru è rientrato dal congedo.

È iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

Onorevole Diana, mi scusi, mi permetto di fare una proposta all'Aula poichè non ho pensato di presentarla in Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Dato l'alto numero di iscritti a parlare, propongo di contingentare il tempo degli interventi limitandolo a dieci minuti.

Poiché non vi sono opposizioni, la durata di ciascun intervento è di dieci minuti.

Prego, onorevole Diana.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, sulla riunione odierna ritengo ci sia molta attenzione; una attenzione da parte del Consiglio, una attenzione fortissima da parte del sistema delle autonomie locali, una attenzione, credo, ancora più forte da parte di chi il 6 maggio si è recato a votare e si è espresso con un voto inequivocabile, voto sul quale noi non vogliamo oggi esprimere un giudizio.

Il collega Vargiu ha richiamato l'esigenza di un impegno; per quanto mi riguarda condivido questa sollecitazione ma, con altrettanta franchezza dico che, almeno per quanto riguarda il Partito Democratico, non ne avevamo bisogno. Il Partito Democratico in Consiglio regionale giudica il voto del 6 maggio come una espressione, direi un bisogno, di una volontà di cambiamento profondo dalla quale non si può prescindere.

Il P.D. rispetta, come si suol dire senza se e senza ma, quel voto, ma non ci limitiamo a rispettare quel voto, siamo impegnati anche oggi, non solo da oggi (lo dimostrano le nostre iniziative, le nostre proposte, anche di riforma del sistema istituzionale di quest'Isola presentate in questa legislatura)a trasformare quella indicazione di voto con l'obiettivo di riordinare complessivamente il sistema delle autonomie locali. Noi vogliamo fare questo riordino valorizzando il ruolo e la funzione, anche in forma associata, degli enti locali, a partire dai comuni.

Assessore Rassu, attraverso questo processo di riordino vogliamo realizzare un effettivo decentramento di funzioni dalla Regione verso il sistema degli enti locali al fine di garantire, tra le tante cose, di accorciare la distanza tra istituzioni e cittadini. Noi siamo qui anche quest'oggi impegnati in questa direzione. Per noi quella volontà, che si è espressa il 6 maggio, non va sciupata, deve essere per il Consiglio regionale, nessuno escluso, una occasione straordinaria per trasformare e per riformare il sistema istituzionale di questa Regione. Noi siamo impegnati su questo obiettivo. Non mi pare finora che ci sia altrettanto impegno da parte di altri, a partire dal Presidente della Regione.

Io chiedo qual è la proposta del Presidente della Regione all'indomani dei referendum, proposta che il Presidente della Regione, innanzitutto, innanzitutto, ha l'obbligo e il dovere di fare. L'obbligo e il dovere, a maggior ragione, perché siamo in presenza di un Presidente della Regione che si è impegnato in prima persona a sostenere il movimento referendario e, pertanto, avrebbe dovuto avere tempo a per fare proposte; ma non soltanto il tempo, servono idee, servono capacità di proposta, capacità di governo che finora questo Presidente in questi tre anni che purtroppo guida questa Regione, non ha dimostrato in alcun settore.

Allora noi chiediamo innanzitutto a chi ha la massima responsabilità di governo in questa Regione che cosa propone all'indomani dei referendum che noi interpretiamo così come ho detto, interpretazione che altri colleghi chiariranno anche meglio dopo il mio intervento. Siamo in attesa di una proposta del Presidente della Regione, non c'è? C'è la Giunta regionale? La Giunta regionale ha una proposta? Per cortesia ci formuli questa proposta, metta il Consiglio regionale nelle condizioni di capire se da parte della Giunta, di chi ha la responsabilità di governare questa Regione si ha un'idea, un'idea di come si riformano le istituzioni locali.

Ma ha una responsabilità anche la maggioranza che sostiene il Presidente e la Giunta e, con altrettanta convinzione e fermezza, chiedo ai colleghi della maggioranza se sono nelle condizioni oggi di fare un passo in avanti oppure se ci si appresta ad arrivare alla spicciolata al 26, data di promulgazione del risultato referendario nel BURAS, determinando un vuoto istituzionale che credo nessuno voglia in quest'Aula. E in questi giorni ce l'hanno chiesto ad alta voce in particolare i sindaci di questa Regione, sia quelli delle province che sono state oggetto di un referendum abrogativo, sia quelli che fanno parte delle province per le quali c'era un referendum consultivo.

Noi vi chiediamo pertanto qual è la proposta del Presidente, innanzitutto, che è assente su questa materia però ho visto che non è stato assente quando si è trattato di rinominare consigli di amministrazione e amministratori di enti; enti oggetto di alcuni dei dieci quesiti referendari che, collega Vargiu, una grande maggioranza ha chiesto di abrogare! Perché non chiedete al Presidente della Regione di fare un passo indietro rispetto alle nomine? Anche quelle nomine sono state oggetto di referendum abrogativo.

Il Presidente della Regione non rispetta nulla! Brilla, brilla, brilla per assenza ma, guarda caso, anche quando è assente, quando si tratta di fare azioni irresponsabili come quelle, le sa fare anche in contumacia, perché di questo stiamo parlando. E a me piacerebbe che ci fosse, onorevole Vargiu, un sussulto d'orgoglio per misurarci anche attraverso le azioni che si compiono. Qual è la coerenza di un Presidente che si schiera, e non giudico questo, a sostegno di quei referendum e poi, mi si scusi il termine, sputa sopra quei referendum nominando alcuni organi che non dovevano essere nominati come è successo in Carbosulcis e non soltanto? Ecco, noi vogliamo rispettare il voto, noi siamo qui, Assessori, per chiedervi innanzitutto di assumervi le vostre responsabilità.

Noi ci assumeremo le nostre. Noi siamo per un riordino complessivo, siamo per valorizzare il sistema delle autonomie locali anche in forma associata per renderle adeguate, mi ascolti assessore Rassu, a gestire il trasferimento delle funzioni e delle competenze dalle Regioni verso i comuni. Vogliamo fare questo, siamo pronti, abbiamo una nostra idea, è pronta una nostra proposta che va in quella direzione, siamo nelle condizioni di discuterla anche oggi.

E metteremo a disposizione la nostra proposta per senso di responsabilità verso la Sardegna, non verso un Presidente che è assente costantemente e non è in grado di formulare una proposta; lo facciamo per senso di responsabilità nei confronti del sistema delle autonomie locali e dei sardi perché non vogliamo...

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, io credo che in quest'Aula si stia vivendo un momento importante, non tanto importante però da far dimenticare i posti di lavoro che mancano, la disoccupazione, la crisi finanziaria, la crisi economica, la crisi morale, etica della politica, una crisi ben più importante rispetto a questo piccolo-grande problema della presenza o meno delle province, rispetto ai dieci referendum proposti qualche settimana fa e che credo stiano occupando troppo spazio del tempo di questa Assemblea legislativa, troppo inchiostro sulle pagine dei giornali, troppe parole.

E così siamo tornati in Aula per ridiscutere e ricominciare un percorso, iniziato prima dei referendum, su una proposta di legge che è arrivata in Aula, che si stava discutendo in Aula, bloccata in Aula su richiesta dei Riformatori sardi per poter consentire, non so in che cosa avrebbe ostato, il regolare svolgimento dei referendum. E siamo tornati a quel punto in mancanza, dopo quella proposta di legge, dopo quei referendum, di una proposta di riforma da parte degli stessi proponenti dei referendum.

Allora io qui vorrei richiamare l'onestà intellettuale, nota, di alcuni di noi che però continuano a perseguire un'idea politica o, meglio, della comunicazione politica che rasenta l'ipocrisia, e non vorrei parlare di malafede. In quest'Aula il 10 gennaio del 2011 il sottoscritto presentò un emendamento alla finanziaria del 2011 in cui si proponeva l'abrogazione delle province con il percorso legittimo di abrogazione delle stesse entro l'arco della legislatura in corso.

Bene, quell'emendamento fu respinto da quelli che oggi stanno insieme a questa maggioranza, insieme a quel Presidente, che oggi non c'è, presentatosi lui stesso come artefice e sostenitore dei referendum, ma che non è mai artefice e sostenitore delle soluzioni dei problemi. Bene, quell'Aula rigettò quell'emendamento e votò contro la soppressione delle province. Ma questo non è un fatto nuovo, così come non è un fatto nuovo che quest'Aula e quegli stessi referendari votarono contro l'abrogazione dei consigli di amministrazione.

Ricordo un emendamento per tutti, primo firmatario il collega Gian Valerio Sanna, che proponeva la cancellazione del consiglio di amministrazione dell'AREA e, successivamente, l'emendamento presentato da me per la cancellazione dei consigli d'amministrazione, sostenuto anche dal gruppo dell'U.D.C., che non passò l'esame dell'Aula anche grazie al voto contrario dei referendari.

Così come per anni, esattamente sei, fino all'ultima finanziaria, ci fu un atteggiamento ostativo da parte dell'Aula e di tutti i componenti dei Gruppi politici alla proposta emendativa, mia e dell'onorevole Oppi, per cancellare le indennità aggiuntive delle cariche consiliari, cioè per un abbattimento dei costi della politica. Nessuno dei referendari mosse un dito per sostenere quell'iniziativa mia e dell'allora mio segretario dell'U.D.C., Oppi. Potrei continuare elencando tutti i quesiti, eccetto quello sulla Costituente che abbiamo sostenuto insieme, e che invece la maggioranza di turno (della passata legislatura e di quella attuale) non ha voluto portare avanti.

Perciò le azioni politiche legittime, trasparenti, pulite, in quest'Aula sono sempre state portate avanti, si è poi arrivati all'uso irrazionale e irresponsabile del referendum che ci porta oggi a decidere su una soluzione che, comunque la si veda, non sarà garante della legittimità dell'atto che noi compiremo, e che può essere impugnata in qualsiasi momento, perché in una società civile si vive di regole, di leggi e di diritti. Perciò chi parla non può essere sicuramente accusato da alcuno, e credo che nessuno si permetterà di dire che sono contrario all'abrogazione delle province; nei fatti e non nelle parole, nella legge e non nella demagogia, ho dimostrato che si possono e si potevano abrogare, e che non era necessario fare ricorso all'istituto del referendum.

Allora, si arriva in Aula oggi ripartendo da dove è partito questo Consiglio regionale impostando una sessione delle riforme. E mi stupisce che un partito di maggioranza che ha due Assessori in quella Giunta, che sostiene un Presidente incapace e inefficace, che continua a guidare anche il Consiglio con la Vicepresidenza e la più importante Commissione, la Commissione III, faccia opposizione dicendo: "Quest'Aula non lavora, decidetevi a fare delle proposte". Ma dove sono le vostre di proposte? Perché non si sono dimessi i vostri consiglieri di amministrazione?

Giusto qualche giorno fa i vostri rappresentanti hanno chiesto spazio nei consigli di amministrazione in corso di rinnovo. Dov'è la coerenza? Dov'è la pulizia? Dov'è l'intelletto? Dov'è la coerenza intellettuale? Ma di questo fatto alla Sardegna non interessa minimamente, interessa che noi concludiamo velocemente un percorso che siamo costretti ad affrontare in maniera celere e quindi non corretta. Pensate che oggi, da quando sono state formate le province nel 1997, sono ancora in corso gli atti per la definizione del passaggio di competenze, personale e territori alle nuove province. Pensate questo! E in sei giorni si vuole ricostituire un apparato, un'architettura istituzionale, che in dodici anni non si è ancora compiuta!

Certo non possiamo aspettare i tempi della politica, invece dobbiamo cambiare i tempi della politica perché la politica deve cambiare, perché i partiti devono cambiare. Perché, badate bene, nel nostro Paese non c'è bisogno di nuovi partiti, di cambiare i partiti, ma c'è bisogno di cambiare la classe dirigente, c'è bisogno di cambiare i soliti leader, che hanno creato il problema; e parlo di tutti i partiti, compreso il mio, che oggi si propongono come risolutori dello stesso.

Non è più credibile quella politica, ma sarebbe credibile una politica nuova, "nuova" vuole dire non compromessa, non compromessa col passato non vuol dire via i "sessantenni", "cinquantenni", "trentenni", "ottantenni", vuol dire non compromessa. E oggi per avere credibilità la politica si deve presentare con chiarezza, trasparenza e onestà intellettuale.

Ci misureremo pertanto su degli emendamenti; ma anche i passaggi compiuti da lunedì a oggi con una Commissione prima tenuta costantemente convocata, ma che non ha potuto lavorare per le continue richieste dia riunione dei Presidenti di Gruppo, che hanno avocato a sé la soluzione del problema, reputo che sia stato un passaggio politicamente scorretto, assolutamente scorretto, per tornare poi a che cosa? A esaminare gli emendamenti!

E badate bene, nessuno richiami i tempi eventuali da destinare al giudizio del CAL, il Consiglio delle Autonomie Locali, il testo di legge non è cambiato, noi stiamo valutando emendamenti, e gli emendamenti non dovevano essere inviati al CAL. E non c'è stato un attimo di concertazione con le autonomie locali, non c'è stato un attimo di confronto neanche con l'Unione Province Sarde (UPS), che comunque è espressione di rappresentanti popolari (il referendum del 30 per cento che legittimamente ha abrogato delle leggi, ma altrettanto legittimamente il 56 per cento della gente ha eletto dei propri rappresentanti).

Per tutto questo bisogna avere rispetto, un rispetto che quest'Aula, questa politica, e i Gruppi politici non hanno avuto per chi ha pari dignità nella rappresentanza del territorio e del popolo sardo. Cancelliamo queste province nel modo legittimo, nel modo corretto, con i tempi giusti. E per quanto mi riguarda i tempi giusti sono la fine della legislatura provinciale, non esponendoci a ricorsi, e costruendo nel tempo in modo giusto.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, mi permetto di dirle, -nessuna polemica, che l'Ufficio di Presidenza ha recepito lo stimolo fornito da quell'emendamento che lei ha richiamato nel suo intervento sulle indennità di carica. Ho capito che il rilievo non era rivolto a me, onorevole Capelli, però mi preme sottolineare che comunque quell'emendamento è stato uno stimolo anche per l'Ufficio di Presidenza, che ha deciso un taglio delle indennità di carica del 30 per cento, oltre al taglio delle altre indennità.

E' iscritto a parlare il consigliere Matteo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA MATTEO (U.D.C.-FLI). Presidente, premetto che sono sempre stato rispettoso degli esiti referendari, degli esiti della democrazia, e lo sono premetto anche di questo voto, che io personalmente ho manifestato ovviamente con dei "no" ai dieci quesiti referendari. Dico questo perché ciascuno di noi ha delle responsabilità, responsabilità davanti all'opinione pubblica come legislatore, responsabilità davanti al popolo sardo. Dico però di sposare pienamente la proposta avanzata poc'anzi dal collega Capelli sull'esigenza di far arrivare a fine legislatura, quegli organismi democraticamente eletti nelle quattro province istituite con legge regionale. E lo dico da rappresentante di un territorio, la Gallura (provincia che ha delle ragioni storiche) che quest'anno raggiungerà per numero di abitanti la provincia di Nuoro, quindi una provincia istituita con legge statale.

All'interno di quest'Aula c'è l'onorevole Biancareddu che, essendo stato Assessore agli enti locali, è stato uno dei protagonisti, assieme ad altri esponenti che siedono ancora in quest'Aula, di quelle vicende importanti per il nostro territorio, di quelle battaglie, che hanno visto questo Consiglio regionale legiferare e riconoscere quattro nuovi enti intermedi.

Personalmente ho ricoperto il ruolo di consigliere e assessore provinciale nella vecchia provincia di Sassari, e potrei parlare di tante cose che andavano bene e di tantissime altre che invece non andavano altrettanto bene. Il mio ex partito e anche il mio attuale partito a livello nazionale sono contrari o, meglio, nei programmi elettorali puntualmente si esprimono contro le province, tranne però (e questo spesso accade durante l'attività legislativa) o votare contro i provvedimenti di abolizione, oppure non legiferare in materia.

Questa è una malattia del legislatore, questa è una malattia dei partiti italiani che avanzano proposte nei programmi elettorali, programmi che vengono sottoscritti e votati, che quindi dovrebbero essere onorati poi dai partiti che vincono le elezioni e vanno al governo, e che spesso invece vengono disattesi. Perché? Perché nel frattempo magari si conquistano dieci nuove province, e quindi vien male dire ai propri rappresentanti che devono andare a casa; e poi, ovviamente, si aprono anche spiragli della cosiddetta "concorrenza interna", e quindi bisogna trovare una poltrona, o un posticino, al collega di partito che va parcheggiato. Occorre pertanto un richiamo a tutti i partiti affinché quando si prendono degli impegni davanti agli elettori si mantengano.

Dico anche però che non è serio, pur rispettando il quesito referendario, il risultato che i 525 mila sardi andando al voto hanno sancito, e cioè che le quattro province sarde debbano essere abrogate. Io ritengo che sia necessario arrivare a una riforma organica degli enti locali intermedi, attraverso una legislazione seria, attraverso uno strumento che consenta ai cittadini innanzitutto di poter onorare quell'impegno assunto nei confronti del proprio eletto e, soprattutto, agli stessi eletti di poter onorare quell'impegno e quel mandato che gli è stato attribuito democraticamente, sempre democraticamente, dagli elettori.

Ritengo anche che vadano valutati lo stato d'animo e le condizioni che avevano ispirato la nascita di quelle quattro province, in modo particolare la provincia Gallura; a suo tempo l'unica che per il trend di crescita sia del Pil, sia del numero degli abitanti, in quel momento poteva essere costituita.

Aggiungo di più: credo che la Gallura abbia perso poi un altro treno; infatti quando il Presidente Berlusconi, cittadino onorario di Olbia, spinse i propri parlamentari a riconoscere Monza come provincia statale, la stessa cosa poteva farla per Olbia. Questo non è stato fatto e questo è stato un treno che il nostro territorio ha perso a suo tempo e, quindi, oggi ci troviamo nella situazione di essere equiparati, senza nulla togliere ovviamente alle province minori, alla provincia dell'Ogliastra che ha meno abitanti, alla provincia del Medio Campidano che ha meno abitanti, alla provincia del Sulcis che ha meno abitanti, province che non hanno il trend di crescita demografica della stessa Gallura.

Ma le ragioni storiche che hanno portato, cari colleghi, al riconoscimento della provincia Gallura risalgono agli anni '60. In quegli anni un parlamentare sardo, l'onorevole Alfredo Pazzaglia, esponente dell'allora Movimento sociale, ipotizzava una provincia del Nord-Est della Sardegna che partiva da Ozieri e arrivava sino a Posada, comprendendo tutta l'Anglona e la Bassa Valle del Coghinas e, ovviamente, la Gallura; e si individuava come unico capoluogo Olbia. Questa era la proposta di legge, perché vi erano in quel momento storico le condizioni e le esigenze per riconoscere una provincia di area vasta, una provincia che tenesse in considerazione i due poli: quello turistico e quello agroalimentare che gravitava su Ozieri.

Questo progetto, purtroppo, non è stato portato avanti e quarant'anni dopo è prevalsa in Consiglio regionale un'altra linea, quella di accontentare tutti i consiglieri e tutti i rappresentanti del territorio, che sedevano su questi banchi; una scelta che ha portato di fatto alla nascita di quattro province indebolendo forse l'unica vera provincia che aveva un senso in quel momento. Questo è stato l'errore legislativo che, capisco, è stato sicuramente determinato da pressioni dall'esterno, dei sindaci, dei pubblici amministratori. Sono province che spesso nascono per rivendicare, come nel nostro caso, il diritto ad autodeterminarsi e il diritto ad avere una strada che ad esempio colleghi Olbia con Sassari, che solo in questi anni, grazie all'impegno di questa Giunta, grazie soprattutto ai fondi POR destinati a quest'opera, vedrà la realizzazione.

Dico anche che, molto probabilmente, con un collegamento migliore, con dei collegi elettorali più piccoli l'esigenza delle nuove province qualcuno non l'avrebbe neanche sentita; mi riferisco soprattutto a qualche sindaco che a suo tempo aveva velleità di candidatura, qualcuno è stato anche candidato ma bocciato dall'elettore. Questo era uno dei motivi che spinse il legislatore a legiferare in materia di nuove province. La creazione di otto circoscrizioni elettorali è stato un bene; io sono un beneficiario di quella legge, come tanti altri in quest'Aula, altri invece sono stati scottati da questa soluzione.

Io non voglio fare il "gallerista", come l'onorevole Cogodi definiva seduto su quegli scranni i galluresi presenti a quel tempo in questa Assise quando si legiferò in materia. Dico però che questo Consiglio regionale ha il dovere innanzi tutto di legiferare, di legiferare bene, utilizzando il tempo necessario per fare in modo che la legge che scaturirà da quest'Aula non sia una legge monca: deve essere una legge che contempli le esigenze dell'ente che vogliamo creare, ma soprattutto le esigenze di quei territori che, dopo anni, hanno avuto la possibilità di autodeterminarsi e che oggi guardano a questi lavori con grande attenzione

PRESIDENTE. Vorrei un attimo di attenzione da parte dell'Aula. Ricordo ai colleghi che gli emendamenti che erano stati presentati al testo la unificato prima del rinvio del provvedimento in Commissione sono ovviamente tutti decaduti. Pertanto, chi volesse presentare degli emendamenti può farlo, con la firma dei Capigruppo, sino al momento della votazione sul passaggio all'esame degli articoli.

PRESIDENTE. E'iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Io sono uno dei ventuno consiglieri regionali firmatario e promotore dei referendum, oggi causa ed effetto di questo Consiglio e dell'estenuante e incessante lavoro dei Capigruppo, della Prima commissione e del Presidente del Consiglio. E' chiaro a tutti che nessuno, oggi, fra noi consiglieri non vorrebbe non dare ascolto all'esito di quelle consultazioni, io non credo che tale pensiero possa essere iscritto nell'agenda dell'ipotalamo politico di ciascuno di noi. Oggi, diceva il collega Vargiu, si gioca una partita fra chi vuole davvero la svolta, tra chi è per il cambiamento e chi invece vuole fare il guardiano del cimitero o il necroforo del presente che è già diventato passato.

Credo che tutti siamo dalla parte della svolta che, però, non può avvenire senza tener conto del fatto che le riforme, quelle riforme che languivano da anni, possano essere fatte in un arco di tempo troppo limitato.

Il Consiglio regionale ha davvero un'occasione straordinaria per trasformare un sistema, un'architettura istituzionale ormai obsoleta, anacronistica e non al passo coi tempi, con questi tempi che richiedono altro: risposte diverse, forti e risolutive.

Tutti, ripeto, gli ottanta consiglieri hanno oggi un compito delicato, di grande responsabilità: tradurre in atti una volontà popolare manifestatasi nell'ultima tornata referendaria, al di fuori delle vecchie logiche di partito e degli antichi tatticismi politici, all'insegna di un nuovo corso che non potrà più attendere. Responsabilità, dicevamo, sì di oggi ma anche di ieri e domani. Riforme sì, rinnovamento sì, ricambio generazionale forse.

Pier Paolo Vargiu ha detto che alcuni segretari, non dei Riformatori, di alcuni partiti politici del centrosinistra hanno in maniera forte sostenuto questo progetto referendario, io credo che qualcuno di quei segretari dovrebbe trarre le conseguenze dell'atteggiamento tenuto prima e durante il referendum, queste conseguenze dovrebbero essere le dimissioni immediate dei propri consiglieri, dei propri assessori e dei propri Vicepresidenti dalle province, da quelle province che qualche segretario di partito, anche del centrosinistra, vorrebbe appunto fossero tutte abolite.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Tutti siamo chiamati a rispettare il pronunciamento referendario ma penso sia legittimo pretendere che se ne interpretino correttamente i risultati, valutando in maniera ponderata e costruttiva le questioni in campo in questa fase di transizione. Ritengo infatti che siano aspetti di particolare valenza per un territorio come quello che io, come altri colleghi, sono chiamato a rappresentare in questo Consiglio.

Un territorio che è stato interessato da un processo di amministrazione attiva, di vero decentramento amministrativo, e che vede ora lo smantellamento delle sedi del Tribunale, dell'INPS, dell'Agenzia delle entrate, e continua a sentire i limiti e l'inadeguatezza dell'organizzatore sanitaria, (e teme la soppressione della ASL), dell'offerta di servizi ospedalieri che, ripeto, sono ancora assolutamente inadeguati, ma anche l'inadeguatezza della rete viaria, delle ferrovie e dei trasporti in genere.

Faccio questo riferimento al mio territorio, senza togliere a nessuno la legittima possibilità di formulare analoghe considerazioni sui territori che rappresentano, consapevole sicuramente che la funzione legislativa del Consiglio regionale deve privilegiare e tutelare l'interesse generale prima di tutto, e non solo quello locale; ma ritengo che qualche considerazione di particolare valenza - lo ha fatto già il collega Matteo Sanna - possa essere proposta relativamente alla storia della Gallura, alla sua pretesa legittima di rivendicare elementi di autonomia nell'amministrazione attiva del suo territorio, della sua identità, della sua lingua, della sua dimensione demografica e territoriale.

Noi continuiamo a ritenere - lo abbiamo già detto - che il referendum non abbia sollecitato il ritorno tout court a un modello del passato, improntato a creare nelle funzioni dell'ente intermedio subalternità da considerarsi superate, ma elementi di riforma organica giusta e condivisa nell'auspicato equilibrio teso a contemperare costi, risorse e legittime esigenze di democrazia nella governance dei diversi territori della nostra regione.

Rispetto del referendum, certamente e assolutamente, ma ci deve essere consentito di poter dire che questo importante strumento di democrazia non può essere usato esclusivamente come un'arma demagogica contro la classe politica, se si vuole davvero continuare a configurarla, nonostante il grigiore del momento, come base della democrazia ed espressione della volontà dei cittadini. Quindi il legislatore ha il dovere di intervenire in un iter che abbia una cornice di certezza giuridica; e operare nell'ambito del dibattito sul referendum non significa creare vuoti nell'ambito di un contesto di requisiti irrinunciabili attribuiti alle province e ai territori con le loro esigenze di amministrazione attiva.

Il dovere è quindi quello di intervenire con correttezza, con ponderazione, facendo realmente l'interesse dei cittadini. Il cittadino che cosa ha voluto abolire con il referendum: la Provincia o gli sprechi?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue LAI.) Quindi le difficoltà nell'individuare un percorso di certezza giuridica io ritengo sia dovuto al fatto che non esiste un modello strutturale di sviluppo che parta dal modificare l'attuale istituto autonomistico. La Sardegna ha bisogno di una riforma completa e organica del sistema autonomistico, puntando a creare uno strumento completo di governo del territorio che sia adeguato a una reale prospettiva di sviluppo economico e sociale.

E' quindi indubbio che le preoccupazioni determinate dallo scollamento tra cittadini e mondo della politica esigano risposte efficaci; sono pertanto opportuni segnali che producano interventi di risparmio nella macchina regionale e in tutte le istituzioni, senza ledere però i principi di rappresentatività democratica ed efficienza amministrativa. Il referendum ha spazzato via le province: bene, che sia l'occasione per rivedere il concetto di province, perchè non siano più strutture mostruose che gravano sui bilanci ma realtà che creano servizi ed economia.

Si tratta di elaborare un diverso profilo normativo che consenta ai territori di esercitare un ruolo di autonomia in un percorso di riforma organica, e questo sicuramente è nelle nostre prerogative. Dobbiamo riflettere quindi sul fatto che il Consiglio regionale non ha provveduto sinora ad attuare questo percorso di riforma, non si è creata un'aggregazione trasversale e non si è avuta la consapevolezza di dover procedere su un percorso completo delle prerogative autonomistiche. Le forze politiche non hanno discusso della riforma nei suoi contenuti ma sugli strumenti con cui realizzarla.

Se la gente non ha riconosciuto l'utilità delle province ciò è dovuto al fatto che non ha percepito la pregnanza delle loro funzioni e non ha visto concrete proposte per migliorare l'incisività di questi enti; ma non si può sottostimare il fatto che, con il dettato del pronunciamento referendario, non è agevole individuare una norma che consenta di ridisegnare il modello del territorio. Non si può certamente eludere la valutazione approfondita delle criticità che sono ben delineate nei tredici punti della relazione predisposta dai consulenti. Come si fa a non tener conto dei problemi relativi alla modificazione delle circoscrizioni provinciali e all'accorciamento del mandato elettivo? Come possiamo esimerci dal considerare i diversi problemi da risolvere in una logica di trasferimento delle competenze delle province a comuni e Regione?

Per ragioni di tempo non possiamo certamente scendere nel dettaglio, avremmo potuto farlo ma, sicuramente, tutti possono riflettere sul fatto che gli oneri connessi a questo inaudito trasferimento di competenze potranno forse essere maggiori dell'eventuale risparmio. Questa è una riflessione che dobbiamo fare nella consapevolezza che il formularla non ci esimerà da critiche e dall'attribuzione di connotati poco piacevoli, ma rispettare il risultato del referendum ritengo non sia in contrasto con l'entrare nel vivo delle problematiche createsi con l'intento di superarle costruttivamente e dignitosamente.

E, a tal proposito, mi rifaccio alle soluzioni legislative possibili indicate dagli illustri consulenti e, in particolare, alle enunciazioni secondo cui l'abrogazione non produce l'eliminazione dell'ente provincia dall'ordinamento giuridico ma si limita a circoscriverne l'efficacia dal punto di vista dell'operatività giuridica, il che autorizza - e lo dico in attinenza all'emendamento che dà significato a questo percorso - a considerare, legittimi e corretti, percorsi normativi da adottare in termini di individuazione di un processo di transitorietà che interessi tutte le preesistenti province, e a elaborare una legge regionale di attuazione delle vigenti normative statali, e in particolare dell'articolo 23 del cosiddetto decreto Monti.

Questo implica una profonda revisione degli organi delle province ma non impedisce certamente di utilizzare le nostre prerogative di autonomia legislativa nell'incisiva riformulazione, dal punto di vista funzionale e strutturale, della governance dei territori. Ritengo che questa possa essere un'occasione irripetibile per attuare una vera ed efficace riforma dello Statuto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Non utilizzerò tutto il tempo a mia disposizione, intendo solo rimarcare che questo è un momento particolare. Io ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'onorevole Vargiu e,, personalmente, considero l'evento dei referendum come un momento importante di scossa data a questo Consiglio. Il referendum è uno strumento importante di democrazia che, a mio avviso, sarebbe dovuto essere utilizzato con più attenzione, non foss'altro perché l'uso del referendum è sembrato strumentale proprio in un momento di grave difficoltà del mondo politico, oggi chiaramente al centro dell'attenzione, che richiede una grande riflessione.

Sicuramente le oltre 500 mila persone che hanno partecipato a questo referendum costituiscono un dato importante, ma non dimentichiamo che gli organismi eletti che oggi dobbiamo decidere di sciogliere sono stati eletti con percentuali del 40-50 quasi 60 per cento in qualche caso. Quindi è vero che i dati sono importanti (ripeto che io sono d'accordo e rispetto comunque la volontà popolare così come penso lo faccia il nostro partito), però vanno assunti anche responsabilmente degli atti che consentano dei passaggi indolore; e non perché non si voglia rispettare, ripeto, la volontà dell'elettorato, ma perché si è affrontato questo referendum con una certa superficialità, senza valutare le conseguenze o, forse, i Riformatori pensavano che non si sarebbe raggiunto il quorum, considerato che i referendum erano, appunto, slegati dalle elezioni amministrative.

Il nostro Gruppo, peraltro, era disponibile, anzi, incoraggiò e invitò il Presidente a mantenere i referendum all'interno delle elezioni amministrative, si fece un'altra scelta per cui il problema sicuramente non è dell'opposizione.

Oggi, responsabilmente, siamo qua per concorrere a trovare una soluzione perché purtroppo non abbiamo avuto la forza in precedenza; gli stessi referendari, gli stessi Riformatori caldeggiando o cavalcando il referendum di fatto hanno commesso un atto di sfiducia anche nei confronti della maggioranza. La prima Commissione ha comunque avviato con grossa difficoltà (la responsabilità sicuramente non è della minoranza), lavori di riordino istituzionale per portare avanti questa grande riforma, peraltro anche caldeggiata con un ordine del giorno da questo Consiglio.

Insomma, nel perseguire il riordino istituzionale ci si ritrova a scegliere percorsi diversificati e non quelli istituzionali per seguire i quali siamo stati eletti e che abbiamo l'obbligo di seguire, in modo particolare credo lo abbiano la maggioranza, gli stressi Riformatori,.

Personalmente non condivido il decreto Monti che di fatto svuota le province, mentre in questo Consiglio nella precedente legislatura si era tentato l'avvio di una riforma che prevedeva di trasferire verso i territori competenze e funzioni della Regione. Poi questo processo è stato interrotto, vanificando quindi quell'idea diciamo lungimirante di riordino istituzionale.

L'esito dei referendum, questa scossa, ci dà la possibilità di riprendere e di riconsiderare quel cammino: oggi siamo chiamati a fare questo. In questa fase di transizione cerchiamo di non sconquassare il sistema istituzionale perché, per fare anche un semplice esempio, se dovessimo sciogliere tout court in questo momento le province, dovendo domani (per dire una stupidaggine) comprarmi una automobile non saprei neanche dove immatricolarla; per non parlare di altri problemi che invece si pongono relativi al personale, alle imprese che non possono essere pagate perché nessuno sa chi deve firmare i mandati e così via. Credo di non dire nulla di nuovo a questo Consiglio nel quale siamo tutti coscienti delle complicanze e delle implicanze che questo risultato comporta.

Quindi, oggi in questo Consiglio credo che occorra una assunzione di responsabilità, trovando le vie per rispettare i referendum ma per rispettare anche tutto quell'apparato che è stato regolarmente eletto e quell'insieme di azioni amministrative in atto che non possono essere interrotte dall'oggi al domani con la visione prospettica di un riordino istituzionale. Riordino istituzionale che deve vedere sicuramente in prima fila i comuni dove i cittadini hanno la loro residenza e, di conseguenza, la possibilità di esercitare il loro ruolo e di essere serviti in casa propria.

Mi sta bene pertanto l'idea di rafforzare i comuni, le unioni dei comuni e, perché no, rafforzare nel territorio la presenza della Regione nello spirito riformatore, ripeto, che questo Consiglio e questa maggioranza hanno interrotto. Per cui con questo spirito accolgo anche l'invito dell'onorevole Vargiu, a voler cogliere questo momento, ma credo che tutti ci si debba rimboccare le maniche e fare in modo che la prima Commissione possa funzionare e possa funzionare bene.

Penso che potesse funzionare anche in presenza della Costituente, organismo che avrà dei costi; è vero che la democrazia ha dei costi, spesso noi tendiamo a dire di tagliare, ma quell'organismo dovrà essere preparato, avrà bisogno di tempi lunghi, invece in questa legislatura si poteva chiedere agli enti costituiti cioè alle università, alle organizzazioni di categoria di eleggere dei loro rappresentanti che affiancassero la prima Commissione al fine di produrre assieme una riforma seria di questo organismo e poi avere un'Assemblea permanente in Consiglio. Si è scelta un'altra strada, ma io credo sarà difficile da percorrere.

Segnali di volontà politica comunque in questo Consiglio ce ne sono perché ricordo, in merito al referendum sulla riduzione dei costi della politica, che questo Consiglio in parte ha già compiuto dei passi (bisogna fare ancora un altro sforzo) ha ridotto infatti le indennità e i compensi. Bisogna pur dirle queste cose, perché comunque degli atti di buona volontà sono stati fatti posti in essere.

Bisogna proseguire in questa direzione e dare il giusto ruolo alle componenti di questo Consiglio, perché questo è un Consiglio eletto dal popolo e rappresenta l'intera Sardegna. Quindi cogliamo pure lo spirito presente nelle parole dette, però da oggi in poi speriamo che le parole possano trasformarsi in fatti concreti che siano, appunto, a beneficio dell'intera collettività sarda.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, ho qualche perplessità a intervenire sul tema all'ordine del giorno, perché questa settimana i lavori si sono svolti in maniera confusa e mi pare una discussione al buio. Sappiamo infatti che verrà presentato un emendamento che non è passato in prima Commissione ma che è stato elaborato dai Capigruppo e, quindi, corriamo il rischio di fare una discussione sul testo presentato che è totalmente distante da ciò che tra qualche ora probabilmente andremo ad approvare. Quindi una discussione paradossale.

Ho sentito i molti interventi che hanno analizzato il referendum, il clima che oggi si respira in Italia e che non è diverso dal clima che si respira in Sardegna e nelle altre regioni italiane; anch'io pertanto parlerò di questo, più che del tema specifico in discussione, sperando di non andare troppo lontano.

I referendum hanno avuto lo scopo di stimolare un'azione riformatrice; in questo senso i dieci referendum toccavano diverse materie ma si inquadravano all'interno di una logica, cinque referendum abrogativi, cinque referendum consultivi. Sui referendum abrogativi dobbiamo prendere atto del fatto che quelle norme siano espunte dall'ordinamento con effetto ex nunc, fatti salvi tutti gli effetti finora prodotti, Tornerò sulla gestione di questa fase successiva al referendum e sul fatto che magari non abbiamo valorizzato le risorse interne, importanti, che pure ci hanno sempre supportato in questo periodo su questa materia. Ho letto anche il parere dei giuristi e noto che loro stessi dicono che si crea un vuoto normativo.

Io non credo che nel nostro ordinamento si possano creare vuoti normativi assoluti, proprio perché lo stesso legislatore, nelle Preleggi ( ricordo che sei articoli sono stati abrogati), stabilisce che mai si può creare un vuoto normativo, ci deve essere sempre una possibilità interpretativa in via estensiva, in via analogica, in ultima analisi anche semplicemente richiamandosi ai principi dell'ordinamento, in questo caso l'ordinamento degli enti locali piuttosto che la Costituzione, invece da noi si dice che si crea il vuoto normativo. Prendiamo atto anche di questo.

Ma è il clima ciò di cui volevo parlare. E' evidente che oggi c'è un clima di ostilità nei confronti di chiunque rappresenti un potere pubblico, meno accentuato sul livello comunale, più accentuato man mano che si sale di livello, sino ad arrivare ai parlamentari nazionali, o addirittura allo stesso Governo. Un Governo nato come un Governo che doveva salvare l'Italia, forte inizialmente di un 76 per cento di popolarità, e oggi sceso al 35 per cento, pur facendo ciò che aveva dichiarato di voler fare. C'è un'ostilità, dobbiamo prendere atto che c'è, dobbiamo chiederci perché c'è e dobbiamo chiederci come se ne esce.

L'ostilità c'è perché sinora sono stati nascosti molti dei problemi; per cento anni circa abbiamo chiuso il bilancio dello Stato in debito, perché le regioni e il sistema dei comuni hanno sempre rivendicato risorse senza mai porsi il problema di generare anche ricchezza; poche volte in quest'Aula abbiamo parlato di come incrementare le entrate, e solo incrementando il PIL si generano nuove entrate. E come se ne esce? Semplicemente oggi se ne può uscire attraverso un sistema che preveda la responsabilizzazione e la partecipazione dei cittadini. I cittadini devono partecipare direttamente alle scelte e devono essere responsabilizzati nelle scelte, probabilmente occorrerà un altro secolo, c'è voluto un secolo per arrivare a 2 mila miliardi di euro circa di debito pubblico, e ci vorranno probabilmente cento anni per riuscire ad andare in pareggio, o comunque per arrivare a una soglia di tollerabilità nel rapporto PIL-debito pubblico.

E' chiaro però che, se ci si impoverisce, se non si hanno più le risorse per pagare le tasse che aumentano, in numero e in pressione, non possiamo pensare che non ci sia malcontento. Allora, le possibilità, ripeto, sono due. Si può alimentare l'onda del malcontento pensando che travolga tutti e che solo qualcuno magari possa cavalcarla; oppure si può passare alla responsabilizzazione dei cittadini facendoli sentire partecipi. Come si fa?

Secondo me anche su questo aspetto si può intervenire solo in due modi. Si può ridurre il più possibile il principio della democrazia rappresentativa, che ha retto in questi 2 mila e 200 anni i sistemi da Roma in poi, tornando a una sorta di agorà dove chi ha idee deve poterle esprimere a prescindere dal fatto che abbia una delega per rappresentarle. L'evoluzione dei tempi, lo vediamo con lo spread, è talmente rapida che una delega data per cinque anni corre il rischio di essere una delega in bianco, non più ancorata a programmi.

E allora: democracy, la possibilità di partecipare non solo con costosi referendum, ma semplicemente con la tessera sanitaria; democracy, che si sta sperimentando in alcune zone del mondo (in California si è già sperimentata), e rappresenterà una nuova agorà, certo, telematica, una nuova piazza che non sarà quella della città. E' uno dei metodi sui quali non possiamo tapparci gli occhi e far finta che non costituisca la prospettiva futura. Saranno necessari trent'anni, vent'anni, non lo so, ma si arriverà necessariamente a una riduzione dei poteri delle assemblee legislative, dei poteri degli organi esecutivi per restituire sovranità diretta al popolo; e non, ripeto, solo attraverso uno strumento che necessariamente non è affinato come quello del referendum.

L'altra possibilità è avvicinare i momenti decisionali il più possibile ai cittadini, potenziando e ponendo al centro di una nuova architettura istituzionale i comuni, associati, non associati, lo dobbiamo vedere; il comune poi potrà essere libero di associarsi o obbligato ad associarsi, ma il comune è il luogo nel quale il rapporto fiduciario, il rapporto eletto ed elettore non si delega ogni cinque anni, lo si delega, sì, formalmente, ma ogni volta che il sindaco va ad acquistare il giornale viene fermato, e quindi si rinnova quotidianamente quel rapporto di fiducia, perché gli si chiede conto dei problemi dei cittadini e degli impegni dallo stesso assunti.

Quindi, io credo che dobbiamo cogliere questa occasione del referendum per una grande riforma, non per una "riformetta", non per realizzare magari l'ordinamento sardo degli enti locali, dove ci potremmo differenziare di qualche punto su aspetti legati alla composizione e al funzionamento degli organi piuttosto che al diritto di accesso dei cittadini o rispetto all'ordinamento finanziario e contabile.

Certo, anche quello sarà importante, ma soprattutto dovremo cogliere questa occasione, e per questo ho presentato un emendamento in discussione, per riscrivere attraverso la Statutaria il sistema dei poteri pubblici in Sardegna, l'architettura dei poteri; e non soltanto quelli degli enti locali, ma anche quelli inerenti il rapporto tra Regione ed enti locali.

Secondo me dovremmo aspirare a una Regione molto più snella, che trasferisca funzioni e poteri alle comunità locali. Penso a un sistema federale, penso al federalismo interno, penso a un bicameralismo, perché qualcuno qui ha parlato del parere del Consiglio delle autonomie locali. Ma quante volte abbiamo dato peso al parere del CAL, ben sapendo che le norme che noi realizzavamo avrebbero inciso direttamente sulla gestione ordinaria? Chi ha fatto il sindaco come me quando legge una finanziaria regionale impallidisce, perché si chiede: "Ma non si rendono conto dei problemi che si creano, che ci stanno creando, anziché risolverli?".

Vi posso leggere molte norme della finanziaria, a partire dall'articolo 5, inapplicabili se non interveniamo con alcuni emendamenti correttivi: anzi, i problemi ci ritornano addosso, come per esempio le società miste con le quali abbiamo stabilizzato i Lavoratori Socialmente Utili, tremila LSU; queste società, se oggi non interveniamo rapidamente, dovranno essere sciolte e, di conseguenza, ci ricaricheremo di tre mila LSU in Regione. Questi sono i problemi che spesso discutiamo.

Quindi, secondo me, in Statutaria dovremmo agire in maniera rapida e forte. Voglio però dire ancora che le liquidazioni degli enti non sono semplici. Lo dimostra il fatto che le comunità montane, soppresse sette anni fa, ancora hanno dei commissari liquidatori, che l'ESAF lo rinnoviamo di anno in anno, e che resta aperto il problema di Cagliari, perché se oggi verrà presentato un emendamento per prorogare gli organi, io non credo che potremmo prorogare organi decaduti, in cui c'è stata una decadenza formale. Quindi, stiamo attenti a non realizzare norme che corrono il rischio di essere impugnate

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, io credo che in questo giro di interventi, (poi spero si entri anche nel merito della legge), non possano mancare le sottolineature politiche. L'ha fatto per primo l'onorevole Vargiu, io non voglio essere da meno e non mi nasconderò: io sono tra quelli che non ha sostenuto il referendum, e devo dire che ho provato in discreta solitudine a denunciarne l'ipocrisia e la demagogia. Discreta solitudine che non vuol dire da solo, vuol dire in pochi, onorevole Capelli, e le do atto di averlo fatto probabilmente tra i primi anche pubblicamente sui giornali.

Denunciarne l'ipocrisia e la demagogia, dicevo, per il tentativo tutto politico, tutto politico, di coprire l'inadeguatezza e l'incapacità di chi oggi governa la Sardegna, cavalcando la rabbia e la disperazione della gente. Invece di rendere conto della propria incapacità di dare risposte, si è cercato di offrire un bersaglio alternativo o generico come la politica, e di promettere quello che non si dovrebbe mai promettere a vuoto, quello che non si dovrebbe mai fare speculando sulla disperazione, cioè il lavoro.

Nella mia vita passata mi sono occupato di comunicazione, e posso dire che la pubblicità di questi referendum era da deferimento al garante della comunicazione, essendo una pubblicità ingannevole. Sfido chiunque a dirmi quale fosse la relazione con il lavoro, se non il tentativo demagogico di cavalcare la disperazione per attirare l'attenzione su sé stessi. E, da questo punto di vista, ritengo che anche il fatto che il Presidente della Regione, il Partito dei Riformatori, pezzi della maggioranza abbiano cavalcato i referendum sia stato un atto spregiudicato e irresponsabile; attenzione, l'effetto del referendum non è un effetto di riforma compiuta (in quel caso avremmo dato atto che il sistema poteva camminare da solo), ma è un effetto esclusivamente demolitorio.

E' il caso di chi non riforma, non è capace di dare risposte, non è capace di presentare un disegno di legge, prende atto di far parte di una maggioranza inconcludente, una maggioranza che non c'è più, però invece di assumersi la responsabilità di dimettersi, di ritirarsi dai posti di governo, dai posti di potere, di chiedere ai suoi assessori di dimettersi - e credo che ce ne siano almeno due che fanno capo ai Riformatori - o nel caso del Presidente della Regione di dimettersi lui stesso, o di richiamare la sua maggioranza a una visione comune, a un progetto, porta via il giocattolo, distrugge tutto, porta via il pallone, demolisce quello che c'è, senza lasciare in campo una soluzione.

Allora, l'effetto referendum è chiarissimo; oggi noi ci troviamo stretti nella morsa tra il poter essere commissariati come Consiglio regionale, perché non regoliamo l'effetto del referendum e i diritti di terzi, dei fornitori, dei dipendenti, che continuano a esistere nel momento in cui viene cancellata la legge abrogativa, o addirittura, visto che le province sono un organismo costituzionale previsto anche nel nostro Statuto, rischiare lo scioglimento anticipato del Consiglio ai sensi dell'articolo 50 dello Statuto speciale per inattività, e di contro che il Consiglio non possa essere sciolto perché nel momento in cui sono stati abrogati di fatto i collegi elettorali, le province in quanto collegi elettorali, non esisterebbe una legge elettorale che ci consentirebbe di rieleggere questo Consiglio e di dare finalmente voce diversa e nuova a questa Aula e al Governo della Sardegna.

Siamo riusciti a compiere un'operazione paradossale: da un lato scansare le responsabilità facendo l'unica cosa che andava fatta, se c'era qualcuno in maggioranza insoddisfatto dell'azione di questo Governo (noi certamente lo diciamo da tempo di essere insoddisfatti), dall'altro di rendere anche difficile e complicato lo scioglimento del Consiglio, facendo venir meno la legge con la quale questo Consiglio dovrebbe essere rieletto. In questo contesto andrebbe fatta anche una riflessione sull'istituto del referendum, verificando se sia possibile che l'esito di un referendum origini un tale vuoto normativo; e forse, in altri momenti dovremo tornare su quella legge, per chiarire se è possibile che un pezzo della maggioranza si sottragga alla sua responsabilità e demolisca quello che c'è, impedendo a questo Consiglio di andare a nuove elezioni, perché questo è il paradosso del referendum.

Vorrei inoltre aggiungere che io non mi associo alle richieste di chiudere gli occhi e non vedere, perché il Partito Democratico, questa minoranza, gli occhi li ha tenuti aperti, e le proposte le ha fatte nella scorsa legislatura, e le ha anche concretizzate, così come le ha fatte in questa legislatura; e l'attenzione per vedere e per denunciare la disperazione della gente, il reddito che scende, la crisi economica generale, la necessità di una svolta nell'azione di Governo, a partire dal commissariamento delle Aziende sanitarie, a partire dalla vertenza entrate, a partire dalla crisi dell'industria, questa minoranza l'ha avuta prima del referendum, l'ha avuta durante la campagna referendaria e l'ha adesso conclusa la campagna referendaria.

L'invito ad aprire gli occhi è un invito che va rivolto a chi in maggioranza ha ritenuto di dover distruggere piuttosto che proporre, a chi in maggioranza ha ritenuto che non ce ne fosse bisogno, ed è questa la grande ipocrisia, quella di non assumersi le responsabilità, ma è un'ipocrisia che anche dal punto di vista etico ritengo sia disdicevole, perché cavalca la disperazione per sfuggire alla responsabilità, utilizza la disperazione per scansare l'attenzione da sé stessi, dalle proprie inadeguatezze per spostarla su altri, per diluirla; è un atto vigliacco! E' stato un atto di vigliaccheria politica quello di aver cavalcato, da parte di pezzi della maggioranza, sulla buona fede e sulla disperazione delle persone, questi referendum.

E io vorrei anche ricordare che le responsabilità non sono uguali, sono diverse, tra chi ha la responsabilità di governo, tra chi è in maggioranza e chi è in minoranza, e tutto si può dire alla minoranza ma non di non aver fatto proposte, e tutto si può dire a chi oggi non è al Governo ma non di non aver fatto riforme nella scorsa legislatura che andavano esattamente nella direzione anche dei referendum. Forse non tutte le riforme sono state adeguate, ma abbiamo chiuso cinquanta enti inutili, non ci siamo limitati a sciogliere qualche consiglio di amministrazione, abbiamo chiuso gli enti, li abbiamo accorpati in agenzie snelle con alla guida dei semplici direttori generali.

Non siamo stati a guardare, abbiamo fatto una grande battaglia per le entrate, abbiamo approvato un Piano sanitario provando a riformare la sanità, e non limitandoci a commissariare le ASL. Abbiamo fatto azioni coraggiose nell'ambito della semplificazione amministrativa cancellando le Comunità montane; in quella fase abbiamo scelto di lasciare le province unicamente con l'idea che potessero essere l'unico corpo intermedio tra comuni e regione cui attribuire tutte le competenze nell'industria, nell'agricoltura, nel sociale.

Quindi noi le nostre responsabilità le abbiamo assunte tutte nella scorsa legislatura, e le riforme non le abbiamo annunciate, le abbiamo realizzate, le abbiamo realizzate pienamente anche quando erano riforme scomode, anche quando scontentavano qualcuno, penso, per esempio, alla formazione professionale. E non ci siamo mai permessi la spregiudicatezza di promuovere un referendum contro noi stessi conoscendo già lo stato della Sardegna, non ci siamo mai permessi; abbiamo fatto proposte, ci siamo assunti le nostre responsabilità fino in fondo, quelle che voi oggi, ancora oggi, lucrate; e state nel Palazzo e fuori dal Palazzo, avete posti di potere e volete cavalcare la disperazione della gente, soprattutto, e mi riferisco al Presidente della Regione, Cappellacci, protagonista di referendum sui media, spesso a spese del contribuente con spot elettorali che erano spot per se stesso, e poi assente nei dibattiti in Aula nei momenti in cui le riforme vere o le proposte vanno portate avanti.

Un Presidente alieno, un Presidente marziano, un Presidente che è sempre da un'altra parte, certamente distante, distante dal Consiglio e distante anche dalla sua maggioranza. E io credo che con forza vada denunciata questa ipocrisia e accolto invece l'invito di ridare dignità alle istituzioni con questo Consiglio, cercando di rimettere in piedi qualche coccio che questa maggioranza, o parte di questa maggioranza, hanno distrutto, ma con un solo obiettivo: andare al più presto a elezioni e far voltare veramente pagina a una Sardegna che ha bisogna certamente di risposte non demagogiche, ma di risposte vere ai propri bisogni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Stochino. Ne ha facoltà.

STOCHINO (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, io ho ascoltato con molta attenzione l'intervento dell'onorevole Vargiu in primis e poi tutti gli altri che si sono succeduti, e mi fa piacere, onorevole Vargiu, che abbia ammesso che i referendum, questi referendum, siano stati come una scure che si abbatte su un albero, un albero che forse andava potato, noi in ogliastrino diciamo innestato. Però, forse per incapacità nostra, del ruolo che rivestiamo di consiglieri regionali, abbiamo voluto fare un qualcosa che all'interno di questo Consiglio non siamo, purtroppo, riusciti a fare in tre anni e che adesso vorremmo fare in tempi brevissimi.

La prima domanda è quindi se secondo voi siamo in grado di fare, in tempi ristretti, una riforma che credo sia la più importante da quando è stato adottato lo Statuto nella nostra Isola. Ebbene, io credo che noi non siamo in grado di fare questa riforma in tempi ristretti, io credo che noi abbiamo bisogno di un tempo congruo. Voglio riprendere allora le parole, sempre dell'onorevole Vargiu, sul fatto il referendum deve essere una opportunità. E' vero, onorevole Vargiu, il referendum deve essere una opportunità che tutti dobbiamo cogliere e, soprattutto, capire e allora la "questione tempo", cari amici Riformatori, deve essere valutata anche da voi.

La "questione tempo" infatti deve essere considerata per esitare una legge che davvero serve al popolo sardo, altrimenti rischiamo di fare un'altra legge che non serve a nessuno e tantomeno al popolo sardo. Io ho seguito anche l'intervento dell'onorevole Capelli, che ha ricordato come lui avesse già presentato una proposta di abolizione delle province. Quali, onorevole Capelli, quelle storiche o quelle nuove? Perché a mio avviso c'è uno spartiacque tra le storiche e le nuove, e anche su quello dobbiamo essere seri e dire le cose come stanno, perché le province storiche…

(Interruzione)

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

STOCHINO (P.d.L.). Onorevole Capelli, capisco che c'è il problema delle otto province, ma le otto non le possiamo abolire. Non le possiamo abolire noi, perché le quattro storiche, anzi le tre storiche (anche all'interno delle quattro storiche bisogna fare una riflessione a voce alta e capire) sono state istituite con legge costituzionale. E il nostro Consiglio regionale, con tutta l'autorevolezza che purtroppo la gente non ci riconosce più, non credo abbia le prerogative per poter abolire le province storiche: non lo possiamo fare. Questo è un altro punto cardine che va rimarcato con molta chiarezza.

Presidente, io ritengo che questo sia il simbolo di ciò che stiamo vivendo e di ciò che i cittadini sardi pensano di questo Consiglio regionale; perché abbiamo parlato dei quesiti referendari sulle province ma, signori, se ci fosse un referendum per abolire il Consiglio regionale io non credo che andrebbe a votare solamente il 35 per cento dei sardi, andrebbero a votare molte più persone perché, veramente, ci stiamo rendendo ridicoli sulle questioni importanti. E' una piccola parentesi che ho voluto fare.

Ancora in merito ai risultati dei referendum abrogativi piuttosto che consultivi, io credo che occorra fare chiarezza. Un esempio è il referendum relativo alla cancellazione delle indennità. Onorevole Vargiu, rispetto ad alcune questioni dei chiarimenti sui cartelloni andavano meglio esplicitati, meglio evidenziati, perché non possiamo eliminare l'indennità dei consiglieri: lo dobbiamo dire; possiamo ridurla, possiamo dimezzarla, ma non la possiamo eliminare perché è prevista dal nostro Statuto. Questo deve essere un motivo di riflessione e di discussione di questi referendum.

Io, però, voglio anche parlare di quali conseguenze potrebbero verificarsi dopo la pubblicazione da parte del Presidente della Regione dei risultati di questi referendum. Io non voglio aggiungere molto a quanto ha dichiarato l'onorevole Lai, che è stato ben preciso nell'elencare le questioni che, purtroppo, restano appese con l'abrogazione delle province, creando dei problemi veri ai cittadini; perché quando parliamo dell'ufficio della VAS, questo è gestito dalla Provincia, ma parliamo di redazione di PUC, e occorre un ufficio che rilasci l'autorizzazione per la VAS dato che l'ufficio regionale dell'urbanistica non può rilasciare autorizzazioni. Su questi temi importanti credo sia necessario riflettere.

Ma voglio parlare anche di un altro problema e lo faccio prendendo in considerazione la mia provincia, l'Ogliastra. Mi dispiace che non sia presente l'onorevole Sabatini che però mi ha pregato di parlare anche per suo conto perché sulle cose importanti credo che, amici, non ci sia né destra né sinistra e neanche il centro, ma neanche sardismo, quello vero dell'amico Giacomo Sanna, che vedo laggiù impegnato con l'assessore Solinas; io credo che sui temi importanti ci deve essere veramente l'unità di tutto il Consiglio regionale, l'unità di tutte le forze che all'interno di questo Consiglio sono rappresentate.

Voglio parlare, come vi dicevo, della questione (interessa anche la nostra Ogliastra) del tribunale; il nostro tribunale che per noi ogliastrini e per gli imprenditori ogliastrini rappresenta un baluardo della legalità, è stato tenuto aperto per il semplice motivo che ha sede nel capoluogo di provincia. E' comunque un altro strumento importante che può dare veramente dignità a un territorio come quello ogliastrino, ma anche a quello della Gallura, perché entrambi hanno una identità e una specificità ben marcate.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue STOCHINO.) Io oggi voglio concludere il mio intervento con delle proposte, e le voglio fare con molta chiarezza, perché credo che oggi siamo in quest'Aula anche per fare delle proposte. La mia proposta (la faccio a mio nome perché non sono stato autorizzato a parlare per nome e per conto del Gruppo del Popolo della Libertà, perché non lo abbiamo concordato) -attiene alla "questione tempo", amici Riformatori.

Abbiamo bisogno di un tempo congruo, pertanto ritengo che debbano essere prorogate le attuali amministrazioni provinciali affinché il Consiglio regionale possa legiferare anche con il coinvolgimento delle autonomie locali. Non dobbiamo dimenticare infatti l'importanza di questi enti che voglio ricordarlo, richiedono a gran voce un loro coinvolgimento. E noi, come Consiglio regionale, non ci possiamo esimere dal dar loro la parola e l'opportunità di elaborare insieme a noi una legge che possa essere veramente accettata dai cittadini, che possa essere veramente occasione di sviluppo e di rilancio per la nostra Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Signor Presidente, avrei preferito portare avanti la discussione che era stata iniziata in Commissione autonomia, non è stato possibile; ma credo sia stato sbagliato anche arrivare in quest'Aula in una forma così fuori dall'ordinario e con una confusione di cui questo dibattito è testimone. Ancora io non so che cosa succederà tra qualche minuto quando questa discussione generale terminerà e si dovrà passare all'esame degli articoli, però intervengo per dire alcune cose anche se ero quasi tentato di non intervenire, perché vorrei farlo a maggiore ragion veduta.

In primo luogo, è veramente sorprendente non vedere qui il Presidente della Regione che ha anche cavalcato, io credo in maniera demagogica, questa tornata referendaria nella quale ha investito credo non per la promozione del referendum quanto per la sua promozione personale; e dopo tutto questo oggi, evidentemente, non ha nulla da dire per se stesso e per la Giunta regionale e non interviene in quest'Aula, lasciandoci in questo disordine totale.

Concordo anch'io sulla considerazione che in questo referendum ci sia stata un po' troppa demagogia. Penso che i termini non fossero giusti, penso che il modo con cui è stato presentato all'opinione pubblica sia stato in parte sbagliato, credo che tantissima gente si sia unita, appunto, al di là del merito, per fini totalmente demagogici, però una parte di quel merito era importante e io lo condivido; per questo, per quello che ho potuto, l'ho sostenuto e per questo, per quello che posso, credo che occorra fare in modo che quel referendum non venga svilito e che quell'opportunità non vada sciupata.

Mi riferisco soprattutto al tema di cui discutiamo oggi, all'opportunità di pensare un nuovo ordinamento delle autonomie locali e dell'amministrazione in Sardegna suddiviso tra Regione, province, comuni in forme associate e comuni presi ciascuno singolarmente. E mentre capisco le perplessità di tanti che comunque si erano abituati alle province territoriali e a questo moltiplicarsi di occasioni di discussione, di dibattito e di decisione in giro per la Sardegna, credo che possiamo invece concentrarci effettivamente, al di là di qualunque pregiudizio, sull'opportunità di fare un passo avanti in Sardegna, magari di farlo prima di altre Regioni in Italia, sul modo più opportuno di gestire l'amministrazione ai diversi livelli nella Regione.

Credo che il referendum sia andato bene per quanto riguarda le province perché di fatto non c'è nessuno largamente affezionato alle province. Credo che se si fosse votato per lo scioglimento del Consiglio regionale quel referendum, diversamente da quello che qualcuno riteneva e pur con tutte le perplessità, non avrebbe avuto successo, così come io credo che, pur con tutte le perplessità e i dubbi che i cittadini hanno verso il Parlamento italiano, nessuno lo voglia sciogliere, lo si vuole migliore ma non lo si vuole sciolto e non si vuole sciolto il Consiglio regionale sardo.

Penso anche che nessuno avrebbe votato per lo scioglimento della propria municipalità, del proprio comune, ma in tanti, nella mia provincia ad esempio in tantissimi hanno votato per lo scioglimento delle province, evidentemente perché non gli riconoscono sufficientemente un ruolo. Evidentemente perché non gli riconoscono un peso forte e identitario a cui aggrapparsi, aldilà delle nostre considerazioni. E credo che questo sia dovuto (e come tale letto facilmente) anche alla storia repubblicana.

Le province presenti nella Costituzione ritengo siano un retaggio del passato, dell'ordinamento dello Stato centrale, addirittura dello Stato monarchico, con il governo locale organizzato in prefetture. Così si è andati avanti dando vita alle province. Dell'istituzione o meno delle province si era dibattuto nella stesura della Costituzione con scarsa convinzione, tant'è che sino agli anni '90 il finanziamento destinato alle province aveva una forma molto precisa in quanto legato, in gran parte, ai compiti ben definiti loro attribuiti. Le province si occupavano di le strade e di circolazione dei veicoli, di gestione degli edifici scolastici delle scuole superiori, con una scarsa differenziazione rispetto alla gestione degli altri edifici scolastici in capo invece ai comuni.

Nei primi anni '90 con l'introduzione dell'elezione diretta è nato un protagonismo dei presidenti delle province pur in mancanza di ruoli, e negli anni successivi abbiamo assistito alla ricerca di un ruolo per un ente che un ruolo comunque non l'aveva, con difficoltà sempre maggiori a distinguere tra le competenze di un ente rispetto a quelle di un altro. Sfido chiunque in quest'Aula a spiegare per bene quali sono le competenze in materia ambientale della provincia e quelle in materia ambientale ad esempio della Regione, dell'ARPAS. Mi riferisco alla VAS di cui ho sentito parlare poc'anzi dal collega Stochino.

Per questo è accaduto questo risultato del referendum e per questo credo che, senza pregiudizi, abbiamo l'opportunità di fare un bel passo avanti che non sia verso un maggiore centralismo a livello regionale o verso un minore numero di province; significherebbe veramente negare le volontà e le giuste aspirazioni dei diversi territori pensare che la Gallura possa semplicemente tornare ad associarsi a Sassari o l'Ogliastra tornare ad associarsi a Nuoro e il Medio Campidano a Cagliari e così via. Occorre fare un passo avanti, premiare ulteriormente le differenze, le diversità territoriali e arrivare ancora più vicini ai singoli cittadini mettendo assieme i comuni in forma associata con le unioni dei comuni o in qualunque modo le vorremo chiamare.

Io credo che "unioni dei comuni" sia un nome già prontamente utilizzabile e che portando la responsabilità a questo livello, più vicino, più prossimo ai cittadini non più lontano e assegnando alla Regione solamente una piccola parte dei compiti che una volta erano delle province ma continuando a disseminarli nel territorio attraverso le agenzie regionali, l'ARPAS ad esempio, l'Agenzia regionale per il lavoro, o io spero un'unica Agenzia regionale che si occupi di strade sia il seme attorno al quale costruire anche l'agenzia che si riappropri delle competenze nazionali dell'ANAS.

Questo può essere fatto senza troppi pregiudizi e in maniera serena, e sapendo che facciamo un passo avanti verso la sussidiarietà, la vicinanza ai cittadini, la migliore efficienza, la maggior velocità nella spesa. E facciamo un passo avanti anche contribuendo a rafforzare i singoli comuni laddove in forma associata si possono svolgere non solo le competenze trasferite dalle province attuali, ma anche le competenze attualmente svolte singolarmente da ciascun comune. Avremo la possibilità di limitare il numero delle stazioni appaltanti in Sardegna facilitando, ripeto, la qualità della spesa e la velocità.

Tutto questo può essere fatto in una settimana? Non credo. Dobbiamo aspettare tre anni? Non credo nemmeno. Credo che questo Consiglio abbia la responsabilità di trovare un tempo ragionevole, ragionevolissimo, sufficientemente breve affinché nessun cittadino che ha partecipato alle elezioni si senta espropriato del suo voto. Io credo che l'agenda questa volta ce l'abbiano dettata gli elettori e quindi bisogna togliere dalla prima Commissione la discussione su Statuto e legge elettorale e affrontare immediatamente questa e risolverla in poche settimane se non in pochissimi mesi. Il tempo per la nostra agenda è passato, adesso c'è la loro agenda, se non vogliamo che monti ulteriormente la protesta e se non vogliamo che monti ancora il discredito.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Io vorrei fare un ragionamento semplice, colleghi, perché oggi mi sembra che si stia complicando un quadro che è molto lineare. C'è stato un voto che ha detto con chiarezza, rispetto alla questione delle province, che i sardi non gradiscono questa struttura degli enti intermedi; è possibile, non mentiamo su questo, dare una risposta a questa indicazione non domani, già stasera, è possibile recepirla ed è possibile mantenere nei territori i poteri di autogoverno? E' possibile. E' possibile, è dimostrato e quando si vorrà, se si vorrà se ne discuterà, ma non agitiamo lo spettro della complessità laddove il mandato anche degli uomini politici è risolvere la complessità. E risolvere quell'indicazione, per quanto difficile, è possibile ed è possibile nel senso dell'eliminazione delle province.

Io di questo sono certo, mi sono fatto carico di metterlo per iscritto, di lasciarlo agli atti e lo lascio agli atti anche di questo Consiglio: ho presentato l'emendamento perché rimanga. E sia chiaro: lo dico con chiarezza sapendo quello che pago. La proroga degli organi in carica è una scelta politica, non è una scelta tecnica, ed è una scelta politica di un ceto politico stratificato che si difende a diversi livelli. Secondo me è un errore madornale, grave, è lo stesso errore che ha fatto l'Italia sui referendum sulla responsabilità civile dei giudici che il Parlamento ha depotenziato, sul referendum per abolire il Ministero dell'agricoltura ed è nato il Ministero delle risorse agricole, sui mille referendum sul finanziamento pubblico dei partiti e oggi gli scandali correnti dimostrano quanto quel referendum sia stato assolutamente tradito. Secondo me, lo dico con un grande trasporto affettivo per tutti voi, questa scelta è sbagliata.

Segnatevelo, è un errore, un errore di superbia politica, superbia!

(Interruzione del consigliere Stochino)

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Io non ti ho interrotto anche quando hai detto qualche fesseria, lasciami ragionare perché ragionare è faticoso soprattutto se si è uno che ragiona con settantanove che hanno un'opinione diversa. Io sono convinto che si sta commettendo un errore, mi corre l'obbligo di dirlo, e mi corre l'obbligo di avvertirvi. Non si interpreta un mandato elettorale cambiandone la direzione, lo si interpreta in quella direzione, e la Sardegna può proseguire ordinata e noi dimostrare che sappiamo interpretare e risolvere problemi. Io voglio che rimanga questa posizione, che sia chiara, le province fino alla legge Basaglia si occupavano anche di manicomi. E lo ricordo per ribadire che probabilmente c'è uno stato confusionale che non è opportuno.

Seconda questione, semplice; io credo che, gliene do atto pubblicamente, abbia ragione il mio Capogruppo. Il mio Capogruppo, privatamente (poi lo dirà lui se lo vorrà dire), mi dice: "Perché si produca un effetto riformista bisogna portare alle estreme conseguenze l'effetto del referendum, e cioè arrivare alla promulgazione"; la promulgazione produce, sappiamo tutti, un momento di difficoltà, ma produce un momento di tale difficoltà da costringere alla riforma.

Sapete chi ragiona come il mio Capogruppo? Il premier Monti, il vostro premier, non il mio. Il premier Monti in un'intervista, che trovate su YouTube, dice che le crisi economiche nei singoli Stati sono una grande occasione per fare la grande Europa, perché gli Stati cedono sovranità. Oggi si sta confermando che ha ragione Giacomo Sanna, cioè che bisogna, per ottenere processi riformisti ed esplicitare anche le responsabilità della direzione sbagliata delle riforme, portarle alle estreme conseguenze, il dibattito di oggi lo conferma.

Il terzo punto, su cui vorrei dilungarmi maggiormente, riguarda una questione un po' più complessa perchè sta succedendo qualcosa su cui bisogna prendere posizione: c'è infatti un ordine apparente ma c'è anche un disordine profondo. La questione su cui bisogna prendere posizione è quali sono i termini della lotta politica. I termini della lotta politica in Sardegna sono attraversati da correnti neofasciste che stanno montando e diffondendo odio, disinformazione.

A me non ha fatto piacere leggere: "Crasta la casta", non mi ha fatto piacere! Io non mi sento "casta", capisco che qualcuno può chiamare "casta" tutte le istituzioni, ma "Crasta la casta" ha un altro significato. Io da solo ho contestato un ex Assessore della Regione autonoma della Sardegna, che si chiama Andrea Prato, che per un mese ha percorso la Sardegna intenzionato a fare dimenticare le sue sciuperie,e a orientare l'elettorato contro le istituzioni, non ricordando tutti gli errori, esattamente dissipatori, che lui ha fatto. Chi ha dietro Andrea Prato? Adesso ve lo dico.

Andrea Prato, ma chiamiamolo Pippo, cioè chiamiamo Pippo chi ha un'idea, e l'idea è un'idea rivoluzionaria di destra, della peggiore destra italiana, non della destra liberale, della peggiore destra italiana. Ricordo che nell'antica Roma quando un tribuno della plebe "andava male", si chiamasse Druso, si chiamasse Saturnino, scoppiava un tumultino e il tribuno della plebe rimaneva per terra; quindi la destra italiana produce il disordine per riprendere il controllo. E' chiaro?

Però in questo caso c'è un problema, e il problema riguarda il Presidente della Regione sarda che da troppi mesi orienta, con le risorse pubbliche, l'opinione pubblica della Sardegna contro il Consiglio regionale, distinguendo la funzione della Presidenza della Regione come virtuosa, rispetto agli orientamenti della gente, e il Consiglio regionale come inconcludente. Adesso io vorrei fare un breve elenco delle uniche leggi votate, contenenti gli unici strumenti previsti rispetto alla crisi in atto: i cantieri verdi sono nati in quest'Aula; i cantieri comunali sono nati in quest'Aula; la legislazione sulle aree di crisi è nata in quest'Aula; tutti i processi per mettere ordine nel grande disordine del precariato sono nati in quest'Aula; tutta l'impostazione, disattesa, sul Patto di stabilità e sulla rinegoziazione dello stesso è nata in quest'Aula.

Luciano Violante, in una recente intervista, ha detto che quando si usano le istituzioni come strumento di lotta politica accade un crack nelle istituzioni; pertanto io non vorrei trovarmi di fronte un Luigi XVI, o un erede di Luigi XVI che (memore della folla che andò a prenderlo a Versailles) orienta con i fondi che gli dà lo Stato il popolo verso l'Assemblea, magari, della pallacorda, quella che fa le riforme. Io non ci sto! Se questo è un disegno di questa portata, così eversivo, io non ci sto!

Io sto con quelli che riconoscono in Sardegna l'urgenza di un cambiamento profondo, di cui le province sono un granello, e se noi non interpretiamo bene questo granello non sapremo mai interpretare bene neanche il resto. Allora se c'è questo crack da istituzionale deve diventare un crack politico, perché le istituzioni non si usano per la battaglia politica; le istituzioni o interpretano i problemi, oppure si abbandonano, e si va alle elezioni, come mi pare opportuno fare.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Io sono fra quelli che hanno sostenuto i referendum, e l'ho fatto anche nel rispetto del senso del referendum, come espressione popolare. L'ho fatto sicuramente in termini anche molto critici, perché se è vero che tutto l'assetto delle nostre istituzioni va rigorosamente riorganizzato, a partire dalle province, senza l'esclusione ovviamente della macchina regionale, è anche vero che chi ha proposto i referendum ha sbagliato sicuramente nel metodo, visto che è impensabile che una forza politica che fa parte della maggioranza, e che quindi ha dei forti strumenti per poter incidere su una scelta di questo genere in sede di Consiglio, abbia preferito optare per altre vie.

Quindi in tanti ci siamo chiesti perché questo processo politico non sia avvenuto in Consiglio regionale. Così come mi lascia perplessa l'incoerenza politica nel vedere questi consiglieri, che hanno promosso i referendum, appellarsi a una volontà popolare. Quindi propongono i referendum per la soppressione delle province, per poi invece fare in modo, o decidere in qualche maniera di affidare la soluzione dei problemi che ne sarebbero derivati a una sorta di comitato di cittadini, che sinceramente non so di chi siano rappresentativi.

Rispetto alla provincia dobbiamo prendere atto del fatto che questi enti intermedi di fatto, per come sono state disegnati giuridicamente, purtroppo non hanno svolto appieno il proprio compito istituzionale, e questo in particolar modo nel rispetto delle aspettative di programmazione economica e sociale, e dei diritti di rappresentanza e di partecipazione dei cittadini. Credo pure che dobbiamo avere il coraggio di dire con chiarezza che le otto province non hanno ragione di esistere in quanto, come ho già detto in altre situazioni, hanno fallito nel proprio ruolo istituzionale, e inoltre le considero un retaggio anacronistico del dominio napoleonico.

Il problema va certamente affrontato; la volontà popolare espressa con il referendum bisogna che venga presa in considerazione, seppur il metodo con il quale i referendum sono stati portati avanti non è stato certo un metodo corretto, anzi, lascia molti punti interrogativi. Con tutta probabilità c'è anche una strategia dietro che a me pare si legga in termini molto chiari, ed è una strategia tesa a destabilizzare, una strategia che auto delegittima le istituzioni. Per cui, a questo punto, benché ci sia un po' la tendenza ad accelerare le dimissioni di questo Consiglio regionale, cosa che noi avremmo dovuto fare in tantissime occasioni e per molti problemi, io credo che proprio questa volta questo non debba avvenire o, per lo meno, che il Consiglio regionale non possa dimettersi fino a quando non affronti e risolva questo marasma che è nato con la soppressione delle province.

Io auspico il varo di una legge che regolamenti questo passaggio, e che faccia in termini chiaramente corretti il passaggio dalla vecchia realtà a quella che dovrebbe essere una nuova realtà. Sono per decentrare i poteri della Regione potenziando le strutture di base, quindi potenziando i comuni. Con tutta probabilità è reale l'esigenza anche della creazione di entità intermedie, ma questo io penso che saranno le popolazioni a deciderlo nei tempi e nei modi dovuti.

Si potrebbe anche considerare una provocazione, però sul fronte della decentralizzazione dei poteri della Regione io, ad esempio, proporrei un trasferimento degli uffici in sedi geografiche al centro della Sardegna; una sede potrebbe essere Abbasanta. Quindi sarebbe un sistema politico sicuramente più equo geograficamente e sicuramente questo porterebbe anche a una riduzione degli sprechi. Vorrei capire perché non si è mai parlato di questo, vorrei capire meglio quali sono le posizioni rispetto a una possibile area vasta…

(Interruzioni)

PRESIDENTE. La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 21 e 15, viene ripresa alle ore 21 e 17.)

PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, la invito a terminare il suo intervento.

ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Presidente, non voglio continuare anche perché nel corso dell'intervento continuavo a chiedermi perché parlassi e con chi.

Io credo che in questo Consiglio tutto possa avvenire tranne che dei confronti politici seri. Quindi rinuncio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dessì. Poiché non è presente in Aula decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Io penso che i referendum abbiano avuto comunque un pregio: fare senz'altro un po' di chiarezza; almeno di fronte all'opinione pubblica certificano infatti che una maggioranza non c'è, è chiarissimo che la maggioranza non c'è. L'unico Gruppo che ha sostenuto Cappellacci in questa sua avventura è quello dei Riformatori, gli altri sono ben distinti, si vede anche in quest'Aula.

Ripeto quindi che fa molta chiarezza in quanto certifica il fallimento di questa maggioranza; perché io penso sia insito in chi vince le elezioni il dovere di proporre delle riforme se si ritiene che il sistema non funzioni ma non è possibile che pezzi importanti della maggioranza, e lo stesso Presidente, si facciano promotori della destrutturazione infischiandosene altamente della proposta, di quello che deve succedere. Destrutturare va bene, ma bisogna ricostruire, anzi è quella la responsabilità più grossa, perché destrutturare è facile e si fa anche in fretta a farlo.

Ribadisco che a mio avviso certifica il fallimento di una maggioranza; io ho ascoltato infatti l'onorevole Vargiu e non ho sentito una proposta, una sola proposta. Onorevole Maninchedda, non la vedo in Aula, neanche lei che ritiene si possa promulgare subito, senza fare nulla, il risultato dell'abrogazione, ci ha detto che cosa potrebbe succedere. Può darsi che tutti quanti noi ci siamo sbagliati, ma penso che questo sia sintomatico di quello che la maggioranza non riesce a fare.

Ancora, penso che certifichi che la maggioranza non c'è più perché Cappellacci è stato lasciato da solo con i Riformatori nel suo tentativo, secondo me spregiudicato, di nascondere con il referendum il fallimento di tre anni di nulla! Solo i Riformatori hanno sostenuto il Presidente in questa corsa solitaria e spregiudicata a sollevare un polverone per nascondere il nulla, perché in queste settimane non si è più parlato dei fallimenti della maggioranza e dei fallimenti della Giunta, si è parlato d'altro, si è parlato dei referendum, si è parlato del caos, si è parlato delle province, i territori hanno protestato - a ragione o a torto, su questo ognuno di noi ha la sua opinione - però non si è parlato del fallimento della politica.

Addirittura, l'onorevole Maninchedda (ulteriore dimostrazione che questa maggioranza è rimasta da sola) dice che il Presidente utilizza soldi pubblici per scatenare l'opinione pubblica contro il Consiglio regionale. Io penso che dal punto di vista politico sia un atto gravissimo e penso anche che l'onorevole Maninchedda, conoscendo la sua onestà intellettuale, saprà trarne le conseguenze. Però certifica che il Presidente è solo con i Riformatori, in questo momento, in questa politica volta a nascondere il fallimento, tutti gli altri si tirano fuori perché evidentemente prendono atto che il fallimento c'è ed è sotto gli occhi di tutti.

E il referendum certifica poi che la maggioranza non c'è perché di fronte al caos non si fa carico di una proposta, perché sul fatto che andiamo incontro al caos, a parte l'onorevole Maninchedda, mi pare che siamo tutti concordi; è chiaro a tutti, anche i Riformatori ci dicono che ci vuole il crash, ci vuole il botto, però ci sarà il caos di sicuro. Ragioniamo, allora, anche sulle cose da fare; la maggioranza, che dovrebbe avere l'onere di fare una proposta, non ce la porta, la Giunta non ce la porta.

Io penso, quindi, che onestà intellettuale e senso di responsabilità vorrebbero che, seriamente, ci facessimo carico di prendere atto del risultato referendario; noi ne prendiamo atto (non possiamo farne a meno, siamo una forza democratica e ne prendiamo atto), però, attenzione, se continuiamo a caricarlo di significati che non dovrebbe avere, di un referendum anti casta, allora a me sorge il dubbio: non è che solleviamo questo polverone per nascondere e per non toccare "sa castixedda", come diciamo noi in campidanese mutuando un termine italiano?

Io noto infatti che ci sono alcuni personaggi che, con tempismo sospetto, si affannano a cavalcare il referendum o che, addirittura, udite udite, si autoproclamano interpreti autentici della volontà del popolo che ha votato il referendum. Io non so chi ha investito questi garanti, però di questa "castixedda" referendaria, che si alimenta nel sottobosco della politica, diffido, diffido parecchio, onorevole Cappai. Si potrebbe anche pensar male di questa "castixedda" referendaria, e non vorrei che nei loro incarichi di consulenza, che sono diffusi nella Regione, fosse compreso anche il sostegno ai referendum; insomma, alla fine, tutti quanti siamo portati a pensare male.

Questa è "castixedda" che non si tocca; dov'è nascosta questa "castixedda" che viene nominata nei consigli di amministrazione, o nei ruoli di amministratori unici? Di questi non si parla, eppure il risultato referendario parlava anche dei consigli di amministrazione, dava anche un significato a tutto quel sottobosco che gravita intorno alla Presidenza e intorno gli Assessorati, ma tutto questo sottobosco oggi sta cavalcando il risultato referendario, anzi, dà come garante l'interpretazione autentica della volontà dei referendari.

Questi referendum hanno detto comunque delle cose in maniera chiara, ma il Presidente si tira fuori da ogni responsabilità (stamattina era a Roma, è tornato ma non è venuto in Aula, senz'altro è stanco, ha litigato con Monti e però, visto che si è speso molto per questi referendum, un passettino in più per aiutare a trovare una soluzione non sarebbe guastato) e si sottrae anche al dovere di fare sintesi con la sua maggioranza.

Io oggi avrei voluto parlare (avevo anche l'intervento pronto da quando il provvedimento è stato iscritto in calendario) nel merito di questo testo di legge, e sapete perché avrei voluto parlare nel merito? Perché sento una brutta aria, sento l'aria de custa "castixedda"casteddaia, che vuole di nuovo tutte le risorse a Cagliari, che vuole di nuovo controllare tutto da Cagliari, sento aria di restaurazione. ecco quindi perché vorrei parlare della riforma, perché vorrei prendere atto del risultato referendario che dice che l'istituto delle province non viene più ritenuto utile per governare i territori.

Però vorrei ragionare su come mantenere i servizi nei territori, non come riportarli a Cagliari; perché non vorrei si ritornasse ai tempi in cui gli amministratori scendevano a Cagliari con il cappello in mano perché dovevano chiedere all'Assessore di turno di avere il finanziamento per un'opera, un servizio in delega, e così via. Io dico che non si può tornare indietro riportando tutto a Cagliari, non si può iniziare una nuova stagione di neocentralismo regionale; io non penso nemmeno che la soluzione a questo problema siano le agenzie regionali, che sono un modo per creare altri Assessorati.

Le agenzie regionali significano "accentramento" comunque, sono altri assessorati, che cosa hanno di diverso? Anzi, essendo agenzie regionali sono diretta emanazione del Presidente, che nomina il direttore generale dell'agenzia. Io preferisco centomila volte le province a questo grande ANAS regionale, a questa grande ARPAS regionale, e a quant'altro dovesse essere concentrato sulla Regione e sottratto ai territori.

Ritengo quindi che si debba dare attuazione ai risultati referendari, però bisogna darvi attuazione sviluppando quel percorso, già avviato con la legge numero 9, di decentramento di funzioni e di competenze sui territori. Poi vedremo con quale strumento, ma lo strumento deve essere sul territorio non di nuovo su Cagliari.

Ecco perché noi in quest'Aula abbiamo il dovere di dare alla Sardegna un sistema istituzionale moderno; possiamo cogliere l'occasione del risultato referendario per metterci in discussione, per essere innovativi, per dare una risposta anche a questa pseudo riforma sulle province che sta mettendo in campo il Governo Monti; pseudo riforma che io non condivido assolutamente, perchè sottrae funzioni e competenze, sostituisce gli organi democraticamente eletti.

PRESIDENTE. Onorevole Cuccu, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Chiedo una breve sospensione.

PRESIDENTE. Poiché non vi sono opposizioni sospendo la seduta e convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo.

(La seduta, sospesa alle ore 21 e 28, viene ripresa alle ore 21 e 41.)

PRESIDENTE. Colleghi, comunico che la Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha deciso di proseguire i lavori a oltranza.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Colleghi, vi sto portando una testimonianza del lavoro che abbiamo svolto in quest'ultima settimana, e anche la testimonianza dell'impatto che gli incontri con gli amministratori locali hanno avuto su di me. Abbiamo incontrato amministratori provinciali (presidenti, assessori, consiglieri), ma le persone che mi hanno più colpito positivamente, nella loro serietà, nel porre il problema e nell'affrontarlo in modo moderno, nuovo, sono stati i numerosi sindaci che hanno fatto parte delle delegazioni provinciali.

I sindaci, moltissimi provenienti dalle province che abbiamo audito, hanno chiesto, tutti, che nel processo di riforma che la Regione si sta impegnando ad attuare non sia cancellato l'ente intermedio di coordinamento, ente che è stato rappresentato da tutti, senza eccezione alcuna, come un elemento di rafforzamento delle potenzialità dei territori e come elemento di aiuto nel lavoro spesso duro e difficile che i sindaci devono portare avanti nei loro comuni. Quindi uno degli elementi che è stato posto alla nostra attenzione, a risultato del referendum acquisito, è il fatto che la necessità di coordinamento delle attività e dei servizi gestiti a livello comunale e sovra comunale richiede di individuare ancora, in maniera forse più efficace e sicuramente più moderna, un ente intermedio.

E questo è il ragionamento che abbiamo tentato di fare per cercare di uscire dalle secche di questa difficoltà che i risultati dei referendum ci hanno posto di fronte. Perché è indubbio che i sardi si sono espressi con nettezza nel referendum del 6 maggio. La mia forza politica, l'Italia dei Valori, ha promosso numerosi referendum, ha promosso una raccolta di firma per l'eliminazione delle province e per una, come dire, rimodulazione dei vari livelli istituzionali presenti nei territori. Noi siamo convinti che quattro livelli istituzionali non siano più compatibili con la necessità di una efficiente ed efficace risposta ai problemi della gente. Quattro livelli istituzionali di pari dignità sono assolutamente troppi nel momento storico che stiamo vivendo.

Quindi è indubbio che dobbiamo trovare un equilibrio tra la necessità di dare risposte coerenti e tempestive, come ci è stato chiesto proprio stamattina dal comitato dei garanti che si è costituito per la verifica e per l'applicazione dei risultati dei referendum di domenica 6 maggio, in conseguenza all'applicazione dei risultati dei referendum, e la necessità di evitare un vuoto amministrativo nella gestione, nell'erogazione di servizi che, man mano che approfondivamo i problemi posti dai referendum, diventava sempre più evidente e sempre più importante. Ma su questo reinterverremo in fase di discussione degli emendamenti, quando approfondiremo le tematiche e la soluzione che, anche come Capigruppo, abbiamo tentato di proporre per trovare l'equilibrio di cui parlavo poc'anzi.

Ma io vorrei porre in evidenza un problema che, forse, tra i tanti evidenziati dal referendum, è il più evidente dal punto di vista politico ma anche il meno approfondito nelle discussioni di stasera.

Tra i segnali politici chiarissimi che il referendum ha dato ce n'è uno politicamente rilevante per questa Aula (è uno dei crack politici di cui ha parlato il collega Maninchedda) ed è il crack della maggioranza di governo della Regione: Indubbiamente sul tema sensibilissimo e importantissimo delle riforme istituzionali la maggioranza ha dichiarato forfait, la maggioranza si è dissolta su questo tema. Un non secondario partito della coalizione ha deciso di togliere la fiducia sulla capacità, autonoma, della maggioranza di portare avanti le riforme in questo Consiglio regionale e ha deciso un black out di carattere politico e istituzionale decidendo di rivolgersi direttamente al corpo elettorale tramite referendum. Non è un elemento di secondo piano, è un elemento politico fondamentale e segna profondamente la storia di questa legislatura. Questa legislatura è finita, questa legislatura è finita!

Se poi risulta che la maggioranza su questo tema implode e che, paradossalmente, alla testa di un movimento creato da un partito di questa maggioranza si pone addirittura il Presidente della Giunta regionale che dovrebbe essere il garante, il principale esponente e garante della maggioranza che sul suo nome si è costituita, comprendiamo qual è il black out, il corto circuito politico che il risultato di questo referendum pone alla nostra attenzione. E' un problema serissimo.

E se questo black out di carattere istituzionale lo colleghiamo all'altro crack che è avvenuto oggi con l'abbandono, da parte del presidente Cappellacci, del tavolo di confronto con il Governo sulla vertenza entrate, che verrà declinato col bilinguismo (nel senso che le comunicazioni le faremo anche in sardo da oggi in poi sui temi della vertenza Sardegna e della vertenza entrate), certifichiamo un fallimento politico con l'avvio del ricorso alla carta bollata nei confronti del Governo nazionale. Se leghiamo queste due questioni fondamentali, importantissime per la sopravvivenza dei corretti rapporti politici all'interno del Consiglio regionale, non possiamo non dire che questa legislatura è arrivata al capolinea.

Questa legislatura è arrivata al capolinea e noi, esponenti dell'opposizione, stiamo gestendo un ruolo di supplenza perché ci siamo accollati il compito di trovare una via d'uscita, una soluzione al caos istituzionale a cui ci saremmo trovati di fronte, e lo facciamo con molto senso di responsabilità. Però non è assolutamente accettabile che in questo lavoro, in questa attività frenetica, seria, responsabile che stiamo portando avanti, il Presidente della Regione sia totalmente assente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Adriano, se il ruolo di supplente ti sta stretto, viste le assenze, il ruolo di titolare si può avere serenamente. .

Io credo che il primo passaggio sia quello di cercare in tutti i modi di rasserenare l'ambiente, perché le fibrillazioni non giovano, non giova un clima che in quest'Aula in tanti anni non ho mai conosciuto, e che non aiuta certamente a trovare le soluzioni ai problemi. Occorre che prevalga il senso di responsabilità da parte di tutti e fare ragionamenti orientati in questo senso; per chi si è assunto le responsabilità di promuovere, di portare avanti, di andare fra la gente, e nel rispetto più assoluto della gente che ha votato, c'è un solo passaggio, che non è quello di trovare la soluzione per impedire il caos; e anche se qualcuno dice che caos non ce ne sarà e non ce ne potrà essere, io sono di parere completamente opposto.

Abbiamo sentito in questi giorni tanti sindaci, e chi è a conoscenza e ha proprietà del significato e del contenuto di una funzione che hanno le province, a torto o a ragione, dopo aver vissuto anni, gli anni '80, in cui si parlava di un'estinzione che sarebbe dovuta arrivare da un momento all'altro, vide nascere le comunità montane e i comprensori. Fallimento! Fallimento che in quest'Aula fu sancito, in una finanziaria, con la cancellazione attraverso un semplice emendamento.

Quello che voglio dire è che, se veramente dovessimo fare le cose nel modo più appropriato, dovremmo aspettare che il Presidente della Giunta promulghi il risultato con la pubblicazione sul BURAS, per capire il significato di quello che potrà accadere successivamente, al fine di capirlo noi, perché molti ancora sono convinto che non lo abbiano capito, e quindi non ne conoscano la difficoltà, e perché capisca anche chi onestamente, con tutta la buona volontà, ha espresso il proprio giudizio con il voto.

Io ho visto alcuni accenni di emendamenti, tutti si richiamano all'articolo 43 dello Statuto, si vuole fare subito una proposta di legge statutaria chiedendo al Parlamento, ricordatevi, la cancellazione; cosa che non potrà avvenire in due giorni. Ma cancelliamo noi dallo Statuto le province pensando di cancellarle anche dalla Costituzione? O la Sardegna ha qualcosa di particolare che possa consentirle di approdare, di pensare di chiudere i battenti perché ne ha le competenze? Badate, non è così, e onestamente tutti ci dobbiamo dire che non è così; e trovare la soluzione per qualsiasi responsabilità diventa obbligatorio anche per noi, anche per chi ne è rimasto al di fuori.

E non mi si dica che ventuno colleghi hanno partecipato, io non ho niente contro i colleghi che hanno sottoscritto e partecipato, però quegli stessi colleghi mi devono spiegare se io, o chi non ha partecipato, avrebbe avuto la stessa libertà di partecipazione con quei quesiti posti all'attenzione dell'opinione pubblica. Io sinceramente quella libertà non me la sono sentita addosso, perché se avessi mostrato di pensare in modo diverso da quei ventuno colleghi che hanno partecipato alla tornata referendaria, a me avrebbero preso a calci per strada, perché questo è il risultato.

C'erano anche gli specchietti per le allodole, bravo chi ci è riuscito, bravo chi ha portato avanti, bravi i cittadini che hanno preferito fare questa scelta, e questa scelta comunque quest'Aula e questo Consiglio la dovranno rispettare. Ma da qui a dire che abbiamo la competenza specifica di depennare, cancellare e stravolgere, credo che ci sia molto da ragionare, e su questo ragionamento dobbiamo ritrovarci. Se non ci dovessimo trovare su questo ragionamento, allora dovremmo avere il coraggio di percorrere l'altra strada, non quella degli emendamenti. Io sono per emendare nel modo in cui si consente poi alla Commissione di riunirsi e di elaborare, non che la stessa Commissione faccia immediatamente l'elaborazione frettolosa per arrivare in Aula e, con la velocità del suono, approvare una legge, io dico che non funziona così.

A me, ad esempio, fa piacere che l'onorevole Soru abbia ripreso a frequentare la prima Commissione per dare il contributo che so che è in condizione di dare, anche in situazioni difficili come questa, però è un contributo che dobbiamo dare tutti, dobbiamo darlo tutti. Allora io vorrei che stasera, almeno nel desiderio, si arrivasse a delle conclusioni per cui ci venga detto che fare una legge perfetta era impossibile e che avremmo dovuto cercare di farla nel modo meno imperfetto possibile. Ma se dopo ciò dovesse continuare questo clima e ognuno, con le proprie alchimie, levasse dal cilindro la soluzione, allora mi assumerei la responsabilità, con un atteggiamento provocatorio, almeno a titolo personale (non so che cosa farebbe il resto del Gruppo) di prendermi la libertà e dire: "No!".

Chi mi vieta infatti di pensare, come l'onorevole Capelli, di aspettare la conclusione della legislatura?, E' il modo migliore, ma sappiamo che questo creerebbe imbarazzo, perché così è, nel rapporto con il cittadino e con il voto che è emerso, perché comunque quella è una volontà. Ma c'è anche la volontà di istituire l'Assemblea costituente. Ma io non mi spiego allora come si possa fare una proposta cambiando l'articolo 43 dello Statuto, estrapolandola dal contesto dello Statuto stesso, per chi la battaglia della Costituente è da una vita che la fa, cioè stiamo negando ciò che abbiamo condiviso sino a ieri.

Amici miei, non si può estrapolare un solo articolo, perché i cittadini hanno votato anche quello, hanno votato anche l'Assemblea costituente, pur sapendo che i tempi a disposizione per i limiti che abbiamo non sono sufficienti. Comunque, il quesito lo abbiamo posto, e il risultato è quello che tutti conoscete. E allora su questo non si può dire una cosa, porre il quesito al cittadino, che comunque ci dice che l'Assemblea costituente deve essere fatta e poi, due giorni dopo, estrapolare l'articolo 43 perché lo vogliamo modificare; che senso ha?

Alcuni hanno l'abilità o la patente per stravolgere la volontà popolare, altri invece sono condizionati dal massimo rispetto; o c'è un'unità di misura che osserviamo tutti, ed è quella del rispetto, oppure ognuno di noi si deve sentire libero di fare quello che riterrà più giusto. Io credo che il rispetto della volontà popolare sia il filo conduttore, per quanto possibile, nel rispetto delle regole e delle leggi che noi non possiamo cancellare neanche con un referendum.

Dobbiamo trovare pertanto quell'alchimia necessaria per mantenere in piedi una situazione che ci porti a una riforma complessiva del sistema delle autonomie locali. Questa sarebbe la nostra vittoria, questo darebbe senso o, quanto meno, un po' di significato a questa legislatura. Diversamente, in questo fallimento, a prescindere dal fatto che si stia in una maggioranza o in una opposizione, verremo coinvolti tutti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io tenterò di fare un ragionamento che, almeno nella prima parte, considera la necessità che noi oggi abbiamo e il percorso che abbiamo dovuto fare per produrre una norma. Faccio questa considerazione perché deve essere chiaro a tutti noi che il risultato del referendum, parliamo del referendum sulle province (sugli altri referendum avremo modo, anche in altre circostanze, di esprimerci), comporta questa diretta conseguenza; e cioè che il Presidente della Regione deve, come hanno sottolineato anche molti giuristi, provvedere alla promulgazione del decreto dichiarativo e ricognitivo, che è connesso al pronunciamento già avvenuto da parte della Corte d'appello sui risultati dei referendum abrogativi, entro cinque giorni da quella data. Quindi … sospendo un attimo?

PRESIDENTE. Colleghi, scusate…

URAS (Gruppo Misto). Perché se dobbiamo esaminare qualche emendamento voglio partecipare anche io… in via generale.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Uras.

URAS (Gruppo Misto). Noi dobbiamo fare questa norma, dicevo, perché, entro cinque giorni dalla data del pronunciamento del Tribunale succede che la Regione Sardegna, unica in Italia, nel combinato disposto che chiaramente chiede l'eliminazione del livello istituzionale provinciale, si dovrebbe trovare senza province. Ma senza province la Costituzione dice che non ci si può trovare nessuno, perché la Repubblica si articola in province, oltre che in comuni, città metropolitane, regioni e Stato. E dice anche di più, e cioè che nessuno, nessun presidente, nessun Consiglio regionale può compiere atti, lo dice il "126", contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, ben consapevole di compierle.

E allora, per raccogliere la volontà popolare, non per violare la volontà popolare, dico ai colleghi che hanno nobili frequentazioni, ma che ne hanno anche un pochino meno nobili, che indicare con il dito indice i nemici del referendum nei Presidenti dei Gruppi consiliari, nel Presidente del Consiglio, insieme alla propaganda che spesso ha accompagnato anche questa vicenda referendaria, "castra la casta", "basta con quelli con le mani in pasta", "meno stipendi ai politici e più lavoro", cioè promuovere quel clima così avvelenato che pure noi incontriamo nella società, utilizzarlo per raccogliere consenso, beh, questo non aiuta la riforma dello Stato, non aiuta il raggiungimento dei risultati più giusti. perché la disinformazione, Presidente, si fa anche col danaro pubblico.

Come chiamano il "convitato di pietra" che è assente? Come chiamano colui che non si trova mai? L'uomo invisibile, che non so se stia giocando tra le isole o sia in qualche isola appartato, oppure indisposto, oppure sotto cura, oppure tamponato, sta di fatto che in quest'Aula non c'è e non c'è mai, non ci viene nei momenti più alti, quando deve essere presente chi ha la massima responsabilità di questa istituzione, chi la rappresenta; ma che vergogna! Ma che vergogna per lui! Io mi sento addosso la sua vergogna! Vergogna! Vergogna! E' un'indecenza politica!

Onorevole Floris, lei è stato Presidente di questa Regione e di questo Consiglio, glielo dica, se lo vede, che è una vergogna che lui sia assente, oggi e in altre circostanze, ma oggi più delle altre circostanze. E dicevo che noi dobbiamo fare una norma per rimediare a un evento che dobbiamo anticipare, cioè privare delle province, delle circoscrizioni provinciali territoriali la Sardegna. Io ho fatto una piccola stampa, lo dico al collega Vargiu perché è utile che sappia, di tutto ciò che appare, della modulistica, di quella che è decisa dalla legge dello Stato in settori chiave per il funzionamento della Repubblica come quello finanziario, norme che intervengono a definire quella modulistica e non lasciano alternative sul fatto che si debba rispettare dove c'è un campo provincia che è obbligatorio, ma così è anche nei siti on-line per l'accesso a mille cose.

Noi, di colpo, se aspettassimo l'esito del referendum, lo dico a tutti quelli che hanno sostenuto l'abolizione delle province incuranti degli effetti negativi che ci sarebbero stati in quest'Isola, in assenza di un ordinamento nazionale coerente, avremmo avuto danni irreparabili: il blocco dell'iniziativa economica, il blocco del funzionamento degli ordini professionali, il blocco del funzionamento di apparati significativi dello Stato, l'impossibilità di immatricolare le auto, oppure di fare un CUD, avremmo compiuto, cioè, una grave violazione e un danno gravissimo nei confronti dei cittadini.

E noi che siamo andati a votare quei referendum abbiamo coerentemente difeso la nostra posizione politica che era meditata e abbiamo detto no all'abolizione delle province, perché il percorso, anche quello referendario, è quello segnato dalla Costituzione, dall'articolo 133 e dall'articolo 43 dello Statuto e non quello che è stato impropriamente utilizzato. Ed è questa la parte più oscura, è questa la parte più preoccupante, cioè la parte che richiama la responsabilità della Presidenza della Regione. Noi rimedieremo; rimedieremo perché sono almeno quindici gli ambiti di legislazione regionale che verrebbero devastati, rimedieremo, ma non fatelo più perché fate un danno alla Regione per cercare un consenso facile e questo è sbagliato, moralmente sbagliato! E al Presidente della Regione, di cui siete amici, ditegli che è pagato per venire qua, non per andare da altre parti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Signor Presidente, prima precisazione: noi vogliamo che l'esito del referendum venga portato a compimento. La volontà popolare quale ritraibile dall'esame delle norme abrogate ovvero dei referendum consultivi deve essere attuata. Questa è la prima premessa, al di là dei vari blog che girano, dove si leggono le solite fesserie ma, come suol dirsi, de minimis non curat praetor, quindi lasciamo da parte chi non è abituato ad ascoltare, a leggere e a capire.

E' un momento estremamente delicato. Siamo chiamati a un impegno straordinario, un impegno straordinario per risolvere, andando nella linea del referendum, una situazione che se non si dovesse provvedere oggi a legiferare creerebbe un gravissimo danno alla Sardegna; vedrebbe la pubblicazione sul BURAS del decreto che proclama l'esito del referendum e quindi la soppressione di tutte e otto le province. Nel momento in cui viene annullata anche la deliberazione del Consiglio regionale del '99 vengono soppresse, infatti, tutte le circoscrizioni territoriali, per cui tutte le province perdendo l'elemento popolazione e territorio che sono elementi costitutivi verrebbero meno.

Se noi non interveniamo è evidente quel che succede: nessuno potrà tenere la partita IVA, non potrà essere immatricolata una macchina, non si potrà andare alla Comunità europea per richiedere i fondi che la Comunità europea prevede e mette a disposizione delle province e non di altri soggetti. Sono evidenti le conseguenze che ci richiedono di intervenire immediatamente e in tempi brevissimi.

E' ben vero che un referendum che incida su organi costituzionali non può determinare per principio un vuoto normativo. Peraltro questo è successo e questo vuoto normativo ci porta a dire che se non interveniamo finiamo per avvalorare una violazione della Costituzione e una violazione dello Statuto. Oggi l'articolo 1, l'articolo 5, l'articolo 114, l'articolo 118 della Costituzione, l'articolo 43 dello Statuto impongono che il territorio della regione sia suddiviso in province. Poi bisogna intendersi sul concetto provincia. Io posso costituire aree vaste e qualificarle province, ma quello è un altro discorso che poi andremo a vedere.

E' una situazione sicuramente complessa. Giustamente, dice l'onorevole Maninchedda, noi siamo pagati per risolvere anche le situazioni complesse e sono d'accordo con lui, solo che la situazione è ancora più complessa di quello che appare a prima vista perché, al di là del vuoto normativo che io devo eliminare, ho una serie di percorsi costituzionali che devo seguire nell'intervenire in questa materia. Esempio: l'articolo 43, secondo comma, dello Statuto prevede che le circoscrizioni territoriali vanno costituite tramite consultazione o referendum che devono essere fatti prima di procedere alla costituzione, ma questo se vogliamo è un principio affermato dall'articolo 133, è un principio affermato dal Trattato europeo sulle autonomie locali, quindi è un principio indiscutibile.

Soluzioni: molto opportunamente ci siamo avvalsi del parere di illustri avvocati e costituzionalisti, il meglio che ci pone a disposizione la nostra terra, o tra il meglio per non essere offensivo rispetto ad altri, pur valenti, che non abbiamo sentito. Questi giuristi ci hanno detto: "Attenzione che in questa situazione non sono possibili soluzioni perfette. Ogni soluzione che voi adotterete è una soluzione che si presta dal punto di vista legale, al di là delle valutazioni politiche, a critiche, a eventuali possibili ricorsi". Ben consci di questo la valutazione qual è? Ogni forza politica ha le sue posizioni ben precise e ben determinate; noi abbiamo una posizione nazionale del nostro partito che chiede la modifica della Costituzione per l'abrogazione delle province. Quindi nulla di più facile del dire che siamo d'accordo con l'esito referendario; però di fronte a questa emergenza, ripeto, lo spirito di responsabilità, il senso delle istituzioni chiede a tutti di fare un passo indietro.

Non è il momento di fare polemiche per motivi di opportunità partitica e politica; chi lo ha fatto ha sbagliato tutto, non ha il senso delle istituzioni. Il referendum ci deve insegnare a tutti, a chi lo ha accettato e a chi lo ha subìto, che le istituzioni si difendono e si difendono prestando maggiore attenzione anche al momento del referendum anche se poi il risultato può portare a effetti condivisibili. In certi interventi questo non l'ho sentito. Noi faremo alcuni passi indietro per senso di responsabilità, sapendo bene che dovremo in questa fase mettere un attimo da parte le nostre linee politiche anche nazionali. Questo ci è chiesto per evitare un danno alla Sardegna, questo noi faremo per quanto possibile, avendo cercato nei confronti che ci sono stati (e i confronti sono stati serrati ed estremamente approfonditi), in cui abbiamo analizzato la vicenda, di trovare una sintesi tra le posizioni di tutte le forze politiche.

Ci siamo confrontati, di questo do atto con estremo piacere, con le opposizioni che in tutti i confronti non hanno svolto il ruolo dell'opposizione, hanno svolto il ruolo delle persone sensate che hanno a cuore il senso delle istituzioni, ne devo dare atto a tutti con estremo piacere. Questo è il clima con cui dobbiamo fare tutte le riforme, perché noi le riforme le vogliamo fare e abbiamo iniziato a farle, le abbiamo proposte. E' in fase avanzatissima in Commissione autonomia (questo è anche merito del presidente Maninchedda che ha dato un'accelerazione ai lavori) l'esame della legge statutaria elettorale, può essere chiusa in una settimana se si vuole o, se si vuole, si può vedere prima la parte elettorale.

Ebbene, una soluzione è quella di stabilire comunque dei termini entro cui porre in essere gli adempimenti. I termini devono essere i più brevi possibili, però dobbiamo fare una legge di riordino di tutte le autonomie locali e questo dobbiamo farlo sentendo tutte le autonomie locali, sentendo CAL, UPS, ANCI, quindi occorrono dei tempi. Una volta fatto questo la riforma deve essere attuata; per attuare la riforma, comunque chiami le nuove circoscrizioni (provinciali, unioni di comuni, aree vaste), devo sentire le popolazioni; se trasferisco le funzioni delle province ad altri enti devo sentire le popolazioni perché me lo impone lo Statuto, e occorrono dei tempi.

Una volta arrivato alla pratica attuazione occorre ridisegnare il modello e l'assetto territoriale; in quel momento quale che sia la scelta, elezioni di primo grado o elezioni di secondo grado, devo fare le elezioni. Noi siamo disposti come in questi giorni a lavorare mattina, sera, sabato, domenica, lunedì compresi, senza nessun problema. So, e di questo hanno dato dimostrazione tutti i Gruppi, che questa è la volontà di tutti, non solo di chi ha partecipato alle riunioni ma di tutto il Consiglio perché sono sicuro che nessuno, se viene chiamato a lavorare il sabato e la domenica per risolvere i problemi della Sardegna si tirerà indietro.

Attenzione però, fatte le riforme non abbiamo risolto nulla, abbiamo solo posto le condizioni e i presupposti per poter operare. Poi bisogna lavorare, bisogna fare tutte le norme di legge, tutti i programmi, dobbiamo farlo, questo siamo chiamati a fare, questo è il compito che ci siamo assunti. Attenzione che nel fare le riforme non dimentichiamo tutti gli altri problemi. Non dimentichiamoci che entro il 30 giugno dobbiamo disciplinare tutti i servizi pubblici locali perché sennò mettiamo la gente e togliamo gli stipendi. Ripeto, ho apprezzato il senso dell'istituzione in tutti e mi sento di dire grazie a tutti per quello che hanno dimostrato in questi giorni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Io credo di non dover aggiungere molte altre cose a quelle che sono già state dette. Abbiamo lavorato molto in questi giorni, e vorrei significare al Consiglio che non si deve sentire espropriato, è circolata questa voce, perché sembrava quasi che la Conferenza dei Capigruppo in qualche modo potesse occupare degli spazi che non le sono consentiti. Credo che fosse fondamentale invece perché, come ha detto il collega Steri, era indispensabile che si arrivasse a definire un testo che fosse il più condiviso possibile.

Credo che ci siamo arrivati, forse sarebbe bastato un piccolo passo ancora e probabilmente avremmo esitato un testo che poteva essere votato all'unanimità. Questa però è una valutazione di tipo politico che io non intendo fare perché non posso assolutamente sostituirmi a chi ha ritenuto di non dover condividere, pur apprezzando lo sforzo che è stato fatto da tutte le forze politiche. Noi, sicuramente, ci troviamo davanti a una situazione molto difficile e la difficoltà maggiore l'abbiamo avuta quando i quattro graditissimi e gentilissimi amici che si sono prestati a fornirci un parere, hanno molto candidamente ammesso che quel parere non poteva essere un parere; infatti almeno il primo parere e anche l'ultimo, si capiva, avevano dato adito a divergenze anche all'interno degli stessi docenti universitari e degli stessi avvocati. Questo per far capire quanto era ed è complessa la materia.

Noi però avevamo un punto fermo da cui partire: dare risposte al referendum, su questo ci siamo pronunciati tutti e nessuno si può tirare indietro perché non so chi l'abbia detto però qui non c'è una forza politica che si sia apertamente schierata contro il referendum. Chi si è schierato a favore, nessuno si è schierato contro, altri partiti compreso il mio hanno lasciato libertà di voto. Quindi in un modo o nell'altro tutti quanti siamo stati coinvolti. Poi c'è chi è andato a votare e chi non è andato a votare, ma questo è un discorso diverso.

Il referendum ha raggiunto il quorum, il referendum chiedeva certe cose e i referendum chiedono cose possibili, qualche volte rischiano di chiedere delle cose impossibili o comunque problematiche e difficili. Quello che aboliva le province ha chiesto delle cose difficili, magari poi non hanno considerato che, non lo dico per campanile, che nello sciogliere le quattro province cosiddette regionali ci passa di mezzo anche una provincia che secondo me è più storica di tutte le altre che è la provincia di Oristano e guarda caso non è stata fatta dal Consiglio regionale, non è stata fatta dalla Regione Sardegna ma c'è un bel decreto del Presidente della Repubblica del 23 luglio del 1974. Fatta come? Nel recepimento di una norma costituzionale con legge dello Stato.

Mi viene difficile, cittadino di Oristano, pensare che è stata utilizzata la Costituzione per far nascere la provincia di Oristano, però siccome non è inserita nello Statuto della Regione Sardegna, Oristano dovrà, se questo Consiglio lo vorrà, rientrare a far parte di uno dei territori storici della Sardegna. Io spero che questo non fosse nell'idea dei referendari, questa è la classica buccia di banana, ma se così sarà e se dovremo veramente abolire tutte le province della Sardegna, anche quelle che, ripeto, non potremmo abolire, ci passerà anche la provincia di Oristano.

Ma non è questo il ragionamento che mi appassiona maggiormente e che ho portato all'attenzione perché si capisse ancora di più di quanto è stato problematico il referendum. Noi abbiamo steso un testo che è stato ampiamente modificato, credo che siamo arrivati alla soluzione, vogliamo dire, "meno peggio", benissimo, è la "meno peggio". Però è una soluzione, è una soluzione che tiene conto anche delle cose che ci hanno detto i numerosissimi amministratori locali che abbiamo ascoltato in questi giorni.

E debbo dire che, se c'è stata grandissima coesione tra le forze politiche, c'è stato veramente un apprezzamento particolare nei confronti dei sindaci, perché i sindaci della Gallura, i sindaci del Medio Campidano, i sindaci dell'Ogliastra che sono venuti con i loro rappresentanti provinciali, hanno fatto dei ragionamenti vi assicuro di altissimo livello e spessore, nessuno di questi nostri colleghi amministratori ha mai posto in discussione l'esito referendario, nessuno, tutti quanti hanno ravvisato la necessità che si provvedesse con una legge a rivedere il sistema istituzionale degli enti locali in Sardegna, e da lì siamo partiti.

Credo che stiamo facendo una cosa buona e giusta, credo che riusciremo a fare una legge che dia il massimo della risposta ai referendari, mi auguro anche che i garanti che sono stati nominati possano un domani dire: "Non impugniamo la legge della Regione Sardegna perché rispetta pienamente il dettato del referendum". Quindi mi sento sereno dal punto di vista politico, credo che stiamo facendo un lavoro egregio, non c'entra l'assenza del presidente Cappellacci, lo dico ai colleghi dell'opposizione e a chi ha voluto sollevare questo problema. Non mi pare questo un elemento che possa in qualche maniera essere portato all'attenzione della Giunta.

Questo è un testo di legge che è sfuggito alla Giunta, ma per una volontà della Giunta e per una volontà del Consiglio regionale. Ci sono delle materie nelle quali il Consiglio regionale forse è più immediato, è più pronto a recepire anche le istanze che arrivano dai territori; c'era peraltro e c'è un disegno di legge, e credo che ci sarà molto utile nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, che l'assessore Rassu aveva già abbondantemente elaborato, per quanto lo riguardava, dal punto di vista tecnico e strutturale. Per cui ci dobbiamo ancora lavorare, ma io sono certo che l'impegno della Giunta e dall'assessore Rassu saranno fondamentali per confezionare una legge definitiva che stabilisca esattamente l'ordine gerarchico anche delle istituzioni locali e di tutto il sistema degli enti locali in Sardegna. Sono convinto di questo perché credo che nell'assessore Rassu abbiamo trovato un interlocutore validissimo, attento, esperto conoscitore dei problemi della Sardegna.

C'è un solo aspetto, emerso dagli incontri che abbiamo avuto con gli amministratori locali, che vorrei riferire al Consiglio; e cioè che noi non potremo mai legiferare appieno sulle differenze storiche, sulla cultura, sugli usi e i costumi. Questi elementi non sono divisibili, non è possibile pensare che la Gallura non possa vedere riconosciute le proprie peculiarità. Così come non è possibile che l'Ogliastra abbia un riconoscimento che non è quello dato da noi, dato in questo Consiglio regionale.

Non si possono illudere le popolazioni di avere un ruolo e di poter godere di quello che loro hanno chiesto e, a distanza di tempo, non dico di scipparglielo, ma di portarglielo via definitivamente. E, quando dico definitivamente, dico che probabilmente bisogna studiare un meccanismo nel quale i territori si sentano adeguatamente rappresentati, non so con quali modalità, non entro nel merito di questo perché credo che non sia questo il momento. Quando ci misureremo sulle opportunità che potranno essere date ai territori, credo che la voce del P.d.L., così come quella di tutti i Gruppi politici, sarà sufficientemente efficace per soddisfare le esigenze di tutti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, nel 1989, iniziando il suo intervento al Senato per la votazione del Governo Ciampi, in un periodo difficile, la caduta della prima Repubblica, Mino Martinazzoli utilizzò una metafora che mi pare sia valida anche oggi: "La nave è ormai in mano al cuoco di bordo, e ciò che trasmette il megafono del Comandante non è la rotta, ma ciò che mangeremo domani".

Voleva così significare la differenza che passa tra l'orizzonte delle istituzioni e il quotidiano del menù del giorno. Siamo un po' nella stessa situazione, perché vedete siamo qui a porre rimedio a una complicazione: ripristinare l'agibilità istituzionale nella nostra Regione, mi pare evidente che questo è l'oggetto del nostro lavoro. Ma è un fatto normale che ciò sia potuto accadere? Questo guaio si è generato non per la legittima iniziativa referendaria, ma per il venir meno di quell'indispensabile ruolo di terzietà, nella ammissione del referendum, che doveva esercitare la Commissione, e dunque il Presidente; questo ruolo non è stato svolto, e siamo in questo guaio perché non c'è stata in quel momento la quantificazione e la ponderazione delle conseguenze dello sviluppo di una legittima iniziativa referendaria.

Ora il Presidente, come primo botto, pur essendo assente, ha deciso di commissariare le province che fino a oggi ci sono, si vedono, e invece non pensa di commissariare se stesso che non c'è mai, non si vede e non si sa dov'è. Io credo che i referendari, sia i Riformatori ma anche il Presidente, hanno fatto in questa circostanza un passo in avanti e una dissociazione. Perché se c'è una cosa che è incomprensibile è quella di aver fatto credere che si poteva esercitare un potere distruttivo, immediato e irrevocabile, nel cuore della struttura istituzionale della nostra Regione. Per fortuna nella civiltà giuridica di questo Paese, compresa la nostra Regione, ciò non è possibile realizzare.

L'unica strada per dare immediato avvio ai cambiamenti è quella di fare le riforme, ed è quella anche per dare la risposta all'esito dei referendum e alla volontà popolare. Ma voi siete dovuti arrivare a questo punto per decidere di assumere una iniziativa riformatrice. Io vorrei ricordarvi che noi, a differenza vostra, dopo tre mesi abbiamo cominciato a fare leggi nella direzione delle riforme, non abbiamo dovuto andare incontro ai fallimenti della politica e delle maggioranze costituite per avviare quel processo. E' impensabile che Cappellacci si collochi dalla parte di chi dichiara il fallimento, è impensabile, deve solo andarsene, può fare solo quello.

Bisogna capire quindi che, per ripristinare l'agibilità istituzionale in questa Regione, non si possono più continuare a seguire le opinioni, ma bisogna perseguire il rigore delle applicazioni normative. C'è gente che dice: "Via le province subito, è la volontà popolare", no, la Regione autonoma della Sardegna sa bene (gli è stato comunicato formalmente nel 2003) che tra i principi della stessa Costituzione vi è certamente quello che prevede che la durata in carica degli organi elettivi locali, fissata dalla legge, non è liberamente disponibile da parte della Regione nei casi concreti. Vi è un diritto degli enti elettivi e dei loro rappresentanti eletti al compimento del mandato conferito nelle elezioni, come aspetto essenziale della stessa struttura rappresentativa degli enti, che coinvolge anche i rispettivi corpi elettorali. Sentenza numero 48 del 2003 per la Regione sarda.

Ma di che cosa stavamo parlando in questi giorni inutilmente? Poteri sostitutivi; mostrino le leggi, non ce ne sono. Anche l'esercizio del potere sostitutivo deve essere previsto e disciplinato dalla legge, che deve definirne i presupposti sostanziali e procedurali.

Dunque si vuole fare in fretta contro tutti; no, non è possibile! Lo stesso organo di controllo del massimo livello di garanzia costituzionale di questo Paese ci dice che le leggi di riforma volte a cancellare, a modificare, debbono comunque approntare congrue garanzie procedimentali per l'esercizio dei poteri sugli altri enti, in conformità al principio di leale collaborazione.

Colleghi, bastava semplicemente mettere insieme queste cose (poi ci sono state anche le opinioni dei giuristi), per capire che gli strumenti della partecipazione popolare sono una cosa, gli elementi di garanzia costituzionale un'altra. Si deve trovare l'equilibrio, ma non si deve trovare un equilibrio dell'uno a discapito dell'altro, questo mai. Ecco perché (l'ha detto Maninchedda) la proroga non è un dato politico, è un vincolo giuridico che si può interrompere con la sopravvenienza di una legge di riforma dai caratteri generali, astratti e, dice sempre la massima Corte, sulla base di presupposti non irragionevoli; e anche questa formulazione, se si esplora il significato, vuol dire tante cose.

Riforma, qual è la riforma? Io non mi voglio cimentare, ci saranno le sedi nelle quali parleremo delle riforme, noi abbiamo le carte in regola, dimostrate in periodi non sospetti, perchè non c'è bisogno di arrivare a questo livello di delegittimazione della classe politica per poter fare riforme, le abbiamo fatte, non eravamo inseguiti da nessuno, le abbiamo fatte con una logica.

Certo che qualcuno potrà chiedersi come mai (che bravi legislatori) dopo sette anni cambiano tutto il registro. Abbiamo fatto una legge, dopo sette anni abbiamo cambiato registro? Pensiamo alle unioni di comuni, alle associazioni come luogo, però pensiamo anche a svuotare un po' questa Regione che è troppo imbottita di gente che controlla progetti per giorni e giorni, che non sa neanche dove sono collocati, che non ne conosce i confini, i termini, le finalità.

Poi vorrei sottolineare un'altra cosa. Se qualcuno ha delle certezze ce lo dica; al momento, così come non avevamo disponibilità su altre cose, non è dato sapere con certezza se è nella nostra disponibilità il superamento di tutte e otto le Province. È un'opinione, può essere che sia corretta, portate fuori le carte, non è dato sapere. Bisogna approfondire questo argomento, e questo lo dobbiamo fare perché dobbiamo portare rispetto nei confronti della gente, non la dobbiamo prendere in giro evocando scenari e cataclismi.

Uno dei doveri delle istituzioni è quello di non generare, come invece abbiamo fatto tutti quanti, a diverso titolo in questi giorni e in queste settimane, il disorientamento sociale, il panico e l'incertezza esistenziale in centinaia di persone. Il nostro compito è un altro. Noi non ci sottrarremo neanche a questo, al dovere di costruire una riforma perché abbiamo idee e abbiamo il curriculum a posto, come si usa dire.

Quando avremo poi completato, colleghi Riformatori, l'opera di vilipendio delle funzioni istituzionali del Consiglio e dei consiglieri, quando avremo cancellato definitivamente una loro dignità e rispettabilità ci troveremo probabilmente, quel giorno io non vorrò esserci, e spero anche molti altri di voi, a registrare la conclusione dell'autonomia e della nostra "significanza". Stiamo attenti a quello che facciamo, ogni cosa ha un limite, le nostre opere e i nostri atti legislativi non valgono tanto per noi, ma valgono anche per cose astratte e nobili oltre di noi sulle quali vorrei fossimo tutti un po' più attenti .

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessoredegli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Io ho seguito con molta attenzione il dibattito perché la complessità, l'urgenza, l'originalità dei problemi comportate dall'approvazione dei referendum ha portato il Consiglio regionale, e non solo, a consultarsi con illustri costituzionalisti per trovare una strada percorribile affinché, nel rispetto della volontà popolare, si potesse arrivare a una norma transitoria che bloccasse il cosiddetto vuoto istituzionale, e oggi stiamo parlando di questo. A me piace essere concreto e pratico, al Presidente Cappellacci ormai gli si addossa tutto! Gli si addossa di tutto e di più!

Così come mi è sembrato che sia stato addossato di tutto e di più alle province, perché è un anno che ci sbattiamo la faccia, almeno sei mesi o sette mesi, da quando è stato promulgato il decreto Monti; un decreto incostituzionale, impugnato dalla Regione Sardegna, impugnato davanti alla Corte costituzionale da altre Regioni e quant'altro, tant'è vero che lo stesso Monti, tornando indietro, ha proposto di modificare l'articolo 133 della Costituzione perché, come ho sentito dire da più parti stasera, le province sono uno degli organi stabiliti dalla Costituzione, sono delle componenti indispensabili dello Stato, assieme ai comuni e alle regioni.

Detto questo, una cosa è certa: il referendum ha accelerato tutto questo processo, certamente causando nell'immediatezza del contingente non pochi disagi; disagi illustrati abbondantemente da tutti i presenti e, abbondantemente, è stato anche ribadito il fatto che la volontà espressa nei referendum deve essere rispettata!

E' chiaro che ci devono essere dei tempi congrui affinché si possa arrivare a una norma generale sull'ordinamento degli enti locali, senza primogeniture né da una parte né dall'altra; si tratterà infatti di una legge fondante, una legge che vedrà la luce sessant'anni dopo l'approvazione dello Statuto, che ancora la Regione autonoma della Sardegna non ha. Ed è giusto che questa legge veda il coinvolgimento di tutto il Consiglio regionale, di questo io ne sono convinto (ripeto senza primogeniture, senza curriculum da una parte e dall'altra), rendendoci conto che su di essa, d'ora in avanti, si organizzerà tutto il sistema istituzionale della Sardegna.

Colleghi, abbiamo lavorato in Assessorato quasi per un anno a un testo, relativo all'ordinamento generale, che ho presentato in Giunta il 22 febbraio di quest'anno. La Giunta ne ha preso atto, ma l'itinere di questa norma si è bloccato perché di settimana in settimana, ancora oggi, il decreto Monti sta subendo delle modifiche. La riorganizzazione dell'ordinamento generale si è bloccata perché in questo ordinamento generale era inclusa anche la riforma delle province da sottoporre come proposta al Consiglio regionale. Pochi giorni fa la Commissione senatoriale ha emendato il decreto Monti; per chiudere questo problema particolare delle province ancora non si hanno le idee chiare da parte del Governo, di come poterle organizzare.

Io credo che noi a suo tempo e al momento dovremo fare una norma che sia ben "calzata e vestita" per la nostra Regione. A questo abbiamo lavorato e non è giusto dire che la Giunta è assente perché esiste almeno la proposta che ha fatto la Giunta, dico solo che non è una norma che può portare avanti da solo il Governo regionale, come ho sentito dire da più parti, invece è una norma su cui si deve giustamente riflettere, studiare e va portata all'attenzione dell'intero Consiglio regionale, con un po' di umiltà, approfittando di tutte le esperienze che sono all'interno di quest'Aula, e ce ne sono tantissime e di elevata cultura.

Forse sarebbe bene che d'ora in avanti, credetemi, ci fosse meno attrito, si pensasse di più; questo il mio pensiero personale, se vogliamo pensare veramente ai problemi che abbiamo davanti pensiamoci e lasciamo da una parte l'attacco continuo, continuo e continuo. Io nella scorsa legislatura, quando su questa sedia sedeva l'onorevole Soru, qualche volta mi sono opposto agli attacchi indiscriminati, perché quando si attacca una persona l'obiettivo è abbattere il nemico, ma l'obiettivo non è questo! L'obiettivo è dare risposta ai problemi dei sardi e la Giunta sta tentando in tutte le maniere di farlo.

Oggi il Presidente era a Roma per il confronto con il Governo sul problema, lo sappiamo tutti, delle entrate, ha rotto le trattative, si va verso la via giudiziaria, non è in giro a spasso per il mondo, sta adempiendo a un suo preciso dovere istituzionale e non poteva essere presente in Aula! Io non so se sia rientrato o meno da Roma, comunque sia non voglio neanche scusarlo, ma è necessario che tutto il dibattito sia sempre imperniato sulla persona del Presidente? Il Presidente ha un dovere preciso che è quello di rappresentare la Regione in modo unitario e non può essere sempre in Aula, di questo siamo convinti tutti! Concentriamoci quindi sui problemi reali!

Io sono convinto che questa norma dia una risposta immediata per risolvere i problemi contingenti che sono nati con l'approvazione dei referendum, nel rispetto dei referendum, perché nessuno, tanto meno la Giunta, e tanto meno il Consiglio si sogna di mettere in dubbio il risultato referendario e cioè la volontà espressa dal popolo sardo. Ritengo che i tempi proposti in questa norma transitoria siano tempi accettabili, perché l'esperienza in Assessorato mi ha insegnato che in due giorni, in tre giorni, in meno di una settimana può essere fatta una legge di riforma degli organi regionali anche se, dall'approvazione dello Statuto in poi, è la prima volta che si norma sull'ordinamento generale

Io sarei del parere che è necessario arrivare sino all'ultimo comune, perché le riforme non si fanno a pezzi, le riforme devono essere fatte in modo generale, e sarebbe stato bello che anche la riforma delle province potesse essere esaminata all'interno della riforma dell'ordinamento generale, comunque così è e si va avanti in questa direzione.

Ritengo comunque che la responsabilità dimostrata dal Consiglio, da maggioranza e opposizione, per quanto mi è stato dato appurare in Commissione, sia encomiabile! E, non per ripetere ciò che è stato detto, io mi auguro che, così come ha detto il collega Giacomo Sanna, il Consiglio possa ritrovarsi d'ora in avanti anche sui temi fondanti che sono principalmente i problemi occupazionali, i problemi della crisi sociale, i tantissimi problemi che stanno attanagliando la Sardegna.

Io credo che se ci fosse una comunione di intenti per risolvere questi problemi, ognuno chiaramente distinto nelle proprie formazioni politiche, probabilmente renderemmo un servizio molto più positivo a chi ci ha portato all'interno di quest'Aula e, principalmente, alla Sardegna.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, le chiedo di convocare una Conferenza dei Presidenti di Gruppo.

PRESIDENTE. Convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. La seduta è sospesa

(La seduta, sospesa alle ore 22 e 50, viene ripresa alle ore 23 e 21.)

PRESIDENTE. Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli del testo unificato numero 343-354 (II)/A. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame del titolo.

(Si riporta di seguito il testo del titolo:

TITOLO

Norme in materia di province e modifiche alla legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4 (Norme in materia di enti locali e sulla dispersione ed affidamento delle ceneri funerarie).)

Poiché nessuno è iscritto a parlare sul titolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'esame dell'articolo 1. All'articolo 1 sono stati presentati degli emendamenti.

(Si riporta di seguito il testo dell'articolo 1 e dei relativi emendamenti:

Art. 1

Riforma delle province

1. Fino all'approvazione di una organica disciplina regionale sull'ordinamento degli enti locali di cui all'articolo 10, comma 5, della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2 (legge finanziaria 2007), e successive modifiche e integrazioni, successivamente alla scadenza ordinaria della durata in carica delle province esistenti, in Sardegna si applicano le disposizioni di cui ai commi da 14 a 17 e 20 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici) convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.

2. Fatte salve le funzioni di cui al comma 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale presenta un disegno di legge che disciplina il trasferimento ai comuni e alla Regione, entro il 31 dicembre 2012, delle funzioni amministrative attualmente attribuite dalla normativa regionale vigente alle province e il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite.

Emendamento sostitutivo totale Maninchedda

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

Riordino del sistema degli enti locali

1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale presenta alle Camere una proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 43 dello Statuto speciale.

2. Entro il 31 dicembre 2012 il Consiglio regionale approva una legge di modifica della l.r. n. 12 del 2005, della l.r. n. 9 del 2006 e della l.r. n. 1 del 2005.

3. La legge di cui al comma 2, in particolare, prevede:

a) la procedura per l'individuazione di un massimo dì venti ambiti territoriali ottimali su ciascuno dei quali deve essere costituita una sola unione di comuni comprendente obbligatoriamente i comuni ricadenti nel relativo ambito;

b) la disciplina delle modalità di elezione e di composizione degli organi di governo delle unioni di cui alla lettera a);

c) la disciplina di riordino complessivo della distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti locali e la Regione e delle relative risorse economiche, strumentali e umane.

4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui ai commi e 2 sono ricostituiti, in via transitoria, gli ambiti territoriali come delimitati dallo Schema di nuovo assetto provinciale approvato dal Consiglio regionale il 31 marzo 1999, pubblicato sul BURAS del 9 aprile 1999 e modificati dalla legge regionale 13 ottobre, 2003 n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni provinciali).

5. In ciascuno degli otto ambiti di cui al comma 4 le funzioni proprie, attribuite, conferite e delegate alle soppresse province sono esercitate attraverso una unione di comuni composta da una assemblea e da un consiglio di amministrazione.

6. L'assemblea di cui al comma 5 è formata da un rappresentante per ogni comune ricadente nel territorio di ciascuno degli otto ambiti, designato fra i sindaci e gli assessori pro tempore degli stessi.

7. Al suo interno l'assemblea elegge il consiglio di amministrazione, formato da non più di quattro elementi oltre al presidente. Le indennità del presidente e dei componenti il consiglio di amministrazione non possono superare rispettivamente, quelle del sindaco e degli assessori del comune più popoloso facente parte del rispettivo ambito e non sono cumulabili con altre indennità.". (1)

Emendamento sostitutivo totale Vargiu - Cossa - Dedoni - Mula - Fois - Meloni Francesco

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

Riordino del sistema degli enti locali

1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale presenta alle Camere una proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 43 dello Statuto Speciale che prevede l'eliminazione delle province dal territorio regionale.

2. Entro il 30 settembre 2012 il Consiglio regionale approva una legge di modifica della legge regionale 12/2005, della legge regionale 9/2006 e della legge regionale 1/2005.

3. La legge di cui al comma 2, in particolare, prevede:

a) la procedura per l'individuazione delle aree territoriali ottimali su ciascuno dei quali deve essere costituita una sola unione di comuni comprendente obbligatoriamente i comuni ricadenti nel relativo ambito, e che in linea di massima coincidono con gli ambiti ricompresi nei distretti sanitari;

b) la disciplina delle modalità di elezione e di composizione degli organi di governo delle unioni di cui alla lettera a), che devono comunque essere composti dai sindaci o dagli assessori comunali dei comuni ricadenti nello stessa area territoriale;

c) la disciplina di riordino complessivo della distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti locali e la Regione e delle relative risorse economiche, strumentali e umane.

4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui ai commi i e 2 sono ricostituiti, in via transitoria, gli ambiti territoriali come delimitati dallo Schema di nuovo assetto provinciale approvato dal Consiglio regionale il 31 marzo 1999, pubblicato sul BURAS del 9 aprile 1999 e modificati dalla legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni provinciali).

5. In ciascuno degli otto ambiti di cui al comma 4 le funzioni proprie, attribuite, conferite e delegate alle soppresse province sono esercitate attraverso una unione di comuni composta da una assemblea e da un consiglio di amministrazione.

6. L'assemblea di cui al comma 5 è formata da un rappresentante per ogni comune ricadente nel territorio di ciascuno degli otto ambiti, designato fra i sindaci e gli assessori pro tempore degli stessi.

7. Al suo interno l'assemblea elegge il consiglio di amministrazione, formato da cinque elementi tra i quali alla prima seduta viene eletto a maggioranza semplice il Presidente. Ai componenti dell'assemblea e del consiglio di amministrazione non spetta alcun compenso aggiuntivo rispetto a quanto percepito nelle rispettive cariche di sindaco o assessore comunale.". (2)

Emendamento sostitutivo totale Cuccureddu

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

Norme urgenti sulle province conseguenti all'esito del referendum

1. Il Consiglio regionale approva con legge statutaria, la riorganizzazione dei poteri pubblici in Sardegna, incentrata sul:

a) superamento del sistema delle province quale ente intermedio, in conformità a quanto sancito dal risultato dei relativi referendum abrogativi e consultivo;

b) ruolo centrale dei comuni nell'architettura istituzionale regionale;

c) federalismo interno, riconoscendo più ampi poteri, anche di natura legislativa, al Consiglio delle autonomie locali;

d) l'attribuzione delle funzioni amministrative in capo ai comuni, salvo che nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza possano essere attribuite alle aree metropolitane, unioni dei comuni, regione o altro;

e) l'istituzione delle aree metropolitane, intese come associazioni di autonomie locali e funzionali, aventi funzione di programmazione e coordinamento;

f) la trasformazione delle unione dei comuni, oggi enti costituiti su base volontaria ed incentivata, in associazione obbligatoria fra i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, ricadenti nelle regioni storiche della Sardegna (Gallura, Anglona, Goceano, Logudoro, Romangia, Sassarese, Algherese, Marghine, Planargia, ecc.)

g) principio di partecipazione e responsabilità dei cittadini, anche attraverso l'attivazione di percorsi di e-democracy.". (3)

Emendamento sostitutivo totale Diana Mario - Diana Giampaolo - Steri - Uras - Sanna Giacomo - Salis

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

1. Entro il 31 ottobre 2012 il Consiglio regionale, in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico nonché con lo Statuto, approva una legge contenente il riordino generale delle autonomie locali, facendo applicazione del principio di decentramento amministrativo e valorizzando le funzioni da attribuire alle Unioni di comuni e/o ad altre forme associative.

2. Entro il 31 dicembre 2012 deve essere data attuazione al procedimento di riforma, assicurando la consultazione delle popolazioni interessate.

3. Al fine di assicurare il rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 5, 114, 116 e 118 della Costituzione nonché di cui all'articolo 43 dello Statuto ed in attesa del riordino e della sua applicazione volta a realizzare un nuovo assetto, gli organi provinciali in carica assumono in via provvisoria e sino al 28 febbraio 2013 la gestione delle funzioni amministrative attribuite alle otto province che saranno soppresse all'esito dei referendum svoltisi il 6 maggio 2012 e provvedono alla ricognizione di tutti i rapporti giuridici, dei beni e del personale dipendente ai fini del successivo trasferimento.

4. Agli effetti della vigente legislazione, ivi compresa quella elettorale, le gestioni provvisorie di cui al comma 3 che precede corrispondono a circoscrizioni amministrative provinciali.

5. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nel BURAS.". (6)

Emendamento aggiuntivo Cuccureddu

Articolo 1

Dopo l'articolo 1 è aggiunto il seguente:

"Art. 1 bis

Integrazione disposizioni di cui alla legge regionale n. 10 del 2011

1 . Alla legge regionale 18 marzo 2011, n. 10 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali), articolo 2, comma 6, è aggiunta alla fine la frase "ivi comprese quelle del fondo unico previsto dall'articolo 10 della legge regionale n. 2 del 2007.". (4)

Emendamento aggiuntivo Cuccureddu

Articolo 1

Dopo l'articolo 1 è aggiunto il seguente:

"Art 1 bis

1. Nelle more della definizione di un'organica disciplina in materia di organizzazione e di funzioni degli enti locali non si applica in Sardegna l'articolo 13 della legge 4 agosto 2006, n. 248.". (5))

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Presidente, io non ho ancora esaminato gli emendamenti. Si è appena conclusa la Conferenza dei Capigruppo, vorremmo capire meglio che cosa è successo, se sono stati prodotti dei testi, e poi intervenire a ragion veduta.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 23 e 22, viene ripresa alle ore 23 e 26.)

PRESIDENTE. Poiché nessuno è iscritto a parlare sull'articolo 1 e sugli emendamenti, per esprimere il parere della Giunta sugli emendamenti ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Il parere è contrario sugli emendamenti numero 1, 2, 3, 4 e 5 mentre è favorevole sull'emendamento numero 6.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'emendamento numero 1. Chi lo approva alzi la mano. (Viene richiesta la controprova.) Chi non lo approva alzi la mano.

(Non è approvato)

Metto in votazione l'emendamento numero 2.

Ha domandato di parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 2.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Cossa - Dedoni - Floris Mario - Fois - Meloni Francesco - Mula - Vargiu.

Rispondono no i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Greco - Lai - Lotto - Lunesu - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Solinas Antonio - Steri - Stochino - Tocco - Zedda Alessandra - Zuncheddu.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Pitea.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 62

votanti 60

astenuti 2

maggioranza 31

favorevoli 7

contrari 53

(Il Consiglio non approva).

Metto in votazione l'emendamento numero 3. Chi lo approva alzi la mano. (Viene richiesta la controprova.) Chi non lo approva alzi la mano.

(Non è approvato)

Metto in votazione l'emendamento numero 6.

Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'emendamento numero 4.

Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Devo dire che mi sorprende molto che la Giunta esprima un parere contrario su questo emendamento, quando mi pare ci fosse l'impegno di ripresentarlo, così era stato detto, nell'ambito della legge sulle province.

Si tratta dell'emendamento del quale abbiamo discusso già nella precedente riunione che consente, in base all'articolo 5, di assumere coloro che potranno essere assunti nei cantieri di lavoro e nei cantiere di forestazione dopo la sentenza della Corte dei conti di Cagliari che stabilisce che avendo inserito in un comma, attraverso un emendamento, le parole "ivi comprese le somme del fondo unico" ma non avendole inserite nel comma precedente ne deduce, con un'interpretazione sistematica, che siano esclusi quei fondi.

Ciò significa che blocchiamo le attività che in finanziaria abbiamo deliberato. E' un mero emendamento tecnico, viene dopo la sentenza del 12 marzo che ha rilevato un errore, un'incoerenza all'interno della legge numero 10 e quindi si tratta semplicemente di replicare nel comma 6 ciò che è detto nel comma 7 e nei commi precedenti. Non approvarlo significa bloccare totalmente la possibilità che possano essere spesi i fondi che noi abbiamo posto in finanziaria. Credo che la Giunta, che ha espresso parere contrario, e il Consiglio si assumeranno una bella responsabilità nei confronti di migliaia di persone che aspettano di lavorare anche per pochi mesi all'anno.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'emendamento numero 4.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 4.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Bruno - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Fois - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Planetta - Porcu - Randazzo - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Solinas Antonio - Stochino - Tocco - Vargiu - Zedda Alessandra.

Rispondono no i consiglieri: Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - De Francisci - Greco - Lai - Lunesu - Oppi - Pitea - Steri.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Campus - Meloni Marco - Rassu - Zuncheddu.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 62

votanti 57

astenuti 5

maggioranza 29

favorevoli 45

contrari 12

(Il Consiglio approva).

Passiamo all'emendamento numero 5.

Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Idem, idem con patate; questo emendamento ha invece un'altra finalità: quella di evitare l'applicazione in Sardegna della norma italiana che prevede lo scioglimento delle società in house istituite in Sardegna in forza di una legge regionale finalizzata a stabilizzare i lavoratori socialmente utili. Stiamo parlando di circa duemila persone sottoposte alla normativa della precedente legislatura che ha finanziato le società in house e ha costituito dei servizi comunali. In alcuni comuni si gestisce il verde, le manutenzioni, i porti e così via.

E' chiaro che, in attesa della riforma, se di questo argomento non ne parliamo nella riforma sugli enti locali ma anticipiamo la riforma, ora saremo costretti a chiudere le società e questo bacino degli LSU, credo che siano duemila complessivamente, tornerebbe in carico alla Regione con problemi importanti. Credo perciò che sia opportuno differire l'entratta in vigore della norma Monti a quando parleremo di organizzazione degli enti locali e di ordinamento degli enti locali per decidere se mantenere o meno la possibilità che i comuni abbiano le società. Chiedo la votazione nominale

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 5.

(Segue la votazione)

PRESIDENTE. Prendo atto che il consigliere Piras ha votato a favore.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Greco - Lai - Lotto - Lunesu - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Planetta - Randazzo - Rassu - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Zedda Alessandra - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Barracciu - Cossa - Meloni Francesco - Meloni Marco - Porcu - Solinas Antonio.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Vargiu.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 65

votanti 63

astenuti 2

maggioranza 32

favorevoli 57

contrari 6

(Il Consiglio approva).

L'articolo 2 decade perché è stato già approvato con legge regionale numero 9 del 2012.

Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, per precisare che a seguito dell'approvazione dell'emendamento sostitutivo totale, gli Uffici in sede tecnica dovranno provvedere ad adeguare il titolo alla legge.

PRESIDENTE. Onorevole Steri, mi ha preceduta. Passiamo alla votazione finale della legge.

Ha domandato di parlare il consigliere Vargiu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, io intendo esprimere il voto contrario dei Riformatori a questa legge e motivarlo brevemente. In particolare ritengo che sia estremamente difficile riuscire, dal punto di vista comunicativo, a spiegare che gli effetti del referendum possono essere contenuti tramite la conferma degli organi che in questo momento guidano le province, cioè i presidenti, gli assessori e i consigli provinciali. Io credo che lo spirito con cui i referendum sono stati votati dal corpo elettorale fosse quello di avere degli organi di gestione della fase transitoria con la massima garanzia della neutralità e dell'essere quanto più possibile avulsi dal controllo politico.

Si corre il rischio di invalidare una comunicazione che questo Consiglio regionale, sicuramente, voleva rendere positiva dal punto di vista della propria volontà di assecondare il risultato elettorale attraverso l'individuazione di organi gestori della fase di transizione; organi che purtroppo, dal punto di vista comunicativo, appaiono identici rispetto a quelli che i cittadini ritengono di avere cancellato. Ci sembra che questa comunicazione sia estremamente difficile, quindi come Gruppo dei Riformatori non ci sentiamo di condividere favorevolmente la votazione finale di questo testo unificato.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Francesco Meloni per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Rinuncio, Presidente.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del testo unificato numero 343-354 Parte II/A.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Biancareddu - Bruno - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Greco - Lai - Lotto - Lunesu - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Zedda Alessandra.

Rispondono no i consiglieri: Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula - Vargiu.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Campus.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 64

votanti 62

astenuti 2

maggioranza 32

favorevoli 56

contrari 6

(Il Consiglio approva).

Il Consiglio verrà riconvocato a domicilio.

La seduta è tolta alle ore 23 e 38.



Allegati seduta

CCCXXVI SEDUTA

Giovedì 24 maggio 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 19 e 00.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 19 aprile 2012 (318), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Radhouan Ben Amara, Rosanna Floris, Giorgio Locci, Antonello Peru, Pietro Pittalis e Teodoro Rodin hanno chiesto congedo per la seduta del 24 maggio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Regione, in applicazione dell'articolo 24 della legge regionale 7 gennaio 1977, numero 1, ha trasmesso l'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 4, 18, 20, 26, 31 gennaio, 1°, 16, 21, 23, 28 febbraio, 6, 20, 28 marzo, 4, 10, 18, 24 aprile 2012.

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Sabatini - Stochino - Petrini - Cuccu - Pittalis - Cucca: Disciplina e finanziamento delle associazioni pro loco. (390)

(Pervenuta il 17 maggio 2012 e assegnata alla sesta Commissione.)

Lotto - Solinas Antonio - Cucca - Diana Giampaolo - Agus - Barracciu - Cocco Pietro - Corda - Cuccu - Manca - Meloni Valerio Porcu - Sabatini: Promozione e costituzione delle organizzazioni interprofessionali per prodotti agro-alimentari. (391)

(Pervenuta il 17 maggio 2012 e assegnata alla quinta Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Piras, con richiesta di risposta scritta, sulle tariffe imposte dalla Trenitalia Spa in Sardegna, in relazione alle sanzioni previste per i passeggeri che cominciano il viaggio senza aver potuto acquistare preventivamente il documento di viaggio per motivi non imputabili alla loro volontà". (877)

"Interrogazione Tocco, con richiesta di risposta scritta, sull'incolumità dei dipendenti Equitalia". (878)

"Interrogazione Lai - Bardanzellu - Corda - Sanna Matteo, con richiesta di risposta scritta, sulla soppressione delle sedi staccate del tribunale Olbia e di quelle del resto della Sardegna". (879)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sul mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti dell'Ente foreste". (880)

"Interrogazione Gallus, con richiesta di risposta scritta, sulla revoca del finanziamento all'Unione dei comuni del Guilcier dei fondi PO Sardegna 2007-2013, Competitività regionale e occupazione - Asse IV - Ambiente, attrattività naturale, culturale e turismo. Linea di intervento 4.2.4.c. Promozione di itinerari tematici che valorizzano il patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale sardo". (881)

"Interrogazione Agus - Cuccu, con richiesta di risposta scritta, sulle procedure ed i tempi per il completamento ed il rilancio del Centro di riabilitazione ad alta intensità S. Maria Assunta di Guspini". (882)

"Interrogazione Fois - Bruno - Sechi, con richiesta di risposta scritta, sul comparto della piccola pesca in Sardegna". (883)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interpellanza Solinas Antonio - Lotto - Cucca - Diana Gianpaolo sull'applicazione del rinnovo contrattuale per i lavoratori dell'Ente foreste della Sardegna". (333)

"Interpellanza Cocco Daniele Secondo - Uras - Salis - Mariani - Cugusi - Sechi - Zuncheddu sulla necessità di dare immediata attuazione all'articolo 15, comma 17, della legge regionale n. 12 del 2011, relativo all'esonero dei componenti delle compagnie barracellari dal pagamento dei certificati medici di idoneità". (335)

"Interpellanza Planetta sugli interventi presso il Governo italiano finalizzati al riconoscimento di pari dignità, nello svolgimento del ruolo di vigilanza e controllo dei corpi forestali delle regioni e province autonome, e delle funzioni parificate nelle attività di pubblica sicurezza della specificità degli ordinamenti del corpi forestali delle regioni e province autonome, alla stregua di quello effettuato per le forze di polizia, compreso, quindi, il Corpo forestale dello Stato (CFS)". (336)

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Mozione Diana Giampaolo - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sull'applicazione al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) dei lavoratori dell'Ente foreste della Sardegna dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 con oggetto: "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", convertito con modificazioni dall'articolo 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122, che dispone il contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e sul processo di stabilizzazione dei precari dell'Ente foreste della Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (182)

"Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Barracciu - Cocco Pietro - Espa - Lotto - Manca - Meloni Valerio - Sanna Gian Valerio - Sabatini - Solinas Antonio - Cucca - Cuccu - Moriconi - Agus - Meloni Marco - Corda - Porcu - Soru sulle mancate risposte della Giunta regionale alle iniziative avviate per la città di Alghero". (183)

"Mozione Uras - Diana Giampaolo - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sulle procedure di nomina degli amministratori degli enti strumentali, delle agenzie, delle società in house, partecipate e controllate dalla Regione, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (184)

Continuazione della discussione e approvazione del testo unificato: "Norme in materia di province e modifiche alla legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4 (Norme in materia di enti locali e sulla dispersione ed affidamento delle ceneri funerarie)" (343-354 - Parte II) del disegno di legge: "Razionalizzazione dell'esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni di cui all'articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione)" (343) e della proposta di legge Cuccureddu: "Norme transitorie e urgenti in materia di composizione degli organi degli enti locali della Sardegna" (354 - Parte II)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del testo unificato numero 343-354 Parte II/A; discussione sospesa dopo l'illustrazione da parte del relatore. Ricordo ai consiglieri che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

È iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi del Consiglio, credo sarebbe sbagliato se noi non iniziassimo il ragionamento in Aula di questa sera prendendo atto del differente clima in cui il progetto di legge, riguardante la modifica di una legge sugli enti locali e sulle province, ritorna in Aula dopo il venerdì 4 maggio. Quel venerdì, 4 maggio, noi stavamo apportando delle modifiche alle province, probabilmente di livello non particolarmente importante, dovendo votare, la domenica successiva, dei referendum che sulle province dovevano dire qualcosa di importante. Forse, però, quel passaggio in Aula avvenne con l'idea, un po' diffusa in vasti settori dell'Aula, che se ne sarebbe potuto comunque riparlare, ritenendo che il risultato referendario non modificasse minimamente le carte in tavola.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Vargiu, non mi sembra ci siano le condizioni per proseguire con questo brusio in Aula. Capisco che ci possano essere interlocuzioni, ma vi pregherei di farle fuori dall'Aula.

VARGIU (Riformatori Sardi). Io credo che oggi dobbiamo tenere a mente due cose. La prima è il contesto regionale. Il raggiungimento del quorum nei referendum del 6 maggio è un fatto sul quale questo Consiglio regionale sicuramente ha compiuto, attraverso le singole persone che lo compongono, delle riflessioni, probabilmente è utile che le riflessioni vengano fatte anche in Aula. Colleghi, noi abbiamo votato i referendum con la scelta, sostanzialmente deliberata da questo Consiglio regionale, di non abbinarli alle elezioni amministrative per non facilitare il raggiungimento del quorum; abbiamo votato in una sola giornata, invece che in una giornata e mezzo; credo di non dire una cosa sbagliata se dico che nelle "plance" dei manifesti elettorali non c'era un manifesto, né a sostegno né contro, oltre quelli del movimento referendario, perchè l'idea, della politica, era che meno se ne parlava, forse, meno danno si faceva.

Bene, io vi invito a considerare i numeri. Analizziamo il referendum sul nucleare. La partecipazione a questo referendum, supportato da tutti i partiti politici, svoltosi un anno fa subito dopo la tragedia di Fukushima, quindi dal punto di vista psicologico fortemente sentito da parte della gente comune, con i giornali che stamparono gli adesivi con l'invito ad andare a votare, tenendo conto delle elezioni amministrative che si svolgevano sostanzialmente in mezza Sardegna, raggiunse la percentuale del 39 per cento. I referendum del 6 maggio, che si sono svolti in un clima di tendenziale scarsa informazione, hanno raggiunto il 35,5 per cento. Questo dato la dice lunga sulla volontà della gente di andare a votare.

Possiamo raffrontare qualche dato. Sapete quanti elettori, nella Provincia di Cagliari, sono andati a votare al turno di ballottaggio del 2010? Il 24,9 per cento. Sapete quanti elettori sono andati a votare al secondo turno delle elezioni comunali, quindi per la scelta del sindaco, recentemente svoltesi in Italia? Il 36 per cento. Quindi, il dato del 35,5 per cento, espresso dagli elettori sardi, è un dato che, a chiunque abbia intelligenza politica, offrirà degli stimoli di riflessione che non si esauriranno certamente oggi in Aula.

In secondo luogo occorre valutare la situazione politica nazionale. Non c'è dubbio che stiamo vivendo uno tsunami i cui effetti non possono non arrivare anche in Sardegna. Mi riferisco all'elezione di un sindaco del Movimento Cinque Stelle a Parma o ai sondaggi (per quello che valgono i sondaggi, me ne rendo conto, però costituiscono sicuramente un ulteriore spunto di riflessione), che dicono che il Movimento Cinque Stelle, oggi, ha superato il P.d.L. raggiungendo una percentuale del 18,5 per cento. Sono cioè la conferma che l'intuizione di dare vita a una iniziativa referendaria su argomenti importanti in Sardegna, fu un'intuizione giusta; fu un'intuizione, chi di noi partecipò a quell'attività referendaria sin dall'inizio lo sa, che andava in direzione del disarmo dei forconi, in direzione del riportare dentro canali di partecipazione democratica quel dissenso, quell'irritazione, quella rabbia che purtroppo ciascuno di noi, che gira per la Sardegna, e lo facciamo tutti, coglie quotidianamente. E che è, purtroppo, sicuramente crescente.

Il secondo obiettivo dell'iniziativa referendaria era quello di far partire il cambiamento; chi ha sposato l'iniziativa referendaria non ha mai pensato che i referendum siano il cambiamento, i referendum sono sempre iniziative grossolane, sono approcci con la scure a temi che meriterebbero di essere trattati col bisturi; non c'è dubbio però che i referendum siano un punto di partenza e che le leggi le debba fare in seguito il Consiglio regionale, cioè la sede che istituzionalmente è preposta a fare le leggi.

Ora io, che sto cercando di proporvi una riflessione senza connotazioni di parte, vorrei chiedere quanti di voi pensano che avremmo discusso sul serio in questo Consiglio regionale di riforme, come quella di cui siamo obbligati a discutere stasera, se non ci fosse stato il sasso nello stagno, il macigno nello stagno dei referendum del 6 maggio.

Ecco, la proposta che io vi faccio, che i riformatori vi fanno è questa: cercate di vedere, se possibile, i referendum come una opportunità, non come una disgrazia che capita al mondo della politica tra capo e collo, ma come una opportunità che questo Consiglio regionale può sfruttare e che forse non avrebbe avuto in assenza della tornata referendaria. È vero, i referendum sono uno strumento straordinario, non sono previsti dal legislatore come strumento ordinario di gestione della politica, ma non c'è dubbio che oggi noi viviamo una situazione straordinaria e non c'è dubbio che gli elettori sardi abbiano mandato, a questo Consiglio regionale, un segnale inequivocabile.

Allora, il mio suggerimento, il suggerimento dei Riformatori è che questo Consiglio regionale non faccia finta di non vedere e non faccia finta di non sentire. Perché se questo succedesse, non sarà un danno fatto a qualche partito politico, sarà un danno fatto al Consiglio regionale, sarà un danno fatto alla credibilità delle istituzioni, sarà un danno fatto all'intera Sardegna. Questo Consiglio regionale non faccia il frenatore, come purtroppo ha fatto nella fase iniziale della proposizione referendaria, perché questo non sarebbe in nessun modo capito fuori da quest'Aula e fuori dal mondo della politica.

Io dico, e lo dico con onestà culturale, che c'è stata una parte di questo Consiglio che in misura varia ha creduto all'azione referendaria. Ci sono ventuno consiglieri regionali che hanno aderito all'iniziativa referendaria, ci sono due partiti politici che per bocca del loro segretario si sono espressi a favore di tutti e dieci i quesiti referendari, e non sto parlando dei Riformatori. Ci sono state persone singolarmente in questo Consiglio e segretari di partito politico che hanno avuto coraggio. E' il momento che continuino ad avere coraggio e magari, nell'avere coraggio loro, aiutino anche noi Riformatori ad averlo ancora.

Non c'è dubbio infatti che noi percepiamo l'ostilità incomprensibile di cui veniamo, in qualche misura, fatti oggetto; ed è un'ostilità sbagliata perché è l'ostilità di chi guarda il dito e non vede la luna; ed è un'ostilità sbagliata perché il percorso del cambiamento che i referendum hanno avuto la speranza di attivare è appena partito ed è un progetto che ha bisogno di tanti protagonisti perché altrimenti, se non avrà tanti protagonisti, sarà destinato a inaridirsi.

I referendum sono dieci, questo Consiglio è chiamato ad avere dialogo al suo interno e ad avere lealtà verso gli elettori che hanno votato i dieci quesiti referendari. Oggi, iniziamo in quest'Aula con il progetto di legge sulle province; io credo che serva un segnale forte e chiaro sul fatto che nessuno, all'interno di questo Consiglio regionale, ha in mente di stravolgere la volontà espressa dagli elettori, ma anzi questo Consiglio regionale intende porsi alla testa del cambiamento che gli elettori hanno chiesto.

La campagna elettorale è finita, le polemiche della campagna elettorale, le dissonanze, i dissensi sono terminati, adesso c'è una volontà espressa in modo chiaro e questo Consiglio regionale può fare soltanto due scelte. Una scelta, ed è quella che noi auspichiamo che faccia, è quella di porsi alla testa del cambiamento che gli elettori hanno chiesto; l'altra scelta è quella di frenarlo, non ci sono altre possibilità. Quindi se avremo divisioni saranno divisioni sulla frontiera del cambiamento. Ognuno di noi dovrà dire con chiarezza da che parte sta, se è dalla parte di coloro che vogliono confrontarsi e dialogare per l'innovazione oppure se è dalla parte di coloro che vogliono far finta di far questo ma ai quali, in realtà, andrebbe benissimo che le regole continuassero a essere quelle che sono state sino a questo momento.

E'inutile che io faccia l'elenco delle cose da cambiare; voi sapete quali sono, almeno quelle che possiamo cambiare noi, che non dipendono né dalla Cina, né dalla Banca Europea, né da Monti, né da nessun altro fuori da quest'Aula. Mi riferisco al Regolamento dell'Aula; alla necessità di avere un supporto all'attività legislativa che, anche in questa occasione, abbiamo scoperto avere bisogno di apporti esterni perché il Consiglio non è comunque in grado di fornire al legislatore il supporto che serve.

Sto parlando della necessità, ancora, di potenziare l'attività legislativa e di controllo di questo Consiglio affinché questo Consiglio eviti di fare quella gestione quotidiana che ammazza l'attività del legislatore; della necessità di arrivare a un cambio di passo della nostra burocrazia che non è adeguata alle sfide epocali che stiamo vivendo; della necessità, infine, della semplificazione legislativa che ci porti lontano da questo modo estemporaneo di fare le leggi che normalmente incarniamo.

Poi, alla "fine della fiera", quando avremo attivato il confronto sui temi importanti dei referendum, su quelli più pregnanti dal punto di vista politico, sulla Costituente che ci consente di scrivere il nuovo Statuto, sulla obbligatorietà delle primarie per la scelta del Presidente della Regione, quando avremo attivato tutto questo noi scopriremo quello che la gente fuori di qui ha già scoperto e cioè che la vera frontiera, con cui si può dividere la politica sarda, è quella del progetto, quindi è quella dell'innovazione e del cambiamento.

I referendum sono stati un percorso che ha consentito a tanti, diversi, di capire che ci sono percorsi che si possono percorrere insieme, ha consentito di superare pregiudizi ideologici che sembravano insuperabili, ha consentito di trovare sedi di discussione laddove sembrava che non ci potesse essere discussione perché le diversità sembravano tante, troppe per poter persino iniziare a discutere.

Elementi che hanno ammazzato, se voi siete onesti culturalmente e ci riflettete, la stessa capacità di confronto dialettico e di produzione legislativa di questo Consiglio regionale nei primi quasi tre anni e mezzo della sua attività. Noi crediamo e siamo convinti che i referendum abbiano confermato che la vera frontiera di separazione oggi in Sardegna è tra chi vuole conservare le regole in vigore, perché tutto sommato con queste regole si è garantito l'arrivo al potere, il perpetuarsi del suo potere e del potere di quelli che, dietro di lui, sono pronti a prendere il suo posto, e tra chi invece si vuole mettere in discussione, perché ha capito che diversamente questa società sarda tende alla desertificazione e alla politica, in questa prospettiva, è affidato il ruolo di guardiano del cimitero. Ma nessuno di noi ha voglia, passione, cose da dare e da spendere per fare il guardiano di un cimitero o il guardiano di un deserto, per fare nel "deserto dei tartari" la guardia contro un nemico che non arriverà mai per cui, nel frattempo, finisce la vita e si muore.

Pertanto, e concludo, con il cuore in mano, a nome dei Riformatori e, se posso, anche a nome di tanti consiglieri regionali, di tanti consiglieri comunali, di tanti sindaci referendari, e soprattutto delle 525 mila persone che, liberamente, hanno scelto di andare a votare per i referendum, dico che tutti hanno scelto di andare a votare i referendum avendo una cosa soprattutto in testa, e cioè che così come è andato avanti questo stesso Consiglio regionale, non sia possibile andare avanti per il futuro.

Questo è il messaggio lanciato e (questo lo sapete quanto me) molti di coloro che non sono andati a votare non l'hanno fatto non perché non condividessero il messaggio o perché non condividessero il testo dei quesiti, ma perché non credono che la politica possa mai cambiare niente, perché non gli piaceva la faccia dei referendari, perché comunque in quelle facce vedevano facce di politici, perché invece che usare la matita per esprimere il voto avrebbero voluto usare la spranga di ferro per darcela in testa, perché questa è la realtà che oggi si vive in Sardegna. Colleghi, il mondo fuori di qui ha già fatto una svolta, ora tocca a noi, tocca al Consiglio regionale dire se anche noi vogliamo fare la svolta oppure se vogliamo rassegnarci a una Sardegna che non ci piace.

PRESIDENTE. Comunico che il consigliere Peru è rientrato dal congedo.

È iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

Onorevole Diana, mi scusi, mi permetto di fare una proposta all'Aula poichè non ho pensato di presentarla in Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Dato l'alto numero di iscritti a parlare, propongo di contingentare il tempo degli interventi limitandolo a dieci minuti.

Poiché non vi sono opposizioni, la durata di ciascun intervento è di dieci minuti.

Prego, onorevole Diana.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, sulla riunione odierna ritengo ci sia molta attenzione; una attenzione da parte del Consiglio, una attenzione fortissima da parte del sistema delle autonomie locali, una attenzione, credo, ancora più forte da parte di chi il 6 maggio si è recato a votare e si è espresso con un voto inequivocabile, voto sul quale noi non vogliamo oggi esprimere un giudizio.

Il collega Vargiu ha richiamato l'esigenza di un impegno; per quanto mi riguarda condivido questa sollecitazione ma, con altrettanta franchezza dico che, almeno per quanto riguarda il Partito Democratico, non ne avevamo bisogno. Il Partito Democratico in Consiglio regionale giudica il voto del 6 maggio come una espressione, direi un bisogno, di una volontà di cambiamento profondo dalla quale non si può prescindere.

Il P.D. rispetta, come si suol dire senza se e senza ma, quel voto, ma non ci limitiamo a rispettare quel voto, siamo impegnati anche oggi, non solo da oggi (lo dimostrano le nostre iniziative, le nostre proposte, anche di riforma del sistema istituzionale di quest'Isola presentate in questa legislatura)a trasformare quella indicazione di voto con l'obiettivo di riordinare complessivamente il sistema delle autonomie locali. Noi vogliamo fare questo riordino valorizzando il ruolo e la funzione, anche in forma associata, degli enti locali, a partire dai comuni.

Assessore Rassu, attraverso questo processo di riordino vogliamo realizzare un effettivo decentramento di funzioni dalla Regione verso il sistema degli enti locali al fine di garantire, tra le tante cose, di accorciare la distanza tra istituzioni e cittadini. Noi siamo qui anche quest'oggi impegnati in questa direzione. Per noi quella volontà, che si è espressa il 6 maggio, non va sciupata, deve essere per il Consiglio regionale, nessuno escluso, una occasione straordinaria per trasformare e per riformare il sistema istituzionale di questa Regione. Noi siamo impegnati su questo obiettivo. Non mi pare finora che ci sia altrettanto impegno da parte di altri, a partire dal Presidente della Regione.

Io chiedo qual è la proposta del Presidente della Regione all'indomani dei referendum, proposta che il Presidente della Regione, innanzitutto, innanzitutto, ha l'obbligo e il dovere di fare. L'obbligo e il dovere, a maggior ragione, perché siamo in presenza di un Presidente della Regione che si è impegnato in prima persona a sostenere il movimento referendario e, pertanto, avrebbe dovuto avere tempo a per fare proposte; ma non soltanto il tempo, servono idee, servono capacità di proposta, capacità di governo che finora questo Presidente in questi tre anni che purtroppo guida questa Regione, non ha dimostrato in alcun settore.

Allora noi chiediamo innanzitutto a chi ha la massima responsabilità di governo in questa Regione che cosa propone all'indomani dei referendum che noi interpretiamo così come ho detto, interpretazione che altri colleghi chiariranno anche meglio dopo il mio intervento. Siamo in attesa di una proposta del Presidente della Regione, non c'è? C'è la Giunta regionale? La Giunta regionale ha una proposta? Per cortesia ci formuli questa proposta, metta il Consiglio regionale nelle condizioni di capire se da parte della Giunta, di chi ha la responsabilità di governare questa Regione si ha un'idea, un'idea di come si riformano le istituzioni locali.

Ma ha una responsabilità anche la maggioranza che sostiene il Presidente e la Giunta e, con altrettanta convinzione e fermezza, chiedo ai colleghi della maggioranza se sono nelle condizioni oggi di fare un passo in avanti oppure se ci si appresta ad arrivare alla spicciolata al 26, data di promulgazione del risultato referendario nel BURAS, determinando un vuoto istituzionale che credo nessuno voglia in quest'Aula. E in questi giorni ce l'hanno chiesto ad alta voce in particolare i sindaci di questa Regione, sia quelli delle province che sono state oggetto di un referendum abrogativo, sia quelli che fanno parte delle province per le quali c'era un referendum consultivo.

Noi vi chiediamo pertanto qual è la proposta del Presidente, innanzitutto, che è assente su questa materia però ho visto che non è stato assente quando si è trattato di rinominare consigli di amministrazione e amministratori di enti; enti oggetto di alcuni dei dieci quesiti referendari che, collega Vargiu, una grande maggioranza ha chiesto di abrogare! Perché non chiedete al Presidente della Regione di fare un passo indietro rispetto alle nomine? Anche quelle nomine sono state oggetto di referendum abrogativo.

Il Presidente della Regione non rispetta nulla! Brilla, brilla, brilla per assenza ma, guarda caso, anche quando è assente, quando si tratta di fare azioni irresponsabili come quelle, le sa fare anche in contumacia, perché di questo stiamo parlando. E a me piacerebbe che ci fosse, onorevole Vargiu, un sussulto d'orgoglio per misurarci anche attraverso le azioni che si compiono. Qual è la coerenza di un Presidente che si schiera, e non giudico questo, a sostegno di quei referendum e poi, mi si scusi il termine, sputa sopra quei referendum nominando alcuni organi che non dovevano essere nominati come è successo in Carbosulcis e non soltanto? Ecco, noi vogliamo rispettare il voto, noi siamo qui, Assessori, per chiedervi innanzitutto di assumervi le vostre responsabilità.

Noi ci assumeremo le nostre. Noi siamo per un riordino complessivo, siamo per valorizzare il sistema delle autonomie locali anche in forma associata per renderle adeguate, mi ascolti assessore Rassu, a gestire il trasferimento delle funzioni e delle competenze dalle Regioni verso i comuni. Vogliamo fare questo, siamo pronti, abbiamo una nostra idea, è pronta una nostra proposta che va in quella direzione, siamo nelle condizioni di discuterla anche oggi.

E metteremo a disposizione la nostra proposta per senso di responsabilità verso la Sardegna, non verso un Presidente che è assente costantemente e non è in grado di formulare una proposta; lo facciamo per senso di responsabilità nei confronti del sistema delle autonomie locali e dei sardi perché non vogliamo...

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, io credo che in quest'Aula si stia vivendo un momento importante, non tanto importante però da far dimenticare i posti di lavoro che mancano, la disoccupazione, la crisi finanziaria, la crisi economica, la crisi morale, etica della politica, una crisi ben più importante rispetto a questo piccolo-grande problema della presenza o meno delle province, rispetto ai dieci referendum proposti qualche settimana fa e che credo stiano occupando troppo spazio del tempo di questa Assemblea legislativa, troppo inchiostro sulle pagine dei giornali, troppe parole.

E così siamo tornati in Aula per ridiscutere e ricominciare un percorso, iniziato prima dei referendum, su una proposta di legge che è arrivata in Aula, che si stava discutendo in Aula, bloccata in Aula su richiesta dei Riformatori sardi per poter consentire, non so in che cosa avrebbe ostato, il regolare svolgimento dei referendum. E siamo tornati a quel punto in mancanza, dopo quella proposta di legge, dopo quei referendum, di una proposta di riforma da parte degli stessi proponenti dei referendum.

Allora io qui vorrei richiamare l'onestà intellettuale, nota, di alcuni di noi che però continuano a perseguire un'idea politica o, meglio, della comunicazione politica che rasenta l'ipocrisia, e non vorrei parlare di malafede. In quest'Aula il 10 gennaio del 2011 il sottoscritto presentò un emendamento alla finanziaria del 2011 in cui si proponeva l'abrogazione delle province con il percorso legittimo di abrogazione delle stesse entro l'arco della legislatura in corso.

Bene, quell'emendamento fu respinto da quelli che oggi stanno insieme a questa maggioranza, insieme a quel Presidente, che oggi non c'è, presentatosi lui stesso come artefice e sostenitore dei referendum, ma che non è mai artefice e sostenitore delle soluzioni dei problemi. Bene, quell'Aula rigettò quell'emendamento e votò contro la soppressione delle province. Ma questo non è un fatto nuovo, così come non è un fatto nuovo che quest'Aula e quegli stessi referendari votarono contro l'abrogazione dei consigli di amministrazione.

Ricordo un emendamento per tutti, primo firmatario il collega Gian Valerio Sanna, che proponeva la cancellazione del consiglio di amministrazione dell'AREA e, successivamente, l'emendamento presentato da me per la cancellazione dei consigli d'amministrazione, sostenuto anche dal gruppo dell'U.D.C., che non passò l'esame dell'Aula anche grazie al voto contrario dei referendari.

Così come per anni, esattamente sei, fino all'ultima finanziaria, ci fu un atteggiamento ostativo da parte dell'Aula e di tutti i componenti dei Gruppi politici alla proposta emendativa, mia e dell'onorevole Oppi, per cancellare le indennità aggiuntive delle cariche consiliari, cioè per un abbattimento dei costi della politica. Nessuno dei referendari mosse un dito per sostenere quell'iniziativa mia e dell'allora mio segretario dell'U.D.C., Oppi. Potrei continuare elencando tutti i quesiti, eccetto quello sulla Costituente che abbiamo sostenuto insieme, e che invece la maggioranza di turno (della passata legislatura e di quella attuale) non ha voluto portare avanti.

Perciò le azioni politiche legittime, trasparenti, pulite, in quest'Aula sono sempre state portate avanti, si è poi arrivati all'uso irrazionale e irresponsabile del referendum che ci porta oggi a decidere su una soluzione che, comunque la si veda, non sarà garante della legittimità dell'atto che noi compiremo, e che può essere impugnata in qualsiasi momento, perché in una società civile si vive di regole, di leggi e di diritti. Perciò chi parla non può essere sicuramente accusato da alcuno, e credo che nessuno si permetterà di dire che sono contrario all'abrogazione delle province; nei fatti e non nelle parole, nella legge e non nella demagogia, ho dimostrato che si possono e si potevano abrogare, e che non era necessario fare ricorso all'istituto del referendum.

Allora, si arriva in Aula oggi ripartendo da dove è partito questo Consiglio regionale impostando una sessione delle riforme. E mi stupisce che un partito di maggioranza che ha due Assessori in quella Giunta, che sostiene un Presidente incapace e inefficace, che continua a guidare anche il Consiglio con la Vicepresidenza e la più importante Commissione, la Commissione III, faccia opposizione dicendo: "Quest'Aula non lavora, decidetevi a fare delle proposte". Ma dove sono le vostre di proposte? Perché non si sono dimessi i vostri consiglieri di amministrazione?

Giusto qualche giorno fa i vostri rappresentanti hanno chiesto spazio nei consigli di amministrazione in corso di rinnovo. Dov'è la coerenza? Dov'è la pulizia? Dov'è l'intelletto? Dov'è la coerenza intellettuale? Ma di questo fatto alla Sardegna non interessa minimamente, interessa che noi concludiamo velocemente un percorso che siamo costretti ad affrontare in maniera celere e quindi non corretta. Pensate che oggi, da quando sono state formate le province nel 1997, sono ancora in corso gli atti per la definizione del passaggio di competenze, personale e territori alle nuove province. Pensate questo! E in sei giorni si vuole ricostituire un apparato, un'architettura istituzionale, che in dodici anni non si è ancora compiuta!

Certo non possiamo aspettare i tempi della politica, invece dobbiamo cambiare i tempi della politica perché la politica deve cambiare, perché i partiti devono cambiare. Perché, badate bene, nel nostro Paese non c'è bisogno di nuovi partiti, di cambiare i partiti, ma c'è bisogno di cambiare la classe dirigente, c'è bisogno di cambiare i soliti leader, che hanno creato il problema; e parlo di tutti i partiti, compreso il mio, che oggi si propongono come risolutori dello stesso.

Non è più credibile quella politica, ma sarebbe credibile una politica nuova, "nuova" vuole dire non compromessa, non compromessa col passato non vuol dire via i "sessantenni", "cinquantenni", "trentenni", "ottantenni", vuol dire non compromessa. E oggi per avere credibilità la politica si deve presentare con chiarezza, trasparenza e onestà intellettuale.

Ci misureremo pertanto su degli emendamenti; ma anche i passaggi compiuti da lunedì a oggi con una Commissione prima tenuta costantemente convocata, ma che non ha potuto lavorare per le continue richieste dia riunione dei Presidenti di Gruppo, che hanno avocato a sé la soluzione del problema, reputo che sia stato un passaggio politicamente scorretto, assolutamente scorretto, per tornare poi a che cosa? A esaminare gli emendamenti!

E badate bene, nessuno richiami i tempi eventuali da destinare al giudizio del CAL, il Consiglio delle Autonomie Locali, il testo di legge non è cambiato, noi stiamo valutando emendamenti, e gli emendamenti non dovevano essere inviati al CAL. E non c'è stato un attimo di concertazione con le autonomie locali, non c'è stato un attimo di confronto neanche con l'Unione Province Sarde (UPS), che comunque è espressione di rappresentanti popolari (il referendum del 30 per cento che legittimamente ha abrogato delle leggi, ma altrettanto legittimamente il 56 per cento della gente ha eletto dei propri rappresentanti).

Per tutto questo bisogna avere rispetto, un rispetto che quest'Aula, questa politica, e i Gruppi politici non hanno avuto per chi ha pari dignità nella rappresentanza del territorio e del popolo sardo. Cancelliamo queste province nel modo legittimo, nel modo corretto, con i tempi giusti. E per quanto mi riguarda i tempi giusti sono la fine della legislatura provinciale, non esponendoci a ricorsi, e costruendo nel tempo in modo giusto.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, mi permetto di dirle, -nessuna polemica, che l'Ufficio di Presidenza ha recepito lo stimolo fornito da quell'emendamento che lei ha richiamato nel suo intervento sulle indennità di carica. Ho capito che il rilievo non era rivolto a me, onorevole Capelli, però mi preme sottolineare che comunque quell'emendamento è stato uno stimolo anche per l'Ufficio di Presidenza, che ha deciso un taglio delle indennità di carica del 30 per cento, oltre al taglio delle altre indennità.

E' iscritto a parlare il consigliere Matteo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA MATTEO (U.D.C.-FLI). Presidente, premetto che sono sempre stato rispettoso degli esiti referendari, degli esiti della democrazia, e lo sono premetto anche di questo voto, che io personalmente ho manifestato ovviamente con dei "no" ai dieci quesiti referendari. Dico questo perché ciascuno di noi ha delle responsabilità, responsabilità davanti all'opinione pubblica come legislatore, responsabilità davanti al popolo sardo. Dico però di sposare pienamente la proposta avanzata poc'anzi dal collega Capelli sull'esigenza di far arrivare a fine legislatura, quegli organismi democraticamente eletti nelle quattro province istituite con legge regionale. E lo dico da rappresentante di un territorio, la Gallura (provincia che ha delle ragioni storiche) che quest'anno raggiungerà per numero di abitanti la provincia di Nuoro, quindi una provincia istituita con legge statale.

All'interno di quest'Aula c'è l'onorevole Biancareddu che, essendo stato Assessore agli enti locali, è stato uno dei protagonisti, assieme ad altri esponenti che siedono ancora in quest'Aula, di quelle vicende importanti per il nostro territorio, di quelle battaglie, che hanno visto questo Consiglio regionale legiferare e riconoscere quattro nuovi enti intermedi.

Personalmente ho ricoperto il ruolo di consigliere e assessore provinciale nella vecchia provincia di Sassari, e potrei parlare di tante cose che andavano bene e di tantissime altre che invece non andavano altrettanto bene. Il mio ex partito e anche il mio attuale partito a livello nazionale sono contrari o, meglio, nei programmi elettorali puntualmente si esprimono contro le province, tranne però (e questo spesso accade durante l'attività legislativa) o votare contro i provvedimenti di abolizione, oppure non legiferare in materia.

Questa è una malattia del legislatore, questa è una malattia dei partiti italiani che avanzano proposte nei programmi elettorali, programmi che vengono sottoscritti e votati, che quindi dovrebbero essere onorati poi dai partiti che vincono le elezioni e vanno al governo, e che spesso invece vengono disattesi. Perché? Perché nel frattempo magari si conquistano dieci nuove province, e quindi vien male dire ai propri rappresentanti che devono andare a casa; e poi, ovviamente, si aprono anche spiragli della cosiddetta "concorrenza interna", e quindi bisogna trovare una poltrona, o un posticino, al collega di partito che va parcheggiato. Occorre pertanto un richiamo a tutti i partiti affinché quando si prendono degli impegni davanti agli elettori si mantengano.

Dico anche però che non è serio, pur rispettando il quesito referendario, il risultato che i 525 mila sardi andando al voto hanno sancito, e cioè che le quattro province sarde debbano essere abrogate. Io ritengo che sia necessario arrivare a una riforma organica degli enti locali intermedi, attraverso una legislazione seria, attraverso uno strumento che consenta ai cittadini innanzitutto di poter onorare quell'impegno assunto nei confronti del proprio eletto e, soprattutto, agli stessi eletti di poter onorare quell'impegno e quel mandato che gli è stato attribuito democraticamente, sempre democraticamente, dagli elettori.

Ritengo anche che vadano valutati lo stato d'animo e le condizioni che avevano ispirato la nascita di quelle quattro province, in modo particolare la provincia Gallura; a suo tempo l'unica che per il trend di crescita sia del Pil, sia del numero degli abitanti, in quel momento poteva essere costituita.

Aggiungo di più: credo che la Gallura abbia perso poi un altro treno; infatti quando il Presidente Berlusconi, cittadino onorario di Olbia, spinse i propri parlamentari a riconoscere Monza come provincia statale, la stessa cosa poteva farla per Olbia. Questo non è stato fatto e questo è stato un treno che il nostro territorio ha perso a suo tempo e, quindi, oggi ci troviamo nella situazione di essere equiparati, senza nulla togliere ovviamente alle province minori, alla provincia dell'Ogliastra che ha meno abitanti, alla provincia del Medio Campidano che ha meno abitanti, alla provincia del Sulcis che ha meno abitanti, province che non hanno il trend di crescita demografica della stessa Gallura.

Ma le ragioni storiche che hanno portato, cari colleghi, al riconoscimento della provincia Gallura risalgono agli anni '60. In quegli anni un parlamentare sardo, l'onorevole Alfredo Pazzaglia, esponente dell'allora Movimento sociale, ipotizzava una provincia del Nord-Est della Sardegna che partiva da Ozieri e arrivava sino a Posada, comprendendo tutta l'Anglona e la Bassa Valle del Coghinas e, ovviamente, la Gallura; e si individuava come unico capoluogo Olbia. Questa era la proposta di legge, perché vi erano in quel momento storico le condizioni e le esigenze per riconoscere una provincia di area vasta, una provincia che tenesse in considerazione i due poli: quello turistico e quello agroalimentare che gravitava su Ozieri.

Questo progetto, purtroppo, non è stato portato avanti e quarant'anni dopo è prevalsa in Consiglio regionale un'altra linea, quella di accontentare tutti i consiglieri e tutti i rappresentanti del territorio, che sedevano su questi banchi; una scelta che ha portato di fatto alla nascita di quattro province indebolendo forse l'unica vera provincia che aveva un senso in quel momento. Questo è stato l'errore legislativo che, capisco, è stato sicuramente determinato da pressioni dall'esterno, dei sindaci, dei pubblici amministratori. Sono province che spesso nascono per rivendicare, come nel nostro caso, il diritto ad autodeterminarsi e il diritto ad avere una strada che ad esempio colleghi Olbia con Sassari, che solo in questi anni, grazie all'impegno di questa Giunta, grazie soprattutto ai fondi POR destinati a quest'opera, vedrà la realizzazione.

Dico anche che, molto probabilmente, con un collegamento migliore, con dei collegi elettorali più piccoli l'esigenza delle nuove province qualcuno non l'avrebbe neanche sentita; mi riferisco soprattutto a qualche sindaco che a suo tempo aveva velleità di candidatura, qualcuno è stato anche candidato ma bocciato dall'elettore. Questo era uno dei motivi che spinse il legislatore a legiferare in materia di nuove province. La creazione di otto circoscrizioni elettorali è stato un bene; io sono un beneficiario di quella legge, come tanti altri in quest'Aula, altri invece sono stati scottati da questa soluzione.

Io non voglio fare il "gallerista", come l'onorevole Cogodi definiva seduto su quegli scranni i galluresi presenti a quel tempo in questa Assise quando si legiferò in materia. Dico però che questo Consiglio regionale ha il dovere innanzi tutto di legiferare, di legiferare bene, utilizzando il tempo necessario per fare in modo che la legge che scaturirà da quest'Aula non sia una legge monca: deve essere una legge che contempli le esigenze dell'ente che vogliamo creare, ma soprattutto le esigenze di quei territori che, dopo anni, hanno avuto la possibilità di autodeterminarsi e che oggi guardano a questi lavori con grande attenzione

PRESIDENTE. Vorrei un attimo di attenzione da parte dell'Aula. Ricordo ai colleghi che gli emendamenti che erano stati presentati al testo la unificato prima del rinvio del provvedimento in Commissione sono ovviamente tutti decaduti. Pertanto, chi volesse presentare degli emendamenti può farlo, con la firma dei Capigruppo, sino al momento della votazione sul passaggio all'esame degli articoli.

PRESIDENTE. E'iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Io sono uno dei ventuno consiglieri regionali firmatario e promotore dei referendum, oggi causa ed effetto di questo Consiglio e dell'estenuante e incessante lavoro dei Capigruppo, della Prima commissione e del Presidente del Consiglio. E' chiaro a tutti che nessuno, oggi, fra noi consiglieri non vorrebbe non dare ascolto all'esito di quelle consultazioni, io non credo che tale pensiero possa essere iscritto nell'agenda dell'ipotalamo politico di ciascuno di noi. Oggi, diceva il collega Vargiu, si gioca una partita fra chi vuole davvero la svolta, tra chi è per il cambiamento e chi invece vuole fare il guardiano del cimitero o il necroforo del presente che è già diventato passato.

Credo che tutti siamo dalla parte della svolta che, però, non può avvenire senza tener conto del fatto che le riforme, quelle riforme che languivano da anni, possano essere fatte in un arco di tempo troppo limitato.

Il Consiglio regionale ha davvero un'occasione straordinaria per trasformare un sistema, un'architettura istituzionale ormai obsoleta, anacronistica e non al passo coi tempi, con questi tempi che richiedono altro: risposte diverse, forti e risolutive.

Tutti, ripeto, gli ottanta consiglieri hanno oggi un compito delicato, di grande responsabilità: tradurre in atti una volontà popolare manifestatasi nell'ultima tornata referendaria, al di fuori delle vecchie logiche di partito e degli antichi tatticismi politici, all'insegna di un nuovo corso che non potrà più attendere. Responsabilità, dicevamo, sì di oggi ma anche di ieri e domani. Riforme sì, rinnovamento sì, ricambio generazionale forse.

Pier Paolo Vargiu ha detto che alcuni segretari, non dei Riformatori, di alcuni partiti politici del centrosinistra hanno in maniera forte sostenuto questo progetto referendario, io credo che qualcuno di quei segretari dovrebbe trarre le conseguenze dell'atteggiamento tenuto prima e durante il referendum, queste conseguenze dovrebbero essere le dimissioni immediate dei propri consiglieri, dei propri assessori e dei propri Vicepresidenti dalle province, da quelle province che qualche segretario di partito, anche del centrosinistra, vorrebbe appunto fossero tutte abolite.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Tutti siamo chiamati a rispettare il pronunciamento referendario ma penso sia legittimo pretendere che se ne interpretino correttamente i risultati, valutando in maniera ponderata e costruttiva le questioni in campo in questa fase di transizione. Ritengo infatti che siano aspetti di particolare valenza per un territorio come quello che io, come altri colleghi, sono chiamato a rappresentare in questo Consiglio.

Un territorio che è stato interessato da un processo di amministrazione attiva, di vero decentramento amministrativo, e che vede ora lo smantellamento delle sedi del Tribunale, dell'INPS, dell'Agenzia delle entrate, e continua a sentire i limiti e l'inadeguatezza dell'organizzatore sanitaria, (e teme la soppressione della ASL), dell'offerta di servizi ospedalieri che, ripeto, sono ancora assolutamente inadeguati, ma anche l'inadeguatezza della rete viaria, delle ferrovie e dei trasporti in genere.

Faccio questo riferimento al mio territorio, senza togliere a nessuno la legittima possibilità di formulare analoghe considerazioni sui territori che rappresentano, consapevole sicuramente che la funzione legislativa del Consiglio regionale deve privilegiare e tutelare l'interesse generale prima di tutto, e non solo quello locale; ma ritengo che qualche considerazione di particolare valenza - lo ha fatto già il collega Matteo Sanna - possa essere proposta relativamente alla storia della Gallura, alla sua pretesa legittima di rivendicare elementi di autonomia nell'amministrazione attiva del suo territorio, della sua identità, della sua lingua, della sua dimensione demografica e territoriale.

Noi continuiamo a ritenere - lo abbiamo già detto - che il referendum non abbia sollecitato il ritorno tout court a un modello del passato, improntato a creare nelle funzioni dell'ente intermedio subalternità da considerarsi superate, ma elementi di riforma organica giusta e condivisa nell'auspicato equilibrio teso a contemperare costi, risorse e legittime esigenze di democrazia nella governance dei diversi territori della nostra regione.

Rispetto del referendum, certamente e assolutamente, ma ci deve essere consentito di poter dire che questo importante strumento di democrazia non può essere usato esclusivamente come un'arma demagogica contro la classe politica, se si vuole davvero continuare a configurarla, nonostante il grigiore del momento, come base della democrazia ed espressione della volontà dei cittadini. Quindi il legislatore ha il dovere di intervenire in un iter che abbia una cornice di certezza giuridica; e operare nell'ambito del dibattito sul referendum non significa creare vuoti nell'ambito di un contesto di requisiti irrinunciabili attribuiti alle province e ai territori con le loro esigenze di amministrazione attiva.

Il dovere è quindi quello di intervenire con correttezza, con ponderazione, facendo realmente l'interesse dei cittadini. Il cittadino che cosa ha voluto abolire con il referendum: la Provincia o gli sprechi?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue LAI.) Quindi le difficoltà nell'individuare un percorso di certezza giuridica io ritengo sia dovuto al fatto che non esiste un modello strutturale di sviluppo che parta dal modificare l'attuale istituto autonomistico. La Sardegna ha bisogno di una riforma completa e organica del sistema autonomistico, puntando a creare uno strumento completo di governo del territorio che sia adeguato a una reale prospettiva di sviluppo economico e sociale.

E' quindi indubbio che le preoccupazioni determinate dallo scollamento tra cittadini e mondo della politica esigano risposte efficaci; sono pertanto opportuni segnali che producano interventi di risparmio nella macchina regionale e in tutte le istituzioni, senza ledere però i principi di rappresentatività democratica ed efficienza amministrativa. Il referendum ha spazzato via le province: bene, che sia l'occasione per rivedere il concetto di province, perchè non siano più strutture mostruose che gravano sui bilanci ma realtà che creano servizi ed economia.

Si tratta di elaborare un diverso profilo normativo che consenta ai territori di esercitare un ruolo di autonomia in un percorso di riforma organica, e questo sicuramente è nelle nostre prerogative. Dobbiamo riflettere quindi sul fatto che il Consiglio regionale non ha provveduto sinora ad attuare questo percorso di riforma, non si è creata un'aggregazione trasversale e non si è avuta la consapevolezza di dover procedere su un percorso completo delle prerogative autonomistiche. Le forze politiche non hanno discusso della riforma nei suoi contenuti ma sugli strumenti con cui realizzarla.

Se la gente non ha riconosciuto l'utilità delle province ciò è dovuto al fatto che non ha percepito la pregnanza delle loro funzioni e non ha visto concrete proposte per migliorare l'incisività di questi enti; ma non si può sottostimare il fatto che, con il dettato del pronunciamento referendario, non è agevole individuare una norma che consenta di ridisegnare il modello del territorio. Non si può certamente eludere la valutazione approfondita delle criticità che sono ben delineate nei tredici punti della relazione predisposta dai consulenti. Come si fa a non tener conto dei problemi relativi alla modificazione delle circoscrizioni provinciali e all'accorciamento del mandato elettivo? Come possiamo esimerci dal considerare i diversi problemi da risolvere in una logica di trasferimento delle competenze delle province a comuni e Regione?

Per ragioni di tempo non possiamo certamente scendere nel dettaglio, avremmo potuto farlo ma, sicuramente, tutti possono riflettere sul fatto che gli oneri connessi a questo inaudito trasferimento di competenze potranno forse essere maggiori dell'eventuale risparmio. Questa è una riflessione che dobbiamo fare nella consapevolezza che il formularla non ci esimerà da critiche e dall'attribuzione di connotati poco piacevoli, ma rispettare il risultato del referendum ritengo non sia in contrasto con l'entrare nel vivo delle problematiche createsi con l'intento di superarle costruttivamente e dignitosamente.

E, a tal proposito, mi rifaccio alle soluzioni legislative possibili indicate dagli illustri consulenti e, in particolare, alle enunciazioni secondo cui l'abrogazione non produce l'eliminazione dell'ente provincia dall'ordinamento giuridico ma si limita a circoscriverne l'efficacia dal punto di vista dell'operatività giuridica, il che autorizza - e lo dico in attinenza all'emendamento che dà significato a questo percorso - a considerare, legittimi e corretti, percorsi normativi da adottare in termini di individuazione di un processo di transitorietà che interessi tutte le preesistenti province, e a elaborare una legge regionale di attuazione delle vigenti normative statali, e in particolare dell'articolo 23 del cosiddetto decreto Monti.

Questo implica una profonda revisione degli organi delle province ma non impedisce certamente di utilizzare le nostre prerogative di autonomia legislativa nell'incisiva riformulazione, dal punto di vista funzionale e strutturale, della governance dei territori. Ritengo che questa possa essere un'occasione irripetibile per attuare una vera ed efficace riforma dello Statuto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Non utilizzerò tutto il tempo a mia disposizione, intendo solo rimarcare che questo è un momento particolare. Io ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'onorevole Vargiu e,, personalmente, considero l'evento dei referendum come un momento importante di scossa data a questo Consiglio. Il referendum è uno strumento importante di democrazia che, a mio avviso, sarebbe dovuto essere utilizzato con più attenzione, non foss'altro perché l'uso del referendum è sembrato strumentale proprio in un momento di grave difficoltà del mondo politico, oggi chiaramente al centro dell'attenzione, che richiede una grande riflessione.

Sicuramente le oltre 500 mila persone che hanno partecipato a questo referendum costituiscono un dato importante, ma non dimentichiamo che gli organismi eletti che oggi dobbiamo decidere di sciogliere sono stati eletti con percentuali del 40-50 quasi 60 per cento in qualche caso. Quindi è vero che i dati sono importanti (ripeto che io sono d'accordo e rispetto comunque la volontà popolare così come penso lo faccia il nostro partito), però vanno assunti anche responsabilmente degli atti che consentano dei passaggi indolore; e non perché non si voglia rispettare, ripeto, la volontà dell'elettorato, ma perché si è affrontato questo referendum con una certa superficialità, senza valutare le conseguenze o, forse, i Riformatori pensavano che non si sarebbe raggiunto il quorum, considerato che i referendum erano, appunto, slegati dalle elezioni amministrative.

Il nostro Gruppo, peraltro, era disponibile, anzi, incoraggiò e invitò il Presidente a mantenere i referendum all'interno delle elezioni amministrative, si fece un'altra scelta per cui il problema sicuramente non è dell'opposizione.

Oggi, responsabilmente, siamo qua per concorrere a trovare una soluzione perché purtroppo non abbiamo avuto la forza in precedenza; gli stessi referendari, gli stessi Riformatori caldeggiando o cavalcando il referendum di fatto hanno commesso un atto di sfiducia anche nei confronti della maggioranza. La prima Commissione ha comunque avviato con grossa difficoltà (la responsabilità sicuramente non è della minoranza), lavori di riordino istituzionale per portare avanti questa grande riforma, peraltro anche caldeggiata con un ordine del giorno da questo Consiglio.

Insomma, nel perseguire il riordino istituzionale ci si ritrova a scegliere percorsi diversificati e non quelli istituzionali per seguire i quali siamo stati eletti e che abbiamo l'obbligo di seguire, in modo particolare credo lo abbiano la maggioranza, gli stressi Riformatori,.

Personalmente non condivido il decreto Monti che di fatto svuota le province, mentre in questo Consiglio nella precedente legislatura si era tentato l'avvio di una riforma che prevedeva di trasferire verso i territori competenze e funzioni della Regione. Poi questo processo è stato interrotto, vanificando quindi quell'idea diciamo lungimirante di riordino istituzionale.

L'esito dei referendum, questa scossa, ci dà la possibilità di riprendere e di riconsiderare quel cammino: oggi siamo chiamati a fare questo. In questa fase di transizione cerchiamo di non sconquassare il sistema istituzionale perché, per fare anche un semplice esempio, se dovessimo sciogliere tout court in questo momento le province, dovendo domani (per dire una stupidaggine) comprarmi una automobile non saprei neanche dove immatricolarla; per non parlare di altri problemi che invece si pongono relativi al personale, alle imprese che non possono essere pagate perché nessuno sa chi deve firmare i mandati e così via. Credo di non dire nulla di nuovo a questo Consiglio nel quale siamo tutti coscienti delle complicanze e delle implicanze che questo risultato comporta.

Quindi, oggi in questo Consiglio credo che occorra una assunzione di responsabilità, trovando le vie per rispettare i referendum ma per rispettare anche tutto quell'apparato che è stato regolarmente eletto e quell'insieme di azioni amministrative in atto che non possono essere interrotte dall'oggi al domani con la visione prospettica di un riordino istituzionale. Riordino istituzionale che deve vedere sicuramente in prima fila i comuni dove i cittadini hanno la loro residenza e, di conseguenza, la possibilità di esercitare il loro ruolo e di essere serviti in casa propria.

Mi sta bene pertanto l'idea di rafforzare i comuni, le unioni dei comuni e, perché no, rafforzare nel territorio la presenza della Regione nello spirito riformatore, ripeto, che questo Consiglio e questa maggioranza hanno interrotto. Per cui con questo spirito accolgo anche l'invito dell'onorevole Vargiu, a voler cogliere questo momento, ma credo che tutti ci si debba rimboccare le maniche e fare in modo che la prima Commissione possa funzionare e possa funzionare bene.

Penso che potesse funzionare anche in presenza della Costituente, organismo che avrà dei costi; è vero che la democrazia ha dei costi, spesso noi tendiamo a dire di tagliare, ma quell'organismo dovrà essere preparato, avrà bisogno di tempi lunghi, invece in questa legislatura si poteva chiedere agli enti costituiti cioè alle università, alle organizzazioni di categoria di eleggere dei loro rappresentanti che affiancassero la prima Commissione al fine di produrre assieme una riforma seria di questo organismo e poi avere un'Assemblea permanente in Consiglio. Si è scelta un'altra strada, ma io credo sarà difficile da percorrere.

Segnali di volontà politica comunque in questo Consiglio ce ne sono perché ricordo, in merito al referendum sulla riduzione dei costi della politica, che questo Consiglio in parte ha già compiuto dei passi (bisogna fare ancora un altro sforzo) ha ridotto infatti le indennità e i compensi. Bisogna pur dirle queste cose, perché comunque degli atti di buona volontà sono stati fatti posti in essere.

Bisogna proseguire in questa direzione e dare il giusto ruolo alle componenti di questo Consiglio, perché questo è un Consiglio eletto dal popolo e rappresenta l'intera Sardegna. Quindi cogliamo pure lo spirito presente nelle parole dette, però da oggi in poi speriamo che le parole possano trasformarsi in fatti concreti che siano, appunto, a beneficio dell'intera collettività sarda.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, ho qualche perplessità a intervenire sul tema all'ordine del giorno, perché questa settimana i lavori si sono svolti in maniera confusa e mi pare una discussione al buio. Sappiamo infatti che verrà presentato un emendamento che non è passato in prima Commissione ma che è stato elaborato dai Capigruppo e, quindi, corriamo il rischio di fare una discussione sul testo presentato che è totalmente distante da ciò che tra qualche ora probabilmente andremo ad approvare. Quindi una discussione paradossale.

Ho sentito i molti interventi che hanno analizzato il referendum, il clima che oggi si respira in Italia e che non è diverso dal clima che si respira in Sardegna e nelle altre regioni italiane; anch'io pertanto parlerò di questo, più che del tema specifico in discussione, sperando di non andare troppo lontano.

I referendum hanno avuto lo scopo di stimolare un'azione riformatrice; in questo senso i dieci referendum toccavano diverse materie ma si inquadravano all'interno di una logica, cinque referendum abrogativi, cinque referendum consultivi. Sui referendum abrogativi dobbiamo prendere atto del fatto che quelle norme siano espunte dall'ordinamento con effetto ex nunc, fatti salvi tutti gli effetti finora prodotti, Tornerò sulla gestione di questa fase successiva al referendum e sul fatto che magari non abbiamo valorizzato le risorse interne, importanti, che pure ci hanno sempre supportato in questo periodo su questa materia. Ho letto anche il parere dei giuristi e noto che loro stessi dicono che si crea un vuoto normativo.

Io non credo che nel nostro ordinamento si possano creare vuoti normativi assoluti, proprio perché lo stesso legislatore, nelle Preleggi ( ricordo che sei articoli sono stati abrogati), stabilisce che mai si può creare un vuoto normativo, ci deve essere sempre una possibilità interpretativa in via estensiva, in via analogica, in ultima analisi anche semplicemente richiamandosi ai principi dell'ordinamento, in questo caso l'ordinamento degli enti locali piuttosto che la Costituzione, invece da noi si dice che si crea il vuoto normativo. Prendiamo atto anche di questo.

Ma è il clima ciò di cui volevo parlare. E' evidente che oggi c'è un clima di ostilità nei confronti di chiunque rappresenti un potere pubblico, meno accentuato sul livello comunale, più accentuato man mano che si sale di livello, sino ad arrivare ai parlamentari nazionali, o addirittura allo stesso Governo. Un Governo nato come un Governo che doveva salvare l'Italia, forte inizialmente di un 76 per cento di popolarità, e oggi sceso al 35 per cento, pur facendo ciò che aveva dichiarato di voler fare. C'è un'ostilità, dobbiamo prendere atto che c'è, dobbiamo chiederci perché c'è e dobbiamo chiederci come se ne esce.

L'ostilità c'è perché sinora sono stati nascosti molti dei problemi; per cento anni circa abbiamo chiuso il bilancio dello Stato in debito, perché le regioni e il sistema dei comuni hanno sempre rivendicato risorse senza mai porsi il problema di generare anche ricchezza; poche volte in quest'Aula abbiamo parlato di come incrementare le entrate, e solo incrementando il PIL si generano nuove entrate. E come se ne esce? Semplicemente oggi se ne può uscire attraverso un sistema che preveda la responsabilizzazione e la partecipazione dei cittadini. I cittadini devono partecipare direttamente alle scelte e devono essere responsabilizzati nelle scelte, probabilmente occorrerà un altro secolo, c'è voluto un secolo per arrivare a 2 mila miliardi di euro circa di debito pubblico, e ci vorranno probabilmente cento anni per riuscire ad andare in pareggio, o comunque per arrivare a una soglia di tollerabilità nel rapporto PIL-debito pubblico.

E' chiaro però che, se ci si impoverisce, se non si hanno più le risorse per pagare le tasse che aumentano, in numero e in pressione, non possiamo pensare che non ci sia malcontento. Allora, le possibilità, ripeto, sono due. Si può alimentare l'onda del malcontento pensando che travolga tutti e che solo qualcuno magari possa cavalcarla; oppure si può passare alla responsabilizzazione dei cittadini facendoli sentire partecipi. Come si fa?

Secondo me anche su questo aspetto si può intervenire solo in due modi. Si può ridurre il più possibile il principio della democrazia rappresentativa, che ha retto in questi 2 mila e 200 anni i sistemi da Roma in poi, tornando a una sorta di agorà dove chi ha idee deve poterle esprimere a prescindere dal fatto che abbia una delega per rappresentarle. L'evoluzione dei tempi, lo vediamo con lo spread, è talmente rapida che una delega data per cinque anni corre il rischio di essere una delega in bianco, non più ancorata a programmi.

E allora: democracy, la possibilità di partecipare non solo con costosi referendum, ma semplicemente con la tessera sanitaria; democracy, che si sta sperimentando in alcune zone del mondo (in California si è già sperimentata), e rappresenterà una nuova agorà, certo, telematica, una nuova piazza che non sarà quella della città. E' uno dei metodi sui quali non possiamo tapparci gli occhi e far finta che non costituisca la prospettiva futura. Saranno necessari trent'anni, vent'anni, non lo so, ma si arriverà necessariamente a una riduzione dei poteri delle assemblee legislative, dei poteri degli organi esecutivi per restituire sovranità diretta al popolo; e non, ripeto, solo attraverso uno strumento che necessariamente non è affinato come quello del referendum.

L'altra possibilità è avvicinare i momenti decisionali il più possibile ai cittadini, potenziando e ponendo al centro di una nuova architettura istituzionale i comuni, associati, non associati, lo dobbiamo vedere; il comune poi potrà essere libero di associarsi o obbligato ad associarsi, ma il comune è il luogo nel quale il rapporto fiduciario, il rapporto eletto ed elettore non si delega ogni cinque anni, lo si delega, sì, formalmente, ma ogni volta che il sindaco va ad acquistare il giornale viene fermato, e quindi si rinnova quotidianamente quel rapporto di fiducia, perché gli si chiede conto dei problemi dei cittadini e degli impegni dallo stesso assunti.

Quindi, io credo che dobbiamo cogliere questa occasione del referendum per una grande riforma, non per una "riformetta", non per realizzare magari l'ordinamento sardo degli enti locali, dove ci potremmo differenziare di qualche punto su aspetti legati alla composizione e al funzionamento degli organi piuttosto che al diritto di accesso dei cittadini o rispetto all'ordinamento finanziario e contabile.

Certo, anche quello sarà importante, ma soprattutto dovremo cogliere questa occasione, e per questo ho presentato un emendamento in discussione, per riscrivere attraverso la Statutaria il sistema dei poteri pubblici in Sardegna, l'architettura dei poteri; e non soltanto quelli degli enti locali, ma anche quelli inerenti il rapporto tra Regione ed enti locali.

Secondo me dovremmo aspirare a una Regione molto più snella, che trasferisca funzioni e poteri alle comunità locali. Penso a un sistema federale, penso al federalismo interno, penso a un bicameralismo, perché qualcuno qui ha parlato del parere del Consiglio delle autonomie locali. Ma quante volte abbiamo dato peso al parere del CAL, ben sapendo che le norme che noi realizzavamo avrebbero inciso direttamente sulla gestione ordinaria? Chi ha fatto il sindaco come me quando legge una finanziaria regionale impallidisce, perché si chiede: "Ma non si rendono conto dei problemi che si creano, che ci stanno creando, anziché risolverli?".

Vi posso leggere molte norme della finanziaria, a partire dall'articolo 5, inapplicabili se non interveniamo con alcuni emendamenti correttivi: anzi, i problemi ci ritornano addosso, come per esempio le società miste con le quali abbiamo stabilizzato i Lavoratori Socialmente Utili, tremila LSU; queste società, se oggi non interveniamo rapidamente, dovranno essere sciolte e, di conseguenza, ci ricaricheremo di tre mila LSU in Regione. Questi sono i problemi che spesso discutiamo.

Quindi, secondo me, in Statutaria dovremmo agire in maniera rapida e forte. Voglio però dire ancora che le liquidazioni degli enti non sono semplici. Lo dimostra il fatto che le comunità montane, soppresse sette anni fa, ancora hanno dei commissari liquidatori, che l'ESAF lo rinnoviamo di anno in anno, e che resta aperto il problema di Cagliari, perché se oggi verrà presentato un emendamento per prorogare gli organi, io non credo che potremmo prorogare organi decaduti, in cui c'è stata una decadenza formale. Quindi, stiamo attenti a non realizzare norme che corrono il rischio di essere impugnate

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, io credo che in questo giro di interventi, (poi spero si entri anche nel merito della legge), non possano mancare le sottolineature politiche. L'ha fatto per primo l'onorevole Vargiu, io non voglio essere da meno e non mi nasconderò: io sono tra quelli che non ha sostenuto il referendum, e devo dire che ho provato in discreta solitudine a denunciarne l'ipocrisia e la demagogia. Discreta solitudine che non vuol dire da solo, vuol dire in pochi, onorevole Capelli, e le do atto di averlo fatto probabilmente tra i primi anche pubblicamente sui giornali.

Denunciarne l'ipocrisia e la demagogia, dicevo, per il tentativo tutto politico, tutto politico, di coprire l'inadeguatezza e l'incapacità di chi oggi governa la Sardegna, cavalcando la rabbia e la disperazione della gente. Invece di rendere conto della propria incapacità di dare risposte, si è cercato di offrire un bersaglio alternativo o generico come la politica, e di promettere quello che non si dovrebbe mai promettere a vuoto, quello che non si dovrebbe mai fare speculando sulla disperazione, cioè il lavoro.

Nella mia vita passata mi sono occupato di comunicazione, e posso dire che la pubblicità di questi referendum era da deferimento al garante della comunicazione, essendo una pubblicità ingannevole. Sfido chiunque a dirmi quale fosse la relazione con il lavoro, se non il tentativo demagogico di cavalcare la disperazione per attirare l'attenzione su sé stessi. E, da questo punto di vista, ritengo che anche il fatto che il Presidente della Regione, il Partito dei Riformatori, pezzi della maggioranza abbiano cavalcato i referendum sia stato un atto spregiudicato e irresponsabile; attenzione, l'effetto del referendum non è un effetto di riforma compiuta (in quel caso avremmo dato atto che il sistema poteva camminare da solo), ma è un effetto esclusivamente demolitorio.

E' il caso di chi non riforma, non è capace di dare risposte, non è capace di presentare un disegno di legge, prende atto di far parte di una maggioranza inconcludente, una maggioranza che non c'è più, però invece di assumersi la responsabilità di dimettersi, di ritirarsi dai posti di governo, dai posti di potere, di chiedere ai suoi assessori di dimettersi - e credo che ce ne siano almeno due che fanno capo ai Riformatori - o nel caso del Presidente della Regione di dimettersi lui stesso, o di richiamare la sua maggioranza a una visione comune, a un progetto, porta via il giocattolo, distrugge tutto, porta via il pallone, demolisce quello che c'è, senza lasciare in campo una soluzione.

Allora, l'effetto referendum è chiarissimo; oggi noi ci troviamo stretti nella morsa tra il poter essere commissariati come Consiglio regionale, perché non regoliamo l'effetto del referendum e i diritti di terzi, dei fornitori, dei dipendenti, che continuano a esistere nel momento in cui viene cancellata la legge abrogativa, o addirittura, visto che le province sono un organismo costituzionale previsto anche nel nostro Statuto, rischiare lo scioglimento anticipato del Consiglio ai sensi dell'articolo 50 dello Statuto speciale per inattività, e di contro che il Consiglio non possa essere sciolto perché nel momento in cui sono stati abrogati di fatto i collegi elettorali, le province in quanto collegi elettorali, non esisterebbe una legge elettorale che ci consentirebbe di rieleggere questo Consiglio e di dare finalmente voce diversa e nuova a questa Aula e al Governo della Sardegna.

Siamo riusciti a compiere un'operazione paradossale: da un lato scansare le responsabilità facendo l'unica cosa che andava fatta, se c'era qualcuno in maggioranza insoddisfatto dell'azione di questo Governo (noi certamente lo diciamo da tempo di essere insoddisfatti), dall'altro di rendere anche difficile e complicato lo scioglimento del Consiglio, facendo venir meno la legge con la quale questo Consiglio dovrebbe essere rieletto. In questo contesto andrebbe fatta anche una riflessione sull'istituto del referendum, verificando se sia possibile che l'esito di un referendum origini un tale vuoto normativo; e forse, in altri momenti dovremo tornare su quella legge, per chiarire se è possibile che un pezzo della maggioranza si sottragga alla sua responsabilità e demolisca quello che c'è, impedendo a questo Consiglio di andare a nuove elezioni, perché questo è il paradosso del referendum.

Vorrei inoltre aggiungere che io non mi associo alle richieste di chiudere gli occhi e non vedere, perché il Partito Democratico, questa minoranza, gli occhi li ha tenuti aperti, e le proposte le ha fatte nella scorsa legislatura, e le ha anche concretizzate, così come le ha fatte in questa legislatura; e l'attenzione per vedere e per denunciare la disperazione della gente, il reddito che scende, la crisi economica generale, la necessità di una svolta nell'azione di Governo, a partire dal commissariamento delle Aziende sanitarie, a partire dalla vertenza entrate, a partire dalla crisi dell'industria, questa minoranza l'ha avuta prima del referendum, l'ha avuta durante la campagna referendaria e l'ha adesso conclusa la campagna referendaria.

L'invito ad aprire gli occhi è un invito che va rivolto a chi in maggioranza ha ritenuto di dover distruggere piuttosto che proporre, a chi in maggioranza ha ritenuto che non ce ne fosse bisogno, ed è questa la grande ipocrisia, quella di non assumersi le responsabilità, ma è un'ipocrisia che anche dal punto di vista etico ritengo sia disdicevole, perché cavalca la disperazione per sfuggire alla responsabilità, utilizza la disperazione per scansare l'attenzione da sé stessi, dalle proprie inadeguatezze per spostarla su altri, per diluirla; è un atto vigliacco! E' stato un atto di vigliaccheria politica quello di aver cavalcato, da parte di pezzi della maggioranza, sulla buona fede e sulla disperazione delle persone, questi referendum.

E io vorrei anche ricordare che le responsabilità non sono uguali, sono diverse, tra chi ha la responsabilità di governo, tra chi è in maggioranza e chi è in minoranza, e tutto si può dire alla minoranza ma non di non aver fatto proposte, e tutto si può dire a chi oggi non è al Governo ma non di non aver fatto riforme nella scorsa legislatura che andavano esattamente nella direzione anche dei referendum. Forse non tutte le riforme sono state adeguate, ma abbiamo chiuso cinquanta enti inutili, non ci siamo limitati a sciogliere qualche consiglio di amministrazione, abbiamo chiuso gli enti, li abbiamo accorpati in agenzie snelle con alla guida dei semplici direttori generali.

Non siamo stati a guardare, abbiamo fatto una grande battaglia per le entrate, abbiamo approvato un Piano sanitario provando a riformare la sanità, e non limitandoci a commissariare le ASL. Abbiamo fatto azioni coraggiose nell'ambito della semplificazione amministrativa cancellando le Comunità montane; in quella fase abbiamo scelto di lasciare le province unicamente con l'idea che potessero essere l'unico corpo intermedio tra comuni e regione cui attribuire tutte le competenze nell'industria, nell'agricoltura, nel sociale.

Quindi noi le nostre responsabilità le abbiamo assunte tutte nella scorsa legislatura, e le riforme non le abbiamo annunciate, le abbiamo realizzate, le abbiamo realizzate pienamente anche quando erano riforme scomode, anche quando scontentavano qualcuno, penso, per esempio, alla formazione professionale. E non ci siamo mai permessi la spregiudicatezza di promuovere un referendum contro noi stessi conoscendo già lo stato della Sardegna, non ci siamo mai permessi; abbiamo fatto proposte, ci siamo assunti le nostre responsabilità fino in fondo, quelle che voi oggi, ancora oggi, lucrate; e state nel Palazzo e fuori dal Palazzo, avete posti di potere e volete cavalcare la disperazione della gente, soprattutto, e mi riferisco al Presidente della Regione, Cappellacci, protagonista di referendum sui media, spesso a spese del contribuente con spot elettorali che erano spot per se stesso, e poi assente nei dibattiti in Aula nei momenti in cui le riforme vere o le proposte vanno portate avanti.

Un Presidente alieno, un Presidente marziano, un Presidente che è sempre da un'altra parte, certamente distante, distante dal Consiglio e distante anche dalla sua maggioranza. E io credo che con forza vada denunciata questa ipocrisia e accolto invece l'invito di ridare dignità alle istituzioni con questo Consiglio, cercando di rimettere in piedi qualche coccio che questa maggioranza, o parte di questa maggioranza, hanno distrutto, ma con un solo obiettivo: andare al più presto a elezioni e far voltare veramente pagina a una Sardegna che ha bisogna certamente di risposte non demagogiche, ma di risposte vere ai propri bisogni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Stochino. Ne ha facoltà.

STOCHINO (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, io ho ascoltato con molta attenzione l'intervento dell'onorevole Vargiu in primis e poi tutti gli altri che si sono succeduti, e mi fa piacere, onorevole Vargiu, che abbia ammesso che i referendum, questi referendum, siano stati come una scure che si abbatte su un albero, un albero che forse andava potato, noi in ogliastrino diciamo innestato. Però, forse per incapacità nostra, del ruolo che rivestiamo di consiglieri regionali, abbiamo voluto fare un qualcosa che all'interno di questo Consiglio non siamo, purtroppo, riusciti a fare in tre anni e che adesso vorremmo fare in tempi brevissimi.

La prima domanda è quindi se secondo voi siamo in grado di fare, in tempi ristretti, una riforma che credo sia la più importante da quando è stato adottato lo Statuto nella nostra Isola. Ebbene, io credo che noi non siamo in grado di fare questa riforma in tempi ristretti, io credo che noi abbiamo bisogno di un tempo congruo. Voglio riprendere allora le parole, sempre dell'onorevole Vargiu, sul fatto il referendum deve essere una opportunità. E' vero, onorevole Vargiu, il referendum deve essere una opportunità che tutti dobbiamo cogliere e, soprattutto, capire e allora la "questione tempo", cari amici Riformatori, deve essere valutata anche da voi.

La "questione tempo" infatti deve essere considerata per esitare una legge che davvero serve al popolo sardo, altrimenti rischiamo di fare un'altra legge che non serve a nessuno e tantomeno al popolo sardo. Io ho seguito anche l'intervento dell'onorevole Capelli, che ha ricordato come lui avesse già presentato una proposta di abolizione delle province. Quali, onorevole Capelli, quelle storiche o quelle nuove? Perché a mio avviso c'è uno spartiacque tra le storiche e le nuove, e anche su quello dobbiamo essere seri e dire le cose come stanno, perché le province storiche…

(Interruzione)

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

STOCHINO (P.d.L.). Onorevole Capelli, capisco che c'è il problema delle otto province, ma le otto non le possiamo abolire. Non le possiamo abolire noi, perché le quattro storiche, anzi le tre storiche (anche all'interno delle quattro storiche bisogna fare una riflessione a voce alta e capire) sono state istituite con legge costituzionale. E il nostro Consiglio regionale, con tutta l'autorevolezza che purtroppo la gente non ci riconosce più, non credo abbia le prerogative per poter abolire le province storiche: non lo possiamo fare. Questo è un altro punto cardine che va rimarcato con molta chiarezza.

Presidente, io ritengo che questo sia il simbolo di ciò che stiamo vivendo e di ciò che i cittadini sardi pensano di questo Consiglio regionale; perché abbiamo parlato dei quesiti referendari sulle province ma, signori, se ci fosse un referendum per abolire il Consiglio regionale io non credo che andrebbe a votare solamente il 35 per cento dei sardi, andrebbero a votare molte più persone perché, veramente, ci stiamo rendendo ridicoli sulle questioni importanti. E' una piccola parentesi che ho voluto fare.

Ancora in merito ai risultati dei referendum abrogativi piuttosto che consultivi, io credo che occorra fare chiarezza. Un esempio è il referendum relativo alla cancellazione delle indennità. Onorevole Vargiu, rispetto ad alcune questioni dei chiarimenti sui cartelloni andavano meglio esplicitati, meglio evidenziati, perché non possiamo eliminare l'indennità dei consiglieri: lo dobbiamo dire; possiamo ridurla, possiamo dimezzarla, ma non la possiamo eliminare perché è prevista dal nostro Statuto. Questo deve essere un motivo di riflessione e di discussione di questi referendum.

Io, però, voglio anche parlare di quali conseguenze potrebbero verificarsi dopo la pubblicazione da parte del Presidente della Regione dei risultati di questi referendum. Io non voglio aggiungere molto a quanto ha dichiarato l'onorevole Lai, che è stato ben preciso nell'elencare le questioni che, purtroppo, restano appese con l'abrogazione delle province, creando dei problemi veri ai cittadini; perché quando parliamo dell'ufficio della VAS, questo è gestito dalla Provincia, ma parliamo di redazione di PUC, e occorre un ufficio che rilasci l'autorizzazione per la VAS dato che l'ufficio regionale dell'urbanistica non può rilasciare autorizzazioni. Su questi temi importanti credo sia necessario riflettere.

Ma voglio parlare anche di un altro problema e lo faccio prendendo in considerazione la mia provincia, l'Ogliastra. Mi dispiace che non sia presente l'onorevole Sabatini che però mi ha pregato di parlare anche per suo conto perché sulle cose importanti credo che, amici, non ci sia né destra né sinistra e neanche il centro, ma neanche sardismo, quello vero dell'amico Giacomo Sanna, che vedo laggiù impegnato con l'assessore Solinas; io credo che sui temi importanti ci deve essere veramente l'unità di tutto il Consiglio regionale, l'unità di tutte le forze che all'interno di questo Consiglio sono rappresentate.

Voglio parlare, come vi dicevo, della questione (interessa anche la nostra Ogliastra) del tribunale; il nostro tribunale che per noi ogliastrini e per gli imprenditori ogliastrini rappresenta un baluardo della legalità, è stato tenuto aperto per il semplice motivo che ha sede nel capoluogo di provincia. E' comunque un altro strumento importante che può dare veramente dignità a un territorio come quello ogliastrino, ma anche a quello della Gallura, perché entrambi hanno una identità e una specificità ben marcate.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue STOCHINO.) Io oggi voglio concludere il mio intervento con delle proposte, e le voglio fare con molta chiarezza, perché credo che oggi siamo in quest'Aula anche per fare delle proposte. La mia proposta (la faccio a mio nome perché non sono stato autorizzato a parlare per nome e per conto del Gruppo del Popolo della Libertà, perché non lo abbiamo concordato) -attiene alla "questione tempo", amici Riformatori.

Abbiamo bisogno di un tempo congruo, pertanto ritengo che debbano essere prorogate le attuali amministrazioni provinciali affinché il Consiglio regionale possa legiferare anche con il coinvolgimento delle autonomie locali. Non dobbiamo dimenticare infatti l'importanza di questi enti che voglio ricordarlo, richiedono a gran voce un loro coinvolgimento. E noi, come Consiglio regionale, non ci possiamo esimere dal dar loro la parola e l'opportunità di elaborare insieme a noi una legge che possa essere veramente accettata dai cittadini, che possa essere veramente occasione di sviluppo e di rilancio per la nostra Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Signor Presidente, avrei preferito portare avanti la discussione che era stata iniziata in Commissione autonomia, non è stato possibile; ma credo sia stato sbagliato anche arrivare in quest'Aula in una forma così fuori dall'ordinario e con una confusione di cui questo dibattito è testimone. Ancora io non so che cosa succederà tra qualche minuto quando questa discussione generale terminerà e si dovrà passare all'esame degli articoli, però intervengo per dire alcune cose anche se ero quasi tentato di non intervenire, perché vorrei farlo a maggiore ragion veduta.

In primo luogo, è veramente sorprendente non vedere qui il Presidente della Regione che ha anche cavalcato, io credo in maniera demagogica, questa tornata referendaria nella quale ha investito credo non per la promozione del referendum quanto per la sua promozione personale; e dopo tutto questo oggi, evidentemente, non ha nulla da dire per se stesso e per la Giunta regionale e non interviene in quest'Aula, lasciandoci in questo disordine totale.

Concordo anch'io sulla considerazione che in questo referendum ci sia stata un po' troppa demagogia. Penso che i termini non fossero giusti, penso che il modo con cui è stato presentato all'opinione pubblica sia stato in parte sbagliato, credo che tantissima gente si sia unita, appunto, al di là del merito, per fini totalmente demagogici, però una parte di quel merito era importante e io lo condivido; per questo, per quello che ho potuto, l'ho sostenuto e per questo, per quello che posso, credo che occorra fare in modo che quel referendum non venga svilito e che quell'opportunità non vada sciupata.

Mi riferisco soprattutto al tema di cui discutiamo oggi, all'opportunità di pensare un nuovo ordinamento delle autonomie locali e dell'amministrazione in Sardegna suddiviso tra Regione, province, comuni in forme associate e comuni presi ciascuno singolarmente. E mentre capisco le perplessità di tanti che comunque si erano abituati alle province territoriali e a questo moltiplicarsi di occasioni di discussione, di dibattito e di decisione in giro per la Sardegna, credo che possiamo invece concentrarci effettivamente, al di là di qualunque pregiudizio, sull'opportunità di fare un passo avanti in Sardegna, magari di farlo prima di altre Regioni in Italia, sul modo più opportuno di gestire l'amministrazione ai diversi livelli nella Regione.

Credo che il referendum sia andato bene per quanto riguarda le province perché di fatto non c'è nessuno largamente affezionato alle province. Credo che se si fosse votato per lo scioglimento del Consiglio regionale quel referendum, diversamente da quello che qualcuno riteneva e pur con tutte le perplessità, non avrebbe avuto successo, così come io credo che, pur con tutte le perplessità e i dubbi che i cittadini hanno verso il Parlamento italiano, nessuno lo voglia sciogliere, lo si vuole migliore ma non lo si vuole sciolto e non si vuole sciolto il Consiglio regionale sardo.

Penso anche che nessuno avrebbe votato per lo scioglimento della propria municipalità, del proprio comune, ma in tanti, nella mia provincia ad esempio in tantissimi hanno votato per lo scioglimento delle province, evidentemente perché non gli riconoscono sufficientemente un ruolo. Evidentemente perché non gli riconoscono un peso forte e identitario a cui aggrapparsi, aldilà delle nostre considerazioni. E credo che questo sia dovuto (e come tale letto facilmente) anche alla storia repubblicana.

Le province presenti nella Costituzione ritengo siano un retaggio del passato, dell'ordinamento dello Stato centrale, addirittura dello Stato monarchico, con il governo locale organizzato in prefetture. Così si è andati avanti dando vita alle province. Dell'istituzione o meno delle province si era dibattuto nella stesura della Costituzione con scarsa convinzione, tant'è che sino agli anni '90 il finanziamento destinato alle province aveva una forma molto precisa in quanto legato, in gran parte, ai compiti ben definiti loro attribuiti. Le province si occupavano di le strade e di circolazione dei veicoli, di gestione degli edifici scolastici delle scuole superiori, con una scarsa differenziazione rispetto alla gestione degli altri edifici scolastici in capo invece ai comuni.

Nei primi anni '90 con l'introduzione dell'elezione diretta è nato un protagonismo dei presidenti delle province pur in mancanza di ruoli, e negli anni successivi abbiamo assistito alla ricerca di un ruolo per un ente che un ruolo comunque non l'aveva, con difficoltà sempre maggiori a distinguere tra le competenze di un ente rispetto a quelle di un altro. Sfido chiunque in quest'Aula a spiegare per bene quali sono le competenze in materia ambientale della provincia e quelle in materia ambientale ad esempio della Regione, dell'ARPAS. Mi riferisco alla VAS di cui ho sentito parlare poc'anzi dal collega Stochino.

Per questo è accaduto questo risultato del referendum e per questo credo che, senza pregiudizi, abbiamo l'opportunità di fare un bel passo avanti che non sia verso un maggiore centralismo a livello regionale o verso un minore numero di province; significherebbe veramente negare le volontà e le giuste aspirazioni dei diversi territori pensare che la Gallura possa semplicemente tornare ad associarsi a Sassari o l'Ogliastra tornare ad associarsi a Nuoro e il Medio Campidano a Cagliari e così via. Occorre fare un passo avanti, premiare ulteriormente le differenze, le diversità territoriali e arrivare ancora più vicini ai singoli cittadini mettendo assieme i comuni in forma associata con le unioni dei comuni o in qualunque modo le vorremo chiamare.

Io credo che "unioni dei comuni" sia un nome già prontamente utilizzabile e che portando la responsabilità a questo livello, più vicino, più prossimo ai cittadini non più lontano e assegnando alla Regione solamente una piccola parte dei compiti che una volta erano delle province ma continuando a disseminarli nel territorio attraverso le agenzie regionali, l'ARPAS ad esempio, l'Agenzia regionale per il lavoro, o io spero un'unica Agenzia regionale che si occupi di strade sia il seme attorno al quale costruire anche l'agenzia che si riappropri delle competenze nazionali dell'ANAS.

Questo può essere fatto senza troppi pregiudizi e in maniera serena, e sapendo che facciamo un passo avanti verso la sussidiarietà, la vicinanza ai cittadini, la migliore efficienza, la maggior velocità nella spesa. E facciamo un passo avanti anche contribuendo a rafforzare i singoli comuni laddove in forma associata si possono svolgere non solo le competenze trasferite dalle province attuali, ma anche le competenze attualmente svolte singolarmente da ciascun comune. Avremo la possibilità di limitare il numero delle stazioni appaltanti in Sardegna facilitando, ripeto, la qualità della spesa e la velocità.

Tutto questo può essere fatto in una settimana? Non credo. Dobbiamo aspettare tre anni? Non credo nemmeno. Credo che questo Consiglio abbia la responsabilità di trovare un tempo ragionevole, ragionevolissimo, sufficientemente breve affinché nessun cittadino che ha partecipato alle elezioni si senta espropriato del suo voto. Io credo che l'agenda questa volta ce l'abbiano dettata gli elettori e quindi bisogna togliere dalla prima Commissione la discussione su Statuto e legge elettorale e affrontare immediatamente questa e risolverla in poche settimane se non in pochissimi mesi. Il tempo per la nostra agenda è passato, adesso c'è la loro agenda, se non vogliamo che monti ulteriormente la protesta e se non vogliamo che monti ancora il discredito.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Io vorrei fare un ragionamento semplice, colleghi, perché oggi mi sembra che si stia complicando un quadro che è molto lineare. C'è stato un voto che ha detto con chiarezza, rispetto alla questione delle province, che i sardi non gradiscono questa struttura degli enti intermedi; è possibile, non mentiamo su questo, dare una risposta a questa indicazione non domani, già stasera, è possibile recepirla ed è possibile mantenere nei territori i poteri di autogoverno? E' possibile. E' possibile, è dimostrato e quando si vorrà, se si vorrà se ne discuterà, ma non agitiamo lo spettro della complessità laddove il mandato anche degli uomini politici è risolvere la complessità. E risolvere quell'indicazione, per quanto difficile, è possibile ed è possibile nel senso dell'eliminazione delle province.

Io di questo sono certo, mi sono fatto carico di metterlo per iscritto, di lasciarlo agli atti e lo lascio agli atti anche di questo Consiglio: ho presentato l'emendamento perché rimanga. E sia chiaro: lo dico con chiarezza sapendo quello che pago. La proroga degli organi in carica è una scelta politica, non è una scelta tecnica, ed è una scelta politica di un ceto politico stratificato che si difende a diversi livelli. Secondo me è un errore madornale, grave, è lo stesso errore che ha fatto l'Italia sui referendum sulla responsabilità civile dei giudici che il Parlamento ha depotenziato, sul referendum per abolire il Ministero dell'agricoltura ed è nato il Ministero delle risorse agricole, sui mille referendum sul finanziamento pubblico dei partiti e oggi gli scandali correnti dimostrano quanto quel referendum sia stato assolutamente tradito. Secondo me, lo dico con un grande trasporto affettivo per tutti voi, questa scelta è sbagliata.

Segnatevelo, è un errore, un errore di superbia politica, superbia!

(Interruzione del consigliere Stochino)

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Io non ti ho interrotto anche quando hai detto qualche fesseria, lasciami ragionare perché ragionare è faticoso soprattutto se si è uno che ragiona con settantanove che hanno un'opinione diversa. Io sono convinto che si sta commettendo un errore, mi corre l'obbligo di dirlo, e mi corre l'obbligo di avvertirvi. Non si interpreta un mandato elettorale cambiandone la direzione, lo si interpreta in quella direzione, e la Sardegna può proseguire ordinata e noi dimostrare che sappiamo interpretare e risolvere problemi. Io voglio che rimanga questa posizione, che sia chiara, le province fino alla legge Basaglia si occupavano anche di manicomi. E lo ricordo per ribadire che probabilmente c'è uno stato confusionale che non è opportuno.

Seconda questione, semplice; io credo che, gliene do atto pubblicamente, abbia ragione il mio Capogruppo. Il mio Capogruppo, privatamente (poi lo dirà lui se lo vorrà dire), mi dice: "Perché si produca un effetto riformista bisogna portare alle estreme conseguenze l'effetto del referendum, e cioè arrivare alla promulgazione"; la promulgazione produce, sappiamo tutti, un momento di difficoltà, ma produce un momento di tale difficoltà da costringere alla riforma.

Sapete chi ragiona come il mio Capogruppo? Il premier Monti, il vostro premier, non il mio. Il premier Monti in un'intervista, che trovate su YouTube, dice che le crisi economiche nei singoli Stati sono una grande occasione per fare la grande Europa, perché gli Stati cedono sovranità. Oggi si sta confermando che ha ragione Giacomo Sanna, cioè che bisogna, per ottenere processi riformisti ed esplicitare anche le responsabilità della direzione sbagliata delle riforme, portarle alle estreme conseguenze, il dibattito di oggi lo conferma.

Il terzo punto, su cui vorrei dilungarmi maggiormente, riguarda una questione un po' più complessa perchè sta succedendo qualcosa su cui bisogna prendere posizione: c'è infatti un ordine apparente ma c'è anche un disordine profondo. La questione su cui bisogna prendere posizione è quali sono i termini della lotta politica. I termini della lotta politica in Sardegna sono attraversati da correnti neofasciste che stanno montando e diffondendo odio, disinformazione.

A me non ha fatto piacere leggere: "Crasta la casta", non mi ha fatto piacere! Io non mi sento "casta", capisco che qualcuno può chiamare "casta" tutte le istituzioni, ma "Crasta la casta" ha un altro significato. Io da solo ho contestato un ex Assessore della Regione autonoma della Sardegna, che si chiama Andrea Prato, che per un mese ha percorso la Sardegna intenzionato a fare dimenticare le sue sciuperie,e a orientare l'elettorato contro le istituzioni, non ricordando tutti gli errori, esattamente dissipatori, che lui ha fatto. Chi ha dietro Andrea Prato? Adesso ve lo dico.

Andrea Prato, ma chiamiamolo Pippo, cioè chiamiamo Pippo chi ha un'idea, e l'idea è un'idea rivoluzionaria di destra, della peggiore destra italiana, non della destra liberale, della peggiore destra italiana. Ricordo che nell'antica Roma quando un tribuno della plebe "andava male", si chiamasse Druso, si chiamasse Saturnino, scoppiava un tumultino e il tribuno della plebe rimaneva per terra; quindi la destra italiana produce il disordine per riprendere il controllo. E' chiaro?

Però in questo caso c'è un problema, e il problema riguarda il Presidente della Regione sarda che da troppi mesi orienta, con le risorse pubbliche, l'opinione pubblica della Sardegna contro il Consiglio regionale, distinguendo la funzione della Presidenza della Regione come virtuosa, rispetto agli orientamenti della gente, e il Consiglio regionale come inconcludente. Adesso io vorrei fare un breve elenco delle uniche leggi votate, contenenti gli unici strumenti previsti rispetto alla crisi in atto: i cantieri verdi sono nati in quest'Aula; i cantieri comunali sono nati in quest'Aula; la legislazione sulle aree di crisi è nata in quest'Aula; tutti i processi per mettere ordine nel grande disordine del precariato sono nati in quest'Aula; tutta l'impostazione, disattesa, sul Patto di stabilità e sulla rinegoziazione dello stesso è nata in quest'Aula.

Luciano Violante, in una recente intervista, ha detto che quando si usano le istituzioni come strumento di lotta politica accade un crack nelle istituzioni; pertanto io non vorrei trovarmi di fronte un Luigi XVI, o un erede di Luigi XVI che (memore della folla che andò a prenderlo a Versailles) orienta con i fondi che gli dà lo Stato il popolo verso l'Assemblea, magari, della pallacorda, quella che fa le riforme. Io non ci sto! Se questo è un disegno di questa portata, così eversivo, io non ci sto!

Io sto con quelli che riconoscono in Sardegna l'urgenza di un cambiamento profondo, di cui le province sono un granello, e se noi non interpretiamo bene questo granello non sapremo mai interpretare bene neanche il resto. Allora se c'è questo crack da istituzionale deve diventare un crack politico, perché le istituzioni non si usano per la battaglia politica; le istituzioni o interpretano i problemi, oppure si abbandonano, e si va alle elezioni, come mi pare opportuno fare.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Io sono fra quelli che hanno sostenuto i referendum, e l'ho fatto anche nel rispetto del senso del referendum, come espressione popolare. L'ho fatto sicuramente in termini anche molto critici, perché se è vero che tutto l'assetto delle nostre istituzioni va rigorosamente riorganizzato, a partire dalle province, senza l'esclusione ovviamente della macchina regionale, è anche vero che chi ha proposto i referendum ha sbagliato sicuramente nel metodo, visto che è impensabile che una forza politica che fa parte della maggioranza, e che quindi ha dei forti strumenti per poter incidere su una scelta di questo genere in sede di Consiglio, abbia preferito optare per altre vie.

Quindi in tanti ci siamo chiesti perché questo processo politico non sia avvenuto in Consiglio regionale. Così come mi lascia perplessa l'incoerenza politica nel vedere questi consiglieri, che hanno promosso i referendum, appellarsi a una volontà popolare. Quindi propongono i referendum per la soppressione delle province, per poi invece fare in modo, o decidere in qualche maniera di affidare la soluzione dei problemi che ne sarebbero derivati a una sorta di comitato di cittadini, che sinceramente non so di chi siano rappresentativi.

Rispetto alla provincia dobbiamo prendere atto del fatto che questi enti intermedi di fatto, per come sono state disegnati giuridicamente, purtroppo non hanno svolto appieno il proprio compito istituzionale, e questo in particolar modo nel rispetto delle aspettative di programmazione economica e sociale, e dei diritti di rappresentanza e di partecipazione dei cittadini. Credo pure che dobbiamo avere il coraggio di dire con chiarezza che le otto province non hanno ragione di esistere in quanto, come ho già detto in altre situazioni, hanno fallito nel proprio ruolo istituzionale, e inoltre le considero un retaggio anacronistico del dominio napoleonico.

Il problema va certamente affrontato; la volontà popolare espressa con il referendum bisogna che venga presa in considerazione, seppur il metodo con il quale i referendum sono stati portati avanti non è stato certo un metodo corretto, anzi, lascia molti punti interrogativi. Con tutta probabilità c'è anche una strategia dietro che a me pare si legga in termini molto chiari, ed è una strategia tesa a destabilizzare, una strategia che auto delegittima le istituzioni. Per cui, a questo punto, benché ci sia un po' la tendenza ad accelerare le dimissioni di questo Consiglio regionale, cosa che noi avremmo dovuto fare in tantissime occasioni e per molti problemi, io credo che proprio questa volta questo non debba avvenire o, per lo meno, che il Consiglio regionale non possa dimettersi fino a quando non affronti e risolva questo marasma che è nato con la soppressione delle province.

Io auspico il varo di una legge che regolamenti questo passaggio, e che faccia in termini chiaramente corretti il passaggio dalla vecchia realtà a quella che dovrebbe essere una nuova realtà. Sono per decentrare i poteri della Regione potenziando le strutture di base, quindi potenziando i comuni. Con tutta probabilità è reale l'esigenza anche della creazione di entità intermedie, ma questo io penso che saranno le popolazioni a deciderlo nei tempi e nei modi dovuti.

Si potrebbe anche considerare una provocazione, però sul fronte della decentralizzazione dei poteri della Regione io, ad esempio, proporrei un trasferimento degli uffici in sedi geografiche al centro della Sardegna; una sede potrebbe essere Abbasanta. Quindi sarebbe un sistema politico sicuramente più equo geograficamente e sicuramente questo porterebbe anche a una riduzione degli sprechi. Vorrei capire perché non si è mai parlato di questo, vorrei capire meglio quali sono le posizioni rispetto a una possibile area vasta…

(Interruzioni)

PRESIDENTE. La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 21 e 15, viene ripresa alle ore 21 e 17.)

PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, la invito a terminare il suo intervento.

ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Presidente, non voglio continuare anche perché nel corso dell'intervento continuavo a chiedermi perché parlassi e con chi.

Io credo che in questo Consiglio tutto possa avvenire tranne che dei confronti politici seri. Quindi rinuncio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dessì. Poiché non è presente in Aula decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Io penso che i referendum abbiano avuto comunque un pregio: fare senz'altro un po' di chiarezza; almeno di fronte all'opinione pubblica certificano infatti che una maggioranza non c'è, è chiarissimo che la maggioranza non c'è. L'unico Gruppo che ha sostenuto Cappellacci in questa sua avventura è quello dei Riformatori, gli altri sono ben distinti, si vede anche in quest'Aula.

Ripeto quindi che fa molta chiarezza in quanto certifica il fallimento di questa maggioranza; perché io penso sia insito in chi vince le elezioni il dovere di proporre delle riforme se si ritiene che il sistema non funzioni ma non è possibile che pezzi importanti della maggioranza, e lo stesso Presidente, si facciano promotori della destrutturazione infischiandosene altamente della proposta, di quello che deve succedere. Destrutturare va bene, ma bisogna ricostruire, anzi è quella la responsabilità più grossa, perché destrutturare è facile e si fa anche in fretta a farlo.

Ribadisco che a mio avviso certifica il fallimento di una maggioranza; io ho ascoltato infatti l'onorevole Vargiu e non ho sentito una proposta, una sola proposta. Onorevole Maninchedda, non la vedo in Aula, neanche lei che ritiene si possa promulgare subito, senza fare nulla, il risultato dell'abrogazione, ci ha detto che cosa potrebbe succedere. Può darsi che tutti quanti noi ci siamo sbagliati, ma penso che questo sia sintomatico di quello che la maggioranza non riesce a fare.

Ancora, penso che certifichi che la maggioranza non c'è più perché Cappellacci è stato lasciato da solo con i Riformatori nel suo tentativo, secondo me spregiudicato, di nascondere con il referendum il fallimento di tre anni di nulla! Solo i Riformatori hanno sostenuto il Presidente in questa corsa solitaria e spregiudicata a sollevare un polverone per nascondere il nulla, perché in queste settimane non si è più parlato dei fallimenti della maggioranza e dei fallimenti della Giunta, si è parlato d'altro, si è parlato dei referendum, si è parlato del caos, si è parlato delle province, i territori hanno protestato - a ragione o a torto, su questo ognuno di noi ha la sua opinione - però non si è parlato del fallimento della politica.

Addirittura, l'onorevole Maninchedda (ulteriore dimostrazione che questa maggioranza è rimasta da sola) dice che il Presidente utilizza soldi pubblici per scatenare l'opinione pubblica contro il Consiglio regionale. Io penso che dal punto di vista politico sia un atto gravissimo e penso anche che l'onorevole Maninchedda, conoscendo la sua onestà intellettuale, saprà trarne le conseguenze. Però certifica che il Presidente è solo con i Riformatori, in questo momento, in questa politica volta a nascondere il fallimento, tutti gli altri si tirano fuori perché evidentemente prendono atto che il fallimento c'è ed è sotto gli occhi di tutti.

E il referendum certifica poi che la maggioranza non c'è perché di fronte al caos non si fa carico di una proposta, perché sul fatto che andiamo incontro al caos, a parte l'onorevole Maninchedda, mi pare che siamo tutti concordi; è chiaro a tutti, anche i Riformatori ci dicono che ci vuole il crash, ci vuole il botto, però ci sarà il caos di sicuro. Ragioniamo, allora, anche sulle cose da fare; la maggioranza, che dovrebbe avere l'onere di fare una proposta, non ce la porta, la Giunta non ce la porta.

Io penso, quindi, che onestà intellettuale e senso di responsabilità vorrebbero che, seriamente, ci facessimo carico di prendere atto del risultato referendario; noi ne prendiamo atto (non possiamo farne a meno, siamo una forza democratica e ne prendiamo atto), però, attenzione, se continuiamo a caricarlo di significati che non dovrebbe avere, di un referendum anti casta, allora a me sorge il dubbio: non è che solleviamo questo polverone per nascondere e per non toccare "sa castixedda", come diciamo noi in campidanese mutuando un termine italiano?

Io noto infatti che ci sono alcuni personaggi che, con tempismo sospetto, si affannano a cavalcare il referendum o che, addirittura, udite udite, si autoproclamano interpreti autentici della volontà del popolo che ha votato il referendum. Io non so chi ha investito questi garanti, però di questa "castixedda" referendaria, che si alimenta nel sottobosco della politica, diffido, diffido parecchio, onorevole Cappai. Si potrebbe anche pensar male di questa "castixedda" referendaria, e non vorrei che nei loro incarichi di consulenza, che sono diffusi nella Regione, fosse compreso anche il sostegno ai referendum; insomma, alla fine, tutti quanti siamo portati a pensare male.

Questa è "castixedda" che non si tocca; dov'è nascosta questa "castixedda" che viene nominata nei consigli di amministrazione, o nei ruoli di amministratori unici? Di questi non si parla, eppure il risultato referendario parlava anche dei consigli di amministrazione, dava anche un significato a tutto quel sottobosco che gravita intorno alla Presidenza e intorno gli Assessorati, ma tutto questo sottobosco oggi sta cavalcando il risultato referendario, anzi, dà come garante l'interpretazione autentica della volontà dei referendari.

Questi referendum hanno detto comunque delle cose in maniera chiara, ma il Presidente si tira fuori da ogni responsabilità (stamattina era a Roma, è tornato ma non è venuto in Aula, senz'altro è stanco, ha litigato con Monti e però, visto che si è speso molto per questi referendum, un passettino in più per aiutare a trovare una soluzione non sarebbe guastato) e si sottrae anche al dovere di fare sintesi con la sua maggioranza.

Io oggi avrei voluto parlare (avevo anche l'intervento pronto da quando il provvedimento è stato iscritto in calendario) nel merito di questo testo di legge, e sapete perché avrei voluto parlare nel merito? Perché sento una brutta aria, sento l'aria de custa "castixedda"casteddaia, che vuole di nuovo tutte le risorse a Cagliari, che vuole di nuovo controllare tutto da Cagliari, sento aria di restaurazione. ecco quindi perché vorrei parlare della riforma, perché vorrei prendere atto del risultato referendario che dice che l'istituto delle province non viene più ritenuto utile per governare i territori.

Però vorrei ragionare su come mantenere i servizi nei territori, non come riportarli a Cagliari; perché non vorrei si ritornasse ai tempi in cui gli amministratori scendevano a Cagliari con il cappello in mano perché dovevano chiedere all'Assessore di turno di avere il finanziamento per un'opera, un servizio in delega, e così via. Io dico che non si può tornare indietro riportando tutto a Cagliari, non si può iniziare una nuova stagione di neocentralismo regionale; io non penso nemmeno che la soluzione a questo problema siano le agenzie regionali, che sono un modo per creare altri Assessorati.

Le agenzie regionali significano "accentramento" comunque, sono altri assessorati, che cosa hanno di diverso? Anzi, essendo agenzie regionali sono diretta emanazione del Presidente, che nomina il direttore generale dell'agenzia. Io preferisco centomila volte le province a questo grande ANAS regionale, a questa grande ARPAS regionale, e a quant'altro dovesse essere concentrato sulla Regione e sottratto ai territori.

Ritengo quindi che si debba dare attuazione ai risultati referendari, però bisogna darvi attuazione sviluppando quel percorso, già avviato con la legge numero 9, di decentramento di funzioni e di competenze sui territori. Poi vedremo con quale strumento, ma lo strumento deve essere sul territorio non di nuovo su Cagliari.

Ecco perché noi in quest'Aula abbiamo il dovere di dare alla Sardegna un sistema istituzionale moderno; possiamo cogliere l'occasione del risultato referendario per metterci in discussione, per essere innovativi, per dare una risposta anche a questa pseudo riforma sulle province che sta mettendo in campo il Governo Monti; pseudo riforma che io non condivido assolutamente, perchè sottrae funzioni e competenze, sostituisce gli organi democraticamente eletti.

PRESIDENTE. Onorevole Cuccu, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Chiedo una breve sospensione.

PRESIDENTE. Poiché non vi sono opposizioni sospendo la seduta e convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo.

(La seduta, sospesa alle ore 21 e 28, viene ripresa alle ore 21 e 41.)

PRESIDENTE. Colleghi, comunico che la Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha deciso di proseguire i lavori a oltranza.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Colleghi, vi sto portando una testimonianza del lavoro che abbiamo svolto in quest'ultima settimana, e anche la testimonianza dell'impatto che gli incontri con gli amministratori locali hanno avuto su di me. Abbiamo incontrato amministratori provinciali (presidenti, assessori, consiglieri), ma le persone che mi hanno più colpito positivamente, nella loro serietà, nel porre il problema e nell'affrontarlo in modo moderno, nuovo, sono stati i numerosi sindaci che hanno fatto parte delle delegazioni provinciali.

I sindaci, moltissimi provenienti dalle province che abbiamo audito, hanno chiesto, tutti, che nel processo di riforma che la Regione si sta impegnando ad attuare non sia cancellato l'ente intermedio di coordinamento, ente che è stato rappresentato da tutti, senza eccezione alcuna, come un elemento di rafforzamento delle potenzialità dei territori e come elemento di aiuto nel lavoro spesso duro e difficile che i sindaci devono portare avanti nei loro comuni. Quindi uno degli elementi che è stato posto alla nostra attenzione, a risultato del referendum acquisito, è il fatto che la necessità di coordinamento delle attività e dei servizi gestiti a livello comunale e sovra comunale richiede di individuare ancora, in maniera forse più efficace e sicuramente più moderna, un ente intermedio.

E questo è il ragionamento che abbiamo tentato di fare per cercare di uscire dalle secche di questa difficoltà che i risultati dei referendum ci hanno posto di fronte. Perché è indubbio che i sardi si sono espressi con nettezza nel referendum del 6 maggio. La mia forza politica, l'Italia dei Valori, ha promosso numerosi referendum, ha promosso una raccolta di firma per l'eliminazione delle province e per una, come dire, rimodulazione dei vari livelli istituzionali presenti nei territori. Noi siamo convinti che quattro livelli istituzionali non siano più compatibili con la necessità di una efficiente ed efficace risposta ai problemi della gente. Quattro livelli istituzionali di pari dignità sono assolutamente troppi nel momento storico che stiamo vivendo.

Quindi è indubbio che dobbiamo trovare un equilibrio tra la necessità di dare risposte coerenti e tempestive, come ci è stato chiesto proprio stamattina dal comitato dei garanti che si è costituito per la verifica e per l'applicazione dei risultati dei referendum di domenica 6 maggio, in conseguenza all'applicazione dei risultati dei referendum, e la necessità di evitare un vuoto amministrativo nella gestione, nell'erogazione di servizi che, man mano che approfondivamo i problemi posti dai referendum, diventava sempre più evidente e sempre più importante. Ma su questo reinterverremo in fase di discussione degli emendamenti, quando approfondiremo le tematiche e la soluzione che, anche come Capigruppo, abbiamo tentato di proporre per trovare l'equilibrio di cui parlavo poc'anzi.

Ma io vorrei porre in evidenza un problema che, forse, tra i tanti evidenziati dal referendum, è il più evidente dal punto di vista politico ma anche il meno approfondito nelle discussioni di stasera.

Tra i segnali politici chiarissimi che il referendum ha dato ce n'è uno politicamente rilevante per questa Aula (è uno dei crack politici di cui ha parlato il collega Maninchedda) ed è il crack della maggioranza di governo della Regione: Indubbiamente sul tema sensibilissimo e importantissimo delle riforme istituzionali la maggioranza ha dichiarato forfait, la maggioranza si è dissolta su questo tema. Un non secondario partito della coalizione ha deciso di togliere la fiducia sulla capacità, autonoma, della maggioranza di portare avanti le riforme in questo Consiglio regionale e ha deciso un black out di carattere politico e istituzionale decidendo di rivolgersi direttamente al corpo elettorale tramite referendum. Non è un elemento di secondo piano, è un elemento politico fondamentale e segna profondamente la storia di questa legislatura. Questa legislatura è finita, questa legislatura è finita!

Se poi risulta che la maggioranza su questo tema implode e che, paradossalmente, alla testa di un movimento creato da un partito di questa maggioranza si pone addirittura il Presidente della Giunta regionale che dovrebbe essere il garante, il principale esponente e garante della maggioranza che sul suo nome si è costituita, comprendiamo qual è il black out, il corto circuito politico che il risultato di questo referendum pone alla nostra attenzione. E' un problema serissimo.

E se questo black out di carattere istituzionale lo colleghiamo all'altro crack che è avvenuto oggi con l'abbandono, da parte del presidente Cappellacci, del tavolo di confronto con il Governo sulla vertenza entrate, che verrà declinato col bilinguismo (nel senso che le comunicazioni le faremo anche in sardo da oggi in poi sui temi della vertenza Sardegna e della vertenza entrate), certifichiamo un fallimento politico con l'avvio del ricorso alla carta bollata nei confronti del Governo nazionale. Se leghiamo queste due questioni fondamentali, importantissime per la sopravvivenza dei corretti rapporti politici all'interno del Consiglio regionale, non possiamo non dire che questa legislatura è arrivata al capolinea.

Questa legislatura è arrivata al capolinea e noi, esponenti dell'opposizione, stiamo gestendo un ruolo di supplenza perché ci siamo accollati il compito di trovare una via d'uscita, una soluzione al caos istituzionale a cui ci saremmo trovati di fronte, e lo facciamo con molto senso di responsabilità. Però non è assolutamente accettabile che in questo lavoro, in questa attività frenetica, seria, responsabile che stiamo portando avanti, il Presidente della Regione sia totalmente assente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Adriano, se il ruolo di supplente ti sta stretto, viste le assenze, il ruolo di titolare si può avere serenamente. .

Io credo che il primo passaggio sia quello di cercare in tutti i modi di rasserenare l'ambiente, perché le fibrillazioni non giovano, non giova un clima che in quest'Aula in tanti anni non ho mai conosciuto, e che non aiuta certamente a trovare le soluzioni ai problemi. Occorre che prevalga il senso di responsabilità da parte di tutti e fare ragionamenti orientati in questo senso; per chi si è assunto le responsabilità di promuovere, di portare avanti, di andare fra la gente, e nel rispetto più assoluto della gente che ha votato, c'è un solo passaggio, che non è quello di trovare la soluzione per impedire il caos; e anche se qualcuno dice che caos non ce ne sarà e non ce ne potrà essere, io sono di parere completamente opposto.

Abbiamo sentito in questi giorni tanti sindaci, e chi è a conoscenza e ha proprietà del significato e del contenuto di una funzione che hanno le province, a torto o a ragione, dopo aver vissuto anni, gli anni '80, in cui si parlava di un'estinzione che sarebbe dovuta arrivare da un momento all'altro, vide nascere le comunità montane e i comprensori. Fallimento! Fallimento che in quest'Aula fu sancito, in una finanziaria, con la cancellazione attraverso un semplice emendamento.

Quello che voglio dire è che, se veramente dovessimo fare le cose nel modo più appropriato, dovremmo aspettare che il Presidente della Giunta promulghi il risultato con la pubblicazione sul BURAS, per capire il significato di quello che potrà accadere successivamente, al fine di capirlo noi, perché molti ancora sono convinto che non lo abbiano capito, e quindi non ne conoscano la difficoltà, e perché capisca anche chi onestamente, con tutta la buona volontà, ha espresso il proprio giudizio con il voto.

Io ho visto alcuni accenni di emendamenti, tutti si richiamano all'articolo 43 dello Statuto, si vuole fare subito una proposta di legge statutaria chiedendo al Parlamento, ricordatevi, la cancellazione; cosa che non potrà avvenire in due giorni. Ma cancelliamo noi dallo Statuto le province pensando di cancellarle anche dalla Costituzione? O la Sardegna ha qualcosa di particolare che possa consentirle di approdare, di pensare di chiudere i battenti perché ne ha le competenze? Badate, non è così, e onestamente tutti ci dobbiamo dire che non è così; e trovare la soluzione per qualsiasi responsabilità diventa obbligatorio anche per noi, anche per chi ne è rimasto al di fuori.

E non mi si dica che ventuno colleghi hanno partecipato, io non ho niente contro i colleghi che hanno sottoscritto e partecipato, però quegli stessi colleghi mi devono spiegare se io, o chi non ha partecipato, avrebbe avuto la stessa libertà di partecipazione con quei quesiti posti all'attenzione dell'opinione pubblica. Io sinceramente quella libertà non me la sono sentita addosso, perché se avessi mostrato di pensare in modo diverso da quei ventuno colleghi che hanno partecipato alla tornata referendaria, a me avrebbero preso a calci per strada, perché questo è il risultato.

C'erano anche gli specchietti per le allodole, bravo chi ci è riuscito, bravo chi ha portato avanti, bravi i cittadini che hanno preferito fare questa scelta, e questa scelta comunque quest'Aula e questo Consiglio la dovranno rispettare. Ma da qui a dire che abbiamo la competenza specifica di depennare, cancellare e stravolgere, credo che ci sia molto da ragionare, e su questo ragionamento dobbiamo ritrovarci. Se non ci dovessimo trovare su questo ragionamento, allora dovremmo avere il coraggio di percorrere l'altra strada, non quella degli emendamenti. Io sono per emendare nel modo in cui si consente poi alla Commissione di riunirsi e di elaborare, non che la stessa Commissione faccia immediatamente l'elaborazione frettolosa per arrivare in Aula e, con la velocità del suono, approvare una legge, io dico che non funziona così.

A me, ad esempio, fa piacere che l'onorevole Soru abbia ripreso a frequentare la prima Commissione per dare il contributo che so che è in condizione di dare, anche in situazioni difficili come questa, però è un contributo che dobbiamo dare tutti, dobbiamo darlo tutti. Allora io vorrei che stasera, almeno nel desiderio, si arrivasse a delle conclusioni per cui ci venga detto che fare una legge perfetta era impossibile e che avremmo dovuto cercare di farla nel modo meno imperfetto possibile. Ma se dopo ciò dovesse continuare questo clima e ognuno, con le proprie alchimie, levasse dal cilindro la soluzione, allora mi assumerei la responsabilità, con un atteggiamento provocatorio, almeno a titolo personale (non so che cosa farebbe il resto del Gruppo) di prendermi la libertà e dire: "No!".

Chi mi vieta infatti di pensare, come l'onorevole Capelli, di aspettare la conclusione della legislatura?, E' il modo migliore, ma sappiamo che questo creerebbe imbarazzo, perché così è, nel rapporto con il cittadino e con il voto che è emerso, perché comunque quella è una volontà. Ma c'è anche la volontà di istituire l'Assemblea costituente. Ma io non mi spiego allora come si possa fare una proposta cambiando l'articolo 43 dello Statuto, estrapolandola dal contesto dello Statuto stesso, per chi la battaglia della Costituente è da una vita che la fa, cioè stiamo negando ciò che abbiamo condiviso sino a ieri.

Amici miei, non si può estrapolare un solo articolo, perché i cittadini hanno votato anche quello, hanno votato anche l'Assemblea costituente, pur sapendo che i tempi a disposizione per i limiti che abbiamo non sono sufficienti. Comunque, il quesito lo abbiamo posto, e il risultato è quello che tutti conoscete. E allora su questo non si può dire una cosa, porre il quesito al cittadino, che comunque ci dice che l'Assemblea costituente deve essere fatta e poi, due giorni dopo, estrapolare l'articolo 43 perché lo vogliamo modificare; che senso ha?

Alcuni hanno l'abilità o la patente per stravolgere la volontà popolare, altri invece sono condizionati dal massimo rispetto; o c'è un'unità di misura che osserviamo tutti, ed è quella del rispetto, oppure ognuno di noi si deve sentire libero di fare quello che riterrà più giusto. Io credo che il rispetto della volontà popolare sia il filo conduttore, per quanto possibile, nel rispetto delle regole e delle leggi che noi non possiamo cancellare neanche con un referendum.

Dobbiamo trovare pertanto quell'alchimia necessaria per mantenere in piedi una situazione che ci porti a una riforma complessiva del sistema delle autonomie locali. Questa sarebbe la nostra vittoria, questo darebbe senso o, quanto meno, un po' di significato a questa legislatura. Diversamente, in questo fallimento, a prescindere dal fatto che si stia in una maggioranza o in una opposizione, verremo coinvolti tutti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io tenterò di fare un ragionamento che, almeno nella prima parte, considera la necessità che noi oggi abbiamo e il percorso che abbiamo dovuto fare per produrre una norma. Faccio questa considerazione perché deve essere chiaro a tutti noi che il risultato del referendum, parliamo del referendum sulle province (sugli altri referendum avremo modo, anche in altre circostanze, di esprimerci), comporta questa diretta conseguenza; e cioè che il Presidente della Regione deve, come hanno sottolineato anche molti giuristi, provvedere alla promulgazione del decreto dichiarativo e ricognitivo, che è connesso al pronunciamento già avvenuto da parte della Corte d'appello sui risultati dei referendum abrogativi, entro cinque giorni da quella data. Quindi … sospendo un attimo?

PRESIDENTE. Colleghi, scusate…

URAS (Gruppo Misto). Perché se dobbiamo esaminare qualche emendamento voglio partecipare anche io… in via generale.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Uras.

URAS (Gruppo Misto). Noi dobbiamo fare questa norma, dicevo, perché, entro cinque giorni dalla data del pronunciamento del Tribunale succede che la Regione Sardegna, unica in Italia, nel combinato disposto che chiaramente chiede l'eliminazione del livello istituzionale provinciale, si dovrebbe trovare senza province. Ma senza province la Costituzione dice che non ci si può trovare nessuno, perché la Repubblica si articola in province, oltre che in comuni, città metropolitane, regioni e Stato. E dice anche di più, e cioè che nessuno, nessun presidente, nessun Consiglio regionale può compiere atti, lo dice il "126", contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, ben consapevole di compierle.

E allora, per raccogliere la volontà popolare, non per violare la volontà popolare, dico ai colleghi che hanno nobili frequentazioni, ma che ne hanno anche un pochino meno nobili, che indicare con il dito indice i nemici del referendum nei Presidenti dei Gruppi consiliari, nel Presidente del Consiglio, insieme alla propaganda che spesso ha accompagnato anche questa vicenda referendaria, "castra la casta", "basta con quelli con le mani in pasta", "meno stipendi ai politici e più lavoro", cioè promuovere quel clima così avvelenato che pure noi incontriamo nella società, utilizzarlo per raccogliere consenso, beh, questo non aiuta la riforma dello Stato, non aiuta il raggiungimento dei risultati più giusti. perché la disinformazione, Presidente, si fa anche col danaro pubblico.

Come chiamano il "convitato di pietra" che è assente? Come chiamano colui che non si trova mai? L'uomo invisibile, che non so se stia giocando tra le isole o sia in qualche isola appartato, oppure indisposto, oppure sotto cura, oppure tamponato, sta di fatto che in quest'Aula non c'è e non c'è mai, non ci viene nei momenti più alti, quando deve essere presente chi ha la massima responsabilità di questa istituzione, chi la rappresenta; ma che vergogna! Ma che vergogna per lui! Io mi sento addosso la sua vergogna! Vergogna! Vergogna! E' un'indecenza politica!

Onorevole Floris, lei è stato Presidente di questa Regione e di questo Consiglio, glielo dica, se lo vede, che è una vergogna che lui sia assente, oggi e in altre circostanze, ma oggi più delle altre circostanze. E dicevo che noi dobbiamo fare una norma per rimediare a un evento che dobbiamo anticipare, cioè privare delle province, delle circoscrizioni provinciali territoriali la Sardegna. Io ho fatto una piccola stampa, lo dico al collega Vargiu perché è utile che sappia, di tutto ciò che appare, della modulistica, di quella che è decisa dalla legge dello Stato in settori chiave per il funzionamento della Repubblica come quello finanziario, norme che intervengono a definire quella modulistica e non lasciano alternative sul fatto che si debba rispettare dove c'è un campo provincia che è obbligatorio, ma così è anche nei siti on-line per l'accesso a mille cose.

Noi, di colpo, se aspettassimo l'esito del referendum, lo dico a tutti quelli che hanno sostenuto l'abolizione delle province incuranti degli effetti negativi che ci sarebbero stati in quest'Isola, in assenza di un ordinamento nazionale coerente, avremmo avuto danni irreparabili: il blocco dell'iniziativa economica, il blocco del funzionamento degli ordini professionali, il blocco del funzionamento di apparati significativi dello Stato, l'impossibilità di immatricolare le auto, oppure di fare un CUD, avremmo compiuto, cioè, una grave violazione e un danno gravissimo nei confronti dei cittadini.

E noi che siamo andati a votare quei referendum abbiamo coerentemente difeso la nostra posizione politica che era meditata e abbiamo detto no all'abolizione delle province, perché il percorso, anche quello referendario, è quello segnato dalla Costituzione, dall'articolo 133 e dall'articolo 43 dello Statuto e non quello che è stato impropriamente utilizzato. Ed è questa la parte più oscura, è questa la parte più preoccupante, cioè la parte che richiama la responsabilità della Presidenza della Regione. Noi rimedieremo; rimedieremo perché sono almeno quindici gli ambiti di legislazione regionale che verrebbero devastati, rimedieremo, ma non fatelo più perché fate un danno alla Regione per cercare un consenso facile e questo è sbagliato, moralmente sbagliato! E al Presidente della Regione, di cui siete amici, ditegli che è pagato per venire qua, non per andare da altre parti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Signor Presidente, prima precisazione: noi vogliamo che l'esito del referendum venga portato a compimento. La volontà popolare quale ritraibile dall'esame delle norme abrogate ovvero dei referendum consultivi deve essere attuata. Questa è la prima premessa, al di là dei vari blog che girano, dove si leggono le solite fesserie ma, come suol dirsi, de minimis non curat praetor, quindi lasciamo da parte chi non è abituato ad ascoltare, a leggere e a capire.

E' un momento estremamente delicato. Siamo chiamati a un impegno straordinario, un impegno straordinario per risolvere, andando nella linea del referendum, una situazione che se non si dovesse provvedere oggi a legiferare creerebbe un gravissimo danno alla Sardegna; vedrebbe la pubblicazione sul BURAS del decreto che proclama l'esito del referendum e quindi la soppressione di tutte e otto le province. Nel momento in cui viene annullata anche la deliberazione del Consiglio regionale del '99 vengono soppresse, infatti, tutte le circoscrizioni territoriali, per cui tutte le province perdendo l'elemento popolazione e territorio che sono elementi costitutivi verrebbero meno.

Se noi non interveniamo è evidente quel che succede: nessuno potrà tenere la partita IVA, non potrà essere immatricolata una macchina, non si potrà andare alla Comunità europea per richiedere i fondi che la Comunità europea prevede e mette a disposizione delle province e non di altri soggetti. Sono evidenti le conseguenze che ci richiedono di intervenire immediatamente e in tempi brevissimi.

E' ben vero che un referendum che incida su organi costituzionali non può determinare per principio un vuoto normativo. Peraltro questo è successo e questo vuoto normativo ci porta a dire che se non interveniamo finiamo per avvalorare una violazione della Costituzione e una violazione dello Statuto. Oggi l'articolo 1, l'articolo 5, l'articolo 114, l'articolo 118 della Costituzione, l'articolo 43 dello Statuto impongono che il territorio della regione sia suddiviso in province. Poi bisogna intendersi sul concetto provincia. Io posso costituire aree vaste e qualificarle province, ma quello è un altro discorso che poi andremo a vedere.

E' una situazione sicuramente complessa. Giustamente, dice l'onorevole Maninchedda, noi siamo pagati per risolvere anche le situazioni complesse e sono d'accordo con lui, solo che la situazione è ancora più complessa di quello che appare a prima vista perché, al di là del vuoto normativo che io devo eliminare, ho una serie di percorsi costituzionali che devo seguire nell'intervenire in questa materia. Esempio: l'articolo 43, secondo comma, dello Statuto prevede che le circoscrizioni territoriali vanno costituite tramite consultazione o referendum che devono essere fatti prima di procedere alla costituzione, ma questo se vogliamo è un principio affermato dall'articolo 133, è un principio affermato dal Trattato europeo sulle autonomie locali, quindi è un principio indiscutibile.

Soluzioni: molto opportunamente ci siamo avvalsi del parere di illustri avvocati e costituzionalisti, il meglio che ci pone a disposizione la nostra terra, o tra il meglio per non essere offensivo rispetto ad altri, pur valenti, che non abbiamo sentito. Questi giuristi ci hanno detto: "Attenzione che in questa situazione non sono possibili soluzioni perfette. Ogni soluzione che voi adotterete è una soluzione che si presta dal punto di vista legale, al di là delle valutazioni politiche, a critiche, a eventuali possibili ricorsi". Ben consci di questo la valutazione qual è? Ogni forza politica ha le sue posizioni ben precise e ben determinate; noi abbiamo una posizione nazionale del nostro partito che chiede la modifica della Costituzione per l'abrogazione delle province. Quindi nulla di più facile del dire che siamo d'accordo con l'esito referendario; però di fronte a questa emergenza, ripeto, lo spirito di responsabilità, il senso delle istituzioni chiede a tutti di fare un passo indietro.

Non è il momento di fare polemiche per motivi di opportunità partitica e politica; chi lo ha fatto ha sbagliato tutto, non ha il senso delle istituzioni. Il referendum ci deve insegnare a tutti, a chi lo ha accettato e a chi lo ha subìto, che le istituzioni si difendono e si difendono prestando maggiore attenzione anche al momento del referendum anche se poi il risultato può portare a effetti condivisibili. In certi interventi questo non l'ho sentito. Noi faremo alcuni passi indietro per senso di responsabilità, sapendo bene che dovremo in questa fase mettere un attimo da parte le nostre linee politiche anche nazionali. Questo ci è chiesto per evitare un danno alla Sardegna, questo noi faremo per quanto possibile, avendo cercato nei confronti che ci sono stati (e i confronti sono stati serrati ed estremamente approfonditi), in cui abbiamo analizzato la vicenda, di trovare una sintesi tra le posizioni di tutte le forze politiche.

Ci siamo confrontati, di questo do atto con estremo piacere, con le opposizioni che in tutti i confronti non hanno svolto il ruolo dell'opposizione, hanno svolto il ruolo delle persone sensate che hanno a cuore il senso delle istituzioni, ne devo dare atto a tutti con estremo piacere. Questo è il clima con cui dobbiamo fare tutte le riforme, perché noi le riforme le vogliamo fare e abbiamo iniziato a farle, le abbiamo proposte. E' in fase avanzatissima in Commissione autonomia (questo è anche merito del presidente Maninchedda che ha dato un'accelerazione ai lavori) l'esame della legge statutaria elettorale, può essere chiusa in una settimana se si vuole o, se si vuole, si può vedere prima la parte elettorale.

Ebbene, una soluzione è quella di stabilire comunque dei termini entro cui porre in essere gli adempimenti. I termini devono essere i più brevi possibili, però dobbiamo fare una legge di riordino di tutte le autonomie locali e questo dobbiamo farlo sentendo tutte le autonomie locali, sentendo CAL, UPS, ANCI, quindi occorrono dei tempi. Una volta fatto questo la riforma deve essere attuata; per attuare la riforma, comunque chiami le nuove circoscrizioni (provinciali, unioni di comuni, aree vaste), devo sentire le popolazioni; se trasferisco le funzioni delle province ad altri enti devo sentire le popolazioni perché me lo impone lo Statuto, e occorrono dei tempi.

Una volta arrivato alla pratica attuazione occorre ridisegnare il modello e l'assetto territoriale; in quel momento quale che sia la scelta, elezioni di primo grado o elezioni di secondo grado, devo fare le elezioni. Noi siamo disposti come in questi giorni a lavorare mattina, sera, sabato, domenica, lunedì compresi, senza nessun problema. So, e di questo hanno dato dimostrazione tutti i Gruppi, che questa è la volontà di tutti, non solo di chi ha partecipato alle riunioni ma di tutto il Consiglio perché sono sicuro che nessuno, se viene chiamato a lavorare il sabato e la domenica per risolvere i problemi della Sardegna si tirerà indietro.

Attenzione però, fatte le riforme non abbiamo risolto nulla, abbiamo solo posto le condizioni e i presupposti per poter operare. Poi bisogna lavorare, bisogna fare tutte le norme di legge, tutti i programmi, dobbiamo farlo, questo siamo chiamati a fare, questo è il compito che ci siamo assunti. Attenzione che nel fare le riforme non dimentichiamo tutti gli altri problemi. Non dimentichiamoci che entro il 30 giugno dobbiamo disciplinare tutti i servizi pubblici locali perché sennò mettiamo la gente e togliamo gli stipendi. Ripeto, ho apprezzato il senso dell'istituzione in tutti e mi sento di dire grazie a tutti per quello che hanno dimostrato in questi giorni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Io credo di non dover aggiungere molte altre cose a quelle che sono già state dette. Abbiamo lavorato molto in questi giorni, e vorrei significare al Consiglio che non si deve sentire espropriato, è circolata questa voce, perché sembrava quasi che la Conferenza dei Capigruppo in qualche modo potesse occupare degli spazi che non le sono consentiti. Credo che fosse fondamentale invece perché, come ha detto il collega Steri, era indispensabile che si arrivasse a definire un testo che fosse il più condiviso possibile.

Credo che ci siamo arrivati, forse sarebbe bastato un piccolo passo ancora e probabilmente avremmo esitato un testo che poteva essere votato all'unanimità. Questa però è una valutazione di tipo politico che io non intendo fare perché non posso assolutamente sostituirmi a chi ha ritenuto di non dover condividere, pur apprezzando lo sforzo che è stato fatto da tutte le forze politiche. Noi, sicuramente, ci troviamo davanti a una situazione molto difficile e la difficoltà maggiore l'abbiamo avuta quando i quattro graditissimi e gentilissimi amici che si sono prestati a fornirci un parere, hanno molto candidamente ammesso che quel parere non poteva essere un parere; infatti almeno il primo parere e anche l'ultimo, si capiva, avevano dato adito a divergenze anche all'interno degli stessi docenti universitari e degli stessi avvocati. Questo per far capire quanto era ed è complessa la materia.

Noi però avevamo un punto fermo da cui partire: dare risposte al referendum, su questo ci siamo pronunciati tutti e nessuno si può tirare indietro perché non so chi l'abbia detto però qui non c'è una forza politica che si sia apertamente schierata contro il referendum. Chi si è schierato a favore, nessuno si è schierato contro, altri partiti compreso il mio hanno lasciato libertà di voto. Quindi in un modo o nell'altro tutti quanti siamo stati coinvolti. Poi c'è chi è andato a votare e chi non è andato a votare, ma questo è un discorso diverso.

Il referendum ha raggiunto il quorum, il referendum chiedeva certe cose e i referendum chiedono cose possibili, qualche volte rischiano di chiedere delle cose impossibili o comunque problematiche e difficili. Quello che aboliva le province ha chiesto delle cose difficili, magari poi non hanno considerato che, non lo dico per campanile, che nello sciogliere le quattro province cosiddette regionali ci passa di mezzo anche una provincia che secondo me è più storica di tutte le altre che è la provincia di Oristano e guarda caso non è stata fatta dal Consiglio regionale, non è stata fatta dalla Regione Sardegna ma c'è un bel decreto del Presidente della Repubblica del 23 luglio del 1974. Fatta come? Nel recepimento di una norma costituzionale con legge dello Stato.

Mi viene difficile, cittadino di Oristano, pensare che è stata utilizzata la Costituzione per far nascere la provincia di Oristano, però siccome non è inserita nello Statuto della Regione Sardegna, Oristano dovrà, se questo Consiglio lo vorrà, rientrare a far parte di uno dei territori storici della Sardegna. Io spero che questo non fosse nell'idea dei referendari, questa è la classica buccia di banana, ma se così sarà e se dovremo veramente abolire tutte le province della Sardegna, anche quelle che, ripeto, non potremmo abolire, ci passerà anche la provincia di Oristano.

Ma non è questo il ragionamento che mi appassiona maggiormente e che ho portato all'attenzione perché si capisse ancora di più di quanto è stato problematico il referendum. Noi abbiamo steso un testo che è stato ampiamente modificato, credo che siamo arrivati alla soluzione, vogliamo dire, "meno peggio", benissimo, è la "meno peggio". Però è una soluzione, è una soluzione che tiene conto anche delle cose che ci hanno detto i numerosissimi amministratori locali che abbiamo ascoltato in questi giorni.

E debbo dire che, se c'è stata grandissima coesione tra le forze politiche, c'è stato veramente un apprezzamento particolare nei confronti dei sindaci, perché i sindaci della Gallura, i sindaci del Medio Campidano, i sindaci dell'Ogliastra che sono venuti con i loro rappresentanti provinciali, hanno fatto dei ragionamenti vi assicuro di altissimo livello e spessore, nessuno di questi nostri colleghi amministratori ha mai posto in discussione l'esito referendario, nessuno, tutti quanti hanno ravvisato la necessità che si provvedesse con una legge a rivedere il sistema istituzionale degli enti locali in Sardegna, e da lì siamo partiti.

Credo che stiamo facendo una cosa buona e giusta, credo che riusciremo a fare una legge che dia il massimo della risposta ai referendari, mi auguro anche che i garanti che sono stati nominati possano un domani dire: "Non impugniamo la legge della Regione Sardegna perché rispetta pienamente il dettato del referendum". Quindi mi sento sereno dal punto di vista politico, credo che stiamo facendo un lavoro egregio, non c'entra l'assenza del presidente Cappellacci, lo dico ai colleghi dell'opposizione e a chi ha voluto sollevare questo problema. Non mi pare questo un elemento che possa in qualche maniera essere portato all'attenzione della Giunta.

Questo è un testo di legge che è sfuggito alla Giunta, ma per una volontà della Giunta e per una volontà del Consiglio regionale. Ci sono delle materie nelle quali il Consiglio regionale forse è più immediato, è più pronto a recepire anche le istanze che arrivano dai territori; c'era peraltro e c'è un disegno di legge, e credo che ci sarà molto utile nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, che l'assessore Rassu aveva già abbondantemente elaborato, per quanto lo riguardava, dal punto di vista tecnico e strutturale. Per cui ci dobbiamo ancora lavorare, ma io sono certo che l'impegno della Giunta e dall'assessore Rassu saranno fondamentali per confezionare una legge definitiva che stabilisca esattamente l'ordine gerarchico anche delle istituzioni locali e di tutto il sistema degli enti locali in Sardegna. Sono convinto di questo perché credo che nell'assessore Rassu abbiamo trovato un interlocutore validissimo, attento, esperto conoscitore dei problemi della Sardegna.

C'è un solo aspetto, emerso dagli incontri che abbiamo avuto con gli amministratori locali, che vorrei riferire al Consiglio; e cioè che noi non potremo mai legiferare appieno sulle differenze storiche, sulla cultura, sugli usi e i costumi. Questi elementi non sono divisibili, non è possibile pensare che la Gallura non possa vedere riconosciute le proprie peculiarità. Così come non è possibile che l'Ogliastra abbia un riconoscimento che non è quello dato da noi, dato in questo Consiglio regionale.

Non si possono illudere le popolazioni di avere un ruolo e di poter godere di quello che loro hanno chiesto e, a distanza di tempo, non dico di scipparglielo, ma di portarglielo via definitivamente. E, quando dico definitivamente, dico che probabilmente bisogna studiare un meccanismo nel quale i territori si sentano adeguatamente rappresentati, non so con quali modalità, non entro nel merito di questo perché credo che non sia questo il momento. Quando ci misureremo sulle opportunità che potranno essere date ai territori, credo che la voce del P.d.L., così come quella di tutti i Gruppi politici, sarà sufficientemente efficace per soddisfare le esigenze di tutti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, nel 1989, iniziando il suo intervento al Senato per la votazione del Governo Ciampi, in un periodo difficile, la caduta della prima Repubblica, Mino Martinazzoli utilizzò una metafora che mi pare sia valida anche oggi: "La nave è ormai in mano al cuoco di bordo, e ciò che trasmette il megafono del Comandante non è la rotta, ma ciò che mangeremo domani".

Voleva così significare la differenza che passa tra l'orizzonte delle istituzioni e il quotidiano del menù del giorno. Siamo un po' nella stessa situazione, perché vedete siamo qui a porre rimedio a una complicazione: ripristinare l'agibilità istituzionale nella nostra Regione, mi pare evidente che questo è l'oggetto del nostro lavoro. Ma è un fatto normale che ciò sia potuto accadere? Questo guaio si è generato non per la legittima iniziativa referendaria, ma per il venir meno di quell'indispensabile ruolo di terzietà, nella ammissione del referendum, che doveva esercitare la Commissione, e dunque il Presidente; questo ruolo non è stato svolto, e siamo in questo guaio perché non c'è stata in quel momento la quantificazione e la ponderazione delle conseguenze dello sviluppo di una legittima iniziativa referendaria.

Ora il Presidente, come primo botto, pur essendo assente, ha deciso di commissariare le province che fino a oggi ci sono, si vedono, e invece non pensa di commissariare se stesso che non c'è mai, non si vede e non si sa dov'è. Io credo che i referendari, sia i Riformatori ma anche il Presidente, hanno fatto in questa circostanza un passo in avanti e una dissociazione. Perché se c'è una cosa che è incomprensibile è quella di aver fatto credere che si poteva esercitare un potere distruttivo, immediato e irrevocabile, nel cuore della struttura istituzionale della nostra Regione. Per fortuna nella civiltà giuridica di questo Paese, compresa la nostra Regione, ciò non è possibile realizzare.

L'unica strada per dare immediato avvio ai cambiamenti è quella di fare le riforme, ed è quella anche per dare la risposta all'esito dei referendum e alla volontà popolare. Ma voi siete dovuti arrivare a questo punto per decidere di assumere una iniziativa riformatrice. Io vorrei ricordarvi che noi, a differenza vostra, dopo tre mesi abbiamo cominciato a fare leggi nella direzione delle riforme, non abbiamo dovuto andare incontro ai fallimenti della politica e delle maggioranze costituite per avviare quel processo. E' impensabile che Cappellacci si collochi dalla parte di chi dichiara il fallimento, è impensabile, deve solo andarsene, può fare solo quello.

Bisogna capire quindi che, per ripristinare l'agibilità istituzionale in questa Regione, non si possono più continuare a seguire le opinioni, ma bisogna perseguire il rigore delle applicazioni normative. C'è gente che dice: "Via le province subito, è la volontà popolare", no, la Regione autonoma della Sardegna sa bene (gli è stato comunicato formalmente nel 2003) che tra i principi della stessa Costituzione vi è certamente quello che prevede che la durata in carica degli organi elettivi locali, fissata dalla legge, non è liberamente disponibile da parte della Regione nei casi concreti. Vi è un diritto degli enti elettivi e dei loro rappresentanti eletti al compimento del mandato conferito nelle elezioni, come aspetto essenziale della stessa struttura rappresentativa degli enti, che coinvolge anche i rispettivi corpi elettorali. Sentenza numero 48 del 2003 per la Regione sarda.

Ma di che cosa stavamo parlando in questi giorni inutilmente? Poteri sostitutivi; mostrino le leggi, non ce ne sono. Anche l'esercizio del potere sostitutivo deve essere previsto e disciplinato dalla legge, che deve definirne i presupposti sostanziali e procedurali.

Dunque si vuole fare in fretta contro tutti; no, non è possibile! Lo stesso organo di controllo del massimo livello di garanzia costituzionale di questo Paese ci dice che le leggi di riforma volte a cancellare, a modificare, debbono comunque approntare congrue garanzie procedimentali per l'esercizio dei poteri sugli altri enti, in conformità al principio di leale collaborazione.

Colleghi, bastava semplicemente mettere insieme queste cose (poi ci sono state anche le opinioni dei giuristi), per capire che gli strumenti della partecipazione popolare sono una cosa, gli elementi di garanzia costituzionale un'altra. Si deve trovare l'equilibrio, ma non si deve trovare un equilibrio dell'uno a discapito dell'altro, questo mai. Ecco perché (l'ha detto Maninchedda) la proroga non è un dato politico, è un vincolo giuridico che si può interrompere con la sopravvenienza di una legge di riforma dai caratteri generali, astratti e, dice sempre la massima Corte, sulla base di presupposti non irragionevoli; e anche questa formulazione, se si esplora il significato, vuol dire tante cose.

Riforma, qual è la riforma? Io non mi voglio cimentare, ci saranno le sedi nelle quali parleremo delle riforme, noi abbiamo le carte in regola, dimostrate in periodi non sospetti, perchè non c'è bisogno di arrivare a questo livello di delegittimazione della classe politica per poter fare riforme, le abbiamo fatte, non eravamo inseguiti da nessuno, le abbiamo fatte con una logica.

Certo che qualcuno potrà chiedersi come mai (che bravi legislatori) dopo sette anni cambiano tutto il registro. Abbiamo fatto una legge, dopo sette anni abbiamo cambiato registro? Pensiamo alle unioni di comuni, alle associazioni come luogo, però pensiamo anche a svuotare un po' questa Regione che è troppo imbottita di gente che controlla progetti per giorni e giorni, che non sa neanche dove sono collocati, che non ne conosce i confini, i termini, le finalità.

Poi vorrei sottolineare un'altra cosa. Se qualcuno ha delle certezze ce lo dica; al momento, così come non avevamo disponibilità su altre cose, non è dato sapere con certezza se è nella nostra disponibilità il superamento di tutte e otto le Province. È un'opinione, può essere che sia corretta, portate fuori le carte, non è dato sapere. Bisogna approfondire questo argomento, e questo lo dobbiamo fare perché dobbiamo portare rispetto nei confronti della gente, non la dobbiamo prendere in giro evocando scenari e cataclismi.

Uno dei doveri delle istituzioni è quello di non generare, come invece abbiamo fatto tutti quanti, a diverso titolo in questi giorni e in queste settimane, il disorientamento sociale, il panico e l'incertezza esistenziale in centinaia di persone. Il nostro compito è un altro. Noi non ci sottrarremo neanche a questo, al dovere di costruire una riforma perché abbiamo idee e abbiamo il curriculum a posto, come si usa dire.

Quando avremo poi completato, colleghi Riformatori, l'opera di vilipendio delle funzioni istituzionali del Consiglio e dei consiglieri, quando avremo cancellato definitivamente una loro dignità e rispettabilità ci troveremo probabilmente, quel giorno io non vorrò esserci, e spero anche molti altri di voi, a registrare la conclusione dell'autonomia e della nostra "significanza". Stiamo attenti a quello che facciamo, ogni cosa ha un limite, le nostre opere e i nostri atti legislativi non valgono tanto per noi, ma valgono anche per cose astratte e nobili oltre di noi sulle quali vorrei fossimo tutti un po' più attenti .

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessoredegli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Io ho seguito con molta attenzione il dibattito perché la complessità, l'urgenza, l'originalità dei problemi comportate dall'approvazione dei referendum ha portato il Consiglio regionale, e non solo, a consultarsi con illustri costituzionalisti per trovare una strada percorribile affinché, nel rispetto della volontà popolare, si potesse arrivare a una norma transitoria che bloccasse il cosiddetto vuoto istituzionale, e oggi stiamo parlando di questo. A me piace essere concreto e pratico, al Presidente Cappellacci ormai gli si addossa tutto! Gli si addossa di tutto e di più!

Così come mi è sembrato che sia stato addossato di tutto e di più alle province, perché è un anno che ci sbattiamo la faccia, almeno sei mesi o sette mesi, da quando è stato promulgato il decreto Monti; un decreto incostituzionale, impugnato dalla Regione Sardegna, impugnato davanti alla Corte costituzionale da altre Regioni e quant'altro, tant'è vero che lo stesso Monti, tornando indietro, ha proposto di modificare l'articolo 133 della Costituzione perché, come ho sentito dire da più parti stasera, le province sono uno degli organi stabiliti dalla Costituzione, sono delle componenti indispensabili dello Stato, assieme ai comuni e alle regioni.

Detto questo, una cosa è certa: il referendum ha accelerato tutto questo processo, certamente causando nell'immediatezza del contingente non pochi disagi; disagi illustrati abbondantemente da tutti i presenti e, abbondantemente, è stato anche ribadito il fatto che la volontà espressa nei referendum deve essere rispettata!

E' chiaro che ci devono essere dei tempi congrui affinché si possa arrivare a una norma generale sull'ordinamento degli enti locali, senza primogeniture né da una parte né dall'altra; si tratterà infatti di una legge fondante, una legge che vedrà la luce sessant'anni dopo l'approvazione dello Statuto, che ancora la Regione autonoma della Sardegna non ha. Ed è giusto che questa legge veda il coinvolgimento di tutto il Consiglio regionale, di questo io ne sono convinto (ripeto senza primogeniture, senza curriculum da una parte e dall'altra), rendendoci conto che su di essa, d'ora in avanti, si organizzerà tutto il sistema istituzionale della Sardegna.

Colleghi, abbiamo lavorato in Assessorato quasi per un anno a un testo, relativo all'ordinamento generale, che ho presentato in Giunta il 22 febbraio di quest'anno. La Giunta ne ha preso atto, ma l'itinere di questa norma si è bloccato perché di settimana in settimana, ancora oggi, il decreto Monti sta subendo delle modifiche. La riorganizzazione dell'ordinamento generale si è bloccata perché in questo ordinamento generale era inclusa anche la riforma delle province da sottoporre come proposta al Consiglio regionale. Pochi giorni fa la Commissione senatoriale ha emendato il decreto Monti; per chiudere questo problema particolare delle province ancora non si hanno le idee chiare da parte del Governo, di come poterle organizzare.

Io credo che noi a suo tempo e al momento dovremo fare una norma che sia ben "calzata e vestita" per la nostra Regione. A questo abbiamo lavorato e non è giusto dire che la Giunta è assente perché esiste almeno la proposta che ha fatto la Giunta, dico solo che non è una norma che può portare avanti da solo il Governo regionale, come ho sentito dire da più parti, invece è una norma su cui si deve giustamente riflettere, studiare e va portata all'attenzione dell'intero Consiglio regionale, con un po' di umiltà, approfittando di tutte le esperienze che sono all'interno di quest'Aula, e ce ne sono tantissime e di elevata cultura.

Forse sarebbe bene che d'ora in avanti, credetemi, ci fosse meno attrito, si pensasse di più; questo il mio pensiero personale, se vogliamo pensare veramente ai problemi che abbiamo davanti pensiamoci e lasciamo da una parte l'attacco continuo, continuo e continuo. Io nella scorsa legislatura, quando su questa sedia sedeva l'onorevole Soru, qualche volta mi sono opposto agli attacchi indiscriminati, perché quando si attacca una persona l'obiettivo è abbattere il nemico, ma l'obiettivo non è questo! L'obiettivo è dare risposta ai problemi dei sardi e la Giunta sta tentando in tutte le maniere di farlo.

Oggi il Presidente era a Roma per il confronto con il Governo sul problema, lo sappiamo tutti, delle entrate, ha rotto le trattative, si va verso la via giudiziaria, non è in giro a spasso per il mondo, sta adempiendo a un suo preciso dovere istituzionale e non poteva essere presente in Aula! Io non so se sia rientrato o meno da Roma, comunque sia non voglio neanche scusarlo, ma è necessario che tutto il dibattito sia sempre imperniato sulla persona del Presidente? Il Presidente ha un dovere preciso che è quello di rappresentare la Regione in modo unitario e non può essere sempre in Aula, di questo siamo convinti tutti! Concentriamoci quindi sui problemi reali!

Io sono convinto che questa norma dia una risposta immediata per risolvere i problemi contingenti che sono nati con l'approvazione dei referendum, nel rispetto dei referendum, perché nessuno, tanto meno la Giunta, e tanto meno il Consiglio si sogna di mettere in dubbio il risultato referendario e cioè la volontà espressa dal popolo sardo. Ritengo che i tempi proposti in questa norma transitoria siano tempi accettabili, perché l'esperienza in Assessorato mi ha insegnato che in due giorni, in tre giorni, in meno di una settimana può essere fatta una legge di riforma degli organi regionali anche se, dall'approvazione dello Statuto in poi, è la prima volta che si norma sull'ordinamento generale

Io sarei del parere che è necessario arrivare sino all'ultimo comune, perché le riforme non si fanno a pezzi, le riforme devono essere fatte in modo generale, e sarebbe stato bello che anche la riforma delle province potesse essere esaminata all'interno della riforma dell'ordinamento generale, comunque così è e si va avanti in questa direzione.

Ritengo comunque che la responsabilità dimostrata dal Consiglio, da maggioranza e opposizione, per quanto mi è stato dato appurare in Commissione, sia encomiabile! E, non per ripetere ciò che è stato detto, io mi auguro che, così come ha detto il collega Giacomo Sanna, il Consiglio possa ritrovarsi d'ora in avanti anche sui temi fondanti che sono principalmente i problemi occupazionali, i problemi della crisi sociale, i tantissimi problemi che stanno attanagliando la Sardegna.

Io credo che se ci fosse una comunione di intenti per risolvere questi problemi, ognuno chiaramente distinto nelle proprie formazioni politiche, probabilmente renderemmo un servizio molto più positivo a chi ci ha portato all'interno di quest'Aula e, principalmente, alla Sardegna.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, le chiedo di convocare una Conferenza dei Presidenti di Gruppo.

PRESIDENTE. Convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. La seduta è sospesa

(La seduta, sospesa alle ore 22 e 50, viene ripresa alle ore 23 e 21.)

PRESIDENTE. Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli del testo unificato numero 343-354 (II)/A. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame del titolo.

(Si riporta di seguito il testo del titolo:

TITOLO

Norme in materia di province e modifiche alla legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4 (Norme in materia di enti locali e sulla dispersione ed affidamento delle ceneri funerarie).)

Poiché nessuno è iscritto a parlare sul titolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'esame dell'articolo 1. All'articolo 1 sono stati presentati degli emendamenti.

(Si riporta di seguito il testo dell'articolo 1 e dei relativi emendamenti:

Art. 1

Riforma delle province

1. Fino all'approvazione di una organica disciplina regionale sull'ordinamento degli enti locali di cui all'articolo 10, comma 5, della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2 (legge finanziaria 2007), e successive modifiche e integrazioni, successivamente alla scadenza ordinaria della durata in carica delle province esistenti, in Sardegna si applicano le disposizioni di cui ai commi da 14 a 17 e 20 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici) convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.

2. Fatte salve le funzioni di cui al comma 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale presenta un disegno di legge che disciplina il trasferimento ai comuni e alla Regione, entro il 31 dicembre 2012, delle funzioni amministrative attualmente attribuite dalla normativa regionale vigente alle province e il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite.

Emendamento sostitutivo totale Maninchedda

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

Riordino del sistema degli enti locali

1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale presenta alle Camere una proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 43 dello Statuto speciale.

2. Entro il 31 dicembre 2012 il Consiglio regionale approva una legge di modifica della l.r. n. 12 del 2005, della l.r. n. 9 del 2006 e della l.r. n. 1 del 2005.

3. La legge di cui al comma 2, in particolare, prevede:

a) la procedura per l'individuazione di un massimo dì venti ambiti territoriali ottimali su ciascuno dei quali deve essere costituita una sola unione di comuni comprendente obbligatoriamente i comuni ricadenti nel relativo ambito;

b) la disciplina delle modalità di elezione e di composizione degli organi di governo delle unioni di cui alla lettera a);

c) la disciplina di riordino complessivo della distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti locali e la Regione e delle relative risorse economiche, strumentali e umane.

4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui ai commi e 2 sono ricostituiti, in via transitoria, gli ambiti territoriali come delimitati dallo Schema di nuovo assetto provinciale approvato dal Consiglio regionale il 31 marzo 1999, pubblicato sul BURAS del 9 aprile 1999 e modificati dalla legge regionale 13 ottobre, 2003 n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni provinciali).

5. In ciascuno degli otto ambiti di cui al comma 4 le funzioni proprie, attribuite, conferite e delegate alle soppresse province sono esercitate attraverso una unione di comuni composta da una assemblea e da un consiglio di amministrazione.

6. L'assemblea di cui al comma 5 è formata da un rappresentante per ogni comune ricadente nel territorio di ciascuno degli otto ambiti, designato fra i sindaci e gli assessori pro tempore degli stessi.

7. Al suo interno l'assemblea elegge il consiglio di amministrazione, formato da non più di quattro elementi oltre al presidente. Le indennità del presidente e dei componenti il consiglio di amministrazione non possono superare rispettivamente, quelle del sindaco e degli assessori del comune più popoloso facente parte del rispettivo ambito e non sono cumulabili con altre indennità.". (1)

Emendamento sostitutivo totale Vargiu - Cossa - Dedoni - Mula - Fois - Meloni Francesco

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

Riordino del sistema degli enti locali

1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale presenta alle Camere una proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 43 dello Statuto Speciale che prevede l'eliminazione delle province dal territorio regionale.

2. Entro il 30 settembre 2012 il Consiglio regionale approva una legge di modifica della legge regionale 12/2005, della legge regionale 9/2006 e della legge regionale 1/2005.

3. La legge di cui al comma 2, in particolare, prevede:

a) la procedura per l'individuazione delle aree territoriali ottimali su ciascuno dei quali deve essere costituita una sola unione di comuni comprendente obbligatoriamente i comuni ricadenti nel relativo ambito, e che in linea di massima coincidono con gli ambiti ricompresi nei distretti sanitari;

b) la disciplina delle modalità di elezione e di composizione degli organi di governo delle unioni di cui alla lettera a), che devono comunque essere composti dai sindaci o dagli assessori comunali dei comuni ricadenti nello stessa area territoriale;

c) la disciplina di riordino complessivo della distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti locali e la Regione e delle relative risorse economiche, strumentali e umane.

4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui ai commi i e 2 sono ricostituiti, in via transitoria, gli ambiti territoriali come delimitati dallo Schema di nuovo assetto provinciale approvato dal Consiglio regionale il 31 marzo 1999, pubblicato sul BURAS del 9 aprile 1999 e modificati dalla legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni provinciali).

5. In ciascuno degli otto ambiti di cui al comma 4 le funzioni proprie, attribuite, conferite e delegate alle soppresse province sono esercitate attraverso una unione di comuni composta da una assemblea e da un consiglio di amministrazione.

6. L'assemblea di cui al comma 5 è formata da un rappresentante per ogni comune ricadente nel territorio di ciascuno degli otto ambiti, designato fra i sindaci e gli assessori pro tempore degli stessi.

7. Al suo interno l'assemblea elegge il consiglio di amministrazione, formato da cinque elementi tra i quali alla prima seduta viene eletto a maggioranza semplice il Presidente. Ai componenti dell'assemblea e del consiglio di amministrazione non spetta alcun compenso aggiuntivo rispetto a quanto percepito nelle rispettive cariche di sindaco o assessore comunale.". (2)

Emendamento sostitutivo totale Cuccureddu

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

Norme urgenti sulle province conseguenti all'esito del referendum

1. Il Consiglio regionale approva con legge statutaria, la riorganizzazione dei poteri pubblici in Sardegna, incentrata sul:

a) superamento del sistema delle province quale ente intermedio, in conformità a quanto sancito dal risultato dei relativi referendum abrogativi e consultivo;

b) ruolo centrale dei comuni nell'architettura istituzionale regionale;

c) federalismo interno, riconoscendo più ampi poteri, anche di natura legislativa, al Consiglio delle autonomie locali;

d) l'attribuzione delle funzioni amministrative in capo ai comuni, salvo che nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza possano essere attribuite alle aree metropolitane, unioni dei comuni, regione o altro;

e) l'istituzione delle aree metropolitane, intese come associazioni di autonomie locali e funzionali, aventi funzione di programmazione e coordinamento;

f) la trasformazione delle unione dei comuni, oggi enti costituiti su base volontaria ed incentivata, in associazione obbligatoria fra i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, ricadenti nelle regioni storiche della Sardegna (Gallura, Anglona, Goceano, Logudoro, Romangia, Sassarese, Algherese, Marghine, Planargia, ecc.)

g) principio di partecipazione e responsabilità dei cittadini, anche attraverso l'attivazione di percorsi di e-democracy.". (3)

Emendamento sostitutivo totale Diana Mario - Diana Giampaolo - Steri - Uras - Sanna Giacomo - Salis

Articolo 1

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Art. 1

1. Entro il 31 ottobre 2012 il Consiglio regionale, in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico nonché con lo Statuto, approva una legge contenente il riordino generale delle autonomie locali, facendo applicazione del principio di decentramento amministrativo e valorizzando le funzioni da attribuire alle Unioni di comuni e/o ad altre forme associative.

2. Entro il 31 dicembre 2012 deve essere data attuazione al procedimento di riforma, assicurando la consultazione delle popolazioni interessate.

3. Al fine di assicurare il rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 5, 114, 116 e 118 della Costituzione nonché di cui all'articolo 43 dello Statuto ed in attesa del riordino e della sua applicazione volta a realizzare un nuovo assetto, gli organi provinciali in carica assumono in via provvisoria e sino al 28 febbraio 2013 la gestione delle funzioni amministrative attribuite alle otto province che saranno soppresse all'esito dei referendum svoltisi il 6 maggio 2012 e provvedono alla ricognizione di tutti i rapporti giuridici, dei beni e del personale dipendente ai fini del successivo trasferimento.

4. Agli effetti della vigente legislazione, ivi compresa quella elettorale, le gestioni provvisorie di cui al comma 3 che precede corrispondono a circoscrizioni amministrative provinciali.

5. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nel BURAS.". (6)

Emendamento aggiuntivo Cuccureddu

Articolo 1

Dopo l'articolo 1 è aggiunto il seguente:

"Art. 1 bis

Integrazione disposizioni di cui alla legge regionale n. 10 del 2011

1 . Alla legge regionale 18 marzo 2011, n. 10 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali), articolo 2, comma 6, è aggiunta alla fine la frase "ivi comprese quelle del fondo unico previsto dall'articolo 10 della legge regionale n. 2 del 2007.". (4)

Emendamento aggiuntivo Cuccureddu

Articolo 1

Dopo l'articolo 1 è aggiunto il seguente:

"Art 1 bis

1. Nelle more della definizione di un'organica disciplina in materia di organizzazione e di funzioni degli enti locali non si applica in Sardegna l'articolo 13 della legge 4 agosto 2006, n. 248.". (5))

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Presidente, io non ho ancora esaminato gli emendamenti. Si è appena conclusa la Conferenza dei Capigruppo, vorremmo capire meglio che cosa è successo, se sono stati prodotti dei testi, e poi intervenire a ragion veduta.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 23 e 22, viene ripresa alle ore 23 e 26.)

PRESIDENTE. Poiché nessuno è iscritto a parlare sull'articolo 1 e sugli emendamenti, per esprimere il parere della Giunta sugli emendamenti ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Il parere è contrario sugli emendamenti numero 1, 2, 3, 4 e 5 mentre è favorevole sull'emendamento numero 6.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'emendamento numero 1. Chi lo approva alzi la mano. (Viene richiesta la controprova.) Chi non lo approva alzi la mano.

(Non è approvato)

Metto in votazione l'emendamento numero 2.

Ha domandato di parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 2.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Cossa - Dedoni - Floris Mario - Fois - Meloni Francesco - Mula - Vargiu.

Rispondono no i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Greco - Lai - Lotto - Lunesu - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Solinas Antonio - Steri - Stochino - Tocco - Zedda Alessandra - Zuncheddu.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Pitea.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 62

votanti 60

astenuti 2

maggioranza 31

favorevoli 7

contrari 53

(Il Consiglio non approva).

Metto in votazione l'emendamento numero 3. Chi lo approva alzi la mano. (Viene richiesta la controprova.) Chi non lo approva alzi la mano.

(Non è approvato)

Metto in votazione l'emendamento numero 6.

Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'emendamento numero 4.

Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Devo dire che mi sorprende molto che la Giunta esprima un parere contrario su questo emendamento, quando mi pare ci fosse l'impegno di ripresentarlo, così era stato detto, nell'ambito della legge sulle province.

Si tratta dell'emendamento del quale abbiamo discusso già nella precedente riunione che consente, in base all'articolo 5, di assumere coloro che potranno essere assunti nei cantieri di lavoro e nei cantiere di forestazione dopo la sentenza della Corte dei conti di Cagliari che stabilisce che avendo inserito in un comma, attraverso un emendamento, le parole "ivi comprese le somme del fondo unico" ma non avendole inserite nel comma precedente ne deduce, con un'interpretazione sistematica, che siano esclusi quei fondi.

Ciò significa che blocchiamo le attività che in finanziaria abbiamo deliberato. E' un mero emendamento tecnico, viene dopo la sentenza del 12 marzo che ha rilevato un errore, un'incoerenza all'interno della legge numero 10 e quindi si tratta semplicemente di replicare nel comma 6 ciò che è detto nel comma 7 e nei commi precedenti. Non approvarlo significa bloccare totalmente la possibilità che possano essere spesi i fondi che noi abbiamo posto in finanziaria. Credo che la Giunta, che ha espresso parere contrario, e il Consiglio si assumeranno una bella responsabilità nei confronti di migliaia di persone che aspettano di lavorare anche per pochi mesi all'anno.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'emendamento numero 4.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 4.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Bruno - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Fois - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Planetta - Porcu - Randazzo - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Solinas Antonio - Stochino - Tocco - Vargiu - Zedda Alessandra.

Rispondono no i consiglieri: Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - De Francisci - Greco - Lai - Lunesu - Oppi - Pitea - Steri.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Campus - Meloni Marco - Rassu - Zuncheddu.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 62

votanti 57

astenuti 5

maggioranza 29

favorevoli 45

contrari 12

(Il Consiglio approva).

Passiamo all'emendamento numero 5.

Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Idem, idem con patate; questo emendamento ha invece un'altra finalità: quella di evitare l'applicazione in Sardegna della norma italiana che prevede lo scioglimento delle società in house istituite in Sardegna in forza di una legge regionale finalizzata a stabilizzare i lavoratori socialmente utili. Stiamo parlando di circa duemila persone sottoposte alla normativa della precedente legislatura che ha finanziato le società in house e ha costituito dei servizi comunali. In alcuni comuni si gestisce il verde, le manutenzioni, i porti e così via.

E' chiaro che, in attesa della riforma, se di questo argomento non ne parliamo nella riforma sugli enti locali ma anticipiamo la riforma, ora saremo costretti a chiudere le società e questo bacino degli LSU, credo che siano duemila complessivamente, tornerebbe in carico alla Regione con problemi importanti. Credo perciò che sia opportuno differire l'entratta in vigore della norma Monti a quando parleremo di organizzazione degli enti locali e di ordinamento degli enti locali per decidere se mantenere o meno la possibilità che i comuni abbiano le società. Chiedo la votazione nominale

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 5.

(Segue la votazione)

PRESIDENTE. Prendo atto che il consigliere Piras ha votato a favore.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Greco - Lai - Lotto - Lunesu - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Planetta - Randazzo - Rassu - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Zedda Alessandra - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Barracciu - Cossa - Meloni Francesco - Meloni Marco - Porcu - Solinas Antonio.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Vargiu.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 65

votanti 63

astenuti 2

maggioranza 32

favorevoli 57

contrari 6

(Il Consiglio approva).

L'articolo 2 decade perché è stato già approvato con legge regionale numero 9 del 2012.

Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, per precisare che a seguito dell'approvazione dell'emendamento sostitutivo totale, gli Uffici in sede tecnica dovranno provvedere ad adeguare il titolo alla legge.

PRESIDENTE. Onorevole Steri, mi ha preceduta. Passiamo alla votazione finale della legge.

Ha domandato di parlare il consigliere Vargiu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, io intendo esprimere il voto contrario dei Riformatori a questa legge e motivarlo brevemente. In particolare ritengo che sia estremamente difficile riuscire, dal punto di vista comunicativo, a spiegare che gli effetti del referendum possono essere contenuti tramite la conferma degli organi che in questo momento guidano le province, cioè i presidenti, gli assessori e i consigli provinciali. Io credo che lo spirito con cui i referendum sono stati votati dal corpo elettorale fosse quello di avere degli organi di gestione della fase transitoria con la massima garanzia della neutralità e dell'essere quanto più possibile avulsi dal controllo politico.

Si corre il rischio di invalidare una comunicazione che questo Consiglio regionale, sicuramente, voleva rendere positiva dal punto di vista della propria volontà di assecondare il risultato elettorale attraverso l'individuazione di organi gestori della fase di transizione; organi che purtroppo, dal punto di vista comunicativo, appaiono identici rispetto a quelli che i cittadini ritengono di avere cancellato. Ci sembra che questa comunicazione sia estremamente difficile, quindi come Gruppo dei Riformatori non ci sentiamo di condividere favorevolmente la votazione finale di questo testo unificato.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Francesco Meloni per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Rinuncio, Presidente.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del testo unificato numero 343-354 Parte II/A.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Biancareddu - Bruno - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Greco - Lai - Lotto - Lunesu - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Zedda Alessandra.

Rispondono no i consiglieri: Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula - Vargiu.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Campus.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 64

votanti 62

astenuti 2

maggioranza 32

favorevoli 56

contrari 6

(Il Consiglio approva).

Il Consiglio verrà riconvocato a domicilio.

La seduta è tolta alle ore 23 e 38.