Seduta n.420 del 03/07/2013
CDXX SEDUTA
Mercoledì 3 luglio 2013
(POMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente BRUNO
indi
della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 17 e 07.
SECHI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 13 giugno 2013 (411), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Sergio Obinu, Onorio Petrini e Giuseppe Stocchino hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 3 luglio 2013.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Constatate le numerose assenze, comprese quelle della Giunta, sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 08, viene ripresa alle ore 17 e 39.)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 265, 267, 264 e 213 abbinata alle interpellanze numero 126/A e 113/A.
(Si riporta di seguito il testo delle mozioni e delle interpellanze:
Mozione Diana Giampaolo - Sanna Gian Valerio - Cocco Daniele Secondo - Agus - Ben Amara - Bruno - Cocco Pietro - Corda - Cozzolino - Cuccu - Cugusi - Espa - Floris Vincenzo - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Salis - Sechi - Solinas Antonio - Stocchino - Soru - Zuncheddu sulla mancata attuazione della zona franca, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
con il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Sardegna concernenti l'istituzione di zone franche), la Sardegna, dopo circa quaranta anni dallo Statuto di autonomia, dà attuazione all'articolo 12 della sua carta fondamentale istituendo le zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme ed Arbatax;
il decreto legislativo costitutivo prevede che per definire la delimitazione territoriale e l'operatività delle zone franche si deve provvedere, su proposta della Regione, con un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e, allo stato dei fatti, risulta esserne stato adottato uno, in data 7 giugno 2001, ma per la sola operatività della zona franca di Cagliari;
CONSIDERATO che, nonostante le stesse norme di attuazione dello Statuto riconoscano alla Sardegna una pluralità di siti dove insediare le zone franche, ad oggi le previsioni risultano largamente disattese in quanto si sta privando la comunità regionale dei benefici di carattere fiscale, certamente rilevanti anche in relazione alla profonda diseconomia dell'Isola, in particolar modo di questi ultimi anni;
EVIDENZIATO che:
in Consiglio regionale giace una proposta di legge, la n. 482 dell'8 febbraio 2013, finalizzata a porre le condizioni perché, in un definito periodo di tempo, la Giunta regionale, attraverso un proprio atto deliberativo, richieda con urgenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri l'adozione di un decreto di modifica ed integrazione di quello già adottato nel 2001, che preveda la trasformazione del soggetto preposto alla gestione (da Cagliari free zone in Sardegna free zone) per dare vita ad un soggetto societario idoneo a provvedere all'attuazione operativa di tutti i punti franchi istituiti nella Regione secondo le disposizioni del decreto istitutivo;
la norma di cui sopra inoltre, prevede sia le quote di partecipazione sociale che dovranno caratterizzare il soggetto gestore, sia i poteri sostitutivi in caso di inerzia da parte della Giunta regionale,
impegna il Presidente della Regione
a riferire in Aula:
1) su quali azioni intenda intraprendere per attuare la zona franca integrale ed illustrare quali vantaggi si otterranno, nonché, qualora la si ottenesse, se verrà messo in discussione il nuovo regime di entrate rinegoziato nel 2007 e di cui oggi finalmente, si iniziano a raccogliere i primi risultati;
2) il perché, nelle more di un eventuale attuazione della zona franca integrale, non applichi quanto previsto nella citata proposta di legge n. 482 volta a rimuovere ogni inerzia, sia politica che procedimentale, che si frappone alla piena e responsabile attuazione di un'opportunità dell'autonomia regionale, rivolta a tutti i territori della nostra Regione e che viene vista sempre più come una delle poche possibilità per innescare positivi segnali di ripresa e di rilancio economico. (265)
Mozione Mula - Meloni Francesco - Cossa - Fois - Dedoni - Pisano - Cuccureddu - Mulas - Sanna Paolo Terzo - Sanna Matteo - Artizzu - Pittalis - Amadu - Randazzo - Piras - Tocco - Floris Rosanna - Gallus - Locci - Sanjust - Petrini in materia di attivazione di punti e zone franche nel territorio della Regione, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che lo Statuto speciale della Regione ha previsto la possibilità di istituire punti franchi nelle zone portuali di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme e Arbatax;
ATTESO che:
- con decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75, si è provveduto a formalizzare le previsioni dell'articolo 12 dello Statuto speciale, prevedendo le zone franche nei porti succitati e nelle zone industriali ad essi funzionalmente collegate;
- il Consiglio regionale, e per esso la Prima Commissione permanente, con risoluzione adottata in data 12 ottobre 2011 ha impegnato la Giunta regionale a formulare al Governo una proposta di delimitazione delle zone franche della Sardegna, suggerendo l'opportunità di ricomprendervi anche le zone industriali fino ad una distanza di 120 chilometri dai porti stessi;
- la stessa risoluzione, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione e del titolo III dello Statuto speciale per la Sardegna, ha previsto che venga accordata alla Regione la potestà di stabilire aliquote ed esenzioni sui tributi erariali generati in Sardegna e il cui importo sia di sua spettanza;
- nella risoluzione 31 ottobre 2012 della Prima Commissione si è suggerito di richiedere allo Stato misure di compensazione degli svantaggi legati all'insularità volti a consentire nel tempo un superamento di tali oggettivi svantaggi, misure da notificare e possibilmente concordare con la Commissione europea;
CONSIDERATO che:
- la materia è stata fatta oggetto di numerose proposte di legge, anche nazionali, e di altrettanto numerose interrogazioni da parte di consiglieri appartenenti a diversi partiti;
- pertanto può ritenersi ampiamente condiviso il "presupposto di rimuovere ogni inerzia sia politica che procedimentale che si contrappone alla piena e responsabile attuazione di un'opportunità dell'autonomia regionale";
ATTESO che con proposta di legge il Gruppo consiliare del Partito sardo d'azione ha inteso proporre un modello di zona franca articolato che di fatto pone il Consiglio davanti alla necessità di affrontare la questione;
VISTE le numerose note che il Presidente della Regione ha inoltrato sull'argomento di cui trattasi alle più alte autorità nazionali ed europee, sottolineando ogni volta in modo stringente la necessità e l'opportunità di un'azione rapida ed efficace nel settore, considerate anche le gravissime difficoltà economiche e sociali nella quali si dibatte attualmente la Regione;
ATTESO che circa 250 comuni della Sardegna hanno deciso pressoché all'unanimità di presentare formale richiesta, di grande valore politico, a favore dell'istituzione di una forma estensiva di zona franca, intesa come "zona franca integrale" per tutto il territorio dell'Isola;
CONSTATATO, da tutto quanto su esposto, che vi è nell'Isola, da parte di tutte le forze politiche, delle istituzioni locali, dell'istituzione regionale e, sostanzialmente, da parte della popolazione tutta la fermissima volontà che si pervenga con misure straordinarie ad una sorta di autonomizzazione del sistema della riscossione dei tributi con una profonda conseguente modifica del regime fiscale vigente, il tutto teso a raggiungere la zona franca fiscale,
impegna il Presidente della Regione
a procedere a quanto nei poteri della Regione per giungere nei tempi più brevi possibili a dare pratica attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo n. 75 del 1998, e dall'articolo 12 dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna. (267)
Mozione Arbau - Diana Mario - Solinas Antonio - Sabatini - Cuccu - Sanna Gian Valerio - Mariani - Mulas - Campus - Meloni Valerio in materia di zona franca e delimitazione delle aree della zona franca della Sardegna in attuazione del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75, e dell'articolo 12 dello Statuto d'autonomia speciale della Sardegna.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
con decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75, si è data attuazione a quanto statuito dall'articolo 12 dello Statuto speciale, istituendo zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegati e collegabili;
con risoluzione "sulla delimitazione delle zone franche e sulla necessità di attuare in Sardegna forme di fiscalità di vantaggio" approvata il 31 ottobre 2012, la Prima Commissione permanente (Autonomia, ordinamento regionale, rapporti con lo Stato, riforma dello Stato, enti locali, organizzazione regionale degli enti e del personale, polizia locale e rurale, partecipazione popolare), ha impegnato la Giunta regionale a formulare al Governo: 1) in attuazione dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 1998, una proposta di delimitazione delle zone franche di Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax, valutando l'opportunità che, in sede di perimetrazione, si ricomprendano anche le zone e le aree industriali interne ricomprese nel raggio di 120 chilometri dai porti stessi; 2) in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione e del titolo III dello Statuto speciale per la Sardegna, una proposta di attribuzione alla Regione della potestà di modificare aliquote e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni su tutti i tributi erariali il cui gettito sia devoluto alla Regione e agli enti locali della Sardegna; 3) in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione e del titolo III dello Statuto speciale per la Sardegna, un pacchetto di misure, da notificare alla Commissione europea, volte a compensare gli svantaggi legati all'insularità che preveda condizioni specifiche per l'applicazione delle disposizioni europee in materia di fiscalità agevolata, aiuti di Stato e accesso ai fondi strutturali;
con la proposta di legge n. 482 (Sanna Gian Valerio, Mulas, Sabatini, Cuccu, Cucca, Manca, Cocco Pietro, Corda, Meloni Valerio, Agus, Campus, Diana Giampaolo, Cocco Daniele Secondo, Ben Amara, Diana Mario, Bruno, Porcu e Barracciu), in data 8 febbraio 2013, si proponeva l'approvazione di "norme urgenti per l'attuazione ed il funzionamento delle zone franche istituite nella Regione Sardegna", sul presupposto, precisato nella relazione, di "rimuovere ogni inerzia sia politica che procedimentale che si contrappone alla piena e responsabile attuazione di un'opportunità dell'autonomia regionale";
con la proposta di legge nazionale n. 22 (Istituzione di un regime di zona franca fiscale e doganale integrale nel territorio della Regione autonoma della Sardegna), il Gruppo consiliare del Partito sardo d'azione ha inteso proporre un modello di zona franca articolato che di fatto pone il Consiglio davanti alla necessità di affrontare la questione;
con l'interrogazione n. 1100 è stato chiesto alla Giunta regionale di portare a conoscenza del Consiglio l'attività in materia di zona franca e per coinvolgere le amministrazioni comunali e il movimento popolare che propugna la zona franca integrale;
il Presidente della Regione ha inoltrato note scritte in materia di zona franca sia al Presidente del Consiglio dei ministri (in data 2 marzo 2013) che al Commissario europeo alla fiscalità (in data 12 marzo 2013);
oltre 250 comuni della Sardegna (dovrebbero essere 252) hanno deliberato per l'istituzione della zona franca integrale;
RILEVATO che è diffuso in tutta la Sardegna un importante movimento popolare costituito in diversi comitati zonali a favore della zona franca integrale, che hanno sollecitato i presentatori ad attivarsi affinché la questione venisse affrontata in Consiglio regionale;
CONSTATATO che appare evidente la volontà di tutte le forze politiche di addivenire ad un generale riconoscimento dell'autonomia fiscale della Sardegna, attraverso un sistema di fiscalità di vantaggio e/o l'istituzione della zona franca integrale,
impegna il Presidente della Regione
a dare attuazione al decreto legislativo n. 75 del 1998 e all'articolo 12 dello Statuto d'autonomia speciale della Sardegna, al fine di addivenire ad un pronunciamento del Consiglio regionale in merito ad un generale riconoscimento dell'autonomia fiscale della Sardegna, attraverso un sistema di fiscalità di vantaggio e/o istituzione della zona franca integrale. (264)
Mozione Zuncheddu - Uras - Sechi - Cugusi - Cocco Daniele Secondo sulle improrogabili scadenze per l'istituzione di zone franche in Sardegna.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
- in data 14 settembre 2012 si è appreso che il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture, Corrado Passera, ha deciso di rilanciare l'istituto della zona franca, sbloccando i fondi CIPE destinati alla piattaforma logistica del porto di Trieste, nel quale sono stati istituiti cinque punti franchi con il trattato di Parigi;
- dallo stesso quotidiano on line per gli operatori e gli utenti del trasporto, inforMARE, si è appreso che con semplice decreto dell'Agenzia delle dogane del 1° agosto 2003 è stata istituita una zona franca non interclusa nel porto di Gioia Tauro;
- con il trattato di Parigi del 10 febbraio 1947 i governi delle nazioni sconfitte si impegnarono a prevenire il riemergere di organizzazioni il cui obiettivo fosse quello di privare le persone dei loro diritti democratici, come era accaduto durante il fascismo;
- in quell'occasione, l'Italia fu autorizzata dagli Alleati, vincitori della seconda guerra mondiale, a prevedere l'istituzione di regioni autonome a statuto speciale, nonché alla istituzione di zone franche e punti franchi nelle regioni ultraperiferiche a rischio di spopolamento, istituti (zone franche e punti franchi) considerati come "discrimine positiva atta a compensare i sovra costi di trasporto, e pertanto destinataria di specifici aiuti allo sviluppo posti a tutela della pace sociale";
- con legge costituzionale n. 3 del 1948 fu emanato lo Statuto speciale per la Regione Sardegna, che all'articolo 12 prevedeva l'istituzione di punti franchi anche in Sardegna;
- il decreto di attuazione del suddetto articolo 12 è stato emanato con decreto legislativo n. 75 del 1998, dopo che punti franchi sono stati equiparati alle zone franche ed ai depositi franchi dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1133 del 1069 (Attuazione delle direttive adottate dal Consiglio delle Comunità Europee 69/73/CEE, 69/74/CEE, 69/75/CEE, relative all'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti il regime del perfezionamento attivo, il regime dei depositi doganali e il regime delle zone franche);
CONSIDERATO che:
- successivamente, il suddetto decreto (decreto del Presidente della Repubblica n. 1133 del 1969) è stato sostituito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, tutt'ora in vigore, che disciplina l'istituzione e il funzionamento dei suddetti istituti giuridici (zone franche) in armonia con il Codice doganale comunitario approvato con regolamento CEE n. 2913/92 (Consiglio) e con regolamento CEE n. 2454/93 (Commissione), regolamenti in base ai quali sono state istituite, ai sensi del decreto legislativo n. 75 del 1998, le zone franche nei porti di Cagliari, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate o collegabili;
- con decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1949 sono state emanate norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna e con la legge regionale 7 maggio 1953, n. 22 (articolo 2), sono state previste delle provvidenze dirette a favorire lo sviluppo delle attività industriali e commerciali nei punti franchi e depositi franchi in Sardegna;
TENUTO CONTO inoltre che:
- l'articolo 1 della legge n. 131 del 2003 prevede che i trattati internazionali sono costitutivi di obblighi e, pertanto, che la potestà legislativa statale sia vincolata dalle norme del diritto internazionale riconosciute dall'articolo 10 della Costituzione e le modalità di gestione delle suddette zone franche devono conformarsi alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute sulle zone franche del mondo;
- la legge n. 84 del 1994 (articolo 8, comma 2, lettera h) prevede che al Presidente dell'Autorità portuale (la cui nomina è di competenza regionale) compete l'amministrazione dei beni e delle aree del demanio marittimo (l'unico demanio rimasto nella titolarità esclusiva dello Stato italiano);
- la legge n. 88 del 2001 (articolo 9, comma 1) ha apportato modifiche all'articolo 105 del decreto legislativo n. 112 del 1998 prevedendo che sono trasferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non attribuite all'autorità portuale dalla legge n. 84 del 1994;
- la legge n. 42 del 2009 ha trasferito la competenza al rilascio delle concessioni demaniali marittime alle regioni e agli enti locali;
SOTTOLINEATO che:
- si rappresenta l'urgenza di emanare gli atti amministrativi attuativi delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 75 del 1998, dal momento che, con il trattato di Lisbona, il valore giuridico della normativa comunitaria è divenuto prevalente rispetto alla normativa degli stati membri, per cui a partire dal 24 giugno 2013, entrando in vigore il nuovo Codice doganale approvato con regolamento (CE) del Consiglio n. 450 del 2008, verranno a cessare gli effetti del decreto legislativo n. 75 del 1998 con il quale sono state istituite le zone franche nei principali porti della Sardegna;
- l'istituzione delle zone franche era contemplata nelle norme del precedente Codice doganale che, ai sensi dell'articolo 167 del regolamento CE n. 2913/92 (Consiglio) e del regolamento CE n. 2454/93 (Commissione), prevedeva che "i paesi aderenti alla Comunità europea che versino in disagio economico causato dallo spopolamento, possano destinare alcune parti di territorio doganale della Comunità a Zone Franche o a Punti Franchi" e che "debba esistere una discrimine positiva a favore delle regioni ultra periferiche a scarsa densità demografica (discrimine positiva) atta a compensare i sovracosti di trasporto e pertanto destinataria di specifici aiuti allo sviluppo economico reso indispensabile per la coesione sociale" (articolo 299, paragrafo 1, del trattato che ha istituito la Commissione europea);
- infatti, nel nuovo Codice doganale approvato con regolamento CE n. 450/2008 (Consiglio) all'articolo 188, paragrafi 1 e 2, è prevista la sostituzione del regolamento CE n. 2454/1993 tramite l'emanazione di un nuovo regolamento attuativo che prevede il divieto di istituzione di nuove zone franche, in quanto le stesse vengono parificate agli aiuti di Stato, vietati dalla normativa comunitaria;
- la Sardegna, già profondamente colpita dalla crisi economica e finanziaria in corso, non può rinunciare ad una così importante occasione di crescita economica e ai vantaggi offerti dall'istituto delle zone franche ai territori svantaggiati come quello sardo;
- se il diritto di istituzione di zona franca fino ad oggi risulta garantito dall'articolo 234 (attuale articolo 307) del trattato di Roma del 25 marzo 1957, dove si prevede che "le disposizioni del presente trattato non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse anteriormente al 1° gennaio 1958" è altrettanto vero che i sardi hanno ottenuto il diritto alla costituzione della zona franca con la legge costituzionale n. 3 del 1948;
- in base a quanto sopra riportato, si può con certezza affermare che il regime della zona franca nei porti della Sardegna, come individuati dal decreto legislativo n. 75 del 1998, è identico a quello previsto attualmente per il territorio dove insiste il Comune di Livigno, che nasce come territorio doganale ed extraterritoriale proprio perché equiparato/assimilato ai punti franchi istituiti in Sardegna dalla legge costituzionale n. 3 del 1948;
- l'esenzione prevista dall'istituto della zona franca riguarda:
a) i tributi doganali (decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973);
b) le accise (decreto legislativo n. 504 del 1995);
c) l'IVA (decreto legislativo n. 18 del 2010);
d) gli altri benefici fiscali previsti dall'articolo 8 della legge n. 3 del 1948 come da ultimo modificata dalla legge n. 296 del 2006, articolo 1, commi 834 e 835;
e) i benefici previsti dalla normativa comunitaria per gli altri punti franchi e zone franche istituite nella Comunità europea;
- in forza del sillogismo giuridico per cui se è vero che il regime fiscale (compreso quello di esenzione) si estende su tutto il territorio italiano e se è vero che il Comune di Livigno attualmente beneficia di un regime fiscale di esenzione da determinati tributi (doganali, accise e IVA) perché il suo territorio è stato assimilato ai punti franchi della Sardegna ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 2, appare ovvio che lo stesso regime fiscale di cui beneficia il Comune di Livigno competa altrettanto e a maggior ragione ai territori della Sardegna, dove una legge costituzionale ha previsto l'istituzione di punti franchi con le modalità di cui al decreto legislativo n. 75 del 1998,
impegna il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio affinché
1) in base a quanto sancito dallo Statuto speciale della Sardegna, dalle succitate leggi costituzionali e dalla normativa regionale, italiana ed europea vigente in materia di istituzione di zone franche, e alla luce del profondo disagio economico e sociale che ha messo in ginocchio la Sardegna, si attivino presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico e delle infrastrutture per estendere anche al territorio sardo il regime fiscale di esenzione dai tributi sopra indicati (doganali, accise, IVA) e l'istituzione di punti franchi in base al decreto legislativo n. 75 del 1998;
2) di adottare tutti gli adempimenti necessari in considerazione della scadenza fissata per il 24 giugno 2013, data entro cui, come espresso in premessa, si rappresenta l'urgenza di emanare tutti gli atti amministrativi attuativi delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 75 del 1998, in quanto con il trattato di Lisbona il valore giuridico della normativa comunitaria è divenuto prevalente rispetto alla normativa degli stati membri e a partire dalla suddetta data entrerà in vigore il nuovo Codice doganale approvato con regolamento (CE) del Consiglio n. 450/2008, venendo a cessare gli effetti del decreto legislativo n. 75 del 1998 con il quale sono state istituite le zone franche nei principali porti della Sardegna. (213)
Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian sulla mancata delimitazione dell'area della zona franca di Porto Torres in attuazione del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75.
I sottoscritti,
premesso che la crisi del modello industriale coloniale imposto alla Sardegna nella seconda parte del secolo scorso, ed in particolare dall'industrializzazione chimica a Porto Torres, è arrivata al suo epilogo ed appare indispensabile, pur nella necessità di difendere l'occupazione residua e attuare ogni misura valida per diminuire i disagi dei lavoratori interessati e garantire loro le migliori misure di sostegno al reddito, guardare realisticamente al futuro progettando nuove opportunità di lavoro;
considerato che l'impegno più volte richiesto e declamato è volto unicamente alla conservazione di un modello di sviluppo chimico sbagliato fin dall'origine, fallito e non più riproponibile per motivi economici internazionali e per la palese non sostenibilità ecologica e ambientale che presuppone, nel solo interesse egoistico e di parte di forze politiche e sindacali legate ad un passato d'operaismo d'importazione che ha mostrato tutti i suoi limiti di scollamento dal resto della società sarda;
rilevato che:
è purtroppo palese l'assenza di valide alternative di riconversione o di nuova economia per i territori martoriati dalla disoccupazione, dall'inquinamento, dai veleni, dalle discariche di residui di lavorazioni che invece aspirano ad una nuova economia che dia speranza anche alle nuove generazioni, oggi tristemente ingannate ed illuse;
ancora, il cadere delle storiche diseconomie che allontanano capitali privati e investimenti in settori emergenti, a causa del livello abnorme della fiscalità e di regole obsolete imposte alla Sardegna in spregio della sua autonomia - ed in particolare dell'articolo 12 del suo Statuto speciale ancora paradossalmente inattuato - potrebbe verosimilmente recare ai territori già interessati dall'industrializzazione chimica, i quali possiedono rilevanti potenzialità economiche e professionali, oltre ad essere localizzati - come Porto Torres - in zone di pregio turistico ambientale, con un retroterra laborioso e pieno di potenzialità economiche, nuove ed importanti opportunità di sviluppo industriale e commerciale;
constatato che:
la realizzazione dello storico e tradizionale sogno sardista di affrancamento della Sardegna dal giogo fiscale dello Stato centralista, previsto nell'articolo 12 del nostro Statuto speciale in materia di istituti franchi, rappresenta una delle strade principali per rilanciare complessivamente l'economia generale dell'Isola ed in particolare l'industria, il commercio ed i servizi destinati principalmente all'esportazione, restituendo prosperità al Popolo sardo;
il modello applicativo europeo adatto alla Sardegna della zona franca fiscale, regolamentare e doganale, è già attualmente operativo in tanti stati europei ed in particolare in zone ed isole ad autonomia differenziata e la Sardegna free zone è prevista nel programma di governo della maggioranza alla quale partecipa, anche per questo, con lealtà e determinazione il PSd'Az,
chiedono di interpellare il Presidente della Regione per sapere se fra le misure urgenti che intende adottare questa Amministrazione vi sia, a fronte delle gravissime condizioni produttive ed occupazionali della città e del territorio di Porto Torres, nell'immediato, l'impegno prioritario ad effettuare la delimitazione territoriale ed ogni altra disposizione necessaria per l'operatività della zona franca di Porto Torres, istituita col decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75, inviandola senza indugio al Governo affinché, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la renda operativa. (126)
Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian sulla mancata attuazione del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75, che ha istituito le zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax, in attuazione dell'articolo 12 del vigente Statuto d'autonomia speciale della Sardegna.
I sottoscritti,
PREMESSO che la grave crisi economica generale, che in Sardegna investe tutti i settori produttivi e dei servizi ed è resa drammatica dal tracollo di un sistema industriale coloniale, impone urgentemente l'adozione di provvedimenti tesi alla riqualificazione ed alla crescita del PIL sardo e, contestualmente, all'aumento e alla riqualificazione del livello dei consumi dei sardi e dei residenti temporanei nell'Isola, favorendo le produzioni ed il commercio dei prodotti locali di ogni tipo, garantendo adeguate "compensazioni" volte a riequilibrare le conseguenze dell'insularità ed eliminando gradualmente lo squilibrio fra importazioni ed esportazioni;
CONSIDERATO che:
- per aumentare il PIL sardo bisognerebbe dar corso a ben note misure, peraltro già applicate all'interno dell'Unione europea per isole, regioni periferiche e a scarsa densità demografica e titolari di statuti di autonomia particolari, tali da determinare le condizioni per una qualificata esportazione dei prodotti industriali, agroalimentari e promuovere lo sviluppo dell'economia della Sardegna, in un contesto comunitario, mediterraneo e di globalizzazione;
- l'insieme di dette misure dovrebbe essere capace di attrarre in Sardegna investimenti, tecnologie e capacità imprenditoriali e manageriali, che assieme agli interventi regionali, statali ed europei, tipici ed indispensabili nell'attuale situazione di emergenza economica mondiale, riescano a dar corpo ad attività industriali, artigianali e cooperativistiche, in tutti i settori economici, compresi i servizi, consentendo alla Sardegna di superare il dislivello in negativo rispetto alle più floride regioni del nord Italia e dell'Europa;
RILEVATO che recenti indicatori statistici hanno evidenziato la sostanziale estraneità del Porto canale di Cagliari al sistema dei produttori sardi con potenzialità esportatrici, anche in riferimento alla grave crisi industriale di tutte le aree che gravitano attorno ai restanti porti industriali sardi mentre, al contrario, gli stessi porti e le zone infrastrutturate per l'industria, adiacenti o collegabili, dovrebbero essere i baricentri di un nuovo sistema economico auto centrato, con attività soprattutto volte all'esportazione, al commercio ed alla riqualificazione dei consumi interni, le quali dovrebbero essere realizzate, sia per le particolarità delle produzioni, trasformazioni, manipolazioni o delle necessità commerciali e dei servizi resi, in località appositamente infrastrutturate o urbanizzate, secondo le vocazioni assegnate o definite dall'iniziativa imprenditoriale e secondo proprie modalità ed esigenze;
CONSTATATO che:
- il programma di Governo dell'attuale maggioranza regionale assicurava in premessa l'impegno fattivo, volto allo sviluppo del processo federalistico nell'arco della presente legislatura, tale da vedere anche la Sardegna dotarsi di strumenti statutari diversificati per rispondere efficacemente alle proprie esigenze di autonomia e, non prescindendo dal permanere delle ragioni delle specialità, anche con l'approvazione di un nuovo statuto di autonomia speciale, per ridisegnarne in maniera completa gli elementi d'indipendenza economici, fiscali, sociali e di sostegno, indispensabili per procedere ad una veloce uscita dal sottosviluppo nel quale ancora la Sardegna versa;
- è rilevabile un grave e diffuso ritardo su questo tema generale e qualificante e addirittura vengono pure dimenticate le conquiste autonomistiche del passato, che inspiegabilmente restano lettera morta anche se solennemente dichiarate nel nostro Statuto vigente, come è il caso dell'articolo 12 che, laddove applicato, consentirebbe l'avvio di un processo di rinnovato sviluppo economico teso ad aumentare il PIL della Sardegna, rispondendo concretamente alle esigenze di riconversione, ristrutturazione e sostituzione di una miriade di produzioni scomparse, obsolete, non più sostenibili o da riqualificare, conseguenti alla profonda crisi dell'industrializzazione petrolchimica, mineraria e dell'indotto, attuata nel secondo dopoguerra del secolo scorso,
chiedono di interpellare il Presidente della Regione, per sapere se:
1) fra le misure urgenti che intende adottare questa Amministrazione vi sia, nell'immediato, l'impegno prioritario a riprendere il percorso di attuazione dell'articolo 12 dello Statuto vigente, dando piena attuazione al decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 7 aprile 1998, n. 81, che ha istituito le zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax, ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate e collegabili;
2) vi sia inoltre l'intendimento di questa Amministrazione ad impegnarsi in tempi brevissimi per effettuare la delimitazione territoriale ed ogni altra disposizione necessaria per la operatività delle zone franche istituite col decreto legislativo n. 75 del 1998, in modo tale da poterle inviare al Governo nazionale affinché, con separati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, possano essere rese operative, con una prima urgente delimitazione della Zona franca di Porto Torres, a fronte delle gravissime condizioni produttive ed occupazionali della città e del territorio di riferimento. (113).)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione numero 265 ha facoltà di illustrarla.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, la nostra mozione è stata presentata il 19 giugno, qualche giorno dopo la lettera del Presidente della Regione relativa alla "chiamata".
Era nostro obiettivo, presidente Cappellacci, provocare una discussione attenta, seria in Consiglio regionale, prima che lei partisse a Roma; non le è stato possibile, così c'è stato detto, e si è persa un'occasione. Spiace, tuttavia, che si sia alimentata strumentalmente una polemica tra chi è favorevole alla zona franca integrale da una parte, e chi è contrario dall'altra.
E' singolare, Presidente, che ci abbia invitato in maniera plateale alla manifestazione del 24 giugno a Roma, quando finora si è sottratto a un confronto sulla materia con il Consiglio regionale. Mi permetta, Presidente di dirle, senza polemica, che quell'iniziativa, così come altre, ha il sapore amaro, almeno per noi, e credo anche per il Consiglio in generale, di una manifestazione di apertura della sua personale campagna elettorale.
Tuttavia, presidente Cappellacci, per sgombrare il campo da equivoci, dico che noi non siamo contrari all'attuazione della zona franca integrale, ma vorremmo capire se l'eventuale attuazione della stessa, così come la intende lei (poi ci dirà), può farci subire un autogol: cosa che non vorremmo. Per questo nella mozione le abbiamo chiesto di riferire in Aula su quali azioni intenda assumere per attuare la zona franca integrale. Inoltre, con toni preoccupati, le abbiamo chiesto di chiarire se, qualora venisse applicata, verrà messo in discussione il nuovo regime delle entrate rinegoziato nel 2007 e di cui oggi, seppure con un grave ritardo, si iniziano a cogliere i primi risultati.
Le chiediamo, ancora, per quanto nei poteri della Regione, di dare pratica attuazione al decreto legislativo numero 75 del 1998; ricordo che in quel periodo il Presidente del Consiglio dei Ministri era Prodi, e la Sardegna era governata da una Giunta di centrosinistra. Da lei non abbiamo avuto, finora, alcun riscontro. Lo stesso Consiglio regionale (è contenuto anche in altre mozioni dei colleghi), attraverso la prima Commissione, con la risoluzione del 12 ottobre 2011, impegnava la Giunta regionale a formulare al Governo la sua proposta di delimitazione delle zone franche della Sardegna, individuate con quel decreto di cui sopra.
Spero, ci vorrà dire stasera, come ha risposto a questi impegni. Le ricordo che in quella risoluzione si suggeriva di ricomprendere all'interno delle delimitazioni le aree industriali fino a una distanza massima di 120 chilometri dai rispettivi porti, così come indicato nel decreto legislativo numero 75 del '98. Abbiamo idea, colleghi, che cosa significhi attuare quel suggerimento della prima Commissione? Significa un canale che collega i sei porti della Sardegna con le zone industriali.
Ci vuol dire perché ha ritenuto di non procedere nella direzione indicata dalla Commissione? Un anno dopo - il 31 ottobre 2012 - la stessa prima Commissione, attraverso una sua risoluzione le suggeriva di chiedere allo Stato compensazioni legate agli svantaggi derivanti dall'insularità, da notificare e concordare con la Commissione europea. Da parte del Presidente e di tutti i membri della Commissione c'era la consapevolezza, e anche la responsabilità, che su una materia delicata come questa, andava avviato un confronto serio con il Governo italiano e con l'Unione europea.
Presidente, stasera ci farebbe piacere sapere da lei che cosa ha inteso fare in questo periodo rispetto a un impegno suggerito nella risoluzione della Commissione, non richiesto quindi da parte di questi bolscevichi ma, ripeto, suggerito in una risoluzione della Commissione.
Presidente Cappellacci, nella nostra mozione ricordiamo che l'8 febbraio di quest'anno abbiamo presentato una proposta di legge, primo firmatario Sanna, la numero 482, finalizzata a determinare le condizioni affinché la Giunta regionale, in un determinato periodo di tempo, richieda alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di modificare il decreto del 2001 per prevedere la trasformazione del soggetto preposto alla gestione (da "Cagliari free zone" in "Sardegna free zone"), per dare vita e più forza a un solo soggetto societario che provveda all'attuazione operativa di tutti i punti franchi istituiti nella Regione secondo le disposizioni del decreto legislativo numero 75 del 1998.
Presidente, ci sono novità rispetto a questo? Questa proposta di legge è all'attenzione della Giunta regionale? Lo chiedo a lei, ma lo chiedo anche alla maggioranza perché a noi sembra - scusate la presunzione - una proposta di legge importante rispetto al tema delicatissimo che stiamo affrontando in Sardegna in questi mesi e in queste settimane. Presidente, perché nelle more dell'attuazione della zona franca integrale, così come la intende lei e che poi ci illustrerà, non attua quanto previsto nella proposta di legge che ho testé richiamato?
Stiamo parlando di sei porti: Cagliari, Oristano, Porto Torres, Olbia, Arbatax e Portovesme. Con il corridoio di 120 chilometri dato dalla distanza dai porti alle aree industriali, vuol dire parlare non di sei porti, non di sei zone franche, ma vuol dire parlare della Sardegna. Mi chiedo, davvero, con questi strumenti a disposizione perché non si sia operato in quella direzione. Permettetemi di dire che non averlo fatto, al di là delle eventuali motivazioni, è un fatto grave. Si è fatta perdere un'occasione di crescita e di sviluppo alla nostra Regione.
Io non voglio fare polemiche, voglio attenermi ai fatti perché l'intento è quello di provocare in quest'Aula, almeno in quest'Aula, una discussione seria, senza partigianerie, senza luoghi comuni, ma ancorata anche a ragionamenti economici che convincano tutti sulla giustezza delle scelte che la Regione autonoma della Sardegna farà e che varranno per tutti. Presidente, in questa Regione serve una ripresa economica per produrre lavoro, per creare maggiori occasioni di lavoro, lavoro la cui mancanza crea tanti drammi, anche personali, che sfociano in manifestazioni e nella presentazione di dati che mai avremmo voluto vedere pubblicati.
Io ricordo, a me stesso innanzitutto, che in Sardegna gli occupati al 31dicembre 2012 sono 595 mila; nel 2007 erano 613 mila; si è perso il 2,9 per cento di forza occupata. Nello stesso periodo, 2007-2012, i disoccupati sono passati da 67 mila a 109 mila, con un incremento del 62,3 per cento. Non voglio, per carità, scaricare addosso a nessuno questa responsabilità. Il PIL pro capite in questa regione nel 2012, presidente Cappellacci, è pari a 17.800 euro in ragione d'anno, contro una media nazionale di 27.490. L'Eurostat ci ricorda che lo scorso anno il PIL della Sardegna è passato dall'80 al 78 per cento della media europea.
A questo punto, Presidente, mi chiedo se la zona franca - quale intanto? - sia uno strumento, e dovrebbe esserlo, che si pone l'obiettivo di aggredire anche questa condizione. Mi chiedo se sia possibile almeno oggi un confronto serrato su questa materia. Finora non mi pare ce ne sia stata la volontà. Finora mi pare che sia prevalsa la voglia di scommettere su valutazioni tutt'altro che solide. Ho visto, invece, nella discussione di questi mesi tanta propaganda su un argomento vitale per la Sardegna, e credo che questo non sia permesso a nessuno. La invito per questo, Presidente, ripeto, senza polemica alcuna, stasera a fare chiarezza in un dibattito così importante. In questo modo potremo valutare costi e benefici della proposta che lei fra un po' ci illustrerà.
La nostra isola, Presidente, soffre il peso di tante barriere architettoniche, come qualcuno le ha definite, che le impediscono di crescere: assenza di collegamenti sicuri, porti non efficienti, rete ferroviaria inadeguata, una dotazione energetica non moderna e con costi stratosferici, un tasso di istruzione tra i più bassi d'Europa, crescente dispersione scolastica, una burocrazia, come ci ricordano le associazioni delle imprese e le imprese stesse, opprimente e soffocante, un comparto agricolo che è rimasto forse l'unico comparto primario in questa regione privo di una redditività adeguata perché importiamo tutto, dalla carne ai prodotti ittici.
Presidente, non ho visto, in questi anni da parte sua la presentazione di progetti (né grandi, né piccoli) adatti ad affrontare questa situazione, a trovare una qualche soluzione. Forse pensa di risolver i problemi con la zona franca integrale, vedremo. Finora lei ci ha fornito un'idea molto confusa e preoccupante, che mi sembra volta soltanto a una capitalizzazione a fini elettoralistici. Un auspicio, Presidente: contribuisca ad arricchire di contenuti di politica economica un dibattito, che l'ha vista protagonista, finora povero di quei presupposti necessari.
Esprimo una preoccupazione, Presidente; come lei sa bene, l'attuale regime di compartecipazione prevede i 7 decimi dei gettiti di tutti i tributi erariali riscossi in Sardegna, così come prevede i 9 decimi del gettito IVA generato in Sardegna. Ebbene, nello stesso bilancio della Regione, per quanto attiene la previsione per il 2014, dall'IVA si dovrebbe ricavare 1 miliardo e 820 milioni e rotti, dalle accise quasi 680 milioni, complessivamente quasi 2 miliardi e mezzo.
Presidente, è una questione delicata (mi segua perché ho richiamato alcuni dati del vostro bilancio), le sto chiedendo come pensa di recuperare, qualora si attuasse la zona franca integrale, questi 2 miliardi e mezzo. Attraverso nuovi posti di lavoro? Da uno studio recente è emerso che servirebbero, per poter recuperare quello che perderemmo da questa compartecipazione, circa 200 mila nuovi posti di lavoro con la tassazione attuale sul lavoro, oppure un incremento sensibile del fatturato delle ditte individuali e dei lavoratori autonomi, perché di questo si tratta.
Presidente, io la prego di soffermarsi su questi aspetti perché sono questioni di non poco conto che basano un ragionamento su dati economici che, almeno in quest'Aula, avremmo, direi abbiamo, il dovere di approfondire. Potenzialmente, Presidente, sono oltre 2 miliardi in meno di spesa perché di questo si tratta, sono 2 miliardi in meno che noi non avremo per il sistema educativo, per la sanità, per i trasporti, per il trasporto pubblico locale, per la continuità territoriale, per il sostegno agli enti locali. Da dove arriveranno, perché questo è uno dei passaggi più importanti, queste mancate risorse, di fatto?
Questi sono alcuni dei nostri dubbi che vorremmo che lei stasera ci aiutasse a fugare. Noi abbiamo bisogno di uno strumento, Presidente, che alleggerisca il peso soprattutto sulla tassazione nel mondo del lavoro; per questo abbiamo proposto (e alla fine siamo arrivati a un accordo unitario) l'abbattimento dell'Irap, abbiamo abbassato l'Irap del 70 per cento. Dispiace, però, che alla fine la maggioranza, la Giunta regionale, per coprire l'abbattimento dell'Irap abbiano utilizzato il fondo sulle povertà estreme, mettendo in grande difficoltà in particolare i piccoli comuni, nel tentativo di scaricare una responsabilità sui proponenti di quella misura, derubricandone così l'effetto.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BRUNO
(Segue DIANA GIAMPAOLO.) In conclusione, Presidente - ho letto senza commentare per evitare di utilizzare tutti i venti minuti - l'attuazione della zona franca è raggiungibile? E' un'utopia? Guardi, glielo dice uno, Presidente, che ha costruito gran parte della sua vita politica sulle utopie. Mi hanno aiutato ad avere un'idea, una fede politica. Se è un'utopia ce lo dica, ma non vorrei che lei, Presidente, confondesse le utopie con le illusioni, perché credo che in quest'Isola nessuno meriti di essere illuso, sarebbe una presa in giro.
Se la proposta che lei ha in testa, che sta proponendo, ha davvero più benefici rispetto alla situazione attuale noi certamente non staremmo dietro di lei, saremmo con lei in questa battaglia, ma stasera lei ci dimostri queste cose perché altrimenti noi non saremo disponibili - a costo di essere ancora strumentalizzati - a illudere i sardi sul fatto che si può ottenere qualcosa di non ottenibile. Di tutto abbiamo bisogno tranne che di essere imbrogliati.
PRESIDENTE. Uno dei presentatori della mozione numero 267 ha facoltà di illustrarla.
MULA (Riformatori Sardi). Presidente, già nel 1948 la legge costituzionale numero 3, Statuto speciale per la Sardegna, all'articolo 12, prevedeva l'istituzione dei punti franchi. Oggi in modo più esteso si parla di zona franca intesa come territorio definito posto al di fuori della linea doganale dello Stato nel quale è localizzata, caratterizzata da propri regolamenti e in generale da un trattamento fiscale agevolato. Vista la gravissima crisi economica che investe tutti i settori produttivi con conseguenti, crescenti, livelli di disoccupazione drammatici che richiedono interventi urgenti ed efficaci volti a creare condizioni di riequilibrio, con l'eliminazione degli oneri aggiuntivi a carico degli operatori economici e derivanti dall'insularità della Regione sarda, parlare di zona franca come strumento in grado di contrastare tali diseconomie e creare nuova occupazione ritengo sia vitale e importante.
Già alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1947, con il Trattato di Parigi, è stata riconosciuta allo Stato italiano la possibilità di prevedere l'istituzione di Regioni autonome a Statuto speciale, nonché l'istituzione di zone franche o punti franchi nelle regioni a rischio di spopolamento, gravate da notevoli costi di trasporto, e destinare specifici aiuti per lo sviluppo e per la tutela della pace sociale. Vorrei portare la vostra attenzione sul fatto che i nostri padri costituenti avevano riconosciuto la situazione di maggior disagio presente in alcune zone e la necessità di prevedere un trattamento speciale di aiuto e di maggiore protezione rispetto alla generalità del territorio statutario nel suo complesso.
Oltre sessant'anni fa fu riconosciuto il disagio della Sardegna in quanto isola, terra antica con una propria lingua, con bassa densità demografica, con maggiore difficoltà relativamente al trasporto delle merci e delle persone e, in conseguenza di ciò, fu prevista e riconosciuta la specialità della Regione sarda e l'istituzione della zona franca. Oggi, a distanza di sessant'anni, le condizioni non sono cambiate. Siamo ancora uno dei territori a minor densità demografica al mondo, sosteniamo costi per il trasporto e l'energia che hanno reso non competitive le imprese sarde. L'istituzione della zona franca di Trieste ha gli stessi fondamenti giuridici della zona franca in Sardegna.
Nel 1953 la legge regionale 22/'53 istituisce e finanzia i punti franchi. Il decreto legislativo 10 marzo 1998, numero 75, finalmente ratifica le norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione sarda, concernenti l'istituzione di zone franche, che recepisce l'articolo 12 dello Statuto speciale approvato con legge costituzionale e istituisce nella Regione zone franche, secondo le disposizioni di cui ai regolamenti comunitari, nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax e in altri porti e aree industriali a essi funzionalmente collegati o collegabili.
Qual è la differenza tra punto franco e zona franca? Secondo alcuni non vi è nessuna differenza, secondo altri la zona franca è l'estensione territoriale connessa in modo funzionale al punto franco, in cui sono previsti solo una parte di vantaggi, soprattutto fiscali del punto franco. Si deduce che l'istituzione dei punti franchi non può che essere un vantaggio in quanto prevede l'adozione della maggiore intensità del vantaggio. Nel punto franco non esistono i classici controlli doganali e non si applicano i relativi dazi, non si pagano le accise e non si applica l'IVA.
A questo si sommano tutte le altre agevolazioni alle popolazioni quale l'acquisto di alcuni prodotti come lo zucchero, il caffè, eccetera. Certamente si paga l'Irpef, ma qui si potrebbe discorrere sul fatto che dei sette decimi del prelievo fiscale in territorio sardo che dovrebbe essere destinato a tutta la regione, lo Stato italiano ne restituisce solo una minima parte. Con tale flusso finanziario in entrata la Regione potrebbe ridurre i tributi. La Regione dovrebbe quindi delimitare il territorio della zona franca con l'individuazione delle zone industriali funzionalmente collegate o collegabili, come nuovi porti o nuove zone industriali oggi non esistenti. Considerato lo stato di insularità della Sardegna è opinione diffusa che il territorio andrebbe individuato in tutta l'estensione regionale.
Inutile evidenziare che la Regione non ha mai proceduto alla delimitazione e alla scrittura dei regolamenti per la gestione della zona franca e alla successiva proposta al Presidente del Consiglio dei Ministri. Nel 1996 si verifica un fatto giuridicamente rilevante anche se in maniera indiretta per la zona franca in Sardegna: lo Stato italiano maggiora i dazi doganali a Trieste, la Germania e l'Austria si oppongono, mentre il Consiglio di Stato prima e la Corte costituzionale poi, lo riconoscono in quanto sancito da accordi internazionali e da una norma sovraordinata e preesistente. Per analogia, ciò che vale per Trieste dovrebbe valere anche per la Sardegna.
Nel 1999 fu sottoscritta con il Governo italiano l'intesa di programma che prevedeva l'istituzione di una commissione paritetica al fine di realizzare, compatibilmente con la normativa comunitaria adottata per le altre regioni europee, la zona franca fiscale sul territorio della Sardegna. Sotto questo profilo l'azione della Regione sarda è stata sino a qualche mese fa debole e inadeguata se non del tutto inesistente. L'inerzia alla quale abbiamo assistito è incomprensibile ed è in contraddizione con le aspettative di tutto il popolo sardo. La stessa cancelliera Angela Merkel su un quotidiano tedesco di qualche mese fa ha sostenuto che se i politici sardi non dormiranno, la zona franca in Sardegna potrà diventare a breve una realtà.
Ancora più incomprensibile è che si ometta di dare concreta attuazione alle norme che già oggi consentono in alcune aree la creazione di zone franche, perché si sarebbe già potuto avviare il percorso per il riconoscimento e attuazione della zona franca di Cagliari. Ricordo che fu stanziato un milione di euro per istituire l'area della zona franca portuale e industriale di Portovesme, i cui fondi sarebbero dovuti essere reperiti con la rimodulazione delle risorse per infrastrutture e reti di servizio della strategia PAR-FAS 2007-2013, individuando come soggetto attuatore della creazione della zona franca di Portovesme l'Assessorato dell'industria e il consorzio industriale Sulcis.
Malgrado la gravissima crisi economica e la chiusura di molteplici attività produttive, dalla grande industria sino al più piccolo artigiano, la Regione ha sempre omesso di far valere i propri diritti davanti allo Stato. La zona franca rappresenta una delle strategie più importanti per rilanciare complessivamente l'economia generale dell'isola e, in particolare, l'industria, artigianato, l'agricoltura, il commercio, la piccola e media impresa e i servizi destinati principalmente all'esportazione. Il tema zona franca è strettamente legato alla normativa doganale e alle politiche dell'Unione europea.
La data del 24 giugno 2013 ha segnato per la Sardegna un appuntamento importante per la rivendicazione del diritto al riconoscimento della zona franca sancito dal decreto legislativo numero 75/'98, e tale rivendicazione ci permetterà di non perdere importanti vantaggi soprattutto fiscali per un periodo illimitato come nella zona franca riconosciuta nella città di Trieste. L'aver ottemperato nei termini ci consentirà di proseguire nelle azioni conseguenti, tali da scongiurare l'azzeramento delle azioni intraprese dalla Regione. La zona franca prevista dalla nuova normativa sarebbe caratterizzata da minori vantaggi fiscali per un periodo limitato perché considerati aiuto di Stato dall'Unione europea.
A proposito di Unione europea evidenzio che l'allargamento ai Paesi con disagio economico paragonabile a quello presente in Sardegna, quali la Jugoslavia e la Serbia, ha portato al riconoscimento di altre zone franche dove le imprese italiane sono presenti e numerose e, non avendo la doppia imposizione fiscale, viene da sé che le imprese preferiscano pagare le imposte all'interno della zona franca con un conseguente fenomeno di attrazione di nuovi capitali. La gravissima crisi che ha investito tutti i settori produttivi dell'economia sarda impone l'adozione di adeguati ed efficaci provvedimenti volti a promuovere una reale crescita economica che porti a riequilibrare le conseguenze negative connesse all'insularità, ad abbattere il costo dell'energia e dei trasporti, a definire condizioni di fiscalità adeguate alle necessità della nostra Isola.
L'istituzione della zona franca integrale in tutto il territorio della Sardegna costituisce uno strumento essenziale di una politica di sviluppo capace di creare le condizioni indispensabili per una reale crescita del nostro PIL, attrarre capitali, tecnologie e nuove competenze imprenditoriali, favorire la produzione, il commercio e l'esportazione di merci nell'ambito del Mediterraneo e in un contesto di globalizzazione, così come avviene all'interno della Comunità europea per le regioni periferiche a scarsa densità demografica, per le isole e per le regioni con particolari statuti di autonomia.
Essendo rimasta inattuata l'intesa istituzionale di programma tra il Governo della Repubblica e la Giunta della Regione autonoma della Sardegna, firmata il 21 aprile del 1999 tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Regione autonoma della Sardegna che prevedeva all'articolo 7, lettera c) l'avvio di un percorso istituzionale per la "verifica delle condizioni per l'introduzione sul territorio regionale di misure volte a realizzare, compatibilmente con la normativa comunitaria adottata per altre regioni europee, una zona franca fiscale finalizzata all'abbattimento dei costi dei fattori produttivi", è importante e necessaria una mobilitazione dal basso di tutti i sardi in favore dell'istituzione della zona franca integrale affinché anche questo tema sia sostenuto, con forza, al tavolo del confronto con il Governo della Repubblica italiana.
Ritengo sia stato un grave errore non partecipare alla manifestazione tenutasi a Roma alcune settimane fa. Tutti i sindaci che avevano deliberato con i propri consigli comunali, avevano il dovere di essere presenti non per ideologie di partito o contrapposizioni, ma semplicemente per portare dinanzi al Governo la voce di tutti i sardi.
Sono andato a Roma con il Presidente della Regione non per fare passare le politiche o per propaganda elettorale, ma per portare le istanze di un piccolo pezzo di Sardegna. Nonostante tutto, grazie a tutti gli amministratori presenti e a tutti quelli che come noi credono nella zona franca, movimenti e associazioni, si è riusciti ad avere un confronto serio con lo Stato.
Proprio oggi si è tenuto presso il Ministero dell'economia il primo tavolo tecnico, chiesto dai rappresentanti del comitato zona franca e dal Presidente della Regione, dove si è trattato il tema della modifica dell'articolo 10 dello Statuto sardo affinché la Regione possa, senza gravare sul bilancio statale, avere maggiore libertà di manovra fiscale. Il tutto finalizzato ad attuare immediatamente il decreto legislativo numero 75/'98 che prevede l'attivazione delle zone franche, a completare in sede europea con il sostegno dallo Stato le procedure per rendere la Sardegna una zona extradoganale, ad attivare il regime fiscale al consumo previsto dalla legge numero 762/'73.
Con questa mozione impegniamo il Presidente della Regione affinché senza indugi chieda al Governo regionale l'attuazione dell'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo numero 75/'98, per cui alla perimetrazione delle zone franche di Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme e Arbatax si valuti l'opportunità di inserire anche le zone industriali interne ricomprese nel raggio di 120 chilometri dai porti stessi, praticamente tutto il territorio regionale sardo; altresì, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione e del Titolo III dello Statuto sardo la possibilità di attribuzione di fiscalità di vantaggio e il riconoscimento da parte della Comunità europea dell'insularità.
Inoltre chiediamo al Presidente che illustri le novità, spero ci siano, sul primo tavolo tecnico svoltosi in data odierna presso il Ministero. Visto che si discutono oggi diverse mozioni presentate da diversi Gruppi politici, auspico che si possa addivenire a una sintesi unitaria per non portare questo Consiglio regionale a divisioni che vanificherebbero gli sforzi fatti da tutti coloro che nella zona franca ogni giorno vedono luce e speranza.
PRESIDENTE. Uno dei presentatori della mozione numero 264 ha facoltà di illustrarla.
ARBAU (Gruppo Misto). Presidente, colleghi consiglieri, stasera noi stiamo discutendo un argomento che è determinante per il futuro della nostra Isola e non possiamo sicuramente cavarcela con giochi di parte, di fazione, con ragionamenti solo di una parte. Le censure che sono state mosse dall'onorevole Diana al presidente Cappellacci, ahimè, sono censure fondate perché già dal mese di aprile abbiamo chiesto con un'interrogazione al Presidente di venire in Aula a riferire in merito alla zona franca. Tuttavia il dato saliente dell'intervento dell'onorevole Diana è che il P.D. ha una posizione favorevole all'istituzione della zona franca integrale e questo toglie qualsiasi alibi alla maggioranza di ragionare sostanzialmente sull'argomento.
Da questo punto si parte perché anche per questioni di deformazione professionale io ho ragionato sulle norme, sui commi, sulle interpretazioni e tutta la Sardegna discute fuori da questo Palazzo sul significato dei termini "collegate" e "collegabili" contenuti all'articolo 1 del decreto legislativo numero 75/'98. Io ho trovato la soluzione, e la soluzione è che, utilizzando un sinonimo, unire, quest'Aula decida di unirsi a quello che ha già deciso il popolo sardo. Il popolo fuori aspetta che quest'Assemblea decida favorevolmente in ordine all'istituzione della zona franca.
Questa decisione come viene attuata? Noi siamo un'assemblea di legislatori, noi abbiamo il compito di lavorare su questo strumento, non dobbiamo chiedere a quelli che stanno fuori di risolverci i problemi. Poi è evidente che ci sono tantissimi ragionamenti da fare sull'utilità o meno dello strumento in questione, su dove reperire le risorse, su come vogliamo costruire la zona franca. Anche perché la zona franca forse è interpretata, anche in quest'Aula, come il Bengodi.
Occorre invece sottolineare che avere la zona franca implica che noi tutti, noi sardi, dal giorno successivo alla sua istituzione ci mettiamo a lavorare perché dobbiamo costruire un sistema che deve reggersi autonomamente; perché zona franca significa consentire alle nostre imprese di lavorare, consentire alle tantissime attività, piccole e medie, che oggi hanno difficoltà a pagare le tasse di respirare, di costruire quella piattaforma, perché dal punto di vista geografico siamo a favore della delocalizzazione.
Questo deve diventare la Sardegna! Ha fatto benissimo il Gruppo sardista a presentare una proposta di legge in materia; io l'ho letta, l'ho analizzata, la firmerei anche adesso se loro lo ritengono opportuno, perché da quella base si può iniziare a ragionare sulla costruzione di un sistema fiscale autonomo. Questo è l'obiettivo che io mi pongo e che ho cercato di portare avanti in questi mesi, perché senza un sistema fiscale autonomo la Sardegna fallirà in tutti i suoi obiettivi, nessun piano di sviluppo, come si chiamano in termini politici, avrà futuro se non c'è la leva fiscale in mano ai sardi!
Questo è un dato di fatto, se noi non costruiamo questo sistema autonomo abbiamo perso! Signori consiglieri, noi abbiamo una responsabilità enorme perché fuori da questo Palazzo ci sono i sardi favorevoli a costruire assieme a noi questo nuovo sistema fiscale. Avere il popolo dalla propria parte è un qualcosa di importante perché ci consentirà di vincere la battaglia.
Onorevole Pittalis, le divisioni non sono mai unilaterali, le divisioni sono sempre causate da due parti; lei che, come me, svolge la onorevole professione di avvocato - tra l'altro ne approfitto per dire alla Cancellieri che forse è bene che si dedichi a fare altro -sa che quando si arriva a una separazione di solito la responsabilità non è di un solo coniuge ma di entrambi. Quindi è inutile dire: "non venite a Roma quindi siete contro", non è così!
Noi ci siamo battuti e il giorno stesso, per quanto mi riguarda, ho organizzato una umile assemblea dove abbiamo discusso, con molti dei signori che stanno ascoltando dagli spalti, le questioni relative alla zona franca. Quindi non giochiamo su queste cose, il ragionamento è serio, è importante, ci stiamo giocando il futuro.
L'Aula, come diceva il collega Mula, col quale abbiamo condiviso l'input a costruire le mozioni unitariamente, deve addivenire a un ordine del giorno congiunto, perché questa è una battaglia condivisa, lo ha detto molto bene l'onorevole Diana che, con la sua autorevolezza, riuscirà a guidarci in questa battaglia.
PRESIDENTE. Uno dei presentatori della mozione numero 213 ha facoltà di illustrarla.
ZUNCHEDDU (SEL-Sardigna Libera). La mozione che stiamo presentando è nata da sollecitazioni da parte della società civile impegnata in questa battaglia. Noi abbiamo ritenuto doveroso presentarla con lo spirito proprio di portare questo tema irrisolto al centro del dibattito in Consiglio. Sulla questione dell'istituzione della zona franca per la Sardegna non è da oggi che forze politiche di ispirazione identitaria e sardista, come il P.S.d'Az., se ne occupano, senza però riuscire a coinvolgere la maggioranza delle forze politiche isolane e arrivare a una definizione strutturata.
Il tema è piuttosto complesso e articolato: vogliamo parlare di punti franchi, di zona franca, di zona franca integrale, quella a cui aspira il nostro Presidente, o come alcuni governi italiani hanno già proposto di zone franche urbane più o meno vaste. Quello di cui siamo certi è che la zona franca in quanto tale, o comunque articolata e strutturata giuridicamente, non può essere la sola panacea dei mali della nostra economia, della situazione di sottosviluppo e della profonda crisi occupazionale. Ancor meno la classe politica sarda può far finta che il tema non esista, mettendo la testa sotto la sabbia e rendendosi ancora più complice della situazione neocoloniale a cui siamo costretti come sardi.
Il Presidente Cappellacci ha sempre parlato in questi ultimi tempi, e stranamente devo dire in finale di legislatura, di zona franca integrale, tema che sicuramente avrebbe avuto un altro riscontro se fosse stato affrontato e sviscerato quattro anni fa ad esempio, tre anni fa, con ciò evitando la tipica esposizione mediatica da campagna elettorale. Lo Statuto di autonomia prevede l'istituzione in Sardegna di zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax e in altri porti e aree industriali a essi collegate o collegabili. La delimitazione territoriale delle zone franche e la determinazione di ogni altra disposizione necessaria per la loro operatività deve essere effettuata su proposta della R.A.S., ma a oggi non risulta che il Presidente Cappellacci abbia assolto a questo doveroso e fondamentale compito.
Comunque si voglia affrontare il problema della zona franca si pone il quesito: chi la governa e con quali regole e, all'interno di queste regole, quale ruolo decisionale ha la Regione autonoma della Sardegna? Siamo davvero padroni a casa nostra o nuovamente utili servi? Ancora una volta si pone il primato della scelta politica, della corretta gestione del potere in nome e per conto del benessere economico e sociale del nostro popolo, quindi bisogna essere in tutti i sensi padroni in casa nostra, ovvero, la Regione autonoma della Sardegna deve legiferare e controllare in piena autonomia e sovranità.
C'è il rischio che, ancora una volta i sardi, come utili servi, cadano nelle mani di speculatori e di colonizzatori di turno. E' noto il fatto che l'Europa non ha mai concesso la zona franca integrale a territori estesi quanto la Sardegna, né oggi intende riconoscere questo status extradoganale alla Sardegna. La richiesta del Presidente di una zona franca integrale sposterebbe la Sardegna all'esterno del confine doganale europeo al fine di non essere più gravata dal pagamento dell'IVA e delle accise.
In teoria sarebbe una buona cosa perché l'economia avrebbe un risveglio e quindi diminuirebbe anche la disoccupazione, se non fosse che la Sardegna, essendo in un regime di compartecipazione fiscale con lo Stato italiano in questo caso dovrebbe rinunciare alle quote Iva, pari a nove decimi, maturate nella nostra isola, quindi a circa 2 miliardi di euro e alle accise pari a 700 milioni di euro, dati riferiti per praticità alle entrate del 2011, tenendo conto della crisi internazionale che allora era meno devastante rispetto alla attuale.
Se è vero che questo potrebbe rimettere in moto l'economia e il mercato del lavoro, aumentando il gettito legato alle imposte sul reddito delle aziende e dei cittadini, va anche verificato se sarebbe sufficiente a compensare la perdita di 2 miliardi e 700 milioni di entrate per riequilibrare la perdita dovuta all'esenzione dell'IVA e delle accise; ovviamente le altre imposte, e quindi l'IRAP che nel 2011 era valutata 800 milioni, l'IRPEF 2 miliardi, l'IRES 600 milioni, dovrebbero garantire un incremento di 2 miliardi e settecento milioni di euro, cosa assai difficile anche nelle situazioni di grandissimo rilancio delle nostre economie.
Dallo studio di un giovane esperto, calcolando anche un fortissimo incremento occupazionale, fuori da ogni logica possibile, con un gettito Irpef molto elevato e un reddito derivante dalle imprese, anche del 50 per cento, l'IRES e l'IRAP aumenterebbero ma in una misura molto lontana dai 2 miliardi e settecento milioni, per cui sorge una domanda: chi paga realmente la zona franca integrale? Fra l'altro le basi giuridiche della zona franca, a partire dalla Costituzione italiana alla Convenzione internazionale di Kyoto del '73, all'ordinamento dell'Unione europea, allo Statuto speciale di autonomia, non contemplano la cosiddetta zona franca integrale propagandata dal nostro Presidente.
Non vorremmo che il Presidente fosse confuso sul tema, visto che già bussò a porte sbagliate in Europa rimediando sicuramente non una bella figura. Ma il sospetto che il Presidente sia confuso emerge anche dal fatto che la sola cosa che avrebbe dovuto fare non l'ha fatta, e cioè la delimitazione territoriale delle zone franche e la determinazione di disposizioni necessarie per renderle operative, quindi sempre su proposta della R.A.S., con separati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il dibattito sul rilancio della nostra economia, Presidente, dovrebbe orientarsi verso soluzioni recanti agevolazioni ed esenzioni fiscali per agevolare la soluzione di problemi strutturali della nostra economia, a partire da quello dei trasporti sia interni che esterni all'isola. Come suggerisce il giovane sardo studioso di economia, si potrebbe pure abbattere con 200 milioni di euro l'Ires, quindi l'imposta sul reddito delle società, escludendo dalle esenzioni le imprese a forte impatto ambientale, richiamando così investimenti industriali in Sardegna ecocompatibili ed ecosostenibili.
Sul problema dei costi-benefici, Presidente, anche questa è una bella pecca, ciò che renderebbe vantaggiose le zone franche sono gli incentivi fiscali, ma bisogna definirli stabilendo se sono realmente efficaci. Non è difficile intuire come le zone franche possano aumentare l'onere fiscale dei governi, distorcendo ad esempio la direzione degli investimenti in aree sbagliate, o magari promuovendo riforme compiacenti che si ripercuotono sul restante della nostra economia.
Presidente Cappellacci, che tipo di zona franca e che tipo di incentivi intende adottare? Perché a tutt'oggi manca un'analisi approfondita del rapporto costi-benefici, visto che la convenzione internazionale di Kyoto del '73 stabilisce come zona franca la parte del territorio di uno Stato in cui le merci che vi sono introdotte sono considerate come se fossero fuori dal territorio doganale per quanto attiene ai diritti e alle tasse di importazione. Merci quindi che non sono sottoposte agli usuali controlli della autorità di dogana, per cui si pone il problema se la presenza di un porto zona franca potrebbe spalancare le porte a lobby internazionali e alle mafie, che vedono nella crisi un'opportunità di guadagni conseguenti al mercato unico.
Le multinazionali puntano a operazioni d'insediamento nei territori, garantendosi attraverso deregulation sui temi del lavoro e dell'ambiente il massimo profitto e la massima competitività. Ciò per noi sardi costituirebbe un ulteriore impoverimento oltre al fatto che gli sgravi fiscali, che ridurrebbero il gettito fiscale della Sardegna, e le tasse non pagate dagli sgravi della zona franca ricadrebbero sui cittadini sardi perché lo Stato italiano deve garantire il pareggio di bilancio imposto dall'Europa, e anche questo non possiamo dimenticarlo.
Sul fronte occupazionale si creerebbe un nuovo schiavismo, forse, i sardi lavorerebbero in deroga alle norme contrattuali, delineandosi così un modello cinese tanto caro e funzionale all'autarchia europea. Tra le ventitre tipologie della zona franca, Presidente, quindi con forti differenze fra di loro, quali di queste si adegua ai bisogni della Sardegna? Tenendo conto che questa è una battaglia di popolo, non è solo una sua battaglia, è una battaglia di tutte le forze presenti in questo Consiglio. Ecco perché stiamo chiedendo delle delucidazioni e riteniamo sia un diritto avere davvero chiarezza su come lei stia operando.
Vorrei dire che il modello di Madeira, ad esempio, è pericoloso per il rischio della delocalizzazione industriale vista la smobilitazione in corso di circa mille aziende. Per non parlare della prima zona franca in India, dove il modello di sviluppo funzionale al modello globale ha creato povertà e repressione politica e militare. L'esperienza delle Canarie è fallimentare e oggi regna il caos. Lo stesso Parlamento spagnolo, questo è sotto gli occhi di tutti, lo dice la stampa, sta vagliando nuovi piani per contrastare la grande povertà emergente in quelle zone.
Vogliamo parlare di Cipro? Oppure del porto di Salonicco in Grecia? L'import e l'export sono un problema delle multinazionali, non sono un problema nostro, perché dovremmo difenderlo? In un'ottica di sovranità, di autogoverno e di indipendenza perché dovremmo difendere l'Europa che ci attanaglia? Per non parlare dei suoi modelli di sviluppo industriale che purtroppo noi sardi ben conosciamo. Il fatto che la Merkel abbia scoperto all'improvviso che bisogna aiutare l'economia sarda, come minimo ci deve insospettire. L'aiuto tedesco noi sardi l'abbiamo già avuto, si chiama E.On.
A differenza di Livigno il mercato in Sardegna è chiuso, quindi la riduzione dei costi della benzina tanto propagandata è una falsa illusione, vedi il numero delle auto. Sarebbe solo una giusta microeconomia di base. Certo che ci teniamo alla riduzione del costo della benzina, però diamo la giusta valutazione. Nella nostra isola, a differenza di Livigno, nessuno verrebbe a fare il pieno di benzina. Se è vero che le imprese sarde investono e spendono in Sardegna, chi controlla che le grandi compagnie non investano fuori usando solo la manodopera sarda sottopagata?
Allora un buon Presidente, a prescindere dalle campagne elettorali, avrebbe dovuto fare sul serio uno studio economico sulla situazione sarda per stabilire l'applicabilità della zona franca, i suoi costi e i suoi benefici. Voglio proprio ribadire, caro Presidente, che noi finalmente siamo riusciti a portare il tema al centro del dibattito, proprio per il fatto che questo è un tema caro a tutte le formazioni politiche. Quindi adesso spetta a lei dare delle delucidazioni rispetto ai progetti che ha in corso.
PRESIDENTE. Uno dei presentatori delle interpellanze numero 126 e 113 ha facoltà di illustrarle.
PLANETTA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, ricordo che la prima interpellanza, la numero 113, fu presentata il 23 giugno 2010 e riguardava la mancata attuazione del decreto legge numero 75, del 10 marzo 1998, che aveva istituito le zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme e Arbatax, in attuazione dell'articolo 12 del vigente Statuto di autonomia speciale della Sardegna. La seconda, la 126, presentata il 15 luglio 2010, riguardava la mancata delimitazione in particolare dell'area della zona franca di Porto Torres, sempre in attuazione decreto legge numero 75.
In definitiva presentammo queste due interpellanze tre anni fa per denunciare le inadempienze dei governi succedutisi dal 1998 a oggi, governi di sinistra, governi di destra. Oggi ci troviamo, ancora una volta, dopo tre anni, a discutere in modo che questa "benedetta" zona franca possa finalmente riprendere corpo. Questo fatto dimostra che il tema in oggetto non è cresciuto fra la gente, ma non è cresciuto neanche in quest'Aula.
Noi siamo andati oltre le vostre mozioni e le nostre interpellanze presentando un'unica proposta di legge, la numero 22, del maggio di quest'anno, per trovare finalmente uno strumento vero di confronto fra i sardi e lo Stato italiano. È un confronto che si deve porre in atto, e non vogliamo certo coltivare né finzioni, né arrivare a un eventuale ordine del giorno che ci porterebbe ancora a ingannare il nostro popolo. Affrontiamo il problema con una discussione in tempi reali, immediati, ed è per questo che noi sardisti invitiamo i Presidenti dei Gruppi consiliari, attraverso il "102", a richiamare la nostra proposta di legge perché venga discussa e migliorata.
Il problema della zona franca è una questione soprattutto di capacità, è una questione di volontà, una questione di comportamento: se i nostri comportamenti saranno conseguenti, anche i risultati positivi non si faranno aspettare.
La zona franca per sua natura, per sue caratteristiche e finalità domanda, anzi, esige non la strumentalizzazione, non la divisione, non l'alibi ma l'impegno unitario di tutti a partire da stasera, da domani in poi, senza provocare ulteriori delusioni al nostro popolo. Si definisca e si affermi non come obiettivo di parte ma come questione di tutti, come volontà, come espressione dell'intero Consiglio, evitando qualunque enfatizzazione, qualunque visione mitica.
PRESIDENTE. Se non vi sono opposizioni da parte dell'Aula do la parola all'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio che ha chiesto di intervenire per alcuni chiarimenti.
ZEDDA (P.d.L.). Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.In premessa sottolineo subito che la differenza esistente tra le varie tipologie di zona franca è molto chiara. I chiarimenti che intendo inizialmente fornire riguardano l'applicazione del decreto legislativo numero 75 del '98 e, soprattutto, alcune osservazioni che sono state fatte in ordine a ipotetici ritardi.
Tale decreto sappiamo che prevede l'istituzione di zone franche doganali, nel rispetto ovviamente dei vigenti regolamenti comunitari doganali, nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme e Arbatax; devo dire che esattamente dal mese di maggio di quest'anno sino a oggi abbiamo attivato una serie di incontri con i territori coinvolti che, ovviamente, hanno prodotto degli approfondimenti importanti, nel senso che sappiamo che i punti franchi dovranno essere delimitati e accuratamente controllati.
Pertanto a oggi solo la zona di Cagliari (e sappiamo che ovviamente è contemplata nel DPCM del 2001) è stata identificata e definita. Tra l'altro anche su questo punto si è tentato di approfondire con tutte le parti coinvolte nel territorio, e devo dire che si è concordata una linea comune che è stata quella di individuare, all'interno ovviamente dei punti franchi e in particolare dei porti, il territorio destinato alla zona franca.
Voglio anche ricordare che la zona franca doganale in questione ovviamente è quella preferibile nel momento in cui si attivano attività di trasformazione piuttosto che attività di estero su estero, e che soprattutto in alcuni casi il controllo di carattere doganale può essere invece anche un limite proprio alla vera attività e alla vera vocazione produttiva del territorio.
Voglio dare un aggiornamento su ogni zona franca, o punto franco ai sensi del decreto legislativo numero 75 del '98. In data 15 aprile 2013 si è tenuto l'incontro nel quale è stata approfondita la questione del soggetto gestore "Cagliari free zone" e della sua perimetrazione; informiamo che c'è un contenzioso sulla parte relativa a gran parte dei terreni, così come pure su Cagliari voglio ricordare che ci sono delle parti, ne cito uno tra tutti, "il Villaggio di pescatori, che ovviamente non può essere considerata una zona doganale a questi effetti, quindi si sta lavorando anche in questo senso. Non solo, su Cagliari dall'Autorità portuale sono stati anche stimati una serie di investimenti che, ovviamente, riguardano proprio la parte che dovrà essere recintata.
Per la zona franca di Porto Torres, invece, il territorio ha scelto di poter determinare come centro intermodale interno al perimetro del consorzio industriale quello da destinare alla zona franca, e il collegamento con il porto sarebbe garantito anche da una viabilità già esistente; dovrebbe diventare quindi un corridoio franco con delimitazione e ovviamente i controlli del caso. L'area ha un'estensione di 14 ettari e su essa esiste un capannone di circa duemila metri quadri. Resta da approfondire ovviamente, come per tutti, la parte relativa al soggetto gestore.
Per quanto riguarda la zona franca di Olbia, è stata portata al tavolo degli incontri la proposta del territorio che prevede l'individuazione di una zona recintata di 4-5 ettari nel porto di Olbia, più una piccola nel porto di Golfo Aranci, oppure ancora il territorio sta valutando un'altra zona franca non interclusa da estendere a tutta l'area industriale di Olbia e che non prevede nessun tipo di delimitazione materiale o recinzione sul modello di Gioia Tauro, ma sappiamo che questo non è assolutamente possibile a oggi. Considerata quindi la proposta, con particolare riferimento a quanto previsto in ordine alle aree franche intercluse, si è reso necessario un successivo approfondimento anche con il coinvolgimento dell'autorità doganale; a questo proposito aggiungo che c'è stato questo chiarimento con le autorità doganali con la precisazione che in questa fase i sei punti franchi previsti per la Sardegna non possono essere assolutamente zone non intercluse.
Per quanto riguarda Oristano si è tenuta una serie di incontri e il territorio ha portato al tavolo la proposta che individua un'area adiacente al porto, delimitata naturalmente dal mare e a terra da una recinzione già esistente. Successivamente però a questi incontri si è dovuta superare una posizione iniziale del Comune di Santa Giusta, infatti il Presidente della Provincia ha recentemente comunicato che i soggetti coinvolti sono pervenuti a una ipotesi condivisa in ordine alla individuazione dell'area, ed è stato chiesto un nuovo incontro con la Regione.
Per quanto riguarda la zona franca di Portovesme, nei vari incontri si è discussa in particolar modo la proposta del Consorzio industriale, approvata poi dai comuni, che però in questo momento sarebbe ancora in fase di approfondimento perché l'area vera e propria non è stata ancora individuata.
Per quanto riguarda Arbatax si è tenuto un primo incontro nel quale non è stata esaminata alcuna proposta perché non ve n'è ancora una che risulti soddisfacente per tutti i proponenti, e quindi sarà oggetto del prossimo incontro.
Per quanto riguarda il soggetto gestore, la Giunta ha inteso proporre, perché lo ritiene uno strumento molto più significativo e incidente, un unico soggetto gestore, a livello regionale, dei sei punti franchi. Devo sottolineare che ci sono stati ulteriori approfondimenti e, probabilmente, si chiederà di inserire tutta la proposta della Sardegna all'interno di un unico DPCM; già la settimana prossima abbiamo l'incontro con tutti e sei i territori, al fine di arrivare al più presto, contiamo da qui a due settimane, a una proposta organica e complessiva che contempli i sei punti franchi, al fine di poter inoltrare la proposta al Governo proprio per avere il DPCM complessivo.
Il resto, che contempla ovviamente le altre due forme di zona franca, è inutile ma lo voglio comunque sottolineare vista l'importanza dell'argomento; è vero, infatti, che questa Giunta sta insistendo sulla zona franca integrale perché crediamo che possa veramente determinare il cambio di rotta, essere quel volano di sviluppo che da un lato cambi lo sviluppo della Sardegna e dall'altro offra un contrasto immediato alla crisi che stiamo affrontando in questo periodo.
Però dico anche che, a fronte di questa grande battaglia che contempla la zona franca integrale, sappiamo che sarà operativa nei prossimi mesi la possibilità della zona franca urbana per il Sulcis che ovviamente è cosa ben diversa dalle altre due forme di zona franca. Il resto di quello che abbiamo portato anche all'attenzione di tavoli nazionali è assolutamente ricompreso nelle delibere approvate dalla Giunta fino all'ultima approvata il 27 giugno.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, mi rivolgo al presidente Cappellacci per ricordare che avevamo deciso (chiaramente ci ha fatto piacere sentire l'Assessore), che sarebbe intervenuto dopo la presentazione delle mozioni e delle interpellanze per illustrarci come intende attuare la zona franca integrale, dopodiché sarebbe iniziato il dibattito.
A nome anche degli altri Capigruppo io le avevo chiesto se c'era la possibilità di non presentare le mozioni, così che intervenisse lei per primo in Aula e poi iniziare il dibattito. Giustamente lei ci ha detto di non essere informato di questa eventualità, per cui ci invitava a illustrarle e dopo sarebbe intervenuto per rendicontare la sua attività. Nulla contro l'Assessore però ci saremmo aspettati per correttezza un intervento da parte sua.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Presidente della Regione. Ne ha facoltà.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, onorevole Diana, l'Assessore ha fatto il punto della situazione con particolare riferimento ad alcuni profili e, per l'aspetto più generale, ha fatto riferimento alle delibere di Giunta . Io, personalmente, ritengo utile e opportuno intervenire alla fine del dibattito nella convinzione, e con l'auspicio, che dal dibattito possano arrivare contributi utili e costruttivi rispetto a questo percorso.
E' evidente che nel mio intervento darò conto di tutte le richieste che sono state avanzate e quindi spiegherò nel dettaglio il percorso, le ragioni, le conseguenze della nostra alta rivendicazione della zona franca integrale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, colleghi, ciclicamente si riparla di zona franca, in Sardegna ormai da sessant'anni si parla di zona franca, e il dibattito che è in corso in questi mesi ha visto e vede coinvolto ciascuno di noi in parecchie assemblee. E' un dibattito importante e molto stimolante, ed è del tutto evidente che non dobbiamo nemmeno far finta di non conoscere i motivi; perché è un dibattito che nasce in un momento straordinario, un momento di crisi profonda e straordinaria, un momento di crisi che riguarda non solo la nostra Isola ma l'intero sistema occidentale, compreso il nostro Paese che è anch'esso in grande sofferenza.
Le nostre gravi sofferenze storiche e le criticità sono accentuate anche da importanti responsabilità di questa Giunta. Siamo ormai alla fine di un quinquennio e, quindi, possiamo dire che ci sono grandi difficoltà (e non sono solo storiche) che alimentano il dibattito in questo momento: ritardi nei trasporti aerei, nei trasporti marittimi con grandi responsabilità da parte della Giunta. Quindi è importante questo dibattito stimolato dai comitati che sono mossi proprio dalle grosse difficoltà che il nostro tessuto economico vive.
Oggi, pertanto, siamo portati a distanza di anni da quando è iniziato il dibattito a confrontarci, a interrogarci prima di tutto se ha ancora senso oggi parlare di zona franca; e non dobbiamo neanche dimenticarci da dove siamo partiti parlando di zona franca (poi dirò quello che penso), perché lo scenario degli scambi internazionali e della competizione internazionale rispetto al '48, quando fu varato lo Statuto, è cambiato completamente. Quando nel '48 nacque lo Statuto la competizione per gli scambi internazionali era molto condizionata dai dazi che si potevano mettere in entrata nei singoli Paesi, quindi nasceva anche da questa imposizione una prima idea di zona franca per cercare di regolare, di compensare gli eventuali svantaggi.
Oggi ovviamente lo scenario è completamente diverso; abbiamo un'Unione europea molto più vasta quindi anche gli scambi tra Paesi europei sono semplificati, non c'è più, almeno nei Paesi europei, lo strumento del dazio da utilizzare per facilitare o ostacolare gli scambi. Però noi in questo contesto, in questi anni, abbiamo in qualche misura con il decreto legislativo del '98 e poi col DPCM del 2001 iniziato a dare attuazione all'indicazione dell'articolo 12 del nostro Statuto: la previsione che in Sardegna ci fossero dei punti franchi.
Allora attraverso quel decreto legislativo e quel DPCM abbiamo cominciato a dare una prima attuazione all'articolo 12 dello Statuto; una attuazione che è rimasta però a metà. Ci sono ritardi notevoli non, Assessore, ipotetici ritardi; abbiamo un DPCM del 2001 e oggi siamo nel 2013. Certo, lei dice che da maggio a oggi si sono svolti incontri con i territori e parla di ipotetici ritardi; relativamente al suo orizzonte temporale da Assessore della programmazione io le do ragione: non ci sono ritardi, lei ha fatto subito quello che si doveva fare ma, grazie a Dio, siamo a maggio del 2013 rispetto al DPCM che è del 2011, insomma i ritardi sono sicuramente notevoli.
Però qualcosa può essere fatta; abbiamo la possibilità di dare attuazione, perché è importante, a questi porti franchi. Indubbiamente l'effetto non è quello ipotizzato dai nostri padri costituenti nel '48, ma questo è ovvio in presenza di un mercato diverso, l dove il peso dei dazi è notevolmente diverso. Sicuramente un effetto ci può essere dando attuazione a quel DPCM e quindi ai porti franchi con la costituzione della società di gestione,e così via.
Uno dei primi effetti è che dà benefici dal punto di vista economico e poi si incomincia a sperimentare e poi comunque servirà per altri motivi, perché ci consentirà, consentirà a noi, Regione sarda, di aver titoli per rivendicare altri step della nostra aspirazione alla zona franca. Se non facciamo nemmeno quello che possiamo fare, che ci è dato nella facoltà di fare, in una negoziazione con lo Stato, allora non abbiamo titoli per andare a chiedere altro, quindi dopo che avremo esercitato il nostro legittimo diritto potremo andare a rivendicarne anche altri.
Perché rivendicare altro? Perché io sono convinto che l'aspirazione alla zona franca, io ho interloquito spesso con i movimenti, che si chiami integrale o meno, si traduce nel vedere la Regione sarda assimilata ai Comuni di Livigno e di Campione d'Italia, quindi fuori dallo spazio doganale europeo. Può essere così o può non essere così, io non mi voglio fermare a individuare un modello di zona franca, considero la zona franca una legittima aspirazione del popolo sardo che condivido e che sono disposto ad assecondare nella sua attuazione in qualsiasi momento come aspirazione per stare meglio, come una speranza, come un obiettivo.
Cimentarci in questa richiesta, quindi, vuol dire dare prima di tutto attuazione a quello che già possiamo fare e poi in secondo luogo bandire gli slogan. Perché bandire gli slogan? Perché dobbiamo liberare il campo dalla strumentalità, perché per misurarci davvero sulla fattibilità della zona franca dovremo misurarci prima di tutto sulla sua fattibilità dal punto di vista giuridico. Perciò qual è il percorso giuridico che dobbiamo intraprendere per avere il riconoscimento di una zona franca? Se è necessaria la modifica del codice doganale europeo sappiamo che il percorso è quello di una rivendicazione con lo Stato che poi negozia con l'Unione europea, se poi i percorsi sono altri dobbiamo sapere quali tra essi dobbiamo seguire.
E poi è chiaro che dobbiamo fare delle valutazioni di convenienza e in quel caso emergono le vere valutazioni di tipo politico,. Perché, che cosa vuol dire rinunciare al gettito? Dobbiamo farlo noi, lo deve fare lo Stato, quali sono le ricadute in termini di aumento del PIL per esempio, in termini di attrazione di investimenti? Queste sono le misure e le politiche sulle quali dobbiamo cimentarci per fare poi delle valutazioni di tipo politico. Fatte queste valutazioni, quindi se pensiamo che la zona franca sia lo strumento utile per compensare i disagi dell'insularità, allora dobbiamo andare avanti.
Prima facciamo queste valutazioni, ci siamo tutti, perché questa aspirazione l'abbiamo tutti, è un'aspirazione del popolo sardo, facciamo queste valutazioni, poi, se valutiamo che questo è lo strumento per compensare i disagi dell'insularità, dobbiamo andare avanti. Dobbiamo andare avanti e negoziare con lo Stato perché gli oneri, a questo punto, se è uno strumento per compensare i disagi dell'insularità, è chiaro che sono a carico dello Stato e non può essere diversamente perché oggi, per come sono concepite le nostre entrate, noi abbiamo una compartecipazione alle imposte, non sono trasferimenti dello Stato, noi compartecipiamo, quindi se rinunciamo a quelle imposte noi perdiamo parte del gettito, se però quella rinuncia deve essere fatta perché ci serve per compensare gli svantaggi dell'insularità, è chiaro che sono oneri che non possiamo sopportare noi.
Quindi perché dico che bisogna negoziare con lo Stato? Perché vanno eliminati anche dei vincoli strutturali che noi abbiamo e che possono essere di pregiudizio anche alla piena attuazione della zona franca, mi riferisco ai vincoli infrastrutturali dei collegamenti con il continente, delle reti ferroviarie inadeguate, di una dotazione energetica con costi che non sono competitivi, cioè, se noi non rimuoviamo questi limiti, anche la zona franca non sarà sufficiente, anzi, potrà essere un problema. Ecco perché il pacchetto deve essere unico una volta che riconosciamo come strumento la zona franca.
Pertanto, Assessore, io mi sarei aspettato una proposta meno confusa. Presidente, noi avremmo voluto sentire la sua proposta complessiva sulla zona franca, non parlare solo di zona franca doganale e dei porti franchi, queste cose le sappiamo. Sappiamo che la Sardegna è in ritardo, vorremmo sapere come si vuole eventualmente e complessivamente concepire un'azione per arrivare a una fiscalità o a una determinazione di fiscalità vantaggiosa per la nostra Isola, perché altrimenti alimentiamo false speranze, e le false speranze sono improduttive per l'azione comune e possono alimentare anche tensioni sociali. Noi non possiamo ingannare i nostri cittadini facendogli credere che possiamo raggiungere un obiettivo, non conoscendo la strada per raggiungere l'obiettivo e nemmeno le ricadute dell'obiettivo medesimo. Quindi, tutti quanti noi siamo su queste corde, l'abbiamo detto, l'ha detto l'onorevole Arbau e lo diranno gli altri colleghi ma vogliamo compartecipare, quindi non una conduzione solitaria del Presidente…
PRESIDENTE. Onorevole Cuccu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritta a parlare la consigliera Rosanna Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS ROSANNA (P.d.L.). Presidente, il dibattito sulla zona franca ha sempre visto i favorevoli confrontarsi almeno su due sponde, due concezioni, coloro che vogliono le sei zone franche portuali, così come sono state istituite per decreto, e quanti propugnano l'estensione dell'istituto a tutto il territorio regionale. Entrambi, pur partendo da argomenti in pieno contrasto fra di loro, arrivano comunque alla stessa conclusione nel riconoscere l'utilità dello strumento economico, dandogli ciascuno contenuti e forme differenti, a seconda dell'obiettivo da perseguire. Terzi, ma fortemente minoritari rispetto alle due categorie sopracitate, quelli assolutamente contrari.
Per limitare il discorso alle prime due categorie, nelle quali certamente mi riconosco, bisogna partire dal presupposto di chiarire il contenuto di questo strumento economico, attagliandolo alle caratteristiche economiche, sociali e produttive della nostra Isola. Senza prendere posizione in questa sede, vale però portare alla riflessione alcuni elementi oggettivi, che fanno propendere per la cosiddetta zona franca integrale per via delle indubbie e maggiori ricadute economiche.
Ciò si rende necessario anzitutto per cercare di portare qualche elemento di chiarezza ai fini del raggiungimento di un obiettivo che non si basi solo sulla mera rivendicazione di un diritto ma, tralasciando appunto tutti gli aspetti meramente normativi, tratteggi limiti e contenuti di quella che definiamo zona franca per la Sardegna, partendo da un presupposto imprescindibile.
Tale presupposto si basa su ragioni geografiche (l'insularità), e strategiche, di posizionamento ideale nel bacino centrale del Mediterraneo occidentale a cerniera di tre Continenti: Europa, Africa e Asia. Su queste logiche i dirigenti dell'Ufficio ispettivo del Ministero delle finanze, cui negli anni '90 fu commissionato uno studio per individuare sedi idonee dove allocare una zona franca nel territorio della Repubblica, al termine dei loro lavori indicarono il territorio dell'intera Regione della Sardegna come sito in assoluto più idoneo fra quelli individuabili.
Entro questa logica, dunque, non bisogna fermarsi alla semplice enunciazione dello strumento, o limitarsi ai soli aspetti doganali, ma proiettarsi in una dimensione programmatica che sia sorretta dalle linee di indirizzo di un piano strategico di sviluppo economico regionale, che si integri con le potenzialità offerte da un sistema di libero scambio, quale appunto è la zona franca.
Andando per ordine possiamo affermare che il presupposto per una zona franca di successo deve essere sostenuto dalla constatazione paradigmatica che nelle aree economicamente deboli, quale appunto la Sardegna, le imprese non sono più in grado di reggere i livelli di competitività dei mercati, perché alle insufficienze infrastrutturali si è aggiunto il peso crescente della pressione fiscale e, soprattutto, quello degli oneri che incidono pesantemente sul costo del lavoro. Non è pertanto erroneo affermare, in linea di principio, che la richiesta di una zona franca deve essere oggetto di una contrattazione con lo Stato, sintesi di un'ampia rivisitazione dell'articolo 13 dello Statuto speciale, finalizzata a rimuovere tutti gli ostacoli di ordine economico, geografico e sociale allo sviluppo dell'Isola.
In un quadro di rivisitazione integrale del combinato degli articoli 12 e 13 dello Statuto, si rende quindi necessario attivare un processo che sia caratterizzato da alcuni elementi imprescindibili come obiettivo di crescita. Ne cito alcuni: la salvaguardia dei livelli di competitività delle imprese operanti in Sardegna, con particolare attenzione per il tessuto delle piccole e medie imprese; l'ampliamento della base produttiva regionale, che si prefigge il duplice obiettivo di creare nuove imprese per iniziativa di imprenditoria locale, e creare presupposti vincenti per un clima di attrazione di capitali e localizzazione nell'Isola di imprese extraregionali; l'innalzamento dei livelli occupazionali; la maggiore apertura del sistema economico regionale verso il mercato internazionale, al fine di favorire l'aumento delle esportazioni e un collegato miglioramento della bilancia commerciale; la valorizzazione dei prodotti tipici regionali in vista anche del potenziamento dei servizi e delle attività turistiche.
Il punto di ripartenza è chiaramente costituito dallo stato di fatto che si è determinato con l'azione del decreto legislativo del 10 marzo '98, numero 75, che ha istituito zone franche nei Porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme e Arbatax, e in altri porti e aree industriali a essi funzionalmente collegati o collegabili. Il che fissa un punto fermo laddove non è prevista alcuna limitazione territoriale definita aprioristicamente. Essendo il nostro territorio insulare nulla osta che, attraverso una modulazione adeguata dell'istituto della zona franca, possa riguardare tutta la Regione, come in questi giorni rivendicato da più parti.
Per quanto attiene le procedure per l'ottenimento della zona franca, non sarebbe sbagliato far accompagnare la richiesta da un piano di fattibilità che sgombri il campo da qualsiasi equivoco legato alla riduzione o esenzione delle imposte, dimostrando che con la zona franca il ritorno in termini di allargamento della base impositiva, per via dell'aumento di un forte tessuto imprenditoriale e produttivo, e di crescita della bilancia commerciale, va ben oltre la semplice compensazione delle minori entrate.
Pur tuttavia, a mio avviso, non basta semplicemente rivendicare la zona franca, noi dobbiamo rafforzare il tenore delle nostre richieste, esplicitando la richiesta che l'Unione europea riconosca alla Sardegna i benefici in termini di incentivazione per l'impresa locale e di abbattimento degli oneri derivati dei trasporti, di cui godono i sistemi insulari inseriti organicamente negli ordinamenti degli Stati membri dell'Unione, quali per esempio le Canarie.
E' necessario, cioè, innalzare il livello della rivendicazione, per "condire" la richiesta di zona franca di un elemento oggettivo che frena tutte le politiche di sviluppo a causa di una condizione di insularità, che vede la Sardegna l'isola più lontana dalla terra ferma di tutto il Mediterraneo, distante dai centri di potere politico, economico e dai mercati. Per fare questo è necessario che nella contrattazione con lo Stato, l'elemento dell'insularità venga riconosciuto in Statuto, creando quel ponte costituzionale accompagnato da un insieme di misure, tese ad abbattere questa diseconomia derivante da una condizione geografica penalizzante, che pongano la Sardegna in condizioni di competere con i mercati ad armi pari.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, io non nascondo di avere molte perplessità sulle informazioni fornite dall'Assessore; informazioni che mi sono sembrate molto parziali e, soprattutto, non tarate sull'argomento. La domanda che le facciamo, e che le abbiamo fatto attraverso la nostra mozione - lo dico al Presidente, lo dico all'Assessore - è volta a capire se aprire oggi un nuovo fronte con lo Stato non rischi di compromettere quella grande vertenza che è stata la vertenza entrate, che rimane tuttora irrisolta. Quindi i punti franchi, le zone franche doganali extra UE - vorrei che mi ascoltaste, lo dico al Presidente e all'Assessore -non hanno un costo, per quanto ogni agevolazione fiscale ha un costo perché implica una riduzione del gettito, quindi c'è una minore entrata che qualcuno deve coprire.
I punti franchi doganali non implicano un abbattimento del costo, costituiscono un'esenzione sui dazi per imprese che esportano al di fuori dell'Europa dei 28 oggi con la Croazia. Quindi lei per il 95 per cento ha parlato di un tema che non entra nel cuore di quella che è apparsa essere la vostra proposta sui giornali, la vostra delibera, il vostro ascoltare le rivendicazioni della gente che si chiede che cosa sarete capaci di fare a fine legislatura, non avendolo fatto per quattro anni e mezzo, per alleviare la sofferenza di imprese e famiglie.
La domanda che vi faccio potrei farla anche a noi che abbiamo governato prima: perché non avete attuato prima questa proposta? Se ci credete ponetela in essere! Attenzione però: è vero che i punti franchi non hanno un costo in termini di minor gettito, ma hanno un costo organizzativo e gestionale, perché implicano la mobilità delle persone e quindi possono essere anche controproducenti, perché implicano delle barriere, implicano la presenza della Finanza, possono essere anche un ostacolo allo sviluppo. Fateci capire che cosa offrono in più oggi rispetto alle normali esenzioni dei dazi che esistono già e che possono già operare per le imprese che vogliono avere questo tipo di produzioni.
Comunque, se ci credete andate avanti! E' richiesta inoltre un'attività di scouting molto attenta, Assessore. Per esempio, se trovate un'azienda che importa caffè dal Brasile, lo porta a Cagliari, lo trasforma e lo riesporta in Asia, andate avanti! Ma quale può essere l'impatto di questo tipo di attività per la stragrande maggioranza delle imprese e delle famiglie sarde? Non lo so, forse qualche decina di lavoratori che potrà partecipare a questo processo produttivo; poco, pochissimo, dobbiamo dirlo, e comunque tutto da costruire.
Un discorso diverso è invece parlare di zone franche a esenzione fiscale, esenzioni sull'IVA, sull'IRES, sulle imposte, sui contributi perché questi implicano un minor gettito o che qualcuno ci metta i soldi. Siccome non siamo né la Catalogna, né il Trentino (noi abbiamo un residuo fiscale passivo), pur non essendo dei grandi esperti di contabilità pubblica ci sono dei numeri molto chiari, però, che ci dicono che se si considera il settore pubblico, cioè i servizi dati dal sistema pubblico, oggi, in rapporto al gettito fiscale generato dalla comunità sarda, mancano 4 miliardi, cioè il costo dei servizi è più alto di 4 miliardi rispetto al gettito generato.
Se si considera il settore pubblico allargato, e cioè anche il sistema di società a capitale pubblico, questo residuo fiscale passivo è di 7 miliardi. Ora, se io rinuncio a qualsiasi imposta di quelle compartecipate, che oggi mi danno un gettito di 5 miliardi e 700 milioni, e cioè all'IVA, alle accise, all'IRES, 2 o 3 miliardi, a un'agevolazione generalizzata e allargata al territorio regionale (non l'operazione che stiamo facendo nel Sulcis, che è anche prevista all'interno delle norme dell'Unione europea, diciamo assimilabile alle cosiddette zone franche urbane, cioè operazioni mirate e circoscritte che possono avere un costo di qualche decina di milioni di euro), stiamo parlando, eventualmente, di miliardi che mancano, che qualcuno deve mettere per assicurare alle imprese e ai cittadini sardi i tribunali, la scuola, la sicurezza, la sanità, che costa 3 miliardi e 400 milioni all'anno, qualcuno deve mettere dei soldi.
Pertanto le rivolgo alcune domande, necessarie per capire la vostra credibilità. La prima la pongo al Presidente: se credete nei punti franchi, perché avete impiegato quattro anni a mezzo a proporli? Li prevede lo Statuto, avete citato il decreto legislativo, c'era una "autostrada" per portarli avanti e dar loro attuazione.
La stessa domanda posso farla anche a noi, perché neanche noi li abbiamo proposti. Ma noi diciamo i motivi: non crediamo che siano uno strumento decisivo; magari ci sbagliamo! Come ho detto prima stiamo parlando di una fattispecie molto limitata e molto circoscritta, tutta da costruire, per delle agevolazioni che sostanzialmente si possono già raggiungere senza i punti franchi, perché il sistema di agevolazioni per certe imprese è già concesso, basta fare delle comunicazioni alla Guardia di Finanza.
Se però vogliamo parlare non di punti franchi, ma di agevolazioni fiscali, noi vi dobbiamo chiedere come intendete coprire questi costi, e se ci credete così tanto perché, quando il Governo Berlusconi ha tagliato le zone franche urbane, che potevano costituire una sperimentazione importante in alcuni territori della Sardegna, almeno per le piccole imprese in regime di de minimis, avete lasciato cadere quella opportunità?
Pertanto vi chiediamo se secondo voi siamo più o meno credibili nei confronti del Governo nazionale nel momento in cui non abbiamo ottenuto neanche la chiusura della vertenza entrate. Presidente, vogliamo ricordare quanto vale la vertenza entrate? Tra il 2010 e il 2012, cioè dal momento in cui andava attuata, vale circa 1 miliardo e 900 milioni; esattamente i minori trasferimenti, come dice anche la Corte dei conti, che sono maturati in quegli anni, 1 miliardo e 900 milioni appunto che non ci hanno dato. E vale in termini di spesa annuale, perché invece di ottenere di spendere di più - lo dico al Presidente e all'Assessore - noi nel 2009 potevamo spendere 3 miliardi e 100 milioni, extra spese sanitarie, oggi ci ritroviamo a poter spendere 2 miliardi e 507 milioni, cioè una vertenza alla rovescia.
Allora mi chiedo quale credibilità possiamo avere rispetto al Governo nazionale se io, interlocutore Regione, invece di dire: "Chiudiamo le vertenze aperte, incassiamo il miliardo e 900 milioni, riportiamo il livello della spesa almeno al 2009 e poi parlo dell'altro", apro con il mio interlocutore, lo Stato, un fronte di cui non conosco le dimensioni, faccio una grande confusione e così rispondono: "Ma tu sei matto! Non ci sono soldi, la finanza pubblica è al collasso, ci sono i limiti del Patto di stabilità, tutti piangono miseria e tu, in un contesto come questo, non chiudi neanche le vertenze giuridicamente accertate da sentenze della Corte e da leggi dello Stato e apri altri fronti". Ma qual è la credibilità che rischiate di avere agli occhi dello Stato? Il nostro sospetto, e lo dico chiaramente, Presidente…
(Interruzioni)
Assessore Mariano Contu, poichè il Presidente spesso non è in Aula ci lasci la gioia e il piacere di interloquire noi con lui. Lei lo vede ogni lunedì in Giunta, quindi lo vede spesso! Abbia pazienza! Io apprezzo il fatto che il Presidente sia in Aula, tra l'altro sapendo che è una discussione difficile.
Allora, noi potevamo, lo dico al presidente Cappellacci, andare dallo Stato e dirgli: "Guarda, trasferiscimi il miliardo e 900 milioni; io non lo spendo, lascio il debito pubblico invariato, e lo uso per cancellare il debito finanziario della Sardegna - mi segua in questo ragionamento - che è pari a un miliardo e 700 milioni". Si poteva trattare perché cancellando il miliardo e 700 milioni, avremmo risparmiato 80 milioni circa all'anno di interessi sul debito, che fanno parte del Patto di stabilità, recuperando, con un'operazione facile facile, 80 milioni veri di spese, invece di disquisire dell'universo mondo.
Allora, vi ripeto la domanda: "Quale credibilità ritenete di avere nei confronti del Governo nazionale se fino a oggi non siete stati capaci neanche di chiudere la vertenza entrate? Che credibilità avete se ne aprite un'altra? Che credibilità avete se con lo Stato fino a oggi non avete chiuso una vertenza, né sulla continuità territoriale, né sulla scuola, in definitiva su nessun argomento?". La nostra sensazione è che voi volete semplicemente alzare una cortina di fumo per nascondere i vostri fallimenti, rilanciate per nascondere il fatto che non siete stati in grado di ottenere anche quello che potevamo ottenere. Allora, lei ci spieghi, ci dica come intende coprire il minor gettito...
PRESIDENTE. Onorevole Porcu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, io credo che sia chiaro a tutti noi che la Sardegna ha bisogno per il suo sviluppo di una politica fiscale. Ne abbiamo bisogno perché dai tempi della fusione l'eccesso di pressione fiscale ha impedito la capitalizzazione delle nostre imprese, la crescita delle nostre imprese. Io non condivido molte delle analisi fatte adesso dall'onorevole Porcu, mentre mi riconosco in quella corrente di pensiero che lega strettamente il tema della sovranità al tema della fiscalità e che lega quindi i temi dello sviluppo alla capacità della Sardegna di calibrare un fisco giusto perché ci possa essere uno sviluppo adeguato.
Il tema delle zone franche è un pezzo della politica fiscale della Sardegna, non è tutta la politica fiscale. Questo va messo in chiaro, altrimenti si carica l'argomento di attese e di risultati che non si possono conseguire. Oggi l'argomento riguarda le zone franche, non riguarda la politica fiscale complessiva della Regione sarda, quindi stiamo al tema. Per sviluppare il tema delle zone franche, dei punti franchi previsti dall'articolo 12 del nostro Statuto, a mio avviso bisogna che ci sia in primo luogo chiarezza sulle procedure e in secondo luogo chiarezza sulla struttura finanziaria del regime fiscale delle zone franche che si immagina di realizzare. Quindi, chiarezza sulle procedure e chiarezza sulla struttura finanziaria.
In questo momento io non credo che ci sia chiarezza rispetto a entrambi questi aspetti del problema e credo che non ci sia chiarezza per un motivo: si è confuso un tema di politica dello sviluppo con la creazione di un simbolo. I simboli durano per sempre, le politiche per lo sviluppo devono essere aggiornate; i simboli uniscono storia e cultura, le politiche per lo sviluppo devono unire risorse, territori e imprese. Sono due cose diverse. Quando si trasforma un tema di politica dello sviluppo in un simbolo il rischio probabile è che non si realizzi l'obiettivo della politica dello sviluppo. Quando si trasforma un tema di politica dello sviluppo in simbolo è probabile che si ottenga il risultato che in genere ottengono i simboli, cioè il consenso, ma non si ottenga il risultato che si auspica che ottengano le politiche dello sviluppo, cioè il benessere.
Allora, che cosa è mancato? Questa confusione, in questo momento, che trasferisce un tema di politica dello sviluppo a un livello simbolico, ha fatto mancare una serie di appuntamenti della Regione autonoma della Sardegna. Noi avevamo già perso nel 2006 l'occasione di ragionare sulla sentenza - la cosiddetta sentenza Azzorre - con cui la giurisprudenza europea ci ha detto come leggere l'articolo 174 del Trattato di Lisbona. E' una sentenza guida. Abbiamo perso l'occasione, dovevamo lavorarci sopra, non ci abbiamo creduto. Secondo appuntamento mancato: legge 42 del 2009. La legge 42 del 2009 ha consentito a Regioni come Trentino e Friuli, in un regime pattizio con lo Stato, di ottenere notevoli vantaggi fiscali. Appuntamento mancato.
Ed è un appuntamento mancato dal Governo regionale perché il Consiglio regionale queste cose le ha dette, le ha scritte in una risoluzione della prima Commissione votata all'unanimità che individuava questo percorso. Non solo, l'indicazione di questo percorso è presente in un ordine del giorno di questo Consiglio che richiamava l'attenzione sul fatto che nella Commissione paritetica occorre che siedano persone altamente competenti in materia fiscale, particolarmente di fiscalità pubblica. Venni ripreso perché si ritenne una censura eccessiva la mia sottolineatura in Aula che la nostra delegazione in Commissione paritetica non fosse all'altezza di questo compito.
Altra occasione perduta, non banale, la legge del 2011 che ha consentito ulteriormente alle Regioni a Statuto ordinario di intervenire sui tributi compartecipati. Anche rispetto a questa occasione la risoluzione della prima Commissione individuava un percorso. Se noi pensiamo di non avere competenza, esattezza, diligenza nel rispettare le scadenze, rispetto per i luoghi in cui si tratta, capacità di trattare e pensiamo di ottenere risultati perché trasformiamo tutto in ideologia, stiamo commettendo un errore pauroso e questo errore lo stiamo commettendo ancora oggi.
Il Trentino, evocato dal collega Porcu, è una Regione che quando scrive le norme di attuazione degli articoli del suo Statuto non le scrive in tre righe, le dettaglia in pagine intere, declinando ogni aspetto finanziario del rapporto con lo Stato. Il Trentino, che ha un terzo della nostra popolazione, ha avuto trasferimenti in infrastrutture dieci volte superiori a quelli della Regione sarda e oggi ha un PIL che produce il gettito di cui parlava l'onorevole Porcu. Non si ottiene la zona franca ideologizzandola, la si ottiene studiando esattamente, partecipando nei luoghi deputati alla trattativa.
In merito al decreto legislativo numero 75 ho sentito dall'Assessore le ipotesi che si stanno formulando. Però sono ipotesi, Assessore, che alla fine fanno sì che i punti franchi doganali riguardino i porti ed esclusivamente i porti. La previsione, nel decreto legislativo, delle aree strutturalmente connesse non è contemplata e contemplabile. E' un problema di perimetro? Bene, io sul perimetro negozio, ma politicamente non posso negoziare con Arbatax solo col territorio di Arbatax; Olbia non può negoziare solo per se stessa perché tutto l'hinterland è interessato a quella soluzione. Questo è un tema politico da declinare tecnicamente, ma non da semplificare tecnicamente in maniera tale da fare le piccole aree portuali.
Due parole sulla struttura finanziaria. Per avere le idee chiare sulle politiche delle agevolazioni fiscali bisogna avere le idee chiare sulle politiche della spesa della Regione autonoma della Sardegna. La Regione sarda ha una struttura della spesa che è la seguente: 3,4 per la sanità, 2,5 per la gestione. Sono pochissime le risorse per lo sviluppo. Noi, in questo momento, abbiamo difficoltà a stanziare 500 milioni per finanziare, magari, un'esenzione fiscale per le start-up perché questo dovremmo fare, cioè avere dei provvedimenti selettivi, esentare le piccole imprese in zone svantaggiate, eccetera, eccetera.
Come ci si prepara? Ci si prepara avendo chiarezza su come rivedere la spesa regionale. Faccio un esempio banale, abbiamo fatto la riforma delle agenzie agricole nella scorsa legislatura e io l'ho votata, poi l'evoluzione qual è stata? Adesso abbiamo un direttore generale all'agricoltura e altre tre direttori generali. Ma è possibile non pensare che invece si possa risparmiare con un solo direttore generale e alcuni capi servizio? Possiamo pensare ancora di non applicare le norme nazionali sui piccoli ospedali e trasformare i posti letto che abbiamo in posti letto territoriali? Senza una revisione della spesa noi non possiamo progettare politiche fiscali. Con questa serietà io credo si debba affrontare il tema delle zone franche, ma non perché ero Presidente io, ma perché è vero...
PRESIDENTE. Onorevole Maninchedda, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Cozzolino. Ne ha facoltà.
COZZOLINO (P.D.). Il diritto della Sardegna alla zona franca è contenuto nell'articolo 12 della legge costituzionale numero 3 del '48 che recita: "Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato. Saranno istituiti nella Regione punti franchi". Questo è ribadito dal decreto legislativo numero 75/'98 che disponeva l'istituzione di zone franche non integrali ma doganali che devono rispettare le disposizioni del codice doganale comunitario. Dispositivo rafforzato anche dalla modifica del Titolo V della Costituzione, articoli 116 e 117, del 2001 nonché dalla legge regionale numero 10 del 2008 che individua le zone franche nei porti indicati dal decreto numero 75 con l'estensione delle aree industriali provinciali.
La logica conclusione di tutte queste norme legislative è che noi abbiamo il diritto all'applicazione sia dell'articolo 12 dello Statuto che del decreto legislativo numero 75/'98 e della legge regionale 2008; quindi noi abbiamo diritto alle zone franche doganali. Perché questo diritto non è ancora realtà? La risposta è questa: la responsabilità è della Regione autonoma della Sardegna. Il decreto legislativo numero 75/'98 stabilisce che è compito della Regione proporre la delimitazione territoriale delle zone franche poiché la legge regionale numero 10 del 2008 dà l'indicazione precisa in questo senso. Perché la Giunta regionale non propone questa o un'altra delimitazione al Governo?
In virtù della normativa europea e italiana la zona franca doganale rappresenta un'area separata dal territorio doganale europeo in cui i beni non comunitari sono considerati, per l'applicazione dei dazi all'importazione, come non situati nel territorio doganale dell'Unione. Tale opportunità è condizionata alla riesportazione dei beni in Paesi extraeuropei. I dazi all'importazione invece sono normalmente riscossi se gli stessi beni vengono immessi in libera pratica nel territorio doganale comunitario. Dunque, la zona franca doganale risulta attrattiva in termini di dazio e procedure doganali per quelle imprese che effettuano operazioni di import-export estero su estero doganale o attività di assemblaggio.
La zona franca doganale istituita con riguardo al codice doganale comunitario non consente perciò né esenzioni dall'IVA o dalle accise né un'altra fiscalità di vantaggio per le imprese che non sia l'abolizione dei dazi doganali per le merci estero su estero. Diverso è il percorso per quanto riguarda la fiscalità di vantaggio. La questione va esaminata sotto il duplice profilo: nazionale ed europeo. Dal punto di vista comunitario l'introduzione di fiscalità di vantaggio in un determinato territorio europeo è considerato aiuto di Stato e dunque la fiscalità agevolata va concordata con le istituzioni europee. Qualsiasi percorso finalizzato al riconoscimento di una fiscalità di vantaggio per la Sardegna va negoziata con lo Stato il quale deve farsi parte attiva affinché l'Unione europea autorizzi tale regime fiscale speciale.
Le argomentazioni a sostegno di tale regime fiscale speciale sono sinceramente forti e legate sostanzialmente all'applicazione delle previsioni dell'articolo 174 del Trattato di Lisbona. In questo articolo vengono previsti interventi concreti volti a compensare gli elementi di debolezza socioeconomica di tipo strutturale legati all'insularità, quella della Sardegna. La sostenibilità di tale richiesta sul piano europeo trova conferma nella sentenza della Corte di giustizia del 6 settembre del 2006 cioè la "sentenza Azzorre" che riguarda l'adeguamento del sistema fiscale nazionale portoghese alla specificità della Regione autonoma delle Azzorre in materia di riduzione delle aliquote dell'imposta sul reddito. Sul piano nazionale invece l'introduzione di una fiscalità agevolata è percorribile attraverso la modifica del Titolo III dello Statuto, cioè attraverso una legge ordinaria statale, ovvero con l'inserimento di tale prerogativa nella norma di attuazione dell'articolo 8 dello Statuto.
A tale proposito occorre ricordare che il legislatore statale italiano nel modificare il regime finanziario del Trentino e del Friuli ha riconosciuto alle province di Trento, Bolzano e alla Regione Friuli la competenza a istituire forme di fiscalità agevolata sui tributi statali attribuendogli inoltre la potestà di modificare aliquote e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni purché nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale.
Paradossalmente anche le Regioni a statuto ordinario su questo tema sono molto più avanti della nostra Sardegna. Infatti la legge numero 55 del 2009, la "42" del 2009 in tema di federalismo fiscale all'articolo 7 nel dettare i principi e i criteri direttivi relativi ai tributi delle Regioni e alle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, riconosce alle Regioni ordinarie in relazione ai tributi propri, derivati, istituiti e regolati da leggi statali il cui gettito è attribuito alle Regioni, la possibilità di modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo i criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria.
Successivamente il decreto legislativo numero 68 del 2011 attribuisce alle regioni ordinarie la potestà di aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF, nonché di ridurre le aliquote IRAP fino ad azzerarle concedendo la possibilità di disporre deduzioni dalla base imponibile. In conclusione basterebbe una Regione unita, competente e autorevole che desse attuazione a tutto ciò che è scritto nella risoluzione della prima Commissione e la Sardegna avrebbe sia le sue zone franche doganali utili come starter di un processo, sia la fiscalità di vantaggio magari scritta proprio in quelle zone, e questo sì che è indispensabile per riprendere a produrre qualcosa in questa benedetta regione.
Tuttavia, e purtroppo, da ciò che ho detto risulta chiaramente che il lavoro da fare non è di tipo legislativo, cioè non si tratta di fare leggi in Consiglio, ma si tratta di un lavoro politico e amministrativo, cioè negoziare con lo Stato italiano e con la UE. Il Consiglio deve elaborare un atto di indirizzo che incalzi la Giunta per ciò che già può fare e le indichi la strada vincolante da percorrere per la costruzione di ciò a cui abbiamo diritto ma che non è mai stato correttamente e opportunamente istruito, seguito nelle sedi opportune, condiviso con la società sarda, difeso, ahimè, dal Parlamento.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente Cappellacci, sa che santo è oggi? E' San Tommaso apostolo. Nella tradizione cristiana San Tommaso incarna la voglia umana di sapere con certezza, di togliersi dal dubbio, di avere chiarezza, nitidezza. Sembra un caso particolare, quasi un messaggio divino, che mi aiuta per risolvere alcuni dilemmi. Il primo. Il centrosinistra e il P.D. sono a favore o contro la zona franca integrale? Io direi senza ombra di dubbio che siamo d'accordo nei limiti di ciò che purtroppo oggi determina l'articolo 12 dello Statuto.
Che cosa non va bene in questa situazione? Esattamente la posizione diversa tra noi e voi. Voi siete al Governo e avete l'onere dei fatti, della credibilità dei fatti, noi siamo all'opposizione e abbiamo l'onere della proposta (e l'abbiamo fatta) e abbiamo l'onere del controllo perché i posti del potere non servono per indurre confusione, disorientamento, tensioni sociali. E su questa questione del disorientamento, lei è stato un maestro, ha realizzato un capolavoro.
Mi consenta di riepilogare brevemente il tragitto da lei compiuto. Nel mese di febbraio del 2013, tanto per rimanere nella tradizione che la contraddistingue, ha subito aperto un tavolo regionale al quale ha fatto sedere chi ha voluto lei, neanche ne ha parlato col Consiglio regionale, quindi ha scelto la via solitaria con quelli che ha voluto lei. Dopodiché si è cimentato nel dire, e la sua prima fase è stata: "Bisogna modificare l'articolo 3 del codice doganale comunitario", evidentemente qualcuno subito dopo le ha detto che modificare l'articolo 3 del Codice doganale significava prendere la Sardegna e collocarla fuori dall'Europa e fuori dall'Italia.
Quindi succede il patatrac, bisogna ridefinire un po' le cose. Di conseguenza cambia posizione e scrive una delibera piena di grandi intenti dove rimette in piedi, facendo un po' di confusione, l'ambizione della zona franca integrale con quanto, invece, è già oggi stabilito dal decreto legislativo numero 75. A dimostrare la confusione la risposta è pervenuta non dal Commissario europeo ma dal Direttore generale, una cortesia, il quale ha scritto che avete sbagliato tutto in quanto avete mandato una lettera a loro mentre la competenza è dello Stato.
Immaginate che figura abbiamo fatto, ci facciamo dire da un Direttore generale con una lettera che abbiamo sbagliato interlocutore perché avremmo dovuto chiedere allo Stato il cambiamento dei limiti doganali perché la Commissione non ha alcuna facoltà di trattare domande riguardanti l'istituzione di zone franche. Questo è stato il secondo passaggio. Dopodiché è stata portata avanti l'idea di sostenere, complice anche la manifestazione che avete fatto a Roma, che noi abbiamo gli stessi diritti dei territori cosiddetti "ultraperiferici".
Il Presidente ha detto in quest'Aula che erano state trovate delle risorse aggiuntive, salvo poi scoprire che l'Europa considera territori ultraperiferici esclusivamente otto zone determinate, aventi delle caratteristiche molto particolari e che non possono essere ricomprese nella zona franca in Sardegna per il semplice fatto che il requisito richiesto a queste zone è che siano in possesso di uno Statuto che sancisca la loro totale autonomia fiscale rispetto allo Stato, quindi noi non ci siamo per niente! Non ci possiamo stare!
Ancora, insistendo, il Presidente ha continuato dicendo che noi dobbiamo batterci perché la zona franca per la Sardegna esiste già, è stabilita dalla legge ed è un nostro diritto. Punto primo, Presidente Cappellacci, se la zona franca integrale è un diritto della Sardegna lei ha il dovere domani mattina, entro le ore 9, di fare ricorso alla Corte costituzionale e alla Corte europea di giustizia per far riconoscere quello che ci spetta.
Questo è il mandato che le diamo, pieno, se è così, ma temo che non sia così perché quando l'articolo 12 dice che il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato dice, molto semplicemente, che noi dobbiamo agire sulla leva dello Statuto. Io voglio abbattere i limiti che oggi contiene l'articolo 12 dello Statuto, noi vorremmo andare oltre i limiti dell'articolo 12, così come siamo andati oltre i limiti dell'articolo che fissava le nostre risorse, noi abbiamo titolo di dire ad alta voce che abbiamo l'ambizione di modificare lo Statuto in meglio!
Voi questo lo predicate al vento e non fate niente, con il nostro pregresso vi abbiamo dimostrato di voler andare oltre, di voler superare quell'articolo 12. Ma come lo vogliamo superare? Ponendoci quella domanda che si poneva il collega Maninchedda, che è da porre oggi, colleghi, e cioè se può esistere in Sardegna una sovranità, un di più di sovranità senza autorevolezza politica. Datemi una risposta. A voi sembra che un Presidente (e una Giunta) che ha le idee più disparate sugli obiettivi da perseguire, possa spacciare autorevolezza politica da tramutare in sovranità? Dove avete mai visto una cosa del genere?
L'ultima perla dello stato confusionale della Giunta sta nella bozza di disegno di legge collegato alla finanziaria che riprende, copiandola fino alle virgole, la proposta di legge del P.D. Come è possibile se fino al giorno prima avevate detto che era una strada sbagliata? D'altra parte sul copiare avete degli illustri predecessori, a cominciare dall'onorevole Pili; pensavamo che dopo la lezione avreste cambiato abitudini, invece la nostra proposta è copiata fino alle virgole!
Che cosa si dice? Noi, come centrosinistra, abbiamo detto che dobbiamo superare i limiti dell'articolo 12, dobbiamo concretizzare un obiettivo molto alto ma non impossibile, cominciamo a mostrarci nei confronti dello Stato con le carte in regola. Il decreto legislativo numero 75 ci dà delle possibilità, attuiamolo rapidamente.
A coloro che ci chiedono noi che cosa abbiamo fatto rispondo che nel 2008, nella legge regionale numero 10, abbiamo scritto che era nostra intenzione modificare leggermente ciò che si dice nel decreto legislativo numero 75, ma è un'interpretazione di questo, estendendo questi punti franchi in tutte le zone industriali della Sardegna.
STOCHINO (P.d.L.). No, provinciali!
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Provinciali! Ancora meglio! Che cosa vuol dire? Vuol dire che stavamo attuando il dettato del comma 1 che recita: "anche nelle aree industriali a essi funzionalmente collegate o collegabili". Ciò che noi abbiamo scritto è l'idea di un'unica attuazione di punti franchi estesi alle aree industriali e accompagnati anche da quello che noi possiamo oggi ottenere attraverso una riprogrammazione accurata dei fondi strutturali, e l'estensione a tutta la Sardegna della zona franca urbana così come c'è nel Sulcis.
Possiamo farlo, è un obiettivo più prossimo a quella che è la grande ambizione del cambiamento, ma credo che con questa Giunta regionale, con questo Presidente, la Sardegna non possa permettersi il lusso neppure di sognarla la zona franca integrale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Stochino. Ne ha facoltà.
STOCHINO (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, onorevole Arbau, se il P.D. è d'accordo su questa proposta, su questo sogno che l'onorevole Gian Valerio non ci vuole neanche far sognare, non capisco tutto questo livore, e comunque voglio chiudere questa parentesi. Io credo che la discussione, oggi, delle mozioni e delle interpellanze ci dia la possibilità di parlare meglio e approfonditamente su una questione importante e vitale per la nostra isola. Quindi non voglio sprecare questa possibilità in polemiche, in ragionamenti che non possono essere capiti e ascoltati; rinuncio pertanto all'intervento scritto che avevo accuratamente preparato con dei colleghi, ma anche con dei collaboratori che in materia qualcosa sanno e farò un intervento "a braccio". Un intervento che voglio fare anche con tutta la franchezza che il popolo sardo e i 320 comuni che hanno deliberato su questo tema impongono.
Inizio il ragionamento per capire di che cosa vogliamo parlare in questo dibattito odierno. Io voglio parlare di zona franca integrale, cogliendola nelle sue sfaccettature e nelle sue diversità; quindi voglio parlare di zona franca doganale. Qualcuno ha detto che è già prevista nel nostro Statuto, riconosciuta anche dal decreto legislativo numero 75 del '98, e non dimentichiamo il DPCM del 2001, eccetera.
Io però voglio fare riferimento anche al consumo, che è una partita ben più ampia, così come alla produzione, ma voglio affrontare anche la questione (trattata dai colleghi del P.D.) della zona franca urbana che non mi piace e non condivido, e lo dice uno che proviene da un territorio, l'Ogliastra, che ha il 26 per cento di disoccupazione rispetto al 16-17 per cento del Sulcis, quindi non vedo perché l'Ogliastra non debba avere questo tipo di fiscalità che invece ha il Sulcis.
Questa comunque non è la mia zona franca ideale; una zona franca che parte da sperimentazioni in Francia, e che qualcuno ha definito un metodo di concorrenza sleale perché da un perimetro a un altro si cambia repentinamente il tipo di esenzione fiscale. Quindi non è quella di cui voglio parlare. Ma io credo che rispetto alla discussione odierna, qualcuno ha detto che ne stiamo parlando da quarant'anni, ne stiamo parlando da dopo il '98, e in questi ultimi anni, il fatto nuovo sia che il popolo sardo ci sta chiedendo di parlarne, prima erano i partiti politici a farlo, oggi è un intero popolo che lo chiede unendo partecipanti di destra e di sinistra.
Nelle gradinate del nostro Consiglio regionale sono presenti degli amici ogliastrini provenienti dal centrosinistra e che hanno sempre votato P.D., e ce ne sono degli altri provenienti dal centrodestra che hanno votato P.d.L., o altri partiti come l'U.D.C. riconducibili al centrodestra. Questa secondo me è la vera novità: 320 comuni e il popolo sardo che ci dicono: "Sedetevi e discutete, cercando di capire che cosa si possa fare con questo tipo di strumento e leva fiscale".
Ritengo sia questa la prima questione che la politica oggi deve cercare di risolvere. E allora il Presidente Cappellacci che cosa fa? E non lo voglio difendere perché credo che poi avrà modo di difendersi da solo. Poteva per caso rifiutare l'invito di 320, allora erano forse 200, amministrazioni comunali che gli dicevano di trattare il tema? Io non so voi dell'opposizione che cosa avreste detto in quest'Aula se il presidente Cappellacci avesse deciso di farlo. Credo che il livore che oggi avete dimostrato sarebbe aumentato alla decima potenza. Allora, per affrontare una tematica così importante ritengo sia giusto scendere anche nel dettaglio delle cose.
Da parte di alcuni colleghi ho sentito dei suggerimenti importanti e interessanti. Lei, onorevole Cuccu, è sceso nel dettaglio delle cose, a differenza dell'onorevole Diana che ha affrontato il tema in modo un po' superficiale; e ha anche illustrato un minimo la zona franca al consumo, per la quale l'onorevole Chicco Porcu diceva che bisogna mettere delle risorse e anche rinunciare a delle risorse.
Allora, la sfida che vi propongo, e per questo abbiamo chiesto un tavolo al quale vorremmo sedeste anche voi insieme a noi nella trattativa con lo Stato italiano, cari colleghi del centrosinistra, è questa: siete disposti, se chiudiamo questo dibattito con una risoluzione congiunta, a sedervi a uno stesso tavolo assieme al presidente Cappellacci, assieme ai sindaci, alle rappresentanze delle associazioni a per fare un percorso comune? Questa è la prima domanda che io vi pongo.
L'altra strada che tracciava l'onorevole Cuccu era quella di capire meglio e se il diritto all'esenzione dei dazi doganali, dell'Iva e delle accise di alcuni prodotti di largo consumo (benzina, gasolio, alcool, caffè, zucchero, birra eccetera), riconosciuto con la legge emanata in attuazione dell'articolo 14 della legge costituzionale numero 3 del 1948, ci spetta davvero oppure no. Ma il tavolo di confronto ci serve anche per capire questa ipotesi, perché se quella è la strada allora si apre uno scenario completamente diverso.
Questa ritengo sia la prima battaglia che dobbiamo fare assieme, perché è inutile andare a sederci al tavolo che stiamo richiedendo al Governo (un primo incontro c'è già stato), se il P.D. sardo dice al suo Presidente, che poi è anche il mio, Letta, di non procedere o di andare a una contrapposizione forte su questa vertenza. Se voi fate pressioni politiche, secondo il vostro umile parere, il Presidente Letta si siederà mai a esaminare con i tecnici se questo riconoscimento è dovuto oppure no? Fermo restando che poi c'è anche l'altra questione della difficoltà, e su questo sono d'accordo con voi, non è semplice recuperare i 2 miliardi e 700 milioni perché, onorevole Diana, parliamo di 1 miliardo e 820 milioni dell'Iva, e di circa 950 milioni delle accise di tutta quella partita.
Onorevole Diana, per scendere nel merito delle cose, è anche vero, che sulla partita dell'Iva dobbiamo scorporare quella che produce la Sardegna rispetto a quella che va verso l'esterno. Anche quella è una partita che dobbiamo cercare di capire, che si riconduce forse anche al progetto di cui parlava l'onorevole Maninchedda: un progetto di sviluppo generale della nostra Sardegna.
Io ritengo che la Regione autonoma della Sardegna, il popolo sardo, facciano bene a trattare congiuntamente l'insieme di queste tematiche, perché se iniziamo a dividerci su tematiche così importanti andiamo deboli al confronto con lo Stato. E allora l'autorevolezza di cui parlava l'amico Gian Valerio Sanna, come la possiamo ritrovare se il presidente Cappellacci, che può essere simpatico o antipatico, rappresenta solamente uno spaccato della Sardegna? Io credo che l'autorevolezza l'abbia già persa se non rappresenta tutto il popolo sardo.
Vi è la terza domanda, il terzo appello a questo punto che vi voglio fare. Sulla questione della vertenza entrate, e il presidente Soru ne è testimone, il centrodestra era affianco al presidente Soru, che poteva essere simpatico o antipatico, ma rappresentava tutto il popolo sardo e sulla vertenza delle entrate tutto il popolo sardo si doveva riconoscere. Questa è l'altra partita importante e, di conseguenza, voglio fare un'altra riflessione.
Se lo Stato italiano ci dovesse dire che non ci spettano questi trasferimenti perché non ne abbiamo diritto, a differenza di Livigno, ciò che lo Stato italiano deve capire è che nell'Isola, rispetto anche alle altre Regioni, oltre i costi legati all'insularità e ai trasporti, l'energia costa il 35 per cento in più rispetto alle altre Regioni d'Italia. Allora ci devono dire se siamo italiani, o se siamo un popolo che bisogna pensare di staccare dall'Italia. Perché quella è un'altra tematica che io voglio porre nei confronti dello Stato nazionale. Ma mi avvio a conclusione perché il tempo è finito.
PRESIDENTE. Onorevole Stochino, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Presidente, onorevole colleghi, Assessori, Presidente della Giunta, finalmente il tema che si dibatte ormai da tempo, grazie alle interrogazioni e mozioni, è giunto in quest'Aula; quindi credo possano sicuramente essere ben valutati e accolti gli appelli, come quest'ultimo dell'onorevole Stochino, posto che questo tema si sarebbe dovuto porre all'attenzione tempo prima e non ora. D'altra parte il P.D. ha fatto delle proposte, proprio per dimostrare che è un tema caro anche al centrosinistra, e proprio perché come è stato detto è il popolo sardo che lo chiede.
Noi facciamo parte del popolo sardo e, sicuramente, la questione ci interessa, però ci interessa in termini di maggiore serietà rispetto all'iter che sino a questo momento è stato seguito. Un iter piuttosto propagandistico, perché quando si parla di zona franca integrale penso a un altro termine in maniera negativa; dire "zona franca integrale" stimola sentimenti di riscatto, sentimenti di benessere, mentre quando definiamo, specie le nostre zone, "zone a tutela integrale" evochiamo qualcosa di negativo.
Certe comunicazioni sono pertanto anche "a effetto", perché nella relazione l'Assessore del bilancio di fatto ci ha narrato le cose che la Giunta sta facendo, ovverosia sta cercando di mettere in atto: il dettato della legge nazionale e dello Statuto che ci affida gli otto punti franchi in Sardegna, però ogni tanto emerge il termine "zona franca integrale". Insomma, io vorrei che nella risposta del Presidente fosse chiarito che cosa vogliamo fare.
Io la definizione di zona franca integrale l'ho trovata leggendo la relazione sull'intesa che è stata siglata tra lo Stato italiano e la Valle d'Aosta; relazione che quando parla di zona franca integrale stabilisce che in questo regime la Valle potrà importare, senza vincoli di contingentamento preventivi, tutte le merci che alla stessa necessitano in esenzione dal dazio doganale, dai diritti di monopolio, dalle sovraimposte di fabbricazione e da ogni altra imposta e sovraimposta di consumo a favore dello Stato, ovverosia, per tutto ciò che noi importiamo per il nostro benessere non dobbiamo pagare alcuna imposta.
Disposizione interessante, però quella che ci è stata illustrata non è questa prospettiva visto che l'Assessore ci ha parlato di punti franchi, quindi di porti franchi, e non di zona franca integrale; quindi vorrei che mi si chiarisse qual è l'obiettivo a cui tendiamo, se è la zona franca integrale o l'attuazione statutaria dell'articolo 3 del '48; c'è troppa confusione e mi farebbe piacere che questo fosse definito.
Alla possibilità di non pagare le imposte sulle merci che importiamo si aggiunge (non è chiaro e non è stabilito) che non pagheremo l'IVA per i beni che produciamo in Sardegna? Non lo so, perché se non paghiamo neanche l'IVA per le produzioni sarde dovremmo fare i conti con l'articolo 8 dello Statuto con il quale lo Stato ci riconosce la quota dell'IVA e delle imposte che paghiamo in Sardegna. Non voglio ripetere il discorso dei colleghi, però sul fatto che siano il popolo e i comuni a chiederci di andare avanti vorrei sottolineare che i comuni non credo che ce l'abbiano chiesto. I comuni hanno avuto paura perché, essendo circolata in Sardegna la voce che il comune che non avesse deliberato di aderire alla zona franca sarebbe restato fuori, tutti si sono precipitati ad aderire: questo è stato.
Molti mi hanno chiamato per chiedere informazioni sulla zona franca e io ho risposto che è uno strumento interessante che però deve essere costruito dalla Regione sarda con lo Stato, i comuni possono esprimere la volontà che questo obiettivo debba essere perseguito, ma le loro delibere non hanno funzione se non in termini di sottolineatura di un obiettivo che interessa, ma va comunque costruito tutto con lo Stato. Quindi, io chiedo che possa essere data risposta, in maniera compiuta, sui benefici e i limiti di questa intesa che può essere fatta, e che ancora non è fatta perché a me non risulta che ci sia un tavolo con lo Stato con il quale predisporre, così come ha fatto la Valle d'Aosta, un verbale di attuazione.
Non esiste un percorso di questo tipo perché stiamo parlando ancora di incontri con le aree dei porti franchi, sui quali, come ha detto l'onorevole Maninchedda, la prima Commissione ha chiesto alla Giunta, se quello era l'obiettivo, di tener conto della possibilità che ai porti franchi fossero unite le zone industriali e artigianali nel raggio di 100 chilometri per contemplarvi la Sardegna.
Quindi, chiedo che venga chiarita la differenza tra il lavoro che si sta facendo in questo momento e il lavoro che si dovrebbe fare per stilare un accordo con lo Stato affinché la Sardegna sia zona franca integrale, e immagino, immagino solo perché nessuno me lo ha spiegato, che zona franca integrale vuol dire che ci mettiamo tutto, ci mettiamo i porti doganali, ci mettiamo i punti franchi urbani, le zone franche, ci mettiamo insomma tutte queste tipologie; se questo è, proviamo a costruirla.
Certamente lo Stato non credo che sarà così accondiscendente nel dirci "che possiamo non pagare le tasse ma che comunque ci trasferisce le competenze stabilite con l'articolo 8 dello Statuto, che noi abbiamo rivendicato. Ora, per carità, devo dare atto al Presidente di essersi speso su questo tema, anche se quando l'onorevole Soru fece la battaglia sull'articolo 8 il centrodestra ne disse di cotte e di crude, accusandolo di essersi fatto carico di servizi primari come la sanità e i trasporti in Sardegna; oggi prendo atto che il centrodestra ha cambiato opinione e quindi è possibile trovare dei punti di incontro se in quest'Aula si portano i dati.
Si dica chiaramente se dobbiamo parlare di Sardegna zona franca integrale e chiariamo cosa è la zona franca integrale in tutta la sua essenza, quali benefici porta e quali conseguenze possono esserci nei rapporti con lo Stato, e lavoriamo perché queste conseguenze siano limitate al minimo, perché se lo Stato ci dà qualcosa, credo che ce lo darà con una contropartita. Allora sarebbe bene capire la questione e proprio in termini semplicistici, perché se dobbiamo dare risposte al popolo io credo che forse più che la recitazione degli articoli interessi quanto si ottiene dal raggiungimento di questo obiettivo. E questo mi sembra un aspetto a cui spero che poi il Presidente in conclusione risponda.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Matteo Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA MATTEO (Fratelli d'Italia). Io preferirei parlare come Capogruppo alla fine.
PRESIDENTE. Ha ragione.
E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.
SORU (P.D.). Vorrei parlare anch'io come Capogruppo alla fine, naturalmente non è possibile…
STOCHINO (P.d.L.). Ma l'onorevole Giampaolo Diana si è dimesso?
SORU (P.D.). Era il tentativo di una battuta, non felicissima, alle 8 di sera e nel momento di massima distrazione di quest'Aula; volevo dire semplicemente che mi sarebbe piaciuto parlare in un momento di maggiore attenzione, perché il tema è importante e perché, come diceva lei, collega Stochino, magari con un po' di enfasi, è il popolo sardo che ci chiede di parlarne, e ritengo quindi che sia importante farlo.
Devo dire anche che mi sarebbe piaciuto poter interloquire con il Presidente della Regione, quindi sentirlo prima del mio intervento, ma nonostante si sia speso così tanto pubblicamente, e niente in quest'Aula, su questo argomento, anche oggi ha deciso di dire le ultime e le uniche parole, pensando quindi che non sia importante l'interlocuzione con noi e il poter eventualmente approfittare del nostro pensiero: si riserva di lasciarci parlare e poi lui dirà le ultime e uniche parole.
Ha capito perché, Presidente, l'onorevole Sanna non poteva parlare? Perché aveva da fare una telefonata. Se vuole le presto un po' di gettoni, se si allontana mi fa una cortesia, così mi permette di parlare, le do io un po' di gettoni!
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
PRESIDENTE. Colleghi! Prego, onorevole Soru.
SORU (P.D.). Io mi sono espresso altre volte, magari davanti a un pubblico più attento, e qualcuno già conosce anche le mie considerazioni su questo argomento; considerazioni che provo a ripetere nel tempo che mi è dato. Il tema non è "zona franca sì zona franca no", il tema è come sta la Sardegna, il tema è la palude in cui versa la Sardegna, il tema è l'acqua alta della miseria, della povertà, della mancanza di lavoro, della disperazione, nel senso di perdita di speranza dei sardi in questo momento, perché non solo conoscono l'oggi ma sanno anche che il domani sarà peggiore dell'oggi.
E allora il tema è che cosa serve per uscire da questa palude, che cosa serve per dare un po' di speranza, che cosa serve per dare qualche posto di lavoro e non qualche slogan in più.
Il tema è la zona franca, la possibilità che si possa vivere senza pagare le tasse in Sardegna nella cosiddetta zona franca integrale, ma non quella che ha provato a illustrare l'Assessore. Serve questo per risollevare la Sardegna, serve questo per fare in modo che tutti quelli che lo cercano finalmente trovino un posto di lavoro, per recuperare quei 50 mila posti di lavoro che abbiamo perso in questi anni, per trovare i 100 mila che ci aveva promesso il presidente Cappellacci all'inizio della legislatura, serve questo per fare in modo che più famiglie sarde possano andare a fare la spesa la mattina e vincere, appunto, il livello di prostrazione in cui versano? Io credo di no.
E, diversamente da altre persone che sono intervenute stamattina e questo pomeriggio, penso che molte colpe non siano semplicemente del destino cinico e baro e della congiuntura internazionale che è capitata a noi come a tutto il mondo, credo che molte responsabilità siano del Presidente della Regione, della sua Giunta e del modo in cui si è governato in questi anni, perché se ad esempio le entrate fiscali, che non sono una velleità ma sono un diritto previsto dalla legge scritta bene, in italiano corretto, che possiamo capire tutti, attualmente in vigore, fossero arrivate in Sardegna qualche lavoro in più oggi ci sarebbe.
Perché l'articolo 8 dello Statuto non è una chimera, non è una velleità, è un testo scritto che ha previsto per il 2007 entrate tributarie per 350 milioni di euro aggiuntivi; e non è che non abbia funzionato, quelle risorse sono arrivate. Nel 2008 sono arrivati 500 milioni perché questo era il tetto previsto per quell'anno. Sono serviti quei soldi? Penso di sì. Ad esempio, qualche anno prima in materia di politiche sociali l'assessore Oppi ricorderà che una legge, nata durante un suo mandato, consentiva di dare assistenza a 2 mila, 3 mila persone; grazie a quelle risorse si è potuto prendere in carico oltre 20 mila persone, la vertenza delle entrate ha significato oltre 20 mila persone prese in carico dalle politiche sociali. E ha significato, magari, contrasto alla dispersione scolastica e finanziamenti alle autonomie scolastiche, contrasto alle povertà estrema, soldi veri che hanno cercato di contrastare, appunto, la povertà e il disagio sociale, la debolezza in Sardegna.
L'articolo 8 dello Statuto ha previsto 500 milioni di euro aggiuntivi per il 2008, ne ha previsti circa lo stesso per il 2009, finalmente nel 2010 avrebbe portato entrate aggiuntive per circa 1 miliardo e mezzo, 1 miliardo e 400 milioni, 1 miliardo e 600 milioni, non l'abbiamo mai saputo dire con precisione. Quelli erano soldi veri, previsti; e come abbiamo portato all'incasso i 350 milioni per il 2007 e i 500 per il 2008, avremmo dovuto portare all'incasso anche quelli per gli anni successivi. Perché non li abbiamo incamerati? Quante cose si sarebbero potute fare, quanti posti di lavoro avrebbero creato, quanto aiuto avrebbero dato quelle risorse alle politiche sociali, alle politiche di sviluppo dei sindaci, dei territori della Sardegna?
Quei soldi non sono un diritto nascosto in mille codici, codicilli e letture a volte fantasiose degli articoli, collega Pittalis, ma sono scritti chiari chiari nell'articolo 8 del nostro Statuto, perché non l'abbiamo fatto rispettare? E altri posti di lavoro avremmo avuto oggi in Sardegna, magari, se ci fossimo fatti disimpegnare qualche soldo in meno dall'Unione europea e non li avessimo restituiti allo Stato centrale perché li impegnasse e se non avessimo, con un po' di supponenza, rinunciato a tenere il piano di attuazione dei fondi FAS iniziando a spenderli subito, diversamente da come abbiamo fatto.
Qualcuno di voi, in altre circostanze, ha ricordato che nessun piatto è gratis, qualcuno lo deve pagare. Chi, secondo voi, dovrebbe pagare il fatto che in Sardegna non si pagheranno l'IVA e le accise, circa 2 miliardi e mezzo? Pagherà lo Stato perché noi siamo infelici, siamo un'Isola, lo farà questo Stato perché siamo sfortunati? Non è possibile una cosa di questo genere e io credo, signor Presidente della Regione, che lei avrebbe la responsabilità di raccontare la verità ai sardi e non di andare dietro alla demagogia o alla velleità.
E' uno slogan facile facile per far campagna elettorale dire, come fa qualcuno, di abolire l'IMU; lei ha fatto prima ha trovato qualcuno, è vero, molti, che hanno ripreso un vecchio slogan e hanno creduto a delle storielle raccontate con molta fretta e troppa approssimazione e ha fatto di più proponendo di abolire tutte le tasse in Sardegna: l'IVA, le accise, si abolisce tutto. E, secondo lei, pagherà lo Stato, lo stesso Stato (se ne sarà accorto) che ogni giorno cerca di capire come fare a posticipare la scadenza dell'IMU sapendo che alla fine non ce la farà cancellarla? E in questo Paese, che sta cercando di capire come farà a evitare di aumentare l'IVA di un punto, lei pensa che in Sardegna si possa cancellare l'IVA e che pagherà lo Stato italiano, l'IVA che non pagheremo che azzereremo. Ma si possono raccontare queste cose?…
PRESIDENTE. Onorevole Soru, il tempo a sua disposizione è terminato.
(Interruzioni degli onorevoli Matteo Sanna e Oppi)
PRESIDENTE. Onorevole Sanna, per cortesia, onorevole Sanna, gli interventi per fatto personale sono a fine seduta. Inoltre, si deve cercare di capire che quando un oratore sta intervenendo magari il brusio di chi è al telefono disturba. Ha chiesto scusa, onorevole Sanna. E' stato un malinteso legato al fatto che l'ha vista al telefono.
E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Gruppo Misto). Presidente, per mancanza forse di tempo il mio intervento sarà sicuramente frammentario e anche frammentato ma parlando di zona franca sarò franco. La zona franca non è un sogno ma un qualcosa di concreto che vede la sua origine già a partire dal 1948, ci siamo svegliati tardi succubi della nostra letargia insulare... Collega Arbau, ti sento fino a qui. Dicevo che ci siamo svegliati tardi succubi della nostra letargia insulare e del nostro ragionamento che non appartiene né al tempo né allo spazio dell'umano.
Oggi viviamo il disvalore già compiuto da molto tempo. Non vorrei fare in questa sede tutta la storia relativa alla zona franca, ma preme precisare subito che dopo il 24 giugno 2013, secondo la normativa europea, la zona franca di Sardegna non potrà essere attivata in quanto si configurerebbe come aiuto statale, e sappiamo che l'Europa di aiuti statali non vuole sentirne parlare. Sappiamo anche che lo Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna, all'articolo 12, disciplina l'istituzione dei punti franchi, stabilendo in primo luogo che il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato e di seguito che saranno istituiti punti franchi.
Occorre precisare inoltre che l'istituzione delle zone franche deve avvenire secondo le disposizioni del Codice doganale comunitario, aggiornato nel 2008, che rappresenta l'ambito normativo di riferimento. La norma stabilisce, inoltre, che siano i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta della Regione, a delimitare le zone franche e a prevedere le disposizioni per l'operatività delle stesse. Ma, per quanto riguarda la zona franca di Cagliari, si può dire che nel 2001 è stato approvato solo il DPCM che delimita e disciplina l'operatività della zona franca di Cagliari. L'approvazione di tale decreto è avvenuta su proposta della Regione autonoma della Sardegna.
La delimitazione della zona franca di Cagliari è quella prevista nell'allegato all'atto aggiuntivo, siglato in data 13 febbraio 1997, dell'Accordo di programma sottoscritto l'8 agosto 1995 con il Ministero dei trasporti, che corrisponde sostanzialmente con l'area del Porto industriale di Cagliari. Nelle zone franche è autorizzata qualsiasi attività di natura industriale o commerciale e di prestazione di servizi nel rispetto del quadro normativo definito dal Codice doganale comunitario e dalle relative norme di attuazione.
C'è da aggiungere che al momento non risulta approvato il piano di gestione della zona franca di Cagliari. Il Comitato portuale ha approvato nel 2009 il nuovo statuto prevedendo l'ingresso di nuovi soggetti nella compagine sociale: 26 per cento Autorità portuale, CACIP e Regione; 10 per cento Provincia e Comune di Cagliari; 2 per cento Camera di Commercio di Cagliari. E' chiaro, dunque, che il percorso che può portare alla definizione di un pacchetto di agevolazioni finalizzato al riconoscimento di una fiscalità di vantaggio per la Sardegna va negoziato con lo Stato, il quale deve farsi parte attiva affinché l'Unione europea autorizzi tale regime fiscale speciale.
Bisogna anche rilevare che l'Unione europea deve riconoscere nei vincoli legati allo svantaggio naturale, geografico e permanente quelle condizioni di disagio che hanno portato alla concessione di fiscalità agevolata, in deroga alla normativa sugli aiuti di Stato, ad altri territori europei. La Sardegna, invece, può fare riferimento all'articolo 174 del Trattato di Lisbona, entrato in vigore il primo dicembre 2009, che declina per la prima volta il concetto di coesione, inserendo l'aspetto territoriale, oltre che economico e sociale, e facendo un esplicito riferimento al fatto che, cito: "Un'attenzione particolare è rivolta alle Regioni insulari".
Ciò significa che nella definizione delle politiche tese allo sviluppo regionale, l'Unione europea non può prescindere da tale vincolo strutturale che incide sulle possibilità di sviluppo dell'Isola, creando una evidente disparità di opportunità tra la stessa e altri territori europei. Sulla base di tale presupposto normativo, le disposizioni europee, soprattutto in materia di coesione e di concorrenza devono, ai sensi dell'articolo 174, prestare "un'attenzione particolare" alle Regioni insulari prevedendo specifiche deroghe in tema di concorrenza, inserendo interventi concreti volti a compensare gli elementi di debolezza socio-economica di tipo strutturale legati all'insularità, ma anche a sfruttarne le potenzialità.
Tale orientamento è stato confermato anche dal Parlamento europeo che, con la proposta di risoluzione del 15 settembre 2010, ha richiamato la Commissione europea all'adozione di una, cito: "Strategia europea per lo sviluppo economico e sociale delle regioni montane, insulari e scarsamente popolate", finalizzata a compensare gli svantaggi di tali regioni. Il Consiglio, però, è la sede che può e deve dare l'impulso e stabilire il perimetro della nuova politica fiscale della Sardegna.
E, spostandomi verso una riflessione puramente politica, direi che da anni i profittatori della politica non fanno che parlare di zona franca; è diventata una prassi per deviare i veri problemi dell'Isola che sono ben chiari a tutti. Aggiungo, inoltre, che la zona franca non è uno strumento attivabile e non può, dopo decenni, avere alcuna ricaduta per l'economia dell'Isola. E' provato tutto. Forse l'unica zona franca attivabile per il momento è quella doganale del porto di Cagliari, sulla cui efficacia non credono neanche i responsabili del CACIP, né dell'Autorità portuale.
Per iniziare questo percorso servirebbero 10 milioni di euro per recintare l'area della Regione, soldi che non sono stati neanche contemplati nell'ultima finanziaria. La zona franca deve essere chiesta all'Unione europea dallo Stato italiano, con tempi, modi e possibilità di successo assolutamente scarse, come ben sappiamo. La zona franca non è altro che un vero trompe-l'oeil ed è predicata da coloro che non vedono di fatto i veri problemi dell'Isola: crisi agropastorale, crisi dell'industria, inquinamento, disoccupazione, povertà, degrado sociale, scarso investimento nella scuola, nell'università, nell'innovazione, abbandono scolastico, insularità, continuità territoriale, eccetera.
Cagliari potrebbe essere un ottimo centro di trasformazione e smistamento per i mercati extra Unione del bacino mediterraneo. Se si vuole pagare, per esempio, meno la benzina, dobbiamo osservare meglio la scarsa sovranità della Sardegna e il tema delle accise. Ne sanno qualcosa alcuni ciarlatani pseudo-indipendentisti di convenienza, o indipendentisti di convenienza. I nostri politici hanno un approccio sbagliato su ciò che significa geopolitica; non sanno che i grandi gruppi industriali sviluppano i propri investimenti anche dalla valutazione delle analisi sui singoli territori delle agenzie di rating. Mi fermo qui.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.
LAI (P.d.L.). Presidente, Presidente della Giunta, Assessori, colleghe e colleghi, intervenire stasera (mi sforzerò di ritrovare ottimismo, una visione positiva, prospettica) significa essere all'interno di un momento intenso, di alto valore simbolico; intervengo anche con l'esperienza e l'emozione di aver partecipato all'approvazione della risoluzione della prima Commissione, il cui innegabile valore viene da me riconosciuto. Quindi è legittimo per me auspicare che su una tematica così importante, che può incidere sul futuro della Sardegna, si possa ritrovare, ricercare il senso dell'unitarietà come Consiglio regionale.
Io lego il tema della zona franca prima di tutto al momento storico, economico e politico della Sardegna, affinché possa essere portata in fondo l'idea di una zona franca estesa a tutta la Regione, per superare, cercare di superare, in modo definitivo, un divario storico che ha visto la nostra Isola sempre più marginalizzata da tutti i percorsi e gli scambi commerciali; questi sono dati di fatto. Lego questo tema anche alla necessità di attrarre investimenti, il che implica un'apertura a un mondo sempre più globalizzato. Tutto questo non può essere realizzato però dai sardi da soli, e io penso che possa essere visto senza diffidenza il modello della Costa Smeralda dove l'esperienza di un investitore, un imprenditore come il Principe Karim Aga Khan, è riuscito a creare un modello di sviluppo sostenibile, aperto e integrato ampiamente tuttora con gli imprenditori sardi.
Ora, le gravi problematiche che interessano la Sardegna sono nella grande maggioranza tutte riconducibili alla condizione di insularità, alla difficoltà di avere rapporti commerciali e anche di dare corpo e prospettiva alle attività che incidono positivamente sull'economia della Sardegna. Quindi, sono elementi atavici ed è necessario imprimere una svolta storica e durevole alle sorti socio-economiche dell'Isola. Procedere all'avvio di una zona franca comporta, dobbiamo averne piena consapevolezza, la creazione di un nuovo sistema fiscale e questo, sono d'accordo, esige che si attuino studi, valutazioni, analisi profonde, anche critiche che provengano sia da altre esperienze sia dagli studiosi delle varie discipline, in primis economisti, giuristi, imprenditori, sindacati e uffici studi di organizzazioni che operano nel mondo commerciale globalizzato.
Questo io lo vedo come elemento che dia valore al percorso, non certo che ne attenui la legittimità. La zona franca, con tutti gli elementi che comporta, fiscalità di vantaggio intesa come agevolazione, anche luogo di diminuzione del costo del lavoro e del denaro, introduce una spinta di progresso e può compensare tutti gli aspetti relativi alla tassazione diretta attraverso l'allargamento della base produttiva. In ogni caso io ritengo che quando entriamo nel vivo di queste tematiche abbiamo il dovere di non far prevalere esigenze di tipo mediatico. Però questo penso valga per tutti.
Si può procedere, se vogliamo, al recupero del consenso contrastando prima di tutto la tendenza alla recessione che ha colpito in modo ancora più accentuato la nostra Isola. La difficoltà ad avere rapporti commerciali si supera quando si creano le condizioni perché significativi flussi di capitali possano essere finalizzati in modo oculato e vengano dirottati in Sardegna; questi sono gli intenti per creare sviluppo che generi nuove professionalità.
Ma, oltre il clima di attrazione degli investimenti, è necessario valutare la vocazione storica dei territori per creare un sano sistema di impresa locale; penso alla piccola-media impresa che sia autoreferenziata e in grado, attraverso lo strumento della zona franca, di reggere migliori livelli di competitività di mercato. Lo so, sono intenti, comunque è vero che sussistono elementi, come la continuità territoriale, che ostacolano pregiudizialmente, oltre i vantaggi che si creerebbero con la zona franca. Senza eliminare tali carenze non riusciremo mai a far competere il nostro sistema produttivo. In sintesi, la defiscalizzazione degli investimenti e dei profitti, con contratti di lavoro ad hoc che prevedano gli opportuni e inderogabili sconti contributivi, può essere la strada più importante da percorrere in questo momento di gravissima crisi economica. La Sardegna non può più aspettare investimenti statali che tardano ad arrivare, dobbiamo essere noi, come classe dirigente, questa massima Assemblea sarda, a dare l'input per attrarre in modo efficace e tempestivo investimenti significativi, nuove tecnologie e più di tutto posti di lavoro che siano anche occasione di rapida crescita professionale per tutti.
Su queste basi l'imprenditoria sarda avrà la possibilità di esprimersi ai massimi livelli, ma deve godere degli stessi vantaggi dell'imprenditoria, uso un esempio, milanese. Dobbiamo inoltre dare la possibilità alle infrastrutture imprenditoriali private italiane di delocalizzarsi nella nostra regione. Sta a noi, in quanto legislatori, avviare la fase di richiesta della zona franca che apra finalmente nuovi orizzonti per i nostri cittadini e per l'intera Sardegna, attuando un canale preferenziale correttamente sia presso il Governo nazionale sia presso la Comunità europea.
PRESIDENTE. Il Consiglio è riconvocato alle ore 9 e 30 di domani, giovedì 4 luglio.
La seduta è tolta alle ore 20 e 30.