Seduta n.336 del 24/07/2012 

CCCXXXVI SEDUTA

MARTEDI' 24 LUGLIO 2012

(POMERIDIANA)

Presidenza del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 35.

BIANCAREDDU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta dell'8 giugno 2012 (328), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Mariano Contu, Paolo Maninchedda, Franco Meloni, Marco Meloni, Onorio Petrini e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 24 luglio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Continuazione della discussione delle linee guida per la predisposizione del Piano paesaggistico regionale (Doc. n. 27/XIV)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del documento numero 27/XIV.

Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, apprezzate le circostanze, chiederei dieci minuti di sospensione.

PRESIDENTE. Apprezzate le circostanze, accolgo la richiesta dell'onorevole Steri. I lavori riprenderanno alle ore 16 e 50. La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 38, viene ripresa alle ore 16 e 50.)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Gruppo Misto). Signor Presidente, signori Assessori, cari colleghi, lo sosteneva già Karl Marx, e cito: "La natura così come era uscita dalla mano del creatore non esiste più. Dobbiamo ritrovare lo spirito del luogo, imparare a rileggere e a valorizzare il paesaggio". Fine della citazione. Ma la questione paesaggistica non è certo slegata dai processi di globalizzazione delle dinamiche economiche, sociali e culturali, coi loro contraddittori effetti di omologazione e modernizzazione unificante da un lato, di squilibri, diseguaglianze e differenziazioni dall'altro. La disperata ricerca di identità e senso dei luoghi, che si riflette nella domanda di paesaggio nella nostra isola, è la spia di un malessere più profondo. Questione paesaggistica e questione ambientale sono strettamente allacciate; riguardano congiuntamente il contesto della vita dell'uomo. La spettacolare crescita della domanda di paesaggio non è solo una deriva estetizzante di una società sazia; al contrario è il segno che l'uomo tende a riallacciare i suoi legami con la terra che la modernità aveva dissolto. E' una costatazione che si ripete ogni giorno di fronte allo smantellamento silenzioso e continuo dei paesaggi originari e alle devastazioni catastrofiche prodotte dalle calamità annunciate quando non propriamente pianificate.

Il nuovo PPR che proponete non è, a nostro avviso, un progetto alternativo; deve essere visitato e rivisitato. Nel 2005 l'Isola si era mossa all'avanguardia per proteggere le coste, sino a diventare un importante riferimento nazionale e mediterraneo. Ma forse il messaggio non è arrivato all'opinione pubblica e abbiamo perso anche le elezioni. La revisione del vecchio PPR apre dunque la strada alla speculazione edilizia che assume nella nostra isola una valenza particolare. Prima di pensare a nuove costruzioni, perché non si affronta il recupero dei centri semi-spopolati, la questione dei villaggi abbandonati o disabitati? Perché questo mancato ricorso a una politica di riuso nei paesini e borghi a volte bellissimi e che, ad ogni modo, appartengono alla storia del territorio? Favorendo nuove costruzioni si farebbero nascere i soliti posti per vacanze ormai uguali in tutto il Mediterraneo, dalla Tunisia al Marocco.

Noi non vogliamo entrare in una logica basata sull'illegalità. Dov'è infatti la norma che a livello nazionale dovrebbe consentire l'attuazione del patto a suo tempo annunciato con le Regioni? Non esiste. Quindi tutti i piani casa varati dalle amministrazioni regionali, compresi quelli fatti dagli esecutivi di centrosinistra, non sono legittimi? Una devastazione senza precedenti del territorio isolano non ha insegnato niente ai politici, che hanno sempre regalato questa terra ai ciarlatani dell'edilizia e della medicina legale, tutti senza interruzione e, in più, battendo il tam­tam dell'identità e dell'autonomia! Non si capisce quale idea estetica si potrebbe immaginare quando si pensi, per esempio, alla quantità di deroghe previste e alla possibilità di un aumento di volumetria sino al 25 per cento, senza parlare dell'altro aspetto, che è quello delle modifiche ipotizzate sugli indici di fabbricabilità nelle zone interne. Tutto ciò ci fa pensare che la straordinaria bellezza dell'Isola potrebbe essere alterata in modo devastante.

Il nostro modesto parere da mediterranei è che tutti devono rispettare il Codice dei beni dello Stato; un Codice che prevede una serie di azioni concordate con responsabilità condivisa tra municipi, unioni o consorzi di comuni, province e Regione. Nel nostro Paese, come testimonia l'Unione europea, il grande malato è il paesaggio. La Sardegna oggi ha spesso dimostrato di sapersi difendere meno di altre realtà. Guardiamo, per esempio, alla Corsica: in Corsica i litorali sono stati preservati molto meglio e i corsi sono riusciti a farsi rispettare più dei sardi. Ma questo non significa, ovviamente, che la sensibilità per la tutela del paesaggio non cresca in Sardegna; vedo che i comitati di salvaguardia si stanno moltiplicando ovunque. Noi siamo contro l'espansione dei campi da golf e dei porti turistici con sviluppo di residenze e servizi collegati lungo i litorali della nostra isola. E' una strategia che punta ad assecondare soltanto le passioni dei ricchi e degli amanti della palline bianche, ma che è fortemente nociva per il territorio, oltre che, naturalmente, a prevedere profitti solo per le imprese che operano nel settore delle costruzioni. Dico questo a coloro che si affannano da molto tempo a sostenere che l'edilizia è il principale motore dell'Italia. Ma allora come mai la nostra economia è ferma e le agenzie internazionali ci continuano a declassare? Se si parla di paesaggio, bisogna sempre valutare la valenza semantica, storica e normativa di questa parola. Valutazione del patrimonio significa, prima di tutto, valutazione del sapere e della conoscenza, che non possono essere merce con il solo obiettivo di ricavare vantaggi economici. Valorizzare significa evidenziare, disvelare, custodire e accrescere la qualità di un bene comune, scoprire, tutelare e porre in giusta evidenza il valore intrinsecamente già presente nel bene rispetto a qualsiasi obiettivo economico. Purtroppo la valorizzazione è stata più spesso intesa, a destra e anche a sinistra, in un senso meramente e prevalentemente economico. "Per valorizzare un palazzo che c'è di meglio che venderlo? E per valorizzare un paesaggio che c'è di meglio che lottizzarlo?", ironizzava il professor Settis.

Come concepire la nostra idea di bellezza? La famosa scrittrice Iris Murdoch, che non penso sia stata tradotta in italiano, è arrivata alla conclusione che il bello e il bene si sposano tra loro proprio perché indicano una fuoriuscita dal software egocentrico, in quanto accordano la priorità al mondo. Soltanto così si può produrre vera bellezza. O ancora, Orwell diceva che "anche il più bel muro del mondo deve essere abbattuto, se quel muro circonda un campo di concentramento". In altre parole, l'estetica è la madre dell'etica e la bellezza è una dimensione centrale dell'esistenza, ma non può trasformarsi in un estetismo dell'assoluto.

Cari colleghi, anche se non crediamo all'immortalità del corpo e dell'anima, l'unica trascendenza che ci resta è la traccia che lasciamo alla memoria degli altri. Tanto vale che sia la più bella possibile! Forse i nostri politici calcolatori non sanno comunicare perché sono tagliati fuori dal contatto con la terra, con la natura e con gli altri, proprio come i più umili tra gli indiani, per questo devono alternare periodi di governo e altri di vita normale. Li mandiamo ogni tanto a fare passeggiate o gite turistiche per scoprire il loro territorio e a leggere il manifesto-appello dei "TQ" che fissa i punti per la tutela del paesaggio e del patrimonio come segue: 1) il patrimonio ha una funzione civile, non è il petrolio dell'Italia; 2) il patrimonio deve essere mantenuto con denaro pubblico; 3) il sistema di tutela deve restare statale e non può essere regionalizzato; 4) il patrimonio è di proprietà di ogni cittadino ed è laico; 5) nella tutela la legge deve prevalere sulle maggioranze politiche; 6) stop alle mostre sulle singole opere antiche per fare marketing; 7) la tutela va affidata a figure professionali di provata competenza; 8) l'invenzione dei corsi di beni culturali va messa del tutto in discussione; 9) va restituita dignità alla presenza della storia dell'arte sui media italiani; 10) è vitale ampliare lo spazio della storia dell'arte nelle scuole.

C'è anche da aggiungere che le trasformazioni dello spazio urbano non sono sempre state funzionali a definire le geografie del potere del capitale sulla società e a garantire la continuità nel processo di accumulazione, dato che la valorizzazione economica dello sviluppo urbano è intervenuta ogni qualvolta si manifestava una crisi negli altri settori. Dunque bisogna opporsi con tutti i mezzi al banale economicismo che considera sinonimi "valorizzazione" e "sfruttamento", e che nel patrimonio vede non una risorsa etica e civile, ma un salvadanaio da svuotare. Discorso contrario non solo alla Costituzione e a una secolare tradizione civile e giuridica, ma anche a una concezione meno stantia dei meccanismi socioeconomici. Il patrimonio culturale ha due componenti: una è il valore monetario, ma assai più importante è la componente immateriale o valoriale, per definizione fuori mercato. L'articolo 9 della Costituzione infatti sancisce "la primarietà del valore estetico-culturale," che non può essere "subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici", e pertanto deve essere "capace di influire profondamente sull'ordine economico-sociale", come ha ripetutamente affermato la Corte costituzionale.

Come ben vediamo, la questione paesaggistica non è un problema di razionalizzazione tecnico-amministrativa dell'azione di tutela, ma è il rapporto tra società e territorio. Il paesaggio è da sempre luogo di convergenza interdisciplinare, luogo di incrocio di saperi, di discorsi e di giochi linguistici diversi. La costruzione di nuove interpretazioni, e dunque di nuove immagini paesaggistiche, soprattutto in presenza di paesaggi gravemente alterati o degradati che richiedono interventi creativi di riqualificazione, non può infatti configurarsi come materia esclusiva per esperti, poiché richiede invece processi aperti di apprendimento collettivo e di progettualità sociale e territoriale. Il progetto del paesaggio non può tradursi in regole autenticamente conservative, se non tende prima di tutto alla produzione di valori, nel vivo dell'agire comunicativo e con riferimento diretto alle dinamiche plurali che attraversano la nostra società. La giustizia non è solo giustizia sociale, ma soprattutto giustizia estetica e ambientale, perché il territorio e il paesaggio ci danno la possibilità anche di camminare e di respirare. Camminare ci restituisce la libertà non di produrre o consumare, bensì di stare al mondo con le antenne tese, con la curiosità, l'attenzione e la disponibilità necessarie a essere cittadini a tutto tondo, vulnerabili ma mai addomesticati. Mi fermo qui, grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, riprendiamo ancora una volta il tema del paesaggio, dello sviluppo sostenibile e dello sviluppo urbanistico in Sardegna. E' una costante di questa legislatura, forse lo è stata in parte anche nella precedente, ma certamente in questa è una costante monotematica visto che l'asse portante dei provvedimenti legislativi che ci avete proposto parte dai cosiddetti piani casa 1 e 2 e dalla legge sul golf per arrivare, finalmente, alle annunciate e preannunciate modifiche del Piano paesaggistico regionale.

Devo dire - lo dico all'Assessore degli enti locali, se avrà la bontà di ascoltarmi - che ho provato disagio nel sentir riecheggiare in quest'aula una contrapposizione che ha una matrice ideologica. Non che non mi renda conto che la tematica in questione ha una matrice ideologica. Certamente il tema della salvaguardia dell'ambiente, del paesaggio, del modello di sviluppo, dell'utilizzo delle coste è stato un elemento manifesto di chi ha guidato la scorsa legislatura in Sardegna. Certamente è stato un elemento della vostra campagna elettorale, ma avrei preferito che oggi il dibattito avesse preso una piega più pragmatica, più legata alle effettive problematiche, che si fosse fatto un elenco minuzioso dei motivi che non hanno consentito ai trecentosessanta comuni della Sardegna che non l'hanno fatto di adeguare i loro PUC, un elenco puntuale delle norme che magari non sono sufficientemente precise, delle zone d'ombra, delle zone grigie, insomma avrei preferito che si fosse scelta una strada sobria, concreta, se vogliamo anche in sintonia con i problemi che oggi vive il nostro Paese, e quindi anche la Sardegna.

Credo che di fronte ai titoli che leggiamo sui giornali tutti i giorni dovremmo essere sempre più consapevoli che la crisi economica e finanziaria e delle istituzioni europee non si limita a lambirci, a toccarci appena, e quindi, pur avendo fatto i compiti con il Governo Monti, non possiamo tornare tutti a casa tranquilli. E' una crisi aperta, che durerà anni, che richiede un cambiamento profondo dei nostri comportamenti, che richiede a tutti di dismettere le vesti del passato, anche quelle eccessivamente ideologiche, per provare a perseguire nel breve qualcosa di utile per la nostra gente, qualcosa che possa rimettere in moto l'economia, che possa salvaguardare i nostri principi, i nostri valori, ma che ci porti a confrontarci su un terreno di sobrietà, di pratica, di buon senso.

Allora domando: che senso ha fare questa discussione in questi termini oggi e perché il Presidente della Regione, che dovrebbe avere interesse a che la discussione sia sobria, concreta, pragmatica, calata sui problemi concreti, sulle difficoltà applicative, ci ha letto una relazione, per poi assentarsi e non partecipare ai lavori? Va stigmatizzato il fatto che il Presidente venga qui per leggere una relazione e poi se ne vada senza ascoltare nessuno. Evidentemente non gli interessa il contesto di questa discussione, o non credo che gli interessi considerato quello che ha avuto l'ardire di dire attraverso la sua relazione. Credo che il Presidente abbia sbagliato quando, in maniera molto semplicistica, ha cercato ancora una volta di associare la crisi economica generale, la crisi dell'edilizia, i posti di lavoro persi, con il Piano paesaggistico regionale, che - poveretto - non so che responsabilità abbia. Ci avete provato in tutti i modi a rimettere in moto l'edilizia: con il "piano casa facile", con il "piano villetta", con l'aggiramento delle regole! Forse non è più il caso di lanciare spauracchi sul PPR che blocca tutto e tutti. L'avete aggirato, avete fatto di tutto, anche là dove il PPR non ha efficacia, per rimettere in moto per via legislativa un'economia. Ma forse i problemi sono altri; forse il problema sta nella crisi generale, nella difficoltà di accesso al credito, nel fatto che non trovate risorse per rimettere in moto l'economia e che anzi continuiamo a sprecare le risorse che abbiamo, per esempio nel settore della sanità, in assenza di un piano sanitario vigente e di regole certe.

Credo, ripeto, che il Presidente abbia sbagliato a porre la questione in questi termini, inducendoci, come dire, a smascherare il tentativo in atto, che è quello di associare la sua inadeguata azione di governo con la crisi attuale, o perlomeno con la mancanza di strumenti per attenuare gli effetti di questa crisi - questo è un elemento su cui bisogna discutere, secondo noi è così - piuttosto che discutere nel concreto e in maniera sobria delle problematiche di applicazione del PPR, che pure ci sono state in questi anni. Credo che sia stato sbagliato da parte vostra, certamente lo è da parte del Presidente, enunciare, preannunciando la modifica del PPR, degli obiettivi talmente generici, sui quali non c'è stato un approfondimento, una sufficiente analisi, e che hanno un debole legame con quello che è avvenuto in questi anni da far sorridere. Cioè noi ci ritroviamo ancora oggi non a discutere delle cose che potremmo fare per migliorare il PPR, per fare una nuova legge urbanistica, per far funzionare meglio gli uffici comunali, ma a discutere di una relazione che ancora afferma dei principi così generali che io stesso non so dire se sono d'accordo oppure no. Forse sono pure d'accordo, ma non vorrei discutere di questo. Sul fatto che il paesaggio è di tutti e che non bisogna limitarsi al "non si deve fare", ma occorre prevedere delle forme di trasformazione del paesaggio atte a riqualificarlo (su questo potrei anche essere d'accordo, in linea di principio, considerate le tante brutture urbanistiche esistenti), sul fatto che le regole condivise funzionano meglio di quelle imposte dall'alto chi è che non è d'accordo? E ancora: valorizzare il paesaggio significa promuovere lo sviluppo sostenibile; la valorizzazione del paesaggio è legata alla green economy. Ma che bisogno c'è di richiamare queste ovvietà? Che bisogno c'è di sottintendere che nel PPR questo non c'è e state cercando di introdurlo voi adesso? Che bisogno c'è di alzare gli scudi? Che bisogno c'è di rendere questa discussione ancora una volta ideologica piuttosto che misurarci concretamente su alcuni aspetti che magari possono essere migliorati? La risposta, insomma, me la strappate di bocca, e la risposta è che bisogna distrarre l'opinione pubblica. La nostra comunità comincia a essere profondamente insoddisfatta per cui bisogna gettarle altro fumo negli occhi, sviare la sua attenzione, mascherare i fallimenti, dire ancora una volta che se non si costruisce è colpa degli altri, di quelli che c'erano prima, non di chi non applica le regole!

Assessore, che cosa c'è in questo documento che ci possa dare un quadro preciso di ciò che non ha funzionato? E' tutto estremamente generico! Qua si dice che la cartografia va aggiornata, che i beni identitari, i beni pubblici vanno in qualche modo revisionati, verificati, ma non si dice dove si intende intervenire, in quali commi e articoli delle norme di attuazione. Non si dice che cosa non ha funzionato, non c'è una statistica sul perché trecentosessanta comuni non hanno adeguato i loro PUC.

Credo che questo tentativo vada smascherato, ma mi piacerebbe che si passasse, dopo che ce lo siamo detti, a una fase diversa, e spero che lo si faccia in Commissione anche perché - alcuni colleghi lo hanno intuito - certamente c'è la volontà, attraverso l'approvazione di queste linee guida, di fare un po' di tutto, di lasciarsi le mani libere, ma poi concretamente bisognerà andare in Commissione per cambiare le norme tecniche di attuazione, modificare l'articolato, confrontarsi in maniera precisa e concreta sul significato di questo enunciato generico che, come dire, fa l'occhiolino un po' a tutti, cerca di accattivarsi simpatia, di mascherare responsabilità che si hanno in altri settori magari per la crisi attuale.

Insomma, Assessore, mi sarebbe piaciuto che per una volta ci fossimo liberati dalla giacchetta ideologica per confrontarci sul merito. Così non è, perché se lei prende questo corposo documento che ci è stato presentato, a parte gli obiettivi che sono di una genericità diciamo raccapricciante, non c'è nessun tentativo di approfondimento. Non si dice, per esempio, in che cosa le norme vanno chiarite e rese più sintetiche, ci si limita a enunciarlo in termini generali. Ha fatto bene l'onorevole Sanjust a dire che intuisce che questa revisione può essere positiva, perché si evince che è tesa a semplificare e migliorare. Infatti non lo si scrive, non lo si elenca, non lo si precisa, ma lo si evince, lo si deve evincere dal contesto, lo si deve leggere tra le righe perché si preferisce lasciar evincere, lasciar immaginare un po' tutti per tirare ancora a campare.

Assessore, è da tre anni e mezzo che voi tirate a campare, che rinviate le riforme, che annunciate revisioni del Piano paesaggistico, che promettete a tutti un po' di mattoni, promesse che poi non riuscite neanche a portare avanti perché siete pure dei pasticcioni nel fare leggi a elastico che a furia di accontentare tutti alla fine semplicemente non accontentano nessuno in quanto non sono applicabili. L'esempio è la legge sul golf: probabilmente se aveste previsto cinque campi da golf ma senza stiracchiare le regole, quella legge non sarebbe stata impugnata.

Nell'avviarmi a concludere voglio invitarla, Assessore, a uscire da questa genericità, a togliersi di dosso l'abito ideologico. La inviterei anche, però, in particolar modo quando parla di linee guida per un futuro Piano paesaggistico delle zone interne, a evitare di citare (pagina 76) il geografo francese Le Lannou, perché oltre a denotare la tendenza a vestire la maschera ideologica per parlare o per non parlare d'altro, rischiamo anche di citare una persona le cui manchevolezze e la cui scarsa conoscenza della storia della Sardegna sono manifeste. Infatti Le Lannou, che è arrivato in Sardegna ai primi del Novecento, non essendo conscio o sufficientemente esperto di storia sarda, ha preso per buono il paesaggio delle zone interne che ha trovato agli inizi di quel secolo e ha ritenuto che quello fosse il paesaggio di sempre, e quindi brullo, rado, con una monocultura legata alla pastorizia. Nel fare questo ha cancellato un secolo di storia sarda, perché dai testi degli antichi, che raccontano di una Sardegna ricca di boschi e di foreste, si passa improvvisamente a una Sardegna brulla e arida. E cosa c'è di mezzo? C'è un'altra monocultura, un altro sfruttamento, quello che è avvenuto in Sardegna nell'Ottocento. Con la legge delle chiudende, nel 1824, si creano i latifondi e si apre allo sfruttamento. Vengono così distrutti, nell'arco di quel secolo, quattro quinti del paesaggio boschivo sardo, circa 400 mila ettari di bosco. Ecco che la Sardegna da terra rigogliosa e ricca di foreste diventa, attraverso la monocultura dello sfruttamento boschivo, che assomiglia molto alla monocultura cementificatoria che in qualche modo volete giustificare, la terra della monocultura della pastorizia, della monocultura della cementificazione delle coste. Ecco che la Sardegna si trasforma, cambia, ma non è stata sempre così, lo è diventata per la cecità dell'uomo, che ha pensato al breve termine, al proprio interesse, e non ha saputo conciliare gli interessi della comunità locale con quelli del latifondista locale. Alla fine l'identità sarda, non l'identità storica, non l'identità che deriva dalla ricchezza di questa terra, ma l'identità ricostruita da un geografo francese diventa l'identità sarda a tutto tondo, quella che è sempre stata. Le Lannou infatti dice che la Sardegna è sempre stata così!

Io non vorrei che, parafrasando Le Lannou, il tentativo che mettiamo in campo oggi fosse quello di dire che la Sardegna non è mai stata libera dalla presenza del cemento sulle coste; non vorrei che tra qualche anno qualcuno scrivesse che la Sardegna è sempre stata Costa Rei, che un po' di edificato c'è sempre stato, che la vera identità, la migliore identità sarda è quella della Sardegna ciambella che presagiva Antonio Cederna negli anni '60. Non vorrei che qui stessimo creando un falso ideologico ricostruendo un profilo storico. Credo che Le Lannou sia in qualche modo paradigmatico rispetto a questo tentativo. Se non lo è, vi chiedo veramente di eliminare la parte in cui si sostiene, attraverso una ricostruzione assai audace, che il paesaggio possa essere teso come un elastico e che i vincoli possano essere in qualche modo allentati o resi dinamici.

Assessore, anziché dare a intendere ai nostri comuni e ai nostri operatori economici che cambiamo idea ogni paio d'anni, noi dovremmo avere il coraggio di dire che il Piano paesaggistico ha una valenza ambientale, ma anche economica, perché preserva il valore anche patrimoniale dell'edificato esistente, preserva il valore della Sardegna come destinazione turistica. Dobbiamo dunque cercare di far funzionare quello che abbiamo, eliminando certamente le incongruenze e le zone d'ombra e provando a mettere in campo un modello di sviluppo sostenibile che non sia basato soltanto sulle volumetrie, sulle seconde case, sulle presenze turistiche, ma sia basato anche sulle ricadute che quelle presenze possono avere nella nostra economia, sul potenziamento del paniere di spesa di chi ci viene a trovare, sui beni e i servizi offerti dalle imprese sarde, su un modello di turismo diffuso che coinvolga le popolazioni locali, i nostri paesi; insomma un modello di sviluppo che consenta di riqualificare e dove occorre anche di costruire.

Il Piano paesaggistico non voleva e non vuole bloccare nulla; ciò che causa il blocco è il modo in cui esso viene applicato, l'incapacità di creare un apposito ufficio del piano, nonché la rigidità di alcuni uffici tecnici comunali che nel dubbio dicono sempre di no. Forse il PPR andava accompagnato da una nuova legge urbanistica, forse andavano potenziati gli strumenti per poter procedere, nella certezza del diritto (come abbiamo provato a fare con il SUAP), in modo ancora più presente e perlomeno dare il via libera alle migliaia di piccoli interventi che sono stati bloccati, spesso in maniera artificiosa, richiamando il Piano paesaggistico, anche quando questo non c'entrava niente e veniva soltanto adombrato per giustificare le inadeguatezze degli uffici tecnici comunali, i quali tra dire di sì e dire di no preferiscono dire sempre di no, perché così non rischiano nulla, finché magari qualcuno con il portafoglio più ricco deciderà di trascinarli in tribunale per ottenere ragione.

Forse noi avremmo fatto questo tipo di monitoraggio: verificare quante pratiche sono ferme negli uffici comunali, stabilire cosa si può fare per snellire le procedure, verificare ciò che si può fare già da oggi e poi certamente rivedere il Piano paesaggistico, adeguarlo, correggerlo laddove contiene ancora norme cassate dal TAR. Insomma, Assessore, io la invito ancora a fare queste cose, perché credo che il nostro dovere oggi sia quello di essere sobri, di non ripetere cose che ci siamo già detti, di non alzare gli scudi e di non rimetterci le nostre casacche ideologiche. E' nostro dovere provare a fare qualcosa di utile per la Sardegna e per le nostre comunità. Ciò che non ha cercato di fare il Presidente della Regione, che è sempre più distante e sempre più distaccato dalla Sardegna, forse perché ha altri obiettivi, altri piani, come quello di salvare la sua immagine personale, di candidarsi al Parlamento, di salvare sé stesso, magari lo può fare il Consiglio, lo possiamo fare noi in quest'Aula e nella Commissione competente nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, Assessori, il richiamo al professor Giovanni Lilliu evoca in tutti noi sicuramente intense emozioni, perché è il richiamo a una persona insigne, di immenso valore, a uno studioso che ha ricercato e valorizzato, portandola all'attenzione di tutto il mondo, la testimonianza, l'espressione dell'azione e della cultura del fare dell'uomo, nei tempi più lontani, nella nostra terra. E' sicuramente uno stimolo a un approccio serio e rispettoso a queste tematiche.

Di fronte alle critiche che in questi giorni sono state espresse sull'azione di revisione del Piano paesaggistico regionale vigente viene da chiedersi se può esserci davvero convinzione nel sostenere con tanto vigore che il PPR, così com'è, non deve essere modificato, che intervenire su di esso è un atto sconsiderato teso unicamente a distruggere, a consumare l'ambiente. In sostanza non dovrebbe essere fatta nessuna considerazione sul disagio nel mantenere nel tempo l'impostazione del vincolo assoluto e anche sulle palesi difficoltà nel recepimento del PPR all'interno dei PUC, anche se va detto che sicuramente i PUC sono stati gravati di funzioni eccessive e che ci sono davvero percorsi difficili da seguire per superare tutti i limiti e le difficoltà delle procedure. Non è un problema di poco conto se si valutano le fortissime limitazioni alle possibilità di azione dei comuni sul proprio territorio causate da questo mancato adeguamento, anche attraverso un'analisi troppo approfondita di quelle che possono essere state le cause. Si dovrebbe accettare ancora l'idea che il PPR è stato concepito, approvato, strutturato e consolidato in questa configurazione, e così deve restare. Non possono quindi avere significato i limiti e le criticità da superare, le necessarie attività di revisione delle norme di attuazione.

Per fortuna non tutti la pensano così, anche molte persone che non appartengono al nostro assetto politico portano ovviamente argomentazioni differenziate rispetto alle nostre, ma noi non possiamo evitare di cogliere il valore di queste voci se verranno espresse anche in questo dibattito. E devo dire, lo dico serenamente, che mi sento di apprezzare l'intervento di chi mi ha preceduto, l'onorevole Porcu, perché penso davvero che debba essere quello il taglio che noi dobbiamo dare alla discussione, portando naturalmente ognuno le sue motivazioni, ma il confronto, l'approfondimento deve esistere. Sono d'accordo anche con l'onorevole Planetta nell'auspicare un corretto confronto.

C'è chi vuole accreditare un pregiudizio nei riguardi del nuovo PPR, ma non è una posizione condivisibile, a mio avviso, perché parte sempre e comunque dal presupposto che ci sia un unico modello possibile, quello del vincolo integrale, che blocca qualsiasi forma di sviluppo umano. Sussistono invece molti gradi intermedi, che sono approfonditi dal punto di vista normativo. Questo è l'intento del nuovo PPR ed è una strada fondamentale che dobbiamo percorrere perché potrà contribuire al rilancio della Sardegna non solo per il settore edilizio, ma anche per quanto riguarda le altre attività, in primis quella turistica, perché le attività sono collegate tra loro, e ci vogliono strumenti normativi chiari, agevoli, facilmente interpretabili, che siano a disposizione dei cittadini.

Ci si rimette in discussione in un contesto globale fortemente competitivo, ispirandosi ai migliori progetti di sviluppo - questo è il nostro intento - e non certo chiudendosi a riccio in una concezione integralista spacciata come amore per l'Isola. Affrontare il nuovo PPR riaffermando che è interesse dei sardi sintetizzare un corpus normativo all'avanguardia, che contemperi la tutela, la sostenibilità e il doveroso e necessario sviluppo della Sardegna, questo è il nostro intento. Ora, lo dico con molto rispetto, onorevole Porcu, non certo per fare dietrologia, ma per fare anche qualche opportuna riflessione, la caduta della Giunta regionale nella passata legislatura - noi c'eravamo - avvenne soprattutto perché si intendeva estendere il vincolo paesaggistico alle zone interne, ponendo di fatto quasi tutta l'isola in una condizione di blocco, di stasi, nelle prerogative del suo sviluppo. Ritengo, lo dico sempre col massimo rispetto, che le ragioni profonde di una dissidenza interna, che pure c'è stata, nella maggioranza di allora, debbano essere cercate anche nella fallita mediazione tentata da quell'anima del centrosinistra che si sentiva vicino alla gente e ai territori e non si sentiva rappresentata nel rigore eccessivo di un PPR che non si voleva tentare di adeguare, di modificare in quelli che erano gli ambiti della legge allora all'attenzione del Consiglio. Lascio naturalmente a chi ha specifiche competenze l'esposizione delle ragioni che hanno portato all'aggiornamento e alla revisione del PPR sotto il profilo normativo, sotto il profilo dell'adeguamento alla giurisprudenza espressa dal TAR e dal Consiglio di Stato. Ritengo anche che non debba essere sottostimato o trascurato quanto emerso dalle conferenze territoriali condotte nel 2009, di cui c'è traccia, di cui c'è naturalmente testimonianza, perché sono state raccolte in maniera precisa e sono disponibili all'esame da parte di tutti le osservazioni relative alle criticità e ai limiti da superare.

Mi richiamo a qualche principio di carattere generale per dire che tra gli elementi che sono previsti nelle linee guida per l'aggiornamento e la revisione del PPR, così come sono state delineate nell'esposizione che ne ha fatto il Presidente della Regione, merita certamente particolare attenzione l'enunciazione che la valorizzazione del paesaggio deve perseguire la politica dello sviluppo sostenibile e il PPR dovrà consentire lo sviluppo locale senza compromettere il patrimonio naturale insediativo storico e culturale della Sardegna. Tutto questo, naturalmente, nella chiarezza dei ruoli della Regione e dei Comuni, che hanno compiti distinti e definiti.

Ora, se è vero che non sono in discussione i principi e devono essere discusse e riviste le regole proprio per meglio rispondere alle esigenze con l'applicazione concreta delle stesse, può avere significato riprendere un altro passaggio delle linee guida approvate nel 2005, e cioè quello che dice che nel Piano paesaggistico regionale, più che la norma vincolistica, che assume efficacia solo nei confronti della conservazione, dovranno emergere maggiormente le prescrizioni e gli indirizzi che generano comportamenti virtuosi da coltivare nel tempo nei rapporti attivi con le altre istituzioni e la società. In che modo queste prescrizioni e questi indirizzi diventano elementi positivi? Devono generare azioni progettuali che determinino il mantenimento dei processi che sottendono l'esistenza del bene paesaggistico, che quindi non è chiuso ai progetti, con quel connotato di severità che i progetti devono avere. Linee guida e prescrizioni possono diventare guida operativa, proponendo un approccio tipologico a partire, per esempio, dalla presenza e dalla catalogazione di quei manufatti che sono tipici dei differenti luoghi. E' possibile in quest'ottica utilizzare materiali come il legno e la pietra - stiamo parlando di sviluppo sostenibile - inserendoli in una visione moderna e attuale, elaborandone le potenzialità. Quindi i vincoli intesi come tutela possono riaprire, devono rivitalizzare, consentire percorsi seri di sviluppo sostenibile agendo anche sul contesto, sullo scenario di un luogo.

Ora noi parliamo di sviluppo sostenibile, un'espressione molto utilizzata che proviene dal rapporto Brundtland, dal nome di chi l'aveva commissionato, secondo cui si tratta di un genere di sviluppo che mira a soddisfare esigenze, necessità e bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la capacità di soddisfare quelle delle generazioni successive. Il progetto sostenibile deve orientare lo sviluppo secondo modelli di organizzazione dello spazio che non compromettano tale possibilità e tale capacità, senza ledere appunto i diritti e le capacità delle generazioni future.

Per dare significato all'azione progettuale nella pianificazione e nell'intervento, per coglierne una valenza di garanzia, anche sotto il profilo etico, se si pensa alla responsabilità che si assume chi interviene sull'ambiente e al peso che ha nell'interesse della collettività, mi pare opportuno ricordare a questa Assemblea che quest'anno ricorrono i cinquant'anni della Costa Smeralda. Noi che rappresentiamo in questo Consiglio regionale il territorio che ha accolto quell'insediamento turistico non abbiamo difficoltà a riconoscere in quel modello unico al mondo, che ha aperto la Sardegna allo scenario internazionale, un autentico esempio di sviluppo sostenibile, che grazie soprattutto alla lungimiranza dei principi ispiratori ha saputo avviare e mantenere nel tempo un processo di crescita e promozione dell'intera Sardegna. Questo principio ispiratore lo troviamo nei primi nuclei, nell'originaria dimensione della Costa Smeralda, così come l'avevano concepita il principe Karim Aga Khan e il ristretto pool di architetti e urbanisti che lo accompagnarono in quell'avventura (Vietti, De Marchi, Busiri Vici, Jacques e Savin Couëlle, Martin, Simon Mossa): basare tutto sul rispetto di un rapporto di equilibrio tra presenza umana, residenze e strutture e ambiente naturale, paesaggio e natura del posto. Gli elementi di riferimento sono il mare, la costa, la vista sul mare, la macchia mediterranea, l'uomo, gli animali, la dimensione spaziale di queste presenze, lo stazzo gallurese da proiettare sia all'interno che nell'ambito costiero.

Quindi riteniamo che la Costa Smeralda sia sempre stata improntata alla qualità degli interventi, all'equilibrio con la natura, con l'ambiente, al rispetto dell'equilibrio architettonico e paesaggistico. Naturalmente parliamo di un mondo e delle sue complesse attività - perché in questo si è tradotto quel modello di sviluppo - che mantengono ancora un connotato di forte valenza in quel territorio e nell'intera Sardegna, di un complesso di attività ai cui vertici ci sono dei sardi. Sardo, infatti, è il direttore generale del Consorzio, il dottor Manca, sardo è il suo presidente, sardo, di Ozieri, è il manager del settore degli alberghi; altri importanti ruoli di responsabilità strategici sono affidati a giovani sardi in Sardegna e all'estero.

Se si vuole, quindi, affermare il principio che la valorizzazione del paesaggio deve perseguire la politica dello sviluppo sostenibile, il Piano paesaggistico revisionato dovrà rappresentare lo strumento regolatore di una prospettiva di sviluppo che sia capace di coniugare le esigenze e le opportunità attuali senza compromettere, come viene enunciato, lo straordinario patrimonio naturale insediativo storico e culturale della Sardegna. Dobbiamo chiederci in che modo, ma certamente favorendo una cultura del progetto che è l'elemento di garanzia e di serietà che assume la dimensione ambientale e il coinvolgimento dei differenti saperi locali (comunità, professionisti) come elemento centrale dell'azione che faccia emergere il paesaggio non solo come elemento fisico, quindi visibile, ma come testo che racconta, se indagato e interrogato, il continuo evolversi dei rapporti tra le comunità locali e quei luoghi, facendone emergere l'unicità. L'approccio delle sensibilità deve orientare il progetto, il piano, e porre in essere azioni che mirino con serietà alla conservazione di quella unicità di rapporto tra comunità e luoghi, favorendo nuove forme e nuove opportunità.

A noi legislatori regionali compete il dovere di porci in una posizione di ascolto, di approfondimento e di confronto. Gli argomenti devono essere discussi e indagati per entrare nella vera dimensione del piano stesso. Occorre affrontare queste tematiche con la massima serietà, ma vincendo l'autoreferenzialità. In questo senso intendiamo favorire la tutela dell'ambiente senza impedire processi di sviluppo, dando valore e significato a un'azione progettuale che, in piena trasparenza e disponibilità al severo giudizio di merito, renda testimonianza di quello che si intende fare non certo per distruggere, ma anzi per incrementare le potenzialità di un luogo, senza bruciarne definitivamente i connotati, agendo dove è possibile agire, con la consapevolezza che ci sono luoghi e ambiti dove non è possibile agire. In questa maniera quello che si fa va proiettato nel futuro. Il paesaggio sardo sarà una grande sfida progettuale nel rispetto delle norme semplici e chiare, ma anche severe del nuovo PPR. Non più, dunque, una Sardegna statica dentro una teca per incapacità di dettare regole armoniche che permettano uno sviluppo che ci mantenga competitivi a livello globale, ma una nuova cultura di fiducia nella capacità dei sardi di inserirsi, come hanno fatto per centinaia di anni, in un paesaggio che rispettano, con regole certe e definite.

L'ultima annotazione riguarda la green economy, perché oggi lo sviluppo può e deve essere sostenibile. Si procede per quest'ultimo aspetto in conformità con le linee guida dettate dalla Comunità europea.

La sfida più grande di questo PPR è quella di porre in primo piano due aspetti fondamentali: la tutela del paesaggio e le esigenze socioeconomiche delle comunità locale evidentemente non tenute sempre nella debita considerazione. L'ambiente, a nostro parere, va protetto; negare ciò significa, in qualche misura, mistificare l'operato della Giunta nel suo grande sforzo, che è lo sforzo per una nuova e lungimirante proposta normativa in tema urbanistico per la nostra regione. Mi sento di riconoscere l'impegno della Giunta e in particolare del qui presente onorevole Nicola Rassu. Va detto anche che la Commissione ha dato il suo contributo fondamentale. Le linee guida delle quali parliamo stimoleranno ulteriormente le sinergie fondamentali traenti, anche al fine di superare sovrapposizioni vincolistiche che possono essere verificate e che devono essere sicuramente superate.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Gruppo Misto). Il problema, colleghi della maggioranza, è che avete imboccato una strada dalla quale avete difficoltà a uscire. Non riuscite a trovare il bandolo della matassa e per questo riproponete puntualmente un tema che ormai non convince più i sardi, bambini compresi. E' un percorso finito, ve lo dice la crisi del mercato, ve lo dicono le difficoltà che emergono ovunque. Oggi voi volete attribuire a uno strumento che era dovuto in rispetto della volontà dei Governi italiani e delle disposizioni europee, ed è stato voluto dalla Costituzione italiana. Il paesaggio è un bene supremo, è un bene che non si dovrebbe toccare, purtroppo in tempi passati abbiamo visto come è stato toccato.

Il PPR esiste, questo non vuol dire che sia il Vangelo. Il PPR che è stato approvato è però uno strumento voluto, sentito e dovuto; dovuto soprattutto ai sardi e alle future generazioni. Lo dico perché, come ho richiamato prima, in un momento di follia, in anni di boom economico, si è andati a intaccare un patrimonio straordinario e di grandissimo valore compromettendolo in larghe parti. Naturalmente le parti più ambite dal mondo speculativo immobiliare erano le coste, però si è consentito di intervenire, anche pesantemente, in vaste zone agricole, penso per esempio alla Nurra, l'area tra Sassari e Alghero, dove le zone agricole sono state massacrate da lottizzazioni e frazionamenti quasi sempre fuori della norma, illegali, abusivi, per consentire, con la giustificazione di voler salvare il patrimonio agricolo, un massacro vero e proprio. Si è consentito di costruire in larghe parti della Gallura, dell'Ogliastra, del Cagliaritano e in zone mirate, là dove c'era un interesse speculativo forte. E qui dico che sarei disponibile a ragionare come forse non si fece in quel momento in merito alle zone interne, per le quali occorreva un'attenzione maggiore e forse una diversificazione rispetto alle zone costiere. Il risultato è stato sicuramente il disastro di un ambiente e un imbroglio per l'economia e l'occupazione.

Questo voi lo comprendete perfettamente perché è evidente, lampante, ed è sotto gli occhi di tutti, anche se nel vostro documento si fa riferimento ai 17 mila posti di lavoro persi nel settore dell'edilizia. Ma siete ricorsi a un mago per trovare una risposta alla necessità di rilancio dell'economia attraverso l'edificazione che consenta di ricollocare 17 mila unità lavorative nel settore dell'edilizia? Credo sia ridicolo fare queste affermazioni. La verità è che un settore in crisi è un settore finito, non ce n'è più per nessuno, quindi l'unico intervento possibile, come vi abbiamo sempre detto le tante volte in cui ci avete costretto a ritornare su questo argomento in quest'Aula, rimane quello della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

Il suolo, il territorio, il paesaggio sono beni universali, patrimonio dell'umanità, quindi di tutti. Questo non solo lo dice l'articolo 9 della Costituzione, ma lo hanno richiamato i numerosi ministri che si sono alternati nei Governi di destra e di sinistra, nell'ordine - se non sbaglio, ma poco importa - Rutelli, Urbani, Galan. Questa è la linea sulla quale si muove il Governo italiano rispettoso di quella convenzione sulla copianificazione Stato-Regione che richiamava il ministro Galan. Il problema è che lo Stato e l'Europa vanno in direzione diversa rispetto a quella che indicate voi. Pensate che oggi l'intero periplo del continente australiano è sotto tutela assoluta, ovvero sulle coste dell'Australia non si costruisce, sono patrimonio di tutti gli australiani per volontà dei cittadini e del Governo australiano; altrettanto dicasi per la Gran Bretagna e la Scandinavia. Anche vastissime zone della Francia hanno il vincolo di tutela assoluta eppure nessuno ha gridato allo scandalo, anzi questo fatto ha suscitato compiacimento in tutti coloro che individuano in quel bene un patrimonio proprio e dell'intera umanità. La vicina Corsica dovrebbe essere un esempio per noi, visto che l'abbiamo a portata di mano, così come dovrebbero far da monito gli orribili esempi della Penisola iberica e delle Isole Baleari, tanto da determinare la coniazione del termine "balearizzazione", come esempio negativo di edificazione sui litorali o addirittura sulle spiagge. Un'isola meravigliosa è stata massacrata tanto che oggi ha un livello di offerta turistica qualitativamente tra i più bassi del Mediterraneo.

Il presidente Cappellacci, la settimana scorsa, nell'illustrare le linee guida ha fatto riferimento ad alcuni aspetti usando parole importanti, parole a effetto. Ha parlato della capacità di valorizzare le differenze, facendo riferimento a un principio democratico, quello della partecipazione delle comunità. Per quanto riguarda il paesaggio ha parlato di realtà dinamica, di realtà che si trasforma. Valle a capire queste cose, poi però, se ci fermiamo un attimo, riusciamo a comprenderle. Per quanto riguarda le regole ha fatto riferimento alla dinamicità della materia, al fatto che il vincolismo centrato sulla conservazione deve essere superato. Praticamente quello che è emerso già questa mattina e questo pomeriggio in Aula è la volontà da parte vostra di far saltare le regole. Questo è l'unico concetto che voi state sostenendo, cioè che vincolismo e divieto sono preponderanti rispetto agli altri aspetti possibilistici.

Tutto ciò che viene utilizzato per sostenere che il PPR è la causa della perdita di 17 mila posti di lavoro nel settore dell'edilizia è una bugia, una grande menzogna. Se fosse vero che le menzogne fanno crescere il naso, chissà dove arriverebbe i nasi del presidente Cappellacci e dell'assessore Rassu! Come ho detto prima, non ci crede nessuno perché il mercato immobiliare è crollato, è finito. "Bisogna superare le norme di salvaguardia": per fare che cosa? Altre costruzioni per un mercato che non c'è, che è finito, che non esiste più?

La nostra isola è disseminata di cartelli nei quali è scritta una sola parola: vendesi. Non riusciamo a vendere il grande patrimonio edificato perché non si riesce a collocarlo nel mercato. Le aste giudiziarie riempiono le pagine dei quotidiani sardi, conseguenza di un fallimento a catena che trova soprattutto in quel settore in crisi la risposta che conosciamo. Basta con il consumo del suolo, basta con il consumo del territorio! L'unico modo per rilanciare il settore dell'edilizia può essere il recupero, la riqualificazione, la rivalutazione del grande patrimonio esistente; grande soprattutto in termini di quantità, e magari dovremmo puntare a dargli anche qualità.

"Lo strumento del 2005, base del percorso, va adeguato e migliorato, come quello iniziato da questa Giunta nel 2009, in accordo con i comuni, le associazioni, i professionisti, gli operatori e tutti i cittadini di buona volontà", tutte belle parole però noi qui siamo soprattutto tormentati dal fatto che una realtà in crisi come quella sarda continua a individuare come possibilità di rilancio dell'economia e dell'occupazione un settore che, ripeto, è finito. L'aggiornamento proposto era assolutamente urgente e inevitabile ed ecco che viene fuori: "Sardegna nuove idee". Nuove? E in che cosa sono nuove? Sono sempre le solite e ripetitive idee, ci avete quasi stancato! Ma il discorso che il paesaggio dell'Isola è di tutti i sardi dovrebbe portarvi a ragionare in termini diversi. E' di tutti i sardi qualora non venga occupato, edificato, privatizzato e messo in mano alla speculazione.

"Le zone agricole vanno urbanizzate per rilanciare l'agricoltura, bisogna far dialogare le zone costiere con le zone interne": tutto il vostro progetto è una magnificenza, una meraviglia, qualcosa di più bello non potevate pensarlo. Noi invece stiamo ottusamente qui a dirvi che non va bene. E non va bene non perché lo diciamo noi, ma perché è la realtà che lo evidenzia. Voi avete aggiunto alle vecchie linee guida, perché è quella l'ossessione vera, gli articoli 11, 12, 13 del piano casa, la legge sul golf, proponendo un minestrone riscaldato del quale veramente non se ne può più, ne abbiamo la nausea. Noi siamo disposti a discutere e misurarci con voi su una proposta seria, ma non su questo terreno, perché il vostro obiettivo è la declassificazione della Sardegna e del suo patrimonio!

Tutela del paesaggio: dove? Il paesaggio è un bene che voi volete riservare a pochi, e dovete avere il coraggio di dirlo. Io credo che invece il paesaggio debba recuperare una sua definizione. E' un concetto difficile da spiegare, lo sostengo da un pezzo e continuo a ripeterlo, però insieme a me qualcun altro lo pensa e noi dovremmo convincere tutti che sul paesaggio va introdotto il concetto di bene monumentale. I monumenti non si trasformano, non si evolvono, non sono materia che si modifica e si evolve. I monumenti vanno rispettati come tali, e il paesaggio è il monumento più straordinario, che nessuno può permettersi di trasformare.

Qualcuno stamattina ha citato il Creatore. Avete la presunzione di modificare e migliorare l'opera del Creatore? Che modestia! Non c'è limite alla presunzione! Il paesaggio non può rappresentare dinamicità della materia. I monumenti, e quindi il paesaggio monumentale, sono monumenti punto e basta. Su di essi eventualmente avremmo dovuto fare un discorso estendendolo al valore dei nostri centri storici, al valore delle nostre zone agricole e al valore delle nostre coste, forse il bene sul quale c'è la maggiore attenzione morbosa da parte di chi pensa di sfruttarle.

Il richiamo fatto stamattina, in apertura di seduta, alla figura di un grande sardo, del sardus pater Giovanni Lilliu, ci avrebbe dovuto suggerire maggiore attenzione e rispetto, perché noi, quando abbiamo bisogno di coprirci il sedere, utilizziamo figure che ci consentono di tutelare la nostra immagine e la nostra idea di sardità che deve far trionfare valori che poi, invece, vengono puntualmente disattesi da meccanismi e proposte come queste. Giovanni Lilliu è stato un uomo che si è speso per tutelare il grande patrimonio culturale, storico, artistico della Sardegna; si è speso sino all'ultimo giorno, ha fatto opera di persuasione, naturalmente con la forza delle idee e con la sua straordinaria cultura, e con lui tanti altri. La vostra ossessione, invece, è quella di ricordare le grandi figure dei sardi e poi percorrere una strada diversa.

Per concludere, come dar torto al nostro collega Luciano Uras, che da un pezzo va dicendo che questa legislatura è finita, che è una legislatura morta? Prima ce ne andiamo a casa meglio è, faremo un piacere a noi stessi e ai sardi! Ritorniamo alle urne, ridiamo la parola agli elettori, perché possa nascere un Consiglio regionale che abbia sicuramente nuove idee e soprattutto il sostegno dei sardi, che ancora aspettano risposte ai loro tanti bisogni, tra i quali non vi è certo quello di continuare la cementificazione delle nostre coste e delle nostre zone agricole.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Signor Presidente, in questi tre anni di legislatura tante volte mi sono chiesta perché nella classe politica spesso manchi la cultura della salvaguardia del nostro territorio nella sua interezza. Parto dal presupposto che un modello di sviluppo alternativo e sostenibile non può non cominciare dallo stop al consumo del territorio, sia esso devastato dal cemento oppure da colture agricole a noi estranee. Si veda al riguardo il progetto di sottrazione alla pastorizia e all'agricoltura produttiva di vaste aree da destinare alla monocoltura del cardo, una pianta dannosa che i nostri contadini estirpano proprio per conservare la fertilità del terreno, ma che in questo caso è funzionale al progetto definito "chimica verde". Questo progetto rischia, di fatto, di dare il colpo letale all'economia agricola per generare una nuova servitù, che è la servitù della chimica, che già i nostri territori hanno subito, come ben sappiamo, col petrolchimico, ma che stavolta, guarda caso, si chiama "chimica verde", pur sapendo che di verde non ha davvero nulla.

Consumo inutile del territorio è, però, anche la cosiddetta "operazione Galsi", il gasdotto lautamente finanziato dalla Regione autonoma della Sardegna per creare una nuova servitù di passaggio, senza che sia previsto alcun beneficio per le popolazioni, e che distruggerà pascoli, corsi d'acqua, colture agricole. Comunque, c'è da dire che, meno male, il problema ai sardi questa volta lo risolverà, come previsto, l'Algeria, con un incremento proibitivo del costo del metano, che quindi non sarà più competitivo. Ma tutto questo era prevedibile ed è stato preannunciato proprio in questa Assemblea.

In questa sede non si affronta neppure il problema delle discariche, sempre più numerose nei nostri territori; discariche proposte da "società in odore di mafia" e sponsorizzate, guarda caso, da potentati politici locali. Tutto ciò, ovviamente oltre al cemento, contribuisce alla sottrazione di territorio a un'agricoltura a tutt'oggi fiorente e capace di generare reddito e ricchezza per le popolazioni locali. Mi riferisco in questo caso specifico alla discarica della piana del Cixerri.

Oggi la nostra priorità deve essere la riappropriazione e il controllo del nostro territorio, quindi stop al suo consumo indiscriminato e scellerato su tutti i fronti. Non possiamo altresì permettere che, in maniera indisturbata, le multinazionali, come la tedesca E.ON, minaccino di acquistare su ampia scala i nostri terreni agricoli, magari con intermediari forti come ex Assessori della Regione autonoma della Sardegna, oppure che altri enti possano acquistare vaste aree di territorio con la chimera occupazionale della chimica verde. Per cui meriterebbe una riflessione seria l'acquisto delle nostre terre (la Corsica insegna), nonché la questione delle terre su cui gravano gli usi civici, che rappresentano il 30 per cento di tutto il territorio sardo.

Ma oggi parliamo di cemento. Il Piano paesaggistico proposto dalla Giunta Soru, con tutti i suoi limiti, è forse lo strumento che in questi sessant'anni di cosiddetta autonomia ha maggiormente tutelato gli interessi collettivi dei sardi sui temi del paesaggio urbano e rurale, l'ambiente costiero e montano della Sardegna. Ricordo che la Corte costituzionale, a seguito del ricorso presentato nel 2005 dal Governo italiano, che sosteneva la mancanza di competenze in materia di tutela paesaggistica da parte della Regione autonoma della Sardegna, mentre riconosceva la competenza solamente in materia urbanistica ed edilizia (articoli 3 e 4 dello Statuto), con una sentenza del 2006 promuoveva la cosiddetta legge salvacoste, la legge numero 8 del 2004, che contempla norme indispensabili per la salvaguardia della fascia costiera dei due chilometri dalla battigia. Di fatto, la Corte costituzionale, nel rigettare il ricorso del Governo italiano, riconosce la legge numero 8 del 2004, riconosce quindi che questa legge mette in luce e rafforza norme già esistenti sull'uso e la tutela del territorio sardo (vedi la legge regionale numero 45 del 1989). Quindi stiamo parlando di norme che sono assolutamente antecedenti al Codice Urbani, che impone l'adozione a tutte le Regioni italiane, ordinarie e speciali, delle direttive europee in tema di tutela del paesaggio e dell'ambiente; direttive che il PPR ha adottato, di fatto, integralmente. Quindi il PPR voluto dalla Giunta Soru è perfettamente a norma europea e del Codice Urbani. Per chi l'avesse dimenticato Urbani è stato un ministro scomodo dei primi Governi Berlusconi, non è un comunista e neppure un indipendentista.

Il PPR è stato non solo apprezzato e premiato in ambito mediterraneo ed europeo, ma è stato persino difeso dalla Corte costituzionale contro i tentativi del Governo italiano di delegittimarlo, poiché riconosciuto come uno strumento che impone una disciplina che sia - così recita la sentenza della Corte - "maggiormente rigorosa rispetto ai limiti fissati dal legislatore statale, proprio in quanto diretta ad assicurare un più elevato livello di garanzia per la popolazione e il territorio interessati", con ciò preservando per la fruizione odierna e per le future generazioni un bene - il paesaggio - che, come tutti i beni ambientali, non è illimitato ed è soggetto agli appetiti dei business privati che lo sottraggono alla fruizione della collettività dei residenti e dei turisti.

Merita ricordare che l'urbanizzazione incontrollata nelle campagne, nel decennio fra il 1990 e il 2000, in Sardegna ha portato a una riduzione della superficie agricola coltivabile e quindi a un uso produttivo di circa il 24,7 per cento. Ma l'ondata del cemento ha continuato a consumare il territorio sardo anche nel decennio successivo, deprimendo l'economia agropastorale esistente e arrivando ad aumentare la dipendenza alimentare della Sardegna nell'importazione di alimenti per circa l'80 per cento dall'esterno. Per cui un altro tema su cui noi dovremmo ragionare seriamente è quello della sovranità alimentare. Il Movimento dei pastori sardi nei giorni scorsi, con il blocco del Porto di Olbia e dei Tir che importavano alimenti e carni in Sardegna, grazie anche alla totale inesistenza dei controlli nei porti - altro problema critico - e anche a leggi volutamente ambigue, ha nuovamente messo in risalto questo fenomeno, anch'esso frutto della riduzione delle terre destinate a coltivazione e allevamento.

La Sardegna è un unicum grazie ai suoi ambienti costieri, marini, montani e interni, alle sue tradizioni e alla sua cultura, per cui non può essere trasformata in Disneyland e ancor meno in ristrette riserve indiane dove far vedere come era il nostro ambiente e come eravamo noi. Come scrive il Fatto Quotidiano del 12 luglio, "il nodo fondamentale è la mediazione fra la tutela delle risorse primarie del territorio e dell'ambiente e le esigenze socioeconomiche della comunità all'interno delle strategie di sviluppo territoriale e sostenibilità ambientale". Inutile dire che la nostra risposta non può che essere la "conservazione del bene" e non la distruzione per un momentaneo piatto di lenticchie.

Noi vogliamo continuare a coesistere con il nostro ambiente, oggi e in futuro. Non permetteremo che il nostro territorio diventi uno spezzatino in mano alla speculazione del primo che arriva dal mare e a quei sardi succubi al servizio di logiche monetarie e privatistiche; logiche da ricusare perché ci espropriano, ancora una volta, della cultura, delle tradizioni e dell'ambiente nel senso più ampio, riducendoci a una colonia delle multinazionali finanziarie e decretando irrimediabilmente la cancellazione della nostra identità. Noi siamo orgogliosi della nostra identità sarda e non vogliamo essere omologati a nessuno e tanto meno al peggio, ma questo è il rischio. Con il PPR, nel rispetto dell'articolo 9 della Costituzione italiana, degli obblighi imposti dalla Convenzione europea del paesaggio e della propria normativa, la Sardegna si è dotata di uno strumento di pianificazione paesaggistica fondato sulla tutela e la corretta fruizione del patrimonio ambientale, a partire da quello costiero, perfettamente in linea con le nazioni più avanzate del mondo. Il PPR prima di essere adottato, ribadisco, con tutti i suoi limiti, nel bene e nel male, dopo un lungo iter è stato sottoposto ad approfondimenti e osservazioni da parte di tutti i soggetti interessati, quindi dagli enti locali agli imprenditori, alle associazioni ambientaliste; operazioni sempre pubbliche e trasparenti, e anche questo dato è fortemente in contrapposizione con quello che avviene oggi.

Mi spiace notare che a tutt'oggi soltanto una minoranza di comuni ha adeguato i PUC al PPR, spesso per l'inesistenza dei primi, quindi per difetto da parte dei comuni, in altre situazioni per mancanza di coraggio da parte delle stesse amministrazioni comunali, altre volte per voluta dimenticanza o inadeguatezza nel reperire una norma di tutela regionale da parte della stessa macchina regionale burocratizzata e con i suoi tempi biblici.

Nel gioco dell'alternanza politica, dopo il Governo Soru, mi sarei aspettata che un Presidente, pur con posizioni politiche diversissime dalle mie, ma illuminato e lungimirante, ripartisse proprio dai punti ddeboli del PPR per perfezionarlo e aumentare la tutela del nostro bene ambiente a partire dall'ambito costiero, laddove gli appetiti si fanno sentire maggiormente; appetiti che hanno già compromesso con la cementificazione circa il 50 per cento delle nostre coste. Purtroppo per la Sardegna l'unica mira del presidente Cappellacci in questi tre anni di legislatura (per dirla tutta mira già preannunciata in campagna elettorale) è stata l'attacco alle linee guida del PPR e la loro totale distruzione, per far retrocedere il territorio sardo nella condizione di far west e di terra di conquista da parte dei più forti, ai danni della nostra economia e svendendo la nostra risorsa più ricca. Tutto questo scenario lo vediamo dagli anni '60 agli anni '70. Ma questa importante esperienza, che avrebbe dovuto collocare la Sardegna come leader di civiltà nel mondo, subisce gli attacchi di due piani casa e della legge sul golf, leggi volute dal Presidente e dalla sua altalenante maggioranza e, naturalmente, votate al fallimento. E infatti gli esiti li abbiamo visti.

Le limitazioni del PPR stranamente hanno preservato la Sardegna e l'edilizia sarda, nonostante la sua crisi ciclica, da una bolla immobiliare come quella che ha colpito dal 2008 l'economia edilizia della Spagna, che a causa della crisi mondiale e quindi della diminuzione dei flussi turistici nel proprio territorio ha visto fallire migliaia di imprese edili "cravattate" dagli interessi delle banche che si sono ritrovate un patrimonio immobiliare non sempre portato a termine, il tutto a discapito dell'ambiente di quel Paese condannato dai diktat dei banchieri, strumenti della speculazione finanziaria internazionale. Tutto ciò sta avvenendo anche in Italia.

La Sardegna nel luglio del 2012 ha visto, rispetto al precedente anno, una diminuzione dei flussi turistici di oltre il 27 per cento, che ha determinato un decremento economico ancora più importante se si pensa che già l'anno precedente il decremento superava di molto il 20 per cento delle presenze.

Al presidente Cappellacci avrei voluto dire che non è sufficiente mandare in lingua sarda dei messaggi al presidente Monti (cosa mai fatta con il presidente Berlusconi, nonostante le politiche italiane non siano cambiate) per poi, in nome di un presunto sviluppo della Sardegna, svenderci ai potentati di turno. Spero che il presidente Cappellacci - che stamattina è entrato in aula parlando al cellulare ed è andato via stando sempre al cellulare - non resti nella storia come il carnefice della nostra identità e il mediatore del saccheggio delle coste e della cementificazione della nostra agricoltura e della nostra pastorizia. In questa Assemblea, per dirla con le parole del professor Salzano, "siedono persone e Gruppi che non sono tutti devoti alle stesse divinità e agli stessi interessi dell'attuale Presidente della Regione. Si spera che essi comprendano quale sia la posta in gioco e si assumano la responsabilità che hanno nei confronti del mondo intero, poiché la bellezza della Sardegna non è patrimonio solo di quanti oggi vi abitano". E io aggiungo: ancor meno è patrimonio del presidente Cappellacci e di chi gli sta dietro. Noi ci opporremo allo scempio del paesaggio e alle vostre linee guida, e credo proprio che non saremo in pochi. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Lai, Salis, Uras e Zedda sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 37 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dessì - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Mariani - Milia - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Steri - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda.

Poiché il Consiglio non è in numero legale, la seduta è sospesa per trenta minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 18 e 15, viene ripresa alle ore 18 e 47.)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Capelli, Cappai, Dedoni, Dessì, Milia, Salis e Uras sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 37 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Capelli - Cappai - Cocco Daniele - Contu Felice - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Milia - Mula - Murgioni - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Matteo - Steri - Tocco - Uras - Zedda.

Poiché il Consiglio non è in numero legale la seduta è sospesa per trenta minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 18 e 49, viene ripresa alle ore 19 e 19.)

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Matteo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA MATTEO (U.D.C.-FLI). Signor Presidente, Assessori, colleghi, compresi ovviamente i colleghi assenti e smemorati che sono intervenuti prima di me e che poi, come al solito, hanno preferito trovare momenti di riflessione e di evasione all'esterno di quest'aula, vorrei ricordare a tutti che, a partire dagli anni '80 - giusto per ricostruire come si è arrivati alla tutela del paesaggio in Sardegna prima ancora che in altre parti d'Italia -, con la legge Galasso il problema della salvaguardia e della tutela del paesaggio in Sardegna, e quindi delle pianificazioni paesistiche che danno contenuto e sostanza ai vincoli diffusi, è andato a sovrapporsi, non sempre con successo, alle previsioni e aspirazioni urbanistiche del ventennio precedente che, soprattutto per le aree costiere, prevedevano un significativo sviluppo di insediamenti turistici e di seconde case. C'era poi il problema dell'espansione dei tradizionali centri abitati, dove l'avvio del benessere economico imponeva, con il risanamento delle vecchie costruzioni, un significativo e non sempre coerente incremento dell'edilizia residenziale.

E' noto a tutti, cari colleghi, soprattutto a quelli che siedono in questi banchi da ormai tanti anni, che la tutela del paesaggio costituisce obiettivo fondamentale del Ministero per i beni e le attività culturali, sancito poi solennemente dall'articolo 9 della Costituzione e specificatamente disciplinato, nella Parte terza, dal Codice Urbani del 2004. E già, il Codice Urbani, che prende il nome dal suo estensore, allora ministro di un Governo di centrodestra - e non di centrosinistra, caso strano - che per la prima volta in Italia si è posto il problema della tutela del paesaggio e dei beni paesaggistici. Questa disciplina è il punto di arrivo di un percorso iniziato nel '72 quando in sede di prima attuazione dell'ordinamento regionale si vollero delegare direttamente alle Regioni i poteri che allora spettavano al Ministero della pubblica istruzione in materia di tutela e di pianificazione paesistica. Era nata la cosiddetta urbanistica onnicomprensiva del dopoguerra e sembrava che i poteri locali non tollerassero sedi di confronto diverse dalla elaborazione dei piani urbanistici e rilascio delle licenze edilizie. In pochi anni furono evidenti i guasti che questa impostazione finiva per produrre sui paesaggi italiani e fu merito della Galasso e dei decreti attuativi, i cosiddetti Galassini, aver avviato una faticosa e tribolata inversione di tendenza.

Le successive vicende sono note a tutti, ma le vorrei ripercorrere insieme a voi: gli interventi sempre più stringenti della Corte costituzionale a tutela degli interessi nazionali alla conservazione dell'ambiente e dei beni culturali e ambientali, la Convenzione europea del paesaggio, le innumerevoli battaglie giudiziarie sugli annullamenti ministeriali delle autorizzazioni paesistiche e infine il Codice Urbani del 2004. Ed è proprio con il Codice Urbani del 2004 che si ha il salto di qualità: le Regioni e lo Stato devono collaborare, lavorare insieme per tutelare e valorizzare il paesaggio italiano; i vincoli paesistici devono indicare le concrete modalità d'uso dei beni vincolati e le pianificazioni regionali devono definire e introdurre nuovi vincoli.

In questo quadro diviene quindi prioritaria per il Ministero delle attività culturali l'attività di copianificazione resa obbligatoria, appunto, dal Codice Urbani, intendendo per essa l'attività congiunta degli uffici regionali e statali volta a condividere al livello istituzionale le scelte operate nel merito della tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico. A livello centrale il Ministero per i beni e le attività culturali sta appunto monitorando queste procedure.

E non bastano le richieste che ovviamente pervengono dal vostro segretario regionale, colleghi del Partito Democratico. E' di circa un'ora fa quella che invita il Ministro dei beni culturali, Ornaghi, a vigilare sul sacco che quest'Aula starebbe perpetrando nei confronti delle coste della Sardegna. Io inviterei l'ex consigliere regionale Lai, uno degli artefici del disastro della passata legislatura, ad annotare e magari anche a verificare alcuni di quegli interventi che ricordo vennero concessi nonostante l'entrata in vigore della legge salvacoste e poi dello stesso PPR e soprattutto le varie intese, che noi non dimentichiamo, e i vari metri cubi che attraverso di esse sono stati, con grande leggerezza in alcuni casi, rilasciati.

Io mi sento di dire questo: ritengo che non si stia perpetrando alcun sacco delle coste, ritengo che siamo arrivati in ritardo - caro Assessore, ovviamente lei non ha grosse responsabilità in questo - alla discussione di questo importante argomento, ben dopo tre anni a mezzo di legislatura. Questo era un argomento che avremmo dovuto mettere a punto e discutere forse nel primo anno di legislatura, ma io dico: meglio tardi che mai!

Ai colleghi dell'opposizione, quindi alla ex maggioranza , vorrei ricordare una data fatidica, quella del 25 novembre 2008, che vide il presidente Soru dimissionario soccombere proprio sulla materia urbanistica e del paesaggio, e in modo particolare sulla parte che riguardava le zone interne. Nei precedenti quattro anni, che non sono stati belli, soprattutto per l'urbanistica o per un certo tipo di urbanistica in Sardegna, gli enti locali con voi al governo - voglio ricordarlo - sono stati sottoposti ad attacchi continui fino ad arrivare a una sorta di commissariamento anche delle funzioni di programmazione e soprattutto di pianificazione urbanistica. Da questo è derivata la delegittimazione dei pubblici amministratori, quegli stessi pubblici amministratori che voi avete sentito in un'assemblea e audito in Commissione, molti dei quali mi risulta abbiano espresso pareri fortemente negativi sullo spirito vincolistico del PPR, e non sullo spirito originario di questo strumento, che personalmente tutti noi condividiamo. Ciò che non condividiamo è l'approccio che avete avuto con le norme e che il PPR sia stato imposto dall'alto, non dal basso, come invece questa Giunta ha fatto attraverso la concertazione, che invece è mancata nella passata legislatura.

Io sono convinto, Assessore, che rivedendo alcuni aspetti che riguardano in modo particolare il rapporto con gli enti locali, il rapporto con il cittadino, si possa fare un ottimo lavoro. Lo si intravede da queste linee programmatiche, lo si è percepito anche nei confronti - i pochi ai quali ho avuto modo di partecipare - con gli enti locali e con le diverse associazioni che lei ha avuto in giro per la Sardegna e che devo dire hanno dato dei grandi risultati, registrando una grande partecipazione che ha portato alla redazione di queste importanti linee che noi oggi stiamo discutendo.

Dicevo della politica populistica che il governatore Soru - mi spiace che non sia presente adesso - ha incarnato nei quattro anni della scorsa legislatura. Sono bastati questi dati per definire il vostro operato in materia urbanistica, e questo l'hanno affermato anche molti dei vostri amministratori; più che un operato di indirizzo è stato un operato populista, assai più che liberista, che ha accentuato la distanza tra le istituzioni e la società civile. Avete governato l'urbanistica, e non solo, facendo leva sulle paure e sui rischi e mai sulle opportunità e sulle sfide. Credo, Assessore, che questa, insieme alla revisione del PPR, sia la grande sfida che noi accettiamo e che vede me, il collega Artizzu e altri colleghi presentatori di alcune proposte di legge inerenti appunto all'urbanistica e al governo del territorio. Noi siamo pronti anche a questa sfida, siamo pronti a presentare subito, ovviamente compatibilmente con le priorità dell'Aula e delle Commissioni, prima di tutto della Commissione competente, la nuova legge urbanistica, con una certezza: noi non cadremo sull'urbanistica. Evidentemente all'interno della vostra ex maggioranza, attuale minoranza, le differenze o forse anche gli appetiti erano tanti e per questo siete caduti, siete andati a casa appunto cadendo sull'urbanistica.

Assessore, noi le chiediamo di andare avanti con spirito costruttivo e soprattutto tenendo in considerazione quel modello di sviluppo innovativo che viene annoverato nelle stesse linee guida, fondato su un patto tra comunità e ambiente che porti l'uomo a diventare protagonista dell'ambiente e non viceversa. Noi siamo contro le riserve indiane, ma siamo anche contro le speculazioni, quelle speculazioni che spesso hanno visto protagoniste amministrazioni di centrosinistra. Se consideriamo i comuni che insistono sulle nostre coste e andiamo a vedere la storia urbanistica di quei comuni spesso notiamo, e possiamo portare questi elementi anche all'attenzione dell'Aula, che al governo di quelle comunità ci sono state quasi sempre amministrazioni di centrosinistra, così come al governo della Regione è prevalsa per tanti anni in materia urbanistica una forte connotazione di centrosinistra - qualcuno mi guarda male, cito per tutti l'ex assessore dell'urbanistica Cogodi - o di sinistra centro, chiamatela come volete.

Assessore, le chiediamo di identificare le grandi varianti del paesaggio regionale, cioè quei luoghi che lei e voi stessi, colleghi del centrosinistra, definite dell'identità e della lunga durata naturale e storica, valori irrinunciabili e non negoziabili. Inoltre le chiediamo di creare le condizioni per risanare e ricostruire i luoghi delle grandi e piccole trasformazioni in atto e per recuperare il degrado urbanistico che è presente soprattutto nelle coste. Ed è nelle coste che noi dobbiamo avere il coraggio di intervenire, soprattutto nella fascia inviolabile, quella dei 300 metri dalla battigia, dove insistono ancora immobili datati anni '60 e '70, che risultano costruiti con materiali ormai obsoleti, con tecnologie superate. Dobbiamo quindi avere il coraggio e anche la forza per mettere a disposizione delle norme che ci consentano e consentano soprattutto ai proprietari di quegli immobili di intervenire e riqualificare senza ampliare. Senza ampliare! Questa è la sfida Assessore; questa è la sfida per rimettere in moto anche l'economia: non nuovi metri cubi, ma il recupero di ciò che esiste, di ciò che amministrazioni poco avvedute, negli anni '70 , '80, '90, sino al 2006 e ancora con il PPR in vigore, hanno continuato ad approvare e a incentivare, ex assessore Sanna, pur appartenendo a una ben nota parte politica.

Le chiediamo, assessore Rassu, di continuare con la costruzione di un percorso di condivisione con le comunità e gli enti locali che passi attraverso i laboratori locali per la gestione delle conferenze d'area e soprattutto le chiediamo la costruzione preliminare dei necessari scenari strategici, a partire dal riconoscimento dei valori condivisi dei caratteri strutturali del nostro paesaggio. Le chiediamo anche il governo soprattutto del territorio, e per governo del territorio intendo una legge urbanistica nuova, che superi le ormai obsolete norme che vigono in Sardegna, una legislazione vecchia, una legislazione che merita ovviamente di essere rivista, ma va rivista anche attraverso il confronto e la collaborazione delle forze dell'opposizione. Solo così potremo veramente dare una risposta a un'importante materia che negli anni è stata trascurata, che è stata cavallo di battaglia di tutte le maggioranze che si sono alternate al governo della Regione, ma che, come sappiamo, nella passata legislatura ha visto la fine anticipata, per la prima volta nella storia dell'autonomia, di una Giunta e di un'amministrazione regionale per via delle diatribe interne. Noi vogliamo evitare lo scontro, ma vorremmo anche evitare le sortite demagogiche di chi, com'è solito fare, lancia la pietra e poi nasconde la mano.

Non dimentichiamo che pochi comuni in Sardegna si sono adeguati allo strumento paesaggistico vigente, pochi comuni hanno avuto la possibilità di farlo per via della troppa burocrazia, di troppe leggi e leggine, di norme spesso illeggibili e del poco aiuto che c'è stato da parte dell'amministrazione regionale in passato. Noi confidiamo nella sua buona volontà, Assessore, confidiamo nella sua grande sensibilità ambientale e soprattutto confidiamo sull'esperienza di colleghi come Gian Valerio Sanna e tanti altri che hanno avuto la possibilità di governare la parte inerente all'urbanistica in Sardegna negli anni passati, affinché diano un contributo positivo e propositivo per far sì che la rivisitazione del PPR possa veramente portare i nostri concittadini a un approccio diverso con l'urbanistica, a una rivoluzione culturale nel concepire l'urbanistica, ma soprattutto porti le amministrazioni locali a riappropriarsi della materia del governo del territorio.

Credo che le premesse ci siano tutte. Se l'opposizione e la stessa maggioranza sapranno in questi giorni portare avanti, all'interno del dibattito che faremo, delle proposte serie, io sono convinto che l'Assessore, la Giunta, e lo stesso Presidente della Regione ne trarranno degli spunti molto importanti nell'interesse di tutta la Sardegna e non solo di pochi sardi. Grazie.

PRESIDENTE. I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina, alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 19 e 35.