Seduta n.97 del 04/02/2010 

XCVII Seduta

Giovedì 4 febbraio 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 01.

CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 26 gennaio 2010 (90), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Daniele Cocco, Domenico Gallus, Marco Meloni, Pier Luigi Caria, Onorio Petrini, Pietro Pittalis e Renato Soru hanno chiesto congedo per la seduta del 4 febbraio 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di disegno di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:

"Norme sulla partecipazione della Regione autonoma della Sardegna ai processi decisionali dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari". (106)

(Pervenuto il 4 febbraio 2010 e assegnato alla seconda Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

CAPPAI, Segretario:

"Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta, sul commissariamento dell'Autorità dell'ambito territoriale ottimale della Sardegna". (225)

"Interrogazione Planetta, con richiesta di risposta scritta, sull'informazione, la tempistica, i modi ed i costi di realizzazione, gli eventuali vantaggi e svantaggi, e la eventuale compatibilità del gasdotto Galsi con la salvaguardia del territorio e della popolazione della Sardegna". (226)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

CAPPAI, Segretario:

"Interpellanza Capelli - Milia - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Oppi - Steri sul contratto pubblico di fornitura per l'attivazione del timbro digitale in Sardegna". (68)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

CAPPAI, Segretario:

Mozione SORU - AGUS - BARRACCIU - BEN AMARA - COCCO Daniele Secondo - COCCO Pietro - ESPA - SANNA Gian Valerio - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU sulla impropria ed arbitraria affissione di una targa commemorativa nel palazzo del Consiglio regionale senza una legittima deliberazione del Consiglio regionale. (37)

PRESIDENTE. Colleghi, poiché il Presidente della Regione mi ha comunicato di non poter essere presente all'ora stabilita per l'inizio dei lavori, a causa di un ritardo dei mezzi di trasporto aereo, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 05, viene ripresa alle ore 17 e 31.)

Dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sulla grave crisi industriale

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.

L'ordine del giorno reca le dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento consiliare, in attuazione dell'ordine del giorno numero 19, Bruno e più, sullo stato dell'apparato produttivo industriale sardo e sul suo progressivo indebolimento.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, onorevoli colleghi, la nuova Giunta è arrivata al governo della Regione in un momento difficilissimo, come è a tutti voi noto. La Sardegna attraversava e continua ancora oggi ad attraversare una crisi senza precedenti, legata da un lato certamente a una congiuntura internazionale difficile e, dall'altro, agli effetti ancora più gravi che questa congiuntura ha sul nostro sistema produttivo a causa della mancata soluzione di molti nodi dello sviluppo; nodi che, negli ultimi anni, non hanno avuto risposte compiute.

Lo dico spesso, e voglio continuare a ripeterlo, queste risposte sono mancate nell'arco di un periodo che copre gli ultimi vent'anni, come minimo. Sono dati oggettivi che non possono essere dimenticati perché hanno rappresentato la situazione di partenza dell'azione di governo affidata a un nuovo quadro politico. I problemi che la Giunta si trova a fronteggiare sono, quindi, complessi e le stesse soluzioni stanno comportando uno sforzo di coerenza tra distinti, anche se collegati, ambiti operativi.

Il primo ambito è quello riguardante i necessari e urgenti interventi anticiclici; necessari per contrastare le emergenze economiche e sociali, in larga parte conseguenza delle scelte passate attribuibili a un modello di sviluppo ormai superato; quello dell'avvio di un processo articolato di riforme della stessa Regione, da quella della semplificazione amministrativa a quella delle competenze, dai piani organici per la famiglia, per l'istruzione e la formazione alla riforma della sanità, che dovrà trovare, onorevoli consiglieri, sintesi nella riscrittura dello Statuto di autonomia.

E ancora quello dell'immediata azione di un programma strutturale che assieme alle stesse riforme sia funzionale a un nuovo modello di sviluppo della Sardegna, fondato su basi differenti, ma attento a dover gestire una complessa e delicata fase di transizione dal vecchio al nuovo modello. C'è poco spazio per le sterili contrapposizioni. La Giunta regionale è quotidianamente impegnata a esercitare il livello del più ampio confronto costruttivo con il Governo nazionale e quello della concreta partecipazione attiva di tutti i territori e delle forze economiche e sociali alle scelte di sviluppo.

Non vi sono dubbi che gli aspetti più difficili, più evidenti della crisi sono quelli che stanno colpendo la nostra industria di base. Una crisi senza precedenti che sta mettendo veramente a rischio e a dura prova la sopravvivenza dell'intero comparto metallurgico del Sulcis Iglesiente e quello della chimica, che interessa i poli industriali di Porto Torres, di Ottana e di Macchiareddu.

Il Governo regionale e quello nazionale stanno mettendo in campo ogni possibile azione e un impegno straordinario per contrastare gli effetti di questa crisi, per salvaguardare le attività produttive e le migliaia di lavoratori che vi operano. Su queste importanti partite aperte abbiamo chiesto e ottenuto dal Governo nazionale un tavolo permanente di confronto; è stretta la collaborazione con il MISE e sui casi più delicati, come è avvenuto per l'Alcoa, vi è il diretto interessamento della Presidenza del Consiglio.

Alcoa. La recente vicenda dell'Alcoa rappresenta forse l'emblema dello sforzo straordinario e dell'impegno forte e congiunto che il Governo nazionale e quello regionale stanno profondendo per difendere posti di lavoro e scongiurare la chiusura di produzioni strategiche non solo per la Sardegna, ma per l'intero Paese. Proprio sulla vicenda Alcoa, forse per la prima volta, si assiste a una sostanziale unità di vedute, a un insieme di sforzi comuni, dai cittadini, alle parti datoriali e sindacali, alla politica senza distinzioni di schieramento; unità e riconoscimento di un operato dei livelli di governo che, certamente, hanno fatto e continuano a fare tutto il possibile per portare al tavolo della trattativa risultati concreti, risposte puntuali ed esaudenti alle richieste che la multinazionale dell'alluminio ha fatto per non interrompere la produzione.

Purtroppo non è bastato. Non sono bastate né le risposte tecnico-giuridiche, quelle che assicuravano e assicurano una tariffa del tutto concorrenziale rispetto a quella dei principali competitors, né gli impegni assunti personalmente dal Capo del Governo italiano che, dopo aver rivolto un invito scritto alla multinazionale dell'alluminio a non abbandonare l'Italia, ha ricevuto da Manuel Barroso le più ampie rassicurazioni per un esame prioritario in sede di Unione Europea del dossier italiano sul decreto legge in materia energetica.

Per Alcoa tutto questo non basta e prosegue questo insensato gioco al rialzo. Si chiedono garanzie ancora più puntuali e date più certe e ravvicinate rispetto alla data ultima del 22 marzo, indicata dal Governo come data definitiva per recepire le eventuali osservazioni della Commissione europea al provvedimento;provvedimento che - voglio chiarire anche questo aspetto - non è stato ancora notificato perché si parte dal presupposto, l'abbiamo letto nelle agenzie questa mattina, che non si tratta di un provvedimento che va contro le norme sulla concorrenza e quindi come tale non deve essere notificato, ma è già all'attenzione (ed è stato confermato anche poche ore fa, mi risulta, dallo stesso commissario Kroes) dell'Unione Europea per la verifica a un tavolo tecnico perché, come vuole il giusto, leale e corretto rapporto tra istituzioni, ci deve essere quell'ambito, quello spazio di collaborazione che consenta di esaminare insieme lo stato dell'arte e arrivare alle soluzioni più adatte e più idonee per ottenere il risultato.

Allora, dicevo, un gioco al rialzo dell'Alcoa che non è più accettabile e non è tollerabile. E' poco rispettoso della dignità dei lavoratori, è poco rispettoso dell'impegno degli interlocutori istituzionali. Dinanzi ai provvedimenti concreti del Governo, alla mobilitazione del popolo sardo, all'appello del Santo Padre, i vertici della multinazionale avrebbero dovuto dare segnali diversi di affidabilità, non chiederne agli altri di ulteriori.

Oltre queste riflessioni, consentitemi di fare una riflessione su quello che è successo nelle ultime ore, in particolare sulla lunga notte che abbiamo vissuto tutti quanti con un coinvolgimento emotivo e con una speranza nel cuore e nell'anima che, purtroppo, al momento si è rivelata vana. Io in quelle ore ero al tavolo del Governo, ma soprattutto ricordo e voglio ricordare le ore successive, quelle passate con i lavoratori, sotto una pioggia battente, sino alle prime luci dell'alba.

Vi assicuro che vedere la grande dignità di tante persone (mogli che avevano accompagnato i mariti, lavoratrici) stata una lezione, per me prima di tutto; una lezione che vi voglio trasferire, ma come elemento costruttivo e propositivo, fuori dalle affermazioni di maniera e anche stando attento a non cadere assolutamente nella frangia della demagogia. Credetemi, lo dico con assoluta sincerità: vi comunico un sentimento che ho provato.

Queste persone di grande dignità, che hanno certamente diritto al massimo rispetto e al massimo impegno, di fronte a quello che succedeva dicevano: "Presidente, noi non ci muoviamo, restiamo qui", e lo hanno fatto sino all'ultimo, senza creare alcun problema alle forze dell'ordine, che potranno confermarlo, semplicemente testimoniando un bisogno estremo di una risposta di vita relativa al lavoro.

Anche per questo motivo, per quanto l'impegno fosse già massimo, oggi io sono ancora più coinvolto, emotivamente coinvolto, e anche per questo motivo credo fosse importante che in rappresentanza di tutti i sardi, di tutti voi, io fossi presente al fianco di quei lavoratori a testimoniare questa vicinanza.

Confermo al Consiglio regionale che, come ampiamente documentato dai resoconti della stampa, la trattativa si è conclusa con un rinvio per le decisioni definitive a un prossimo incontro fissato per l'8 febbraio, anche per consentire una missione all'amministratore delegato della divisione di Alcoa Italia negli Stati Uniti. L'8 febbraio, in ogni caso, dovrà essere un momento conclusivo rispetto alla posizione di Alcoa che dovrà definitivamente sciogliere ogni riserva e decidere se intende abbandonare l'Italia o continuare la produzione. Appare evidente e scontato che non sarà tollerata alcuna azione unilaterale di Alcoa prima di quella data. La posizione del Governo nazionale e di quello regionale è molto netta e dura rispetto a ipotesi di questo tipo.

Se a fronte delle soluzioni adottate e degli impegni assunti e presi in sede europea la situazione non dovesse essere risolta e l'Alcoa, benché non abbia alcuna ragione per farlo, dovesse fermare gli impianti, adotteremo le misure più drastiche. Avvieremo le procedure per ogni opportuna verifica della situazione ambientale e sanitaria; saremo al fianco del Governo e al fianco delle organizzazioni sindacali dei lavoratori per mettere in campo tutte quelle iniziative che siano idonee a ottenere il risultato della salvezza dello stabilimento, e ciascuno si dovrà assumere le proprie responsabilità.

I rappresentanti sindacali, in particolare il rappresentante della CGIL hanno chiesto al Governo che si arrivasse sino alla requisizione degli impianti. Se la strada dovesse essere questa, cioè quella dura, quella di costituire in mora la multinazionale per l'escussione della garanzia, di avviare tutte le azioni legali che possono essere propedeutiche in caso di mancato adempimento anche a un sequestro degli impianti, noi saremo certamente a fianco del Governo in questa azione.

Se il caso Alcoa è l'emblema dell'impegno sistematico e dello sforzo straordinario che le massime istituzioni stanno compiendo, non va dimenticato che questo stesso impegno sta interessando non solo l'Alcoa, ma tutto il settore metallurgico del Sulcis-Iglesiente e quello della chimica che interessa i siti industriali di Porto Torres, di Ottana e di Assemini.

Abbiamo molte altre vertenze in corso, sono più di trenta, ma voglio citare solo quelle, come dire, che hanno avuto anche maggiore risalto sulla stampa e che per le dimensioni, soprattutto per i rilievi occupazionali che comportano, sono quelle più gravi.

Partiamo dall'Eurallumina, impianto con sede in Portoscuso, l'unica impresa in Italia di trasformazione della bauxite in allumina. La società, come è noto, nel corso dei primi mesi del 2009, avendo subito gli effetti negativi della crisi economica, imputabile in particolare al crollo della richiesta di alluminio primario e delle quotazioni di metallo, ha deciso la sospensione della produzione. In data 27 aprile dello scorso anno è stata concessa, per crisi, a 350 dipendenti la cassa integrazione guadagni straordinaria con scadenza il 27 aprile 2010.

Qualche segnale positivo della ripresa del mercato, confermato dagli stessi azionisti della Rusal, fa ben sperare per una ripresa dell'attività produttiva, anche se al momento ancora si parla di un'ipotesi di rinnovo della cassa integrazione per un altro periodo.

Nel corso di un recente incontro a Palazzo Chigi è stato fatto il punto sul protocollo d'intesa siglato il 27 marzo. Il Governo nazionale e quello regionale sono impegnati a trovare le più adeguate soluzioni per assicurare la ripresa produttiva, con particolare riferimento alla riduzione dei costi energetici e alla individuazione di un nuovo sito di stoccaggio dei fanghi rossi, che è la vera criticità di quell'impianto. Come soluzione strutturale per l'abbattimento dei costi energetici sono in corso approfondimenti riguardanti la proposta della società di realizzare un impianto di cogenerazione per la produzione di vapore di energia elettrica che sarebbe alimentato a metano, a completamento degli interventi di realizzazione del metanodotto del Galsi. Nel breve periodo la stessa Eurallumina potrebbe beneficiare dei livelli tariffari introdotti dal recente provvedimento legislativo varato dal Governo.

Più problematica, come dicevo, la situazione riguardante l'individuazione di un nuovo sito di stoccaggio dei residui di lavorazione. Allo stato attuale l'ipotesi più plausibile e oggetto di approfondimento è quella che prevede un'espansione dell'attuale bacino verso il mare con un marginamento e ampliamento della linea costiera mediante utilizzo di sabbie da scavo portuale e strutture di tenuta.

Ancora la Portovesme Srl, che in termini di occupazione assume dimensioni ancora più grandi di quelle che ho appena citato, localizzata sempre a Portoscuso per la produzione, come sapete, di zinco e piombo. Il rilancio delle attività, anche in questo caso, passa per una riduzione degli elevati costi energetici. Nel mese di novembre del 2009 è stato siglato un verbale d'intesa per la realizzazione di un progetto di parco eolico di 28-30 pale all'interno del Consorzio industriale di Portoscuso. Pochi giorni fa si è tenuta la Conferenza di servizi che ha valutato in termini finali la proposta. Sono emerse alcune criticità che però, mi hanno comunicato ieri, sono sostanzialmente in via di risoluzione e quindi da quel punto di vista siamo ottimisti e fiduciosi.

I poli chimici. Nel mese di luglio del 2009 con il ministro Scajola è stata firmata una fondamentale intesa per le sorti della chimica in Sardegna. Un'intesa che ha evitato la fermata dell'impianto principale del sito industriale di Porto Torres, quello del cracking, da cui dipendono le sorti della gran parte degli impianti chimici regionali ad esso collegati. Nel contempo sono state poste le condizioni operative per salvare prima di tutto la filiera del cloro e dei cloro derivati, gli impianti di Porto Torres e di Assemini, evitare quindi il fallimento della Vinyls Italia con la nomina di tre commissari e, infine, evitare la chiusura dello stabilimento della Equipolymers di Ottana.

Con riferimento al sito di Porto Torres va in particolare sottolineato che, a seguito dell'intesa di luglio, nel mese di ottobre è stato siglato un accordo tra il gruppo Eni e le partecipate Polimeri Europa e Syndial e le organizzazioni sindacali di categoria sulle prospettive industriali del sito. L'accordo, oltre che confermare la prosecuzione dell'attività dell'impianto di cracking, che verrà condotta secondo un assetto funzionale alle esigenze degli impianti petrolchimici della Sardegna, prevede il mantenimento degli attuali livelli produttivi della gomma, degli aromatici e del polietilene, il mantenimento degli organici degli impianti di cumene e fenolo che, per una fase transitoria, esattamente sino a giugno del 2010, verranno mantenuti in stato di conservazione attiva in attesa della ripresa di mercato. E ancora si prevedono importanti investimenti per circa 100 milioni di euro per il sito petrolchimico e 150 milioni di euro per la realizzazione di un centro logistico per prodotti petroliferi.

Verranno inoltre avviati programmi di bonifica per un impegno economico previsto di circa 530 milioni di euro. E, con riferimento alle bonifiche, vi anticipo che è mia intenzione chiedere al Governo che il Presidente della Regione sia nominato commissario per le bonifiche al fine di poter procedere verso quella direzione nei tempi più rapidi possibili e col maggiore governo possibile delle criticità.

Vinyls Italia, localizzazione a Porto Torres, produzione di VCM e PVC. Sono in corso di avanzata definizione, come leggete sulla stampa, trattative per la vendita alla compagnia petrolifera del Quatar, la Ramco, dell'intera filiera del cloro e dei cloro derivati. Non solo gli asset produttivi della Vinyls di Porto Torres ma anche gli impianti ancora di proprietà Eni di Assemini. La trattativa procede. Sull'affidabilità della Ramco il MISE ha ottenuto pareri positivi da più parti e l'ENI si è mostrata disponibile e favorevole a consentire l'acquisizione dell'intera filiera del cloro da parte di tale multinazionale. Giudizio quindi certamente positivo e ottimista per una favorevole conclusione della trattativa, per l'immediato rilancio del settore che potrà anche esso beneficiare delle nuove misure di abbattimento dei costi energetici.

Equipolymers, localizzazione Ottana, produzione di PET. Anche in questo caso è in fase di avanzata definizione una trattativa per la cessione degli impianti dell'Equipolymers al gruppo tailandese Indorama, fra i principali operatori mondiali nella produzione e commercializzazione del PET. I principali impegni assunti e gli ostacoli da superare sono principalmente tre, anzi quattro. Prima di tutto le migliori condizioni di approvvigionamento della principale materia prima, il paraxilene prodotto in Sardegna da Polimeri Europa, l'abbattimento dei costi energetici con l'autorizzazione alla realizzazione di una centrale di cogenerazione a metano da 400 megawatt e di una centrale di produzione solare termodinamica, gli interventi del governo regionale e quello nazionale presso Trenitalia per il ripristino entro il primo semestre del 2010 della linea Civitavecchia-Golfo Aranci e, infine, la riduzione dei costi delle utilities dei servizi dell'area industriale gestita dal Consorzio ASI.

Sono in corso in questi giorni gli incontri ai tavoli tecnici finalizzati proprio alla soluzione di questi problemi e, anche rispetto a questa procedura, mi sento di poter dire che siamo ottimisti poiché è in fase avanzata l'individuazione delle soluzioni.

Ma la crisi non è solo quella dei comparti del metallurgico e della chimica di base, purtroppo investe anche altri importanti comparti della nostra economia ed altre importanti imprese: la Legler, la Queen, la Otefal, la Rockwool, la Keller, l'ex zuccherificio di Villasor, la Cardnet, solo per citare alcune, forse le più note. Sono oltre 30 le vertenze in corso per superare la crisi e scongiurare la chiusura degli impianti. Per poter affrontare al meglio questa difficile situazione, come previsto dalla prima finanziaria del 2009, abbiamo istituito e dato immediata operatività a un Comitato interassessoriale coordinato dalla Presidenza che ha il compito di gestire queste situazioni di crisi.

Grazie a questa attività stiamo affrontando in modo sistematico l'emergenza dei nostri poli industriali...

PRESIDENTE. E' scaduto il tempo, Presidente.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Se l'Aula mi consente di proseguire...

PRESIDENTE. Prego, Presidente, l'Aula è d'accordo.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Ringrazio il Presidente e gli onorevoli colleghi. Sono state accelerate, ancora, le forme di tutela dei lavoratori riguardanti tutte le procedure per l'attivazione degli ammortizzatori sociali, ordinari e in deroga, e ancora si susseguono gli incontri per scongiurare la fermata di importanti impianti produttivi e per la individuazione delle possibili soluzioni. Sono state inoltre avviate le iniziative per realizzare gli interventi a sostegno delle aree di crisi varate dalla finanziaria del 2009, con una prima applicazione per i siti di Tossilo, Portovesme, La Maddalena e Porto Torres, e una disponibilità di 10 milioni di euro all'anno dal 2009 al 2012.

E' in corso quindi una delicata fase di gestione della crisi industriale. Sono state già date importanti risposte e altre sono in corso di definizione, anche grazie alla proficua collaborazione con il Governo nazionale. Ma bisogna prendere atto che troppo spesso si lavora per arginare situazioni di crisi dell'industria di base frutto di un modello ormai superato. Per questo motivo le urgenze imposte dalla crisi non ci hanno impedito di porre le basi per la costruzione di nuovi scenari che devono consentirci di guardare con nuove prospettive e opportunità allo sviluppo di quest'isola.

E' certamente vero che dobbiamo tutti insieme continuare a batterci con determinazione per trovare soluzioni alla crisi che sta colpendo in modo così duro la nostra industria di base; ma credo non vi possano essere dubbi sul fatto che non possiamo più fondare il nostro sviluppo, il nostro modello di sviluppo su questo tipo di impostazione. Le dinamiche competitive internazionali dell'economia stanno, progressivamente e inesorabilmente, portando quelle produzioni a concentrarsi in altri Paesi ricchi di materie prime, di disponibilità energetiche, di mano d'opera e forza lavoro a costo molto basso. Condizioni rispetto alle quali, in prospettiva, forse non abbiamo concreta possibilità di avere un vantaggio competitivo.

Allora abbiamo la responsabilità di guardare oltre, di incominciare a lavorare sin da oggi per quella che sarà la Sardegna del futuro gestendo una difficile fase di transizione che, però, ci dovrà portare a dare attuazione a una nuova strategia di sviluppo. E' proprio quello che con la nostra azione di governo stiamo facendo e che nei prossimi mesi intendiamo fare con sempre maggiore impegno e coerenza di obiettivi e azioni concrete.

Il ruolo centrale della persona, dell'impresa, dei territori, dello sviluppo locale, rappresentano, come sapete, il nostro principale approccio di discontinuità rispetto al passato. La Sardegna deve progressivamente cambiare pagina rispetto al passato, ma lo deve fare in modo non traumatico. Serve l'impegno di tutti per gestire una indispensabile fase di transizione e porre le basi per l'affermazione di un nuovo modello. I nuovi indirizzi strategici hanno già trovato una prima formulazione nel Programma regionale di sviluppo, ma è indispensabile andare oltre il riferimento temporale della legislatura (quello a cinque anni del PRS) rendendo funzionali questi obiettivi di legislatura a quelli di un piano strategico di portata almeno decennale.

Questo nuovo approccio ha portato alla costituzione, nello scorso mese di settembre del 2009, del Comitato Governo-Regione istituito con D.P.C.M. nel mese di luglio dello scorso anno. Un Comitato Governo-Regione quale sede di confronto permanente per il coordinamento delle iniziative di sviluppo della Sardegna, con l'obiettivo di ricondurre a una visione strategica di insieme le complesse problematiche che interessano i principali nodi dello sviluppo della Sardegna entro una prospettiva pluriennale di medio termine.

Nei confronti del Governo nazionale abbiamo già portato alcune priorità di fondo, e ve le voglio indicare seppure velocemente. Sono attività che servono per orientare le azioni del Comitato e sono priorità coerenti e funzionali con gli obiettivi della legge delega in materia di federalismo fiscale che potranno trovare concreta attuazione con i decreti legislativi in corso di definizione. Prima di tutto la perequazione infrastrutturale, legata alla specificità insulare della Sardegna, con l'obiettivo della definizione dei parametri oggettivi relativi alla misurazione del divario infrastrutturale che nasce proprio dalla condizione di insularità, e tutto questo al fine di assicurare una effettiva continuità territoriale.

Ancora, la individuazione degli interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, a rimuovere squilibri economici e sociali e a favorire l'esercizio dei diritti della persona. Il tema della fiscalità di sviluppo che ci interessa in modo particolare e che riguarda la creazione di nuove attività di impresa. E ancora, ultimo ma non meno importante, la chiusura della partita ancora aperta relativa alle nuove entrate e alla collegata questione del Patto di stabilità. Sono questioni di fondo che hanno una diretta rilevanza sulle nuove scelte di politica economica e sociale che la Giunta sta portando avanti.

Usciti dalla crisi ci attendiamo una forte espansione del mercato mondiale nel medio periodo, grande è la parte di essa che si esprimerà con una domanda di qualità elevata, con disponibilità a pagare prezzi elevati. Esistono quindi notevoli opportunità per chi saprà esprimere prodotti e servizi di grande qualità, che incorporano alta tecnologia, ottimo design, e con caratteristiche di originalità legate alle nostre radici, alle nostre origini culturali, storiche, artistiche, ambientali e alle tradizioni che fanno la storia di un popolo.

Bisogna ancora gestire la transizione, non breve, che ci separa da questa nuova realtà di un mercato mondiale molto più ampio, con modelli di consumo qualitativamente più elevati per la partecipazione dei paesi emergenti che, già da oggi, manifestano elevatissimi tassi di crescita. La fase di transizione è difficile ed è esattamente quella che stiamo attraversando, ma nel frattempo con ottimismo e decisione abbiamo avviato un percorso preciso per cogliere le opportunità che questi nuovi scenari dell'economia globale potranno dare appena ci sarà la ripresa.

Governo nazionale e regionale concordano sull'esigenza fondamentale di far convergere il reciproco impegno e le conseguenti politiche di intervento in modo coordinato e coerente, entro un nuovo modello di sviluppo finalizzato a colmare ritardi essenzialmente materiali e infrastrutturali, immateriali e materiali, e consentire alla Sardegna di partecipare a questa competizione su scala globale.

Vi sono alcune indispensabili precondizioni per affermare questo nuovo modello, e sono quelle precondizioni alle quali stiamo lavorando a quel tavolo; ve ne voglio citare alcune, le più importanti. Il completamento delle infrastrutture materiali dell'isola, riguardante in particolare i sistemi della mobilità interna e quella dei collegamenti da e per la Sardegna, entro una nuova prospettiva di effettiva continuità territoriale; il potenziamento delle infrastrutture telematiche, rispetto alle quali la Sardegna, per le azioni intraprese e per una serie di importanti iniziative in corso, presenta già un quadro di grandi potenzialità da valorizzare; ancora, l'avvio di un processo di progressiva trasformazione del territorio, anche grazie alle ricadute dell'attività di ricerca e di innovazione tecnologica in un territorio intelligente, progettato con l'obiettivo di aumentare l'efficienza energetica diminuendo l'impatto ambientale con sistemi sempre più evoluti di conservazione e valorizzazione sostenibile, anche a fini turistici, e per cogliere appieno le opportunità della cosiddetta green economy.

Su questi aspetti, il reciproco impegno Governo-Regione si è già tradotto in fatti concreti che riguardano l'intesa quadro generale sulle nuove opere strategiche regionali in materia di viabilità, portualità, schemi idrici e sistemi metropolitani, già sottoscritta nello scorso mese di ottobre, e che ha costituito il primo tassello per ottenere poi il risultato finale sulla Sassari-Olbia. Un importante accordo quadro per la Sardegna digitale, in materia di estensione e potenziamento della rete telematica, scuola digitale, e-government, che sarà sottoscritto nei prossimi giorni. Ancora, la riscrittura del piano energetico ambientale, e la definizione delle nuove linee guida per lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile.

Queste essenziali precondizioni diventano parti integranti e sostanziali di un nuovo modello di sviluppo, in quanto rappresentano riferimento indispensabile per consentire una progressiva trasformazione del nostro sistema produttivo - e mi avvio alla conclusione, gentili colleghi - una trasformazione del sistema produttivo che sia imperniata sul consolidamento e il rilancio dei comparti manifatturieri leggeri che, storicamente, già rappresentano i nostri punti di forza per la presenza diffusa di un tessuto di piccole e medie imprese; imprese che vanno aiutate a superare gli effetti negativi della crisi, in modo tale da poterci far trovare pronti appena ci saranno i primi segnali della ripresa.

Questi comparti sono in particolare quelli del marmo e del granito, quello sughericolo, quello agroalimentare, quello della nautica; comparti sui quali dobbiamo concentrare i nostri sforzi per sollevare il livello della qualità della produzione, favorire l'internazionalizzazione delle nostre imprese, e la loro competitività nel mercato globale.

Ancora, sull'attrazione e ampia diffusione di nuove attività manifatturiere leggere, a basso o nullo impatto ambientale, e servizi del terziario avanzato ad alto valore aggiunto, con particolare riferimento a quelli che oggi possono essere definiti gli ambiti più promettenti per la nostra Isola, grazie anche agli investimenti che sono stati effettuati in ricerca e alle eccellenze che sono presenti sul nostro territorio. Penso al settore dell'ICT e delle tecnologie della rete, al settore della biomedicina e delle tecnologie della salute, alla filiera energetica, le energie rinnovabili e l'economia verde.

Il potenziamento delle infrastrutture telematiche e dei connessi servizi di ICT, la biomedicina, le tecnologie della salute e le nuove opportunità delle energie rinnovabili e della green economy possono essere davvero la chiave di volta per l'affermazione di nuovo modello, diffuso territorialmente in modo equilibrato e integrato, capace di creare ricchezza endogena e nuova occupazione per la nostra forza lavoro.

E' un nuovo modello che ha una forza sostanziale di base rispetto all'attuale modello e allo spettacolo al quale stiamo assistendo. Un modello che sia basato su un concetto di fattori della produzione non de-localizzabili, quali sono certamente l'ambiente, le caratteristiche proprie della nostra Isola. Queste nuove linee di visione strategica assegnano un ruolo centrale agli investimenti in capitale umano, cioè nella creatività, nella conoscenza e nella formazione dell'uomo, affinché sia possibile quel salto di qualità che tutti auspichiamo. Nessun nuovo modello di sviluppo sarà attuabile se prima non riusciremo a costruire un nuovo ruolo della scuola e della formazione ai più alti livelli, dell'università che riveste natura strategica. Abbiamo bisogno di un diverso rapporto tra università, centri di ricerca pubblici e privati, imprese, per trasformare le scoperte scientifiche nei vari campi in risultati per il mercato e lo sviluppo.

Dobbiamo sentirci tutti coinvolti nelle nuove sfide che ci impone la competizione internazionale fra i territori; proprio in questo momento delicato della nostra economia, come abbiamo sottolineato nella recente Conferenza regionale sul credito, serve uno sforzo straordinario che deve coinvolgere anche il sistema del credito regionale. Con la finanziaria del 2010 la politica, con il più ampio concorso delle forze economiche e sociali, questo sforzo straordinario lo ha fatto, e lo ha fatto destinando ingenti risorse del bilancio regionale per favorire l'accesso al credito dell'impresa, e per l'abbattimento del carico fiscale a favore delle piccole e medie imprese con l'introduzione del credito d'imposta, funzionale nel breve termine a mantenere e salvaguardare i livelli occupativi, ma nel medio termine a incrementare nuova occupazione rispetto alla crescita di nuovi impianti produttivi.

Per favorire l'accesso al credito abbiamo previsto la creazione presso la SFIRS di un fondo di garanzia, pari a 234 milioni di euro, a valere sulla programmazione comunitaria 2007-2013; è un importo che, neanche in sommatoria complessiva, le risorse che sono state destinate da tutte le altre Regioni d'Italia riescono a raggiungere. Abbiamo mantenuto e incrementato i contributi a favore dei Consorzi fidi, operanti nei vari settori, con effetti moltiplicativi, che consentiranno di sostenere piani di sviluppo delle imprese, relativi a investimenti, ristrutturazione del debito, circolante, accesso ai mercati, per oltre 500 milioni di euro, grazie all'effetto leva, nel corso della sola annualità 2010. Abbiamo anche attivato una dotazione di 42 milioni di euro per un fondo di garanzia per il microcredito, a favore di quei soggetti che anche per piccoli finanziamenti hanno difficoltà a prestare adeguate garanzie per il ricorso al prestito bancario.

Dalla crisi si può uscire, ma serve l'impegno di tutti, serve l'unità e la coesione del Popolo sardo, serve soprattutto una classe dirigente lungimirante, capace di esprimere una politica costruttiva e dialogante sui grandi temi dello sviluppo e delle riforme. Credo sia chiaro a tutti, in questo momento la Sardegna non ha bisogno di polemiche, di atteggiamenti negativi, ma ha la necessità di una classe politica matura, coesa e lungimirante, e soprattutto sempre al servizio del popolo sardo.

Non la ricerca di contrapposizioni quindi, ma uno stimolo reciproco per lavorare uniti per un progetto ambizioso, che dovrà essere alimentato dall'impegno costante, dalla voglia di partecipare e collaborare, da unità d'intenti nell'interesse dei sardi e della nostra Isola. È solo entro questa cornice di riferimento che possiamo adoperarci per quello sforzo straordinario che serve oggi alla Sardegna, che a gran voce viene richiamato anche dai vertici sindacali regionali, e che domani con la grande mobilitazione popolare sarà ulteriormente affermato con quella che, mi auguro con tutto il cuore, sia e sarà l'unica voce della Sardegna.

Dobbiamo avere la capacità di affrontare con lungimiranza le complesse dinamiche che la società di oggi impone, accompagnando in modo non conflittuale i processi di sviluppo. E' su questa capacità di coesione che si dovrà misurare quell'indispensabile dimensione sociale della competitività, che ha importanza uguale, se non superiore, a quella economica. La competitività sociale è in sostanza un "idem sentire", è una vera e propria cultura che si basa sulla fiducia reciproca, nonché sulla volontà e la capacità di riconoscere, esprimere e strutturare in modo articolato interessi individuali e collettivi.

Sono certo che vi sia fra tutti noi, fra tutti i sardi, questa comune volontà di migliorare e di trovare le opportune soluzioni. Abbiamo i mezzi, le intelligenze e le capacità per poterlo fare, e sono certo che i nostri sforzi saranno premiati e i risultati arriveranno.

PRESIDENTE. E' aperta la discussione. Il primo iscritto a parlare è il consigliere Sabatini. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Presidente Cappellacci, solitamente è buona regola in politica non svelare mai le proprie mosse; io, invece,. sperando di non urtare la sensibilità di qualche mio collega di partito, gliene svelerò alcune. E' in corso una discussione all'interno del centrosinistra che tende sostanzialmente a rispondere a questa domanda: qual è il tipo di opposizione che dobbiamo adottare? E' forse, mi domando, quella che adottava spesso la sua parte politica nella scorsa legislatura, quando si usavano toni durissimi su tutto, spesso anche sul nulla, si ricordava continuamente l'assenza del Presidente della Regione in quest'Aula, non si dava atto mai di nessun risultato, raramente l'opposizione di allora si apriva ad un confronto vero sulle cose, sul merito delle cose? Opposizione dura, durissima, strumentale e spesso fine a se stessa.

Mi chiedo: è stato quello il motivo della vostra vittoria elettorale? E se noi adottassimo oggi quel modo di fare opposizione ci assicureremmo la vittoria alle prossime elezioni regionali? Io credo di no, e credo che se anche fosse vero non potrebbe essere il motivo del nostro agire politico.

Io credo molto nel senso della responsabilità a cui lei si richiamava poc'anzi nel suo intervento. Responsabilità che spetta a ciascuno di noi, ai nostri rispettivi partiti, alla maggioranza come all'opposizione. Lo so, responsabilità è una parola abusata e spesso persino fraintesa, ma continuo a credere che sia l'atteggiamento più giusto, e in modo particolare in un momento come questo.

Ma è proprio in nome di questa responsabilità che non posso, Presidente, tacerle alcune sue gravi inadempienze; inadempienze sue, della sua Giunta, della sua maggioranza, del suo Governo amico, suo amico ma non dei sardi, e lei di questo dovrebbe cominciare a rendersene conto. Non glielo dico solo io, non glielo dice solo l'opposizione, glielo dicono anche suoi autorevoli colleghi di partito.

Ma andrei per gradi. In questi primi mesi del suo Governo, questo Consiglio ha approvato diversi ordini del giorno, ne ho richiesto una stampa stamattina. Sono ordini del giorno che riguardano il patto di stabilità, il lavoro, la crisi occupazionale e industriale, la crisi economica, la pubblica istruzione, le scorie nucleari, le infrastrutture, e altri. Tutti questi ordini del giorno richiamano a una coesione fra le forze politiche, a una condivisione con le forze sociali, le forze datoriali perché insieme si possa verificare quali sono le azioni da mettere in campo. Tutti questi ordini del giorno sono stati il frutto di un'ampia condivisione e molti sono stati approvati all'unanimità in quest'Aula.

Abbiamo evitato, come opposizione, in sede di manovra finanziaria di ostacolare la rapida approvazione della legge finanziaria e della legge di bilancio. Abbiamo consentito lo svolgimento dei lavori in Commissione dove spesso, spessissimo, mancava il numero legale che noi alla fine garantivamo; unitamente a tutto ciò, in coerenza con gli ordini del giorno approvati, abbiamo chiesto a lei, alla sua Giunta, alla sua maggioranza, ripetutamente, di aprire una vertenza Sardegna con lo Stato, una vertenza forte con lo Stato, coinvolgendo l'intero Consiglio, i partiti politici, le forze sociali, le associazioni di categoria. L'abbiamo chiesto più volte!

Certo, la vertenza con lo Stato non si apre e non si fa dicendo, come lei ha detto, che lo sciopero generale di domani può essere un'opportunità per i sardi. Il rischio è che succeda proprio il contrario, cioè che quella manifestazione si trasformi in una ennesima beffa per i sardi, per tanta gente che sfilerà qui a Cagliari domani e che dovrà prendere atto, ancora una volta, della incapacità del Governo regionale di porsi con autorevolezza, determinazione, e anche con tutta la durezza necessaria, nei confronti di un Governo nazionale che in questi mesi ha pugnalato ripetutamente la nostra terra.

Presidente, lo capiamo tutti, viviamo un momento difficile; questa è una crisi difficile, grave, gravissima, ed è per questo che faccio un richiamo al suo, al nostro, senso di responsabilità. Ma il problema è che dentro questa crisi, che colpisce l'intero Paese, la nostra Regione è quella che sta patendo di più; siamo oramai sulla cronaca nazionale quotidianamente, e nonostante ciò questo Governo amico continua a trascurarci e a calpestarci. Mentre succede tutto questo vediamo in questo Consiglio una maggioranza impegnata più a difendere le posizioni di potere che a interessarsi ai problemi reali dei cittadini.

Chi può negare che i cosiddetti dissidenti del P.d.L. contestino a lei, Presidente della Giunta, e a lei, Presidente del Consiglio, una maniera non troppo democratica di gestire il potere? O forse non è vero che le varie Assemblee territoriali, organizzate da parte della sua maggioranza, tendono a mettere in luce una scarsa propensione a distribuire le risorse nei vari territori della nostra Isola? Mentre perdiamo tutte le più importanti vertenze con lo Stato, quelle che segneranno il futuro della Sardegna, quelle sulla chimica, sull'industria, sulla scuola, sui fondi FAS, sui trasporti e sulle infrastrutture, mentre il tema del federalismo fiscale ci sta passando sulla testa senza che questo Consiglio se ne accorga, questa maggioranza che cosa fa? Si occupa di altro, si occupa di spartizione del potere. Persino quelle poche leggi che abbiamo approvato lo dimostrano, il Piano casa (lo spettacolo l'abbiamo visto tutti), quella pseudo riforma sanitaria, persino la legge sugli oratori è stata una risposta di questo genere.

Abbiamo perso le vertenze importanti e sono state disattese tutte quelle promesse populiste fatte dal Capo del Governo alla nostra Sardegna. Non voglio entrare nel merito, noi dell'opposizione lo abbiamo denunciato ripetutamente, ne abbiamo parlato diffusamente, ma la situazione è preoccupante. Ad esempio, dopo tutti i proclami sui fondi FAS siamo ridotti ad avere una minima parte, neanche tutto, dello stanziamento per la Sassari-Olbia: 172 milioni.

Ma lei, Presidente, dice: "L'importante è partire", una frase che ho già sentito in Ogliastra. Frequentavo le superiori e fu organizzata una assemblea dal mio Preside sul tema "nuova viabilità"; un politico di allora, ricordo, ci disse riguardo alla nuova strada statale 125 che l'importante era partire. Sono passati trent'anni e la nuova 125 la attendiamo ancora.

Presidente, lei oggi ha riferito delle vicende riguardanti le ultime crisi industriali, domani le chiederemo di riferire su altre crisi, e magari su altri temi, su altri problemi. La Sardegna è in un momento di estrema difficoltà e a soffrirne maggiormente sono le fasce più deboli della popolazione, sono le piccole e medie imprese, quelle sarde. Che cosa intende fare? Vuole continuare su questa strada, con questo ritmo, vuole continuare di questo passo, raccogliendo questi risultati? O non crede che si dovrebbe fare qualcosa di diverso, non crede sia necessario avere più coraggio, aprendo un confronto di altra natura con lo Stato?

Presidente, noi non abbiamo visto questi risultati straordinari che lei ci ha raccontato e che sarebbero avvenuti in questi dieci mesi del suo governo. La Sardegna affonda. Se non ci si pone rimedio i prossimi anni saranno terribili, sua è e sarà la responsabilità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, mi rendo perfettamente conto che in momenti di difficoltà, di crisi, lei, Presidente, richiami l'unità di quest'Aula e un sostegno forte, anche, alle emergenze come quella di Alcoa; una emergenza che colpisce una provincia, colpisce la nostra regione (lei ha ricordato le famiglie, i lavoratori, i problemi dell'indotto),già colpita pesantemente dalla crisi, in maniera così drammatica.

Quindi, io non posso che confermarle che in questi momenti di emergenza il nostro compito non è quello di indebolire lei nel suo ruolo, ma certamente è anche quello di muovere delle critiche che vogliono essere costruttive, vogliono essere utili per scuotere lei, per scuotere la sua maggioranza affinchè abbiate la capacità di dare risposte non soltanto all'emergenza ma complessivamente al sistema.

Io sono rimasto sorpreso dal suo intervento; Presidente, lei oggi ha parlato pochissimo di Alcoa, ha parlato per almeno il 90-95 per cento del tempo a sua disposizione di altro; deduco che sia perché forse non ha notizie nuove da darci, probabilmente le difficoltà sono veramente tante, la trattativa è ancora delicata e ci sono anche ragioni di riservatezza che non le consentono di dire molto di più. Questo non può non preoccuparci; noi auspicavamo che lei ci dettagliasse e spiegasse la posizione del Governo, e ci spiegasse anche quali possono essere i nodi e le difficoltà che oggi vengono frapposti dall'azienda multinazionale alla ricerca di una soluzione positiva per dare prosecuzione all'attività produttiva e uscire da una situazione di crisi, Presidente, che non nasce oggi, non nasce in queste settimane ma ha origini lontane, certamente ha origini anche nella sua responsabilità relativamente all'inizio del suo mandato.

Io accennerò brevemente al suo, invece lungo, tracciare scenari e prospettive; cercherò infatti di tornare all'argomento odierno, Presidente, sperando che nella sua replica fornisca qualche informazione in più rispetto a quelle che oggi non ha dato, non ha voluto o non ha potuto dare.

Lei ha parlato nel suo intervento di nuovo modello di sviluppo, e mi sorprende che oggi si sia dilungato su uno strumento che lungamente abbiamo cercato di discutere in quest'Aula; abbiamo cercato di discuterne quando, parlando di Programma regionale di sviluppo, abbiamo sottolineato come nella sua Giunta e nella sua maggioranza non sia ancora emersa una "idea di Sardegna"; è stata tale su questo la consapevolezza e la condivisione della sua maggioranza, che l'Assessore della programmazione (oggi non lo vedo), ha ammesso che non c'è una "idea di Sardegna". Questa mancanza deriverebbe dal fatto che le politiche programmatorie degli anni scorsi - così ha spiegato l'Assessore - le politiche così dirigiste non hanno portato buoni frutti per cui bisogna adottare un metodo nuovo: quello dell'ascolto di volta in volta.

Oggi lei ha provato a tracciare degli scenari, ma nel tracciare questi scenari, quando è entrato nel merito ci ha fatto capire le difficoltà esistenti. Ha parlato di Statuto. Io mi preoccupo, Presidente, noi ci preoccupiamo quando parliamo dello Statuto come se fosse la panacea di tutti i mali, perché oggi parlare di Statuto vorrebbe dire innanzitutto incardinare il sistema di entrate esistente che, guardi bene, consente che alla Sardegna vengano assegnati trasferimenti pro capite del 50 per cento più alti del prelievo fiscale pro capite.

Allora, nel momento in cui lei parla di Statuto e poi dice - come ha fatto oggi - che occorre attenzione perchè il regime delle entrate non è ancora conquistato, perchè dobbiamo ancora discutere il Patto di stabilità che potrebbe rendere possibile la spesa effettiva di quel miliardo e 600 milioni di euro, mi sta dicendo che sposta il problema sullo Statuto senza iniziare ad attaccare quello che già oggi dovrebbe essere il cuore e il centro di una vertenza con lo Stato, e cioè avere la reale disponibilità di 1.600 milioni di euro all'anno in più per la spesa, per gli interventi, tra cui alcuni di quelli che lei ha citato.

Mi preoccupa quando lei parla di infrastrutture in un quadro in cui lo Stato richiama a sè la programmazione di quei fondi e lascia alla Sardegna le briciole o poco più, per cui anche opere importanti come la Sassari-Olbia sono ancora oggi avvolte nel dubbio e nell'incertezza di con quali fondi, al di là della progettazione e dell'avvio dei lavori, potranno essere completate.

Mi preoccupa quando lei parla di credito d'imposta, Presidente, e con un atto del Consiglio dei Ministri, le zone franche urbane che dovevano partire, tra cui tre in Sardegna, una nell'area di Cagliari, vengono di fatto depotenziate, trasformando degli incentivi che dovevano essere automatici in contributi che saranno messi a bando, quindi rendendo quella misura, che doveva rilanciare le aree di Cagliari, Quartu, Iglesias in maniera importante, addirittura aleatoria; una misura che doveva trasformare un'area urbana in un attrattore d'impresa, in un creatore di lavoro, considerando anche l'indotto che in quest'area urbana poteva nascere.

E mi preoccupa quando lei oggi cita l'ambiente come un fattore non de-localizzato, cioè come un fattore competitivo, come un vantaggio competitivo da mettere a frutto per un modello di sviluppo; e poi con una legge edilizia che, come sappiamo, non è un Piano casa ma è un finto Piano casa perché il Piano casa è bloccato - e ce lo dicono gli uffici tecnici dei Comuni non lo dice l'opposizione -si cerca (ma sono ancora in piedi le obiezioni dello stesso Governo nazionale) di dare il via libera ad un modello di sviluppo che non ha niente a che fare con l'ambiente, perché non lo valorizza ma rischia di proiettare altri milioni e milioni di metri cubi nelle coste; un modello di sviluppo che non è integrato con la nostra economia, che regala cubature a imprenditori che spesso con la Sardegna hanno poco a che fare, invece di cercare un modello di sviluppo, basato sull'ospitalità, diffuso, integrato, con una ricettività che può richiamare piccole imprese, che può coinvolgere i nostri paesi costieri.

Mi preoccupa molto che lei oggi si sia avventurato nel prospettare un piano che non abbiamo mai avuto occasione di discutere; io non so se lo fa oggi per sviare, per allontanare l'attenzione dal problema che dobbiamo discutere, ma certamente mi preoccupa, mi preoccupa che lei lo faccia oggi e lo faccia con queste modalità, perché tutto quello che è successo finora ci fa capire che questo modello di sviluppo voi non siete in grado di metterlo in campo, anzi lo mettete in campo in maniera contraddittoria.

Io pertanto farò alcuni accenni alla vertenza Alcoa, ma dico, Presidente (spero che nella sua replica lei mi possa in qualche modo smentire), che oggi il Governo nazionale, quel Governo che lei dice si impegni a fondo, e non ho dubbi che in queste ore lo stia facendo, ha una forte crisi di credibilità; da quando ha preso in mano il problema, infatti, e sto parlando dal maggio 2008, tutto ha fatto tranne che affrontare una questione che era già sul tappeto.

Presidente, lei viene poco in Aula, capisco che manchi per impegni istituzionali e noi non abbiamo l'abitudine di richiamare la sua presenza ogni volta, ma sarebbe auspicabile che, perlomeno quando è presente, lei possa ascoltare anche quella minoranza che richiama all'unità di intenti.

Presidente, lei ci deve spiegare perché quella multinazionale americana dovrebbe oggi credere nel Governo nazionale per quello che fa oggi senza considerare quello che non ha fatto ieri. Quel Governo nazionale che quando doveva mettere in campo l'operatore virtuale che doveva liberare quote di energia prodotta in Sardegna, in particolare da ENEL, l'ha fatto in ritardo, l'ha fatto con colpevole ritardo e mettendo all'asta non per le industrie ma per i grossisti, creando di fatto un beneficio per soggetti che nulla hanno a che fare con il nostro sistema produttivo.

Quel Governo nazionale che nulla ha potuto fare per impedire la procedura di infrazione europea che, perlomeno fino a oggi, condanna Alcoa alla restituzione di circa 280 milioni di euro; quel ministro Scajola che nel mese di maggio annunciava, così sembrava, trionfalmente di aver risolto tutto e che ci accorgiamo non aver risolto niente; quel Governo nazionale che da mesi rincorre soluzioni che prevedano di abbattere le tariffe di dispacciamento, di far partecipare Alcoa alla possibilità anche virtuale di importare energia dall'estero, o di aumentare in qualche modo le quote di interrompibilità e quindi abbattere i costi per Alcoa.

E mi consenta di aggiungere un'osservazione, che anticipa una mozione sull'energia di cui parleremo, che invece riguarda la Regione. Perché Alcoa oggi deve credere al Governo, quello stesso Governo che dal maggio 2008 ha fatto poco o niente o comunque è stato insufficiente, inadeguato a risolvere il problema. E io le chiedo anche di dirci se proprio non c'era qualche cosa in più che noi potessimo fare e che fosse nella disponibilità della Regione.

Le ricordo, Presidente, che noi con la legge regionale numero 3, all'articolo 6, abbiamo di fatto cancellato la possibilità di creare una riserva strategica per le industrie energivore, una riserva strategica creata grazie alle autorizzazioni sugli impianti eolici terrestri che, come sa, regalano e restituiscono oggi fino al 15 per cento di utili netti, con periodi di ritorno dell'investimento di soli 5 anni.

Noi nella scorsa legislatura avevamo previsto di vincolare le concessioni, le autorizzazioni terrestri alla possibilità di ottenere da operatori primari e importanti energia a basso costo per l'industria energivora. E lo abbiamo fatto in maniera appropriata con l'ENEL quando abbiamo autorizzato il parco eolico da 160 megawatt, ottenendo 550 gigawattora di energia a 40 euro il megawattora; certamente una soluzione non sufficiente ma nella strada giusta anche per dare risposte ad Alcoa.

Quella energia oggi viene utilizzata dall'impianto Glencore di Portovesme che produce piombo e zinco primario. Quelle concessioni, quelle autorizzazioni, in qualche modo vanno a premiare un settore maturo che non ha rischio di impresa perché c'è un unico cliente che è obbligato a prelevare l'energia a un prezzo prefissato, e oltre a vendere l'energia all'ENEL col mercato dei certificati verdi realizza fino a 200 euro per megawattora.

Noi riteniamo pertanto che questa Giunta regionale, questo Governo regionale abbia con la legge numero 3 rinunciato a quella possibilità e abbia di fatto liberalizzato il settore abdicando a uno strumento importante attraverso il quale poteva, con protocolli d'intesa, ottenere dall'ENEL quello che lo Stato non può ottenere, perché lo Stato non può ottenere un accordo bilaterale con ENEL nel quale una società quotata in borsa rinuncia ai propri profitti e stipula un contratto per una fornitura, nel caso ad Alcoa, non si sa bene su quale base a costi al di sotto di quelli di mercato.

Ma noi avevamo lo strumento e questo Governo, il vostro, il suo Governo regionale non l'ha utilizzato; riguardi la legge numero 3 e vedrà che stralcia interamente questa possibilità. Noi avevamo scritto che quella energia doveva costituire una riserva strategica che potesse consentire il consolidamento del tessuto industriale regionale ad elevato consumo energetico, che la Giunta regionale potesse, appunto, stipulare protocolli d'intesa con queste realtà energivore e potesse anche ulteriormente assegnare quote di energia da prodursi con impianti eolici a favore di soggetti pubblici, per esempio Abbanoa, per abbattere i costi di pompaggio dell'acqua.

Lei sa, Presidente, quanto spendono le famiglie per pagare i contributi agli industriali del vento? Ogni anno le famiglie sarde consumano 2200 gigawattora, se lei fa il calcolo di 2 centesimi per chilowattora in bolletta vuol dire che ogni anno dalle tasche delle famiglie sarde vengono trasferiti all'ENEL, per pagare gli incentivi, 40 milioni di euro, 40 milioni di euro! Noi volevamo e con quella norma facevamo in modo che quei 40 milioni di euro tornassero a beneficio delle famiglie e dei lavoratori sardi; lei ha liberalizzato questa norma, l'ha resa, come dire, non più vincolante su questo beneficio e in questo modo è ripartita la corsa all'eolico.

Io ho il sospetto che dietro questa corsa all'eolico ci siano diversi interessi: dei proprietari dei terreni, degli industriali, certamente e spesso non sardi, che come al solito cercano di "estrarre" qualcosa dalla nostra Sardegna come è stato fatto in passato per le miniere, come è stato fatto in passato per i boschi, come è stato fatto in passato per il turismo, senza lasciare niente.

Lei sa quanto lascia sul territorio una fattoria del vento? Io ho calcolato quanto lascia sul territorio di Ulassai, per esempio, un impianto da 72 megawatt. Alla comunità locale rimane circa 1 milione di euro all'anno di benefici, agli industriali del vento vanno 12 milioni all'anno di utili netti e di benefici. Questo è il tipo di autorizzazioni che la vostra Giunta sta rilasciando. Noi avevamo proposto un modello diverso: dare lavoro attraverso l'industria del vento, creare 4 o 5 posti di lavoro e mettere quei 4, 5 posti di lavoro al servizio di altri 1000 per le industrie energivore o a beneficio di decine di migliaia di famiglie sarde che, grazie a quegli incentivi, e grazie al recupero di quelle agevolazioni e grazie al ritorno su quegli investimenti delle energie rinnovabili potevano, per esempio, vedersi abbattere il costo della bolletta dell'acqua grazie all'abbattimento dei costi di pompaggio di Abbanoa.

Tutto questo voi non lo state facendo. Allora, Presidente, io capisco che sia difficile ascoltare, noi l'abbiamo ascoltata anche oltre i 20 minuti previsti dal Regolamento perché il nostro compito è ascoltare, ma il nostro compito è anche proporre. Io su questo chiedo una risposta perché anche la mozione degli affetti ha senso per chi se la merita, per chi dimostra non solo di, come dire, annunciare scenari, ma anche di tracciarli.

La mozione degli affetti si può fare non solo per chi fa promesse e promette di promettere e promette un modello di sviluppo, ma anche per chi questo modello di sviluppo ce lo spiega, per chi fa fatti concreti, per chi non smantella la sanità pubblica per un modello che non conosciamo, per chi non liberalizza il consumo del territorio ma lo mette a frutto in un progetto di sviluppo integrato.

Voi, fino a oggi, avete fatto il contrario e quindi, Presidente, nel chiudere il mio intervento le chiedo innanzitutto questa richiesta di unità di intenti, questo richiamo al senso di responsabilità di rivolgerli a se stesso, di rivolgerli alla sua Giunta e di rivolgerli alla sua maggioranza. Noi saremo con voi ogni volta che farete qualcosa, come lei ha detto, utile per il popolo sardo. Ma, per ora, abbiamo visto poco. Scuota la sua maggioranza, la richiami a essere propositiva, a essere unita, scuota la sua Giunta, riconsideri le cose che le ho detto, ci porti proposte.

Il tempo degli appelli è' finito. La Sardegna non ha più bisogno di appelli, non ha più bisogno di promesse, non ha più bisogno di chi si appropria delle mozioni senza portare in qualche modo contenuti concreti. Lei porti progetti, porti proposte, noi faremo le nostre, le chiederemo di confrontarci sulle proposte e sulle idee, e su quelle proposte noi dimostreremo la nostra volontà di fare il bene del popolo sardo.

In tutte le altre circostanze, Presidente, la nostra responsabilità sarà quella di sottolineare la vostra inadeguatezza a risolvere i problemi della Sardegna, e finora questo è stato purtroppo il nostro arduo, difficile e ingrato compito.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi).Presidente e colleghi del Consiglio, i Riformatori hanno apprezzato l'intervento del presidente Cappellacci, sia per come ha riferito all'Aula la situazione sulle vertenze aperte sul piano dell'industria e dello sviluppo della Sardegna, ma più ancora, forse, perché ha tentato di andare oltre il contingente, perché ha tentato di proporre al Consiglio regionale l'idea di un ragionamento che, arrivando alla coscienza di ogni singolo consigliere regionale e di ogni forza politica, permettesse di capire che cosa si può "tirare fuori" da quest'Aula sugli argomenti oggi in discussione.

Colleghi, io credo che, al di là della situazione di scarsa attenzione che come sempre c'è in Aula, forse oggi siamo a un momento di svolta in questa legislatura. Mi spiego; non credo che sarà il dibattito di stasera a dare la svolta, però penso che questo sia un momento in cui ci renderemo conto se saremo condannati a vivere altri quattro anni con la stessa tensione politica vissuta in questo primo anno, o se si può cambiare registro. Io ascolterò il dibattito oggi odierno e quello di martedì prossimo sugli argomenti che abbiamo in discussione, perché credo che sarà un dibattito utile a capire dove vogliamo andare a finire.

Collega Porcu, parlo per gli atti, siamo d'accordo sul fatto che la Sardegna è in crisi; io credo però che non ci sia da soffermarsi più di tanto a chiedersi se la crisi sia addebitabile alla Giunta di Cappellacci e al centrodestra. L'ha detto lei, l'ha detto Sabatini, se volessimo, potremmo fare come centrodestra un ragionamento in quest'Aula, ma mi sembra inutile, proprio inutile, in cui spieghiamo perché la crisi non è colpa di questa legislatura, non è figlia di quest'ultimo anno e potremmo dire: "Voi…", mentre lei dice a noi: "Voi avete consumato il territorio…".

Mi sembra una liturgia, mi sembra un mantra, mi sembra la ripetizione di una filastrocca in cui forse neanche noi più crediamo. E noi dovremmo controbattere con la filastrocca "vista con la casacchina di colore opposto rispetto alla vostra", aspettando che poi fra quattro anni si ribaltino nuovamente le parti? Mi sottrarrei a questo rito e direi che il dato oggettivo è che viviamo una crisi drammatica, pazzesca. I nostri telefoni sono bersagliati di sms, i nostri computer di richieste di aiuto di gente disperata.

E' una situazione sicuramente straordinaria, eccezionale nella sua drammaticità, ed è una situazione che deriva dal fatto che la Sardegna è quello che è: una piccola isola dentro l'Italia; Italia che è una piccola regione, nonostante sia un paese fortemente industrializzato, nel contesto europeo, e l'Europa è un'aggregazione geografica e politica in sofferenza nei mercati economici mondiali. L'Europa ha difficoltà a dare risposte, figuriamoci la Sardegna!

Bene, noi che cosa facciamo? Noi ottanta, il milione e 600 mila abitanti qui fuori, Cappellacci e la sua Giunta? Noi che cosa facciamo? Noi abbiamo un ruolo che è indispensabile, cioè noi siamo un portiere, e il portiere deve parare, c'è poco da fare, noi dobbiamo impedire agli avversari di fare gol. Allora, oggi occorre difendere l'industria pesante, un'industria in cui i Riformatori non credono. Noi siamo convinti che l'industria pesante non sia il futuro della Sardegna, quindi siamo convinti che l'industria pesante, che ha svolto un ruolo importante perché ha dato da mangiare a una generazione di sardi, non debba svolgere lo stesso ruolo in futuro. Siamo convinti! Ma non ne siamo convinti perché è una nostra idea, ne siamo convinti perché sarà così, ineluttabilmente. Però abbiamo l'obbligo, come un portiere, non di pensare che cosa succede se noi pariamo, abbiamo l'obbligo di parare, perché ci sono migliaia di lavoratori a cui non abbiamo risposte da dare nell'immediato se l'industria pesante va a rotoli.

Allora noi abbiamo l'obbligo di giocare in difesa, un ruolo obbligatorio. Non abbiamo scelte da questo punto di vista, oggi dobbiamo tentare di prolungare l'agonia dell'industria pesante in Sardegna avendo l'idea, forte, che dobbiamo pensare al dopo industria pesante in Sardegna, perché, se non lo facessimo, probabilmente staremmo rinunciando totalmente al nostro ruolo.

Colleghi del centrosinistra, voi leggete i dati dell'ISTAT come li leggiamo noi, e voi leggete che il processo di spopolamento in atto in Sardegna, che l'ISTAT fotografa, fa pensare che l'Isola perderà nei prossimi trenta anni 400 mila abitanti, e che gli abitanti residui saranno per oltre l'80 per cento localizzati lungo le fasce costiere. Questo indipendentemente da ciò che noi pensiamo delle zone interne. Il piano inclinato sul quale andiamo a scivolare è sostanzialmente questo. Lo sappiamo tutti, meglio che ce lo ripetiamo, così siamo convinti che ogni consigliere regionale lo abbia in testa, io lo faccio solo per questo.

Che cosa attira la gente dall'interno verso le coste e dalle coste fuori dalla Sardegna? Colleghi, la nostra storia familiare. Io ho un trisavolo che si chiamava Costantino, era nato a Sedilo, da Sedilo è venuto a Cagliari. Perché? Perché le opportunità erano a Cagliari. I figli dei miei amici benestanti oggi non sono a Cagliari dopo la laurea, sono a Milano, perché le opportunità sono a Milano, e da Milano poi vanno in Australia, vanno a New York, vanno dove ci sono le opportunità, perché la gente va verso le opportunità. Quindi di questo, ugualmente, dobbiamo avere piena consapevolezza. Ne siamo consapevoli? Questo Consiglio regionale ha questa forte consapevolezza?

Io me lo domando, perché il presidente Cappellacci, ed è il primo richiamo di Cappellacci su cui mi fermo, dice: "Richiamo questa classe politica alle sue responsabilità", perché ciascuno di noi, nell'ambito di questa classe politica, ha delle responsabilità di parte, cioè risponde a quel gruppetto di elettori che lo ha votato e che ha votato il suo partito, però poi ciascuno di noi ha responsabilità che non sono di parte, che sono generali. Pertanto, questo Consiglio regionale ha risposto in questo primo anno della sua vita, e intende rispondere nei prossimi quattro anni a responsabilità di ordine generale?

Io me lo chiedo, me lo chiedo come consigliere e coscienza singola di un Gruppo politico, i Riformatori, lo chiedo al mio partito e ai miei colleghi di Gruppo per quanto ci riguarda, lo chiedo a tutti voi. Io sento forte l'inadeguatezza dello strumento Consiglio regionale e classe dirigente politica sarda rispetto ai problemi che sono sul tappeto. Io, come tutti noi, sono orientato nei miei ragionamenti dal mio background culturale, che è quello di un medico. Mediamente, se un medico ha idea che una malattia grave abbia colpito lui o una persona cara, dà risposta a questo problema attivando tutto ciò che può per arrivare a una diagnosi corretta.

Dopo che è arrivata la diagnosi corretta, se la diagnosi fosse una diagnosi impegnativa, tenta di attivare tutto ciò che è possibile intorno a sé per riuscire a dare una risposta di prospettiva futura, di prognosi positiva rispetto alla diagnosi; chiama gli altri colleghi medici che si intendono di quell'argomento, magari chiama anche quelli con cui ha litigato per un posto in ospedale o per un posto da primario all'università, sente anche quelli che stanno a Milano, quelli che stanno fuori Sardegna se il problema è grave, e dopo che ha sentito agisce.

Bene, se noi siamo d'accordo sul fatto che "il malato Sardegna" è un malato grave, io mi immagino che la classe dirigente di questa Regione, non solo quella politica, ma quella della cultura, dell'università, dei sindacati, della Confindustria, cioè tutti quelli che oggi hanno un ruolo di responsabilità in questa terra, di fronte alla gravità del malato Sardegna, stiano concentrati, chiusi da qualche parte, cercando di farsi venire le idee migliori, tutti insieme, se è possibile, per la parte in cui si può lavorare insieme, per salvare il "malato Sardegna".

Bene, colleghi, io vi chiedo; dov'è che è riunita permanentemente questa classe dirigente sarda della politica, del sindacato, delle professioni, dell'industria, dell'intelligenza, dell'università per fare questo lavoro? Io credo non in Consiglio regionale, per quanto mi consti; e, a quanto vedo, a quanto sento, a quanto percepisco, neanche fuori dal Consiglio regionale.

Abbiamo ricevuto i sindacati o, meglio, noi Capigruppo, credo voi di minoranza esattamente come noi di maggioranza, abbiamo avuto un incontro con i sindacati che ci hanno spiegato le ragioni dello sciopero di domani, che noi ovviamente abbiamo condiviso, che noi abbiamo auspicato potesse essere un momento di grande tensione morale dell'intera Sardegna. Loro ci hanno detto che non era un momento di divisione, non l'avevamo pensato, ma che voleva essere un momento di rappresentazione della sofferenza complessiva del nostro popolo, interpretata dai sindacati, interpretata dalla politica.

Bene, abbiamo chiesto ai sindacati quali fossero le loro idee per venire fuori dal pantano in cui è la Sardegna, non perché sia un compito dei sindacati avere le idee, questo compito dovrebbe essere il nostro, ma perché sicuramente i sindacati rappresentano una forza importante, di cui è opportuno valorizzare il pensiero. I sindacati ci hanno risposto che loro vedono la necessità di puntare sui temi dell'insularità, cioè una risposta propria degli anni '90, e che vedono la necessità di un Piano di rinascita: una risposta degli anni '50; e che cosa ci scriviamo dentro il Piano di rinascita? Beh, questo lo vediamo in seguito.

Allora, io non voglio dire con questo che la risposta dei sindacati sia inadeguata, non sono il giudice degli atteggiamenti dei sindacati o delle attività dei sindacati, ci mancherebbe altro, voglio dire che in questo momento, forse, a ciascuno di noi è chiesto qualcosa di diverso rispetto a ciò che abbiamo sempre fatto, e se di questo non siamo consapevoli, le liturgie stanche di questo Consiglio regionale sono condannate a continuare così negli anni. E se il presidente Cappellacci non viene in Aula perché va a difendere i sardi fuori da quest'Aula, Dio lo benedica, e ci venga il meno possibile in quest'Aula! E non è una mancanza di rispetto nei nostri confronti, è un atto di rispetto nei confronti dei sardi, doveroso!

Colleghi, io credo che noi allo Stato possiamo chiedere tante cose, per esempio gli possiamo chiedere di iniziare quelle politiche di bonifica e di riqualificazione del territorio delle quali siamo tutti convinti, e siamo tutti consapevoli che possano essere solidali rispetto all'idea complessiva che abbiamo di sviluppo per la nostra terra.

Lo Stato può aiutarci nell'infrastrutturazione, in quella materiale che manca, per esempio, la continuità territoriale sulla quale abbiamo detto allo Stato di non occuparsene perché "ci pensiamo noi"! Ma perché glielo abbiamo detto! Al di là dei soldi, è un problema strutturale! Lo Stato deve garantire la continuità territoriale, perché per noi è vitale! Lo Stato deve garantire la sanità, perché per noi è vitale, non solo per la nostra salute, ma anche per proporre la nostra terra a quelli che vogliamo attirare in Sardegna dandogli la garanzia di una assistenza di qualità.

Lo Stato può aiutarci anche nelle infrastrutturazioni immateriali, e qui chiudo il mio intervento perché io sono convinto che il problema fondamentale di questa terra non sia un problema di soldi ma sia un problema di idee. E' una mia esperienza, ma credo che, se ci pensate, per ciascuno di voi l'esperienza sia simile, in questa terra si sentono ripetere, dai massimi dirigenti di questa Regione, ovvietà quali: "Noi vogliamo puntare sullo sviluppo del turismo", "Noi vogliamo puntare sul manifatturiero", "Noi vogliamo puntare sull'information technology...". Soru diceva forse cose differenti? Mauro Pili prima di Soru diceva forse cose differenti? Non ero in quest'Aula ai tempi di Palomba, ma non mi stupirei se Palomba avesse detto le stesse cose.

Il problema è che, evidentemente, la classe dirigente, noi, anche noi, soprattutto noi, anche io, soprattutto io, che questa Regione mette in campo, non è adeguata rispetto alle necessità. E qual è allora una risposta sulla quale possiamo essere tutti d'accordo? Bisogna attrarre gente in Sardegna! Bisogna far venire persone che abbiano idee! Quando Soru pensava alla fabbrica della creatività nella Manifattura tabacchi, in maniera devo dire difficilmente comunicabile, beh, forse lanciava un messaggio importante, e cioè diceva: "Facciamo venire teste pensanti in Sardegna che ci aiutino a ragionare insieme sui nostri problemi".

L'università, quella stessa università che partecipa costantemente ai ragionamenti con noi, proponendo sempre soluzioni che sembrano più finalizzate a risolvere i problemi dell'università che non quelli dei sardi, dovrebbe essere la fucina dei cervelli, la fucina delle intelligenze, dovrebbe produrre choc emotivi al resto della Sardegna, perché di questo abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di uno choc emotivo per la nostra pubblica amministrazione che è lenta, inefficiente, inadeguata e risponde solo a se stessa, ed è spesso autoreferenziale.

Se di questo fossimo finalmente consapevoli, sapremmo che la cosa più importante che questo Consiglio regionale deve fare è quella di riuscire ad attirare in Sardegna cervelli, e metterli a ragionare su quello che questo Consiglio regionale è inadeguato nel fare, perché noi stiamo dimostrando, abbiamo dimostrato in questo anno di vita, che questo strumento non è adeguato a discutere e a risolvere i problemi della Sardegna. Guardate, lo dico partendo da me, nel senso che io mi sento mortificato, e credo che ognuno di voi si senta mortificato nella sua passione per la politica, quella che ci ha portato qui dentro, dai ritmi, dalle liturgie, dalle ritualità, dai bizantinismi di un Consiglio regionale che hanno ragione i sardi a sentire estraneo rispetto ai loro problemi. Colleghi, ce ne vogliamo rendere conto?

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, colleghi, Assessori, io vorrei centrare il mio intervento principalmente sulle questioni che hanno riguardato la vertenza ALCOA di ieri, e sulle questioni che riguardano in maniera più specifica le tematiche di carattere industriale.

Avantieri è stata una giornata di passione e di grande mobilitazione generale per il Sulcis-Iglesiente: serrande abbassate, scuole chiuse, edifici pubblici fermi, centinaia di operai imbarcati per Roma accompagnati da sindaci e rappresentanti sindacali, consiglieri regionali, parlamentari, per avere una risposta positiva da parte del Governo e da parte di ALCOA sul mantenimento delle attività produttive negli impianti di Portovesme. Insomma, un intero territorio barricato per difendere il diritto al lavoro,un'intera comunità mobilitata per la sopravvivenza.

Purtroppo, da non poco tempo, ma con un'accelerazione inaudita in quest'ultimo anno, e lei lo ha detto, quei territori, e più in generale tutta la Sardegna, sono teatro di un progressivo processo di smantellamento industriale: la Ila, l'Eurallumina, la Rockwool, le imprese d'appalto, l'Alcoa, la Legler, la Vinyls, migliaia di buste paga. Abbiamo già detto in altre occasioni, e lo ribadiamo, che la portata della crisi ha dimensioni mondiali, ma è altrettanto vero che si sta facendo pochissimo per trovare soluzioni concrete ai problemi della Sardegna, e dirò perché.

Lo sciopero generale proclamato dalle organizzazioni sindacali per domani 5 febbraio, titolo "Per il lavoro", racconta di un Governo regionale che subisce, nel giro di un anno, il terzo sciopero di grandi dimensioni senza che ci sia stata una presa di coscienza concreta e una risposta adeguata alle richieste e alle sollecitazioni provenienti dalle manifestazioni se non interventi sporadici e sempre in ritardo.

Non capisco, ad esempio, il candore sconcertante con cui lei, signor Presidente, dichiara, come se fosse un ignaro passante, che questo sciopero è un'opportunità, senza che per il momento ci sia stata su nessuna vertenza aperta una risposta risolutiva o una minima proposta programmatica in grado di tracciare un percorso di prospettiva credibile.

Lei ha responsabilità diverse da quelle dei rappresentanti dei lavoratori, lei ha responsabilità diverse da qualsiasi lavoratore che va lì a manifestare. Siamo ancora soltanto alle sue dichiarazioni programmatiche, lo abbiamo sentito anche stasera, alla regola dell'ascolto intesa come base dell'agire politico, al Piano di sviluppo che pone l'uomo al centro, eccetera, eccetera. Parole, parole, slogan che da soli non hanno il potere di dare risultati, tanto è vero che fino ad oggi non ce ne sono stati.

Non solo il Sulcis è in trincea, ma tutta la Sardegna. La vicenda di Alcoa conferma la tendenza di un Governo nazionale inchiodato a discutere di leggi personali per blindare Berlusconi dai processi e un Governo regionale non in grado di rappresentare con voce credibile gli interessi della gente e dei lavoratori della nostra isola perché non sufficientemente in grado di esprimere autonomia, autorevolezza e libertà di azione.

Ma non solo il Sulcis è in trincea, lo è tutta la Sardegna. E ribadisco il concetto, precedentemente espresso, per cui la vicenda di Alcoa conferma la tendenza di un Governo nazionale inchiodato a discutere di leggi ad personam per blindare il Presidente del Consiglio dei Ministri dai processi ed un Governo regionale non in grado di rappresentare con voce credibile gli interessi della gente e dei lavoratori della nostra isola perché non sufficientemente in grado di esprimere autonomia, autorevolezza e libertà di azione. L'opinione diffusa è di avere un Governo regionale a sovranità limitata.

Dall'incontro di Roma emerge un dato che dobbiamo annotare per la cronaca. Innanzitutto non è stata accolta la richiesta di spostare la cassa integrazione a metà marzo, il 22 per l'esattezza, poi ci racconta della seconda telefonata di Berlusconi, dopo quella a Putin, questa volta a Barroso, con tutte le garanzie del caso affinché il decreto legge sia discusso rapidamente dall'Unione Europea nella prima seduta utile che dovrebbe essere il 9 febbraio.

Ieri abbiamo letto un'agenzia di stampa nella quale si dichiarava che a Bruxelles non avevano ancora ricevuto nulla dall'Italia, ma prendiamo per buona la dichiarazione che lei ha fatto poco fa sostenendo che, non essendo un provvedimento che va contro gli aiuti di Stato, è stato inviato soltanto per le vie ufficiose.

Badate, quando sento dire "Alcoa non rispetta la gente", "Alcoa ha guadagnato un sacco di soldi negli anni scorsi", "Alcoa sta spostando i suoi investimenti in altre parti del mondo", sento dire cose vere. Ma di che cosa ci meravigliamo? Quella è una multinazionale, possiamo pretendere che abbia cuore o anima? Quella è una società quotata in borsa, pensiamo che risponda al bisogno di lavoro della gente, della famiglia, che sia affettivamente legata alla nostra terra? Quelli vanno dove gli conviene. Vanno, ad esempio, in Arabia Saudita, dove stanno realizzando un impianto dodici volte più grande di quello di Portovesme, dove potranno contare su un prezzo dell'energia molto basso e su forza lavoro carne da macello, come ha titolato Santoro l'altro giorno nella sua trasmissione televisiva, sottopagata, composta in prevalenza da yemeniti, pakistani e altri che costeranno molto poco.

La verità è che il Governo arriva tardi a occuparsi della questione, arriva tardi a occuparsi della Sardegna a cui sono rimaste soltanto le promesse della campagna elettorale. Mi sembra che fino ad oggi, lo ripeto, siano stati coniati soltanto cori e slogan. Si dice che il Governo ha fatto tutto quello che era possibile fare. In realtà ha detto tutto quello che si poteva fare, ma non ha fatto quanto doveva essere messo in atto.

A tale proposito, Presidente, le vorrei ricordare una questione. Lei ha detto: "Spero di essere nominato dal Governo in breve tempo commissario straordinario per le bonifiche nelle aree del nord Sardegna,. Porto Torres e tutte le aree compromesse dall'inquinamento". Le ricordo che lei è commissario straordinario per le bonifiche nelle aree minerarie dismesse del Sulcis-Iglesiente da più di un anno, cioè da quando è Presidente della Regione, però le bonifiche in quel territorio non sono ancora partite.

Auspicherei pertanto che per i territori del nord Sardegna le cose possano andare diversamente da come stanno andando da noi. Anche perché da noi le risorse in gran parte già ci sono, sono disponibili, le abbiamo in cassa, nei comuni e nelle società, di proprietà della Regione, che sono delegate dalla Regione per fare le bonifiche. Pretendiamo perciò che rapidamente si metta mano alle bonifiche, e questo dipende esclusivamente dal commissario straordinario, ovvero da lei che ha poteri assoluti in materia, nella disponibilità dei soldi, delle risorse e del personale che è qualificato per poter compiere queste attività.

Quando parlo di programmi di politica industriale intendo dire che vorrei sapere che cosa pensano il Governo nazionale e quello regionale della chimica in Italia e in Sardegna, se deve esistere oppure no; che cosa pensano il Governo nazionale e quello regionale di un'industria metallurgica e dell'alluminio primario in Italia e in Sardegna, se deve continuare a esistere oppure no; vorrei sapere che cosa pensa lei, signor Presidente, di queste cose.

I giornali ci raccontano la cronaca della resa del Governo di fronte alla prepotenza e alla determinazione di Alcoa a difendere le sue posizioni, ma anche e soprattutto ci raccontano di un Governo non in grado di far valere il peso che un Paese come il nostro dovrebbe avere. La produzione di alluminio non è più cosa italiana, così come non lo sono la chimica e il famoso ciclo del cloro, che sembrava salvato e che, invece, è di nuovo a rischio. Bisogna chiedere le notizie al ministro Scajola che, solo poco tempo fa, aveva brindato alla riuscita operazione di salvataggio, e invece l'altro giorno i commissari della Vinyls hanno annunciato la cassa integrazione per i lavoratori di Porto Marghera, di Ravenna e di Porto Torres.

Ci raccontano i giornali di sindacalisti che cercano il ministro Scajola per chiedergli conto di un accordo siglato il 1º dicembre 2009 in base al quale i lavoratori dovevano riprendere l'attività lavorativa negli stabilimenti. Io penso che la nostra isola non possa fare a meno di tutte quelle attività produttive e allora le scelte, le responsabilità sono per forza del Governo, della politica e non di Alcoa o dell'Eni soltanto.

Il Governo ha varato un decreto legge che raddoppia il valore dell'interrompibilità, cosa positiva che però non ha sortito su Alcoa gli effetti sperati; così come non hanno dato risultati sufficienti le altre misure che pure già c'erano, come l'interconnessione, ovvero la possibilità di approvvigionarsi di energia dall'estero, e il dispacciamento, cioè l'abbattimento del costo del trasporto dell'energia. Ma una soluzione ci dovrà pur essere!

Quando sento dire che bisogna puntare a fare altro rispondo che sarebbe un sogno a cui dobbiamo guardare con grande attenzione. Anche in quest'Aula si fa un gran parlare di altre soluzioni, di altre strade. Certamente io credo che la Sardegna abbia bisogno di un piano di rinascita serio e concreto e questo Consiglio regionale, tanto bistrattato e calpestato dall'egocentrismo esasperato di qualcuno, ha uomini e donne in grado di dare un contributo notevole unitamente a quello di tutte le forze sociali, sindacali e imprenditoriali, però fino ad allora io so che noi non possiamo fare a meno di questi poli industriali.

Portovesme rappresenta la spina dorsale dell'economia di quel territorio così come la chimica la rappresenta per Porto Torres. Allora io credo che non sia sufficiente sperare nel buon cuore di Alcoa o dell'Unione Europea. Bisogna in primo luogo salvare i posti di lavoro e trovare soluzioni concrete e non temporanee. Ritengo che una soluzione possa essere rappresentata da un accordo bilaterale tra Enel e Alcoa, cioè tra due società per azioni che non corrono rischi di infrazioni o di concorrenza. Il Governo italiano obblighi l'Enel, con cui non ha un rapporto di semplice conoscenza, a fare l'accordo e la stessa cosa dicasi per Porto Torres e per la chimica.

Altra questione di cui non si è detto è la questione del carbone Sulcis (questione presente nelle sue dichiarazioni programmatiche), della quale non ha mai più dato conto. Il carbone Sulcis, lo stoccaggio e la cattura della CO2, la costruzione di una centrale in grado di dare energia a basso prezzo per le centrali di Portovesme sono temi sempre presenti nelle discussioni da cui, fino a oggi, non è mai sortito un risultato di nessun tipo.

Insomma, signor Presidente, ci vogliono risposte concrete e immediate per cercare di prendere per la coda vertenze che sono state affrontate irresponsabilmente con gravi ritardi. Questo va fatto rapidamente per tutti i lavoratori che aspettano risposte, per le loro famiglie, per la Sardegna. Noi la richiamiamo al suo ruolo di rappresentante del popolo sardo. Noi, con ruoli diversi e con responsabilità differenti, non mancheremo di sostenere ogni azione e iniziativa utile per difendere la Sardegna, le sue attività produttive, i suoi lavoratori, come d'altro canto abbiamo fatto finora e faremo in futuro, però ognuno con le sue responsabilità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, spero di mantenere, al termine del mio intervento, lo stesso grado di amicizia che ha sempre contraddistinto i rapporti politici, ma che spesso viene incrinato quando un uomo politico accetta di dire la verità senza mediazioni. Io credo che nelle parole del Presidente, tra le righe, e in quello che ha detto l'onorevole Vargiu, si colga un elemento ineludibile di questi giorni: non abbiamo più tempo. Noi stiamo vivendo una crisi della Sardegna che non consente dilazioni.

Secondo elemento, che penso caratterizzi la sensazione che proviamo noi tutti nell'imminenza di uno sciopero generale, è che noi non possiamo attardarci in descrizioni della situazione sarda sul tipo e sul modello di quelle che fanno i miei colleghi dell'Università. La gente non attende da noi che sappiamo la lezione sulla crisi della Sardegna; per cui io mi atterrò a una regola: provo a dire che cosa farei io, qual è il nostro dovere.

Il primo dovere di chi fa politica e di chi governa è quello di essere consapevole di quali sono gli strumenti per intervenire. Noi abbiamo manovrato 9 miliardi di euro ma in realtà abbiamo manovrato 300 milioni. Il nostro dovere è liberare risorse. Noi abbiamo un monte residui così alto che è un insulto nei confronti di coloro che domani scenderanno in piazza, perché la percezione che hanno è che abbiamo i soldi e non li spendiamo!

Allora, qual è il compito della politica? Noi abbiamo una Regione che non funziona, signor Presidente, e quando le cose non funzionano si cambia chi governa quei meccanismi. Noi abbiamo direzioni generali che non fanno nulla, che non sanno fare, non fanno fare e bloccano la spesa! Noi abbiamo funzionari regionali che quando si discute con loro sono maestri nel porre problemi, ma non risolvono un problema! Nella percezione della gente loro non sono responsabili, io sono responsabile! Una specialità della politica sarda è quella di sbagliare la scelta delle persone, e questo comporta il risultato che abbiamo.

Quindi, in primo luogo, quando le cose non funzionano e ci sono centri di responsabilità identificabili si cambino, io sono di questo avviso. Secondo, noi dobbiamo liberare risorse, ma nella fattispecie non stiamo aggredendo i centri di dispersione delle risorse. Parlo della sanità, inizialmente, ma potrei citare altri settori. Non è possibile per noi constatare che, per esempio, una ASL della Sardegna ha firmato nei tempi passati, non troppo lontani, convenzioni con RSA in cui la Regione paga vuoto per pieno. Non è possibile! Noi sulla sanità dobbiamo fare chiarezza rapidamente e liberare risorse, non è assolutamente vero che tutta la spesa è giustificata, non è vero, non è vero! Se non interveniamo rapidamente non liberiamo risorse.

Ancora, sul versante delle entrate, è realmente vero che la vertenza entrate debba essere impostata come l'abbiamo impostata fino a oggi? Voglio ricordare - lo ricordo al Presidente della Regione perché è impegnato nella vertenza industriale, forse questo aspetto non lo ha colto -che il Presidente della Provincia di Trento ha dichiarato pubblicamente che la trattativa riservata con lo Stato sulle entrate ha prodotto, perché l'hanno fatta riservata e prima delle altre Regioni, un vantaggio che diversamente la Provincia di Trento non avrebbe ottenuto. Cioè, noi viviamo in uno Stato dove chi arriva prima prende più degli altri.

Ed è accaduto che sulla Provincia di Trento il Governo - lo dico ai colleghi - abbia disciplinato la transizione dal vecchio regime delle entrate al nuovo in questi termini; poiché la Provincia di Trento è andata con una burocrazia di altissimo livello, che noi non possiamo esibire perché non l'abbiamo, non l'abbiamo, ha ottenuto per nove anni 400 milioni all'anno, la Regione autonoma della Sardegna, con l'accordo fatto in solitudine dal presidente Soru, ha ottenuto 25 milioni per vent'anni, all'anno. Ed è solo uno degli aspetti, solo uno.

Noi abbiamo un Governo che ci impugna le leggi sui precari e accetta che la legge statutaria della Regione Lombardia inizi dicendo: "La Lombardia è una Regione autonoma", cioè la Lombardia si è autoproclamata autonoma e lo Stato non ha detto mezza parola, mezza parola! Noi facciamo una leggina sul precariato e la vediamo impugnata. Noi andiamo a trattare sulla scuola, la Regione Lombardia strappa tutta una serie di cose, la Regione Sardegna no! E non perché non le abbia chieste, noi su questo tema della scuola siamo vigili e presenti,.

Allora, sul versante delle entrate e delle opportunità nel rapporto col Governo abbiamo un riscontro soddisfacente rispetto al nostro impegno? Io credo di no, io credo di no. Noi come classe politica dobbiamo mettere in campo forza, su questo ha ragione il Presidente di chiedere l'unità, perché la Lombardia dimostra che se c'è una forza dietro non c'è Costituzione o cavillo che tenga, perché sanno chi c'è dietro il Presidente della Regione Lombardia.

Bisogna mettere in campo forza politica per vedere riconosciute le proprie possibilità. Noi non siamo stati in grado di mettere con forza questo peso e mi auguro che i 60 milioni derivanti dagli 800 milioni sulle opere minori del FAS non vengano programmati da un solo Ministro della Repubblica italiana senza consultare la Regione autonoma della Sardegna perché in quel caso il Partito Sardo d'Azione avrà modo di manifestare la sua forza.

Quei 60 milioni dei fondi FAS sulle opere minori devono essere discussi e gestiti nella programmazione dalla Regione sarda e non ci devono essere consiglieri regionali della Regione sarda con un accesso diretto a un Ministro che, poi, si preclude al rapporto col Governo della Sardegna, perché allora abbiamo a che fare con meccanismi che sono esattamente quelli che hanno sempre affossato la Sardegna.

Poi c'è la parte che riguarda noi. Noi siamo specializzati nel distribuire la ricchezza, ma poco nel produrla. Allora, il Presidente ha detto una cosa che io condivido, e cioè che noi dobbiamo decidere in questa sede se continuare a essere prigionieri del passato o tirare una linea e dire che da ora in poi si cambia. Non può farlo da solo il Governo regionale, non può essere una decisione unilaterale del Governo regionale quella di mandare via l'Alcoa. Io lo dico, perché preferisco, come diceva l'onorevole Vargiu, dichiarare che inizio un processo definitivo nel quale mi libero dell'industria pesante e do vita a un processo di riconversione.

Nessun governo regionale ha avuto questo coraggio, arriverà il momento in cui nessun governo regionale avrà le risorse per continuare a mantenere in piedi quel sistema. Che cosa facciamo dinanzi alla provocazione del Presidente? Il Presidente ha detto: "Dobbiamo cambiare, siamo uniti o non siamo uniti?" Se siamo uniti allora abbiamo un'altra strada da fare. Come si produce ricchezza? Noi dobbiamo deciderlo.

Abbiamo in piedi una vertenza fiscale perchè un'impresa non può accumulare ricchezza in Sardegna finché rimane questa pressione fiscale. Però noi possiamo prendere delle decisioni in questo Consiglio regionale. Potremmo per esempio nel prossimo collegato delegificare le leggi di incentivazione, decidere che facciamo il de minimis e tutte le leggi di incentivazione costituirle nel credito d'imposta, che possiamo istituire, per cui diciamo: "Non ti do contributi ma ti esento, fino al massimo del regime di aiuti, dalle imposte". Abbiamo la capacità di fare scelte strategiche di questa natura? Che cosa possiamo fare?

Abbiamo la capacità di semplificare la nostra legislazione e dire: "Da una parte il de minimis dove diamo il massimo per la micro impresa, ma ottenendo per tutti i paesi che si stanno spopolando l'applicazione della legge nazionale sulla montagna che li defiscalizza e poi tutto il sistema delle incentivazioni semplificato diventa credito.". Abbiamo il coraggio di ragionare così e fare scelte chiare, semplici e definitive? Io vorrei lavorare su questo versante.

In merito alle politiche del credito noi abbiamo accumulato, certo, un bagaglio di risorse e di possibilità, ma ancora non sono fatti, non sono ancora fatti. Abbiamo la forza nel prossimo collegato, se vogliamo farlo nel collegato, di far sì (che sia la SFIRS a farlo o chi altro) che tutto il microcredito sia di facilissima gestione? Abbiamo la forza di far muovere i 230 milioni? Non bastano, non basta l'ordine dato alla SFIRS, ci vuole un impulso politico fortissimo su questi temi che condizioni le banche, che hanno provato a prenderci in giro nella Conferenza sul credito.

Io credo che se noi arriviamo a comprendere che il Governo nazionale non ha più le risorse per finanziare nulla, proprio nulla, e che inevitabilmente sarà costretto a un'organizzazione dei poteri diversa da quella che ha, se capiamo questo, pongo la domanda all'opposizione: "La finiamo di stare due mesi a discutere mozioni e facciamo leggi che aumentino i nostri poteri? Abbiamo il coraggio di approvare leggi che esprimano un bisogno di poteri maggiori sulle tariffe?".

Cito un esempio. Ha la forza questo Consiglio regionale di istituire l'Agenzia regionale dell'energia che, se l'avessimo avuta, oggi avrebbe messo il Presidente della Regione in condizioni diverse nella trattativa con l'Alcoa? C'è in altre Regioni. Abbiamo questa forza? Scriviamo dieci punti forza in cui noi diciamo: "La Sardegna cambia passo ed è questo!" Liberiamo le risorse che sono bloccate, le usiamo per il welfare nella transizione e diciamo al governo: "Dacci i soldi, non darli all'Alcoa, dalli a noi e convertiamo le aree!" Abbiamo la forza di essere uniti su questo?

Io sono convinto, signor Presidente, faccio parte della sua maggioranza, che per noi valga un graffito, che io ho sempre in testa, che c'è nel carcere dell'inquisizione di Palermo, scritto da un prigioniero che dice: pane, pazienza e tempo. La pazienza è finita, non la nostra, quella degli altri, il tempo si sta esaurendo e il pane scarseggia. Noi abbiamo bisogno di un cambio di passo. Non lei, noi insieme a lei, tutti, tutti!

C'è bisogno di un intervento rapido sulla scuola, c'è bisogno di un intervento rapido sul territorio, c'è bisogno di una capacità di decisione che non c'è! Ciò che ha detto l'onorevole Vargiu è vero. Non c'è. E noi domani, anche se qualcuno di noi andrà a marciare, tutti noi, colleghi dell'opposizione, tutti noi, verremo percepiti come controparte di quello sciopero! Perché? Perché facciamo analisi e non produciamo decisioni comprensibili, chiare, importanti. Scusate il tono, ma io sto vivendo una crisi morale rispetto all'esercizio di questa funzione perché mi ammazzo di lavoro e non riesco a capire perché non riusciamo a trasformare questa realtà e ci abbandoniamo a un'agonia!

Io non voglio agonizzare e penso che sia necessario uno scatto di coraggio, di competenza! Si tolga di torno, signor Presidente, tutti quelli che non sanno fare, se li tolga di torno, perché li paghiamo tutti noi! E io la difenderò in quest'Aula in qualsiasi modo, non le mancheranno i voti; ma chi non sa fare nell'amministrazione, in tutti i livelli, fuori! Fuori! Perché abbiamo bisogno di competenze, di forze; e lei deve negoziare con lo Stato il patto di stabilità e il resto, il fisco, con un'attrezzatura burocratica fortissima, che oggi non c'è!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, Presidente della Regione, Assessori, onorevoli colleghi, prima di iniziare il mio intervento vorrei leggere una notizia AGI delle 18 e 41: "Un operaio dell'Alcoa è finito al pronto soccorso con una contusione a un piede e un dirigente sindacale del Sulcis è stato urtato, assieme a un altro lavoratore, dall'auto condotta dal direttore della fabbrica di Portovesme". All'interno della fabbrica erano presenti tre dirigenti a cui gli operai, ovviamente presenti, hanno chiesto di uscire perché, visti i fatti delle ultime ore, la vertenza non si sblocca e quindi prosegue la loro protesta. Però, lo diceva prima anche l'onorevole Maninchedda, la tensione sale e la pazienza si esaurisce e in particolar modo, immagino, si esaurisca la pazienza di coloro che da mesi stanno manifestando, per giorni interi, per difendere il loro posto di lavoro. é. E poi l'episodio riportato dall'AGI delle 18 e 40 circa; e noi, naturalmente, ci auguriamo che episodi di questo genere non si verifichino più.

Tutti noi dobbiamo stare attenti perché la tensione sale di giorno in giorno, dato che stiamo parlando di operai, lavoratori, padri di famiglia che vedono messo a rischio il loro posto di lavoro. Domani, Presidente, proprio per questi motivi, quegli operai parteciperanno allo sciopero generale con altri operai dei comparti interessati dalle trenta vertenze, che lei ha detto essere aperte, con gli studenti, con i lavoratori del settore pubblico, eccetera, eccetera,.

Domani è un giorno importante. Domani 5 febbraio (come anche lunedì), speriamo in momento risolutivo, in un barlume di speranza nella vicenda che sembra non avere fine dell'Alcoa. Presidente, la crisi che colpisce non solo la nostra Regione, il nostro Paese, ma altre aree industriali d'Europa e del mondo, mette in discussione, certo come lei ha detto, il modello di sviluppo che è in parte superato. Superato perché quel modello di sviluppo, quelle imprese vogliono guadagnare sempre di più, pagare sempre di meno e avere profitti sempre più alti.

Dico questo perché nella piattaforma sindacale di domani, nelle stesse parole di molti colleghi, nelle stesse dichiarazioni del Presidente, ritrovo quello che molti colleghi in quest'Aula, in altre legislature (pochi forse rispetto ai tanti che si uniscono oggi al coro), dicevano sulla globalizzazione, sulle multinazionali, sulle imprese, venendo tacciati come estremisti di sinistra, pericolosi perché mettevano in discussione lo status quo, la libera impresa e il libero mercato anche quando ripetevano cose dette da premi Nobel, economisti a livello mondiale.

La Sardegna non sorride, eppure fa sorridere che questi argomenti, queste parole, questi ragionamenti, oggi siano utilizzati da coloro che a spada tratta hanno difeso quel sistema di sviluppo: guai a toccare la globalizzazione, guai a toccare il libero mercato, guai a toccare l'impresa e l'industria, perché, si diceva, meno regole, meno lacci e lacciuoli, meno vincoli, più libertà, consentiranno all'impresa di creare posti di lavoro, sviluppo e benessere per tutti.

Mi pare che queste certezze, che allora alcuni avevano, oggi siano smentite dai fatti: così come i fatti smentiscono le privatizzazioni, le più selvagge, le esternalizzazioni dei servizi, l'abbandono del ruolo dello Stato a favore della libertà più assoluta, perché dalla libertà di tutti, da quella libertà soprattutto delle imprese e delle industrie, si pensava che sarebbe nata la libertà per ogni singolo cittadino.

Presidente, si parla di un nuovo modello di sviluppo, ma per adottarlo non sarà sufficiente né andare a Roma, né venire in Aula a ripetere le dichiarazioni programmatiche, sistematicamente ogni mese. Abbiamo già sentito queste parole, abbiamo già sentito espressioni come "nuovo sviluppo" o "nuove opportunità", "nuove infrastrutture", "reti telematiche", "la crisi ci ha colpito", non siamo noi che siamo andati a raccontare che con un po' di fiducia e qualche voto ogni sardo avrebbe sorriso.

L'opposizione in questi mesi (ormai sommandoli stiamo arrivando a un anno), ha seguito una certa linea. Nel suo intervento l'onorevole Sabatini ha detto che all'interno del centrosinistra ci si interroga su quale opposizione bisogna fare. Non so quale opposizione si dovrà fare dopo venerdì, e dopo lunedì, so qual è il ruolo dell'opposizione e cosa ha fatto l'opposizione fino ad oggi.

Noi dell'opposizione non abbiamo mai utilizzato le vertenze aperte, le crisi, le manifestazioni dei lavoratori, le difficoltà contingenti quale strumento di battaglia politica nei suoi confronti; anzi, abbiamo detto che, proprio per quelle crisi, quelle difficoltà, quei tanti lavoratori che aspettano risposte, dovevamo impegnare ognuno di noi in uno sforzo collettivo, per dare risposte a quei lavoratori, a quei cittadini sardi, che da troppo tempo difendono il posto di lavoro e guardano a noi per ottenere appunto risposte ai bisogni, alle necessità e alle urgenze dell'oggi.

Voltare pagina, cambiare, è tutto scritto nel Piano regionale di sviluppo. Io non so se tutto sia scritto nel Piano regionale di sviluppo, so che io non l'ho condiviso, noi non lo abbiamo condiviso, ma se pure l'avessimo condiviso come voi che, immagino, avrete partecipato alla sua stesura, essendo parte fondamentale del programma di governo della coalizione di centrodestra, ebbene, né noi che ci siamo opposti, né voi che l'avete sottoscritto e votato, nessuno di noi ha potuto vedere realizzata, in un anno quasi di legislatura, un'idea presente in quel Piano regionale di sviluppo.

Il tempo passa, diceva l'onorevole Maninchedda, è vero, il tempo passa e passa velocemente, passa acqua sotto i ponti, ma di soluzioni, di risposte, di leggi approvate neanche l'ombra: due finanziarie, un collegato, l'altro collegato non l'abbiamo visto, un piano per l'edilizia dove da un lato si dice di voler tutelare l'ambiente, fare dell'ambiente una forza trainante dell'economia e dello sviluppo, dall'altro si consente di costruire nell'agro e sulle spiagge, le due cose insieme non reggono. Ebbene, noto anche che negli interventi dei colleghi sono spariti espressioni come "il governo amico", e una difesa a spada tratta dell'operato del Governo regionale.

Presidente, anche nelle affermazioni, nelle dichiarazioni, negli interventi in Aula si avverte la paura, il senso di incapacità nel rispondere ai problemi. E se prima poteva essere giustificato, o giustificabile, con argomentazioni pur utilizzate, e per un certo verso anche giuste, sostenere che "è da poco che si governa, lasciate che coloro che stanno al Governo prendano conoscenza dello status quo, dello stato dell'arte", ebbene se questi ragionamenti valevano alcuni mesi fa, oggi non valgono più, non possono essere più utilizzati. E persino i colleghi più avvertiti, con maggiore esperienza politica e di presenza nelle istituzioni, anche del centrodestra, avvertono questa difficoltà, e non utilizzano più argomentazioni di questo tipo, appunto perché dopo un anno di legislatura non possono più essere utilizzate.

Noi abbiamo alcune idee che, in parte, sono contenute nella piattaforma dei sindacati, è il documento che domani verrà diffuso, che è stato discusso e sul quale si fondano le basi dello sciopero generale di domani, 5 febbraio; però voi, nel condividere questa piattaforma, ne dimenticate alcuni punti.

Il primo punto riguarda il nuovo Statuto della Sardegna; ebbene, è a causa dell'opposizione di allora se la Sardegna oggi non ha un nuovo Statuto. Si può sempre recuperare, certo, ma il fallimento della procedura per consentire all'Isola di avere un nuovo Statuto non è sicuramente attribuibile all'opposizione di oggi, maggioranza allora, ma è attribuibile all'allora opposizione, oggi maggioranza, e oggi alla maggioranza, a voi, compete riprendere quel percorso, se c'è la volontà di farlo da parte vostra, perché non ci si può limitare sempre a una dichiarazione di intenti e di principi. Si prenda in mano lo Statuto, lo si riscriva, si corregga quello che c'era da correggere, si riveda quello che non si è condiviso a suo tempo, e si riprenda quel cammino interrotto non a causa nostra.

Il secondo punto riguarda i residui passivi; miliardi di euro che gridano vendetta da parte di tutti coloro che attendono risposta dalla macchina regionale e dalla politica regionale. Residui passivi che potrebbero dare sollievo, essere una valvola di sfogo per i tanti che attendono, fuori da quest'Aula e da questo palazzo, che noi si assuma decisioni importanti per il futuro e il benessere di coloro che oggi lavorano, e di coloro che vorrebbero avere un futuro lavorativo nei prossimi anni.

Sono bloccate anche le risorse destinate al Piano straordinario per il lavoro, contenuto anch'esso nella piattaforma dello sciopero generale di domani, ai provvedimenti di sostegno al reddito, alla lotta alle nuove e vecchie povertà, alle politiche attive per il lavoro; risorse che non vengono utilizzate, non si è fatto nulla, non si fa nulla, non si spende una lira e si accumulano, anche su questi settori, residui passivi senza dare risposte alle necessità e ai bisogni dell'oggi.

L'emergenza industriale, solo per citare alcuni dati, vede 11 mila lavoratori in cassa integrazione in deroga, solo nell'ultimo periodo, 90 mila prestazioni INPS di sostegno al reddito; a questi dati vanno aggiunti quelli relativi alla disoccupazione, all'emigrazione di cervelli, che non è più l'emigrazione di braccianti agricoli degli anni '20-'30, fino agli anni '50-'60, ma emigrazione soprattutto di giovani. Giovani per la cui formazione lo Stato, la Regione, hanno speso risorse, dalle scuole elementari, se non dall'asilo, alle medie, alle superiori, all'università, e poi i dottorati di ricerca, i Master di specializzazione, per regalarli a qualche paese estero che utilizza, gratis, questo patrimonio di conoscenze e di risorse.

Ebbene, l'unità nel confronto, l'unità, Presidente, con noi la troverà su questi temi che ho elencato, sapendo che noi aspetteremo domani, aspetteremo lunedì, per vedere una Sardegna che torna a sorridere (e sono pochi i sardi che ridono in questo periodo); dopo, ognuno per la propria parte, saremo impegnati nella battaglia per incalzare lei, il Governo regionale, la sua maggioranza, perché si faccia ciò che viene annunciato e scritto e che non trova mai applicazione, per cui non vengono mai spese le risorse, che pure ci sono, e che andrebbero spese per rispondere alle necessità, alle urgenze, ai bisogni per i quali tanti sardi soffrono in questi giorni e in questi mesi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Presidente, pochi giorni fa, lei era assente e me ne dispiace, si è tenuto un dibattito relativamente alle assenze e presenze all'interno di quest'Aula; siccome l'argomento di stasera non è meno valido, non è meno importante di altri, e in gioco c'è la vita di tanti lavoratori e delle loro famiglie, io credo che questo Consiglio abbia il sacrosanto dovere e diritto di partecipare attivamente.

A questo punto, in modo quasi inusuale, chiedo la verifica del numero legale, Presidente, perché ritengo che sia arrivato il momento di chiarire sino in fondo che la partecipazione ai lavori è uguale per tutti e non solo per una parte del Consiglio.

(Appoggia la richiesta di verifica del numero legale il consigliere Vargiu.)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri CAPPELLACCI e MANCA sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 63 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - AMADU - ARTIZZU - BARDANZELLU - BARRACCIU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - BRUNO - CAMPUS - CAPELLI - CAPPAI - CAPPELLACCI - CHERCHI - COCCO Pietro - CONTU Felice - CONTU Mariano - COSSA - CUCCA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA Mario - ESPA - FLORIS Rosanna - FOIS - LAI - LOCCI - LOMBARDO - LOTTO - MANCA - MANINCHEDDA - MARIANI - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MORICONI - MULA - MULAS - MURGIONI - OBINU - PITEA - PLANETTA - RANDAZZO - RASSU - RODIN - SABATINI - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - STERI - TOCCO - URAS - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU.

Poiché il Consiglio è in numero legale, proseguiamo i nostri lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.

PLANETTA (P.S.d'Az.). Presidente, Presidente della Giunta, Assessori, colleghe e colleghi consiglieri, la discussione di oggi credo debba rappresentare un momento significativo e qualificante per tutti noi, per l'intero Consiglio. Chi ha letto le interrogazioni del nostro Gruppo, del Partito Sardo d'Azione, e partecipato ai nostri dibattiti, sa che abbiamo già affrontato gli argomenti che trattano d'industria, di ambiente, di salute.

Oggi vediamo, perché siamo qui, di parlare anche di Alcoa ma credo solo apparentemente, colleghi, come abbiamo parlato a suo tempo di Eni, come abbiamo parlato già tante altre volte, e davvero poco utilmente, di tutte le iniziative pseudo industriali nate e cresciute sulla nostra terra con il fine ultimo, e mal celato, della speculazione e dell'inganno.

Il vero problema colleghi, Presidente, anzi Presidenti, Assessori, il vero problema di cui poco abbiamo parlato, e poco continuiamo a parlarne, sta nella parola "sovranità. Io credo che questo sia il nocciolo della questione, per cui questa di oggi non deve essere l'ennesima occasione per sputare veleni, o per tirare una coperta già troppo corta dai piedi alla testa o dalla testa ai piedi.

Vorrei che tutti, in quest'Aula, fossimo consapevoli che il popolo sardo oggi si aspetta qualcosa di più di un semplice rivendicazionismo, di urla, di lagne, che la gente ha imparato a conoscere e riconoscere per cui oggi a noi non presta più ascolto!

Anche oggi ho sentito qualcuno che annunciava ricette come una sorta di panacea per tutti mali, ma rilevo che da qualche legislatura si governa uno alla volta; e io voglio dire anche questo, presidente Lombardo, e cioè che in questo Consesso dobbiamo imparare anche ad avere uno stile di fare politica che consenta a ognuno di esercitare il proprio ruolo dignitosamente.

Presidente, non si può continuare a parlare, da soli, con questa confusione; se si continua così io chiudo l'intervento, lo lascio agli atti dandolo a chi di dovere.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Planetta, prego i colleghi di prendere posto.

PLANETTA (P.S.d'Az.). Quindi, la domanda sorge spontanea: che cosa si è fatto perché tutto questo non avvenisse? Perché è innegabile che l'epilogo di questa tristissima storia lo si conoscesse da anni, ma non da anni, da decenni. Allora colleghi, il parlare, il troppo parlare, le urla, gli strepiti, lo stracciamento delle vesti, non possono più rappresentare il bacino lustrale in cui ci si tuffa e a volte, troppo spesso, si sguazza. Per essere così assolti vergini, e tutti noi senza peccato!

Io vi domando: chi ha voluto l'industria pesante in Sardegna? A chi ha giovato realmente? E ancora: questo davvero rappresentava ieri e rappresenta oggi il nostro ottimale modello di sviluppo? Il presidente Cappellacci ci ha richiamato e ha richiamato la classe dirigente della Sardegna alle proprie responsabilità. Ebbene io colgo il suo invito, Presidente, in coscienza, e lo prendo davvero con il cuore, come fosse dato da un padre responsabile. Però ugualmente sono convinto che si è aspettato fino ad oggi troppo, troppo tempo, e che il problema lo si conoscesse da tantissimo tempo, e che fosse solo un problema di tempo prima che tutto ci esplodesse fra le mani!

Oggi, Presidente, a lei, a noi, è toccato il cerino acceso tra le mani e ne paghiamo lo scotto, e io come lei me ne voglio assumere le responsabilità, farmene carico come e quanto posso, senza fuggire le responsabilità, che pure poco mi appartengono. Ma io come voi sono un consigliere regionale della Sardegna, sento il peso della situazione, un peso ancora più schiacciante che mi deriva da questo ruolo. Anni fa precisamente già nel 2003, nel 2004, credo si sarebbe potuto affermare in quale anno (indicando il 2007, al massimo il 2008) all'incirca l'Alcoa avrebbe chiuso lasciando il Sulcis in "braghe di tela". Ci si poteva sbagliare solo di qualche anno ma non sull'evento. Io credo che il ciclo dell'alluminio in Sardegna sia destinato a scomparire, iniziando un velocissimo conto alla rovescia da quest'anno.

Già in anni lontani era evidente che una principale concorrente della Sardegna fosse un'altra isola: l'Islanda. I 103.000 chilometri quadrati dell'Islanda sono abitati solamente da 286.000 persone, in gran parte concentrate nella capitale. E' un'enorme isola, semidisabitata, repubblica indipendente esterna all'Unione Europea, dotata di enormi risorse idriche per produzione di elettricità, di calore geotermico in quantità illimitata e sfruttabile, data la sua attivissima natura vulcanica. Dalla metà del secolo scorso, le maggiori società produttrici di alluminio, ad iniziare dalla pioniera Alusuisse, operano nell'isola, nella quale si producevano al '93 oltre 260.000 tonnellate di alluminio, quasi una tonnellata per abitante, la più alta percentuale del mondo.

Era previsto nel 2010 l'aumento della produzione a oltre un milione di tonnellate annue; l'elettricità allora in Islanda si pagava 1,92 centesimi di dollaro al chilowattora, mentre in Italia, la più cara d'Europa, costava ben 6,52 centesimi di dollaro. Le tasse per l'industria sono bassissime, simili alle irlandesi, con le relative facilitazioni all'insediamento e alla gestione, senza i vincoli dell'Unione europea. Le grandi multinazionali si apprestano a produrre quantità di alluminio ancora più elevate e a costi concorrenziali, concentrando le produzioni e integrandole, dalle miniere al laminatoio, tagliando sui costi superflui del trasporto, accedendo a energia in grande quantità e a costi più bassi, eliminando il più possibile le spese di salvaguardia ecologica e sanitaria, allocandosi dove c'è meno democrazia, rispetto dei diritti umani, civili e sociali e dove si può inquinare massicciamente.

Non è un caso che la Cina stia aumentando velocemente le sue produzioni per diventare il primo produttore ed esportatore di alluminio. Resta quindi aperto il mercato del sud-est asiatico che si appresta a un grande sviluppo delle produzioni, uscendo dalla recessione globale. Il costo dell'alluminio cinese sarà più alto di quello importato, sia per la vetustà dei propri impianti e della tecnologia impiegata, ma anche perché le condizioni di lavoro e di sicurezza sociali, salariali e ambientali, oggi quasi schiavistiche e inquinanti oltre ogni misura, evolveranno certamente, causando un sensibile aumento dei costi.

L'Alcoa, per rispondere a queste sfide, ha comunicato alla fine di dicembre di aver siglato un accordo per mettere in marcia nei prossimi anni un gigantesco sistema integrato di produzione di alluminio in Arabia Saudita, investendo 10,8 miliardi di dollari in una joint-venture con la società mineraria saudita Ma'aden: l'Alcoa parteciperà al 40 per cento in un parternariato d'investimento che controllerà con il suo 20 per cento, lasciando ai sauditi il restante 60 per cento, prevedendo l'inizio della produzione, che avverrà in due tempi, per il 2014.

La raffineria del minerale, la fonderia e il laminatoio saranno stabiliti in una zona industriale di Raz Az Zawr, sulla costa orientale dell'Arabia Saudita, mentre una miniera di bauxite sarà coltivata a Al Ba'itha, vicino a Quiba. Per le prime produzioni, l'Alcoa fornirà l'allumina necessaria importandola dall'esterno, impegnandosi nella progettazione, costruzione e gestione per aggredire il mercato del sud-est asiatico, comprese la Cina e l'India. La scelta di allearsi con il Paese che possiede la più alta capacità energetica a basso costo, capitali infiniti e le zone semi abitate prospicienti l'India, si spiega anche con la possibilità di importare manodopera e tecnici in grande quantità, senza gli impedimenti delle legislazioni democratiche e civili, assenti nell'Arabia Saudita.

Questa ulteriore scelta dell'Alcoa conferma l'abbandono della Sardegna, ritenuta antieconomica e non più funzionale alle sue strategie globali. Ecco, questa è la realtà dei fatti, queste sono le prospettive reali cui devono guardare le nostre battaglie. Io credo, insomma, che si dovrebbe guardare la realtà per quella che è; per non subire un processo di decolonizzazione, che lascerebbe in Sardegna, e in particolare nella zona interessata, solo macerie e disincanto, occorre iniziare a progettare una via alternativa.

Tale via, a mio parere, passa anche per la definizione di un piano finanziato dallo Stato e dall'Unione europea, con una legge apposita.

Tale legge, come nel caso della riconversione di Bagnoli, dovrà stanziare adeguate risorse per rinaturalizzare e riconvertire il territorio inquinato con un programma che dovrà essere pluriennale e indirizzato a occupare manodopera e tecnici, invece che lasciarli a marcire con un sussidio.

Dovremo pensare insomma a un diverso sviluppo facendo rinascere l'agricoltura, il turismo, l'industria manifatturiera compatibile con la nuova vocazione della zona che, attraverso la realizzazione della zona franca di Portovesme, crei un nuovo regime fiscale per tutto il Sulcis-Iglesiente, in grado di attrarre capitali, tecnologia e competenze, in applicazione di quell'articolo 12 del nostro Statuto speciale.

Questa, a mio parere, dovrebbe essere l'azione da intraprendere, cessando di illudere la gente al fine di salvaguardare solo pochi interessi di un ceto che ha costruito le proprie fortune sull'onda dell'intervento industriale colonizzante, e cercando finalmente di fare gli interessi dei lavoratori, delle nuove generazioni e delle popolazioni, guardando al futuro.

E' certo che, in presenza del nulla come proposta alternativa, si fa bene a lottare con tutte le forze, almeno per ritardare le chiusure e per smascherare le reali intenzioni dell'Alcoa, costringendola a pagare pegno nella bonifica e reindustralizzazione del territorio che ha utilizzato per quasi mezzo secolo.

A volte si dice che quando viene chiusa una porta si apre un portone, bisognerebbe però prepararsi per tempo con un piano di bonifica, con una riconversione produttiva dell'intero territorio, pensando al futuro di intere generazioni e della nostra Nazione sarda.

Per ultimo è bene ricordare che sono state le produzioni delle industrie energivore (Alcoa, Glencore, Saras, chimiche varie) che, deformando il PIL sardo, hanno fatto uscire la Sardegna dall'Obiettivo 1 dell'Unione europea, causando un enorme danno a tutti i sardi, di una rilevanza negativa incalcolabile, ingiusta e punitiva.

Bisogna così, caro Presidente, come lei ha anche detto, pensare a nuove strade tutti insieme, in un rapporto veramente costruttivo, che non veda più né maggioranza, né opposizione, né centro, né destra, né sinistra, ma veda un'unica via che vada solo a favore di tutta la popolazione del nostro territorio, della nostra Isola.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Milia. Ne ha facoltà.

MILIA (U.D.C.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Vargiu)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri CAPPELLACCI e RANDAZZO sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Dichiaro che sono presenti 65 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - AMADU - ARTIZZU - BARDANZELLU - BARRACCIU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - CAMPUS - CAPELLI - CAPPAI - CAPPELLACCI - CHERCHI - COCCO Pietro - CONTU Felice - CONTU Mariano - COSSA - CUCCA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA MARIO - FLORIS ROSANNA - FOIS - GRECO - LADU - LAI - LOCCI - LOMBARDO - LOTTO - MANINCHEDDA - MARIANI - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MILIA - MORICONI - MULA - MULAS - MURGIONI - PERU - PIRAS - PITEA - PLANETTA - PORCU - RANDAZZO - RASSU - RODIN - SABATINI - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - STERI - STOCHINO - TOCCO - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU.

Poiché il Consiglio è in numero legale proseguiamo i nostri lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente o Presidenti, Assessori, cari colleghi, se la politica divide la polis dovrebbe unire, ma per unire e per aggregare bisogna avere i requisiti, soprattutto quell'ingrediente della vera politica che è l'ascolto o la parola come ascolto. E' vero che un certo modello di sviluppo è stato superato, ma l'alternativa non è la ripetizione di ciò che è universalmente superato. Io caro, Presidente, le do atto della sua sensibilità e anche del suo impegno, anche del suo nomadismo che terrò come positivo ma, Presidente, lei tratta con un Governo che promette ma non passa seriamente agli atti performativi. L'avvenire non è una rivisitazione del passato ma dovrebbe essere una progettazione unitaria, anche se frammentaria la maggior parte del tempo.

Nell'industria petrolchimica in Sardegna il sistema produttivo è un sistema integrato da Porto Torres al Sulcis, da Ottana ad Assemini e da Assemini a Porto Torres, Sarroch. Ogni stabilimento è funzionale all'altro e ogni volta che ne viene meno uno si corre il rischio di un catastrofico effetto domino. L'ENI controlla Syndial, Polimeri Europa, Vinyls e l'una produce le materie prime che servono alle altre per la propria produzione.

Stranamente, per quanto concerne la vertenza Vinyls, l'ostacolo alla ripresa della produzione è costituito dal prezzo troppo alto delle materie prime necessarie imposto proprio dall'ENI, ossia la stessa società che controlla Vinyls. I prodotti di queste tre industrie sono necessari al funzionamento dello stabilimento di Assemini di proprietà di Syndial, e le fabbriche di Porto Torres e di Marghera, a loro volta, senza le produzioni di Macchiareddu non possono andare avanti. La crisi passa anche per Ottana e Portovesme. Tutte le industrie petrolchimiche sarde sono legate le une alle altre, tutte direttamente o indirettamente sono legate all'ENI che pare abbia deciso di smantellare il settore petrolchimico dell'Isola.

A questo punto è necessario ricordare qual è il filo conduttore che, a detta dei dirigenti internazionali, unisce questa catastrofica crisi: il prezzo dell'energia. E veniamo al punto con qualche piccola ma necessaria premessa: in questo gioco d'incastri tra società e partecipazioni statali ossia l'ENI, Governo e multinazionali, analizziamo i vari pezzi del puzzle e vediamo di rimetterli in ordine.

Prima di tutto parliamo della legge approvata a luglio dell'anno scorso dal Parlamento, la legge numero 99 del 2009. La legge in questione prevede l'incontro tra produttore e consumatore di energia nei consorzi per la costruzione di nuove centrali nucleari a prescindere dalla loro collocazione; che si tratti di energia nucleare non c'è alcun dubbio dato che l'articolo 38 della legge promuove, cito "la ricerca e la sperimentazione nel settore energetico con particolare riferimento allo sviluppo del nucleare di nuova generazione".

Se pensiamo che Alcoa ha un fabbisogno energetico corrispondente alla produzione di una centrale elettrica di medie dimensioni, è chiaro il suo interesse al possibile coinvolgimento in questo nuovo affare milionario della costruzione di una o forse più centrali nucleari; circostanza che le permetterebbe di avere a disposizione, continuativamente nel tempo, l'energia di cui ha bisogno a prezzi probabilmente anche inferiori alla media del mercato nazionale.

In proposito si deve dire che, benché a un'interrogazione presentata a maggio del 2009 da diversi deputati sardi, sulla possibilità che la Sardegna fosse individuata quale sede idonea, il Ministero per lo sviluppo economico abbia risposto che, cito, "la collocazione delle centrali nucleari sarà oggetto di specifiche attività di definizione del Governo"; così non ha detto Fulvio Conti, amministratore delegato di ENEL, che in un convegno tenutosi a fine novembre nel suo intervento ha affermato che, cito, "ENEL sta pensando a modelli societari consortili per ciascuna unità, ossia per ciascuna centrale aperta ai grandi consumatori di energie, come industrie e consorzi di imprese, che potranno beneficiare di elettricità a prezzi vantaggiosi per tutta la durata dell'esercizio della centrale purché sia l'ENEL a mantenere una posizione di leadership". Aggiungiamo a ciò la costruzione del cavo SAPEI per il trasporto dell'energia da e per la Sardegna.

Ecco qui la risposta indiretta a quello che sta succedendo nel comparto industriale sardo; emerge un piano concordato tra ENEL, ENI, altre industrie, tra le quali ALCOA, e Governo: minacciare di creare la desertificazione industriale, fomentare la crisi e la disoccupazione in modo da costringere i sardi ad accettare le centrali nucleari sul territorio per fame e disperazione.

A conferma di ciò si può aggiungere qualche elemento. Prima di tutto il Governo finge di andare incontro ad ALCOA con un decreto legge sull'energia a prezzo agevolato che non risolve nulla, perché un decreto legge ha un'efficacia nel tempo di 60 giorni se non convertito in legge, mentre ad una nostra grossa industria come ALCOA occorrono tariffe agevolate certe nel medio e lungo termine.

Secondo, nella risposta scritta all'interrogazione presentata dai deputati sardi, risposta data il 12 ottobre 2009, Stefano Saglia, Sottosegretario per lo sviluppo economico, risponde riassicurando il deputato che, cito, "il Ministero dello sviluppo economico ritiene di poter assicurare che le decisioni, per il collocamento delle centrali nucleari negli specifici siti nel territorio nazionale, saranno assunte con il necessario consenso e coinvolgimento da parte delle autorità locali interessate".

Peccato però che la Conferenza Stato - Regioni abbia approvato il 28 gennaio 2010 un parere negativo sul decreto legislativo attuativo della legge numero 99/2009 che contiene le norme per la individuazione dei siti che dovranno ospitare le future centrali nucleari, e che lo stesso sottosegretario Stefano Saglia dichiari alla stampa, in antitesi con quanto risposto ai parlamentari sardi, che il Governo andrà avanti per la sua strada trattandosi di parere non vincolante.

In altri termini, il Governo può tranquillamente andare avanti con la sua politica energetica, senza rispettare la volontà della stragrande maggioranza delle autorità locali che non vogliono le centrali nucleari nel loro territorio. Peraltro, la legge numero 99 viola le norme costituzionali sulla competenza normativa concorrente Stato-Regioni e, al contrario di quanto afferma Mister Saglia, vi sono diverse sentenze della Corte costituzionale con le quali si ribadisce l'ineludibilità dell'intesa tra Governo e Regioni, quale pieno riconoscimento della funzione amministrativa delle Regioni su materie in cui queste esercitano il loro potere legislativo concorrente.

In particolare, la Corte costituzionale, con sentenza numero 383 del 2005, ha dichiarato incostituzionali numerose disposizioni della legge del 23 agosto 2004, numero 239, su "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia", per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione. L'unica forma di lealtà che ha il Governo nazionale è quella nei confronti delle multinazionali e delle lobbies dell'energia e dell'edilizia. Gli operai e i cittadini sono soltanto gli schiavi moderni da utilizzare e, se necessario, da sacrificare per la fabbricazione di fatturati miliardari e successiva spartizione tra tutti gli autori di questo ben orchestrato accordo di cartello tra multinazionali, Governo e ENEL, a costo anche della salute e della vita dei cittadini.

Senza farla troppo lunga, nel frattempo i lavoratori dell'ALCOA lottano con dignità e forza, perché sanno che la loro lotta è la lotta di tutta la Sardegna, di tutte le famiglie sarde ridotte sul lastrico dalla politica e dall'avidità di persone senza scrupoli nel cuore. La loro lotta è la lotta per la vita, perché, se si chiudono ALCOA e il comparto petrolchimico, non ci sarà più nessun lavoro per loro. La Sardegna è sotto saccheggio da parte degli stranieri con la complicità del Governo nazionale; e proprio chi dovrebbe difenderla tace e crede ancora alle favole del Governo nazionale, prima di addormentarsi per poi svegliarsi e trovarsi in una terra che avrebbe dovuto essere un paradiso e che, invece, è diventata un inferno.

Non cerchiamo, caro Presidente, altri modelli di sviluppo, perché lo sviluppo non è automaticamente welfare o benessere. Forse bisognerebbe iniziare a parlare di modello di decrescita, solo via la decrescita, attraverso la crescita, si può superare la crisi. Mi fermo qui e grazie.

PRESIDENTE. Comunico all'Aula che il consigliere Soru, che aveva chiesto congedo, è presente in Aula. Pertanto il congedo si intende revocato.

Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri CAPPELLACCI, CONTU Mariano e RODIN sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 61 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - ARTIZZU - BARRACCIU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - BRUNO - CAMPUS - CAPELLI - CAPPAI - CAPPELLACCI - CHERCHI - COCCO Pietro - CONTU Felice - CONTU Mariano - COSSA - CUCCA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA Mario - FLORIS Mario - FLORIS Rosanna - FOIS - GRECO - LADU - LAI - LOCCI - LOMBARDO - LOTTO - MANCA - MARIANI - MELONI Francesco - MILIA - MORICONI - MULA - MULAS - MURGIONI - OPPI - PERU - PIRAS - PITEA - RODIN - SABATINI - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - SORU - STERI - TOCCO - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU.

Poiché il Consiglio è in numero legale, proseguiamo i nostri lavori.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, io credo che, come premessa, sia necessario chiedersi se la politica è davvero ancora punto di riferimento, per quanto riguarda i cittadini, per risolvere le problematiche sociali ed economiche in cui versano la nostra Isola, il nostro Paese e, in generale, il mondo intero.

Ma stiamo alla nostra Regione. Era il 15 luglio del 2009 quando in quest'Aula si raggiunse un momento alto con la convocazione di un'Assemblea straordinaria del Consiglio regionale aperta alle parti sociali, datoriali e sindacali. In quel momento dovevamo confrontarci con un'altra minaccia di chiusura, che poteva mettere in crisi tutta la struttura industriale della Sardegna, cioè il ventilato blocco da parte dell'ENI, in quel di Porto Torres, degli impianti. Ci fu un momento, in quest'Aula, di grande unità con le parti sociali, che sfociò in una delega, piena e ampia, al Presidente di rappresentare l'istanza Sardegna nei confronti dello Stato centrale e l'impossibilità di poter recepire quell'atto di chiusura da parte dell'ENI.

In quella sede parlammo tutti, parlammo uno per Gruppo, relativamente al Consiglio regionale, parlò il rappresentante dell'Associazione degli industriali, quello dell'associazione delle Province sarde, dei sindacati, parlarono tutti. Ho riletto che cosa si disse in quell'occasione, e credo che per quanto ci riguarda stiamo replicando quegli interventi.

Ce ne furono alcuni significativi, parteciparono anche i deputati sardi, e qualcuno, in quell'occasione, disse che stavamo andando incontro alla costituzione di una "unità bambina" (riferendosi all'intervento di qualche collega), che andava educata con amore, non prendendola a ceffoni. Quell'oratore, era l'onorevole Pisano, concluse il suo intervento dicendo: "Prima viene la Sardegna, poi il centrodestra. Noi non dobbiamo essere disposti a cedere, neanche di un millimetro".

Sempre in quella occasione, riprendendo e, se ci fosse stata necessità, confermando questi principi, il Presidente della Regione disse: "Noi vogliamo affermare il nostro diritto di autoregolamentazione per il governo del territorio e per l'attuazione delle politiche di sviluppo. Lo diciamo con la convinzione che le ragioni sulle quali è fondata la nostra specialità, all'interno dell'ordinamento regionale della Repubblica, non costituiscono un indebito privilegio, ma una irrinunciabile conquista storica". Sempre in quella sede aggiunse: "La Sardegna non può subire un'aggressione economica di tale portata", riferendosi, appunto, alla ventilata chiusura e al fermo degli impianti in quel di Porto Torres.

Dicevo, un momento di grande unità. E fu una battaglia vinta che il Presidente condusse in quel di Roma, non come persona, ma come rappresentante di una Sardegna unita.

Oggi, dal 15 luglio del 2009, ci ritroviamo con una Sardegna non completamente unita. Domani, una parte della nostra società che era unita con noi sciopera contro di noi, sciopera contro il Governo centrale. Non possiamo dire che sarà una manifestazione di popolo unito, ma c'è una parte di popolo che richiama i suoi rappresentanti all'efficacia e all'efficienza delle sue azioni di governo, e questo non lo possiamo negare. Non lo possiamo negare perché, appunto, viene prima la Sardegna, vengono prima gli interessi generali, poi vengono il centrodestra o il centrosinistra.

Io concordo molto sul fatto che bisogna cambiare rotta, cambiare rotta nella politica di programmazione e di sviluppo, soprattutto; lo dissi in quella sede, come l'hanno detto tanti di noi, e mi ripeto dicendo le cose che dissi quella volta e che dissi nel 2000 sempre in quest'Aula: la chimica è finita in Sardegna ; dobbiamo chiedere pertanto allo Stato centrale un intervento serio, così come è stato fatto a Bagnoli o a Sesto San Giovanni, chiedendo la totale copertura finanziaria da parte dello Stato per gli interventi di bonifica ambientale dell'industria, dieci anni di programmazione e di interventi che saranno a nostra disposizione per studiare e programmare insieme una nuova politica di sviluppo economico per la Sardegna. Era il 2000, sono passati dieci anni.

Nel 2001 si parlò, sempre in questa sede, del risanamento ambientale e del ruolo dello Stato, della chimica e della grande industria che aveva finito il suo tempo, e dei contratti d'area richiamati anche in questa seduta come elemento importante per risolvere le crisi. Proprio in quell'anno , si chiese per la prima volta in quest'Aula, riferendosi a una parte del territorio, la costituzione di una Commissione d'indagine per verificare gli effetti dei miliardi di lire, e poi di euro, investiti nei contratti d'area, e quali benefici o elementi di sviluppo fossero derivati da quegli interventi.

Allora quell'Aula rifiutò la Commissione d'indagine, in un'altra legislatura il nuovo Consesso rifiutò la Commissione d'indagine, in questa legislatura se n'è parlato e si è ugualmente accantonata la proposta. E allora che cosa abbiamo dovuto aspettare? Che la Guardia di Finanza ci dicesse che quei contratti sono stati una ruberia costante di fondi pubblici, e gli atti della Guardia di Finanza sono finalmente a nostra disposizione. Cioè la politica è stata assente, non ha svolto il suo ruolo, e ci dobbiamo affidare a istituzioni terze per affermare o riscontrare l'inefficacia delle nostre azioni, delle azioni della politica.

Condivido, dicevo, che bisogna cambiare rotta, lo condivido ormai da dieci anni; condivido ciò che in quest'Aula qualcuno poc'anzi, nel suo intervento, ha detto: siamo ai limiti di una crisi personale, morale, di rassegnazione; condivido quando si dice che bisogna autodeterminarci, cambiare le regole, lo Statuto, che bisogna avere la forza di fare le riforme urgenti, che sono lo strumento dal quale si parte per una programmazione diversa e autonoma; sono d'accordo nell'accompagnare la fine di un sistema per crearne un altro.

Nella scorsa legislatura feci un esempio a seguito degli interventi compiuti sulla formazione professionale; il sistema era assolutamente da riformare, assolutamente da radere al suolo, non condivisi però il metodo adottato e dissi: "Qualsiasi buon padre di famiglia o buon imprenditore, nel momento in cui chiude una serranda, deve contestualmente aprirne un'altra", non si può mandare la gente per strada, bisogna indicare la via della chiusura e, nello stesso momento, costruire l'apertura della nuova serranda; questo è il compito delle istituzioni, perché non è colpa di quei lavoratori se la politica ha mal gestito la formazione professionale. Noi dobbiamo garantire continuità di lavoro, perché dietro quei lavoratori ci sono delle famiglie.

A questo punto interviene la programmazione: che cosa vogliamo fare del nostro futuro? E oggi di che cosa stiamo parlando? Dell'ennesima situazione di crisi industriale, sempre legata alla chimica, in questo caso all'ALCOA, ma non dimentichiamo Porto Torres, non dimentichiamo le difficoltà di Ottana, non dimentichiamo le difficoltà generali di un sistema nel quale noi ci siamo inseriti forzatamente, senza avere storia, senza avere capacità, senza avere infrastrutture, senza avere materie prime, o con scarse materie prime. Ci siamo inseriti in questo sviluppo industriale forzatamente, spinti dal di fuori, non facendo parte di quella storia di produzione e di sviluppo.

E qui interviene la politica, intervengono le nostre responsabilità. Mi ricollego a quello che qualche collega poc'anzi diceva: "Noi dobbiamo cambiare", e noi, maggioranza, abbiamo sicuramente una responsabilità maggiore dell'opposizione, che fa la sua parte. Sabatini ha spiegato come l'opposizione intende fare la sua parte, posizione condivisibile o meno ma legittima, in ogni caso legittima la posizione dell'opposizione che ci ha consentito di lavorare in questi mesi.

Come diceva il collega Maninchedda, non vorrei che anche queste mie parole inducessero poi a togliere il saluto; la critica costruttiva, all'interno di una maggioranza, serve perché ognuno di noi metta a disposizione degli altri la propria pur piccola esperienza, umile esperienza, per suggerire e partecipare, insieme ad altri, alla costruzione di un nuovo futuro.

E così, presidente Cappellacci, quando io in particolare a giugno dissi: "Presidente, siamo fermi, c'è qualche problema? Dobbiamo cambiare subito rotta?", mi si rispose, giustamente che cosa si pretendeva, che cosa una Giunta in tre mesi poteva fare eccetera Qualcuno, forse anche più di me, aveva il diritto e il dovere di guardare dalla finestra, osservare il cielo e capire se si prospettava una bella giornata o se c'erano nuvole all'orizzonte.

Sottoscrivo, l'ho detto, sottoscrivo pienamente, e va portata avanti, la proposta del collega Maninchedda: "Dobbiamo cambiare, e chi non "funziona" deve andare via", perché dobbiamo combattere le inefficienze, ma a quello che ha detto il collega Maninchedda aggiungo: "Stiamo attenti anche con chi cambiamo, perché si può cadere dalla padella nella brace". E su questa mia dichiarazione lascio libertà di interpretazione, nel senso che noi dobbiamo avere nelle nostre azioni di governo, di Giunta, di uomini e di donne, autorevolezza, preparazione e determinazione, non posso sicuramente sottoscrivere il fatto che ad oggi abbiamo manifestato con i nostri uomini e le nostre donne, tutte brave persone, persone stimabili, persone apprezzabili, ma l'elenco telefonico è pieno di queste persone.

Io ho sempre sostenuto che in una situazione così grave, non determinata sicuramente dal nuovo Governo, dal nuovo Presidente, da queste nuove forze politiche che guidano la Regione, ma da anni e anni, decenni di storia di questa Regione e della politica in generale, avevamo necessità di essere subito incisivi, e alcuni componenti della Giunta hanno dimostrato di avere la capacità, la preparazione, l'autorevolezza, anche in quest'Aula, per chiudere una finanziaria nei tempi dovuti. Ma per essere forti e uniti bisogna essere forti e uniti soprattutto all'interno di quelle istituzioni che si devono guidare, e secondo me, sotto questo punto di vista, noi abbiamo segnato il passo.

Confido, come altri colleghi, che ci sia un futuro, e che si sia ancora in tempo per cambiare, con una svolta nuova in quest'Aula. Io sono convinto della possibilità del dialogo con le opposizioni, ognuno nel suo ruolo. Io non farò mai parte di una coalizione di centrosinistra, però...

(Interruzione)

E' vero, mai dire mai. Questo è giusto, mai dire mai, però finché uno è eletto in uno schieramento non condivido il salto del fosso. Può succedere magari riproponendosi, la vita riserva tante sorprese che non possiamo prevenire, ma io dico che ognuno di noi nel suo ruolo riesce a dialogare, riesce a condividere, riesce ad ascoltare. Il fatto che noi qui ci stiamo ripetendo, dal 15 di luglio del 2009 ad oggi, significa che non ci siamo ascoltati e il fatto dell'Alcoa, guardate, secondo me poco ha a che vedere.

L'Alcoa, un'azienda con - mi si dice - 65 mila dipendenti nel mondo, non so quale importanza possa dare a un granello di sabbia costituito dai suoi investimenti in Sardegna; un'azienda che ragiona soltanto sull'utile, che ragiona in maniera spregiudicata, che ha fatto utili in Sardegna e continua a fare utili, che la politica e neanche il Santo Padre riescono a richiamare alle proprie responsabilità. Perché vedete bene che la società non si richiama alle proprie responsabilità, noi stessi non ci richiamiamo alle nostre responsabilità, perché chi ha molto non vuole cedere di un millimetro e dice: "Poveracci, stanno perdendo il posto di lavoro", ma quanti sono disponibili a tagliare parte del loro superfluo per poter aiutare quelli che non hanno neanche l'indispensabile? Quanti?

Quanti vogliono rinunciare, dei grandi imprenditori italiani o sardi, alla loro barca da 35 metri, manifestando la situazione di crisi della loro azienda e dicendo: "Devo licenziare perché non c'è lavoro"? Non rinunciano alla loro barca da 35 metri, che è una cosa superflua! Non c'è questa solidarietà, questa sussidiarietà, anzi chi più ha più vuole e noi non siamo estranei a questo discorso. Non lo siamo!

Noi in un momento in cui probabilmente era necessario continuare un'azione di razionalizzazione della pubblica amministrazione, tagliare enti, tagliare consigli di amministrazione, impostare sui direttori generali, impostare sulle agenzie l'azione di governo più diretta, rendere trasparente la pubblica amministrazione, tagliare i mille passaggi della pubblica amministrazione, perché questo vogliono i cittadini e le imprese, e quindi tagliare dei costi, badate bene, nella maggior parte dei casi superflui, nessuno di noi ha nominato un rappresentante negli enti regionali che non avesse il lavoro. Nessuno! Ma nominiamo sempre qualcuno che risponda a noi. Risponda a noi in che cosa?

Le dirigenze di cui diceva il collega Maninchedda sono anche queste, quelle da mandare a casa, perché sono semplicemente creazione di situazioni di consenso, non di attenzione alla gente, non di attenzione ai problemi, anche se gran parte delle volte sono delle persone stimabilissime, sono delle persone eccezionali, buone, ma totalmente incapaci nei ruoli in cui vengono destinate. Totalmente incapaci! E poi ci commuoviamo davanti a un operaio che perde il lavoro? Siamo ridicoli, siamo falsi!

Dobbiamo iniziare noi. E' da quel giugno, Presidente, che io aspetto risposte; e io sono uno, uno degli ottanta, che non fa cambiare una maggioranza o meno, forse. Forse, in varie occasioni anche uno è servito per fare una maggioranza. Perciò, dico, abbiamo, per quanto mi concerne, ancora quattro mesi davanti da qui a giugno per capire se in questi quattro mesi si manifesta realmente, al di là delle parole, la volontà di cambiare, di essere forti e di essere uniti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, io stasera non ho voglia di fare autocoscienza, per cui dico da subito che è vero che ripetiamo alcune delle cose che ci siamo detti anche il 15 luglio, in quella seduta solenne a cui ha testé accennato l'onorevole Capelli, ma non le ripetiamo perché non ci ascoltiamo, le ripetiamo, caro onorevole Capelli, perché finora chi doveva svolgere un certo ruolo, chi doveva fare delle cose non le ha fatte. Si è agito con grande inconcludenza e i problemi sono tutti aperti, anzi si sono acuiti e aggravati. Per queste ragioni noi ripetiamo le stesse cose che ci siamo detti il 15 luglio in quella seduta solenne. Oggi le agenzie di stampa titolano, leggo testualmente: "Cappellacci: 'Non si può fondare lo sviluppo della Sardegna su un modello superato'". Lettura corretta delle agenzie, ma io non sono assolutamente d'accordo. Non sono assolutamente d'accordo che il Presidente di questa Regione dica che l'attuale modello di sviluppo è superato.

Allora, sarò una voce stonata nel coro in quest'Aula, ma non sono d'accordo di partecipare al funerale dell'industria di quest'isola, al funerale dell'industria di base. Lo voglio dire con chiarezza e vorrei che chi è convinto del contrario lo dicesse con altrettanta chiarezza. Oggi il Presidente in qualche misura l'ha fatto, apprezzo la sua onestà intellettuale, ma io non sono assolutamente d'accordo su questa impostazione, perché c'è spazio, in un sistema come il nostro, per pensare anche ad altri settori merceologici che producono ricchezza, ma questo non si deve fare chiudendo l'attuale apparato produttivo.

Nessuno abbandona le industrie di base che abbiamo noi, i settori che abbiamo noi, lo dirò con qualche dettaglio più avanti se mi resterà tempo,. Non le abbandona nessuno nemmeno in Europa, non nel Terzo mondo, non le stanno de-localizzando nel Terzo o nel Quarto mondo; altri Paesi di questa Unione Europea investono risorse pubbliche importanti nella ricerca, investono nell'innovazione di processo e di prodotto, sviluppano le filiere di quelle produzioni di base e creano ricchezza, creano cultura del lavoro e non soltanto. Qui, invece, stiamo celebrando il de profundis. E' vero, qualcuno lo dice da tempo. Apprezzo la coerenza ma permettetemi, almeno in quest'Aula, di dire che non sono d'accordo nella maniera più assoluta.

Presidente, è vero, forse , che questo è uno dei momenti se non il momento in assoluto più acuto, più drammatico che sta vivendo l'apparato produttivo. Lo si deve, lo dico comunque con grande rispetto, anche all'inconcludenza con cui si è agito finora. Io non sono tra quelli che anche in queste ore appena trascorse apprezzano il lavoro svolto dal Governo e dalla Regione. Io do atto al Governo, do atto al presidente Cappellacci di impiegare gran parte del suo tempo per tentare di trovare una soluzione, ma questo non mi impedisce di dire che finora una soluzione non si è trovata. Qual è la ragione?

Quali sono le ragioni per cui non si è trovata una soluzione? Forse derivano anche dal fatto che non c'è assolutamente la convinzione di difendere e di consolidare e, peggio ancora, di sviluppare questo apparato produttivo. E quando non si è convinti di qualcosa anche le azioni che si mettono in essere sono deboli, creano sfiducia soprattutto in chi rappresenta quei settori perché questa non è una regione, non è un territorio attrattivo per quella gente. A partire dalle istituzioni e prima ancora dalla classe politica, non si mette in essere nulla per mantenere quei soggetti che investono anche risorse proprie e utilizzano a piene mani anche risorse pubbliche, certamente.

Noi rischiamo, scusate il tono, ma non riesco ad affrontare queste questioni diversamente, di essere alla conclusione di un ciclo che è durato quarant'anni; è un ciclo che in questa regione ha permesso la modernizzazione, ha fatto conoscere la cultura del lavoro e, se fossimo onesti con noi stessi, a destra e a sinistra, dovremmo riconoscere che quell'esperienza ha formato anche tanta parte della classe dirigente di quest'Isola. Una classe dirigente che siede ancora oggi in quest'Aula, siede nei due rami del Parlamento, ha avuto incarichi importanti nel Governo regionale in questi anni; ma non voglio continuare l'intervento in questa direzione.

Presidente, è vero, è una crisi drammatica, lo testimoniano pochi dati, li abbiamo ricordati, li voglio ripetere perchè sono anche alla base dell'iniziativa di lotta delle organizzazioni sindacali, le cui ragioni sono state condivise da tutte le forze politiche in quest'Aula. Ecco perché io mi chiedo (a me fa un po' specie sentire alcuni discorsi, per carità, anche interessantissimi) come si possano dire le cose che ho sentito oggi e, contemporaneamente, condividere il documento delle organizzazioni sindacali alla base dell'iniziativa di domani. C'è qualcosa che non va!

O non si è letto quel documento (non mi riferisco a te, Roberto), oppure è in atto un gioco di grande ipocrisia che serve, probabilmente, perché domani è necessario conquistare qualche titolo o qualche sottotitolo. Però, in questa regione in quest'ultimo anno, Presidente, lei lo sa bene, abbiamo perso 30 mila posti di lavoro, 20 mila nell'industria; il tasso di disoccupazione dopo parecchio tempo riprende a galoppare, siamo oltre il 13,3 per cento, eravamo scesi negli anni passati sotto le due cifre.

Gli occupati dopo tanti anni sono meno di 600 mila, era da almeno sei, sette anni che si attestavano tra i 605 e i 607 mila; questa è l'unica regione, l'unica in Italia, in cui il tasso di fiducia (non è un fatto di poco conto) delle imprese perde il 6 per cento mentre a livello nazionale cresce del 3 per cento Vorrà pur dire qualcosa.

E voi pensate che quella percentuale non aumenterà dopo questo dibattito? Dopo l'affermazione, autorevolissima, del Presidente della Regione che questo modello di sviluppo va superato? Ma con quali prospettive può stare in quest'Isola chi produce piombo e zinco, chi produce alluminio, chi produce altro, chi produce PET (per restare a Ottana), chi fa petrolchimica, chi produce cumene, chi produce fenolo, ma con quali prospettive! E' chiaro che continuerà ad aumentare il tasso di sfiducia delle imprese perché questa classe politica, questa Istituzione, questo Governo, non solo da oggi, per carità, non sono in grado di offrire un minimo di prospettiva per cui valga la pena di scommettere di stare in questa regione.

Allora, queste sono le cose che poi determinano, Presidente, anche un'altra questione di cui ci dovremmo vergognare. Certo, la povertà si vive sempre con grande dignità, i poveri sono molto dignitosi, lo sappiamo bene, non appartengono alla categoria evocata da Roberto Capelli poc'anzi, non hanno i 35 metri su cui passeggiare, però vivono con orgoglio, con dignità, non con orgoglio, con dignità, scusatemi, con grande dignità. Però, cari colleghi, in questa regione, lo ripeto, scusate il tono, i redditi medi da lavoro dipendente sono meno il 18 per cento della media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al Centro-Nord.

Una pensione Inps in Sardegna è pari a 614 euro al mese, la media nazionale è 795 euro, e sapete perché? Perché quei lavoratori negli ultimi vent'anni, negli ultimi venticinque anni hanno vissuto di cassa integrazione, di mobilità, e anche se hanno sputato sangue - scusate il termine, scusate l'espressione poco consona a quest'Aula - alla fine hanno una pensione che li farà vivere, sì, con quella dignità, ma poveri sino alla morte, perché di questo si tratta.

Questo è un Paese che non ha uno Stato sociale in grado di guardare e di incontrare quel bisogno e quella disperazione; questa è una Regione, per quanto discutiamo di queste problematiche, perché abbiamo posto queste questioni, vi abbiamo chiesto di pensare anche ad ammortizzatori sociali integrativi, che non è stata disponibile a stanziare un euro in quella direzione! Non vi abbiamo chiesto di surrogare il ruolo dello Stato, abbiamo chiesto interventi, strumenti, risorse di carattere integrativo e per un periodo limitato. Nulla! Ecco perché, secondo me, probabilmente, dovremmo esercitarci ad avere una maggiore onestà intellettuale ù.

Certo, presidente Cappellacci, non tutti questi mali provengono dalla metà del febbraio scorso, ci mancherebbe altro, l'ho ripetuto credo almeno 70 volte in quest'Aula, lo ripeto anche oggi, però questa Regione ha una dotazione infrastrutturale pari al 59,8 per cento della dotazione infrastrutturale nazionale. Questo divario ovviamente è una diseconomia, è una palla al piede, è una barriera architettonica per qualunque possibilità di sviluppo.

Allora, oggi sono stati evocati statuto, sovranità, altri strumenti che connotano una forte appartenenza e anche un senso forte dell'autonomia. Che cosa vogliamo fare? Continuiamo ad aspettare messianicamente le risorse del FAS, che non arrivano, per intervenire sulle bonifiche, per infrastrutturare meglio la nostra regione?

Fissiamo una data, diamoci una scadenza, all'indomani della quale, però, o noi saremo capaci di modificare quella situazione, oppure sarà il caso (lo chiedo a lei, Presidente, anche se resterò da solo), di pensare all'utilizzo di risorse proprie anche e soprattutto, come vi abbiamo già proposto, quelle provenienti dal nuovo quadro di entrate in vigore da quest'anno innanzitutto per dotare quest'Isola di infrastrutture che consentano, a chiunque voglia investire un euro di capitale di rischio, capitale proprio, di sapere che in questa regione ci sono condizioni eguali a quelle presenti in altri territori di questo Paese e dell'Europa.

Vi sfido su questo, anche questa è autonomia! Non è necessario riscrivere lo Statuto, alcuni strumenti li abbiamo. C'è un nuovo quadro di entrate, volete dirmi come intendete utilizzare quelle risorse? Io vi chiedo di utilizzarle in questa direzione perché altrimenti continueremo a raccontarci frottole al nostro interno. Caro onorevole Capelli, noi potremmo anche favorire l'insediamento dell'industria farmaceutica, o quella delle nanotecnologie, ma se non abbiamo un territorio infrastrutturato anche quegli insediamenti produttivi ovviamente avranno delle diseconomie strutturali e continueremo a "cantarcela" in quest'Aula. Questo è il problema!

Ancora, io le chiedo, Presidente, è vero, nel Programma di sviluppo regionale voi dite che difendete l'apparato industriale, c'è scritto. Io vi chiedo di essere conseguenti, voglio capire come date sostanza a quell'impegno, attraverso quali strumenti, quali risorse, dove sono allocate quelle risorse, qual è l'esigibilità di quelle risorse. Quando saranno esigibili.

E ancora, volete dirmi, per cortesia, qual è l'industria che volete difendere all'interno di questa vostra dichiarazione di difesa? E' quella metallurgica? E' quella chimica? E' quella petrolchimica? E' quella della filiera dalle plastiche? Le abbiamo tutte in questa Regione. Quale volete difendere e come la volete difendere? Ripeto, come le volete difendere?

Badate, la Francia, la Germania, l'Inghilterra, la Spagna, hanno queste produzioni; e nessuno di questi Stati le sta abbandonando. Neanche uno! Anzi, come dicevo prima, stanno investendo in ricerca per sviluppare quelle filiere, per avere maggiore valore aggiunto. Certo, sono d'accordo sul fatto che se resta in piedi solo l'industria di base, il valore aggiunto è poco. Lo so, lo sanno anche gli asini, scusate, ma noi su questo dobbiamo scommettere, dobbiamo misurarci con noi stessi. Cari colleghi, può darsi che io sbagli, nel caso sarò pronto a ricredermi, ma io vi prego di considerare le attuali produzioni come una produzione autoctona. Noi abbiamo tutto l'interesse a dire e a pensare che quelle sono produzioni nostre. Fanno parte del nostro DNA, vanno consolidate e sviluppate.

In quest'Aula oggi c'è il presidente Cappellacci, ieri c'era il presidente Soru, domani ce ne saranno altri, ce ne sono stati altri, in tanti hanno tentato, credo qualcuno anche con qualche idea interessante, di pensare a un modello di sviluppo diverso, però nessuno, ha pensato a un modello di sviluppo alternativo e dentro questa "alternatività" a cancellare l'esistente. So che replicherete dicendo che nessuno vuole cancellare l'esistente, ma così facendo di fatto lo si sta cancellando, vorrei che di questo ragionassimo.

Voglio pertanto richiamare alla vostra attenzione, brevemente, alcune altre questioni. Noi sappiamo tutti, Presidente, come lei, e prima di lei il presidente Soru, abbiate toccato con mano quanto sia difficile superare l'handicap del costo dell'energia: elettrica e termica, soprattutto elettrica. Io pongo una questione, Presidente, e cioè che è possibile, ed è ovviamente l'auspicio di tutti, che si trovi la soluzione per l'Alcoa, in questo caso, sì, siamo tutti ovviamente su quella barca a remi, non quella di 35 metri; ma una soluzione, Presidente, quand'anche avesse una durata di tre anni lei sa bene, come lo sapeva il presidente Soru, che sarebbe una soluzione provvisoria. Non sarebbe cioè quella soluzione strutturale che consentirebbe a quelli di cui ho parlato all'inizio di dire: "Bene, in Sardegna si può stare perché ci sono condizioni che lo consentono".

Allora, siccome siamo contrari al nucleare, parliamoci chiaro e anche qui evitiamo le elucubrazioni mentali, ma poiché non sono le energie da fonti alternative che possono rispondere a un fabbisogno di energia elettrica delle energivore, ma sono le energie da fonti convenzionali, la soluzione strutturale passa per lo sfruttamento del carbone.

Presidente, io la sfido su questo problema, e finisco perché purtroppo il tempo ormai è scaduto, vediamo come la Regione può partecipare direttamente alla costruzione anche in consorzio di una centrale alimentata a carbone stoccando la CO2 in miniera. Berlusconi ha dato 100 milioni al Veneto per sperimentare quella tecnologia. E' una vergogna! Una vergogna! E ancora, come intendete fermarla, se Alcoa intende andare via? Commissariandola? Che cosa attivate, un comodato attraverso la SFIRS? Parliamone di queste cose! Io sono pronto per quel poco che rappresento a mobilitarmi di fronte ad un progetto del genere, ma chiarisca fin da oggi nella sua replica, Presidente, attraverso quale strumento amministrativo e legislativo intende onorare questo impegno.

PRESIDENTE. Il Consiglio è riconvocato per martedì 9 febbraio, alle ore 17.

La seduta è tolta alle ore 20 e 53.



Allegati seduta

XCVII Seduta

Giovedì 4 febbraio 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 01.

CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 26 gennaio 2010 (90), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Daniele Cocco, Domenico Gallus, Marco Meloni, Pier Luigi Caria, Onorio Petrini, Pietro Pittalis e Renato Soru hanno chiesto congedo per la seduta del 4 febbraio 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di disegno di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:

"Norme sulla partecipazione della Regione autonoma della Sardegna ai processi decisionali dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari". (106)

(Pervenuto il 4 febbraio 2010 e assegnato alla seconda Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

CAPPAI, Segretario:

"Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta, sul commissariamento dell'Autorità dell'ambito territoriale ottimale della Sardegna". (225)

"Interrogazione Planetta, con richiesta di risposta scritta, sull'informazione, la tempistica, i modi ed i costi di realizzazione, gli eventuali vantaggi e svantaggi, e la eventuale compatibilità del gasdotto Galsi con la salvaguardia del territorio e della popolazione della Sardegna". (226)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

CAPPAI, Segretario:

"Interpellanza Capelli - Milia - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Oppi - Steri sul contratto pubblico di fornitura per l'attivazione del timbro digitale in Sardegna". (68)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

CAPPAI, Segretario:

Mozione SORU - AGUS - BARRACCIU - BEN AMARA - COCCO Daniele Secondo - COCCO Pietro - ESPA - SANNA Gian Valerio - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU sulla impropria ed arbitraria affissione di una targa commemorativa nel palazzo del Consiglio regionale senza una legittima deliberazione del Consiglio regionale. (37)

PRESIDENTE. Colleghi, poiché il Presidente della Regione mi ha comunicato di non poter essere presente all'ora stabilita per l'inizio dei lavori, a causa di un ritardo dei mezzi di trasporto aereo, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 05, viene ripresa alle ore 17 e 31.)

Dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sulla grave crisi industriale

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.

L'ordine del giorno reca le dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento consiliare, in attuazione dell'ordine del giorno numero 19, Bruno e più, sullo stato dell'apparato produttivo industriale sardo e sul suo progressivo indebolimento.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, onorevoli colleghi, la nuova Giunta è arrivata al governo della Regione in un momento difficilissimo, come è a tutti voi noto. La Sardegna attraversava e continua ancora oggi ad attraversare una crisi senza precedenti, legata da un lato certamente a una congiuntura internazionale difficile e, dall'altro, agli effetti ancora più gravi che questa congiuntura ha sul nostro sistema produttivo a causa della mancata soluzione di molti nodi dello sviluppo; nodi che, negli ultimi anni, non hanno avuto risposte compiute.

Lo dico spesso, e voglio continuare a ripeterlo, queste risposte sono mancate nell'arco di un periodo che copre gli ultimi vent'anni, come minimo. Sono dati oggettivi che non possono essere dimenticati perché hanno rappresentato la situazione di partenza dell'azione di governo affidata a un nuovo quadro politico. I problemi che la Giunta si trova a fronteggiare sono, quindi, complessi e le stesse soluzioni stanno comportando uno sforzo di coerenza tra distinti, anche se collegati, ambiti operativi.

Il primo ambito è quello riguardante i necessari e urgenti interventi anticiclici; necessari per contrastare le emergenze economiche e sociali, in larga parte conseguenza delle scelte passate attribuibili a un modello di sviluppo ormai superato; quello dell'avvio di un processo articolato di riforme della stessa Regione, da quella della semplificazione amministrativa a quella delle competenze, dai piani organici per la famiglia, per l'istruzione e la formazione alla riforma della sanità, che dovrà trovare, onorevoli consiglieri, sintesi nella riscrittura dello Statuto di autonomia.

E ancora quello dell'immediata azione di un programma strutturale che assieme alle stesse riforme sia funzionale a un nuovo modello di sviluppo della Sardegna, fondato su basi differenti, ma attento a dover gestire una complessa e delicata fase di transizione dal vecchio al nuovo modello. C'è poco spazio per le sterili contrapposizioni. La Giunta regionale è quotidianamente impegnata a esercitare il livello del più ampio confronto costruttivo con il Governo nazionale e quello della concreta partecipazione attiva di tutti i territori e delle forze economiche e sociali alle scelte di sviluppo.

Non vi sono dubbi che gli aspetti più difficili, più evidenti della crisi sono quelli che stanno colpendo la nostra industria di base. Una crisi senza precedenti che sta mettendo veramente a rischio e a dura prova la sopravvivenza dell'intero comparto metallurgico del Sulcis Iglesiente e quello della chimica, che interessa i poli industriali di Porto Torres, di Ottana e di Macchiareddu.

Il Governo regionale e quello nazionale stanno mettendo in campo ogni possibile azione e un impegno straordinario per contrastare gli effetti di questa crisi, per salvaguardare le attività produttive e le migliaia di lavoratori che vi operano. Su queste importanti partite aperte abbiamo chiesto e ottenuto dal Governo nazionale un tavolo permanente di confronto; è stretta la collaborazione con il MISE e sui casi più delicati, come è avvenuto per l'Alcoa, vi è il diretto interessamento della Presidenza del Consiglio.

Alcoa. La recente vicenda dell'Alcoa rappresenta forse l'emblema dello sforzo straordinario e dell'impegno forte e congiunto che il Governo nazionale e quello regionale stanno profondendo per difendere posti di lavoro e scongiurare la chiusura di produzioni strategiche non solo per la Sardegna, ma per l'intero Paese. Proprio sulla vicenda Alcoa, forse per la prima volta, si assiste a una sostanziale unità di vedute, a un insieme di sforzi comuni, dai cittadini, alle parti datoriali e sindacali, alla politica senza distinzioni di schieramento; unità e riconoscimento di un operato dei livelli di governo che, certamente, hanno fatto e continuano a fare tutto il possibile per portare al tavolo della trattativa risultati concreti, risposte puntuali ed esaudenti alle richieste che la multinazionale dell'alluminio ha fatto per non interrompere la produzione.

Purtroppo non è bastato. Non sono bastate né le risposte tecnico-giuridiche, quelle che assicuravano e assicurano una tariffa del tutto concorrenziale rispetto a quella dei principali competitors, né gli impegni assunti personalmente dal Capo del Governo italiano che, dopo aver rivolto un invito scritto alla multinazionale dell'alluminio a non abbandonare l'Italia, ha ricevuto da Manuel Barroso le più ampie rassicurazioni per un esame prioritario in sede di Unione Europea del dossier italiano sul decreto legge in materia energetica.

Per Alcoa tutto questo non basta e prosegue questo insensato gioco al rialzo. Si chiedono garanzie ancora più puntuali e date più certe e ravvicinate rispetto alla data ultima del 22 marzo, indicata dal Governo come data definitiva per recepire le eventuali osservazioni della Commissione europea al provvedimento;provvedimento che - voglio chiarire anche questo aspetto - non è stato ancora notificato perché si parte dal presupposto, l'abbiamo letto nelle agenzie questa mattina, che non si tratta di un provvedimento che va contro le norme sulla concorrenza e quindi come tale non deve essere notificato, ma è già all'attenzione (ed è stato confermato anche poche ore fa, mi risulta, dallo stesso commissario Kroes) dell'Unione Europea per la verifica a un tavolo tecnico perché, come vuole il giusto, leale e corretto rapporto tra istituzioni, ci deve essere quell'ambito, quello spazio di collaborazione che consenta di esaminare insieme lo stato dell'arte e arrivare alle soluzioni più adatte e più idonee per ottenere il risultato.

Allora, dicevo, un gioco al rialzo dell'Alcoa che non è più accettabile e non è tollerabile. E' poco rispettoso della dignità dei lavoratori, è poco rispettoso dell'impegno degli interlocutori istituzionali. Dinanzi ai provvedimenti concreti del Governo, alla mobilitazione del popolo sardo, all'appello del Santo Padre, i vertici della multinazionale avrebbero dovuto dare segnali diversi di affidabilità, non chiederne agli altri di ulteriori.

Oltre queste riflessioni, consentitemi di fare una riflessione su quello che è successo nelle ultime ore, in particolare sulla lunga notte che abbiamo vissuto tutti quanti con un coinvolgimento emotivo e con una speranza nel cuore e nell'anima che, purtroppo, al momento si è rivelata vana. Io in quelle ore ero al tavolo del Governo, ma soprattutto ricordo e voglio ricordare le ore successive, quelle passate con i lavoratori, sotto una pioggia battente, sino alle prime luci dell'alba.

Vi assicuro che vedere la grande dignità di tante persone (mogli che avevano accompagnato i mariti, lavoratrici) stata una lezione, per me prima di tutto; una lezione che vi voglio trasferire, ma come elemento costruttivo e propositivo, fuori dalle affermazioni di maniera e anche stando attento a non cadere assolutamente nella frangia della demagogia. Credetemi, lo dico con assoluta sincerità: vi comunico un sentimento che ho provato.

Queste persone di grande dignità, che hanno certamente diritto al massimo rispetto e al massimo impegno, di fronte a quello che succedeva dicevano: "Presidente, noi non ci muoviamo, restiamo qui", e lo hanno fatto sino all'ultimo, senza creare alcun problema alle forze dell'ordine, che potranno confermarlo, semplicemente testimoniando un bisogno estremo di una risposta di vita relativa al lavoro.

Anche per questo motivo, per quanto l'impegno fosse già massimo, oggi io sono ancora più coinvolto, emotivamente coinvolto, e anche per questo motivo credo fosse importante che in rappresentanza di tutti i sardi, di tutti voi, io fossi presente al fianco di quei lavoratori a testimoniare questa vicinanza.

Confermo al Consiglio regionale che, come ampiamente documentato dai resoconti della stampa, la trattativa si è conclusa con un rinvio per le decisioni definitive a un prossimo incontro fissato per l'8 febbraio, anche per consentire una missione all'amministratore delegato della divisione di Alcoa Italia negli Stati Uniti. L'8 febbraio, in ogni caso, dovrà essere un momento conclusivo rispetto alla posizione di Alcoa che dovrà definitivamente sciogliere ogni riserva e decidere se intende abbandonare l'Italia o continuare la produzione. Appare evidente e scontato che non sarà tollerata alcuna azione unilaterale di Alcoa prima di quella data. La posizione del Governo nazionale e di quello regionale è molto netta e dura rispetto a ipotesi di questo tipo.

Se a fronte delle soluzioni adottate e degli impegni assunti e presi in sede europea la situazione non dovesse essere risolta e l'Alcoa, benché non abbia alcuna ragione per farlo, dovesse fermare gli impianti, adotteremo le misure più drastiche. Avvieremo le procedure per ogni opportuna verifica della situazione ambientale e sanitaria; saremo al fianco del Governo e al fianco delle organizzazioni sindacali dei lavoratori per mettere in campo tutte quelle iniziative che siano idonee a ottenere il risultato della salvezza dello stabilimento, e ciascuno si dovrà assumere le proprie responsabilità.

I rappresentanti sindacali, in particolare il rappresentante della CGIL hanno chiesto al Governo che si arrivasse sino alla requisizione degli impianti. Se la strada dovesse essere questa, cioè quella dura, quella di costituire in mora la multinazionale per l'escussione della garanzia, di avviare tutte le azioni legali che possono essere propedeutiche in caso di mancato adempimento anche a un sequestro degli impianti, noi saremo certamente a fianco del Governo in questa azione.

Se il caso Alcoa è l'emblema dell'impegno sistematico e dello sforzo straordinario che le massime istituzioni stanno compiendo, non va dimenticato che questo stesso impegno sta interessando non solo l'Alcoa, ma tutto il settore metallurgico del Sulcis-Iglesiente e quello della chimica che interessa i siti industriali di Porto Torres, di Ottana e di Assemini.

Abbiamo molte altre vertenze in corso, sono più di trenta, ma voglio citare solo quelle, come dire, che hanno avuto anche maggiore risalto sulla stampa e che per le dimensioni, soprattutto per i rilievi occupazionali che comportano, sono quelle più gravi.

Partiamo dall'Eurallumina, impianto con sede in Portoscuso, l'unica impresa in Italia di trasformazione della bauxite in allumina. La società, come è noto, nel corso dei primi mesi del 2009, avendo subito gli effetti negativi della crisi economica, imputabile in particolare al crollo della richiesta di alluminio primario e delle quotazioni di metallo, ha deciso la sospensione della produzione. In data 27 aprile dello scorso anno è stata concessa, per crisi, a 350 dipendenti la cassa integrazione guadagni straordinaria con scadenza il 27 aprile 2010.

Qualche segnale positivo della ripresa del mercato, confermato dagli stessi azionisti della Rusal, fa ben sperare per una ripresa dell'attività produttiva, anche se al momento ancora si parla di un'ipotesi di rinnovo della cassa integrazione per un altro periodo.

Nel corso di un recente incontro a Palazzo Chigi è stato fatto il punto sul protocollo d'intesa siglato il 27 marzo. Il Governo nazionale e quello regionale sono impegnati a trovare le più adeguate soluzioni per assicurare la ripresa produttiva, con particolare riferimento alla riduzione dei costi energetici e alla individuazione di un nuovo sito di stoccaggio dei fanghi rossi, che è la vera criticità di quell'impianto. Come soluzione strutturale per l'abbattimento dei costi energetici sono in corso approfondimenti riguardanti la proposta della società di realizzare un impianto di cogenerazione per la produzione di vapore di energia elettrica che sarebbe alimentato a metano, a completamento degli interventi di realizzazione del metanodotto del Galsi. Nel breve periodo la stessa Eurallumina potrebbe beneficiare dei livelli tariffari introdotti dal recente provvedimento legislativo varato dal Governo.

Più problematica, come dicevo, la situazione riguardante l'individuazione di un nuovo sito di stoccaggio dei residui di lavorazione. Allo stato attuale l'ipotesi più plausibile e oggetto di approfondimento è quella che prevede un'espansione dell'attuale bacino verso il mare con un marginamento e ampliamento della linea costiera mediante utilizzo di sabbie da scavo portuale e strutture di tenuta.

Ancora la Portovesme Srl, che in termini di occupazione assume dimensioni ancora più grandi di quelle che ho appena citato, localizzata sempre a Portoscuso per la produzione, come sapete, di zinco e piombo. Il rilancio delle attività, anche in questo caso, passa per una riduzione degli elevati costi energetici. Nel mese di novembre del 2009 è stato siglato un verbale d'intesa per la realizzazione di un progetto di parco eolico di 28-30 pale all'interno del Consorzio industriale di Portoscuso. Pochi giorni fa si è tenuta la Conferenza di servizi che ha valutato in termini finali la proposta. Sono emerse alcune criticità che però, mi hanno comunicato ieri, sono sostanzialmente in via di risoluzione e quindi da quel punto di vista siamo ottimisti e fiduciosi.

I poli chimici. Nel mese di luglio del 2009 con il ministro Scajola è stata firmata una fondamentale intesa per le sorti della chimica in Sardegna. Un'intesa che ha evitato la fermata dell'impianto principale del sito industriale di Porto Torres, quello del cracking, da cui dipendono le sorti della gran parte degli impianti chimici regionali ad esso collegati. Nel contempo sono state poste le condizioni operative per salvare prima di tutto la filiera del cloro e dei cloro derivati, gli impianti di Porto Torres e di Assemini, evitare quindi il fallimento della Vinyls Italia con la nomina di tre commissari e, infine, evitare la chiusura dello stabilimento della Equipolymers di Ottana.

Con riferimento al sito di Porto Torres va in particolare sottolineato che, a seguito dell'intesa di luglio, nel mese di ottobre è stato siglato un accordo tra il gruppo Eni e le partecipate Polimeri Europa e Syndial e le organizzazioni sindacali di categoria sulle prospettive industriali del sito. L'accordo, oltre che confermare la prosecuzione dell'attività dell'impianto di cracking, che verrà condotta secondo un assetto funzionale alle esigenze degli impianti petrolchimici della Sardegna, prevede il mantenimento degli attuali livelli produttivi della gomma, degli aromatici e del polietilene, il mantenimento degli organici degli impianti di cumene e fenolo che, per una fase transitoria, esattamente sino a giugno del 2010, verranno mantenuti in stato di conservazione attiva in attesa della ripresa di mercato. E ancora si prevedono importanti investimenti per circa 100 milioni di euro per il sito petrolchimico e 150 milioni di euro per la realizzazione di un centro logistico per prodotti petroliferi.

Verranno inoltre avviati programmi di bonifica per un impegno economico previsto di circa 530 milioni di euro. E, con riferimento alle bonifiche, vi anticipo che è mia intenzione chiedere al Governo che il Presidente della Regione sia nominato commissario per le bonifiche al fine di poter procedere verso quella direzione nei tempi più rapidi possibili e col maggiore governo possibile delle criticità.

Vinyls Italia, localizzazione a Porto Torres, produzione di VCM e PVC. Sono in corso di avanzata definizione, come leggete sulla stampa, trattative per la vendita alla compagnia petrolifera del Quatar, la Ramco, dell'intera filiera del cloro e dei cloro derivati. Non solo gli asset produttivi della Vinyls di Porto Torres ma anche gli impianti ancora di proprietà Eni di Assemini. La trattativa procede. Sull'affidabilità della Ramco il MISE ha ottenuto pareri positivi da più parti e l'ENI si è mostrata disponibile e favorevole a consentire l'acquisizione dell'intera filiera del cloro da parte di tale multinazionale. Giudizio quindi certamente positivo e ottimista per una favorevole conclusione della trattativa, per l'immediato rilancio del settore che potrà anche esso beneficiare delle nuove misure di abbattimento dei costi energetici.

Equipolymers, localizzazione Ottana, produzione di PET. Anche in questo caso è in fase di avanzata definizione una trattativa per la cessione degli impianti dell'Equipolymers al gruppo tailandese Indorama, fra i principali operatori mondiali nella produzione e commercializzazione del PET. I principali impegni assunti e gli ostacoli da superare sono principalmente tre, anzi quattro. Prima di tutto le migliori condizioni di approvvigionamento della principale materia prima, il paraxilene prodotto in Sardegna da Polimeri Europa, l'abbattimento dei costi energetici con l'autorizzazione alla realizzazione di una centrale di cogenerazione a metano da 400 megawatt e di una centrale di produzione solare termodinamica, gli interventi del governo regionale e quello nazionale presso Trenitalia per il ripristino entro il primo semestre del 2010 della linea Civitavecchia-Golfo Aranci e, infine, la riduzione dei costi delle utilities dei servizi dell'area industriale gestita dal Consorzio ASI.

Sono in corso in questi giorni gli incontri ai tavoli tecnici finalizzati proprio alla soluzione di questi problemi e, anche rispetto a questa procedura, mi sento di poter dire che siamo ottimisti poiché è in fase avanzata l'individuazione delle soluzioni.

Ma la crisi non è solo quella dei comparti del metallurgico e della chimica di base, purtroppo investe anche altri importanti comparti della nostra economia ed altre importanti imprese: la Legler, la Queen, la Otefal, la Rockwool, la Keller, l'ex zuccherificio di Villasor, la Cardnet, solo per citare alcune, forse le più note. Sono oltre 30 le vertenze in corso per superare la crisi e scongiurare la chiusura degli impianti. Per poter affrontare al meglio questa difficile situazione, come previsto dalla prima finanziaria del 2009, abbiamo istituito e dato immediata operatività a un Comitato interassessoriale coordinato dalla Presidenza che ha il compito di gestire queste situazioni di crisi.

Grazie a questa attività stiamo affrontando in modo sistematico l'emergenza dei nostri poli industriali...

PRESIDENTE. E' scaduto il tempo, Presidente.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Se l'Aula mi consente di proseguire...

PRESIDENTE. Prego, Presidente, l'Aula è d'accordo.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Ringrazio il Presidente e gli onorevoli colleghi. Sono state accelerate, ancora, le forme di tutela dei lavoratori riguardanti tutte le procedure per l'attivazione degli ammortizzatori sociali, ordinari e in deroga, e ancora si susseguono gli incontri per scongiurare la fermata di importanti impianti produttivi e per la individuazione delle possibili soluzioni. Sono state inoltre avviate le iniziative per realizzare gli interventi a sostegno delle aree di crisi varate dalla finanziaria del 2009, con una prima applicazione per i siti di Tossilo, Portovesme, La Maddalena e Porto Torres, e una disponibilità di 10 milioni di euro all'anno dal 2009 al 2012.

E' in corso quindi una delicata fase di gestione della crisi industriale. Sono state già date importanti risposte e altre sono in corso di definizione, anche grazie alla proficua collaborazione con il Governo nazionale. Ma bisogna prendere atto che troppo spesso si lavora per arginare situazioni di crisi dell'industria di base frutto di un modello ormai superato. Per questo motivo le urgenze imposte dalla crisi non ci hanno impedito di porre le basi per la costruzione di nuovi scenari che devono consentirci di guardare con nuove prospettive e opportunità allo sviluppo di quest'isola.

E' certamente vero che dobbiamo tutti insieme continuare a batterci con determinazione per trovare soluzioni alla crisi che sta colpendo in modo così duro la nostra industria di base; ma credo non vi possano essere dubbi sul fatto che non possiamo più fondare il nostro sviluppo, il nostro modello di sviluppo su questo tipo di impostazione. Le dinamiche competitive internazionali dell'economia stanno, progressivamente e inesorabilmente, portando quelle produzioni a concentrarsi in altri Paesi ricchi di materie prime, di disponibilità energetiche, di mano d'opera e forza lavoro a costo molto basso. Condizioni rispetto alle quali, in prospettiva, forse non abbiamo concreta possibilità di avere un vantaggio competitivo.

Allora abbiamo la responsabilità di guardare oltre, di incominciare a lavorare sin da oggi per quella che sarà la Sardegna del futuro gestendo una difficile fase di transizione che, però, ci dovrà portare a dare attuazione a una nuova strategia di sviluppo. E' proprio quello che con la nostra azione di governo stiamo facendo e che nei prossimi mesi intendiamo fare con sempre maggiore impegno e coerenza di obiettivi e azioni concrete.

Il ruolo centrale della persona, dell'impresa, dei territori, dello sviluppo locale, rappresentano, come sapete, il nostro principale approccio di discontinuità rispetto al passato. La Sardegna deve progressivamente cambiare pagina rispetto al passato, ma lo deve fare in modo non traumatico. Serve l'impegno di tutti per gestire una indispensabile fase di transizione e porre le basi per l'affermazione di un nuovo modello. I nuovi indirizzi strategici hanno già trovato una prima formulazione nel Programma regionale di sviluppo, ma è indispensabile andare oltre il riferimento temporale della legislatura (quello a cinque anni del PRS) rendendo funzionali questi obiettivi di legislatura a quelli di un piano strategico di portata almeno decennale.

Questo nuovo approccio ha portato alla costituzione, nello scorso mese di settembre del 2009, del Comitato Governo-Regione istituito con D.P.C.M. nel mese di luglio dello scorso anno. Un Comitato Governo-Regione quale sede di confronto permanente per il coordinamento delle iniziative di sviluppo della Sardegna, con l'obiettivo di ricondurre a una visione strategica di insieme le complesse problematiche che interessano i principali nodi dello sviluppo della Sardegna entro una prospettiva pluriennale di medio termine.

Nei confronti del Governo nazionale abbiamo già portato alcune priorità di fondo, e ve le voglio indicare seppure velocemente. Sono attività che servono per orientare le azioni del Comitato e sono priorità coerenti e funzionali con gli obiettivi della legge delega in materia di federalismo fiscale che potranno trovare concreta attuazione con i decreti legislativi in corso di definizione. Prima di tutto la perequazione infrastrutturale, legata alla specificità insulare della Sardegna, con l'obiettivo della definizione dei parametri oggettivi relativi alla misurazione del divario infrastrutturale che nasce proprio dalla condizione di insularità, e tutto questo al fine di assicurare una effettiva continuità territoriale.

Ancora, la individuazione degli interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, a rimuovere squilibri economici e sociali e a favorire l'esercizio dei diritti della persona. Il tema della fiscalità di sviluppo che ci interessa in modo particolare e che riguarda la creazione di nuove attività di impresa. E ancora, ultimo ma non meno importante, la chiusura della partita ancora aperta relativa alle nuove entrate e alla collegata questione del Patto di stabilità. Sono questioni di fondo che hanno una diretta rilevanza sulle nuove scelte di politica economica e sociale che la Giunta sta portando avanti.

Usciti dalla crisi ci attendiamo una forte espansione del mercato mondiale nel medio periodo, grande è la parte di essa che si esprimerà con una domanda di qualità elevata, con disponibilità a pagare prezzi elevati. Esistono quindi notevoli opportunità per chi saprà esprimere prodotti e servizi di grande qualità, che incorporano alta tecnologia, ottimo design, e con caratteristiche di originalità legate alle nostre radici, alle nostre origini culturali, storiche, artistiche, ambientali e alle tradizioni che fanno la storia di un popolo.

Bisogna ancora gestire la transizione, non breve, che ci separa da questa nuova realtà di un mercato mondiale molto più ampio, con modelli di consumo qualitativamente più elevati per la partecipazione dei paesi emergenti che, già da oggi, manifestano elevatissimi tassi di crescita. La fase di transizione è difficile ed è esattamente quella che stiamo attraversando, ma nel frattempo con ottimismo e decisione abbiamo avviato un percorso preciso per cogliere le opportunità che questi nuovi scenari dell'economia globale potranno dare appena ci sarà la ripresa.

Governo nazionale e regionale concordano sull'esigenza fondamentale di far convergere il reciproco impegno e le conseguenti politiche di intervento in modo coordinato e coerente, entro un nuovo modello di sviluppo finalizzato a colmare ritardi essenzialmente materiali e infrastrutturali, immateriali e materiali, e consentire alla Sardegna di partecipare a questa competizione su scala globale.

Vi sono alcune indispensabili precondizioni per affermare questo nuovo modello, e sono quelle precondizioni alle quali stiamo lavorando a quel tavolo; ve ne voglio citare alcune, le più importanti. Il completamento delle infrastrutture materiali dell'isola, riguardante in particolare i sistemi della mobilità interna e quella dei collegamenti da e per la Sardegna, entro una nuova prospettiva di effettiva continuità territoriale; il potenziamento delle infrastrutture telematiche, rispetto alle quali la Sardegna, per le azioni intraprese e per una serie di importanti iniziative in corso, presenta già un quadro di grandi potenzialità da valorizzare; ancora, l'avvio di un processo di progressiva trasformazione del territorio, anche grazie alle ricadute dell'attività di ricerca e di innovazione tecnologica in un territorio intelligente, progettato con l'obiettivo di aumentare l'efficienza energetica diminuendo l'impatto ambientale con sistemi sempre più evoluti di conservazione e valorizzazione sostenibile, anche a fini turistici, e per cogliere appieno le opportunità della cosiddetta green economy.

Su questi aspetti, il reciproco impegno Governo-Regione si è già tradotto in fatti concreti che riguardano l'intesa quadro generale sulle nuove opere strategiche regionali in materia di viabilità, portualità, schemi idrici e sistemi metropolitani, già sottoscritta nello scorso mese di ottobre, e che ha costituito il primo tassello per ottenere poi il risultato finale sulla Sassari-Olbia. Un importante accordo quadro per la Sardegna digitale, in materia di estensione e potenziamento della rete telematica, scuola digitale, e-government, che sarà sottoscritto nei prossimi giorni. Ancora, la riscrittura del piano energetico ambientale, e la definizione delle nuove linee guida per lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile.

Queste essenziali precondizioni diventano parti integranti e sostanziali di un nuovo modello di sviluppo, in quanto rappresentano riferimento indispensabile per consentire una progressiva trasformazione del nostro sistema produttivo - e mi avvio alla conclusione, gentili colleghi - una trasformazione del sistema produttivo che sia imperniata sul consolidamento e il rilancio dei comparti manifatturieri leggeri che, storicamente, già rappresentano i nostri punti di forza per la presenza diffusa di un tessuto di piccole e medie imprese; imprese che vanno aiutate a superare gli effetti negativi della crisi, in modo tale da poterci far trovare pronti appena ci saranno i primi segnali della ripresa.

Questi comparti sono in particolare quelli del marmo e del granito, quello sughericolo, quello agroalimentare, quello della nautica; comparti sui quali dobbiamo concentrare i nostri sforzi per sollevare il livello della qualità della produzione, favorire l'internazionalizzazione delle nostre imprese, e la loro competitività nel mercato globale.

Ancora, sull'attrazione e ampia diffusione di nuove attività manifatturiere leggere, a basso o nullo impatto ambientale, e servizi del terziario avanzato ad alto valore aggiunto, con particolare riferimento a quelli che oggi possono essere definiti gli ambiti più promettenti per la nostra Isola, grazie anche agli investimenti che sono stati effettuati in ricerca e alle eccellenze che sono presenti sul nostro territorio. Penso al settore dell'ICT e delle tecnologie della rete, al settore della biomedicina e delle tecnologie della salute, alla filiera energetica, le energie rinnovabili e l'economia verde.

Il potenziamento delle infrastrutture telematiche e dei connessi servizi di ICT, la biomedicina, le tecnologie della salute e le nuove opportunità delle energie rinnovabili e della green economy possono essere davvero la chiave di volta per l'affermazione di nuovo modello, diffuso territorialmente in modo equilibrato e integrato, capace di creare ricchezza endogena e nuova occupazione per la nostra forza lavoro.

E' un nuovo modello che ha una forza sostanziale di base rispetto all'attuale modello e allo spettacolo al quale stiamo assistendo. Un modello che sia basato su un concetto di fattori della produzione non de-localizzabili, quali sono certamente l'ambiente, le caratteristiche proprie della nostra Isola. Queste nuove linee di visione strategica assegnano un ruolo centrale agli investimenti in capitale umano, cioè nella creatività, nella conoscenza e nella formazione dell'uomo, affinché sia possibile quel salto di qualità che tutti auspichiamo. Nessun nuovo modello di sviluppo sarà attuabile se prima non riusciremo a costruire un nuovo ruolo della scuola e della formazione ai più alti livelli, dell'università che riveste natura strategica. Abbiamo bisogno di un diverso rapporto tra università, centri di ricerca pubblici e privati, imprese, per trasformare le scoperte scientifiche nei vari campi in risultati per il mercato e lo sviluppo.

Dobbiamo sentirci tutti coinvolti nelle nuove sfide che ci impone la competizione internazionale fra i territori; proprio in questo momento delicato della nostra economia, come abbiamo sottolineato nella recente Conferenza regionale sul credito, serve uno sforzo straordinario che deve coinvolgere anche il sistema del credito regionale. Con la finanziaria del 2010 la politica, con il più ampio concorso delle forze economiche e sociali, questo sforzo straordinario lo ha fatto, e lo ha fatto destinando ingenti risorse del bilancio regionale per favorire l'accesso al credito dell'impresa, e per l'abbattimento del carico fiscale a favore delle piccole e medie imprese con l'introduzione del credito d'imposta, funzionale nel breve termine a mantenere e salvaguardare i livelli occupativi, ma nel medio termine a incrementare nuova occupazione rispetto alla crescita di nuovi impianti produttivi.

Per favorire l'accesso al credito abbiamo previsto la creazione presso la SFIRS di un fondo di garanzia, pari a 234 milioni di euro, a valere sulla programmazione comunitaria 2007-2013; è un importo che, neanche in sommatoria complessiva, le risorse che sono state destinate da tutte le altre Regioni d'Italia riescono a raggiungere. Abbiamo mantenuto e incrementato i contributi a favore dei Consorzi fidi, operanti nei vari settori, con effetti moltiplicativi, che consentiranno di sostenere piani di sviluppo delle imprese, relativi a investimenti, ristrutturazione del debito, circolante, accesso ai mercati, per oltre 500 milioni di euro, grazie all'effetto leva, nel corso della sola annualità 2010. Abbiamo anche attivato una dotazione di 42 milioni di euro per un fondo di garanzia per il microcredito, a favore di quei soggetti che anche per piccoli finanziamenti hanno difficoltà a prestare adeguate garanzie per il ricorso al prestito bancario.

Dalla crisi si può uscire, ma serve l'impegno di tutti, serve l'unità e la coesione del Popolo sardo, serve soprattutto una classe dirigente lungimirante, capace di esprimere una politica costruttiva e dialogante sui grandi temi dello sviluppo e delle riforme. Credo sia chiaro a tutti, in questo momento la Sardegna non ha bisogno di polemiche, di atteggiamenti negativi, ma ha la necessità di una classe politica matura, coesa e lungimirante, e soprattutto sempre al servizio del popolo sardo.

Non la ricerca di contrapposizioni quindi, ma uno stimolo reciproco per lavorare uniti per un progetto ambizioso, che dovrà essere alimentato dall'impegno costante, dalla voglia di partecipare e collaborare, da unità d'intenti nell'interesse dei sardi e della nostra Isola. È solo entro questa cornice di riferimento che possiamo adoperarci per quello sforzo straordinario che serve oggi alla Sardegna, che a gran voce viene richiamato anche dai vertici sindacali regionali, e che domani con la grande mobilitazione popolare sarà ulteriormente affermato con quella che, mi auguro con tutto il cuore, sia e sarà l'unica voce della Sardegna.

Dobbiamo avere la capacità di affrontare con lungimiranza le complesse dinamiche che la società di oggi impone, accompagnando in modo non conflittuale i processi di sviluppo. E' su questa capacità di coesione che si dovrà misurare quell'indispensabile dimensione sociale della competitività, che ha importanza uguale, se non superiore, a quella economica. La competitività sociale è in sostanza un "idem sentire", è una vera e propria cultura che si basa sulla fiducia reciproca, nonché sulla volontà e la capacità di riconoscere, esprimere e strutturare in modo articolato interessi individuali e collettivi.

Sono certo che vi sia fra tutti noi, fra tutti i sardi, questa comune volontà di migliorare e di trovare le opportune soluzioni. Abbiamo i mezzi, le intelligenze e le capacità per poterlo fare, e sono certo che i nostri sforzi saranno premiati e i risultati arriveranno.

PRESIDENTE. E' aperta la discussione. Il primo iscritto a parlare è il consigliere Sabatini. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Presidente Cappellacci, solitamente è buona regola in politica non svelare mai le proprie mosse; io, invece,. sperando di non urtare la sensibilità di qualche mio collega di partito, gliene svelerò alcune. E' in corso una discussione all'interno del centrosinistra che tende sostanzialmente a rispondere a questa domanda: qual è il tipo di opposizione che dobbiamo adottare? E' forse, mi domando, quella che adottava spesso la sua parte politica nella scorsa legislatura, quando si usavano toni durissimi su tutto, spesso anche sul nulla, si ricordava continuamente l'assenza del Presidente della Regione in quest'Aula, non si dava atto mai di nessun risultato, raramente l'opposizione di allora si apriva ad un confronto vero sulle cose, sul merito delle cose? Opposizione dura, durissima, strumentale e spesso fine a se stessa.

Mi chiedo: è stato quello il motivo della vostra vittoria elettorale? E se noi adottassimo oggi quel modo di fare opposizione ci assicureremmo la vittoria alle prossime elezioni regionali? Io credo di no, e credo che se anche fosse vero non potrebbe essere il motivo del nostro agire politico.

Io credo molto nel senso della responsabilità a cui lei si richiamava poc'anzi nel suo intervento. Responsabilità che spetta a ciascuno di noi, ai nostri rispettivi partiti, alla maggioranza come all'opposizione. Lo so, responsabilità è una parola abusata e spesso persino fraintesa, ma continuo a credere che sia l'atteggiamento più giusto, e in modo particolare in un momento come questo.

Ma è proprio in nome di questa responsabilità che non posso, Presidente, tacerle alcune sue gravi inadempienze; inadempienze sue, della sua Giunta, della sua maggioranza, del suo Governo amico, suo amico ma non dei sardi, e lei di questo dovrebbe cominciare a rendersene conto. Non glielo dico solo io, non glielo dice solo l'opposizione, glielo dicono anche suoi autorevoli colleghi di partito.

Ma andrei per gradi. In questi primi mesi del suo Governo, questo Consiglio ha approvato diversi ordini del giorno, ne ho richiesto una stampa stamattina. Sono ordini del giorno che riguardano il patto di stabilità, il lavoro, la crisi occupazionale e industriale, la crisi economica, la pubblica istruzione, le scorie nucleari, le infrastrutture, e altri. Tutti questi ordini del giorno richiamano a una coesione fra le forze politiche, a una condivisione con le forze sociali, le forze datoriali perché insieme si possa verificare quali sono le azioni da mettere in campo. Tutti questi ordini del giorno sono stati il frutto di un'ampia condivisione e molti sono stati approvati all'unanimità in quest'Aula.

Abbiamo evitato, come opposizione, in sede di manovra finanziaria di ostacolare la rapida approvazione della legge finanziaria e della legge di bilancio. Abbiamo consentito lo svolgimento dei lavori in Commissione dove spesso, spessissimo, mancava il numero legale che noi alla fine garantivamo; unitamente a tutto ciò, in coerenza con gli ordini del giorno approvati, abbiamo chiesto a lei, alla sua Giunta, alla sua maggioranza, ripetutamente, di aprire una vertenza Sardegna con lo Stato, una vertenza forte con lo Stato, coinvolgendo l'intero Consiglio, i partiti politici, le forze sociali, le associazioni di categoria. L'abbiamo chiesto più volte!

Certo, la vertenza con lo Stato non si apre e non si fa dicendo, come lei ha detto, che lo sciopero generale di domani può essere un'opportunità per i sardi. Il rischio è che succeda proprio il contrario, cioè che quella manifestazione si trasformi in una ennesima beffa per i sardi, per tanta gente che sfilerà qui a Cagliari domani e che dovrà prendere atto, ancora una volta, della incapacità del Governo regionale di porsi con autorevolezza, determinazione, e anche con tutta la durezza necessaria, nei confronti di un Governo nazionale che in questi mesi ha pugnalato ripetutamente la nostra terra.

Presidente, lo capiamo tutti, viviamo un momento difficile; questa è una crisi difficile, grave, gravissima, ed è per questo che faccio un richiamo al suo, al nostro, senso di responsabilità. Ma il problema è che dentro questa crisi, che colpisce l'intero Paese, la nostra Regione è quella che sta patendo di più; siamo oramai sulla cronaca nazionale quotidianamente, e nonostante ciò questo Governo amico continua a trascurarci e a calpestarci. Mentre succede tutto questo vediamo in questo Consiglio una maggioranza impegnata più a difendere le posizioni di potere che a interessarsi ai problemi reali dei cittadini.

Chi può negare che i cosiddetti dissidenti del P.d.L. contestino a lei, Presidente della Giunta, e a lei, Presidente del Consiglio, una maniera non troppo democratica di gestire il potere? O forse non è vero che le varie Assemblee territoriali, organizzate da parte della sua maggioranza, tendono a mettere in luce una scarsa propensione a distribuire le risorse nei vari territori della nostra Isola? Mentre perdiamo tutte le più importanti vertenze con lo Stato, quelle che segneranno il futuro della Sardegna, quelle sulla chimica, sull'industria, sulla scuola, sui fondi FAS, sui trasporti e sulle infrastrutture, mentre il tema del federalismo fiscale ci sta passando sulla testa senza che questo Consiglio se ne accorga, questa maggioranza che cosa fa? Si occupa di altro, si occupa di spartizione del potere. Persino quelle poche leggi che abbiamo approvato lo dimostrano, il Piano casa (lo spettacolo l'abbiamo visto tutti), quella pseudo riforma sanitaria, persino la legge sugli oratori è stata una risposta di questo genere.

Abbiamo perso le vertenze importanti e sono state disattese tutte quelle promesse populiste fatte dal Capo del Governo alla nostra Sardegna. Non voglio entrare nel merito, noi dell'opposizione lo abbiamo denunciato ripetutamente, ne abbiamo parlato diffusamente, ma la situazione è preoccupante. Ad esempio, dopo tutti i proclami sui fondi FAS siamo ridotti ad avere una minima parte, neanche tutto, dello stanziamento per la Sassari-Olbia: 172 milioni.

Ma lei, Presidente, dice: "L'importante è partire", una frase che ho già sentito in Ogliastra. Frequentavo le superiori e fu organizzata una assemblea dal mio Preside sul tema "nuova viabilità"; un politico di allora, ricordo, ci disse riguardo alla nuova strada statale 125 che l'importante era partire. Sono passati trent'anni e la nuova 125 la attendiamo ancora.

Presidente, lei oggi ha riferito delle vicende riguardanti le ultime crisi industriali, domani le chiederemo di riferire su altre crisi, e magari su altri temi, su altri problemi. La Sardegna è in un momento di estrema difficoltà e a soffrirne maggiormente sono le fasce più deboli della popolazione, sono le piccole e medie imprese, quelle sarde. Che cosa intende fare? Vuole continuare su questa strada, con questo ritmo, vuole continuare di questo passo, raccogliendo questi risultati? O non crede che si dovrebbe fare qualcosa di diverso, non crede sia necessario avere più coraggio, aprendo un confronto di altra natura con lo Stato?

Presidente, noi non abbiamo visto questi risultati straordinari che lei ci ha raccontato e che sarebbero avvenuti in questi dieci mesi del suo governo. La Sardegna affonda. Se non ci si pone rimedio i prossimi anni saranno terribili, sua è e sarà la responsabilità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, mi rendo perfettamente conto che in momenti di difficoltà, di crisi, lei, Presidente, richiami l'unità di quest'Aula e un sostegno forte, anche, alle emergenze come quella di Alcoa; una emergenza che colpisce una provincia, colpisce la nostra regione (lei ha ricordato le famiglie, i lavoratori, i problemi dell'indotto),già colpita pesantemente dalla crisi, in maniera così drammatica.

Quindi, io non posso che confermarle che in questi momenti di emergenza il nostro compito non è quello di indebolire lei nel suo ruolo, ma certamente è anche quello di muovere delle critiche che vogliono essere costruttive, vogliono essere utili per scuotere lei, per scuotere la sua maggioranza affinchè abbiate la capacità di dare risposte non soltanto all'emergenza ma complessivamente al sistema.

Io sono rimasto sorpreso dal suo intervento; Presidente, lei oggi ha parlato pochissimo di Alcoa, ha parlato per almeno il 90-95 per cento del tempo a sua disposizione di altro; deduco che sia perché forse non ha notizie nuove da darci, probabilmente le difficoltà sono veramente tante, la trattativa è ancora delicata e ci sono anche ragioni di riservatezza che non le consentono di dire molto di più. Questo non può non preoccuparci; noi auspicavamo che lei ci dettagliasse e spiegasse la posizione del Governo, e ci spiegasse anche quali possono essere i nodi e le difficoltà che oggi vengono frapposti dall'azienda multinazionale alla ricerca di una soluzione positiva per dare prosecuzione all'attività produttiva e uscire da una situazione di crisi, Presidente, che non nasce oggi, non nasce in queste settimane ma ha origini lontane, certamente ha origini anche nella sua responsabilità relativamente all'inizio del suo mandato.

Io accennerò brevemente al suo, invece lungo, tracciare scenari e prospettive; cercherò infatti di tornare all'argomento odierno, Presidente, sperando che nella sua replica fornisca qualche informazione in più rispetto a quelle che oggi non ha dato, non ha voluto o non ha potuto dare.

Lei ha parlato nel suo intervento di nuovo modello di sviluppo, e mi sorprende che oggi si sia dilungato su uno strumento che lungamente abbiamo cercato di discutere in quest'Aula; abbiamo cercato di discuterne quando, parlando di Programma regionale di sviluppo, abbiamo sottolineato come nella sua Giunta e nella sua maggioranza non sia ancora emersa una "idea di Sardegna"; è stata tale su questo la consapevolezza e la condivisione della sua maggioranza, che l'Assessore della programmazione (oggi non lo vedo), ha ammesso che non c'è una "idea di Sardegna". Questa mancanza deriverebbe dal fatto che le politiche programmatorie degli anni scorsi - così ha spiegato l'Assessore - le politiche così dirigiste non hanno portato buoni frutti per cui bisogna adottare un metodo nuovo: quello dell'ascolto di volta in volta.

Oggi lei ha provato a tracciare degli scenari, ma nel tracciare questi scenari, quando è entrato nel merito ci ha fatto capire le difficoltà esistenti. Ha parlato di Statuto. Io mi preoccupo, Presidente, noi ci preoccupiamo quando parliamo dello Statuto come se fosse la panacea di tutti i mali, perché oggi parlare di Statuto vorrebbe dire innanzitutto incardinare il sistema di entrate esistente che, guardi bene, consente che alla Sardegna vengano assegnati trasferimenti pro capite del 50 per cento più alti del prelievo fiscale pro capite.

Allora, nel momento in cui lei parla di Statuto e poi dice - come ha fatto oggi - che occorre attenzione perchè il regime delle entrate non è ancora conquistato, perchè dobbiamo ancora discutere il Patto di stabilità che potrebbe rendere possibile la spesa effettiva di quel miliardo e 600 milioni di euro, mi sta dicendo che sposta il problema sullo Statuto senza iniziare ad attaccare quello che già oggi dovrebbe essere il cuore e il centro di una vertenza con lo Stato, e cioè avere la reale disponibilità di 1.600 milioni di euro all'anno in più per la spesa, per gli interventi, tra cui alcuni di quelli che lei ha citato.

Mi preoccupa quando lei parla di infrastrutture in un quadro in cui lo Stato richiama a sè la programmazione di quei fondi e lascia alla Sardegna le briciole o poco più, per cui anche opere importanti come la Sassari-Olbia sono ancora oggi avvolte nel dubbio e nell'incertezza di con quali fondi, al di là della progettazione e dell'avvio dei lavori, potranno essere completate.

Mi preoccupa quando lei parla di credito d'imposta, Presidente, e con un atto del Consiglio dei Ministri, le zone franche urbane che dovevano partire, tra cui tre in Sardegna, una nell'area di Cagliari, vengono di fatto depotenziate, trasformando degli incentivi che dovevano essere automatici in contributi che saranno messi a bando, quindi rendendo quella misura, che doveva rilanciare le aree di Cagliari, Quartu, Iglesias in maniera importante, addirittura aleatoria; una misura che doveva trasformare un'area urbana in un attrattore d'impresa, in un creatore di lavoro, considerando anche l'indotto che in quest'area urbana poteva nascere.

E mi preoccupa quando lei oggi cita l'ambiente come un fattore non de-localizzato, cioè come un fattore competitivo, come un vantaggio competitivo da mettere a frutto per un modello di sviluppo; e poi con una legge edilizia che, come sappiamo, non è un Piano casa ma è un finto Piano casa perché il Piano casa è bloccato - e ce lo dicono gli uffici tecnici dei Comuni non lo dice l'opposizione -si cerca (ma sono ancora in piedi le obiezioni dello stesso Governo nazionale) di dare il via libera ad un modello di sviluppo che non ha niente a che fare con l'ambiente, perché non lo valorizza ma rischia di proiettare altri milioni e milioni di metri cubi nelle coste; un modello di sviluppo che non è integrato con la nostra economia, che regala cubature a imprenditori che spesso con la Sardegna hanno poco a che fare, invece di cercare un modello di sviluppo, basato sull'ospitalità, diffuso, integrato, con una ricettività che può richiamare piccole imprese, che può coinvolgere i nostri paesi costieri.

Mi preoccupa molto che lei oggi si sia avventurato nel prospettare un piano che non abbiamo mai avuto occasione di discutere; io non so se lo fa oggi per sviare, per allontanare l'attenzione dal problema che dobbiamo discutere, ma certamente mi preoccupa, mi preoccupa che lei lo faccia oggi e lo faccia con queste modalità, perché tutto quello che è successo finora ci fa capire che questo modello di sviluppo voi non siete in grado di metterlo in campo, anzi lo mettete in campo in maniera contraddittoria.

Io pertanto farò alcuni accenni alla vertenza Alcoa, ma dico, Presidente (spero che nella sua replica lei mi possa in qualche modo smentire), che oggi il Governo nazionale, quel Governo che lei dice si impegni a fondo, e non ho dubbi che in queste ore lo stia facendo, ha una forte crisi di credibilità; da quando ha preso in mano il problema, infatti, e sto parlando dal maggio 2008, tutto ha fatto tranne che affrontare una questione che era già sul tappeto.

Presidente, lei viene poco in Aula, capisco che manchi per impegni istituzionali e noi non abbiamo l'abitudine di richiamare la sua presenza ogni volta, ma sarebbe auspicabile che, perlomeno quando è presente, lei possa ascoltare anche quella minoranza che richiama all'unità di intenti.

Presidente, lei ci deve spiegare perché quella multinazionale americana dovrebbe oggi credere nel Governo nazionale per quello che fa oggi senza considerare quello che non ha fatto ieri. Quel Governo nazionale che quando doveva mettere in campo l'operatore virtuale che doveva liberare quote di energia prodotta in Sardegna, in particolare da ENEL, l'ha fatto in ritardo, l'ha fatto con colpevole ritardo e mettendo all'asta non per le industrie ma per i grossisti, creando di fatto un beneficio per soggetti che nulla hanno a che fare con il nostro sistema produttivo.

Quel Governo nazionale che nulla ha potuto fare per impedire la procedura di infrazione europea che, perlomeno fino a oggi, condanna Alcoa alla restituzione di circa 280 milioni di euro; quel ministro Scajola che nel mese di maggio annunciava, così sembrava, trionfalmente di aver risolto tutto e che ci accorgiamo non aver risolto niente; quel Governo nazionale che da mesi rincorre soluzioni che prevedano di abbattere le tariffe di dispacciamento, di far partecipare Alcoa alla possibilità anche virtuale di importare energia dall'estero, o di aumentare in qualche modo le quote di interrompibilità e quindi abbattere i costi per Alcoa.

E mi consenta di aggiungere un'osservazione, che anticipa una mozione sull'energia di cui parleremo, che invece riguarda la Regione. Perché Alcoa oggi deve credere al Governo, quello stesso Governo che dal maggio 2008 ha fatto poco o niente o comunque è stato insufficiente, inadeguato a risolvere il problema. E io le chiedo anche di dirci se proprio non c'era qualche cosa in più che noi potessimo fare e che fosse nella disponibilità della Regione.

Le ricordo, Presidente, che noi con la legge regionale numero 3, all'articolo 6, abbiamo di fatto cancellato la possibilità di creare una riserva strategica per le industrie energivore, una riserva strategica creata grazie alle autorizzazioni sugli impianti eolici terrestri che, come sa, regalano e restituiscono oggi fino al 15 per cento di utili netti, con periodi di ritorno dell'investimento di soli 5 anni.

Noi nella scorsa legislatura avevamo previsto di vincolare le concessioni, le autorizzazioni terrestri alla possibilità di ottenere da operatori primari e importanti energia a basso costo per l'industria energivora. E lo abbiamo fatto in maniera appropriata con l'ENEL quando abbiamo autorizzato il parco eolico da 160 megawatt, ottenendo 550 gigawattora di energia a 40 euro il megawattora; certamente una soluzione non sufficiente ma nella strada giusta anche per dare risposte ad Alcoa.

Quella energia oggi viene utilizzata dall'impianto Glencore di Portovesme che produce piombo e zinco primario. Quelle concessioni, quelle autorizzazioni, in qualche modo vanno a premiare un settore maturo che non ha rischio di impresa perché c'è un unico cliente che è obbligato a prelevare l'energia a un prezzo prefissato, e oltre a vendere l'energia all'ENEL col mercato dei certificati verdi realizza fino a 200 euro per megawattora.

Noi riteniamo pertanto che questa Giunta regionale, questo Governo regionale abbia con la legge numero 3 rinunciato a quella possibilità e abbia di fatto liberalizzato il settore abdicando a uno strumento importante attraverso il quale poteva, con protocolli d'intesa, ottenere dall'ENEL quello che lo Stato non può ottenere, perché lo Stato non può ottenere un accordo bilaterale con ENEL nel quale una società quotata in borsa rinuncia ai propri profitti e stipula un contratto per una fornitura, nel caso ad Alcoa, non si sa bene su quale base a costi al di sotto di quelli di mercato.

Ma noi avevamo lo strumento e questo Governo, il vostro, il suo Governo regionale non l'ha utilizzato; riguardi la legge numero 3 e vedrà che stralcia interamente questa possibilità. Noi avevamo scritto che quella energia doveva costituire una riserva strategica che potesse consentire il consolidamento del tessuto industriale regionale ad elevato consumo energetico, che la Giunta regionale potesse, appunto, stipulare protocolli d'intesa con queste realtà energivore e potesse anche ulteriormente assegnare quote di energia da prodursi con impianti eolici a favore di soggetti pubblici, per esempio Abbanoa, per abbattere i costi di pompaggio dell'acqua.

Lei sa, Presidente, quanto spendono le famiglie per pagare i contributi agli industriali del vento? Ogni anno le famiglie sarde consumano 2200 gigawattora, se lei fa il calcolo di 2 centesimi per chilowattora in bolletta vuol dire che ogni anno dalle tasche delle famiglie sarde vengono trasferiti all'ENEL, per pagare gli incentivi, 40 milioni di euro, 40 milioni di euro! Noi volevamo e con quella norma facevamo in modo che quei 40 milioni di euro tornassero a beneficio delle famiglie e dei lavoratori sardi; lei ha liberalizzato questa norma, l'ha resa, come dire, non più vincolante su questo beneficio e in questo modo è ripartita la corsa all'eolico.

Io ho il sospetto che dietro questa corsa all'eolico ci siano diversi interessi: dei proprietari dei terreni, degli industriali, certamente e spesso non sardi, che come al solito cercano di "estrarre" qualcosa dalla nostra Sardegna come è stato fatto in passato per le miniere, come è stato fatto in passato per i boschi, come è stato fatto in passato per il turismo, senza lasciare niente.

Lei sa quanto lascia sul territorio una fattoria del vento? Io ho calcolato quanto lascia sul territorio di Ulassai, per esempio, un impianto da 72 megawatt. Alla comunità locale rimane circa 1 milione di euro all'anno di benefici, agli industriali del vento vanno 12 milioni all'anno di utili netti e di benefici. Questo è il tipo di autorizzazioni che la vostra Giunta sta rilasciando. Noi avevamo proposto un modello diverso: dare lavoro attraverso l'industria del vento, creare 4 o 5 posti di lavoro e mettere quei 4, 5 posti di lavoro al servizio di altri 1000 per le industrie energivore o a beneficio di decine di migliaia di famiglie sarde che, grazie a quegli incentivi, e grazie al recupero di quelle agevolazioni e grazie al ritorno su quegli investimenti delle energie rinnovabili potevano, per esempio, vedersi abbattere il costo della bolletta dell'acqua grazie all'abbattimento dei costi di pompaggio di Abbanoa.

Tutto questo voi non lo state facendo. Allora, Presidente, io capisco che sia difficile ascoltare, noi l'abbiamo ascoltata anche oltre i 20 minuti previsti dal Regolamento perché il nostro compito è ascoltare, ma il nostro compito è anche proporre. Io su questo chiedo una risposta perché anche la mozione degli affetti ha senso per chi se la merita, per chi dimostra non solo di, come dire, annunciare scenari, ma anche di tracciarli.

La mozione degli affetti si può fare non solo per chi fa promesse e promette di promettere e promette un modello di sviluppo, ma anche per chi questo modello di sviluppo ce lo spiega, per chi fa fatti concreti, per chi non smantella la sanità pubblica per un modello che non conosciamo, per chi non liberalizza il consumo del territorio ma lo mette a frutto in un progetto di sviluppo integrato.

Voi, fino a oggi, avete fatto il contrario e quindi, Presidente, nel chiudere il mio intervento le chiedo innanzitutto questa richiesta di unità di intenti, questo richiamo al senso di responsabilità di rivolgerli a se stesso, di rivolgerli alla sua Giunta e di rivolgerli alla sua maggioranza. Noi saremo con voi ogni volta che farete qualcosa, come lei ha detto, utile per il popolo sardo. Ma, per ora, abbiamo visto poco. Scuota la sua maggioranza, la richiami a essere propositiva, a essere unita, scuota la sua Giunta, riconsideri le cose che le ho detto, ci porti proposte.

Il tempo degli appelli è' finito. La Sardegna non ha più bisogno di appelli, non ha più bisogno di promesse, non ha più bisogno di chi si appropria delle mozioni senza portare in qualche modo contenuti concreti. Lei porti progetti, porti proposte, noi faremo le nostre, le chiederemo di confrontarci sulle proposte e sulle idee, e su quelle proposte noi dimostreremo la nostra volontà di fare il bene del popolo sardo.

In tutte le altre circostanze, Presidente, la nostra responsabilità sarà quella di sottolineare la vostra inadeguatezza a risolvere i problemi della Sardegna, e finora questo è stato purtroppo il nostro arduo, difficile e ingrato compito.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi).Presidente e colleghi del Consiglio, i Riformatori hanno apprezzato l'intervento del presidente Cappellacci, sia per come ha riferito all'Aula la situazione sulle vertenze aperte sul piano dell'industria e dello sviluppo della Sardegna, ma più ancora, forse, perché ha tentato di andare oltre il contingente, perché ha tentato di proporre al Consiglio regionale l'idea di un ragionamento che, arrivando alla coscienza di ogni singolo consigliere regionale e di ogni forza politica, permettesse di capire che cosa si può "tirare fuori" da quest'Aula sugli argomenti oggi in discussione.

Colleghi, io credo che, al di là della situazione di scarsa attenzione che come sempre c'è in Aula, forse oggi siamo a un momento di svolta in questa legislatura. Mi spiego; non credo che sarà il dibattito di stasera a dare la svolta, però penso che questo sia un momento in cui ci renderemo conto se saremo condannati a vivere altri quattro anni con la stessa tensione politica vissuta in questo primo anno, o se si può cambiare registro. Io ascolterò il dibattito oggi odierno e quello di martedì prossimo sugli argomenti che abbiamo in discussione, perché credo che sarà un dibattito utile a capire dove vogliamo andare a finire.

Collega Porcu, parlo per gli atti, siamo d'accordo sul fatto che la Sardegna è in crisi; io credo però che non ci sia da soffermarsi più di tanto a chiedersi se la crisi sia addebitabile alla Giunta di Cappellacci e al centrodestra. L'ha detto lei, l'ha detto Sabatini, se volessimo, potremmo fare come centrodestra un ragionamento in quest'Aula, ma mi sembra inutile, proprio inutile, in cui spieghiamo perché la crisi non è colpa di questa legislatura, non è figlia di quest'ultimo anno e potremmo dire: "Voi…", mentre lei dice a noi: "Voi avete consumato il territorio…".

Mi sembra una liturgia, mi sembra un mantra, mi sembra la ripetizione di una filastrocca in cui forse neanche noi più crediamo. E noi dovremmo controbattere con la filastrocca "vista con la casacchina di colore opposto rispetto alla vostra", aspettando che poi fra quattro anni si ribaltino nuovamente le parti? Mi sottrarrei a questo rito e direi che il dato oggettivo è che viviamo una crisi drammatica, pazzesca. I nostri telefoni sono bersagliati di sms, i nostri computer di richieste di aiuto di gente disperata.

E' una situazione sicuramente straordinaria, eccezionale nella sua drammaticità, ed è una situazione che deriva dal fatto che la Sardegna è quello che è: una piccola isola dentro l'Italia; Italia che è una piccola regione, nonostante sia un paese fortemente industrializzato, nel contesto europeo, e l'Europa è un'aggregazione geografica e politica in sofferenza nei mercati economici mondiali. L'Europa ha difficoltà a dare risposte, figuriamoci la Sardegna!

Bene, noi che cosa facciamo? Noi ottanta, il milione e 600 mila abitanti qui fuori, Cappellacci e la sua Giunta? Noi che cosa facciamo? Noi abbiamo un ruolo che è indispensabile, cioè noi siamo un portiere, e il portiere deve parare, c'è poco da fare, noi dobbiamo impedire agli avversari di fare gol. Allora, oggi occorre difendere l'industria pesante, un'industria in cui i Riformatori non credono. Noi siamo convinti che l'industria pesante non sia il futuro della Sardegna, quindi siamo convinti che l'industria pesante, che ha svolto un ruolo importante perché ha dato da mangiare a una generazione di sardi, non debba svolgere lo stesso ruolo in futuro. Siamo convinti! Ma non ne siamo convinti perché è una nostra idea, ne siamo convinti perché sarà così, ineluttabilmente. Però abbiamo l'obbligo, come un portiere, non di pensare che cosa succede se noi pariamo, abbiamo l'obbligo di parare, perché ci sono migliaia di lavoratori a cui non abbiamo risposte da dare nell'immediato se l'industria pesante va a rotoli.

Allora noi abbiamo l'obbligo di giocare in difesa, un ruolo obbligatorio. Non abbiamo scelte da questo punto di vista, oggi dobbiamo tentare di prolungare l'agonia dell'industria pesante in Sardegna avendo l'idea, forte, che dobbiamo pensare al dopo industria pesante in Sardegna, perché, se non lo facessimo, probabilmente staremmo rinunciando totalmente al nostro ruolo.

Colleghi del centrosinistra, voi leggete i dati dell'ISTAT come li leggiamo noi, e voi leggete che il processo di spopolamento in atto in Sardegna, che l'ISTAT fotografa, fa pensare che l'Isola perderà nei prossimi trenta anni 400 mila abitanti, e che gli abitanti residui saranno per oltre l'80 per cento localizzati lungo le fasce costiere. Questo indipendentemente da ciò che noi pensiamo delle zone interne. Il piano inclinato sul quale andiamo a scivolare è sostanzialmente questo. Lo sappiamo tutti, meglio che ce lo ripetiamo, così siamo convinti che ogni consigliere regionale lo abbia in testa, io lo faccio solo per questo.

Che cosa attira la gente dall'interno verso le coste e dalle coste fuori dalla Sardegna? Colleghi, la nostra storia familiare. Io ho un trisavolo che si chiamava Costantino, era nato a Sedilo, da Sedilo è venuto a Cagliari. Perché? Perché le opportunità erano a Cagliari. I figli dei miei amici benestanti oggi non sono a Cagliari dopo la laurea, sono a Milano, perché le opportunità sono a Milano, e da Milano poi vanno in Australia, vanno a New York, vanno dove ci sono le opportunità, perché la gente va verso le opportunità. Quindi di questo, ugualmente, dobbiamo avere piena consapevolezza. Ne siamo consapevoli? Questo Consiglio regionale ha questa forte consapevolezza?

Io me lo domando, perché il presidente Cappellacci, ed è il primo richiamo di Cappellacci su cui mi fermo, dice: "Richiamo questa classe politica alle sue responsabilità", perché ciascuno di noi, nell'ambito di questa classe politica, ha delle responsabilità di parte, cioè risponde a quel gruppetto di elettori che lo ha votato e che ha votato il suo partito, però poi ciascuno di noi ha responsabilità che non sono di parte, che sono generali. Pertanto, questo Consiglio regionale ha risposto in questo primo anno della sua vita, e intende rispondere nei prossimi quattro anni a responsabilità di ordine generale?

Io me lo chiedo, me lo chiedo come consigliere e coscienza singola di un Gruppo politico, i Riformatori, lo chiedo al mio partito e ai miei colleghi di Gruppo per quanto ci riguarda, lo chiedo a tutti voi. Io sento forte l'inadeguatezza dello strumento Consiglio regionale e classe dirigente politica sarda rispetto ai problemi che sono sul tappeto. Io, come tutti noi, sono orientato nei miei ragionamenti dal mio background culturale, che è quello di un medico. Mediamente, se un medico ha idea che una malattia grave abbia colpito lui o una persona cara, dà risposta a questo problema attivando tutto ciò che può per arrivare a una diagnosi corretta.

Dopo che è arrivata la diagnosi corretta, se la diagnosi fosse una diagnosi impegnativa, tenta di attivare tutto ciò che è possibile intorno a sé per riuscire a dare una risposta di prospettiva futura, di prognosi positiva rispetto alla diagnosi; chiama gli altri colleghi medici che si intendono di quell'argomento, magari chiama anche quelli con cui ha litigato per un posto in ospedale o per un posto da primario all'università, sente anche quelli che stanno a Milano, quelli che stanno fuori Sardegna se il problema è grave, e dopo che ha sentito agisce.

Bene, se noi siamo d'accordo sul fatto che "il malato Sardegna" è un malato grave, io mi immagino che la classe dirigente di questa Regione, non solo quella politica, ma quella della cultura, dell'università, dei sindacati, della Confindustria, cioè tutti quelli che oggi hanno un ruolo di responsabilità in questa terra, di fronte alla gravità del malato Sardegna, stiano concentrati, chiusi da qualche parte, cercando di farsi venire le idee migliori, tutti insieme, se è possibile, per la parte in cui si può lavorare insieme, per salvare il "malato Sardegna".

Bene, colleghi, io vi chiedo; dov'è che è riunita permanentemente questa classe dirigente sarda della politica, del sindacato, delle professioni, dell'industria, dell'intelligenza, dell'università per fare questo lavoro? Io credo non in Consiglio regionale, per quanto mi consti; e, a quanto vedo, a quanto sento, a quanto percepisco, neanche fuori dal Consiglio regionale.

Abbiamo ricevuto i sindacati o, meglio, noi Capigruppo, credo voi di minoranza esattamente come noi di maggioranza, abbiamo avuto un incontro con i sindacati che ci hanno spiegato le ragioni dello sciopero di domani, che noi ovviamente abbiamo condiviso, che noi abbiamo auspicato potesse essere un momento di grande tensione morale dell'intera Sardegna. Loro ci hanno detto che non era un momento di divisione, non l'avevamo pensato, ma che voleva essere un momento di rappresentazione della sofferenza complessiva del nostro popolo, interpretata dai sindacati, interpretata dalla politica.

Bene, abbiamo chiesto ai sindacati quali fossero le loro idee per venire fuori dal pantano in cui è la Sardegna, non perché sia un compito dei sindacati avere le idee, questo compito dovrebbe essere il nostro, ma perché sicuramente i sindacati rappresentano una forza importante, di cui è opportuno valorizzare il pensiero. I sindacati ci hanno risposto che loro vedono la necessità di puntare sui temi dell'insularità, cioè una risposta propria degli anni '90, e che vedono la necessità di un Piano di rinascita: una risposta degli anni '50; e che cosa ci scriviamo dentro il Piano di rinascita? Beh, questo lo vediamo in seguito.

Allora, io non voglio dire con questo che la risposta dei sindacati sia inadeguata, non sono il giudice degli atteggiamenti dei sindacati o delle attività dei sindacati, ci mancherebbe altro, voglio dire che in questo momento, forse, a ciascuno di noi è chiesto qualcosa di diverso rispetto a ciò che abbiamo sempre fatto, e se di questo non siamo consapevoli, le liturgie stanche di questo Consiglio regionale sono condannate a continuare così negli anni. E se il presidente Cappellacci non viene in Aula perché va a difendere i sardi fuori da quest'Aula, Dio lo benedica, e ci venga il meno possibile in quest'Aula! E non è una mancanza di rispetto nei nostri confronti, è un atto di rispetto nei confronti dei sardi, doveroso!

Colleghi, io credo che noi allo Stato possiamo chiedere tante cose, per esempio gli possiamo chiedere di iniziare quelle politiche di bonifica e di riqualificazione del territorio delle quali siamo tutti convinti, e siamo tutti consapevoli che possano essere solidali rispetto all'idea complessiva che abbiamo di sviluppo per la nostra terra.

Lo Stato può aiutarci nell'infrastrutturazione, in quella materiale che manca, per esempio, la continuità territoriale sulla quale abbiamo detto allo Stato di non occuparsene perché "ci pensiamo noi"! Ma perché glielo abbiamo detto! Al di là dei soldi, è un problema strutturale! Lo Stato deve garantire la continuità territoriale, perché per noi è vitale! Lo Stato deve garantire la sanità, perché per noi è vitale, non solo per la nostra salute, ma anche per proporre la nostra terra a quelli che vogliamo attirare in Sardegna dandogli la garanzia di una assistenza di qualità.

Lo Stato può aiutarci anche nelle infrastrutturazioni immateriali, e qui chiudo il mio intervento perché io sono convinto che il problema fondamentale di questa terra non sia un problema di soldi ma sia un problema di idee. E' una mia esperienza, ma credo che, se ci pensate, per ciascuno di voi l'esperienza sia simile, in questa terra si sentono ripetere, dai massimi dirigenti di questa Regione, ovvietà quali: "Noi vogliamo puntare sullo sviluppo del turismo", "Noi vogliamo puntare sul manifatturiero", "Noi vogliamo puntare sull'information technology...". Soru diceva forse cose differenti? Mauro Pili prima di Soru diceva forse cose differenti? Non ero in quest'Aula ai tempi di Palomba, ma non mi stupirei se Palomba avesse detto le stesse cose.

Il problema è che, evidentemente, la classe dirigente, noi, anche noi, soprattutto noi, anche io, soprattutto io, che questa Regione mette in campo, non è adeguata rispetto alle necessità. E qual è allora una risposta sulla quale possiamo essere tutti d'accordo? Bisogna attrarre gente in Sardegna! Bisogna far venire persone che abbiano idee! Quando Soru pensava alla fabbrica della creatività nella Manifattura tabacchi, in maniera devo dire difficilmente comunicabile, beh, forse lanciava un messaggio importante, e cioè diceva: "Facciamo venire teste pensanti in Sardegna che ci aiutino a ragionare insieme sui nostri problemi".

L'università, quella stessa università che partecipa costantemente ai ragionamenti con noi, proponendo sempre soluzioni che sembrano più finalizzate a risolvere i problemi dell'università che non quelli dei sardi, dovrebbe essere la fucina dei cervelli, la fucina delle intelligenze, dovrebbe produrre choc emotivi al resto della Sardegna, perché di questo abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di uno choc emotivo per la nostra pubblica amministrazione che è lenta, inefficiente, inadeguata e risponde solo a se stessa, ed è spesso autoreferenziale.

Se di questo fossimo finalmente consapevoli, sapremmo che la cosa più importante che questo Consiglio regionale deve fare è quella di riuscire ad attirare in Sardegna cervelli, e metterli a ragionare su quello che questo Consiglio regionale è inadeguato nel fare, perché noi stiamo dimostrando, abbiamo dimostrato in questo anno di vita, che questo strumento non è adeguato a discutere e a risolvere i problemi della Sardegna. Guardate, lo dico partendo da me, nel senso che io mi sento mortificato, e credo che ognuno di voi si senta mortificato nella sua passione per la politica, quella che ci ha portato qui dentro, dai ritmi, dalle liturgie, dalle ritualità, dai bizantinismi di un Consiglio regionale che hanno ragione i sardi a sentire estraneo rispetto ai loro problemi. Colleghi, ce ne vogliamo rendere conto?

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, colleghi, Assessori, io vorrei centrare il mio intervento principalmente sulle questioni che hanno riguardato la vertenza ALCOA di ieri, e sulle questioni che riguardano in maniera più specifica le tematiche di carattere industriale.

Avantieri è stata una giornata di passione e di grande mobilitazione generale per il Sulcis-Iglesiente: serrande abbassate, scuole chiuse, edifici pubblici fermi, centinaia di operai imbarcati per Roma accompagnati da sindaci e rappresentanti sindacali, consiglieri regionali, parlamentari, per avere una risposta positiva da parte del Governo e da parte di ALCOA sul mantenimento delle attività produttive negli impianti di Portovesme. Insomma, un intero territorio barricato per difendere il diritto al lavoro,un'intera comunità mobilitata per la sopravvivenza.

Purtroppo, da non poco tempo, ma con un'accelerazione inaudita in quest'ultimo anno, e lei lo ha detto, quei territori, e più in generale tutta la Sardegna, sono teatro di un progressivo processo di smantellamento industriale: la Ila, l'Eurallumina, la Rockwool, le imprese d'appalto, l'Alcoa, la Legler, la Vinyls, migliaia di buste paga. Abbiamo già detto in altre occasioni, e lo ribadiamo, che la portata della crisi ha dimensioni mondiali, ma è altrettanto vero che si sta facendo pochissimo per trovare soluzioni concrete ai problemi della Sardegna, e dirò perché.

Lo sciopero generale proclamato dalle organizzazioni sindacali per domani 5 febbraio, titolo "Per il lavoro", racconta di un Governo regionale che subisce, nel giro di un anno, il terzo sciopero di grandi dimensioni senza che ci sia stata una presa di coscienza concreta e una risposta adeguata alle richieste e alle sollecitazioni provenienti dalle manifestazioni se non interventi sporadici e sempre in ritardo.

Non capisco, ad esempio, il candore sconcertante con cui lei, signor Presidente, dichiara, come se fosse un ignaro passante, che questo sciopero è un'opportunità, senza che per il momento ci sia stata su nessuna vertenza aperta una risposta risolutiva o una minima proposta programmatica in grado di tracciare un percorso di prospettiva credibile.

Lei ha responsabilità diverse da quelle dei rappresentanti dei lavoratori, lei ha responsabilità diverse da qualsiasi lavoratore che va lì a manifestare. Siamo ancora soltanto alle sue dichiarazioni programmatiche, lo abbiamo sentito anche stasera, alla regola dell'ascolto intesa come base dell'agire politico, al Piano di sviluppo che pone l'uomo al centro, eccetera, eccetera. Parole, parole, slogan che da soli non hanno il potere di dare risultati, tanto è vero che fino ad oggi non ce ne sono stati.

Non solo il Sulcis è in trincea, ma tutta la Sardegna. La vicenda di Alcoa conferma la tendenza di un Governo nazionale inchiodato a discutere di leggi personali per blindare Berlusconi dai processi e un Governo regionale non in grado di rappresentare con voce credibile gli interessi della gente e dei lavoratori della nostra isola perché non sufficientemente in grado di esprimere autonomia, autorevolezza e libertà di azione.

Ma non solo il Sulcis è in trincea, lo è tutta la Sardegna. E ribadisco il concetto, precedentemente espresso, per cui la vicenda di Alcoa conferma la tendenza di un Governo nazionale inchiodato a discutere di leggi ad personam per blindare il Presidente del Consiglio dei Ministri dai processi ed un Governo regionale non in grado di rappresentare con voce credibile gli interessi della gente e dei lavoratori della nostra isola perché non sufficientemente in grado di esprimere autonomia, autorevolezza e libertà di azione. L'opinione diffusa è di avere un Governo regionale a sovranità limitata.

Dall'incontro di Roma emerge un dato che dobbiamo annotare per la cronaca. Innanzitutto non è stata accolta la richiesta di spostare la cassa integrazione a metà marzo, il 22 per l'esattezza, poi ci racconta della seconda telefonata di Berlusconi, dopo quella a Putin, questa volta a Barroso, con tutte le garanzie del caso affinché il decreto legge sia discusso rapidamente dall'Unione Europea nella prima seduta utile che dovrebbe essere il 9 febbraio.

Ieri abbiamo letto un'agenzia di stampa nella quale si dichiarava che a Bruxelles non avevano ancora ricevuto nulla dall'Italia, ma prendiamo per buona la dichiarazione che lei ha fatto poco fa sostenendo che, non essendo un provvedimento che va contro gli aiuti di Stato, è stato inviato soltanto per le vie ufficiose.

Badate, quando sento dire "Alcoa non rispetta la gente", "Alcoa ha guadagnato un sacco di soldi negli anni scorsi", "Alcoa sta spostando i suoi investimenti in altre parti del mondo", sento dire cose vere. Ma di che cosa ci meravigliamo? Quella è una multinazionale, possiamo pretendere che abbia cuore o anima? Quella è una società quotata in borsa, pensiamo che risponda al bisogno di lavoro della gente, della famiglia, che sia affettivamente legata alla nostra terra? Quelli vanno dove gli conviene. Vanno, ad esempio, in Arabia Saudita, dove stanno realizzando un impianto dodici volte più grande di quello di Portovesme, dove potranno contare su un prezzo dell'energia molto basso e su forza lavoro carne da macello, come ha titolato Santoro l'altro giorno nella sua trasmissione televisiva, sottopagata, composta in prevalenza da yemeniti, pakistani e altri che costeranno molto poco.

La verità è che il Governo arriva tardi a occuparsi della questione, arriva tardi a occuparsi della Sardegna a cui sono rimaste soltanto le promesse della campagna elettorale. Mi sembra che fino ad oggi, lo ripeto, siano stati coniati soltanto cori e slogan. Si dice che il Governo ha fatto tutto quello che era possibile fare. In realtà ha detto tutto quello che si poteva fare, ma non ha fatto quanto doveva essere messo in atto.

A tale proposito, Presidente, le vorrei ricordare una questione. Lei ha detto: "Spero di essere nominato dal Governo in breve tempo commissario straordinario per le bonifiche nelle aree del nord Sardegna,. Porto Torres e tutte le aree compromesse dall'inquinamento". Le ricordo che lei è commissario straordinario per le bonifiche nelle aree minerarie dismesse del Sulcis-Iglesiente da più di un anno, cioè da quando è Presidente della Regione, però le bonifiche in quel territorio non sono ancora partite.

Auspicherei pertanto che per i territori del nord Sardegna le cose possano andare diversamente da come stanno andando da noi. Anche perché da noi le risorse in gran parte già ci sono, sono disponibili, le abbiamo in cassa, nei comuni e nelle società, di proprietà della Regione, che sono delegate dalla Regione per fare le bonifiche. Pretendiamo perciò che rapidamente si metta mano alle bonifiche, e questo dipende esclusivamente dal commissario straordinario, ovvero da lei che ha poteri assoluti in materia, nella disponibilità dei soldi, delle risorse e del personale che è qualificato per poter compiere queste attività.

Quando parlo di programmi di politica industriale intendo dire che vorrei sapere che cosa pensano il Governo nazionale e quello regionale della chimica in Italia e in Sardegna, se deve esistere oppure no; che cosa pensano il Governo nazionale e quello regionale di un'industria metallurgica e dell'alluminio primario in Italia e in Sardegna, se deve continuare a esistere oppure no; vorrei sapere che cosa pensa lei, signor Presidente, di queste cose.

I giornali ci raccontano la cronaca della resa del Governo di fronte alla prepotenza e alla determinazione di Alcoa a difendere le sue posizioni, ma anche e soprattutto ci raccontano di un Governo non in grado di far valere il peso che un Paese come il nostro dovrebbe avere. La produzione di alluminio non è più cosa italiana, così come non lo sono la chimica e il famoso ciclo del cloro, che sembrava salvato e che, invece, è di nuovo a rischio. Bisogna chiedere le notizie al ministro Scajola che, solo poco tempo fa, aveva brindato alla riuscita operazione di salvataggio, e invece l'altro giorno i commissari della Vinyls hanno annunciato la cassa integrazione per i lavoratori di Porto Marghera, di Ravenna e di Porto Torres.

Ci raccontano i giornali di sindacalisti che cercano il ministro Scajola per chiedergli conto di un accordo siglato il 1º dicembre 2009 in base al quale i lavoratori dovevano riprendere l'attività lavorativa negli stabilimenti. Io penso che la nostra isola non possa fare a meno di tutte quelle attività produttive e allora le scelte, le responsabilità sono per forza del Governo, della politica e non di Alcoa o dell'Eni soltanto.

Il Governo ha varato un decreto legge che raddoppia il valore dell'interrompibilità, cosa positiva che però non ha sortito su Alcoa gli effetti sperati; così come non hanno dato risultati sufficienti le altre misure che pure già c'erano, come l'interconnessione, ovvero la possibilità di approvvigionarsi di energia dall'estero, e il dispacciamento, cioè l'abbattimento del costo del trasporto dell'energia. Ma una soluzione ci dovrà pur essere!

Quando sento dire che bisogna puntare a fare altro rispondo che sarebbe un sogno a cui dobbiamo guardare con grande attenzione. Anche in quest'Aula si fa un gran parlare di altre soluzioni, di altre strade. Certamente io credo che la Sardegna abbia bisogno di un piano di rinascita serio e concreto e questo Consiglio regionale, tanto bistrattato e calpestato dall'egocentrismo esasperato di qualcuno, ha uomini e donne in grado di dare un contributo notevole unitamente a quello di tutte le forze sociali, sindacali e imprenditoriali, però fino ad allora io so che noi non possiamo fare a meno di questi poli industriali.

Portovesme rappresenta la spina dorsale dell'economia di quel territorio così come la chimica la rappresenta per Porto Torres. Allora io credo che non sia sufficiente sperare nel buon cuore di Alcoa o dell'Unione Europea. Bisogna in primo luogo salvare i posti di lavoro e trovare soluzioni concrete e non temporanee. Ritengo che una soluzione possa essere rappresentata da un accordo bilaterale tra Enel e Alcoa, cioè tra due società per azioni che non corrono rischi di infrazioni o di concorrenza. Il Governo italiano obblighi l'Enel, con cui non ha un rapporto di semplice conoscenza, a fare l'accordo e la stessa cosa dicasi per Porto Torres e per la chimica.

Altra questione di cui non si è detto è la questione del carbone Sulcis (questione presente nelle sue dichiarazioni programmatiche), della quale non ha mai più dato conto. Il carbone Sulcis, lo stoccaggio e la cattura della CO2, la costruzione di una centrale in grado di dare energia a basso prezzo per le centrali di Portovesme sono temi sempre presenti nelle discussioni da cui, fino a oggi, non è mai sortito un risultato di nessun tipo.

Insomma, signor Presidente, ci vogliono risposte concrete e immediate per cercare di prendere per la coda vertenze che sono state affrontate irresponsabilmente con gravi ritardi. Questo va fatto rapidamente per tutti i lavoratori che aspettano risposte, per le loro famiglie, per la Sardegna. Noi la richiamiamo al suo ruolo di rappresentante del popolo sardo. Noi, con ruoli diversi e con responsabilità differenti, non mancheremo di sostenere ogni azione e iniziativa utile per difendere la Sardegna, le sue attività produttive, i suoi lavoratori, come d'altro canto abbiamo fatto finora e faremo in futuro, però ognuno con le sue responsabilità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, spero di mantenere, al termine del mio intervento, lo stesso grado di amicizia che ha sempre contraddistinto i rapporti politici, ma che spesso viene incrinato quando un uomo politico accetta di dire la verità senza mediazioni. Io credo che nelle parole del Presidente, tra le righe, e in quello che ha detto l'onorevole Vargiu, si colga un elemento ineludibile di questi giorni: non abbiamo più tempo. Noi stiamo vivendo una crisi della Sardegna che non consente dilazioni.

Secondo elemento, che penso caratterizzi la sensazione che proviamo noi tutti nell'imminenza di uno sciopero generale, è che noi non possiamo attardarci in descrizioni della situazione sarda sul tipo e sul modello di quelle che fanno i miei colleghi dell'Università. La gente non attende da noi che sappiamo la lezione sulla crisi della Sardegna; per cui io mi atterrò a una regola: provo a dire che cosa farei io, qual è il nostro dovere.

Il primo dovere di chi fa politica e di chi governa è quello di essere consapevole di quali sono gli strumenti per intervenire. Noi abbiamo manovrato 9 miliardi di euro ma in realtà abbiamo manovrato 300 milioni. Il nostro dovere è liberare risorse. Noi abbiamo un monte residui così alto che è un insulto nei confronti di coloro che domani scenderanno in piazza, perché la percezione che hanno è che abbiamo i soldi e non li spendiamo!

Allora, qual è il compito della politica? Noi abbiamo una Regione che non funziona, signor Presidente, e quando le cose non funzionano si cambia chi governa quei meccanismi. Noi abbiamo direzioni generali che non fanno nulla, che non sanno fare, non fanno fare e bloccano la spesa! Noi abbiamo funzionari regionali che quando si discute con loro sono maestri nel porre problemi, ma non risolvono un problema! Nella percezione della gente loro non sono responsabili, io sono responsabile! Una specialità della politica sarda è quella di sbagliare la scelta delle persone, e questo comporta il risultato che abbiamo.

Quindi, in primo luogo, quando le cose non funzionano e ci sono centri di responsabilità identificabili si cambino, io sono di questo avviso. Secondo, noi dobbiamo liberare risorse, ma nella fattispecie non stiamo aggredendo i centri di dispersione delle risorse. Parlo della sanità, inizialmente, ma potrei citare altri settori. Non è possibile per noi constatare che, per esempio, una ASL della Sardegna ha firmato nei tempi passati, non troppo lontani, convenzioni con RSA in cui la Regione paga vuoto per pieno. Non è possibile! Noi sulla sanità dobbiamo fare chiarezza rapidamente e liberare risorse, non è assolutamente vero che tutta la spesa è giustificata, non è vero, non è vero! Se non interveniamo rapidamente non liberiamo risorse.

Ancora, sul versante delle entrate, è realmente vero che la vertenza entrate debba essere impostata come l'abbiamo impostata fino a oggi? Voglio ricordare - lo ricordo al Presidente della Regione perché è impegnato nella vertenza industriale, forse questo aspetto non lo ha colto -che il Presidente della Provincia di Trento ha dichiarato pubblicamente che la trattativa riservata con lo Stato sulle entrate ha prodotto, perché l'hanno fatta riservata e prima delle altre Regioni, un vantaggio che diversamente la Provincia di Trento non avrebbe ottenuto. Cioè, noi viviamo in uno Stato dove chi arriva prima prende più degli altri.

Ed è accaduto che sulla Provincia di Trento il Governo - lo dico ai colleghi - abbia disciplinato la transizione dal vecchio regime delle entrate al nuovo in questi termini; poiché la Provincia di Trento è andata con una burocrazia di altissimo livello, che noi non possiamo esibire perché non l'abbiamo, non l'abbiamo, ha ottenuto per nove anni 400 milioni all'anno, la Regione autonoma della Sardegna, con l'accordo fatto in solitudine dal presidente Soru, ha ottenuto 25 milioni per vent'anni, all'anno. Ed è solo uno degli aspetti, solo uno.

Noi abbiamo un Governo che ci impugna le leggi sui precari e accetta che la legge statutaria della Regione Lombardia inizi dicendo: "La Lombardia è una Regione autonoma", cioè la Lombardia si è autoproclamata autonoma e lo Stato non ha detto mezza parola, mezza parola! Noi facciamo una leggina sul precariato e la vediamo impugnata. Noi andiamo a trattare sulla scuola, la Regione Lombardia strappa tutta una serie di cose, la Regione Sardegna no! E non perché non le abbia chieste, noi su questo tema della scuola siamo vigili e presenti,.

Allora, sul versante delle entrate e delle opportunità nel rapporto col Governo abbiamo un riscontro soddisfacente rispetto al nostro impegno? Io credo di no, io credo di no. Noi come classe politica dobbiamo mettere in campo forza, su questo ha ragione il Presidente di chiedere l'unità, perché la Lombardia dimostra che se c'è una forza dietro non c'è Costituzione o cavillo che tenga, perché sanno chi c'è dietro il Presidente della Regione Lombardia.

Bisogna mettere in campo forza politica per vedere riconosciute le proprie possibilità. Noi non siamo stati in grado di mettere con forza questo peso e mi auguro che i 60 milioni derivanti dagli 800 milioni sulle opere minori del FAS non vengano programmati da un solo Ministro della Repubblica italiana senza consultare la Regione autonoma della Sardegna perché in quel caso il Partito Sardo d'Azione avrà modo di manifestare la sua forza.

Quei 60 milioni dei fondi FAS sulle opere minori devono essere discussi e gestiti nella programmazione dalla Regione sarda e non ci devono essere consiglieri regionali della Regione sarda con un accesso diretto a un Ministro che, poi, si preclude al rapporto col Governo della Sardegna, perché allora abbiamo a che fare con meccanismi che sono esattamente quelli che hanno sempre affossato la Sardegna.

Poi c'è la parte che riguarda noi. Noi siamo specializzati nel distribuire la ricchezza, ma poco nel produrla. Allora, il Presidente ha detto una cosa che io condivido, e cioè che noi dobbiamo decidere in questa sede se continuare a essere prigionieri del passato o tirare una linea e dire che da ora in poi si cambia. Non può farlo da solo il Governo regionale, non può essere una decisione unilaterale del Governo regionale quella di mandare via l'Alcoa. Io lo dico, perché preferisco, come diceva l'onorevole Vargiu, dichiarare che inizio un processo definitivo nel quale mi libero dell'industria pesante e do vita a un processo di riconversione.

Nessun governo regionale ha avuto questo coraggio, arriverà il momento in cui nessun governo regionale avrà le risorse per continuare a mantenere in piedi quel sistema. Che cosa facciamo dinanzi alla provocazione del Presidente? Il Presidente ha detto: "Dobbiamo cambiare, siamo uniti o non siamo uniti?" Se siamo uniti allora abbiamo un'altra strada da fare. Come si produce ricchezza? Noi dobbiamo deciderlo.

Abbiamo in piedi una vertenza fiscale perchè un'impresa non può accumulare ricchezza in Sardegna finché rimane questa pressione fiscale. Però noi possiamo prendere delle decisioni in questo Consiglio regionale. Potremmo per esempio nel prossimo collegato delegificare le leggi di incentivazione, decidere che facciamo il de minimis e tutte le leggi di incentivazione costituirle nel credito d'imposta, che possiamo istituire, per cui diciamo: "Non ti do contributi ma ti esento, fino al massimo del regime di aiuti, dalle imposte". Abbiamo la capacità di fare scelte strategiche di questa natura? Che cosa possiamo fare?

Abbiamo la capacità di semplificare la nostra legislazione e dire: "Da una parte il de minimis dove diamo il massimo per la micro impresa, ma ottenendo per tutti i paesi che si stanno spopolando l'applicazione della legge nazionale sulla montagna che li defiscalizza e poi tutto il sistema delle incentivazioni semplificato diventa credito.". Abbiamo il coraggio di ragionare così e fare scelte chiare, semplici e definitive? Io vorrei lavorare su questo versante.

In merito alle politiche del credito noi abbiamo accumulato, certo, un bagaglio di risorse e di possibilità, ma ancora non sono fatti, non sono ancora fatti. Abbiamo la forza nel prossimo collegato, se vogliamo farlo nel collegato, di far sì (che sia la SFIRS a farlo o chi altro) che tutto il microcredito sia di facilissima gestione? Abbiamo la forza di far muovere i 230 milioni? Non bastano, non basta l'ordine dato alla SFIRS, ci vuole un impulso politico fortissimo su questi temi che condizioni le banche, che hanno provato a prenderci in giro nella Conferenza sul credito.

Io credo che se noi arriviamo a comprendere che il Governo nazionale non ha più le risorse per finanziare nulla, proprio nulla, e che inevitabilmente sarà costretto a un'organizzazione dei poteri diversa da quella che ha, se capiamo questo, pongo la domanda all'opposizione: "La finiamo di stare due mesi a discutere mozioni e facciamo leggi che aumentino i nostri poteri? Abbiamo il coraggio di approvare leggi che esprimano un bisogno di poteri maggiori sulle tariffe?".

Cito un esempio. Ha la forza questo Consiglio regionale di istituire l'Agenzia regionale dell'energia che, se l'avessimo avuta, oggi avrebbe messo il Presidente della Regione in condizioni diverse nella trattativa con l'Alcoa? C'è in altre Regioni. Abbiamo questa forza? Scriviamo dieci punti forza in cui noi diciamo: "La Sardegna cambia passo ed è questo!" Liberiamo le risorse che sono bloccate, le usiamo per il welfare nella transizione e diciamo al governo: "Dacci i soldi, non darli all'Alcoa, dalli a noi e convertiamo le aree!" Abbiamo la forza di essere uniti su questo?

Io sono convinto, signor Presidente, faccio parte della sua maggioranza, che per noi valga un graffito, che io ho sempre in testa, che c'è nel carcere dell'inquisizione di Palermo, scritto da un prigioniero che dice: pane, pazienza e tempo. La pazienza è finita, non la nostra, quella degli altri, il tempo si sta esaurendo e il pane scarseggia. Noi abbiamo bisogno di un cambio di passo. Non lei, noi insieme a lei, tutti, tutti!

C'è bisogno di un intervento rapido sulla scuola, c'è bisogno di un intervento rapido sul territorio, c'è bisogno di una capacità di decisione che non c'è! Ciò che ha detto l'onorevole Vargiu è vero. Non c'è. E noi domani, anche se qualcuno di noi andrà a marciare, tutti noi, colleghi dell'opposizione, tutti noi, verremo percepiti come controparte di quello sciopero! Perché? Perché facciamo analisi e non produciamo decisioni comprensibili, chiare, importanti. Scusate il tono, ma io sto vivendo una crisi morale rispetto all'esercizio di questa funzione perché mi ammazzo di lavoro e non riesco a capire perché non riusciamo a trasformare questa realtà e ci abbandoniamo a un'agonia!

Io non voglio agonizzare e penso che sia necessario uno scatto di coraggio, di competenza! Si tolga di torno, signor Presidente, tutti quelli che non sanno fare, se li tolga di torno, perché li paghiamo tutti noi! E io la difenderò in quest'Aula in qualsiasi modo, non le mancheranno i voti; ma chi non sa fare nell'amministrazione, in tutti i livelli, fuori! Fuori! Perché abbiamo bisogno di competenze, di forze; e lei deve negoziare con lo Stato il patto di stabilità e il resto, il fisco, con un'attrezzatura burocratica fortissima, che oggi non c'è!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, Presidente della Regione, Assessori, onorevoli colleghi, prima di iniziare il mio intervento vorrei leggere una notizia AGI delle 18 e 41: "Un operaio dell'Alcoa è finito al pronto soccorso con una contusione a un piede e un dirigente sindacale del Sulcis è stato urtato, assieme a un altro lavoratore, dall'auto condotta dal direttore della fabbrica di Portovesme". All'interno della fabbrica erano presenti tre dirigenti a cui gli operai, ovviamente presenti, hanno chiesto di uscire perché, visti i fatti delle ultime ore, la vertenza non si sblocca e quindi prosegue la loro protesta. Però, lo diceva prima anche l'onorevole Maninchedda, la tensione sale e la pazienza si esaurisce e in particolar modo, immagino, si esaurisca la pazienza di coloro che da mesi stanno manifestando, per giorni interi, per difendere il loro posto di lavoro. é. E poi l'episodio riportato dall'AGI delle 18 e 40 circa; e noi, naturalmente, ci auguriamo che episodi di questo genere non si verifichino più.

Tutti noi dobbiamo stare attenti perché la tensione sale di giorno in giorno, dato che stiamo parlando di operai, lavoratori, padri di famiglia che vedono messo a rischio il loro posto di lavoro. Domani, Presidente, proprio per questi motivi, quegli operai parteciperanno allo sciopero generale con altri operai dei comparti interessati dalle trenta vertenze, che lei ha detto essere aperte, con gli studenti, con i lavoratori del settore pubblico, eccetera, eccetera,.

Domani è un giorno importante. Domani 5 febbraio (come anche lunedì), speriamo in momento risolutivo, in un barlume di speranza nella vicenda che sembra non avere fine dell'Alcoa. Presidente, la crisi che colpisce non solo la nostra Regione, il nostro Paese, ma altre aree industriali d'Europa e del mondo, mette in discussione, certo come lei ha detto, il modello di sviluppo che è in parte superato. Superato perché quel modello di sviluppo, quelle imprese vogliono guadagnare sempre di più, pagare sempre di meno e avere profitti sempre più alti.

Dico questo perché nella piattaforma sindacale di domani, nelle stesse parole di molti colleghi, nelle stesse dichiarazioni del Presidente, ritrovo quello che molti colleghi in quest'Aula, in altre legislature (pochi forse rispetto ai tanti che si uniscono oggi al coro), dicevano sulla globalizzazione, sulle multinazionali, sulle imprese, venendo tacciati come estremisti di sinistra, pericolosi perché mettevano in discussione lo status quo, la libera impresa e il libero mercato anche quando ripetevano cose dette da premi Nobel, economisti a livello mondiale.

La Sardegna non sorride, eppure fa sorridere che questi argomenti, queste parole, questi ragionamenti, oggi siano utilizzati da coloro che a spada tratta hanno difeso quel sistema di sviluppo: guai a toccare la globalizzazione, guai a toccare il libero mercato, guai a toccare l'impresa e l'industria, perché, si diceva, meno regole, meno lacci e lacciuoli, meno vincoli, più libertà, consentiranno all'impresa di creare posti di lavoro, sviluppo e benessere per tutti.

Mi pare che queste certezze, che allora alcuni avevano, oggi siano smentite dai fatti: così come i fatti smentiscono le privatizzazioni, le più selvagge, le esternalizzazioni dei servizi, l'abbandono del ruolo dello Stato a favore della libertà più assoluta, perché dalla libertà di tutti, da quella libertà soprattutto delle imprese e delle industrie, si pensava che sarebbe nata la libertà per ogni singolo cittadino.

Presidente, si parla di un nuovo modello di sviluppo, ma per adottarlo non sarà sufficiente né andare a Roma, né venire in Aula a ripetere le dichiarazioni programmatiche, sistematicamente ogni mese. Abbiamo già sentito queste parole, abbiamo già sentito espressioni come "nuovo sviluppo" o "nuove opportunità", "nuove infrastrutture", "reti telematiche", "la crisi ci ha colpito", non siamo noi che siamo andati a raccontare che con un po' di fiducia e qualche voto ogni sardo avrebbe sorriso.

L'opposizione in questi mesi (ormai sommandoli stiamo arrivando a un anno), ha seguito una certa linea. Nel suo intervento l'onorevole Sabatini ha detto che all'interno del centrosinistra ci si interroga su quale opposizione bisogna fare. Non so quale opposizione si dovrà fare dopo venerdì, e dopo lunedì, so qual è il ruolo dell'opposizione e cosa ha fatto l'opposizione fino ad oggi.

Noi dell'opposizione non abbiamo mai utilizzato le vertenze aperte, le crisi, le manifestazioni dei lavoratori, le difficoltà contingenti quale strumento di battaglia politica nei suoi confronti; anzi, abbiamo detto che, proprio per quelle crisi, quelle difficoltà, quei tanti lavoratori che aspettano risposte, dovevamo impegnare ognuno di noi in uno sforzo collettivo, per dare risposte a quei lavoratori, a quei cittadini sardi, che da troppo tempo difendono il posto di lavoro e guardano a noi per ottenere appunto risposte ai bisogni, alle necessità e alle urgenze dell'oggi.

Voltare pagina, cambiare, è tutto scritto nel Piano regionale di sviluppo. Io non so se tutto sia scritto nel Piano regionale di sviluppo, so che io non l'ho condiviso, noi non lo abbiamo condiviso, ma se pure l'avessimo condiviso come voi che, immagino, avrete partecipato alla sua stesura, essendo parte fondamentale del programma di governo della coalizione di centrodestra, ebbene, né noi che ci siamo opposti, né voi che l'avete sottoscritto e votato, nessuno di noi ha potuto vedere realizzata, in un anno quasi di legislatura, un'idea presente in quel Piano regionale di sviluppo.

Il tempo passa, diceva l'onorevole Maninchedda, è vero, il tempo passa e passa velocemente, passa acqua sotto i ponti, ma di soluzioni, di risposte, di leggi approvate neanche l'ombra: due finanziarie, un collegato, l'altro collegato non l'abbiamo visto, un piano per l'edilizia dove da un lato si dice di voler tutelare l'ambiente, fare dell'ambiente una forza trainante dell'economia e dello sviluppo, dall'altro si consente di costruire nell'agro e sulle spiagge, le due cose insieme non reggono. Ebbene, noto anche che negli interventi dei colleghi sono spariti espressioni come "il governo amico", e una difesa a spada tratta dell'operato del Governo regionale.

Presidente, anche nelle affermazioni, nelle dichiarazioni, negli interventi in Aula si avverte la paura, il senso di incapacità nel rispondere ai problemi. E se prima poteva essere giustificato, o giustificabile, con argomentazioni pur utilizzate, e per un certo verso anche giuste, sostenere che "è da poco che si governa, lasciate che coloro che stanno al Governo prendano conoscenza dello status quo, dello stato dell'arte", ebbene se questi ragionamenti valevano alcuni mesi fa, oggi non valgono più, non possono essere più utilizzati. E persino i colleghi più avvertiti, con maggiore esperienza politica e di presenza nelle istituzioni, anche del centrodestra, avvertono questa difficoltà, e non utilizzano più argomentazioni di questo tipo, appunto perché dopo un anno di legislatura non possono più essere utilizzate.

Noi abbiamo alcune idee che, in parte, sono contenute nella piattaforma dei sindacati, è il documento che domani verrà diffuso, che è stato discusso e sul quale si fondano le basi dello sciopero generale di domani, 5 febbraio; però voi, nel condividere questa piattaforma, ne dimenticate alcuni punti.

Il primo punto riguarda il nuovo Statuto della Sardegna; ebbene, è a causa dell'opposizione di allora se la Sardegna oggi non ha un nuovo Statuto. Si può sempre recuperare, certo, ma il fallimento della procedura per consentire all'Isola di avere un nuovo Statuto non è sicuramente attribuibile all'opposizione di oggi, maggioranza allora, ma è attribuibile all'allora opposizione, oggi maggioranza, e oggi alla maggioranza, a voi, compete riprendere quel percorso, se c'è la volontà di farlo da parte vostra, perché non ci si può limitare sempre a una dichiarazione di intenti e di principi. Si prenda in mano lo Statuto, lo si riscriva, si corregga quello che c'era da correggere, si riveda quello che non si è condiviso a suo tempo, e si riprenda quel cammino interrotto non a causa nostra.

Il secondo punto riguarda i residui passivi; miliardi di euro che gridano vendetta da parte di tutti coloro che attendono risposta dalla macchina regionale e dalla politica regionale. Residui passivi che potrebbero dare sollievo, essere una valvola di sfogo per i tanti che attendono, fuori da quest'Aula e da questo palazzo, che noi si assuma decisioni importanti per il futuro e il benessere di coloro che oggi lavorano, e di coloro che vorrebbero avere un futuro lavorativo nei prossimi anni.

Sono bloccate anche le risorse destinate al Piano straordinario per il lavoro, contenuto anch'esso nella piattaforma dello sciopero generale di domani, ai provvedimenti di sostegno al reddito, alla lotta alle nuove e vecchie povertà, alle politiche attive per il lavoro; risorse che non vengono utilizzate, non si è fatto nulla, non si fa nulla, non si spende una lira e si accumulano, anche su questi settori, residui passivi senza dare risposte alle necessità e ai bisogni dell'oggi.

L'emergenza industriale, solo per citare alcuni dati, vede 11 mila lavoratori in cassa integrazione in deroga, solo nell'ultimo periodo, 90 mila prestazioni INPS di sostegno al reddito; a questi dati vanno aggiunti quelli relativi alla disoccupazione, all'emigrazione di cervelli, che non è più l'emigrazione di braccianti agricoli degli anni '20-'30, fino agli anni '50-'60, ma emigrazione soprattutto di giovani. Giovani per la cui formazione lo Stato, la Regione, hanno speso risorse, dalle scuole elementari, se non dall'asilo, alle medie, alle superiori, all'università, e poi i dottorati di ricerca, i Master di specializzazione, per regalarli a qualche paese estero che utilizza, gratis, questo patrimonio di conoscenze e di risorse.

Ebbene, l'unità nel confronto, l'unità, Presidente, con noi la troverà su questi temi che ho elencato, sapendo che noi aspetteremo domani, aspetteremo lunedì, per vedere una Sardegna che torna a sorridere (e sono pochi i sardi che ridono in questo periodo); dopo, ognuno per la propria parte, saremo impegnati nella battaglia per incalzare lei, il Governo regionale, la sua maggioranza, perché si faccia ciò che viene annunciato e scritto e che non trova mai applicazione, per cui non vengono mai spese le risorse, che pure ci sono, e che andrebbero spese per rispondere alle necessità, alle urgenze, ai bisogni per i quali tanti sardi soffrono in questi giorni e in questi mesi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Presidente, pochi giorni fa, lei era assente e me ne dispiace, si è tenuto un dibattito relativamente alle assenze e presenze all'interno di quest'Aula; siccome l'argomento di stasera non è meno valido, non è meno importante di altri, e in gioco c'è la vita di tanti lavoratori e delle loro famiglie, io credo che questo Consiglio abbia il sacrosanto dovere e diritto di partecipare attivamente.

A questo punto, in modo quasi inusuale, chiedo la verifica del numero legale, Presidente, perché ritengo che sia arrivato il momento di chiarire sino in fondo che la partecipazione ai lavori è uguale per tutti e non solo per una parte del Consiglio.

(Appoggia la richiesta di verifica del numero legale il consigliere Vargiu.)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri CAPPELLACCI e MANCA sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 63 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - AMADU - ARTIZZU - BARDANZELLU - BARRACCIU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - BRUNO - CAMPUS - CAPELLI - CAPPAI - CAPPELLACCI - CHERCHI - COCCO Pietro - CONTU Felice - CONTU Mariano - COSSA - CUCCA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA Mario - ESPA - FLORIS Rosanna - FOIS - LAI - LOCCI - LOMBARDO - LOTTO - MANCA - MANINCHEDDA - MARIANI - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MORICONI - MULA - MULAS - MURGIONI - OBINU - PITEA - PLANETTA - RANDAZZO - RASSU - RODIN - SABATINI - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - STERI - TOCCO - URAS - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU.

Poiché il Consiglio è in numero legale, proseguiamo i nostri lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.

PLANETTA (P.S.d'Az.). Presidente, Presidente della Giunta, Assessori, colleghe e colleghi consiglieri, la discussione di oggi credo debba rappresentare un momento significativo e qualificante per tutti noi, per l'intero Consiglio. Chi ha letto le interrogazioni del nostro Gruppo, del Partito Sardo d'Azione, e partecipato ai nostri dibattiti, sa che abbiamo già affrontato gli argomenti che trattano d'industria, di ambiente, di salute.

Oggi vediamo, perché siamo qui, di parlare anche di Alcoa ma credo solo apparentemente, colleghi, come abbiamo parlato a suo tempo di Eni, come abbiamo parlato già tante altre volte, e davvero poco utilmente, di tutte le iniziative pseudo industriali nate e cresciute sulla nostra terra con il fine ultimo, e mal celato, della speculazione e dell'inganno.

Il vero problema colleghi, Presidente, anzi Presidenti, Assessori, il vero problema di cui poco abbiamo parlato, e poco continuiamo a parlarne, sta nella parola "sovranità. Io credo che questo sia il nocciolo della questione, per cui questa di oggi non deve essere l'ennesima occasione per sputare veleni, o per tirare una coperta già troppo corta dai piedi alla testa o dalla testa ai piedi.

Vorrei che tutti, in quest'Aula, fossimo consapevoli che il popolo sardo oggi si aspetta qualcosa di più di un semplice rivendicazionismo, di urla, di lagne, che la gente ha imparato a conoscere e riconoscere per cui oggi a noi non presta più ascolto!

Anche oggi ho sentito qualcuno che annunciava ricette come una sorta di panacea per tutti mali, ma rilevo che da qualche legislatura si governa uno alla volta; e io voglio dire anche questo, presidente Lombardo, e cioè che in questo Consesso dobbiamo imparare anche ad avere uno stile di fare politica che consenta a ognuno di esercitare il proprio ruolo dignitosamente.

Presidente, non si può continuare a parlare, da soli, con questa confusione; se si continua così io chiudo l'intervento, lo lascio agli atti dandolo a chi di dovere.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Planetta, prego i colleghi di prendere posto.

PLANETTA (P.S.d'Az.). Quindi, la domanda sorge spontanea: che cosa si è fatto perché tutto questo non avvenisse? Perché è innegabile che l'epilogo di questa tristissima storia lo si conoscesse da anni, ma non da anni, da decenni. Allora colleghi, il parlare, il troppo parlare, le urla, gli strepiti, lo stracciamento delle vesti, non possono più rappresentare il bacino lustrale in cui ci si tuffa e a volte, troppo spesso, si sguazza. Per essere così assolti vergini, e tutti noi senza peccato!

Io vi domando: chi ha voluto l'industria pesante in Sardegna? A chi ha giovato realmente? E ancora: questo davvero rappresentava ieri e rappresenta oggi il nostro ottimale modello di sviluppo? Il presidente Cappellacci ci ha richiamato e ha richiamato la classe dirigente della Sardegna alle proprie responsabilità. Ebbene io colgo il suo invito, Presidente, in coscienza, e lo prendo davvero con il cuore, come fosse dato da un padre responsabile. Però ugualmente sono convinto che si è aspettato fino ad oggi troppo, troppo tempo, e che il problema lo si conoscesse da tantissimo tempo, e che fosse solo un problema di tempo prima che tutto ci esplodesse fra le mani!

Oggi, Presidente, a lei, a noi, è toccato il cerino acceso tra le mani e ne paghiamo lo scotto, e io come lei me ne voglio assumere le responsabilità, farmene carico come e quanto posso, senza fuggire le responsabilità, che pure poco mi appartengono. Ma io come voi sono un consigliere regionale della Sardegna, sento il peso della situazione, un peso ancora più schiacciante che mi deriva da questo ruolo. Anni fa precisamente già nel 2003, nel 2004, credo si sarebbe potuto affermare in quale anno (indicando il 2007, al massimo il 2008) all'incirca l'Alcoa avrebbe chiuso lasciando il Sulcis in "braghe di tela". Ci si poteva sbagliare solo di qualche anno ma non sull'evento. Io credo che il ciclo dell'alluminio in Sardegna sia destinato a scomparire, iniziando un velocissimo conto alla rovescia da quest'anno.

Già in anni lontani era evidente che una principale concorrente della Sardegna fosse un'altra isola: l'Islanda. I 103.000 chilometri quadrati dell'Islanda sono abitati solamente da 286.000 persone, in gran parte concentrate nella capitale. E' un'enorme isola, semidisabitata, repubblica indipendente esterna all'Unione Europea, dotata di enormi risorse idriche per produzione di elettricità, di calore geotermico in quantità illimitata e sfruttabile, data la sua attivissima natura vulcanica. Dalla metà del secolo scorso, le maggiori società produttrici di alluminio, ad iniziare dalla pioniera Alusuisse, operano nell'isola, nella quale si producevano al '93 oltre 260.000 tonnellate di alluminio, quasi una tonnellata per abitante, la più alta percentuale del mondo.

Era previsto nel 2010 l'aumento della produzione a oltre un milione di tonnellate annue; l'elettricità allora in Islanda si pagava 1,92 centesimi di dollaro al chilowattora, mentre in Italia, la più cara d'Europa, costava ben 6,52 centesimi di dollaro. Le tasse per l'industria sono bassissime, simili alle irlandesi, con le relative facilitazioni all'insediamento e alla gestione, senza i vincoli dell'Unione europea. Le grandi multinazionali si apprestano a produrre quantità di alluminio ancora più elevate e a costi concorrenziali, concentrando le produzioni e integrandole, dalle miniere al laminatoio, tagliando sui costi superflui del trasporto, accedendo a energia in grande quantità e a costi più bassi, eliminando il più possibile le spese di salvaguardia ecologica e sanitaria, allocandosi dove c'è meno democrazia, rispetto dei diritti umani, civili e sociali e dove si può inquinare massicciamente.

Non è un caso che la Cina stia aumentando velocemente le sue produzioni per diventare il primo produttore ed esportatore di alluminio. Resta quindi aperto il mercato del sud-est asiatico che si appresta a un grande sviluppo delle produzioni, uscendo dalla recessione globale. Il costo dell'alluminio cinese sarà più alto di quello importato, sia per la vetustà dei propri impianti e della tecnologia impiegata, ma anche perché le condizioni di lavoro e di sicurezza sociali, salariali e ambientali, oggi quasi schiavistiche e inquinanti oltre ogni misura, evolveranno certamente, causando un sensibile aumento dei costi.

L'Alcoa, per rispondere a queste sfide, ha comunicato alla fine di dicembre di aver siglato un accordo per mettere in marcia nei prossimi anni un gigantesco sistema integrato di produzione di alluminio in Arabia Saudita, investendo 10,8 miliardi di dollari in una joint-venture con la società mineraria saudita Ma'aden: l'Alcoa parteciperà al 40 per cento in un parternariato d'investimento che controllerà con il suo 20 per cento, lasciando ai sauditi il restante 60 per cento, prevedendo l'inizio della produzione, che avverrà in due tempi, per il 2014.

La raffineria del minerale, la fonderia e il laminatoio saranno stabiliti in una zona industriale di Raz Az Zawr, sulla costa orientale dell'Arabia Saudita, mentre una miniera di bauxite sarà coltivata a Al Ba'itha, vicino a Quiba. Per le prime produzioni, l'Alcoa fornirà l'allumina necessaria importandola dall'esterno, impegnandosi nella progettazione, costruzione e gestione per aggredire il mercato del sud-est asiatico, comprese la Cina e l'India. La scelta di allearsi con il Paese che possiede la più alta capacità energetica a basso costo, capitali infiniti e le zone semi abitate prospicienti l'India, si spiega anche con la possibilità di importare manodopera e tecnici in grande quantità, senza gli impedimenti delle legislazioni democratiche e civili, assenti nell'Arabia Saudita.

Questa ulteriore scelta dell'Alcoa conferma l'abbandono della Sardegna, ritenuta antieconomica e non più funzionale alle sue strategie globali. Ecco, questa è la realtà dei fatti, queste sono le prospettive reali cui devono guardare le nostre battaglie. Io credo, insomma, che si dovrebbe guardare la realtà per quella che è; per non subire un processo di decolonizzazione, che lascerebbe in Sardegna, e in particolare nella zona interessata, solo macerie e disincanto, occorre iniziare a progettare una via alternativa.

Tale via, a mio parere, passa anche per la definizione di un piano finanziato dallo Stato e dall'Unione europea, con una legge apposita.

Tale legge, come nel caso della riconversione di Bagnoli, dovrà stanziare adeguate risorse per rinaturalizzare e riconvertire il territorio inquinato con un programma che dovrà essere pluriennale e indirizzato a occupare manodopera e tecnici, invece che lasciarli a marcire con un sussidio.

Dovremo pensare insomma a un diverso sviluppo facendo rinascere l'agricoltura, il turismo, l'industria manifatturiera compatibile con la nuova vocazione della zona che, attraverso la realizzazione della zona franca di Portovesme, crei un nuovo regime fiscale per tutto il Sulcis-Iglesiente, in grado di attrarre capitali, tecnologia e competenze, in applicazione di quell'articolo 12 del nostro Statuto speciale.

Questa, a mio parere, dovrebbe essere l'azione da intraprendere, cessando di illudere la gente al fine di salvaguardare solo pochi interessi di un ceto che ha costruito le proprie fortune sull'onda dell'intervento industriale colonizzante, e cercando finalmente di fare gli interessi dei lavoratori, delle nuove generazioni e delle popolazioni, guardando al futuro.

E' certo che, in presenza del nulla come proposta alternativa, si fa bene a lottare con tutte le forze, almeno per ritardare le chiusure e per smascherare le reali intenzioni dell'Alcoa, costringendola a pagare pegno nella bonifica e reindustralizzazione del territorio che ha utilizzato per quasi mezzo secolo.

A volte si dice che quando viene chiusa una porta si apre un portone, bisognerebbe però prepararsi per tempo con un piano di bonifica, con una riconversione produttiva dell'intero territorio, pensando al futuro di intere generazioni e della nostra Nazione sarda.

Per ultimo è bene ricordare che sono state le produzioni delle industrie energivore (Alcoa, Glencore, Saras, chimiche varie) che, deformando il PIL sardo, hanno fatto uscire la Sardegna dall'Obiettivo 1 dell'Unione europea, causando un enorme danno a tutti i sardi, di una rilevanza negativa incalcolabile, ingiusta e punitiva.

Bisogna così, caro Presidente, come lei ha anche detto, pensare a nuove strade tutti insieme, in un rapporto veramente costruttivo, che non veda più né maggioranza, né opposizione, né centro, né destra, né sinistra, ma veda un'unica via che vada solo a favore di tutta la popolazione del nostro territorio, della nostra Isola.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Milia. Ne ha facoltà.

MILIA (U.D.C.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Vargiu)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri CAPPELLACCI e RANDAZZO sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Dichiaro che sono presenti 65 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - AMADU - ARTIZZU - BARDANZELLU - BARRACCIU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - CAMPUS - CAPELLI - CAPPAI - CAPPELLACCI - CHERCHI - COCCO Pietro - CONTU Felice - CONTU Mariano - COSSA - CUCCA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA MARIO - FLORIS ROSANNA - FOIS - GRECO - LADU - LAI - LOCCI - LOMBARDO - LOTTO - MANINCHEDDA - MARIANI - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MILIA - MORICONI - MULA - MULAS - MURGIONI - PERU - PIRAS - PITEA - PLANETTA - PORCU - RANDAZZO - RASSU - RODIN - SABATINI - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - STERI - STOCHINO - TOCCO - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU.

Poiché il Consiglio è in numero legale proseguiamo i nostri lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente o Presidenti, Assessori, cari colleghi, se la politica divide la polis dovrebbe unire, ma per unire e per aggregare bisogna avere i requisiti, soprattutto quell'ingrediente della vera politica che è l'ascolto o la parola come ascolto. E' vero che un certo modello di sviluppo è stato superato, ma l'alternativa non è la ripetizione di ciò che è universalmente superato. Io caro, Presidente, le do atto della sua sensibilità e anche del suo impegno, anche del suo nomadismo che terrò come positivo ma, Presidente, lei tratta con un Governo che promette ma non passa seriamente agli atti performativi. L'avvenire non è una rivisitazione del passato ma dovrebbe essere una progettazione unitaria, anche se frammentaria la maggior parte del tempo.

Nell'industria petrolchimica in Sardegna il sistema produttivo è un sistema integrato da Porto Torres al Sulcis, da Ottana ad Assemini e da Assemini a Porto Torres, Sarroch. Ogni stabilimento è funzionale all'altro e ogni volta che ne viene meno uno si corre il rischio di un catastrofico effetto domino. L'ENI controlla Syndial, Polimeri Europa, Vinyls e l'una produce le materie prime che servono alle altre per la propria produzione.

Stranamente, per quanto concerne la vertenza Vinyls, l'ostacolo alla ripresa della produzione è costituito dal prezzo troppo alto delle materie prime necessarie imposto proprio dall'ENI, ossia la stessa società che controlla Vinyls. I prodotti di queste tre industrie sono necessari al funzionamento dello stabilimento di Assemini di proprietà di Syndial, e le fabbriche di Porto Torres e di Marghera, a loro volta, senza le produzioni di Macchiareddu non possono andare avanti. La crisi passa anche per Ottana e Portovesme. Tutte le industrie petrolchimiche sarde sono legate le une alle altre, tutte direttamente o indirettamente sono legate all'ENI che pare abbia deciso di smantellare il settore petrolchimico dell'Isola.

A questo punto è necessario ricordare qual è il filo conduttore che, a detta dei dirigenti internazionali, unisce questa catastrofica crisi: il prezzo dell'energia. E veniamo al punto con qualche piccola ma necessaria premessa: in questo gioco d'incastri tra società e partecipazioni statali ossia l'ENI, Governo e multinazionali, analizziamo i vari pezzi del puzzle e vediamo di rimetterli in ordine.

Prima di tutto parliamo della legge approvata a luglio dell'anno scorso dal Parlamento, la legge numero 99 del 2009. La legge in questione prevede l'incontro tra produttore e consumatore di energia nei consorzi per la costruzione di nuove centrali nucleari a prescindere dalla loro collocazione; che si tratti di energia nucleare non c'è alcun dubbio dato che l'articolo 38 della legge promuove, cito "la ricerca e la sperimentazione nel settore energetico con particolare riferimento allo sviluppo del nucleare di nuova generazione".

Se pensiamo che Alcoa ha un fabbisogno energetico corrispondente alla produzione di una centrale elettrica di medie dimensioni, è chiaro il suo interesse al possibile coinvolgimento in questo nuovo affare milionario della costruzione di una o forse più centrali nucleari; circostanza che le permetterebbe di avere a disposizione, continuativamente nel tempo, l'energia di cui ha bisogno a prezzi probabilmente anche inferiori alla media del mercato nazionale.

In proposito si deve dire che, benché a un'interrogazione presentata a maggio del 2009 da diversi deputati sardi, sulla possibilità che la Sardegna fosse individuata quale sede idonea, il Ministero per lo sviluppo economico abbia risposto che, cito, "la collocazione delle centrali nucleari sarà oggetto di specifiche attività di definizione del Governo"; così non ha detto Fulvio Conti, amministratore delegato di ENEL, che in un convegno tenutosi a fine novembre nel suo intervento ha affermato che, cito, "ENEL sta pensando a modelli societari consortili per ciascuna unità, ossia per ciascuna centrale aperta ai grandi consumatori di energie, come industrie e consorzi di imprese, che potranno beneficiare di elettricità a prezzi vantaggiosi per tutta la durata dell'esercizio della centrale purché sia l'ENEL a mantenere una posizione di leadership". Aggiungiamo a ciò la costruzione del cavo SAPEI per il trasporto dell'energia da e per la Sardegna.

Ecco qui la risposta indiretta a quello che sta succedendo nel comparto industriale sardo; emerge un piano concordato tra ENEL, ENI, altre industrie, tra le quali ALCOA, e Governo: minacciare di creare la desertificazione industriale, fomentare la crisi e la disoccupazione in modo da costringere i sardi ad accettare le centrali nucleari sul territorio per fame e disperazione.

A conferma di ciò si può aggiungere qualche elemento. Prima di tutto il Governo finge di andare incontro ad ALCOA con un decreto legge sull'energia a prezzo agevolato che non risolve nulla, perché un decreto legge ha un'efficacia nel tempo di 60 giorni se non convertito in legge, mentre ad una nostra grossa industria come ALCOA occorrono tariffe agevolate certe nel medio e lungo termine.

Secondo, nella risposta scritta all'interrogazione presentata dai deputati sardi, risposta data il 12 ottobre 2009, Stefano Saglia, Sottosegretario per lo sviluppo economico, risponde riassicurando il deputato che, cito, "il Ministero dello sviluppo economico ritiene di poter assicurare che le decisioni, per il collocamento delle centrali nucleari negli specifici siti nel territorio nazionale, saranno assunte con il necessario consenso e coinvolgimento da parte delle autorità locali interessate".

Peccato però che la Conferenza Stato - Regioni abbia approvato il 28 gennaio 2010 un parere negativo sul decreto legislativo attuativo della legge numero 99/2009 che contiene le norme per la individuazione dei siti che dovranno ospitare le future centrali nucleari, e che lo stesso sottosegretario Stefano Saglia dichiari alla stampa, in antitesi con quanto risposto ai parlamentari sardi, che il Governo andrà avanti per la sua strada trattandosi di parere non vincolante.

In altri termini, il Governo può tranquillamente andare avanti con la sua politica energetica, senza rispettare la volontà della stragrande maggioranza delle autorità locali che non vogliono le centrali nucleari nel loro territorio. Peraltro, la legge numero 99 viola le norme costituzionali sulla competenza normativa concorrente Stato-Regioni e, al contrario di quanto afferma Mister Saglia, vi sono diverse sentenze della Corte costituzionale con le quali si ribadisce l'ineludibilità dell'intesa tra Governo e Regioni, quale pieno riconoscimento della funzione amministrativa delle Regioni su materie in cui queste esercitano il loro potere legislativo concorrente.

In particolare, la Corte costituzionale, con sentenza numero 383 del 2005, ha dichiarato incostituzionali numerose disposizioni della legge del 23 agosto 2004, numero 239, su "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia", per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione. L'unica forma di lealtà che ha il Governo nazionale è quella nei confronti delle multinazionali e delle lobbies dell'energia e dell'edilizia. Gli operai e i cittadini sono soltanto gli schiavi moderni da utilizzare e, se necessario, da sacrificare per la fabbricazione di fatturati miliardari e successiva spartizione tra tutti gli autori di questo ben orchestrato accordo di cartello tra multinazionali, Governo e ENEL, a costo anche della salute e della vita dei cittadini.

Senza farla troppo lunga, nel frattempo i lavoratori dell'ALCOA lottano con dignità e forza, perché sanno che la loro lotta è la lotta di tutta la Sardegna, di tutte le famiglie sarde ridotte sul lastrico dalla politica e dall'avidità di persone senza scrupoli nel cuore. La loro lotta è la lotta per la vita, perché, se si chiudono ALCOA e il comparto petrolchimico, non ci sarà più nessun lavoro per loro. La Sardegna è sotto saccheggio da parte degli stranieri con la complicità del Governo nazionale; e proprio chi dovrebbe difenderla tace e crede ancora alle favole del Governo nazionale, prima di addormentarsi per poi svegliarsi e trovarsi in una terra che avrebbe dovuto essere un paradiso e che, invece, è diventata un inferno.

Non cerchiamo, caro Presidente, altri modelli di sviluppo, perché lo sviluppo non è automaticamente welfare o benessere. Forse bisognerebbe iniziare a parlare di modello di decrescita, solo via la decrescita, attraverso la crescita, si può superare la crisi. Mi fermo qui e grazie.

PRESIDENTE. Comunico all'Aula che il consigliere Soru, che aveva chiesto congedo, è presente in Aula. Pertanto il congedo si intende revocato.

Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri CAPPELLACCI, CONTU Mariano e RODIN sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 61 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - ARTIZZU - BARRACCIU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - BRUNO - CAMPUS - CAPELLI - CAPPAI - CAPPELLACCI - CHERCHI - COCCO Pietro - CONTU Felice - CONTU Mariano - COSSA - CUCCA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA Mario - FLORIS Mario - FLORIS Rosanna - FOIS - GRECO - LADU - LAI - LOCCI - LOMBARDO - LOTTO - MANCA - MARIANI - MELONI Francesco - MILIA - MORICONI - MULA - MULAS - MURGIONI - OPPI - PERU - PIRAS - PITEA - RODIN - SABATINI - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - SORU - STERI - TOCCO - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU.

Poiché il Consiglio è in numero legale, proseguiamo i nostri lavori.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, io credo che, come premessa, sia necessario chiedersi se la politica è davvero ancora punto di riferimento, per quanto riguarda i cittadini, per risolvere le problematiche sociali ed economiche in cui versano la nostra Isola, il nostro Paese e, in generale, il mondo intero.

Ma stiamo alla nostra Regione. Era il 15 luglio del 2009 quando in quest'Aula si raggiunse un momento alto con la convocazione di un'Assemblea straordinaria del Consiglio regionale aperta alle parti sociali, datoriali e sindacali. In quel momento dovevamo confrontarci con un'altra minaccia di chiusura, che poteva mettere in crisi tutta la struttura industriale della Sardegna, cioè il ventilato blocco da parte dell'ENI, in quel di Porto Torres, degli impianti. Ci fu un momento, in quest'Aula, di grande unità con le parti sociali, che sfociò in una delega, piena e ampia, al Presidente di rappresentare l'istanza Sardegna nei confronti dello Stato centrale e l'impossibilità di poter recepire quell'atto di chiusura da parte dell'ENI.

In quella sede parlammo tutti, parlammo uno per Gruppo, relativamente al Consiglio regionale, parlò il rappresentante dell'Associazione degli industriali, quello dell'associazione delle Province sarde, dei sindacati, parlarono tutti. Ho riletto che cosa si disse in quell'occasione, e credo che per quanto ci riguarda stiamo replicando quegli interventi.

Ce ne furono alcuni significativi, parteciparono anche i deputati sardi, e qualcuno, in quell'occasione, disse che stavamo andando incontro alla costituzione di una "unità bambina" (riferendosi all'intervento di qualche collega), che andava educata con amore, non prendendola a ceffoni. Quell'oratore, era l'onorevole Pisano, concluse il suo intervento dicendo: "Prima viene la Sardegna, poi il centrodestra. Noi non dobbiamo essere disposti a cedere, neanche di un millimetro".

Sempre in quella occasione, riprendendo e, se ci fosse stata necessità, confermando questi principi, il Presidente della Regione disse: "Noi vogliamo affermare il nostro diritto di autoregolamentazione per il governo del territorio e per l'attuazione delle politiche di sviluppo. Lo diciamo con la convinzione che le ragioni sulle quali è fondata la nostra specialità, all'interno dell'ordinamento regionale della Repubblica, non costituiscono un indebito privilegio, ma una irrinunciabile conquista storica". Sempre in quella sede aggiunse: "La Sardegna non può subire un'aggressione economica di tale portata", riferendosi, appunto, alla ventilata chiusura e al fermo degli impianti in quel di Porto Torres.

Dicevo, un momento di grande unità. E fu una battaglia vinta che il Presidente condusse in quel di Roma, non come persona, ma come rappresentante di una Sardegna unita.

Oggi, dal 15 luglio del 2009, ci ritroviamo con una Sardegna non completamente unita. Domani, una parte della nostra società che era unita con noi sciopera contro di noi, sciopera contro il Governo centrale. Non possiamo dire che sarà una manifestazione di popolo unito, ma c'è una parte di popolo che richiama i suoi rappresentanti all'efficacia e all'efficienza delle sue azioni di governo, e questo non lo possiamo negare. Non lo possiamo negare perché, appunto, viene prima la Sardegna, vengono prima gli interessi generali, poi vengono il centrodestra o il centrosinistra.

Io concordo molto sul fatto che bisogna cambiare rotta, cambiare rotta nella politica di programmazione e di sviluppo, soprattutto; lo dissi in quella sede, come l'hanno detto tanti di noi, e mi ripeto dicendo le cose che dissi quella volta e che dissi nel 2000 sempre in quest'Aula: la chimica è finita in Sardegna ; dobbiamo chiedere pertanto allo Stato centrale un intervento serio, così come è stato fatto a Bagnoli o a Sesto San Giovanni, chiedendo la totale copertura finanziaria da parte dello Stato per gli interventi di bonifica ambientale dell'industria, dieci anni di programmazione e di interventi che saranno a nostra disposizione per studiare e programmare insieme una nuova politica di sviluppo economico per la Sardegna. Era il 2000, sono passati dieci anni.

Nel 2001 si parlò, sempre in questa sede, del risanamento ambientale e del ruolo dello Stato, della chimica e della grande industria che aveva finito il suo tempo, e dei contratti d'area richiamati anche in questa seduta come elemento importante per risolvere le crisi. Proprio in quell'anno , si chiese per la prima volta in quest'Aula, riferendosi a una parte del territorio, la costituzione di una Commissione d'indagine per verificare gli effetti dei miliardi di lire, e poi di euro, investiti nei contratti d'area, e quali benefici o elementi di sviluppo fossero derivati da quegli interventi.

Allora quell'Aula rifiutò la Commissione d'indagine, in un'altra legislatura il nuovo Consesso rifiutò la Commissione d'indagine, in questa legislatura se n'è parlato e si è ugualmente accantonata la proposta. E allora che cosa abbiamo dovuto aspettare? Che la Guardia di Finanza ci dicesse che quei contratti sono stati una ruberia costante di fondi pubblici, e gli atti della Guardia di Finanza sono finalmente a nostra disposizione. Cioè la politica è stata assente, non ha svolto il suo ruolo, e ci dobbiamo affidare a istituzioni terze per affermare o riscontrare l'inefficacia delle nostre azioni, delle azioni della politica.

Condivido, dicevo, che bisogna cambiare rotta, lo condivido ormai da dieci anni; condivido ciò che in quest'Aula qualcuno poc'anzi, nel suo intervento, ha detto: siamo ai limiti di una crisi personale, morale, di rassegnazione; condivido quando si dice che bisogna autodeterminarci, cambiare le regole, lo Statuto, che bisogna avere la forza di fare le riforme urgenti, che sono lo strumento dal quale si parte per una programmazione diversa e autonoma; sono d'accordo nell'accompagnare la fine di un sistema per crearne un altro.

Nella scorsa legislatura feci un esempio a seguito degli interventi compiuti sulla formazione professionale; il sistema era assolutamente da riformare, assolutamente da radere al suolo, non condivisi però il metodo adottato e dissi: "Qualsiasi buon padre di famiglia o buon imprenditore, nel momento in cui chiude una serranda, deve contestualmente aprirne un'altra", non si può mandare la gente per strada, bisogna indicare la via della chiusura e, nello stesso momento, costruire l'apertura della nuova serranda; questo è il compito delle istituzioni, perché non è colpa di quei lavoratori se la politica ha mal gestito la formazione professionale. Noi dobbiamo garantire continuità di lavoro, perché dietro quei lavoratori ci sono delle famiglie.

A questo punto interviene la programmazione: che cosa vogliamo fare del nostro futuro? E oggi di che cosa stiamo parlando? Dell'ennesima situazione di crisi industriale, sempre legata alla chimica, in questo caso all'ALCOA, ma non dimentichiamo Porto Torres, non dimentichiamo le difficoltà di Ottana, non dimentichiamo le difficoltà generali di un sistema nel quale noi ci siamo inseriti forzatamente, senza avere storia, senza avere capacità, senza avere infrastrutture, senza avere materie prime, o con scarse materie prime. Ci siamo inseriti in questo sviluppo industriale forzatamente, spinti dal di fuori, non facendo parte di quella storia di produzione e di sviluppo.

E qui interviene la politica, intervengono le nostre responsabilità. Mi ricollego a quello che qualche collega poc'anzi diceva: "Noi dobbiamo cambiare", e noi, maggioranza, abbiamo sicuramente una responsabilità maggiore dell'opposizione, che fa la sua parte. Sabatini ha spiegato come l'opposizione intende fare la sua parte, posizione condivisibile o meno ma legittima, in ogni caso legittima la posizione dell'opposizione che ci ha consentito di lavorare in questi mesi.

Come diceva il collega Maninchedda, non vorrei che anche queste mie parole inducessero poi a togliere il saluto; la critica costruttiva, all'interno di una maggioranza, serve perché ognuno di noi metta a disposizione degli altri la propria pur piccola esperienza, umile esperienza, per suggerire e partecipare, insieme ad altri, alla costruzione di un nuovo futuro.

E così, presidente Cappellacci, quando io in particolare a giugno dissi: "Presidente, siamo fermi, c'è qualche problema? Dobbiamo cambiare subito rotta?", mi si rispose, giustamente che cosa si pretendeva, che cosa una Giunta in tre mesi poteva fare eccetera Qualcuno, forse anche più di me, aveva il diritto e il dovere di guardare dalla finestra, osservare il cielo e capire se si prospettava una bella giornata o se c'erano nuvole all'orizzonte.

Sottoscrivo, l'ho detto, sottoscrivo pienamente, e va portata avanti, la proposta del collega Maninchedda: "Dobbiamo cambiare, e chi non "funziona" deve andare via", perché dobbiamo combattere le inefficienze, ma a quello che ha detto il collega Maninchedda aggiungo: "Stiamo attenti anche con chi cambiamo, perché si può cadere dalla padella nella brace". E su questa mia dichiarazione lascio libertà di interpretazione, nel senso che noi dobbiamo avere nelle nostre azioni di governo, di Giunta, di uomini e di donne, autorevolezza, preparazione e determinazione, non posso sicuramente sottoscrivere il fatto che ad oggi abbiamo manifestato con i nostri uomini e le nostre donne, tutte brave persone, persone stimabili, persone apprezzabili, ma l'elenco telefonico è pieno di queste persone.

Io ho sempre sostenuto che in una situazione così grave, non determinata sicuramente dal nuovo Governo, dal nuovo Presidente, da queste nuove forze politiche che guidano la Regione, ma da anni e anni, decenni di storia di questa Regione e della politica in generale, avevamo necessità di essere subito incisivi, e alcuni componenti della Giunta hanno dimostrato di avere la capacità, la preparazione, l'autorevolezza, anche in quest'Aula, per chiudere una finanziaria nei tempi dovuti. Ma per essere forti e uniti bisogna essere forti e uniti soprattutto all'interno di quelle istituzioni che si devono guidare, e secondo me, sotto questo punto di vista, noi abbiamo segnato il passo.

Confido, come altri colleghi, che ci sia un futuro, e che si sia ancora in tempo per cambiare, con una svolta nuova in quest'Aula. Io sono convinto della possibilità del dialogo con le opposizioni, ognuno nel suo ruolo. Io non farò mai parte di una coalizione di centrosinistra, però...

(Interruzione)

E' vero, mai dire mai. Questo è giusto, mai dire mai, però finché uno è eletto in uno schieramento non condivido il salto del fosso. Può succedere magari riproponendosi, la vita riserva tante sorprese che non possiamo prevenire, ma io dico che ognuno di noi nel suo ruolo riesce a dialogare, riesce a condividere, riesce ad ascoltare. Il fatto che noi qui ci stiamo ripetendo, dal 15 di luglio del 2009 ad oggi, significa che non ci siamo ascoltati e il fatto dell'Alcoa, guardate, secondo me poco ha a che vedere.

L'Alcoa, un'azienda con - mi si dice - 65 mila dipendenti nel mondo, non so quale importanza possa dare a un granello di sabbia costituito dai suoi investimenti in Sardegna; un'azienda che ragiona soltanto sull'utile, che ragiona in maniera spregiudicata, che ha fatto utili in Sardegna e continua a fare utili, che la politica e neanche il Santo Padre riescono a richiamare alle proprie responsabilità. Perché vedete bene che la società non si richiama alle proprie responsabilità, noi stessi non ci richiamiamo alle nostre responsabilità, perché chi ha molto non vuole cedere di un millimetro e dice: "Poveracci, stanno perdendo il posto di lavoro", ma quanti sono disponibili a tagliare parte del loro superfluo per poter aiutare quelli che non hanno neanche l'indispensabile? Quanti?

Quanti vogliono rinunciare, dei grandi imprenditori italiani o sardi, alla loro barca da 35 metri, manifestando la situazione di crisi della loro azienda e dicendo: "Devo licenziare perché non c'è lavoro"? Non rinunciano alla loro barca da 35 metri, che è una cosa superflua! Non c'è questa solidarietà, questa sussidiarietà, anzi chi più ha più vuole e noi non siamo estranei a questo discorso. Non lo siamo!

Noi in un momento in cui probabilmente era necessario continuare un'azione di razionalizzazione della pubblica amministrazione, tagliare enti, tagliare consigli di amministrazione, impostare sui direttori generali, impostare sulle agenzie l'azione di governo più diretta, rendere trasparente la pubblica amministrazione, tagliare i mille passaggi della pubblica amministrazione, perché questo vogliono i cittadini e le imprese, e quindi tagliare dei costi, badate bene, nella maggior parte dei casi superflui, nessuno di noi ha nominato un rappresentante negli enti regionali che non avesse il lavoro. Nessuno! Ma nominiamo sempre qualcuno che risponda a noi. Risponda a noi in che cosa?

Le dirigenze di cui diceva il collega Maninchedda sono anche queste, quelle da mandare a casa, perché sono semplicemente creazione di situazioni di consenso, non di attenzione alla gente, non di attenzione ai problemi, anche se gran parte delle volte sono delle persone stimabilissime, sono delle persone eccezionali, buone, ma totalmente incapaci nei ruoli in cui vengono destinate. Totalmente incapaci! E poi ci commuoviamo davanti a un operaio che perde il lavoro? Siamo ridicoli, siamo falsi!

Dobbiamo iniziare noi. E' da quel giugno, Presidente, che io aspetto risposte; e io sono uno, uno degli ottanta, che non fa cambiare una maggioranza o meno, forse. Forse, in varie occasioni anche uno è servito per fare una maggioranza. Perciò, dico, abbiamo, per quanto mi concerne, ancora quattro mesi davanti da qui a giugno per capire se in questi quattro mesi si manifesta realmente, al di là delle parole, la volontà di cambiare, di essere forti e di essere uniti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, io stasera non ho voglia di fare autocoscienza, per cui dico da subito che è vero che ripetiamo alcune delle cose che ci siamo detti anche il 15 luglio, in quella seduta solenne a cui ha testé accennato l'onorevole Capelli, ma non le ripetiamo perché non ci ascoltiamo, le ripetiamo, caro onorevole Capelli, perché finora chi doveva svolgere un certo ruolo, chi doveva fare delle cose non le ha fatte. Si è agito con grande inconcludenza e i problemi sono tutti aperti, anzi si sono acuiti e aggravati. Per queste ragioni noi ripetiamo le stesse cose che ci siamo detti il 15 luglio in quella seduta solenne. Oggi le agenzie di stampa titolano, leggo testualmente: "Cappellacci: 'Non si può fondare lo sviluppo della Sardegna su un modello superato'". Lettura corretta delle agenzie, ma io non sono assolutamente d'accordo. Non sono assolutamente d'accordo che il Presidente di questa Regione dica che l'attuale modello di sviluppo è superato.

Allora, sarò una voce stonata nel coro in quest'Aula, ma non sono d'accordo di partecipare al funerale dell'industria di quest'isola, al funerale dell'industria di base. Lo voglio dire con chiarezza e vorrei che chi è convinto del contrario lo dicesse con altrettanta chiarezza. Oggi il Presidente in qualche misura l'ha fatto, apprezzo la sua onestà intellettuale, ma io non sono assolutamente d'accordo su questa impostazione, perché c'è spazio, in un sistema come il nostro, per pensare anche ad altri settori merceologici che producono ricchezza, ma questo non si deve fare chiudendo l'attuale apparato produttivo.

Nessuno abbandona le industrie di base che abbiamo noi, i settori che abbiamo noi, lo dirò con qualche dettaglio più avanti se mi resterà tempo,. Non le abbandona nessuno nemmeno in Europa, non nel Terzo mondo, non le stanno de-localizzando nel Terzo o nel Quarto mondo; altri Paesi di questa Unione Europea investono risorse pubbliche importanti nella ricerca, investono nell'innovazione di processo e di prodotto, sviluppano le filiere di quelle produzioni di base e creano ricchezza, creano cultura del lavoro e non soltanto. Qui, invece, stiamo celebrando il de profundis. E' vero, qualcuno lo dice da tempo. Apprezzo la coerenza ma permettetemi, almeno in quest'Aula, di dire che non sono d'accordo nella maniera più assoluta.

Presidente, è vero, forse , che questo è uno dei momenti se non il momento in assoluto più acuto, più drammatico che sta vivendo l'apparato produttivo. Lo si deve, lo dico comunque con grande rispetto, anche all'inconcludenza con cui si è agito finora. Io non sono tra quelli che anche in queste ore appena trascorse apprezzano il lavoro svolto dal Governo e dalla Regione. Io do atto al Governo, do atto al presidente Cappellacci di impiegare gran parte del suo tempo per tentare di trovare una soluzione, ma questo non mi impedisce di dire che finora una soluzione non si è trovata. Qual è la ragione?

Quali sono le ragioni per cui non si è trovata una soluzione? Forse derivano anche dal fatto che non c'è assolutamente la convinzione di difendere e di consolidare e, peggio ancora, di sviluppare questo apparato produttivo. E quando non si è convinti di qualcosa anche le azioni che si mettono in essere sono deboli, creano sfiducia soprattutto in chi rappresenta quei settori perché questa non è una regione, non è un territorio attrattivo per quella gente. A partire dalle istituzioni e prima ancora dalla classe politica, non si mette in essere nulla per mantenere quei soggetti che investono anche risorse proprie e utilizzano a piene mani anche risorse pubbliche, certamente.

Noi rischiamo, scusate il tono, ma non riesco ad affrontare queste questioni diversamente, di essere alla conclusione di un ciclo che è durato quarant'anni; è un ciclo che in questa regione ha permesso la modernizzazione, ha fatto conoscere la cultura del lavoro e, se fossimo onesti con noi stessi, a destra e a sinistra, dovremmo riconoscere che quell'esperienza ha formato anche tanta parte della classe dirigente di quest'Isola. Una classe dirigente che siede ancora oggi in quest'Aula, siede nei due rami del Parlamento, ha avuto incarichi importanti nel Governo regionale in questi anni; ma non voglio continuare l'intervento in questa direzione.

Presidente, è vero, è una crisi drammatica, lo testimoniano pochi dati, li abbiamo ricordati, li voglio ripetere perchè sono anche alla base dell'iniziativa di lotta delle organizzazioni sindacali, le cui ragioni sono state condivise da tutte le forze politiche in quest'Aula. Ecco perché io mi chiedo (a me fa un po' specie sentire alcuni discorsi, per carità, anche interessantissimi) come si possano dire le cose che ho sentito oggi e, contemporaneamente, condividere il documento delle organizzazioni sindacali alla base dell'iniziativa di domani. C'è qualcosa che non va!

O non si è letto quel documento (non mi riferisco a te, Roberto), oppure è in atto un gioco di grande ipocrisia che serve, probabilmente, perché domani è necessario conquistare qualche titolo o qualche sottotitolo. Però, in questa regione in quest'ultimo anno, Presidente, lei lo sa bene, abbiamo perso 30 mila posti di lavoro, 20 mila nell'industria; il tasso di disoccupazione dopo parecchio tempo riprende a galoppare, siamo oltre il 13,3 per cento, eravamo scesi negli anni passati sotto le due cifre.

Gli occupati dopo tanti anni sono meno di 600 mila, era da almeno sei, sette anni che si attestavano tra i 605 e i 607 mila; questa è l'unica regione, l'unica in Italia, in cui il tasso di fiducia (non è un fatto di poco conto) delle imprese perde il 6 per cento mentre a livello nazionale cresce del 3 per cento Vorrà pur dire qualcosa.

E voi pensate che quella percentuale non aumenterà dopo questo dibattito? Dopo l'affermazione, autorevolissima, del Presidente della Regione che questo modello di sviluppo va superato? Ma con quali prospettive può stare in quest'Isola chi produce piombo e zinco, chi produce alluminio, chi produce altro, chi produce PET (per restare a Ottana), chi fa petrolchimica, chi produce cumene, chi produce fenolo, ma con quali prospettive! E' chiaro che continuerà ad aumentare il tasso di sfiducia delle imprese perché questa classe politica, questa Istituzione, questo Governo, non solo da oggi, per carità, non sono in grado di offrire un minimo di prospettiva per cui valga la pena di scommettere di stare in questa regione.

Allora, queste sono le cose che poi determinano, Presidente, anche un'altra questione di cui ci dovremmo vergognare. Certo, la povertà si vive sempre con grande dignità, i poveri sono molto dignitosi, lo sappiamo bene, non appartengono alla categoria evocata da Roberto Capelli poc'anzi, non hanno i 35 metri su cui passeggiare, però vivono con orgoglio, con dignità, non con orgoglio, con dignità, scusatemi, con grande dignità. Però, cari colleghi, in questa regione, lo ripeto, scusate il tono, i redditi medi da lavoro dipendente sono meno il 18 per cento della media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al Centro-Nord.

Una pensione Inps in Sardegna è pari a 614 euro al mese, la media nazionale è 795 euro, e sapete perché? Perché quei lavoratori negli ultimi vent'anni, negli ultimi venticinque anni hanno vissuto di cassa integrazione, di mobilità, e anche se hanno sputato sangue - scusate il termine, scusate l'espressione poco consona a quest'Aula - alla fine hanno una pensione che li farà vivere, sì, con quella dignità, ma poveri sino alla morte, perché di questo si tratta.

Questo è un Paese che non ha uno Stato sociale in grado di guardare e di incontrare quel bisogno e quella disperazione; questa è una Regione, per quanto discutiamo di queste problematiche, perché abbiamo posto queste questioni, vi abbiamo chiesto di pensare anche ad ammortizzatori sociali integrativi, che non è stata disponibile a stanziare un euro in quella direzione! Non vi abbiamo chiesto di surrogare il ruolo dello Stato, abbiamo chiesto interventi, strumenti, risorse di carattere integrativo e per un periodo limitato. Nulla! Ecco perché, secondo me, probabilmente, dovremmo esercitarci ad avere una maggiore onestà intellettuale ù.

Certo, presidente Cappellacci, non tutti questi mali provengono dalla metà del febbraio scorso, ci mancherebbe altro, l'ho ripetuto credo almeno 70 volte in quest'Aula, lo ripeto anche oggi, però questa Regione ha una dotazione infrastrutturale pari al 59,8 per cento della dotazione infrastrutturale nazionale. Questo divario ovviamente è una diseconomia, è una palla al piede, è una barriera architettonica per qualunque possibilità di sviluppo.

Allora, oggi sono stati evocati statuto, sovranità, altri strumenti che connotano una forte appartenenza e anche un senso forte dell'autonomia. Che cosa vogliamo fare? Continuiamo ad aspettare messianicamente le risorse del FAS, che non arrivano, per intervenire sulle bonifiche, per infrastrutturare meglio la nostra regione?

Fissiamo una data, diamoci una scadenza, all'indomani della quale, però, o noi saremo capaci di modificare quella situazione, oppure sarà il caso (lo chiedo a lei, Presidente, anche se resterò da solo), di pensare all'utilizzo di risorse proprie anche e soprattutto, come vi abbiamo già proposto, quelle provenienti dal nuovo quadro di entrate in vigore da quest'anno innanzitutto per dotare quest'Isola di infrastrutture che consentano, a chiunque voglia investire un euro di capitale di rischio, capitale proprio, di sapere che in questa regione ci sono condizioni eguali a quelle presenti in altri territori di questo Paese e dell'Europa.

Vi sfido su questo, anche questa è autonomia! Non è necessario riscrivere lo Statuto, alcuni strumenti li abbiamo. C'è un nuovo quadro di entrate, volete dirmi come intendete utilizzare quelle risorse? Io vi chiedo di utilizzarle in questa direzione perché altrimenti continueremo a raccontarci frottole al nostro interno. Caro onorevole Capelli, noi potremmo anche favorire l'insediamento dell'industria farmaceutica, o quella delle nanotecnologie, ma se non abbiamo un territorio infrastrutturato anche quegli insediamenti produttivi ovviamente avranno delle diseconomie strutturali e continueremo a "cantarcela" in quest'Aula. Questo è il problema!

Ancora, io le chiedo, Presidente, è vero, nel Programma di sviluppo regionale voi dite che difendete l'apparato industriale, c'è scritto. Io vi chiedo di essere conseguenti, voglio capire come date sostanza a quell'impegno, attraverso quali strumenti, quali risorse, dove sono allocate quelle risorse, qual è l'esigibilità di quelle risorse. Quando saranno esigibili.

E ancora, volete dirmi, per cortesia, qual è l'industria che volete difendere all'interno di questa vostra dichiarazione di difesa? E' quella metallurgica? E' quella chimica? E' quella petrolchimica? E' quella della filiera dalle plastiche? Le abbiamo tutte in questa Regione. Quale volete difendere e come la volete difendere? Ripeto, come le volete difendere?

Badate, la Francia, la Germania, l'Inghilterra, la Spagna, hanno queste produzioni; e nessuno di questi Stati le sta abbandonando. Neanche uno! Anzi, come dicevo prima, stanno investendo in ricerca per sviluppare quelle filiere, per avere maggiore valore aggiunto. Certo, sono d'accordo sul fatto che se resta in piedi solo l'industria di base, il valore aggiunto è poco. Lo so, lo sanno anche gli asini, scusate, ma noi su questo dobbiamo scommettere, dobbiamo misurarci con noi stessi. Cari colleghi, può darsi che io sbagli, nel caso sarò pronto a ricredermi, ma io vi prego di considerare le attuali produzioni come una produzione autoctona. Noi abbiamo tutto l'interesse a dire e a pensare che quelle sono produzioni nostre. Fanno parte del nostro DNA, vanno consolidate e sviluppate.

In quest'Aula oggi c'è il presidente Cappellacci, ieri c'era il presidente Soru, domani ce ne saranno altri, ce ne sono stati altri, in tanti hanno tentato, credo qualcuno anche con qualche idea interessante, di pensare a un modello di sviluppo diverso, però nessuno, ha pensato a un modello di sviluppo alternativo e dentro questa "alternatività" a cancellare l'esistente. So che replicherete dicendo che nessuno vuole cancellare l'esistente, ma così facendo di fatto lo si sta cancellando, vorrei che di questo ragionassimo.

Voglio pertanto richiamare alla vostra attenzione, brevemente, alcune altre questioni. Noi sappiamo tutti, Presidente, come lei, e prima di lei il presidente Soru, abbiate toccato con mano quanto sia difficile superare l'handicap del costo dell'energia: elettrica e termica, soprattutto elettrica. Io pongo una questione, Presidente, e cioè che è possibile, ed è ovviamente l'auspicio di tutti, che si trovi la soluzione per l'Alcoa, in questo caso, sì, siamo tutti ovviamente su quella barca a remi, non quella di 35 metri; ma una soluzione, Presidente, quand'anche avesse una durata di tre anni lei sa bene, come lo sapeva il presidente Soru, che sarebbe una soluzione provvisoria. Non sarebbe cioè quella soluzione strutturale che consentirebbe a quelli di cui ho parlato all'inizio di dire: "Bene, in Sardegna si può stare perché ci sono condizioni che lo consentono".

Allora, siccome siamo contrari al nucleare, parliamoci chiaro e anche qui evitiamo le elucubrazioni mentali, ma poiché non sono le energie da fonti alternative che possono rispondere a un fabbisogno di energia elettrica delle energivore, ma sono le energie da fonti convenzionali, la soluzione strutturale passa per lo sfruttamento del carbone.

Presidente, io la sfido su questo problema, e finisco perché purtroppo il tempo ormai è scaduto, vediamo come la Regione può partecipare direttamente alla costruzione anche in consorzio di una centrale alimentata a carbone stoccando la CO2 in miniera. Berlusconi ha dato 100 milioni al Veneto per sperimentare quella tecnologia. E' una vergogna! Una vergogna! E ancora, come intendete fermarla, se Alcoa intende andare via? Commissariandola? Che cosa attivate, un comodato attraverso la SFIRS? Parliamone di queste cose! Io sono pronto per quel poco che rappresento a mobilitarmi di fronte ad un progetto del genere, ma chiarisca fin da oggi nella sua replica, Presidente, attraverso quale strumento amministrativo e legislativo intende onorare questo impegno.

PRESIDENTE. Il Consiglio è riconvocato per martedì 9 febbraio, alle ore 17.

La seduta è tolta alle ore 20 e 53.