Seduta n.164 del 09/12/2010 

CLXIV SEDUTA

Giovedì 9 dicembre 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 50.

ZUNCHEDDU, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta del 18 novembre 2009 (63), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Roberto Capelli, Sergio Milia, Cesare Moriconi, Sergio Obinu, Giorgio Oppi, Adriano Salis e Alessandra Zedda hanno chiesto congedo per la seduta del 9 dicembre 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Seduta congiunta del Consiglio regionale con il Consiglio delle autonomie locali sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna (articolo 10 della legge regionale 17 gennaio 2005, n. 1)

PRESIDENTE. L'odierna seduta congiunta con il Consiglio delle autonomie locali è la terza tenuta nel corso della presente legislatura, segue quella di Oristano dell'aprile 2009 e la successiva di Nuoro del novembre dello stesso anno.

Nel 2010, l'attività legislativa del Consiglio regionale, aggiornata alla data odierna, è consistita nell'approvazione di 16 leggi. La suddivisione per competenza di Commissione è la seguente: 2 alla Commissione autonomia; 1 alla Commissione politiche comunitarie e diritti civili; 4 alla Commissione programmazione e bilancio; 2 alla Commissione ambiente e agricoltura; 1 alla Commissione industria; 2 alla Commissione sanità e politiche sociali; 4 alla Commissione cultura e istruzione.

In merito alle leggi suddette, le Commissioni consiliari non hanno richiesto alcun parere obbligatorio ai sensi dell'articolo 9 della legge istitutiva del Consiglio delle autonomie locali, ritenendo che le materie in oggetto non rientrassero tra quelle contemplate dalla normativa. Il parere previsto sulla manovra finanziaria 2011 è pervenuto agli Uffici del Consiglio il 30 novembre 2010. Il CAL ha inoltre espresso osservazioni di propria iniziativa in merito alla legge numero 13, "Attività di rilievo europeo e internazionale della Regione", e in merito al testo unificato della proposta di legge numero 48 e del disegno di legge numero 99, "Riforma del servizio sanitario regionale". Infine c'è da registrare che, per quanto riguarda la recente legge regionale sul Patto di stabilità territoriale, dato il carattere di estrema urgenza, non è stato richiesto il parere del CAL, in quanto si è passati direttamente all'esame dell'Aula attraverso la procedura prevista dall'articolo 102 del Regolamento interno.

Sotto il profilo delle competenze proprie del CAL, l'approvazione della legge numero 13 ha introdotto delle novità normative, accrescendone le competenze nel prevedere il parere obbligatorio anche per il disegno di legge europeo regionale che la stessa norma prevede si approvi con cadenza annuale. L'approvazione di questa legge assume un contenuto strategico di fondamentale importanza per il futuro. I sardi del terzo millennio devono guardare con particolare attenzione al complesso socio-economico, giuridico e politico europeo. Infatti, la Sardegna potrà recuperare appieno un ruolo non marginale disegnando, nel nuovo contratto pattizio con lo Stato, una sua peculiare dimensione giuridica europea e mediterranea, resa ancora più necessaria in piena epoca di globalizzazione. Un indirizzo, quest'ultimo, già contenuto nella Dichiarazione di Catalogna del 2005 avanzata dai Presidenti delle Regioni con poteri legislativi dell'Unione europea per rafforzare il sistema delle autonomie locali e le Regioni, associandole al processo decisionale europeo, in quanto entità che meglio garantiscono la prossimità ai cittadini e tutelano l'identità e la cultura dei popoli europei.

Passando all'immediato, un prossimo impegno è costituito dalla necessità di provvedere al rinnovo del Consiglio delle autonomie che è scaduto da tempo. Un obbligo reso ancora più pressante dal fatto che, a seguito delle elezioni amministrative tenutesi la scorsa primavera, l'organismo presenta molte vacanze nella propria composizione. Ritengo però che già nei primi mesi del 2011 saremo in grado di far fronte a questo importante adempimento. Io credo che questa sarà un'occasione da non trascurare, finalizzandola esclusivamente all'osservanza di una scadenza superata abbondantemente, ma da utilizzare quale opportunità utile per fare il punto sull'intero sistema delle autonomie locali sarde e per migliorare la funzionalità dei rapporti tra Parlamento regionale e Consiglio delle autonomie. Già nel corso del mio primo intervento sullo stato dei rapporti intercorrenti tra il Consiglio regionale e il Consiglio delle autonomie locali ebbi modo di porre l'accento su questo tema, affermando che il CAL non è un ospite nell'ordinamento della Regione ma esso stesso è un organo della Regione. E' chiaro che una rivisitazione del quadro normativo attuale, per dare compiutezza al disegno di federalismo interno che concretizzi il riconoscimento del pluralismo delle istituzioni sarde, richiede un intervento strutturale con specifica norma organica da inserire nel testo del nuovo Statuto. Pur tuttavia mi sento di raccomandare ai Presidenti di Commissione di valutare ogni possibile sinergico coinvolgimento del CAL già nella fase di esame degli atti delle iniziative di legge che rivestano carattere di interesse particolare per le autonomie locali, anche al di là di quanto espressamente previsto dalla vigente norma.

In tema di stringente attualità politica, Consiglio, Giunta e Consiglio delle autonomie devono farsi attori di un generoso clima di fattiva collaborazione per arrivare a una celere approvazione della manovra finanziaria, con il concorso di tutte le componenti politiche. In questi tempi bui di depressione economica, la Regione non può sottrarsi all'urgenza di fornire tutte le risorse possibili al sistema produttivo sardo e al mantenimento di livelli accettabili per lo stato sociale, al fine di alleviare il peso della crisi in atto. Sotto questo profilo, una fonte di grande preoccupazione che tocca l'Esecutivo e l'Assemblea regionale nonché le autonomie locali, deriva dalla ridotta possibilità di movimentazione delle risorse finanziarie poste in bilancio: una manovra che nasce in una camicia di forza strettissima, ingessata come è da impegni di spesa obbligati e crescenti a fronte dei pochi mezzi finanziari disponibili.

Contribuirebbe non poco a dare sollievo a questa situazione di grave sofferenza finanziaria, una positiva risoluzione della vertenza in corso sul rientro delle somme dovute alla Regione riferibili al prelievo fiscale effettuato nel nostro territorio. La vertenza entrate che riguarda l'Isola si impernia, com'è noto, sulla necessità di definire la piena attuazione dell'articolo 8 dello Statuto speciale della Sardegna, così come novellato dalla legge numero 296 del 2006, in vista della riforma del federalismo fiscale di cui alla legge numero 42 del 2009; la mancata erogazione di questi fondi costituisce un intollerabile pregiudizio per l'utilizzo di risorse utili anche per sostenere gli oneri derivanti dalle spese per mantenere il sistema delle autonomie locali sarde. Non è un problema da poco se si considera che a brevissimo ci troveremo ad affrontare un nuovo contesto legislativo nella gestione finanziaria dei nostri enti locali; un quadro derivante sia dall'applicazione dei parametri e dei dettami contenuti nella normativa intervenuta dal 2008 per dare attuazione alla disciplina degli articoli 78 e 79 del Trattato europeo in materia di Patto di stabilità e sviluppo, sia dalle norme in materia di federalismo fiscale.

Un impegno complesso in considerazione del fatto che in Sardegna sussiste il rischio reale che l'introduzione di questa normativa possa creare seri contraccolpi alle già disastrate finanze del nostro sistema delle autonomie locali. Vi è una preoccupazione diffusa su queste problematiche che il Consiglio regionale ha prontamente raccolto approvando uno specifico testo di legge (la legge numero 16 recante: "Disposizioni relative al Patto di stabilità territoriale") per venire incontro ai moltissimi comuni e alle province che non si trovano nelle condizioni oggettive di rispettare la rigidità delle norme che accompagnano i vincoli del Patto di stabilità. Una situazione di oggettivo impedimento non derivante, nella stragrande maggioranza dei casi, da condizioni di deficit della gestione finanziaria o di carattere strutturale, ma per ragioni contingenti legate, per esempio, ai cofinanziamenti dei POR e per debiti fuori bilancio determinati da sentenze esecutive in materia di espropri. La legge approvata intende porre rimedio a questo stato di cose attraverso l'instaurarsi di un patto di solidarietà orizzontale e verticale del sistema delle autonomie locali della Sardegna, nello specifico Regione, province e comuni superiori ai 5000 abitanti. Un intervento rilevante che consentirà agli enti locali di sforare il Patto di stabilità evitando le pesanti ricadute contenute nella disciplina statale e simultaneamente di evitare che i margini finanziari dei comportamenti virtuosi degli enti sardi possa essere dirottato dallo Stato in altre Regioni.

L'approvazione della legge numero 16 va certamente nella direzione di una migliore organizzazione interna delle istituzioni sarde, dove tuttavia permane la necessità, alla quale accennavo poc'anzi, di rivisitare tutto il contesto degli attuali rapporti degli enti all'interno della nostra Regione per rinforzare la sussidiarietà interna e ammodernare il quadro giuridico adattandolo anche alla necessità di riscrivere la nostra Carta costituzionale con l'obiettivo di rivedere l'insieme di regole sulle quali si fonda il nostro vivere collettivo.

Il Consiglio regionale, grazie anche al contributo pervenuto da tutto il sistema sociale, ha portato a compimento un primo significativo atto per avviare il percorso di revisione costituzionale del proprio Statuto di autonomia. Con l'ordine del giorno numero 41 approvato nella seduta del 18 novembre 2010, si è dato mandato alla Prima Commissione permanente di provvedere a elaborare un percorso costituente finalizzato alla riscrittura dello Statuto e di avviare un confronto al suo interno per l'individuazione dei temi inerenti le riforme. Il tutto operando secondo un metodo unitario. In tal modo non si adempie solo alla volontà comune di tutte le forze politiche di trasformare la presente legislatura consiliare in legislatura costituente ma si avvia una fase di profondo rinnovamento del complesso sistema delle istituzioni regionali e locali.

Infatti la riforma potrà arrivare a essere declinata in tutti i suoi aspetti strutturali se alla proposta di revisione dello Statuto si accompagneranno tutta una serie di provvedimenti tesi a intervenire giuridicamente sul versante della regolazione dei rapporti interni, ragionando in termini di svecchiamento e aggiornamento della nostra Regione, delle autonomie locali e dell'intero apparato politico, amministrativo e funzionale. Lo si può fare da subito agendo parallelamente al percorso della riforma con una profonda rivisitazione della legge numero 1 del 1977 che ridisegni la mappa, le funzioni e le attribuzioni degli Assessorati e della Regione, ispirati al principio della sussidiarietà interna e chiaramente conformandoli ai principi adottati dalla proposta di nuovo Statuto.

Sono certa che, in tutta questa fase costituente, il ruolo e l'apporto del Consiglio delle autonomie locali saranno importante stimolo per tutte le tematiche attinenti la futura visione dei rapporti tra l'istituto regionale e gli altri organi di rappresentanza istituzionale della nostra Isola. Consiglio regionale e Consiglio delle autonomie locali, nell'ambito della riforma, devono sviluppare assieme la proposta di un nuovo quadro di rapporti perfettamente integrato tra i due enti, andando cioè al di là degli odierni riferimenti costituzionali, legislativi e amministrativi, per migliorare l'esercizio delle funzioni proprie della Regione e valorizzare le competenze in seno alle autonomie locali, favorendo forme di amministrazione partecipata e negoziata attraverso opportune intese, accordi e procedure di concertazione.

La via maestra sarà quella di introdurre nel tessuto del nuovo Statuto i principi di un federalismo interno solidale e cooperativistico nell'indirizzo di una governance del sistema regionale. L'impegno per una stagione costituente può restituire nuova linfa al rapporto cittadini-istituzioni oggi entrato in crisi. La crisi della politica è crisi della società, di una società e della sua classe dirigente oggi in affanno nell'inseguire i mutamenti epocali che sono avvenuti e che stanno avvenendo a grande velocità. Le istituzioni regionali, le forze economiche e le forze sociali dell'Isola devono affrontare la sfida della modernità adattando i propri modelli al nuovo che avanza.

La nostra Regione, per reggere i pressanti impegni di governo delle problematiche dell'Isola, deve darsi una dimensione di soggettività internazionale all'interno della futura architettura della Costituzione italiana, facendo in modo che la specialità della Sardegna entri in relazione diretta con l'Unione europea, evolvendosi da forma regionalistica funzionale a forma regionalistica istituzionale in uno spazio costituzionale europeo.

Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio delle autonomie locali, Graziano Milia.

MILIA GRAZIANO, Presidente del Consiglio delle autonomie locali. Signora Presidente del Consiglio regionale, signor Vicepresidente della Giunta regionale, signore e signori della Giunta, signore e signori del Consiglio regionale, innanzitutto consentitemi di rivolgere un ringraziamento alla presidente Lombardo, a nome anche di tutti i colleghi del Consiglio delle autonomie locali, per il profilo di rispetto istituzionale ma anche di leale collaborazione che, in quest'anno trascorso, ha mostrato nei confronti del Consiglio delle autonomie locali. Lo faccio anche scusandomi con lei e con voi perché, come potete ben notare oggi, sarà perché ho superato anch'io i cinquant'anni, mi sono dimenticato, letteralmente scordato, che il Regolamento del Consiglio regionale prevede di indossare la cravatta, mi scuso sinceramente con voi, forse le avevo dismesse durante la pausa delle elezioni provinciali scorse, dove avevo - come dire - molte attenzioni su di me che portavano a dire che non sarei più rientrato in questa Aula come Presidente del Consiglio delle autonomie locali, invece sono qui. Mi sono dimenticato del Regolamento, vi chiedo scusa sinceramente, per fortuna che, lo dico rivolto all'onorevole Contu, mio padre, almeno da questo punto di vista, che ha frequentato il Consiglio regionale, non c'è più, altrimenti non mi avrebbe fatto rientrare a casa.

Ho ascoltato con molta attenzione le parole della presidente Lombardo e devo dire che condivido l'impostazione, il profilo e l'agenda che lei ha elencato. Io credo che noi dobbiamo avere, come classe dirigente sarda, la capacità di leggere con particolare attenzione (mi è capitato di parlarne più di una volta con il vicepresidente La Spisa) la crisi che stiamo attraversando. Di leggerla (poi arriverò alla fine a un quesito che pongo a me stesso e pongo a voi) partendo dal presupposto che la crisi che stiamo attraversando è una crisi assolutamente inedita, assolutamente diversa dalle crisi che abbiamo attraversato nel secolo scorso. Anche dal punto di vista dell'immaginario collettivo, chi, 10 o 15 anni fa, poteva immaginare che una delle ragioni della nostra crisi, oltre gli errori che abbiamo commesso negli ultimi 15 anni, sarebbe derivata dal fatto che la Cina deprezzava la propria moneta? Credo che, se 15 anni fa ci fossimo posti un problema di questo genere, non ci avremmo minimamente creduto.

Vi do un ulteriore elemento di riflessione, sfido ognuno di noi a dire quanti di quei 25 mila dipendenti pubblici irlandesi, che stanno andando a casa, sino a un mese mezzo fa potevano pensare di andare a casa. Questo significa che stiamo attraversando una crisi che è pesante, che è difficile, che ha delle ragioni strutturali molto pesanti, che ha delle ragioni storiche molto pesanti, una crisi che vede l'Europa, l'Italia e la Sardegna in gravi difficoltà. Difficoltà che, come dire, se lette in una visione epocale, possono anche far trasparire degli elementi di declino del mondo al quale noi apparteniamo, o di quella parte del mondo al quale noi apparteniamo. Allora vengo al quesito, noi dobbiamo interrogarci, serenamente, se le ricette per affrontare questa crisi debbano essere quelle che abbiamo usato in tempi passati, cioè centralizzare i risparmi, centralizzare l'economia, per poi cercare di rilanciare gli investimenti e i consumi, oppure se quel tipo di ricetta per questa crisi di oggi non funziona più; tradotto nel rapporto tra Consiglio regionale e sistema delle autonomie locali, più in generale nel rapporto col Governo nazionale e anche con le istituzioni comunitarie, significa dare una risposta a una domanda semplicissima.

Per affrontare questa crisi occorre ancora centralizzare o forse non è il caso di puntare molto di più sullo sviluppo locale, o forse non è il caso di puntare molto di più su regioni, province, comuni, quindi sul sistema delle autonomie locali nel loro complesso? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre e a questa domanda dobbiamo dare una risposta, qualunque essa sia. Perché noi, certo, viviamo in un periodo in cui il Trattato di Lisbona è entrato ormai definitivamente in vigore, il Trattato di Lisbona si regge, da questo punto di vista, su due assi portanti. Il primo è la stabilità, significa contenere il debito pubblico, soprattutto per quei Paesi come l'Italia in cui il debito pubblico è un elemento di crisi: quest'anno noi dovremmo restituire il 3 per cento del PIL, a favore del rientro dal debito pubblico, che significa 48-50 miliardi, e non so, se le cose continueranno così, se i calcoli non dovranno essere rifatti, scopriremo allora che dovremo restituire più del 3 per cento, quindi più di 48-50 miliardi.

Però il Trattato di Lisbona prevede anche un'altra cosa, giusta, dice la legge, da una parte c'è la stabilità, quindi il contenimento del debito pubblico, dall'altra ci deve essere la predisposizione dei cosiddetti programmi nazionali di riforma. Che cosa significa? Significa che noi diciamo ai nostri cittadini: "Dobbiamo risparmiare, tagliare, recuperare debito pubblico, però i nostri obiettivi di sviluppo sono questi". In Italia registriamo un ritardo disarmante, perché che cosa è contenuto in questo documento fondamentale di programmazione in pochi lo sanno. A me è capitato di partecipare a una conferenza stampa col ministro Fitto a Catania, ponevo questo problema, e la risposta che ho ricevuto è stata: "Il programma nazionale di riforme è già pronto, è di 45 pagine". Ma io vorrei sapere che cosa c'è scritto! Io non so quanto le Regioni, sicuramente non province e comuni, siano state coinvolte nella stesura del programma nazionale di riforme, che è un elemento fondamentale non solo dal punto di vista economico, ma anche nel rapporto con i cittadini, perché significa - come dicevo prima - dire loro che noi risparmiamo, tagliamo, ma abbiamo obiettivi di sviluppo, cioè facciamo intravedere delle possibilità di fuoriuscita dalla crisi.

Questa è la vera domanda che noi ci dobbiamo porre e credo che anche il legislatore regionale si debba interrogare su questo, perché è vero che esiste un centralismo statale, ma è vero anche che, per tradizione storica, la Regione sarda spesso è portata a scivolare nel centralismo. Dico "per ragioni storiche" che sono facilmente comprensibili. Quando le generazioni che ci hanno preceduto, escluso l'onorevole Contu naturalmente, si sono trovate di fronte al problema di far vivere l'autonomia speciale, di farla diventare patrimonio di tutti i sardi, hanno compiuto una scelta centralistica, che aveva una sua ragione. Noi, allora, addirittura rinunciammo a porre la questione delle entrate, parlo degli anni '60, scegliendo la via dei Piani di rinascita, che probabilmente hanno portato maggiori risorse rispetto a quelle che ci sarebbero arrivate da una battaglia, da una politica rivolta tutta sulle entrate, scelta che fece per esempio il Parlamento regionale siciliano; noi scegliemmo invece quella via, nacque allora il Centro regionale di programmazione, che anche importanti risultati ha dato. Noi, oggi, dobbiamo interrogarci, in questa Regione, se quel modello è ancora utile.

Io, leggendo un'ipotesi di disegno di legge (che non so se sia stato licenziato dalla Giunta) che riguarda l'Agenzia regionale del lavoro, trovo addirittura scritto, mi permetto di fare un'osservazione anche sull'uso della lingua, che si ricostituisce un'Agenzia regionale centralizzata che, anziché coordinare e fare proposte, gestisce, e si articola a livello provinciale, inoltre trovo anche scritto, sempre in un ipotetico disegno di legge, mi auguro, che le funzioni trasferite alle province vengono esercitate dall'Agenzia regionale; sarebbe stato invece molto corretto scrivere: "Le funzioni non sono più trasferite, ritornano in capo alla Regione". Un filologo come Maninchedda, da questo punto di vista, avrebbe molto da dire, non si può scrivere: "Le funzioni trasferite vengono esercitate da…".

Su questo c'è una scelta da fare (c'è un dibattito nazionale che tocca anche il federalismo), cioè decidere se le Regioni devono essere luogo dove si producono leggi, dove si coordina quanto più è possibile e si gestisce quanto meno è possibile, oppure se le Regioni debbano essere dei luoghi di gestione. Anche questa è una riflessione che dobbiamo fare, ma dobbiamo farla, come io auspico e come voi avete voluto in una votazione che, se non ricordo male, è stata unanime, da parte del Consiglio regionale, nell'indicare la via dell'istituzione di una Consulta. Questi saranno i temi veri da porsi, perché noi, in questi anni, abbiamo avuto una serie di competenze trasferite ma, attenti!, la giurisprudenza sta iniziando a interpretare in maniera abbastanza innovativa la questione dei trasferimenti e inizia a dire che, laddove non c'è trasferimento di risorse adeguato e laddove non c'è trasferimento di personale, quei trasferimenti di competenze sono da considerarsi nulli, quindi potremmo trovarci in una situazione molto complessa, anche di crisi, nel rapporto tra istituzioni che invece dovrebbero lealmente collaborare.

Abbiamo conosciuto numerosi trasferimenti di competenze, però, io la dico tutta, siamo in seria difficoltà nell'affrontarli. Voi sapete che io non ho paura di parlare di queste cose, anche quando si tratta di parlare di me stesso, non ho paura di esprimere solidarietà a un amministratore di uno dei centri vicino a Cagliari che oggi si trova addirittura inquisito per omicidio colposo, penso al Sindaco di Capoterra, ma con quali risorse poteva impedire quello che è accaduto purtroppo due anni fa? Questi sono i problemi che abbiamo davanti! Ecco perché io penso che questo Consiglio, insieme al sistema delle autonomie locali, attuale Consiglio delle autonomie locali, naturalmente a scadenza, debba essere rinvigorito, forse anche nella figura del Presidente, anzi forse proprio a partire dalla figura del Presidente. Quindi l'impegno che abbiamo preso (e che - posso confermare - è nella piena volontà della presidente Lombardo) è quello di giungere a un rinnovo nei primi mesi dell'anno.

Ecco, per esempio, è da affrontare la questione del codice delle autonomie locali sardo. Vogliamo fare un codice delle autonomie locali sardo o abbiamo utilizzato la nostra specialità solo ed esclusivamente per gemmare quattro province e crearne altre quattro? Tra l'altro in una situazione di controtendenza rispetto a quella nazionale che però nessuno ha mai, se non in dichiarazioni di natura politica, non con iniziative istituzionali e legislative, affrontato, no? Sono otto, è una cosa un po' diversa rispetto a quello che accade nel resto d'Italia. Vogliamo dare una ragione, un perché, o ci trinceriamo solo ed esclusivamente su un voto del Consiglio regionale che passò anni fa nella speranza che la Corte costituzionale poi bocciasse quella legge? Perché di questo, per chi c'era allora, in parte si trattò, per essere molto chiari.

Quindi avremo dei problemi da affrontare che si aggraveranno. La questione del Patto di stabilità - e chiudo, presidente Lombardo - risiede tutta nella domanda iniziale che io facevo, che facevo a me e facevo voi: è utile o no il sistema delle autonomie locali per affrontare questa crisi? Perché, se è utile, non si può dire alla Provincia di Cagliari, su 110 milioni di euro di residui passivi del 2008, che può spendere solo lo 0,74 per cento. Insomma, non spendiamo neanche lo 0,74 per cento! Il ministro Tremonti aveva assunto l'impegno di valutare di riportare quella soglia, che sa anche un po' di battuta, al 4 per cento; ma avete idea di quante opere si potrebbero realizzare?

Io comprendo poi le difficoltà della Ragioneria regionale che deve fare i conti anch'essa con il Patto di stabilità, però noi non possiamo pagare la terza rata di trasferimenti del fondo unico, non ricordo se nel mese di ottobre o novembre (ottobre, se non sbaglio, vicepresidente La Spisa, o novembre, adesso non ricordo), e soprattutto in presenza di una situazione dove quanto approvato dal Parlamento europeo, circa la normativa dei pagamenti, ci fa comprendere, già lo sappiamo, che nel giro di due anni le amministrazioni pubbliche dovranno onorare i pagamenti entro 30 giorni e solo eccezionalmente entro 60 giorni, da lì, senza che il fornitore o il prestatore d'opera ne faccia richiesta, partirà un meccanismo di valutazione di interessi automatico. Questo non accadrà fra vent'anni, ma fra due anni, è norma!

Voi sapete bene, tra l'altro, che queste norme (io faccio parte di un gruppo nazionale proprio per l'attuazione del Trattato di Lisbona per conto della delegazione italiana del Comitato delle Regioni) non devono essere più recepite dai Parlamenti nazionali. Queste norme sono soggette a parere dei Parlamenti nazionali che, tra l'altro, un po' come il nostro parere, quello del Consiglio delle autonomie locali, può essere ascoltato o non ascoltato; quindi accadrà che, fra due anni, noi ci troveremo di fronte a questo problema. Allora, su tutti questi temi (lo dico in tempi in cui la politica davvero fa fatica a dare risposte, da tutte le parti), io credo che noi, partendo (badate che questo punto è seriamente in discussione) dalla rinnovata volontà di considerarci Regione speciale, non dalla difesa della specialità sic et simpliciter, ma - ripeto - dalla rinnovata volontà (ecco la via dello Statuto, ecco la via della Consulta!) di volerci definire Regione a statuto speciale, dinanzi a uno scenario che non è dei migliori, dovremo avere la capacità, con tutte le differenze fra di noi, di tenerci per mano e di lavorare insieme nell'interesse del popolo sardo e di tutti cittadini che amministriamo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sindaco del Comune di La Maddalena, Angelo Comiti.

COMITI ANGELO, Sindaco del Comune di La Maddalena. Signor Presidente del Consiglio regionale, rappresentanti della Giunta e consiglieri regionali, che vedo anche numerosi come presenza oggi a differenza dei rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali, sinceramente avrei anche rinunciato al mio intervento, ma vi tedierò pochissimo, per due ragioni fondamentali: prima di tutto, per onorare i 350 chilometri che ho percorso per venire fin qua e poi perché credo che effettivamente magari una voce di supporto a quella del Presidente del Consiglio delle autonomie locali possa essere opportuna.

Lei, Presidente, nel suo intervento, che ho apprezzato, ha fatto riferimento a una situazione di carattere contingente che oggi vive il Consiglio delle autonomie locali, cioè quella di predisporsi il più presto possibile a una tornata elettorale per un suo rinnovo, questo effettivamente può essere uno dei motivi per i quali questo organismo - lo dico con estrema chiarezza - stenta e ha grandi difficoltà a dispiegare la propria azione come contributo al lavoro dello stesso Consiglio regionale. Le motivazioni sono molteplici. E' un organismo nuovo, relativamente nuovo. Io ne faccio parte da cinque anni e cerco, come tutti i miei colleghi, di fare il possibile per contribuire fattivamente all'interno delle questioni sulle quali siamo chiamati a esprimere pareri ma, oltre al non buon funzionamento dell'organismo in sé, certe volte viene anche un po' di scoramento perché, quando ci si adopera per fornire pareri su questioni importanti, poi c'è la delusione per il fatto che questi pareri non vengono tenuti assolutamente in considerazione.

Dico questo in funzione del rapporto del Consiglio delle autonomie locali con il Consiglio regionale, ma anche per il funzionamento della Commissione permanente Regione-enti locali, della quale faccio parte. Pensate, questa Commissione non ha ancora un regolamento per stabilire che cosa si deve fare e quali procedure occorre attivare per la sua convocazione. Credo che già da questa considerazione ne possano scaturire delle altre. Quindi, io non volerò alto, Presidente, come ha fatto lei e come ha fatto Graziano Milia, che ringrazio, volerò molto basso per dire che credo che il Consiglio regionale oggi debba porsi questo problema e soprattutto si deve chiedere se è il caso di mantenere questo organismo (io ritengo di sì) e, nel momento in cui si decide che è il caso di mantenerlo, che cosa occorre fare perché funzioni, introducendo probabilmente, all'interno dell'impianto di carattere normativo, la legge istitutiva, alcuni correttivi che gli consentano di poter funzionare in maniera autonoma e indipendente dalla buona volontà di chi, in qualche modo, vuole mettere dentro le questioni la propria competenza, il proprio tempo e il proprio sapere.

E' un organismo dove, ad esempio, io faccio fatica a vedere presenti, anche se potrebbero dare un grande contributo, amministratori distanti. Ho fatto questa considerazione durante una seduta del Consiglio delle autonomie locali, ho ringraziato ad esempio il sindaco Floris, sindaco di Cagliari, che partecipa e dà il suo contributo, nei limiti del possibile, con gli impegni che ha e soprattutto quando le riunioni si fanno a Cagliari. Questo è un altro problema che si dovrà risolvere successivamente all'istituzione del nuovo Consiglio, un organismo come questo prevede al suo interno la presenza dei sindaci delle più grandi città della nostra Regione, senza quel contributo fattivo finirebbe per funzionare male. Io non ho mai visto partecipare a una riunione, per esempio, il Sindaco di Olbia, né quello precedente né quello attuale. Lo dico perché Olbia, oltre a essere una città importante, capoluogo della mia Provincia, la provincia Olbia-Tempio, è una città che ha una dinamicità incredibile sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista politico, o dovrebbe averla. Perciò potrebbe dare un contributo importante dentro questo organismo.

Siamo stati tutti eletti dentro il Consiglio delle autonomie locali, badate bene, queste sono considerazioni che rivolgo soprattutto ai miei colleghi, visto che voi nel Consiglio delle autonomie locali non ci siete, quindi dal momento che siamo stati tutti eletti, siccome non ci ha obbligato nessuno a far parte di questo organismo, occorre in qualche modo avere anche un senso di responsabilità maggiore perché questo organismo funzioni, altrimenti è necessario introdurre i correttivi dei quali parlavo prima.

Presidente, possiamo in qualche modo cimentarci, se lei fosse così disponibile, unitamente al presidente Milia e al Consiglio delle autonomie locali, per vedere quali siano i problemi, prima di attivare una tornata elettorale nuova e, se è possibile, fare qualcosa per il Consiglio delle autonomie locali che ha sicuramente una funzione importante, visto il momento non felice, ma anche di grandi cambiamenti che stiamo vivendo nella nostra Repubblica e non solo, anche nella nostra Regione.

Quindi, io credo che i problemi siano questi. Non so il Consiglio regionale si sia accorto che questo organismo esiste e, nel momento in cui eventualmente se n'è accorto, attraverso quale considerazione abbia potuto apprezzare il suo intervento, anche perché (ne parlava Graziano Milia) io, Presidente, leggendo gli ultimi documenti contabili prodotti dalla Giunta regionale continuo a leggere della soppressione delle province. Qualcuno dice che "lo scrivono perché bisogna scriverlo", perché è una questione della quale si discute e soprattutto siccome l'orientamento del Governo, almeno nel suo programma, era quello di sopprimere le province, per omologazione, a cascata, non me ne voglia nessuno, la Giunta l'ha scritto. Presidente, questo non è un tema da poco, io credo che occorra affrontarlo per decidere. Non si possono inserire elementi di questa natura, come dicevo poc'anzi, in un contesto come quello che vivono le autonomie locali, i comuni, le province stesse, che crea spesso e volentieri notevoli imbarazzi.

Occorre fare attenzione anche quando si introducono norme intruse all'interno delle leggi finanziarie della Regione, faccio un esempio su tutti: noi stiamo discutendo in questi giorni, e da parecchio tempo, nell'Assessorato regionale dei trasporti in modo specifico, ma in tutta la Sardegna, della questione della continuità territoriale legata al problema della Tirrenia e della Saremar. C'è una bella legge regionale, compiuta, che affida alle province la competenza a occuparsi del trasporto marittimo fra comuni frontalieri, quindi in questo caso io parlo di La Maddalena, Presidente, ma le collettività interessate da questo problema legato alla Saremar sono fondamentalmente due, con tutto il rispetto per l'isola dell'Asinara, bellissima, strabiliante, però allo stato attuale delle cose, in essa ci sono gli asinelli bianchi e le caprette "che fanno ciao", mentre a La Maddalena e a Carloforte ci sono rispettivamente 12 mila abitanti e circa 6 mila. Ebbene, con una norma intrusa all'interno della legge finanziaria 2008, se non ricordo male, queste competenze sono state sottratte alle province mentre oggi ci troviamo nella condizione di avere una legge di riferimento che affida alle province questo tipo di competenza. Mi dispiace che non ci sia l'Assessore regionale dei trasporti, fra l'altro di nuova nomina, con il quale abbiamo fatto una riunione anche di recente, questi sono elementi che introducono veramente confusione in un tema complesso all'interno del quale occorrerebbe invece semplificare le responsabilità oppure assegnarle a chi poi le deve effettivamente avere.

A questo punto, che dire? Sinceramente io sono molto in imbarazzo, non so come si sentano i pochi colleghi che sono presenti qui insieme a noi oggi, non so come si senta il Presidente del Consiglio delle autonomie locali, però effettivamente arrivare al cospetto del Consiglio regionale, in questo appuntamento che sarà pure rituale ma all'interno del quale si può fare anche il punto della situazione, così, mi consenta il termine che mi sembra quello più appropriato, "sgangherati", non è certamente una cosa che aiuta.

Quindi, Presidente, termino chiedendole, come ho accennato all'inizio del mio intervento, un impegno anche suo personale perché questo organismo possa svolgere una funzione che io ritengo sia importante per il Consiglio regionale, per le autonomie locali e per la Sardegna intera.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Signori Presidenti, signori Assessori, colleghi consiglieri, signori amministratori locali, scusate se provo a interrompere questo clima ovattato e forse a volte surreale, mi sono chiesto se valesse la pena intervenire, come ha detto il sindaco Comiti e forse c'era anche un accordo in tal senso. Ritengo invece importante intervenire perché questo non è un rito, ce lo diciamo tutti gli anni, non è un rito, questo è il sesto incontro dopo l'istituzione del Consiglio delle autonomie locali. E' il sesto incontro e ogni volta noi diciamo le stesse cose, presidente Lombardo! Dobbiamo accompagnare questo rapporto con le autonomie locali durante tutto il mandato, durante tutto l'anno, non ridurlo a un punto nel corso dell'anno, quello al quale siamo obbligati per legge, dobbiamo fare in modo che ci sia un rapporto stretto col sistema delle autonomie. Quindi non buoni propositi, tra l'altro di fronte anche a pochissimi amministratori locali, ma io lo capisco, lo capisco perché non è soltanto un problema di organizzazione, sindaco Comiti, è un problema di risposte che diamo agli enti locali, di come trattiamo gli enti locali della Sardegna, insomma si tratta di vedere se c'è veramente un sistema a rete delle autonomie. Allora mi sono chiesto se valesse la pena intervenire quando poi non riusciamo a essere conseguenti.

Per esempio, spesso, come Giunta ma anche come Consiglio regionale, non teniamo conto del parere degli enti locali. Non applichiamo fedelmente, per esempio, assessore La Spisa, la legge sul fondo unico per gli enti locali, non applichiamo fedelmente questa previsione di legge ed è una scelta politica. Penso al commissariamento reiterato dell'autorità d'ambito, eppure è un consorzio di enti locali, ma l'avete voluto commissariare per troppo tempo con la previsione di una legge di riforma che non è mai arrivata. Penso al tentativo di commissariare i consorzi industriali o di mettere le mani in qualche modo in maniera centralistica sul sistema degli enti locali. Poi ho pensato che anche questo incontro di fatto avviene sulla base di una legge e la legge non è un optional per nessuno, tantomeno per il Governo, perché siamo inseriti in una fase nella quale noi dobbiamo fra qualche giorno discutere in aula la finanziaria e tra qualche giorno ci sarà il voto di fiducia, qualche sera fa il Senato ha approvato la sua finanziaria e non ci sono le risorse per la Sardegna, eppure alcuni nostri deputati hanno votato a favore.

Pensiamo ai fondi per le aree sottoutilizzate, all'attuazione dell'articolo 8, ai fondi per le infrastrutture, alle ferrovie, pensiamo a come lo Stato calpesta sistematicamente il nostro Statuto di autonomia; lo Statuto di autonomia non è lo Statuto di autonomia semplicemente dell'ente Regione, è lo Statuto di autonomia della Sardegna, è lo Statuto delle autonomie nelle quali ci siamo tutti, c'è la Regione, ci sono le province, ci sono i comuni, ci sono tutti i cittadini sardi! Allora da un lato noi rivendichiamo, devo dire in maniera blanda da parte vostra, assessore La Spisa, le risorse dovute sulla base della nostra legge fondamentale, di un pezzo di Costituzione, dall'altro lato nei confronti delle autonomie locali, nell'ambito del cosiddetto federalismo interno, non siamo conseguenti decidendo di non applicare la norma, parlo naturalmente della norma sul fondo unico per gli enti locali che deve crescere proporzionalmente all'incremento delle entrate tributarie.

Direi che questa è una regola d'oro, assessore La Spisa! E' una regola d'oro che si applica anche nell'ambito delle istituzioni, cioè fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te! Quindi la Regione deve dare l'esempio e lo dobbiamo fare con ogni forma consentita, senza chiudersi in forme di neocentralismo. L'abbiamo detto mille volte ma anche voi l'avete detto, allora abbiamo bisogno del sistema delle autonomie locali per accompagnare un processo di mobilitazione anche nel rapporto con lo Stato, che sia istituzionale, che sia sociale, popolare e nel frattempo fare tutto ciò che, anche giuridicamente, dobbiamo e possiamo fare.

L'impugnativa dell'ultima finanziaria, Presidente, anzi il presidente Cappellacci non c'è, ha altro da fare, mi rivolgo all'assessore La Spisa… dicevo, impugnare l'ultima legge di stabilità, non ci sono le risorse per la Sardegna, sollevare il conflitto di attribuzioni, fare tutto ciò che la legge consente e fare in modo che tutti i nostri comuni, dal più piccolo al più grande, si sentano mobilitati perché stiamo parlando delle risorse della Sardegna, delle risorse di ciascun sardo.

Di che cosa possiamo parlare oggi se non di questo, Presidenti? Innanzitutto il rispetto della legge è rispetto anche della legge istitutiva del CAL, che forse è bene rivedere, ha ragione, Presidente, ampliandone i poteri, rendendo lo stesso Consiglio delle autonomie locali in grado di incidere maggiormente nell'attività del Consiglio regionale relativamente alle materie che attengono alla vita degli enti locali.

Allora noi siamo qui e avremmo voluto essere qui con i sindaci della Sardegna, con i Presidenti di provincia, avremmo voluto essere qui per stringerci attorno alla Sardegna, alla crisi della Sardegna e piegarci insieme sulla Sardegna sulla situazione che la Sardegna vive, non a celebrare un rito che è inutile se lo manteniamo in questa forma.

Io credo che gli amministratori locali, più di noi o almeno quanto noi, sanno che c'è un'indifferenza dei cittadini alla politica, c'è un'indifferenza, e che le istituzioni al massimo, quando ci riescono, tamponano forse le emergenze e che i funzionari, la macchina amministrativa sempre più sostituisce il tecnicismo alla progettazione, alla progettazione politica. E allora ci vuole un surplus di classe dirigente, ci vuole una mentalità nuova capace di rispondere alla crisi sarda, ci vuole la capacità di progettare un nuovo modello di sviluppo. Noi non lo vediamo, non lo vediamo in questi tre articoli che avete presentato di finanziaria, non lo vediamo nel documento di programmazione economico-finanziaria, non lo vediamo nel programma di sviluppo. Ci vuole ben altro! Ci vuole un progetto di Sardegna che includa le nostre comunità locali, le faccia sentire davvero protagoniste nelle scelte, nelle decisioni, che sia in grado, almeno in Sardegna, di attuare la equiordinazione, la pari dignità, attribuendo un ruolo sussidiario che tenga conto del fatto che i cittadini si rivolgono prima al sindaco e che il comune rappresenta sicuramente l'entità più vicina ai cittadini.

Allora, nella finanziaria, noi tenteremo, assessore La Spisa, di fare alcune proposte anche in questo senso, di decentrare le decisioni, di fare in modo che nelle decisioni che riguardano la spendita delle risorse ci sia maggiore coinvolgimento e maggiore partecipazione. Anche la Regione deve fare la sua parte, il Consiglio regionale con leggi chiare, la Regione con direttive che siano esplicite, che almeno non complichino la vita alle autonomie locali anche sotto il profilo dell'interpretazione della norma, che offrano una cornice indispensabile per garantire a tutti i cittadini sardi l'uguaglianza in qualunque luogo della Sardegna si trovino, la pari dignità, la certezza del diritto, non sempre questo avviene, lo dico al neoassessore Rassu a cui faccio gli auguri. Infatti gli amministratori locali sono i più esposti anche sotto il profilo della sicurezza, credo che dobbiamo aiutarli, sostenerli, fare in modo che, siccome loro rispondono direttamente ai cittadini in maniera concreta e tangibile, abbiano non soltanto appesantimento burocratico, ma strumenti, poteri e risorse.

Anche quest'anno, presidente Lombardo, non abbiamo rafforzato il peso delle autonomie locali. Vorrei fare alcuni esempi, non so se ho il tempo, credo che dovremmo trovare il modo perché il parere che il Consiglio delle autonomie locali esprime sia maggiormente vincolante, fare in modo che il parere che viene espresso dalle Commissioni di merito trovi, da parte delle stesse Commissioni, almeno le ragioni di un eventuale diniego, che siano date delle risposte, che si tenga conto di un parere che proviene da chi sul campo vive i problemi. Nella scorsa legislatura abbiamo trasferito competenze, penso alla legge numero 9, penso alla legge numero 12, abbiamo anche detto che dobbiamo bilanciare al trasferimento di competenze, quindi all'appesantimento burocratico, maggiore discrezionalità, maggiori poteri, maggiori risorse e fare in modo di non essere noi, come Consiglio regionale, come Regione, a dover chiedere conto. Gli amministratori locali, come noi, rispondono ai cittadini, dobbiamo fare in modo però che quelle risorse, che noi imputiamo nel Fondo unico, trovino in ragione dell'incremento delle entrate…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Bruno.

BRUNO (P.D.). … e che apriremo nuovamente in finanziaria, trovino la corrispondenza nel trasferimento agli enti locali. Insomma, avrei voluto parlare del federalismo fiscale, di come la Regione si sta preparando, di come il sistema delle autonomie locali si sta preparando al federalismo fiscale. Non sono compiti di poco conto, così come non è di poco conto la riforma dello Statuto che vogliamo avviare, con un nuovo patto costituzionale con lo Stato, e che deve vedere, al di là delle parole, al di là della retorica, tutte le comunità locali protagoniste in un percorso, probabilmente anche originale, che deve trovare, accanto alla centralità del Consiglio regionale, la massima partecipazione possibile.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sindaco del Comune di Gonnosfanadiga, Sisinnio Zanda.

ZANDA SISINNIO, Sindaco del Comune di Gonnosfanadiga. Se partiamo proprio dall'analisi della situazione socioeconomica, che hanno fatto il nostro Presidente, il Presidente del Consiglio delle autonomie locali, e il Presidente del Consiglio, credo che sicuramente essa ponga in rilievo tutte le difficoltà che il sistema delle autonomie deve affrontare ogni giorno per mandare avanti le proprie attribuzioni. Io credo che nessuno metta in discussione che il sistema delle autonomie sia il sistema portante di tutto il nostro Stato, di tutta la nostra Repubblica.

Detto questo, io ho visto nelle ultime decisioni del Governo, soprattutto dell'ultimo anno, un atteggiamento quasi punitivo verso questo sistema, verso i comuni in particolare. Sono convinto che i comuni, le province, tutto il sistema delle autonomie locali sia d'accordo nel cercare di contribuire alla stabilità dei nostri conti pubblici, quindi ognuno deve dare il proprio contributo. Credo che questo contributo debba essere chiesto e debba essere realizzato facendo in modo che ci siano dei meccanismi effettivamente realizzabili, perché i meccanismi che sono oggi in piedi, sul Patto di stabilità e su tante altre questioni, portano a situazioni paradossali che non permettono ai comuni, pur virtuosi, di rispettare questi vincoli. A fronte di un atteggiamento del Governo, che io ritengo punitivo, credo che sarebbe auspicabile, da parte di questo Consiglio regionale, quindi dell'ente regionale, cercare di limitare al massimo le difficoltà che tutti i comuni si trovano ad affrontare, le difficoltà quotidiane.

Come Consiglio delle autonomie chiediamo che si intervenga perlomeno in quei meccanismi dove è possibile intervenire, per cui il Fondo unico in primo luogo, che era sì un aumento di trasferimenti al sistema delle autonomie locali, ma era anche un modo diverso di dare certezza alle risorse degli enti locali, perché si legava il trasferimento, quindi l'entità del fondo, alle entrate regionali, credo che non debba essere diminuito; cioè si deve cercare di mantenere, perlomeno ai livelli del 2010, i trasferimenti di quel fondo. Mi risulta che nella proposta di bilancio siano stati diminuiti di 20 milioni di euro.

Il discorso del Patto di stabilità. Io credo che l'approvazione di questa legge regionale sicuramente vada nella direzione giusta, anche se è già sicuramente superata perché i meccanismi previsti dal nuovo Patto di stabilità nazionale comporteranno una revisione molto profonda della legge approvata. Ritengo che possa essere utile per affrontare il contingente, ossia la situazione del 2010, cioè bisogna cercare di verificare se effettivamente i meccanismi introdotti dalla legge regionale possano davvero risolvere i problemi dei comuni. Ne cito alcuni, sono problemi nostri, che di fatto vengono riscontrati in più comuni o anche in un singolo comune. Per esempio, per rispettare il Patto di stabilità noi non dovremmo impegnare i fondi dei piani per l'occupazione o i fondi per le povertà estreme. Questi fondi, che vengono trasferiti dalla Regione, devono essere impegnati però entro il 31 dicembre, altrimenti li perdiamo. Per cui, anche una rivisitazione, in sede di discussione del bilancio, di questi termini perentori del 31 dicembre potrebbe comunque aiutare chi si trova, e si può trovare, nella spiacevole situazione di non poter impegnare quei fondi al 31 dicembre. Così pure, per quanto riguarda altri termini legislativi, vedi la legge numero 14, mi pare, che prevedono che i fondi, erogati sino al 2008, debbano essere impegnati entro il 31 dicembre 2010; anche in questo caso ci sono parecchie difficoltà e uno spostamento dei termini temporali potrebbe comunque aiutare gli enti locali a non perdere questi finanziamenti.

Per quanto riguarda il Patto di stabilità inoltre, io sono convinto che il principio, che è stato introdotto, sia corretto, cioè che tra comuni insomma ci si venga incontro, cercando in qualche modo di utilizzare eventuali benefici che qualche comune può avere e qualche altro invece perde. Per esempio, nel 2007, noi abbiamo regalato al Patto di stabilità, e quindi al sistema complessivo italiano, oltre 1 milione di euro, perché, per uno sfasamento temporale tra entrate e pagamenti, noi abbiamo avuto un obiettivo, che doveva essere di zero, di circa 1 milione di euro, quindi questo meccanismo che è previsto nella legge sicuramente sarebbe utile. Comunque, in una fase con tempi così stretti, perché ormai in effetti siamo già arrivati al 31 dicembre, se non c'è un impegno della Regione, e quindi anche una disponibilità formale e, ripeto, concreta di risorse regionali, io credo che oggi non siamo in grado di avere grandi benefici anche da questa legge. Chiaramente vanno fatti i conti, va verificato il tutto, però io sono convinto che, senza degli stanziamenti da parte del Consiglio regionale, questo porterà a ben poco. Quindi, invito, anche su questo punto, eventualmente a investire delle somme per evitare che tanti comuni vadano fuori dal Patto di stabilità interno.

Finisco a questo punto, con un altro inciso. Io ho vissuto questi cinque anni all'interno del Consiglio delle autonomie locali, in una situazione in cui, talvolta, possiamo rilevare che c'è stata scarsa attenzione e scarso interesse da parte del Consiglio regionale verso questo strumento che è stato costituito e al quale si dovrebbe dare gambe. Credo che vada fatta un'analisi seria per valutare se questo Consiglio è utile oppure no, io sono convinto che possa essere utile. Se siamo tutti convinti di questo, allora bisogna che gli si diano davvero i poteri e i mezzi per poter lavorare tranquillamente, per potersi confrontare in situazioni come queste, o in altre situazioni, anche con il Consiglio regionale, che ha sicuramente il compito di legiferare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Signor Presidente, la voglia di intervenire a braccio è tanta, stante le riflessioni e gli spunti che sono venuti dall'intervento del presidente Milia prima, dei sindaci e dell'onorevole Bruno poi, ma rischierei di essere dispersivo e anche ripetitivo, stante la complessità e la profondità degli argomenti che sono stati trattati, prima di tutto il Patto di stabilità e poi, a parità di grado, senz'altro l'importanza della Conferenza delle autonomie locali. Mi limito quindi a leggere la relazione predisposta in sintonia con la Presidenza della Giunta; comunque sia, all'interno di questa, qualche risposta a questi spunti già esiste.

Presidente Lombardo, presidente Milia, sindaci presenti, colleghi consiglieri, questo nostro incontro congiunto si svolge a poco meno di un mese di distanza dalla conclusione del dibattito in quest'Aula sul tema delle riforme e del nuovo Statuto di autonomia. Credo che sia importante sottolineare come idealmente noi oggi stiamo dando continuità a quel dibattito perché possiamo ricondurre i nostri ragionamenti sul ruolo e l'importanza delle autonomie locali entro la più ampia e fondamentale prospettiva del processo riformatore della nostra stessa autonomia speciale delineato dal Consiglio regionale.

Consentitemi di ricordare che le posizioni politiche all'inizio del confronto sulle riforme partivano da assunti e soluzioni assai distanti e differenti tra di loro. Va dato atto a tutte le componenti politiche del Consiglio regionale di aver dimostrato grande compattezza, ponendo gli interessi della Sardegna al di sopra di ogni qualsiasi altro vincolo politico o ideologico. Il Consiglio regionale, approvando con sole due astensioni un ordine del giorno unitario, ha dato prova che, su temi alti, volti alla difesa degli interessi inalienabili del popolo sardo, può esistere unità di intenti fra le componenti politiche isolane e possono essere compiuti i passi giusti e utili per arrivare a una riforma condivisa del nostro Statuto. E' stata scritta una pagina importante, anche se il grosso è ancora da fare e serve ancora l'impegno di tutti, compreso quello essenziale di tutto il sistema delle autonomie locali della Sardegna.

Alcuni punti fermi sono stati posti e credo sia importante oggi richiamarli perché sono punti fermi che serviranno da indirizzo anche per la definizione del nuovo quadro delle regole fondamentali che dovranno disciplinare il nuovo rapporto fra la Regione e le autonomie locali. Il Consiglio regionale, a conclusione della sessione sulle riforme, ha sancito il superamento della fase di autonomia fondata sul regionalismo, così come l'abbiamo conosciuto in questi sessant'anni, e nel contempo ha sancito la necessità di un nuovo patto costituzionale con lo Stato su basi federali quale modello in grado di valorizzare le più ampie prerogative autonomistiche, oggi largamente inespresse nonostante il nostro essere Regione a Statuto speciale.

Credo che vada apprezzato in primo luogo il fatto che il Consiglio abbia valutato positivamente l'idea che il percorso per la riscrittura dello Statuto debba passare attraverso un coinvolgimento ampio e diretto del popolo sardo e quindi del sistema delle autonomie locali, componente essenziale del nostro sistema democratico. Il Consiglio regionale cerca, quindi, la più ampia convergenza con la società sarda e la più ampia mobilitazione per fare in modo che lo Statuto sia scritto dai sardi, dalla società sarda nel suo complesso. Voglio ricordare che questo coinvolgimento viene sancito prevedendo un'Assemblea elettiva che poi sottoponga la proposta di nuovo Statuto al Consiglio regionale che la discuterà, la emenderà e quindi la approverà. Spetterà alla prima Commissione permanente in tempi rapidi, entro novanta giorni, definire il percorso costituente che poi dovrà essere votato dal Consiglio regionale sui contenuti e sul metodo; una Commissione autonomia adeguatamente allargata in modo da contemplare tutte le forze politiche del Consiglio regionale per definire tutto il processo di riforma, che non attiene soltanto allo Statuto speciale ma anche alla legge statutaria, alla legge di organizzazione, alla legge elettorale.

E' proprio su temi di questa portata che non potranno mancare il confronto e gli apporti qualificati che dovranno pervenire dal sistema delle autonomie locali, perché solo così questa legislatura potrà essere effettivamente una legislatura costituente. I risultati che potremo conseguire, infatti, saranno tanto più alti e condivisi, quanto saremo in grado di rapportarci con la società sarda nelle sue diverse articolazioni per fare, del processo di riforma del nuovo patto costituzionale con lo Stato e con le autonomie locali, un modello di sviluppo duraturo della nostra Isola.

II processo di riforma è quindi un complesso articolato di iniziative che sarebbe riduttivo ricondurre soltanto alla riscrittura dello Statuto. Sarà in particolare la legge statutaria che potrà definire le nuove regole del federalismo interno, dando spazio e ruolo alle autonomie locali. La "sintonia" con il territorio, la partecipazione dei comuni al processo di governo, le scelte condivise con i sindaci e i presidenti delle province: questo, ancor prima che un semplice enunciato di rito, è stato e vuole essere, da parte della Presidenza della Regione, irrinunciabile metodologia di lavoro che esalta le funzioni di governo.

Pertanto non più riti fini a se stessi ma un reale coinvolgimento della base, quindi delle autonomie locali, sulle scelte politiche alla base del nostro sviluppo socioeconomico. Credo che sia però necessario perfezionare lo stesso meccanismo di funzionamento dei rapporti tra Consiglio regionale, Giunta regionale e Consiglio delle autonomie locali per dare sistematicità al confronto e per costruire meglio un nuovo processo di partecipazione che non sia verticistico, ma aperto e diretto, illuminato da principi di "uguaglianza istituzionale".

Siamo stati fra i primi a varare la legge istitutiva del Consiglio delle autonomie locali, vogliamo e possiamo essere i primi a innovare e a migliorarla per renderla parte essenziale e integrante del più ampio progetto di riforma della nostra Autonomia speciale in senso federale. Così come, a livello centrale, s'impone una pesante riforma del sistema delle Conferenze Stato-Regioni, credo indispensabile che, a livello regionale, sia scritto un nuovo modus operandi che possa regolare il rapporto di leale collaborazione fra il livello regionale e quello delle autonomie locali per consentire realmente ai vari enti territoriali, con pari dignità istituzionale, di dare un contributo concreto e responsabile alla produzione legislativa e al processo di sviluppo della nostra Isola.

Senza una chiara regia unitaria è forte il rischio di incagliare definitivamente la riforma del Titolo V; è indispensabile, allora, ridare organicità a un'azione legislativa. A tal proposito va ricordato che la Camera dei deputati ha approvato, a giugno di quest'anno, un disegno di legge che interviene sulla materia delle funzioni degli enti locali, al fine di adeguarle alla riforma del Titolo V della Costituzione. Tra i punti qualificanti del provvedimento vi è una delega al Governo per l'adozione della "Carta delle autonomie locali", in cui riunire e coordinare sistematicamente le disposizioni statali che disciplinano gli enti locali. La Camera ha approvato il 30 giugno scorso il disegno di legge che ora è passato all'esame del Senato e noi non possiamo prescindere da questi importanti accadimenti a livello nazionale.

Così come credo sia indispensabile, dopo cinque anni di esperienza, aprire oggi una riflessione su come possiamo fare di più e meglio per consentire al Consiglio delle autonomie locali di essere un interlocutore privilegiato che può dare centralità e protagonismo ai territori nel nuovo modello di sviluppo che la Regione sta cercando di attuare. E' quindi necessario che il processo di riforma in atto ricomprenda questo essenziale tema, affinché si possa giungere a una sintesi più pratica che idealizzata. Per spostare il nostro baricentro verso gli enti locali, dando un reale valore operativo alle dinamiche partecipative e democratiche dei territori, è fondamentale allargare i momenti consultivi e le modalità di partecipazione alle decisioni. Penso, come modello di riferimento, ulteriormente migliorabile, al ruolo rilevante che, per esempio, esercita il Comitato delle Regioni a livello europeo partecipando attivamente, con i propri pareri, ai processi decisionali della Commissione e del Parlamento. Di questo tema abbiamo discusso in sede preventiva proprio avantieri con la Conferenza permanente degli enti locali. A tal fine non credo possa spaventare nessuno il fatto che una auspicabile riforma delle legge istitutiva possa prevedere maggiori poteri per il CAL con particolare riferimento al procedimento di approvazione dei pareri su temi rilevanti come quelli riguardanti le riforme, i principali strumenti della programmazione e la legge finanziaria regionale.

Ma, al di là dell'auspicabile introduzione di queste riforme, sono convinto che fin da subito possano e debbano migliorare i rapporti concreti e operativi di proficua collaborazione fra la Giunta regionale e il sistema delle autonomie locali. La Giunta ha come prioritario impegno di governo quello di costruire una Regione dialogante. Sono queste le ragioni che ispirano l'azione dell'Esecutivo regionale e che hanno consentito di raggiungere importanti risultati nel corso di questa legislatura. Le risorse per gli enti locali hanno costituito un impegno prioritario per la Giunta.

Anche quest'anno, nonostante i vincoli del Patto di stabilità, sono stati liquidati i tre quarti dei ratei del fondo unico e assicurate le risorse per i cantieri e per l'occupazione previsti dalla legge finanziaria. Concordo con il presidente Milia che non si può aspettare al mese di novembre chiaramente a erogare la terza rata, ma è necessario creare in qualche maniera i presupposti affinché i comuni possano, se è vero che tra due anni devono, entro 30 giorni, onorare gli impegni finanziari con le imprese o con gli altri; bisogna trovare il metodo e la maniera affinché si possa venire incontro a queste esigenze.

Lo sblocco dei finanziamenti ha consentito il trasferimento ai comuni di oltre 122 mmilioni di euro, mentre per le otto province la spesa è stata di 18 milioni. Nei primi mesi del 2011, verrà completato l'iter di liquidazione dell'intero fondo unico con la liquidazione della quarta e ultima rata. In totale, per l'anno 2010, la Regione ha assegnato risorse per oltre 512 milioni di euro ai comuni e 72 milioni alle province. In questa difficile situazione della finanza pubblica statale e regionale, sul lato della spesa la risposta della Regione è stata quindi sollecita di fronte alle richieste dei comuni. La Giunta regionale ha rispettato gli impegni presi con le amministrazioni locali, erogando i fondi necessari per far fronte ai più urgenti problemi delle comunità isolane.

E ancora. L'approvazione della recente legge regionale numero 16 del 27 novembre scorso, sul patto territoriale di stabilità, sta impegnando gli Uffici regionali per verificare se sussistano le condizioni per la rideterminazione degli obiettivi di stabilità dei singoli comuni e province al fine di pervenire a una compensazione tra chi è costretto a sforare il patto e chi riesce a non sforare. La compensazione "orizzontale" tra gli enti locali è un obiettivo della legge che si vuole conseguire sin da quest'anno. Si tenterà comunque di conseguire l'obiettivo di rendere operativa, almeno in parte, compatibilmente con gli obblighi della Regione in materia di patto, la compensazione "verticale" tra enti locali a rischio sforamento e Regione.

L'impegno della Giunta su questi temi è dunque massimo e tende a intervenire su tutte le situazioni di più alto rischio per i comuni e le province. Non nascondo comunque che, da parte della Ragioneria generale dello Stato, esistono serie difficoltà, in quanto - come tutti sappiamo - è in fase di approvazione la legge finanziaria, il bilancio dello Stato, per cui di fatto l'operatività della Ragioneria è praticamente semi congelata. Comunque sia, abbiamo già intrapreso contatti, anche se non possiamo garantire che, da parte della Ragioneria, possa esserci una risposta positiva. Per quanto riguarda la Regione, tutto ciò che deve essere, può essere fatto e lo si sta facendo nei termini prescritti dalla legge numero 16.

Appare evidente come la problematica della finanza locale sia strettamente legata alla vertenza della Regione con lo Stato in materia di entrate, che proprio in questi giorni sta entrando in una fase molto delicata, in relazione al riassetto del regime delle compartecipazioni derivante dall'attuazione dell'articolo 8 dello Statuto.

Con l'attuazione del federalismo fiscale si dovrà poi dar corso all'apertura di un tavolo di trattativa con lo Stato al fine di determinare l'ammontare delle risorse destinate al sistema delle autonomie locali e quindi definire quale modello di finanza locale dovrà essere attuato per la Sardegna. Con il processo di riforma federalista potrà essere completata anche la riforma degli assetti del sistema delle autonomie locali in Sardegna. Processo che è stato avviato con l'istituzione delle Unioni dei Comuni che ormai in Sardegna sono già 40 per un totale di 330 comuni coinvolti, di cui 5 montane (comprendenti in tutto 48 comuni). L'attuale assetto delle Unioni dei Comuni dovrà essere rivisto nei prossimi mesi con la verifica e il riordino degli ambiti territoriali sulla cui base si sono individuate e organizzate le Unioni stesse. Va anche ricordato che una recente norma nazionale rende obbligatorie le Unioni tra i Comuni sotto i 5000 abitanti per lo svolgimento delle funzioni fondamentali individuate dalla legge sul federalismo fiscale. Sono questioni molto importanti che dovranno essere necessariamente affrontate con la massima partecipazione e condivisione da parte del sistema delle autonomie locali.

Entro questo quadro, la Giunta riconosce inoltre e intende valorizzare il ruolo della Conferenza Permanente Regione-Enti Locali quale strumento di confronto e di consultazione. E, come detto poc'anzi, il giorno 7 si è tenuta una riunione preliminare che è stata aggiornata ufficialmente al 13 di questo mese, di sera, dove all'ordine del giorno è previsto il regolamento della conferenza che si inizierà a discutere, sindaco Comiti, si inizierà a discutere e a vedere quindi proprio nei suoi aspetti più significativi. Ripeto, dal 13 in poi andremo a studiare e a mettere mano al regolamento della Conferenza degli enti locali.

Altrettanto importante è il ruolo che sta svolgendo la Commissione di studio per il riordino dell'ordinamento degli enti locali, istituita lo scorso mese di aprile dalla Giunta. Come sapete della Commissione fanno parte i rappresentanti designati dalla Giunta regionale e quelli designati dal Consiglio delle autonomie locali, dall'ANCI Sardegna e dall'Unione delle Province sarde.

La Commissione ha il compito (per espressa previsione di una legge regionale) di elaborare un disegno organico per la riforma dell'ordinamento delle autonomie locali e per il riordino dei rapporti finanziari tra Regione ed enti locali. Entro breve termine verranno portati alla attenzione della Giunta regionale gli esiti del lavoro della Commissione stessa. Voglio lasciare spazio al collega La Spisa che giustamente ha necessità di dare qualche risposta a domande che sono pervenute sulla finanziaria, comunque voglio ricordare che la Giunta, proprio con il Consiglio delle autonomie locali, ha siglato un'intesa importante per l'informatizzazione e la semplificazione amministrativa.

L'intesa, frutto di una condivisione di valutazioni e intenti sullo sviluppo dei servizi rivolti a cittadini e amministrazioni locali, conferma la gestione delle politiche di innovazione, messa in atto dalla Giunta regionale, fondata sul coinvolgimento delle autonomie locali e su nuove forme di amministrazione con la partecipazione allargata agli attori locali. La "Società dell'informatizzazione" è uno degli assi strategici del nuovo modello di sviluppo.

Voglio chiudere questa carrellata sulle attività della Giunta in materia di collaborazione con gli enti locali ricordando che stiamo anche approntando un nuovo modello operativo di dialogo costruttivo per dare maggiore sistematicità alle iniziative di partecipazione delle autonomie locali alle principali scelte di sviluppo locale. Sono stati attivati infatti, con i Presidenti delle province sarde, specifici tavoli territoriali finalizzati alla definizione di intese istituzionali per lo sviluppo dei territori funzionali e coerenti con le finalità strategiche del programma regionale di sviluppo.

Chiudo il mio intervento dicendo che molte e certamente importanti sfide ci attendono. Penso, ad esempio, a importanti decisioni che dobbiamo assumere in materia di riforma del sistema idrico integrato e al ciclo dei rifiuti. Sono scelte molto importanti che dimostrano come le autonomie locali hanno funzioni fondamentali e irrinunciabili per quanto ci riguarda.

Confermo quindi che la Giunta regionale intende valorizzare e dare sempre maggiore concretezza a queste funzioni sulla base di un ampio confronto tra la stessa Regione e il sistema delle autonomie, principalmente attraverso il Consiglio delle autonomie locali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. Sarò brevissimo, però credo che, per rendere utile l'incontro, che non può essere un semplice rito e, almeno per quanto ci riguarda, non lo è, presidente Lombardo, presidente Milia, abbia un significato dirsi anche alcune cose, voi ne avete detto alcune con estrema franchezza e altrettanto francamente e costruttivamente vorrei dare io alcune risposte, manifestare un punto di vista ed esprimere alcune osservazioni. Non prima però di aver precisato che il Presidente della Regione non "ha altro da fare", come ha detto l'onorevole Bruno, ma in questo momento è a Roma e potete capire anche quali problemi sta trattando con il Governo. Credetemi, è ampiamente giustificata la sua assenza oggi.

Ritornando all'argomento del giorno, il senso delle cose che vogliamo dire è come leggere la crisi che stiamo attraversando, diceva il presidente Milia; ed è vero che è una crisi inedita, diversa da quelle che hanno affrontato i sistemi privati e pubblici nel secolo scorso, è una crisi economica, è una crisi finanziaria che colpisce in grandissima parte la finanza pubblica, sicuramente quella dei Paesi occidentali, sicuramente quella di tutti Paesi europei ma quella di tutto il sistema pubblico italiano, tra cui quindi anche la nostra Regione e i nostri enti locali.

Noi non possiamo far finta che non esista il problema di tenere la spesa pubblica sotto controllo, perché non tenere la spesa pubblica sotto controllo significa dare, al sistema sociale ed economico del nostro Paese e delle nostre Regioni, un destino che può essere esattamente quello citato poco fa dal presidente Milia, cioè quello di Paesi come Grecia e Irlanda che oggi si trovano a dover affrontare situazioni gravissime, scaricando il peso proprio sui cittadini, ha citato esattamente i "dipendenti pubblici dell'Irlanda". O noi ci assumiamo tutti una responsabilità o il nostro popolo poi pagherà.

Ignorare questo fatto significa non voler guardare la realtà, soprattutto significa accettare anticipatamente che altri ci dettino le soluzioni, e giustamente il presidente Milia faceva riferimento al fatto che, in un recente convegno, ci siamo trovati a discutere proprio su quale sia l'orientamento. L'orientamento è quello di costruire un sistema che riesca a controllare la spesa accentrandola. Questo ha un rischio enorme per tutti noi, soprattutto per territori come il nostro. Se questo progetto (che è il progetto, devo dirlo, che in parte anche i Governi europei stanno attuando, compreso il nostro) e se questa impostazione andrà fino in fondo, vinceranno i poteri e i territori più forti. Questo è ciò che ci troviamo di fronte. Possiamo fare finta che questo non esista, possiamo anche dire che questo scenario si realizzerà chissà quando, forse non ci saremo noi, ma non è detto, potremo esserci proprio noi a dover subire questi effetti.

C'è un'unica possibilità per contrastare questo progetto: condividere la responsabilità del controllo della spesa pubblica tra tutti i livelli di governo: europeo, nazionale, regionale e locale. Non possiamo sfuggire a questo. La stabilità non è un problema che riguarda soltanto il Consiglio dei Ministri europei, che dovrà affrontare poco prima di Natale, in un'importantissima riunione, proprio la questione di quali misure adottare per riformulare il Patto di stabilità; noi dipenderemo da quelle decisioni inevitabilmente. Ma uno Stato, al proprio interno, come deve gestire il problema della stabilità, e quindi di un Patto per la stabilità e crescita? Puntualizzo che noi usiamo sempre la formula monca, parliamo solo del Patto di stabilità, ma la formulazione è "Patto di stabilità e crescita". Se noi, da un lato, non ci accolliamo una parte di responsabilità, il Patto di stabilità sarà solo un patto di controllo e di chiusura della spesa, e non di scelte fondamentali per la crescita. Per poter partecipare alla crescita, noi abbiamo necessità di assumerci l'onere, la difficoltà di regolare in parte la spesa tagliando alcune spese che sono effettivamente non più sostenibili, modificando il sistema legislativo che genera spesa fuori controllo e, contemporaneamente, indirizzare la spesa verso scelte di sviluppo. Per questo, non mi dilungo perché è tardi, potremmo davvero discuterne.

Solo un cenno brevissimo ad alcuni problemi che noi qui, per non essere astratti, dobbiamo affrontare. La spesa sanitaria vogliamo affrontarla insieme tra Regione ed Enti locali? La spesa per il servizio idrico vogliamo affrontarla insieme? Oppure la spesa per i servizi alla persona, la spesa per le infrastrutture? Oppure ci teniamo per comodità un sistema che divide responsabilità di spesa, responsabilità amministrativa? C'è qualcuno che gestisce e c'è qualcuno che paga. Questo noi dobbiamo affrontarlo! Noi dobbiamo sciogliere questo insieme di nodi, ed è meglio che lo sciogliamo insieme, e non contrapponendo Regione ed enti locali.

Credetemi, non è questa la volontà della Giunta regionale e sono sicuro che non è neanche la volontà del Consiglio regionale. Però dobbiamo veramente arrivare. Come? Ci sono alcuni appuntamenti, e chiudo. Intanto sul Patto di stabilità dobbiamo renderci conto che dobbiamo tendenzialmente allineare la competenza con la spesa, con i pagamenti, e perciò bisogna decidere come farlo assumendo alcune decisioni importanti, tra cui l'abbattimento dei residui passivi, in particolare quelli che gravano sul bilancio della Regione, che ingolfano la spesa nei primi mesi dell'anno, e di fatto creano uno sfasamento fra pagamenti e competenza. Il Consiglio regionale, su iniziativa di tutti i Gruppi credo, in particolare in Commissione, ha preso alcune decisioni che tenderanno alla riduzione dei residui passivi. Facciamo in modo che questo processo vada finalmente in porto, perché potremmo rendere manovrabili nel bilancio centinaia di milioni, se noi portassimo il bilancio della Regione non più in disavanzo come adesso, ma in avanzo di amministrazione. Ne avrebbero vantaggio anche gli enti locali, credetemi.

Abbiamo preso alcuni provvedimenti per alleviare l'incidenza del Patto di stabilità sugli enti locali in questo fine anno, lo stiamo facendo e in costante dialogo con le rappresentanze dei comuni. Abbiamo deciso, sulla base di una legge appena approvata dal Consiglio, su iniziativa dei Capigruppo, di tutti, di maggioranza e opposizione, di rinunciare a pagamenti per 17 milioni di euro da parte della Regione per permettere pagamenti in più da parte dei comuni che rischiano di sfondare il Patto di stabilità; è in corso in questi giorni il controllo della spesa e la possibilità di rendere agibile questo sistema.

Un'ultima cosa importante, e chiudo, riguarda il federalismo fiscale. Veniamo rimproverati di non aver rimpinguato il capitolo per il fondo unico per gli enti locali. Questo capitolo è diminuito perché è diminuito il livello delle entrate, ed è diminuito il livello della spesa. Lo stanziamento per il fondo unico proporzionalmente è stato portato da 600 milioni a 580 milioni. Vi ricordo, lo ricordo a tutti, che se ai comuni, attraverso il fondo unico, diamo 600 milioni l'anno, al di fuori del fondo unico ne diamo almeno 400; cioè il totale dei trasferimenti, grosso modo, dalla Regione agli enti locali è intorno al miliardo. La questione del fondo unico e del federalismo interno va affrontata seriamente, perché federalismo non è soltanto incremento dei trasferimenti in proporzione all'incremento delle entrate della Regione, federalismo è anche corresponsabilità, è quell'unità tra responsabilità di spesa e responsabilità di gestione che si deve realizzare. Mettiamo mano insieme a una nuova legge sulla finanza locale, credo che sia possibile confrontarci per ottenere un buon risultato per tutti.

PRESIDENTE. Il Consiglio sarà riconvocato a domicilio.

Comunico che la Commissione d'inchiesta si riunirà nell'aula della Commissione bilancio alle ore 12 e 30.

La seduta è tolta alle ore 12 e 28.