Seduta n.160 del 17/11/2010
CLX Seduta
(ANTIMERIDIANA)
Mercoledì 17 novembre 2010
Presidenza della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 10 e 08.
CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 9 novembre 2010 (153), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Paolo Luigi Dessì, Adriano Salis, Christian Solinas e Pierpaolo Vargiu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 17 novembre 2010.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Interpellanza Planetta - Dessì - Maninchedda - Sanna Giacomo - Solinas Christian sulla richiesta trasferimento presso il Tribunale di Roma del procedimento giudiziario n. 2946/05-21 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari relativo al presunto disastro ambientale nell'area del Petrolchimico di Porto Torres, e su eventuali interventi finalizzati alla costituzione di parte civile della Regione". (168)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Mozione Meloni Francesco - Vargiu - Cossa - Mula - Fois - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian - Planetta - Sanna Matteo - Artizzu - Capelli - Steri - Contu Felice - Biancareddu - Obinu - Cappai - Dedoni - Mulas - Petrini sulla modifica dei criteri introdotti dalla deliberazione della Giunta regionale n. 34/30 'progetti personalizzati per persone in situazione di handicap grave ai sensi della legge n. 162 del1998', con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (98)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, data la scarsa presenza di colleghi in Aula, chiedo una breve sospensione della seduta.
PRESIDENTE. Poiché non vi sono opposizioni, sospendo brevemente la seduta e prego i Capigruppo di richiamare i consiglieri in Aula.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 11, viene ripresa alle ore 10 e 20.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.
L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione congiunta della mozione numero 84 e dell'interpellanza numero 109. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.
SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, Assessore, oggi 17 novembre forse casualmente, ma non direi che sia casuale, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale degli studenti e della scuola. La decisione fu presa a Londra il 17 novembre del '41 per ricordare l'uccisione, avvenuta a Praga il 17 novembre del '39, di alcuni studenti universitari e dei loro insegnanti per mano degli occupanti nazisti. Il 17 novembre del '73 un carro armato ad Atene distrusse il Politecnico per reprimere la rivolta studentesca contro il regime militare. Il 17 novembre dell'89 in Cecoslovacchia la commemorazione dell'eccidio di Praga divenne l'inizio della rivolta contro il regime.
Il decreto Gelmini non reca la data del 17 novembre (e non é stato varato nel mese di novembre), ma è altrettanto devastante come gli episodi che ho citato precedentemente. Questo per dire che noi oggi, nel mese di novembre, ci troviamo a discutere la mozione sulla drammatica situazione della scuola in Sardegna nonostante che l'argomento fosse all'attenzione del Consiglio regionale dal 14 settembre.
La mozione presentata, prima firmataria la collega Barracciu, purtroppo arriva in Aula con notevole ritardo ma ciò non toglie che la drammatica situazione della scuola sarda vada denunciata con ogni mezzo e, credo, con responsabilità da parte di tutto il Consiglio regionale perché i tagli che l'hanno determinata, il taglio di oltre mille insegnanti in particolare, vanno fronteggiati con la dovuta attenzione e considerazione. E questo accade nonostante il fatto che in Sardegna e in Italia il numero degli studenti sia in crescita. Voglio ricordarvi che in Italia quest'anno ci sono stati 36.600 studenti in più di cui l'8 per cento stranieri, figli di emigrati o di gente che ha scelto di venire a vivere in Italia.
Alla luce delle barbarie sulla scuola decise dal Governo Berlusconi devo dire che tagli e interventi non hanno suscitato quella reazione indignata che segue quando i tagli colpiscono il mondo del lavoro in altri settori della nostra società; non si sono registrate reazioni convinte se non quelle, naturali, da parte di coloro che perdono il lavoro o da parte degli studenti che vedono un calo di interesse nei confronti del mondo scolastico nel suo complesso che comporta una disattenzione sull'edilizia scolastica, sugli insegnanti, sulla disponibilità di mezzi a sostegno dell'attività didattica.
Eppure la scuola, sia a livello di scuola elementare, che delle medie inferiori e superiori, ha rappresentato sempre in Italia un punto di riferimento per la formazione dei nostri giovani, soprattutto quando il loro corso di studi era accompagnato da buoni insegnanti; la scuola costituiva sicuramente una buona base per affrontare il mondo del lavoro e il futuro a cui i giovani guardano sempre con grande aspettativa e attenzione.
La scuola pubblica forse in questi momenti non sta ricevendo le attenzioni dovute, ma speriamo che il nuovo corso inaugurato dalla Regione sarda veda un Assessore più laico rispetto al suo predecessore. La scuola pubblica, infatti, esempio di qualità e di valore con particolare riferimento alla scuola elementare, da sempre è stata citata in Europa come un modello di formazione soprattutto grazie al merito e alla qualità degli insegnanti. Insegnanti oggi purtroppo brutalmente definiti "fannulloni" dal ministro Brunetta, per fortuna non siamo soli ma in buona compagnia, bontà sua.
A mio avviso parlare di formazione in tutte le scuole di ogni ordine e grado dello Stato italiano ha sempre costituito e costituisce comunque un argine nei confronti di quell'aggressione che soprattutto in questi anni sta subendo; aggressione che andrebbe evitata in un momento di crisi economica, come questa, in cui si dovrebbe puntare a potenziare la formazione per garantire, come ho detto prima, un futuro diverso ai nostri giovani.
Dobbiamo fare lo sforzo di comprendere che la scuola non è solo il luogo dove apprendere, la scuola è il luogo dove si impara a vivere, dove si viene formati per affrontare il futuro, e per questo occorre suscitare nei giovani aspettative e speranze, ma questo lo può fare solo una scuola che ha una classe docente motivata, una classe docente assistita nel suo difficilissimo compito di formazione dei nostri giovani.
Stesso discorso può essere rivolto all'Università, mutilata e offesa dalla riduzione delle risorse che, soprattutto in un periodo in cui si guarda alla libera circolazione di studenti, docenti e ricercatori in Europa, così come ha deciso l'accordo di Lisbona o il Processo di Bologna, ha portato l'Italia a essere fortemente penalizzata nella scelta da parte degli studenti stranieri; i dati, infatti, mettono in evidenza che in Nuova Zelanda, in Australia, in Svizzera, nel Regno Unito oltre il 20 per cento degli studenti proviene da altre nazioni. Ma, per parlare di realtà più vicine alla nostra, come il Belgio, la Francia e la Germania, questi paesi hanno una presenza di universitari stranieri tra l'11 e il 12 per cento, persino il Portogallo con il 5 per cento e la Spagna con il 3,6 per cento superano l'Italia che è attestata solamente al 3 per cento.
Conosciamo tutti le difficoltà delle università sarde, dell'ERSU di Cagliari e di quello di Sassari; la riduzione dei fondi, il taglio brutale del 90 per cento dei contributi, frutto della decisione Berlusconi-Gelmini-Tremonti, comporta una riduzione del budget disponibile che porterà, come conseguenza, sicuramente la riduzione drastica delle borse di studio per larghissima parte dei nostri studenti.
Credo non si possa non fare un riferimento all'edilizia scolastica, spesso sotto accusa perchè insufficiente e inidonea; oltretutto il patrimonio edilizio scolastico di cui dispone l'Italia è composto per circa il 50 per cento da edifici privi di manutenzione, fuori norma, alcuni addirittura lesionati, così come leggiamo nelle cronache di tutti i giorni. Eppure esistono leggi e norme che stabiliscono caratteristiche degli edifici, degli impianti e delle strutture, che obbligano a porre in essere una serie di adempimenti per consentire la idoneità dei nostri edifici scolastici.
Penso alla norma che prevede la presenza della palestra in tutti gli edifici scolastici d'Italia, senza la quale non è possibile ottenere il collaudo e l'idoneità dell'intero complesso scolastico. Eppure mi viene in mente naturalmente pensando alla città di Alghero, dove sono nato e vivo, che il Liceo classico e l'Istituto statale alberghiero disponevano di una palestra che è stata demolita volutamente, tra l'indifferenza di tutti e con determinazione puntuale dell'amministrazione comunale, per essere sostituita da volumi riguardanti la realizzazione di residenze e di spazi commerciali che probabilmente verranno inaugurati a fine anno. Naturalmente lo stesso edificio scolastico del Primo circolo didattico, uno dei primi esempi di edilizia scolastica pubblica in Sardegna, è stato mutilato di questa fondamentale struttura e di questo indispensabile spazio.
L'Istituto tecnico commerciale che esiste da oltre quarant'anni non ha mai avuto palestra, così l'Istituto statale d'arte, ma abbiamo esempi anche più eclatanti, come plessi di scuola materna che svolgono le loro attività da anni in magazzini di tipo commerciale presi in locazione per svolgere l'attività didattica.
Il taglio delle classi è stato brutale perché operato in una Regione che ha una sua peculiarità. Nell'anno 2010-2011 il prezzo più alto, così come denunciato da altri colleghi nella giornata di ieri, è stato pagato soprattutto dai paesi dell'interno e dai piccoli centri; è nato infatti un nuovo pendolarismo, quelli degli alunni delle elementari, ed è una autentica brutalità sottoporli ad un tale sacrificio per poter frequentare la scuola.
L'Istituto statale alberghiero, anche questo dato è stato ricordato ieri, ha subito mutilazioni importanti (come tutti gli istituti professionali e ricordo l'Istituto statale d'arte, l'Istituto per l'agricoltura), gli è stata negata infatti la naturale prosecuzione degli studi alla classe 4ª, perché la conclusione degli stessi è stata individuata nel conseguimento del diploma al terzo anno. Una decisione che giunge inopportuna…
PRESIDENTE. Onorevole Sechi, il tempo sua disposizione è terminato.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, salvo compiere lei un miracolo per garantire una presenza, come dire, congrua rispetto all'importanza del dibattito, per non essere obbligati a chiedere il numero legale (non vorremmo farlo, per le ragioni emerse anche in Conferenza dei Capigruppo stamattina), chiedo una breve sospensione della seduta, pregandola di sollecitare i consiglieri a stare in Aula.
PRESIDENTE. Onorevole Diana, avevo già esortato i Capigruppo in tal senso durante la precedente sospensione; il Presidente più di questo non può fare. Se non vi sono opposizioni, sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 31, viene ripresa alle ore 10 e 35.)
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera De Francisci. Ne ha facoltà.
DE FRANCISCI (P.d.L.). Presidente, colleghi, anche io avrei voluto iniziare l'intervento ricordando che oggi è la Giornata internazionale degli studenti, sono contenta che l'abbia fatto il collega Sechi; inizierò dunque con una considerazione amara, e cioè che quando si parla di riforma bisognerebbe anche tenere a mente che ogni tentativo per portare la scuola italiana a livello europeo ha sempre trovato la ferma opposizione di un sistema, mai propositivo, che sta paralizzando dal suo interno lo stato attuale rendendo l'istituzione scolastica incapace di recepire le proposte di riforma in grado di migliorarla e di renderla davvero competitiva.
Questo perché alla scuola si chiede di impartire una cultura neutrale che vada bene per tutti e che, invece, non va bene a nessuno. Niente deve e può cambiare perché all'interno della confusione del concetto di "impartire una cultura neutrale" si è instaurata una cultura dominante di parte che si oppone a qualunque riforma. Le uniche azioni riformatrici nella scuola italiana che non hanno provocato manifestazioni, occupazioni e scioperi o quant'altro sono state quelle che prevedevano l'introduzione dei moduli, perché i moduli hanno permesso l'incremento di personale da stipendiare.
Un ulteriore aumento delle spese è avvenuto poi attraverso i rinnovi contrattuali del personale ausiliario che veniva escluso dalle mansioni tradizionali che via via venivano "esternalizzate". Ovviamente, con l'aumento esponenziale dei costi era normale che, prima o poi, soprattutto in periodo di recessione come quello attuale, il problema dei costi sempre più insostenibili sarebbe esploso.
Sì, certo, è facile sostenere e in un certo senso appare anche giusto affermare che per la scuola - visto che si tratta di servizio pubblico - lo Stato dovrebbe fare investimenti appropriati, anche se questo settore in Italia risulta essere il più esoso d'Europa. Oggi si specula sui tagli, sui sacrifici imposti principalmente dalla crisi economica e dalla necessità di razionalizzare l'utilizzo del personale e delle risorse per far funzionare al meglio la scuola pubblica italiana. I dati sono comunque molto concreti, la spesa sul bilancio statale della pubblica istruzione è indirizzata, per oltre il 90 per cento, a pagare gli stipendi. Stipendi non corrispondenti alle responsabilità e a quanto invece percepiscono gli insegnanti nel resto d'Europa. Non certamente commisurati alla fatica, alla storia e allo studio profuso dagli insegnanti, i quali proprio per questo e giustamente si definiscono demotivati.
L'esito, e la contraddizione, è che la qualità degli studenti che escono dalla scuola italiana risulta essere nettamente inferiore rispetto alla media europea. Una contraddizione che deve essere affrontata per dare un'inversione di rotta ai dati prodotti dall'OCSE, e richiamati anche ieri anche dall'onorevole Barracciu nel suo intervento. Tutti conosciamo quelli del mese di settembre, per brevità sintetizzo ricordando, ma è stato già detto, che la scuola italiana è tra le ultime in Europa e quella sarda si pone in coda rispetto al resto d'Italia.
La soluzione demagogica per risollevare la scuola italiana è sostenere che questo avviene solamente immettendo in ruolo tutti i precari delle diverse graduatorie e incrementando oltremodo il bilancio di spesa nella pubblica istruzione. Ma pare ancora più demagogico dare la responsabilità, come fate voi, al decreto numero 112 del 2008 perché questo ha stabilito, testuale: "il più grande licenziamento di massa nella scuola pubblica della storia italiana". Lo ricordavano ieri l'onorevole Cuccu e l'onorevole Cucca.
Io vi invito a fare un passo indietro. Correva l'anno '97, al governo c'era Prodi, Ministro della pubblica istruzione era Luigi Berlinguer, la legge che ha dato il via alla riduzione sistematica degli organici nella scuola è la numero 449 del '97; in quella legge e con quella legge Prodi e Berlinguer stabilirono per l'anno '99 un inizio di riduzione di personale della scuola del 3 per cento rispetto all'anno '97, e da qui nel prosieguo degli anni la riduzione dei dipendenti è stata conseguente; a questa riduzioen si somma quella del numero degli alunni e, oggi, la crisi mondiale.
Questa "legge Berlinguer" in un solo colpo ha cancellato, con l'assenso del vostro assordante silenzio, ben 5000 posti relativi al solo personale ATA; dico questo non per operare il solito gioco delle parti, non nuovo in politica, ma per riportare un po' di verità storica.
Onorevole Barracciu lei l'anno scorso a proposito del ministro Gelmini diceva che "il ministro mette in atto ciò che è indispensabile" - leggo testuale - "più di ogni altra cosa per dare corpo al modello di società fondato sulla disuguaglianza proprio della destra, cioè mette in atto l'annullamento della scuola pubblica". Allora io mi domando che dire dell'azzeramento, nella scorsa legislatura, del sistema della formazione professionale, di come avete declinato, fino al collasso, un canale importante del sistema della conoscenza in Sardegna.
Istruzione e formazione devono camminare insieme e quando i due canali si incontrano a trarne beneficio sono gli alunni e le famiglie. E' innegabile che la formazione andasse ripulita ma perché azzerarla e cancellare un settore che invece in altre regioni funziona e funziona bene?
L'assessore Manca è impegnato in queste settimane a trovare un percorso di rientro per i superstiti di quella epurazione di massa. Mi piacerebbe sentire la sua opinione su questo punto, onorevole Barracciu, tanto più che, se non ricordo male, lei arriva proprio da quel mondo. Pur con le comprensibili differenziazioni politiche una cosa ci accomuna: entrambe abbiamo a cuore, credo, gli studenti e chi nella scuola lavora.
La cito ancora, onorevole Barracciu, perché lei il 22 settembre dello scorso anno chiedeva, a proposito di Sardegna e di quanto succedeva in Sardegna, l'annullamento dell'accordo Gelmini-Baire. Ancora una volta io non sono d'accordo con lei e le spiego: nonostante tutto quest'anno nella scuola sarda - sono dati dell'Ufficio scolastico regionale - sono stati immessi in ruolo 255 docenti, di cui 155 insegnanti di sostegno, a cui si sono aggiunti 994 incaricati annuali e 846 incarichi a ispezioni di supplenza; e questo grazie all'impegno dell'allora assessore Baire e della Giunta regionale.
Ora credo però sia importante, assessore Milia, andare oltre quell'accordo, accogliendo le richieste di "riforma formativa" che arrivano dal territorio; il salvataggio del Convitto di Sorgono credo vada in questa direzione, così come i progetti sperimentali a Bono, a Perfugas, a Macomer, a Oristano, nell'oristanese e in altri centri dell'Isola per i quali abbiamo stanziato dei fondi. Il collega Zedda ricordava che proprio ieri in Commissione ottava abbiamo dato parere favorevole.
Siamo però convinti, lo sapete bene anche voi, che è impossibile dare risposte subito a tutti i precari, come sapete benissimo che l'istituzione scolastica non può permettersi oggi di continuare a illudere la gente promettendo soluzioni immediate; per questo la scuola, oltre alla riforma agognata da tutti e altrettanto vituperata, più che di un nuovo personale da immettere in ruolo ha bisogno di qualificare e rimotivare il personale in organico. Credo che rileggere ogni tanto "Lettera a una professoressa" scritta dai ragazzi della scuola di Barbiana, fondata da Don Milani, possa offrire spunti interessanti e motivi validi per far operare alla classe insegnante italiana un importante salto di qualità.
Don Lorenzo Milani è stato un educatore importante e caro non solo ai cattolici, per certi versi anche la sinistra lo ha adottato e ne ha fatto un emblema proprio per quanto riguarda la scuola. Walter Veltroni, prima di adottare lo slogan di Barack Obama "Yes we can", alle elezioni a sindaco di Roma del 2001 adottò proprio quello di Don Milani "I care" che significa "mi prendo cura", "mi appassiona", "mi interessa.
Per concludere, credo che il nuovo punto di partenza sia approvare il prima possibile, assessore Milia e assessore Manca, il disegno di legge sull'istruzione e la formazione in Sardegna; approvazione preceduta da un'ampia interlocuzione che veda attorno ad un tavolo non solo la parte sindacale ma tutti gli attori interessati. Una sorta di cabina di regia che lei dovrebbe mettere in piedi, assessore Milia, per una larga condivisione, la più ampia possibile, su una legge così determinante per il futuro della Sardegna.
Auspichiamo inoltre che la Giunta avvii con il Ministero competente un confronto sulla razionalizzazione che tenga conto delle peculiarità del nostro territorio; questo lo chiediamo anche noi. Credo sia altresì importante un piano straordinario di lotta alla dispersione scolastica e formativa unitamente a un piano per l'edilizia scolastica, lo richiamava anche il collega Sechi poco fa; pensiamo fermamente che il diritto allo studio sia infatti una priorità politica per lo sviluppo della nostra Regione e la crescita dei nostri figli. Buon lavoro, Assessore.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, Assessore, come ricordavano i colleghi, oggi si celebra la settantunesima Giornata internazionale per il diritto allo studio; si stanno svolgendo centinaia di cortei nelle città italiane dove, da settimane, sono in corso occupazioni, cogestioni, autogestioni contro i tagli imposti dalla finanziaria al mondo della scuola.
Noi, Assessore, abbiamo insistito perché si mettessero all'ordine del giorno questa mozione e questa interpellanza, che abbiamo illustrato ieri, perché vogliamo portare all'attenzione di quest'Aula non solo le criticità e le difficoltà della scuola sarda (difficoltà e criticità che sono state più volte argomento di discussione in quest'Aula e che senz'altro a lei, Assessore, appena investito di questa responsabilità non sono sfuggite), ma perché vogliamo portare il nostro contributo partendo dal nostro punto di vista.
Un punto di vista che ritiene che la scuola debba essere principalmente pubblica, che debba favorire l'inclusione e la cittadinanza delle fasce più deboli, dei diversamente abili, degli stranieri; una scuola che sia aperta al cambiamento sociale ed economico, una scuola impegnata a cogliere anche nella didattica le istanze di rinnovamento che provengono dall'esterno. Noi siamo impegnati, come Partito Democratico, a difendere il diritto universale all'istruzione ma anche a rendere il sistema scolastico più efficace e più equo, per far sì che si rimetta in moto quell'ascensore sociale che da tempo si è inceppato, e per far sì che questo avvenga è necessario che si torni ad investire in conoscenza. Investire in conoscenza vuol dire garantire a tutti pari opportunità di apprendimento a prescindere dalle condizioni economiche e sociali.
Io sto girando, come sempre, nel mio territorio ed è quotidiano il grido di allarme dei sindaci: perché in questa materia il grido di allarme viene dai sindaci? Perché i sindaci sono gli amministratori di prossimità, quelli che hanno il polso della situazione, e sono continue e sempre più frequenti le lamentele, le istanze, le grida d'allarme delle famiglie che si presentano in municipio quando hanno difficoltà perfino a sostenere il costo dei libri di testo o a sostenere il costo degli abbonamenti. Pari opportunità vuol dire che si deve prescindere, nel garantire l'istruzione, dal luogo di residenza: io penso che non sia possibile che un ragazzo di Setzu abbia diverse opportunità rispetto a un ragazzo di Cagliari, così come non è pensabile che l'offerta formativa per un ragazzo lombardo sia più ampia rispetto all'offerta formativa per un ragazzo sardo.
Oggi, Assessore, stiamo assistendo a un fenomeno, quello della discriminazione scolastica, che sta diventando se vogliamo quasi più preoccupante di quello della dispersione: non poter fare scelte libere discrimina i ragazzi tra loro. E qui vorrei introdurre un tema che penso sia molto importante, quello del Piano del dimensionamento scolastico; so che lei sta già lavorando a questo Piano, ma bisogna fare in fretta, deve essere definito entro il 31 dicembre perché le iscrizioni vanno fatte entro gennaio, ed entro gennaio la gamma dell'offerta formativa deve essere chiara e definita.
La cosa più importante, a mio avviso, non è tanto avere un approccio difensivo sul fronte dell'impatto che il taglio dei docenti e del personale in genere ha sul mantenimento delle autonomie scolastiche (seppure le autonomie vadano difese comunque e la Sardegna, da questo punto di vista, nel 2009 ha dato un contributo significativo passando da 426 istituzioni autonome presenti nel territorio regionale alle attuali 389), quanto, specie nel campo dell'istruzione superiore, disegnare per ciascuna provincia una nuova offerta formativa, alla luce della riforma Gelmini che ha previsto nuovi indirizzi di studi, suddivisi in base a tre macro aree, appunto i licei, i tecnici e i professionali.
L'obiettivo pertanto deve essere duplice: dobbiamogarantire il diritto di ciascuno studente di scegliere il percorso formativo più consono alle proprie attitudini e alle proprie aspettative, e consentire ai diversi territori di formulare un'offerta di istruzione che sia rispondente alla domanda di istruzione di conoscenze, di competenze che ciascuna realtà esprime sulla base anche dei progetti di sviluppo e di crescita sociale ed economica che vengono messi in campo. Le Province metteranno in campo una proposta e quindi il Piano di dimensionamento dovrà tenere conto di questa offerta formativa che, a quel punto, sarà rispondente alle esigenze del territorio.
Penso, lo dicevo prima, che si debba fare in fretta affinché sia garantita un'offerta formativa completa e rispondente alle peculiarità del territorio, consentendoci così di metterci al pari delle altre Regioni che hanno già avviato la riforma, di contribuire a contrastare in questa maniera anche l'abbandono e la dispersione scolastica e di eliminare quegli indirizzi doppi ancora presenti in molte province.
Ci sono alcune province, io faccio l'esempio della mia, una provincia piccola con otto autonomie scolastiche, in cui sono presenti anche dei doppioni: sicuramente questo va eliminato, non ha senso dare un'offerta doppia quando invece mancano alcune specialità.
Non fare il dimensionamento, quindi scegliere l'immobilismo, è dannoso, ecco perché a mio avviso va fatto in fretta. Col Piano di dimensionamento possiamo poi introdurre una discussione sulla valutazione autonoma del sistema scolastico regionale, ovvero negoziare con il Ministro alcuni parametri che definiscano speciale la nostra situazione rispetto a quella delle altre Regioni; va bene, infatti, e noi l'abbiamo fatto e ne siamo convinti, dare un giudizio critico della riforma, però dobbiamo prendere atto che esiste e che all'interno di quella dobbiamo muoverci. Quindi il Piano di dimensionamento deve far partire poi una negoziazione col Ministero che prenda atto della situazione particolare della nostra isola, cioè quella di un territorio molto vasto, con una densità di popolazione nelle zone interne difforme rispetto a quella delle zone costiere, tanti centri piccoli con disagio insediativo accentuato e con difficoltà anche nella rete dei trasporti.
Io penso che noi abbiamo la possibilità, concludendo la giornata odierna, di concentrarci su queste problematiche e di essere uniti nel dare sostegno all'Assessore nell'accelerare il Piano di dimensionamento, e uniti anche nel richiedere un intervento forte e autorevole nei confronti del Ministero perchè riconosca le ragioni della specialità della nostra scuola.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mariani. Ne ha facoltà.
MARIANI (I.d.V.). Presidente, ai numerosi pensionamenti non corrisponderanno, per il prossimo anno, secondo quanto analizzato in maniera plurale dalle Commissioni competenti, altrettante immissioni in ruolo dei docenti aventi diritto. Tale situazione risulta altresì evidente dalla forte mobilitazione dei sindacati della scuola, i quali denunciano più di 2.200 posti a rischio in Sardegna tra personale docente e ATA, e gravi conseguenze per oltre 500 soprannumerari, principalmente individuati nel cambio di sede di servizio, peggiorativo delle proprie condizioni di vita e di lavoro; ancora va sottolineata la riduzione delle cattedre e l'aumento del numero di studenti per classe. L'accorpamento delle classi, la chiusura di scuole, la riduzione del tempo pieno è dunque una perdita di opportunità di lavoro per gli insegnanti precari.
Come constatato dalla competente Commissione consiliare, il richiamato aumento del numero di studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura di scuole potrebbero avere effetti devastanti, in particolare, per i territori interni e montani dell'Isola che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, molto spesso l'unica presenza locale delle istituzioni.
Si manifestano già i primi accorpamenti automatici, basati su un mero calcolo numerico, e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, che vedono la composizione di classi molto numerose con la compresenza di più alunni con disabilità. In modo particolare, nei piccoli centri vi è il rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti verso un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero pertanto a rischio di dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della stessa frequenza scolastica con la conseguente negazione del costituzionale diritto allo studio.
Ci troviamo dunque dinanzi a un quadro istituzionale complesso. In particolare la legge costituzionale 18 ottobre 2001, numero 3, ha distribuito le competenze legislative in materia scolastica tra lo Stato e le Regioni affidando al primo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e l'emanazione delle norme generali sull'istruzione e confermando l'affidamento alle seconde della competenza esclusiva sulla formazione professionale. L'istruzione ricade invece tra le materie di competenza legislativa concorrente.
In merito all'autonomia delle istituzioni scolastiche occorre non dimenticare che tra le materie affidate alla competenza esclusiva dello Stato figura quella relativa all'ordinamento e all'organizzazione amministrativa di quest'ultimo. E' evidente, e più volte sottolineato, come la scuola sarda fatichi a coltivare rapporti con i centri della ricerca pedagogica della Penisola. Anche richiamando la mozione Barracciu, occorre che la Regione sarda prenda realisticamente coscienza di questa deficitaria situazione e appresti i necessari rimedi. Per far fronte a tale situazione di allarme e ristabilire una situazione di normalità sono dunque necessari investimenti finanziari e risorse ben superiori alle attuali disponibilità sia regionali che nazionali.
Peraltro la malattia del precariato, che affligge la nostra scuola, non riguarda solo i precari, vittime della malattia sono infatti anche gli studenti che vedono compromessa la continuità didattica e, di conseguenza, la qualità della propria formazione.
Di fronte ad una "scuola dei meno", proposta dalla Gelmini, meno ore, meno insegnanti, meno lavoratori, meno tempo libero, è doveroso promuovere una maggiore stabilità di chi opera nella scuola anche nell'interesse degli studenti e delle loro famiglie per un sistema formativo di qualità.
Conclusivamente, appare importante sottolineare ancora un'importantissima vittoria in una causa di estremo rilievo, contro l'abuso dei contratti precari nella scuola statale, promossa dalla coordinatrice provinciale della federazione GILDA UMS di Nuoro. Il tribunale di Nuoro a distanza di tre mesi da quello di Oristano ha accolto, in data 15 luglio 2010, il ricorso di dieci precari dichiarando illegittima la sequenza dei contratti a tempo determinato da loro stipulati, condannando il MIUR a ricostruire la carriera considerando per intero, a fini giuridici ed economici, tutti i periodi di servizio svolti in costanza di rapporti a tempo determinato comprese le mancate retribuzioni mensili di giugno e agosto, condannando l'amministrazione a corrispondere ai lavoratori le differenze retributive maturate per effetto del differente nuovo legittimo inquadramento, oltre alla rivalutazione monetaria e interessi legali.
C'è una ratio, una massima che può e che deve muovere qualunque progetto di legge che riguardi l'istruzione perchè "trasformare i sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può compiere". Così scrisse Piero Calamandrei.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.
CONTU MARIANO (P.d.L.). Presidente, il tema trattato dalla mozione Barracciu e dall'interpellanza Cuccu mi appassiona; mi appassiona perché avendo tre bambini che frequentano le scuole elementari vivo l'esperienza quotidiana, dalla parte della famiglia, di una frequentazione, ormai da diversi anni, della scuola e, soprattutto, ne vivo le tematiche direttamente.
Se esaminiamo ciò che nella mozione, nella premessa, è detto rispetto alle problematiche della scuola, cioè che "…le potenzialità di sviluppo e progresso di un Paese sono direttamente proporzionali agli investimenti fatti sul sistema dell'istruzione, da cui dipendono competenze"… eccetera; mi viene spontaneo riferirmi, ne ha parlato il collega Sanjust ieri, ai diversi ministri che si sono succeduti alla guida di questo dicastero, dalla Rosa Russo Iervolino fino alla Gelmini (saltando magari l'esperienza del ministro Fioroni), ed evidenziare che sulla scuola sono intervenute la destra e la sinistra con i loro diversi ministri. Però, collega Cuccu, se è vera quell'affermazione per cui è necessario per una nazione investire in termini di cultura, è altrettanto vero che dal 1999 al 2009 il bilancio della pubblica istruzione, questo è il dato, è passato da 32 miliardi di euro agli attuali 42.
In dieci anni sono stati realizzati investimenti significativi, migliorie, interventi decisivi? Abbiamo speso 10 miliardi in più e, allora, l'altro aspetto importante, interessante, è verificare come sono stati impiegati questi 10 miliardi in più. Scopriamo che 4 miliardi e 700 milioni sono destinati a coprire la spesa per gli incarichi ai docenti supplenti; Assessore, partendo da questo dato vorrei sapere dove sta andando la scuola, perché un assenteismo così altro credo sia preoccupante se si vuole garantire, lo diceva il collega Mariani poco fa, la continuità didattica.
La continuità didattica è il beneficio più importante che si può dare agli studenti, è il principio primo sul quale si fonda la rilevazione OCSE per valutare la preparazione dei nostri studenti.
Un altro dato interessantissimo, ne parlavamo ieri tra colleghi nelle interlocuzioni, riguarda la spesa pro capite. In Italia si spende per alunno 5.710 euro, in Francia se ne spendono 5.200, in Germania 4.800, in Inghilterra 4.900, la media OCSE e 4.629, quindi in Italia noi spendiamo ad alunno 1.100 euro in più. Per quanto riguarda la Sardegna, la Regione sarda dagli anni '96-97, per combattere la dispersione scolastica, ha investito decine di miliardi e, attualmente, il finanziamento è sui 30 milioni di euro .
Ma i soldi forse non sono tutto, lo dimostrano i dati OCSE sulla preparazione dei nostri studenti e dei nostri scolari. La Sardegna è situata come livello di preparazione all'ultimo posto in Italia, ma l'Italia è penultima nella classifica dei paesi europei. Se non ricordo male le nazioni associate all'OCSE sono 52 con una grande differenza della scuola italiana rispetto a quella degli altri Paesi. In Italia viene valutata la preparazione degli studenti e degli scolari, nel resto d'Europa e delle Nazioni dell'OCSE tale valutazione avviene sugli insegnanti al fine di favorire un aggiornamento professionale che ne garantisca la preparazione e li metta in grado di insegnare qualcosa a qualcuno. L'Italia è l'unico Paese, per l'impegno del sindacato, dove i docenti non devono sottoporsi ad alcuna valutazione. Bene, questi sono dati, dati che "la dicono tutta" sul sistema scolastico italiano, e regionale in particolare.
Le richieste che oggi si avanzano vanno in alcune direzioni, ma è importante esaminare i numeri. Il sistema scolastico regionale, così si dice nell'interpellanza, conta 220 mila studenti, tra scuola primaria e scuola secondaria, e 18 mila 972 docenti;ciò significa che, rispetto a una media OCSE di un insegnante ogni 14,5 alunni, in Sardegna vi è un docente ogni 12 alunni. I nostri ragazzi, se avessero davvero dei docenti in grado di insegnare qualcosa, dovrebbero essere tutti scienziati.
Succede invece che, nelle prove di selezione per l'accesso alle università a numero chiuso, i nostri ragazzi vengono superati dai giovani provenienti da altre regioni. Sono dati allarmanti, ma non da oggi; in Commissione bilancio, più di una volta, a fronte degli impegni economici adottati in materia di dispersione scolastica, ho chiesto direttamente al Presidente e all'Assessore competente di avere un report sulle cause che determinavano questo investimento massivo di risorse. Credo che dal '95-96 (anni dei primi dati sulla dispersione scolastica) al 2009 la situazione sia peggiorata notevolmente: oggi gli indici di dispersione scolastica in Sardegna superano la percentuale del 20 per cento.
Detto questo, vorrei capire, cari colleghi (visto che ne parlate sempre pochissimo), chi sono gli attori principali nella scuola. Sono i precari? Sono i docenti o i bidelli? Chi sono, ripeto, gli attori principali della scuola? Credo che l'abbiate dimenticato, visto che non ne parlate se non in qualche sporadica occasione. Per me, ancora oggi, e credo anche per la nostra Isola, gli attori principali sono i giovani, gli alunni, gli studenti, che sinceramente sembrano uno dei tanti attori che può essere, occasionalmente, anche presente a scuola.
Dobbiamo purtroppo rilevare che, non solo il 10 per cento della spesa è destinato al personale precario o supplente che viene chiamato per la docenza nelle scuole ma, il fatto ancora più sconcertante, il collega Sanjust ne parlava ieri, è che oggi, in Italia, ci siano più bidelli nelle scuole che carabinieri nelle strade; eppure, nonostante questa massiccia presenza di personale, ogni giorno circa 240 studenti si feriscono nelle scuole d'Italia.
Ad assistere gli studenti si dedica non solo questa gente, che non si sa bene che cosa faccia a scuola, ma in uno degli ultimi contratti sindacali sottoscritti col mondo della scuola è stata inventata un'altra figura: i somministratori della pastasciutta, ovvero gli scodellatori. Nella scuola esistono gli scodellatori, perché il bidello non può più assistere neanche alla somministrazione dei pasti. Queste cose le dico tra il serio e il faceto, ma servono a sottolineare che, forse, dobbiamo portare all'attenzione del Consiglio i problemi reali della nostra scuola.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, assessore Milia, il suo primo confronto, dopo aver assunto l'incarico, nel merito dei problemi della scuola ha, a nostro giudizio, due elementi di grande positività e interesse. Il primo lo rilevo dalla sua radice politica e culturale. Lei proviene da una scuola politica nella quale è sempre stato preponderante il primato della scuola pubblica sulla scuola privata. Lei è figlio di quella cultura, e come tale non possiamo che salutare con positività il superamento del preesistente conflitto di rappresentanza del suo predecessore, che ovviamente non aveva questa stessa impostazione e non lavorava secondo questa logica.
Il secondo, non meno importante, è che lei, fortunatamente, fa parte di un partito politico che sul piano della valutazione e della percezione della politica di governo è all'opposizione, e questo la dispone in un contesto più libero, più autonomo rispetto alle posizioni che è chiamato a interpretare in ragione anche di quello che esprime questo Consiglio regionale. Sono due elementi sui quali io credo, Assessore, debba lei valutare (a mo' di assist) per poter istruire una linea della politica dell'istruzione in Sardegna più confacente ai richiami che anche questa mozione e l'interpellanza pongono alla sua attenzione.
Quindi, nell'augurarle di poter utilizzare al meglio questi elementi di novità e di apprezzamento che noi rileviamo, le vorrei anche dire che io credo che si possa sovvertire un modello di istruzione sbagliato. Lo si può fare investendo con gli strumenti e le risorse dell'autonomia per costruire un progetto più rispondente alle esigenze regionali e alle nostre priorità.
Siccome i colleghi si sono cimentati in dissertazioni che parlano di tutto, rilevano le "importanze", ma fanno ruotare tutto intorno al sistema delle risorse, le vorrei raccomandare con sincera amicizia di poter avere a riferimento del suo operato i principi espressi nella risoluzione del Consiglio d'Europa, del 25 novembre del 2003: "…il ruolo assunto dall'istruzione e dalla formazione è un fattore fondamentale del processo di sviluppo sociale ed economico; d è possibile considerare (…) gli interventi finanziari in tali settori come un investimento piuttosto che un costo, e prefigurare mezzi innovativi per lo sviluppo della ricerca e dell'innovazione. (…) il capitale umano è in effetti una leva per la coesione sociale e la crescita economica". Credo che non ci sia bisogno di commentare.
In questa materia occorre invertire una cultura ragionieristica in una cultura di investimento. Lo faccio sapendo bene che lei ha accompagnato nella sua esperienza politica l'origine della scuola italiana. L'origine della scuola italiana è sempre stata nella consapevolezza aristotelica che una società sana si fonda sulla valorizzazione delle cosiddette comunità intermedie, o corpi intermedi, che sono sistemi garantiti costituzionalmente, e auspicati nel loro funzionamento. E, assieme alla famiglia, c'è anche la scuola, individuata come corpo intermedio sul quale si fonda l'emancipazione, la crescita, lo sviluppo.
Il collega Sanjust ieri parlava di una scuola occupata ideologicamente. Io vorrei dire sinceramente: non è vero! Perché se la scuola che è stata occupata ideologicamente ha prodotto, nelle dinamiche democratiche, collega Sanjust, anche la configurazione politica che è presente in quest'Aula, è segno che quella affermazione non è vera, significa che non c'è stata un'impostazione ideologica, che il sistema formativo ed educativo va valutato più che altro come un marcatore sociale della propensione evolutiva e competitiva della società nella quale ci stanno tutte le sensibilità, e non deve essere individuato come un elemento da combattere perché un sistema, forse eccessivamente sindacalizzato, questo lo possiamo dire, dà quest'idea.
Ma la verità è un'altra, la verità è che noi partiamo, Assessore, da un'idea che in Sardegna, in questi tempi, è estremamente allarmante e in crescita. Se il figlio di un operaio o di un contadino, Assessore, ha trenta possibilità in meno di laurearsi rispetto al figlio di un laureato, e questo dato è in crescita, non è in decremento, è in crescita, allora questa è una condizione intollerabile di discriminazione che la politica deve eliminare ma non in ragione di suscitare tafferugli di tipo dogmatico fra propensioni a leggere la scuola come un covo di ideologie
Io sono figlio di quella scuola come voi, e come io ho maturato determinati valori e determinati principi, voi ne avete maturato degli altri altrettanto nobili e dignitosi che meriterebbero, in funzione di quell'educazione, un confronto qui dentro non volto a eliminare la parte, ma a discernere sul merito delle cose, il che non avviene mai. Noi siamo i figli di una buona formazione, ma di una enorme deviazione, e il succo della questione, Assessore, è che purtroppo noi viviamo all'interno del problema della scuola un problema più complessivo: non ci siamo resi conto che in Italia negli ultimi vent'anni è mutato un modello culturale.
Oggi i bambini il giorno dopo "Il grande fratello" arrivano a scuola addormentati, gli insegnanti fanno fatica a svegliarli, i figli, le figlie assieme ai genitori vestono nello stesso modo, si presentano nello stesso modo che vedono in televisione. Il modello culturale non è il modello valoriale del funzionamento corretto dei corpi intermedi e quindi dei processi educativi; questo è il problema della scuola oggi, se è giusto sconfinare. E gli insegnanti più avveduti e intelligenti, invece di scansarlo, affrontano il problema de "Il grande fratello" con gli alunni, per cercare di disporre i valori e i disvalori che emergono in termini più corretti.
Ma oggi viviamo in una società nella quale prevale il miraggio del successo a "stelle e strisce e lustrini"; e noi pensiamo che questa sia la società che si costruisce e che noi dobbiamo fare un problema di cassa e di costi su questo? Badate, c'è oggi un sintomo chiaro: la dispersione scolastica non è un fenomeno così, è un fenomeno che va legato a quanto si registra in maniera crescente in termini di sindromi devianti, sindromi depressive, questa è la scuola che dovremmo indagare, non la scuola dei conti o di un'idea di modello culturale consumistico, superficiale. Nelle discoteche, quando chiedono chi è Ruby dicono persino che sia una parlamentare; immaginate che livello di conoscenza hanno i giovani della realtà in cui vivono.
Questo ci dovrebbe preoccupare, ed è per questo che noi dobbiamo affrontare il problema dell'istruzione con una diversa consapevolezza ed evitare i tafferugli dogmatici su un problema così rilevante.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.
BARRACCIU (P.D.). Presidente, intervengo solo per puntualizzare alcune questioni, emerse nella discussione di ieri e di stamattina, che riguardano in particolare affermazioni in relazione alla spesa che nel nostro Paese verrebbe affrontata per il sistema dell'istruzione. Sia ieri dall'onorevole Sanjust, ma anche stamattina dall'onorevole De Francisci abbiamo sentito affermazioni che sottolineano l'enormità della spesa pubblica per l'istruzione in Sardegna e quindi, indirettamente, la necessità di contenere la suddetta spesa. Questo naturalmente al fine di fare da sponda alle politiche del Governo nazionale che vanno in questa direzione.
Allora, per riportare, anche in quest'Aula, il ragionamento sui dati di fatto specifici relativi alla spesa pubblica in Italia per il sistema dell'istruzione, io vorrei mettere a conoscenza l'Aula dei dati che sono stati elaborati dalla Società italiana di statistica e che ristabiliscono la verità intorno a questo tema. Ristabiliscono la verità perché fanno emergere come sia assolutamente falso che ci sia in Italia una spesa pubblica per l'istruzione che va riportata nella normalità. Do lettura di questo documento, perché ritengo sia importante.
Nella legge numero 133 del 6 agosto 2008, articolo 64, comma 6 (la legge che poi ha determinato anche in Sardegna lo stato di cose insopportabile per la scuola pubblica) si trova che devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa non inferiori a 650 milioni di euro per l'anno 2009, 1650 milioni per l'anno 2010, 2538 milioni per l'anno 2011 e 3188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012. Di fronte a tagli di tali entità è doveroso chiedersi se il presupposto e i provvedimenti siano corroborati dai dati forniti dall'OCSE, dall'Istat, dal Ministero della pubblica istruzione, dal MIUR, naturalmente, e dal bilancio dello Stato.
E' necessario pertanto esaminare alcuni di questi dati, relativi a tre aspetti della spesa complessiva, che sono frequentemente oggetto di affermazioni approssimative o inattendibili da parte di politici e di amministratori che li divulgano evidentemente per sostenere le proprie posizioni e le proprie disposizioni. Quindi c'è un presupposto assolutamente infondato.
In primo luogo occorre chiarire che la spesa pubblica sulla scuola è costituita per l'82 per cento da spese sostenute dal Ministero competente e per il 18 per cento da spese sostenute dalle Regioni e dagli enti locali. Dal 1990 al 2007 la quota del Pil, destinata alle spese sostenute dal Ministero della pubblica istruzione e dal MIUR, ha infatti subito una notevole contrazione passando dal 3,9 per cento addirittura al 2,8 per cento. Questa riduzione, di oltre un punto in percentuale, è pari a 16, 9 miliardi di euro. Il grosso della riduzione è stato effettuato nel periodo '92-96, quando la quota è scesa dal 3,9 per cento al 3,0 per cento. Negli ultimi dieci anni la riduzione è stata dello 0,2 per cento, pari a 3,7 miliardi di euro. Allo stesso tempo la spesa pubblica sostenuta dalle regioni e dagli enti locali è rimasta complessivamente stabile e ammonta allo 0,5 per cento del Pil.
Sommando le due quote si vede che la spesa pubblica per la scuola nel 2007 equivale al 3,3 per cento del Pil, mentre nel 1990 era del 4,4 per cento. Forse nessun altro capitolo della spesa pubblica ha contribuito altrettanto al risanamento dei conti pubblici. Se poi consideriamo che la quota media del Pil destinata alla scuola nei paesi dell'OCSE è del 5 per cento, e che alcuni dei paesi citati come esempi di eccellenza, in base alle rilevazioni effettuate dallo stesso OCSE, spendono ancora di più, onorevole de Francisci, sembra assolutamente fuori luogo ritenere che l'Italia spenda troppo; la spesa pubblica per la scuola è l'investimento più importante che una società intraprende, evidentemente.
Vediamo l'attuale composizione della spesa. Un altro dato sovente sbandierato, onorevole De Francisci (è successo anche qui), ma palesemente errato, è che il 97 per cento della spesa pubblica per la scuola è destinato al pagamento degli stipendi. Come già visto il 18 per cento della spesa complessiva, circa 9,5 miliardi, è di competenza delle Regioni e degli enti locali; tale quota riguarda l'edilizia scolastica, i servizi di trasporto, di mensa e numerose altre voci. L'82 per cento di competenza ministeriale è relativo al personale e ai trasferimenti per il funzionamento delle istituzioni scolastiche autonome e all'ampliamento della loro offerta formativa.
Dalla pubblicazione "La scuola in cifre", Ministero pubblica istruzione - MIUR 2007, risulta che nel 2006 la spesa del Ministero è stata pari a 42,4 miliardi; di questi 3,1, cioè il 7,3 per cento, sono costituiti da trasferimenti alle scuole. La stessa pubblicazione dimostra che la spesa per il personale è mediamente inferiore al 90 per cento della spesa complessiva del Ministero. Dunque la spesa per il personale costituisce il 73,8 per cento, ossia il 90 per cento ma dell'82 per cento, della spesa pubblica complessiva, una cifra molto diversa dal 97 per cento citato da molti come dimostrazione di presunti squilibri interni alla spesa stessa. I dati OCSE dimostrano che in tutti i Paesi membri la spesa per il personale varia dal 60 all'80 per cento, dunque l'Italia rientra perfettamente nella media europea. Comparazioni improprie, quindi, vengono fatte spesso anche in quest'Aula.
Altrettanto sovente altri dati OCSE vengono citati per dimostrare che in Italia la spesa media per studente è del 10 per cento superiore alla media OCSE. Anche in questo caso però un'analisi dei dati non supporta assolutamente la frettolosa, pretestuosa e strumentale conclusione che si spende troppo e che occorre ridurre un rapporto fra insegnanti e studenti ritenuto troppo alto.
Diversi sono i fattori che influenzano questo rapporto. Per esempio ormai molti anni fa l'Italia ha fatto la scelta - e questo è molto importante che venga ascoltato, secondo me - di inserire gli studenti diversamente abili nelle classi normali. E' stata una scelta di grande idealismo, qui ovviamente tutti la difendiamo, che nessuno appunto vuole mettere in discussione, però in molti altri Paesi gli studenti diversamente abili sono collocati in scuole speciali che non vengono considerate parte del sistema scolastico e che, di conseguenza, non sono contabilizzate nella spesa pubblica sulla scuola - questa è una cosa molto importante - e non fanno parte dei dati utilizzati nelle comparazioni internazionali. Evidentemente ciò non significa che non siano un costo all'interno della spesa pubblica complessiva, semplicemente vengono imputate ad altre voci nel bilancio dello Stato; in ogni modo non è lecito confrontare dati disomogenei.
In Italia gli insegnanti di sostegno alle classi dove sono inseriti gli studenti diversamente abili sono circa 93 mila e costituiscono il 12,5 per cento dei docenti. Gli studenti diversamente abili sono circa il 2 per cento della popolazione scolastica. Allo stesso tempo le classi in cui sono inseriti hanno normalmente un numero di studenti inferiore a quello delle altre classi. Ciò comporta che circa 40 mila docenti in più (5,5 per cento) sono necessari per permettere questa riduzione. Dunque si può stimare che il 18 per cento dei 723 mila docenti a tempo indeterminato e determinato, nell'anno scolastico di riferimento 2007-2008, sia dovuto a una politica scolastica di integrazione da sempre considerata all'avanguardia. Se tagliamo questa frazione, circa 130 mila insegnanti dal totale, il rapporto fra insegnanti e studenti cambia radicalmente; ma una diversa politica scolastica o diversa collocazione delle figure professionali in altri capitoli di spesa non gioverebbe né ai costi pubblici né alla qualità degli interventi e al beneficio globale che ne deriva per la società.
Un discorso analogo va fatto anche per gli insegnanti di religione che negli altri Paesi non sono calcolati sulla spesa per la scuola pubblica in quanto non ne fanno parte mentre in Italia naturalmente sì, a proposito delle politiche scolastiche e dell'istruzione; quindi credo che questi siano dati importanti che smantellano la teoria secondo la quale in Italia si spende troppo ed è necessario ridurre la spesa. In Italia si spende esattamente come nelle altre nazioni europee perchè si quantificano nella spesa pubblica per la scuola anche costi che altrove non vengono quantificati.
Sono false pertanto le motivazioni che vengono addotte a sostegno della riforma Gelmini, che sappiamo essere una riforma esclusivamente ragionieristica, ammantata da presunti obiettivi di riformare e riqualificare la scuola stessa. Per cui io credo che sia opportuno riportare l'attenzione sulle questioni della scuola sarda...
PRESIDENTE. Onorevole Barracciu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (U.D.C.). Presidente, io credo che l'intervento del collega Gian Valerio Sanna sia servito per riportare nel giusto argine la discussione della mozione e dell'interpellanza oggetto della seduta odierna; e bene ha inquadrato, il collega Sanna, qual è oggi l'orientamento della Giunta, con l'assessore Milia, per quanto riguarda gli interventi da porre in essere per l'istruzione in Sardegna. Anche io concordo sull'idea che il nuovo orientamento sarà una prova di grande autonomia, di grande determinazione e di grande importanza. L'assessore Milia sarà punto di riferimento, per quanto mi riguarda e per quanto riguarda buona parte di quest'Aula, per un atteso cambiamento negli indirizzi di gestione dell'Assessorato di sua competenza rispetto a quanto è avvenuto fino a oggi o meglio, sintetizzerei, rispetto a quanto non è avvenuto fino a oggi.
E partiamo quindi insieme da un presupposto: la scuola è un sintomatico segno ed esempio della condizione sociale del nostro Paese. Nella scuola entra, per il suo giusto equilibrio, la "condizione famiglia", la condizione educativa della famiglia che nel passato era affidata a un connubio stretto e diretto tra scuola e famiglia, connubio nel quale oggi si è inserita la comunicazione mediatica. Credo di aver capito che la responsabilità del fatto che gli alunni arrivino addormentati perché guardano "Il grande fratello" non possa essere addebitata alla scuola, ma a un "sistema educativo famiglia" che non collabora e non è, probabilmente, all'altezza per fornire una giusta educazione che viene poi affinata, in termini culturali e di istruzione, nella scuola.
C'è un aspetto che, sicuramente, emerge da alcuni interventi dei colleghi del centrosinistra, ci differenzia: la necessità di creare un solco tra scuola pubblica e scuola privata e come viene intesa questa diversa partecipazione, diversa nel metodo, alla formazione dei nostri giovani. Noi pensiamo che la scuola pubblica e la scuola privata debbano essere l'esempio delle pari opportunità nell'istruzione.
Credo che la nostra attenzione debba essere rivolta necessariamente, così come in sanità, al pubblico che deve creare le condizioni perché esista sempre meno privato; ma questo non vuol dire che devo affossare il privato, devo dare e consentire pari opportunità. Quindi è giusto l'intervento pubblico di pari opportunità e uguaglianza rispetto al privato. E' assolutamente corretto secondo il nostro punto di vista. Sia il pubblico, e continuo a portare l'esempio scuola-sanità, a far sì che esista sempre meno privato. E allora la responsabilità di come far funzionare il pubblico credo sia in gran parte sulle nostre spalle.
Collega Barracciu, i suoi dati (se facessimo oggi un confronto di parte potrebbero essere smentiti o contrapposti ad altri dati, che è lo sport che si esegue in questo periodo di politica buia) servono a riflettere ma non servono a risolvere. I dati in mio possesso (sono quelli del MIUR), che in qualche modo possono non combaciare con quelli che ha lei, possono portarci a uno scontro sempre rivolto al passato: chi ha dato, chi ha impegnato, chi ha fatto e come.
A me interessa come devono essere utilizzati i fondi pubblici. Arrivano a buon fine? E' stato dato molto o poco? Su un solo dato credo che noi convergeremo tutti: sono stati impegnati male. Lo dimostra il dato, riportato dal collega Contu poc'anzi, dei 167 mila bidelli in servizio ("La deriva", il libro di Stella tratta l'argomento in maniera molto puntuale), che costano allo Stato 4 miliardi di euro, un bidello ogni 2,2 classi, ai quali vanno aggiunti gli scodellatori perché il contratto dei bidelli non prevede questa funzione; ma questo vale per il portierato delle ASL, vale per l'interinale delle ASL, vale per tutto quel sistema di becera politica che ha la responsabilità di non rispondere a una domanda, ma di creare posti per dare una risposta alla ricerca del consenso pagato dal pubblico. E qui a turno ci siamo stati tutti.
Allora, se non dobbiamo pensare a una scuola che sia solo una scuola di doveri, e qui rientra in gioco sempre la famiglia, dobbiamo pensare che non può essere neanche una scuola solo di diritti. Oggi i nostri giovani e le famiglie che stanno dietro questi giovani, padri e madri, si presentano presso l'istituto scolastico per far valere i diritti dei loro figli ma poco tempo si passa a spiegare quali sono i doveri dei figli nei confronti di una società. Quindi noi come interveniamo? Sostenendo la spesa ma entrando poco nel merito della finalità, dell'indirizzo di quella spesa, dell'utilità di quella spesa.
Faccio l'esempio dell'intervento nell'edilizia scolastica; noi diamo a tutti qualcosa equamente, a pioggia, per riparare le finestre della scuola, ma ci sono scuole che non hanno necessità di riparare le finestre, hanno necessità di riparare le porte, però noi diamo a tutti equamente, a pioggia, per riparare le finestre. Questo vuol dire non individuare l'efficacia dello stanziamento, questo vuol dire scaricare le responsabilità nel momento in cui, in finanziaria o secondo altre leggi, diciamo: "Abbiamo stanziato".
E' successo questo anche negli ultimi mesi; abbiamo stanziato 20 milioni di euro per il precariato, ma non per risolvere questo problema, perché l'Assessore precedente e questa Giunta sono intervenuti semplicemente per coprire una falla, cioè per dire: "Facciamo dei progetti a tempo che consentano a questa gente di avere uno stipendio". Ma non abbiamo risolto il problema strutturale del precariato nella scuola. Su questo credo ci si debba impegnare e sono certo che un Assessore politico con una storia chiara, trasparente, che va sostenuto da questa Aula, abbia nel suo programma questo gravoso impegno.
Ci confronteremo perciò in questa Aula, non leggendo statistiche o quant'altro, ma secondo le nostre idee per consegnare a questa Regione una giusta organizzazione scolastica; ci concentreremo sicuramente nella discussione di una legge sull'istruzione, che arriverà in quest'Aula, con un Assessore che, rivedendo anche alcune competenze, a mio avviso dovrà impegnarsi su scuola e formazione. La formazione professionale non è estranea infatti al mondo dell'istruzione e della preparazione dei nostri giovani ad affrontare la vita futura, ci deve essere uno stretto collegamento tra questi due sistemi.
Quindi occorre risolvere i problemi dei precari; io leggo però che la finanziaria regionale che discuteremo stanzia un meno 29.500.000 per l'istruzione, Assessore. Su questo ci dovremo confrontare insieme per reinserire i fondi necessari ma, soprattutto, conoscendone le finalità. Dobbiamo costruire un serio sistema anagrafico della scuola perché abbiamo dati non certi, e senza dati certi non riusciremo a indirizzare efficacemente le nostre azioni e dovremo creare anche una politica scolastica che vada dalla valutazione all'orientamento, alla formazione iniziale dei docenti. Ecco perché dico...
PRESIDENTE. Onorevole Capelli, il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO DANIELE (I.d.V.). Assessore, i migliori auguri di buon lavoro, ancora più sentiti considerata la sua provenienza geografica e la mia stima personale nei suoi confronti. Io credo siano totalmente da condividere i contenuti dei due documenti oggi in discussione, ma vorrei poter ricordare anche un altro aspetto della già drammatica situazione scolastica della Sardegna.
Assessore, si tratta della grave insufficienza dei fondi regionali per le spese di trasporto degli studenti residenti nei comuni interessati dalla soppressione della scuola dell'obbligo. In Sardegna infatti circa 75 comuni devono sostenere maggiori spese per garantire il trasporto degli studenti residenti interessati. La Regione attualmente dispone di un fondo assolutamente inadeguato di 700 mila euro a fronte di una necessità minima di 4 milioni di euro, di cui 1 milione e 500 mila relativi al saldo dei costi di trasporto sostenuti nell'anno scolastico 2009-2010 e 2 milioni e 500 mila euro quale contributo richiesto dai 75 comuni per le spese da sostenere nell'anno scolastico in corso.
Come può facilmente intuirsi i comuni interessati dalle soppressioni sono principalmente i piccoli centri delle zone interne che già vivono la triste realtà del progressivo spopolamento determinato, spesso, proprio dall'inesorabile abbandono drasticamente perpetrato dallo Stato negli ultimi decenni con la chiusura sistematica dei servizi pubblici decentrati.
La soppressione quindi di numerose classi delle scuole dell'obbligo, cronologicamente ultimo grave colpo inferto dal Governo ai nostri piccoli comuni, ha causato un ulteriore depauperamento del tessuto economico e sociale dei territori interessati. I costi derivanti dalla chiusura delle scuole, anche a voler considerare solo quelli occorrenti per il trasporto degli studenti alle nuove sedi scolastiche presso i relativi comuni vicini, sono elevati e assolutamente insostenibili per le casse dei comuni interessati che sono gravate da spese sempre maggiori, accresciute dal perdurare di una crisi durissima e non ripianate dalle entrate sempre in diminuzione. A titolo meramente esemplificativo riporto il caso di alcuni comuni del Goceano, piccoli comuni del Goceano, che si trovano costretti a organizzare il servizio di scuolabus per circa 40 studenti delle scuole soppresse, per un costo circa di 40 mila euro.
Quindi chiedo a lei, Assessore, di assumere impegni improcrastinabili in tempi tali da non apportare ulteriori pregiudizi ai comuni sardi, già gravemente colpiti dalla soppressione delle loro scuole. Le chiedo, Assessore, che in tempi necessariamente brevi si possa procedere ai rimborsi delle spese già sostenute, e si possa assicurare l'erogazione dei contributi necessari a garantire i servizi di trasporto per l'anno scolastico corrente; contributi che non possono essere fatti gravare sui comuni già pesantemente penalizzati. Il problema delle quarte classi di alcuni istituti professionali (PIA) è stato già ben rappresentato, e in maniera esaustiva, dai colleghi che mi hanno preceduto, mi riferisco all'onorevole Meloni e all'onorevole Planetta che ben conoscono la gravissima situazione di quelle scuole. Anche su questo problema io credo che lei, Assessore, debba fare in modo che l'operazione tampone adottata in questo momento non rimanga una soluzione provvisoria.
Oggi, in occasione della Giornata internazionale delle studentesse e degli studenti, la società civile scende in piazza contro i tagli previsti dalla legge di stabilità e contro gli emendamenti che, viceversa, ripristinano i fondi per le università non statali. Scendono in piazza contro la Gelmini e contro Tremonti, in molti posti d'Italia, al grido di "ladri di futuro".
Credo che su questo dovremmo fare anche noi in questa Regione, e la Giunta in particolare, un'attentissima riflessione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Non è presente in Aula e pertanto decade.
E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Non è presente in Aula e pertanto decade.
E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.
LAI (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, Assessori, il tema che affrontiamo oggi, quello della scuola sarda, ritengo meriti tutta la nostra attenzione. Chiaramente la situazione descritta nella mozione della collega Barracciu e nell'interpellanza del collega Cuccu non si è certo creata negli ultimi 18 mesi, questo va detto; e ugualmente non credo che lo stanziamento richiamato nella mozione, 30 milioni di euro, relativo alla passata legislatura fosse la soluzione unica ai problemi di un settore che, nella nostra Isola, è stato sempre trascurato.
In particolare il divario che intercorre tra Sardegna e Continente in materia di capacità di lettura, alfabetismo, frequenza scolastica ed età dell'abbandono scolastico è sempre stato un tratto caratterizzante della nostra società. La nostra Isola oggi non è meritocratica, ma non lo era neppure quando si sono succedute le giunte di centrosinistra, forse perché non si è mai arrivati a definire una riforma veramente organica, che impegnasse seriamente sul terreno degli obiettivi tutto il corpo docente. Gli insegnanti svolgono la loro opera meritoria, con grande dedizione e passione, ma spesso sono sprovvisti degli strumenti, anche formativi, per dare ai nostri studenti quella preparazione che li renderebbe competitivi in Italia e in Europa.
Inoltre troppo spesso, oggi come in passato, la scuola è stata utilizzata come un ammortizzatore sociale, una grande struttura pubblica sempre pronta ad accogliere laureati di tutte le discipline, e succedeva in passato che laureati in giurisprudenza insegnassero filosofia o, addirittura, lingue straniere. È vero, la riforma Gelmini mira a diminuire il numero dei docenti e a eliminare il precariato, pur partendo da alcune direttrici importanti come quella di intervenire sull'evidente disgregazione, il senso di demotivazione, di scontento, la scarsa attenzione al rigore e ai criteri di merito, ma è altrettanto vero che anche il Governo precedente, con il ministro Fioroni, ha cercato invano di ottenere lo stesso risultato, e questo perché il sistema scuola in Italia è costosissimo, scontenta tutti e non funziona.
Il rapporto numerico docenti-alunni è uno dei più bassi al mondo, e questo fa sì che le risorse finanziarie vengano quasi interamente consumate in stipendi, senza attuare urgenti e inderogabili politiche strategiche di sviluppo e innovazione. Ci sono quindi nella riforma Gelmini ambivalenze, aspetti positivi e negativi, anche se è indubbio che lo Stato italiano debba puntare a una scuola che abbia a cuore la preparazione degli studenti, affinché questi ultimi siano competitivi quando affronteranno sia l'università che il mondo del lavoro.
Questi aspetti negativi della riforma sono maggiormente avvertibili in Sardegna, perché scontiamo una debolezza occupazionale, economica e sociale datata e del tutto evidente. E' indiscutibile quindi che la scuola sarda viva una situazione complessa e difficile, perché il processo di spopolamento delle zone interne, che si avvia verso una fase acuta a causa della crisi industriale e della mancanza di posti di lavoro, si è sicuramente riverberato sul mondo scolastico determinando la soppressione di molte classi.
l'Ufficio scolastico regionale rispetto a quest'ultima situazione ha di fatto adottato misure che si configurano negative verso il nostro territorio; in un contesto di legislazione concorrente con lo Stato la Regione però non si è limitata a prendere atto di questa situazione, ma ha manifestato volontà di vedere riconosciuta la particolare specialità soprattutto delle zone interne, e di condizionare le scelte del Ministero.
Posso dire che tutte le azioni portate avanti dall'ex assessore Baire si sono dovute di conseguenza confrontare con questa situazione, e hanno rappresentato la via preliminare per affrontare problematiche che abbiamo ereditato, e che attengono alla complessità di una sinergia tra Regione e Ministero che troverà, sicuramente, graduale significato nella misura in cui riusciremo a dare la migliore attuazione agli accordi conclusi finora.
Pertanto, se ricordiamo l'assessore Baire per il tanto criticato accordo firmato con il ministro Gelmini, che però aveva l'obiettivo di potenziare l'offerta formativa attraverso l'allungamento del tempo scuola, il rafforzamento delle attività integrative, dell'orario curriculare, prevedendo programmi specifici per arginare il fenomeno dell'abbandono scolastico e riconoscendo al personale impiegato nella realizzazione degli obiettivi del progetto la valutazione dell'intero anno di servizio ai fini dell'attribuzione del punteggio nelle graduatorie a esaurimento (impegno che si è concretizzato nei 20 milioni di euro destinati a combattere la dispersione scolastica e il precariato), dobbiamo però anche dire che l'assessore Baire non si era astenuta dall'evidenziare al Ministro - questo perché qualcuno ha detto che non c'era sensibilità in questo senso - che il sistema scolastico della Sardegna non avrebbe potuto affrontare un simile ridimensionamento senza la concessione di specifiche deroghe ai parametri nazionali, motivate da oggettive condizioni di fatto che richiedono una considerazione peculiare della stessa scuola sarda (sono parole sue), evidenziando quella condizione di insularità, le forti differenze tra territori e le oggettive difficoltà legate alle caratteristiche demografiche, economiche e sociali del bacino d'utenza della scuola sarda.
Ugualmente era stato fatto presente come tagli sui docenti e sul personale tecnico amministrativo avrebbero potuto ripercuotersi sulla qualità dell'istruzione, con un numero di alunni per classe più elevato ed una didattica meno adeguata, con l'impossibilità di dare la giusta attenzione proprio a quel settore di popolazione scolastica più fragile, a rischio di abbandono e di dispersione scolastica. C'era e c'è tanto da fare, quindi, e la riforma della scuola in questa operazione scolastica dovrà essere valutata nel tempo per le cose che potremo e sapremo fare, e non giudicata nei suoi primi effetti guardando solo i risvolti negativi.
Credo che il collega Milia, che gode della stima di tutti noi, al quale formulo gli auguri di buon lavoro, incrementerà ulteriormente le misure per affrontare questo difficile momento di crisi di tutto il sistema scolastico sardo; sistema che non potrà sopportare ulteriori tagli e ridimensionamenti, in nome di una specialità e peculiarità sarda che non ha confronti nel resto del Paese e in Europa. Sta a noi, come Consiglio, cercare di appianare le differenze e dare un segnale di unità che ci garantisca più forza contrattuale per ottenere la salvaguardia di uno dei diritti fondamentali per le nuove generazioni: il diritto allo studio.
A questo proposito è opportuno ricordare le iniziative del nuovo Assessore in merito alle scuole professionali, ricordo quella di Sorgono della quale è stata scongiurata la chiusura; e ricordo anche interventi, che sono in continuità con l'azione precedente, per le deroghe per le quarte classi per gli istituti professionali a Macomer, ad Arzachena, Olbia, Oschiri, Oristano, Bono, Alghero, Perfugas, Thiesi e Villamar.
Voglio ricordare ancora lo stanziamento di 21 milioni di euro per le scuole dell'infanzia non statali, per fronteggiare i crescenti oneri per il personale e le spese di gestione; stanziamento duramente criticato ieri su "L'Unità", direi in maniera non corretta, perché questo non solo era in linea con le azioni dell'ex Assessore regionale della pubblica istruzione, Baire, ma nella conferma che ne è stata fatta si fa riferimento ad analoghi stanziamenti, forse anche di entità maggiore, disposti dalla precedente Giunta.
Alla luce di queste prime iniziative possiamo dire che l'assessore Milia saprà gestire questa complessa situazione, riorganizzando e migliorando qualitativamente il sistema formativo regionale. La nostra azione deve puntare a manifestare, nei rapporti con il Ministero della pubblica istruzione, quello spirito costruttivo forte e dignitoso che è fondamentale per rappresentare tutte le istanze gravissime ed urgenti relative al mondo scolastico sardo.
PRESIDENTE. Comunico che il consigliere Paolo Dessì è rientrato dal congedo.
E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.
ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Ringrazio la collega Barracciu per la precisione con la quale ha fornito in Aula dati certi sulla spesa per la scuola in Italia. Personalmente, ritengo che la scuola, come la sanità, non siano monetizzabili in quanto sono entrambe indici di civiltà dei popoli; pertanto i bilanci, visto che siamo costretti a farli, quando si fanno dovrebbero essere molto generosi e non contemplare alcuna mortificazione, contrariamente invece alla politica di tagli sia alla sanità che alla scuola che si sta consumando in Italia.
Ora, nel corso del dibattito non ancora concluso sulle riforme istituzionali, in questa Aula è echeggiato un concetto secondo cui per il popolo sardo, con la sua storia, cultura, lingua, tradizione etnica e la piattaforma continentale che ne definisce i confini la Sardegna è da considerarsi, proprio per definizione, una nazione che può liberamente, in modo democratico e pacifico, costruire il suo percorso di autodeterminazione e di indipendenza. Questo concetto, di grande merito, non dovrebbe concretizzarsi senza il supporto del diritto inalienabile, sancito dalla Costituzione italiana, all'istruzione, alla cultura e a una migliore qualità della vita per i sardi.
Quindi il diritto allo studio per i nostri giovani, e non solo, deve espletarsi nella possibilità per tutti i sardi di ambire ai livelli più alti di istruzione dalle scuole materne sino all'istruzione post-universitaria. Ma, se si tagliano le classi, se si taglia il livello occupazionale degli insegnanti e del personale non docente, se nell'università la ricerca non è più finanziata, se non esistono i trasporti a prezzi accessibili a tutti, se non esistono i supporti per gli alloggi come case dello studente e pensionati, questo diritto non è più esigibile e diventa di fatto un privilegio per pochi, cioè per i soliti noti.
Per cui, chiediamo dove siano i diritti costituzionali per i sardi vista l'assenza cronica dello Stato italiano in Sardegna, ovviamente un'assenza sempre sui diritti dei sardi, così come è stato accennato ieri sera nel corso del dibattito; ma io direi pure che lo Stato è normalmente assente e, quando è presente, ci riserva la priorità assoluta, come nel caso ad esempio della militarizzazione del territorio, proposte di centrali nucleari e così via.
Dalla fine degli anni '60 agli anni '70 e '80 si sviluppò in Sardegna un fortissimo movimento giovanile di richiesta di diritto allo studio e, successivamente, di diritto al lavoro. Furono lotte di massa dove molti studenti, impegnandosi, pagarono anche in prima persona la repressione di una società ottusa, ben pensante e cieca di fronte ai diritti della collettività. Questo movimento comunque vinse unendo la popolazione, dagli studenti, agli insegnanti, agli operai, ai pastori. Riuscì, coinvolgendo comuni, province e Regione a far sì che questo diritto venisse applicato, quindi con scuole decentrate, con sussidi agli studenti meritevoli, con servizi come gli autobus, tali da garantire la frequenza ordinata nei vari siti scolastici. Lo stesso avvenne nelle Università in cui, grazie a questi servizi, incominciavano ad accedere anche i figli delle classi piccolo borghesi, operaie e contadine.
In quegli anni personaggi politici del calibro del Presidente Mario Melis erano di casa fra gli studenti di Nuoro, e non solo a Nuoro, a supportare e garantire il successo di queste continue lotte con adeguati interventi legislativi regionali. Oggi la cosiddetta riforma Gelmini, che io definirei meglio riforma dei tagli amministrativi per batter cassa e controriforma culturale oscurantista, tende di fatto a ricreare una scuola per privilegiati e, come tale, culturalmente classista: tutte le conquiste che hanno migliorato culturalmente i sardi oggi vengono nuovamente negate.
Oggi basta affacciarsi alle finestre di questo Palazzo, anche adesso, o aprire i quotidiani sardi per capire lo stato di disagio economico, di abbandono culturale e di chiusura fisica degli edifici scolastici. Un popolo che non investe nella scuola, nel futuro tecnico e culturale delle nuove generazioni, è destinato a scomparire culturalmente, a essere subalterno e a fornire braccia per i lavori precari. Questa è la logica della globalizzazione mondiale e del neocolonialismo, una logica che interpreta il diritto allo studio in termini di quadratura di bilancio, di abbandono della scuola pubblica per finanziare, come agli inizi del novecento, la scuola privata, magari quella cattolica confessionale che si è rivelata la grande privilegiata all'interno di quest'Aula; e non facciamo nomi, non ripetiamoci, tutti sappiamo.
A oggi, anche in questa occasione, il nostro Assessorato della cultura, sostenuto dai pareri finanziari autorevoli dei vari Assessorati e dallo stesso Presidente della Giunta, ha dimostrato uno stato di totale assoggettamento alla ministra Gelmini e al premier Berlusconi che, bontà sua, si definisce sardo pure lui.
Tutto questo, cari colleghi, cari Assessori e Presidente, si consuma sulla pelle dei sardi. Anche i Savoia si definivano sardi ed erano orgogliosi di reprimere i moti angioini, le sollevazioni popolari per il prezzo del grano contro le leggi delle chiudende, contro l'abolizione prospettata dai piemontesi diventati pure Regno d'Italia delle terre comuni a uso civico. La storia si ripete. Il Regno non era piemontese ma era sardo-piemontese, anche allora la scuola sarda era d'elite, quindi preclusa alla maggioranza dei sardi; ma, giusto per rinfrescare la memoria storica ricordiamo che il regime fascista impose il taglio dell'uso della lingua sarda nelle scuole e in tutti gli uffici pubblici, un retaggio culturale che purtroppo continua a persistere nonostante la grande campagna identitaria, ma qui le mode si consumano con facilità.
Quindi campagna identitaria per la riappropriazione e l'applicazione della lingua sarda che è la parte fondante del nostro essere e, assessore Milia, non stonerebbe a questo punto una sua relazione esplicita sulle motivazioni che hanno ispirato i tagli radicali all'insegnamento della lingua sarda. Non possiamo permettere che si ripetano vecchi errori che ci hanno discriminato in passato, prima della scolarizzazione ampia degli anni '60. Non possiamo permettere, Assessore, che si decreti la morte della cultura, del diritto allo studio dei nostri figli e del diritto al lavoro di migliaia di sardi.
Di fronte a questo reale pericolo, lo dicono le statistiche, dobbiamo reagire aprendo ancora di più la scuola a partire dai più deboli, dai portatori di handicap, dando l'assistenza dovuta e garantita dai dettami costituzionali e dalle regole etiche di una società equa e civile. Come è possibile fermare il cosiddetto spopolamento, anche questo è un argomento che va per la maggiore, delle zone interne e di piccoli comuni quando fra i vari servizi che si chiudono si chiude per prima e con molta leggerezza una scuola!
La scuola è un luogo di culto laico, con la chiusura delle scuole non solo si deportano le popolazioni nelle grandi città costiere, ma si abbandonano alla disperazione le nostre economie agropastorali, come se non bastasse il resto. Sapete quanto me del tentativo di chiudere non solo le diverse scuole professionali agrarie, ma persino la facoltà di veterinaria di Sassari, istituto di eccellenza e indispensabile per supportare i nostri pastori nelle loro attività quotidiane. Per non parlare degli agricoltori in mano ai faccendieri delle sementi modificate, quelle transgeniche. Cerchiamo di essere coerenti perché a noi è data la grande responsabilità di decidere del nostro Popolo e della nostra Nazione.
In quest'Aula, se vogliamo, possiamo veramente bloccare la desertificazione delle zone interne e far rinascere, con la cultura, il progresso e la prosperità per i nostri giovani e le nostre popolazioni, basta essere coerenti e conseguenti. Una scuola che si chiude e dei servizi inefficienti e costosi sono oggi dei colpi mortali alle nostre economie interne. Non possiamo permetterci di perdere neanche un posto di lavoro in nessuna scuola, dalla materna all'università.
Caro Assessore, le chiediamo di prendere il coraggio e rifarsi alle cronache, magari alla storia, per essere quell'Assessore della cultura che in Sardegna ha detto no al genocidio culturale ed economico verso il quale la Gelmini vuole portare il popolo sardo. Non sia accondiscendente ai poteri romani né a quelli vaticani, così sensibili e interessati alla privatizzazione della scuola.
Sia un sardo libero e promuova un piano straordinario per l'occupazione degli insegnanti e del personale scolastico, per la permanenza, la ristrutturazione e la messa in sicurezza delle scuole primarie e secondarie in tutti i comuni dove già esistono. In questo modo si crea davvero una nuova stagione di occupazione nell'edilizia, nella ristrutturazione scolastica, per centinaia di imprese sarde e per migliaia di artigiani, dando una reale possibilità di affrancamento sociale ed economico ai figli più umili della Sardegna.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport.
MILIA (U.D.C.), Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport. Presidente, onorevoli consiglieri, da questo dibattito, scaturito dalla presentazione della mozione Barracciu e più e dell'interpellanza Cuccu e più, l'Assessore e la Giunta hanno colto numerosi spunti; è stato un dibattito non solo appassionato ma che ha introdotto tali e tanti argomenti ai quali c'è necessità di rispondere con un po' d'ordine, tentando di inquadrare l'idea che questa Giunta e questo Assessore hanno dell'istruzione (istruzione in senso lato: formazione, ricerca, università); ripeto, gli spunti sono tanti e noi vorremmo far capire all'Aula e a chi ci ascolta, a chi attende risposte fuori da quest'Aula, qual è il solco nel quale noi ci vogliamo muovere.
Mi rifaccio, per chiarire la nostra idea, a quanto ho già detto in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Sassari, in rappresentanza del presidente Cappellacci. Noi siamo consci di quale momento sociale ed economico stiamo vivendo in Sardegna, in Italia e in Europa, e sappiamo quale valore (mi rifaccio, uno per tutti, all'intervento dell'onorevole Sanna) l'istruzione, la conoscenza, la formazione e la ricerca abbiano per la nostra società.
Il ruolo che la scuola svolge è di tale responsabilità nei confronti della società civile, per quanto è capace di incidere a tutti i livelli (sulla cultura, sull'istruzione, sui costumi), che va ben oltre gli obiettivi di un mero piano economico. Questo è quello che noi sentiamo e quello che ci muove nell'affrontare questa materia.
Siamo convinti che l'istruzione, la conoscenza, possano essere l'asse portante, la vera spina dorsale di un nuovo modello di sviluppo in cui la nostra Regione deve credere e di cui la nostra Regione ha veramente necessità; quindi noi poniamo al centro dell'azione di questa maggioranza e di questa Giunta, l'istruzione, la ricerca, l'innovazione e l'Università, soprattutto in riferimento anche alle risorse ingenti, non sto qui a quantificarle, che anche nellauesta prossima manovra finanziaria verranno dedicate alla materia.
Noi non possiamo dimenticare che in questa nostra povera Sardegna la mancanza di personale qualificato costituisce uno dei fattori di debolezza del sistema socioeconomico; l'Europa, nell'Obiettivo 2020, fissa al 10 per cento il tasso dell'abbandono scolastico, in Sardegna si parla di un 23 per cento; ma di questo discuteremo, cercando di entrare nel merito, più avanti quando definiremo alcuni riferimenti che io ritengo essenziali per il nostro cammino e per il nostro lavoro di confronto con il Governo.
Un confronto che non deve essere mirato esclusivamente a una ricerca di risorse, che magari in alcune occasioni non siamo capaci di cogliere, e vi dirò subito perché, ma deve essere un confronto molto duro e molto serio sugli elementi che ci possono portare a esercitare una reale autonomia nella materia che noi riteniamo basilare. Una reale autonomia che ci deriva, non ultimo, dalla sentenza della Corte costituzionale numero 235 del 2010 che ha certificato le nostre assolute priorità, competenze e facoltà nelle materie che la legge numero 3 del 7 agosto 2009 aveva in qualche maniera acclarato. Il Governo aveva impugnato quel provvedimento e la Corte costituzionale ha dato ragione alla Regione autonoma della Sardegna, che da questa sentenza e da quella legge vuole partire per affrontare il "problema istruzione" così come il Consiglio regionale nel suo dibattito, con le mozioni e con le interpellanze presentate, l'ha prospettato.
Senza fare né critiche né sterili polemiche, perché molte volte non siamo bravi a prendere quello che lo Stato a volte dà ad altri e che per nostra incuria non riusciamo a ottenere, dico che fa un po' specie che, mentre si parla di risorse non date e di azioni che vengano dirottate in altre Regioni, noi, nelle delibere 2009-2010 "Diritto e dovere all'istruzione e alla formazione ripartite alle Regioni dallo Stato" nella casella Sardegna leggiamo 0,00.
Perché questo? Perché evidentemente non siamo stati bravi negli anni precedenti a occuparci in un senso positivo di quel piano della formazione, dell'apprendistato e dell'istruzione che avrebbe consentito alla Regione autonoma della Sardegna di dividere una fetta di risorse tra i 164 milioni di euro per quello che riguardava il 2009-2010 e 189 milioni per l'anno 2008-2009. Faccio un esempio: mentre la Lombardia è riuscita ad ottenere 54 milioni e la Sicilia ne ha ottenuto 13 per un anno e 13 per l'altro, la Sardegna è a quota 0,0. Ne recupereremo il prossimo anno, una volta rendicontati quelli della seconda annualità.
Queste sono le occasioni perse, ma ripeto, fuori da ogni polemica, dovremmo entrare in quello che è lo stato dell'arte. Io voglio dare qualche dato. Tempo pieno, si è passati dalle 731 classi del 2008-2009 alle 1024 del 2010-2011; decremento demografico, 2700 allievi in meno, nonostante ciò per quel che riguarda gli insegnanti sono stati autorizzati 150 posti in deroga per il sostegno e 70 posti ordinari; nessuno è stato licenziato, ci sono state 421 immissioni. Chiaramente i 760-770 pensionamenti al primo settembre fanno capire che non è solo merito della nostra azione, che è stata forte e infatti l'Assessore che mi ha preceduto ha pungolato, per quello che ha potuto, la Direzione scolastica regionale per ottenere delle cose che in pochi hanno ottenuto, e dico in pochi perché abbiamo avuto deroghe in tante materie.
Noi abbiamo avuto classi in deroga che nessun'altra Regione ha ottenuto: noi abbiamo avuto la possibilità di derogare al numero minimo previsto degli alunni, 25, che in Sardegna è stato portato a 18; sono state attivate 360 classi monocorso con meno di 15 alunni nelle scuole primarie e 288 con meno di 18 alunni nelle scuole medie. Questi sono risultati che non bastano per dire che sia stata fatta un'azione importante nei confronti della riforma in itinere, però certamente non si può nemmeno dire che la situazione più catastrofica, come alcuni vogliono descriverla, sia quella della Sardegna.
Dobbiamo voltare pagina con un progetto serio, con un progetto di offerta formativa di qualità dove la meritocrazia e la qualità vengono premiate. La meritocrazia e la qualità di cui si parla molte volte si scontrano però con gli obiettivi
che altri settori si prefiggono; mi riferisco ai precari, è inutile nasconderci dietro un dito. Sulla problematica dei precari, che tutti abbiamo presente, ci possiamo muovere su due linee. Da un lato abbiamo l'ingente quantitativo di risorse messo in campo, 20 milioni di euro, vuoi per la dispersione scolastica, vuoi per i precari; d'altro lato la fotografia dell'esistente mostra, a fronte di graduatorie di precari prioritarie, che nel giro di due-tre anni si svuoteranno per l'immissione in ruolo di chi ne fa parte, graduatorie provinciali di precari non qualificati.
Qualche collega mi ha chiesto ieri durante il suo intervento che cosa è successo nell'utilizzo dei fondi. E' successo che molte volte, a fronte di richieste di precari qualificati dalle graduatorie prioritarie, e del rifiuto di questi ultimi determinato dalla possibilità di usufruire dei sei mesi della disoccupazione, che sarà prevista anche per quest'anno, sono stati chiamati dalle graduatorie dei precari non qualificati insegnanti che non garantiscono, per mancanza di qualifica e di specialità, quello che dovrebbe essere il livello formativo a cui tutti noi tendiamo.
Questa è una delle prime storture del sistema che noi abbiamo da affrontare, ed è una stortura che certamente influisce sul livello dell'istruzione, sul livello della preparazione, sul livello della nostra scuola. Questa situazione ha sicuramente bisogno di correttivi; correttivi che introdurremo nelle proposte che porterò a questa Aula ma che, certamente, saranno presenti anche negli ordini del giorno con i quali l'Aula impegnerà la Giunta. Sono proposte che che, tendendo a una migliore qualità formativa, vedono un impegno totale delle autonomie scolastiche supportate dalla programmazione provinciale degli organi sub provinciali, cioè gli enti locali, per portare a un'offerta formativa nettamente superiore a quella attuale.
Ci siamo sforzati, l'hanno ricordato alcuni colleghi, per cercare di intervenire in realtà dove noi riteniamo che la scuola debba essere il baluardo, la bandiera, manon solo per contrastare lo spopolamento; va detto infatti che non abbiamo fatto tante cose in questi anni per impedire lo spopolamento, non abbiamo fatto la legge sulla montagna nei comuni montani perché c'erano altre esigenze politiche in relazione alle stesse comunità; non abbiamo adottato azioni che nel resto dell'Italia sono state adottate; su queste problematiche dell'istruzione però non derogheremo su nulla e cercheremo di portare la bandiera della scuola e dell'istruzione in ogni piccolo comune là dove esiste un'autonomia scolastica. Cercheremo inoltre di fare un Piano di ridimensionamento e di dimensionamento delle linee guida che possano in qualche maniera incidere sui grandi centri ma assolutamente non sui piccoli centri.
In merito ai trasporti (sto cercando di rispondere agli spunti che mi sono stati dati), tranquillizzo l'amico, onorevole Cocco, abbiamo chiesto maggiori fondi e abbiamo già convocato una Conferenza di servizi con l'Assessorato dei trasporti e l'ARST per occuparci di questa problematica che riteniamo fondamentale data la morfologia del nostro territorio. Quindi sul problema trasporti è concentrata la nostra attenzione e riteniamo di non essere assolutamente indietro rispetto alle esigenze di un anno scolastico che è già partito.
Onorevoli consiglieri, Titolo V della Costituzione; perché diciamo che lo Stato è patrigno o la nazione è matrigna nei confronti della Sardegna? Nessun'altra Regione a oggi ha recepito in toto il trasferimento di competenze e di funzioni. C'è un dibattito in corso perché tutti hanno timore di dover gestire in prima persona la scuola, con la esse maiuscola, per problemi sindacali, per problemi di organici, per i problemi più vari. Noi abbiamo il dovere di confrontarci con lo Stato, e oggi c'è un tavolo aperto a Roma innanzitutto per capire quali sono le azioni da porre in essere una volta che si voglia gestire in prima persona, regionalmente, non solo gli organici ma anche la distribuzione degli stessi e il piano dell'offerta formativa. Una delle azioni è quella di dirimere una volta per tutte nel confronto con il Ministero la problematica relativa all'anagrafe.
Noi non possiamo parlare o fornire i numeri della dispersione scolastica quando non c'è la possibilità di confrontare, di incrociare i dati fra chi non va a scuola, e viene occupato nella formazione professionale, e chi invece va a scuola però magari risulta in elenchi che noi non abbiamo. Dico questo perché il Ministero si è sempre rifiutato di dare le password e la chiave di accesso dell'anagrafe ministeriale alle Regioni. Oggi, dicevo, c'è un confronto in atto in cui la Toscana e la Lombardia, che sembrano e sono le uniche Regioni ad avere un sistema anagrafico competitivo, cercheranno di imporre un modello unico perché ci sia un interscambio di quest'anagrafe fra Regioni, Ministero ed enti locali di modo che si possa fare una programmazione scolastica pluriennale con cognizione di causa. Diversamente si parlerà sempre su numeri astratti, numeri che non hanno una chiave di lettura certa perché non c'è la possibilità del confronto.
La Regione sarda aveva tentato con il progetto Marte - CRS4 promosso dalla Giunta Soru di andare in quella direzione, non c'è riuscita e siamo ancora in questa situazione di incertezza totale rispetto al dato incrociato tra la Regione e il Ministero. Questo è uno degli obiettivi che ci prefiggiamo e che cercheremo nel più breve tempo possibile di raggiungere nel confronto serrato con il Ministero perché non si può programmare, non si può gestire l'istruzione senza avere i dati sui quali confrontarci e ai quali soprattutto rapportarci.
La Direzione regionale della pubblica istruzione che è allocata nel mio Assessorato è una direzione giovane, con molte risorse, ma poche, seppure grandi, professionalità per affrontare un compito così arduo. Io dico con la massima chiarezza che cercherò di costituire una cabina di regia che possa essere di supporto per questa opera che noi riteniamo fondamentale per gli anni venturi, finché i volontari lavoreranno, e mi riferisco alla dirigenza scolastica, alle stesse associazioni di categoria, al sindacato cercherò di poter trarre vantaggio da questa situazione, ma diversamente le poche unità a disposizione non sono in grado di poter gestire questa problematica; se noi andiamo nella direzione di gestire in prima persona il problema istruzione in Sardegna, con poche risorse umane, perché le risorse umane sono alla base di qualsiasi progetto ambizioso, non si va da nessuna parte.
Si è parlato molto di edilizia scolastica e del problema del Patto di stabilità; in questo momento vi sono residui per 15 milioni di euro, 5 milioni verranno erogati immediatamente, 10 milioni rimarranno bloccati. Cinque milioni sono per le scuole statali dell'infanzia da programmare, 30 milioni sono quelli del POR per infrastrutture 2007-2008-2009, ci sono i bandi in corso. A proposito di infrastrutture, ho sentito il collega Capelli che parlava di porte o di finestre, ma le infrastrutture sono palestre, sono porte, sono finestre, sono servizi. Oltre questi 30 milioni, sarà una decisione politica della maggioranza, della Giunta, sono stati accantonati 28 milioni di fondi POR che sono allocati presso il progetto ambizioso della scuola digitale che, come tutti voi sapete, ha risorse per 120 milioni di euro. Questo è lo stato dell'arte, la fotografia per quello che riguarda l'edilizia scolastica.
Noi riteniamo che il problema della spendita dei soldi sia fondamentale, perché non possiamo aspettare; i 5 milioni che abbiamo a disposizione sono quelli delle emergenze, si aspetta che si rompa un tetto piuttosto che una condotta idrica per intervenire; noi però abbiamo bisogno di programmare perché la scuola ha bisogno di programmazione e di tempi certi. Il nodo è quello della legge organica. L'Assessorato della pubblica istruzione, insieme all'Assessorato del lavoro e della formazione professionale, sta lavorando per cercare di portare a termine questo disegno di legge organicoche riteniamo, nelle more o subito dopo la finanziaria, sarà oggetto prima di confronto serrato con le parti sociali, con le associazioni di categoria per essere poi a disposizione, non solo di quest'Aula e della Commissione competente, per un un momento di confronto alto perché questa legge organica sarà la base della nostra azione di governo in relazione a quello che noi, ambiziosamente, vogliamo portare in porto: la gestione dell'offerta formativa e della formazione autonoma, in Sardegna, attraverso risorse regionali, risorse europee, e attraverso le risorse che, una volta approvata la legge organica, dovranno necessariamente arrivare dallo Stato a seguito del DPCM che sarà emanato in considerazione dell'intesa e del trasferimento delle competenze che il Titolo V della Costituzione ci ha, in qualche maniera, posto in capo.
Noi riteniamo che l'opera che il Consiglio regionale porterà avanti in una materia di questa portata, che è la materia con la "m" maiuscola che deve certamente occupare questa legislatura, insieme alla riforma della sanità, insieme alle riforme che discuteremo fra giovedì e venerdì prossimo venturo, cioè le riforme istituzionali, sarà delle più qualificanti; l'Assessore farà la sua parte, una parte di proposizione, di coordinamento e di indirizzo, ma poi sarà il Consiglio regionale che dovrà varare una riforma che noi riteniamo possa essere epocale per la Sardegna, per i nostri giovani, per le classi dirigenti che dovranno governare questa nostra Regione.
PRESIDENTE. Ha domandato di replicare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.
BARRACCIU (P.D.). Presidente, fra ieri e oggi si è svolto un dibattito in quest'Aula, anche se a tratti un po' distratto, però decisamente interessante. A dire il vero, negli interventi, abbiamo sentito soprattutto le voci della minoranza, poche quelle della maggioranza con la quale avremmo voluto avere, invece, un confronto più approfondito. Abbiamo comunque apprezzato l'impegno dei colleghi del centrodestra a intervenire sul tema della scuola e della qualità dell'istruzione che, per noi, è un tema fondamentale, uno di quei temi sui quali si gioca evidentemente il futuro di un Paese, ma anche il presente e il futuro della nostra Regione.
Nei nostri ragionamenti abbiamo rivolto in larga misura lo sguardo al futuro dimenticandoci che, nel frattempo che noi lo costruiamo, c'è un presente che richiede (vale anche per il passato) delle risposte immediate. La nostra mozione aveva e ha l'intendimento di richiamare l'attenzione del Consiglio regionale sull'importanza di questo tema e sulla situazione, che noi riteniamo essere davvero grave, della scuola in Sardegna.
Quando formuliamo un giudizio di questo genere, che può apparire eccessivo e anche strumentale, lo facciamo alla luce dei dati. L'onorevole Capelli dice: "I dati spesso sono contrastanti, voi ne avete alcuni, noi ne abbiamo altri". L'Assessore dice: "D'altronde, anche in relazione alla dispersione scolastica, non abbiamo purtroppo l'anagrafe che ci fornisce i dati giusti, i dati concreti sui quali ragionare".
E' vero, i dati sono contrastanti, ma le proteste sono sotto gli occhi di tutti; e le proteste non sono soltanto di famiglie di sinistra, insegnanti di sinistra, docenti e alunni di sinistra, ma sono complessivamente le proteste della scuola sarda, i cui rappresentanti e attori possono essere difficilmente incardinati in una parte politica.
Ci sono state proteste fortissime che hanno richiamato l'attenzione su un bisogno, su una necessità, ma noi definiamo i bisogni e le necessità come un richiamo a un diritto che, stante la situazione, evidentemente è negato nella nostra regione; o comunque si stanno costruendo, anzi si sono costruiti i presupposti legislativi, e ci riferiamo alla legge Gelmini, perfar sì che via via questo diritto sia sempre più negato. E noi vogliamo che la nostra Regione reagisca a questo stato di cose, a questa prospettiva, che risponda alle esigenze dell'immediato, ma che si disponga a costruire anche la prospettiva futura.
Per questo motivo abbiamo richiamato i dati sull'istruzione, sulla capacità di comprensione dell'OCSE (almeno quelli li abbiamo e sono certamente precisi), che ci pongono in una posizione tale che "grida" evidentemente la necessità di un impegno serio in questo senso.
Siamo stati costretti a presentare questa mozione perché c'è necessità che questo Consiglio risottolinei l'importanza e la drammaticità della situazione, anche perché altre volte, in questa legislatura, abbiamo affrontato il tema, la Giunta ha assunto degli impegni, e questi impegni sono stati disattesi. Con l'assunzione da parte sua della responsabilità dell'Assessorato dell'istruzione, onorevole Milia, vorremmo che si invertisse effettivamente il corso di una gestione e di un impegno che sono stati assolutamente insufficienti rispetto alla gravità dei problemi da affrontare. Anche oggi, tra l'altro è la Giornata del diritto allo studio, ci sono manifestazioni in tutte le piazze, in tutte le città, anche delle più importanti, almeno, della Sardegna. Quindi, è anche una ricorrenza simbolica quella che fa coincidere l'approvazione della discussione di questa mozione con la Giornata per il diritto allo studio.
Dicevo che vorremmo si invertisse il corso. Dalla sua relazione, emergono valutazioni della situazione attuale nella scuola, differenti rispetto alle nostre, che evidentemente ci tengono su posizioni distanti. Ma la prospettiva che lei ha annunciato di un impegno intanto per sollecitare, anche alla sua maggioranza, la discussione del progetto di riforma della scuola, è un punto che noi valutiamo positivamente. La necessità di un confronto basato su un rapporto paritario con lo Stato, e non subalterno su questo tema, come è stato invece in questi mesi, è un punto che noi valutiamo positivamente.
Alcune valutazioni sulla necessità di creare condizioni nuove per la scuola in Sardegna, l'anagrafe della scuola è una cosa importante, sottolineata tante volte, mai realizzata per vari motivi; la necessità di affrontare il nodo intorno all'applicazione definitiva del Titolo V della Costituzione è un punto al quale noi teniamo moltissimo, perché attraverso il recepimento e l'applicazione del Titolo V passa effettivamente la possibilità per le Regioni, quindi anche per la nostra, di avviare un ragionamento diverso, nuovo, su come affrontare i temi della scuola.
Se è vero che anche nelle altre Regioni il Titolo V non è stato recepito in toto e quindi non è applicato, lei ha detto per mancanza di coraggio e per paura che questo recepimento possa costituire un surplus di problemi per le Regioni, e quindi anche per la nostra, noi la invitiamo invece ad avere coraggio e ad affermare che la Regione sarda non ha paura di gestire in proprio, di coordinare, e di orientare il sistema dell'istruzione in Sardegna perché ha la capacità e, soprattutto, la consapevolezza delle esigenze, dei bisogni, e anche delle prospettive dei propri concittadini.
Vogliamo pertanto assumerci quella responsabilità, e, naturalmente, a questa assunzione di responsabilità deve essere corrisposta l'entità delle risorse necessarie per farvi fronte. Di conseguenza le chiediamo di mettere in campo il coraggio che molte Regioni fino a oggi non hanno avuto, e che non ha avuto neanche il suo predecessore, quel coraggio che manca anche, evidentemente, secondo noi, in maniera assoluta al presidente Cappellacci. Speriamo, insomma, che il suo ingresso in Giunta significhi dimostrare questo coraggio, almeno in relazione al sistema dell'istruzione.
Noi vorremmo che l'Aula oggi, proprio per la coincidenza con la Giornata del diritto allo studio, chiudesse questo dibattito con un intendimento unitario, un intendimento unitario che evidentemente rappresentasse il più possibile un orientamento a invertire la rotta e a rivedere complessivamente il sistema dell'istruzione in Sardegna. Questo significherebbe l'azzeramento dell'orientamento assunto fino adesso, dei metodi assunti fino adesso e la ripresa di un cammino in cui il coinvolgimento del mondo della scuola sia totale per le decisioni che si assumeranno, in cui, come auspicato anche da altri, non soltanto in questa discussione, ma nella discussione delle mozioni precedenti, si lavorasse, perché no, andando oltre le parti politiche e soltanto nel nome di un nuovo sistema di istruzione, della salvaguardia della scuola in quest'Isola nell'interesse della nostra Regione e delle nostre comunità.
Invitiamo a portare avanti questo lavoro sapendo e sottolineando che l'istruzione è un diritto, è un diritto che va garantito a tutti. E anche quando si parla dei piccoli comuni, Assessore, vorremmo che si sottolineasse non il fatto che c'è necessità di una bandiera, ma il fatto che anche ai cittadini dei piccoli comuni e delle zone interne quel diritto va garantito quantitativamente e qualitativamente, così come è garantito nelle altre parti della Sardegna.
Questo è l'auspicio: addivenire alla condivisione di un orientamento nuovo per la scuola in Sardegna, un orientamento unitario che soddisfi le parti affinché si possa lavorare assieme anche nei prossimi mesi sulla base delle decisioni che si assumeranno.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Cuccu per dichiarare se è soddisfatto.
CUCCU (P.D.). Presidente, Assessore, abbiamo portato all'attenzione dell'Aula un tema sul quale siamo impegnati, anche come partito, portando avanti delle iniziative e sentendo i territori. Abbiamo cercato di stimolare il dibattito; è vero, abbiamo sentito molte difese d'ufficio nei confronti del Governo nazionale che denotano la lealtà di qualche collega, ma nulla più. Però abbiamo anche preso atto del suo impegno, Assessore, un impegno per una scuola che premi la meritocrazia, che premi la qualità, e noi saremo al suo fianco sulle iniziative che lei assumerà in questa direzione confrontandoci su come premiare la qualità e la meritocrazia.
Prendiamo atto anche del suo impegno per il contrasto alla dispersione scolastica, stante la difficoltà di conoscere i dati; però, Assessore, su questo problema l'impegno deve essere supportato da risorse. L'anno scorso le risorse destinate alla dispersione scolastica sono state dirottate su un intervento straordinario volto a fronteggiare l'emergenza, cosidetta in quel determinato momento, "dei precari". Sono risorse che stentano comunque a essere spese, però è chiaro che le politiche sulla dispersione scolastica hanno bisogno di essere accompagnate anche, lo ripeto, da risorse.
Non aggiungo nulla pertanto a ciò che ha detto la collega esaminando nel suo intervento il nostro approccio ai problemi della scuola; noi abbiamo ribadito oggi e continueremo a ribadire che siamo, prioritariamente, per una scuola pubblica e perché il dirittoall'istruzione venga garantito agli studenti di Cagliari come a quelli di Setzu, venga garantito agli studenti disabili come a tutti gli altri studenti. Sperando di concludere questa Giornata mondiale dell'istruzione come lei ha detto, con l'approvazione di un ordine del giorno che supporti l'attività della Giunta, ribadiamo la nostra disponibilità a confrontarci su queste tematiche.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Ha domandato di parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.
BARRACCIU (P.D.). Presidente, le chiedo, se è possibile, una sospensione dei lavori per valutare la possibilità di giungere a un ordine del giorno unitario.
PRESIDENTE. Se non vi sono opposizioni, sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 12 e 41, viene ripresa alle ore 13 e 13.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.
Comunico che è stato presentato un ordine del giorno.
(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 1:
Ordine del giorno Barracciu - Diana Mario - Steri - Meloni Francesco - Cuccureddu - Uras - Sanna Giacomo - Bruno - Cocco Daniele Secondo - Ben Amara sulla situazione del sistema scolastico regionale.
IL CONSIGLIO REGIONALE
a conclusione della discussione sulla mozione n. 84 sulla drammatica situazione del sistema scolastico regionale e dell'interpellanza n. 109/A sui tagli degli organici nel settore della scuola per effetto delle disposizioni dell'articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008;
PREMESSO che:
- le potenzialità di sviluppo e progresso di un paese sono direttamente proporzionali agli investimenti fatti sul sistema dell'istruzione, da cui dipendono le competenze e conoscenze delle successive generazioni e che determinano, dunque, le prospettive di benessere, occupazione e civiltà dell'immediato futuro;
- i dati OCSE contenuti nell'ultimo rapporto "Education at a glance 2010" testimoniano che il sistema scolastico della Sardegna soffre di carenze tali da collocare la scuola sarda tra le ultime in Europa;
- dagli indicatori sui livelli di istruzione emerge infatti che nei paesi OCSE il 66 per cento della popolazione di 25/64 anni possiede almeno un diploma di scuola secondaria superiore, mentre in Italia la percentuale scende al 44 per cento e in Sardegna si attesta intorno al 38 per cento; la Sardegna vanta anche il triste primato sull'abbandono degli studi: il 32,6 per cento della popolazione d'età compresa tra i 18 e 24 anni con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore non partecipa ad ulteriore istruzione o formazione; in Italia la percentuale scende al 22,1 per cento e nell'Unione europea al 15,2 per cento;
- l'indicatore sulle capacità di comprensione della lettura riferisce che il 36 per cento circa degli studenti isolani non è in grado di comprendere testi dal livello di difficoltà definito molto basso; nel nord-est del Paese questa percentuale scende al 10,9 per cento, nel centro si attesta al 20 per cento circa; il dato medio europeo è inferiore al 20 per cento;
- ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione, la Repubblica "detta le norme generali sull'istruzione" e ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera n), della Costituzione lo Stato ha in materia competenza legislativa esclusiva, mentre alle regioni l'articolo 117, comma 3, della Costituzione attribuisce competenza legislativa concorrente in materia di "istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e formazione professionale", con la conseguenza che le regioni devono rispettare oltre le richiamate "norme generali sull'istruzione" anche i "principi fondamentali" determinati dalla legislazione dello Stato; inoltre, lo Stato ha competenza legislativa esclusiva ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione in relazione alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni;
- ai sensi dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, la competenza legislativa concorrente in materia di istruzione spetta oggi anche alla Regione sarda, ancorché all'attribuzione della competenza in questione non abbia fatto seguito anche il trasferimento delle relative risorse economiche; in precedenza la Regione sarda aveva una mera competenza integrativa in materia di "istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi" ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), dello Statuto;
- in forza di questa competenza legislativa concorrente appartiene indubbiamente alla Regione la competenza circa la programmazione della rete scolastica ed il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche (cfr. Corte costituzionale 5 luglio 2010, n. 235); inoltre, già in forza della delega amministrativa di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59, ed al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, compete alla Regione anche la competenza di programmare l'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale;
- di recente lo Stato è intervenuto in materia con il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008, n. 133, articolo 64, e con il decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito con modificazioni in legge 30 ottobre 2008, n. 169;
- queste ultime disposizioni, che per lo più trovano la loro ragione d'essere in esigenze finanziarie, sono volte a dettare disposizioni che devono trovare applicazione in maniera unitaria ed uniforme su tutto il territorio nazionale allo scopo, astratto, di realizzare un'offerta formativa uniforme, ma che nel concreto rischiano di minare, in Sardegna, ogni tentativo di sostenibilità sociale, culturale ed economica perseguito negli ultimi cinquant'anni;
- peraltro, disposizioni uniformi possono realizzare un'offerta formativa uniforme solo laddove vadano ad incidere su situazioni uniformi (articolo 3, comma 2, della Costituzione); si vuole affermare che occorre considerare anche le concrete ed effettive realtà territoriali che, invece, la legislazione nazionale, primaria e secondaria, ha del tutto omesso di prendere in considerazione, ossia i livelli uniformi delle prestazioni non possono essere, sotto il profilo costituzionale, legittimamente determinati in modo avulso dalla considerazione delle singole realtà territoriali;
- questa circostanza va ad incidere profondamente sia sulla programmazione regionale scolastica che sul dimensionamento della rete scolastica, influendo negativamente sullo stesso diritto all'istruzione-educazione;
- il diritto all'istruzione-educazione è però un diritto fondamentale, che costituisce il presupposto necessario per l'effettivo esercizio del diritto alla libertà e per il diritto al lavoro e, quindi, per consentire il pieno sviluppo della persona umana; in quanto tale il diritto all'istruzione-educazione non ammette compromissioni di qualsiasi genere o tipo; il diritto-dovere di impartire un'istruzione-educazione è, pertanto, un'insopprimibile ed irrinunciabile funzione primaria dell'ordinamento giuridico;
- il superamento del modello organizzativo di scuola centralistico e verticistico e l'affermazione della scuola dell'autonomia non sono sufficienti a consentire l'effettiva realizzazione del diritto/dovere all'istruzione-educazione, se non sono accompagnati da un'idonea serie di misure ed interventi; soprattutto la scuola dell'autonomia non è in grado di assicurare sufficienti livelli di apprendimento in presenza di una scelta del legislatore di tagliare le risorse economiche (che già erano insufficienti) alle fonti di produzione della cultura, tra l'altro in maniera lineare e non selettiva;
- la situazione venutasi a determinare ha poi inciso negativamente anche sulla situazione lavorativa del personale docente cosiddetto precario, nonché sul personale ATA; inoltre incide negativamente anche sulle aspettative di lavoro dei giovani laureati che chiedono l'inserimento nel mondo scolastico; questo capitale umano costituisce un'indubbia risorsa che deve essere difesa e salvaguardata;
- l'aumento del numero di studenti per classe e l'accorpamento e la chiusura di scuole, hanno effetti devastanti, in particolare per i territori interni e montani dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, sovente l'unica presenza locale delle istituzioni, e già si manifestano i primi accorpamenti automatici basati sul mero calcolo numerico e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, con il risultato di pervenire alla composizione di classi molto numerose e con la compresenza di più alunni con disabilità;
- in modo particolare nei piccoli centri sussiste il rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero pertanto a rischio dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della frequenza scolastica e la negazione del costituzionale diritto allo studio;
- la situazione sull'attribuzione del sostegno scolastico agli alunni con disabilità deve rispondere alle esigenze effettive espresse e documentate che devono esser soddisfatte per garantire pienamente il diritto allo studio, anche con il rapporto 1:1 come già stabilito dalle numerose sentenze dei tribunali ordinari della Sardegna prima e dai TAR e Consiglio di Stato oggi, che ribadiscono la necessità di attente valutazioni caso per caso, nonostante il rapporto medio nazionale, al fine di garantire nel rispetto della Costituzione il "pieno soddisfacimento delle effettive esigenze rilevate" (ordinanza del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2009);
- è indubbio che la Regione ha il potere di intervenire per disciplinare "situazioni legate a valutazioni coinvolgenti specifiche realtà territoriali … anche sotto il profilo socio-economico" (cfr. Corte costituzionale 13 gennaio 2004, n. 13), così elidendo le conseguenze pregiudizievoli discendenti dal costituzionalmente illegittimo comportamento dello Stato, ma attualmente ciò si può fare solo utilizzando risorse proprie;
- la Regione è intervenuta in materia con la legge regionale 7 agosto 2009, n. 3, articolo 9, commi 3 e 4, con la quale ha assunto la competenza del dimensionamento e della distribuzione del personale nelle autonomie scolastiche e ha dettato disposizioni per l'utilizzo del personale precario per il raggiungimenti di finalità di interesse pubblico; questo intervento, che ha indubbiamente sortito effetti positivi, è opportuno venga confermato e potenziato anche per il corrente anno scolastico, con l'inserimento di ulteriori interventi volti a ridurre la dispersione scolastica e ad innalzare il livello di apprendimento; inoltre devono esseere studiati percorsi formativi ed educativi differenti da quelli tradizionali, anche attivando forme di scuola a tempo pieno, nonché percorsi di formazione ed aggiornamento per il personale docente e il personale ATA; a questo scopo è necessario rivedere l'accordo sottoscritto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e dalla ricerca il 31 luglio 2009, riempiendolo di contenuti ed azioni concrete; inoltre appare oggi imprescindibile che venga dedicato un apposito spazio anche all'apprendimento di nozioni sulla storia sarda;
- in ragione della già citata legge regionale n. 3 del 2009, articolo 9, commi 3 e 4, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2010), è inderogabile il rafforzamento della competente direzione generale istituita presso l'Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport in modo che essa possa esercitare pienamente le competenze della Regione, attualmente svolte dall'Ufficio scolastico regionale;
- non è più ritardabile l'approvazione del piano regionale che, con il contributo delle autonomie locali e delle rappresentanze sociali, detti la disciplina relativa al dimensionamento scolastico;
- si pone quindi l'esigenza di dotare la scuola di attrezzature e locali idonei o, quantomeno, in regola con la vigente disciplina,
impegna la Giunta regionale
1) a procedere con la massima urgenza all'apertura di una forte vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione che impedisca la chiusura delle scuole e che, nell'individuazione dei criteri, riconosca il carattere speciale dei territori interni e montani della Sardegna e la peculiarità delle aree urbane a maggior rischio di emarginazione;
2) ad attivare i rappresentanti regionali presso la Commissione paritetica di cui all'articolo 56 dello Statuto affinché si giunga sollecitamente alla predisposizione di specifiche norme di attuazione in materia di istruzione, che prevedano anche il trasferimento di risorse economiche;
3) a confermare e potenziare per l'anno scolastico 2010/2011 l'intervento di cui alla legge regionale n. 3 del 2009, articolo 9, commi 3 e 4, destinando allo scopo almeno la somma di euro 20 milioni;
4) a pervenire alla sottoscrizione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di un nuovo accordo che riempia di contenuti ed azioni concrete il precedente accordo del 31 luglio 2009, i cui oneri siano compartecipati dallo Stato;
5) a tutelare il diritto allo studio degli studenti sardi con disabilità attraverso provvedimenti rispondenti alle reali esigenze di ciascuno e non a meri calcoli ragionieristici perché non si rischi di fare passi indietro sui diritti essenziali acquisiti e si creino pari opportunità per tutti;
6) ad indire in tempi brevi la Conferenza regionale sulla scuola;
7) a rafforzare la competente direzione generale istituita presso l'Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, in modo che essa possa esercitare le funzioni previste dalla legge regionale n. 3 del 2009, articolo 9, commi 3 e 4, attualmente svolte dall'Ufficio scolastico regionale;
8) a studiare la fattibilità e a predisporre un piano straordinario di edilizia scolastica;
9) ad approvare entro il 31 dicembre 2010 il piano di dimensionamento regionale per l'anno scolastico 2011/2012. (1).)
PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 1.
Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la votazione nominale.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'ordine del giorno numero 1.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Campus, Capelli, Cuccureddu, Dedoni, Maninchedda e Rodin hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pittalis - Porcu - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Sechi - Solinas Antonio - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 68
votanti 67
astenuti 1
maggioranza 34
favorevoli 67
(Il Consiglio approva).
Il Consiglio è riconvocato alle ore 16 e 30 del pomeriggio.
La seduta è tolta alle ore 13 e 15.
Allegati seduta
Testo dell'interpellanza e della mozione annunziate in apertura di seduta
Interpellanza Planetta - Dessì - Maninchedda - Sanna Giacomo - Solinas Christian sulla richiesta trasferimento presso il Tribunale di Roma del procedimento giudiziario n. 2946/05-21 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari relativo al presunto disastro ambientale nell'area del Petrolchimico di Porto Torres, e su eventuali interventi finalizzati alla costituzione di parte civile della Regione.
I sottoscritti,
PREMESSO che:
- la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari è impegnata, dal 21 luglio 2003, in accertamenti segnati dalla conferma della presenza di altissime concentrazioni di sostanze cancerogene e venefiche nelle falde idriche, nei pozzi, nel mare, nei pesci e nella flora nello specchio d'acqua antistante la spiaggia della Marinella, che hanno determinato la richiesta di rinvio a giudizio del legale rappresentante della Syndial, del manager della Sasol Italia, del legale rappresentante e del direttore di stabilimento della Ineos Vinyls Italia;
- i manager in questione, secondo il pubblico ministero dr. Michele Incani, fanno riferimento ad aziende che hanno riversato per anni, nel mare antistante il porto industriale di Porto Torres, un fiume carico di composti chimici e metalli pericolosi (cadmio, mercurio, cromo, cianuri, benzene) e una lunga serie di sostanze cancerogene (solventi, diossine e pesticidi clorurati), senza osservare le prescrizioni dei decreti legge n. 152 del 1999 e n. 152 del 2006 che dettano le norme contro l'inquinamento delle acque; l'ipotesi di reato configurata dalla Procura di Sassari è relativa ai reati di disastro ambientale e concorso continuato in avvelenamento di sostanze destinate all'alimentazione con capi di imputazione che circoscrivono presunte condotte illecite dal 2005 ad oggi, anche se gli scarichi avvelenati superiori alla norma risalirebbero ai decenni precedenti (come evidenziato dai consulenti del pubblico ministero dott.ssa Antonella Ausili, dott. Giorgio Ferrari, dott. Massimo Gabellini, esperti della Magistratura delle acque di Venezia e dell'Icram) e, se confermate in tribunale, sarebbero state continuativamente e consapevolmente portate avanti sino ai giorni nostri, nel totale disprezzo della salute dei cittadini e delle norme in vigore, in maniera tale da alterare in modo permanente la flora e la fauna marina, senza alcuna possibilità di risanamento;
CONSIDERATO che:
- nel corso dell'udienza preliminare del 6 novembre 2010, i difensori dei dirigenti delle aziende chimiche sotto accusa per disastro ambientale e avvelenamento di sostanze destinate all'alimentazione, gli avvocati Carlo Federico Grosso, Piero Arru e Fulvio Simone (del collegio difensivo fanno anche parte gli avvocati Mario Brusa, Agostinangelo Marras, Giovanni Mattu e Luca Santa Maria), hanno proposto un'eccezione di incompetenza territoriale manifestando l'ipotesi che anche il collegio giudicante presso il Tribunale di Sassari potrebbe aver consumato pesce e altro cibo avvelenato dagli scarichi industriali nel mare di Porto Torres, supportandola con una memoria scritta nella quale è stata ricostruita la tracciabilità del pesce pescato nel Golfo dell'Asinara, in cui si dimostra, secondo gli avvocati degli imputati, che il pesce risulta venduto in tutto il nord Sardegna: da Sassari ad Alghero, da Porto Torres a Castelsardo, non solo sui banchi dei mercati ittici, ma anche nei ristoranti e, dunque, potrebbe essere, anch'esso, potenziale parte lesa nel procedimento in questione;
- tale richiesta, che ha subito trovato la contrarietà dei legali di parte civile presenti in aula ed anche del pubblico ministero Michele Incani, che ha chiesto al Gup Gianni Delogu il rigetto, sostenendo non fosse pertinente, è manifestamente frutto di una strategia che sembra soprattutto indirizzata a dilatare nel tempo la conclusione di accertamenti giudiziari sui quali è fortissima l'attenzione dell'opinione pubblica e, qualora venisse accolta, sposterebbe dalla sede naturale del processo per i veleni scaricati a fiumi nel Golfo dell'Asinara da anni di attività del Petrolchimico da Sassari a Roma, sede giudiziaria competente, allorché in esso si configuri il coinvolgimento di un magistrato del distretto giudiziario di Sassari;
RILEVATO che:
- tali ipotesi di reato costituirebbero la premessa e la cagione della perdurante situazione di "emergenza inquinamento" causante un vero e proprio disastro ambientale e spreco di enormi risorse finanziarie, con inevitabili ricadute negative sull'intero territorio e sui cittadini non solo residenti nella Provincia di Sassari, giacché il pesce pescato nel Golfo dell'Asinara (che beneficia anch'esso di quanto disposto dagli articoli 23 e 31 del Trattato della Comunità europea - regolamento CEE 12 ottobre 1992, n. 2193/92, sulla libera circolazione delle merci) potrebbe ipoteticamente essere stato consumato non solo da cittadini residenti in tutto il territorio nazionale (ivi compresi i magistrati romani che potrebbero esser stati nel nord Sardegna in veste di turisti e di consumatori di pesce locale durante gli anni 2005 ad oggi), bensì da tutti i cittadini residenti nell'intera Comunità europea, ponendo in tal caso anche il Tribunale di Strasburgo in difetto di giurisdizione per carenza di terzietà;
- durante le prime due udienze preliminari del processo, l'Amministrazione provinciale di Sassari e il Comune di Porto Torres hanno ritenuto opportuno costituirsi parte civile, al fine di tutelare più compiutamente gli interessi dei cittadini, come peraltro hanno fatto numerosi enti ed istituzioni (regioni, Consiglio dei ministri e comuni) in analoghi procedimenti giudiziari e, quindi, sarebbe stata opportuna la costituzione di parte civile nel processo anche della Regione autonoma della Sardegna, che ancora oggi partecipa al dibattimento in qualità di semplice spettatore e non di attore;
- il 30 novembre 2010 è fissato l'appuntamento per lo svolgimento dell'udienza preliminare in cui il Gup dovrà decidere se rinviare o no a giudizio, per reati che sono di competenza della Corte d'assise, i quattro imputati Gianfranco Righi, Guido Safran, Diego Carmello e Francesco Maria Appeddu, manager e dirigenti di Vinyls Italia, Sasol e Syndial,
chiedono di interpellare il Presidente della Regione per sapere:
1) quali siano le motivazioni della mancata costituzione di parte civile della Regione autonoma della Sardegna nel procedimento penale di cui innanzi;
2) se la Giunta regionale intenda adottare tutti provvedimenti necessari per la costituzione di parte civile della Regione autonoma della Sardegna anche in procedimenti giudiziari analoghi a quello di cui trattasi. (168)
Mozione Meloni Francesco - Vargiu - Cossa - Mula - Fois - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian - Planetta - Sanna Matteo - Artizzu - Capelli - Steri - Contu Felice - Biancareddu - Obinu - Cappai - Dedoni - Mulas - Petrini sulla modifica dei criteri introdotti dalla deliberazione della Giunta regionale n. 34/30 "progetti personalizzati per persone in situazione di handicap grave ai sensi della legge n. 162 del 1998", con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che il 18 ottobre 2010 è stata approvata la deliberazione della Giunta regionale n. 34/30 sulla modifica dei criteri per la predisposizione e l'erogazione dei finanziamenti dei piani di sostegno personalizzati di cui alla legge n. 162 del 1998;
CONSIDERATO che:
- i finanziamenti erogati nel corso degli anni dall'Amministrazione regionale per finanziare i progetti personalizzati ammontano a:
Anno |
Piani presentati |
Piani finanziati |
Finanziamenti erogati |
2000 |
353 |
123 |
1.337.965 |
2001 |
688 |
580 |
4.155.265 |
2002 |
1.648 |
1.524 |
10.516.445 |
2003 |
2.618 |
2.344 |
13.463.000 |
2004 |
5.245 |
3.461 |
24.236.787 |
2005 |
7.061 |
6.087 |
30.885.445 |
2006 |
9.222 |
9.222 |
41.984.556 |
2007 |
16.895 |
16.895 |
64.803.901 |
2008 |
25.597 |
25.597 |
105.304.051 |
2009 |
28.351 |
28.351 |
116.631.347 |
e che nella delibera succitata viene individuata una dotazione di risorse pari a euro 91.500.000 per l'anno 2010;
- la Giunta regionale ha deciso di modificare i criteri per l'erogazione dei finanziamenti in senso fortemente restrittivo vincolandoli, inoltre, ad una disponibilità economica di soli 91 milioni, largamente insufficiente alle necessità, contro gli oltre 116 milioni di euro dello scorso anno, con una riduzione di oltre 25 milioni di euro;
- questo modo di procedere ha di fatto ridotto d'ufficio il punteggio attribuibile a numerosi soggetti con disabilità che vedranno improvvisamente tagliata la propria quota di finanziamento in misura notevole e senza che si espliciti una ratio chiara e comprensibile a tutti anche, se necessario in base alle disponibilità economiche e all'eventuale aumento delle domande, con eventuali limitati sacrifici equamente ripartiti e allo scopo di cercare di aiutare il maggior numero possibile di aventi diritto ai benefici della legge;
SOTTOLINEATO inoltre che i nuovi criteri di cui alla deliberazione della Giunta regionale 18 ottobre 2010, n. 34/30 evidenziano alcune carenze e creano grandi perplessità in quanto:
- tolgono il diritto alla presentazione del progetto personalizzato ai bambini con disabilità grave da zero a tre anni, sottoponendoli paradossalmente al giudizio del medico e questo subito dopo che una commissione medica collegiale aveva già certificato lo stato di handicap grave;
- a causa della riduzione dei finanziamenti di 25 milioni di euro, rischiano di perdere il posto di lavoro, seppur part-time, da 2.500 a 3.000 lavoratori del settore;
- non apportano nessun vantaggio reale per la presenza di più disabili nello stesso nucleo familiare, il tetto massimo di finanziamento rimane invariato (20 mila euro) mentre è stata eliminata la priorità del finanziamento;
- le persone con alta gravità, in base ai criteri di questo anno, classificate con un punteggio da 80 a 89 su una scala da 0 a 100, vedono incomprensibilmente ridotto il loro finanziamento in maniera consistente;
- vengono ridotti fino al 50 per cento i punteggi massimi per le persone che sono in situazione di disabilità dalla nascita e di coloro che hanno zero o un'ora di servizi pubblici alla settimana;
- vengono penalizzati i progetti di tutti coloro che pur in situazione di handicap grave, hanno iniziato percorsi di vita indipendente, con il rischio che senza adeguato supporto possano ritornare ad un mero assistenzialismo, come in passato;
RILEVATO che l'attuazione della legge n. 162 del 1998 in Sardegna si presenta in maniera fortemente innovativa in quanto prevede per la prima volta la coprogettazione di piani personalizzati di sostegno con il parallelo coinvolgimento sia delle famiglie che delle istituzioni nonché la scelta degli operatori professionali da parte dei diretti interessati;
ATTESO pertanto che questa esperienza della nostra Isola è ritenuta, sia nel resto del Paese che internazionalmente, una buona pratica di eccellenza, come dimostrano studi e pubblicazioni recenti;
CONSIDERATO che per quanto sopra descritto l'applicazione della legge n. 162 del 1998 nella nostra Isola, per come è avvenuta e per il gradimento manifestato dalla popolazione, ha contribuito realmente a garantire una migliore qualità della vita alle persone con disabilità e alle loro famiglie, fornendo risposte adeguate alle persone con disabilità in misura proporzionata alle loro necessità;
PRESO ATTO che sono stati attivati, e che non si possono certamente interrompere, percorsi di vita sociale centrati in particolare sul tentativo di introdurre e stimolare forme di indipendenza più o meno spinte, con ciò attribuendo ai finanziamenti assegnati non il valore di un mero e semplice assistenzialismo quanto piuttosto quello di una forma, per quanto impropria, di investimento sul futuro autonomo di molti soggetti;
CONSIDERATO che:
- per quanto evidenziato sopra, è necessario da un lato ripristinare i finanziamenti al livello del 2010 e dall'altro occorrono una serie di criteri razionali e condivisi al fine di contenere la spesa entro quella indicata, senza escludere eventuali nuovi aventi diritto da un lato e senza penalizzare, se non in misura minima, coloro che già hanno goduto dei benefici della legge di cui trattasi;
- inoltre l'impatto che una riduzione così consistente del finanziamento e l'introduzione di criteri così penalizzanti e irrazionali, come quelli previsti dalla deliberazione della Giunta regionale n. 34/30 potrebbero avere sui livelli di coesione sociale nelle comunità locali, generando tensioni che si caricherebbero sui comuni;
- in base al decreto legislativo n. 130 del 2000, citato nella stessa deliberazione n. 34/30, in riferimento alla valutazione della capacità economica del nucleo familiare (ISEE) ai fini della compartecipazione al finanziamento, si deve considerare il reddito del solo assistito per le persone disabili in condizione di gravità (articolo 3, commi 2 bis e 2 ter, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo n. 130 del 2000), e dunque la possibilità di eventuali ricorsi al TAR da parte delle persone con disabilità e loro famiglie; molti TAR già in tutta Italia hanno sentenziato con orientamento chiaro che il decreto legislativo n. 130 del 2000 è immediatamente applicabile;
RILEVATO che:
- è assolutamente necessario che la Regione attivi un severo piano di controlli e di repressione degli abusi così come previsto del resto dalla legge regionale 10 marzo 2010, n. 6;
- infine, a causa dell'aumento dei costi intervenuti dal 2005 ad oggi, sarebbe necessario incrementare almeno del valore dell'inflazione i finanziamenti disponibili, la situazione di crisi finanziaria nazionale ed internazionale richiede sacrifici anche ai soggetti più svantaggiati e pertanto, per quest'anno, si può ritenere congrua la stessa assegnazione del 2010,
impegna la Giunta regionale
1) a salvaguardare i livelli di assistenza sociale, finora garantiti dalla corrente applicazione della legge, a tutti i pazienti sardi in situazione di handicap grave;
2) a proporre con la prossima legge finanziaria regionale uno stanziamento di risorse integrative pari a 25 milioni di euro di euro con lo scopo di mantenere il livello di assistenza dello scorso anno a 116 milioni di euro;
3) ad elaborare una nuova serie di criteri che garantiscano da un lato le giuste e ragionevoli esigenze dei cittadini sardi in condizione di handicap grave e dall'altro consentano di contenere i costi dell'applicazione della legge n. 162 del 1998, nell'ambito della cifra stanziata con la legge finanziaria regionale per il 2011, prevedendo eventualmente un intervento da parte dei comuni in percentuale non superiore al 5 per cento;
4) a predisporre, nelle more della compilazione della nuova graduatoria degli aventi diritto, nelle forme ritenute più opportune, un provvedimento che consenta ai comuni di anticipare ai pazienti che già l'anno scorso hanno beneficiato della legge n. 162 del 1998, con un punteggio superiore a 80, una somma pari al 25 per cento di quanto assegnato nel 2010. (98)