Seduta n.417 del 27/06/2013 

CDXVII SEDUTA

Giovedì 27 giugno 2013

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 07.

SECHI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 5 giugno 2013 (408), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Pietro Cocco e Mario Bruno hanno chiesto congedo per la seduta del 27 giugno 2013.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SECHI, Segretario:

"Interrogazione Cocco Pietro - Agus, con richiesta di risposta scritta, sullo stato delle bonifiche nel territorio della Sardegna ed in particolare del Sulcis-Iglesiente da parte dell'IGEA Spa, sul recupero dei compendi immobiliari dismessi e sui ritardati pagamenti degli stipendi alle maestranze". (1154)

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla legittimità della determinazione di spesa n. 62 del 25 marzo 2013 del Comune di Porto Torres inerente al progetto regionale "Percorsi di archeologia, storia, cultura ed ambiente nel territorio di Porto Torres"". (1155)

"Interrogazione Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulle gravi problematiche dell'Ospedale Mastino di Bosa". (1156)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sul taglio dei fondi per la comunicazione e informazione per le aziende agricole". (1157)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

SECHI, Segretario:

"Interpellanza Planetta sull'opportunità di trasferimento automatico per la quota del 50 per cento del beneficio previsto dalla legge regionale 23 maggio 2013, n. 13 (Bilancio di previsione per l'anno 2013 e bilancio pluriennale per gli anni 2013-2015), a favore dei singoli enti locali, relativamente alla cifra loro assegnata ai sensi della legge sul fondo unico (articolo 10 della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2)". (438)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

SECHI, Segretario:

"Mozione Zuncheddu - Cocco Daniele Secondo - Sechi - Cugusi sulle iniziative che la Regione deve intraprendere per fare chiarezza sulle irregolarità riscontrate in merito alla realizzazione dell'impianto a biogas nel Comune di Simaxis e sospendere la prosecuzione delle opere in corso, in attesa di un definitivo pronunciamento da parte delle autorità competenti". (268)

PRESIDENTE. Constatata l'assenza della Giunta, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 10, viene ripresa alle ore 16 e 22.)

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Siamo arrivati proprio in limine per l'esame del testo unificato sul riordino delle province. E' chiaro che il provvedimento è complesso e siamo ben consapevoli come nell'arco di un giorno, un giorno e mezzo, non sia possibile certamente esitare un testo esaustivo. Ci preoccupa, però, ciò che accadrà dal primo luglio, ci preoccupa che cosa dovremo dire ai dipendenti delle province, ci preoccupa che cosa accadrà nella gestione del patrimonio e degli atti che sono in corso.

Allora a nome della maggioranza, e sono certo di avere da parte dei colleghi dell'opposizione attenzione e sensibilità, propongo lo stralcio dell'articolo 10 del testo perché possa essere esitato in tempi rapidissimi, rappresentando questo articolo la parte più urgente.

CUCCU (P.D.). Gli stralci si fanno nella chiarezza e nella serietà!

PRESIDENTE. Colleghi! Avrete la possibilità di intervenire sulla proposta dell'onorevole Pittalis uno a favore e uno contro, e in quel momento si potranno esprimere le opinioni.

PITTALIS (P.d.L.). Presidente, ho concluso. Questa è la proposta, e mi appello proprio al senso di responsabilità di tutti così che nei giorni successivi, per essere chiari, si possa proseguire l'esame dell'articolato. Avremo infatti tutto il mese di luglio per confrontarci sul merito di quello che dovrà essere il riassetto complessivo del sistema dell'ordinamento degli enti intermedi.

PRESIDENTE. L'onorevole Pittalis ha proposto di stralciare l'articolo 10, che sarà oggetto di una separata proposta di legge, dal testo all'esame dell'Aula. Possono parlare un oratore a favore e un oratore contro, dopodiché l'Aula sarà chiamata a esprimersi.

Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Premetto che chiederò di intervenire nuovamente sull'ordine dei lavori, adesso intervengo contro la richiesta dell'onorevole Pittalis, e me ne dispiace; saremmo stati d'accordo se avessimo avuto modo di registrare questo pomeriggio la disponibilità che abbiamo potuto verificare nella giornata di ieri.

Ieri si è fatto un lavoro importante, che ha interessato sia la maggioranza che tutta l'opposizione, e in quel confronto mi è sembrato di registrare l'ansia di raggiungere un accordo unitario per la preoccupazione, innanzitutto, di garantire la continuità amministrativa delle province e, nel contempo, avviare un processo di riforma, da subito, evitando le deroghe ma attivando le procedure di liquidazione degli attuali enti.

Mi pare che questa volontà e questa ansia di lavorare unitariamente non ci siano; per queste ragioni, con rammarico, non tanto per il no che sto esprimendo sulla proposta del collega Pittalis, quanto perché stasera registriamo un mutamento nella disponibilità che certamente non aiuterà quest'Aula a fare un lavoro proficuo, mi dichiaro contrario alla richiesta dell'onorevole Pittalis.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Meloni. Ne ha facoltà.

MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Presidente, io sono a favore della proposta dell'onorevole Pittalis, anche perché non vi è chi non veda quanto essa sia ragionevole e sensata. In questa situazione ci troviamo di fronte due problemi; uno è il riordino complessivo dell'assetto degli enti locali della nostra Isola, l'altro è far fronte all'urgenza dei problemi e delle situazioni drammatiche che dovremo risolvere dal primo luglio. Dal primo luglio, per essere chiari, nessuna provincia può più entrare in una sede ufficiale, può più firmare un atto ufficiale, cioè sono in pericolo gli stipendi dei dipendenti.

Allora la proposta dell'onorevole Pittalis, ripeto, è quanto mai ragionevole e sensata, perché prevede che si faccia un provvedimento che garantisca immediatamente la prosecuzione dell'attività degli enti intermedi in una forma o nell'altra, e in un secondo momento la prosecuzione del lavoro di riforma dell'assetto degli enti locali. In quanto alla disponibilità invocata dal collega Diana, io garantisco, a nome del mio partito, ma sono sicuro di poter parlare anche a nome degli altri partiti della maggioranza, assoluta, totale disponibilità a vedere e a valutare cosa fare degli enti locali in Sardegna. La nostra richiesta…

(Interruzioni dai banchi della minoranza)

… Se vuoi parlare tu, Giuseppe, puoi parlare. Vuoi parlare tu?

PRESIDENTE. Onorevole Meloni, la prego, si rivolga alla Presidenza e non accetti le provocazioni.

(Interruzioni)

Colleghi! Sospendo la seduta! Prego i commessi di far accomodare gli ospiti fuori dall'Aula. Grazie.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 29, viene ripresa alle ore 16 e 30.)

PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta. Onorevole Meloni, concluda il suo intervento.

MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Presidente, vedo l'onorevole Cuccu insolitamente nervoso e non so perché. Concludo il mio intervento dicendo che siamo assolutamente, totalmente disponibili a ragionare su qualunque aspetto del riassetto del sistema degli enti locali in Sardegna.

PRESIDENTE. Metto in votazione la proposta del consigliere Pittalis.

(Interruzione)

Colleghi, non si può adottare la votazione elettronica perché il Regolamento, relativamente alle questioni sull'ordine dei lavori, prevede espressamente la votazione per alzata di mano.

(Interruzione)

La controprova in questi casi è automatica, non c'è bisogno di richiederla.

Metto in votazione la proposta del consigliere Pittalis. Chi la approva alzi la mano.

(E' approvata)

Discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove province e la modificazione delle circoscrizioni provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino della amministrazioni provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle province; procedure per l'istituzione di nuove province e per la modificazione delle circoscrizioni provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430-432-435-442/A - STRALCIO)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato numero 301-428-430-432-435-442/A - Stralcio.

Dichiaro aperta la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il consigliere Cossa, relatore di maggioranza.

COSSA (Riformatori Sardi), relatore di maggioranza. Il testo che abbiamo in esame è frutto di una lunga discussione e fa sintesi delle differenti sensibilità presenti nelle diverse proposte pervenute, dettate dalla necessità di dare seguito agli esiti dei referendum del 6 maggio 2012 che hanno abrogato le leggi istitutive delle quattro province previste con legge regionale.

L'esame del testo è stato contrassegnato da due necessità: quella di dar corso alla scelta compiuta dagli elettori con i referendum, che di fatto hanno espresso la volontà di escludere del tutto dall'ordinamento istituzionale della Sardegna l'ente provincia, e quella di creare un procedimento compatibile con un quadro istituzionale non ancora adeguato (sul piano costituzionale e dell'ordinamento nazionale) che pone vincoli all'attuazione della decisione degli elettori e, comunque, richiede tempi ragionevoli di attuazione, soprattutto per salvaguardare la continuità dei servizi e delle funzioni.

Per queste ragioni non è stato possibile dar seguito al parere espresso dal Consiglio delle autonomie locali la cui impostazione richiede, di fatto, di smentire il risultato dei referendum. Arretramento che non è evidentemente possibile senza implicare, per il Consiglio regionale, una grave violazione costituzionale.

Tutte le forze consiliari, del resto, hanno riconosciuto che è doverosa l'attuazione dei referendum, così come è sempre stata presente, come attesta la stessa legge regionale numero 11 del 2012, la considerazione che i referendum abrogativi hanno minato la stessa esistenza di tutte le otto province. Basti pensare alle radicali modificazioni intervenute nella delimitazione del territorio, elemento come noto costitutivo dell'ente.

Le divergenze tra le forze politiche hanno riguardato piuttosto tempi e modi per dar seguito operativo a questo effetto nel rispetto dei vincoli costituzionali esistenti. Si è tenuto ben presente il dibattito nazionale e le soluzioni adottate dallo Stato, cui ci si è in parte rifatti, ma tenendo presente che la situazione regionale è assai più avanzata e richiede soluzioni immediate. Le soluzioni individuate sono frutto di una mediazione, anche se il voto finale ha riproposto le differenze di posizione che permangono tra i diversi gruppi politici e all'interno di essi. Ci si augura che il dibattito in Aula chiarisca meglio le posizioni e consenta di individuare, nello spazio tra i due vincoli entro i quali il Consiglio si trova a operare, i referendum e lo Statuto, soluzioni più condivise, eventualmente adeguando alcuni aspetti (ad esempio il voto di secondo livello per il quale certamente sono possibili modalità diverse o le modalità del commissariamento degli enti).

La Commissione, fin dalla seduta del 4 settembre 2012, ha inserito all'ordine del giorno il tema relativo all'attuazione della legge regionale numero 11 del 2012 (Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011). Ha sentito i rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali, dell'Unione province sarde e dell'Associazione nazionale dei comuni italiani e ha stabilito di procedere all'esame congiunto delle proposte di legge numero 301, 428, 430, 432, 435, e 442 e del disegno di legge numero 440, decidendo di adottare come testo base la proposta di legge numero 430 e iniziando l'elaborazione di un testo unificato.

Nella seduta del 13 novembre 2012 la Commissione ha concluso l'esame degli articoli del testo unificato stabilendo di stralciare il disegno di legge numero 440. Ha quindi sospeso la votazione finale per l'acquisizione del parere del Consiglio delle autonomie locali e del parere finanziario. Il Consiglio delle autonomie locali ha espresso parere contrario al testo unificato della Commissione. Pervenuto il parere del Consiglio delle autonomie locali, nella seduta pomeridiana del 13 dicembre 2012, la Commissione, a maggioranza, ha licenziato il testo unificato.

Esso è composto da 12 articoli e contiene la previsione delle quattro province storiche attraverso una procedura della definizione delle circoscrizioni territoriali (che include l'intervento del Consiglio delle autonomie locali, dei comuni interessati e delle popolazioni in essi ricomprese) che si deve concludere entro il 25 settembre 2013 con l'approvazione, da parte del Consiglio regionale, di una legge regionale che istituisce le nuove province; la previsione di due organi della provincia (il consiglio e il presidente); l'elezione del presidente della provincia da parte del consiglio provinciale tra i propri componenti; l'elezione del consiglio provinciale da parte dei sindaci dei comuni del territorio della provincia (i quali sono eleggibili alla carica di consigliere provinciale) anche attraverso meccanismi che favoriscono la rappresentanza di entrambi i generi; l'assegnazione temporanea alle nuove province delle funzioni attualmente conferite in via generale dalla legislazione vigente alle province, in attesa dell'approvazione di una legge statutaria e di una riforma organica in materia di ordinamento degli enti locali; peraltro, nel caso in cui tale riforma non dovesse essere approvata entro tre mesi, il testo unificato prevede che alle province spettino le sole funzioni a esse attribuite dalle più recenti riforme statali; alcune norme transitorie che dispongono la cessazione degli organi di governo delle attuali province (nel testo è prevista la data del 28 febbraio 2013, superata poi dalla proroga ulteriore che questo Consiglio ha approvato) e la loro immediata sostituzione con commissari straordinari; l'attività preparatoria per il trasferimento delle funzioni alle province risultanti dal nuovo assetto; l'elezione dei nuovi consigli provinciali entro il 30 novembre 2013; il trasferimento alle nuove province dei procedimenti, del personale e dei rapporti giuridici delle province preesistenti, entro il 28 febbraio 2014.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Gian Valerio Sanna, relatore di minoranza.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.), relatore di minoranza. Signor Presidente, Assessori e colleghi, sinceramente non pensavamo che la maggioranza avesse il cinismo, che ha mostrato stasera, di presentarsi in Aula per chiedere uno stralcio di una legge impresentabile, imponendo con la violenza sullo scenario legislativo regionale un abuso di potere vero e proprio, e spiego perché. Il Presidente della Giunta farebbe bene ad ascoltare anziché distrarsi.

Colleghi, non è nella disponibilità del Consiglio regionale della Sardegna la possibilità di impadronirsi in questo modo delle istituzioni locali perché sono frutto di una legittimazione elettiva e popolare. Le uniche fattispecie nelle quali il Consiglio regionale e la Regione autonoma della Sardegna, come qualunque altra Regione d'Italia, possono sciogliere le autonomie locali, che nel dettato costituzionale, colleghi, sono equiordinate rispetto alla nostra funzione, sono quelle esplicitamente previste dalla legge di scioglimento dei consessi elettivi. E fra queste fattispecie non c'è il ritardo colpevole di una maggioranza di governo nell'attuare i suoi doveri di riforma, non c'è scritto. Non c'è scritto!

Voi vi state assumendo invece l'onere di violare le leggi dello Stato (perché questo progetto di legge non può sovvertire l'ordinamento costituzionale, non lo può fare), solo perché questa maggioranza ha riscoperto il fascino del ricatto politico e, per rimanere in piedi, ha bisogno di stringersi intorno a ricatti di mezza tacca, di cui c'eravamo dimenticati, grazie ai sommovimenti che in questi mesi hanno contraddistinto il vostro operare: qualcuno che esce, qualcuno che rientra, qualcuno che tratta.

Questa materia, colleghi, non è nella nostra disponibilità. Ce l'ha spiegato il Consiglio delle autonomie locali quando ha dato il suo parere su questo testo. L'ha spiegato perché già questo testo parlava di commissariamento, e il Consiglio delle autonomie locali ci ha già ricordato le cose che a mia volta vi sto ricordando. La verità è che questa maggioranza di centrodestra ha scelto non di fare le riforme, ha scelto di fare la lottizzazione politica, questa è la verità. L'unico collante che vi fa rimanere assieme per questo ultimo tratto della legislatura, quello che vi realizza non come maggioranza, colleghi, ma come accozzaglia politica, perché questo siete, è la dimostrazione che non avete nessuna capacità riformatrice.

Voi la riforma della provincia, degli enti locali non la volete fare, non la volete fare! I Riformatori, che sono il perno centrale di questo ricatto politico, non vogliono fare la riforma perché non hanno neppure un'idea della riforma stessa. Perché chi vuole violare le norme dello Stato non è un riformatore: questa è la verità. E su questa questione voi pagherete un prezzo politico non da poco perché noi questa legge ve la faremo sudare, ve la faremo sudare fino alla fine.

Perché se c'è una cosa che deve entrare nel nostro DNA è che noi non siamo i padroni del mondo e che l'esercizio delle nostre funzioni trova dei limiti nella Costituzione e nei vincoli che la Costituzione ci tramanda. In questa legislatura di buffonate ne abbiamo fatto già troppe, abusando del nostro potere, ma lo sport più bello è quello di occupare il potere. Altri cinque commissari, ma chi ce li regala mai altri cinque commissari straordinari tipo quelli meravigliosi di Olbia, di Golfo Aranci, gente che poi ha abusato di quella condizione e che è stata oggetto di interrogazioni, di mozioni, di attenzioni anche della procura? Perché no? Perché non dirlo per spiegare come l'intendimento non era quello di rispettare, ma era quello di abusare?

La riforma delle province si fa se si ha un'idea riformatrice e noi vi abbiamo fatto una proposta da persone responsabili; vi abbiamo detto: "Rispettiamo la legge", diciamo subito alle province che intanto vanno, come dice la legge, a scadenza naturale perché questo diceva esattamente quel parere giuridico che la Presidenza del Consiglio regionale aveva chiesto a degli insigni giuristi. Giuristi che avevano anche appalesato, fra le varie ipotesi, di considerare che non era nella nostra disponibilità questa competenza.

Aver sciolto le province non significa, infatti, aver sciolto automaticamente gli organi elettivi, perché c'è una differenza, una differenza sostanziale; e se siamo convinti anche noi che quelle province regionali sono sciolte, non siamo altrettanto convinti che automaticamente si siano sciolti gli organi eletti. Non è così, non è così. I tribunali dello Stato ve lo dimostreranno, perché i signori che stanno qui sopra e quelli che non sono qui faranno i loro ricorsi e noi li sosterremo, perché in questa Regione all'abuso sistematico del potere deve essere contrapposta la forza della legalità, e noi sosterremo questo indirizzo.

L'altro problema che riguarda questa legge è che questa non è una legge di riforma: è una presa in giro, perché dice che le province, sostanzialmente, saranno quelle di prima, ma per poterle riconfigurare cominciamo questo itinerario che replica alla legge che questi Riformatori hanno voluto cancellare con il loro referendum. I Riformatori, prima cancellano e poi replicano aderendo a questo progetto di legge, quindi con una procedura che implica da parte dei comuni la scelta su che territorio stare; soprattutto una procedura abbastanza lunga, finirà questa legislatura, dovremo aspettare, questa è la prova che non volete fare la riforma.

Poi, cari colleghi, ci sono anche - io non ho peli sulla lingua, quando si tratta di incidere sulle persone, sulle famiglie, sul futuro delle questioni istituzionali bisogna dire le cose come stanno - i mal di pancia di qualcuno che, avendo perso le elezioni, non vuole per le prossime elezioni regionali sul proprio territorio un presidente della provincia che non sia in linea con la sua funzione politica. Cioè, vuole bonificare politicamente il suo territorio per rendere più agevole la sua funzione politica. Sono cose che fanno vergogna! E siccome le sappiamo tutti e nessuno ha il coraggio di dirle, io le dico perché ci possiamo vergognare assieme in maniera comunitaria, di questi residuati di populismo e di demagogia insostenibili.

I cittadini sardi devono sapere queste cose, perché i cittadini sardi, esprimendosi sul referendum, hanno detto: "Togliete i baracconi politici", ma non si sono mai sognati di mettere a repentaglio l'idea che sui territori non dovessero rimanere i servizi, gli uffici, le cose che servono alla gente. Non hanno mica detto questo. Hanno detto: "Questo uso allegro dei poteri, dei consigli, delle commissioni, della spesa di soldi non sta più in piedi, dobbiamo trovare altri sistemi". Ma non hanno detto: "Cancellate dai territori i servizi che si sono consolidati".

Pensate davvero che quest'idea un po' velleitaria, un po' da matti, un po' anche da cretini di fare una sorta di Anas regionale per gestire le strade sia una cosa a cui può credere qualcuno? Stiamo seguendo Abbanoa, stiamo seguendo l'Anas, perché ci ha lasciato in braghe di tela in tutta la Sardegna, e voi pensate davvero che noi dobbiamo pensare a cose così stupide?

COSSA (Riformatori Sardi). Presidente, però io inviterei l'onorevole Sanna a usare un linguaggio più parlamentare!

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Lei si occupi delle sue cose.

(Interruzioni)

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, onorevole Cossa, colleghi, purtroppo ero un attimo distratta e non ho potuto sentire, quindi non posso esprimere un giudizio su quanto è stato detto. Invito comunque tutti coloro i quali intendono intervenire a usare un linguaggio consono all'Aula.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Certamente, dobbiamo anche tener conto, Presidente, lei me ne darà atto, che spesse volte quando si ha la coda di paglia il linguaggio della verità disturba più delle parole pesanti!

COSSA (Riformatori Sardi). Il linguaggio dell'insulto!

PRESIDENTE. Onorevole Cossa, ha espresso un'opinione e non ha usato termini offensivi, per cortesia!

COSSA (Riformatori Sardi). Ha usato l'espressione "cretino" e "ricattatore"!

PRESIDENTE. Prima, adesso ha fatto un'altra valutazione.

DEDONI (Riformatori Sardi). Da cretini!

PRESIDENTE. Colleghi, basta, onorevole Dedoni, lasciamo intervenire l'onorevole Sanna.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Poi c'è un'altra malattia galoppante nel campo dei grandi riformatori della Regione speciale della Sardegna attuale: la malattia della visibilità. Si pensa cioè che, essere i paladini di una distruzione, perché questo è il senso, essere paladini di una distruzione valga il merito di essere dei grandi legislatori. Io penso che si debba essere paladini della costruzione, della proposta, del confronto, di idee nuove, e noi vi abbiamo proposto ieri sera la possibilità di sederci intorno a un tavolo per fare una riforma ancora più avanzata rispetto a ciò che sta maturando.

(Interruzione del consigliere Francesco Meloni)

PRESIDENTE. Onorevole Meloni, colleghi, siamo in fase di discussione generale per cui ciascuno potrà esprimere le proprie opinioni senza essere intemperante durante gli interventi dei colleghi.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Sederci attorno a un tavolo per proporre delle riforme ancora più avanzate rispetto a quelle dello Stato. Noi invece vogliamo fare la figura dei tempestivi, delle persone aggiornate, gente che ha l'intuizione politica a portata di mano perché il governo Letta, da qui a qualche mese, ci dirà magari che le province sono tutte cancellate e noi, nel frattempo, saremo impegnati in questo ciclopico lavoro di consultazione dei comuni per sapere in quali delle province, che non ne esisteranno più nel frattempo, devono andare.

Avete capito di che cosa stiamo parlando? Di una proposta di legge che è ancora anteriore a scelte di governo programmatiche che sono avvenute in questi mesi e che i nostri riformatori ritengono ancora valide. Potete immaginare il tasso di riformismo di questi personaggi! E noi dovremmo accettare un confronto sulle riforme con questo atteggiamento? La nostra posizione sarà molto chiara, noi su questo progetto di legge ci prendiamo tutto il tempo che è necessario e parleremo tutti, parleremo tutti perché tutti abbiamo da dire su questa violenza che state inducendo.

Non ultimo, siamo praticamente al 30 giugno e qualcuno sa individuare nell'area democratica dell'opposizione un minimo di responsabilità da attribuirle sul ritardo col quale stiamo procedendo alla riforma degli enti? Penso di no. Chi c'è al governo? Ci siete voi, siete voi che ci avete trascinato per un anno a questo punto privandovi persino della facoltà di dialogare con gli enti che esistono, di porvi il problema del perché il Consiglio delle autonomie locali è contrario.

Non è nella vostra disponibilità; noi contrastiamo questo stralcio (è anche questa la volontà di salvare, che cosa?), anche perché, mentre stavate mettendo a punto questo emendamento, qualcuno di noi si domandava come mai, visto che avevate anche il potere di poter commissariare delle province in maniera normale, sulla base delle fattispecie previste nel Testo unico del 2000, non l'avete fatto. Siamo a questo assurdo.

Se noi guardiamo a questa operazione dal di fuori vediamo che avevate la possibilità da tempo di commissariare legittimamente delle province la cui condizione ricade nelle fattispecie previste nel Testo unico e non l'avete fatto, siete andati avanti e adesso che non avete quei presupposti pensate di intervenire anche sulle altre. E' una cosa assurda, assurda. Allora vi rivolgo una domanda. Ma voi che credete nel referendum perché date un valore così importante solo alla cancellazione delle province regionali e non tenete conto che l'opinione dei cittadini si è espressa anche sulle altre? Basta questo per dire quanto siete ipocriti, quanto siete strumentali alle vostre esigenze populiste. Quelli che hanno votato il referendum consultivo sulle vecchie province sono dei cretini, per ripetere il termine che non piace a Cossa? E' la stessa gente che ha detto quello che ha detto, e allora perché trattamenti diversi?

Noi vi abbiamo proposto di usare un unico metro, di fare una riforma che in Sardegna consentisse il superamento integrale dell'ente intermedio "provincia" per istituire qualcosa di innovativo, di nuovo e di funzionale al mantenimento sul territorio delle competenze e anche delle responsabilità di gestione di quelle competenze; il commissario non ha la possibilità di garantire la conoscenza esatta delle cose che avvengono su quel territorio, per cui avete affrontato questa importante fase in una grande confusione.

In primo luogo l'Assessore delle riforme non è stato investito del problema, così come l'Assessore degli enti locali, mentre il Presidente dovrebbe essere per conseguenza il terminale. Quindi è una riforma che ha anche scelto, tutto sommato, di prescindere dalla competenza, l'ha scelto per fatti concreti dimostrando che è un fatto politico, che è l'esito di un ricatto politico all'interno della maggioranza: una cosa squallida alla fine della legislatura. Una legislatura durante la quale l'unica riforma che avete fatto è quella sulla legge elettorale (e l'avete trattata come l'avete trattata), e senza il nostro contributo non sarebbe andata avanti manco quella.

Ecco, questa è la vostra legislatura; pensate davvero che noi vi faremo passare un fine settimana tranquillo? Credo di no. Sarà un fine settimana tribolato e una settimana molto intensa, molto intensa! E quanti tra voi oltre che consiglieri regionali sono anche amministratori locali dovranno spiegare ai loro cittadini per quale ragione da un lato legittimano le istituzioni e dall'altro le delegittimano, perché di fatto questo sta avvenendo. E poi vedremo anche come si misurerà il consenso dei cittadini su questo tipo di atteggiamento. Voi pensate, con i commissariamenti, di mettervi l'anima in pace rispetto all'incapacità di fare riforme? Io credo che questo non sarà possibile.

Noi presenteremo anche le proposte di riforma, cercheremo di mettere a punto rapidamente la sintesi della nostra proposta, presenteremo gli emendamenti e ci confronteremo;sarà un ragionamento concreto e credo che sarà molto difficile che voi possiate ancora sostenere che in questa Sardegna hanno diritto di esistere le province che decidete voi sulla base di un calcolo politico piuttosto che le province o gli enti che decidiamo, insieme, di fare come termine della riforma.

Credo sia abbastanza evidente il punto di decadimento di questa legislatura, un punto veramente molto basso che non si evidenzia da oggi c e che parte dall'idea che ognuno qui fa quello che vuole, si procura persino l'agibilità politica per il futuro come se il consenso dei cittadini stia nell'avere il territorio disponibile. Non è più così e, ovviamente, questo tipo di violenza inciderà non poco sui rapporti politici presenti e futuri perché di futuro si parlerà; e se siamo in queste condizioni è perchè abbiamo concezioni del rispetto dovuto alle autonomie locali e del dialogo con le stesse completamente opposte.

Sarà difficile, evidentemente, aprire dialoghi in queste condizioni anche perché, ripeto, noi non possiamo essere trascinati e diventare oggetto di un compromesso politico al ribasso per i ricatti che alcune forze politiche pongono all'interno della vostra coalizione, ripeto coalizione tra virgolette perché oramai non è rimasto più niente. Io ripeto che sarà importante verificare che cosa sarete in grado di fare d'ora in poi, perché credo che questa norma non possa essere il collante.

Sono persino circolati in queste ore, è bene che si sappia, sms che indicavano le potenziali attribuzioni dei commissari a questa e a quell'altra forza politica per mostrare fino in fondo il disgusto che accompagna questa fase politica della nostra Sardegna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Diana Giampaolo. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, il testo dell'emendamento che è passato a maggioranza, proposto dall'onorevole Pittalis e con il mio pronunciamento…

PRESIDENTE. Onorevole Diana, mi scusi, non è ancora passato alcun testo di emendamento, l'onorevole Pittalis ha chiesto solo lo stralcio, poi lo vedremo.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Mi serve per semplicità di ragionamento. Presidente, poichè l'articolo 10 consta di sette commi, per consentire una discussione approfondita, che ci consenta di stare in Aula in maniera complessa, articolata ma seria, le chiedo di consentirci di considerare i commi come se fossero articoli. Io le chiedo questo, Presidente, e le dico anche che il nostro comportamento nelle prossime ore sarà in funzione della risposta della Presidenza e degli uffici.

PRESIDENTE. Onorevole Diana, lei non può condizionare il comportamento delle prossime ore al rispetto del Regolamento.

Il Regolamento prevede una discussione unica sull'articolo e sugli emendamenti collegati, quindi io non posso consentire una discussione comma per comma di un emendamento perché anche sugli articoli su cui vengono presentati centinaia di emendamenti la discussione è unica, quindi sarebbe un'eccezione assolutamente non consentita.

Sul Regolamento

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Un chiarimento sull'ordine dei lavori Presidente, con lo stralcio che abbiamo appena votato di fatto stiamo limitando la discussione generale a un argomento importante ma specifico. Le relazioni, sia quella del relatore di maggioranza, sia quella del relatore di minoranza, hanno inciso su tutti e dieci gli articoli.

Ora io le chiedo, evidentemente per economicità dei lavori, posto che fra qualche settimana dovremmo tornare sugli altri nove articoli e cioè sulla riforma, è possibile che oggi ci concentriamo su quello che abbiamo appena votato, cioè che la discussione generale avvenga limitatamente a questo argomento?

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cuccureddu, è chiaro che la discussione è esclusivamente sull'articolo 10 che è stato stralciato, così come ha deciso l'Aula a maggioranza, è chiaro però che l'argomento può consentire di intervenire anche nel merito delle questioni riportate negli altri articoli.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Avremo necessità di altri venti minuti sui restanti nove articoli.

PRESIDENTE. Su questo decideremo successivamente, quando la proposta verrà esaminata dall'Aula.

Sull'ordine dei lavori

Ha domandato di parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, considerato questo fatto nuovo che è avvenuto in Aula, cioè lo stralcio dell'articolo 10, vorrei che lei ci assicurasse che avremo tutto il tempo di presentare gli emendamenti al testo. Quindi immagino che, conclusa la discussione, sospenderemo la seduta. Giusto?

PRESIDENTE. Non è giusto perché dipenderà dalle decisioni che l'Aula assumerà (ricordo che essa è sovrana in questo) e dagli accordi che si raggiungeranno.

Onorevole Porcu, concludiamo la discussione generale, mettiamo in atto le diplomazie e vediamo che tipo di sospensione si può riuscire a concordare onde evitare che l'Aula sia chiamata a esprimersi su questo.

PORCU (P.D.). Le segnalo, Presidente, che se non fosse dato il tempo alle minoranze di presentare gli emendamenti, noi ci troveremmo nella fattispecie in cui la maggioranza, su qualsiasi testo, si mette d'accordo per stralciare una parte, presentare un emendamento in tal senso e far decadere gli emendamenti della minoranza, rendendo in questo modo il nostro ruolo di legislatori assolutamente monco. Quindi le chiedo, Presidente, di tenere conto delle nostre prerogative e di consentirci di avere il tempo sufficiente per presentare gli emendamenti alla nuova legge che è entrata in Aula, diversa da quella prevista dall'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Onorevole Porcu, non spetta al Presidente decidere quanto tempo concedere di sospensione per la presentazione degli emendamenti, non è una facoltà che ricade in capo alla Presidenza. Queste sono le dinamiche dell'Aula previste dal Regolamento. L'onorevole Mario Diana nella scorsa seduta ha sottolineato che esiste la possibilità, presentando un emendamento sostitutivo totale, di far decadere anche centinaia di emendamenti. E' successo nella scorsa legislatura, è successo in questa legislatura.

Queste sono le prerogative che dà il Regolamento e che io non posso certamente limitare con una decisione che non compete alla Presidenza ma compete all'Aula. Mi farò parte diligente per attivare le diplomazia e cercare di arrivare a una decisione che possa essere condivisa.

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove province e la modificazione delle circoscrizioni provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino della amministrazioni provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle province; procedure per l'istituzione di nuove province e per la modificazione delle circoscrizioni provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430-432-435-442/A - STRALCIO)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

Ricordo che i consiglieri che intendono parlare devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

BEN AMARA (SEL-Sardigna Libera). Presidente, sarò molto breve. Cari colleghi, io non vorrei essere sempre la voce discordante e apparire molto spesso come un "casse-cul", come dicono i francesi, un "rompiscatole", però vorrei ricordare all'amico Meloni che la parola "cretini" non è una parola offensiva; lei sa bene che nella mitologia greca i cretini sono soltanto corpi celesti...

(Interruzioni)

…e la mitologia greca è l'asse portante della cultura occidentale e anche di quella orientale.

Nel merito, non sono un tifoso della cancellazione delle province che considero un grande supporto alla democrazia territoriale, non si possono cancellare in un giorno strutture territoriali così importanti. Non sono favorevole al commissariamento, non approvo il commissariamento né delle province storiche, né delle province create recentemente. Sono per una proroga di questi enti fino alla realizzazione della riforma globale.

I consiglieri provinciali sono stati eletti dalla gente e considero questo testo di legge un inganno o forse uno stratagemma. Cancellare le province è come cancellare assistenti e infermieri in un ospedale, oppure in una struttura sanitaria, lasciando i medici soli e senza attrezzatura. La soppressione delle province dovrebbe avvenire soprattutto sulla base di una nuova architettura dell'ordinamento dello Stato, ma se vogliamo eliminare solo alcuni enti per fare cassa e sulla base di criteri che non possono essere sempre e comunque validi non basta adottare il criterio dell'estensione o quello della popolazione, ma per una Regione come la Sardegna occorrerebbe tener conto anche del numero particolarmente elevato dei comuni.

Questo processo si configurerebbe come un accentramento anomalo di poteri in capo alla Regione che invece deve svolgere i suoi compiti legislativi e non di gestione. A un anno dal referendum abrogativo delle province, e in assenza di una riforma adeguata del sistema degli enti locali, la politica non ha ancora avuto quel risveglio necessario per procedere a una soluzione immediata per salvare i nostri dipendenti, per tutelare non solo la loro competenza e professionalità ma soprattutto lo status giuridico e lavorativo.

Ci troviamo davanti a una situazione complessa e fortemente complicata, che necessita di una tempestiva risposta politica, responsabile dello stato attuale delle cose.

Nel mezzo di questo labirinto non si può in nessun caso prescindere dal ruolo dei dipendenti delle province che per questo devono essere parte attiva nel processo di riforma. Sono d'accordissimo sul manifesto scritto dal Comitato per la tutela dei dipendenti provinciali e abbraccio pienamente il suo contenuto. Da amministratori dobbiamo assumere le nostre responsabilità per evitare che le professionalità di questi dipendenti e le competenze svolte da decenni vengano sminuite, sarebbe una catastrofe sociale e umana. È il territorio stesso che esige tale responsabilità.

La riforma istituzionale deve garantire i posti di lavoro dei nostri dipendenti, salvaguardare i livelli occupazionali, proteggere e riconoscere lo status e la dignità dei nostri cittadini. L'obiettivo sarebbe inoltre quello di continuare a garantire funzioni essenziali sovra comunali e non parzializzabili in ambiti più ristretti quali quelli dei comuni. Non si può improvvisare, ma bisogna prendere in considerazione che la politica deve legiferare il riassetto degli enti locali, perché a questo processo è legato il futuro immediato di migliaia di lavoratori che potrebbero un giorno trovarsi senza lavoro e senza vita.

Non cerchiamo di dare la colpa alla crisi, provocando altre crisi che noi amministratori possiamo risolvere con nobile coscienza e senso di responsabilità. La riforma è riforma se salva il lavoro e le esperienze decennali del personale delle province. Non possiamo liquidare i dipendenti come beni materiali. Dobbiamo riconvertire le province in enti più efficaci e inglobanti, lavorando e confrontandoci in collaborazione con il Comitato e le forze sindacali.

Preme precisare che prima di parlare di riforma bisogna immettere in primo luogo oltre duemila dipendenti in organico di ruolo nelle quattro province regionali e nelle quattro storiche. Il mancato riassetto comporterebbe sicuramente una reazione violenta dai risvolti anche di tipo sociale. Il primo atto performativo di ogni riforma deve tutelare lo status, le funzioni e il ruolo dei dipendenti provinciali. Processo di stabilizzazione in forma unitaria e organica per evitare, come recita il testo del Comitato, situazioni che pregiudicano lo status di dipendente di ruolo già acquisito.

E' improponibile il passaggio di dipendenti a enti costituiti su base volontaria che non garantiscono nel tempo il posto di lavoro, proprio con la loro natura aleatoria. Non si può inoltre trasferire le funzioni, cioè ogni dipendente provinciale deve eseguire la stessa funzione. E' scontato in fin dei conti che dovrà essere garantito e mantenuto lo status di dipendente pubblico al personale assorbito. Non si può disperdere un patrimonio professionale formato in dieci anni di attività, ci vuole una governance che non disperda i servizi essenziali sui territori per riorganizzare le istituzioni.

L'articolo 114 della Costituzione dice chiaramente che "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato". Ciò che sfugge di sicuro sono le logiche di crescita, se consideriamo il caso delle province, che sussistono a vantaggio di aree dell'interno poco sviluppate, poco incentivate; contrariamente a ogni buona politica di crescita si spostano gli incentivi dalle aree potenzialmente produttive ai grandi agglomerati urbani, una politica chiaramente recessiva.

Sparita dunque la centralità dei territori, che interessava il 40 - 50 per cento del territorio italiano, gli agglomerati urbani assorbiranno investimenti, programmazione politica economica e industriale, per non parlare dell'ulteriore spopolamento che subiranno queste aree improvvisamente delocalizzate e declassate, divenute non più punto di riferimento per uffici, infrastrutture, progetti pubblici, con effetti negativi per tutta l'economia.

Uno studio della Bocconi mette in evidenza che il passaggio delle funzioni fondamentali delle province ai comuni, senza il trasferimento di servizi di amministrazione e controllo, porterebbe di fatto a una perdita che oscilla tra il 28 e il 31 per cento di efficienza del sistema. Il confronto con i livelli di efficienza dei comuni, mediamente inferiori a quelli delle province, mette in evidenza i rischi di un trasferimento di funzioni verso il basso, mentre proprio questo aspetto invece indica che la via dell'efficienza può essere percorsa in senso inverso, valorizzando la funzione di assistenza che le province possono attuare nei confronti degli enti locali del territorio.

Nel momento in cui in Europa, e soprattutto in Francia, si rafforzano le province, districts in Gran Bretagna, noi decidiamo in un colpo di cancellare, commissariare le province, che rappresentano l'asse rappresentativo dei cittadini. Vedo in tutta questa confusione un certo abuso di potere, dove il doppio della microfisica regna sovrano. Noi siamo per il riordino e il rispetto di coloro che sono stati votati di fatto dal popolo, perché tutto sommato alcuni referendum sono manipolati e lottizzati. Di solito i referendum puliti non sono mai stati rispettati in Italia. Abbiamo chiesto al popolo quando si è deciso di fabbricare le province recenti? E' da qui che dobbiamo leggere il passato e il futuro, ma soprattutto il presente. Noi siamo stati sempre sostenitori della "nidificazione" del territorio e della disciplina calpestata dalla politica della nostra Regione.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Signor Presidente, signor Presidente della Giunta, Assessori e colleghi, questo odierno è senz'altro il punto più basso di questa legislatura, ed era un punto difficile da raggiungere; siete riusciti anche in questo intento perché, colleghi, una prepotenza e una violenza di questo tipo da parte della maggioranza costituiscono un atto gravissimo. Io non sorriderei, perché è davvero una cosa grave, colleghi. A voi fa sorridere perché giocate sulla pelle della gente, è una vostro costume, ci siete abituati, non vi preoccupa.

Voi, con un atto d'imperio, un atto di prepotenza, sovvertite l'ordinamento delle nostre autonomie. con un atto di prepotenza intervenite "a piedi uniti" su enti che sono equiordinati rispetto alla Regione. Le province non sono subordinate a noi, stanno sullo stesso piano nell'ordinamento costituzionale italiano, ma voi ve ne fregate! Trattate le province come straccioni, come mendicanti, ma perché pensate questo anche dei territori di periferia, come dirò dopo.

Violentate queste istituzioni con una prepotenza inaudita, e perché lo fate? Forse ne siete convinti (siete sprezzanti da questo punto di vista), lo fate perché volete esercitare quella che è la vostra attività preferita in questa legislatura: il commissariamento; non vi siete contraddistinti per altro che per commissariare. La vostra furia "commissariatrice" si spinge fino a questo punto: al ribaltamento del risultato popolare, perché le altre amministrazioni provinciali, forse qualcuno di voi l'ha dimenticato, o forse lo ricorda troppo bene, sono state elette direttamente dal popolo, con un risultato che forse non vi soddisfaceva, ma questo, ahimè, purtroppo capita quando si tengono le elezioni.

Perché quindi, è il vostro ragionamento, privarsi da qui alle prossime elezioni regionali (mancano d'altronde solo otto mesi) della possibilità di controllare dei territori che invece hanno scelto altri per essere amministrati? No, i cittadini a volte sbagliano anche quando votano, secondo il vostro ragionamento. I cittadini avevano scelto altri amministratori per essere amministrati, non avevano scelto voi.

E' evidente il vostro intento, e quale sia il vostro intento è reso chiaro anche da ciò che è successo oggi: nessuna riforma, voi vi rifiutate di fare la riforma. Avevate presentato un aborto di riforma con il testo che avevate portato in Aula, di questo non si vergognavate, però non volete neanche discuterne. Certo che bisogna fidarsi dei vostri impegni! Voi dite: "facciamo questo ma subito dopo faremo l'altro" - ma nel corso di quest'anno che cosa "cavolo" avete fatto? O è colpa nostra anche questo? E' passato un anno dai referendum e siamo ancora qua a dire che siamo preoccupati perché il primo luglio può darsi che non si paghino gli stipendi, e che bella preoccupazione avete avuto in questi 365 giorni!

Intanto per il momento riforma non ne fate, però una cosa la fate: i commissariamenti, come dire "vorremmo fare la riforma, ci proviamo, cerchiamo di farla…" però riforme in quattro anni e mezzo non ne avete fatto neanche una, quindi il fatto che la possiate fare è già scritto nelle cose che avete fatto. Quindi, non abolite le province, perché fare la riforma vuol dire abolire le province, ma abolite i consigli, abolite le giunte, abolite i presidenti, questo lo fate sicuramente perché l'emendamento che avete presentato è in quella direzione. Tanto è vero che…

(Interruzioni)

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

CUCCU (P.D.). Presidente, non si preoccupi, non sono interessati a questo, sono interessati ai commissari, probabilmente stanno già decidendo anche chi saranno i commissari dei consorzi industriali, e quant'altro c'è, oltre ai commissari delle province. Vi preoccupate di mettere dei nomi, di occupare le caselline (e la dice lunga anche la riunione a villa Devoto di questa mattina e questo pomeriggio); dovete occupare le caselline, certo non vi preoccupate di chi dovrà provvedere a ereditare i rapporti esistenti; no, di questo se ne parlerà, e chissà quanto dureranno i commissari!

Perché non ve ne preoccupate? Intanto perché non ve ne "frega", questa è la prima cosa, e poi perché sapete benissimo, perché non siete sprovveduti e, anzi, quello che avete fatto la dice lunga proprio su quanto non siate sprovveduti, che non possono essere le province storiche a ereditare quei rapporti non essendo rinnovati i loro mandati e nemmeno definiti i loro confini.

Quali sono i confini della province storiche? Non lo sa nessuno; i cittadini di Sardara, Pabillonis, San Gavino, Lanusei, Tortolì, Olbia dovranno decidere a quale provincia aderire, o volete decidere voi anche questo? Commissariate quelle popolazioni, nominate un commissario ad acta nei comuni che devono passare da una provincia all'altra, così decidete anche dove devono andare, perché intanto questo è il vostro obiettivo.

Noi vi abbiamo sfidato, vi abbiamo dato anche in questi giorni una possibilità, ma non lo avete detto in questa sede, cercando di venire incontro anche all'impasse in cui vi siete trovati. Vi abbiamo detto di, discuterne in Aula, anche sabato e domenica, noi non abbiamo paura, non ci spaventa il lavoro, non ci spaventa discutere nel merito, ma facciamo una riforma; invece con questo voto gettate finalmente la maschera, noi non avevamo dubbi però almeno adesso tutti sanno quali sono i vostri obiettivi, e il vostro obiettivo è chiaro: prendervi quello che i cittadini non vi hanno voluto affidare. D'altra parte avete dimostrato che con la prepotenza siete bravi.

A parole dite però di preoccuparvi di quello che può succedere dal primo luglio, di quello che può succedere ai dipendenti delle province; ma, riprendo quello che dicevo prima, in questo anno ve ne siete preoccupati? Dov'è il partito delle riforme? Dov'è il partito dei Riformatori che in quest'Aula doveva presentare le riforme? Il partito della riforme voleva otto commissari, hanno trovato un compromesso e i commissari sono diventati cinque, così almeno un po' si accontentano, magari ne prendono uno solo anziché due.

Ormai il vostro obiettivo è palese: riportare al centro quello che era in periferia; riportare i servizi a Cagliari; voi non siete il partito dei Riformatori siete il partito dei restauratori. C'è un interesse da parte vostra a espropriare il territorio dai servizi, è palese! Volete la gente serva, volete la gente che dalla periferia venga a Cagliari con il cappello in mano; avete una visione padronale dell'istituzione!

Un'altra volta in quest'Aula si è parlato di "castixedda cagliaritana", voi la rappresentate in pieno sa castixedda casteddaia: seis castixedda casteddaia bosattrus, siete gente che difende gli interessi di chi abita in città, ne sono sempre più convinto. Voi avete l'idea di una classe politica illuminata che dal centro governa la periferia, ebbene non funziona così, perché da novelli predatori volete espropriare i territori dei servizi; ora sono le province, con tutti i servizi. Perché non dobbiamo dimenticare la ragione per cui le province sono nate, non dimentichiamo la ragione per cui c'è stata questa rivendicazione da parte di questi territori vent'anni fa, e non è che quelle ragioni sono venute meno…

DEDONI (Riformatori Sardi). Te le racconto io.

CUCCU (P.D.). Poi mi racconti, ma le conosco anch'io, e le conosci anche tu perché anche tu sei in periferia, e mi dispiace che tradisca la tua periferia.

Le province storiche avevano tradito la loro missione, avevano depredato le periferie, non un euro veniva speso in periferia, non un euro veniva speso nei territori. Vi vorrei ricordare che il ripascimento del Poetto, il parco di Monte Claro e quant'altro sono stati fatti con i soldi dei cittadini del Sulcis, con i soldi dei cittadini del Medio Campidano; questi i motivi, che sussistono ancora oggi, per cui si ribellarono, perché non un soldo veniva speso nelle strade, non un soldo veniva speso nelle scuole.

Oggi ci sono le province ma domani ci saranno le ASL, perché il vostro obiettivo vero è quello, non ci sono altri obiettivi. Il vostro vero obiettivo è quello di mettere le mani sulla sanità, su tutta la sanità, portarla a Cagliari; non è per altri motivi che non si spendono i soldi per l'ospedale di San Gavino: non volete che si faccia l'ospedale di San Gavino perché volete i posti letto a Cagliari, l'obiettivo vero è quello di togliere un riferimento territoriale, quello della provincia, e di conseguenza togliere tutti i servizi, come sta già succedendo. Sta succedendo per i tribunali, sta succedendo per l'Agenzia delle entrate, succederà per le ASL, è questo il vostro vero obiettivo.

Allora, colleghi, siccome noi non ci fidiamo degli impegni che voi prendete di fare le riforme vi stiamo sfidando su quello, vi stiamo sfidando su quello:, facciamo la riforma, facciamola adesso, lavoriamo anche di sabato o di domenica se avete la preoccupazione per la scadenza del primo luglio. Mi pare, però, che la vostra preoccupazione sia non il primo luglio ma il febbraio del 2014 quando insieme a noi dovrete misurarvi di nuovo sul consenso degli elettori; quindi avete bisogno di recuperare terreno, e provate a recuperarlo con la bottega, con la clientela occupando roba che i cittadini non vi hanno dato.

Pertanto l'atto che avete messo in campo oggi con lo stralcio, e le intenzioni che sono palesi nell'emendamento numero 1 che avete presentato, non dico che rappresentino un vulnus (ormai è l'ennesimo scempio a cui state sottoponendo la nostra Isola e questa Aula), però rompono un patto. E, poichè nessuno vi autorizza a violare il patto con i cittadini, questo è il vulnus, il grosso problema che voi state creando con i cittadini e con i territori.

I cittadini comunque un'espressione l'hanno manifestata; allora, se si devono abolire le province si aboliscono le province, il referendum ha detto che vanno abolite le quattro province ok, rigoverniamo i territori ma voi non state abrogando le province, voi non state abrogando le province, le state mantenendo tutte e quattro in piedi solo che al posto dei presidenti ci mettete i commissari, al posto dei consiglieri ci mettete i commissari: state facendo solo questo. Delle province se ne parlerà, delle riforme se ne parlerà; ovviamente saremo costretti a parlarne noi la prossima legislatura.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, Assessori colleghe e colleghi…

LAI (P.d.L.). Presidente, io vorrei un chiarimento, penso che lei mi debba una spiegazione, in merito alla mia non iscrizione a parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Lai, su quale ordine dei lavori intende intervenire? Le ho già spiegato che lei non risulta iscritto a parlare, onorevole Lai. Io non devo dare spiegazione di nulla la spiegazione me la dà il foglio che registra le iscrizioni a parlare e il suo cognome non risulta. Onorevole Lai, mi dispiace, ma le regole sono uguali per tutti.

LAI (P.d.L.). Mi appello all'Aula. Ritengo sia opportuno che con correttezza e garbo istituzionale, con il mio vissuto come componente della prima Commissione, io possa esprimere il mio parere.

PRESIDENTE. Chiedo all'Aula se è d'accordo. Poichè non c'è unanimità l'onorevole Sabatini può continuare il suo intervento.

SABATINI (P.D.). Presidente, abbiamo appena concluso l'approvazione della legge elettorale e l'abbiamo fatto in questa Aula come opposizione con grande senso di responsabilità, dando come sempre il nostro contributo fattivo, perché ero e rimango convinto che i grandi progetti di riforma vanno costruiti con larghe intese tra le forze politiche presenti in questo Consiglio. Ieri sera pertanto ci siamo recati come opposizione alla riunione politica recando una proposta che consentiva di aprire con voi un confronto serio e serrato su un progetto di riforma per continuare in quel solco tracciato e perseguito con l'approvazione della legge elettorale che è stata votata con un largo consenso dentro questa Aula, e una legge di riforma degli enti locali non può essere approvata con forzature, con colpi di mano come voi state oggi tentando di fare in modo vergognoso.

Il tentativo è, infatti, quello di occupare le istituzioni in modo illegittimo, perché i commissariamenti delle province sono illegittimi e ce l'ha detto l'Assessore degli enti locali a cui chiederemo conto del perché ha speso quelle risorse per dare degli incarichi ai costituzionalisti per poi non tenerne conto; ci dovranno spiegare perché quelle risorse sono state spese inutilmente. E il tentativo oggi è chiaro: è un'occupazione illegittima delle istituzioni e dei territori, è un abuso.

Allora, a mio avviso dobbiamo svolgere due considerazioni. La prima; questo dibattito deve partire innanzitutto dall'accettare il risultato referendario che non può essere interpretato come i Riformatori, lo dico innanzitutto a loro vogliono interpretarlo. I referendum, è vero, erano distinti in referendum abrogativo e referendum consultivo, ma i cittadini (voi ci richiamate sempre al rispetto della volontà dei cittadini) hanno detto, seppure con il referendum consultivo, di volere lo scioglimento delle otto province. Ma voi non state attuando questa indicazione, voi state abusando del parere dei cittadini, mentre va rispettato innanzitutto il risultato referendario fino in fondo se siete coerenti, voi che siete stati i promotori di quel referendum che io non ho condiviso.

La seconda; la storia non può essere cancellata, ripeto, la storia non può essere cancellata e allora ricordo che le province non sono nate a caso. Io ero giovane ma partecipai a quel dibattito e ricordo che le nuove quattro province non sono nate per caso, nessuno le avrebbe mai chieste se non ci fossero state in Sardegna quelle che venivano chiamate le isole nell'isola, cioè i territori marginali di questa Regione. Fu un dibattito serrato, durissimo; ci fu una contestazione dei territori marginali che chiedevano di essere partecipi alla vita politica, alla vita programmatoria di questa Regione, dopo che per anni erano stati isolati e avevano ricevuto gli avanzi, come bene ha detto il collega Cuccu, delle risorse finanziate da questa Regione.

Quelle province, quindi, non sono nate per un caso. Io porto sempre come esempio, la Provincia di Nuoro e il territorio dell'Ogliastra che ne faceva parte. Quando si pensò a un aeroporto e a un porto non furono scelti il porto e l'aeroporto presenti nel territorio di quella provincia, fu costruito l'asse con Nuoro perché questo era. Lo stesso è successo nel Gerrei, nel Sulcis, nel medio Campidano, nel Nord Sardegna, in Gallura, quei territori sono stati per anni marginalizzati, la storia non si può cancellare, le battaglie di interi territori non possono essere cancellate e dico di più: se vogliamo fare una buona riforma dobbiamo anche leggere che cosa è successo in questi anni.

Basta leggere i bilanci di quelle province; province che possono essere criticate, se ne può dire peste e corna, si può dire che vanno attuati i risparmi sui costi della politica, ma certamente le risorse trasferite a quei territori marginali sono aumentate, quei territori hanno avuto la possibilità di relazionarsi direttamente con la Regione, di costruire un proprio progetto e queste province hanno lavorato a costruire i progetti in modo autonomo, hanno cominciato autonomamente a decidere che cosa fare del loro territorio, hanno cominciato a rapportarsi direttamente con la Regione e a pretendere i loro diritti.

Dico queste cose le non per ergere muri a difesa delle province, né delle vecchie, né delle nuove, non è questo il mio intento, non voglio qui fare l'avvocato difensore; io sono consapevole che una riforma va fatta, ma va fatta alla luce di ciò che è successo negli ultimi vent'anni in questa Regione, perché la storia non può essere cancellata, perché le ingiustizie commesse nei confronti di quei territori non possono essere dimenticate.

E' chiaro che bisogna lavorare a un progetto avanzato; qual è il progetto avanzato? Ancora chiedo ai Riformatori, che sono distratti qual è il progetto avanzato. Tornare alle quattro province storiche? Ma quello è un progetto di retroguardia, non è un progetto di riforma accettabile, è una vergogna quel progetto di riforma! Perché ritornare a "su connottu" significa fare passi indietro, non guardare avanti. Io avrei visto bene un progetto che guardasse avanti, un progetto di riforma vero; e come lo dobbiamo costruire questo progetto di riforma? Da che cosa dobbiamo partire?

Dobbiamo partire da un nuovo modello di sviluppo, perché se dobbiamo riformare il sistema degli enti locali, lo dobbiamo riformare pensando a quale nuovo modello di sviluppo vogliamo costruire per la nostra Regione, tenendo conto del fatto che è fallito il modello di sviluppo che vedeva mettere al centro la grande industria. Io sono consapevole che qualsiasi economia avanzata non può fare a meno dell'industria, noi non possiamo farne a meno, però è chiaro che le politiche industriali, le politiche del comparto industria vanno rivisitate.

Va bene fare tutte le battaglie per mantenere ciò che è in campo, ma noi dobbiamo rivedere quelle politiche; affianco a quelle politiche è chiaro che ritornano a essere prioritarie le politiche legate allo sviluppo locale. Dobbiamo riprendere la valorizzazione del turismo, dell'ambiente, del sistema artigiano, dell'agricoltura, del sistema agroalimentare. Dobbiamo valorizzare cioè le risorse che appartengono ai territori, e questa valorizzazione può avvenire solo a partire dalle aree omogenee.

Il nostro progetto non può pertanto cancellare i territori della Sardegna, non può non tenere conto delle aree omogenee della Sardegna; si fa una riforma, ma tenendo conto che esistono delle aree che devono avere la possibilità di competere come territori, di autodeterminare i loro processi di sviluppo. Invece voi che cosa proponete? Proponete il ritorno alle vecchie province, sottomettendovi ai parametri imposti dal Governo nazionale e richiamandovi ai principi dell'autonomia di questa Regione; quale autonomia? Dov'è l'autonomia di questa Regione?

La vostra è una riforma obbrobriosa di cui neanche voi siete convinti, ma siccome non siete stati capaci di scriverne una migliore, siete solo riusciti a pensare che bisognava ritornare alle quattro province storiche. Questo è inaccettabile, inaccettabile! E' un sopruso, è un'arroganza, è un'occupazione, come ho detto, illegittima delle istituzioni. Allora, come ho detto all'inizio, rimango sempre convinto che, se davvero si vuole lavorare per costruire un progetto serio di riforma, questo progetto deve essere condiviso dalle forze politiche, perché questa riforma, se ci si lavora seriamente, può segnare una tappa fondamentale nella storia della nostra autonomia; e non la si può svilire con il progetto di riforma, inaccettabile, che avete presentato, e non si può svilire con il commissariamento delle Province.

Questa è la mia seconda legislatura e, a dire il vero, da parte vostra ho visto pochi progetti di riforma, nella scorsa legislatura invece ne ho visto alcuni e, per esperienza, posso dire oggi che quando le riforme sono fatte a colpi di mano da parte della maggioranza, senza il coinvolgimento delle opposizioni, si fanno delle riforme-aborto, che non servono, che vanno nella direzione non di una salvaguardia degli interessi dei territori della Sardegna e di chi in quest'Isola abita, ma, al contrario, verso la rovina, verso la confusione.

D'altra parte conosciamo bene la storia dei commissariamenti in questa Regione; sono dei commissariamenti senza fine. Allora io chiedo, in modo particolare ai colleghi della maggioranza, che vivono nei territori di quelle province, ma lo chiedo a tutti i colleghi di buon senso, a cui davvero stanno a cuore le sorti della nostra Regione di metterci a lavorare per un progetto di riforma vero. Come ho detto ci sono diversi pareri, che voi avete raccolto, che ci avete raccontato in questi mesi, che ci dicono, in modo chiaro, che le province non possono essere commissariate, che non possono essere mandati all'aria consigli provinciali eletti dal popolo, proclamati dai tribunali di questa Repubblica; non lo potete fare! Ci opporremo in tutti i modi a questo atto di arroganza!

Di conseguenza, anziché pensare a questo, fermiamoci, prendiamoci quindici, venti giorni, un mese, chiudiamoci qui dentro, approviamo un testo di legge senza forzare i tempi, senza forzare i processi di riforma, portando a scadenza naturale i consigli provinciali in essere perché sono stati eletti dal popolo; prendendoci i tempi necessari per attuare riforme serie e non riforme campate in aria, utili solo a un'azione di spartizione tra le forze di maggioranza ma non utili a questa Sardegna, riforme che vi faranno vergognare di essere sardi.

Mi appello ancora alle persone di buon senso sottolineando che noi siamo disponibili a ragionare su un progetto di riforma serio, non su una proroga, lavorando in Consiglio, disegnando davvero il nuovo assetto del sistema degli enti locali nella nostra Regione. Un assetto fatto in modo serio, che parta dal riconoscimento delle aree omogenee, che ad esempio costruisca delle agenzie di sviluppo presiedute da un direttore generale sottoposto al controllo (sto esemplificando un'idea che potrebbe essere innovativa per un progetto avanzato di riforma), e all'indirizzo di un comitato costituito dai sindaci dei vari territori, con l'azzeramento totale delle province.

Questo può essere un progetto avanzato di riforma. Allora, le idee ci sono, la volontà c'è: abbandonate il metodo che avete intrapreso e che è un metodo vergognoso e arrogante, di cui la Sardegna e i sardi vi chiederanno conto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, Presidente della Giunta, Assessori, onorevoli colleghi e colleghe, questo momento era atteso da tempo e, come hanno detto i miei colleghi, credo che la responsabilità vada addebitata interamente alla maggioranza, perché, come ha dimostrato quest'oggi, ha i numeri e la forza per poter imporre la propria volontà. In un anno si poteva anche imporre la scelta che è stata presentata oggi, e se lo stralcio all'articolo 10 era la vostra vera volontà, bene avreste fatto a non convocarci ieri per l'incontro che voleva o, perlomeno, tendeva a trovare comunanza in un momento così importante e su un argomento così delicato e di estremo valore simbolico.

Chiedendoci quell'incontro di fatto avete dimostrato poca attenzione al tema; un tema, come detto, di notevole importanza e che avrebbe qualificato questa legislatura. Purtroppo così non è stato, anche perché io credo, così come hanno detto i miei colleghi, che la volontà espressa dai referendari di andare oltre le province, cioè di sciogliere le province, non voleva certo dire una "passata di spugna", sapendo che un organismo regolarmente eletto e con funzioni importanti sul territorio non poteva essere cancellato da un momento all'altro.

Credo che la consultazione popolare tendesse a manifestare la volontà di superamento di questo organismo che, da molti, è considerato costoso e quindi, anche nel momento delicato della Nazione, poteva essere un segnale importante di risparmio economico su cui tutti dobbiamo fare la nostra parte; questa azione si inseriva in questo filone culturale, chiamiamolo così. Ebbene, questo non voleva dire che dovessero essere tranciate di netto o abbandonate, tant'è che la stessa maggioranza in un anno non è riuscita a costruire le basi per un riordino istituzionale coerente.

Io credo che gli elettori, e quindi i referendari, di fatto intendessero lasciare agli eletti, perché rappresentano appunto questa nostra comunità regionale, di trovare le giuste ragioni perché questa evoluzione istituzionale avvenisse nel miglior modo possibile, senza traumi alcuni. Gli stessi dipendenti provinciali erano e sono tuttora allarmati proprio perché non sanno quale sarà la loro prospettiva. In quest'ottica noi, responsabili istituzionali, abbiamo avanzato delle proposte che, per un verso, guardavano oltre, cercando di capire e di condividere lo spirito referendario; quindi nel rispetto della volontà popolare ci siamo attivati con proposte istituzionali che davvero superassero le province.

Oggi, invece, discutiamo una proposta che di fatto mantiene in piedi le quattro province storiche, peraltro senza funzioni, vanificando quel processo, a mio avviso, che già era in atto con la Giunta Soru quando le province diventarono otto. Alcuni colleghi l'hanno detto prima di me: l'obiettivo era non quello di creare altri carrozzoni, ma quello di decentrare sul territorio quelle funzioni e quei servizi, avvicinandoli al cittadino, erogati dalla Regione Sardegna nella sua attività istituzionale. Quindi il mantenimento delle province, così come è stato detto, o il ritornare a su connottu, farebbe pensare a un ritorno dei poteri e della gestione dei servizi in ambito centrale, mentre l'obiettivo come dicevamo era quello di trasferire competenze e servizi, progetto rimasto a metà con la caduta della Giunta Soru e che non si è poi completato.

Io credo che forse si sarebbe fatto bene in quei territori, che peraltro sono riconosciuti nella loro diversità (chiedete alla Gallura come previsto in questo progetto di legge di tornare a Sassari, o ai cittadini del Sulcis-Iglesiente o del Medio Campidano se questo è nelle loro intenzioni, perché questo è il senso della norma oggi in discussione), a mantenere in carica gli organi eletti, che peraltro sono stati eletti con una percentuale di voti molto superiore se non quasi doppia, rispetto a quella espressa sui quesiti referendari.

Un mantenimento in carica perché fossero essi stessi i liquidatori, tra virgolette, delle vecchie province; non avrebbe di fatto vanificato la volontà popolare e io credo che chi aveva depositato nell'urna la scheda con la volontà di superare le province, non pensava sicuramente che avremmo dovuto attuare una cancellazione tout court di questi organi (come se questo fosse un atto semplice), senza creare danni, ma lasciava alla responsabilità degli eletti il percorso per arrivare all'obiettivo del superamento delle province.

Noi così abbiamo inteso e operato depositando proposte di legge a titolo di contributo al superamento, che però avevano e hanno, perché sono depositate, lo spirito del mantenimento all'interno di quei territori oggi comunque condivisi e accettati dei servizi e del personale che tuttora vi opera. Ma non solo i servizi delle province, che erano servizi a metà. Come voi sapete le province, visto che non sono stati dati loro ulteriori servizi e ulteriori incombenze, di fatto erano poca cosa, senza parlare del fatto che poi la maggioranza propone le province sulla base dello schema nazionale, lo diceva Sabatini prima, che non hanno altra funzione oltre quella del coordinamento dei comuni.

Le province avevano già poche funzioni sino a oggi (gestione degli edifici scolastici, della viabilità, alcuni servizi a mezzadria sull'ambiente con la Regione Sardegna), non avevano cioè grandi compiti da svolgere sul territorio, però questi compiti li hanno svolti con umiltà e con professionalità, dando quei servizi sul territorio a cui tendeva la riforma Soru. Bene, questa riforma, come ho detto, è rimasta sospesa, addirittura è caduta, oggi siamo andati oltre. Gli eventi cambiano, i tempi mutano, ce ne facciamo una ragione, ne prendiamo atto e ne abbiamo già preso atto.

Ripeto noi abbiamo depositato proposte che vanno nel rispetto della volontà popolare, che è quella di andare oltre le province, però nelle more di questo passaggio sentiamo la responsabilità di far sì che questi organismi non siano affidati a un commissario perché abbiamo ancora residui di commissariamento. Alcune comunità montane sono ancora in mano ai commissari dopo dieci anni dalla soppressione! Ma che senso ha, se non un senso prettamente di bottega perché quel funzionario comunque lo nomino io e risponde alla mia nomina? Non va assolutamente bene.

E' un metodo che contrasta con l'elezione diretta degli organismi, non va assolutamente bene, è uno degli artifizi degli organi politici che è funzionale al loro fabbisogno, non certo al bisogno della soppressione graduale e normale di un ente complesso come le province. Bene, questo è negli atti. Noi abbiamo comunque portato questo nostro contributo. E poi io credo che i referendum ci abbiano di fatto consegnato una grande opportunità storica, cioè quella di riorganizzare il nostro sistema sulla base della nostra cultura, del nostro passato importante, perché spesso dimentichiamo ciò che è stato quando invece, seppure in un tempo lontano, la Regione sarda è stata governata senza province.

Spero non dispiaccia se faccio un passo indietro nella storia ma credo molti sappiano, poiché sono state presentate diverse proposte, e spero che anche questa possa essere affrontata, per un riordino della gestione dei beni culturali, che la nostra storia non ha paura di confrontarsi con nessuno. Ricordo quindi che nel 1400 la Sardegna era governata con le curatorie, che non erano province, perché le curatorie erano ambiti territoriali gestiti dal curatore che, oggi, potremmo chiamare direttore generale.

Personalmente ho proposto che nei vecchi territori delle province, pur abolendo la provincia e gli organi provinciali, con una convenzione, che è uno strumento europeo, tra la Regione e i comuni presenti all'interno di quell'ambito territoriale si stringa un patto nel quale prevedere l'inserimento dei servizi e delle funzioni in quel territorio, con la costituzione di un ufficio centrale al quale potrebbero far capo tutti i dipendenti delle province e degli enti sciolti che gestivano le funzioni assegnate, però senza avere alcun consiglio provinciale, giunta provinciale, enti sovvenzionati dalle province.

Oggi con la lente di ingrandimento della Corte dei conti vediamo che un ente, una società nasce con un certo numero di dipendenti e poi, a causa di quel brutto vizio della politica, che giustamente i cittadini condannano, si triplicano le maestranze, non perché siano aumentati i servizi ma perché, purtroppo, diciamola tutta, è aumentata l'influenza del politico di turno e gli enti privati possono assumere senza concorso, questo va detto chiaro e tondo. Allora, questi vezzi sono da condannare.

Io credo che lo spirito referendario intendesse proprio dare un segnale alla politica che questi meccanismi fanno sperperare risorse pubbliche e non danno la legittima...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Agus; colleghi, mi sembra che si stia esagerando col brusio in aula. Grazie.

AGUS (P.D.). Grazie, Presidente, in effetti anch'io tendevo ad aumentare il volume della voce. Quindi, ripeto, c'è effettivamente la possibilità di un riordino. Io saluto comunque con favore quell'atto di libertà istituzionale che ha portato i cittadini della Sardegna a dire: "Signori, andate oltre le province, ragionate sulla possibilità di organizzare il territorio della Sardegna senza creare quei cosiddetti buchi". Si è parlato spesso di una Sardegna ciambella, perché i piccoli comuni del centro Sardegna rischiano di spopolarsi. Poiché lo Stato chiude le caserme, le scuole, le istituzioni statali, vogliamo mantenere almeno quelle regionali? Nello spirito di mantenere quelle popolazioni sul territorio.

Per far sì che le popolazioni rimangano sul territorio vanno dati i servizi e i servizi, ripeto, possono essere dati perché quello spirito di riordino istituzionale che si è bloccato e poi stato vanificato può essere riassunto in termini moderni anche, e soprattutto, sulla base dell'indirizzo referendario dato: sediamoci a costruire. Se però le azioni sono come queste oggi poste in essere da questa maggioranza, che dimostra di voler usare la forza (e sicuramente la spunterete), rischierete di fare una legge a vostra immagine e somiglianza che però non avrà il contributo dell'intero Consiglio, così come si addice a riforme di questo spessore politico e istituzionale. Non stiamo intervenendo su quisquilie, ma stiamo intervenendo su un ordinamento importantissimo che poi avrà ricadute sulla nostra collettività, sui nostri concittadini.

La questione in discussione va trattata, ripeto, seriamente; noi riproporremo con un emendamento il mantenimento degli enti ancora in capo alle attuali province sino al loro scioglimento naturale, e da oggi in questo arco di tempo discutiamo al fine di trovare una soluzione a questo tema che la maggioranza ha trascinato per un anno e che oggi vuole risolvere con un atto di forza. Io credo che stiate sbagliando di grosso.

La disponibilità da parte dell'opposizione è stata completa, tant'è che quando ieri ci avete chiamato ci siamo presentati e abbiamo presentato il nostro contributo. Se aveste detto ieri che era vostra intenzione presentare lo stralcio del "10", avremmo chiuso la questione, invece abbiamo aspettato ventiquattro ore per trovarci di fronte a un atto arrogante, a un atto di forza che dimostra la non volontà di dialogare, la non volontà di andare davvero al superamento delle province.

Questo testo di legge che oggi ci proponete non è il superamento delle province, è il mantenimento di quattro province senza funzioni perché le funzioni non ci sono, di fatto attuano il coordinamento dei comuni; ma i comuni non hanno bisogno di un ente sovracomunale per coordinarsi, il coordinamento lo sanno fare benissimo da soli. Inoltre le vuotate di competenze perché le competenze ritornano alla Regione. Che senso ha mantenere questo tipo di province? Servono solo, forse, per ritornare ai collegi elettorali in funzione delle nostre spudorate combinazioni, dei nostri spudorati calcoli di bottega, per essere più facilitati alle elezioni?

Ricordo che l'altro giorno in quest'Aula non è passato il voto di genere perché anche questo è un elemento che, per molti, è ostativo alla ricandidatura. Ma ci dimentichiamo che la politica è atto di servizio? L'atto di servizio non dura in eterno, non è a tempo indeterminato, è a tempo determinatissimo, un tempo durante il quale ognuno di noi dà il suo contributo, per quanto è possibile farlo, senza calcoli perché questo contributo duri chissà quale tempo.

Ecco, tutti questi nostri calcoli determinano l'aborto di riforme istituzionali compiute, importanti e alte in quanto minate da calcoli di bottega, da calcoli egoistici che tengono conto non del bene comune ma solo della nostra poltrona. Allora giustamente l'opinione pubblica si rivolta, si arrabbia e noi non possiamo indignarci con loro, dobbiamo, a mio avviso, invece non indignarci ma ascoltare, rispondere in termini corretti e in termini di servizio così come la politica, l'alta politica dovrebbe fare.

Allora, per concludere, questa opportunità che i referendari ci hanno dato (non i referendari partito, io parlo dei cittadini) accogliamola per davvero, realizzando in questa sessione legislativa un riordino istituzionale di grande portata. Le condizioni ci sono, basta solo volerlo.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Bruno è rientrato dal congedo.

E' iscritto a parlare il consigliere Stocchino. Ne ha facoltà.

STOCCHINO (Gruppo Misto). Presidente, per ragionare su un riordino complessivo dovremmo ripartire dalla legge elettorale che abbiamo appena votato. In quella legge elettorale abbiamo affermato un principio fondamentale in quanto abbiamo sancito che la Sardegna ha specificità differenti e in questa direzione ci siamo mossi, praticamente lasciando i collegi con i limiti e i confini delle vecchie province. Io vedo un minimo di schizofrenia nel comportamento della stessa maggioranza; da una parte lavora per, giustamente, tenere in piedi specificità culturali, politiche, economiche nella legge elettorale, dall'altra parte decide che queste specificità non valgono più. E di questo mi chiedo il motivo.

Le province, oltretutto, nascono proprio dall'esigenza di garantire a queste specificità una presenza e un intervento istituzionale più consoni ai problemi di quel territorio. Mi domando quindi quali sono le motivazioni per cui oggi quello su cui abbiamo ragionato per quanto riguarda la legge elettorale non vale per le province. Si diceva prima che la gatta che ha fretta fa i gattini ciechi; noi arriveremo a esitare una "legge cieca" perché non pensa ai territori, non risolve il problema dei territori, amplifica i problemi che vuole risolvere.

Io voglio capire in che modo, senza una legge strutturale sugli enti intermedi, si risolve il problema della partecipazione di quei territori e del contributo che quelle specificità devono dare da un punto di vista economico, da un punto di vista sociale, da un punto di vista politico alla Sardegna. Voglio capire come si risolve il problema dei lavoratori che non sapranno in che modo, con quali strumenti, in che luoghi dovranno continuare a portare avanti il loro contributo lavorativo per la loro terra.

Se esamino le motivazioni non ce n'è una valida, però c'è un'idea strana secondo me che poi diventa chiara quando osservo le lottizzazioni interne alla maggioranza rispetto alle province. Diventa chiara quando si capisce che nessuno sta pensando ai territori, tutti pensano alle prossime elezioni regionali. E pensano che, mettendo una pedina nel posto giusto, possono in qualche modo influire sui risultati delle prossime elezioni regionali.

Io credo che sia migliore il ragionamento anti-Stato di Grillo; Grillo almeno dice le cose in modo chiaro, non si ammanta delle vesti di statista, o di riformatore. Dice: "Questo Stato è da abbattere", lo dice in modo chiaro e percorre questa strada in modo chiaro. In quest'Aula c'è invece gente che distrugge lo Stato, distrugge le istituzioni dicendo addirittura di volerle riformare.

Io quando cancello una cosa sono un "cancellatore" non sono un riformatore, faccio il bidello non faccio politica. Credo che compito vero di un'Assise fondamentalmente sia ragionare in termini di riforme e non gestire commissari, lavorare cioè per dare a questa Sardegna delle leggi che le permettano di risollevarsi. Tutti in quest'Aula parlano delle grandi difficoltà del popolo sardo: chi gli vuole dare la flotta sarda, chi gli vuole dare qualche altra cosa, ognuno pensa di avere una soluzione, peccato che non riusciamo a fare una legge che permetta alla Sardegna di uscire dalla crisi fortissima che la sta attanagliando.

Peccato che l'unica cosa a cui pensiamo sia in che modo sistemare quelli che restano fuori dalla politica attraverso commissariamenti, commissioni, banche, eccetera eccetera. Io non so se ci rendiamo conto che il ruolo fondamentale di questa Assise dovrebbe essere quello di legiferare, che il ruolo fondamentale degli enti intermedi se questa Assise glielo permettesse sarebbe quello di spendere i soldi che gli diamo per fare in modo che quelle leggi che noi esitiamo per il bene, parola bellissima di cui ci riempiamo la bocca, del popolo sardo facciano effettivamente il bene del popolo sardo. Io ogni tanto penso che sia solo una bella parola e il giorno che quei mori si dovessero togliere veramente le bende, perché non se le sono mai tolte, quel giorno non so quanti resterebbero in quest'Aula!

Credo non sia corretto, credo non sia giusto e neanche che abbia una logica riformare senza avere un'idea chiara di che cosa si vuole riformare, di come si vuole riformare. Se decido che voglio cambiare lavoro prima cerco il nuovo lavoro, vedo se sono capace di farlo, vedo in che modo lavorerò, vedo in che modo mi dovrò muovere per fare bene quel lavoro. Cancellare per legge degli strumenti in vigore senza avere chiaramente in testa come e con che cosa sostituirli, mi sembra ancora una volta sinonimo di gestione del potere per, e lo dico chiaro, "bottega"; a casa mia purtroppo si chiama in questo modo molto poco oxfordiano: "bottega".

Credo che questa "bottega", tra l'altro, stia facendo strame di leggi costituzionali, di pareri dei giuristi ma anche delle stesse popolazioni che vivono in quel territorio. Ma per risolvere che cosa? Io credo che questo Consiglio potrebbe avere la capacità, anzi, dovrebbe avere la volontà di ragionare, nel suo complesso, su una legge che deleghi agli enti locali, agli enti intermedi la spendita dei soldi. Invece mi sembra che si stia facendo proprio quello che non dovremmo fare: riportare alla Regione non solo le competenze ma soprattutto i soldi e quindi la possibilità di gestire in proprio la "bottega" nei territori. A mio avviso non è questo un modo di ragionare su un problema così importante.

D'altronde, lo diceva qualche collega, avremo qualche altro problema dato che oggi, probabilmente, approveremo un articolo improponibile con il quale cancelliamo le province di nuova costituzione e, di conseguenza, giustamente quelle province, quei territori, quelle giunte, quei consigli eletti liberamente dal popolo faranno ricorso e questo Consiglio regionale farà una figura che non rappresenterà certo il massimo che pensavamo di ottenere.

A questo punto noi dovremmo metterci invece seriamente a lavorare sul riordino. Io ho avuto la fortuna, o la sfortuna visto che ero appena entrato in Consiglio regionale, ma parlo di fortuna perché mi è stato di insegnamento, di partecipare a un dibattito molto interessante, organizzato dalla CGIL, che poneva in discussione proprio le province; le poneva però in discussione all'interno di un progetto complessivo sugli enti intermedi per cui era presente un'idea complessiva di governo, o di governance come si dice. Non era una pietra buttata nello stagno all'insegna del "se non funziona poi me ne posso lavare le mani, non ci sono problemi", no c'era un'idea di dove si voleva arrivare.

Quello che mi spaventa di più della discussione in atto è che non c'è un'idea di dove si vuole arrivare se non un ragionamento fondamentalmente di tipo lottizzatorio. Non c'è un'idea, non c'è uno straccio di idea! Non è propriamente vero questo, perchè c'è anche un'altra idea un po' strana e cioè che si pensa di riformare, si pensa di essere rivoluzionari solamente (l'ho detto prima) pensando di proporre parole d'ordine, slogan. Quando ero piccolo li usavo molto, ma non credo che siano la soluzione migliore per risolvere i problemi.

Prima lo slogan del maggioritario e della legge "elimina minoranze", ora questa proposta che elimina i piccoli territori. Non credo che questi provvedimenti paghino, così come non credo che paghi la motivazione che ha portato alla soppressione delle province. Io credo che avrei qualche dubbio anche sull'utilizzo del referendum su questi temi molto importanti.

Io penso che dovremmo avere la capacità di spiegare alle persone quello che stanno votando perché hanno votato i referendum con la stessa pulsione con cui, per esempio, hanno votato Grillo e molti colleghi scandalizzati hanno detto: "Ah, ma guarda, questi qui hanno votato Grillo, ma perché votano Grillo?". Il voto sulla soppressione delle province nasce da quella stessa pulsione, una pulsione di pancia, legata al fatto che la politica non li soddisfaceva (non uso una parola molto più dura), non li rappresentava. Questa era la risposta.

Ma se oggi chiedete ai territori delle province che verranno soppresse che cosa pensano di questa fesseria che stiamo per fare, non faranno i salti di gioia benché le province avessero poche competenze. Se la Regione avesse avuto il coraggio di delegare forse ne avrebbero potute avere molte altre, ma oggi quelle province rappresentavano comunque un primo contatto con il territorio, un contatto che prima non c'era! Rappresentavano una modalità di partecipazione che non ci sarà più!

Questa maggioranza, pensando di essere riformatrice, questo avrà fatto, e comunque non avrà dato un segnale di democrazia perché gli sprechi sono da altre parti. Gli sprechi sono da altre parti e molto spesso gli sprechi sono qui dentro! Non freghiamo nessuno puntando il dito sulla luna sperando che gli altri siano sciocchi e guardino il dito, non freghiamo nessuno! Credo che appena questo testo di legge sarà votato, appena sarà votata la costruzione del caos, noi il caos lo avremo qui fuori! Sarà quello dei lavoratori che verranno a chiedere che fine devono fare, sarà quello degli amministratori, che sono già qui presenti, che non sapranno su quali basi, anche giuridiche, abbiamo preso questa decisione assurda. Saranno le stesse popolazioni che ci chiederanno conto del perché li espropriamo di un diritto!

Allora, cari colleghi e care colleghe, non sarebbe stato meglio prenderci del tempo e costruire una proposta organica di riorganizzazione complessiva? Fare in modo che gli eletti in quei consigli finissero il loro mandato e, in questo tempo, in questo "interregno", come lo chiamerei, avessimo ragionato un po' di più, insieme con loro, con le autonomie locali, con i presidenti delle province, su una soluzione che contribuisse a preservare rapporti territoriali e, come dite voi, risparmio? Io credo che sarebbe stato possibile, io credo sia possibile, se questo Consiglio ha uno scatto di responsabilità, non volevo dire di intelligenza, dico di responsabilità politica.

Credo che di questo avrebbe bisogno questo Palazzo per rivendicare il suo ruolo, non quello di essere più che riformatore tagliatore di teste, più che riformatore tagliatore di sensibilità. Io credo che di questo avrebbe bisogno questo Palazzo; e ai consiglieri chiedo uno scatto in questa direzione, chiedo di riprendere il loro ruolo, fuori dalla maggioranza precostituita, perché quando si ragiona del bene dei territori questo è quello che dovremmo fare sempre e comunque.

PRESIDENTE. Onorevole Stocchino, io tengo a puntualizzare, visto che lei ha parlato di sprechi all'interno del Consiglio, che sprechi in questo Consiglio non ce ne sono. Lei è entrato da poco e forse non è a conoscenza di alcuni dati; solo in questa legislatura la dotazione finanziaria del Consiglio è stata ridotta di ben 22 milioni di euro, grazie a una gestione oculata delle risorse finalizzata all'eliminazione degli sprechi e al contenimento delle spese. Se poi aggiungiamo anche i tagli della scorsa legislatura arriviamo a 31 milioni di euro. Per cui stiamo attenti ai messaggi che si trasmettono all'esterno, dentro questo Consiglio le posso assicurare che sprechi non ce ne sono!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Anticipo la conclusione del mio intervento, io chiederei ai colleghi della maggioranza di rileggere con attenzione l'articolo stralciato perché ho la netta sensazione che possa concorrere a ingarbugliare ulteriormente l'assetto istituzionale della Sardegna bloccandolo in maniera non banale. Cerco di spiegare perché, raccomandando ai colleghi di considerare che se oggi la Sardegna patisce la crisi che patisce, la patisce non solo in ragione di fattori esterni alla sua volontà, su questo non c'è dubbio, ma anche per il disordine nelle procedure e nei rapporti istituzionali che la sta caratterizzando e che sta bloccando ogni attività.

L'articolo 10 stralciato va in questa direzione, cioè in direzione della complicazione inutile del quadro istituzionale e del blocco delle attività. Cerco di dimostrarlo, se nessuno si offende, con una citazione di un filosofo ormai in disuso: Karl Marx. Karl Marx diceva: "lo sviluppo potenziale del corpo del gorilla si capisce soltanto guardando al corpo dell'uomo"; ossia, una situazione involuta svela le sue reali potenzialità soltanto se c'è una chiarezza sul modello di destinazione, di evoluzione che la illumina, senza quel modello non si vedono gli elementi potenziali di sviluppo. Se vogliamo riordinare il sistema delle autonomie locali bisogna avere le idee molto chiare sulla destinazione.

In Parlamento questa idea del neocentralismo è pericolosamente condivisa da destra e sinistra. Io ho letto due ordini del giorno approvati dal Senato che, a larghissima maggioranza, prevedono che in tutte le materie concorrenti tra legislazione regionale e legislazione statale prevale la legislazione statale. Questo è il prologo di ciò che qui a Cagliari dissero Violante e Quagliarello sul fatto che ormai si deve andare a un superamento della dimensione comunale, della dimensione provinciale, ma anche di quella regionale. Questo tipo di impostazione è solo italiana, perché invece in Europa si parla dell'Europa federalista, dell'Europa dove le regioni-nazione possono partecipare eccetera, non vi voglio tediare.

Noi abbiamo ricevuto un input alla riforma dall'elettorato, ma l'input alla riforma io non so fino a che punto sia chiaro, nella sua portata, a tutti i colleghi. Mi permetto di ricordarlo perché sono stato il Presidente della Commissione che ha licenziato una legge che voi oggi avete per l'ennesima volta, come si può dire senza offendere, "stramato"? Allora che cosa ha detto l'elettorato? Bisogna che sia chiaro a tutti (io mi permetto di essere didascalico e antipatico), che l'elettorato ha detto che sono abrogate le vecchie province, ma ha anche abrogato, lo ricordo a tutti, la delibera del Consiglio regionale del 31 marzo del 1999, cioè il referendum ha abrogato l'assetto provinciale, cioè ha abrogato i territori delle otto province, abrogando lo schema di assetto provinciale contenuto in quella delibera, una abrogazione esplicita del referendum.

Quindi il problema è che da una parte sono abrogate le province di nuova istituzione, è abrogato lo strumento di organizzazione dell'assetto provinciale che ne definisce i confini e abbiamo un invito ad abrogare anche le tre dello Statuto, più Oristano. Questo mandato popolare non è semplice da tradurre in un processo di riforma che lo interpreti, ma non può essere ignorato! Per cui, che percorso era stato fatto? Nella legge che voi avete massacrato con un voto, stralciando solo l'articolo 10 di cui parlerò dopo, si decideva, dall'articolo 2 all'articolo 6, di individuare il procedimento di ricostituzione dei territori perché il territorio è elemento fondante dell'ente sovra comunale; dall'articolo 7 all'articolo 9 si rideterminavano gli organi e le funzioni e con il 10 si determinava la disciplina transitoria.

La disciplina transitoria prevedeva una disciplina commissariale in ragione del fatto che si era costruito tutto il percorso per la ricostituzione dei territori, per la ricostituzione degli organi e l'attribuzione di funzioni. Se si prende solo l'articolo 10 si commissaria, peraltro con una contraddizione che secondo me farà ricchi tutti gli avvocati che faranno ricorso, in quanto si dice: "In attesa di una nuova normativa…"; ma, caspita! la nuova normativa era arrivata in quest'Aula, è la scelta politica di non utilizzarla che determina un commissariamento che prescinde da una volontà normativa. Cioè il Consiglio dice: "In attesa di una normativa…", laddove la normativa l'aveva e la poteva tranquillamente emendare.

Ma arriva l'articolo 10. Nell'articolo 10 non si rimedia al fatto che le province non hanno territori, e che i commissari vanno ad amministrare enti senza territorio, perché quel territorio, quel confine è abolito. E questo determinerà una impasse istituzionale che si andrà ad aggiungere agli ostacoli burocratici di cui siamo tutti a conoscenza. Allora spiegatemi perché dinanzi a un percorso razionale, cioè il corpo dell'uomo, si torna a un percorso irrazionale, cioè al corpo del gorilla. Perché questa dell'articolo 10 è una scelta involuta. Avevate un problema di non condivisione della scelta commissariale? Benissimo! Potevate trovare un modo, come avete fatto per l'ATO, che avete riformato dotandolo di un organo di governo collegiale, di rendere collegiale il commissariamento; così da consentirvi di recuperare un po' la rappresentanza legittimamente eletta. Avevate di fronte un percorso ben definito.

L'articolo 10, così come è specificato, non facendo cenno né al territorio, né alle funzioni, vi mette in una serissima difficoltà, e mette i commissari in una serissima difficoltà, e mette gli organi degli enti rimasti in carica assolutamente in una ulteriore e seria difficoltà nell'utilizzo delle risorse. Per cui, come suggerimento pacato, vi consiglierei di pensarci con molta pazienza e intelligenza e di vedere di recuperare le procedure, e recuperare anche la razionalità dei percorsi, perché con questo provvedimento voi con certezza bloccate per un anno il sistema degli enti locali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Presidente, credo che qualsiasi tipo di atto questo Consiglio regionale ponga in essere oggi, o domani, sarà comunque un atto estremamente viziato, perché il male è un male antico, il male è la ammissione del referendum, ma se anche quello non fosse il male maggiore il male è nel giorno della promulgazione dei referendum, e il male è lì, in quel momento qualcuno avrebbe dovuto decidere cosa fare, subito però, nell'immediato, questo non è stato fatto.

E' stata data la possibilità al Consiglio regionale di normare; e tutti quanti noi sappiamo con quale affanno e con quali difficoltà abbiamo normato, concedendo poi anche proroghe a norme palesemente illegittime già dal primo momento. Così come è illegittimo tutto quello che stiamo facendo oggi, e se anche non lo facessimo sarebbe comunque illegittimo perché la situazione è estremamente grave.

Affronto prima il problema politico. Per una volta non mi scaglierò, se non marginalmente, sul Governo della Regione, meriterebbe una reprimenda continua, ma dobbiamo cercare di risolvere il problema, e per risolvere il problema c'è bisogno dell'aiuto di tutti, anche di quelle persone che probabilmente stanno pensando ad altro.

Mi rivolgo politicamente ai colleghi Riformatori. Dieci referendum, su dieci referendum c'erano almeno otto cose che andavano pretese con assoluta priorità rispetto a tutte le altre. Primo: "Siete voi favorevoli all'abolizione dei consigli d'amministrazione di tutti gli enti?". Prima cosa abolire subito: Niente da fare!

"Siete voi favorevoli all'elezione diretta del Presidente della Regione scelto attraverso elezioni primarie normate dalla legge?". Mancano nove mesi alle elezioni e ancora non lo abbiamo fatto.

"Volete voi che sia abrogata la legge che istituisce le nuove province?". Questa è una legge. Abbiamo abrogato quella legge con referendum. Quando si abroga una legge con referendum che cosa accade? Me lo dovete spiegare voi. Quando non esiste più la legge che istituisce un qualcosa, non esiste più "il qualcosa". Quando si è soppresso, così come dice uno dei requisiti referendari, ciò che era antecedente all'istituzione delle nuove province, quindi il quadro normativo antico, quello previsto dalla Carta costituzionale dello Statuto sardo, cioè le quattro province, e abbiamo smembrato e spacchettato le quattro province per formare altre quattro province, quando abbiamo abolito quella norma la situazione doveva tornare ex ante, si doveva ripristinare il vecchio quadro. Questa era la norma che bisognava fare allora, e che molti costituzionalisti suggerivano.

Oggi, invece, in quest'Aula un attimo fa ho sentito dire che le quattro province storiche, il referendum era consultivo, per il momento rimangono in vigore; poi, dato che la volontà è quella di sopprimerle, facciamo la legge e facciamo quello che dobbiamo fare. No, vediamo subito l'emendamento (mi rivolgo ai colleghi Riformatori, all'estensore o agli estensori), dove al primo comma si dice: "Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale approva la proposta di legge costituzionale di abrogazione dell'articolo 43". Cioè voi volete abrogare l'articolo 43 e d'emblée abrogare anche le altre quattro province?

Poi scrivete: "Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale approva una legge di riforma organica dell'ordinamento degli enti locali. In detta legge, in attesa della modifica dell'articolo 43 dello Statuto,…". Decidete lo volete modificare l'articolo 43, o lo volete sopprimere? Queste cose bisogna dirle, questi sono atti! Bisognerà pur scriverla anche una cosettina da niente! Non so, bisognerà fare qualcosa!

Presidente Cappellacci, sono sicuro che almeno per una volta lei non volesse arrivare a una tale situazione, perché lei non voleva nominare i commissari o, perlomeno, se avesse potuto li avrebbe nominati lei senza chiedere il permesso a nessuno, sarebbe stato molto più comodo e, forse, avrebbe fatto l'unica cosa giusta dell'ultimo anno di governo nominando dei commissari che non potevano avere poteri, ma potevano fare solo ordinarissima amministrazione, perché tutte le altre funzioni dovevano essere immediatamente trasferite alle altre quattro province. Fermo restando che se la provincia di Cagliari viene commissariata è un altro problema, se la provincia di Olbia viene commissariata è un altro problema ancora.

Per come era stato concepito il referendum si voleva raggiungere questo obiettivo, in attesa di un pronunciamento diverso che non poteva essere solo consultivo, ma doveva essere demolitivo anche per le altre province, modificando l'articolo 43. Voi addirittura l'articolo 43 lo dovete sopprimere, dimenticando quello che c'è scritto nel secondo capoverso dell'articolo 43. Cioè se va bene tutto, collega Meloni… sarà un refuso? No, quella è la volontà, non è un refuso! Il refuso non è quello. L'intendimento era quello!

Allora, colleghi del centrosinistra che avete dormito, come molti del centrodestra - io quantomeno non sono andato a votare per i referendum - dove eravate, mi ci metto anch'io, dove eravamo all'alba del referendum tutti quanti noi? L'unico che è rimasto in piedi a sostenerli arditamente e convintamente è il presidente Cappellacci; lui sì che l'ha fatta la battaglia a favore dei referendum, lui sì che ha fatto una battaglia convinta, e dall'alto della sua convinzione ha trovato il meccanismo per dare attuazione al referendum, io non me sono accorto però questa è la realtà.

Perché mi rivolgo ai colleghi del centrosinistra? Colleghi del centrosinistra, bisognava essere più attenti in quel momento, oggi io non so se chi ci ascolta in quest'Aula rispecchia ciò che pensano quelli che sono fuori, perché io comincio ad avere dei dubbi. Noi siamo fatti oggetto di sms continui da parte di consiglieri provinciali, assessori, presidenti di provincia, tutti. Io sono stato presidente di provincia e conosco la provincia meglio di molti altri, io non le avrei soppresse, o perlomeno non avrei fatto questo tipo di soppressione, avrei agito diversamente, avrei fatto un riordino complessivo degli enti locali ma non le avrei soppresse, e quanto meno non avrei con un referendum, che ha raggiunto sì il quorum, demolito ciò che invece altri con il voto hanno confermato.

Chi ha votato per l'istituzione delle province, ma soprattutto chi ha votato per eleggere gli organi delle province attuali ha raggiunto una percentuale ben più ampia rispetto al pronunciamento referendario; quindi l'elettore è chiamato a pronunciarsi due volte: una volta si pronuncia per eleggere gli organi che lo devono rappresentare e un'altra volta si pronuncia per demolire quello che prima ha votato. Per carità, si può fare tutto, però il referendum c'è stato, e allora noi oggi votiamo questo emendamento? Non facciamo nulla perché questo testo domani mattina sarà impugnato. Io consiglierei, colleghi del centrosinistra, di votarlo subito perché è il modo più veloce per uscire da questa situazione, ed è anche il modo più pratico perché la Corte costituzionale si pronunci immediatamente.

Il primo ricorso che sarà presentato su questa proposta sarà infatti trasmesso entro ventiquattro ore alla Corte costituzionale, perché nessun organo amministrativo regionale si prenderà la briga di dire " hai ragione" o " hai torto". Quindi, cosa c'è di più facile? Non volete votare questo emendamento? Mi pare che ne abbiate presentato un altro, il numero 3, che ha il solo pregio di essere più corto: chiedete il voto segreto, quel tanto vituperato voto segreto, questa volta lo chiedete voi, anche se ci sarà qualcuno che continuerà a dire che è un atto ignobile.

È previsto nel Regolamento, l'articolo non lo cito perché ormai l'ha imparato anche l'onorevole Arbau che è l'ultimo arrivato in Consiglio, ormai lo conosciamo tutti l'articolo relativo al voto segreto; votiamo questo emendamento e ci liberiamo del problema subito, ma non cambierà assolutamente nulla perché verrà impugnato come l'altro. Allora perché dovremmo continuare a buttarci addosso un sacco di sciocchezze senza risolvere il problema? Perché noi, signori, il problema non lo risolviamo, né per noi, né per gli amministratori che sono qui presenti e soprattutto per i cittadini dei quali non conosciamo quale sia esattamente l'orientamento.

Una cosa è certa, la maggior parte di coloro che sono andati a votare per i referendum hanno detto che bisognava eliminare le province; io sono convinto che se avessimo detto che bisognava sopprimere la Regione autonoma della Sardegna saremmo stati soppressi anche noi, e se avessimo chiesto in quel momento di sopprimere le parrocchie avrebbero soppresso anche le parrocchie, perché la gente in quel momento esprimeva, e probabilmente sarebbe così anche oggi, una volontà demolitoria. Noi dobbiamo allora sfidare l'elettorato in questo modo? Si tratta di sfida o di provocazione? Non so se è questo che dobbiamo fare. Io vi chiederei di meditare, e suggerirei al Presidente della Regione di richiedere una sospensione e di decidere che cosa fare. Non sono d'accordo che non si faccia niente perché anche il non fare niente, l'ho detto, certamente non va bene da un punto di vista amministrativo.

Io sono, questo voglio dirlo, un profondo sostenitore del mantenimento in vita delle province perché credo che, amministrativamente, abbiano una loro funzione, in attesa che le Regioni assumano quella veste di cui qualcuno ha parlato, ma le Regioni non diventeranno mai così, perlomeno non lo diventeranno in ventiquattr'ore. In attesa che accada questo, io dico che gli organi che noi conosciamo: comuni, province, regioni, Governo italiano e Parlamento, debbono stare in piedi, poi se qualcuno inventa un modo per fare a meno delle province io, se ci credo veramente, sarò il primo convinto assertore della necessità di eliminarle ma, per il momento, con tutte le difficoltà che abbiamo, io credo che soffermarci in questa situazione significhi solo creare dei danni ulteriori, anche dal punto di vista economico.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Non c'è dubbio che la XIV legislatura verrà ricordata come la peggiore della storia dell'autonomia della Sardegna, sicuramente la meno produttiva, con una maggioranza in disaccordo su tutto e che è stata sconfitta ogni qualvolta si è votato a voto segreto. E inoltre, a parte le leggi finanziarie, questo Consiglio ha lavorato per la stragrande maggioranza del tempo solo ed esclusivamente sulla base dell'articolo 102 del Regolamento.

La fine che questa legislatura ormai sta affrontando era già scritta dall'inizio della legislatura stessa; quando vi siete presentati agli elettori avete detto candidamente, e lo avete detto pubblicamente in quest'Aula, che non avevate un programma e non sapevate quale futuro dare alla Sardegna. L'unica cosa che siete riusciti a fare in questa legislatura è stata quella di spartirvi gli enti e le agenzie regionali; avete immediatamente commissariato le ASL; avete commissariato i Consorzi di bonifica, i Consorzi industriali (per fortuna il TAR Sardegna qualche cosa in questo settore l'ha rimessa a posto) e oggi volete arrivare a commissariare cinque delle otto province della Sardegna, e sapete meglio di noi che l'atto è un atto illegittimo, l'ha spiegato molto bene il collega Mario Diana.

È vero però che il referendum, sulla base di argomentazioni che hanno raggiunto il massimo della demagogia, utilizzate anche dal Presidente della Regione in testa, ha cancellato le quattro province, ma ai colleghi della maggioranza in modo particolare dico che se in quel momento, oltre a chiedere ai cittadini sardi la cancellazione delle province si fosse chiesto se erano d'accordo per cancellare anche l'Amministrazione regionale, non c'è dubbio che avrebbero votato sì anche per quello, magari in numero maggiore.

Il referendum ha deciso, dicevo, la cancellazione delle quattro province regionali ma non ha deciso certamente che dovevano essere cancellate il giorno dopo, altrimenti non sareste rimasti un anno senza fare nulla. State commissariando, o volete commissariare, enti eletti democraticamente dai cittadini di quei territori, con percentuali di partecipazione al voto sicuramente molto ma molto più alte di quelle registrate al referendum. L'unico vostro obiettivo, presidente Cappellacci, è quello di arrivare alle prossime elezioni regionali al governo degli enti sui quali i cittadini vi hanno bocciato.

Mi chiedo, e chiedo a lei, Presidente, come mai per un anno sono stati lasciati in carica, legittimamente a mio parere, gli organi eletti e oggi volete violentare la norma pur di arrivare al commissariamento. Molto probabilmente c'è da accontentare l'amico dell'amico, ma pensate che gli amici degli amici siano più legittimati a governare le province di quanto lo siano i presidenti e i consiglieri eletti democraticamente dai cittadini?

La verità, è stata detta, è che vi siete già spartiti gli enti e non solo quelli relativi alle cinque province che, certamente, non bastano a placare gli appetiti di questa maggioranza. Circolano voci, anche messaggi in rete, su qualche forza politica che si accontenterebbe anche della futura, per ora solo ipotizzata, Azienda regionale per la gestione delle strade regionali; un settore dove, al contrario dell'Assessorato delle riforme c'è molto da riformare.

State facendo una scelta contro la quale si sono pronunciati l'Unione delle province sarde, il Consiglio delle autonomie locali, tutti i consigli provinciali all'unanimità, di centrodestra e di centrosinistra (quindi non è un fatto di appartenenza politica). Per un anno avete fatto finta di niente, ma ricordo la dichiarazione che il rappresentante dei Riformatori, a nome del comitato referendario, fece nella prima riunione utile (adesso non ricordo esattamente quale organo fosse) dell'Ufficio di Presidenza o della Conferenza dei Capigruppo.

A chi gli chiedeva, visto che avevano promosso il referendum, di dirci cosa volessero fare delle province la risposta, molto candidamente fu che, avendo promosso il referendum, non spettava a loro fare proposte di riforma. Ecco questo è quello che dicono i Riformatori nel riformare la vita amministrativa regionale.

Approvare un atto illegittimo comporterà sicuramente ricorsi, pronunciamenti dei tribunali amministrativi che comporteranno sprechi di risorse pubbliche che purtroppo verranno caricati non su chi ha compiuto queste scelte ma sulle spalle dei cittadini sardi. Vi chiedo: fermatevi, c'è un'urgenza che è quella di dare continuità all'azione amministrativa e politica delle amministrazioni provinciali dopo il 30 giugno. La nostra proposta è di approvare stasera un articolo che proroghi l'attività amministrativa e politica delle otto province sarde e domani mattina, alle 10, riprendere i lavori per l'approvazione di una legge di riforma, seria, che non riporti indietro la Sardegna accentrando nuovamente tutto su Cagliari ma prosegua un percorso, così come è stato fatto nella scorsa legislatura, trasferendo competenze e risorse alle amministrazioni provinciali, a tutti territori.

Non ripetiamo gli errori fatti con l'abolizione delle comunità montane che ancora sono in quella fase e che, come ente sovracomunale, avevano svolto funzione di supplenza nella capacità di gestione dei servizi pubblici rispetto ad alcuni territori soprattutto quelli più marginali, quelli più interni della Sardegna.

Chi dovrebbe gestire domani le competenze che oggi sono in capo alle province? Le riportiamo in capo alla Regione oppure le unioni dei comuni possono essere soggetti idonei? Non credo perchè oggi, anche per colpa di questo Consiglio, non hanno né la capacità organizzativa né tantomeno quella giuridica. Quando il legislatore ha deciso la costituzione dell'ente provincia aveva in mente un ente sovracomunale, un ente intermedio tra comune e Regione e quel ruolo io credo che oggi abbia ancora più senso, soprattutto nelle zone interne della Sardegna dove i nostri comuni, che quando sono nate le province avevano un numero maggiore di abitanti, a causa dello spopolamento hanno necessità veramente di un ente sovracomunale che li possa rappresentare.

Io chiedo ai colleghi della maggioranza un sussulto di orgoglio; anche oggi come ogni qualvolta si discute di un argomento importante per la Sardegna c'è un silenzio assordante, evidentemente gli ordini di scuderia sono quelli; ma io chiedo soprattutto ai colleghi di maggioranza che rappresentano i territori interessati a questo emendamento di fare gli interessi del proprio territorio e non altri.

Io sono sempre contrario ai commissariamenti perchè il commissariamento è indispensabile quando gli organi elettivi non sono in grado di funzionare; chiedo però al presidente Cappellacci, se malauguratamente riuscite ad approvarvi questo emendamento, con quali criteri sceglierà i commissari: due al PdL, uno all'U.D.C. uno a Fratelli d'Italia, uno ai Riformatori, se accettano, perché i Riformatori dicono sempre di non essere disponibili a incarichi di questo tipo?

PORCU (P.D.). A parole, a parole…

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Magari, Presidente, nominando commissario qualche candidato presidente che è stato bocciato dai cittadini di quel territorio. Io provocatoriamente, Presidente, ho presentato un emendamento che corregge un po' l'emendamento numero 1 individuando i commissari nei candidati presidenti eletti, che credo abbiano decisamente più legittimità degli amici degli amici che magari lei ha in testa di nominare. Bene se il tentativo, lo spirito è quello di arrivare a un commissariamento per approdare allo scioglimento delle province ritengo sia molto più legittimo che lei voti l'emendamento all'emendamento che io ho presentato. Sono sicuro però che la sua maggioranza voterà contro.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, ritengo che noi tutti dobbiamo delle scuse al presidente Cappellacci perché, a mio avviso, in questi anni abbiamo gravemente sottovalutato la sua spregiudicatezza politica. Il presidente Cappellacci oggi con la proposta di commissariamento delle province, che ha fatto digerire alla sua maggioranza, chiude un cerchio.

La sua incapacità, l'incapacità della sua maggioranza di proporre una riforma organica degli enti locali è stata la causa che l'ha portato a cavalcare il referendum contro se stesso. Sull'onda della richiesta popolare di un taglio ai costi della politica, di una sobrietà della politica ha cavalcato quel referendum facendosene portatore, senza essersi assunto la responsabilità nei tre anni in cui ha governato di proporre una qualsivoglia riforma.

Nell'anno intercorso dallo svolgimento dei referendum, in cui i referendum non hanno ottenuto il successo di cancellare le nuove province, né di cancellare i confini delle vecchie, per la incapacità a riformare di questo Presidente, per la incapacità della maggioranza di mettersi d'accordo su qualcosa, questa incapacità diventa il motivo premiale per arrivare al commissariamento degli enti: un disegno perfetto,

Un cerchio che si chiude con una spregiudicatezza e direi anche una sfacciataggine politica (attenzione a non sottovalutarla perché può anche diventare una forza) a cui raramente si è assistito. Oggi, pertanto, mi scuso con il presidente Cappellacci per averlo sottovalutato, lui è un genio della politica, certo un genio beffardo, un genio un po' truffaldino, un genio che si arrangia, un genio che…

PRESIDENTE. Onorevole Porcu, per cortesia, certi termini... truffaldino… La prego…

PORCU (P.D.). Presidente, mi lasci esprimere i miei concetti. Genio non è una parola negativa, mi sembra sia una parola che esprima una capacità, nel senso che è un genio che si arrangia e fa diventare dei difetti, delle incapacità di avere un progetto, di mettersi d'accordo su qualcosa non un vizio, non un problema, ma una virtù attraverso la quale completare un disegno di occupazione sistematica degli enti e delle istituzioni regionali per utilizzarle da un lato per blindare la sua maggioranza, un po' rissosa, che ha bisogno di qualcosa da spartire, e, dall'altro, come trampolino di lancio per la sua futura campagna elettorale, anzi, per la sua campagna elettorale in corso.

Noi tutti, e lo dico ai colleghi del centrosinistra, non dovremmo sottovalutare questa spregiudicatezza e questa azione, questa capacità nell'incapacità dimostrata, perché forse ha ragione anche il collega Diana nel dire che qualcuno ha dormito in quest'Aula, e non solo nel centrodestra, se il presidente Cappellacci è stato capace di chiudere questo disegno paradossale, forse perverso, ma perfetto, di far diventare un'incapacità politica il trampolino di lancio per commissariare tutto. Attenzione, è uno schema ripetuto perchè lui gioca sempre con lo stesso schema, lo schema di gioco è sempre uguale: io prometto e annuncio una riforma, in attesa della riforma annunciata, che devo fare sempre entro 30, 60, 6 mesi, che poi non faccio, commissario…

PRESIDENTE. Onorevole Porcu, parli davanti al microfono, perché se lei si gira dall'altra parte non si sente e potremmo avere problemi nella trascrizione dell'intervento. Lei si deve rivolgere alla Presidenza, non al pubblico.

PORCU (P.D.). Le mando la trascrizione del mio intervento, perché ce l'ho tutto in testa e non si preoccupi che non si perderà neanche una parola. Ricordiamo tutti, per esempio, la brillante legge di riforma del servizio sanitario, che non abbiamo mai riformato, annuncio la riforma, commissario in attesa della riforma, poi la riforma non si fa, e i commissari da provvisori diventano permanenti; potremmo parlare anche dei consorzi industriali… è uno schema! E' uno schema di gioco, utilizzato con disinvoltura e con spregiudicatezza, ma anche con abilità, con abilità politica.

Grazie a quelle riforme mancate, che cosa ottengo? Ottengo che, non facendo le riforme dei servizi sanitari, dei consorzi industriali, degli enti locali, di qualsivoglia argomento, non mi scontro con la mia maggioranza, non litigo con nessuno, non devo passare le nottate a mettere d'accordo tutti, non devo passare le giornate ad ascoltare gli enti locali, il Consiglio delle autonomie, le province, i rappresentanti delle associazioni (ci provo un po', poi smetto), quindi grazie al fatto che non ho fatto le riforme commissario, controllo, gestisco, spartisco, divido e vado avanti, e preparo la campagna elettorale.

Uno schema di gioco perfetto che noi abbiamo forse sottovalutato, che forse non abbiamo capito abbastanza, che comunque oggi mette il presidente Cappellacci e questa maggioranza di centrodestra, anche se di fronte a un disastro politico, programmatico, anche se di fronte a un disastro economico e sociale, in condizioni di arrivare alla campagna elettorale occupando, in maniera sistematica, moltissime posizioni di controllo e di potere di questa Regione.

Allora, io veramente mi scuso di fronte alla sottovalutazione di questa spregiudicatezza, che forse non tutti abbiamo capito, non l'ha capita neanche il mio partito; di fronte a referendum, che avevano una chiara natura demagogica e strumentale (i referendum erano "materia" del Partito dei Riformatori e, poichè ognuno deve "cavalcare" una posizione politica nella vostra maggioranza, bisognava dargli in qualche modo attenzione, così come altre materie interessano altri, per esempio la flotta sarda su cui non c'è stata, anche dal punto di vista legislativo, una visione organica, ma un "divide et impera"), il mio partito, con una grave sottovalutazione (anche in più circostanze) ha rinunciato a portare una propria posizione, ha rinunciato a portare una propria verità, ha rinunciato a portare una propria posizione di riforma organica e ha sperato, in quel caso, nel fallimento dei referendum, non ha sperato di portare una proposta migliore, ha sperato che i referendum andassero male.

Ancora oggi, devo dire, che la leggina con cui siamo entrati in Aula ci imbarazza, innanzitutto perché i Riformatori Sardi hanno proposto i referendum ma questo testo non prevede un superamento delle province, questo è niente: non c'è un riassetto delle funzioni, non c'è un riassetto delle competenze, voi potevate soltanto chiedere questo stralcio, perché non c'è nulla, c'è soltanto la previsione di passare da 8 a 4 province, che non è neanche rispettosa dell'esito dei referendum. Con questo che voi avete pomposamente definito il testo base, proponete il nulla, proponete la negazione degli stessi referendum, però poi, dal punto di vista mediatico e politico, andate a raccontare che siete per il superamento delle province, ma non ci avete ancora spiegato come, non siete stati capaci di mettervi d'accordo su nulla.

Però dobbiamo ammetterlo, dobbiamo ammettere che di fronte a questo vuoto, a questa incapacità, c'è stata altrettanta abilità strumentale e demagogica a cavalcare un bisogno vero del nostro popolo, cioè il bisogno di una maggiore morigeratezza e di una maggiore sobrietà, il bisogno di superare i troppi livelli istituzionali, i troppi ostacoli, i troppi enti, dei quali nella scorsa legislatura è stata avviata una riforma (un avvio di riforma e di riorganizzazione) che per esempio nei settori del turismo e dell'agricoltura ha portato dei risultati importanti, ma quella riforma andava ancora perfezionata.

Da questo punto di vista noi abbiamo fatto male a non denunciare questo stato delle cose dall'inizio, senza aspettare oggi questa demagogia, a non rendere chiara la nostra posizione sulle province, sul superamento delle province, tutte, ma portando una proposta chiara e che potesse in qualche modo incalzare di più e mettere a nudo maggiormente, non arrivando alla situazione attuale, quella che è stata una partita tutta mediatica di alcuni partiti della maggioranza e del presidente Cappellacci.

Quindi io accolgo l'invito dell'onorevole Diana anche all'autocritica perché, quando succedono fatti del genere, certamente c'è la spregiudicatezza da parte di qualcuno, ma c'è anche l'assenza da parte di qualcun altro, e noi avremmo dovuto presentare prima una proposta di tutto il centrosinistra per il superamento delle province, per non vedervi, in maniera davvero spregiudicata, proporre oggi un emendamento che, ha ragione l'onorevole Diana, è certamente illegittimo e non dà alcuna certezza sul nuovo assetto; l'unica certezza che abbiamo è che le cinque province saranno commissariate.

Ci sono poi alcune situazioni paradossali, perché nell'emendamento sostitutivo totale numero 1, che immagino vi siate messi d'accordo oggi per approvare, io vi invito a leggere il comma 5; il comma 5 fa sorridere, anche a me viene voglia di votarlo subito, perché con questo comma stiamo sostituendo organismi democraticamente eletti con dei commissariamenti che possono essere anche permanenti. Io vorrei denunciare un pericolo, se la vostra maggioranza dovesse, sciagura, ahi noi!, rivincere le elezioni, con questo emendamento, che approverete, ma poi decadrà perché sarà illegittimo e darà origine a una montagna di ricorsi, vi ritroverete problemi più grandi di prima e avrete guadagnato soltanto qualche mese di tempo, sperando che l'opinione pubblica vi premi per la vostra pseudo coerenza con il risultato elettorale.

Ma il comma 5, ritorno al punto, dice che sino all'approvazione della legge di cui al comma 2 (e, attenzione, "alla legge di cui al comma 2" di questo emendamento, riguarda una riforma organica dell'ordinamento degli enti locali, quindi di tutti gli enti locali, province storiche e nuove province), è sospesa l'indizione di consultazioni elettorali provinciali. Quindi io vorrei suggerire ai colleghi delle province che vogliono continuare a svolgere il loro mandato, di approvare questo emendamento, perché secondo me non faranno mai la riforma organica degli enti locali. Per come è scritto questo emendamento i consigli provinciali in carica rimangono in carica, rimangono in carica finché non si fa la riforma, così c'è scritto, e invito a rileggerlo bene, perché non si dice che vanno a scadenza, si dice che vanno a scadenza quando si fa la riforma.

Ai colleghi Riformatori della maggioranza e anche al presidente Cappellacci, che adesso è uscito dall'Aula e me ne dispiace, perchè venendo così poco in Aula dovrebbe accettare di ascoltare anche interventi di consiglieri regionali che non hanno molte occasioni per esprimere il loro parere e che se fanno interventi duri li fanno proprio perché c'è un rapporto con l'istituzione e accettano questa dialettica politica, dico che avrei sperato, e mi appello ai colleghi della maggioranza, al presidente Cappellacci e alla Giunta, che su una materia così importante avessimo accettato la sfida del dialogo, avessimo accettato la sfida di dotare la Sardegna di una riforma che potesse essere largamente condivisa, così come abbiamo fatto, forse male e in ritardo, per la legge elettorale.

Una legge, quella elettorale, sulla quale dovremo tornare, e ci vogliamo tornare, in merito alla doppia preferenza di genere che abbiamo approvato a larghissima maggioranza e che nel suo impianto (abolizione del listino, riduzione del numero dei consiglieri regionali con un limite massimo che non può essere aumentato, approvazione delle circoscrizioni elettorali che garantiscano la rappresentanza dei territori, un premio di maggioranza che consenta la governabilità, ma nello stesso tempo non sia abnorme se non si supera una quota minima) è una legge di tutto il popolo sardo, di tutto questo Consiglio, una legge in cui ci siamo spogliati delle convenienze del momento.

Mi chiedo che cosa ci impedisce di ripercorrere quella strada. Di chi sono gli enti, di chi è il riassetto istituzionale della Regione, di chi è un'organizzazione funzionante del sistema delle autonomie che possa promuovere sviluppo, che possa rispondere ai principi di sussidiarietà? Io credo che siano di tutti, non di qualcuno. Perché, allora, rifuggire dal confronto? Perché non accettare di portare a scadenza i consigli provinciali che sono stati democraticamente eletti e accettare una sessione plenaria, senza limite di tempo, dalla quale non uscire se non con una riforma del sistema delle autonomie?

Una riforma attraverso la quale possiamo completare veramente l'iter di una norma che non si limiti a ridefinire i confini, ma si ponga il problema delle funzioni, delle competenze, del decentramento, della sussidiarietà. Che cosa ce lo impedisce? Perché dobbiamo impugnare per forza una bandiera? Perché ci dobbiamo far accecare dalle esigenze delle singole parti politiche?

Siamo ancora in tempo e siamo ancora in tempo se prevale la ragionevolezza. Il vostro non è un rimedio, purtroppo, vi aiuterà soltanto a cavalcare questa soluzione per qualche mese fino ai primi ricorsi; inoltre non avete calcolato bene i tempi perché dovrete arrivare a fine legislatura comunque, visto che abbiamo approvato una legge elettorale che prevede la non ricandidabilità se il Presidente si dimette accelerando la fine della legislatura.

Colleghi, si accetti pertanto il confronto, si rifugga dalle scorciatoie, si esca dallo schema: promessa di legge, commissariamento temporaneo che diventa permanente, con il quale siete arrivati fino a oggi e, almeno in questo scorcio di legislatura, almeno sull'assetto istituzionale della nostra Regione, accettate il confronto e lavoriamo insieme. Lavoriamo insieme per costruire una Sardegna migliore, lavoriamo insieme per costruire una Sardegna più giusta e poi chi governerà governerà, ma lo farà con delle leggi buone e con un assetto istituzionale che sarà la risposta non a una parte politica ma a tutti i sardi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cossa. Ne ha facoltà.

COSSA (Riformatori Sardi), relatore di maggioranza. Presidente, questa sera si sono sentite tante di quelle considerazioni che veramente è difficile resistere, e cercherò di farlo, all'impeto della polemica perché, a parte gli insulti, Presidente, mi permetto di dire che la violenza, anche se è solo (solo tra virgolette) violenza verbale, dovrebbe essere bandita da quest'Aula. Voglio fare anch'io il didascalico antipatico, però se in quest'Aula saltano anche le basi minime della buona educazione (già l'esempio che si dà all'esterno spesso non è edificante), non facciamo altro che peggiorare la situazione.

Colleghi, io penso che noi dovremmo capire, almeno un poco, di che cosa stiamo parlando; perché, ultimo l'intervento dell'onorevole Porcu, molti degli interventi che si sono susseguiti hanno parlato di cose assolutamente fuori luogo e slegate dal contesto che noi oggi stiamo affrontando. Si sono svolti un anno e due mesi fa dei referendum, alcuni abrogativi e altri consultivi, gran parte di questi referendum sono stati attuati - mi dispiace che non sia presente l'onorevole Mario Diana, ah no, è qui -, però, onorevole Diana, non faccia un torto a se stesso anzitutto, perché la riduzione delle indennità di carica, a seguito del referendum, è una cosa che il Consiglio ha fatto. Il Consiglio l'ha fatto anche anticipando…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cossa, il Consiglio l'ha fatto prima.

COSSA (Riformatori Sardi), relatore di maggioranza. Il Consiglio l'ha fatto prima e l'ha fatto anche dopo, Presidente. La riduzione del numero dei consiglieri regionali, che questo Consiglio ha iniziato prima, però è stata possibile anche grazie alla spinta dei referendum che certo questo Consiglio non ha ignorato…

(Interruzioni)

…la soppressione dei consigli di amministrazione degli enti, onorevole Mario Diana, è un qualcosa che è già iniziato, tanto è vero che i consigli di amministrazione che si stanno rinnovando sono composti o da un amministratore unico oppure, solo nei casi in cui la Regione non è unico socio, da tre componenti, quindi è un percorso in itinere.

Vorrei ricordare, inoltre, che l'Aula ha votato per l'inserimento all'ordine del giorno del Consiglio del progetto di legge per la designazione del candidato alla Presidenza attraverso elezioni primarie, cosa che speriamo si faccia rapidamente; mancano le province ma, rispetto alle province - non lo devo dire a lei, onorevole Diana, che lo ha già precisato, pur arrivando a conclusioni opposte rispetto a quelle che mi sembrerebbero logiche - ha abolito le quattro nuove province. Non le stiamo abolendo adesso, le quattro province di nuova istituzione sono state abolite dal referendum.

Stasera ho sentito le considerazioni di molti giuristi, alcuni titolati, altri meno titolati, però, essendo il diritto amministrativo come un elastico, per non citare altri aspetti, io mi permetto di dire ai colleghi, che probabilmente non ne sono a conoscenza, che una recente sentenza del TAR Sardegna stabilisce che la normativa regionale, nel caso in specie la legge numero 11 del 2012 che dice che le province sono affidate a gestioni provvisorie, presenta profili di dubbia legittimità costituzionale nella parte in cui viola il divieto di reintroduzione di previsioni legislative abrogate con referendum. Il divieto trae il proprio fondamento dall'articolo 75 della Costituzione e quindi vengono citate tre sentenze della Corte costituzionale. Ciò impone di escludere che la proroga ex lege delle province abrogate possa essere ulteriormente rinnovata. Questo per quanto riguarda il TAR, ma non basta. La Corte dei conti con sentenza depositata...

(Brusio in Aula)

Però, ascoltatemi, perché, onorevole Cuccu, anch'io sono dei paesi, non sono di Cagliari, sono dei paesi e me ne vanto anche se non sempre viene considerato motivo di vanto, però non sono de is de nosu, per usare anche la lingua sarda. Dicevo della sentenza che nega la titolarità a un presidente di provincia di ricorrere perché i referendum hanno avuto l'effetto di importare, con effetto immediato allora, non lo stiamo facendo noi adesso, l'abrogazione delle cosiddette quattro nuove province all'interno della Regione autonoma della Sardegna.

Inoltre viene rilevata la dubbia costituzionalità (le stesse parole del TAR, due organi giurisdizionali che non parlano fra di loro e che usano le stesse espressioni) della disciplina che ha portato alla gestione temporanea delle province soppresse, nonostante l'effetto abrogativo immediato delle consultazioni referendarie. E si dice anche che la legge che questo Consiglio ha approvato ha transitoriamente avuto l'effetto pratico di porre nel nulla l'esito della consultazione referendaria. Questo ha fatto questo Consiglio. Poi ci sono altre osservazioni, ma penso che sia un'inutile lettura.

Cosa voglio dire, colleghi? Che oggi questo Consiglio si trova davanti a un bivio che non hanno scelto i Riformatori, ma l'ha scelto il corpo elettorale, 525 mila sardi - lo ricordo a me stesso - hanno partecipato e hanno preso loro, non i Riformatori e nemmeno questo Consiglio regionale, una decisione chiarissima, inequivocabile che noi adesso ci troviamo in qualche modo a dover tradurre in pratica, ripeto, in qualche modo.

Io condivido molte delle cose che ha detto l'onorevole Maninchedda al quale devo dare atto (gli ho già dato atto pubblicamente, non gli dispiacerà, spero, se gliene do atto anche in questa occasione), di essersi applicato. Ripeto, è una cosa che ho già detto, l'onorevole Maninchedda dal mio punto di vista non ha fatto nulla di particolare, ha fatto il suo dovere di Presidente, lo ha fatto bene, lo ha fatto scandendo (come dovrebbe essere sempre) i lavori della Commissione ed esitando provvedimenti che oggi sono all'attenzione di questo Consiglio regionale. Questo non vuol dire che li abbia condivisi tutti, però ha svolto correttamente la sua funzione di Presidente.

Quella legge che oggi è stata molto disprezzata, che certo non è l'optimum, però disegnava un percorso per arrivare al risultato dell'attuazione del referendum, cioè l'abolizione delle otto province, non delle quattro, l'abolizione delle otto province. Allora i colleghi del centrosinistra si stracciano le vesti dicendo: "Ma come, non possiamo abolirne solo quattro, dobbiamo abolirle tutte quante assieme", non capisco con quale rispetto per il voto espresso da tanti elettori del centrosinistra perché i Riformatori sardi più o meno prendono 50-60 mila voti, non 525 mila, magari!

Sapete quanti comitati sono stati costituiti da cittadini che votano Partito Democratico e altri partiti del centrosinistra? Sapete quanta esultanza c'è stata dopo la vittoria del referendum da parte di persone e personalità del centrosinistra? Ci sono anche dichiarazioni di stampa, molte dichiarazioni di stampa, rese dopo, perché pochi si sono esposti durante la campagna elettorale. Allora i colleghi sanno che, scusatemi la pedanteria, referendum abrogativi, lo dice la parola stessa, abrogano, hanno abolito le delibere istitutive delle nuove province; diverso il discorso per i referendum consultivi rispetto alle vecchie province. Queste, che essendo protette, tranne la provincia di Oristano, è vero, dalla previsione costituzionale dell'articolo 43 dello Statuto, possono essere abolite ma su di esse si può intervenire seguendo la via diversa dettata dall'articolo 138 della Costituzione.

Non sarà sfuggito, mi rivolgo al collega Maninchedda perché la giustificazione di questo emendamento, onorevole Maninchedda, è che oggi è il 27 giugno, che questo Consiglio regionale ha prima stabilito dei termini che non è stato in grado di rispettare, poi ha prorogato ulteriormente esponendosi alla censura della Corte dei conti e anche del TAR, quindi chi dice...

SABATINI (P.D.). La maggioranza, non il Consiglio! E' la maggioranza!

PRESIDENTE. Onorevole Sabatini, per cortesia, grazie.

COSSA (Riformatori Sardi). Onorevole Sabatini, il Partito Democratico non si può dire che non sia stato partecipe della stesura della legge 11 del 2012; non si può dire che non sia stato partecipe e non si può dire che non sia stato partecipe del calendario di quest'Aula,. E non si può dire che il Partito Democratico abbia spinto perché approdassero in Aula le proposte di modifica o di abrogazione, meglio, dell'articolo 43 dello Statuto perché questo vada in Parlamento per diventare legge costituzionale. Per cui, onorevole Sabatini, quando voi dite "la maggioranza", che non è esente da responsabilità, mettetevi anche un minimo la mano sulla coscienza, perché io credo che ci sarebbe da fare anche una sessione di autocoscienza collettiva, per usare un'espressione cara a una certa fase politica.

Onorevoli colleghi, noi siamo in questa situazione: il 1° luglio, se questo Consiglio non legifera, le province saranno nel caos più totale. Non si potranno pagare gli stipendi, non si potranno firmare mandati. La soluzione che voi proponete è la proroga degli organi in carica, questo non è possibile, non perché lo dicono i Riformatori, non è possibile perché lo dicono gli organi giurisdizionali della Regione autonoma della Sardegna. Quindi una scelta dobbiamo farla, e la scelta che abbiamo fatto forse è una scelta spuria, onorevole Maninchedda, è possibile che lei abbia ragione, ma io non vedo scelte lineari al punto in cui noi siamo arrivati con la tattica dilatoria di pensare di risolvere i problemi procrastinandoli, perché questo noi abbiamo fatto.

Noi avremmo dovuto assumerci immediatamente le nostre responsabilità e legiferare l'8 maggio del 2012, non il 27, il 28 o il 30 perché, se sarà necessario, noi saremo in quest'Aula anche domenica perché una legge, questo Consiglio, la deve esitare e lunedì, questo Consiglio, deve mettere mano alla soppressione dell'articolo 43 dello Statuto e al disegno (ecco perché sono stati messi termini così brevi) di un nuovo assetto delle autonomie locali in Sardegna. Se sarete disponibili noi ci confronteremo.

Noi un'idea l'abbiamo, e l'abbiamo perché molti di noi, onorevoli colleghi, sono amministratori; l'esperienza delle autonomie locali non è un vostro appannaggio, anche noi abbiamo un po' di esperienza di enti locali e sappiamo anche dove a volte si annidano gli sprechi, le deficienze, le duplicazioni così come abbiamo anche letto la stampa in questi mesi. Io ho una corposa rassegna stampa su quello che è successo nelle disciolte province in quest'ultimo anno e due mesi, province e organi delle province che questo Consiglio regionale ha indicato quali gestioni provvisorie incaricate di svolgere tutte quelle attività che sarebbero dovute essere propedeutiche a disegnare una riforma, un riordino, o una riforma radicale dal mio punto di vista, dell'assetto delle autonomie locali in Sardegna.

Si trattava di permettere cioè a questo Consiglio regionale di avere quegli elementi conoscitivi necessari per procedere anche a distribuire le competenze, questo non è stato fatto, è stato fatto altro: si sono aperte crisi di Giunta, si sono ridisegnate piante organiche, sono stati nominati consulenti, sono stati approvati ordini del giorno contro la fame nel mondo, le province hanno ignorato la legge che questo Consiglio regionale ha esitato. Ecco perché la strada del commissariamento è sembrata una strada obbligata. Io sospetto che se facciamo quattro chiacchiere su come spartire i commissari forse molte perplessità cadono, e mi dispiace che voi abbiate impostato gran parte dei vostri interventi in questo modo, voi l'avete detto non io! Voi avete impostato gran parte degli interventi in questo modo, ecco perché...

SABATINI (P.D.). Facciamo la riforma!

COSSA (Riformatori Sardi). Non la facciamo in tre giorni la riforma, collega, la riforma avrebbe richiesto...

(Interruzione del consigliere Dedoni)

PRESIDENTE. Onorevole Dedoni non ci si metta anche lei!

COSSA (Riformatori Sardi). Onorevole Sabatini, questo Consiglio regionale ha dedicato quasi sette settimane di Aula, prima tre e poi quasi quattro per discutere la legge elettorale che a lei stava molto a cuore, a me meno, a lei stava molto a cuore la legge elettorale. Forse avrebbe potuto utilizzare quel tempo per discutere del riassetto delle autonomie locali. Chi ha preso questa decisione, onorevole Sabatini, chi ha preso questa decisione? Noi ci siamo ribellati a questo, onorevole Sabatini e onorevoli colleghi del centrosinistra, e quando dite, colleghi, che questa scelta segnerà i rapporti politici per adesso e per il dopo, io vi rispondo: ci potete contare. Perché voi oggi avete deciso da quale parte stare, avete deciso da quale parte stare! Noi abbiamo deciso di stare dalla parte dell'attuazione del referendum, voi avete deciso di schierarvi dall'altra parte e, mi dispiace dire queste cose, credo che abbiate qualcosa da spiegare anche al vostro elettorato.

Onorevoli colleghi, e vado rapidamente alla conclusione, noi non pensiamo che le province siano la radice di tutti i mali, non pensiamo questo. Noi non pensiamo che i consiglieri provinciali siano casta e non pensiamo che i consiglieri provinciali siano dei lestofanti o persone che si arricchiscano a spese della comunità, non l'abbiamo mai pensato perché noi siamo rispettosi di tutti coloro i quali si impegnano al servizio della comunità.

Noi, però, ci troviamo davanti a un voto popolare e ci troviamo davanti, onorevoli colleghi, all'esigenza di dare seguito a una richiesta inarrestabile che viene dalla società civile: mettere mano a un sistema che non funziona più, un sistema che ha troppi livelli istituzionali, un sistema che pesa troppo sulle tasche dei cittadini. Il problema non sono le province, le province sono un pezzettino del problema, però noi ci troviamo oggi a dover dare seguito alla volontà popolare e questo dobbiamo fare; oggi legiferiamo in una condizione di emergenza, io auspico, pertanto, che da lunedì superata l'emergenza possiamo ragionare pacatamente sul riassetto complessivo dell'ordinamento degli enti locali della Sardegna.

PRESIDENTE. Onorevole Cossa, ho l'obbligo di fare delle precisazioni perché mi dispiace che si possa vanificare o ridimensionare la portata delle iniziative del Consiglio portate avanti in tempi non sospetti e, certamente, non sotto la pressione dell'opinione pubblica. La riduzione dell'indennità di carica del 30 per cento è stata deliberata dall'Ufficio di Presidenza il 7 dicembre del 2011 e i referendum si sono svolti il 6 maggio del 2012. La riduzione del numero dei consiglieri, questo Consiglio l'ha deliberata il 13 ottobre del 2011 e i referendum si sono tenuti il 6 maggio del 2012. Ricordo anche che con referendum ci si è espressi per limitare a 50 il numero dei consiglieri regionali. Se alle prossime elezioni voteremo per un Consiglio formato da 60 consiglieri lo dovremo esclusivamente al Consiglio regionale che, a seguito del referendum e a seguito della richiesta di modificare la propria composizione da 60 a 50 quando la Camera dopo la prima approvazione in Senato ha chiesto al Consiglio regionale di esprimere la propria opinione per confermare o meno la riduzione a 60, il Consiglio si è assunto la responsabilità di confermare la riduzione a 60 onde evitare di riavviare l'iter e vanificare anche la riduzione a 60. Per cui se oggi noi andremo a votare per 60 consiglieri regionali e si attuerà una riduzione del numero dei consiglieri, lo si deve esclusivamente al Consiglio regionale.

E' iscritto a parlare il consigliere Vincenzo Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS VINCENZO (P.D.). Lo stralcio dell'articolo 10 rappresenta una inaccettabile e furbesca scorciatoia che punta ad affossare una seria discussione su una legge organica in grado di riscrivere un nuovo ordinamento degli enti locali nella nostra Isola. Il commissariamento di cinque province su otto è un plateale abuso che viene camuffato da banali giustificazioni che non hanno nessuna seria base politica. L'obiettivo è quello di mettere le mani arbitrariamente su enti intermedi governati, purtroppo per voi, da quelle forze politiche che oggi stanno all'opposizione in questo Consiglio. Questo atto beffardo droga il prossimo appuntamento elettorale e apre una frattura insanabile con le opposizioni.

Ma siete davvero convinti di poter governare la Sardegna fino alle prossime elezioni regionali occupando militarmente tutte le caselle possibili? E' grave che questa vostra volontà di abusare della pazienza dei sardi si traduca in quest'Aula nel non rispetto degli affidamenti che avete assunto fino a qualche giorno fa. Avrete da parte nostra la reazione più ferma perché è inaccettabile che vi assumiate la responsabilità di far precipitare in questo modo il livello di confronto in quest'Aula.

Se è questa la vostra cultura riformista ci sarà da preoccuparsi per quello che potrà accadere nei prossimi mesi in Sardegna. Sono convinto che questa furbata alla fine sarà per voi controproducente perché non state mettendo sul conto la giusta reazione che vi sarà, statene certi, da parte dei territori interessati, da parte di quelle popolazioni che si aspettavano da questo Consiglio regionale una riforma vera, in grado di accogliere quelle giuste istanze emerse dall'esito referendario del 6 maggio del 2012. Oggi voi rispondete a quelle istanze con un pasticcio che, come diceva qualcuno degli intervenuti, punta a fare cassa senza aver avuto il giusto mandato elettorale.

Onorevole Cossa, se sui referendum l'obiettivo era quello di avere il commissario della provincia di Cagliari e la spartizione dei commissari nelle altre quattro province, si doveva avere l'onestà politica, durante tutta la campagna referendaria, di dire alla gente la verità sulle vostre reali intenzioni. Oggi state dimostrando di non avere rispetto dell'elettorato a cui vi siete rivolti illudendolo che in questo modo si sarebbe aperta nell'isola una nuova fase di riordino delle autonomie locali; invece la risposta che viene data agli elettori è un abuso di potere che mette al centro una mera lottizzazione di cinque province su otto.

Non pensavamo, ve lo diciamo sinceramente, che oggi si potesse subire in quest'Aula un atto di prepotenza come questo che segna, negativamente, tutta questa legislatura; se questa è la riforma organica che avevate in testa potevate anche evitare di farci perdere tempo in lunghe ed estenuanti discussioni nel corso delle quali assicuravate la disponibilità di condividere con noi un percorso.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue FLORIS VINCENZO.) Siamo più che convinti che una riforma che riguarda gran parte dei territori sardi abbia bisogno di uno sforzo comune da parte delle forze politiche presenti in quest'Aula per trovare, così come si è fatto in altre occasioni, una risposta politica alta in grado di dimostrare la maturità di questo Consiglio regionale. E'con amarezza, purtroppo, che prendiamo atto di questo abuso; su questo, statene certi, faremo nei territori le nostre battaglie, spiegando a quelle popolazioni l'imbroglio che oggi si tenta di far passare in quest'Aula.

Diremo anche con chiarezza qual è il nostro disegno di riforma; un disegno di riforma che parte dal riconoscimento del ruolo e della dignità che devono avere quei territori attraverso la definizione di ambiti omogenei in grado di rappresentare, con la valorizzazione della classe dirigente locale, le istanze, i bisogni e di definire le scelte strategiche con l'utilizzo dal basso di tutte quelle risorse che possono interessare lo sviluppo di quelle aree. E' pericoloso invece quello che voi state portando avanti che punta a umiliare le comunità che vivono in quelle aree trattandole con disprezzo, da immature e incapaci, e proponendo, come soluzione, delle figure estranee, calate dall'alto, che non risponderanno certo alle esigenze di quei territori ma saranno esecutori fedeli del mandato politico che gli verrà da voi affidato.

Su questo credo che i sardi presenteranno un conto salato perché questa visione centralista, questa vostra visione centralista, che combatteremo con forza, è quanto di più anacronistico si possa proporre oggi per dare un volto nuovo, moderno, al sistema degli enti locali nella nostra isola.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (SEL - Sardigna Libera). La presidente Lombardo bene ha fatto a precisare che i tagli dei costi del Consiglio non sono certo frutto del referendum dei Riformatori, ma frutto anche di insistenti sollecitazioni interne a questo Consiglio, per cui a ognuno il suo. Sulla riduzione del numero dei consiglieri, voluta anche questa dalla maggioranza del Consiglio e non dai referendum, purtroppo continuo a sostenere che sia stato un grave taglio alla democrazia di cui giorno dopo giorno ci dovremo assumere la responsabilità.

Con questa proposta di legge di riordino delle autonomie regionali in Sardegna si continua a perseverare nella logica delle cosiddette "leggi meno peggio", ma questa legge non è meno peggio, questo è il preludio di una catastrofe per i nostri territori. Mi chiedo se è un problema di competenza o se si tratta di semplice degrado politico che porta a esitare incapacità legislativa che crea solo ulteriore confusione. Purtroppo le province, come strumenti intermedi di partecipazione popolare e di programmazione del territorio, nel tempo non sono state in grado di assolvere al meglio il proprio compito. Direi pure che in molti casi hanno fallito, quindi diventando spesso esse stesse strumenti di ulteriore centralismo e di cattiva gestione delle risorse, nonché luoghi di parcheggio politico.

Di fatto le province, in buona parte, si sono adeguate alla cattiva gestione centralizzata della stessa macchina regionale, per cui questo strumento intermedio, che io in altri tempi ho definito anche un "retaggio napoleonico" che è stato tramandato a governi successivi sino a quelli italiani, è da rimettere certamente in discussione, ma in un nuovo e più ampio contesto di partecipazione popolare alla gestione del nostro territorio e alla soluzione mirata delle problematiche locali. E' ora che, a partire dalle esigenze di coinvolgimento delle comunità, si presenti un progetto complessivo per il riordino di tutto l'assetto istituzionale della Sardegna, ma fuori dalla demagogia che ha visto cavalcare il tema dell'abolizione delle province nel pieno della campagna elettorale per le ultime elezioni per il Parlamento italiano.

Ritengo che si debba aprire una stagione nuova, improntata sul decentramento dei poteri dalla Regione ai comuni o a nuovi strumenti di partecipazione che le nostre collettività decideranno in modo libero e democratico di darsi. Questo nodo va sciolto, e non solo perché non si può lasciare un tema di questa portata in stato di abbandono, oppure nelle mani della speculazione ai fini elettorali di cui qualche forza politica è stata abile manovratrice più che riformatrice. Ma il termine del riordino che impone la legge regionale va definito una volta per tutte evitando ulteriori inutili proroghe e portando le province quindi alle loro scadenze naturali; il commissariamento, molto praticato dal nostro presidente Cappellacci, mi piace molto: è un commissariamento veramente incredibile, soprattutto perché non ha fine!

Quindi il commissariamento di certo non è la soluzione, può essere una soluzione per nuove clientele e per la sistemazione di qualche commissario disoccupato. Tutto questo coerentemente con lo spirito di chi, nel pieno della campagna referendaria per la soppressione delle province, cercava di sistemare i propri uomini nei posti del potere. Abbiamo assistito anche a questo orribile spettacolo! Per cui il referendum del 6 maggio del 2012, sull'onda del populismo, ha creato una grande confusione e disinformazione fra i cittadini ai quali non è stato neppure spiegato che il tema sulla soppressione delle province andava affrontato nel contesto di una riforma istituzionale che abbracciasse tutto il sistema, dalla Regione a tutte le sue diramazioni territoriali.

Quindi la proposta di voler trattare singolarmente la questione delle province, estrapolandola dal contesto di un sistema istituzionale ben più ampio, ha reso poco credibile, direi anche ridicola, la proposta referendaria. Ho il piacere di sottolinearlo, proprio io, perché mi sono espressa per la soppressione delle province ma non per commissariarle, o si riesce a rivoluzionarle oppure è meglio sopprimerle! Il testo unificato, che indica le scadenze per lo scioglimento dei consigli provinciali prima della scadenza naturale della legislatura, rischia di essere incostituzionale (visto che cancella organismi eletti democraticamente) e di metterci poi nella condizione di varare una pessima legge, anche questa è un'abitudine di questa consiliatura.

La definizione della scadenza naturale, vista anche la complessità delle funzioni delle province, è quindi necessaria ai fini della riorganizzazione dell'assetto e della salvaguardia dei livelli occupazionali esistenti, evitando che si creino nuovi problemi di instabilità lavorativa che aggravino la disperazione già esistente all'interno del nostro tessuto sociale ed economico. Arrivare a scadenza naturale è una necessità per la definizione di una legge di riforma che sia adeguata alle esigenze dei territori e delle collettività, nonché alla tutela dello status e delle funzioni e dei ruoli acquisiti dai dipendenti delle province.

Ritengo giusta la soppressione di questi strumenti intermedi per come sono organizzati, ma ciò non può avvenire se non si garantisce un processo di transizione serio che eviti il caos nel riordino istituzionale; dal trasferimento delle funzioni provinciali, alla programmazione territoriale, tutto deve avvenire di pari passo con la certezza occupazionale per migliaia di dipendenti che operano nelle province, garantendo con ciò l'attuazione di provvedimenti e leggi già intraprese, mi riferisco a imprenditori, associazioni, cooperative e così via.

Quindi un progetto di riforma di questa portata deve essere a maggior ragione condiviso e partecipato da tutte le parti politiche e dalle collettività locali, in modo tale che sia funzionale ai bisogni e al rilancio dei nostri territori e non alle clientele di una vecchia politica che alberga nelle massime istituzioni della Regione autonoma della Sardegna, abituata a gestire il bene pubblico come se fosse cosa privata. Noi pensiamo a un progetto di riforma che sia davvero emancipato, che decentri i poteri della Regione, potenziando gli enti locali e magari attraverso degli enti intermedi che però siano completamente rivoluzionati rispetto a come sono attualmente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Espa. Ne ha facoltà.

ESPA (P.D.). Presidente, diversi colleghi hanno già sottolineato come questo intervento che state cercando di attivare sembri veramente il copione della riforma sanitaria. E' stato già ricordato, ma voglio ripeterlo, che in un altro periodo (era l'inizio della vostra legislatura, e voi promettevate grandissime riforme, grandi cambiamenti), mentre parlavamo di carciofi abbiamo commissariato la sanità. Gli effetti si sono visti in una fase successiva: per anni è rimasta una situazione assolutamente fuori controllo, ma soprattutto ribadisco che, in questo momento, il metodo sembra lo stesso.

Consentitemi un inciso; adesso guardo il Presidente, il mio attuale Presidente, che non può replicare ovviamente perché sta presiedendo, però è incredibile, è veramente paradossale che oggi, in quest'Aula, si dica che se le riforme non sono state fatte è colpa anche della minoranza. Io questa affermazione veramente non posso capirla; chi vince le elezioni ha un mandato popolare, se poi non riesce a governare per via dei suoi fallimenti, per esempio non riesce a fare la riforma delle province, la colpa è di tutti. La colpa è di tutto il Consiglio! Viene accusato il Consiglio di non aver fatto la riforma!

Ma io ricordo nella scorsa legislatura, della quale ho fatto parte per pochissimo tempo, meno di un anno, l'atteggiamento, doveroso, da parte dell'allora opposizione, attuale maggioranza; su ogni atto che non era compiuto o che era compiuto dalla maggioranza ma, secondo voi, in maniera sbagliata, partivano i distinguo, partiva "la guerra"; oggi, invece, autorevoli esponenti della maggioranza rimarcano che siamo in una situazione di emergenza, in una situazione di difficoltà", non riuscendo a dire che è colpa di questa maggioranza che non riesce a dare ritmo, a dare produttività ai lavori che devono essere portati avanti.

E non ci possono essere confusioni sul ruolo di ognuno di noi, perché è facile all'esterno tentare di dare delle immagini che io dico propagandistiche, dove si cerca di dire che la colpa è di tutti. Così è troppo comodo, la colpa non è di tutti, ma di chi governa, è chi governa che ha la responsabilità di procedere. Quindi se mancano tre giorni alla scadenza di chi è la responsabilità? Io ritengo che sia di chi non ha saputo governare il processo, e chi non ha saputo governare il processo per mandato popolare è ovviamente chi governa, chi ha vinto le elezioni e la sua maggioranza: non ci sono altri responsabili.

Poi mi viene da pensare, chiaramente, che si stia cercando di dare una patina di progressività rispetto all'esito del referendum, con il commissariamento di cinque province su otto, cercando di far passare un messaggio di taglio delle province. In realtà, come abbiamo già detto prima, i referendum sono rispettati, se vogliamo usare dei ragionamenti paradossali, se le province sono abrogate, se le province non sono abrogate non sono rispettati i referendum.

Il vostro emendamento d'emergenza, il vostro, dovuto alla vostra incapacità di governare, acclarata anche con questo atto, che cosa dice? Dice: "Noi mettiamo i commissari e sospendiamo le elezioni", quindi sospendiamo le elezioni, lo diceva anche il collega prima, in attesa che si faccia la nuova legge. Allora che cosa succede? La nuova legge si fa fra cinque anni e quindi per cinque anni ci saranno le province, perché questo vostro emendamento non dice niente sul fatto che ci devono essere comunque dei tempi, dei modi, degli tra virgolette automatismi; continuando il ragionamento paradossale direi che, in questo momento, voi con questo emendamento state sancendo la vita delle province, perché avete sospeso pure le elezioni; in questo momento secondo il comma 5, come ricordava prima il collega, si andrà avanti, fino alle elezioni, con le province.

Certo, voi dite che non ci sono i consigli provinciali! Mi sembra ben poco; io non voglio sottilizzare e, sì, il testo di legge prevede che i commissari da nominare devono essere dipendenti regionali, dipendenti in pensione, però ce lo dobbiamo dire: attualmente avete già visto il quadro dei commissariamenti, avete già visto a chi spetta il commissario di Cagliari, un bel bocconcino, a chi spetta il commissario del Medio-Campidano, o dell'Ogliastra, o di Olbia, o di altri posti.

Questa questione delle province mi fa pensare, ripeto, alla riforma sanitaria: la propaganda è iniziata nel 2009, promettevate la riforma entro un anno, ancora la riforma sanitaria la vostra maggioranza non l'ha fatta, le ASL sono sempre le stesse, i numeri sono sempre gli stessi, si voleva cambiare il nome della ASL in ASP, legandolo alle province, insomma è un fallimento; e, se leggo l'articolo che state mettendo in pista dico che, ovviamente, voi state sancendo che i referendum non contano niente, perché le province rimarranno fino a che non deciderete di fare diversamente, nel caso in cui vinceste le elezioni nella prossima tornata. Quindi in questo momento la preoccupazione che probabilmente avete avuto è questa dei commissari, senza un vero ragionamento sulla riforma.

Il Partito Democratico, non solo, ma anche le opposizioni al completo hanno detto di essere pronti a lavorare tutte le ore diurne e notturne per poter dare compimento a un disegno logico, non a un disegno così, schizzato, dove ci sono cinque "sì" e tre "no", quindi l'esito del referendum veramente non si capisce quale sia. Ci troviamo ad avere una situazione a geometria variabile, verrebbe da dire a pelle di leopardo (o di giaguaro, ma questo preferisco non dirlo perché non porta bene), con il paradosso, che veramente è quasi assurdo, di un articolo che letteralmente autorizza il prosieguo delle province.

Certo, in alcune province c'è un commissario e non l'organo democratico eletto dai cittadini, nelle province storiche sappiamo che rimane in tre e non in una, quindi io non so se il tasso di partecipazione e di democrazia stia aumentando con il commissariamento di tre su otto, o se stiamo facendo dei passi indietro, che dobbiamo fare perché è necessario farli. Voi in questo momento, col testo in mano, state continuando a mantenere in vita delle burocrazie senza l'organo eletto dai cittadini in maniera democratica, questo succede in cinque province.

La situazione non è una situazione omogenea, non si capirà neanche come le province stesse potranno essere coordinate; il commissario non può essere considerato una persona neutrale e le accuse di strumentalizzazione formulate da alcuni miei colleghi ritengo siano molto fondate, perché si rischia veramente di prendere in mano un ente per fare propaganda in campagna elettorale. Tecnicamente, in questa situazione, se la riforma, così come dice il comma 5 del vostro emendamento, sarà fatta fra cinque anni, le province rimarranno per cinque anni. E' un paradosso, credo sia un paradosso, ma mi sembra che la vostra Giunta in questi anni abbia fatto spesso del paradosso la realtà del vostro modo di amministrare.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Biancareddu, Dedoni, Diana Giampaolo, Milia e Salis sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Dichiaro che sono presenti 37 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - De Francisci - Dedoni - Diana Giampaolo - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Locci - Lunesu - Maninchedda - Milia - Mula - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pisano - Pitea - Randazzo - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Poiché il Consiglio non è in numero legale, sospendo i lavori.

(La seduta, sospesa alle ore 20 e 04, viene ripresa alle ore 20 e 34.)

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Corda. Ne ha facoltà.

CORDA (P.D.). Presidente Cappellacci, era difficile immaginare una condotta peggiore di quella da lei tenuta: ha cavalcato l'onda referendaria, attraversando un gigantesco groviglio di contraddizioni, dimentico del ruolo che ricopre; anziché legiferare in materia, che è il suo "compito principe", promuove demagogiche iniziative popolari, evidenziando così la patologia del sistema politico e istituzionale in cui ci troviamo. La situazione che si è venuta a creare ora a seguito dei risultati referendari, sui cui effetti i cittadini volutamente non sono stati adeguatamente informati, e per la mancata riforma, evidentemente anche questa voluta, che disegnasse i nuovi assetti nelle architetture istituzionali, è a dir poco incerta e caotica.

Credo si abbia ragione nel dire che la soppressione delle quattro province comporta inevitabilmente la soppressione delle altre quattro province cosiddette storiche, perché con l'atto di nascita delle quattro province regionali sono stati modificati, sostanzialmente e in modo rilevante, i confini territoriali delle vecchie province. La vostra maggioranza non ha scelto, come ben diceva il collega Gian Valerio Sanna, di governare, di fare le riforme; lei, Presidente, evoca e sollecita i sentimenti dell'antipolitica e poi li cavalca; lei, Presidente, utilizza il suo ruolo, spende il suo tempo, utilizza il suo potere di Presidente della Regione giocando tutto sul piano mediatico, finalizzando ogni sua azione al proprio tornaconto elettorale.

La provincia dalla quale provengo è quella che forse più di altre subirà le conseguenze più nefaste della vostra dissennata decisione. Per questa ragione, approfittando dei rapporti di amicizia e di stima, mi rivolgo agli amici e colleghi Renato Lai, Matteo Sanna, Gianfranco Bardanzellu e allo stesso assessore Biancareddu, che so essersi speso abbondantemente per la nascita della Provincia Gallura, convinto di trovare una sensibilità pari almeno alla mia, invitandoli a ribellarsi a quello che il collega Cuccu definiva appropriatamente poc'anzi un atto di prepotenza e di arroganza, tale è quello che qui si sta per consumare.

Un atto di ribellione oltremodo motivato e giustificato dalla preoccupazione e dal timore che il provvedimento che si sta per assumere rappresenti solo l'inizio di una serie che temiamo, legittimamente, produrrà effetti devastanti sul territorio e sull'intera popolazione; che ne sarà per esempio della ASL e dei servizi che alla sopravvivenza della provincia sono legati? Con questo atto, con arroganza, con protervia ma anche con grande superficialità, sprezzanti delle regole, voi state cancellando non i privilegi di chissà quale casta (volete fare apparire tale quella dei consiglieri provinciali) ma i diritti dei cittadini, per i quali le popolazioni della Gallura, dell'Ogliastra, del Medio Campidano e del Sulcis hanno lottato per decenni.

Dietro tale atto si nasconde evidentemente il proposito, contrariamente alle rassicuranti dichiarazioni che lei, presidente Cappellacci, è solito fare quando si reca in visita nei territori (rassicuranti dichiarazioni che comunque niente verrà messo in discussione dei servizi oggi esistenti) di procedere all'accentramento in capo alla Regione o, al limite, in capo alle vecchie province di tutti quei poteri che oggi dovrebbero essere esercitati e vorrebbero ancora esercitare le attuali province, vanificando con un solo colpo decenni di lotte e rivendicazioni per ottenere il sacrosanto diritto all'autogoverno responsabile del territorio e mortificando le sacrosante aspettative di quei cittadini.

All'onorevole Cossa, che lamenta di aver ricevuto parole poco garbate e persino insulti, vorrei dire che l'insulto alla ragione ma anche alla Regione di cui lei onorevole Cossa e il suo Gruppo è e siete degnissimi rappresentati l'avete prodotto voi; non credo che possa rappresentare un insulto il fatto che vi si ricordi che voi, facendo parte della maggioranza, avreste potuto molto agevolmente legiferare in materia anziché indire i referendum, senza offendere la sensibilità di nessuno. Ma non le sembra paradossale? E poi come potete pensare di essere credibili quando addebitate all'opposizione, cercate di farlo, il ritardo con il quale vi siete proposti di affrontare la discussione di quella che vi ostinate a definire riforma?

Signor Presidente e colleghi consiglieri, è stato detto dal collega Gian Valerio Sanna e da altri colleghi che da parte dell'opposizione c'era la disponibilità al confronto, la volontà di dare un serio contributo per la formazione di un testo che riguardasse l'intero assetto istituzionale regionale nelle sue varie articolazioni, tale da portare alla semplificazione e alla razionalizzazione dell'intero sistema, con conseguente risparmio di risorse, in modo da conferire alla pubblica amministrazione quella maggiore efficienza nella gestione e nell'erogazione dei servizi.

Lo hanno già ricordato diversi colleghi, c'era e c'è ancora il desiderio, la volontà di poter ragionare insieme su un testo che (vi è stato sottoposto ieri), colleghi della maggioranza, rappresenterebbe la base per poter sviluppare in modo serio la discussione, perché riforme istituzionali di questa portata, così importanti, che incidono profondamente nella carne viva delle nostre comunità non possono essere approvate con un blitz, con emendamenti sostitutivi totali che hanno il solo pregio di sottrarre alla discussione dell'Aula il merito del provvedimento.

Allora la vostra proposta non è una soluzione al problema, ha solo la funzione di rinviare il problema complicando una situazione già di per sé difficile. Pertanto, l'invito che io modestamente mi sento di rivolgere è di abbandonare le rigidità proprie di atteggiamenti pregiudiziali, di parte, e disporsi a una serena discussione per dare vita alla vera riforma, ciò anche al fine di evitare l'ulteriore perdita di credibilità di cui già la politica e i partiti soffrono.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cugusi. Non è presente in aula, decade.

Ha domandato di parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Ho annunciato nel mio intervento la presentazione di un emendamento con intenzione provocatoria; considerate alcune reazioni che sono avvenute in Aula dichiaro di ritirare l'emendamento numero 2.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Presidente, il tema che ci stiamo accingendo ad affrontare oggi e ancor di più quello che affronteremo nei prossimi giorni è un tema estremamente delicato: tratta della messa in discussione, da parte di un atto forte, il referendum, del rapporto tra cittadini e politica nel momento più delicato del rapporto tra cittadini e istituzioni.

Ora la questione è come reagire al pronunciamento dei cittadini espresso con i referendum, innanzitutto, ma anche al manifestarsi, più volte e in modi diversi, del sentire comune. E' emersa la disaffezione dei cittadini alla politica e alle istituzioni, confermata ultimamente dal grave fenomeno del consistente e significativo calo della partecipazione dei cittadini alle elezioni,. Come si reagisce di fronte a questa situazione? Quali le strade davanti a noi e a voi della maggioranza? Avviare per tempo un vero processo riformatore tale da rispondere a quella esigenza che comunque dal referendum è venuta, oppure utilizzare l'occasione per occupare le istituzioni? Sono due modi diametralmente opposti di affrontare il delicatissimo tema del ruolo delle istituzioni, innanzitutto, e del rapporto tra queste e i cittadini.

Un tema delicato su cui non può essere giocata una partita di carattere esclusivamente elettoralistico; certamente non era e non è facile dare risposta adeguata alla richiesta di cambiamento, di riformismo vero che viene dai cittadini con i referendum ma non solo. Ripeto, è una richiesta sempre più stringente, forte a cui non ci possiamo permettere di rispondere in modo semplicistico, guardando ai propri interessi di potere senza affrontare il nodo vero. E' questo nodo è: quale nuovo ordinamento degli enti locali vogliamo realizzare.

Certo fare un atto di commissariamento e farselo anche proporre con legge del Consiglio regionale è più semplice, e in materia devo dire che avete maturato un'esperienza al riguardo assolutamente invidiabile. Ricordo le agenzie agricole con commissariamenti ripetuti, con commissari scambiati dall'una all'altra; le ASL che sono sotto gli occhi di tutti, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti; la stessa gestione di una partita delicatissima, propria della Sardegna, e cioè questione della eradicazione della peste suina africana è stata affidata a un commissario, i risultati li possiamo vedere nella presa di posizione ufficiale assunta nei giorni scorsi dalle organizzazioni di categoria agricole che hanno bocciato su tutto il fronte l'operato di questo e dell'intera Giunta regionale.

Allora c'è da dire, signori della maggioranza, della Giunta, signor presidente Cappellacci, che questa non è la soluzione, no, questa procedura semplicemente non affronta il problema, ma creerà però conflitti, aumenterà il caos e di questo davvero non ce n'era bisogno e non era questo che cittadini chiedevano.

Certo sul fronte della pratica del commissariamento avete maturato molta esperienza, avete accumulato tantissime esperienze ma anche un mare di insuccessi, un mare di errori; non ci sfugge però che una risposta ai referendum, al pronunciamento dei cittadini in varie forme vada data e, anzi, devo dire che andava data prima, e sarebbe utile porsi anche la domanda di chi sia la responsabilità se oggi, dopo più di un anno, ne stiamo ancora parlando non avendo affrontato il tema.

Una risposta adeguata, però, va data, una risposta che da una parte consenta di avviare concretamente la pratica di predisposizione degli atti amministrativi, contabili, finanziari, patrimoniali, ricognitivi, liquidatori di questi enti che sono stati pesantemente messi in discussione dal responso referendario; atti quindi necessari per avviare la procedura conseguente alle risultanze stesse del referendum e alla riforma futura che, si spera, questo Consiglio riesca a fare.

Ma voi una riforma, a mio modestissimo parere, non la volete; volete una semplice restaurazione, volete un semplice ritorno indietro, come qualche collega ha detto, non avete né la forza né la volontà di guardare avanti, di pensare con impegno al vero tema che è all'ordine del giorno, vi fate distrarre dall'unico obiettivo che vi interessa, e cioè come riconquistare, riprendere in mano il controllo di quelle realtà nelle quali i cittadini, appena un anno prima del referendum, vi hanno bocciato. Quindi la questione è come imbrogliare i cittadini utilizzando un loro pronunciamento referendario, che chiedeva una riforma vera, per sottrarre al loro pronunciamento dell'anno precedente il risultato elettorale.

Eppure la volontà dei cittadini, manifestata con il referendum, aveva in sé, è vero, anche un elemento di ribellione, di rifiuto, qualcuno ha parlato di volontà in quel momento di abolire tutto ciò che gli si sarebbe proposto, e questo è vero, ma aveva anche un chiaro messaggio di esigenza di riforma vera, e, comunque, questo era il compito da parte nostra: interpretarlo come un'esigenza di riforma vera. Un'esigenza che noi e voi abbiamo il dovere di interpretare al meglio, colleghi della maggioranza, di interpretare al meglio e non al peggio, così come sta accadendo.

Non è questo però l'obiettivo che si può raggiungere con il commissariamento. Con i commissari si potranno conseguire gli stessi risultati conseguiti con le scelte commissariali di cui ho parlato prima, cioè il caos; è un risultato che non ci serve, è un risultato che ci procura danno, è un risultato che potrà portare a un ulteriore aggravamento del rapporto tra cittadino e istituzioni. Ci serve invece avviare finalmente un processo di costruzione di una nuova architettura istituzionale che razionalizzi i ruoli di comuni e Regione e anche la gestione della fase intermedia, che razionalizzi l'espletamento del ruolo legislativo della Regione, che colleghi a essa il ruolo fondamentale dei comuni, ma che costruisca anche una realtà che consenta di gestire i territori, che non sono il solo comune, ma l'insieme dei comuni, un territorio dove operano altre realtà organizzate e non solo le province; è necessario un discorso di razionalizzazione di istituzioni che collocano il loro agire proprio in quella parte intermedia istituzionale che sta tra i comuni e la Regione.

Certo, il tema delle province non è un tema soltanto sardo, e non è solo il referendum tenuto in Sardegna che ha posto al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica il tema; se n'è occupato il Governo Monti, se ne sta occupando il Governo Letta, è cioè un tema nazionale; ma se questo è vero, è ancora più vero che va affrontato a livello adeguato, e non con questo stralcio, con queste soluzioni che la maggioranza e la Giunta ci stanno proponendo. Serve un impegno concreto, in Italia come in Sardegna, per costruire una nuova e più avanzata soluzione, che vada oltre la manovra chiaramente elettoralistica che si sta discutendo questa sera, una manovra elettoralistica che non merita di essere messa in discussione oggi rispetto a un tema così importante.

Serve un processo riformatore che più che individuare nemici da abbattere, i presidenti, gli assessori, i consiglieri provinciali, democraticamente eletti dai cittadini sardi, costruisca soluzioni adeguate per sostituire quelle istituzioni che i cittadini hanno giudicato in molti casi, e assolutamente a ragione, inadeguate. A noi tutti il compito di individuare con serenità e pacatezza, cosa che mancherà se permarrà questo approccio (il commissariamento di gran parte delle province, così come viene indicato in questo elaborato che stiamo discutendo), la soluzione miigliore; è necessario, ripeto, un clima sereno e pacato che questo provvedimento non aiuta a costruire, e se non c'è un clima sereno e pacato di soluzioni valide non ne costruisce nessuno, e i territori restano abbandonati a sé stessi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Poichè nessun altro Presidente di Gruppo appoggia la sua richiesta, la richiesta non è accolta. E' iscritto a parlare il consigliere Arbau. Ne ha facoltà.

ARBAU (Gruppo Misto). Intervengo brevemente, visto che molte cose sono state già dette negli interventi precedenti. Inizio con un messaggio che mi è giunto dal Movimento referendario sardo, di cui faccio parte, che dice: "Il Consiglio regionale sta discutendo sull'abolizione delle province. La fase è cruciale. Domani, venerdì, ore 10, mobilitiamoci sotto il Consiglio". Questo messaggio dimostra che c'è un po' di incertezza tra chi dice che le province non sono state abolite, altri che sostengono che sono state abolite, e altri ancora che chiedono il commissariamento. La verità è che, come su altre cose, quest'Aula sta perdendo l'occasione per fare le cose che dovrebbe assolutamente fare.

E' perciò molto triste vedere che noi, per il solito giochino delle fazioni, facciamo la figura di quelli che sono in ritardo di un anno su quello che avrebbero dovuto fare un anno fa. Perché un anno fa gli elettori hanno, in modo preciso, deciso di dare il quorum ai referendum abrogativi e, allo stesso tempo, sui referendum consultivi hanno dato un'indicazione molto chiara. Gli elettori, ed è molto semplice anche interpretarlo, hanno detto che l'ente intermedio va superato, e hanno dato, quindi, a quest'Aula il compito di disciplinare questa decisione.

Ora, quando non si vuol prendere nessuna iniziativa, si finisce sempre per cavillare; lo si fa in tribunale e lo si fa anche in quest'Aula: è il tentativo di buttare la palla sugli spalti. E questo tentativo del commissariamento è il classico gioco di buttare la palla sugli spalti. Qui non stiamo parlando di abolizione di province, non stiamo abrogando nessuna provincia, semplicemente stiamo nominando dei commissari. Chi dice che stiamo abolendo le province, sta dicendo una falsità e deve assumersene la responsabilità.

Viceversa noi, per citare il collega Renato Lai che ha avuto la sfortuna di prenotarsi con qualche attimo di ritardo, dovremmo dire che "la Sardegna ha bisogno di una riforma completa e organica del sistema autonomistico, puntando a creare uno strumento completo di governo del territorio". Questo deve fare un'Assemblea dei sardi. Questo avrebbe ripreso stasera il collega Lai da quei banchi e questo è quello che vi dico io. Non facciamo i bambini rinfacciandoci le cose l'uno l'altro. Noi stiamo fuggendo per l'ennesima volta dal problema, e il problema è costruire un assetto delle autonomie locali.

Onorevole Cossa, il giorno dopo i referendum, un successo importante contro tutto il sistema che si era schierato contro questi referendum, senza risorse, cercando di portare le persone a votare in un'unica giornata, eravamo tutti convinti che si arrivasse al commissariamento, ma in quel momento! Perché quest'Aula ha esitato? In questo momento, invece, a freddo, noi dobbiamo pensare a costruire la riforma, a costruirla assieme, a costruirla con questi signori che sono stati eletti sul territorio e sono persone che devono essere consultate per costruire il sistema democratico.

Perchè commissariare delle province che sono state già abolite? Perché? Qual è l'utilità pratica? Non esiste. E' molto meglio, invece, dare un merito a questo Consiglio: aboliamo le province. Lo strumento è quello della legge nazionale. Aboliamole immediatamente! Mettiamo questo punto all'ordine del giorno, con due righe aboliamo le province in questa Regione. E' quello che io ho già proposto con una proposta di legge, l'ha proposto il P.d.L., lo avete proposto voi, lo hanno proposto tutti gli altri Gruppi, all'unanimità tutti i Gruppi hanno proposto di abolire le province. Togliamole dal nostro Statuto, chiediamo al Parlamento di portare in discussione la loro abolizione e, come abbiamo legiferato sulla riduzione dei consiglieri da 80 a 60, allo stesso modo avremo l'abolizione delle province avendo il tempo di costruire, con il sistema delle autonomie locali, il nuovo sistema.

La verità è che chi vuole votare questo testo di legge è contro il volere dei referendum, chi vuole votare "questa cosa" sta tradendo i referendum e ve lo dico io perché li sta tradendo, perché state tradendo dei territori! I cittadini dell'Ogliastra non hanno votato di essere annessi alla Provincia di Nuoro, e neanche quelli della Gallura hanno chiesto di essere annessi alla Provincia di Sassari, tenere in piedi le province storiche e togliere le altre è il tradimento più grande dei referendum. È una cosa inaccettabile! Nessuno sarebbe andato a votare, né in Gallura, né nel Medio Campidano, né da nessuna parte perché se c'è una cosa che ha funzionato in questa riforma delle province è che i territori sono diventati protagonisti per cercare di fare quelle cose che la Regione non riesce a fare.

La riforma, se di riforma vogliamo parlare, visto che ci siamo accapigliati sul niente, deve conseguire l'obiettivo, che sapete tutti, di togliere alla Regione il ruolo amministrativo, perché noi siamo seduti sui residui e non riusciamo a spendere niente. Questo è un Consiglio che non riesce a fare leggi, figuriamoci se riesce anche a gestire l'attività amministrativa! Le risorse vanno trasferite nei territori e i territori più idonei sono questi otto, quindi un sistema binario: la Regione fa le leggi, dà gli indirizzi e i comuni spendono le risorse, associandosi.

Ma queste sono cose serie che vanno affrontate con il sistema delle autonomie locali, approfondendo gli argomenti e dando una soluzione a questi 2 mila dipendenti (hanno mandato il documento a tutti) che sono fortemente preoccupati, sono persone in carne e ossa che non sanno che fine faranno, e invece noi che cosa gli proponiamo? Di abolire degli organismi eletti e di mettere dei commissari. A me interessa poco la bandierina del commissario, interessa poco, non è quello il problema.

Il problema è che noi vogliamo negare la riforma perché la responsabilità più grande, ve lo dico io da referendario, quale sarà? Ci terremo le quattro province, bloccheremo il sistema, faremo come per le comunità montane: non riusciremo a fare nessuna riforma. Questo è quello che vuole fare questa maggioranza, e io non sono uno fazioso che va contro di voi a prescindere. L'ho dimostrato in qualche giorno di presenza in questo Consiglio, però su questa questione state sbagliando e i Riformatori prima di tutto. Noi abbiamo fatto una battaglia utile perché senza quella spallata dei referendum in quest'Aula non avremmo parlato di queste cose, però fare un'altra spallata… la spallata la fanno i cittadini perché le porte sono chiuse, ma quest'Aula non può fare spallate, deve cucire, deve trovare le soluzioni. Questa è la differenza tra gli elettori e un'Assemblea legislativa.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (Gruppo Misto). Presidente…

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Cocco, ho la sua iscrizione per intervenire nella discussione generale. Se lei non richiama la mia attenzione non posso darle la parola prima del suo turno.

Ha domandato di parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Giampaolo Diana.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Amadu, Biancareddu, Cocco Daniele, Diana Giampaolo e Tocco sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Dichiaro che sono presenti 40 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Biancareddu - Cappai - Cappellacci - Cocco Daniele - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Diana Giampaolo - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Locci - Lombardo - Lunesu - Meloni Francesco - Mula - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda Alessandra.

Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (Gruppo Misto). Presidente, ieri sera ho creduto che ci fosse la volontà da parte della maggioranza di trovare veramente una soluzione al problema posto dall'Unione delle province sarde, cioè dall'UPS, dal Consiglio delle Autonomie Locali, cioè dagli organismi istituzionali delle province e dei comuni sardi che dovrebbero essere da noi considerati dei referenti seri con i quali collaborare; invece, dopo continui rinvii, stamattina, di una possibile nuova riunione di tutti i Gruppi consiliari, scopriamo la proposta di emendamento e poi lo stralcio dell'articolo 10 della legge di riforma.

E' chiaro che, a questo punto, non si può chiedere né ai territori delle province, né al Consiglio delle autonomie locali, né alla minoranza in Consiglio regionale di discutere una proposta del genere perché è irricevibile. E' un atto, colleghi della maggioranza, di assoluta scorrettezza nei confronti di una minoranza consiliare che si era predisposta a tentare di trovare una via di uscita su un problema che consideriamo serio, urgente, indifferibile.

Il problema serio, urgente e indifferibile, però, non è definire e trovare otto commissari che gestiscano, magari in periodo elettorale, le vecchie province sarde. Il problema è riuscire a fare sì che questo Consiglio regionale riesca ad approvare una riforma che tutti da anni diciamo di considerare urgente e indifferibile, cioè la riforma della Regione e, a scendere, delle funzioni e dei ruoli delle altre istituzioni sarde. Al collega Cossa, che ha richiamato le sentenze della Corte dei conti e del TAR, vorrei ricordare che la sentenza...

PRESIDENTE. Onorevole Salis, lei deve parlare all'Aula.

SALIS (Gruppo Misto). …della Corte dei conti, è vero, che richiama la dubbia costituzionalità della disciplina approvata, ma dice anche che i dubbi di costituzionalità si accresceranno quanto più il legislatore regionale tarderà ad attuare le riforme istituzionali che hanno per via legislativa giustificato, transitoriamente, l'effetto pratico di porre nel nulla l'esito della consultazione referendaria. Il problema quindi non è tanto di trovare un affrettato provvedimento che sciolga le province, le annulli e le cancelli. Il problema prioritario è dare una risposta alle riforme istituzionali che hanno giustificato transitoriamente questa nostra disciplina.

Quindi, l'oggetto della priorità è la riforma, la riforma che voi state stralciando, oggi, per dedicarvi solamente all'articolo 10, cioè a un commissariamento affrettato e illegittimo di otto consigli provinciali o di otto province sarde. Io sono d'accordo, non esistono più sulla carta perché il presidente Cappellacci ha firmato i decreti di annullamento, in base ai risultati dei referendum, di tutte le leggi a cominciare da quella del '97, legge di avvio dell'iter istitutivo delle quattro province regionali. Questo lo sappiamo tutti. Ma sappiamo anche che il referendum ha un effetto distruttivo perché cancella delle norme, ma l'effetto distruttivo non può essere accettato, da dei legislatori mediamente intelligenti, senza intervenire sui problemi enormi che la cancellazione delle province darà e da. L'obiettivo che ci dovevamo porre noi da subito, perché non l'abbiamo fatto?

Altra precisazione che vorrei fare è sul fatto che io non accetto le chiamate di correità pervenute dai banchi della maggioranza nei confronti della minoranza sulla mancata riforma. Noi ci siamo battuti in prima Commissione, e non è assolutamente superfluo ricordare che dopo le dimissioni del collega Maninchedda dalla prima Commissione autonomia, a gennaio-febbraio di quest'anno, la Commissione autonomia che dovrebbe guidare il processo di riforme in questa Regione è ancora priva di un Presidente. Siamo arrivati al paradosso che il processo di approvazione della legge elettorale è stato guidato dal Vicepresidente che è un componente dell'opposizione!

Adesso, in fretta e furia, c'è questa nomina dei commissari che dovrebbero gestire le province; io non so se riusciremo faremo di tutto, a bloccare questo atto insensato e irresponsabile, ma se non dovessimo riuscirci bisognerà sostenere tutte le richieste di annullamento di questa proposta che sono assolutamente giustificate.

Io vorrei che il Presidente della Giunta, nella sua replica, rispondesse alla domanda fatta dal collega Arbau dieci minuti fa: perché si devono fare le riforme contro le altre istituzioni regionali? Le altre istituzioni regionali sono tutte contro questa proposta, presidente Cappellacci: l'UPS, le singole province, il Consiglio delle autonomie locali; sono contro anche gli osservatori attenti che conoscono la difficoltà di gestire in situazioni ordinarie i servizi di province e di comuni, figuriamoci se per i commissari, nominati secondo bilanciamenti di carattere politico all'interno della maggioranza, non possiamo già cominciare a prevedere che dovranno gestire una situazione difficilissima. Ecco perché mi permetto di portare all'attenzione una riflessione, ancora prima che ci si incammini su un percorso che è assolutamente sbagliato sotto tutti i punti di vista.

Nella relazione di minoranza alla legge che è in discussione in Consiglio il collega Capelli, indicato dalla minoranza come relatore, ha posto con assoluta chiarezza il problema vero che è di fronte a noi, lo sottolineo per i colleghi Riformatori che, già dal nome, dovrebbero essere sensibili al fatto che queste riforme possano andare avanti. Il problema è questo; nel nostro ordinamento è in vigore la legge numero 9 del 2006 con cui nella scorsa legislatura abbiamo iniziato un processo di trasferimento di funzioni dalla Regione verso province e comuni non ancora completato.

Il lavoro che in prima Commissione autonomia noi avremmo dovuto fare è questo: completare un lavoro di riforma della Regione prima di tutto per agevolare il trasferimento di funzioni verso i comuni, le unioni dei comuni, i territori regionali per andare anche al superamento delle province. Chi vi parla è la stessa persona che nel 2011 (ben prima che si cominciassero a raccogliere le firme per i referendum) aveva posto il problema in una proposta di legge, considerata allora provocatoria, che puntava proprio al superamento delle province regionali.

Il sottoscritto nel '97 in qualità di consigliere della provincia di Cagliari si era espresso contro lo "spezzatino della provincia" che fu allora avviato. Io mi sono espresso anche contro la nascita di ben altre quattro province in una Regione che ha un milione e mezzo di abitanti; è chiaro che questa decisione ci ha tirato addosso l'interesse e anche l'ironia di parecchi osservatori. Si è esagerato nella moltiplicazione delle province rendendo ancora più aspra l'antipatia dell'opinione pubblica nei confronti di questo ente.

Questo lo dice uno che, anche nel suo ex partito, ha dovuto fare una battaglia essendo contrario, per esempio, alla proposta di azzeramento di tutte le province; perché io ho sempre detto che le province non si possono abrogare raccogliendo firme se non c'è una norma di modifica costituzionale; di questo problema se n'è dovuto accorgere anche il Governo Monti che dopo aver sbandierato la proposta di azzeramento immediato delle province ha dovuto fare marcia indietro velocemente. Anche l'attuale primo ministro Letta, in maniera più prudente, vista l'esperienza di Monti, in una delle prime dichiarazioni ha detto che il Governo nazionale procederà all'azzeramento delle province. Quindi, questo è un tema complessivamente che non possiamo più eludere, lo sanno anche gli amministratori provinciali che non si nascondono il problema.

Il problema non è commissariare ad libitum, perché quando leggo al comma 5 che sono sospese le elezioni, temo che le province sarde facciano la fine degli enti regionali che sono in fase di liquidazione, una fase di liquidazione che dura da dieci anni. Presidente Cappellacci - che non c'è - lei avrà letto la relazione della Corte dei conti sui costi che la Regione sostiene sugli enti regionali in liquidazione e non solo, ma anche su quelli che dovrebbero essere liquidati. Oppure la relazione, sempre della Corte dei conti, sulla sanità, sull'incremento degli stipendi nella sanità sarda. Ecco, dovremmo discutere di queste cose.

Se si vuole fare un'operazione propagandistica ed elettoralistica per attivare il controllo di questa maggioranza sulle province sarde, si sappia che la minoranza consiliare sarà a fianco degli amministratori del territorio, perché questa è un'altra operazione di centralismo regionale che vuole azzerare, per calcoli elettorali, rappresentanze democraticamente elette, e questo non è assolutamente consentito a nessuno, a nessuno! Quindi lo dico sapendo che sarà molto difficile perché se dopo tre-quattro ore di discussione oggi la maggioranza è arrivata a un voto di fiducia, a una dichiarazione di fiducia è perché c'è il rischio che questo tema possa far scricchiolare una maggioranza che scricchiola già di per sé per altri aspetti.

E' chiaramente significativo che sia stata richiamata anche la presenza del Presidente oggi in Aula, perché i Riformatori hanno chiesto che questo aspetto venga assolutamente definito oggi, in questo modo; sarà difficile pertanto che le mie parole, come quelle di altri colleghi, possano ricevere ascolto. Però, siccome siamo votati alla speranza e alla fiducia io continuo a chiedere a questa maggioranza di fermarci un attimo. C'è la disponibilità, e l'abbiamo dimostrato, della minoranza sul tema delle riforme a lavorare "pancia a terra" per risolvere il problema. Noi siamo in grado, il nostro emendamento questo dice, di garantirvi di fare (se voi siete in grado di fare altrettanto però) in brevissimo tempo, con il concorso dei territori, quindi con la loro collaborazione, perché non vogliamo offenderli con un atto d'imperio, un provvedimento che può essere veramente l'apripista a una trasformazione vera della Regione.

Questo percorso può essere attivato solamente se non vi vorrete attardare in provvedimenti pasticciati e sbagliati dal punto di vista istituzionale oltre che dal punto di vista legislativo e che subiranno, come hanno subito altri atti di questo genere, l'offesa dei ricorsi e delle pronunce della magistratura.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.), relatore di minoranza. Io vorrei utilizzare quest'altra opportunità per fare alcuni chiarimenti che, sul piano politico, mi paiono assolutamente necessari. Noi, a partire dalla data di esitazione di questa proposta di legge, se non ricordo male stiamo parlando del dicembre del 2012, in quest'Aula in nessun'altra situazione abbiamo parlato di questo tema. Chiaro? Siamo stati chiamati benevolmente dalla maggioranza a un incontro ieri sera nella sede del P.d.L.. In quella sede (chiamo a testimoniare l'onorevole Pittalis, l'onorevole Steri, gli onorevoli Cuccureddu, Salis, Daniele Cocco, Cossa, Meloni, Matteo Sanna, lascio perdere noi del P.D. perché c'eravamo, su come si è svolta la riunione), abbiamo detto, punto primo, che il centrosinistra è preoccupato di garantire la continuità amministrativa. Non chiedetemi per quale ragione siamo arrivati a tre giorni dalla scadenza, non vogliamo neppure utilizzare questa circostanza per trovare responsabilità di chicchessia, vogliamo però garantire la continuità amministrativa perché non possiamo gettare nella disperazione duemila famiglie, né venir meno alle aspettative dei cittadini sui servizi offerti da questi enti e così via.

A onor del vero abbiamo trovato una maggioranza del tutto impreparata anche sotto il profilo dei testi perché era priva di una proposta, condivideva l'esigenza ma non aveva una proposta; alla fine della riunione una proposta, è quella che avete agli atti come emendamento numero 3, è stata portata all'attenzione della maggioranza dal centrosinistra spiegando che quell'emendamento risolveva il problema della continuità in termini giuridicamente corretti ma si accompagnava anche alla richiesta alle province di avviare la predisposizione dei documenti liquidatori e ricognitivi.

Intendevamo così dimostrare che non stavamo più scherzando con i tempi nel mettere a punto la riforma. Infatti, a chi abbiamo detto di preparare quei documenti ricognitivi in un dato termine? A tutte le amministrazioni provinciali, come vedrete leggendo l'emendamento, nello spirito che evocava il collega Arbau ed esattamente nello spirito del referendum.

Questo progetto di legge invece, cari colleghi, è in senso lato una legge istitutiva di province, non è una legge che risponde al referendum ed è per quello che l'ho chiamata una "porcheria". Questo è un testo istitutivo, non è la risposta ai referendum e per completezza ho detto, e chiamo sempre i signori che ho citato a testimonianza, che noi del centrosinistra non vogliamo più scherzare su queste cose perché non possiamo tenere famiglie, collettività appese a un destino che dipende dai nostri umori.

Dobbiamo fare la riforma e abbiamo detto di essere disponibili a discutere e concordare senza soluzione di continuità, garantendo che entro il 10 luglio la riforma poteva essere esitata. E abbiamo anche detto che vogliamo confrontarci nella discussione generale, senza strumentalizzazioni, con tutti voi paritariamente e con dignità per trovare una soluzione che risulti più avanzata di quella che lo Stato sta pensando o ha pensato, cioè il superamento integrale del sistema, tenendo conto del fatto, e lo ricordo in Aula, che la Sardegna ha la potestà esclusiva in materia di organizzazione del sistema degli enti locali, a differenza di altre Regioni, e quindi può decidere senza bisogno della pregnanza della modifica costituzionale se continuare ad adottare le province o se adottare un altro sistema, l'importante è che sussistano i requisiti del territorio, del servizio e della funzione.

Ovviamente ci deve essere l'impegno di mantenere su ogni territorio strutture, dipendenti, uffici, servizi perché, come diceva Arbau, nessuno ha votato l'annessione di uno verso l'altro e i cittadini non hanno voluto dire che rinunciavano a quei servizi, che erano una conquista su quel territorio, ma volevano che fosse semplificato il rapporto della rappresentanza; rapporto che forse ha debordato assieme a tutti noi. Non a caso anche noi abbiamo ridotto il numero dei consiglieri a 60 perché vivevamo e viviamo in un tempo dove abbiamo debordato tutti, ma altro è dire che volevano rinunciare alle conquiste.

Colleghi delle province e quelli che ci ascoltano, non date retta a chi vi dice che dobbiamo trovarci per eliminare l'articolo 43; lunedì andate dal miglior costituzionalista o amministrativista che c'è in Sardegna e fatevi compilare il ricorso; chiedete a questo buon avvocato di richiedere urgentemente la misura cautelare quale tutela fino alla pronuncia di merito, dieci giorni e abbiamo risolto la pratica. Lo dico per il semplice fatto che il centrosinistra non si è sottratto alla sfida referendaria e non autorizziamo nessuno a insinuare che noi siamo per il mantenimento di chicchessia. Vi abbiamo sfidato sull'impegno di merito e sull'impegno del tempo e vi siete nascosti utilizzando il tempo della meditazione sulla nostra proposta per sfoderare nei nostri confronti un atto di tradimento.

Questa è la verità e sta agli atti, e chi deve scrivere l'articolo sui giornali domani deve scrivere questo, perché noi siamo andati a quella riunione a proporre costruzione, non distruzione! E lo sanno anche i signori Riformatori che dovrebbero smettere di continuare a fare i monaci tibetani in preda a un mantra monotematico. Le riforme in questa stagione si potevano dirimere in cinque anni, gli chiederemo durante la campagna elettorale il rendiconto, di questo si devono preoccupare, non di quello che sta facendo il centrosinistra o che vuol fare il centrosinistra che non si fa prendere per la giacchetta da nessuno. Noi abbiamo una proposta; abbiamo faticato a trovare una sintesi all'interno delle nostre diversità per far sì che ci fosse un passo in avanti della capacità riformista della Sardegna, non un elemento di ricognizione al ribasso.

Detto questo vorrei anche ricordare a coloro che andranno a parlare con l'avvocato che esiste agli atti, e vi chiedo di prenderne nota, il decreto legge del 6 dicembre del 2011, numero 201, decreto convertito con modificazioni nella legge numero 214 del dicembre 2011, nel quale si dice che con legge dello Stato è stabilito il termine decorso il quale gli organi in carica delle province decadono, mi pare che non ci sia da commentare alcunché! Decide la legge dello Stato! E' detto nel contesto della riforma delle province con una norma che è giurisprudenza. Secondo la giurisprudenza costituzionale, tra i principi che si ricavano dalla stessa Costituzione vi è certamente quello per cui la durata in carica degli organi elettivi locali fissata dalla legge non è liberamente disponibile nei casi concreti. Viene detto che lo scioglimento dei consigli, stante il suo carattere del tutto straordinario ed eccezionale, può essere disposto solo nei casi e per i motivi tassativamente previsti dalla legge.

Secondo la vigente normativa lo scioglimento è disposto per due ordini di motivi: per il compimento di atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge; in questo caso ricorre esattamente la fattispecie a carico del Consiglio regionale, vi lascio dedurre la conclusione. Siamo perseguibili per scioglimento, non le province, non c'è questa circostanza e, il fatto che non ci sia, non è perché noi vogliamo tenere in carica degli organi delle province, è perché lo Stato quando ha pensato agli organi locali li ha pensati come strumenti che rendono servizi, noi non possiamo interrompere l'erogazione dei servizi, non lo possiamo fare! Non possiamo determinare lo scioglimento degli organi che sovrintendono alla dinamica democratica.

Noi abbiamo avuto prove lampanti di che cosa accada con il commissariamento; toglie il controllo democratico in quegli enti, garantisce una oligarchia fatta da uno solo che spende quello che vuole, approva piani di lottizzazione come abbiamo visto bocciati dalle procure e altre amenità di questo genere. Volete mettervi nelle mani di questi signori? Pensate che sia la stessa cosa? Il secondo caso prevede l'impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi e dei servizi, ipotesi che lo Stato ha tipizzato dalla legge, in caso di dimissioni del Presidente della provincia, della metà più uno dei componenti dell'Assemblea, cioè ha circoscritto il caso (la Corte, ordine pubblico e cose di questo genere) a dimostrare che è un evento eccezionale.

C'è, tra l'altro, la circolare del Ministero degli Interni del 25 giugno del 1991 che, affrontando la metodologia applicativa del potere sostitutivo, dice che essendo lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e dei paralleli organi elettivi di primo e di secondo grado delle unità sanitarie locali e dei consorzi subordinato a precisi presupposti di fatto, è necessario dare atto nel provvedimento di scioglimento della sussistenza dell'uno e dell'altro presupposto occorre che risulti dimostrato uno stato di compromissione dell'imparzialità degli organi elettivi e insieme del buon andamento dell'amministrazione e del regolare funzionamento dei servizi, e che tutte queste circostanze coesistano contemporaneamente. Cioè deve avere grave e persistente pregiudizio la legittima aspettativa di ogni cittadino a essere garantito nella fruizione di quel servizio. Vedete voi!

Ma voi pensate che dobbiamo andare davanti alla Corte costituzionale? Ma dove volete che vadano? Vanno al Tribunale amministrativo che, con un provvedimento rapido, vi rimanda a casa bocciati e svergognati; e io alle forze politiche della nostra coalizione dico se possiamo essere coerenti con quello che stiamo dicendo in quest'Aula: accompagniamo, costituendoci in giudizio, coloro che lo faranno in questo cammino perché servirà a fare chiarezza e a dire dove sta la legalità in questa Regione. La Corte costituzionale, con sentenza numero 164 del '72 ha affermato che il potere di surroga dell'organo è espressione di un potere politico di sovranità che non può quindi non rimanere di pertinenza dello Stato, e quando lo Stato lo disciplina con quelle fattispecie noi oltre quello non possiamo andare!

Abbiamo invece fatto trapelare a qualcuno della maggioranza, che non può dire che non ci ha sentito parlare di queste cose, l'idea che noi avevamo di fare una grande operazione di riforma di questa Regione di cui si parla da tanto tempo: superare le province, superare i consorzi industriali, superare i consorzi di bonifica, rilevare che il funzionamento dei fondi strutturali in questa Regione funziona male perché qualche comune che ha un buon funzionario, fa il progetto e prende i soldi, il comune a fianco non lo fa e non prende i soldi.

Allora occorre costituire e mettere in capo ai nuovi organismi e alle nuove agenzie, che abbiamo progettato, anche il compito e la funzione di diventare agenzie per lo sviluppo locale, col compito di relazionarsi con la Regione per armonizzare sul proprio territorio le opportunità di utilizzo dei fondi comunitari, non più bandi ai quali partecipano i soli comuni, ma bandi ai quali partecipano le agenzie per conto dei territori. Sapete qual è la grande idea di questa questione? E' esattamente l'idea che ha perseguito anni fa la Spagna portandosi a casa tutto il pacchetto dei fondi comunitari e chiedendone altri perché non aveva più soldi da spendere e quindi ne voleva altri.

Questa era l'opportunità per cancellare 500 posti inutili di governo, per mantenere le competenze nel territorio, attraverso un controllo che poteva avvenire da parte di un insieme di comuni, di sindaci e di amministratori legittimato secondo uno schema che molti di noi conoscono e che, comunque, poteva essere perfezionato insieme, elaborato insieme e che ci avrebbe portato un passo in avanti rispetto a tutte le Regioni. Non con una specie di imbroglietto come hanno fatto in Sicilia, ma attraverso un progetto concreto che salvava i posti di lavoro, li responsabilizzava maggiormente, bloccava le assunzioni.

Perché è facile che voi ci diate lezioni; all'indomani del richiamo della Corte dei conti sul rendiconto del 2012, trovati con le mani nella marmellata: assunzioni e consulenze fuori controllo, ma a chi volete insegnare il riformismo? Il giorno dopo vi presentate così, mentre noi vi stavamo proponendo una sfida in avanti. Ecco perché al di là dei nomi, al di là degli eufemismi noi, centrosinistra, non siamo indietro a nessuno in tema di riformismo e quando arriva all'appuntamento il confronto di merito ci trovate con le proposte scritte, emendabili, modificabili, ma con proposte, non con canzoni, non con timidezze; ci trovate con carte pronte, con studio fatto con "sedere sulla sedia", con responsabilità, ci trovate pronti con provvedimenti che tendono a prendere atto che dobbiamo cercare prima la coesione tra di noi, poi la coesione nei territori e poi la coesione dei cittadini nel rispetto del loro mandato, altro che ridere! Vorrei che sia chiaro questo!

Noi non abbiamo scherzato in questa fase, quando ci avete chiamato, perché ci avete chiamato oggi a discutere di questo, ci siamo trovati pronti e ricchi anche di proposte, non ci avete spiegato perché volete evitare il confronto, perché volete fare una legge re-istitutiva delle province, a fronte di un mandato che non è quello, e non ci avete spiegato per quale motivo avete quest'odio nei confronti di persone che hanno esattamente la nostra stessa legittimazione, una legittimazione elettiva che in astratto va rispettata perché dietro a ogni legittimazione ci sono dei cittadini e la nostra non è diversa dalla loro, è uguale, ecco dove sta l'equiordinazione, cioè la natura della nostra legittimazione è identica.

Noi non possiamo essere i padroni della Sardegna. Il Consiglio regionale ha uno scopo disciplinante. Perché abbiamo fatto quella proposta? Perché abbiamo detto noi, che abbiamo fatto la legge numero 9 di inizio di un decentramento ipotizzando una Regione futura priva di questo cancro dell'amministrazione, e più libera sul terreno legislativo, non possiamo tradire quell'idea che ci ha portato a fare la legge numero 9, appunto, e a cominciare il decentramento. Dobbiamo continuare nel decentramento, perché il decentramento è il senso di una democrazia più partecipata, una democrazia più controllata. E non appellatevi a quattro cretinate scritte in qualche sentenza che, essendo relativa al merito di una questione specifica, può dire anche cose che possono apparire contrastanti.

La natura delle cose è questa e vorrei che rimanesse agli atti come sono andate le cose: ci avete chiamato ieri e siamo stati puntuali, vi abbiamo lasciato delle idee, abbiamo detto che non erano Vangelo, ci avete risposto con un tradimento, con una baionetta sulla spalla, non va bene, questa non è neanche politica, questo è un sistema che somiglia molto ai tempi dei longobardi, non voglio dire altro. Non è un senso di civiltà! Credo che noi complessivamente vi abbiamo dato una lezione, siamo orgogliosi di questo, e per questo colleghi che noi abbiamo il diritto di partecipare al processo di impugnativa di questa violenza contro la democrazia in Sardegna.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Diana Giampaolo. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Daniele Cocco)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Cocco Daniele, Diana Giampaolo, Petrini e Sanna Paolo sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Dichiaro che sono presenti 42 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Ben Amara - Biancareddu - Cappai - Cappellacci - Cocco Daniele - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Diana Giampaolo - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Locci - Lombardo - Lunesu - Meloni Francesco - Milia - Mula - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Credo sia necessario capire anche da dove proviene tutta questa strumentalizzazione. A Roma di solito quando si ha da nascondere qualcosa si dà in pasto all'opinione pubblica tutto ciò che è necessario pur di distogliere l'attenzione dai veri problemi. E in questi due anni a Roma credo sia successo di tutto e, per ultimo, l'idea che le province fossero il male del mondo, tanto che il governo Monti molto maldestramente ha provato in tutti i modi a eliminarle. Poi gli hanno spiegato che a tal fine era necessaria una riforma di carattere costituzionale, ha provato ad abbassarle di rango e si è reso conto che non andava bene, ha provato anche ad accorparle perché l'intellighenzia porta anche a questo. Niente di tutto ciò è andato a buon fine.

Anche a noi in Sardegna, con tutto il rispetto per il risultato referendario e sulla legittimità dello stesso, il risultato i sardi ce l'hanno dato. Ma, a quanto pare, un risultato i sardi sembra che l'abbiano dato solo sulle province. Io l'altro giorno in quest'Aula ho richiamato una proposta di legge, che poi contiene ciò che i sardi ci hanno chiesto, che non riuscivo in alcun modo a far arrivare in quest'Aula, visto e considerato che le Commissioni (ormai sono diventate tre) mancando i Presidenti si riuniscono solo se le convocano i Vicepresidenti.

Questa proposta di legge attiene alle primarie per individuare finalmente chi deve essere il Presidente, con regole certe, non con regole improvvisate, questa è la volontà dei sardi. Si è avuta d'altra parte la possibilità di rispolverare un qualcosa sulla quale i sardi si erano già pronunciati solo perché se n'è parlato. La riforma delle province, attenzione, avrebbe un suo significato se riuscissimo finalmente a metterla in essere, cosa che anche stasera stiamo dimostrando di non voler fare.

Proviamo allora a parlare in termini più semplici. Detto in termini più semplici direi che mi dà solo l'impressione che sia l'ennesimo assalto alla diligenza, che ci sia quasi una forma di ricatto per portare necessariamente in Aula al commissariamento di cinque province per soddisfare, e io spero di sbagliarmi, anzi credo proprio di sbagliarmi ma lo devo dire, gli appetiti di chi si vuole mangiare tutto, di chi pensa che con la gestione del potere possa arrivare al massimo consenso, di chi pensa che calpestare i diritti degli altri non significhi niente.

Io credo che questa forma di ricatto sia da rigettare, che non sia qualificante per questa'Aula né per chi la vuole portare avanti, e che la riforma vera deve essere messa in essere perché all'interno di quelle province, di queste province, ci sono professionalità, ci sono servizi resi al cittadino, ci sono dignità da difendere, e ci sono posti di lavoro da salvaguardare, cosa che noi in questo momento non stiamo facendo, cosa che noi in questo momento non stiamo pensando. Una cosa è certa: le quattro province sarde, le più giovani, si devono mettere il cuore in pace e noi dobbiamo accompagnarle verso un percorso il più costruttivo possibile, senza generare scompensi di ogni ordine e grado, che sia costruttivo in un sistema degli enti locali definito in una forma funzionale, dico finalmente funzionale.

Negli anni ci hanno imposto di tutto, negli anni '80 ci hanno detto che le province erano enti inutili, ci hanno portato i comprensori, ci hanno portato le comunità montane, anche sul mare, ci hanno fatto di tutto; poi abbiamo iniziato noi per primi a cancellare i comprensori, a vedere la situazione delle comunità montane senza riuscire a definirla, ce ne sono alcune aperte perché non sanno dove mettere un dipendente, siamo nella incapacità assoluta di definire e di porre fine a situazioni che sono solo situazioni di degrado amministrativo. In tutto questo contesto non si può arrivare in quest'Aula pretendendo di commissariare.

Presidente, le dico una cosa; per il mio intervento non impiegherò il tempo concesso, ma direttamente a lei dico che, se è in atto una sorta di ricatto (mi auguro non sia vero) perché qualcuno pensa che se non si dovesse ottenere il commissariamento delle province questo Consiglio finirebbe di vivere e quindi tutti a casa, due sono le strade. Presidente, se c'è la volontà di andare tutti a casa facciamolo immediatamente, facciamo venire forse chi è più capace di noi, diversamente se abbiamo la volontà di terminare questi mesi della legislatura costruendo tutti assieme qualcosa di importante, perché queste situazioni non si possano e non si debbano verificare, le posso garantire che se dovesse servire un voto per mantenere in piedi questa legislatura, non questa maggioranza, questa legislatura, io quel voto lo metto a disposizione.

L'ho fatto in tempi non sospetti quando qualcuno pensava di mandare questo Consiglio a casa senza esitare la legge elettorale. È vero: sono stato ingannato, quella legislatura si è conclusa alla scadenza naturale, abbiamo portato la legge elettorale in quest'Aula e qualcuno ha voluto giocare con quella legge elettorale per ottenere il risultato che la legislatura successiva ci ha consegnato, per ottenere il risultato che questa legislatura ulteriormente ci sta consegnando, con un sistema non adatto, per come la penso io, perché il sistema parlamentare è il sistema più garantista per il mantenimento degli equilibri, per affrontare le situazioni imprevedibili che si possono verificare e per la possibilità, quando si sbaglia, di poter rimediare in corso d'opera anche all'errore commesso. Quindi io direi che sia il caso di pensarci con maggiore attenzione.

E' stata fatta osservare una serie di errori, anche nell'emendamento. Qualcuno pensa di modificare o di cancellare l'articolo 43; ora, se a fine legislatura qualcuno sta pensando ancora di fare queste cose credo che abbia necessità di essere "riassestato", di rimettersi a posto, di ritrovare equilibrio, perché non è il momento delle bufale e non è il momento di raccontare cose che non si possono realizzare, è il momento di capire che chi ha avuto il consenso popolare come noi merita il giusto rispetto, e chi ha la fame di commissariare anche l'anima di chi merita questo rispetto credo che ci debba ripensare.

Io mi auguro che quest'Aula abbia la possibilità, e ce l'ha, di recuperare quell'autorevolezza e quell'equilibrio necessari per impedire di peggiorare le situazioni e di ritrovarci magari con le province commissariate e con la Corte costituzionale che, dico finalmente, potrà affermare che quei referendum erano incostituzionali. Dovreste andare a richiamare gli amministratori e i consigli provinciali che avete mandato a casa per reinsediarli; se questo dovesse accadere allora, sì, tutta l'Italia ci indicherebbe come la peggiore esperienza amministrativa mai verificatasi in tutta la storia delle Regioni d'Italia, e in modo particolare in quella della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna libera).Finalmente oggi veniamo a conoscenza del modulo di gioco e dello schema della maggioranza che sta da quella parte: si è passati dal 4-4-0 al 7-2, al 4-3-1, all'8-0 e oggi ci si ferma al 3-4-1.

Ha ragione l'onorevole Cossa quando dice che molti esponenti del centrosinistra erano favorevoli al referendum, hanno cavalcato il referendum, ma non credo che fossero favorevoli ad attuarne gli esiti in questa maniera, perché questo modo di agire porta a una destrutturazione e a una disgregazione di un territorio già duramente provato da anni e da momenti di eliminazione violenta dei presìdi essenziali e indispensabili per una coesione sociale che sembra che vogliamo combattere strategicamente, quasi fosse d'ostacolo al mantenimento di rendite di posizione ormai datate e anacronistiche.

Se si celebrassero oggi consultazioni referendarie per decidere sul mantenimento dei parlamenti nazionali e regionali non vi sono dubbi su quale potrebbe essere il risultato, questo non vuol dire che si vuole andare contro il risultato dei referendum con questa proposta di legge o, meglio, con lo stralcio dell'articolo 10 della proposta di legge attraverso la presentazione di questo emendamento .

La dimostrazione che nessuno può e si vuole sottrarre all'obbligo e al dovere di costruire un percorso che ci deve portare a esitare una norma conseguente a quei risultati è il fatto che noi siamo qui in maniera consapevole e costruttiva; e in proposito ringrazio, lo faccio personalmente, l'onorevole Gian Valerio Sanna per tutto l'impegno che ha profuso per cercare di costruire un percorso virtuoso rispetto al problema dell'abolizione delle province. Nessuno di noi è per l'illegalità, anzi, proprio il garantismo che contraddistingue tutte le nostre battaglie oggi ci induce in maniera chiara e determinata ad assumere una posizione di assoluto rispetto della libertà di espressione di voto di tutti quei cittadini che, qualche anno fa, hanno legittimato gli otto consigli provinciali nelle funzioni di esercizio dell'attività politico amministrativa. Non ci risulta che alcuno di essi sia interessato da fenomeni di infiltrazione mafiosa.

Voglio richiamare stasera in quest'Aula che parliamo spesso di unità e buon senso, non mi sembra però che da quella parte ci sia la volontà di assumere comportamenti politici attinenti alla responsabilità che ci deriva dalla nostra funzione di consiglieri regionali. Tra organi elettivi e strutture tecnico-amministrative da sopprimere, lo hanno detto quasi tutti, dovremmo fare un ragionamento più serio; mi chiedo chi oggi vuole assumersi la responsabilità di infierire su centinaia di cittadini che potrebbero intravedere segnali e scenari di grandissima incertezza occupazionale, con pesantissime ripercussioni a livello sociale e di coesione territoriale.

Fermiamoci, ve lo chiedo davvero, fermiamoci prima che sia troppo tardi, troppe volte siete andati avanti per poi schiantarvi di fronte a regole e norme che non sono state capite e che si voleva aggirare. Io credo davvero che in questi banchi ci siano grandissime intelligenze e sensibilità che hanno già capito che così non può e non potrà funzionare; vi chiedo di tradurre quelle intelligenze in atti coerenti che non ci portino e vi portino su strade impercorribili, impercorribili come diventeranno le strade provinciali della Sardegna, inaccessibili come diventeranno le scuole, pericolose come diventeranno le reazioni di un tessuto sociale portato a ulteriore destrutturazione.

Le nostre proposte sono coerenti con i risultati dei referendum, ma coerenza avrebbe voluto che anche i famigerati enti regionali venissero soppressi, con molti meno danni per i cittadini, e quei partiti che dentro e fuori da questo Consiglio vogliono l'immediata soppressione delle Amministrazioni provinciali bene farebbero, e bene avrebbero fatto, a ritirare i propri consiglieri provinciali di riferimento.

La legittimazione elettiva non può essere in capo a questo Consiglio, perché è emanazione e conseguenza diretta della sovranità democratica del cittadino elettore. Mentre noi siamo qui non per perdere tempo ma per un obbligo, morale soprattutto, perché sappiamo benissimo che domenica notte scadono i termini, abbiamo altri grandissimi problemi, abbiamo altre enormi disperazioni fuori da quest'Aula - ne cito solo alcune: CSL, CESIL, ammortizzatori sociali - pensiamoci dunque, fermiamoci e riflettiamo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Rinuncio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Il presidente Cappellacci trenta minuti fa su Facebook ha chiesto ai sardi, informandoli che è in Consiglio regionale, che cosa pensano del commissariamento delle Province: finora ha ricevuto 58 "mi piace" e una ventina di commenti; i commenti a onor del vero sono prevalentemente di conferma della volontà di attuare il risultato referendario. Io però pensavo che le convinzioni del Presidente della Regione fossero più solide, e che non avesse bisogno di dedicarsi attraverso Facebook all'ennesima consultazione. Per carità, è uno strumento di straordinaria partecipazione e condivido che si usi anche questo strumento.

Io vorrei, presidente Cappellacci, visto che lei si è rivolto alla rete, sgombrare il campo da un possibile equivoco; equivoco che qualcuno, mi pare anche stasera, voglia trasformare in una grande strumentalizzazione. E cioè si cerca di mettere da una parte coloro i quali vogliono attuare il risultato referendario, dall'altra parte invece chi in maniera sprezzante fa finta che 525 mila sardi non si siano espressi per l'abrogazione delle province.

Io spero che i resoconti che leggeremo domani riprendano gli interventi svolti dai colleghi del centrosinistra, dato che non ne ho sentito molti del centrodestra, e mi dispiace che i Capigruppo del centrodestra abbiano rinunciato a intervenire perché sono convinto che se l'avessero fatto…

DEDONI (Riformatori Sardi). Per dare più spazio a te.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Non sto facendo polemica, se l'avessero fatto con la passione civile e politica con cui l'abbiamo fatto noi probabilmente oggi in questa Aula avremmo svolto un dibattito più importante di quello svolto sinora; è stato infatti quasi un dibattito a senso unico, a parte il tentativo che poi riprenderò dell'onorevole Cossa mi pare che altri interventi non ce ne siano stati. Io però voglio riconfermare che per quanto ci riguarda noi apparteniamo senza ombra di dubbio a coloro i quali vogliono attuare quella volontà popolare che si è espressa il 6 maggio dello scorso anno, anche per le ragioni che ci ricordava Michele Cossa, anche per quelle ragioni, perché no!

Perché è indubbio che tra quei 525 mila sardi ci siano anche tanti elettori del Partito Democratico che noi rappresentiamo e vogliamo rappresentare anche nell'espressione di quel voto, ripeto, anche nell'espressione di quel voto. In questo senso dico noi siamo da quella parte anche per le ragioni che ci ha ricordato il collega Cossa.

Noi, caro Michele, siamo tra quelli che la riforma la volevano e la vogliono fare, una riforma vera. Non siamo tra quelli che per tredici mesi non hanno fatto nulla. Perché l'altra cosa che credo, per onestà intellettuale, nessuno meriti è che in un momento come questo si cerchi di scaricare le responsabilità dell'inconcludenza e del fallimento della maggioranza di centrodestra anche sull'opposizione.

Voi fin dall'inizio di questa legislatura avete avuto una maggioranza che in altri tempi si sarebbe chiamata "bulgara"; voi avreste potuto fare ogni cosa se ci fosse stata la volontà ma, soprattutto, qualche idea che è ancora del tutto assente, ancora oggi è del tutto assente perché anche su questo terreno, anche quest'oggi non ci avete messo al corrente di uno straccio di idea su come si fa il riordino del sistema delle autonomie locali, perché di questo stiamo parlando.

Senza andare troppo lontano, nella passata legislatura, pur avendo il centrosinistra una maggioranza meno bulgara di quella che avete avuto in questa legislatura, riforme se ne sono fatte e se ne sono fatte parecchie e se ne sono fatte, vi ricordo, con l'opposizione forte, decisa, determinante del centrodestra. Ma il centrosinistra in quelle occasioni, non voglio citarle perché le conoscete, nonostante la vostra opposizione che non ha fatto mancare nulla, le riforme le ha fatte; riforme su politiche, su settori, scusate, sui quali non si interveniva da 15 anni. poi si può essere d'accordo o meno, sarà la storia a giudicare anche quel profilo riformatore, ma dopo 15 anni è stata fatta la riforma del sistema sanitario, e del sistema socio assistenziale, è stata fatta la riforma del trasporto pubblico locale e potrei continuare.

Sono state fatte queste riforme con l'opposizione del centrodestra che allora, ripeto, era nella posizione in cui siamo noi. Il centrosinistra aveva la maggioranza, aveva idee e ha fatto le riforme. La verità è che voi avete da quattro anni e mezzo a questa parte una maggioranza più ampia di quella che aveva il centrosinistra e riforme non ne avete fatto neanche una. Perché come diceva il presidente Cappellacci: idee non ne abbiamo, le troveremo strada facendo; ma io, sarà che ho qualche diottria di miopia, non ho visto una lunga scala di queste riforme per la strada.

Allora, per cortesia, mi rivolgo alla grande onestà del Capogruppo del P.d.L, onestà intellettuale, per cortesia, oggi non l'ha fatto, non è solito farlo, però anche oggi in questa Aula è stato fatto, per favore senza ipocrisie non scaricate su di noi responsabilità che sono solo e soltanto vostre. Perché da un anno a questa parte, da 13 mesi, se ci fosse stata la volontà di fare una riforma del sistema delle autonomie locali nessuno vi impediva di farla, anche se il P.D. e il centrosinistra avessero deciso di occupare l'Aula, di fare chissà quale ostruzionismo. Non le avete fatte e ancora non le fate, direbbe il sommo poeta, presidente Cappellacci, che è una sorta di vituperio, dopo 13 mesi l'unica cosa che riuscite a proporre, e mi dispiace per gli amici Riformatori verso i quali anche personalmente ho una profonda stima, è il commissariamento. Ha ragione Marco Espa avete iniziato commissariando e finirete questa legislatura commissariando.

Il commissariamento però, è quanto di più antidemocratico possa esistere, piaccia o non piaccia è così. Allora noi siamo a questo. A me non pare corretto, ripeto sotto l'aspetto dell'onestà intellettuale, cercare di nascondere i vostri limiti, le vostre insufficienze, è umano, è ancor più politicamente comprensibile, che questi limiti li scarichiate sull'opposizione. D'altronde, senza polemica alcuna, noi non siamo tra quelli che in questi 13 mesi non hanno voluto far nulla; lo sa il presidente Maninchedda che ha diretto quella Commissione sino a qualche mese fa, lo sanno i colleghi che hanno partecipato attivamente ai lavori della prima Commissione, lo sa chi oggi ha avuto il senso di responsabilità di ascoltare i nostri interventi.

Io voglio citarne solo uno senza, per carità, sottovalutare gli altri; è intervenuto per noi, come relatore di minoranza, il collega Gian Valerio Sanna, ed è reintervenuto poco fa nel dibattito. Io non voglio dire nulla, per me è anche difficile aggiungere qualcosa, però credo che lo spessore, il livello di approfondimento, la capacità di proposta che nascono da un confronto, da una mediazione col sistema delle autonomie locali, siano sotto gli occhi di tutti. Già questo, se ce ne fosse bisogno, testimonierebbe, anche oggi, che noi siamo arrivati a questo appuntamento non perché abbiamo studiato stanotte, ma perché ci stiamo riflettendo da 13 mesi, perché fin dal 7 di maggio del 2012 eravamo convinti che si dovesse riordinare il sistema delle autonomie locali, ma nel senso che abbiamo provato a indicare anche oggi.

Presidente Cappellacci, a me pare che chi non ha voluto far nulla non siamo noi, ma siete voi; e, senza polemica, credo che stavolta abbiate scelto di non far nulla per arrivare a quest'oggi, per giustificare voi stessi dicendo che non c'è più tempo, che sono trascorsi 13 mesi, che non si possono lasciare inascoltate 525 mila persone che sono andate a votare e hanno chiesto l'abrogazione delle quattro province regionali, e attraverso il referendum consultivo anche delle tre costituzionali e di quella, Oristano, istituita con legge nazionale.

Voi avete scelto di non far nulla perché avevate l'obiettivo a 6-7 mesi dal rinnovo del Consiglio regionale di commissariare organi eletti democraticamente per gestire, in maniera discrezionale, tutto ciò che c'è da gestire in una fase così delicata. La ragione vera è questa. Altrimenti diteci qual è questa idea di riforma che avete del sistema delle autonomie locali e noi lavoreremo anche domani,. Anche perché, non sta a me dirlo a voi, ma il referendum abrogativo è, per sua natura, distruttivo, cancella, non costruisce, distrugge qualcosa, lascia macerie.

A noi, invece, all'Organo legislativo regionale, non spetta questo compito, spetta, invece, il compito di stabilire, all'indomani di un referendum abrogativo che distrugge, chi e attraverso che cosa garantirà funzioni, servizi finora erogati dalle province ai cittadini; questo è il compito, lo sa bene, presidente Cappellacci, dell'Assemblea legislativa. Ma è soprattutto il compito della maggioranza dell'Assemblea legislativa, compito che pare non vi appartenga per le ragioni che ho testé richiamato.

Ieri, lo ricordava Gian Valerio Sanna, anch'io chiamo a testimonianza quei colleghi, di cui ho sul piano personale grande stima, noi siamo andati a un incontro con i colleghi della maggioranza di centrodestra, sapendo bene quanti problemi di ordine politico in una fase elettorale come questa (nonostante il Governo Letta sia sostenuto da un'alleanza cosiddetta "di larghe intese", che soprattutto per un Partito come quello a cui io e i miei colleghi apparteniamo, può essere complicato talvolta anche deglutire senza masticare), un approccio, un rapporto di collaborazione, per arrivare a un obiettivo come quello del riordino del sistema delle autonomie locali, avrebbe potuto crearci.

Abbiamo collaborato però spinti dalla convinzione che riforme come queste si possono fare solo se c'è una partecipazione effettiva di tutti i soggetti che devono necessariamente intervenire nella fase di costruzione di una proposta nuova, innovativa, all'indomani di un referendum abrogativo. Siamo andati a quell'incontro facendo una proposta, mettendo a disposizione il nostro contributo, la nostra capacità, scusate la presunzione, di elaborazione, di proposta, ma, soprattutto, dando a voi la nostra disponibilità di assumerci una responsabilità con voi, e a sette mesi dalle elezioni non è detto che ci convenga, ma lo abbiamo fatto perché era interesse della Sardegna mettere insieme le forze politiche in Consiglio regionale per ottenere un risultato alto.

Pietro, con amicizia, comprendiamo tutto, anche le articolazioni interne, anche noi ne abbiamo, per carità, però ha ragione Gian Valerio, perlomeno, io condivido quel giudizio, poi non so se a ragione, io lo condivido, noi ci siamo sentiti traditi, non offendetevi, ci siamo sentiti traditi, e credo che in questo sentimento si rispecchi il vostro fallimento anche nell'essere capaci di costruire un rapporto serio, che porti a una proposta avanzata e innovativa.

Noi vi diremo nel proseguo che idea abbiamo, non ho più tempo, ma vedrete che noi abbiamo un'idea forte, innovativa, capace di razionalizzare nel territorio, di accorpare enti, e voi, lo verificheremo domani, ci dimostrerete il vuoto che avete in testa.

PRESIDENTE. Non avendo altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione generale. Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli.

Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Il Consiglio è riconvocato alle ore 10 di domani mattina, venerdì 28 giugno.

La seduta è tolta alle ore 22 e 17.



Allegati seduta

Testo delle interrogazioni, dell'interpellanza e della mozione annunziate in apertura di seduta

InterrogazioneCocco Pietro - Agus, con richiesta di risposta scritta, sullo stato delle bonifiche nel territorio della Sardegna ed in particolare del Sulcis-Iglesiente da parte di IGEA Spa, sul recupero dei compendi immobiliari dismessi e sui ritardati pagamenti degli stipendi alle maestranze.

I sottoscritti,

premesso che l'Assessorato regionale dell'industria ha affidato alla Società IGEA Spa il compito di realizzare interventi di messa in sicurezza, bonifica e impianti di ripristino ambientale dei siti inquinati relativamente alle aree minerarie dismesse nel territorio della Sardegna ed in particolare del Sulcis-Iglesiente già dichiarata "Area ad elevato rischio di crisi ambientale", per la presenza di scavi, imponenti discariche di materiali di risulta delle lavorazioni dei minerali, bacini di decantazione, infrastrutture e impianti in stato di completo abbandono;

visto che il Presidente della Regione, ancorché nominato commissario straordinario, con la responsabilità di far svolgere la complessa attività di gestione e di controllo delle bonifiche nelle aree minerarie dismesse, non ha ottemperato in tal senso;

considerato che:

- l'Amministrazione regionale ha stanziato i fondi in diverse annualità per favorire il recupero dei compendi immobiliari dismessi, ricadenti in diversi comuni della Sardegna, che si trovano sempre più in una condizione fatiscente;

- tra le finalità del Piano di riconversione sono stati attuati accordi finalizzati a favorire la ripresa economica ed occupazionale del territorio;

accertato che, da diversi mesi, le maestranze impiegate non ricevono regolarmente gli stipendi dovuti; questo fatto si ripete in maniera periodica creando una situazione di precarietà e di incertezza per gli operai e le loro famiglie, che non consente loro, inoltre, di portare a termine il lavoro di propria competenza,

chiede di interrogare il Presidente della Regione, l'Assessore regionale dell'industria e l'Assessore regionale del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale per conoscere:

1) quali interventi urgenti intendano mettere in atto per garantire la messa in sicurezza dei siti da un punto di vista manutentivo al fine di eliminare il grave rischio cui sono costantemente esposti gli abitanti della Sardegna ed in particolare del territorio del Sulcis-Iglesiente per quanto scritto in premessa;

2) come intendano intervenire per favorire il recupero dei compendi immobiliari dismessi, patrimonio, in gran parte dei casi, di rilevanza storico-culturale, ricadenti in diversi comuni della Sardegna che attualmente versano in una condizione di totale abbandono;

3) come intendano far fronte alla necessità di garantire risorse finanziarie sufficienti per la regolare corresponsione degli emolumenti dovuti ai lavoratori per lo svolgimento di competenze specifiche necessarie alla realizzazione dei compiti fondamentali svolti e da svolgere. (1154)

Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla legittimità della determinazione di spesa n. 62 del 25 marzo 2013 del Comune di Porto Torres inerente al progetto regionale "Percorsi di archeologia, storia, cultura ed ambiente nel territorio di Porto Torres".

Il sottoscritto,

premesso che:

- la legge regionale n. 14 del 2006, recante "Norme in materia di beni culturali, istituti e luoghi della cultura", dispone, con l'articolo 21, l'erogazione di interventi finanziari annuali volti alla gestione e alla valorizzazione di beni culturali, artistici ed archeologici qualora la rilevanza del patrimonio e dei servizi sia tale da concorrere allo sviluppo dei sistema regionale; la stessa legge regionale prevede, inoltre, la possibilità di stipulare convenzioni e accordi con soggetti, sia pubblici che privati, titolari di istituti della cultura o di raccolte museali o bibliografiche e documentarie di riconosciuto interesse culturale;

- il comma 7 dell'articolo 23 della legge regionale n. 4 del 2006 dispone che le funzioni e le risorse relative ai servizi per la valorizzazione e la gestione dei beni museali, aree archeologiche, biblioteche e archivi siano conferite alle province e ai comuni che hanno la disponibilità dei beni culturali; viene stabilito, inoltre, che all'individuazione dei singoli enti destinatari, e alla ripartizione fra essi delle risorse, si provvede con decreto dell'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport sentiti gli enti locali interessati;

constatato che:

- in attuazione della citata legge regionale n. 14 del 2006, la Regione autonoma della Sardegna finanzia dal 2002 (rimodulando il servizio nel dicembre 2011) il progetto "Percorsi di archeologia, storia, cultura ed ambiente nel territorio di Porto Torres" il cui beneficiario è il Comune di Porto Torres, il quale, mediante convenzione, dal 2002 si è avvalso unicamente della professionalità e competenza della Società cooperativa L'ibis arl;

- la Società cooperativa L'ibis arl usufruisce di tali contributi annui per la copertura delle spese del personale impiegato, e si impegna nel perseguire il progetto "Percorsi di archeologia, storia, cultura ed ambiente nel territorio di Porto Torres" organizzando visite guidate, servizi educativi museali con laboratori didattici, progettazione e coordinamento di eventi culturali e produzione di materiali cartacei e multimediali;

ritenuto che:

- l'amministrazione comunale di Porto Torres, con la determinazione di impegno di spesa n. 62 del 25 marzo 2013, manifesta la volontà di diminuire l'erogazione del contributo della Regione autonoma della Sardegna nei confronti della cooperativa L'ibis, ridistribuendo l'entità del finanziamento regionale a favore anche di altri soggetti che, pur svolgendo attività riconducibili al progetto, non risultano nella convenzione stipulata con la Regione;

- con tale determina, per la cooperativa L'ibis non è più possibile confermare i livelli occupazionali attuali, nonostante il comma 15 dell'articolo 9 della legge regionale n. 3 del 2009 stabilisca che le risorse da trasferire al comune debbano essere impiegate per garantire la continuità, salvaguardando la professionalità e le esperienze acquisite dai soggetti esecutori dei progetti in essere,

chiede di interrogare l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport per sapere se ritenga legittima o meno la determinazione di impegno di spesa n. 62 del 25 marzo 2013 del Comune di Porto Torres, e se, quindi, ritenga legittimo che l'ente comunale possa rimodulare le risorse regionali in favore di società non figuranti nella convenzione con la Regione sul progetto "Percorsi di archeologia, storia, cultura ed ambiente nel territorio di Porto Torres", andando contro il principio dettato dalla legge regionale n. 3 del 2009, secondo cui devono essere garantite e tutelate la continuità e la professionalità dei soggetti esecutori dei progetti. (1155)

Interrogazione Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulle gravi problematiche dell'Ospedale Mastino di Bosa.

Il sottoscritto,

PREMESSO che da mesi presso l'Ospedale Mastino di Bosa sono in atto trasformazioni organizzative e scelte operative il cui significato e finalità sfuggono a qualunque logica anche di responsabile razionalizzazione del servizio sanitario in un quadro di tutela della salute in questa area territoriale della Provincia di Oristano;

RILEVATO che queste trasformazioni si possono evidenziare: nell'affido di una consulenza per la chirurgia della tiroide nonostante l'azienda disponga in organico di professionisti in grado di svolgere tale procedura senza impegnare ulteriormente risorse sanitarie pubbliche; nel riordino del servizio infermieristico con accorpamenti di reparti con unica caposala; nel contenimento fisico dei reparti di medicina e chirurgia in un unico piano e nel trasferimento di infermieri sulla base di graduatorie che pare non risultino essere state pubblicate, e altre diverse questioni;

EVIDENZIATO che tutte queste scelte dovrebbero rispondere ad un obiettivo preciso e circoscritto e che lo stesso, per essere credibile, dovrebbe essere noto e condiviso dal personale operante nel presidio ospedaliero, che vive invece all'oscuro di tutto e subisce scelte operative senza che sia evidenziato il relativo punto di caduta o l'obiettivo da conseguire;

RAVVISATO che è opportuno e moralmente irrinunciabile fugare ogni dubbio e perplessità a che l'insieme di queste scelte non si appalesi funzionale o in relazione a un pilotato depotenziamento del Presidio ospedaliero di Bosa non si sa per quale altro, pubblico o privato che sia, presidio sanitario territoriale,

chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale:

1) perché convochino presso la Commissione regionale sanità i responsabili dell'Azienda sanitaria di Oristano e del Presidio ospedaliero di Bosa per un confronto chiarificatore con i Consiglieri regionali del territorio e per illustrare il significato ed il perché di una serie consistente di scelte operative ed organizzative di dubbia comprensione e non certo mirate a migliorare la risposta sanitaria nell'area della Planargia;

2) perché sia reso disponibile da parte delle autorità sanitarie della ASL n. 5 l'elenco dei trasferimenti del personale sanitario e non che negli ultimi due anni sono stati fatti fra l'ASL n. 5 e altre strutture sanitarie regionali, nonché quelli operati all'interno della stessa azienda. (1156)

Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sul taglio dei fondi per la comunicazione e informazione per le aziende agricole.

Il sottoscritto,

PREMESSO che il sistema agricolo sardo, pur nella gravità che attraversano i vari settori produttivi, costituisce una voce rilevante del PIL nonostante la condizione di crisi economico-finanziaria;

ATTESO che la Regione dovrebbe incentivare con progetti di innovazione e ricerca la crescita del PIL in agricoltura e che non possono essere registrati rallentamenti di alcun genere e vieppiù dev'essere sempre più forte il legame tra i tecnici per l'assistenza e gli operatori per consentire una più efficace veicolarizzazione delle informazioni e delle formazioni;

CONSTATATO che le agenzie regionali per l'agricoltura hanno l'importantissimo compito di informare e di sostenere le aziende, così come è necessario che le istituzioni non debbano perdere mai di vista il contatto diretto del sistema produttivo, in modo da rendere gli operatori protagonisti della propria azione di crescita economica e sociale;

CONSIDERATO che l'organizzazione posta in essere dall'agenzia Laore per informare il mondo agricolo su tutti gli interventi da eseguire sia in termini di operazioni da compiere nei campi, sia in termini di informativa sulle leggi di settore, ha dato buoni risultati;

SOTTOLINEATO che la nuova generazione di operatori di tutto il comparto agricolo, pur nelle difficoltà di approccio alle nuove tecnologie di comunicazione, risulta per lo meno soddisfatta per la tempestività delle informazioni finora attuata col sistema degli sms;

RITENUTO che un servizio così utile non possa essere sminuito né in termini di qualità né in termini di quantità, ma anzi debba essere potenziato ed integrato con vari sistemi di informatizzazione, per rispondere in maniera sempre puntuale alle nuove cresciute esigenze, che rallentate da una burocratizzazione del sistema dell'agricoltura che già tocca livelli di guardia,

chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro­pastorale per sapere se:

1) siano a conoscenza dell'interruzione del servizio informazioni attuato con il sistema sms per mancanza di fondi necessari alla prosecuzione dello stesso;

2) non ritengano di dover intervenire con urgenza provvedendo al rifinanziamento del progetto realizzato dall'agenzia Laore. (1157)

Interpellanza Planetta sull'opportunità di trasferimento automatico per la quota del 50 per cento del beneficio previsto dalla legge regionale 23 maggio 2013, n. 13 (Bilancio di previsione per l'anno 2013 e bilancio pluriennale per gli anni 2013-2015), a favore dei singoli enti locali, relativamente alla cifra loro assegnata ai sensi della legge sul fondo unico (articolo 10 della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2).

Il sottoscritto,

PREMESSO che la Regione non ha competenze primarie sugli enti locali, e neppure ha l'obbligo statutario di garantirne la finanza, ma invece "opera di norma attraverso gli enti locali", adottando leggi di decentramento di funzioni e di delega e prevedendo, nelle medesime, la relativa copertura finanziaria;

CONSIDERATO che tali leggi hanno trovato una sistemazione organica nella previsione del fondo unico per gli enti locali, entro il quale viene canalizzata la risorsa finanziaria da assegnare ed erogare al sistema della autonomie locali per ogni esercizio finanziario, a copertura delle funzioni trasferite o delegate;

ATTESO che il trasferimento di risorse dalla Regione agli enti non determina nessun effetto sull'intero della finanza pubblica entro il territorio dell'Isola, consistendo semplicemente in una differente allocazione delle risorse, le quali verrebbero impegnate e spese una sola volta, giusto al tempo della effettiva operatività degli enti locali, mentre, nell'eventualità che la Regione mantenesse gli stessi fondi all'interno del proprio bilancio e della propria gestione, il patto di stabilità si applicherebbe una sola volta in capo alla Regione medesima, senza che quello relativo agli enti locali venga gravato per il computo delle entrate e neppure per il computo della spesa;

RILEVATO che dalla prima applicazione del patto di stabilità, fin dall'esercizio finanziario 2007, è accaduto che i trasferimenti dalla Regione agli enti locali dei fondi in attuazione di leggi regionali di decentramento o delega di funzioni fossero sottoposti ben due volte al vincolo: sia nel bilancio della Regione, sia nel bilancio degli stessi enti locali;

CONSTATATO che tutto ciò ha determinato una limitazione non dovuta della capacità di impegno e spesa della finanza regionale ed, inoltre, una mole di residui passivi in capo alle autonomie locali, con la ingiustificata e considerevole giacenza delle risorse nella tesoreria, e le prevedibili conseguenze negative in capo all'economia degli enti locali interessati;

RILEVATO ANCORA che:

- attraverso la legge regionale 23 maggio 2013, n. 13, (Bilancio di previsione per l'anno 2013 e bilancio pluriennale per gli anni 2013-2015), è stato affrontato il problema di tale gestione discriminante del patto di stabilità della Regione e degli enti locali della Sardegna attraverso lo scomputo del fondo unico per gli enti locali dal patto di stabilità a favore della Regione, ma per l'anno 2013 si è esteso notevolmente il numero dei comuni che potranno beneficiare dell'intervento regionale poiché sono soggetti al patto anche i comuni con popolazione tra 1.000 e 5.000 abitanti;

- si tratta, in tutta evidenza, di una proposta del tutto insufficiente, inaccettabile, discriminante ed ingiusta che si aggiunge all'oramai lunghissimo elenco delle gravi inadempienze dello Stato italiano, che continua a violare il patto costituzionale del 1948 dimenticandosi totalmente della Sardegna, soprattutto in considerazione della drammatica crisi economica e sociale in atto nell'Isola, che invece richiederebbe fatti concreti, azioni forti e grandi assunzioni di responsabilità,

chiede di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale degli enti locali, finanze ed urbanistica per sapere se, al fine di impedire e correggere quella che verosimilmente appare come una discriminazione palese ai danni degli enti locali della Sardegna e determinare notevoli vantaggi a loro favore, garantendo da parte degli stessi il sostanziale rispetto del patto e allo stesso tempo il pagamento a favore delle imprese, questa Amministrazione ritenga opportuno ed urgente trasferire automaticamente per la quota del 50 per cento il beneficio previsto dalla legge regionale n. 12 del 2013 a favore del singoli enti locali, relativamente alla cifra loro assegnata ai sensi della legge sul fondo unico (articolo 10 della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2). (438)

Mozione Zuncheddu - Cocco Daniele Secondo - Sechi - Cugusi sulle iniziative che la Regione deve intraprendere per fare chiarezza sulle irregolarità riscontrate in merito alla realizzazione dell'impianto a biogas nel Comune di Simaxis e sospendere la prosecuzione delle opere in corso, in attesa di un definitivo pronunciamento da parte delle autorità competenti.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- è notizia del 24 maggio 2013 che gli investigatori del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri (NOE) hanno effettuato un sopralluogo presso l'impianto di produzione e vendita (cogenerazione) di energia elettrica da fonti rinnovabili (scarti freschi di macellazione) che continua ad essere oggetto, da diversi mesi, di denunce da parte dei cittadini, di comitati e al centro di forti polemiche a causa delle gravi irregolarità registrate nella procedura prevista per ricevere le autorizzazioni a procedere;

- da mesi i cittadini, insieme al Comitato civico per la salute di Simaxis, denunciano le forti criticità emerse in merito alla realizzazione di tale impianto;

- in particolare, essi hanno evidenziato le irregolarità che emergono dalla pratica SUAP n. 257 del comune, in quanto:

- a seguito della presentazione da parte delle società proponenti e l'inizio dei lavori di costruzione dell'impianto, la pratica risulta essere stata accettata dall'Ufficio SUAP nonostante le evidenti irregolarità, come fa osservare il responsabile dell'Ufficio ambiente e suolo della Provincia di Oristano all'ufficio SUAP di Simaxis, nella nota del 24 ottobre 2012, prot. n. 38969;

- tale comunicazione sancisce l'irregolarità della prosecuzione dei lavori e ne invalida la relativa pratica in quanto nella stessa sarebbero contenute dichiarazioni che non corrispondono all'oggettività dei fatti, violando l'iter procedurale previsto dalla normativa vigente per gli impianti a biogas di questo tipo;

- a tal proposito, infatti, per la realizzazione dell'impianto è prevista, in via preliminare, l'autorizzazione unica rilasciata dall'ufficio Servizio regionale sostenibilità ambientale presso l'Assessorato regionale della difesa dell'ambiente (SAVI);

- inoltre, alla luce del fatto che lo stesso impianto supera un MW di potenza, l'iter autorizzativo prevede anche la valutazione di impatto ambientale (VIA), nonché la valutazione di incidenza, di autorizzazione integrata ambientale (AIA) e di un'istanza di autorizzazione unica (ex articolo 6 della legge regionale n. 3 del 2009 e articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003);

- ulteriori irregolarità riguardano, inoltre, la mancata presentazione dello studio di impatto ambientale (SIA), prevista dall'articolo 8, allegato A, del decreto della Giunta regionale n. 24/23 e successive modifiche ed integrazioni (studio di cui va peraltro dato avviso pubblico su quotidiano ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni);

- poiché a tutt'oggi queste prescrizioni non risultano essere state rispettate, anche per effetto della richiesta di autorizzazione respinta nell'ottobre 2012, i lavori di costruzione andavano sospesi dalle autorità competenti, dal Comune di Simaxis - Ufficio SUAP, dal Corpo forestale dello Stato e dall'Ufficio ambiente e suolo della provincia, bloccandone la prosecuzione e denunciando i responsabili firmatari per falso;

- nonostante ciò, ad oggi non risulta che le società proponenti abbiano comunicato alle autorità competenti le palesi irregolarità e le violazioni commesse nell'autocertificazione della pratica SUAP che, a monte di ogni iter, comporta reato penale per chiunque ometta con false dichiarazioni tale pratica e sia pertanto perseguibile per legge in base all'articolo 316 ter del Codice penale che, infatti, prevede che "chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalla Comunità europea è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni",

impegna il Presidente della Regione, l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente e l'Assessore regionale dell'industria

affinché intraprendano tutte le iniziative necessarie per:

1) fare luce sulle palesi violazioni e omissioni contenute nella pratica SUAP n. 257 in oggetto;

2) intraprendere misure urgenti atte a sospendere la prosecuzione delle opere in corso, in attesa di un definitivo pronunciamento da parte delle autorità competenti a seguito dell'esito dei sopralluoghi e delle verifiche effettuate in queste settimane da parte delle forze dell'ordine e in particolare da parte dei carabinieri del NOE;

3) provvedere a comunicare al sindaco del Comune di Simaxis l'urgenza di revocare le autorizzazioni a oggi rilasciate, di sospendere la prosecuzione delle opere in oggetto così come previsto dai riferimenti normativi citati in premessa e di tutelare i diritti della cittadinanza, che ha più volte espresso pubblicamente forti preoccupazioni per le ripercussioni sulla salute ambientale, rimarcando le responsabilità penali del sindaco in caso di inquinamento e di danno alla salute dei propri cittadini. (268)