Seduta n.255 del 29/09/2011 

CCLV SEDUTA

(ANTIMERIDIANA)

Giovedì 29 settembre 2011

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10.

MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 15 settembre 2011 (248), che è approvato.

Annunzio di presentazione di disegno di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:

"Bollettino ufficiale digitale della Regione autonoma della Sardegna". (312)

(Pervenuto il 28 settembre 2011 e assegnato alla prima Commissione.)

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Sabatini - Cuccu - Lotto - Solinas Antonio - Cocco Pietro: "Disposizioni per la valorizzazione, promozione e commercio della carne di suino di razza sarda e dei suoi derivati". (311)

(Pervenuta il 28 settembre 2011 e assegnata alla quinta Commissione.)

Considerate le numerose assenze in Aula, compresa quella della Giunta, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 02, viene ripresa alle ore 10 e 21.)

Continuazione della discussione generale e votazione del passaggio all'esame degli articoli del testo unificato "Modifica dell'articolo 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) concernente la composizione del Consiglio regionale" (N. 1-7/NAZ/A) delle proposte di legge Uras - Sechi - Porcu: "Modifica dell'articolo 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), concernente la composizione del Consiglio regionale" (1/NAZ) e Vargiu - Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula: "Modifica dell'articolo 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la

Sardegna) (N. 7/NAZ)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale del testo unificato numero 1-7/NAZ/A.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, riprendiamo una discussione sicuramente di grande interesse. Noi pensiamo che la decisione assunta nella prima Commissione consiliare sia una decisione importante perché dalla soluzione che verrà dall'approvazione di questa legge per la riduzione dei consiglieri regionali, a parere mio e del mio Gruppo, dipende la possibilità che questa legislatura possa essere… Pregherei di non disturbare il Presidente della prima Commissione, perché è in discussione uno dei pochi prodotti che questa Commissione è riuscita a far maturare. Quindi…

Signora Presidente, i giornali della settimana scorsa, il giorno mercoledì 21 settembre, titolavano: "Consiglio, gelo sui tagli". "Costi della politica, il Consiglio frena". "Tagli ai consiglieri, l'Aula adesso frena". "Una riforma senza padri". Presidente, io confesso di essere uno dei padri della proposta, senza alcuna preoccupazione, lo dico perché si sappia che io sono uno dei padri della proposta, ma non sono il solo. Sulla proposta della riduzione a 50 consiglieri, è meglio fare chiarezza, perché altrimenti non si capisce la distanza enorme di comportamenti tra la discussione in prima Commissione e la discussione già avvenuta in questa Aula la settimana scorsa, la distanza pressoché incolmabile tra il pronunciamento, quasi nella totalità dei consensi, della prima Commissione e i distinguo che poi sono intervenuti in Aula.

La proposta della riduzione del numero dei consiglieri a "50" è stata ampiamente motivata in Commissione, discussa e approfondita. Non è stata una decisione assunta, come è stato detto, sulla pressione della piazza, parliamoci chiaro. Io ho qui con me una proposta del 1993, approvata all'unanimità dal Consiglio regionale, proposta che giace in Parlamento e che il Consiglio regionale della Sardegna aveva già assunto per ridurre (ripeto, nel 1993) il numero dei consiglieri regionali a 60. Anche allora c'era la piazza? Evitiamo di creare distorsioni alla discussione o di crearci degli alibi.

Io sono convinto, signora Presidente, cari colleghi, che il numero di 50 consiglieri sia, nella situazione data, a oggi, una soluzione numericamente e politicamente assolutamente adeguata alle condizioni politiche, storiche, geografiche e morfologiche della Sardegna, per riuscire a garantire tutte le questioni che sono state sollevate anche correttamente in quest'Aula: la rappresentanza territoriale, la rappresentanza delle forze politiche, la rappresentanza complessiva dei pensieri, delle attività e dei programmi delle varie forze politiche presenti in Sardegna.

Badate, nessuno può assolutamente confutare questo elemento. Se ripercorriamo la storia dell'autonomia sarda, e soprattutto anche la storia delle altre regioni a Statuto speciale, oltre alle altre regioni a Statuto ordinario, vediamo che il numero dei consiglieri regionali della Sardegna, non possiamo non dirlo, è assolutamente abnorme rispetto, non a altre nazioni che sono a noi esterne e che hanno una loro specifica attribuzione istituzionale, ma rispetto alle regioni italiane a cui io faccio riferimento. Signora Presidente, a fine giugno, ho partecipato a un convegno, a Venezia, organizzato dal Gruppo regionale veneto dell'Italia dei Valori, su statuti, norme statutarie, riordino istituzionale e quant'altro. Mi sono trovato in seria difficoltà di fronte alle battute degli altri colleghi del mio Partito, che non potevano non rilevare - ho qui la tabellina, è stata già letta dal collega Campus e da altri colleghi - la sperequazione tra i numeri presenti nel Consiglio regionale della Sardegna e la media degli altri Consigli regionali italiani.

Dobbiamo fare riferimento (a fronte di anni di convegnistica e di nostri interventi, di tutti i consiglieri regionali di questo Consiglio sicuramente) alla necessità di ridurre i costi della politica, di ridurre il peso delle istituzioni, di tentare di dare un senso alle richieste che vengono dal nostro popolo, non da una piazza genericamente intesa e vista in termini ostili. E' il sentimento del nostro popolo che ci chiede questo e noi abbiamo il dovere di ascoltare. Se non lo facessimo, se non ascoltassimo questi elementi e queste indicazioni che ci vengono dal nostro popolo, non faremmo il nostro dovere.

Ecco perché io difendo questa scelta, cari colleghi, la difendo, perché abbiamo anche detto in Commissione (presidente Pittalis, testimonio questa sua affermazione nella introduzione alla discussione della legge) a chiare lettere, e ci siamo impegnati in tal senso, visto che c'era la quasi unanimità di consensi su questa proposta, che questo sarebbe stato il primo passo per poi accelerare, e così avverrà, badate bene. Se stiamo riparlando di riforma elettorale con urgenza, è perché c'è stata questa accelerazione sul numero dei consiglieri regionali, che era l'elemento indicato forse come unico o come uno dei pochi punti comuni a tutte le forze politiche. Ci siamo impegnati immediatamente, abbiamo già aperto peraltro in prima Commissione la sessione relativa alla legge elettorale, e che cosa abbiamo detto? Presidente Pittalis, mi rivolgo a lei per la generalità dei componenti della Commissione o anche del Consiglio, che cosa abbiamo detto? Abbiamo parlato dei punti che è necessario indicare nella legge elettorale!

Primo, la rappresentatività geografica e politica delle principali correnti e opinioni di pensiero presenti nelle istituzioni sarde e nella politica sarda; secondo, una rappresentatività dei territori più deboli; terzo, una rappresentanza di genere, che deve essere garantita, io considero questa legge elettorale addirittura incostituzionale per questa debolezza nei confronti di un principio che è l'eguaglianza di genere, che deve essere garantita, ci siamo impegnati a farlo. Bene, in Consiglio lo possiamo fare anche oggi. Mi rivolgo a tutte le forze politiche presenti in Consiglio, anche oggi possiamo tentare di trasformare questo accordo di carattere politico in emendamenti che tengano conto di questi principi e di questo accordo che è stato raggiunto in Aula, però facciamo qualcosa. Mi hanno sorpreso oggi, nel leggere la rassegna stampa, le motivazioni con cui gli imprenditori edili, gli industriali dell'edilizia, hanno contestato ieri il ministro Matteoli. Il Presidente dell'ANCE, l'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, ha detto che gli imprenditori edili contestano Matteoli perché sono stanchi di sentire solo parole. Questo vale anche per quel che riguarda le riforme. In Sardegna, i sardi sono stanchi di sentire solo parole sulla necessità di fare le riforme.

Poi si torna sempre indietro, un po' come sul FITQ, perché poi i nostri comportamenti, le nostre debolezze e i nostri tentennamenti si riverberano su altre questioni. Come possiamo pensare noi di guidare un processo di riforma che punta a modernizzare la Sardegna, e quindi a modernizzare la Regione, gli enti locali, la struttura istituzionale complessiva della Sardegna, se non cominciamo da qua? Come possiamo pensare di chiedere ai dipendenti regionali di rinunciare a una parte dei privilegi, li chiamo così, che pure hanno, tipo il FITQ? Assessore Floris, io ho già detto sul FITQ quando abbiamo discusso della legge, in prima Commissione, voterò oggi e dirò che non siamo d'accordo con sospensioni sine die del processo di riforma approvato in Consiglio regionale; non siamo assolutamente d'accordo, con questo stop and go su ogni cosa che decidiamo, perché magari ci sono i sindacati che protestano.

Io avevo un trattamento previdenziale straordinario, come telefonico, insieme ai piloti, all'Enel, eccetera, ebbene dal 1994 non lo abbiamo più, ci abbiamo rinunciato, perché la riforma delle pensioni ha detto: "Trattamenti uguali per tutti", e così deve essere. Se non diamo l'esempio, se non recuperiamo autorevolezza, andando a vedere le nostre debolezze e i nostri privilegi, il numero dei consiglieri, gli emolumenti, i benefit, eccetera, non avremo l'autorevolezza per poter chiedere ad altri di fare sacrifici. Se non recuperiamo questa autorevolezza, è inutile che stiamo a parlare nei convegni, nelle riunioni e negli interventi, spesso eccessivamente lunghi, che noi facciamo di riforma, faremo la fine che abbiamo fatto con la legge elettorale regionale, cioè già da due legislature noi votiamo con una legge imposta dal Parlamento nazionale, perché il Parlamento dei Sardi non è stato ancora capace di votare una legge voluta da noi!

Ma è possibile, le chiedo, signora Presidente, che l'autonomia della Sardegna debba essere sempre caratterizzata dall'incremento di tutto? Siamo più numerosi in tutto: il numero dei consiglieri regionali, gli stipendi dei regionali, gli enti regionali, le ASL, prima le comunità montane, i consorzi agrari, i consorzi industriali, abbiamo tutto in misura maggiore rispetto alla media delle altre regioni! E' possibile che debba essere questa l'autonomia che noi rivendichiamo, o è necessario un comportamento più virtuoso, che deve informare i nostri comportamenti?

Porto un esempio sulla rappresentatività. Nel 2001, il mio Partito si presentò da solo alle elezioni politiche, c'era la soglia del 4 per cento, arrivammo al 3,98 per cento e quindi non riuscimmo ad arrivare in Parlamento. Non abbiamo chiesto di abbassare la soglia, perché la soglia del 4 per cento ci sembra assolutamente naturale, plausibile, equilibrata, abbiamo pensato che fosse meglio, invece che presentarci da soli, cominciare a recuperare uno spirito di coalizione e, invece che presentarci da soli, aggregarci, favorire le aggregazioni. Nel 2006, l'Italia dei Valori è entrata in Parlamento con questa valutazione, elaborazione e questo passo in avanti rispetto all'impossibilità, per il sistema politico, di garantire tutto e tutti, la rappresentanza di tutto e di tutti, non è assolutamente possibile!

Allora, per concludere, signora Presidente, io ribadisco il concetto: noi siamo convinti che 50 consiglieri siano assolutamente un numero adeguato a rispondere alle esigenze di cui ho parlato prima; garantiamo la nostra disponibilità, ci siamo già impegnati e la confermiamo in Aula.…

(Brusio in Aula)

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Salis, ma non mi sembra che si possa continuare così.

SALIS (I.d.V.). Non importa, Presidente. Alcuni sono sempre distratti, non sarebbero neanche in grado di capire quello che sto dicendo, probabilmente.

PRESIDENTE. No, onorevole Salis, è una questione di rispetto nei confronti di chi parla! Questo brusio può capitare in certi momenti, ma non può essere la costante, onorevole Salis, come invece sta ormai diventando! Grazie.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, voglio concludere con una citazione presa da un intervento del Presidente della Repubblica: "In questo momento, particolarmente difficile per le istituzioni e per la politica, servono atti di coraggio e di disinteresse". Il Presidente Napolitano ha detto "… di coraggio e di disinteresse"! I primi chiamati a mostrare questo coraggio e questo disinteresse siamo noi. Io faccio un appello al Consiglio regionale perché non voglia far vivere al Consiglio regionale della Sardegna la vergogna del rinvio in Commissione di questa legge; sarebbe una sconfitta del Parlamento dei sardi! Una sconfitta del Parlamento dei sardi! Io posso capire le legittime preoccupazioni di molti di noi, ma non sono assolutamente compatibili con il momento politico e istituzionale che stiamo vivendo e che presuppone e richiede gesti che siano coraggiosi e disinteressati.

Signora Presidente, noi faremo il nostro dovere anche per quel che riguarda la legge elettorale. Stiamo per presentare una proposta di legge e chiederemo che anche le altre proposte di legge, interessanti, che rispondono e potrebbero rispondere alle esigenze poste legittimamente da molti in Consiglio regionale nel dibattito della settimana scorsa, possano essere accolte. La legge elettorale, la riforma della legge statutaria, insieme alla riduzione del numero dei consiglieri regionali è il primo segnale che noi possiamo dare al nostro popolo, all'opinione pubblica e ai cittadini che ci chiedono di essere conseguenti alle nostre stesse affermazioni. Troviamo una soluzione, troviamo un punto di equilibrio che possa consentirci di evitare la sconfitta di rimandare la legge in Commissione.

Voglio dire un'ultima cosa, i segnali che pervengono sono sempre più pericolosi e pesanti. Badate, per parlare di cose concrete, legate strettamente a queste questioni di cui stiamo discutendo oggi, la Coldiretti ha posto con forza il problema di riprendere la vertenza agropastorale in Sardegna, la questione del costo del latte e quant'altro. Ieri è avvenuto un baratto assolutamente vergognoso in Parlamento: i voti della Lega Nord in favore del Ministro Romano, per salvarlo dalle dimissioni (un Ministro, che è indagato per collusione con la mafia, dovrebbe essere assolutamente incompatibile con una Repubblica democratica come la nostra), e il favore fatto da Romano, Ministro nazionale dell'agricoltura, per non far pagare le multe per le quote latte impropriamente ricevute dagli allevatori padani. E' stato un ultimo sconcio! Badate, io sono convinto che la Sardegna abbia oggi questa possibilità, con equilibrio, con buon senso, riuscendo anche a fare un leggero passo indietro rispetto alle posizioni che ognuno di noi può assumere.

Facciamo in modo che la politica, la buona politica, oggi possa vincere dando un segnale importante alle esigenze dei sardi su questo punto della riduzione del numero dei consiglieri regionali, garantendo rappresentatività, garantendo partecipazione e presenza a territori e forze politiche nelle misure che molti di noi hanno già individuato e che sono oggi obbligati a trasferire in legge. Noi voteremo a favore di questa legge e siamo assolutamente disponibili per trovare, insieme ai Gruppi politici che sono conseguenti a questa nostra esigenza, una soluzione che impedisca che il Consiglio regionale rinvii la decisione odierna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Rispetto alle ultime parole che ho sentito dal collega Salis, sinceramente sono in forte imbarazzo, perché ha parlato del sentimento del nostro popolo, che bisogna ascoltare, e ha parlato anche di una sconfitta del Parlamento dei sardi. Adriano, questa sconfitta del Parlamento dei sardi dura dal '48! Nessuna modifica di carattere istituzionale, fatta da uno dei Parlamenti o Consigli regionali, tra quelli che si sono alternati in tutti questi anni, neanche una, è stata recepita dal Parlamento italiano! Questa è la vera sconfitta! E da questo credo che sia necessario partire. Diversamente noi non riusciremo a cambiare niente! Potremmo dare i numeri, come si danno da altre parti, ci limiteremo a questo, però la sconfitta vera è che non siamo riusciti a modificare, in meglio, il nostro Statuto, e non ci siamo riusciti perché il Parlamento italiano non ce lo consente. Hai parlato del '93, di una legge fatta da quest'Aula, io ti parlo, invece, degli anni successivi, quando quest'Aula ha approvato una legge sull'Assemblea costituente, legge di questo Consiglio regionale, legge della Sardegna, che il Parlamento italiano non ha recepito minimamente, anzi l'ha osteggiata, in egual misura, il centrosinistra e il centrodestra. Governava il centrodestra, sembrava che tutto fosse aperto per un percorso che ci dovesse finalmente dare la possibilità di un cambiamento reale, ma quel percorso ci è stato negato: parte del centrosinistra l'ha osteggiato in aula, parte l'ha votato e l'ha condiviso con noi. Questa è la storia.

Io pensavo che questa legislatura fosse una legislatura finalmente costituente. Noi pensiamo ancora che, chiudendoci qua dentro, l'opera di cambiamento, nei messaggi che vogliamo dare, da "50", a "60", a tutto quello che ci proponiamo, venga recepita fuori con facilità; siamo in una situazione tale che se non dovessimo aprire le porte, se non dovessimo consentire a chi è fuori di scrivere, insieme a noi, le nuove regole, questa non sarà solo una legislatura costituente, sarà la legislatura che avrà la sconfitta peggiore perché viviamo ciò che in tutti questi anni non si è vissuto, cioè una crisi pazzesca dove, fuori da questo Palazzo, si trova la disperazione lungo le strade, giorno per giorno, in ogni momento, dove il sistema economico ormai è crollato e, se è crollato nel resto d'Europa e nel resto del mondo, la parte più debole è proprio la Sardegna, immaginiamoci su quest'isola dove la disattenzione è l'elemento principale di chi dovrebbe darci le risposte necessarie per riprendere un percorso di sviluppo serio e reale. Noi ci siamo rinchiusi in questa proposta di legge che è arrivata qua e stiamo discutendo sul numero, se "50" o quanti dovranno essere. Ci arriveremo.

A me fa specie che, mentre noi discutiamo in questo modo, non si riesca a capire che la dimensione di quello che dobbiamo fare è più grande, molto più grande, e che il coinvolgimento deve essere di un'ampiezza come non lo è mai stato. Altro che autorevolezza! Altro che schiena dritta! Se non pieghiamo la schiena (nel senso che dobbiamo collaborare attivamente tutti quanti su qualcosa che riguarda tutti, non solo chi è qua dentro ma anche chi è fuori, in maggior misura), da fuori qualcuno continua a dirci che questa fase costituente può essere rivissuta in modo reale, che forse questo è il momento di aprirsi alla società civile, mentre noi continuiamo a stare chiusi qua dentro e forse ci piangiamo anche addosso. Non è la risposta che noi come partito vogliamo dare. Ci assumiamo le nostre responsabilità, dal '97 non siamo mai stati forza di governo, in questi anni abbiamo assistito, abbiamo provato a proporre, credo che gli atti parlamentari lo possano testimoniare. La cosa più avvilente è che ci sono dei nostri senatori, a prescindere dall'appartenenza, che sembra che non abbiano altro a che fare, una volta ci hanno scritto la legge elettorale, stiamo votando con la legge ordinaria!

Io mi sono dovuto rimangiare un qualcosa dentro di me che non avrei voluto mai fare. Ho tenuto in piedi una legislatura insieme al mio compagno di partito perché, nell'accordo per votare la Presidenza Masala, c'era la volontà di fare una legge elettorale, nostra, non quella imposta da Roma. Non ci siamo riusciti! Fu esitata in prima Commissione, Presidenza Emanuele Sanna, fu portata in quest'Aula e qualcuno qua dentro, pensando di divertirsi e di fare cosa nobile, fece di tutto per impedirne l'approvazione. Il risultato è davanti agli occhi di tutti! Hanno fatto una legge per le Regioni a statuto ordinario, ce la siamo tenuta nella passata legislatura, ce la stiamo tenendo in questa, traiamo le somme tutti assieme e vediamone anche le conseguenze, vediamo se è il caso, invece di parlare di "50" o "60", di parlare in termini complessivi di quelle che dovranno essere le nuove regole. Stiamo evitando!

Io ho già sentito: "Adesso facciamo questo, poi facciamo la legge elettorale, poi facciamo quest'altro", ma quando si costruisce una casa non si inizia dal comignolo! Non è che si fa una cosa campata in aria, per poi scrivere e cercare di mettere in piedi comunque un abito che sia su misura alla cosa che facciamo oggi e poi ancora su misura a quella che faremo domani, cioè stiamo navigando a vista, il che non aiuta nessuno. Non aiuta nessuno! I numeri testimoniano una cosa e il pensiero che ho è che l'Assemblea costituente rimane ancora il massimo valore proponibile in questa realtà, poi se non vi piace, se quest'Aula si sente parte lesa per il fatto che lo Statuto lo si debba scrivere con soggetti esterni a quest'Aula stessa e che questo ci faccia sentire certamente più deboli, beh, io mi accontenterei di essere più debole ma di confrontarmi con il mondo che mi circonda.

Però, se per sentirmi forte mi devo chiudere qua dentro e dire che ho l'autorevolezza per fare una cosa che mai nessuno è riuscito a fare, ho forti dubbi. Allora senza remore o ci apriamo all'esterno o se no continuiamo a vivere la vita di ogni giorno, la legislatura finirà, se riusciremo a portarla a compimento, il resto quando tireremo le somme sarà sotto zero per tutti, nessuno escluso, perché queste non sono le riforme di una parte di quest'Aula, cioè della maggioranza, le riforme si fanno tutti assieme, di questo ne sono convinto, sempre, tanto che noi, in quella legislatura, nominammo Presidente della prima Commissione, uno dell'opposizione, per vedere di fare quella legge elettorale e almeno dalla Commissione fu esitata.

Mi sono preso anche la briga di controllare perché tutti dicono: "Noi siamo troppi, noi siamo pochi". E' avvilente entrare nell'aspetto numerico, ma se io parlo della Sicilia, mi ritrovo 90 consiglieri; guardate, la differenza in chilometri quadrati possiamo dire che è minima, è 1 milione. Dicono: "Hanno più di abitanti di noi". Ma non è un problema di numero di abitanti. Dopo vi elenco gli altri per capire la differenza dello spazio che è intorno a noi, che quest'isola ha, di quanti sardi ci sono sperduti in quelle realtà, in quelle comunità che quest'ultima legge sta riducendo a niente. Gli avamposti prima li ha levati lo Stato, ha levato gli uffici postali, ha levato tutto ciò che era il decentramento, ripiombando nel più assoluto isolamento, e adesso ci proviamo noi, perché questa è la logica, non ci sono altre logiche.

Allora, in un territorio così vasto, che ha la sua storia, che ha una sua conformazione, che vive in comunità piuttosto limitate, dove c'è da parte dei giovani una volontà di andare via più forte del passato, molto più forte del passato, perché una società del consumismo ti spinge necessariamente ad allontanarti, vogliamo ragionare che è più difficile governare e amministrare, dove i problemi di carattere sociale sono maggiori, dove i costi sono maggiori rispetto a una comunità più ristretta, più concentrata in un territorio che è metà del nostro territorio, con una ricchezza superiore alla nostra e per la quale riescono comunque a dare risposte, quelle risposte che noi stiamo riducendo al minimo per non dire facendole venir meno del tutto?

Qual è il problema? Noi abbiamo 24 milioni di chilometri quadrati, la densità è per l'esattezza 69,5 per chilometro quadrato. Vediamo che cosa hanno gli amici del Friuli Venezia Giulia, che hanno 59 consiglieri, hanno 7854 chilometri quadrati, quindi un quarto di quelli che abbiamo noi, concentrazione, territorio particolare, da qui si deduce che non è un problema di carattere numerico. Potrei continuare per tutto il giorno. La Sicilia ne ha 90 e ne ha 1 milione in più di noi… così, la Valle d'Aosta è nelle stesse condizioni, la Regione Molise, la Liguria (e siamo a cinque) si ritrova una quantità di 40 consiglieri.

Ma noi abbiamo un altro discorso, amici miei: la nostra specialità che valore ha? Il fatto stesso che io possa o debba pensare che ciò che devo essere o, peggio, ciò che devo diventare, debbano deciderlo a Roma, è la cosa più avvilente che possa capitare. Noi potremmo tranquillamente legiferare quello che vogliamo. Vogliamo dire che siamo "60"? Diciamo che siamo "60". Pensate che a Roma a qualcuno possa interessare niente di quanto abbiamo deciso noi? Potete pensare che quel numero che sarà stabilito da quest'Aula sarà rispettato nella volontà dal Parlamento italiano? Ma veramente potete pensare questo? Potete pensare che, per primi, i nostri parlamentari non siano quelli (come hanno fatto con la legge elettorale) che si sono alleati, da destra e da sinistra, per imporre necessariamente quella legge, rispetto a quella fatta dal Consiglio regionale, e che non siano quelli che per primi interverranno per vedere se possono fare qualcosa di diverso da quello che noi stessi stiamo proponendo?

Dove voglio arrivare? Voglio arrivare a dire che una legge fatta così, singolarmente, è l'obbrobrio al quale ci spinge qualcuno fuori da quest'Aula, la cosiddetta piazza. Badate, la piazza sta spingendo ad altro, la piazza spinge quando non ha risposte, quando la politica viene meno al suo compito. La piazza spinge quando non ha risposte alla disperazione che la sta attraversando. La piazza si incattivisce quando vede una classe politica inadeguata rispetto ai bisogni della gente. La piazza reagisce quando noi per primi pensiamo di prenderla in giro dandole risposte che non sono risposte. O abbiamo la capacità di aprire le porte di questo Palazzo (e per oggi lo ripeto per l'ultima volta) o abbiamo la capacità di aprirci al confronto e riscrivere assieme regole democratiche serie che possano cambiare finalmente tutto ciò che in questi anni ha rappresentato il Consiglio regionale e ciò che amministrativamente ha prodotto, diversamente non ce n'è!

I costi della politica non sono questi, bisogna vederli globalmente perché noi, per primi, abbiamo approvato leggi che consentono, negli enti, di trovare risorse superiori a quelle dei consiglieri regionali stessi. Ecco perché dico che va corretta tutta l'impostazione. Non si può pensare di ridurre a un semplice numero una riforma che in quel numero non troverà risposte, se non quella momentanea di accontentare chi non vuole più "80", ma ne vuole "60", non si modificherà certamente la situazione reale di una crisi pazzesca che ormai tutti assieme stiamo vivendo con le difficoltà che conoscete.

Rivolgo un appello a noi stessi, prima come appartenenti a un Partito e poi all'intero Consiglio regionale, un appello di chi sino a oggi ha combattuto per l'Assemblea costituente, di chi ha fatto di tutto perché si potesse realizzare, di chi ha pensato che quest'Aula fosse talmente autorevole da poter compiere un atto così importante come quello di una riforma complessiva: non possiamo, da soli, procedere alla riscrittura del patto fra noi e lo Stato italiano, o lo facciamo con la gente, o questa battaglia non la vinceremo mai.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi del Consiglio, anche noi Riformatori sottolineiamo come il dibattito che si sta svolgendo su questa legge sia un dibattito un po' strano; è stato sottolineato da tanti organi di stampa che si sono occupati dei resoconti consiliari, al punto che questa legge rischia di apparire quasi, oggi, in Consiglio regionale, una legge orfana, una legge senza padri, una legge arrivata in Consiglio regionale quasi per caso, per una svista, per un errore di qualcuno, ma non si capisce bene di chi.

Bene, noi Riformatori vogliamo dire una cosa chiara a quest'Aula, affinché sia, nella correttezza e senza demagogia, evidente a tutti qual è la nostra posizione: noi Riformatori siamo a favore della legge per la riduzione del numero dei consiglieri regionali, senza "se" e senza "ma". Siamo a favore! E' quindici anni che presentiamo questa proposta di legge, che non è mai arrivata in Aula, la presentò per primo, nel 1995, Massimo Fantola, forse sono anche più di quindici anni, l'abbiamo ripresentata nella scorsa legislatura, l'abbiamo ripresentata nel 2009 in questa legislatura. Devo dire che, riguardando gli atti parlamentari di questo Consiglio, non siamo stati i soli a presentarla , anche se siamo stati l'unico Partito politico, l'unico Gruppo politico che l'ha presentata, ma in questa legislatura c'è una proposta che ha come primo firmatario l'onorevole Uras, e nella passata legislatura altre che hanno come firmatari il Gruppo dell'U.D.C., i consiglieri Floris e Cherchi, i consiglieri Bruno e Porcu e probabilmente tanti altri che, nella ricerca degli atti, io non sono stato sufficientemente bravo nel trovare.

Siccome è stato sostenuto da alcuni che la votazione e la scelta di ridurre il numero dei consiglieri regionali sarebbe poco dignitosa per questo Consiglio perché sarebbe la certificazione che siamo travolti dalla piazza, insomma, va detto che io credo che, nella posizione dei Riformatori, questo vizio non ci sia perché la nostra proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali data da talmente tanto tempo ed è sostenuta da tale convinzione politica che sicuramente non può essere in alcun modo posta in relazione con le attuali spinte della piazza. Noi ribadiamo che, pur vedendo, sarebbe impossibile non vederla nella congiuntura del momento, l'importanza della cosa anche per la riduzione dei costi della politica, non crediamo assolutamente che la riduzione del numero dei consiglieri regionali della Sardegna debba essere rivolta prioritariamente a questo obiettivo. Noi siamo convinti che migliori il funzionamento della democrazia, non siamo affatto convinti che un'Aula pletorica con 80 consiglieri (che possono diventare 85 o 100 a seconda dei risultati delle elezioni, nella scorsa legislatura eravamo 85), una composizione così pletorica, vada nella direzione del buon funzionamento dell'Aula consiliare. Credo che sia difficile che chi è appartenuto, ha fatto parte di questa Assemblea, non possa avere e non abbia la stessa identica considerazione, cioè non pensi al funzionamento dell'Aula, ai problemi di Regolamento che noi abbiamo legato a un numero esorbitante di consiglieri regionali, al funzionamento delle stesse Commissioni, il cui ruolo anche in questa legislatura è stato totalmente svilito e non è più funzionale alle attività della nostra Aula.

Per cui, noi abbiamo proposto - ed è una proposta storica del Gruppo dei Riformatori - la riduzione a 60 del numero dei consiglieri regionali. E' la nostra proposta storica e quella che ancora oggi noi manteniamo. Devo dire che abbiamo verificato che la Commissione, all'unanimità, con l'astensione del collega Cuccureddu, ha preferito ridurre da 60 a 50 i consiglieri regionali. Noi siamo in grado di spiegare perché i Riformatori pensavano al numero di 60: era legato alle esigenze del territorio, alla rappresentanza di genere, all'abolizione del listino, quindi a un progetto di legge elettorale che è possibile fare. Io mi aspetto che chi ha proposto e votato in Commissione il numero di 50 consiglieri (qui abbiamo i verbali della prima Commissione che sono a disposizione dei consiglieri che li volessero leggere) si alzi in Aula e spieghi il motivo per cui si è deciso di scendere a 50 consiglieri regionali (Campus l'ha già fatto, ma mi sembra che sia l'unico che l'ha fatto), lo sostenga e spieghi qual è la relazione di funzionalità, qual è il rapporto col numero dei consiglieri regionali di altre regioni, magari entrando anche nel merito della dimensione oltre che della popolazione delle regioni. Probabilmente è possibile che i Riformatori si convincano e che siano d'accordo che il numero ottimale, non per i costi della politica, ma per il buon funzionamento di questa Assemblea regionale, perché faccia buone leggi, perché abbia un dialogo interno tra Gruppi politici e consiglieri, sia effettivamente quello di 50 consiglieri.

Sarebbe anche interessante sapere, se qualcuno li ha sentiti, come mai il numero di 50 è quello che i senatori del P.D. (Scanu, Sanna e Cabras) hanno identificato come numero ottimale per il funzionamento dell'Assemblea consiliare regionale. Sarebbe interessante, lo ripeto, perché è possibile che noi Riformatori, che siamo fermamente convinti della necessità di ridurre il numero dei consiglieri regionali, ci convinciamo che la proposta dei 50 sia quella migliore. Devo dire che invece ci convincono un po' meno i tanti consiglieri che sono intervenuti in quest'Aula e hanno legato la riduzione del numero dei consiglieri regionali ad altro; fondamentalmente alla riforma della legge elettorale, cosa che noi condividiamo, al fatto che ci sia una rappresentanza di genere, alcuni l'hanno legato al fatto che ci sia il presidenzialismo, altri al fatto che invece ci sia il parlamentarismo, alcuni al fatto che il sistema elettorale sia maggioritario, altri al fatto che il sistema elettorale diventi proporzionale, o ancora al territorio e all'abolizione del listino.

Badate, colleghi, non è il momento delle ipocrisie, chi ci ha impedito di modificare la legge elettorale nei primi due anni e mezzo di questa legislatura? Nessuno! Questo Consiglio regionale, che noi diciamo sempre sovrano, poi non è sovrano quando deve fare le riforme, quando deve fare le riforme su se stesso in modo particolare. E chi ci ha impedito nella scorsa legislatura, quando noi abbiamo tuonato contro la legge elettorale fatta da Roma, di dimostrare l'effettiva sovranità di questo Parlamento, cosa di cui tutti ci riempiamo la bocca nelle discussioni in Aula, trovando la sinergia e la sintonia per fare una legge elettorale che venisse da questo Parlamento? Non ce l'ha impedito nessuno! E chi ci impedirà, nei prossimi sei mesi, cioè quelli che comunque servono a questa legge elettorale, a questa riduzione del numero dei consiglieri regionali, che ha un percorso di legge costituzionale e quindi deve essere approvata in doppia lettura dal Parlamento, sicuramente almeno sei mesi di tempo prima di diventare legge della Regione, di fare una legge elettorale in questo Consiglio regionale? Non ce lo impedisce nessuno! Semplicemente, io non vorrei che qualcuno, sapendo che, sulla legge elettorale, abbiamo centomila diversità e sfumature di modo di vederla, non voglia legare la riduzione del numero dei consiglieri, che si può fare e che si deve fare, a una cosa che forse non si farà mai perché non siamo stati in grado di farla nei primi due anni e mezzo della legislatura, perché non siamo stati in grado di farla nella scorsa legislatura, perché la pensiamo diversamente e non siamo riusciti a metterci d'accordo.

Allora io non vorrei che ci fosse in qualcuno il retropensiero che si lega una cosa che si può fare a una che non si può fare o che non si vuole fare (perché in realtà si potrebbe fare, e come!), per non farla! Devo dire che noi non ci presteremo a questo! Noi non ci presteremo, colleghi del Consiglio, perché io credo che questo Consiglio, che è sovrano, come ognuno di noi ripete cento volte, che è il Parlamento dei sardi, che è un'istituzione sacrale e tutte quelle cose a cui, perché abbiano significato, dobbiamo darglielo noi perché fuori da qui non gliene danno più, beh, io credo che la cosa più importante, colleghi, oggi in quest'aula, sia non prendere in giro i sardi. Ve lo ripeto: credo che la cosa più importante sia non prendere in giro i sardi!

Mi rivolgo alle coscienze libere dei 79 colleghi di questo Consiglio. Perché? Colleghi, perché sappiamo benissimo che cosa pensano oggi i sardi del problema della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Qualcuno di voi pensa che sia opportuno non ridurli, ho sentito delle motivazioni in tal senso, non entro nel merito, dico semplicemente che ciascuno di noi sa che cosa pensa la quasi totalità o stragrande maggioranza (scegliete voi che cosa dire) dei sardi sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali. Bene, a questa stragrande maggioranza, che ha problemi quotidiani di campare, che ha un atteggiamento non di simpatia verso la classe politica, verso la classe dirigente, e ha anche delle ragioni per avere questo atteggiamento e una parte di queste ragioni è colpa nostra, noi abbiamo detto che la Commissione sacrale delle riforme, la più sacrale delle Commissioni del Consiglio regionale, all'unanimità con la sola astensione del collega Cuccureddu, ha deciso di ridurre a 50 il numero dei consiglieri regionali e questa notizia è apparsa su tutti i giornali ed è stata data da tutti gli organi di informazione.

Dopodiché i Presidenti di Gruppo, l'hanno riportato tutti i mezzi di informazione, all'unanimità hanno deciso che questa legge doveva urgentemente entrare in Aula ed essere messa al primo punto dell'ordine del giorno. Bene, a fronte di tutto questo, abbiamo avuto in Aula l'esplosione del partito del "benaltrismo" che sicuramente tende a essere maggioritario. E' giusto fare la riforma del numero dei consiglieri regionali ma bisogna fare ben altro e siccome ben altro non siamo in grado di farlo perché non siamo d'accordo, non si fa neppure questo. Bene, devo dire che noi Riformatori la pensiamo diversamente.

Collega Zuncheddu, lei mi sta interrompendo e fa bene ma io sarei arrivato a lei e al collega Maninchedda, perché questi sono i due colleghi che, in Consiglio regionale, hanno motivato chiaramente la loro convinzione che il numero dei consiglieri regionali stia bene a "80". Io rispetto chi la pensa diversamente da me, sarebbe impossibile da liberale che non lo facessi, e quindi devo dire sia lei che il collega Maninchedda. Il collega Maninchedda, proprio in maniera documentata, ha calcolato che la riduzione proposta dei consiglieri regionali sia tra il 38 e il 40 per cento, inoltre ha detto: "Io sono per la riduzione degli emolumenti dei consiglieri regionali del 38 o 40 per cento e per il mantenimento del numero". Allora io mi aspetto che i partiti di riferimento facciano forte questa proposta in Aula in modo che si sappia (per voi che state ragionando sui costi della politica, noi non stiamo ragionando soltanto sui costi della politica ma anche sulla funzionalità dell'Assemblea) qual è la vostra posizione, affinché il Consiglio ne scelga una delle due.

Noi chiediamo che il Consiglio dia una risposta ai sardi scegliendo tra quello che sosteniamo noi Riformatori (che abbiamo peraltro delle posizioni precise anche sui costi della politica), quello che il collega Maninchedda ha detto in Aula e quello che la collega Zuncheddu ha detto nelle conferenze stampa. Così non siamo ipocriti. Altrimenti siamo ipocriti, e se gli ipocriti vengono messi in qualche girone infernale a rosolare con la pena del contrappasso, bene va! Per cui, colleghi, noi siamo contrari, fermamente contrari, ferocemente contrari, a rinviare questa legge in Commissione (esitata all'unanimità dalla Commissione e portata a furor di popolo dai Capigruppo in Aula) perché abbiamo ben chiaro che cosa vuol dire rimandarla in Commissione e sappiamo che rimandarla in Commissione significa dare, ai sardi, a quelli che ci guardano, un segnale assai negativo fuori da questo Consiglio. Saremmo ancora più contrari, anzi lo poniamo come problema di coscienza, se a qualcuno venisse in mente di chiedere il voto segreto sul passaggio all'esame degli articoli o in qualche atto successivo della legge, non ci sembra che sia un problema su cui i sardi capirebbero che il Consiglio sta facendo scelte di coscienza e quindi vuole avere un'indipendenza completa nelle proprie scelte di coscienza.

Io credo che i sardi vedrebbero, nel muretto a secco del voto segreto, la volontà di un Consiglio, incapace di autoriformarsi, di continuare a garantirsi privilegi che, sottolineo, a torto o a ragione, i sardi oggi considerano non confacenti rispetto a ciò che si aspettano da questo Consiglio regionale. Quindi il nostro consiglio, il nostro suggerimento, il nostro impegno è perché questa legge venga approvata in fretta senza che si facciano ulteriori inciampi che danno un'immagine esterna di questo Consiglio regionale che è sicuramente l'opposto di quella che tutti quanti noi ottanta consiglieri vorremmo dare. E poi che si vada in modo molto veloce verso la stagione delle altre riforme, una stagione tante volte evocata in quest'Aula e purtroppo sempre allontanata da fatti e da eventi, riforme che noi crediamo che siano necessarie oggi per ridare un senso a questa istituzione, soprattutto in un momento di crisi, di difficoltà estrema, quale quello che sta vivendo la società sarda, per ridare una guida, che è quella della propria classe dirigente, che è inevitabile.

Io, che ho lavorato per tanti anni all'interno di un ospedale, so bene che non esiste un reparto senza primario, non può funzionare, allora non può funzionare neanche una società che non abbia una classe dirigente nella quale si riconosce. Se noi facessimo degli errori anche durante la discussione di questa legge, non andremmo certo nella direzione di dare prestigio e autorevolezza alla classe dirigente che vogliamo rappresentare.

PRESIDENTE. Onde evitare interventi per fatto personale, faccio presente che è stata depositata in Consiglio regionale, dall'onorevole Zuncheddu, una proposta di legge che interviene sulla riduzione dell'indennità dei consiglieri nella misura del 50 per cento; ho voluto precedere l'onorevole Zuncheddu che penso avrebbe chiesto la parola per fatto personale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, il dibattito svolto in quest'Aula è sicuramente un dibattito interessante, soprattutto gli interventi che sono ispirati da ideali e da coscienza. Anche noi faremo un intervento ispirato da ideali e da coscienza perché, come abbiamo sempre fatto in quest'Aula, abbiamo sempre e solo parlato seguendo la nostra linea programmatica e in piena coerenza con gli ideali e i principi che abbiamo sempre esposto.

Si è parlato di molte cose in quest'Aula e si è parlato di costi della politica, noi abbiamo detto, in altra occasione, che il termine è sbagliato, sono i costi dell'amministrazione o, se preferite, i costi della democrazia, non è un problema solo dell'indennità dei consiglieri; se parliamo dell'indennità dei consiglieri, stiamo solo ed esclusivamente prendendoci in giro. Le indennità sono state storicamente tolte dalla loro ragion d'essere, dalla necessità di consentire, anche a chi non ha disponibilità economica, di fare politica. Andiamo a verificare tutti i costi dell'apparato amministrativo, è un discorso a parte che non c'entra assolutamente niente con questa legge, stiamo predisponendo una serie di norme di legge, di emendamenti che presenteremo in finanziaria. Non ci interessa questo discorso in questa sede, non ci interessa difendere… Faccio parte del listino, e i componenti del listino sono stati oggetto di accuse, però, nel mio piccolo, ritengo di fare questo compito nel modo migliore possibile, non mi sento sminuito rispetto agli altri per essere stato nominato, perché non sono stato nominato per rapporti affaristici o quant'altro. Anche i consiglieri del listino hanno una loro dignità! Attenzione, perché nel sistema maggioritario ci sono i nominati, perché nel sistema maggioritario i candidati che si confrontano sono nominati, solo il sistema proporzionale puro consente, nell'ambito di una lista di candidati, di esprimere una libera preferenza, quindi è tutta una serie di concetti da mettere bene a fuoco.

Si è parlato poi di quello che è stato fatto in Commissione. In Commissione, io ho votato questa norma, dopo aver considerato a monte una serie di rilievi sul fatto che si andasse avanti, non mi interessa poi aver votato o non aver votato in Commissione, quello che conta è comunque il dibattito, io ho trovato che il dibattito in Commissione è stato ampio, ma in questa sede i discorsi sono stati ancora più ampliati.

Allora, veniamo alla legge, ci sono due profili, il primo profilo è quello teorico di impostazione, il secondo profilo è quello pratico. Dal punto di vista pratico, noi abbiamo una norma di legge costituzionale, il che vuol dire che dovrò mandarla in Parlamento e che il Parlamento potrebbe approvare. Sin dall'inizio della legislatura (anche l'onorevole Floris, Presidente della Commissione, ha più volte detto questo), abbiamo segnalato che i tempi delle riforme costituzionali vanno coordinati con i tempi del Parlamento; approvare una norma di legge costituzionale, oggi, con un Governo che non si sa se rimanga in piedi o meno, non so a che cosa serva, se noi presentiamo oggi una proposta di legge e il Parlamento viene sciolto, la proposta - come sappiamo - decade.

Allora bisogna tener conto dell'evoluzione di quello che sta succedendo in Parlamento e presentare le norme di legge costituzionali in modo tale da poter essere accolte. Va da sé che, se l'evoluzione del Governo dovesse essere quella di uno scioglimento anticipato, vi sarebbe anche la possibilità, che oggi non vi sarebbe, di presentare una nuova proposta di Statuto, legge costituente secondo la nostra opinione ma non di tutti. Quindi la nostra credibilità deve essere coordinata con quello che sta succedendo a Roma. Ho dei dubbi che l'approvazione di questa norma di legge oggi potrebbe essere fruttuosa, magari un'approvazione tra tre, quattro o cinque mesi potrebbe essere utile.

Dal punto di vista teorico, noi ci troviamo in presenza di una norma di legge nazionale, l'articolo 14 del decreto legge numero 138, convertito nella legge numero 188, che impone (tra l'altro prevedendo una serie di sanzioni), alle Regioni a Statuto ordinario e a Statuto speciale, di intervenire in materia. Questo è stato fatto dal Parlamento sulla base di una semplice proporzione tra numero di abitanti e numero di consiglieri. Questo discorso del Governo, che deve essere ricalcato in toto, è semplicemente offensivo dell'autonomia, il numero dei consiglieri regionali può essere "50" come può essere "60", poi non mi sembra questa la sede per entrare nel merito dei numeri; ripeto, il numero dei consiglieri regionali va rapportato non solo alla popolazione ma alla particolare situazione delle Regioni a Statuto speciale.

La specialità comporta la differenziazione delle Regioni speciali rispetto a tutte le altre per una serie di motivi, noi riteniamo che questa specialità rientri anche nell'identificazione del popolo sardo; allora, per il numero dei consiglieri, bisogna tener conto anche della composizione della popolazione regionale e di tutte le esigenze che questa popolazione esprime, non può essere un dato solo ed esclusivamente numerico (questi sono gli studi del Parlamento) cioè "rapporto popolazione e numero di consiglieri", a indurci a una modifica, tra l'altro il Governo ci dice "30".

Ancor meno è accettabile che il Governo ci sanzioni nel momento in cui non interveniamo, ma noi non possiamo intervenire perché la norma è costituzionale quindi deve intervenire il Governo; questo è il modo di legiferare del Governo che noi abbiamo oggi, norma questa che ritengo palesemente incostituzionale perché viola tutti i principi costituzionali sulle Regioni a Statuto speciale.

Ciò detto peraltro rimane fermo che noi dobbiamo intervenire sulla riforma della Regione: Statuto, Statutaria, legge elettorale e quant'altro. Noi abbiamo rivendicato con forza la richiesta di un'Assemblea costituente che fosse non solo, come richiesto da altri Gruppi, un'Assemblea che facesse una proposta al Governo, ma un'Assemblea che approvi lo Statuto. Riteniamo inoltre che, sulla riduzione del numero dei consiglieri, debba aggiungersi non una proposta nostra al Parlamento che il Parlamento accetta, ma la nostra rivendicazione del potere e della facoltà, per la Regione, di ridurre il numero dei consiglieri regionali, che possono essere 50, 60 o 70, quello che volete, perché è l'autonomia regionale sarda che se no viene lesa.

In questo senso noi abbiamo presentato un emendamento che espressamente introduce un secondo comma all'articolo 16 dello Statuto e prevede che il numero dei consiglieri regionali possa essere determinato in riduzione fino a "50" con la legge statutaria. Siamo anche disponibili a forzare la legge statutaria e sin d'ora, in sede di legge statutaria, a intervenire sul numero dei consiglieri regionali. Abbiamo anche questa disponibilità, riteniamo però che questa debba essere solo ed esclusivamente una scelta della Regione sarda. Anche su questo, secondo noi, non ci sono né "se" e né "ma"; o rivendichiamo la nostra facoltà, il nostro potere di decidere, o altrimenti continuiamo a parlarci addosso, continuiamo a parlare e a non fare assolutamente nulla.

Sicuramente il numero dei consiglieri è assolutamente legato con la legge elettorale, siamo pienamente d'accordo, dice l'onorevole Vargiu che si può fare tra sei mesi, ma se dovesse succedere un qualsiasi inciampo e la legge elettorale non dovesse essere fatta, sappiamo benissimo tutti quali conseguenze discenderebbero da questo fatto. Sicuramente sulla forma di governo, sui sistemi elettorali, ci sono delle differenti posizioni in quest'Aula, noi riteniamo che sia preferibile il sistema proporzionale, anche in questo senso abbiamo presentato sin d'ora un emendamento con delle norme transitorie.

Il problema delle riforme: il nostro Gruppo, nella scorsa legislatura, ha presentato la riduzione a "60" del numero dei consiglieri regionali, ci sono anche altre proposte, ma non andiamo a rincorrere chi ha fatto prima la proposta di riforma - a parte il fatto che chi fa le proposte, poi non ci crede - ma, se io torno indietro, devo dire che la prima persona che, in Italia, negli anni '60 (nel '68 e nel '69), se non erro, ha parlato della necessità di riforma della Carta costituzionale e di tutto il quadro istituzionale, è un tal signore che si chiama Ciriaco De Mita, il quale, su questo, ha in assoluto il primato su tutti. Quindi è inutile, più andiamo indietro, più troviamo delle persone.

Sappiamo benissimo com'è nata la Carta costituzionale, la vulgata tradizionale è che c'è stato un accordo tra tutti i partiti; il che, per chi legge gli atti preparatori, non è vero, l'unico articolo su cui c'è stato un assenso di tutti, fuorché di Alcide De Gasperi, è l'articolo 7 che riguardava il concordato, su tutte le altre norme c'è stato fondamentalmente un accordo tra le forze della sinistra e le forze della destra, con una posizione che spesso non è stata accolta e che era stata espressa dalla Democrazia Cristiana. Per dire del Senato delle Regioni, di cui oggi tanto si parla, era un'opzione presentata con forza da De Gasperi che non è stata accettata in primo luogo dall'allora P.C.I. e poi dai partiti della destra; altrettanto è avvenuto anche sullo Statuto.

Quindi è evidente che c'è una necessità di riforme e di adeguamento ma si deve agire senza ipocrisie e senza interessi di parte, è inutile parlare e poi dire quello che non si pensa; noi dobbiamo avere ben presente l'interesse generale e, in presenza di questo interesse generale, senza interessi di parte (non parlo di parte personale, ovviamente, perché parto dal presupposto che nessuno abbia interessi personali affaristici, ma interessi di gruppo e di partito), dobbiamo muoverci e fare tutte queste riforme. Sappiamo benissimo che cosa si sta muovendo in Parlamento, sappiamo che in Parlamento si sta parlando di ridurre il numero dei consiglieri e che si ipotizza un accordo sulla riduzione del numero dei consiglieri, benissimo! Ben venga se è una riduzione fatta bene e non tipo questo articolo 14 di cui prima ho parlato.

Ripeto, qui dobbiamo parlarci onestamente e molto chiaramente per decidere quello che deve essere fatto. All'inizio della seduta, abbiamo chiesto la convocazione di una Conferenza dei Presidenti di Gruppo per guardarci negli occhi e capire bene che cosa volevamo fare e se volevamo andare avanti. Abbiamo posto una serie di problemi in quella riunione, però l'esito è stato di andare avanti. Noi non abbiamo difficoltà ad andare avanti, se l'Aula vuole tornare in Commissione ci va benissimo, però con l'impegno che, in Commissione, bisogna lavorare per fare tutto; se si vuole andare avanti, noi andiamo avanti. Sia chiaro, non abbiamo intenzione di chiedere il voto segreto sul passaggio all'esame degli articoli, ci riserviamo di farlo su altri singoli emendamenti perché riteniamo che, su certe cose, il voto segreto possa essere utile, senza che questo possa essere oggetto di critica o di quant'altro, però quello che importa è che ci sia una linea di coerenza tra quello che si fa e quello che si dice formalmente.

Noi rivendichiamo l'autonomia della Regione e rivendichiamo che ci sia un'Assemblea costituente, differente da questo Consiglio, in maniera tale che nessuno possa essere accusato di fare delle norme ad personam. Ci auguriamo che, nell'esito del dibattito, si possa andare a costituire un'Assemblea costituente, nella forma che richiediamo noi o nella forma che hanno richiesto altri Gruppi politici (siamo d'accordo sulla mediazione), l'unica cosa sicura è che dobbiamo andare avanti.

Per quanto riguarda la legge statutaria e la legge elettorale, peraltro, c'è già stata una decisione dei Presidenti di Gruppo, si sono invitati i Gruppi a presentare, entro i primi di ottobre, le loro eventuali proposte, poi la prima Commissione si riunirà ininterrottamente dal martedì al venerdì fintanto che non si arriverà ad approvare una norma di legge statutaria e una norma di legge elettorale.

Ritengo che questo possa essere fatto in tempi brevissimi, sicuramente non accettiamo che sia lo Stato a determinare il numero dei consiglieri regionali della Sardegna senza che ci sia la volontà espressa della Regione, una decisione della Regione, e soprattutto che questa decisione del Governo venga presa a prescindere del tutto dall'esame della concreta situazione storico-politica della Regione sarda.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, immagino che molti aspettino di capire quali saranno i ragionamenti che io porterò a quest'Aula, perché, rappresentando ancora il partito di maggioranza relativa, e rappresentando una parte consistente di questo Consiglio, è chiaro che le attenzioni sono concentrate. Avendo ascoltato tutti i ragionamenti che autorevoli colleghi, sia colleghi consiglieri regionali che colleghi Capigruppo, hanno portato alla nostra attenzione, rimango ancora più convinto che noi abbiamo già perso, tutti, noi siamo rimasti vittime di noi stessi, siamo rimasti vittime della demagogia, siamo rimasti vittime del populismo, siamo rimasti vittime della piazza! E parlo della piazza, perché è questo quello che sta accadendo! Abbiamo tutti quanti la necessità di dare una risposta al popolo sardo. La pressione maggiore che arriva oggi sulla nostra testa, sul Consiglio regionale, su tutti gli enti locali, è che la politica è in disgrazia, che le indennità sono troppo alte, che il numero dei rappresentanti è eccessivo, cioè tutta una serie di ragionamenti che induce chi ha paura, solo chi ha paura, a ribattere e portare controdeduzioni a una Sardegna che non protesta perché noi siamo troppi (anche per quello), a una Sardegna che non protesta perché le nostre indennità sono molto alte (anche per quello), ma vi assicuro che, se la condizione socio-economica della Sardegna, fosse quella di una Regione in linea con lo sviluppo e con il PIL europeo, questi ragionamenti non li farebbe nessuno!

Perché faccio questo ragionamento? Faccio questo ragionamento perché nei momenti di difficoltà, non nostra, ma nei momenti di difficoltà di un popolo, del non vedere prospettive, del rendersi conto che la situazione va sempre peggio, di un Governo nazionale che non dà risposte (anche lì altra demagogia e altro populismo!), la pressione si sposta su chi rappresenta le istituzioni. Ma voi credete veramente che la riduzione del numero dei consiglieri regionali sia la soluzione dei mali della Sardegna? Io non ci credo assolutamente! Qualsiasi siano le posizioni che assumono l'onorevole Vargiu, l'onorevole Salis e tutti gli altri che si sono cimentati nel….

Sulla proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali (parlo adesso a nome del Gruppo), il Gruppo del P.d.L. si era espresso perché venisse ridotto il numero dei consiglieri regionali a "60", questa è la proposta che era stata fatta dal P.d.L., fatta dai 29 componenti il Consiglio regionale, anzi 28 per essere esatti; poi la Commissione ha agito come ha agito, condizionata, non condizionata, anche lì: populismo, demagogia, tutte e due le cose! Perché ce le dobbiamo dire le cose, onorevole Salis, avete giocato al ribasso tutti quanti! Ma si può giocare ancora al ribasso, non è un problema.

Certo, riprendendo il ragionamento dell'onorevole Steri, non è che siamo convinti che riduciamo il numero dei consiglieri regionali e poi tutto il resto rimane come prima, no, non funziona così e non può funzionare così! Primo: Sardegna quasi un continente. Vi siete riempiti la bocca di tutte queste cose: la Sardegna all'occasione diventa… ma che cosa diventa la Sardegna? Tutte le sfaccettature, tutte le differenze dei territori, delle province, di Alghero, di Carloforte, di tutto quello che c'è in Sardegna e che la fa somigliare quasi a un continente: questa peculiarità che ha la Sardegna deve essere o non deve essere rappresentata? Stiamo rischiando questo! Stiamo rischiando che, riducendo il Consiglio regionale, si vada incontro magari a una legge elettorale che prevede lo sbarramento del 5 per cento, ma, magari per un accordo che può intervenire tra i partiti maggiori, può arrivare anche all'8 per cento!

Allora? La rappresentanza, il diritto di tribuna, le piccole formazioni politiche, coloro che hanno incarnato più di altri il sardismo, dove vanno a finire, chi li rappresenta? Se si fanno delle prove di forza, finisce così! Ma finisce così anche per quelle formazioni politiche che sono più localistiche, che non sono legate ai rigori oppure alle posizioni dei partiti nazionali. Dobbiamo far scomparire tutto questo? Dobbiamo buttare a mare settant'anni di autonomia? Se è questo, quello che vogliamo, ditelo subito e non sto dicendo che non voglio ridurre il numero dei consiglieri regionali, io sono disponibilissimo e credo che anche il Gruppo sia disponibile, ma valutiamo tutto quanto. Non è possibile!

Qui si gioca al ribasso per dare una risposta, a chi? Al popolo che protesta perché siamo troppi. A un Governo che imporrebbe, perché ci sta imponendo con la legge sul federalismo fiscale e sulla legge numero 42, la riduzione a "30". Ci vorrebbe imporre questo, il numero di "30"; cioè la Regione Sardegna dovrebbe essere rappresentata da 30 consiglieri regionali, da 30 autorevolissimi magari capaci di mettere a disposizione risorse e quant'altro per essere eletti, per ritornare indietro, perché alla fine il Consiglio regionale non sarebbe questo, né quello della volta precedente, perché in questo Consiglio regionale, l'ho detto altre volte, sono rappresentati tutti gli strati sociali della Sardegna. Allora, una riduzione di quel genere, parlo dei 30 consiglieri regionali, vedrebbe secondo voi una rappresentanza diffusa di tutte le classi sociali della Sardegna? Io non credo proprio. Senza contare che si potrebbe arrivare anche a ripristinare il collegio unico regionale. Tutte cose possibili, tutte cose possibili, che avvantaggerebbero chi poi alla fine? Le aree demograficamente più forti, perché nel momento in cui si va a una legge di questo genere accade questo. Ce li siamo posti tutti questi problemi o volete dare solo la risposta di ridurre a "50" il numero dei consiglieri regionali? Benissimo, ha ragione l'onorevole Steri, a "30", lo portiamo a "30", onorevole Oppi, non ci sono problemi! E' questa la risposta che i sardi stanno aspettando da noi?

Io credo che non sia questo il ragionamento da fare. Mi sto sforzando di svegliare le coscienze vostre, mi sto sforzando di farvi vedere una politica non con due colori, bianco e nero, onorevole Salis, ma di vederla con una varietà di colori, perché la politica è fatta così, perché tutti dobbiamo cimentarci in questa esperienza e lo stiamo facendo; tutti quanti ci stiamo invece adattando a ciò che accade fuori. A ciò che accade fuori! I sardi hanno delegato 80 consiglieri regionali che dimostreranno tutta la loro incapacità di non aver saputo rappresentare le istanze che arrivano da fuori, che non può essere solo quella della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Lo abbiamo dimostrato anche ieri con la Keller, facciamo gli ordini del giorno, sì, li facciamo, poi ce ne dimentichiamo!

Ho visto degli emendamenti che sono stati presentati, per l'esperienza che stiamo maturando, su questo, il Gruppo non si è pronunciato, si pronuncerà probabilmente stasera, sul meccanismo di legge elettorale, presidenzialismo o proporzionale, elezione diretta o elezione del Presidente in questa Aula. Su questo ci dobbiamo ancora confrontare e ci dobbiamo misurare, la mia posizione è che l'elezione diretta del Presidente della Regione sia comunque la cosa migliore, con gli opportuni correttivi che si faranno. Quando questi correttivi, onorevole Salis? Dopo che avremo approvato questa legge e il Parlamento magari preso da chissà quale delirio ci approverà anche in norma costituzionale in doppia lettura e poi magari accadono dei fatti che ci impongono di utilizzare la legge elettorale vigente! Fatevi i conti di che cosa accade!

Ma tutte queste cose? Ma siamo capaci di che cosa, onorevole Salis? Bisogna rimanere qua imbrigliati un anno per risolvere questo problema e la gente fuori continua a pensare che lei non deve ritornare in Consiglio regionale, o sta pensando magari che c'è bisogno di lavoro, di occupazione e di risolvere i gravi problemi della Sardegna: irrisolti ieri e irrisolti oggi? Questo vuole la Sardegna!

Se non siamo convinti di questo, si vada al voto, io non sono per tornare in Commissione, perché tornare in Commissione non vuol dire assolutamente nulla, chi ha coraggio faccia le sue proposte in questa Aula: noi siamo per i 60 consiglieri regionali e riteniamo che, opportunamente calibrata, una legge elettorale sia rappresentativa di tutte le istanze dei sardi; i 50 consiglieri regionali, per quanto ho capito e per quanto sono riuscito a capire in un meccanismo presunto elettorale, non rappresenterebbero adeguatamente le otto province della Sardegna. Che vivranno o non vivranno ma io ritengo debbano essere mantenute come circoscrizioni elettorali. I 50 consiglieri credo che non siano esaustivi delle istanze della Sardegna.

Quindi, se abbiamo voglia di andare avanti e vogliamo dare una risposta immediata e non perdere tempo, perché stiamo perdendo solo tempo, può accadere quello che ha detto l'onorevole Steri, mandiamo la legge in Parlamento, pare che solo due o tre volte sia successo che il Parlamento, dal '48 a oggi, abbia approvato modifiche di legge costituzionale che riguardano le Regioni a Statuto speciale. Quindi è giusto per darvi un'idea di che cosa accade in Parlamento. Oppure noi vogliamo dare il segnale di essere i primi, non saremo i primi perché c'è già stata una Regione che l'ha già fatto, o due, quindi non saremo neanche i primi. Ma perché dobbiamo accodarci sempre agli altri? L'idea originaria era di abolire il listino e di passare dal numero di 80 consiglieri a 64; questa era l'idea originale anche nella precedente legislatura.

Noi abbiamo parlato di "60", poi il senatore Sanna dice "49" più "1", voleva le pagine dei giornali, non aveva altro da fare evidentemente e si è cimentato nel "49" più "1". Non è "49" più "1", "49" più "1" vuol dire che c'è l'elezione diretta del Presidente e questo non lo può assicurare nessuno! O è "50" o è "60", non può essere "49" più "1", perché quell'"1" deve far parte di questa Assemblea e deve essere eletto prima insieme a tutti gli altri, non può essere diversamente!

Io faccio questi ragionamenti perché cerco di stimolarvi; è possibile che ancora non ci sia un'idea ben precisa, tutti quanti avete parlato di quello che dice la gente, io mi presento a faccia alta alla gente e giustifico 60 consiglieri regionali, ci provo quantomeno. Almeno ci provo! Non mi maschero dietro al populismo o alla demagogia, oggi "40", domani "30", il Governo "30" addirittura! Non è questo il modo di fare politica, se siamo seri e corretti, facciamo in fretta, approviamo questa legge, noi proporremo 60 consiglieri, voi ritenete di andare avanti con "50", approviamola e mandiamola in Parlamento, poi si vedrà che cosa accadrà.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, intanto mi pare che non possiamo non sottolineare, lo hanno fatto tantissimi interventi, il momento storico difficile che viviamo, che viviamo come Paese, che viviamo comunque in un mondo globalizzato. Un momento storico difficile che riguarda anche l'Italia con un Governo commissariato dalla Banca Centrale Europea, con un Governo che, in questa estate folle, di fronte a una debolezza dell'economia, della finanza, si trova a fare i conti, non senza responsabilità, parlo del Governo Berlusconi, parlo del premier Berlusconi, di colui che ispira una buona parte di questo Consiglio regionale, si trova a fare i conti anche con una debolezza della democrazia, una debolezza della democrazia forse come non mai. Credo che sia una conseguenza, probabilmente anche teorizzata, anche voluta.

Ci sono dei poteri, che non sono la piazza, ci sono dei poteri che agiscono perché la democrazia sia debole ma c'è un Presidente del Consiglio dei Ministri, io ve lo ricordo, che si è chiesto perché devono votare i parlamentari, che ha detto che possono votare solo i Presidenti dei Gruppi, che rappresentano l'intero Parlamento, e che bisogna semplificare, ridurre al minimo gli interlocutori. Questo, alcuni, pochi, che vogliono ridurre la democrazia e la politica a un potere oligarchico, lo hanno teorizzato e questi poteri sono ripresi anche dai principali editori.

C'è in atto una campagna di riduzione della democrazia che è affiancata alla debolezza dell'economia e della finanza. C'è, in questa visione, sicuramente anche la considerazione del nostro ruolo, del ruolo della politica, di ciò che siamo e di ciò che rappresentiamo. Se i consiglieri regionali (parlo adesso dei consiglieri regionali, di noi, ma potremmo benissimo parlare dei parlamentari) non rappresentano interamente il proprio ruolo, se non lo svolgono interamente (parlo per me, per non parlare di altri), nelle Commissioni, in Aula, intervenendo e cercando di alimentare il dibattito che, a volte, come in questo caso (ora veramente parlo di me), riguarda più la coscienza individuale (ma anche quella del Gruppo, anche quella dell'appartenenza singola, perché ci sono dei momenti in cui alcuni valori sono più alti anche della nostra appartenenza), se ciascuno di noi dice sempre quello che pensa e non viene ridotto a un numero, a fare il "peone", non solo all'interno del proprio Gruppo, ma anche all'interno dell'istituzione, del Consiglio regionale (dove rappresenta cittadini e non li rappresenta solo in gruppo, li rappresenta anche singolarmente, perché tutti noi abbiamo detto che rappresentiamo territori, che rappresentiamo persone), allora non possono limitarsi a essere numeri. Molte volte anche noi siamo dei numeri e seguiamo come pecore qualcuno, tutti noi! Il nostro ruolo è importante, è importante la politica, che è l'arte più nobile, che non può essere ridotta semplicemente a visibilità, che non può essere solo ridotta a tattica, a convenienza.

In questa estate folle, mi hanno colpito due cose. La prima, in questa logica di debolezza della democrazia: che cosa ci propone il Governo? Ci propone di tagliare i comuni! La forma più capillare di democrazia, di prossimità, ci propone di abolirli, di tagliare i comuni, anche i nostri, giustificando questo con i costi della politica! Che cosa è questa se non la riduzione degli spazi di democrazia? Propone e presenta, come un'anomalia fastidiosa, le Regioni, in modo particolare le Regioni a Statuto speciale; per quanto riguarda la nostra, sapete benissimo, dalla vertenza entrate ai tagli di Tremonti, le due manovre di Tremonti che hanno colpito le Regioni a Statuto speciale e la Sardegna particolare.

La risposta di un Presidente della Regione, che ci rappresenta tutti, che rappresenta ciascun sardo, non può essere, questa sì, onorevole Diana che non vedo, populista e demagogica, non può essere la restituzione di una tessera, tra l'altro fittiziamente, perché quella tessera Cappellacci non l'ha mai avuta, non può essere restituire una tessera! Significa rappresentare fieramente, orgogliosamente, autorevolmente, il proprio popolo. Questo è mancato, è mancato in questi due anni e mezzo di legislatura! Prima o poi dobbiamo fare un dibattito anche su questi due anni e mezzo.

In questo contesto, nasce anche la riduzione a "30", per le Regioni sotto i 2 milioni di abitanti, dei consiglieri regionali, perché gli interlocutori devono essere ridotti, perché, al mondo dell'economia, della finanza, ai poteri forti, piace così; devono essere ridotti gli interlocutori e probabilmente un Consiglio regionale di 30 consiglieri lo possono fare due o tre ricchi, si mettono d'accordo, eleggono 30 consiglieri regionali, ma difficilmente risponderanno al popolo.

Io non sono per seguire la piazza, sono per ascoltare i cittadini, che è una cosa diversa, e lo faccio, lo faccio tutti i giorni, lo faccio svolgendo come posso, come ne sono capace, il mio ruolo di consigliere regionale in un rapporto sistematico di incontro con i cittadini. Penso che lo facciate tutti voi, ne sono convinto; in questo rapporto sistematico, dai cittadini, presi anche uno per uno, e non sono la piazza, onorevole Diana, ci pervengono alcune domande alle quali dobbiamo dare delle risposte. Una domanda attiene ai costi della politica e noi dobbiamo anche spiegare che si deve essere guidati da criteri che riportino la figura del politico nella dimensione più alta e che, per fare bene il nostro lavoro, dobbiamo probabilmente avere anche quell'autonomia che ci consente di non dipendere da nessuno. Però, questo lo dobbiamo fare sempre, di non dipendere da nessuno, ciascuno di noi; dobbiamo rappresentare i cittadini e non i "capi-partito", i "capi-bastone", i presidenti, che oggi cercano di fare, con i pranzi e con le cene, i leaders di coalizione, dobbiamo cercare di essere noi stessi e di rispondere ai cittadini.

A questa domanda di ridurre i costi della politica, io dico che la risposta è cercare di essere parte e non controparte dei cittadini, perché lo siamo, perché siamo loro rappresentanti e quindi vivere insieme a loro i sacrifici, vivere insieme a loro le pratiche, la burocrazia, le difficoltà che incontrano, la mancanza del lavoro, vivere insieme a loro, vivere con loro, essere immersi nella società. Questa credo che sia la risposta. Allora diventa conseguente che, quando noi chiediamo sacrifici ai cittadini, siccome i cittadini sono parte di noi, quei sacrifici li dobbiamo fare anche noi. In questo modo, io leggo anche la riduzione dei costi della politica.

Però, ora parliamo della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Credo che, al di là dei costi della politica, io sono qui da sette anni, ho sentito tutti dire che dobbiamo portare a "60" il numero dei consiglieri regionali, per una dimensione equilibrata del nostro Parlamento, del rapporto con la società che cambia, con uno Statuto che, nella prima versione, parlava della rappresentanza per ciascun consigliere regionale di 20 mila abitanti e che, nella dimensione che invece noi ipotizziamo, che la Commissione autonomia all'unanimità ha ipotizzato, avrebbe un rapporto di 1 a 35 mila abitanti. Nel frattempo la società è cambiata, il nostro rapporto con i cittadini ci consente probabilmente anche di rappresentarne un numero più ampio, con tutti i mezzi... per favore, onorevole Sanna, io non l'ho disturbata quando lei è intervenuto…Presidente!

Probabilmente abbiamo la possibilità, con i mezzi di comunicazione, col contatto continuo, anche girando forse un po' di più, di rappresentare 35 mila abitanti, quindi il rapporto di "50" mi sembra un rapporto corretto, non così "30", che ridurrebbero questo Parlamento a un condominio, a un consiglio comunale; credo che sia un numero equilibrato, un numero doveroso, anche perché, se non lo facciamo noi, lo farà il Parlamento e probabilmente ridurrà i numeri tenendo conto di altri principi che non sono quelli della Sardegna, che non sono quelli dell'equilibrio territoriale, della rappresentanza territoriale, della rappresentanza di genere, che non sono quelli della rappresentanza delle forze minori.

Io capisco chi la pensa diversamente, anche nel mio Gruppo, lo capisco, e devo dire che ha anche una logica che prima si faccia la legge statutaria, quindi la forma di governo, visto che vedo molte perplessità, molti dubbi, ha una logica che si faccia prima la legge elettorale e poi, nella legge elettorale, capire qual è l'equilibrio col numero dei consiglieri regionali, è logico. Ma è anche logico che, una volta presa una decisione, per esempio un ordine del giorno unanime, unitario, quello del novembre dello scorso anno, quando abbiamo dato novanta giorni alla Commissione autonomia, con un'apertura di credito importante alla maggioranza, onorevole Giacomo Sanna, alla maggioranza di cui fate parte, e non è che un giorno ne fate parte e un giorno non ne fate parte, ne fate parte sempre, a meno che non ne prendiate atto, ritiriate la Giunta e tutti gli incarichi che avete; quella maggioranza non ha dato risposte, è passato un anno, non novanta giorni, e non ha fatto niente la Commissione autonomia, non ha fatto niente la maggioranza.

Allora, voi pensate che, se adesso ritorniamo in Commissione e non approviamo neanche la riduzione del numero dei consiglieri regionali, facciamo la legge statutaria, facciamo la legge elettorale? Non faremo niente! Io credo che se invece approviamo questa legge, certo, non partiamo dalle fondamenta, partiamo dal tetto, però, se noi approviamo questa legge, per come siamo fatti noi, che poi gridiamo all'autonomia, saremo costretti a fare la legge elettorale e la legge statutaria, saremo costretti. Inevitabilmente dovremo farla, se riduciamo il numero dei consiglieri regionali; qualche volta ci imponiamo anche noi qualche regola, ci autodeterminiamo e autodeterminiamo anche le nostre coscienze per fare le riforme.

Io credo che la risposta vera da dare a questa legislatura sarebbe stato il nuovo patto costituzionale con lo Stato, nel momento in cui la Repubblica muta il suo modo di essere e diventa federale; e questa, che è stata tradizionalmente la Regione autonomista, la Regione più vicina, io dico, alla specialità, all'autodeterminazione, alla sovranità diffusa, non ha preso parte a quel dibattito. Il presidente Cappellacci è stato assente, completamente assente, e la Sardegna è rimasta esclusa dal dibattito sul federalismo. In questo percorso noi avremmo dovuto inserirci, ci abbiamo provato, anche con un ordine del giorno voto, che significava immediatamente porre all'attenzione del Parlamento la nostra proposta. Quella ricerca di riscrivere lo Statuto, anche attraverso le forme più ampie di partecipazione, persino attraverso, l'abbiamo scritto in quell'ordine del giorno, un'Assemblea elettiva con funzione costituente, magari redigente, per dare poi centralità nell'approvazione al Consiglio regionale, non ha fatto un passo avanti.

Allora, di che cosa possiamo lamentarci? Io credo che dobbiamo farci un esame di coscienza, capire se ciascuno di noi, qui, in quest'Aula, svolge il suo ruolo, a cominciare da me, secondo le risposte che i cittadini attendono, se la domanda vera, che è una domanda che io sintetizzo con due parole, è il bene comune; questa è la domanda vera, fare in modo che gli interessi generali siano rappresentati magari sulla base di progetti distinti, che trovano nel confronto, nella dialettica parlamentare e democratica, anche forme qualche volta di sintesi, se si vuole raggiungere il bene comune; ma non c'è questo, perché se noi pensiamo soltanto all'ultimo anno qui, in Consiglio regionale, presidente Lombardo, passiamo da una finanziaria vuota a un collegato altrettanto vuoto, a un disegno di legge che non so a che cosa sia servito, c'era un po' di tutto, dal personale a una legge sul golf dove mascheriamo, con i nomi, realtà molto diverse, ci sono progetti diversi. Allora, se questo Consiglio regionale non funziona, se questo Consiglio regionale non riesce a esprimere una politica che dia veramente risposte ai cittadini, con chi ce la vogliamo prendere? Io credo che ci siano responsabilità diverse, che ci siano responsabilità che attengono al Governo, che attengono alla coalizione di maggioranza, che ci siano responsabilità, ugualmente importanti, ma minori, che riguardano chi, questo Consiglio regionale e questa coalizione, non guida.

Per farla breve, io credo che non possiamo oggi ritornare in Commissione, rinviare la legge in Commissione, ma questo è un parere mio personale. Credo che sia sbagliato, se qualcuno lo farà, mascherarsi dietro voti segreti, credo che sia sbagliato e, in quel caso, se ci sarà la richiesta di voto segreto, io chiederò, per quello che conta, magari non mi ascolterà nessuno, chiederò al centrosinistra di uscire dall'Aula, per fare in modo che le responsabilità siano ben distinte e che ciascuno si assuma qualche volta la propria responsabilità fino in fondo di manifestare un voto che, comunque, riguarda un percorso che c'è stato. Il mio Gruppo ha scritto, in un documento del 9 settembre 2011, dopo aver espresso voto favorevole in Commissione: "Si valuta positivamente la proposta di legge costituzionale già approvata in Commissione autonomia, che prevede la riduzione del Consiglio regionale a 50 componenti. Si tratta ora di collegare a questa prima modifica le conseguenti misure di riforma della legge elettorale e della legge statutaria, per le quali il Gruppo del Partito Democratico conferma la sua opzione irrinunciabile per la forma di governo che prevede l'elezione diretta del Presidente e la costruzione di maggiori equilibri fra il legislativo e l'esecutivo".

Questa è la posizione del Gruppo del Partito Democratico al 9 settembre 2011, e questa io sento di rappresentare. L'ho fatto probabilmente anche con la coscienza che mi deriva più da consigliere regionale che da Capogruppo, l'ho fatto con la responsabilità che mi deriva, cercando di rispondere alle istanze di questo Consiglio regionale, alle istanze dei cittadini, cercando magari insieme, insieme a voi, di guidare la piazza e di non farci guidare, ma ricordandoci anche che noi siamo chiamati a dare risposte ai cittadini e non solo alle nostre esigenze.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.

FLORIS MARIO (Gruppo Misto), Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.Onorevoli colleghi, non credo di appartenere a nessuno dei tre sentimenti che sono stati enucleati in quest'Assemblea, teoricamente potrei appartenere al primo di questi sentimenti, ma ho cercato e cercherò di fare un ragionamento asettico. Dire, com'è stato detto da alcuni, che è "kafkiano", è poco e non è esatto, come è poco e non è esatto dire che è sconcertante questo nostro dibattito. Non è un confronto di idee e di proposte, non è neanche uno scontro tra parti politiche, di voci libere, indipendentemente dall'appartenenza e dagli schieramenti; è, come è accaduto altre volte, una sorta di soliloquio, una vetrina, non l'esercizio di un diritto di tribuna, che ogni singolo consigliere regionale legittimamente ha, certamente sul piano formale e anche sul piano regolamentare di un regolamento vecchio, obsoleto, anche per le regole che, nella società di oggi, disciplinano l'utilizzo proficuo del tempo, nell'economia come nella politica, come nelle attività della pubblica amministrazione. Abbiamo detto spesso, e lo ripetiamo ancora oggi, che questa non è una società dai lenti mutamenti, ma è una società dai mutamenti rapidi, che ha bisogno, quindi, di tempi rapidi, perché tutto si evolve in tempi rapidissimi, per non perdere il treno del progresso e della modernità, in tutti i campi, quelli materiali e quelli immateriali.

Nella politica e nella pubblica amministrazione si parla da troppo tempo di riforme; riforme della rappresentanza, della composizione degli organismi assembleari, degli organi di governo, della Giunta regionale, del Consiglio regionale, e si preconizzano tempi europei: due minuti massimo, se non un minuto. Qui, invece, parliamo tutti per venti minuti; certo, si dirà, lo consente il Regolamento, ma questi sono i tempi biblici della politica. La prima e più urgente riforma, a mio giudizio, è proprio questa, perché anche il tempo è denaro, ovvero la misura che valuta l'adeguatezza, l'efficienza, l'efficacia, la produttività, l'economicità della politica, che è tale nella sua irrinunciabile funzione se interviene in tempi e in modi congrui. Non è solo necessaria, perciò, una disciplina e una coesistenza diversa delle rappresentanze politiche delle assemblee elettive e degli organi di governo, della loro selezione, ma è altrettanto urgente e indifferibile, anzi, per me sarebbe dovuta essere la prima riforma, una nuova disciplina e una diversa organizzazione dell'attività complessiva del Consiglio regionale e dell'Assemblea legislativa.

Colleghi, il provvedimento che oggi è al nostro esame potrebbe rappresentare la pietra "prima" della costruzione di quel cammino di riforme che tutte le forze politiche hanno posto come obiettivo in questa legislatura. Significativamente, proprio un anno fa, di questi giorni, avevamo avviato insieme un percorso che ha portato, dopo un positivo confronto, a quell'ordine del giorno unitario, sul quale dovrebbe basarsi la stagione delle riforme. Avremmo potuto iniziare il percorso da un altro versante, forse più razionale, organico, tenuto conto delle esigenze prioritarie e dell'organizzazione complessiva della Regione, della Regione-ordinamento, della Regione-Governo, della Regione-soggetto di programmazione e di indirizzo, era una scelta nella nostra responsabilità quella di dare un indirizzo diverso all'adeguamento istituzionale giuridico e politico della Regione e all'ammodernamento della pubblica amministrazione regionale e locale. La conversione in legge del recentissimo decreto numero 138 e le misure urgenti da esso previste per la stabilizzazione finanziaria dello Stato, in particolare la riduzione dei costi degli apparati istituzionali, hanno imposto una diversa agenda e un diverso percorso.

Affrontiamo perciò per primo questo tema, quello della riduzione dei costi degli apparati istituzionali regionali, attraverso la proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali, licenziata dalla prima Commissione. Tema non nuovo, in verità, per questa Assemblea, tema non nuovo per la politica sarda. Altre volte, infatti, in tempi non sospetti, indipendentemente dalla "piazza", e meno drammatici per le finanze pubbliche, avevamo affrontato le questioni della razionalizzazione delle istituzioni a livello nazionale, regionale, locale, del parlamento dei piccoli comuni, passando anche per la Regione. Dicevamo allora e diciamo anche oggi che occorre una più razionale distribuzione del potere e delle risorse pubbliche, una migliore e più efficiente organizzazione del lavoro legislativo e amministrativo, una maggiore produttività, più ricadute positive nei confronti del cittadino, della società e dell'economia, in poche parole, minori sprechi, più equità, più crescita, più sviluppo, più modernità, più progresso.

Si afferma spesso in maniera semplicistica che la Sardegna arriva in ritardo all'appuntamento delle riforme e questo ritardo viene addebitato alle forze politiche. Un ragionamento che potrebbe essere condiviso se dovessimo guardare unicamente al risultato, non lo è certamente sul piano dell'impegno politico per quanto riguarda l'elaborazione e le proposte, portate anche al confronto e al dibattito culturale e istituzionale, che hanno trovato, sul cammino, limiti e freni anche nei poteri dello Stato, che hanno condizionato le nostre volontà e le nostre scelte. Intendo riferirmi, in particolare, ai principi costituzionali e alle procedure di riforma della Carta costituzionale, del nostro Statuto e degli organi statutari che, nel rapporto Assemblea regionale, Governo, Parlamento, di fatto bloccano, come hanno bloccato, ogni progetto di riforma, di adeguamento e di modernizzazione degli strumenti di autogoverno dei sardi.

A queste remore si aggiunge la debolezza purtroppo del peso specifico politico dei Partiti nazionali e nelle istituzioni dello Stato, mentre gli aneliti e i progetti di autonomia compiuta e nazionalitaria, cari al popolo sardo, si infrangono nei particolarismi facendoci perdere i valori e la forza di un popolo che potrebbe combattere e camminare unito verso traguardi di progresso e di sviluppo. A questa debolezza, si aggiunge il fattore tempo, la sintonia dei tempi delle riforme, specie quelle di rango costituzionale, con i tempi della legislatura nazionale e regionale, fattore e sintonia che non riusciamo a cogliere e che condizionano, pregiudicandolo, il percorso delle riforme come è accaduto per le iniziative passate. Ancora oggi, mentre noi discutiamo e ci apprestiamo ad approvare questa prima legge di riforma del sistema autonomistico, aleggiano queste sensazioni e avvertiamo questi limiti e questi freni; limiti e freni che dobbiamo rimuovere cercando di entrare in sintonia con il Governo e con il Parlamento nazionale affinché la volontà di cambiamento e di riforma, che manifestiamo, si coniughi con i tempi tecnici e procedimentali voluti della Carta costituzionale.

Paradossalmente anche la riconosciuta esigenza di salvaguardia delle prerogative delle autonomie speciali, emersa nel recente dibattito in Parlamento sul disegno di legge numero 138, potrebbe venire incontro alla nostra iniziativa. Le riforme, lo dico ai colleghi, nascono con lo Statuto. Nello Statuto è il germe e il fermento di tutte le riforme necessarie e ormai indifferibili. Le riforme istituzionali, quelle fondamentali, nascono storicamente con la nostra autonomia; nasce con il nostro Statuto la necessità di modificarlo e di adeguarlo alle esigenze di uno strumento di autentica potestà di autogoverno che non derivava e non deriva da alcuna gentile concessione dello Stato, ma da un diritto naturale del popolo sardo. Noi siamo chiamati oggi a declinare e a coniugare questi irrinunciabili assunti volendo dare un valore significativo a questo nostro dibattito, il valore cioè di una volontà reale e concreta di avviare una stagione storica di riforme, quelle riforme che vengono attese da tanti.

La nostra autonoma scelta, nella concezione del significato numerico e politico, che potremmo chiamare la via sarda al contenimento dei costi della politica e delle istituzioni, non si scosta dall'obiettivo che il Parlamento ha posto per la razionalizzazione della spesa pubblica, anzi concorre al suo conseguimento complessivo nel contempo riaffermando il principio di leale collaborazione che la Sardegna ha sempre avuto presente nei confronti dello Stato nazionale.

Non è la prima volta, questo ci tengo a sottolinearlo, che in quest'Assemblea affrontiamo questi temi. Non è la prima volta che la classe politica dirigente sarda pone, al centro del dibattito e del confronto, il tema della riorganizzazione e dell'ammodernamento complessivo dell'apparato pubblico, dalle assemblee agli organi di governo della Regione, delle province e dei comuni. Il Consiglio regionale della Sardegna è stato anzi antesignano di queste battaglie, ha anticipato lo Stato, il Parlamento italiano. La Sardegna ha per prima affrontato, per esempio, il riordino degli enti locali territoriali, ha introdotto il vincolo dell'unione dei comuni per i servizi ai cittadini più efficienti, più efficaci e più economici, e qui ci siamo fermati.

Come ci siamo fermati nel 1977, quando venne sottoscritta la storica intesa autonomistica fra tutti i partiti dell'arco costituzionale che sanciva l'impegno di avviare una nuova stagione dell'autonomismo regionale, così come ci fermammo nel 1995, all'undicesima legislatura, con la Commissione speciale, istituita e presieduta dal compianto Salvatore Bonesu, che ha fatto un buon lavoro, la cui risoluzione finale sulla riforma federalista dello Stato, approvata dalla Commissione nel luglio 1996, è decaduta per fine legislatura; così come fummo costretti a fermarci nel lontano 1993 quando un provvedimento analogo a quello che oggi abbiamo in esame, approvato in Consiglio regionale, udite, udite, è decaduto per fine legislatura nazionale! Anche allora, consentitemelo, ricordo con una certa emozione quei momenti, in quanto ebbi l'onore e l'onere di presiedere quel dibattito e quel confronto politico, anche allora erano in campo diverse proposte di modifica dell'articolo 16 dello Statuto per la riduzione, che venne approvata, del numero dei consiglieri da 80 a 60. Non se ne fece nulla anche quella volta per fine legislatura e oggi scontiamo un altro handicap: non abbiamo più una nostra legge elettorale, stiamo mutuando la legge generale per le Regioni ordinarie, ciò impedisce ogni altra conseguente necessaria riforma, dobbiamo prenderne atto e assumere l'impegno di porvi rimedio.

Pensavo e credo che questo provvedimento fosse un provvedimento condiviso. E' in atto, non possiamo sottacerlo certamente, se si ritiene per piazza questo, un'aggressione alle istituzioni e alle rappresentanze politiche che non è ragionevole e tanto meno condivisibile; credo che questo sia un provvedimento che noi dobbiamo portare avanti, però lo dobbiamo portare avanti, colleghi del Consiglio, con dati di fatto, suffragando le nostre scelte sul numero dei consiglieri regionali e motivando perché la Giunta regionale ha approvato un disegno di legge con 60 consiglieri regionali e non per 50, non per 40 e non per 30, facendo le proiezioni, verificando che cosa avviene in Sardegna.

Ho sentito tante discussioni, tanti colleghi parlavano dei loro piccoli territori e dicevano: "Se si riduce a 60 il numero dei consiglieri, noi perdiamo i seggi", ma non è vero nulla! Qui ci sono tutti i dati, con tutte le proiezioni e vediamo che quello non succede assolutamente; per esempio, se con 60 consiglieri dovesse essere eliminato il listino, non succede assolutamente nulla per nessuno, perché l'Ogliastra continuerà ad avere due suoi rappresentanti, perché Oristano avrà i suoi sei rappresentanti, perché tutti gli altri avranno i propri rappresentanti.

Allora, cerchiamo di ragionare e di ragionare con cognizione di causa e con dati alla mano che credo siano necessari per portare avanti un ragionamento valido. Se ci sono preoccupazioni emerse durante il dibattito, ma preoccupazioni vere, suffragate da dati inconfutabili, che sono state manifestate da molte parti politiche, si vedano pure. In particolare, io non credo che vi sia l'esigenza, posto che il Senato sta portando avanti la riduzione dei parlamentari e non pone altri problemi se non la riduzione dei parlamentari, e con la riduzione dei parlamentari dice che le leggi elettorali verranno adattate ai nuovi tagli attraverso un meccanismo di riduzione automatica del numero dei parlamentari, quindi, la legge potrebbe anche andare così com'è, ma se ci sono queste preoccupazioni, in particolare di chiarire, ancorché non si tratti di elementi caratterizzanti il livello costituzionale quale la salvaguardia delle rappresentanze territoriali e politiche, in modo che siano una garanzia sin d'ora per le altre conseguenti iniziative legislative che in tema elettorale e forma di governo dovremo affrontare con urgenza e immediatezza, queste cose possono anche essere fatte. Tutto ciò senza interrompere ovviamente il cammino della riforma, ma tenendo presente che cosa rappresenterà il numero dei consiglieri regionali anche in rapporto a quelle leggi di riforma che dovremo affrontare subito dopo.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Chiedo una breve sospensione.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 12 e 16, viene ripresa alle ore 12 e 26.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.

Dichiaro chiusa la discussione generale.

Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Presidente, una brevissima dichiarazione di voto per dire che il Gruppo Italia dei Valori voterà a favore del passaggio all'esame degli articoli e che auspica che la discussione lunga e approfondita che c'è stata su questo tema possa trovare uno sbocco positivo con l'approvazione della legge stessa.

Approfitto di questa brevissima dichiarazione per dire che difendiamo l'autonomia della proposta. La proposta non è fatta né per difenderci da una piazza che, ripeto, noi non consideriamo ostile, anzi consideriamo spesso determinante per le ragioni della democrazia e uno stimolo importante e necessario alle decisioni di chi è deputato temporaneamente a prendere le decisioni politiche, quindi non abbiamo assolutamente paura della piazza e non abbiamo paura di difendere le nostre prerogative quando queste prerogative sono fondate sul buon senso e sull'equilibrio.

Il secondo elemento che vorremmo indicare è che non abbiamo neanche paura degli attacchi all'autonomia che vengono dall'esterno. Questa proposta non l'abbiamo fatta perché il ministro Calderoli si è inventato il numero di 30 consiglieri regionali da assegnare alla Sardegna. La proposta non l'abbiamo fatta per questo! Se Calderoli fosse stato zitto, e noi auspichiamo che lo faccia sempre più spesso, noi avremmo fatto ugualmente questa proposta, perché la proposta della riduzione dei consiglieri regionali è iscritta da anni nell'agenda della politica sarda, è iscritta da anni, come autorevolmente ha ricordato anche l'assessore Floris nella sua replica.

Per cui, i tempi sono maturi, abbiamo ricordato che al Senato si sta procedendo a tappe forzate per un'altra riforma, auspicata da anni, del nostro ordinamento istituzionale, cioè la riduzione dei parlamentari, del numero dei deputati, dei senatori, la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni, anche questa è una delle richieste che sono state fatte da tutte le forze politiche in Sardegna, anche al Parlamento stanno andando avanti. Non è possibile che la Sardegna possa rimanere ulteriormente...

PRESIDENTE. Onorevole Salis, il tempo a sua disposizione è terminato.

Colleghi, c'è troppo fermento in Aula!

Ha domandato di parlare il consigliere Campus per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Presidente, per stare nell'ambito dei minuti che mi sono concessi, sottoscrivo tutto quello che ha detto il consigliere Salis, anche il passaggio sul ministro Calderoli. E dico perché comunque voterò per il passaggio all'esame degli articoli e a favore di questa legge: questa discussione, devo dire, forse per la prima volta, è stata una discussione aperta, ampia e non drogata da posizioni di parte. E' il motivo per cui io esprimerò il mio voto, perché nella discussione non mi hanno convinto né le obiezioni legate ai consiglieri a metro quadro, né le obiezioni legate alla specialità che si deve estrinsecare solo con un numero esorbitante di consiglieri, né le obiezioni sulla tempistica, "prima facciamo una legge elettorale e poi stabiliamo quante persone devono essere elette". Io credo che la logica ci porti tutti a capire che prima dobbiamo sapere quanti ne possiamo eleggere per calibrare una legge elettorale che sia davvero adeguata a tutto quello che noi vogliamo avere come composizione, rappresentatività, diritto di tribuna e quant'altro.

Ma soprattutto voto perché, come ho detto prima, ritengo che questo sia un dibattito libero, non accetto imposizioni, né di Gruppo né di Partito perché questo non è un patto con gli elettori, non è un patto di maggioranza, questa è una responsabilità che ognuno di noi deve sentire con se stesso e nei confronti del popolo sardo. E' questo il motivo per cui, senza alcuna polemica, né all'interno del mio Gruppo, né all'interno della maggioranza, io sceglierò in coscienza, così come ho fatto in Commissione, di sostenere la riduzione del numero dei consiglieri regionali e di sostenere anche "quel" numero, perché lo ritengo razionale e proporzionato alla rappresentanza che questo Consiglio deve avere nei confronti di tutta l'Isola.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Io dichiaro il voto favorevole per il passaggio all'esame degli articoli, mio, del collega Sechi e del collega Cugusi, lo facciamo perché, insieme ad altri colleghi, già a inizio legislatura, addirittura nella precedente, nel 2007, abbiamo affrontato questo argomento. Questo è un argomento chiaramente più complesso di una disposizione, come dire, aritmetica, è un argomento di alto valore politico e quindi ho accompagnato la mia partecipazione a questo dibattito, a questa discussione, anche con la presentazione di alcuni emendamenti; emendamenti che hanno l'obiettivo di dettare alcuni principi sulla legge elettorale che ormai è diventata assolutamente urgente e che, secondo me, deve prevedere la cancellazione del listino (e quindi via la cultura dei nominati, i consiglieri regionali e i parlamentari siano sempre eletti), la parità di genere nelle liste e nelle modalità di voto, la rappresentanza territoriale, perché la nostra è una regione assai estesa, e il ridimensionamento, a una misura sufficiente, del premio di maggioranza per consentire alle minoranze di essere presenti in questo Consiglio regionale, anche alle minoranze che rappresentano sensibilità politiche di cultura sardista e indipendentista che invece hanno difficoltà di accesso in alcuni casi in quest'Aula.

Ho presentato anche altri emendamenti, uno in particolare tende a indicare una strada diversa per la modifica dello Statuto rispetto all'articolo 54, cioè la costituzione di una assemblea elettiva con funzioni costituenti perché la riforma ha bisogno di una partecipazione di popolo e di una partecipazione di popolo liberamente scelto dallo stesso popolo.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ladu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

LADU (P.d.L.). Signor Presidente, Assessore e colleghi, anch'io voterò "sì" al passaggio all'esame degli articoli di questa legge, anche se devo dire che la cosa più logica sarebbe stata quella di fare un discorso contestuale fra questa proposta di legge e la legge elettorale sarda. Considerato che i tempi non mi pare che siano vicinissimi, credo che noi non possiamo permetterci di continuare a perdere tempo in quest'aula, quando probabilmente anche altri potrebbero decidere al posto nostro.

Quindi potrebbe succedere che noi ci troviamo effettivamente una proposta, come è successo altre volte, perché non è la prima volta che succede, che fanno altri al posto del Consiglio regionale sardo che non è capace di farlo. Pertanto, io credo che sia opportuno che questo Consiglio regionale si esprima; sinceramente non capisco perché prima il Consiglio regionale, tramite la Commissione, decide all'unanimità una cosa, poi, anche con la Conferenza dei Presidenti di Gruppo, fa altrettanto e decide sul numero dei consiglieri che era stato individuato in "50" come numero equo. Io lo ritengo un numero giusto perché credo che, togliendo il listino che ritengo una cosa non giusta, 50 consiglieri eletti, spalmati bene nel territorio, possano essere sufficienti, credo che la legge non possa assolutamente tornare in Commissione ma possa andare avanti perché ritengo che sia un numero giusto e un numero equo.

Anch'io a differenza del Gruppo, esprimo un voto in assoluta libertà, però credo che su queste cose bisogna avere anche il coraggio di assumere delle determinazioni in base alla propria coscienza.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare la consigliera Zuncheddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Presidente, annuncio il mio voto decisamente contrario a tutta questa legge, fra l'altro lamento il fatto che non mi sia pervenuta a tutt'oggi una spiegazione sul perché la mia proposta di legge sui costi della politica non sia stata presa in considerazione dalla Commissione. Lo considero un atto antidemocratico gravissimo e attesta chiaramente una crisi della democrazia all'interno delle istituzioni.

In ogni caso, su questa proposta di legge, che confonde i tagli dei costi della politica con la riduzione numerica dei consiglieri, quindi i tagli alla democrazia, non posso essere d'accordo; è da bocciare integralmente perché in totale contrapposizione alla stessa storia della nazione sarda. Essa viola il diritto di tutela e di rappresentanza a tutte le minoranze politiche presenti nel territorio, questa è una caratteristica della Sardegna. Questa proposta bipartisan è il tentativo maldestro di eliminare le rappresentanze scomode, mi riferisco proprio a quelle delle minoranze, per creare una ristretta supercasta, perché di questo si tratta, una ristretta élite di onorevoli su cui accentrare ulteriormente il potere decisionale e politico in ossequio allo Stato italiano. Questa proposta non tiene neppure conto… sospendiamo, Presidente!

PRESIDENTE. Colleghi, prendete posto! Grazie.

ZUNCHEDDU (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Questa proposta non tiene conto neppure delle forti sollecitazioni popolari, come le migliaia di firme raccolte in Sardegna negli anni scorsi a supporto della richiesta di abbattimento dei privilegi della casta politica, ovviamente mai prese in considerazione, oggi stesso c'è stato quasi un atteggiamento di disprezzo tutte le volte che è stata menzionata la piazza, cosa gravissima e rilevante. Di fatto, dietro la vostra proposta, si nasconde un feroce attacco alla democrazia e al sistema proporzionale sposando in concreto il bipolarismo della peggior politica italiana e delegittimando con questo lo spirito dello Statuto del '48.

Quindi il testo unificato è da respingere perché non risponde assolutamente alle richieste e ai bisogni dei sardi. E' bipolarista, è italianista e nega la diversità e la ricchezza della nostra storia politica; è bipolarista e ovviamente sarà teso verso il bipartitismo perfetto, cosa che ho già denunciato in quest'Aula.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Io e il mio Gruppo, veramente non mi sono consultato con Capelli, voteremo a favore del passaggio all'esame degli articoli benché abbia manifestato in più occasioni come questo provvedimento avrebbe avuto necessità di un approfondimento in Commissione.

Io ho condiviso degli spunti di alcuni interventi, anche quello ultimo della Giunta, se non fosse per un passaggio metaforico utilizzato dall'assessore Floris che diceva che questa riforma, dopo quattro legislature di tentate riforme dello Statuto, potrebbe essere la prima pietra su questo percorso che si costruisce.

Ecco io credo che questa sia la pietra tombale dell'ennesima legislatura nella quale non si arriverà a riscrivere un nuovo patto con lo Stato. Perché? Credo di averlo motivato in precedenti interventi. Perché ciò che vuole il Governo oggi è la riduzione del nostro Consiglio regionale e degli altri Consigli regionali. Noi gli forniremo su un piatto d'argento l'opportunità di discutere solo questo, di fare proposte che sono solo autoreferenziali; ai sardi realmente interessa come verrà composta la legge elettorale o interessa che venga anche affrontata qualcuna delle priorità, per esempio la continuità territoriale, per esempio il patto di stabilità? Che vengano costituzionalizzati per impedire che la vertenza entrate, l'articolo 8 venga vanificato con una legge ordinaria? Il patto di stabilità ci dice che non possiamo spendere più di 3 miliardi, che senso ha che ve ne dia 6?

Ecco, allora io voterò a favore, il mio Gruppo voterà a favore del passaggio all'esame degli articoli perché spera soltanto che, attraverso questo strumento, si riesca a porre almeno due o tre elementi (patto di stabilità, non riscossione delle entrate, modifiche pattizie dello Statuto e continuità territoriale) come argomenti insieme alla riduzione dei consiglieri, altrimenti non avremo fatto un buon servizio per i sardi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Il Gruppo del P.D. voterà a favore del passaggio all'esame degli articoli.

Noi riteniamo che questo sia un passaggio al quale dobbiamo necessariamente collegare la legge elettorale alla legge statutaria, la forma di governo e la legge elettorale che deve rappresentare necessariamente tutti i territori dell'isola. Noi confermiamo l'esigenza di adeguare rapidamente l'impianto istituzionale della nostra Regione a prescindere da orientamenti di parte e in continuità con quello che abbiamo fatto nella scorsa legislatura. E lo dobbiamo fare anche in ragione delle mutate condizioni economiche e sociali della nostra Isola. E allora il percorso di riforma al quale siamo chiamati, che tiene conto anche della riduzione di enti, di agenzie dell'apparato burocratico della Regione, che tiene conto di un progetto di riforma avviato dal centrosinistra nella scorsa legislatura e che tiene conto, in ultima analisi, anche di un'esigenza di modifica del testo unico degli enti locali, non può che partire da noi, dalla Regione, non può che partire dalla legge statutaria, dalla legge elettorale e dalla legge di organizzazione. Questo era il mandato che, un anno fa, questo Consiglio regionale ha dato alla Commissione autonomia e credo che, a partire da questa legge, che non abbiamo trovato per caso ma che ha seguito un iter ben preciso, possiamo dar vita a una stagione costituente.

Siamo tutti chiamati alla prova in una sfida reciproca che ci lanciamo nell'interesse generale, nell'interesse di quelle politiche di sviluppo che partono proprio dal progetto di riforma che noi vogliamo inaugurare.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ben Amara per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Presidente, si può anche passare alla discussione degli articoli, però io dico che per una volta sono d'accordo, in sintonia, col discorso che ha fatto il collega Diana e mi rivolgo al collega Salis dicendo che, prima di edificare una moschea, caro Salis, non è che porti i tappeti e poi non costruisci la moschea; so che sai, caro Salis, che il posto più oscuro di solito è sotto l'abat-jour, la riduzione di consiglieri concepita ad hoc per cancellare le minoranze è un'arma che mira a deterritorializzare la Sardegna e le sue diverse ricchezze, territorializza invece il bipolarismo e la tecnocrazia dei managers e delle varie lobbies.

La narrazione e l'amore per la narrazione, e lei è esperto, è un'arte del limite, un limite che ci conduce a un doppio gioco perché fa il contrario di ciò che dice.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, già nel mio intervento in discussione generale, io ho sostenuto il fatto e la necessità di procedere all'approvazione del numero dei consiglieri regionali. Vi ho detto che se fossi stato messo di fronte alla scelta di votare questa legge, così come è uscita dalla Commissione, sicuramente avrei votato a favore; se questa è l'unica via, voterò a favore della legge, pur non condividendo in assoluto il metodo.

Credo che tenere in piedi la legge elettorale attuale possa determinare sicuramente un aumento del numero dei consiglieri regionali. Ricordiamoci che nella passata legislatura eravamo "85" a seguito di quella legge elettorale che è in vigore, perciò non è detto che saranno "50".

Mi sono permesso di presentare degli emendamenti che fanno dei richiami alla legge elettorale perché, quando si fa una riforma, bisogna sicuramente ascoltare la voce del popolo, dei concittadini, dei conterranei, di tutti quelli che vogliono esprimere la loro opinione, ma bisogna anche assumersi la responsabilità di determinare il percorso per un cambiamento opportuno.

Questo, secondo me, è soltanto una pezza a un quadro bistrattato, la politica non recupera dignità con questa legge. I cittadini sardi, come tutti i cittadini italiani, probabilmente non avrebbero neanche sostenuto azioni come queste se la politica fosse stata all'altezza del proprio ruolo. E' questo il problema fondamentale, non credo che, agendo in questo modo, si possano dare risposte a questo problema, cioè alla formazione di una buona classe dirigente, che passa anche per il metodo di scelta della classe dirigente e in questo caso dei rappresentanti politici.

Questo non è il metodo, ma se questa è l'unica via, è chiaro, sono d'accordo. Perciò, riduciamo il numero dei consiglieri regionali, poi vedremo, nel corso dell'esame degli emendamenti, a quale numero e in quale modo ci potremo arrivare.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del passaggio all'esame degli articoli.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu.

Rispondono no i consiglieri: Ben Amara - Zuncheddu.

Si è astenuta: la Presidente Lombardo.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 72

votanti 71

astenuti 1

maggioranza 36

favorevoli 69

contrari 2

(Il Consiglio approva).

Alle ore 15 e 30 è convocata la prima Commissione. Il Consiglio è riconvocato alle ore 17 di questo pomeriggio.

La seduta è tolta alle ore 12 e 50.



Allegati seduta

CCLV SEDUTA

(ANTIMERIDIANA)

Giovedì 29 settembre 2011

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10.

MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 15 settembre 2011 (248), che è approvato.

Annunzio di presentazione di disegno di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:

"Bollettino ufficiale digitale della Regione autonoma della Sardegna". (312)

(Pervenuto il 28 settembre 2011 e assegnato alla prima Commissione.)

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Sabatini - Cuccu - Lotto - Solinas Antonio - Cocco Pietro: "Disposizioni per la valorizzazione, promozione e commercio della carne di suino di razza sarda e dei suoi derivati". (311)

(Pervenuta il 28 settembre 2011 e assegnata alla quinta Commissione.)

Considerate le numerose assenze in Aula, compresa quella della Giunta, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 02, viene ripresa alle ore 10 e 21.)

Continuazione della discussione generale e votazione del passaggio all'esame degli articoli del testo unificato "Modifica dell'articolo 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) concernente la composizione del Consiglio regionale" (N. 1-7/NAZ/A) delle proposte di legge Uras - Sechi - Porcu: "Modifica dell'articolo 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), concernente la composizione del Consiglio regionale" (1/NAZ) e Vargiu - Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula: "Modifica dell'articolo 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la

Sardegna) (N. 7/NAZ)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale del testo unificato numero 1-7/NAZ/A.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, riprendiamo una discussione sicuramente di grande interesse. Noi pensiamo che la decisione assunta nella prima Commissione consiliare sia una decisione importante perché dalla soluzione che verrà dall'approvazione di questa legge per la riduzione dei consiglieri regionali, a parere mio e del mio Gruppo, dipende la possibilità che questa legislatura possa essere… Pregherei di non disturbare il Presidente della prima Commissione, perché è in discussione uno dei pochi prodotti che questa Commissione è riuscita a far maturare. Quindi…

Signora Presidente, i giornali della settimana scorsa, il giorno mercoledì 21 settembre, titolavano: "Consiglio, gelo sui tagli". "Costi della politica, il Consiglio frena". "Tagli ai consiglieri, l'Aula adesso frena". "Una riforma senza padri". Presidente, io confesso di essere uno dei padri della proposta, senza alcuna preoccupazione, lo dico perché si sappia che io sono uno dei padri della proposta, ma non sono il solo. Sulla proposta della riduzione a 50 consiglieri, è meglio fare chiarezza, perché altrimenti non si capisce la distanza enorme di comportamenti tra la discussione in prima Commissione e la discussione già avvenuta in questa Aula la settimana scorsa, la distanza pressoché incolmabile tra il pronunciamento, quasi nella totalità dei consensi, della prima Commissione e i distinguo che poi sono intervenuti in Aula.

La proposta della riduzione del numero dei consiglieri a "50" è stata ampiamente motivata in Commissione, discussa e approfondita. Non è stata una decisione assunta, come è stato detto, sulla pressione della piazza, parliamoci chiaro. Io ho qui con me una proposta del 1993, approvata all'unanimità dal Consiglio regionale, proposta che giace in Parlamento e che il Consiglio regionale della Sardegna aveva già assunto per ridurre (ripeto, nel 1993) il numero dei consiglieri regionali a 60. Anche allora c'era la piazza? Evitiamo di creare distorsioni alla discussione o di crearci degli alibi.

Io sono convinto, signora Presidente, cari colleghi, che il numero di 50 consiglieri sia, nella situazione data, a oggi, una soluzione numericamente e politicamente assolutamente adeguata alle condizioni politiche, storiche, geografiche e morfologiche della Sardegna, per riuscire a garantire tutte le questioni che sono state sollevate anche correttamente in quest'Aula: la rappresentanza territoriale, la rappresentanza delle forze politiche, la rappresentanza complessiva dei pensieri, delle attività e dei programmi delle varie forze politiche presenti in Sardegna.

Badate, nessuno può assolutamente confutare questo elemento. Se ripercorriamo la storia dell'autonomia sarda, e soprattutto anche la storia delle altre regioni a Statuto speciale, oltre alle altre regioni a Statuto ordinario, vediamo che il numero dei consiglieri regionali della Sardegna, non possiamo non dirlo, è assolutamente abnorme rispetto, non a altre nazioni che sono a noi esterne e che hanno una loro specifica attribuzione istituzionale, ma rispetto alle regioni italiane a cui io faccio riferimento. Signora Presidente, a fine giugno, ho partecipato a un convegno, a Venezia, organizzato dal Gruppo regionale veneto dell'Italia dei Valori, su statuti, norme statutarie, riordino istituzionale e quant'altro. Mi sono trovato in seria difficoltà di fronte alle battute degli altri colleghi del mio Partito, che non potevano non rilevare - ho qui la tabellina, è stata già letta dal collega Campus e da altri colleghi - la sperequazione tra i numeri presenti nel Consiglio regionale della Sardegna e la media degli altri Consigli regionali italiani.

Dobbiamo fare riferimento (a fronte di anni di convegnistica e di nostri interventi, di tutti i consiglieri regionali di questo Consiglio sicuramente) alla necessità di ridurre i costi della politica, di ridurre il peso delle istituzioni, di tentare di dare un senso alle richieste che vengono dal nostro popolo, non da una piazza genericamente intesa e vista in termini ostili. E' il sentimento del nostro popolo che ci chiede questo e noi abbiamo il dovere di ascoltare. Se non lo facessimo, se non ascoltassimo questi elementi e queste indicazioni che ci vengono dal nostro popolo, non faremmo il nostro dovere.

Ecco perché io difendo questa scelta, cari colleghi, la difendo, perché abbiamo anche detto in Commissione (presidente Pittalis, testimonio questa sua affermazione nella introduzione alla discussione della legge) a chiare lettere, e ci siamo impegnati in tal senso, visto che c'era la quasi unanimità di consensi su questa proposta, che questo sarebbe stato il primo passo per poi accelerare, e così avverrà, badate bene. Se stiamo riparlando di riforma elettorale con urgenza, è perché c'è stata questa accelerazione sul numero dei consiglieri regionali, che era l'elemento indicato forse come unico o come uno dei pochi punti comuni a tutte le forze politiche. Ci siamo impegnati immediatamente, abbiamo già aperto peraltro in prima Commissione la sessione relativa alla legge elettorale, e che cosa abbiamo detto? Presidente Pittalis, mi rivolgo a lei per la generalità dei componenti della Commissione o anche del Consiglio, che cosa abbiamo detto? Abbiamo parlato dei punti che è necessario indicare nella legge elettorale!

Primo, la rappresentatività geografica e politica delle principali correnti e opinioni di pensiero presenti nelle istituzioni sarde e nella politica sarda; secondo, una rappresentatività dei territori più deboli; terzo, una rappresentanza di genere, che deve essere garantita, io considero questa legge elettorale addirittura incostituzionale per questa debolezza nei confronti di un principio che è l'eguaglianza di genere, che deve essere garantita, ci siamo impegnati a farlo. Bene, in Consiglio lo possiamo fare anche oggi. Mi rivolgo a tutte le forze politiche presenti in Consiglio, anche oggi possiamo tentare di trasformare questo accordo di carattere politico in emendamenti che tengano conto di questi principi e di questo accordo che è stato raggiunto in Aula, però facciamo qualcosa. Mi hanno sorpreso oggi, nel leggere la rassegna stampa, le motivazioni con cui gli imprenditori edili, gli industriali dell'edilizia, hanno contestato ieri il ministro Matteoli. Il Presidente dell'ANCE, l'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, ha detto che gli imprenditori edili contestano Matteoli perché sono stanchi di sentire solo parole. Questo vale anche per quel che riguarda le riforme. In Sardegna, i sardi sono stanchi di sentire solo parole sulla necessità di fare le riforme.

Poi si torna sempre indietro, un po' come sul FITQ, perché poi i nostri comportamenti, le nostre debolezze e i nostri tentennamenti si riverberano su altre questioni. Come possiamo pensare noi di guidare un processo di riforma che punta a modernizzare la Sardegna, e quindi a modernizzare la Regione, gli enti locali, la struttura istituzionale complessiva della Sardegna, se non cominciamo da qua? Come possiamo pensare di chiedere ai dipendenti regionali di rinunciare a una parte dei privilegi, li chiamo così, che pure hanno, tipo il FITQ? Assessore Floris, io ho già detto sul FITQ quando abbiamo discusso della legge, in prima Commissione, voterò oggi e dirò che non siamo d'accordo con sospensioni sine die del processo di riforma approvato in Consiglio regionale; non siamo assolutamente d'accordo, con questo stop and go su ogni cosa che decidiamo, perché magari ci sono i sindacati che protestano.

Io avevo un trattamento previdenziale straordinario, come telefonico, insieme ai piloti, all'Enel, eccetera, ebbene dal 1994 non lo abbiamo più, ci abbiamo rinunciato, perché la riforma delle pensioni ha detto: "Trattamenti uguali per tutti", e così deve essere. Se non diamo l'esempio, se non recuperiamo autorevolezza, andando a vedere le nostre debolezze e i nostri privilegi, il numero dei consiglieri, gli emolumenti, i benefit, eccetera, non avremo l'autorevolezza per poter chiedere ad altri di fare sacrifici. Se non recuperiamo questa autorevolezza, è inutile che stiamo a parlare nei convegni, nelle riunioni e negli interventi, spesso eccessivamente lunghi, che noi facciamo di riforma, faremo la fine che abbiamo fatto con la legge elettorale regionale, cioè già da due legislature noi votiamo con una legge imposta dal Parlamento nazionale, perché il Parlamento dei Sardi non è stato ancora capace di votare una legge voluta da noi!

Ma è possibile, le chiedo, signora Presidente, che l'autonomia della Sardegna debba essere sempre caratterizzata dall'incremento di tutto? Siamo più numerosi in tutto: il numero dei consiglieri regionali, gli stipendi dei regionali, gli enti regionali, le ASL, prima le comunità montane, i consorzi agrari, i consorzi industriali, abbiamo tutto in misura maggiore rispetto alla media delle altre regioni! E' possibile che debba essere questa l'autonomia che noi rivendichiamo, o è necessario un comportamento più virtuoso, che deve informare i nostri comportamenti?

Porto un esempio sulla rappresentatività. Nel 2001, il mio Partito si presentò da solo alle elezioni politiche, c'era la soglia del 4 per cento, arrivammo al 3,98 per cento e quindi non riuscimmo ad arrivare in Parlamento. Non abbiamo chiesto di abbassare la soglia, perché la soglia del 4 per cento ci sembra assolutamente naturale, plausibile, equilibrata, abbiamo pensato che fosse meglio, invece che presentarci da soli, cominciare a recuperare uno spirito di coalizione e, invece che presentarci da soli, aggregarci, favorire le aggregazioni. Nel 2006, l'Italia dei Valori è entrata in Parlamento con questa valutazione, elaborazione e questo passo in avanti rispetto all'impossibilità, per il sistema politico, di garantire tutto e tutti, la rappresentanza di tutto e di tutti, non è assolutamente possibile!

Allora, per concludere, signora Presidente, io ribadisco il concetto: noi siamo convinti che 50 consiglieri siano assolutamente un numero adeguato a rispondere alle esigenze di cui ho parlato prima; garantiamo la nostra disponibilità, ci siamo già impegnati e la confermiamo in Aula.…

(Brusio in Aula)

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Salis, ma non mi sembra che si possa continuare così.

SALIS (I.d.V.). Non importa, Presidente. Alcuni sono sempre distratti, non sarebbero neanche in grado di capire quello che sto dicendo, probabilmente.

PRESIDENTE. No, onorevole Salis, è una questione di rispetto nei confronti di chi parla! Questo brusio può capitare in certi momenti, ma non può essere la costante, onorevole Salis, come invece sta ormai diventando! Grazie.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, voglio concludere con una citazione presa da un intervento del Presidente della Repubblica: "In questo momento, particolarmente difficile per le istituzioni e per la politica, servono atti di coraggio e di disinteresse". Il Presidente Napolitano ha detto "… di coraggio e di disinteresse"! I primi chiamati a mostrare questo coraggio e questo disinteresse siamo noi. Io faccio un appello al Consiglio regionale perché non voglia far vivere al Consiglio regionale della Sardegna la vergogna del rinvio in Commissione di questa legge; sarebbe una sconfitta del Parlamento dei sardi! Una sconfitta del Parlamento dei sardi! Io posso capire le legittime preoccupazioni di molti di noi, ma non sono assolutamente compatibili con il momento politico e istituzionale che stiamo vivendo e che presuppone e richiede gesti che siano coraggiosi e disinteressati.

Signora Presidente, noi faremo il nostro dovere anche per quel che riguarda la legge elettorale. Stiamo per presentare una proposta di legge e chiederemo che anche le altre proposte di legge, interessanti, che rispondono e potrebbero rispondere alle esigenze poste legittimamente da molti in Consiglio regionale nel dibattito della settimana scorsa, possano essere accolte. La legge elettorale, la riforma della legge statutaria, insieme alla riduzione del numero dei consiglieri regionali è il primo segnale che noi possiamo dare al nostro popolo, all'opinione pubblica e ai cittadini che ci chiedono di essere conseguenti alle nostre stesse affermazioni. Troviamo una soluzione, troviamo un punto di equilibrio che possa consentirci di evitare la sconfitta di rimandare la legge in Commissione.

Voglio dire un'ultima cosa, i segnali che pervengono sono sempre più pericolosi e pesanti. Badate, per parlare di cose concrete, legate strettamente a queste questioni di cui stiamo discutendo oggi, la Coldiretti ha posto con forza il problema di riprendere la vertenza agropastorale in Sardegna, la questione del costo del latte e quant'altro. Ieri è avvenuto un baratto assolutamente vergognoso in Parlamento: i voti della Lega Nord in favore del Ministro Romano, per salvarlo dalle dimissioni (un Ministro, che è indagato per collusione con la mafia, dovrebbe essere assolutamente incompatibile con una Repubblica democratica come la nostra), e il favore fatto da Romano, Ministro nazionale dell'agricoltura, per non far pagare le multe per le quote latte impropriamente ricevute dagli allevatori padani. E' stato un ultimo sconcio! Badate, io sono convinto che la Sardegna abbia oggi questa possibilità, con equilibrio, con buon senso, riuscendo anche a fare un leggero passo indietro rispetto alle posizioni che ognuno di noi può assumere.

Facciamo in modo che la politica, la buona politica, oggi possa vincere dando un segnale importante alle esigenze dei sardi su questo punto della riduzione del numero dei consiglieri regionali, garantendo rappresentatività, garantendo partecipazione e presenza a territori e forze politiche nelle misure che molti di noi hanno già individuato e che sono oggi obbligati a trasferire in legge. Noi voteremo a favore di questa legge e siamo assolutamente disponibili per trovare, insieme ai Gruppi politici che sono conseguenti a questa nostra esigenza, una soluzione che impedisca che il Consiglio regionale rinvii la decisione odierna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Rispetto alle ultime parole che ho sentito dal collega Salis, sinceramente sono in forte imbarazzo, perché ha parlato del sentimento del nostro popolo, che bisogna ascoltare, e ha parlato anche di una sconfitta del Parlamento dei sardi. Adriano, questa sconfitta del Parlamento dei sardi dura dal '48! Nessuna modifica di carattere istituzionale, fatta da uno dei Parlamenti o Consigli regionali, tra quelli che si sono alternati in tutti questi anni, neanche una, è stata recepita dal Parlamento italiano! Questa è la vera sconfitta! E da questo credo che sia necessario partire. Diversamente noi non riusciremo a cambiare niente! Potremmo dare i numeri, come si danno da altre parti, ci limiteremo a questo, però la sconfitta vera è che non siamo riusciti a modificare, in meglio, il nostro Statuto, e non ci siamo riusciti perché il Parlamento italiano non ce lo consente. Hai parlato del '93, di una legge fatta da quest'Aula, io ti parlo, invece, degli anni successivi, quando quest'Aula ha approvato una legge sull'Assemblea costituente, legge di questo Consiglio regionale, legge della Sardegna, che il Parlamento italiano non ha recepito minimamente, anzi l'ha osteggiata, in egual misura, il centrosinistra e il centrodestra. Governava il centrodestra, sembrava che tutto fosse aperto per un percorso che ci dovesse finalmente dare la possibilità di un cambiamento reale, ma quel percorso ci è stato negato: parte del centrosinistra l'ha osteggiato in aula, parte l'ha votato e l'ha condiviso con noi. Questa è la storia.

Io pensavo che questa legislatura fosse una legislatura finalmente costituente. Noi pensiamo ancora che, chiudendoci qua dentro, l'opera di cambiamento, nei messaggi che vogliamo dare, da "50", a "60", a tutto quello che ci proponiamo, venga recepita fuori con facilità; siamo in una situazione tale che se non dovessimo aprire le porte, se non dovessimo consentire a chi è fuori di scrivere, insieme a noi, le nuove regole, questa non sarà solo una legislatura costituente, sarà la legislatura che avrà la sconfitta peggiore perché viviamo ciò che in tutti questi anni non si è vissuto, cioè una crisi pazzesca dove, fuori da questo Palazzo, si trova la disperazione lungo le strade, giorno per giorno, in ogni momento, dove il sistema economico ormai è crollato e, se è crollato nel resto d'Europa e nel resto del mondo, la parte più debole è proprio la Sardegna, immaginiamoci su quest'isola dove la disattenzione è l'elemento principale di chi dovrebbe darci le risposte necessarie per riprendere un percorso di sviluppo serio e reale. Noi ci siamo rinchiusi in questa proposta di legge che è arrivata qua e stiamo discutendo sul numero, se "50" o quanti dovranno essere. Ci arriveremo.

A me fa specie che, mentre noi discutiamo in questo modo, non si riesca a capire che la dimensione di quello che dobbiamo fare è più grande, molto più grande, e che il coinvolgimento deve essere di un'ampiezza come non lo è mai stato. Altro che autorevolezza! Altro che schiena dritta! Se non pieghiamo la schiena (nel senso che dobbiamo collaborare attivamente tutti quanti su qualcosa che riguarda tutti, non solo chi è qua dentro ma anche chi è fuori, in maggior misura), da fuori qualcuno continua a dirci che questa fase costituente può essere rivissuta in modo reale, che forse questo è il momento di aprirsi alla società civile, mentre noi continuiamo a stare chiusi qua dentro e forse ci piangiamo anche addosso. Non è la risposta che noi come partito vogliamo dare. Ci assumiamo le nostre responsabilità, dal '97 non siamo mai stati forza di governo, in questi anni abbiamo assistito, abbiamo provato a proporre, credo che gli atti parlamentari lo possano testimoniare. La cosa più avvilente è che ci sono dei nostri senatori, a prescindere dall'appartenenza, che sembra che non abbiano altro a che fare, una volta ci hanno scritto la legge elettorale, stiamo votando con la legge ordinaria!

Io mi sono dovuto rimangiare un qualcosa dentro di me che non avrei voluto mai fare. Ho tenuto in piedi una legislatura insieme al mio compagno di partito perché, nell'accordo per votare la Presidenza Masala, c'era la volontà di fare una legge elettorale, nostra, non quella imposta da Roma. Non ci siamo riusciti! Fu esitata in prima Commissione, Presidenza Emanuele Sanna, fu portata in quest'Aula e qualcuno qua dentro, pensando di divertirsi e di fare cosa nobile, fece di tutto per impedirne l'approvazione. Il risultato è davanti agli occhi di tutti! Hanno fatto una legge per le Regioni a statuto ordinario, ce la siamo tenuta nella passata legislatura, ce la stiamo tenendo in questa, traiamo le somme tutti assieme e vediamone anche le conseguenze, vediamo se è il caso, invece di parlare di "50" o "60", di parlare in termini complessivi di quelle che dovranno essere le nuove regole. Stiamo evitando!

Io ho già sentito: "Adesso facciamo questo, poi facciamo la legge elettorale, poi facciamo quest'altro", ma quando si costruisce una casa non si inizia dal comignolo! Non è che si fa una cosa campata in aria, per poi scrivere e cercare di mettere in piedi comunque un abito che sia su misura alla cosa che facciamo oggi e poi ancora su misura a quella che faremo domani, cioè stiamo navigando a vista, il che non aiuta nessuno. Non aiuta nessuno! I numeri testimoniano una cosa e il pensiero che ho è che l'Assemblea costituente rimane ancora il massimo valore proponibile in questa realtà, poi se non vi piace, se quest'Aula si sente parte lesa per il fatto che lo Statuto lo si debba scrivere con soggetti esterni a quest'Aula stessa e che questo ci faccia sentire certamente più deboli, beh, io mi accontenterei di essere più debole ma di confrontarmi con il mondo che mi circonda.

Però, se per sentirmi forte mi devo chiudere qua dentro e dire che ho l'autorevolezza per fare una cosa che mai nessuno è riuscito a fare, ho forti dubbi. Allora senza remore o ci apriamo all'esterno o se no continuiamo a vivere la vita di ogni giorno, la legislatura finirà, se riusciremo a portarla a compimento, il resto quando tireremo le somme sarà sotto zero per tutti, nessuno escluso, perché queste non sono le riforme di una parte di quest'Aula, cioè della maggioranza, le riforme si fanno tutti assieme, di questo ne sono convinto, sempre, tanto che noi, in quella legislatura, nominammo Presidente della prima Commissione, uno dell'opposizione, per vedere di fare quella legge elettorale e almeno dalla Commissione fu esitata.

Mi sono preso anche la briga di controllare perché tutti dicono: "Noi siamo troppi, noi siamo pochi". E' avvilente entrare nell'aspetto numerico, ma se io parlo della Sicilia, mi ritrovo 90 consiglieri; guardate, la differenza in chilometri quadrati possiamo dire che è minima, è 1 milione. Dicono: "Hanno più di abitanti di noi". Ma non è un problema di numero di abitanti. Dopo vi elenco gli altri per capire la differenza dello spazio che è intorno a noi, che quest'isola ha, di quanti sardi ci sono sperduti in quelle realtà, in quelle comunità che quest'ultima legge sta riducendo a niente. Gli avamposti prima li ha levati lo Stato, ha levato gli uffici postali, ha levato tutto ciò che era il decentramento, ripiombando nel più assoluto isolamento, e adesso ci proviamo noi, perché questa è la logica, non ci sono altre logiche.

Allora, in un territorio così vasto, che ha la sua storia, che ha una sua conformazione, che vive in comunità piuttosto limitate, dove c'è da parte dei giovani una volontà di andare via più forte del passato, molto più forte del passato, perché una società del consumismo ti spinge necessariamente ad allontanarti, vogliamo ragionare che è più difficile governare e amministrare, dove i problemi di carattere sociale sono maggiori, dove i costi sono maggiori rispetto a una comunità più ristretta, più concentrata in un territorio che è metà del nostro territorio, con una ricchezza superiore alla nostra e per la quale riescono comunque a dare risposte, quelle risposte che noi stiamo riducendo al minimo per non dire facendole venir meno del tutto?

Qual è il problema? Noi abbiamo 24 milioni di chilometri quadrati, la densità è per l'esattezza 69,5 per chilometro quadrato. Vediamo che cosa hanno gli amici del Friuli Venezia Giulia, che hanno 59 consiglieri, hanno 7854 chilometri quadrati, quindi un quarto di quelli che abbiamo noi, concentrazione, territorio particolare, da qui si deduce che non è un problema di carattere numerico. Potrei continuare per tutto il giorno. La Sicilia ne ha 90 e ne ha 1 milione in più di noi… così, la Valle d'Aosta è nelle stesse condizioni, la Regione Molise, la Liguria (e siamo a cinque) si ritrova una quantità di 40 consiglieri.

Ma noi abbiamo un altro discorso, amici miei: la nostra specialità che valore ha? Il fatto stesso che io possa o debba pensare che ciò che devo essere o, peggio, ciò che devo diventare, debbano deciderlo a Roma, è la cosa più avvilente che possa capitare. Noi potremmo tranquillamente legiferare quello che vogliamo. Vogliamo dire che siamo "60"? Diciamo che siamo "60". Pensate che a Roma a qualcuno possa interessare niente di quanto abbiamo deciso noi? Potete pensare che quel numero che sarà stabilito da quest'Aula sarà rispettato nella volontà dal Parlamento italiano? Ma veramente potete pensare questo? Potete pensare che, per primi, i nostri parlamentari non siano quelli (come hanno fatto con la legge elettorale) che si sono alleati, da destra e da sinistra, per imporre necessariamente quella legge, rispetto a quella fatta dal Consiglio regionale, e che non siano quelli che per primi interverranno per vedere se possono fare qualcosa di diverso da quello che noi stessi stiamo proponendo?

Dove voglio arrivare? Voglio arrivare a dire che una legge fatta così, singolarmente, è l'obbrobrio al quale ci spinge qualcuno fuori da quest'Aula, la cosiddetta piazza. Badate, la piazza sta spingendo ad altro, la piazza spinge quando non ha risposte, quando la politica viene meno al suo compito. La piazza spinge quando non ha risposte alla disperazione che la sta attraversando. La piazza si incattivisce quando vede una classe politica inadeguata rispetto ai bisogni della gente. La piazza reagisce quando noi per primi pensiamo di prenderla in giro dandole risposte che non sono risposte. O abbiamo la capacità di aprire le porte di questo Palazzo (e per oggi lo ripeto per l'ultima volta) o abbiamo la capacità di aprirci al confronto e riscrivere assieme regole democratiche serie che possano cambiare finalmente tutto ciò che in questi anni ha rappresentato il Consiglio regionale e ciò che amministrativamente ha prodotto, diversamente non ce n'è!

I costi della politica non sono questi, bisogna vederli globalmente perché noi, per primi, abbiamo approvato leggi che consentono, negli enti, di trovare risorse superiori a quelle dei consiglieri regionali stessi. Ecco perché dico che va corretta tutta l'impostazione. Non si può pensare di ridurre a un semplice numero una riforma che in quel numero non troverà risposte, se non quella momentanea di accontentare chi non vuole più "80", ma ne vuole "60", non si modificherà certamente la situazione reale di una crisi pazzesca che ormai tutti assieme stiamo vivendo con le difficoltà che conoscete.

Rivolgo un appello a noi stessi, prima come appartenenti a un Partito e poi all'intero Consiglio regionale, un appello di chi sino a oggi ha combattuto per l'Assemblea costituente, di chi ha fatto di tutto perché si potesse realizzare, di chi ha pensato che quest'Aula fosse talmente autorevole da poter compiere un atto così importante come quello di una riforma complessiva: non possiamo, da soli, procedere alla riscrittura del patto fra noi e lo Stato italiano, o lo facciamo con la gente, o questa battaglia non la vinceremo mai.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi del Consiglio, anche noi Riformatori sottolineiamo come il dibattito che si sta svolgendo su questa legge sia un dibattito un po' strano; è stato sottolineato da tanti organi di stampa che si sono occupati dei resoconti consiliari, al punto che questa legge rischia di apparire quasi, oggi, in Consiglio regionale, una legge orfana, una legge senza padri, una legge arrivata in Consiglio regionale quasi per caso, per una svista, per un errore di qualcuno, ma non si capisce bene di chi.

Bene, noi Riformatori vogliamo dire una cosa chiara a quest'Aula, affinché sia, nella correttezza e senza demagogia, evidente a tutti qual è la nostra posizione: noi Riformatori siamo a favore della legge per la riduzione del numero dei consiglieri regionali, senza "se" e senza "ma". Siamo a favore! E' quindici anni che presentiamo questa proposta di legge, che non è mai arrivata in Aula, la presentò per primo, nel 1995, Massimo Fantola, forse sono anche più di quindici anni, l'abbiamo ripresentata nella scorsa legislatura, l'abbiamo ripresentata nel 2009 in questa legislatura. Devo dire che, riguardando gli atti parlamentari di questo Consiglio, non siamo stati i soli a presentarla , anche se siamo stati l'unico Partito politico, l'unico Gruppo politico che l'ha presentata, ma in questa legislatura c'è una proposta che ha come primo firmatario l'onorevole Uras, e nella passata legislatura altre che hanno come firmatari il Gruppo dell'U.D.C., i consiglieri Floris e Cherchi, i consiglieri Bruno e Porcu e probabilmente tanti altri che, nella ricerca degli atti, io non sono stato sufficientemente bravo nel trovare.

Siccome è stato sostenuto da alcuni che la votazione e la scelta di ridurre il numero dei consiglieri regionali sarebbe poco dignitosa per questo Consiglio perché sarebbe la certificazione che siamo travolti dalla piazza, insomma, va detto che io credo che, nella posizione dei Riformatori, questo vizio non ci sia perché la nostra proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali data da talmente tanto tempo ed è sostenuta da tale convinzione politica che sicuramente non può essere in alcun modo posta in relazione con le attuali spinte della piazza. Noi ribadiamo che, pur vedendo, sarebbe impossibile non vederla nella congiuntura del momento, l'importanza della cosa anche per la riduzione dei costi della politica, non crediamo assolutamente che la riduzione del numero dei consiglieri regionali della Sardegna debba essere rivolta prioritariamente a questo obiettivo. Noi siamo convinti che migliori il funzionamento della democrazia, non siamo affatto convinti che un'Aula pletorica con 80 consiglieri (che possono diventare 85 o 100 a seconda dei risultati delle elezioni, nella scorsa legislatura eravamo 85), una composizione così pletorica, vada nella direzione del buon funzionamento dell'Aula consiliare. Credo che sia difficile che chi è appartenuto, ha fatto parte di questa Assemblea, non possa avere e non abbia la stessa identica considerazione, cioè non pensi al funzionamento dell'Aula, ai problemi di Regolamento che noi abbiamo legato a un numero esorbitante di consiglieri regionali, al funzionamento delle stesse Commissioni, il cui ruolo anche in questa legislatura è stato totalmente svilito e non è più funzionale alle attività della nostra Aula.

Per cui, noi abbiamo proposto - ed è una proposta storica del Gruppo dei Riformatori - la riduzione a 60 del numero dei consiglieri regionali. E' la nostra proposta storica e quella che ancora oggi noi manteniamo. Devo dire che abbiamo verificato che la Commissione, all'unanimità, con l'astensione del collega Cuccureddu, ha preferito ridurre da 60 a 50 i consiglieri regionali. Noi siamo in grado di spiegare perché i Riformatori pensavano al numero di 60: era legato alle esigenze del territorio, alla rappresentanza di genere, all'abolizione del listino, quindi a un progetto di legge elettorale che è possibile fare. Io mi aspetto che chi ha proposto e votato in Commissione il numero di 50 consiglieri (qui abbiamo i verbali della prima Commissione che sono a disposizione dei consiglieri che li volessero leggere) si alzi in Aula e spieghi il motivo per cui si è deciso di scendere a 50 consiglieri regionali (Campus l'ha già fatto, ma mi sembra che sia l'unico che l'ha fatto), lo sostenga e spieghi qual è la relazione di funzionalità, qual è il rapporto col numero dei consiglieri regionali di altre regioni, magari entrando anche nel merito della dimensione oltre che della popolazione delle regioni. Probabilmente è possibile che i Riformatori si convincano e che siano d'accordo che il numero ottimale, non per i costi della politica, ma per il buon funzionamento di questa Assemblea regionale, perché faccia buone leggi, perché abbia un dialogo interno tra Gruppi politici e consiglieri, sia effettivamente quello di 50 consiglieri.

Sarebbe anche interessante sapere, se qualcuno li ha sentiti, come mai il numero di 50 è quello che i senatori del P.D. (Scanu, Sanna e Cabras) hanno identificato come numero ottimale per il funzionamento dell'Assemblea consiliare regionale. Sarebbe interessante, lo ripeto, perché è possibile che noi Riformatori, che siamo fermamente convinti della necessità di ridurre il numero dei consiglieri regionali, ci convinciamo che la proposta dei 50 sia quella migliore. Devo dire che invece ci convincono un po' meno i tanti consiglieri che sono intervenuti in quest'Aula e hanno legato la riduzione del numero dei consiglieri regionali ad altro; fondamentalmente alla riforma della legge elettorale, cosa che noi condividiamo, al fatto che ci sia una rappresentanza di genere, alcuni l'hanno legato al fatto che ci sia il presidenzialismo, altri al fatto che invece ci sia il parlamentarismo, alcuni al fatto che il sistema elettorale sia maggioritario, altri al fatto che il sistema elettorale diventi proporzionale, o ancora al territorio e all'abolizione del listino.

Badate, colleghi, non è il momento delle ipocrisie, chi ci ha impedito di modificare la legge elettorale nei primi due anni e mezzo di questa legislatura? Nessuno! Questo Consiglio regionale, che noi diciamo sempre sovrano, poi non è sovrano quando deve fare le riforme, quando deve fare le riforme su se stesso in modo particolare. E chi ci ha impedito nella scorsa legislatura, quando noi abbiamo tuonato contro la legge elettorale fatta da Roma, di dimostrare l'effettiva sovranità di questo Parlamento, cosa di cui tutti ci riempiamo la bocca nelle discussioni in Aula, trovando la sinergia e la sintonia per fare una legge elettorale che venisse da questo Parlamento? Non ce l'ha impedito nessuno! E chi ci impedirà, nei prossimi sei mesi, cioè quelli che comunque servono a questa legge elettorale, a questa riduzione del numero dei consiglieri regionali, che ha un percorso di legge costituzionale e quindi deve essere approvata in doppia lettura dal Parlamento, sicuramente almeno sei mesi di tempo prima di diventare legge della Regione, di fare una legge elettorale in questo Consiglio regionale? Non ce lo impedisce nessuno! Semplicemente, io non vorrei che qualcuno, sapendo che, sulla legge elettorale, abbiamo centomila diversità e sfumature di modo di vederla, non voglia legare la riduzione del numero dei consiglieri, che si può fare e che si deve fare, a una cosa che forse non si farà mai perché non siamo stati in grado di farla nei primi due anni e mezzo della legislatura, perché non siamo stati in grado di farla nella scorsa legislatura, perché la pensiamo diversamente e non siamo riusciti a metterci d'accordo.

Allora io non vorrei che ci fosse in qualcuno il retropensiero che si lega una cosa che si può fare a una che non si può fare o che non si vuole fare (perché in realtà si potrebbe fare, e come!), per non farla! Devo dire che noi non ci presteremo a questo! Noi non ci presteremo, colleghi del Consiglio, perché io credo che questo Consiglio, che è sovrano, come ognuno di noi ripete cento volte, che è il Parlamento dei sardi, che è un'istituzione sacrale e tutte quelle cose a cui, perché abbiano significato, dobbiamo darglielo noi perché fuori da qui non gliene danno più, beh, io credo che la cosa più importante, colleghi, oggi in quest'aula, sia non prendere in giro i sardi. Ve lo ripeto: credo che la cosa più importante sia non prendere in giro i sardi!

Mi rivolgo alle coscienze libere dei 79 colleghi di questo Consiglio. Perché? Colleghi, perché sappiamo benissimo che cosa pensano oggi i sardi del problema della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Qualcuno di voi pensa che sia opportuno non ridurli, ho sentito delle motivazioni in tal senso, non entro nel merito, dico semplicemente che ciascuno di noi sa che cosa pensa la quasi totalità o stragrande maggioranza (scegliete voi che cosa dire) dei sardi sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali. Bene, a questa stragrande maggioranza, che ha problemi quotidiani di campare, che ha un atteggiamento non di simpatia verso la classe politica, verso la classe dirigente, e ha anche delle ragioni per avere questo atteggiamento e una parte di queste ragioni è colpa nostra, noi abbiamo detto che la Commissione sacrale delle riforme, la più sacrale delle Commissioni del Consiglio regionale, all'unanimità con la sola astensione del collega Cuccureddu, ha deciso di ridurre a 50 il numero dei consiglieri regionali e questa notizia è apparsa su tutti i giornali ed è stata data da tutti gli organi di informazione.

Dopodiché i Presidenti di Gruppo, l'hanno riportato tutti i mezzi di informazione, all'unanimità hanno deciso che questa legge doveva urgentemente entrare in Aula ed essere messa al primo punto dell'ordine del giorno. Bene, a fronte di tutto questo, abbiamo avuto in Aula l'esplosione del partito del "benaltrismo" che sicuramente tende a essere maggioritario. E' giusto fare la riforma del numero dei consiglieri regionali ma bisogna fare ben altro e siccome ben altro non siamo in grado di farlo perché non siamo d'accordo, non si fa neppure questo. Bene, devo dire che noi Riformatori la pensiamo diversamente.

Collega Zuncheddu, lei mi sta interrompendo e fa bene ma io sarei arrivato a lei e al collega Maninchedda, perché questi sono i due colleghi che, in Consiglio regionale, hanno motivato chiaramente la loro convinzione che il numero dei consiglieri regionali stia bene a "80". Io rispetto chi la pensa diversamente da me, sarebbe impossibile da liberale che non lo facessi, e quindi devo dire sia lei che il collega Maninchedda. Il collega Maninchedda, proprio in maniera documentata, ha calcolato che la riduzione proposta dei consiglieri regionali sia tra il 38 e il 40 per cento, inoltre ha detto: "Io sono per la riduzione degli emolumenti dei consiglieri regionali del 38 o 40 per cento e per il mantenimento del numero". Allora io mi aspetto che i partiti di riferimento facciano forte questa proposta in Aula in modo che si sappia (per voi che state ragionando sui costi della politica, noi non stiamo ragionando soltanto sui costi della politica ma anche sulla funzionalità dell'Assemblea) qual è la vostra posizione, affinché il Consiglio ne scelga una delle due.

Noi chiediamo che il Consiglio dia una risposta ai sardi scegliendo tra quello che sosteniamo noi Riformatori (che abbiamo peraltro delle posizioni precise anche sui costi della politica), quello che il collega Maninchedda ha detto in Aula e quello che la collega Zuncheddu ha detto nelle conferenze stampa. Così non siamo ipocriti. Altrimenti siamo ipocriti, e se gli ipocriti vengono messi in qualche girone infernale a rosolare con la pena del contrappasso, bene va! Per cui, colleghi, noi siamo contrari, fermamente contrari, ferocemente contrari, a rinviare questa legge in Commissione (esitata all'unanimità dalla Commissione e portata a furor di popolo dai Capigruppo in Aula) perché abbiamo ben chiaro che cosa vuol dire rimandarla in Commissione e sappiamo che rimandarla in Commissione significa dare, ai sardi, a quelli che ci guardano, un segnale assai negativo fuori da questo Consiglio. Saremmo ancora più contrari, anzi lo poniamo come problema di coscienza, se a qualcuno venisse in mente di chiedere il voto segreto sul passaggio all'esame degli articoli o in qualche atto successivo della legge, non ci sembra che sia un problema su cui i sardi capirebbero che il Consiglio sta facendo scelte di coscienza e quindi vuole avere un'indipendenza completa nelle proprie scelte di coscienza.

Io credo che i sardi vedrebbero, nel muretto a secco del voto segreto, la volontà di un Consiglio, incapace di autoriformarsi, di continuare a garantirsi privilegi che, sottolineo, a torto o a ragione, i sardi oggi considerano non confacenti rispetto a ciò che si aspettano da questo Consiglio regionale. Quindi il nostro consiglio, il nostro suggerimento, il nostro impegno è perché questa legge venga approvata in fretta senza che si facciano ulteriori inciampi che danno un'immagine esterna di questo Consiglio regionale che è sicuramente l'opposto di quella che tutti quanti noi ottanta consiglieri vorremmo dare. E poi che si vada in modo molto veloce verso la stagione delle altre riforme, una stagione tante volte evocata in quest'Aula e purtroppo sempre allontanata da fatti e da eventi, riforme che noi crediamo che siano necessarie oggi per ridare un senso a questa istituzione, soprattutto in un momento di crisi, di difficoltà estrema, quale quello che sta vivendo la società sarda, per ridare una guida, che è quella della propria classe dirigente, che è inevitabile.

Io, che ho lavorato per tanti anni all'interno di un ospedale, so bene che non esiste un reparto senza primario, non può funzionare, allora non può funzionare neanche una società che non abbia una classe dirigente nella quale si riconosce. Se noi facessimo degli errori anche durante la discussione di questa legge, non andremmo certo nella direzione di dare prestigio e autorevolezza alla classe dirigente che vogliamo rappresentare.

PRESIDENTE. Onde evitare interventi per fatto personale, faccio presente che è stata depositata in Consiglio regionale, dall'onorevole Zuncheddu, una proposta di legge che interviene sulla riduzione dell'indennità dei consiglieri nella misura del 50 per cento; ho voluto precedere l'onorevole Zuncheddu che penso avrebbe chiesto la parola per fatto personale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, il dibattito svolto in quest'Aula è sicuramente un dibattito interessante, soprattutto gli interventi che sono ispirati da ideali e da coscienza. Anche noi faremo un intervento ispirato da ideali e da coscienza perché, come abbiamo sempre fatto in quest'Aula, abbiamo sempre e solo parlato seguendo la nostra linea programmatica e in piena coerenza con gli ideali e i principi che abbiamo sempre esposto.

Si è parlato di molte cose in quest'Aula e si è parlato di costi della politica, noi abbiamo detto, in altra occasione, che il termine è sbagliato, sono i costi dell'amministrazione o, se preferite, i costi della democrazia, non è un problema solo dell'indennità dei consiglieri; se parliamo dell'indennità dei consiglieri, stiamo solo ed esclusivamente prendendoci in giro. Le indennità sono state storicamente tolte dalla loro ragion d'essere, dalla necessità di consentire, anche a chi non ha disponibilità economica, di fare politica. Andiamo a verificare tutti i costi dell'apparato amministrativo, è un discorso a parte che non c'entra assolutamente niente con questa legge, stiamo predisponendo una serie di norme di legge, di emendamenti che presenteremo in finanziaria. Non ci interessa questo discorso in questa sede, non ci interessa difendere… Faccio parte del listino, e i componenti del listino sono stati oggetto di accuse, però, nel mio piccolo, ritengo di fare questo compito nel modo migliore possibile, non mi sento sminuito rispetto agli altri per essere stato nominato, perché non sono stato nominato per rapporti affaristici o quant'altro. Anche i consiglieri del listino hanno una loro dignità! Attenzione, perché nel sistema maggioritario ci sono i nominati, perché nel sistema maggioritario i candidati che si confrontano sono nominati, solo il sistema proporzionale puro consente, nell'ambito di una lista di candidati, di esprimere una libera preferenza, quindi è tutta una serie di concetti da mettere bene a fuoco.

Si è parlato poi di quello che è stato fatto in Commissione. In Commissione, io ho votato questa norma, dopo aver considerato a monte una serie di rilievi sul fatto che si andasse avanti, non mi interessa poi aver votato o non aver votato in Commissione, quello che conta è comunque il dibattito, io ho trovato che il dibattito in Commissione è stato ampio, ma in questa sede i discorsi sono stati ancora più ampliati.

Allora, veniamo alla legge, ci sono due profili, il primo profilo è quello teorico di impostazione, il secondo profilo è quello pratico. Dal punto di vista pratico, noi abbiamo una norma di legge costituzionale, il che vuol dire che dovrò mandarla in Parlamento e che il Parlamento potrebbe approvare. Sin dall'inizio della legislatura (anche l'onorevole Floris, Presidente della Commissione, ha più volte detto questo), abbiamo segnalato che i tempi delle riforme costituzionali vanno coordinati con i tempi del Parlamento; approvare una norma di legge costituzionale, oggi, con un Governo che non si sa se rimanga in piedi o meno, non so a che cosa serva, se noi presentiamo oggi una proposta di legge e il Parlamento viene sciolto, la proposta - come sappiamo - decade.

Allora bisogna tener conto dell'evoluzione di quello che sta succedendo in Parlamento e presentare le norme di legge costituzionali in modo tale da poter essere accolte. Va da sé che, se l'evoluzione del Governo dovesse essere quella di uno scioglimento anticipato, vi sarebbe anche la possibilità, che oggi non vi sarebbe, di presentare una nuova proposta di Statuto, legge costituente secondo la nostra opinione ma non di tutti. Quindi la nostra credibilità deve essere coordinata con quello che sta succedendo a Roma. Ho dei dubbi che l'approvazione di questa norma di legge oggi potrebbe essere fruttuosa, magari un'approvazione tra tre, quattro o cinque mesi potrebbe essere utile.

Dal punto di vista teorico, noi ci troviamo in presenza di una norma di legge nazionale, l'articolo 14 del decreto legge numero 138, convertito nella legge numero 188, che impone (tra l'altro prevedendo una serie di sanzioni), alle Regioni a Statuto ordinario e a Statuto speciale, di intervenire in materia. Questo è stato fatto dal Parlamento sulla base di una semplice proporzione tra numero di abitanti e numero di consiglieri. Questo discorso del Governo, che deve essere ricalcato in toto, è semplicemente offensivo dell'autonomia, il numero dei consiglieri regionali può essere "50" come può essere "60", poi non mi sembra questa la sede per entrare nel merito dei numeri; ripeto, il numero dei consiglieri regionali va rapportato non solo alla popolazione ma alla particolare situazione delle Regioni a Statuto speciale.

La specialità comporta la differenziazione delle Regioni speciali rispetto a tutte le altre per una serie di motivi, noi riteniamo che questa specialità rientri anche nell'identificazione del popolo sardo; allora, per il numero dei consiglieri, bisogna tener conto anche della composizione della popolazione regionale e di tutte le esigenze che questa popolazione esprime, non può essere un dato solo ed esclusivamente numerico (questi sono gli studi del Parlamento) cioè "rapporto popolazione e numero di consiglieri", a indurci a una modifica, tra l'altro il Governo ci dice "30".

Ancor meno è accettabile che il Governo ci sanzioni nel momento in cui non interveniamo, ma noi non possiamo intervenire perché la norma è costituzionale quindi deve intervenire il Governo; questo è il modo di legiferare del Governo che noi abbiamo oggi, norma questa che ritengo palesemente incostituzionale perché viola tutti i principi costituzionali sulle Regioni a Statuto speciale.

Ciò detto peraltro rimane fermo che noi dobbiamo intervenire sulla riforma della Regione: Statuto, Statutaria, legge elettorale e quant'altro. Noi abbiamo rivendicato con forza la richiesta di un'Assemblea costituente che fosse non solo, come richiesto da altri Gruppi, un'Assemblea che facesse una proposta al Governo, ma un'Assemblea che approvi lo Statuto. Riteniamo inoltre che, sulla riduzione del numero dei consiglieri, debba aggiungersi non una proposta nostra al Parlamento che il Parlamento accetta, ma la nostra rivendicazione del potere e della facoltà, per la Regione, di ridurre il numero dei consiglieri regionali, che possono essere 50, 60 o 70, quello che volete, perché è l'autonomia regionale sarda che se no viene lesa.

In questo senso noi abbiamo presentato un emendamento che espressamente introduce un secondo comma all'articolo 16 dello Statuto e prevede che il numero dei consiglieri regionali possa essere determinato in riduzione fino a "50" con la legge statutaria. Siamo anche disponibili a forzare la legge statutaria e sin d'ora, in sede di legge statutaria, a intervenire sul numero dei consiglieri regionali. Abbiamo anche questa disponibilità, riteniamo però che questa debba essere solo ed esclusivamente una scelta della Regione sarda. Anche su questo, secondo noi, non ci sono né "se" e né "ma"; o rivendichiamo la nostra facoltà, il nostro potere di decidere, o altrimenti continuiamo a parlarci addosso, continuiamo a parlare e a non fare assolutamente nulla.

Sicuramente il numero dei consiglieri è assolutamente legato con la legge elettorale, siamo pienamente d'accordo, dice l'onorevole Vargiu che si può fare tra sei mesi, ma se dovesse succedere un qualsiasi inciampo e la legge elettorale non dovesse essere fatta, sappiamo benissimo tutti quali conseguenze discenderebbero da questo fatto. Sicuramente sulla forma di governo, sui sistemi elettorali, ci sono delle differenti posizioni in quest'Aula, noi riteniamo che sia preferibile il sistema proporzionale, anche in questo senso abbiamo presentato sin d'ora un emendamento con delle norme transitorie.

Il problema delle riforme: il nostro Gruppo, nella scorsa legislatura, ha presentato la riduzione a "60" del numero dei consiglieri regionali, ci sono anche altre proposte, ma non andiamo a rincorrere chi ha fatto prima la proposta di riforma - a parte il fatto che chi fa le proposte, poi non ci crede - ma, se io torno indietro, devo dire che la prima persona che, in Italia, negli anni '60 (nel '68 e nel '69), se non erro, ha parlato della necessità di riforma della Carta costituzionale e di tutto il quadro istituzionale, è un tal signore che si chiama Ciriaco De Mita, il quale, su questo, ha in assoluto il primato su tutti. Quindi è inutile, più andiamo indietro, più troviamo delle persone.

Sappiamo benissimo com'è nata la Carta costituzionale, la vulgata tradizionale è che c'è stato un accordo tra tutti i partiti; il che, per chi legge gli atti preparatori, non è vero, l'unico articolo su cui c'è stato un assenso di tutti, fuorché di Alcide De Gasperi, è l'articolo 7 che riguardava il concordato, su tutte le altre norme c'è stato fondamentalmente un accordo tra le forze della sinistra e le forze della destra, con una posizione che spesso non è stata accolta e che era stata espressa dalla Democrazia Cristiana. Per dire del Senato delle Regioni, di cui oggi tanto si parla, era un'opzione presentata con forza da De Gasperi che non è stata accettata in primo luogo dall'allora P.C.I. e poi dai partiti della destra; altrettanto è avvenuto anche sullo Statuto.

Quindi è evidente che c'è una necessità di riforme e di adeguamento ma si deve agire senza ipocrisie e senza interessi di parte, è inutile parlare e poi dire quello che non si pensa; noi dobbiamo avere ben presente l'interesse generale e, in presenza di questo interesse generale, senza interessi di parte (non parlo di parte personale, ovviamente, perché parto dal presupposto che nessuno abbia interessi personali affaristici, ma interessi di gruppo e di partito), dobbiamo muoverci e fare tutte queste riforme. Sappiamo benissimo che cosa si sta muovendo in Parlamento, sappiamo che in Parlamento si sta parlando di ridurre il numero dei consiglieri e che si ipotizza un accordo sulla riduzione del numero dei consiglieri, benissimo! Ben venga se è una riduzione fatta bene e non tipo questo articolo 14 di cui prima ho parlato.

Ripeto, qui dobbiamo parlarci onestamente e molto chiaramente per decidere quello che deve essere fatto. All'inizio della seduta, abbiamo chiesto la convocazione di una Conferenza dei Presidenti di Gruppo per guardarci negli occhi e capire bene che cosa volevamo fare e se volevamo andare avanti. Abbiamo posto una serie di problemi in quella riunione, però l'esito è stato di andare avanti. Noi non abbiamo difficoltà ad andare avanti, se l'Aula vuole tornare in Commissione ci va benissimo, però con l'impegno che, in Commissione, bisogna lavorare per fare tutto; se si vuole andare avanti, noi andiamo avanti. Sia chiaro, non abbiamo intenzione di chiedere il voto segreto sul passaggio all'esame degli articoli, ci riserviamo di farlo su altri singoli emendamenti perché riteniamo che, su certe cose, il voto segreto possa essere utile, senza che questo possa essere oggetto di critica o di quant'altro, però quello che importa è che ci sia una linea di coerenza tra quello che si fa e quello che si dice formalmente.

Noi rivendichiamo l'autonomia della Regione e rivendichiamo che ci sia un'Assemblea costituente, differente da questo Consiglio, in maniera tale che nessuno possa essere accusato di fare delle norme ad personam. Ci auguriamo che, nell'esito del dibattito, si possa andare a costituire un'Assemblea costituente, nella forma che richiediamo noi o nella forma che hanno richiesto altri Gruppi politici (siamo d'accordo sulla mediazione), l'unica cosa sicura è che dobbiamo andare avanti.

Per quanto riguarda la legge statutaria e la legge elettorale, peraltro, c'è già stata una decisione dei Presidenti di Gruppo, si sono invitati i Gruppi a presentare, entro i primi di ottobre, le loro eventuali proposte, poi la prima Commissione si riunirà ininterrottamente dal martedì al venerdì fintanto che non si arriverà ad approvare una norma di legge statutaria e una norma di legge elettorale.

Ritengo che questo possa essere fatto in tempi brevissimi, sicuramente non accettiamo che sia lo Stato a determinare il numero dei consiglieri regionali della Sardegna senza che ci sia la volontà espressa della Regione, una decisione della Regione, e soprattutto che questa decisione del Governo venga presa a prescindere del tutto dall'esame della concreta situazione storico-politica della Regione sarda.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, immagino che molti aspettino di capire quali saranno i ragionamenti che io porterò a quest'Aula, perché, rappresentando ancora il partito di maggioranza relativa, e rappresentando una parte consistente di questo Consiglio, è chiaro che le attenzioni sono concentrate. Avendo ascoltato tutti i ragionamenti che autorevoli colleghi, sia colleghi consiglieri regionali che colleghi Capigruppo, hanno portato alla nostra attenzione, rimango ancora più convinto che noi abbiamo già perso, tutti, noi siamo rimasti vittime di noi stessi, siamo rimasti vittime della demagogia, siamo rimasti vittime del populismo, siamo rimasti vittime della piazza! E parlo della piazza, perché è questo quello che sta accadendo! Abbiamo tutti quanti la necessità di dare una risposta al popolo sardo. La pressione maggiore che arriva oggi sulla nostra testa, sul Consiglio regionale, su tutti gli enti locali, è che la politica è in disgrazia, che le indennità sono troppo alte, che il numero dei rappresentanti è eccessivo, cioè tutta una serie di ragionamenti che induce chi ha paura, solo chi ha paura, a ribattere e portare controdeduzioni a una Sardegna che non protesta perché noi siamo troppi (anche per quello), a una Sardegna che non protesta perché le nostre indennità sono molto alte (anche per quello), ma vi assicuro che, se la condizione socio-economica della Sardegna, fosse quella di una Regione in linea con lo sviluppo e con il PIL europeo, questi ragionamenti non li farebbe nessuno!

Perché faccio questo ragionamento? Faccio questo ragionamento perché nei momenti di difficoltà, non nostra, ma nei momenti di difficoltà di un popolo, del non vedere prospettive, del rendersi conto che la situazione va sempre peggio, di un Governo nazionale che non dà risposte (anche lì altra demagogia e altro populismo!), la pressione si sposta su chi rappresenta le istituzioni. Ma voi credete veramente che la riduzione del numero dei consiglieri regionali sia la soluzione dei mali della Sardegna? Io non ci credo assolutamente! Qualsiasi siano le posizioni che assumono l'onorevole Vargiu, l'onorevole Salis e tutti gli altri che si sono cimentati nel….

Sulla proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali (parlo adesso a nome del Gruppo), il Gruppo del P.d.L. si era espresso perché venisse ridotto il numero dei consiglieri regionali a "60", questa è la proposta che era stata fatta dal P.d.L., fatta dai 29 componenti il Consiglio regionale, anzi 28 per essere esatti; poi la Commissione ha agito come ha agito, condizionata, non condizionata, anche lì: populismo, demagogia, tutte e due le cose! Perché ce le dobbiamo dire le cose, onorevole Salis, avete giocato al ribasso tutti quanti! Ma si può giocare ancora al ribasso, non è un problema.

Certo, riprendendo il ragionamento dell'onorevole Steri, non è che siamo convinti che riduciamo il numero dei consiglieri regionali e poi tutto il resto rimane come prima, no, non funziona così e non può funzionare così! Primo: Sardegna quasi un continente. Vi siete riempiti la bocca di tutte queste cose: la Sardegna all'occasione diventa… ma che cosa diventa la Sardegna? Tutte le sfaccettature, tutte le differenze dei territori, delle province, di Alghero, di Carloforte, di tutto quello che c'è in Sardegna e che la fa somigliare quasi a un continente: questa peculiarità che ha la Sardegna deve essere o non deve essere rappresentata? Stiamo rischiando questo! Stiamo rischiando che, riducendo il Consiglio regionale, si vada incontro magari a una legge elettorale che prevede lo sbarramento del 5 per cento, ma, magari per un accordo che può intervenire tra i partiti maggiori, può arrivare anche all'8 per cento!

Allora? La rappresentanza, il diritto di tribuna, le piccole formazioni politiche, coloro che hanno incarnato più di altri il sardismo, dove vanno a finire, chi li rappresenta? Se si fanno delle prove di forza, finisce così! Ma finisce così anche per quelle formazioni politiche che sono più localistiche, che non sono legate ai rigori oppure alle posizioni dei partiti nazionali. Dobbiamo far scomparire tutto questo? Dobbiamo buttare a mare settant'anni di autonomia? Se è questo, quello che vogliamo, ditelo subito e non sto dicendo che non voglio ridurre il numero dei consiglieri regionali, io sono disponibilissimo e credo che anche il Gruppo sia disponibile, ma valutiamo tutto quanto. Non è possibile!

Qui si gioca al ribasso per dare una risposta, a chi? Al popolo che protesta perché siamo troppi. A un Governo che imporrebbe, perché ci sta imponendo con la legge sul federalismo fiscale e sulla legge numero 42, la riduzione a "30". Ci vorrebbe imporre questo, il numero di "30"; cioè la Regione Sardegna dovrebbe essere rappresentata da 30 consiglieri regionali, da 30 autorevolissimi magari capaci di mettere a disposizione risorse e quant'altro per essere eletti, per ritornare indietro, perché alla fine il Consiglio regionale non sarebbe questo, né quello della volta precedente, perché in questo Consiglio regionale, l'ho detto altre volte, sono rappresentati tutti gli strati sociali della Sardegna. Allora, una riduzione di quel genere, parlo dei 30 consiglieri regionali, vedrebbe secondo voi una rappresentanza diffusa di tutte le classi sociali della Sardegna? Io non credo proprio. Senza contare che si potrebbe arrivare anche a ripristinare il collegio unico regionale. Tutte cose possibili, tutte cose possibili, che avvantaggerebbero chi poi alla fine? Le aree demograficamente più forti, perché nel momento in cui si va a una legge di questo genere accade questo. Ce li siamo posti tutti questi problemi o volete dare solo la risposta di ridurre a "50" il numero dei consiglieri regionali? Benissimo, ha ragione l'onorevole Steri, a "30", lo portiamo a "30", onorevole Oppi, non ci sono problemi! E' questa la risposta che i sardi stanno aspettando da noi?

Io credo che non sia questo il ragionamento da fare. Mi sto sforzando di svegliare le coscienze vostre, mi sto sforzando di farvi vedere una politica non con due colori, bianco e nero, onorevole Salis, ma di vederla con una varietà di colori, perché la politica è fatta così, perché tutti dobbiamo cimentarci in questa esperienza e lo stiamo facendo; tutti quanti ci stiamo invece adattando a ciò che accade fuori. A ciò che accade fuori! I sardi hanno delegato 80 consiglieri regionali che dimostreranno tutta la loro incapacità di non aver saputo rappresentare le istanze che arrivano da fuori, che non può essere solo quella della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Lo abbiamo dimostrato anche ieri con la Keller, facciamo gli ordini del giorno, sì, li facciamo, poi ce ne dimentichiamo!

Ho visto degli emendamenti che sono stati presentati, per l'esperienza che stiamo maturando, su questo, il Gruppo non si è pronunciato, si pronuncerà probabilmente stasera, sul meccanismo di legge elettorale, presidenzialismo o proporzionale, elezione diretta o elezione del Presidente in questa Aula. Su questo ci dobbiamo ancora confrontare e ci dobbiamo misurare, la mia posizione è che l'elezione diretta del Presidente della Regione sia comunque la cosa migliore, con gli opportuni correttivi che si faranno. Quando questi correttivi, onorevole Salis? Dopo che avremo approvato questa legge e il Parlamento magari preso da chissà quale delirio ci approverà anche in norma costituzionale in doppia lettura e poi magari accadono dei fatti che ci impongono di utilizzare la legge elettorale vigente! Fatevi i conti di che cosa accade!

Ma tutte queste cose? Ma siamo capaci di che cosa, onorevole Salis? Bisogna rimanere qua imbrigliati un anno per risolvere questo problema e la gente fuori continua a pensare che lei non deve ritornare in Consiglio regionale, o sta pensando magari che c'è bisogno di lavoro, di occupazione e di risolvere i gravi problemi della Sardegna: irrisolti ieri e irrisolti oggi? Questo vuole la Sardegna!

Se non siamo convinti di questo, si vada al voto, io non sono per tornare in Commissione, perché tornare in Commissione non vuol dire assolutamente nulla, chi ha coraggio faccia le sue proposte in questa Aula: noi siamo per i 60 consiglieri regionali e riteniamo che, opportunamente calibrata, una legge elettorale sia rappresentativa di tutte le istanze dei sardi; i 50 consiglieri regionali, per quanto ho capito e per quanto sono riuscito a capire in un meccanismo presunto elettorale, non rappresenterebbero adeguatamente le otto province della Sardegna. Che vivranno o non vivranno ma io ritengo debbano essere mantenute come circoscrizioni elettorali. I 50 consiglieri credo che non siano esaustivi delle istanze della Sardegna.

Quindi, se abbiamo voglia di andare avanti e vogliamo dare una risposta immediata e non perdere tempo, perché stiamo perdendo solo tempo, può accadere quello che ha detto l'onorevole Steri, mandiamo la legge in Parlamento, pare che solo due o tre volte sia successo che il Parlamento, dal '48 a oggi, abbia approvato modifiche di legge costituzionale che riguardano le Regioni a Statuto speciale. Quindi è giusto per darvi un'idea di che cosa accade in Parlamento. Oppure noi vogliamo dare il segnale di essere i primi, non saremo i primi perché c'è già stata una Regione che l'ha già fatto, o due, quindi non saremo neanche i primi. Ma perché dobbiamo accodarci sempre agli altri? L'idea originaria era di abolire il listino e di passare dal numero di 80 consiglieri a 64; questa era l'idea originale anche nella precedente legislatura.

Noi abbiamo parlato di "60", poi il senatore Sanna dice "49" più "1", voleva le pagine dei giornali, non aveva altro da fare evidentemente e si è cimentato nel "49" più "1". Non è "49" più "1", "49" più "1" vuol dire che c'è l'elezione diretta del Presidente e questo non lo può assicurare nessuno! O è "50" o è "60", non può essere "49" più "1", perché quell'"1" deve far parte di questa Assemblea e deve essere eletto prima insieme a tutti gli altri, non può essere diversamente!

Io faccio questi ragionamenti perché cerco di stimolarvi; è possibile che ancora non ci sia un'idea ben precisa, tutti quanti avete parlato di quello che dice la gente, io mi presento a faccia alta alla gente e giustifico 60 consiglieri regionali, ci provo quantomeno. Almeno ci provo! Non mi maschero dietro al populismo o alla demagogia, oggi "40", domani "30", il Governo "30" addirittura! Non è questo il modo di fare politica, se siamo seri e corretti, facciamo in fretta, approviamo questa legge, noi proporremo 60 consiglieri, voi ritenete di andare avanti con "50", approviamola e mandiamola in Parlamento, poi si vedrà che cosa accadrà.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, intanto mi pare che non possiamo non sottolineare, lo hanno fatto tantissimi interventi, il momento storico difficile che viviamo, che viviamo come Paese, che viviamo comunque in un mondo globalizzato. Un momento storico difficile che riguarda anche l'Italia con un Governo commissariato dalla Banca Centrale Europea, con un Governo che, in questa estate folle, di fronte a una debolezza dell'economia, della finanza, si trova a fare i conti, non senza responsabilità, parlo del Governo Berlusconi, parlo del premier Berlusconi, di colui che ispira una buona parte di questo Consiglio regionale, si trova a fare i conti anche con una debolezza della democrazia, una debolezza della democrazia forse come non mai. Credo che sia una conseguenza, probabilmente anche teorizzata, anche voluta.

Ci sono dei poteri, che non sono la piazza, ci sono dei poteri che agiscono perché la democrazia sia debole ma c'è un Presidente del Consiglio dei Ministri, io ve lo ricordo, che si è chiesto perché devono votare i parlamentari, che ha detto che possono votare solo i Presidenti dei Gruppi, che rappresentano l'intero Parlamento, e che bisogna semplificare, ridurre al minimo gli interlocutori. Questo, alcuni, pochi, che vogliono ridurre la democrazia e la politica a un potere oligarchico, lo hanno teorizzato e questi poteri sono ripresi anche dai principali editori.

C'è in atto una campagna di riduzione della democrazia che è affiancata alla debolezza dell'economia e della finanza. C'è, in questa visione, sicuramente anche la considerazione del nostro ruolo, del ruolo della politica, di ciò che siamo e di ciò che rappresentiamo. Se i consiglieri regionali (parlo adesso dei consiglieri regionali, di noi, ma potremmo benissimo parlare dei parlamentari) non rappresentano interamente il proprio ruolo, se non lo svolgono interamente (parlo per me, per non parlare di altri), nelle Commissioni, in Aula, intervenendo e cercando di alimentare il dibattito che, a volte, come in questo caso (ora veramente parlo di me), riguarda più la coscienza individuale (ma anche quella del Gruppo, anche quella dell'appartenenza singola, perché ci sono dei momenti in cui alcuni valori sono più alti anche della nostra appartenenza), se ciascuno di noi dice sempre quello che pensa e non viene ridotto a un numero, a fare il "peone", non solo all'interno del proprio Gruppo, ma anche all'interno dell'istituzione, del Consiglio regionale (dove rappresenta cittadini e non li rappresenta solo in gruppo, li rappresenta anche singolarmente, perché tutti noi abbiamo detto che rappresentiamo territori, che rappresentiamo persone), allora non possono limitarsi a essere numeri. Molte volte anche noi siamo dei numeri e seguiamo come pecore qualcuno, tutti noi! Il nostro ruolo è importante, è importante la politica, che è l'arte più nobile, che non può essere ridotta semplicemente a visibilità, che non può essere solo ridotta a tattica, a convenienza.

In questa estate folle, mi hanno colpito due cose. La prima, in questa logica di debolezza della democrazia: che cosa ci propone il Governo? Ci propone di tagliare i comuni! La forma più capillare di democrazia, di prossimità, ci propone di abolirli, di tagliare i comuni, anche i nostri, giustificando questo con i costi della politica! Che cosa è questa se non la riduzione degli spazi di democrazia? Propone e presenta, come un'anomalia fastidiosa, le Regioni, in modo particolare le Regioni a Statuto speciale; per quanto riguarda la nostra, sapete benissimo, dalla vertenza entrate ai tagli di Tremonti, le due manovre di Tremonti che hanno colpito le Regioni a Statuto speciale e la Sardegna particolare.

La risposta di un Presidente della Regione, che ci rappresenta tutti, che rappresenta ciascun sardo, non può essere, questa sì, onorevole Diana che non vedo, populista e demagogica, non può essere la restituzione di una tessera, tra l'altro fittiziamente, perché quella tessera Cappellacci non l'ha mai avuta, non può essere restituire una tessera! Significa rappresentare fieramente, orgogliosamente, autorevolmente, il proprio popolo. Questo è mancato, è mancato in questi due anni e mezzo di legislatura! Prima o poi dobbiamo fare un dibattito anche su questi due anni e mezzo.

In questo contesto, nasce anche la riduzione a "30", per le Regioni sotto i 2 milioni di abitanti, dei consiglieri regionali, perché gli interlocutori devono essere ridotti, perché, al mondo dell'economia, della finanza, ai poteri forti, piace così; devono essere ridotti gli interlocutori e probabilmente un Consiglio regionale di 30 consiglieri lo possono fare due o tre ricchi, si mettono d'accordo, eleggono 30 consiglieri regionali, ma difficilmente risponderanno al popolo.

Io non sono per seguire la piazza, sono per ascoltare i cittadini, che è una cosa diversa, e lo faccio, lo faccio tutti i giorni, lo faccio svolgendo come posso, come ne sono capace, il mio ruolo di consigliere regionale in un rapporto sistematico di incontro con i cittadini. Penso che lo facciate tutti voi, ne sono convinto; in questo rapporto sistematico, dai cittadini, presi anche uno per uno, e non sono la piazza, onorevole Diana, ci pervengono alcune domande alle quali dobbiamo dare delle risposte. Una domanda attiene ai costi della politica e noi dobbiamo anche spiegare che si deve essere guidati da criteri che riportino la figura del politico nella dimensione più alta e che, per fare bene il nostro lavoro, dobbiamo probabilmente avere anche quell'autonomia che ci consente di non dipendere da nessuno. Però, questo lo dobbiamo fare sempre, di non dipendere da nessuno, ciascuno di noi; dobbiamo rappresentare i cittadini e non i "capi-partito", i "capi-bastone", i presidenti, che oggi cercano di fare, con i pranzi e con le cene, i leaders di coalizione, dobbiamo cercare di essere noi stessi e di rispondere ai cittadini.

A questa domanda di ridurre i costi della politica, io dico che la risposta è cercare di essere parte e non controparte dei cittadini, perché lo siamo, perché siamo loro rappresentanti e quindi vivere insieme a loro i sacrifici, vivere insieme a loro le pratiche, la burocrazia, le difficoltà che incontrano, la mancanza del lavoro, vivere insieme a loro, vivere con loro, essere immersi nella società. Questa credo che sia la risposta. Allora diventa conseguente che, quando noi chiediamo sacrifici ai cittadini, siccome i cittadini sono parte di noi, quei sacrifici li dobbiamo fare anche noi. In questo modo, io leggo anche la riduzione dei costi della politica.

Però, ora parliamo della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Credo che, al di là dei costi della politica, io sono qui da sette anni, ho sentito tutti dire che dobbiamo portare a "60" il numero dei consiglieri regionali, per una dimensione equilibrata del nostro Parlamento, del rapporto con la società che cambia, con uno Statuto che, nella prima versione, parlava della rappresentanza per ciascun consigliere regionale di 20 mila abitanti e che, nella dimensione che invece noi ipotizziamo, che la Commissione autonomia all'unanimità ha ipotizzato, avrebbe un rapporto di 1 a 35 mila abitanti. Nel frattempo la società è cambiata, il nostro rapporto con i cittadini ci consente probabilmente anche di rappresentarne un numero più ampio, con tutti i mezzi... per favore, onorevole Sanna, io non l'ho disturbata quando lei è intervenuto…Presidente!

Probabilmente abbiamo la possibilità, con i mezzi di comunicazione, col contatto continuo, anche girando forse un po' di più, di rappresentare 35 mila abitanti, quindi il rapporto di "50" mi sembra un rapporto corretto, non così "30", che ridurrebbero questo Parlamento a un condominio, a un consiglio comunale; credo che sia un numero equilibrato, un numero doveroso, anche perché, se non lo facciamo noi, lo farà il Parlamento e probabilmente ridurrà i numeri tenendo conto di altri principi che non sono quelli della Sardegna, che non sono quelli dell'equilibrio territoriale, della rappresentanza territoriale, della rappresentanza di genere, che non sono quelli della rappresentanza delle forze minori.

Io capisco chi la pensa diversamente, anche nel mio Gruppo, lo capisco, e devo dire che ha anche una logica che prima si faccia la legge statutaria, quindi la forma di governo, visto che vedo molte perplessità, molti dubbi, ha una logica che si faccia prima la legge elettorale e poi, nella legge elettorale, capire qual è l'equilibrio col numero dei consiglieri regionali, è logico. Ma è anche logico che, una volta presa una decisione, per esempio un ordine del giorno unanime, unitario, quello del novembre dello scorso anno, quando abbiamo dato novanta giorni alla Commissione autonomia, con un'apertura di credito importante alla maggioranza, onorevole Giacomo Sanna, alla maggioranza di cui fate parte, e non è che un giorno ne fate parte e un giorno non ne fate parte, ne fate parte sempre, a meno che non ne prendiate atto, ritiriate la Giunta e tutti gli incarichi che avete; quella maggioranza non ha dato risposte, è passato un anno, non novanta giorni, e non ha fatto niente la Commissione autonomia, non ha fatto niente la maggioranza.

Allora, voi pensate che, se adesso ritorniamo in Commissione e non approviamo neanche la riduzione del numero dei consiglieri regionali, facciamo la legge statutaria, facciamo la legge elettorale? Non faremo niente! Io credo che se invece approviamo questa legge, certo, non partiamo dalle fondamenta, partiamo dal tetto, però, se noi approviamo questa legge, per come siamo fatti noi, che poi gridiamo all'autonomia, saremo costretti a fare la legge elettorale e la legge statutaria, saremo costretti. Inevitabilmente dovremo farla, se riduciamo il numero dei consiglieri regionali; qualche volta ci imponiamo anche noi qualche regola, ci autodeterminiamo e autodeterminiamo anche le nostre coscienze per fare le riforme.

Io credo che la risposta vera da dare a questa legislatura sarebbe stato il nuovo patto costituzionale con lo Stato, nel momento in cui la Repubblica muta il suo modo di essere e diventa federale; e questa, che è stata tradizionalmente la Regione autonomista, la Regione più vicina, io dico, alla specialità, all'autodeterminazione, alla sovranità diffusa, non ha preso parte a quel dibattito. Il presidente Cappellacci è stato assente, completamente assente, e la Sardegna è rimasta esclusa dal dibattito sul federalismo. In questo percorso noi avremmo dovuto inserirci, ci abbiamo provato, anche con un ordine del giorno voto, che significava immediatamente porre all'attenzione del Parlamento la nostra proposta. Quella ricerca di riscrivere lo Statuto, anche attraverso le forme più ampie di partecipazione, persino attraverso, l'abbiamo scritto in quell'ordine del giorno, un'Assemblea elettiva con funzione costituente, magari redigente, per dare poi centralità nell'approvazione al Consiglio regionale, non ha fatto un passo avanti.

Allora, di che cosa possiamo lamentarci? Io credo che dobbiamo farci un esame di coscienza, capire se ciascuno di noi, qui, in quest'Aula, svolge il suo ruolo, a cominciare da me, secondo le risposte che i cittadini attendono, se la domanda vera, che è una domanda che io sintetizzo con due parole, è il bene comune; questa è la domanda vera, fare in modo che gli interessi generali siano rappresentati magari sulla base di progetti distinti, che trovano nel confronto, nella dialettica parlamentare e democratica, anche forme qualche volta di sintesi, se si vuole raggiungere il bene comune; ma non c'è questo, perché se noi pensiamo soltanto all'ultimo anno qui, in Consiglio regionale, presidente Lombardo, passiamo da una finanziaria vuota a un collegato altrettanto vuoto, a un disegno di legge che non so a che cosa sia servito, c'era un po' di tutto, dal personale a una legge sul golf dove mascheriamo, con i nomi, realtà molto diverse, ci sono progetti diversi. Allora, se questo Consiglio regionale non funziona, se questo Consiglio regionale non riesce a esprimere una politica che dia veramente risposte ai cittadini, con chi ce la vogliamo prendere? Io credo che ci siano responsabilità diverse, che ci siano responsabilità che attengono al Governo, che attengono alla coalizione di maggioranza, che ci siano responsabilità, ugualmente importanti, ma minori, che riguardano chi, questo Consiglio regionale e questa coalizione, non guida.

Per farla breve, io credo che non possiamo oggi ritornare in Commissione, rinviare la legge in Commissione, ma questo è un parere mio personale. Credo che sia sbagliato, se qualcuno lo farà, mascherarsi dietro voti segreti, credo che sia sbagliato e, in quel caso, se ci sarà la richiesta di voto segreto, io chiederò, per quello che conta, magari non mi ascolterà nessuno, chiederò al centrosinistra di uscire dall'Aula, per fare in modo che le responsabilità siano ben distinte e che ciascuno si assuma qualche volta la propria responsabilità fino in fondo di manifestare un voto che, comunque, riguarda un percorso che c'è stato. Il mio Gruppo ha scritto, in un documento del 9 settembre 2011, dopo aver espresso voto favorevole in Commissione: "Si valuta positivamente la proposta di legge costituzionale già approvata in Commissione autonomia, che prevede la riduzione del Consiglio regionale a 50 componenti. Si tratta ora di collegare a questa prima modifica le conseguenti misure di riforma della legge elettorale e della legge statutaria, per le quali il Gruppo del Partito Democratico conferma la sua opzione irrinunciabile per la forma di governo che prevede l'elezione diretta del Presidente e la costruzione di maggiori equilibri fra il legislativo e l'esecutivo".

Questa è la posizione del Gruppo del Partito Democratico al 9 settembre 2011, e questa io sento di rappresentare. L'ho fatto probabilmente anche con la coscienza che mi deriva più da consigliere regionale che da Capogruppo, l'ho fatto con la responsabilità che mi deriva, cercando di rispondere alle istanze di questo Consiglio regionale, alle istanze dei cittadini, cercando magari insieme, insieme a voi, di guidare la piazza e di non farci guidare, ma ricordandoci anche che noi siamo chiamati a dare risposte ai cittadini e non solo alle nostre esigenze.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.

FLORIS MARIO (Gruppo Misto), Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.Onorevoli colleghi, non credo di appartenere a nessuno dei tre sentimenti che sono stati enucleati in quest'Assemblea, teoricamente potrei appartenere al primo di questi sentimenti, ma ho cercato e cercherò di fare un ragionamento asettico. Dire, com'è stato detto da alcuni, che è "kafkiano", è poco e non è esatto, come è poco e non è esatto dire che è sconcertante questo nostro dibattito. Non è un confronto di idee e di proposte, non è neanche uno scontro tra parti politiche, di voci libere, indipendentemente dall'appartenenza e dagli schieramenti; è, come è accaduto altre volte, una sorta di soliloquio, una vetrina, non l'esercizio di un diritto di tribuna, che ogni singolo consigliere regionale legittimamente ha, certamente sul piano formale e anche sul piano regolamentare di un regolamento vecchio, obsoleto, anche per le regole che, nella società di oggi, disciplinano l'utilizzo proficuo del tempo, nell'economia come nella politica, come nelle attività della pubblica amministrazione. Abbiamo detto spesso, e lo ripetiamo ancora oggi, che questa non è una società dai lenti mutamenti, ma è una società dai mutamenti rapidi, che ha bisogno, quindi, di tempi rapidi, perché tutto si evolve in tempi rapidissimi, per non perdere il treno del progresso e della modernità, in tutti i campi, quelli materiali e quelli immateriali.

Nella politica e nella pubblica amministrazione si parla da troppo tempo di riforme; riforme della rappresentanza, della composizione degli organismi assembleari, degli organi di governo, della Giunta regionale, del Consiglio regionale, e si preconizzano tempi europei: due minuti massimo, se non un minuto. Qui, invece, parliamo tutti per venti minuti; certo, si dirà, lo consente il Regolamento, ma questi sono i tempi biblici della politica. La prima e più urgente riforma, a mio giudizio, è proprio questa, perché anche il tempo è denaro, ovvero la misura che valuta l'adeguatezza, l'efficienza, l'efficacia, la produttività, l'economicità della politica, che è tale nella sua irrinunciabile funzione se interviene in tempi e in modi congrui. Non è solo necessaria, perciò, una disciplina e una coesistenza diversa delle rappresentanze politiche delle assemblee elettive e degli organi di governo, della loro selezione, ma è altrettanto urgente e indifferibile, anzi, per me sarebbe dovuta essere la prima riforma, una nuova disciplina e una diversa organizzazione dell'attività complessiva del Consiglio regionale e dell'Assemblea legislativa.

Colleghi, il provvedimento che oggi è al nostro esame potrebbe rappresentare la pietra "prima" della costruzione di quel cammino di riforme che tutte le forze politiche hanno posto come obiettivo in questa legislatura. Significativamente, proprio un anno fa, di questi giorni, avevamo avviato insieme un percorso che ha portato, dopo un positivo confronto, a quell'ordine del giorno unitario, sul quale dovrebbe basarsi la stagione delle riforme. Avremmo potuto iniziare il percorso da un altro versante, forse più razionale, organico, tenuto conto delle esigenze prioritarie e dell'organizzazione complessiva della Regione, della Regione-ordinamento, della Regione-Governo, della Regione-soggetto di programmazione e di indirizzo, era una scelta nella nostra responsabilità quella di dare un indirizzo diverso all'adeguamento istituzionale giuridico e politico della Regione e all'ammodernamento della pubblica amministrazione regionale e locale. La conversione in legge del recentissimo decreto numero 138 e le misure urgenti da esso previste per la stabilizzazione finanziaria dello Stato, in particolare la riduzione dei costi degli apparati istituzionali, hanno imposto una diversa agenda e un diverso percorso.

Affrontiamo perciò per primo questo tema, quello della riduzione dei costi degli apparati istituzionali regionali, attraverso la proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali, licenziata dalla prima Commissione. Tema non nuovo, in verità, per questa Assemblea, tema non nuovo per la politica sarda. Altre volte, infatti, in tempi non sospetti, indipendentemente dalla "piazza", e meno drammatici per le finanze pubbliche, avevamo affrontato le questioni della razionalizzazione delle istituzioni a livello nazionale, regionale, locale, del parlamento dei piccoli comuni, passando anche per la Regione. Dicevamo allora e diciamo anche oggi che occorre una più razionale distribuzione del potere e delle risorse pubbliche, una migliore e più efficiente organizzazione del lavoro legislativo e amministrativo, una maggiore produttività, più ricadute positive nei confronti del cittadino, della società e dell'economia, in poche parole, minori sprechi, più equità, più crescita, più sviluppo, più modernità, più progresso.

Si afferma spesso in maniera semplicistica che la Sardegna arriva in ritardo all'appuntamento delle riforme e questo ritardo viene addebitato alle forze politiche. Un ragionamento che potrebbe essere condiviso se dovessimo guardare unicamente al risultato, non lo è certamente sul piano dell'impegno politico per quanto riguarda l'elaborazione e le proposte, portate anche al confronto e al dibattito culturale e istituzionale, che hanno trovato, sul cammino, limiti e freni anche nei poteri dello Stato, che hanno condizionato le nostre volontà e le nostre scelte. Intendo riferirmi, in particolare, ai principi costituzionali e alle procedure di riforma della Carta costituzionale, del nostro Statuto e degli organi statutari che, nel rapporto Assemblea regionale, Governo, Parlamento, di fatto bloccano, come hanno bloccato, ogni progetto di riforma, di adeguamento e di modernizzazione degli strumenti di autogoverno dei sardi.

A queste remore si aggiunge la debolezza purtroppo del peso specifico politico dei Partiti nazionali e nelle istituzioni dello Stato, mentre gli aneliti e i progetti di autonomia compiuta e nazionalitaria, cari al popolo sardo, si infrangono nei particolarismi facendoci perdere i valori e la forza di un popolo che potrebbe combattere e camminare unito verso traguardi di progresso e di sviluppo. A questa debolezza, si aggiunge il fattore tempo, la sintonia dei tempi delle riforme, specie quelle di rango costituzionale, con i tempi della legislatura nazionale e regionale, fattore e sintonia che non riusciamo a cogliere e che condizionano, pregiudicandolo, il percorso delle riforme come è accaduto per le iniziative passate. Ancora oggi, mentre noi discutiamo e ci apprestiamo ad approvare questa prima legge di riforma del sistema autonomistico, aleggiano queste sensazioni e avvertiamo questi limiti e questi freni; limiti e freni che dobbiamo rimuovere cercando di entrare in sintonia con il Governo e con il Parlamento nazionale affinché la volontà di cambiamento e di riforma, che manifestiamo, si coniughi con i tempi tecnici e procedimentali voluti della Carta costituzionale.

Paradossalmente anche la riconosciuta esigenza di salvaguardia delle prerogative delle autonomie speciali, emersa nel recente dibattito in Parlamento sul disegno di legge numero 138, potrebbe venire incontro alla nostra iniziativa. Le riforme, lo dico ai colleghi, nascono con lo Statuto. Nello Statuto è il germe e il fermento di tutte le riforme necessarie e ormai indifferibili. Le riforme istituzionali, quelle fondamentali, nascono storicamente con la nostra autonomia; nasce con il nostro Statuto la necessità di modificarlo e di adeguarlo alle esigenze di uno strumento di autentica potestà di autogoverno che non derivava e non deriva da alcuna gentile concessione dello Stato, ma da un diritto naturale del popolo sardo. Noi siamo chiamati oggi a declinare e a coniugare questi irrinunciabili assunti volendo dare un valore significativo a questo nostro dibattito, il valore cioè di una volontà reale e concreta di avviare una stagione storica di riforme, quelle riforme che vengono attese da tanti.

La nostra autonoma scelta, nella concezione del significato numerico e politico, che potremmo chiamare la via sarda al contenimento dei costi della politica e delle istituzioni, non si scosta dall'obiettivo che il Parlamento ha posto per la razionalizzazione della spesa pubblica, anzi concorre al suo conseguimento complessivo nel contempo riaffermando il principio di leale collaborazione che la Sardegna ha sempre avuto presente nei confronti dello Stato nazionale.

Non è la prima volta, questo ci tengo a sottolinearlo, che in quest'Assemblea affrontiamo questi temi. Non è la prima volta che la classe politica dirigente sarda pone, al centro del dibattito e del confronto, il tema della riorganizzazione e dell'ammodernamento complessivo dell'apparato pubblico, dalle assemblee agli organi di governo della Regione, delle province e dei comuni. Il Consiglio regionale della Sardegna è stato anzi antesignano di queste battaglie, ha anticipato lo Stato, il Parlamento italiano. La Sardegna ha per prima affrontato, per esempio, il riordino degli enti locali territoriali, ha introdotto il vincolo dell'unione dei comuni per i servizi ai cittadini più efficienti, più efficaci e più economici, e qui ci siamo fermati.

Come ci siamo fermati nel 1977, quando venne sottoscritta la storica intesa autonomistica fra tutti i partiti dell'arco costituzionale che sanciva l'impegno di avviare una nuova stagione dell'autonomismo regionale, così come ci fermammo nel 1995, all'undicesima legislatura, con la Commissione speciale, istituita e presieduta dal compianto Salvatore Bonesu, che ha fatto un buon lavoro, la cui risoluzione finale sulla riforma federalista dello Stato, approvata dalla Commissione nel luglio 1996, è decaduta per fine legislatura; così come fummo costretti a fermarci nel lontano 1993 quando un provvedimento analogo a quello che oggi abbiamo in esame, approvato in Consiglio regionale, udite, udite, è decaduto per fine legislatura nazionale! Anche allora, consentitemelo, ricordo con una certa emozione quei momenti, in quanto ebbi l'onore e l'onere di presiedere quel dibattito e quel confronto politico, anche allora erano in campo diverse proposte di modifica dell'articolo 16 dello Statuto per la riduzione, che venne approvata, del numero dei consiglieri da 80 a 60. Non se ne fece nulla anche quella volta per fine legislatura e oggi scontiamo un altro handicap: non abbiamo più una nostra legge elettorale, stiamo mutuando la legge generale per le Regioni ordinarie, ciò impedisce ogni altra conseguente necessaria riforma, dobbiamo prenderne atto e assumere l'impegno di porvi rimedio.

Pensavo e credo che questo provvedimento fosse un provvedimento condiviso. E' in atto, non possiamo sottacerlo certamente, se si ritiene per piazza questo, un'aggressione alle istituzioni e alle rappresentanze politiche che non è ragionevole e tanto meno condivisibile; credo che questo sia un provvedimento che noi dobbiamo portare avanti, però lo dobbiamo portare avanti, colleghi del Consiglio, con dati di fatto, suffragando le nostre scelte sul numero dei consiglieri regionali e motivando perché la Giunta regionale ha approvato un disegno di legge con 60 consiglieri regionali e non per 50, non per 40 e non per 30, facendo le proiezioni, verificando che cosa avviene in Sardegna.

Ho sentito tante discussioni, tanti colleghi parlavano dei loro piccoli territori e dicevano: "Se si riduce a 60 il numero dei consiglieri, noi perdiamo i seggi", ma non è vero nulla! Qui ci sono tutti i dati, con tutte le proiezioni e vediamo che quello non succede assolutamente; per esempio, se con 60 consiglieri dovesse essere eliminato il listino, non succede assolutamente nulla per nessuno, perché l'Ogliastra continuerà ad avere due suoi rappresentanti, perché Oristano avrà i suoi sei rappresentanti, perché tutti gli altri avranno i propri rappresentanti.

Allora, cerchiamo di ragionare e di ragionare con cognizione di causa e con dati alla mano che credo siano necessari per portare avanti un ragionamento valido. Se ci sono preoccupazioni emerse durante il dibattito, ma preoccupazioni vere, suffragate da dati inconfutabili, che sono state manifestate da molte parti politiche, si vedano pure. In particolare, io non credo che vi sia l'esigenza, posto che il Senato sta portando avanti la riduzione dei parlamentari e non pone altri problemi se non la riduzione dei parlamentari, e con la riduzione dei parlamentari dice che le leggi elettorali verranno adattate ai nuovi tagli attraverso un meccanismo di riduzione automatica del numero dei parlamentari, quindi, la legge potrebbe anche andare così com'è, ma se ci sono queste preoccupazioni, in particolare di chiarire, ancorché non si tratti di elementi caratterizzanti il livello costituzionale quale la salvaguardia delle rappresentanze territoriali e politiche, in modo che siano una garanzia sin d'ora per le altre conseguenti iniziative legislative che in tema elettorale e forma di governo dovremo affrontare con urgenza e immediatezza, queste cose possono anche essere fatte. Tutto ciò senza interrompere ovviamente il cammino della riforma, ma tenendo presente che cosa rappresenterà il numero dei consiglieri regionali anche in rapporto a quelle leggi di riforma che dovremo affrontare subito dopo.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Chiedo una breve sospensione.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 12 e 16, viene ripresa alle ore 12 e 26.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.

Dichiaro chiusa la discussione generale.

Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Presidente, una brevissima dichiarazione di voto per dire che il Gruppo Italia dei Valori voterà a favore del passaggio all'esame degli articoli e che auspica che la discussione lunga e approfondita che c'è stata su questo tema possa trovare uno sbocco positivo con l'approvazione della legge stessa.

Approfitto di questa brevissima dichiarazione per dire che difendiamo l'autonomia della proposta. La proposta non è fatta né per difenderci da una piazza che, ripeto, noi non consideriamo ostile, anzi consideriamo spesso determinante per le ragioni della democrazia e uno stimolo importante e necessario alle decisioni di chi è deputato temporaneamente a prendere le decisioni politiche, quindi non abbiamo assolutamente paura della piazza e non abbiamo paura di difendere le nostre prerogative quando queste prerogative sono fondate sul buon senso e sull'equilibrio.

Il secondo elemento che vorremmo indicare è che non abbiamo neanche paura degli attacchi all'autonomia che vengono dall'esterno. Questa proposta non l'abbiamo fatta perché il ministro Calderoli si è inventato il numero di 30 consiglieri regionali da assegnare alla Sardegna. La proposta non l'abbiamo fatta per questo! Se Calderoli fosse stato zitto, e noi auspichiamo che lo faccia sempre più spesso, noi avremmo fatto ugualmente questa proposta, perché la proposta della riduzione dei consiglieri regionali è iscritta da anni nell'agenda della politica sarda, è iscritta da anni, come autorevolmente ha ricordato anche l'assessore Floris nella sua replica.

Per cui, i tempi sono maturi, abbiamo ricordato che al Senato si sta procedendo a tappe forzate per un'altra riforma, auspicata da anni, del nostro ordinamento istituzionale, cioè la riduzione dei parlamentari, del numero dei deputati, dei senatori, la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni, anche questa è una delle richieste che sono state fatte da tutte le forze politiche in Sardegna, anche al Parlamento stanno andando avanti. Non è possibile che la Sardegna possa rimanere ulteriormente...

PRESIDENTE. Onorevole Salis, il tempo a sua disposizione è terminato.

Colleghi, c'è troppo fermento in Aula!

Ha domandato di parlare il consigliere Campus per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Presidente, per stare nell'ambito dei minuti che mi sono concessi, sottoscrivo tutto quello che ha detto il consigliere Salis, anche il passaggio sul ministro Calderoli. E dico perché comunque voterò per il passaggio all'esame degli articoli e a favore di questa legge: questa discussione, devo dire, forse per la prima volta, è stata una discussione aperta, ampia e non drogata da posizioni di parte. E' il motivo per cui io esprimerò il mio voto, perché nella discussione non mi hanno convinto né le obiezioni legate ai consiglieri a metro quadro, né le obiezioni legate alla specialità che si deve estrinsecare solo con un numero esorbitante di consiglieri, né le obiezioni sulla tempistica, "prima facciamo una legge elettorale e poi stabiliamo quante persone devono essere elette". Io credo che la logica ci porti tutti a capire che prima dobbiamo sapere quanti ne possiamo eleggere per calibrare una legge elettorale che sia davvero adeguata a tutto quello che noi vogliamo avere come composizione, rappresentatività, diritto di tribuna e quant'altro.

Ma soprattutto voto perché, come ho detto prima, ritengo che questo sia un dibattito libero, non accetto imposizioni, né di Gruppo né di Partito perché questo non è un patto con gli elettori, non è un patto di maggioranza, questa è una responsabilità che ognuno di noi deve sentire con se stesso e nei confronti del popolo sardo. E' questo il motivo per cui, senza alcuna polemica, né all'interno del mio Gruppo, né all'interno della maggioranza, io sceglierò in coscienza, così come ho fatto in Commissione, di sostenere la riduzione del numero dei consiglieri regionali e di sostenere anche "quel" numero, perché lo ritengo razionale e proporzionato alla rappresentanza che questo Consiglio deve avere nei confronti di tutta l'Isola.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Io dichiaro il voto favorevole per il passaggio all'esame degli articoli, mio, del collega Sechi e del collega Cugusi, lo facciamo perché, insieme ad altri colleghi, già a inizio legislatura, addirittura nella precedente, nel 2007, abbiamo affrontato questo argomento. Questo è un argomento chiaramente più complesso di una disposizione, come dire, aritmetica, è un argomento di alto valore politico e quindi ho accompagnato la mia partecipazione a questo dibattito, a questa discussione, anche con la presentazione di alcuni emendamenti; emendamenti che hanno l'obiettivo di dettare alcuni principi sulla legge elettorale che ormai è diventata assolutamente urgente e che, secondo me, deve prevedere la cancellazione del listino (e quindi via la cultura dei nominati, i consiglieri regionali e i parlamentari siano sempre eletti), la parità di genere nelle liste e nelle modalità di voto, la rappresentanza territoriale, perché la nostra è una regione assai estesa, e il ridimensionamento, a una misura sufficiente, del premio di maggioranza per consentire alle minoranze di essere presenti in questo Consiglio regionale, anche alle minoranze che rappresentano sensibilità politiche di cultura sardista e indipendentista che invece hanno difficoltà di accesso in alcuni casi in quest'Aula.

Ho presentato anche altri emendamenti, uno in particolare tende a indicare una strada diversa per la modifica dello Statuto rispetto all'articolo 54, cioè la costituzione di una assemblea elettiva con funzioni costituenti perché la riforma ha bisogno di una partecipazione di popolo e di una partecipazione di popolo liberamente scelto dallo stesso popolo.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ladu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

LADU (P.d.L.). Signor Presidente, Assessore e colleghi, anch'io voterò "sì" al passaggio all'esame degli articoli di questa legge, anche se devo dire che la cosa più logica sarebbe stata quella di fare un discorso contestuale fra questa proposta di legge e la legge elettorale sarda. Considerato che i tempi non mi pare che siano vicinissimi, credo che noi non possiamo permetterci di continuare a perdere tempo in quest'aula, quando probabilmente anche altri potrebbero decidere al posto nostro.

Quindi potrebbe succedere che noi ci troviamo effettivamente una proposta, come è successo altre volte, perché non è la prima volta che succede, che fanno altri al posto del Consiglio regionale sardo che non è capace di farlo. Pertanto, io credo che sia opportuno che questo Consiglio regionale si esprima; sinceramente non capisco perché prima il Consiglio regionale, tramite la Commissione, decide all'unanimità una cosa, poi, anche con la Conferenza dei Presidenti di Gruppo, fa altrettanto e decide sul numero dei consiglieri che era stato individuato in "50" come numero equo. Io lo ritengo un numero giusto perché credo che, togliendo il listino che ritengo una cosa non giusta, 50 consiglieri eletti, spalmati bene nel territorio, possano essere sufficienti, credo che la legge non possa assolutamente tornare in Commissione ma possa andare avanti perché ritengo che sia un numero giusto e un numero equo.

Anch'io a differenza del Gruppo, esprimo un voto in assoluta libertà, però credo che su queste cose bisogna avere anche il coraggio di assumere delle determinazioni in base alla propria coscienza.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare la consigliera Zuncheddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Presidente, annuncio il mio voto decisamente contrario a tutta questa legge, fra l'altro lamento il fatto che non mi sia pervenuta a tutt'oggi una spiegazione sul perché la mia proposta di legge sui costi della politica non sia stata presa in considerazione dalla Commissione. Lo considero un atto antidemocratico gravissimo e attesta chiaramente una crisi della democrazia all'interno delle istituzioni.

In ogni caso, su questa proposta di legge, che confonde i tagli dei costi della politica con la riduzione numerica dei consiglieri, quindi i tagli alla democrazia, non posso essere d'accordo; è da bocciare integralmente perché in totale contrapposizione alla stessa storia della nazione sarda. Essa viola il diritto di tutela e di rappresentanza a tutte le minoranze politiche presenti nel territorio, questa è una caratteristica della Sardegna. Questa proposta bipartisan è il tentativo maldestro di eliminare le rappresentanze scomode, mi riferisco proprio a quelle delle minoranze, per creare una ristretta supercasta, perché di questo si tratta, una ristretta élite di onorevoli su cui accentrare ulteriormente il potere decisionale e politico in ossequio allo Stato italiano. Questa proposta non tiene neppure conto… sospendiamo, Presidente!

PRESIDENTE. Colleghi, prendete posto! Grazie.

ZUNCHEDDU (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Questa proposta non tiene conto neppure delle forti sollecitazioni popolari, come le migliaia di firme raccolte in Sardegna negli anni scorsi a supporto della richiesta di abbattimento dei privilegi della casta politica, ovviamente mai prese in considerazione, oggi stesso c'è stato quasi un atteggiamento di disprezzo tutte le volte che è stata menzionata la piazza, cosa gravissima e rilevante. Di fatto, dietro la vostra proposta, si nasconde un feroce attacco alla democrazia e al sistema proporzionale sposando in concreto il bipolarismo della peggior politica italiana e delegittimando con questo lo spirito dello Statuto del '48.

Quindi il testo unificato è da respingere perché non risponde assolutamente alle richieste e ai bisogni dei sardi. E' bipolarista, è italianista e nega la diversità e la ricchezza della nostra storia politica; è bipolarista e ovviamente sarà teso verso il bipartitismo perfetto, cosa che ho già denunciato in quest'Aula.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Io e il mio Gruppo, veramente non mi sono consultato con Capelli, voteremo a favore del passaggio all'esame degli articoli benché abbia manifestato in più occasioni come questo provvedimento avrebbe avuto necessità di un approfondimento in Commissione.

Io ho condiviso degli spunti di alcuni interventi, anche quello ultimo della Giunta, se non fosse per un passaggio metaforico utilizzato dall'assessore Floris che diceva che questa riforma, dopo quattro legislature di tentate riforme dello Statuto, potrebbe essere la prima pietra su questo percorso che si costruisce.

Ecco io credo che questa sia la pietra tombale dell'ennesima legislatura nella quale non si arriverà a riscrivere un nuovo patto con lo Stato. Perché? Credo di averlo motivato in precedenti interventi. Perché ciò che vuole il Governo oggi è la riduzione del nostro Consiglio regionale e degli altri Consigli regionali. Noi gli forniremo su un piatto d'argento l'opportunità di discutere solo questo, di fare proposte che sono solo autoreferenziali; ai sardi realmente interessa come verrà composta la legge elettorale o interessa che venga anche affrontata qualcuna delle priorità, per esempio la continuità territoriale, per esempio il patto di stabilità? Che vengano costituzionalizzati per impedire che la vertenza entrate, l'articolo 8 venga vanificato con una legge ordinaria? Il patto di stabilità ci dice che non possiamo spendere più di 3 miliardi, che senso ha che ve ne dia 6?

Ecco, allora io voterò a favore, il mio Gruppo voterà a favore del passaggio all'esame degli articoli perché spera soltanto che, attraverso questo strumento, si riesca a porre almeno due o tre elementi (patto di stabilità, non riscossione delle entrate, modifiche pattizie dello Statuto e continuità territoriale) come argomenti insieme alla riduzione dei consiglieri, altrimenti non avremo fatto un buon servizio per i sardi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Il Gruppo del P.D. voterà a favore del passaggio all'esame degli articoli.

Noi riteniamo che questo sia un passaggio al quale dobbiamo necessariamente collegare la legge elettorale alla legge statutaria, la forma di governo e la legge elettorale che deve rappresentare necessariamente tutti i territori dell'isola. Noi confermiamo l'esigenza di adeguare rapidamente l'impianto istituzionale della nostra Regione a prescindere da orientamenti di parte e in continuità con quello che abbiamo fatto nella scorsa legislatura. E lo dobbiamo fare anche in ragione delle mutate condizioni economiche e sociali della nostra Isola. E allora il percorso di riforma al quale siamo chiamati, che tiene conto anche della riduzione di enti, di agenzie dell'apparato burocratico della Regione, che tiene conto di un progetto di riforma avviato dal centrosinistra nella scorsa legislatura e che tiene conto, in ultima analisi, anche di un'esigenza di modifica del testo unico degli enti locali, non può che partire da noi, dalla Regione, non può che partire dalla legge statutaria, dalla legge elettorale e dalla legge di organizzazione. Questo era il mandato che, un anno fa, questo Consiglio regionale ha dato alla Commissione autonomia e credo che, a partire da questa legge, che non abbiamo trovato per caso ma che ha seguito un iter ben preciso, possiamo dar vita a una stagione costituente.

Siamo tutti chiamati alla prova in una sfida reciproca che ci lanciamo nell'interesse generale, nell'interesse di quelle politiche di sviluppo che partono proprio dal progetto di riforma che noi vogliamo inaugurare.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ben Amara per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Presidente, si può anche passare alla discussione degli articoli, però io dico che per una volta sono d'accordo, in sintonia, col discorso che ha fatto il collega Diana e mi rivolgo al collega Salis dicendo che, prima di edificare una moschea, caro Salis, non è che porti i tappeti e poi non costruisci la moschea; so che sai, caro Salis, che il posto più oscuro di solito è sotto l'abat-jour, la riduzione di consiglieri concepita ad hoc per cancellare le minoranze è un'arma che mira a deterritorializzare la Sardegna e le sue diverse ricchezze, territorializza invece il bipolarismo e la tecnocrazia dei managers e delle varie lobbies.

La narrazione e l'amore per la narrazione, e lei è esperto, è un'arte del limite, un limite che ci conduce a un doppio gioco perché fa il contrario di ciò che dice.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, già nel mio intervento in discussione generale, io ho sostenuto il fatto e la necessità di procedere all'approvazione del numero dei consiglieri regionali. Vi ho detto che se fossi stato messo di fronte alla scelta di votare questa legge, così come è uscita dalla Commissione, sicuramente avrei votato a favore; se questa è l'unica via, voterò a favore della legge, pur non condividendo in assoluto il metodo.

Credo che tenere in piedi la legge elettorale attuale possa determinare sicuramente un aumento del numero dei consiglieri regionali. Ricordiamoci che nella passata legislatura eravamo "85" a seguito di quella legge elettorale che è in vigore, perciò non è detto che saranno "50".

Mi sono permesso di presentare degli emendamenti che fanno dei richiami alla legge elettorale perché, quando si fa una riforma, bisogna sicuramente ascoltare la voce del popolo, dei concittadini, dei conterranei, di tutti quelli che vogliono esprimere la loro opinione, ma bisogna anche assumersi la responsabilità di determinare il percorso per un cambiamento opportuno.

Questo, secondo me, è soltanto una pezza a un quadro bistrattato, la politica non recupera dignità con questa legge. I cittadini sardi, come tutti i cittadini italiani, probabilmente non avrebbero neanche sostenuto azioni come queste se la politica fosse stata all'altezza del proprio ruolo. E' questo il problema fondamentale, non credo che, agendo in questo modo, si possano dare risposte a questo problema, cioè alla formazione di una buona classe dirigente, che passa anche per il metodo di scelta della classe dirigente e in questo caso dei rappresentanti politici.

Questo non è il metodo, ma se questa è l'unica via, è chiaro, sono d'accordo. Perciò, riduciamo il numero dei consiglieri regionali, poi vedremo, nel corso dell'esame degli emendamenti, a quale numero e in quale modo ci potremo arrivare.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del passaggio all'esame degli articoli.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu.

Rispondono no i consiglieri: Ben Amara - Zuncheddu.

Si è astenuta: la Presidente Lombardo.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 72

votanti 71

astenuti 1

maggioranza 36

favorevoli 69

contrari 2

(Il Consiglio approva).

Alle ore 15 e 30 è convocata la prima Commissione. Il Consiglio è riconvocato alle ore 17 di questo pomeriggio.

La seduta è tolta alle ore 12 e 50.