Seduta n.311 del 17/03/2012 

CCCXI SEDUTA

Sabato 17 marzo 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 9 e 32.

BIANCAREDDU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 23 febbraio 2012 (303), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gian Vittorio Campus, Elia Corda, Gabriella Greco, Vittorio Lai, Franco Mula, Onorio Petrini e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 17 marzo 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di petizione

PRESIDENTE. Comunico che, in data 14 marzo 2012, è pervenuta alla Presidenza una petizione concernente "Provvedimento legislativo che preveda la cauzione sui contenitori di vetro e provvedimento legislativo che preveda la cauzione sui mozziconi di sigaretta". (1/XIV)

Ricordo che, a norma dell'articolo 103 del Regolamento interno, il fascicolo relativo a detta petizione è a disposizione dei consiglieri presso la quinta Commissione.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Regione, con nota del 15 marzo 2012, ha fatto pervenire al Consiglio il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro la Regione autonoma della Sardegna per dichiarata illegittimità costituzionale degli articoli 4, comma 2, e 7, comma 5, della legge regionale 22 dicembre 2011, n. 27 - Riforma della legge regionale 5 maggio 1965, n. 15 (Istituzione di un fondo per l'integrazione del trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza del personale dipendente dall'Amministrazione regionale).

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Greco - Locci - Lunesu - Pittalis - Floris Rosanna - Piras - Lai - Fois - Amadu - Peru - Gallus - Campus - Diana Mario - Murgioni - Meloni Francesco - Cossa - Vargiu - Mula - Dedoni - Pitea - Sanjust - Stochino - Petrini - Rodin: "Interventi di prevenzione, diagnosi e cura dell'obesità. Istituzione del Registro regionale e dell'Osservatorio regionale sull'obesità". (368)

(Pervenuta il 1° marzo 2012 e assegnata alla settima Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

BIANCAREDDU, Segretario:

"Interrogazione Barracciu, con richiesta di risposta scritta, sulla dismissione di arredi, attrezzature e corredo in dotazione all'Unità operativa di ostetricia e ginecologia del San Camillo di Sorgono e sul servizio di vigilanza in essere presso l'ospedale". (825)

"Interrogazione Agus, con richiesta di risposta scritta, in merito alla fornitura di apparecchiature ortodontiche". (826)

"Interrogazione Solinas Antonio, Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, sul Concorso all'Agenzia delle entrate per "Selezione pubblica per l'assunzione a tempo indeterminato di 220 unità per la seconda area funzionale, fascia retributiva F3, profilo assistente, destinate ai Centri operativi e ai Centri di assistenza multicanale"". (827)

"Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta, sulla grave discriminazione arrecata agli studenti sardi in merito all'accordo Alitalia-Cts". (828)

"Interrogazione Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, sull'integrazione di una borsa di studio per la Scuola di specializzazione in biochimica clinica dell'Università degli studi di Sassari". (829)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

BIANCAREDDU, Segretario:

"Interpellanza Planetta per conoscere quale sia il termine previsto dal contratto per la fine dei lavori del carcere di Bancali e quale sia l'effettivo stato attuale degli stessi, e se le relative procedure secretate siano riconducibili all'ipotesi di destinazione per detenuti in regime di "carcere duro" ex articolo 41 bis della legge sull'ordinamento penitenziario". (317/C-2.)

"Interpellanza Cocco Daniele Secondo - Uras - Sechi - Cugusi sulla situazione della Scuola di polizia a cavallo di Foresta Burgos". (318)

"Interpellanza Diana Giampaolo sulla necessità per la Regione dell'acquisizione della società Shardna da parte di Sardegna ricerche". (319)

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

BIANCAREDDU, Segretario:

"Mozione Cossa - Diana Mario - Diana Giampaolo - Steri - Uras - Sanna Giacomo - Dedoni - Salis - Artizzu - Cuccureddu - Zuncheddu - Sechi - Ben Amara - Dessì - Cugusi - Mula - Meloni Francesco - Fois - Vargiu - Biancareddu - Contu Felice - Obinu - Cappai - Moriconi - Pittalis - Petrini - Peru - Amadu - Piras - Tocco - Milia - Greco - Locci - Floris Rosanna - Rodin - Bardanzellu - Lai - Campus - Gallus - Contu Mariano Ignazio - Murgioni - Cocco Daniele Secondo - Mariani - Mulas - Lunesu - Lotto - Oppi - Agus - Cocco Pietro - Cucca - Solinas Antonio - Meloni Valerio - Espa - Barracciu - Corda - Bruno - Porcu - Cuccu - Manca - Sabatini - Capelli - Sanna Paolo Terzo sulle iniziative da assumere per evitare che gli istituti penitenziari sardi siano trasformati in carceri di massima sicurezza e per consentire l'immediata consegna dei lavori per la realizzazione di quattro nuove strutture penitenziarie, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (168)

"Mozione Steri - Sanna Giacomo - Contu Mariano Ignazio - Piras - Cappai - Cuccureddu - Capelli - Rodin - Lai - Dedoni - Cuccu - Cocco Daniele Secondo - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Manca - Cucca - Porcu - Corda - Lotto - Agus - Cocco Pietro - Solinas Antonio - Espa - Diana Giampaolo - Bruno - Obinu - Contu Felice - Sanna Matteo - Artizzu - Sanna Paolo Terzo - Biancareddu sulla procedura di riordino fondiario elaborata dal Consorzio di bonifica della Sardegna meridionale, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (169)

"Mozione Diana Giampaolo - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Capelli - Cocco Pietro - Cocco Daniele Secondo - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sechi - Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio - Soru - Zuncheddu sulla necessità che si proceda con urgenza alla dismissione delle servitù militari in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (170)

PRESIDENTE. Considerata l'assenza di numerosi consiglieri, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 9 e 36, viene ripresa alle ore 9 e 55.)

Discussione sulle risultanze dell'Assemblea degli Stati generali convocati in attuazione dell'ordine del giorno n. 76 del 14 febbraio 2012

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle risultanze dell'Assemblea degli Stati generali, secondo quanto stabilito dall'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio 2012, approvato da questo Consiglio. Abbiamo dedicato la giornata di ieri all'ascolto degli esponenti delle parti sociali, degli amministratori locali e dei parlamentari, oggi procediamo con il confronto in Aula sulle risultanze del dibattito di ieri.

Dichiaro aperta la discussione.

(Interruzione del consigliere Capelli)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, scusi, che tipo di discussione dobbiamo fare? Com'è regolamentata?

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha stabilito che ogni consigliere che intende intervenire avrà a disposizione dieci minuti per parlare; le regole saranno sempre le solite.

Ricordo ai consiglieri che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi del Consiglio, devo dire che avevo qualche perplessità sull'utilità e sull'efficacia soprattutto del momento di discussione di ieri, ma, pur confermando ovviamente la convinzione che, per avere miracoli, bisognerebbe andare a Lourdes e non in Consiglio regionale, mi ricredo parzialmente. E' onesto ammettere di essersi ricreduti, quindi di avere sbagliato, ma è anche giusto spiegare i motivi per cui ci si ricrede.

Il primo dei motivi per cui ammetto di ricredermi, dopo aver ascoltato con attenzione il dibattito che si è svolto ieri in quest'Aula, è che sono convinto che la stragrande parte degli interventi che si sono succeduti ha confermato che, negli intervenuti, che rappresentano uno spaccato della classe dirigente sarda, c'è la consapevolezza che la Sardegna sta attraversando un momento straordinario. Voi direte: "E' ben poca cosa questo". No, perché secondo me la consapevolezza che la Sardegna stia attraversando un momento straordinario ne genera un'altra, cioè la consapevolezza che i momenti straordinari si affrontano con azioni straordinarie, per cui nella nostra testa dobbiamo avere ben chiaro che gli strumenti, che usualmente siamo capaci di mettere in campo e che abbiamo messo in campo sino adesso, probabilmente sono inadeguati perché non sono straordinari rispetto alla straordinarietà del momento.

Secondo elemento: c'è una volontà di unità che sostanzialmente è diffusa. Anche su questo voi mi direte: "Bella forza, costa poco!". Beh, non è vero, perché se partiamo dal primo presupposto, cioè che una situazione straordinaria richiede strumenti straordinari, anche il secondo presupposto viene declinato allo stesso modo. Non possiamo pensare che l'unità della società sarda, se c'è, si possa manifestare attraverso un ordine del giorno, una mozione, cioè attraverso quegli strumenti ordinari che abbiamo usato mille volte e che saranno buoni per le situazioni ordinarie, ma non per quelle straordinarie. Noi Riformatori abbiamo sempre sostenuto che l'unità di intenti, nella quale ci ritroviamo, è peraltro una precondizione, non certo la soluzione del problema, quindi è importante avere in testa questo concetto.

Il terzo elemento importante che, secondo me, è emerso, per chi ha voluto ascoltare ieri, è che finalmente, in maniera sostanzialmente diffusa, è stato evocato un ragionamento che sino adesso veniva fatto a spot, cioè: che cosa fa l'Italia per salvarci? Punto di domanda! Apriamo vertenze con lo Stato. Che cosa facciamo noi per salvarci? Che cosa stiamo facendo noi per salvarci? Stiamo usando, noi, bene tutti i soldi che ci sono stati trasferiti in sessant'anni di autonomia? Li abbiamo usati bene?

Badate, se noi andiamo a vedere, lo dico per inciso perché i numeri poi vengono utilizzati stiracchiandoli da una parte e dall'altra in modo differente a seconda di quello che si vuol dimostrare, però quando noi abbiamo un saldo negativo di 4185 milioni di euro tra ciò che produciamo e ciò che ci passa lo Stato nella pubblica amministrazione, qualunque azione filosofica vogliamo mettere in campo, dobbiamo tenerne conto, anche perché questo saldo negativo diventa di 6 miliardi di euro per la pubblica amministrazione allargata, quindi teniamone conto.

Questa Regione, così orgogliosa, così fiera, così tutto, chiede ogni anno a Roma 4 miliardi di euro, e li ottiene, e le vengono passati per la pubblica amministrazione, 6 miliardi di euro per la pubblica amministrazione allargata. Il 75 per cento del nostro prodotto interno lordo viene dalla pubblica amministrazione; teniamone conto.

Domandiamoci se spendiamo bene i soldi; non lo so, anche se ieri è stato detto da tanti in modo preciso. Lo so abbastanza bene sulla sanità, per la quale lo Stato ci dice (sono in grado di accettare confutazioni in quest'Aula) che noi spendiamo 300 milioni di euro ogni anno in più di quello che dovremmo; 300 milioni di euro che vengono sottratti agli investimenti da altre parti, che vengono sottratti ad altre cose. Bene, vi garantisco che una parte di questi 300 milioni di euro è cattiva spesa. Se uno mi dimostra il contrario, lo ringrazio, perché imparo qualcosa.

Ieri abbiamo sentito nel concreto alcune idee sulle quali forse sarebbe utile riflettere, perché gli interventi che si sono succeduti non si sono limitati a lamentazioni (ce ne sono state tante) ma hanno aggiunto anche qualche idea progetto, ci hanno parlato delle infrastrutture immateriali, di questa cosa che poi diventa la scommessa fondamentale della Sardegna perché è l'unica in grado di creare opportunità e le opportunità sono davvero l'unica cosa che può evitare lo spopolamento delle zone interne o che può evitare lo spopolamento anche della capitale (perché avviene anche quello) o delle principali città che pure stanno sul mare o che hanno un tessuto forte al loro interno. C'è stato detto mille volte da tutti che c'è il problema della burocrazia, cioè il problema di una burocrazia inefficiente, che funziona male, che non dà risposte e che palleggia mille volte lontano, allontanando continuamente le soluzioni dei problemi sia che esse siano negative sia che esse siano positive.

Possiamo ascoltare mille volte gli interventi delle parti sociali, però poi ci sono alcune palle che gestiamo noi, che ci passiamo noi gli uni con gli altri alla ricerca di un attaccante che faccia gol, perché o il gol lo facciamo noi in questo palazzo o non lo fa nessuno. Non possiamo dire che, se la burocrazia regionale è inefficiente, è colpa dei sindacati, è colpa delle associazioni datoriali, è colpa delle province, dei comuni o di qualcun altro, è colpa nostra che non abbiamo fatto, che non facciamo e non riusciamo a fare niente che possa rimettere in moto un meccanismo.

Allora iniziamo da qui, iniziamo a capire se c'è un'inadeguatezza di questo palazzo, dei suoi regolamenti, delle sue capacità di fare. Nel passato, questo palazzo aveva 80 eletti, aveva 80 eletti quando andare da Cagliari a Olbia richiedeva due giorni di viaggio, oggi c'è Internet, bisognerà cambiare qualcosa nel funzionamento dei meccanismi di questo palazzo, bisognerà dirci che il legislatore regionale deve fare questo mestiere e deve diventare un controllore di qualità e che non può essere quello che ognuno di noi in parte diversa è, cioè uno che riceve ogni giorno disoccupati che gli chiedono un posto di lavoro, uno che accompagna gli amministratori locali o gli amici nei vari Assessorati per chiedere come mai una pratica è ferma; non può essere questo il ruolo del Consiglio regionale! Se questo diventa il ruolo del Consiglio regionale, una specie di consiglio di circoscrizione molto grande, teniamone conto! Poniamoci il problema di quello che dobbiamo cambiare noi.

Concludo parlandovi dei referendum; perché vi parlo dei referendum legandoli al ragionamento che abbiamo fatto fino adesso? Non perché sia un fissato o perché voglia convincervi di ciò di cui ciascuno di voi si convince autonomamente se vuole, ma per dirvi che sicuramente i referendum che si voteranno il 6 maggio hanno avuto un'accoglienza tiepida, uso un eufemismo, in questo palazzo. Ripensateci un attimo e per un attimo date al ragionamento una valenza laica senza pregiudizi. Guardate, i referendum non sono di un partito politico, ci possono essere dei consiglieri regionali che ci si sono impegnati molto fino adesso, ma non sono di un partito politico, sono degli amministratori locali che li hanno promossi, sono della società civile che ci crede, sono di chiunque li adotti e ci si butti con passione, consiglieri regionali, comunali, cittadini normali, chiunque essi siano.

Non sono contro la politica né contro la casta, a meno che la politica e la casta non li vogliano sentire contro di loro. Direi che sono a favore della politica, perché oggi ci aiutano a trovare uno strumento democratico che ci faccia riparlare con la gente e ci aiutano a levare dalle mani della gente i forconi che invece la gente altrimenti utilizzerebbe. Ci aiutano a dare strumenti alla volontà di cambiamento che è diffusa tra la gente e che probabilmente è presente anche al nostro interno, quindi ci aiutano a fare qualcosa che ricostruisce il rapporto tra società e politica che oggi è al 4 per cento di fiducia. Ci aiutano a far sì che la politica sia di nuovo in mezzo alla gente, una società che non è più guidata dalla politica è una società cieca e una politica che non ha più rapporti…

PRESIDENTE. Onorevole Vargiu, il tempo a sua disposizione è terminato.

Comunico che il consigliere Petrini è rientrato dal congedo.

E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Gruppo Misto). Presidente, una seduta come quella di ieri e anche una come quella di oggi potrebbero rappresentare un potenziale esplosivo per tutti noi, se ai discorsi seguissero atti performativi che possano liberare la politica dal sonno e far emancipare l'Isola da ogni "esclusione inclusiva". "Esclusione inclusiva" non è il non trasferimento delle risorse, la mancanza dell'investitura statale, il blocco dell'attività produttiva in tutti i settori, la crisi industriale, agricola e alimentare, lo strangolamento della società e della cultura, dell'arte e della musica, del turismo e della continuità territoriale, la mancanza delle riforme e tanti altri problemi.

Mi chiedo: perché la caduta di questa Isola deve precedere la sua salvezza? Possiamo noi accettare pienamente la caduta della nostra Isola come il punto di partenza che crea le condizioni per la sua salvezza? A me sembra di sì, perché noi non facciamo più politica ma fabbrichiamo solo opinione pubblica; in questo modo il mondo delle cose diventa il mondo delle immagini, dico che una buona società potrebbe anche nascere senza l'investitura statale ed è questa la vera autonomia di cui parlava Adorno: la libertà autonomista non fiorisce in fondo dall'istituzionalismo trascendentale. Se una teoria della giustizia ha un obiettivo, questo non coincide con il narcisismo e la retorica della fondazione. Davanti a questo Governo bisogna assumere la democrazia come una pratica e il processo del diritto dell'autonomia come un concreto farsi della giustizia; come è possibile far fronte alle difficoltà che attraversa qualsiasi settore vitale dell'economia senza poter usufruire delle risorse che ci spettano di diritto?

I temi ai quali dobbiamo dare urgente risposta sono tanti, esigenze e diritti che si chiamano insularità, costo della mobilità delle persone e delle merci, energia, strategie di rilancio dell'industria e dell'attività produttiva, accordo di programma dentro l'intesa nazionale o istituzionale, finalizzato sia all'industria sia ai settori nuovi e strategici per lo sviluppo dell'Isola. Occorre dare avvio a una nuova fase di crescita partendo dalla vertenza entrate, finanziando un nuovo piano di rinascita costituzionalmente vigente ma purtroppo rimosso sul versante politico e istituzionale.

La politica non è l'abito critico ordinato o la politica è l'abito critico ordinato costruttivamente all'azione, non consiste nell'essere ma nell'operare, la politica non è grammatica del comando, la nostra società trova equilibrio e sviluppo solo attraverso un continuo lavoro di tessitura creato dalle varie attività dei suoi membri. La morte di una società non è infatti un problema di monumento di idee, ma è semplicemente l'interruzione di un quotidiano e continuo lavoro di intreccio e tessitura, un lavoro di costruzione della vita sociale, politica, intellettuale e artistica. Noi viviamo sicuramente una crisi comunicativa nel senso di un'incapacità a elaborare un codice d'intesa. E' ovvio dunque che, in assenza di questo codice, la pluralità, che dovrebbe essere confronto costruttivo, fa problema. Con queste vicende delle entrate mi rendo conto che siamo arrivati a una specie di gaia rassegnazione, è una rassegnazione compiaciuta che anestetizza il desiderio di edificare il bene comune, lasciando così le persone in balia di logiche che funzionano secondo fini che non sono più necessariamente umani. Vedo che anche in questo Consiglio c'è una difficoltà a comunicare, sintomo che non possiamo sottovalutare se vogliamo difendere lo spazio politico di una convivenza democratica.

Dunque, dato il fatto della pluralità irriducibile degli attori sociali, che oggi purtroppo non sono presenti fra di noi, l'ambito politico deve puntare e convergere verso un pensiero pratico, cioè un insieme di convinzioni capaci di indirizzare l'azione. So bene che abbiamo tutti delle visioni diverse sull'agire politico e sociale, ma non ha senso mettere paletti. La nostra forza… Roberto, mi stai disturbando, io non ti disturbo mai! Lo so che non serve a niente, che sono parole parole parole… stavo dicendo che la nostra forza è proprio nella permeabilità dei confini, tutto ciò che è limitrofo è fertile, sono le contaminazioni che rompono la gabbia. Ci si può battere per i diritti, ma il compito quotidiano è rattoppare quello che una volta si chiamava Stato sociale.

E' ora che la Sardegna tutta intera si prepari a prendere pienamente la propria ricchezza passata e la propria sovranità fiscale futura. Decidiamo anche per l'election day e confrontiamoci scientificamente senza demagogia, perché l'essenza di questa crisi è aver messo sullo stesso piano filosofia e discorsi da bar. Siamo in troppi a dire troppe cose! La politica, così come la si pratica oggi, ha degradato i cittadini al ruolo di spettatori. Dovrebbero essere quindi loro a far valere i propri diritti nei confronti dello Stato, questo Stato che agisce in una zona grigia dal punto di vista costituzionale e partecipa attivamente alla produzione di uomini da buttare. Qui ci vuole una grande indignazione, perché un po' di indignazione allontana dalla politica, molta indignazione vi riavvicina. La democrazia non è esattamente un problema di sovranità, è un problema di governo, e il problema della politica non è costituito dalla sovranità, bensì dal governo. Poiché non esiste alcun fondamento ontologico del potere e poiché non esiste ingegneria istituzionale in grado di prefigurare una struttura sociale definitiva, ogni società è costantemente alla ricerca del proprio governo e ogni governo è chiamato a provare la propria legittimità rispetto al sistema di libere relazioni che stringono i soggetti.

Il problema centrale della nostra società politica riposa, secondo me, su questa intrinseca ambiguità dell'idea di libertà che, da un lato, spinge verso la creazione di un nuovo ordine politico, dall'altro verso la dissoluzione della relazione sociale. Mi chiedo, chiedendo a voi, come immaginare il rapporto tra la teoria politica e la storia sociale all'interno dell'orizzonte democratico; come governare i rapporti tra libertà e ordine, tra individui e società, in un contesto culturale che non prevede una fondazione data a priori della struttura sociale; come governare una libertà che atomizza le forme di vita. Dobbiamo essere ben convinti che l'approfondirsi della disuguaglianza è il prodotto di un circolo vizioso. I ricchi cacciatori di rendite usano la loro ricchezza per influenzare le leggi in modo tale da proteggere ed espandere la loro ricchezza e influenza. Non usiamo a sproposito la parola "riforma", perché sappiamo che ogni misura di politica economica è ormai annunciata come una riforma anche quando si tratta di normale amministrazione. Riforme dovrebbero essere quelle che cambiano la struttura di un sistema, non quelle che modificano i parametri come l'età pensionabile o il livello della contrattazione…

PRESIDENTE. Onorevole Ben Amara, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Anche io, come il collega Vargiu, non avevo una grande aspettativa sulla giornata di ieri. Non di meno mi ha impressionato il modo in cui i lavori sono stati avviati dalla sua relazione, signor Presidente. Le cose che si sono sentite le sapevamo, ma messe così tutte assieme, una dopo l'altra, dalle diverse organizzazioni, parti sociali, e soprattutto il modo in cui la discussione è stata conclusa dal Presidente della Regione ieri, devo dire che mi ha abbastanza impressionato. Il Presidente del Consiglio stesso, avviando il nostro dibattito, consapevole che non è normale che, in tre anni, facciamo tre Stati generali del popolo sardo, magari spinti anche dal quarto, credo, sciopero generale dei sindacati, non è normale, ha detto che la situazione della Sardegna è difficile, difficilissima, anzi è allo sfascio. Ho sentito questa parola in aula: "E' allo sfascio". Quello che è emerso, soprattutto nelle conclusioni, è che la Sardegna è allo sfascio, ma i mali sono antichi, anzi sono antichissimi, quindi è colpa di tutti, anzi di nessuno, quindi ci assolviamo tutti. Però, davanti a noi, c'è un'opportunità storica, ne riparlerò dopo, quindi "datemi ancora una volta un mandato e vedrete che usciremo fuori da questa impasse". Credo che la colpa non sia di tutti, e quindi di nessuno, credo che ciascuno abbia le sue colpe e i suoi meriti, e chi fa politica deve avere la pazienza di giudicare e di essere giudicato per le cose che fa. Così come credo (quando è capitato a me) che io dovessi essere giudicato per le cose cattive e per le cose buone.

Credo che oggi, perché facciamo politica oggi, in questa istituzione oggi, dobbiamo innanzitutto ricordarci che cosa stiamo facendo oggi, non solamente quello che hanno fatto, compresi i tanti meriti, cinquant'anni fa, quaranta e trent'anni fa. La situazione è grave, ma sarebbe potuta essere meno grave se magari ci fossimo comportati con più attenzione; se, oltre all'unità di facciata a cui ogni volta ci richiamiamo, non avessimo invece rappresentato in maniera proprio pervicace una volontà di frattura, di divisione, di demonizzazione, di demolizione dell'altro, che in politica non va bene.

Questa legislatura è stata iniziata demolendo qualunque cosa, persino, in maniera infantile alcuni aspetti simbolici. Se guardo i documenti che escono dalla Giunta, adesso hanno una striscia azzurra laddove prima avevano una striscia rossa; avevano una striscia rossa semplicemente perché rosse sono le strisce della bandiera dei quattro mori, non per un gioco. Persino quello si è voluto abolire, persino su quello non ci troviamo d'accordo e così via. Dal Piano per i fondi FAS e così via per una possibilità per i sindaci di prevedere un'imposta di soggiorno, così via per il piano di sviluppo rurale, così via per qualunque documento potesse dare una mano ed essere di aiuto alla condizione del governo della Regione.

L'unica cosa di concreto che posso fare, l'aiuto che posso dare al dibattito è ricordare che, come ha fatto il mio collega Calvisi ieri, la situazione è grave, ma sarebbe potuta essere meno grave se avessimo avuto 5 miliardi di euro in più da spendere e li avessimo spesi bene; sarebbe stata meno grave se avessimo rispettato non un nostro diritto velleitario, non una nostra idea, ma semplicemente un articolo del nostro Statuto che è legge dello Stato e che, rispettato fino al 2009, ha smesso poi di essere rispettato; sarebbe stato meno grave, il nostro lavoro sarebbe stato più semplice e avremmo avuto qualcosa di più da dire e da fare per la nostra gente, se i nostri bilanci avessero previsto e avessero speso quelle risorse.

Sarebbe stato meno grave se, ancora con una volontà di frattura, di cancellazione dell'altro, non avessimo ritirato il Piano di attuazione per i fondi FAS, avessimo quindi perso l'occasione di farcelo approvare dal CIPE, insieme alle altre Regioni del Centro-Nord, e non avessimo quindi perso 2 miliardi e 300 milioni per vederci riassegnare circa 1 miliardo con quasi tre anni di ritardo. E se in Sardegna oggi ci fossero opere pubbliche avviate per 2 miliardi e 300 milioni di euro, credo che sarebbe meglio, non sarebbe peggio! Credo che sarebbe utile, credo che qualche posto di lavoro in più ci sarebbe, credo che qualche impresa starebbe lavorando e qualche lavoratore sarebbe meno disperato.

Se abbiamo difficoltà a partire per Roma e per Milano ogni mattina, se non abbiamo più le tariffe in continuità territoriale verso Palermo, verso Torino, verso Verona, se oggi, signor Presidente della Regione, ci spostiamo con molta difficoltà, non è per colpa di un destino cinico e baro, non è per colpa della globalizzazione, è per colpa vostra, e, ancora una volta, perché semplicemente non avete voluto proseguire un'azione amministrativa che, con molti sforzi, si era sviluppata nel passato. Se oggi stiamo ancora parlando di Tirrenia ed esultiamo per il fatto che finalmente la Commissione europea ci dice che quasi certamente la vendita degli asset della Tirrenia sarà separata dalla concessione delle linee e del contributo per l'imposizione degli oneri di servizio, se stiamo ancora oggi a parlarne è per la vostra incapacità di ascoltare le raccomandazioni e le politiche del passato, che da sempre hanno denunciato la necessità di ricorrere alla gara europea, laddove dicevate dell'altro. Quindi, non possiamo assolverci tutti.

La cosa che mi ha colpito è la sintesi del Presidente della Regione il quale dice che oggi abbiamo una opportunità straordinaria, quasi la storia della Sardegna oggi ha un'opportunità straordinaria; perché? Perché finalmente c'è un Governo tecnico, finalmente c'è il Governo Monti, e quindi c'è il Governo Monti, sostenuto da un'ampia maggioranza di destra e di sinistra, che comunque guarda al nocciolo delle questioni e cerca di agire in maniera oggettiva, senza pregiudizi.

E' impressionante, veramente, sentirlo dire da lei, signor Presidente, laddove per anni o per mesi, ci ha raccontato la storia che il massimo che ci potesse capitare era finalmente metterci all'ombra e sulla scia del Governo "amico", del Governo Berlusconi, e il valore aggiunto che lei rappresentava era dovuto al fatto che fin da piccolo sgambettava nel Parco della villa di Berlusconi e che lui, sì, avrebbe salvato il Paese, e che lui, sì, avrebbe…

(Contestazioni da parte dei consiglieri di maggioranza)

PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi! Colleghi!

SORU (P.D.). Vorrei recuperare il tempo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Colleghi! Prego, onorevole Soru.

SORU (P.D.). Grazie, signor Presidente, vorrei recuperare il tempo, naturalmente.

PRESIDENTE. Il tempo non è da recuperare, perché come si mette in funzione il microfono del Presidente, il tempo si blocca, quindi non gliene è stato sottratto.

SORU (P.D.). Grazie. Impressiona, partendo da una legislatura nata sotto l'egida, sotto l'insegna di Berlusconi e del berlusconismo, sentirci dire che la grande opportunità storica della nostra Regione è il superamento di Berlusconi e il fatto che Berlusconi sia sparito e che, finalmente, ci possiamo rapportare con un tecnico. E mi ha veramente impressionato sentir dire che l'altro secondo punto è il fatto che, alla Presidenza della Repubblica, c'è un galantuomo come il Presidente Napolitano, che conosce i problemi e che ha, da grande meridionalista, sempre avuto attenzione ai problemi della Regione e del Mezzogiorno. Mi impressiona perché ero alla Camera dei Deputati il giorno in cui Napolitano è stato eletto e, mentre il centrosinistra applaudiva, grandissima parte del centrodestra non l'ha applaudito e molta parte si è girata di spalle. Mi fa impressione che oggi i rappresentanti di quella stessa parte si rivolgano a Napolitano.

E moltissima impressione mi ha fatto la sintesi finale in cui si è detto che oggi abbiamo una grande opportunità storica, visto il fatto che finalmente l'Unione europea, nel Trattato di Lisbona, ha riconosciuto lo stato di insularità e la necessità di avere un'attenzione particolare alle Isole, alla condizione insulare. In realtà, questo esiste da tempo nei documenti europei, la prima volta che venne scritto, venne scritto su iniziativa dell'allora deputato europeo Mario Segni, è in base a quel principio che, nella programmazione 2007-2013, le risorse per il Piano di sviluppo rurale sono persino superiori a quelle previste nel settennio precedente, pur essendo in Obiettivo 1, mentre poi ne siamo usciti nell'ultimo settennio.

Quindi, non è a quello che mi riferirei pensando a costruire un futuro per la Sardegna, magari mi riferirei al fatto che sta succedendo qualcosa giù nella sponda sud del Mediterraneo, la primavera araba...

PRESIDENTE. Onorevole Soru, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Presidente, colleghi, in questo intervento, mi atterrò all'ordine del giorno, parlerò del tema centrale, che è la vertenza sulle entrate, cioè l'applicazione dell'articolo 8, perché mi pare che il rischio che corriamo è quello di parlare di tutto, per poi finire per non decidere niente e non approfondire alcun tema importante che affligge in questo momento la nostra Sardegna.

Vorrei concentrarmi sull'obiettivo fondamentale, che è, appunto, introitare le risorse che sono previste dall'articolo 8; tema fondamentale, perché - voglio rammentarlo - senza risorse è difficile parlare di altri temi. Voglio anche ricordare che queste risorse le iscriviamo per il terzo anno consecutivo nel nostro bilancio, nel bilancio della Regione autonoma della Sardegna e, se queste risorse non ci verranno riconosciute dallo Stato, le finanze di questa Regione cominceranno ad avere seri problemi nei prossimi anni.

Credo che, per condividere un percorso comune, dobbiamo capirci innanzitutto sui termini che usiamo. In questi mesi, in questi anni, ci siamo ripetuti, noi, il Presidente della Regione, il Presidente del Consiglio, i partiti politici, ci siamo ripetuti e ci siamo richiamati reciprocamente all'unità, è stato detto più volte: "Questo Consiglio deve ritrovare l'unità tra le forze politiche". Allora si tratta di capire il senso; che cosa significa "unità" per noi? "Unità" può significare esaltare sempre e comunque ogni decisione che il Presidente della Regione assume? Credo di no, personalmente ho difficoltà, credo che il Gruppo del Partito Democratico abbia difficoltà, ma credo che anche le forze politiche che sostengono l'attuale Presidente della Regione abbiano difficoltà a sostenere sempre e comunque le decisioni del Presidente. Tra l'altro, noi abbiamo fortemente contestato alcune decisioni di questi anni, abbiamo denunciato pesantemente, come diceva l'onorevole Soru, la debolezza di questa Giunta regionale nel confrontarsi con il Governo presieduto da Silvio Berlusconi, un Governo che ha messo sotto scacco la nostra Regione, che ha bloccato qualsiasi passo in avanti.

Abbiamo contestato, ad esempio, l'aver dato accesso al percorso delle norme di attuazione; secondo noi, l'abbiamo detto sempre con chiarezza, si poteva dare attuazione all'articolo 8 con una semplice circolare esplicativa, senza norme di attuazione. Come alcune settimane fa, abbiamo denunciato e abbiamo chiesto al Presidente di non inserire, dentro il percorso del federalismo fiscale, la vertenza sulle entrate, invece questo ci pare stia succedendo.

Allora, come è possibile chiedere all'opposizione, alle forze, a questo Consiglio, di interpretare l'unità come un qualcosa per cui si debbano sempre e comunque difendere le scelte del Presidente. L'unità è una derivata della condivisione, se la condivisione non c'è, questo non può avvenire. Lo dico perché si fanno delle affermazioni che ci ripetiamo e sono oggetto del nostro dibattito, ma che non trovano mai un campo d'atterraggio, non trovano mai applicazione, non si capisce come dovremmo declinare la parola "unità".

Presidente, anche dal suo intervento (ieri sera l'ho riletto), non sono riuscito a cogliere la sua proposta; c'è un richiamo al coinvolgimento del sindacato, ma come il sindacato dovrebbe essere coinvolto, non l'ho capito, e non ho capito come si intende coinvolgere questo Consiglio, come può essere richiamato, come può svolgere il ruolo, richiamandosi all'unità.

Da più parti (lo ha espresso qualche giorno fa il presidente Mario Floris su un quotidiano sardo) mi si dice che il Presidente è colui che rappresenta la nostra Regione e quindi conduce in piena autonomia la vertenza con lo Stato. Non ho niente da obiettare su questo principio, è sancito dalla Costituzione, è sancito dal nostro Statuto, ma è chiaro che, da questo, deriva subito una conseguenza, che il Presidente in piena autonomia decide e conduce la trattativa ma se ne assume la responsabilità e, se c'è un successo, se ne assume i meriti mentre, se c'è un fallimento, se ne assume le colpe, è chiaro.

Rimane ancora in piedi la domanda: qual è il senso del richiamo all'unità, come lo possiamo esercitare nella realtà che ci è data? Ebbene, voglio ricordare che l'articolo 15 del nostro Statuto dice che organi della nostra Regione sono il Consiglio regionale, la Giunta regionale e il Presidente della Regione. Sono messi tutti e tre allo stesso livello e hanno pari dignità. Allora credo che questo Consiglio debba assumersi una responsabilità, debba portare avanti, in una collaborazione leale con la Giunta regionale, a sostegno dell'attività della Giunta regionale, un'attività in piena autonomia, perché questo gli consente il nostro Statuto, lo Statuto della nostra Regione, partendo da un obiettivo che condividiamo tutti, cioè portare a casa quelle risorse che spettano alla Sardegna. Su questo obiettivo, credo che nessuno di noi abbia niente da eccepire e che tutti siamo pienamente d'accordo sul suo raggiungimento.

Quindi, il Presidente svolga la sua funzione, avvii le trattative (d'altronde in questi anni non ha fatto altro che viaggiare in solitudine); il Consiglio assuma delle decisioni che vadano a sostegno, che rafforzino questa attività. Che cosa può fare il Consiglio? Può fare diverse cose, ad esempio può fare quello che ha fatto, cioè incontrare il Presidente della Repubblica e sottoporre a lui i problemi della Sardegna, si può dare seguito a quell'incontro; può ad esempio nominare una rappresentanza e chiedere che sia audita presso le Commissioni competenti della Camera e del Senato; può convocare il Consiglio regionale sotto la Presidenza del Consiglio, insieme ai consigli comunali e ai consigli provinciali, alle forze sociali e alle forze imprenditoriali, per un segno di protesta a rafforzamento di quella vertenza. Può fare diverse cose ma le deve fare in piena autonomia, questo non è scandaloso, non è al di fuori delle norme e non è al di fuori di quello che prevede il nostro Statuto.

Allora auspico che queste nostre due giornate di lavoro non si concludano con l'ennesimo ordine del giorno che "impegna il Presidente…". Abbiamo dato indicazioni al Presidente, abbiamo dato suggerimenti, che non sono stati ascoltati, che sono stati disattesi, credo che questo Consiglio sia legittimato, non solo dallo Statuto ma dal popolo sardo che lo ha eletto, a portare avanti le istanze della Sardegna in piena autonomia, decidendo, ragionando sui temi e indicando anche le ipotesi di soluzione e rappresentandole allo Stato con forza e con pari dignità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.).Colleghi, parlo con la speranza che la seduta odierna non abbia le caratteristiche di debolezza e, se mi permettete, di inutilità della seduta di ieri, perché gli Stati generali non si riuniscono per descrivere e ripetere cose note ma per prendere decisioni. Parlo per proporre una decisione e non per confermare la nuova Costituzione reale della Repubblica italiana, secondo la quale i Parlamenti discutono vanamente e invece il Governo Monti e altre venti persone decidono. Non vedo differenza sul piano del ruolo attribuito ai Parlamenti tra il "piano per l'Italia" proposto a suo tempo da Licio Gelli e ciò che Luciano Violante è venuto a spiegare a Cagliari poco più di un anno fa sul ruolo dei Parlamenti: non c'è alcuna differenza! E come mi opponevo agli oligarchismi "grembiulati" di Gelli mi oppongo agli oligarchismi dell'aristocrazia accademica e finanziaria del Governo Monti. Contesto e mi oppongo (su questo dissento dal Presidente della Regione) all'immagine del Governo dei migliori, del Governo delle decisioni indiscutibili, che i giornali stanno accreditando; contesto e mi oppongo a tutto questo non ideologicamente, cioè non per sposare il malcontento o la protesta, ma mi oppongo perché sono sardo e la Sardegna ha ragione per opporsi.

Il mio dissenso con il discorso del Presidente della Regione, ma soprattutto col discorso di molti parlamentari, sta proprio in questo aspetto: loro mirano a conseguire un risultato secondo le procedure della richiesta e della concessione, io penso che queste procedure siano state smentite, rispetto alla loro efficacia, dai fatti e che occorra dimostrare di saper contrapporre l'intera società sarda allo Stato italiano e giungere a un patto equo tra i sardi e l'Italia, patto mai esistito!

E quando dico "i fatti" sono in grado di elencarli: in primo luogo la questione fiscale, lo Stato italiano non ha mai notificato all'Unione Europea (unico Stato membro) la previsione dello Statuto sardo per un regime fiscale agevolato per la Sardegna, non l'ha mai fatto e mai lo farà perché teme una Sardegna con un regime fiscale diverso da quello dell'Italia! L'Italia applica lo stesso regime a tutte le latitudini, un Paese lunghissimo e diverso applica lo stesso regime fiscale! E la Sardegna, è stato dimostrato, è stata uccisa prima dal fisco piemontese e adesso dallo Stato italiano e dal fisco italiano che non io ma il Presidente della Corte dei conti ha definito "ingiusto, inefficace e punitivo per gli onesti". Non io, non un sardista ma il Presidente della Corte dei conti! L'Italia ha costretto la Regione Sardegna a essere l'unica Regione in Italia a finanziare una strada statale, siamo gli unici! L'Italia, con l'accordo del 2006, ha vigliaccamente imposto alla Sardegna di farsi carico del suo svantaggio geografico, le ha caricato la continuità territoriale e il trasporto pubblico locale e, quando ha concesso il trasporto pubblico locale alle altre Regioni d'Italia dando loro i soldi, glieli ha dati fuori dal Patto di stabilità mentre noi, ancora, con il trasporto pubblico locale siamo dentro il Patto di stabilità! Questa è l'Italia a cui voi siete affezionati, noi no!

L'Italia ha impugnato, con la Corte costituzionale, tutte le leggi di questo Consiglio regionale e imposto a tutte le Regioni un presidenzialismo becero, perché ha bocciato tutti gli statuti e le leggi statutarie che non avessero tali caratteristiche. Questa è l'Italia! E a questa Italia non ci si può presentare con la solita logica della rivendicazione, occorre fare un passo avanti. Questo Consiglio ha respinto la mozione sull'indipendenza, ne prendiamo atto ma chiediamo che voglia considerare oggi, con un ordine del giorno, l'apertura di una sessione aperta alla società, ai deputati e ai senatori, impegnata a verificare la convenienza del nostro permanere nella Repubblica Italiana. La nostra proposta è di sottoporre a verifica, da subito, la vigenza dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione, per accertare se essi siano rispettati da entrambe le parti; la nostra proposta è sottoporre l'unità d'Italia a verifica di giustizia e di vigenza. Certo che questo non basta, ieri ho sentito metafore calcistiche per passare, si diceva ieri, dalla logica dei clubs alla logica della "Nazionale".

E' una metafora suggestiva che però si sottrae a una questione di fondo, la "Nazionale", almeno in teoria, è fatta dai giocatori migliori. Lo dico senza voler offendere nessuno. Credo che tutti sappiamo che il Governo regionale non è una "Nazionale" e non è possibile creare un clima di collaborazione nazionale pretendendo di lasciare inalterata una squadra che, a nostro avviso, non sta brillando sul piano dell'efficacia. Ma ancor più non si può evocare un clima nazionale senza prendere decisioni difficili. Le decisioni sulla riforma sanitaria: quando finiremo di fare bilanci fasulli? Non è iniziata certo in questa legislatura la questione dei bilanci campati per aria, non è iniziata in questa legislatura l' "abitudinaccia" di recuperare i residui, cioè di nascondere l'incapacità di spesa, sta continuando! Quando semplificheremo le procedure che sono tutte contro i cittadini e contro l'impresa?

Le procedure della Regione Sardegna presuppongono che il cittadino sia un truffatore e che un imprenditore sia sempre un ladro, invece l'istruttore sia sempre santo! Quando metteremo mano al sistema della scuola e della formazione? Quando diremo, e lo possiamo fare perché lo sappiamo, che il bilancio della Regione protegge chi il lavoro ce l'ha già e non chi non ce l'ha? Quando saremo in grado di capire che deve finire l'idea che la Sardegna non ha bisogno di nuovi Mosé che la conducano verso "sorti e progressive"? Ha bisogno di una squadra di persone capaci e oneste. Per fare tutte queste cose, non si deve fare una "Nazionale", bisogna cambiare il quadro politico.

Ieri ho sentito tanti potenziali candidati alla Presidenza della Giunta parlare tutti in modo molto ecumenico e forse parlare in modo ecumenico proprio perché c'era questa ambizione. Bene, credo che il prossimo Presidente della Giunta o nasce da accordi originali e da soluzioni non scontate o non servirà a nulla, cioè sarà un presidente conservatore, sarà un presidente gestore delle macerie. Noi lavoriamo a soluzioni di profondo cambiamento nazionale sardo ma non ecumenico, non tale da comprendere tutto e il contrario di tutto. Se la Nazionale sarda dovesse essere un minestrone, un minestrone buonista, noi non ci stiamo, saremo un ingrediente mancante. Se si tratterà di fare un'alternativa fondata sul senso del dovere e della responsabilità e di un profondo cambiamento, noi ci saremo.

Per concludere, se vogliamo fare riforme profonde, bisogna costruire un quadro politico diverso, inedito, diversissimo dalla melassa di ieri dove non si capiva nulla, e rispetto al quale il maggior compito è dei colleghi del P.D. e del P.d.L, perché i colleghi di SEL con noi di sovranità e sviluppo, senza dogmi e senza posizionamenti precostituiti, dialogano. C'è un problema con voi! Volete voi andare oltre i vostri partiti, oltre i meriti, le medaglie e i disastri che vi attribuite reciprocamente ed essere uomini della nazione sarda, rompere questa inerzia del gioco attuale e proporre una novità mai vista in Italia? Dipende largamente da voi, dalla vostra capacità di uscire dalla politica di posizione. Se troverete questo coraggio, noi ci saremo ma nel frattempo vi chiediamo, con la forza e con l'umiltà anche della nostra storia, di fare insieme in questo Consiglio la verifica del sistema dei diritti e dei doveri con la Repubblica italiana.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cucca. Ne ha facoltà.

CUCCA (P.D.). Signor Presidente, signor Presidente della Regione, signori Assessori e colleghi consiglieri, ieri forse ci sono stati interventi che l'onorevole Maninchedda ha definito come melassa, però devo dire che li ho apprezzati molto. Li ho apprezzati molto se non altro perché è emersa in maniera inequivocabile la coscienza collettiva sulle emergenze di quest'isola. Emergenze che, se non saranno affrontate, anche questo è emerso chiaramente, in maniera assolutamente rigorosa, con il rigore indispensabile in queste circostanze, rischiano di portarla al disastro definitivo. Siamo a un bivio ed è indispensabile agire subito e agire bene.

Mi è venuta però in mente una riflessione. Ho pensato al percorso tortuoso che il Governo nazionale ha fatto per arrivare a dimettersi quando il disastro incalzava giorno dopo giorno e nessuno era capace di smuovere dalla poltrona il nostro Presidente del Consiglio che, abbarbicato tenacemente, continuava ad accumulare disastro al disastro. Che cosa sarebbe accaduto se si fosse arrivati prima, come da più parti si proponeva, a un Governo tecnico, quel Governo tecnico al quale siamo arrivati oggi? Forse il Governo avrebbe dovuto adottare misure meno rigorose, misure meno severe? Può essere.

Questo ragionamento l'ho fatto per quest'isola, ma lunedì 19 marzo facciamo tre anni da quando questo Consiglio si è insediato. Se tracciamo un bilancio di quanto è stato fatto concretamente in questi tre anni per la soluzione dei problemi che sono emersi (ieri sono stati ripetuti ancora una volta in quest'Aula), rispetto a quei problemi, poco è stato fatto, quasi nulla! Quelle debolezze sono oggettivamente riconosciute da tutti, non solo dalle forze dell'opposizione, gli Stati generali, ogni volta che si sono riuniti in quest'Aula, hanno sempre riportato sul tavolo quei temi che sono stati affrontati anche ieri, che riportano la drammaticità della situazione che la Sardegna sta vivendo. Chi può contestare che la cosiddetta vertenza delle entrate come quella della revisione del patto di stabilità sono sul tavolo da tre anni e che questo Governo ha dimostrato incapacità, lo dobbiamo dire, di risolvere quelle problematiche, affrontate sempre in maniera troppo blanda, con poca autorevolezza. L'abbiamo ripetuto mille volte in quest'Aula. Abbiamo anche detto che probabilmente questo fatto era dovuto al metus reverentialis che questa amministrazione aveva nei confronti di quel Governo il cui capo aveva contribuito in maniera assolutamente determinante a ottenere il risultato elettorale.

Infatti adesso ci svegliamo, alziamo la testa, adesso che il Governo è cambiato, alziamo la testa tutti insieme nei confronti del nuovo Governo: sarà un caso? Ho apprezzato moltissimo ieri l'intervento della Presidente del Consiglio che, aldilà delle buone parole e delle buone intenzioni, ha affermato con decisione che si rende indispensabile una presa di coscienza collettiva sull'insufficienza dell'azione politica svolta fino a oggi. Certo, manchevolezze ce ne sono state nel corso degli anni da parte di tutti, poi tornerò su questo tema. E' mancata un'azione politica che consenta lo sviluppo di una nuova progettualità fondata su azioni serie e concrete, su nuove idee, su nuovi percorsi per portare la Sardegna fuori dal pantano. Però, credo che preventivamente sia indispensabile riacquistare quell'autorevolezza perduta che non abbiamo più all'esterno; abbiamo avuto segnali, anche nell'ultimo periodo, nel corso degli ultimi incontri che sono stati proposti, vedi appuntamenti rinviati o mancati.

Abbiamo dimostrato, ripeto, scarsa progettualità, pochezza di idee, incapacità di affrontare con decisione il nostro interlocutore governativo che, certo, negli ultimi anni, non ha guardato con attenzione alle serie problematiche di quest'isola spesso considerata solo come un luogo di vacanza e di svago da chi invece aveva il dovere di provvedere a dare risposta a quella domanda di giustizia, perché di questo stiamo parlando quando parliamo dell'articolo 8! Dare risposta alla domanda di giustizia dei sardi se non altro per mantenere fede alle promesse vane che sono state fatte (è inutile richiamarle), nel corso della campagna elettorale, alla povera gente che chiedeva, come dicevo, semplicemente il riconoscimento della propria dignità.

Al riguardo, da anni ripeto che in Sardegna manca una seria politica industriale, non do colpa a nessuno, ci tengo ancora una volta a ribadirlo, non do colpa a chi oggi ha anche la responsabilità di quel settore, me ne guardo bene, ho la consapevolezza della difficoltà estrema che attraversiamo, soprattutto del fatto che il più delle volte ci si trova a dover affrontare emergenze con provvedimenti tampone che, questo è capitato anche nelle passate legislature, si risolvono poi in un fallimento totale e in un mare di danaro buttato.

Condivido il pensiero di quelli che ieri hanno detto che è necessario partire anche da politiche industriali nuove, che prendano l'avvio da modelli industriali esistenti, che oggi stanno dando buoni frutti, che raccolgono i frutti inizialmente sperati. Io sono di Nuoro, quindi non posso che guardare con interesse a quello che sta accadendo nella piana di Ottana che, se non fosse per l'intraprendenza di qualcuno che inizialmente io reputavo folle, oggi sarebbe un deserto totale, invece da lì sta ripartendo, speriamo che riparta e prenda linfa e nuovo vigore un rilancio anche di quella zona. Però l'iniziativa del singolo non può bastare, perché c'è da colmare il gap esistente rispetto alle altre Regioni d'Italia. Quindi è giusto richiamare alla mobilitazione generale, è giusto che tutte le forze sociali diano il proprio impegno, partendo (come bene ha detto la Presidente ieri) dalla presa di coscienza del fallimento delle azioni poste in essere fino a oggi, per ripartire tutti insieme.

L'esperienza ci ha insegnato (quella dell'articolo 8 dello Statuto è l'esempio più chiaro) che quando la battaglia è giusta e viene condotta con autorevolezza per il raggiungimento di obiettivi sacrosanti, la Sardegna è pronta alla mobilitazione, il popolo sardo è pronto a scendere in piazza accanto alla classe politica; allora tutti insieme perseguono, perseguiremo, potremo perseguire gli obiettivi che ci proponiamo. I temi li conosciamo: vertenza delle entrate, per ottenere ciò che ci è dovuto e c'è stato fino a oggi negato; revisione del Patto di stabilità; riconoscimento dell'insularità, è inutile parlare del Trattato di Lisbona, l'ha detto bene l'onorevole Soru, è da anni che l'Europa riconosce lo stato di insularità, di fatto bisogna attuarla, il riconoscimento dell'insularità bisogna ancora ottenerlo per la Sardegna; il riconoscimento della continuità territoriale; la disoccupazione giovanile; la fuga dei cervelli; la partenza della forza lavoro, e quindi fenomeno dell'immigrazione in assoluta crescita perché qui non si riesce a creare nuove condizioni di lavoro.

Si è parlato, l'ha ripreso anche stamattina l'onorevole Maninchedda, del tema della "Nazionale". Ma siamo tutti pronti a lasciare la maglia del club di appartenenza e indossare la maglia della "Nazionale"? Siamo pronti soltanto se avremo un commissario tecnico in condizioni di guidare la squadra, che sia capace di portare idee nuove e di farsi seguire nella battaglia, senza questo ovviamente nessuno si impegnerà nel campo di gioco per vincere la partita, nella consapevolezza che si stanno sprecando risorse.

Signor Presidente della Regione, oggi mi aspetto da lei risposte più concrete e attuali, migliori di quelle che ha dato ieri. L'intervento di ieri credo che sia stata soltanto un'apertura all'intervento che dovrà fare oggi. Mi aspetto da lei un sussulto, un nuovo metodo di coinvolgimento di tutti, comprese le forze sociali. In questo senso - vedo che il tempo sta per scadere - condivido il contenuto dell'intervento dell'onorevole Sabatini. Mi aspetto che oggi arrivino nuove proposte, nuovi metodi, nella consapevolezza che altrimenti la Sardegna è destinata a morire. "Fortza paris", lo diciamo, ma ricordiamoci sempre che i soldati della Brigata Sassari stavano dietro il loro comandante che, a prezzo anche del sacrificio personale, era disponibile, anziché guidare le manovre dalla collina, scendeva in campo assieme ai suoi soldati. Ci aspettiamo, signor Presidente…

PRESIDENTE. Onorevole Cucca, il tempo a sua disposzione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Gruppo Misto). Tutti insieme va bene, però tutti insieme con idee e con progetti. "Tutti insieme" è l'appello che ci facciamo gli uni verso gli altri in un disperato tentativo di fare squadra o, come dicono i catalani, di fare "pigna", per superare la difficoltà e il dramma del momento. Credo che "tutti insieme" possa essere un invito che facilmente potremmo accogliere. Per fare che cosa? Questo è il vero problema. Ieri devo dire si è capito poco. Sono con chi reputa la giornata di ieri non inutile, ma poco incisiva per imboccare una via d'uscita da questa situazione drammatica in cui si trova la nostra Sardegna. Devo dire che poco incisiva è arrivata da ultima la comunicazione del presidente Cappellacci, molti slogans, però alla fine un discorso vuoto di contenuti e di proposte. La squadra unica e la maglia, i richiami calcistici che tutti noi, appassionati di football, facciamo e utilizziamo per essere, come dire, immediati, voleva essere un appello all'unità, ma in ogni caso, siccome siamo anche uomini di sport e sappiamo che nello sport ci sono delle regole, credo che le regole vadano sempre rispettate. Durante un campionato non si può prendere giocatori da altre squadre per farli giocare con la propria squadra. La squadra in campo, che rappresenta in questo momento il Governo, sappiamo qual è e da chi è guidata.

L'unità è sicuramente da farsi intorno a un problema che tutti abbiamo sollevato, che è il problema centrale, il problema che oggi abbiamo all'ordine del giorno, cioè la vertenza entrate. E' un capitolo a sé; probabilmente ieri andava centrata meglio la discussione intorno a questo problema, senza la soluzione del quale non ci sono prospettive, non abbiamo possibilità di percorrere altre strade. Su questo argomento, bisogna assumere un atteggiamento duro e combattivo come non mai. Tant'è che, nel corso dell'ultimo dibattito, quando si è discusso di finanziaria e bilancio, abbiamo detto che è un bilancio fasullo con entrate di fantasia che naturalmente lasciano noi tutti un po' pendenti su quello che accadrà. Non abbiamo risolto il problema delle norme di attuazione che a questo sono legate. La presidente Lombardo ieri ci ha richiamato tutti nel suo intervento introduttivo, quando ha detto: "Non possiamo restare inermi".

Allora bisogna capire il modo in cui non possiamo restare inermi, dobbiamo stanare il Governo e dobbiamo obbligarlo con ogni mezzo a rispettare i patti. Patti che prevedono risposte adeguate alla crisi industriale che probabilmente è l'argomento, anzi sicuramente è l'aspetto che più ha colpito il popolo sardo e ha fatto lievitare in modo pauroso e drammatico il numero dei disoccupati. Anche i sindacati da un pezzo individuano in quel settore il dramma vero della disoccupazione e della crisi economica. Abbiamo il problema dei trasporti e dell'insularità e a questo si aggiunge il Patto di stabilità, che sappiamo mette in crisi gli enti locali e la stessa Regione.

Ieri, il Sindaco di Cagliari, Massimo Zedda (argomento sul quale poi è ritornato anche il Presidente dell'ANCI Erriu), ci ha detto che, nel 2012, i Comuni avranno 170 milioni in meno e saranno chiamati i cittadini sardi a sostituirsi a questo taglio brutale nei confronti dei trasferimenti che, dallo Stato verso la Regione, diventano poi dalla Regione nei confronti dei Comuni. Ci sarà in primavera prossima, a fine maggio o ai primi di giugno, la data non è ancora stabilita, un turno di elezioni amministrative, tra queste anche nella mia città, la città di Alghero, ma ad Alghero, come negli altri centri chiamati al voto, ci sono forti preoccupazioni. Il tema centrale, badate, non sono tanto i problemi veri come le alleanze, le candidature, le liste, i problemi veri riguardano le risorse e il bilancio, bilancio che i Comuni, i nuovi amministratori, quelli che saranno riconfermati o quelli che andranno a sostituire le precedenti amministrazioni, dovranno affrontare per poter governare le loro città oggi in una situazione di difficoltà impressionante.

Il problema vero è che però in qualche modo noi manifestiamo la debolezza maggiore sul piano identitario. Molte volte noi stessi facciamo delle affermazioni, richiamiamo il popolo sardo, la nazione sarda, così veniamo indicati e individuati, in Europa, nel mondo, in Italia, da altre parti del Mediterraneo, come il Popolo sardo, la Nazione sarda, un popolo di identità. La realtà vera è che noi abbiamo uno scarso, scarsissimo, sentimento identitario. Questo scarso sentimento identitario (lo dico con rammarico, con dolore e con difficoltà, però dobbiamo prendere atto della nostra stessa debolezza) ci ha portato, lo abbiamo consentito, per anni, a subire soprusi e imposizioni da chi ci ha guardato con arroganza e con una visione di disprezzo per la nostra peculiarità e la nostra identità.

Non abbiamo risolto i problemi dell'insularità, della continuità territoriale, della tutela delle coste e del paesaggio, della lotta contro l'occupazione militare di vaste aree della Sardegna, sottratte anche alle attività produttive agricole e di pesca, soprattutto di quella che è l'offerta turistica. Non abbiamo mai rivendicato attenzione e valorizzazione della nostra peculiarità linguistica e culturale. Non siamo mai riusciti finora a ottenere l'autonomia scolastica, non abbiamo risolto i problemi della mobilità e dei trasporti. In questi giorni, per problemi personali, sto utilizzando la ferrovia, percorro la tratta Alghero-Sassari e Sassari-Alghero in treno, è un momento di relax che mi sono concesso, un po' imposto, però lo subisco con serenità, ebbene, è veramente disumano perché io, come voi, ho viaggiato in ferrovia in Italia e in Europa, ma è tutto un altro mondo! E' inammissibile che oggi, nel 2012, ci siano condizioni dei trasporti ferroviari in Sardegna a quel livello!

E' un discorso che oggi dovremmo e potremmo ampliare, citando mille altri aspetti, il problema è che, aver subito e tollerato per così lungo periodo che tutto questo non venisse risolto, ci è venuto oggi, come diciamo ad Alghero, in Sardegna, tottu parisi, cioè tutto insieme; e, quando i problemi arrivano tutti insieme, è complicato risolverli, tanto più se la gran parte dei problemi sono quei problemi così gravi che ieri abbiamo in parte affrontato e che oggi stiamo per affrontare e individuiare, anche se, devo dire, individuiamo soprattutto delle priorità assolute che devono essere risolte e che da anni, in quest'aula soprattutto, ma non solo in quest'aula, fortunatamente, vengono sollevate e dibattute.

Il patto equo tra la Sardegna e lo Stato, che richiamava il collega Maninchedda, è fondamentale, ci sono patti che non vengono rispettati e, quando i patti non si rispettano, bisogna alzare il livello di contestazione. Il regime fiscale imposto dallo Stato italiano (definito Stato autoritario, sempre dal collega Maninchedda, io condivido pienamente) è un regime intollerabile; ci sono realtà, all'interno dello stesso Stato italiano, nei confronti delle quali ci sono attenzioni completamente diverse. La vigenza dei diritti e dei doveri sanciti dalle leggi, su questo ruota il problema.

Allora, concludo, ritornando al calcio, non abbiamo bisogno di una Nazionale, badate, abbiamo bisogno di affrontare i problemi con serietà, soprattutto non abbiamo bisogno di giocatori straordinari, anzi ritornando a un modello catalano, dico che non abbiamo bisogno di un centravanti per richiamare l'uomo forte che deve guidare la squadra, sia essa di club o Nazionale, il Barça, simbolo della nazione catalana, da quando è stato affidato al grande allenatore Pepe Guardiola, ha eliminato il centravanti. Pepe Guardiola si è liberato di Ibrahimovic, lo definiva ingombrante in un'area che invece ha svuotato, ha liberato; il centravanti del Barça, sapete che cos'è? E' lo spazio che lui mette a disposizione di quegli straordinari campioni di dimensioni…

PRESIDENTE. Onorevole Sechi, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sanna Gian Valerio. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Se dovessimo, colleghi, esprimere quello che abbiamo visto ieri da spettatori e quello che oggi viviamo da protagonisti, che cosa potremmo dire? Abbiamo visto che è andato in onda lo stato generale del degrado dell'autorevolezza e dell'adeguatezza (mi piace questa parola), "adeguatezza" dello stato della nostra autonomia. Lo dico con riguardo orizzontale a tutti i soggetti. C'è un concorso di colpa? Può essere che ci sia un concorso di colpa, ma non ci sono le medesime responsabilità, ognuno si prenda le sue. Vedete, gli Stati generali che cosa possono fare? Esprimono delle convergenze, delle volontà, la parte sociale e politica, ma la parte esecutiva di governo non può venire qui a raccontarci e a dire, come se fosse quel personaggio che imita Crozza quando rappresenta l'Italia dei carini: "Noi dobbiamo essere tutti uniti, noi dobbiamo essere più bravi, noi dobbiamo pensare ai nostri figli" e al giornalista che lo incalza sulla quotidianità e gli dice: "Ma c'è questo problema…" eccetera, quello ripete sempre: "Noi dobbiamo essere uniti, dobbiamo ricominciare dai tavoli, noi dobbiamo…". Questa è la sceneggiata che sta andando in onda! Ditemi voi se questo non rappresenta, nella sua plasticità e ironia, drammatica ironia, l'idea di una inadeguatezza della nostra rappresentazione autonomistica!

Gli Stati generali o si introducono, Presidente del Consiglio, dalla relazione del Presidente della Giunta che aggiorna sui risultati e da lì si parte per traguardare un altro risultato o, se reitera lo stato di surplus sul quale si trova la Regione Sardegna su questa questione, è una prassi inutile! Dimostra che non abbiamo i portatori dell'immagine della Sardegna. Gli Stati generali, quindi, fatti così, esaltano una nostra inadeguatezza. Ho idea che oggi, sicuramente a partire da oggi per domani, nessuno in Italia potrà lamentare o esigere di avere più risorse se non se le merita; se non se le merita sul piano concreto dell'articolazione costituzionale, non se le merita sul piano di mettere a posto i propri doveri? Vede Vargiu, è inutile parlare di pubblica amministrazione, oggi ci siete voi, la invito a fare un paragone della percentuale di spesa che si attuava nella precedente legislatura e se la faccia in questa legislatura nella quale, a proposito di concorso di colpa, ognuno si prenda la sua di responsabilità! Se la sanità non funziona come lei dice, spetta alla minoranza presentare le riforme che rendono possibile non sperperare i denari? Questo lo dico perché negli Stati generali c'erano le forze sociali, c'erano le imprese alle quali dobbiamo dimostrare che, da qualche parte, qualcuno compie il suo dovere. Se la pubblica amministrazione non funziona, mi spiegate perché abbiamo sempre cercato di eludere la possibilità di mettere mano alla riforma concreta delle leggi che possono dare il risultato? Quando si parla solamente di rimuovere un dirigente perché non fa il suo dovere o che bisogna rimuovere un dirigente perché non ottempera agli obiettivi che gli sono stati dati, qui si solleva il mondo perché i dirigenti sono una parte della compromissione della politica, che non è denaro, è una scelta strategica!

Poi voglio dire una cosa con amicizia al collega Maninchedda, onestamente: come potremo noi mai parlare di sovranità oggi, con i problemi enormi che abbiamo e che tocchiamo con mano, a partire dal Presidente che ci è toccato, esponendo solamente un livello minimo e sufficiente di autorevolezza? Badate, il compito del Presidente era semplice perché, per ottenere dei risultati, bisogna mettere in ordine le cose, qui ognuno ieri è venuto a vendere la sua merce, quando il problema è l'indice delle cose: le entrate e il patto di stabilità. Dopo, se abbiamo i soldi, decidiamo come spenderli e le ricette possono essere oggetto di un dibattito. Ma non li abbiamo quei soldi! E' inutile parlare di ricette! Siamo degli irresponsabili se parliamo di sogni, dobbiamo parlare della realtà!

E c'è stata, secondo voi, una ragione opposta dal Governo all'idea che quei soldi ci spettino? Mi pare di no. Hanno detto solamente che c'era il problema delle norme di attuazione. Anche lì, senso di responsabilità, non la pensavamo allo stesso modo, ma abbiamo rimosso la possibile difficoltà. Quella era l'unica opposizione che ci faceva il Governo al dare attuazione all'articolo 8. Non c'è oggi sul tavolo una ragione! Ci diceva: "il problema dei giochi". Il problema dei giochi è crescente, la gente gioca i "gratta e vinci" in maniera crescente. Noi chiediamo 140, loro ce ne diano 80, mettiamoci d'accordo su 100, ma non è lì il problema! Non è lì il problema e non si può giustificare l'inerzia di un Governo regionale, se questo è l'unico punto che ci è stato manifestato.

E qui vengo alla tolleranza, incomprensibile, anche delle forze sociali espresse qui, perché oggi come oggi, di fronte a questa situazione, le forze sociali dopo gli scioperi generali dovevano dire: "Non vogliamo più parlare con questo Governo!". Non ci sono ammiccamenti che servano in questo momento perché, badate, il problema di quelle risorse, non delle ricette, il problema di quelle risorse attiene al profondo sentimento di moralità che ciascuno di noi porta qui dentro nei confronti non del nostro presente, ma del nostro futuro. Dobbiamo uscire dalle sceneggiate. Il mandato che aveva il Presidente, rispetto all'ordine del giorno, era quello di chiudere l'accordo, non quello di riaprirlo! E se vi leggete quel decreto, mi dovete rispondere che cosa c'è scritto lì: si chiude o si riapre? Rispondetemi! Perché il giudizio politico si consuma sui fatti, non sulle chiacchiere!

Presidente, non interessa che lei venga qui a rappresentare "l'Italia dei carini" perché siamo tutti bravi, dobbiamo tutti coinvolgerci, ci vogliamo bene. La gente che soffre sta soffrendo e delle nostre sceneggiate non gliene importa niente. Sono venuto qui a essere spettatore degli Stati generali con questo sentimento di responsabilità, che non è un accanimento nei suoi confronti, ma è uno sprone a che lei si renda conto che quello che gli è chiesto non è portare più gente al tavolo, è quello di portare in quel tavolo le ragioni che qualcuno non ci vuole riconoscere e per le quali non c'è nessuna ragione plausibile per disconoscerle, dal 2007 al 2010 e fino a oggi. Pensate davvero che noi non dobbiamo dire alle imprese: badate che la colpa di chi non vi paga è lì? Basta continuare a mettere 1000, sapendo di poterne spendere 600 per capire elementarmente che, dentro quei 400 di differenza, ci sono le promesse di pagamento che non potremo mai esaudire e quindi ci sono le imprese che soffriranno. Ma di che cosa stiamo parlando? Di che cosa stiamo parlando? L'agenda sono queste due cose: entrate e Patto di stabilità. E allora c'è un problema di implementazione delle cose e c'è un problema di dispiegamento degli effetti. Io rinvio a quando avremo i soldi perché si confronteranno le idee su quei soldi, come usarli. Certo se li avessimo avuti, saremmo stati meglio, però siccome non li abbiamo oggi la priorità è quella.

Vorrei dire un'altra cosa per concludere, Presidente, mi consenta. Parliamo di squadre di calcio e di nazionali; vorremmo tutti qui parlare dell'esigenza di portare una bandiera, ma purtroppo diamo solo l'idea di quelli che, su quella bandiera, si sono lamentosamente sempre e solo seduti sopra.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, Assessori, colleghi, mi pare che in queste due giornate che dovrebbero rappresentare l'assemblea della classe dirigente sarda e l'assemblea per definizione che, per volontà del popolo, rappresenta i sardi, il Consiglio regionale, in queste due giornate, ciascuno di noi (è di moda) ha fatto la sua narrazione. Il Presidente della Regione ne ha fatto una, poi concluderà, penso, oggi gli interventi. Una narrazione intanto, devo dire, su una situazione che davvero, anche con la metafora calcistica della maglietta dei quattro mori, ci vede necessariamente a dover affrontare però con serietà e complessivamente anche i tre anni che abbiamo vissuto in Consiglio regionale; devo dire che io, per buona parte, li ho vissuti da Capogruppo del Partito Democratico, anche affrontando nel dettaglio e in contrapposizione i problemi e il tentativo di soluzione.

Ecco, ho visto un Presidente della Regione che, fin dalla preparazione pre-campionato, dalla campagna elettorale, ha indossato la maglietta del Milan e quella maglietta l'ha portata per lungo tempo. Poi ha deciso di autosospendersi e di nascondere la maglietta; forse in qualche modo ha deciso di riprendere in questi giorni quella stessa maglietta. Insomma il rapporto in questi anni con Berlusconi, per uscire dalla metafora, è stato un rapporto costitutivo di questi tre anni, che non si può cancellare con gli appelli di questi giorni e con le autosospensioni fasulle. Non si può cancellare perché sono nel ricordo e nella sofferenza del popolo sardo le telefonate fatte in campagna elettorale, sono nella sofferenza del popolo sardo anni di smantellamento dell'industria, di mancate promesse, che hanno visto un'identificazione, mi dispiace, un'identificazione politica sostanziale del presidente Cappellacci con l'allora presidente Berlusconi.

Allora è troppo facile dire che adesso si cambia tutto, che abbiamo bisogno dell'unità, che mettiamo tutti la stessa maglietta. Credo che ci sia un vuoto ed è un vuoto politico che viviamo in maniera evidentissima, è un vuoto di strategia, è un vuoto di idee, non c'è una prospettiva di sviluppo, che non è emersa neanche nei documenti che sono resi obbligatori dalla nostra legislazione, il programma regionale di sviluppo, non c'è un'idea sulla Sardegna che vogliamo, sullo sviluppo che vogliamo dare.

Il presidente Napolitano nel suo incontro qui in Consiglio regionale con tutti noi ha detto due cose. C'è una parte che riguarda i diritti, che riguarda la vertenza entrate, la cui difesa, certo, deve essere affidata ai governi nella continuità amministrativa al di là di quello che il governo precedente non ha fatto; è un problema di diritti e va affrontato in sede governativa. C'è poi un altro aspetto che riguarda la situazione di disagio socio-economico e lì devo dire che una parte di responsabilità importantissima sta qui, sta probabilmente in questo Consiglio regionale, sta nella parte dell'Esecutivo, sta nella parte della maggioranza che non riesce evidentemente a trovare soluzioni. Allora credo che, prima di affrontare, come dovremmo fare, un rapporto autorevole e organico con lo Stato e rivedere il nostro rapporto pattizio, dobbiamo intanto capire che cosa siamo capaci di fare noi, che cosa è capace di fare il Governo, il presidente Cappellacci.

Credo che, quando parliamo di vertenza entrate, non possiamo non tenere conto di un atteggiamento che ci ha portato, mese dopo mese, a seguire le indicazioni che quel Governo ha prodotto, l'atteggiamento dilatorio, le norme di attuazione, le commissioni paritetiche, fino a concentrare, perché inevitabilmente questo era già scritto, nelle sette schede che avete mandato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il fatto inevitabile che la vertenza entrate va definita insieme alla fase attuativa del federalismo fiscale. Questo vuole dire, credo che ne siamo tutti consapevoli, l'azzeramento dei benefici che sono stati prodotti con la vertenza entrate. Un atteggiamento, lo dico al collega Maninchedda, che, nella scorsa legislatura, come dire, nei confronti del Governo e dello Stato, non ci ha visti andare col cappello a Roma o chiedere concessioni, ma ci ha visti con un atteggiamento diverso, forse per la prima volta diverso, ci ha visti chiedere pari dignità. Non abbiamo chiesto tavoli nella scorsa legislatura, abbiamo chiesto il riconoscimento di diritti, abbiamo chiesto quello che forse, in sessant'anni, non siamo riusciti mai a chiedere e a ottenere e li abbiamo ottenuti.

Ora c'è una fase che non si chiama vertenza entrate, si chiama difesa della vertenza entrate, una difesa che non c'è stata negli anni del Governo Berlusconi, anzi c'è stato un andare a traino e mi chiedo quale maglietta indossassero i parlamentari del centrodestra. Avete avuto un momento, soprattutto nella fase conclusiva del Governo Berlusconi, per la prima volta nella storia, in cui ciascun parlamentare sardo era veramente determinante per far sopravvivere quel Governo e neanche allora siete riusciti a imporre le ragioni della Sardegna. Che cosa vuol dire che adesso ci dobbiamo mettere tutti la maglietta? Ognuno si è messo la maglietta del suo particolare, ha cercato di garantirsi la sua rielezione, la sua ricandidatura, la verità è questa: finché non cambiamo atteggiamento, che è un atteggiamento subalterno, servile, guardare semplicemente al proprio orticello, se non cambiamo questo atteggiamento, è difficile credere agli appelli all'unità, è difficile!.

C'è una guida, c'è un partito di riferimento, che si sia autosospeso o no, il presidente Cappellacci da quella parte sta e da quella parte i sardi chiedono risposte perché li hanno votati. Credo che non bisogna più raccontarci menzogne o avere un atteggiamento come dire riduttivo della situazione di crisi che viviamo e ritengo che anche il Presidente del Consiglio regionale l'abbia bene espresso nel suo primo intervento, ma anche nell'intervento fatto di fronte al presidente Napolitano. E' una situazione drammatica che ha bisogno di risposte eccezionali. Mi chiedo intanto come stiamo affrontando l'emergenza, mi chiedo se stiamo creando le condizioni per il lavoro, per attrarre impresa o se stiamo allontanando le imprese. Penso a quello che sta succedendo nel mondo dell'industria, a Porto Torres, nel Sulcis-Iglesiente. Possibile che non sia, come dire, degno di un'attenzione particolare che vada al di là di soluzioni che io giudico tampone e assolutamente inadeguate come la chimica verde, poi ne vedremo e ne parleremo, negli anni, a Porto Torres.

Ritengo che non ci possiamo accontentare di briciole, presidente Cappellacci, non possiamo accontentarci! Abbiamo una responsabilità che oggi ci chiama per non aver risolto vertenze importanti, per non aver rivisto i vincoli del Patto di stabilità, che ci impediscono di spendere le risorse, per non aver risolto anzi per aver peggiorato la situazione della continuità territoriale, per averci visto accontentarci, anche qui, delle briciole del cosiddetto fantomatico piano del sud. Risorse che vanno e vengono, sono sempre quelle dei fondi FAS, non è stato approvato il piano attuativo regionale, lì avevamo individuato 2.250.000.000 per la soluzione ai nodi strutturali della Regione, abbiamo rimodulato, abbiamo perso tempo.

Allora di fronte a tutto questo c'è una prospettiva? Che cosa diciamo ai giovani, avete qualche idea su questo, qualche straccio di idea? Che cosa diciamo sulle politiche della conoscenza, sulla scuola? Onorevole Maninchedda, lei sta in maggioranza però! Non avete affrontato una riforma, le riforme strutturali, il patto con lo Stato, la statutaria, la sanità, è stato il primo vostro provvedimento andando a mandar via i direttori generali per sostituirli con commissari. Voi siete al governo! Siete al governo, avete Assessori, avete incarichi, non si può giocare alla maggioranza e all'opposizione! Bisogna, una volta per tutte, assumersi delle responsabilità, come vedo che si può risolvere la situazione.

Guardate, io l'ho detto, l'ho detto quando svolgevo il ruolo di Capogruppo, mi diceva il presidente Cappellacci: "Sei un disco rotto". Credo che sia necessario tornare alle urne, perché le soluzioni si trovano su un'idea alternativa, su posizioni politiche alternative. C'è un progetto di Sardegna e c'è un altro progetto di Sardegna; non sono conciliabili, noi partiamo da presupposti diversi. Bisogna assumersi il coraggio di ritornare alle urne e di chiedere ai sardi il voto e l'espressione di un consenso su un progetto di Sardegna. Credo che siamo fermi lì e che abbiamo perso tre anni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, siamo qui oggi nella seconda giornata dei cosiddetti Stati generali convocati. A mio avviso, perché ho necessità di sintesi, definirei forse queste due giornate come gli Stati dei sottufficiali più che generali. Nel senso che, nella giornata di ieri, c'è stata un'audizione, l'audizione delle parti sociali, dei deputati, dei senatori che nessuno ancora ha qui nominato; le frasi che più volte sono risuonate in questa aula, le parole che sono risuonate in questa aula, sono soprattutto mancanza di autorevolezza, inefficacia, mancanza di progettualità, riferita alla classe politica, riferita alla classe politica regionale e all'Esecutivo regionale. Hanno lasciato il segno quelle parole, tant'è che da ieri non si sente altro, si sentono solo le voci delle opposizioni; nessuno ieri, se non qualche sporadico caso, ha parlato dando voce a una maggioranza, nessuno oggi ha preso parola qui dentro a sostegno di un'azione dell'Esecutivo e della maggioranza; hanno parlato solo componenti dell'opposizione definiti eleggibili e altri ancora da definire.

Non ho sentito una voce a sostegno di un'azione dell'Esecutivo perché quest'azione non c'è! Non c'è! Dobbiamo giudicare un progetto, quale? Oggi ho avuto modo di dire in quest'aula che ho un qualche timore che il Governo centrale ci riconosca quanto ci deve, legittimamente ci deve, per le maggiori entrate e ho posto una domanda in quest'aula: se noi ricevessimo gli arretrati per oltre 1 miliardo e 600 milioni più la quota del 2012, che cosa ne faremo? Come si vogliono utilizzare? Per fare che cosa? Quali sono le priorità? Soltanto il coordinamento delle associazioni imprenditoriali ha dettato delle priorità, l'unico,entrando con pragmatismo nel merito delle azioni che bisogna compiere per uscire da questa situazione drammatica di crisi, ma mancavano degli interlocutori anche ieri.

Penso che oggi per sentire davvero, conoscere davvero la realtà della situazione sarda economica e sociale oltre che culturale, mancavano i primi attori, forse sarebbe stato utile sentire una rappresentanza dell'ALCOA, una rappresentanza del mondo della scuola, gli operatori, quelli che sono in prima linea, gli operai. Sapete chi mi ha riportato a quest'idea? Il collega Sechi nel suo intervento quando ha detto: "Per ovvi motivi" - forse perché costretto - "utilizzo la ferrovia per arrivare a Cagliari e oggi mi rendo conto di quanto sia deficitario quel servizio primario". Lei sa, onorevole Sechi, che deputati e senatori viaggiano in ferrovia per raggiungere Roma? E lei oggi viaggia in ferrovia per raggiungere Cagliari, ma non è la stessa cosa! Perciò ha toccato con mano la realtà;allora mi è tornata alla memoria la frase di chi diceva che l'unico modo di conoscere davvero i problemi è accostarsi a quanti vivono quei problemi e trarne da essi, da quello scambio, le conclusioni. Non era Emilio Lussu, non era sicuramente Gandhi, era Che Guevara che diceva queste cose.

Forse noi dobbiamo avvicinarci ancora di più (per chi lo fa già magari basta), alle problematiche reali, conoscere davvero che cosa vuol dire portare avanti una famiglia con 700 euro al mese o, perché no?, anche con 1400 o 1500 euro al mese, conoscere davvero che cosa significa prendere il treno, perché non si ha altra possibilità, essere pendolare, avere un lavoro, essere giovane e non avere prospettive. Forse non abbiamo ancora ben chiaro che cosa avviene fuori da questa aula, autoreferenziale ieri e oggi.

Continuiamo ad analizzare il passato, le cause, conosciamo tutti le cause, conosciamo tutti le responsabilità di chi sono, di chi sono state, quali abbiamo noi di responsabilità, ma non dettiamo mai soluzioni e siamo stati delegati per proporre delle soluzioni! Si parla di centralismo romano, nessuno parla del centralismo cagliaritano, inteso come amministrazione e istituzione; nessuno ha parlato di riequilibrio territoriale. Ecco perché mi chiedo: se arrivassero quei soldi, quelle finanze, che cosa ne faremmo? Miglioreremmo la ferrovia, e non solo fino a Sanluri? Miglioreremmo la viabilità? Miglioreremmo le condizioni di lavoro, infrastrutturali, culturali? O continueremmo a pensare solo al Teatro Lirico, dimenticando le piccole biblioteche? Che cosa ne volete fare? Confrontiamoci su questo. Che cosa ne vogliamo fare. Allora magari troveremo su un progetto anche l'unità. Basta con i tavoli tecnici, politici, con azioni che portano solo a dilazionare nel tempo le possibili soluzioni. Abbiamo un conflitto aperto con il Governo nazionale; allora dobbiamo porre in essere atti simbolici e pratici.

Suggerisco un atto simbolico, Presidente del Consiglio: ammainiamo la bandiera, togliamo da quel trittico la bandiera italiana finché lo Stato non ci riconoscerà equamente, come facenti parte di una nazione, alla quale io tengo e alla quale vorrei continuare ad appartenere. Ammainiamo la bandiera italiana da tutti gli uffici pubblici regionali, è un segnale, è un simbolo, facciamo qualcosa! Ai nostri deputati e ai nostri senatori, che già hanno fallito la loro azione con il Governo Berlusconi, che - quando potevano - potevano dettare l'agenda di quel Governo, come hanno fatto altri deputati di altre Regioni, essendo determinanti in quella maggioranza e non l'hanno fatto e sono venuti ieri qui a parlarci del Governo Monti, a parlarci di quello che non fanno per il Mezzogiorno chiedo: ma loro dov'erano? Dov'erano? E oggi dove sono?

Allora, ai nostri deputati e senatori, quelli che ci leggeranno magari domani perché non hanno avuto, se non qualcuno, l'accortezza di venire qui, come noi abbiamo ascoltato loro ieri, potevano degnarsi di ascoltare noi oggi, a loro dico di unirsi in un Gruppo da ventisette, quali sono tra Senato e Parlamento, ed essere, finché non ci sarà realmente il riconoscimento di una situazione drammatica della Sardegna, quindi la disponibilità ad affrettarsi nel trovare le soluzioni che noi possiamo dettare, che possiamo suggerire, che abbiamo già suggerito, essere loro, fino a quel momento, opposizione, di governi tecnici, di destra, di sinistra o di centro. Ci aiutino in questo.

Il Consiglio, che non può fare azioni singole in contrapposizione con la Giunta, deve in qualche modo proporsi. Si proponga anche il Consiglio. Quando un operaio partecipa a uno sciopero perde la giornata lavorativa, allora siamo noi disposti a perdere il nostro ruolo, dicendo: "Cari consiglieri, possiamo risolvere i problemi, per me un problema è la rappresentanza, è l'autorevolezza, è il Presidente". Noi abbiamo un'arma: sfiduciamo, cambiamo. Non è sua responsabilità, è nostra responsabilità! Se questa maggioranza non è d'accordo su come e sul merito di quello che si porta avanti, ha…

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.

CONTU MARIANO (P.d.L.). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, signor Presidente della Giunta, Assessori, colleghi, credo che, in queste giornate, gli Stati generali del popolo sardo non possano che essere ricordati, alla conclusione di questo dibattito, come una sintesi della partecipazione, del coinvolgimento, della rappresentanza del popolo sardo che in quest'aula si è riunita e ha portato il suo contributo, soprattutto dando senso a queste giornate che non devono diventare un rito da celebrare perché non avremmo di meglio da fare in giornate come queste, ma che soprattutto non si trasformino queste occasioni in una sceneggiata come, in qualche caso, è accaduto anche in questa circostanza. Voglio ricordare il pensiero di uno statista importante della nostra nazione, credo che fosse De Gasperi, che più o meno affermava che il politico è colui che gestisce il quotidiano e lo statista invece programma il futuro per le nuove generazioni.

Bene, ci stiamo dimenticando e ci siamo dimenticati di ricordare, se non per alcuni aspetti, che il nostro ruolo è soprattutto quello di pensare al futuro delle nuove generazioni; ce ne siamo dimenticati qui, portando la discussione su temi calcistici che fanno tanto share, ma anche su tante altre amenità che sarebbero dovute stare in questa occasione fuori da quest'aula.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue Mariano CONTU) Colleghi, credo che le bandiere alla fine siano importanti nella misura in cui danno la sintesi della rappresentatività di un popolo, di un gruppo, di un'appartenenza e così via. Oggi, si vuol parlare di sicuro dei temi più importanti che sono all'attenzione. Le vertenze con lo Stato, le vertenze col Governo, che sono e che dovrebbero rappresentare il culmine del ragionamento su quali strategie adottare per il superamento di questa fase. Credo che i rapporti col Governo siano rapporti da impostare sulla serietà, non per rappresentanze che oggi sono quelle dell'abdicazione della politica rispetto a un Governo tecnico, ma noi, in particolare io non credo che la politica debba abdicare al suo ruolo, che è quello di pensare a quali sono le strategie politiche condivise, condivisibili, importanti, primarie, prioritarie, sulle quali dovremmo fermarci non pensando già, come qualcuno sta facendo, al solito ordine del giorno che poi alla fine diventa carta straccia perché non abbiamo pensato il come e il perché poi ai contenuti dei documenti si debba dare gambe.

Importanti soprattutto i ruoli che questo Consiglio vuol darci, il ruolo che questo Consiglio vuol darci, il ruolo che la Giunta vuole assumere in questa fase. Nei momenti critici, è vero, nelle nostre case, nelle nostre famiglie, ci si siede intorno a un tavolo, si prova a ragionare, a fare la disamina delle problematiche, ma soprattutto a cercare e a ricercare da una parte i motivi che hanno generato le criticità, ma dall'altro a trovare le soluzioni, quelle più perseguibili, quelle più praticabili, quelle che soprattutto fanno uscire dal guado. Oggi, Presidente, siamo nel momento in cui dobbiamo decidere come uscire dal guado, credo che questo sia importante nella misura in cui ognuno di noi si spoglia dall'appartenenza a una formazione politica, da un'appartenenza alla maggioranza o alla minoranza per diventare davvero una forza unica, che si impegna a trovare soprattutto le soluzioni. I temi sono stati portati all'attenzione.

Pensando alle prossime generazioni, non possiamo dimenticare il grosso gap del quale soffrono rispetto alla cultura. Ci dimentichiamo, qualcuno lo ha ricordato ieri, non ricordo chi l'ha affermato da quel podio, che la nostra scuola è in fondo alla classifica, è in fondo alla classifica secondo i dati OCSE e in fondo alla classifica procede e continua a procedere, perché noi pensiamo non alla cultura dei nostri giovani, ma solamente a mantenere quattro posti per gente che nella scuola non ci sta a fare niente, che non è in grado di trasferire cultura, gente che nella scuola non dà alcun apporto positivo, occupa solo un posto! Noi continuiamo a mantenere in piedi pluriclassi. Che significato ha, nel trasferimento della cultura, tenere assieme dieci bambini dai 6 ai 10 anni? Li stiamo privando di un diritto, quello della conoscenza che non si trasferisce senza dare adeguatamente strumenti ma, soprattutto, grado di cultura necessario perché questi ragazzi possano formarsi veramente e non essere classificati come gli ultimi in Europa, venendo anche dopo molti Paesi del terzo mondo.

Allora, partendo dalla cultura, è chiaro che l'approccio ai temi, Presidente, colleghi, Assessori, non può essere quello di pensare che noi affrontiamo il futuro pensando soltanto a risolvere i problemi di qualcuno, i problemi di una categoria, invece che affrontare i temi generali. Temi generali ne abbiamo sul tavolo! La cultura dell'amministrazione: oggi si vuol parlare di riforma della pubblica amministrazione e ci si dimentica che il potere non viene esercitato più né da questo Consiglio, né dalle amministrazioni locali. Il potere viene esercitato da ogni funzionario, da ogni dirigente che ha avuto l'incarico e pensa di esercitare il suo ruolo creandosi fette di potere e amministrando, volta per volta, con l'interpretazione delle norme, quello che ritiene utile ai suoi bisogni, non a quelli del pubblico, non a quelli dei nostri cittadini. Prima iniziamo questo processo e prima potremo dire che si iniziano nuovi percorsi perché la pubblica amministrazione sia davvero privata, spogliata, di quella burocrazia che forse è il freno più importante che oggi attanaglia la pubblica amministrazione.

Continuiamo a creare parrocchie e parrocchiette quando si tratta di amministrazione regionale, quando si tratta di amministrazione delle province, quando si tratta soprattutto della gestione delle ASL.! Noi continuiamo a vedere, caro collega Vargiu, che ancora oggi si continuano a sdoppiare ruoli nelle Aziende sanitarie locali, pensando soltanto alla collocazione di qualcuno. Questi sono processi che rappresentano il fatto più negativo della pubblica amministrazione in Sardegna, pensare che la politica, soprattutto chi la politica delega volta per volta alla gestione dei ruoli di diligenza, dia soltanto risposte di questo tipo.

La riorganizzazione del tessuto economico. Oggi continuiamo a dimenticare che abbiamo trasformato la definizione dei ruoli, dico in agricoltura, ma anche nell'industria e nelle imprese in generale. Nell'agricoltura, in particolare, abbiamo trasformato i nostri braccianti, gli agricoltori, i lavoratori della terra o gli allevatori, in imprenditori agricoli. Il concetto di impresa purtroppo è un concetto un attimino più complesso rispetto a quello che contempla di andare tutti i giorni a curare la vigna, a curare l'orto o a mungere il bestiame, perché oggi la cultura d'impresa impone tutta una serie di regole da rispettare, quando poi l'impresa si avvale dell'assistenza pubblica, soprattutto in termini economici, allora si ha bisogno di creare una nuova cultura.

Mi appello alla responsabilità delle rappresentanze di categoria, ricordando che in passato le rappresentanze di categoria provvedevano anche alla formazione dei propri associati, cosa che non si fa da troppo tempo, dimenticando anche che, nel mentre, è venuta meno in Sardegna quella formazione professionale che assicurava per i vari settori, comunque sia, la formazione di nuove classi di operatori, a iniziare da quelle per l'artigianato e a seguire con quelle del turismo, e così via dicendo, perché questa è un'altra privazione…

PRESIDENTE. Onorevole Contu, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, Assessori, parto da un ringraziamento che voglio fare al presidente Cappellacci per aver seguito i lavori di questa giornata e di quella di ieri. Spesso lo critichiamo per le sue assenze, credo che oggi dobbiamo apprezzare la pazienza e l'attenzione con la quale sta seguendo i lavori di questo Consiglio. Premetto, lo dico a lui, che mi sembra, purtroppo, che, pur se il presidente Cappellacci è presente, non altrettanto lo è la sua maggioranza, l'ha ricordato anche l'onorevole Capelli; i banchi della maggioranza sono vuoti, sono vuoti nei numeri e sono anche vuoti nei contenuti dati a questo dibattito. La situazione dell'Aula di oggi, ma anche di ieri, Presidente, purtroppo alimenta un'immagine (che speriamo lei possa scacciare, perché non ci auguriamo il peggio, ma ci auguriamo il meglio possibile) di un Presidente che procede in solitudine con una maggioranza, essa per prima, che sembra non credere fino in fondo nell'efficacia dell'azione politica di questa Giunta.

Presidente, le muoverò alcune critiche, però chiedo a lei e chiedo agli Assessori, anche ai colleghi, di non considerare queste critiche come una volontà di minare una possibile azione unitaria, neanche come una volontà di far precipitare le cose o di augurarmi il "tanto peggio tanto meglio", non le chiederò elezioni, non le chiederò nuove dimissioni, cercherò di non citare il passato ma credo che sia importante, in questa occasione, mettere a fuoco le carenze dell'azione di questa Giunta e di questo Esecutivo, della maggioranza che non aiutano la rivendicazione della Sardegna nei confronti dello Stato. Vorremmo anche dire, lo dico ai colleghi Sardisti, prima di entrare nel merito della discussione e tornare al merito della vertenza entrate, che noi non ci tiriamo indietro rispetto a una rivisitazione complessiva dei rapporti con lo Stato italiano. Il tema del superamento di un autonomismo tradizionale che rischia di starci stretto non è per noi un tabù, lo dico perché spesso si richiamano i "banchi" del Partito Democratico come se in questi banchi non ci fosse una disponibilità a ragionare anche in termini nuovi col patto con lo Stato. Ma quello che temiamo è che una retorica "neosovranista" diventi l'ennesima panacea di tutti i mali che ci impedisce di fare da subito le cose utili per la Sardegna.

Vedo che i colleghi Sardisti, alcuni di loro, hanno l'abitudine di parlare e poi di andare via, questo ci dispiace, perché credo che noi dovremmo parlare e intervenire, ma anche ascoltarci, e non mi riferisco al Capogruppo, onorevole Sanna, evidentemente. Se c'è una lezione, colleghi, che dobbiamo probabilmente imparare dal Governo Monti, è che va superato sia il populismo di destra, quello che non ha fatto in questi anni per non scontentare, per rimanere al potere senza toccare gli interessi di qualcuno, per alimentare il consenso attraverso un non riformismo, ma neanche l'ideologismo di sinistra, quell'ideologismo che, per anni, ha promesso il paradiso in terra, sapendo che non si può raggiungere, quell'ideologismo che sacrifica costantemente, l'ha fatto anche negli ultimi anni, il bene possibile per un meglio che non è mai raggiungibile. Credo che questi opposti estremismi vadano, tutti e due, messi in soffitta.

Quindi dobbiamo imparare che fare riforme, anche riforme difficili, lo dico al presidente Cappellacci, riforme come la riforma sanitaria, il piano energetico ambientale regionale, un piano per la scuola, non porta necessariamente un calo dei consensi. Oggi la cosa più sorprendente è che il Governo Monti, pur avendo fatto cose difficili, criticabile, che ha suscitato reazioni, ha un livello di consensi più alto di quando ha incominciato, quindi vuol dire che c'è uno spazio per uno riformismo che fa, rispetto a promesse di tipo demagogico.

Presidente, le vorrei dire che, se lei vuole ripartire in maniera credibile nella rivendicazione con lo Stato, deve stabilire delle priorità, non può creare un tavolo omnicomprensivo, gliel'ho già detto questo; la priorità delle priorità è la vertenza entrate. Noi crediamo che lei non abbia a sufficienza interpretato il sentimento dei sardi che si sentono vittime di una grande beffa e di una grande ingiustizia. La vertenza entrate non parte da una rivendicazione sterile per chiedere di più ma, lo abbiamo detto più volte, la vertenza entrate nasce per riparare un torto, che ha trasferito 5 miliardi in meno alla Regione Sardegna nell'arco di 15 anni. Oggi vediamo che, della vertenza entrate, si applica solo una parte, perché non è vero che non si applica il nuovo articolo 8, Presidente, se ne applica la parte meno favorevole alla Sardegna, cioè quella che ci ha fatto far carico della sanità e del trasporto pubblico locale… chiedo ai colleghi del mio Gruppo se hanno la pazienza, anziché chiacchierare, di ascoltarmi, come io ho cercato di fare con loro… dicevo che è una grande ingiustizia che venga applicata l'assunzione di responsabilità della Sardegna…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! L'onorevole Porcu ha ragione!

PORCU (P.D.). Grazie Presidente. Dicevo, l'assunzione di responsabilità della Sardegna per esempio in materia di sanità, lo abbiamo fatto nel 2006 in un contesto in cui la spesa sanitaria era di 2 miliardi e mezzo, oggi è di 3 miliardi e 2 (ha ragione l'onorevole Vargiu quando ci ricorda che le delibere Cipe stabiliscono il tetto della spesa sanitaria a 2 miliardi e 9 e oggi è a oltre i 3 miliardi e 2), ma quell'assunzione di responsabilità non può diventare una nuova vessazione per la Sardegna che si vede, da un lato, aumentare i costi certi e, dall'altra, respingere la possibilità di avere quelle entrate che le spettano.

Credo che su questo piano dobbiamo fare un salto di qualità; non c'è da aprire tavoli, Presidente, c'è da far applicare le norme. Lei ha voluto le norme di attuazione, noi eravamo contrari, ci siamo astenuti ma quello che dobbiamo chiedere, lo dobbiamo chiedere in maniera unitaria con la prima grande rivendicazione unitaria, è che quelle norme vengano messe all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri. Se questo non si fa, lei deve spiegare che certamente viene messo in discussione il patto costituzionale con lo Stato, che certamente si alimenta nei sardi la sensazione di uno Stato patrigno, come l'ha chiamato la Presidente del Consiglio, di uno Stato che ci beffa, che ci imbroglia. Deve spiegare che lei ha difficoltà a tenere insieme questo popolo, questa comunità, sui presupposti di uno Stato che non rispetta le sue stesse leggi. Lo deve fare con una volontà, con un sentimento, con un coraggio diverso da come l'ha fatto finora, spiegando chiaramente che quello è un elemento prioritario rispetto agli altri, che se non si ottiene quello è inutile discutere del resto, perché non c'è la credibilità, non c'è la leale collaborazione tra istituzioni che rende possibile discutere del resto.

Vado brevemente, Presidente, a elencare alcuni elementi critici, perché tra noi ce lo dobbiamo dire. Il fatto che la sua Giunta insista ancora con una legge di bilancio, una legge finanziaria per stanziamento, dove la forbice tra stanziamento (6 miliardi e 8) e entrate (quelle del 2011 sono poco più di 5 miliardi e 5) si amplia e dove c'è una montagna di residui passivi che non verranno mai pagati, di 5 miliardi, non aiuta la discussione, perché non aiuta a stabilire le priorità, alimenta l'idea di una Regione inefficiente che promette tutto sapendo di non poter mantenere.

Sulla sanità, Presidente, il fatto che, nei suoi stessi documenti (quelli che ci avete presentato), si ammetta che siamo fuori dai parametri nazionali per quanto riguarda l'assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro, per quanto riguarda la spesa farmaceutica, per quanto riguarda l'assistenza ospedaliera, non aiuta nelle nostre rivendicazioni. Il fatto che abbiate commissariato le ASL con la promessa di una nuova legge sui servizi sanitari, che non siete capaci di fare; il fatto che abbiate disapplicato il Piano sanitario e non ne abbiate promosso un altro, non aiuta, perché oggi la spesa sanitaria è arrivata al 62 per cento della spesa complessiva e alimenta l'idea di una Regione spendacciona e inefficace. Ci indebolisce, come ci indebolisce il fatto che non si faccia un piano energetico ambientale e che non spendiamo i fondi comunitari oggi fermi al 25.

Per cui, Presidente, si scuota. Noi non ci auguriamo il "tanto peggio tanto meglio", ma la vorremmo più coraggioso, vorremmo la sua maggioranza più efficace, porti avanti con coraggio…

PRESIDENTE. Onorevole Porcu, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, onorevoli colleghi, Assessori, onorevole Presidente della Giunta, un altro momento importante, un momento che però è molto mesto, a mio avviso. Ieri abbiamo assistito a una elencazione ormai di situazioni consolidate, riflessioni sulla criticità della nostra industria, un'industria che proviene dalle partecipazioni statali e poco o nulla a esse si è sostituito. Quindi un elemento che si trascina, con le crisi che giustamente dobbiamo affrontare e cercare di arginare, ma a cui non segue una visione e una riflessione, anche in quest'Aula, per contrapporre a questo sviluppo, che ormai si protrae stancamente, un nuovo sviluppo.

I rappresentanti istituzionali del settore economico hanno parlato in quest'Aula di ripensare l'industria, forse non l'industria chimica ma l'industria manifatturiera, pensando a quelle infrastrutture che ancora devono essere ampliate e rafforzate ma che comunque già ci sono, parlo del Porto canale di Cagliari, parlo degli aeroporti e dei porti regionali. Peraltro a suo tempo si accarezzò anche l'idea di porti franchi ma già nel Porto canale di Cagliari questo elemento è ancora là da venire, eppure lo si può istituire. Si è parlato di crisi delle risorse energetiche, l'industria in Sardegna soffre parecchio per l'alto costo dell'energia; abbiamo dato spazi di nostro territorio a multinazionali che, nel nostro territorio, hanno utili e fanno incetta di opportunità economiche enormi senza che la Sardegna di ciò benefici per niente. E' un modo di pensare al nostro futuro in maniera strana e distorta, perché sono risorse che dovrebbero appartenerci.

Sappiamo bene, l'abbiamo detto altre volte, quanto una Nazione (visto che oggi nei nostri interventi abbiamo accarezzato anche l'idea della Nazione sarda) possa rendersi autonoma e autosufficiente se ha un potere energetico autoctono. Abbiamo delle risorse, certo non abbiamo le risorse petrolifere, non abbiamo le risorse del gas, tra breve le avremo, posto che questa proposta del Galsi possa realizzarsi in tempi utili al ripensamento di una forte industria in Sardegna, perché quella infrastruttura dovrebbe supportare un'industria di ampio respiro, visto e considerato che la capacità imprenditoriale sarda è costituita sicuramente dalla sua capacità di imprese locali e nulla sta facendo per attirare imprese dall'estero, dall'esterno. Forse l'infrastruttura può esserci utile, con tutti i dubbi che, anche su di essa, mi pongo. E' importante, è determinante, ma non so se l'attraversamento e l'approvvigionamento di un unico soggetto possa darci la garanzia, che invece in altri momenti avevamo accarezzato, dei poli criogenici e quindi di acquistarci la materia prima dal mondo, tanto navi gasiere attraversano il Mediterraneo in grande quantità.

Quindi temi di grande rilevanza che in quest'Aula dovremo affrontare per poi trovare davvero soluzioni, perché quest'Aula, aldilà del mesto intervento e delle cose dette ieri, ha avuto anche momenti di aggregazione e di unità nell'individuare obiettivi condivisi, forse dobbiamo tornare a questi momenti, non a momenti generici di unità ma a momenti concreti su argomenti specifici. Abbiamo tentato di farlo con la vertenza sulle entrate, anche questo è un elemento cardine fondamentale per una Regione che non si regge sull'autosufficienza, anche in questo caso qualcuno ha accarezzato l'idea che siamo in grado di reggerci autonomamente, ma ci vuole un passo e un coraggio diverso per poterlo pensare.

Se a questo non pensiamo e quindi stiamo ai patti costituzionali, chiaro è che quell'articolo 8 va rivendicato e va preteso perché altrimenti senza risorse non andiamo da nessuna parte. Chi ha fatto il consigliere comunale o chi ha fatto il sindaco sa benissimo quante volte abbiamo avuto patemi d'animo quando la Regione Sardegna non varava la sua legge finanziaria perché da essa i comuni attendevano i trasferimenti e senza quella legge finanziaria non si poteva programmare nulla oppure si programmava al buio con il rischio di dover fare dopo delle modifiche al bilancio per il mancato arrivo di quelle risorse,in quanto predisposto senza la certezza del loro trasferimento.

Quindi un elemento cardine per lo sviluppo, a meno che davvero non si voglia, come detto, pensare a modelli diversi, all'autosufficienza. E' vero, com'è stato detto, che ci paghiamo la sanità e ancora non riusciamo a riordinarla, mentre invece ci sarebbero i presupposti per farlo; ci sono gli indirizzi anche ministeriali che ci danno elementi per riordinare la sanità però non riusciamo ad aprire una breccia su questo fronte e quindi, com'è stato detto, spendiamo risorse che potrebbero essere invece spese per ben altre opportunità.

Ma vi è anche un altro elemento di quest'ultimo periodo che ci apprestiamo ad affrontare o tentiamo di affrontare, c'è anche la volontà di farlo in termini condivisi, parlo del riordino istituzionale. Anche il riordino istituzionale è un elemento frenante dello sviluppo economico di questa Regione. Si è parlato prima della lentezza burocratica, dell'attuazione delle norme, della spendita delle risorse che tardano a venire, tutto questo inficia chiaramente la capacità economica e di sviluppo delle imprese, di coloro che attendono queste risorse per migliorare la propria capacità imprenditoriale, per migliorare le proprie produzioni. E' un elemento al quale dobbiamo porre rimedio, certo abbiamo cominciato e abbiamo parlato di un taglio del numero dei consiglieri regionali, per carità, va bene come elemento da dare in pasto all'opinione pubblica schiacciata da questa crisi enorme e quindi dobbiamo dare un segnale anche noi, ma c'è l'organizzazione reale della spendita, nei territori della Regione Sardegna, delle risorse finanziarie che ci siamo apprestati a deliberare pochi giorni or sono.

Quindi un riordino costituzionale, che può essere quello di avvicinare la Regione Sardegna nelle aree del territorio in un federalismo davvero regionale, perché si è detto appunto che anche in Sardegna permane questo centralismo regionale così come a livello nazionale permane il centralismo nazionale. Allora il riordino potrebbe essere quello, se ne accarezza l'idea, della soppressione delle province, però sul territorio vi sono strumenti di governo territoriale, come i patti territoriali, che qualcuno dovrebbe comunque attuare o mettere in pratica. Se non sono le nuove province, visto e considerato che le province a livello nazionale sono ridotte a mere organizzazioni di coordinamento dei comuni senza potere alcuno, e ci ritroviamo comunque a dover gestire dei territori, forse sarebbe bene poter spostare sul territorio parte della Regione Sardegna in circoscrizioni regionali magari, perché no?, controllate e verificate da un'elezione dei rappresentanti del territorio che possono governare la spendita delle risorse regionali sul territorio e, con gli enti locali e con le forze sociali, fare la programmazione dal basso degli ambiti territoriali per poi poter fare una programmazione regionale che veda la Regione Sardegna più impegnata, l'organo principale impegnato, in quelle infrastrutture regionali raccogliendo invece dal territorio le istanze e i bisogni che il territorio stesso esprime partendo dal basso in una progettazione che veda la Sardegna forse ripartire dalle proprie realtà, dalla propria ricchezza che è quella del territorio, quindi dall'agricoltura. Un'agricoltura che si pone come primo elemento...

PRESIDENTE. Onorevole Agus, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Stochino. Ne ha facoltà.

STOCHINO (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, all'inizio pensavo di fare un intervento del tipo "lista della spesa", però credo che oggi e ieri gli Stati generali della Sardegna ci abbiano fatto capire un'altra cosa. Su quello che loro mi hanno fatto capire, ci hanno fatto capire, voglio fare un intervento che imposto brevissimo ma spero con messaggi abbastanza chiari. Quello che ieri ho sentito e ho capito è che il governo della Sardegna, la Sardegna intera oggi vive in una situazione drammatica insieme all'Italia e insieme all'Europa; in questa situazione drammatica, il Presidente della Regione Sardegna sta cercando di rappresentare tutto il popolo sardo. Nella sua relazione puntuale ha voluto ancora una volta chiedere l'aiuto di tutti, delle opposizioni, dei sindacati e di tutti gli attori della nostra Sardegna.

Credo che questo sia un fatto importante, onorevole Soru, che sia una porta aperta per poter fare e costruire assieme qualcosa che, purtroppo lo dobbiamo ammettere, come classe politica sarda, non siamo riusciti a costruire in trent'anni. I problemi che avevamo trent'anni fa, oggi ce li ritroviamo ancora di più accentuati. Credo che sia importante capire dal Presidente della Regione che oggi il percorso che la politica deve fare, sollecitato dalle associazioni di categoria, dai sindacati, ma anche da quei forconi che più volte abbiamo richiamato, è un percorso nuovo. Oggi purtroppo non possiamo più ragionare come abbiamo ragionato nella campagna elettorale del 2009 che vedeva contrapposti due candidati a Presidente della Regione, due schieramenti, due programmi elettorali, che oggi purtroppo non possono essere messi sul tappeto, oggi abbiamo una situazione nuova.

A conferma di questa situazione nuova, abbiamo un Governo nazionale, onorevole Soru, diverso, un Governo nazionale che è composto dal P.D., dal P.d.L. e dal terzo Polo che hanno capito, forse a differenza nostra, che quando i problemi sono importanti e ci sono tutti bisogna mettersi insieme per uscire dalla situazione di grave disagio sociale.

Credo che questo sia un punto determinante, onorevole Soru, e che il presidente Cappellacci abbia capito per intero che il governo di centrodestra non abbia fatto delle cose giuste per la Sardegna, non le ha fatte e per questo si è autosospeso. Ma io credo che anche lei abbia capito, quando governava la sua parte politica, che a volte gli interessi di una parte della nostra Italia prevaricavano l'altra parte. Penso che questo sia un fatto nuovo e che, con questo governo nuovo, il nostro Governo oggi si debba confrontare con una situazione altrettanto nuova.

Ebbene credo che oggi non ci sia tempo da perdere, la nostra Sardegna ha bisogno di leve immediate, di risposte concrete, ha bisogno di continuare quella contrapposizione, che il presidente Cappellacci aveva iniziato con un Governo amico, con un Governo che è composto da tecnici perché, su alcune questioni della Sardegna, hanno fatto bene a ricordare i colleghi del centrosinistra, abbiamo dei crediti inevasi; i 5 miliardi ritengo che la dicano tutta, in 15 anni e non in tre anni, sullo stato di attenzione che il Governo italiano, in maniera bipartisan, sia come centrodestra sia come centrosinistra, ha riservato alla nostra Sardegna.

Ma diceva altrettanto bene il collega Maninchedda quando parlava dei trasferimenti delle competenze in materia di trasporti e di sanità, a fronte del niente, a fronte di soli impegni che la Regione Sardegna si è dovuta assumere con le risorse proprie. Allora credo che oggi, anche aiutati dai sindacati, anche aiutati dalle varie componenti che ieri sono intervenute nella riunione degli Stati generali della Sardegna, possiamo iniziare un cammino nuovo. Il presidente Cappellacci c'è, noi oggi ci siamo, purtroppo, ahimè, lo ammetto, in pochi. Oggi siamo qui in pochi per fare insieme agli amici dell'U.D.C., insieme agli amici Sardisti, insieme agli amici Riformatori, insieme agli amici che, con il governatore Cappellacci, si sono presentati alle elezioni, ma soprattutto, e questa è la sfida, insieme a voi, amici del centrosinistra, perchè vogliamo fare qualcosa di diverso per la Sardegna.

Poi avremo tempo, avremo modo, finita la crisi, di riprendere il corso della politica che purtroppo in questi trent'anni poco o niente ha portato alla nostra Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Presidente, gli Stati generali dell'Isola sono una definizione impegnativa, che ci richiama tutti a un grande senso di responsabilità e ci obbliga a un confronto, noi dell'Assemblea regionale, con gli enti locali, con le forze sindacali, col sistema delle imprese. E' un momento importante e siamo obbligati tutti a considerarlo tale, per dare un segnale alla società sarda per ricercare nuove politiche, nuovi percorsi, per individuare come rilanciare l'economia dell'isola, per dare risposte a una mobilitazione del mondo del lavoro, non solo quello sindacale, che non ha precedenti negli anni passati. Dalla discussione di ieri, in cui sono state protagoniste le forze economiche e sociali dell'isola, è emersa la consapevolezza generale di uno stato drammatico della nostra economia, tassi di disoccupazione record, sistema delle imprese industriali in stato comatoso, sistema agroalimentare in agonia profonda, il sistema dei servizi, dalla sanità ai trasporti, fino alla scuola, in particolare, in una profonda crisi di efficienza e di efficacia.

E' una crisi difficile, efficacemente rappresentata dalla presidente Lombardo nella sua introduzione, prima al Capo dello Stato qualche mese fa, e ieri a questa Assemblea. Una crisi rispetto alla quale, debbo mestamente dire, che non mi sembra che siamo adeguatamente attrezzati per affrontarla. Certo non si può non apprezzare lo sforzo delle parti sociali e degli stessi parlamentari di offrire un proprio impegno, un proprio punto di vista e un proprio contributo per individuare come affrontare questa situazione. E c'è stata, da parte delle forze economiche e sociali dell'Isola, fin troppa pazienza, a mio parere, rispetto a una situazione certo difficile, ma anche inaccettabile per come qua dentro la si sta affrontando, per come è emersa la rappresentazione che ne ha dato ieri la maggioranza di governo dell'isola, lo stesso presidente Cappellacci, in una desolante solitudine, si sono alternati due o tre Assessori nell'intera giornata, e come ne dà anche lo stesso P.d.L. oggi, presente a ranghi ridottissimi nei propri banchi, e ancor di più nel contributo dato alla discussione.

In pochi hanno ascoltato ieri, in pochissimi hanno parlato oggi. Non metto in evidenza questo fatto per fare polemica, non mi interessa, lo dico perché metto in evidenza che così facendo si svilisce anche questo sforzo che si è voluto mettere in piedi; rende ancora più drammatica la situazione fuori dal Palazzo, proprio perché è il Palazzo che appare drammaticamente vuoto. E un palazzo vuoto non può vincere il confronto con il palazzo del Governo centrale, governo che oggi è certamente più adeguato di quello che c'era fino a tre o quattro mesi fa, ma non per questo sarà più attento alle istanze dell'Isola, se dall'Isola non partiranno azioni capaci di convincerlo della giustezza delle rivendicazioni.

E le risposte che verranno dal Governo centrale non potranno che essere direttamente legate alla capacità e all'autorevolezza del Governo sardo e dell'intera classe dirigente della Sardegna. Un'autorevolezza che questi Stati generali, a mio parere, hanno certificato non esserci: non è emersa ieri, non sta emergendo oggi. Ma non emerge neanche nel lavoro quotidiano della Giunta, non emerge in quanto sovrastata da un'eccessiva incapacità, a mio parere, con cui si affrontano anche i problemi quotidiani. A fronte di una difficoltà a spuntarla sulla salvaguardia dei nostri diritti sul fronte della cosiddetta vertenza entrate, quindi di fare arrivare all'Isola quanto le è dovuto, assistiamo purtroppo alla incapacità di utilizzare e spendere quanto è già disponibile.

Un esempio eclatante sono i fondi del PSR, fondi comunitari, che non riusciamo a far decollare. L'intero Asse 1 è praticamente non speso. Stiamo bandendo oggi bandi che potevano essere banditi un anno fa. Registreremo drammaticamente questi ritardi tra un anno quando volgerà a termine la scadenza della disponibilità di questi fondi. E noi ci troviamo di fronte a una Regione che tarda moltissimo a mettere a disposizione degli operatori economici gli strumenti per utilizzare questi soldi, e poi si pretenderà a questi operatori economici di fare miracoli perché si arrivi in tempo a utilizzarli. Non è accettabile e a mio parere, scusate la pesantezza del termine, è anche irresponsabile.

Com'è anche irresponsabile, a mio parere, il come stiamo affrontando un tema che, per il Nord Sardegna, è molto importante, quello della famosa chimica verde in alternativa alla chimica tradizionale. Una chimica verde che dovrebbe coinvolgere il mondo dell'agricoltura nella fornitura e nella produzione della materia prima. Se ne sta discutendo da mesi con tutti, tranne con chi dovrà fare quel lavoro, dovrà mettere in piedi quel sistema, dare gambe a quel progetto. E' inaccettabile, presidente Cappellacci, che, su quel fronte, neanche l'Assessore dell'agricoltura sappia che cosa si sta realmente facendo. Ma la cosa più irresponsabile è che neanche gli agricoltori sappiano che cosa dovranno fare e se a quel progetto possono o no guardare con interesse. Hanno diritto di saperlo, perché in quel mondo non ci sono prospettive e abbiamo il dovere di mettere qualsiasi spiraglio a loro disposizione con chiarezza e nei tempi giusti necessari! A oggi non si è ancora fatto! Ritengo che la gestione quotidiana della politica in questo modo porti a un abbassamento del tasso di autorevolezza del nostro Governo regionale.

Credo che questi due esempi chiariscano che serve davvero uno scatto da parte della Giunta regionale sia sul fronte della gestione delle grandi…

PRESIDENTE. Onorevole Lotto, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signor presidente Cappellacci, mi rivolgo a lei, Presidente, perché voglio dare l'importanza che merita alla giornata di ieri, che non considero una giornata inutile. Gli interventi di ieri non sono stati, secondo me, solamente una passerella di interventi delle associazioni datoriali, sindacali, delle forze sociali della Regione, anzi sono convinto che abbiano rappresentato la drammaticità della Sardegna. Ognuno dei nostri interlocutori ha dalla sua parte evidenziato le priorità, le indicazioni, le strategie per portare la Sardegna fuori dalla crisi. Abbiamo fatto bene aa insistere perché gli Stati generali venissero convocati, perché si svolgessero, e siamo soddisfatti perchè si sono svolti.

Il problema, signor presidente Cappellacci, è che, oggi, dalle indicazioni sulle cose da fare, bisogna riuscire a pervenire alle soluzioni, agli atti concreti perché le richieste, fatte dalla società sarda ieri, vengano portate a conclusione, vengano quantomeno avviate a conclusione.

Signor Presidente, lei ha oggi una grossa responsabilità perché siamo arrivati a uno snodo importante di questa legislatura, vista la crisi che la Sardegna sta vivendo, crisi sinteticamente ma efficacemente rappresentata nelle parole della Presidente del Consiglio, Claudia Lombardo: oggi dovrà dimostrare che lei e la sua Giunta hanno la capacità di guidare la Sardegna fuori dal guado tempestoso in cui la nostra Regione si trova.

Quindi, signor Presidente, mi auguro veramente di cuore (perché non abbiamo mai seguito la politica del "tanto peggio tanto meglio", nè vogliamo seguirla oggi), ci auguriamo che lei riesca nelle sue conclusioni, che spero correggeranno le indicazioni abbastanza semplicistiche date ieri al termine del dibattito del primo giorno degli Stati generali. Spero che lei riesca a dare una risposta alle tante richieste venute ieri dai nostri interlocutori. Signor Presidente, da tutti gli interlocutori, in tutti gli interventi, è stato chiesto al Governo della Sardegna e al Consiglio regionale della Sardegna di fare in fretta! Noi abbiamo l'esigenza di definire e lei, in prima battuta, come Presidente dei sardi, ha la necessità di definire un'agenda di priorità che possano essere spese immediatamente nel confronto con il Governo nazionale e con lo Stato. Ecco perché oggi voglio richiamare, signor Presidente, l'ordine del giorno numero 76, approvato il 14 gennaio in quest'Aula all'unanimità.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue SALIS.) Quell'ordine del giorno, signor Presidente, era diviso in due parti, la prima delle quali dichiarava e riaffermava pregiudizialmente "l'assoluta urgenza della definizione della vertenza entrate". Gli altri punti erano inseriti in coda al secondo punto del dispositivo della mozione. Questo vuol dire che, signor Presidente, il decreto Monti del 7 febbraio, che ha raccolto le indicazioni venute dal tavolo il 2 febbraio nell'incontro che lei ha tenuto con il Presidente del Consiglio, è assolutamente insufficiente a rispondere pregiudizialmente a quelle esigenze, perché il Governo Monti, nel decreto del 7 febbraio, lega la vertenza delle entrate alla questione del federalismo fiscale. Noi consideriamo inaccettabile questa indicazione data dal Governo Monti. Non sono un estimatore del Governo Monti, lo dico a differenza dei tanti che qui ne hanno parlato bene, considero il Presidente Monti e questo Governo un Governo presentabile, a differenza del precedente, ma che sta attuando in Italia una politica assolutamente impresentabile! Anzi mi spingo a dire che probabilmente al precedente Governo Berlusconi non avremmo consentito di attivare una politica impopolare e contro i ceti popolari così come la sta attuando il Governo Monti.

Per cui, penso che bisogna sganciarsi e dire con forza che non possiamo assolutamente posticipare ulteriormente l'applicazione di una legge dello Stato. Signor presidente Cappellacci, la priorità delle priorità, che io mi auguro lei inserisca nelle conclusioni a questo intervento, è la chiusura della vertenza entrate senza altri tavoli tecnici, con l'approvazione delle norme di attuazione che sono state già definite dalla Commissione e approvate dal Consiglio regionale. Il Governo Monti deve approvare quelle norme di attuazione che voi avete voluto, norme che non erano necessarie ma che voi avete voluto, rischiamo altrimenti di essere ancora imbrogliati; ci ha imbrogliato il ministro Tremonti, ci ha imbrogliato il Sottosegretario Vegas, rischia di imbrogliarci ora questo Governo, anche perché i tempi previsti da questo decreto sono già saltati.

Le quattro settimane, a partire dal 7 febbraio, di cui si parla in questo decreto sono abbondantemente trascorse. Che cosa è stato fatto in queste settimane? La Commissione si è riunita? Il tavolo è stato attivato? C'è qualche sviluppo del contenzioso con il Governo al tavolo tecnico di cui si parla in questo decreto? Noi non siamo assolutamente a conoscenza di queste novità, se ci sono.

Priorità quindi alla vertenza entrate e al patto di stabilità, che sono fondamentali, e poi attivare un'iniziativa su tutte le altre questioni che sono direttamente nelle nostre responsabilità. Perché è giusto quanto è stato rimarcato, che non si può richiamare alle proprie responsabilità il Governo nazionale se non conduciamo noi una battaglia forte, precisa, tenace per realizzare riforme e iniziative che sono nelle nostre competenze.

Ecco perché bisogna rimuovere i ritardi, gli ostacoli, le timidezze che hanno finora contraddistinto l'azione della sua Giunta, signor Presidente, anche perché poi, concludo, siccome è uno snodo fondamentale, se non riusciamo a chiudere positivamente questa vertenza, Presidente, forse è meglio veramente che lei e tutti noi prendiamo atto del fallimento della nostra azione di governo politico e istituzionale e rassegniamo le dimissioni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Presidente, mi pongo già la prima domanda che mi mette anche in forte imbarazzo: riusciamo noi a essere credibili con un dibattito come quello che stiamo facendo stamattina in un'aula semideserta, con un disinteresse che disarma, comunque, quei pochi che ci stanno ascoltando? Avevo provato a dire che, fuori di quest'aula, e lo rifaccio stamattina, c'è un altro mondo, che gli Stati generali, presidente Lombardo, che lei ha dovuto convocare, perché questa è stata la volontà che le è stata espressa in quest'aula, non erano la soluzione. Avevamo provato a dire che non è in quest'aula che risolviamo un problema come questo, di una delicatezza e di una gravità come mai abbiamo dovuto affrontare, ma che era necessario trovare un luogo simbolo fuori di questo palazzo, chiamare a raccolta i sardi e quindi la società in tutte le sue sfaccettature per coinvolgerla nel problema, problema che è di tutti noi, non per dire che c'è una debolezza unica in quest'aula, che siamo incapaci e che non ci si riesce. Quando non si riesce a compiere i passi giusti, bisogna capire che è necessario fare altro, invece stiamo ripetendo oggi, in quest'aula, qualcosa, a parer mio, di negativo, perché le presenze odierne, guardiamoci attorno, ci fanno capire che non c'è tensione, non c'è partecipazione, non c'è volontà di sacrificarsi. Allora questa necessità dobbiamo farla nostra, se no continueremo a sbagliare.

Guardate, anche in quell'ordine del giorno che abbiamo proposto, noi parliamo di sessione speciale perché è necessaria. La sessione speciale la intendiamo fuori di quest'aula, fra la gente, recuperando passione, utilizzando quel fermento, quella disperazione per dare forza a una battaglia che è la battaglia di tutti. Stamattina, guardate, ho recepito solo una cosa, la più negativa di tutte, cioè la volontà di rimpallarsi le responsabilità e di pensare di essere con la coscienza a posto, una recita! Conosciamo le responsabilità, sono responsabilità politiche, nella differenza dei ruoli di chi è maggioranza, di chi è opposizione, di chi ha governato in tanti anni. Ci abbiamo provato a ritornare al Governo dopo 18 anni di opposizione. Non è certo esaltante il momento, non è un'esperienza della quale nessun amministratore, in qualsiasi forma e da qualsiasi parte, possa dire che sia un momento esaltante. E' un momento di grande negatività. Il sistema economico lo conosciamo tutti, la crisi non è la crisi della Sardegna, la Sardegna soffre in maggiore misura rispetto ad altre realtà per la sua debolezza. A Roma siete voi gli autori di quel Governo, il Governo Monti è roba vostra! E' quello che comunque ha infilato le mani in tasca ai cittadini, nel peggiore dei modi, dico io, non è che ha deciso la patrimoniale, non è che va a prendere a chi ne ha, prende in modo indistinto a tutti, che sia popolo del Nord o di quest'Isola, che ne abbiano o che non ne abbiano.

Credo che questo non sia accettabile, non sia affatto accettabile da nessuno di noi. Dico anche che non è finita, molti di noi sanno che non è finita e che, per arrivare al pareggio di bilancio del prossimo anno, un ulteriore decreto salterà fuori. Non so che cosa dovrà fare la gente, perché continuando a trattare tutti sullo stesso piano, le differenze diventano più grandi tra chi ne ha e chi non ne ha. Governare una nazione in questo modo, non credo che sia compito semplice e facile. Siccome apparite voi tutti i giorni sui giornali, sulla stampa italiana, a dire che questo Governo sta risolvendo i problemi dell'Italia, vediamo quanto li risolverà e come riterremo che sia giusto risolverli.

Adesso c'è la parte che ci riguarda più direttamente. Certo, le rivendicazioni le abbiamo rimesse in fila: le entrate, il patto di stabilità, l'insularità, la continuità territoriale. Guardate, siamo ripetitivi e le cose sono legate da un filo conduttore.

Le entrate: quando si fanno i patti con lo Stato e i patti non vengono rispettati, è inutile stare sempre e comunque con il cappello in mano. Il cappello in mano, credo che non sia più utilizzabile. Si arriva all'estremità delle cose. Se devo portare lo Stato italiano in tribunale, porto lo Stato italiano in tribunale! Non ho capito perché mi devo fermare.

Dopo le entrate, l'altro argomento non è certo secondario: il patto di stabilità. Ti danno i soldi ma non li puoi spendere. Qualcuno suggerisce di chiedere che il patto di stabilità sia aperto per quanto riguarda la Sardegna. Il resto del Meridione sorride e ci guarda dicendo che staremo con le mani in mano. Siamo convinti tutti che possiamo raccontare questa storia e che sia realizzabile? Vediamo. Ci stiamo provando da anni! Paolo Maninchedda ha riprovato stamattina a dire che c'è un problema di fondo, che in altre parti d'Europa esiste già, anche in discontinuità. Se guardiamo ad esempio la Spagna, vediamo che i baschi hanno la leva fiscale nelle loro mani, mentre in Catalogna, paese ricco che abbiamo sempre paragonato alla Lombardia, no, la differenza è che la Catalogna soffre dell'aspetto complessivo dell'Europa, i Paesi Baschi certamente molto meno...

SECHI (Gruppo Misto). I baschi mettevano bombe!

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Va bene, i baschi mettevano bombe, ma se se si deve morire di fame, che cosa credi che voglia fare la gente che sta fuori di questo palazzo? Non abbiamo la stessa disperazione? Non sto dicendo che bisogna mettere le bombe, non l'ho mai detto, non è un'osservazione che mi appartiene la tua, Carlo, e non è un esempio neanche da portare. Si possono fare le battaglie in piena democrazia, fatte come devono essere fatte, dimostrando però una larga partecipazione e soprattutto una convergenza di idee che, in quest'isola, è mancata e viene meno.

Molti di voi si ricordano che esiste quella bandiera solo quando è necessario, quando serve. Molti si riempiono la bocca delle parole "nazione", "popolo", "autodeterminazione", sono vocaboli che in quest'Aula per decenni sono rimasti assenti se non detti dal Partito Sardo d'Azione. Qualcuno li ha fatti suoi, c'è stata una contaminazione e noi siamo contenti di questa contaminazione, vorremmo che fosse più ampia, che si iniziasse a parlare di indipendenza in modo diverso, senza paura, senza timore. Vorremmo fare qualcosa del genere e stiamo provando. Forse siamo noi che non ci riusciamo ancora troppo bene, ma insisteremo fino alla fine, perché arrivare a essere indipendenti economicamente, caro Carlo, è l'obiettivo principale, perché un popolo non sarà mai libero se economicamente non è autosufficiente, se non ha da solo la forza e la capacità di scegliere, di capire quale può essere il suo sviluppo, quali sono i settori nei quali cercare una riconversione complessiva del sistema industriale che, in quest'isola, comunque sta crollando, pur con l'obbligo di difenderlo.

Dobbiamo cercare le alternative, dobbiamo avere la capacità, ma dobbiamo avere gli strumenti in mano. Ecco, i baschi hanno gli strumenti in mano, hanno la leva fiscale, uno strumento importantissimo che attira i capitali esteri dove ritengono loro devono essere portati, i settori che non vanno in contrapposizione al sistema economico e alle imprese del posto; questo è il cambiamento! E quando l'interlocutore principale, che è lo Stato italiano, non sente, dobbiamo avere la capacità di cercare altri interlocutori, perché l'Europa è "interlocutore", se lo cerchi. Questi ultimi cinque anni lo abbiamo cercato una volta, ci sta dando ragione, una battaglia vera e reale, visto quello che ci stavano facendo gli armatori napoletani.

Allora, se è capace di dimostrare l'attenzione, siamo noi che dobbiamo avere la forza e le capacità di portare quell'attenzione necessaria con gli argomenti e le soluzioni, non lamentarci e basta. Voglio far riferimento a questo, siamo vicini a Natale, pensavo che qualcuno stamattina facesse l'uccello della pace…

URAS (Gruppo Misto). Hai detto Natale!

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Così è? Comunque siamo a Pasqua!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, non nascondo che intervengo con estremo imbarazzo in questa circostanza, perché effettivamente, come l'hanno messo in risalto tutti coloro che sono intervenuti prima, questa sembra un'Aula più distratta che attenta alle tematiche che abbiamo in discussione.

Ripercorrendo col pensiero quanto è avvenuto ieri in questa aula, ricordo che ho sentito dire dai più che il discorso ormai era una ripetizione, era un rituale. Userei anche io il termine rituale. Però è bene anche specificare che cosa significa il termine che spesso si usa, non sapendo a che cosa ci si riferisce. Rituale, da sempre, è una attività che viene posta in essere perché ci si vuole collegare con il "divino", mi suggeriscono il "metafisico", giusto! Allora si compiono determinate cose in maniera rituale, appunto, cercando di collegarsi con questo mondo metafisico per ottenere le grazie, anzi, pensando all'antichità (assiri, babilonesi, egizi, ancor meglio nell'Olimpo per quanto riguarda il mondo ellenistico), si credeva che, se fatto bene, questo rituale sarebbe risultato gradito e i risultati si sarebbero ottenuti.

Poi arrivò Agostino d'Ippona che disse un'altra cosa, cioè che, ancorché non sia fatto bene, perché ci sono peccatori anche tra coloro che celebrano, solo per grazia della divinità si ottiene il percorso giusto verso l'ottenimento di quello per cui si prega. Ex opere operato, diceva Agostino d'Ippona, tertium non datur però. Se noi colleghiamo con attenzione le due possibili espansioni delle due ipotesi di lavoro, comprendiamo che non siamo sintonizzati con la prima e ancor meno con la seconda; perché credo che nessun Governo nazionale farà grazie alla Sardegna.

Se noi non comprendiamo che stiamo vivendo una crisi epocale, una crisi gravissima, che non è solo della Sardegna, è a livello mondiale, dovuta alla finanziarizzazione del sistema economico, che non ha più riconosciuto il lavoro, la vera essenza e motore di ricchezza, se non ci rendiamo conto che c'è una competizione internazionale forte, basta vedere la Cina che acquista territori in Africa grandi quanto uno Stato perché ricca di terre rare, quelle terre rare che servono per la tecnologia e per le nuove esperienze di innovazione, se non comprendiamo che dobbiamo competere con un mondo che è veramente forte nei confronti non solo di una Regione come la nostra, ma degli Stati dell'Unione europea medesima, se patiamo questa sofferenza e non ci accorgiamo che facciamo difetto a noi stessi di trovare la bega provinciale, direi io, da quartiere, dove ci dobbiamo rimbeccare qualcosa comunque, senza trovare un punto di unità, un punto su cui la Sardegna possa contare, ebbene, stamattina mi sono accorto che, da più parti, si è levata una contraddizione in termini: prima una cosa voluta da tutte le forze politiche e poi tutti sembrano dissociarsi da un approdo che debba vedere difesa la nostra Isola, la nostra Sardegna, il popolo sardo. Questa è l'Assise, questo è il punto di incontro di tutti gli interessi!

Ma vi è di più, ieri ascoltavo anche le rappresentanze sociali, le rappresentanze sindacali, altrettanto sommesse nella loro rappresentazione dell'essere. Perché? Perché c'è una crisi di identità, perché non c'è più un rapporto diretto con la gente, non ci sono più valori, non ci sono più ideali; quando mancano questi, puoi fare qualunque programma ma non svegli l'attenzione della gente. Come può un Consiglio regionale simile risvegliare l'attenzione della gente. Ma come può un Consiglio regionale simile creare speranza, dare speranza alla gente che è fuori, che si tormenta in una crisi economica sociale, se non siamo convinti noi di percorrere con profitto un rituale che veramente reclami l'attenzione dovuta, la volontà, l'apertura mentale che ci faccia saltare dai soliti schemi di contrapposizione che viviamo.

Si può continuare allora a far sì che si deleghino i funzionari a gestire i FAS, che magari ancora devono essere rivisitati, anziché fare un'azione politica; si può pensare di fare altro anziché quello che si è promesso per la Sardegna, cioè uno sviluppo sul turismo legato al fatto che bisogna cancellare, quello che dico sempre io, l'insularità ma intesa come oasi in mezzo a un deserto che devo comunque attraversare con cammelli che siano aerei o siano navi, e che si ricerchi nelle forze vive della nostra società la volontà di riscatto. Certo che sono d'accordo perché ci sia un confronto totale con lo Stato. Ma da quanto tempo i Riformatori hanno chiesto di avere un nuovo Statuto di autonomia che sia contrattato e che veda una pattuizione fra Regione e Stato, fra Regione e Stato e Unione europea! Certo che vanno verificati a tutto campo i rapporti, quello che ci ha riconosciuto lo Stato e quello che non ci ha riconosciuto sino a oggi. Ho citato in più circostanze Cattaneo, Mazzini, Asproni, che è uno dei sardi che ha fatto il Risorgimento, ma ancora siamo qui a piatire, perché non siamo capaci di metterci il cappello anziché tenerlo col bavero teso ad avere l'elemosina da qualcuno.

"Bisogna avere schiena dritta" si è detto, ma la schiena dritta si ha quando si ha valore dentro, quando si ha la certezza di voler raggiungere uno scopo, di voler dare gratificazione alla gente che è fuori. Invece ci lamentiamo e cerchiamo di fare le solite camarille di palazzo, cercando di impedire che si voti nello stesso tempo un referendum con le elezioni amministrative ordinarie, è vergognoso! Si ha paura del voto! Si ha paura di sentire la gente! Bisogna dirle queste cose! Dove è andato l'onorevole Capelli che prima dice tanto e adesso non lo vedo da un bel po' in aula? Bisogna essere onesti con se stessi. Se è vero che voglio rappresentare, devo andare a sentire il popolo, a verificare quello che dice, se è consono quanto vado affermando in questa aula e se è vero che quelle necessità devono avere un riverbero in questo Palazzo. Se questo non si ha, vuol dire che siamo in dissonanza totale e allora bene fanno ad avere i forconi, perché c'è la necessità, pazienza se verrà colpito anche qualcuno che non ha colpa, bisogna stare attenti, non diamo ulteriore benzina al fuoco, anziché cercare di trovare soluzioni reali che siano radicate nella gente.

Se non faremo queste cose, la deriva etica della classe politica, che non si fa un sano esame di coscienza, ci porterà veramente su una china dolorosa. Rubo un'espressione che fu detta in antichità: "Le labbra della saggezza sono aperte soltanto alle orecchie della comprensione". Chi vuole intendere, intenda!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, ci siamo riuniti qui in attuazione di un ordine del giorno, il numero 76 del 14 febbraio 2012, fra l'altro ricordo che è stato sottoscritto da tutti i Presidenti di Gruppo dell'Aula, votato all'unanimità, che aveva due obiettivi. Il primo obiettivo era quello di riaffermare pregiudizialmente l'assoluta urgenza che il Governo addivenisse all'applicazione integrale dell'articolo 8 dello Statuto speciale, così come è stato riformato dalla legge finanziaria approvata nel 2007, e poi avviasse una serie di confronti di natura tematica, dal patto di stabilità alla difesa e consolidamento del sistema produttivo, alla continuità territoriale, alla moratoria delle azioni promosse dall'Italia, e che fanno pagare un prezzo altissimo alle imprese sarde già in crisi di liquidità, alla rimodulazione e operatività degli interventi finanziati con fondi FAS e così via. Insieme a ciò, la convocazione degli Stati generali, per capire o, meglio, per studiare, per definire un metodo di partecipazione attiva di tutto il sistema istituzionale locale, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di categoria, dell'impresa e dell'economia, del mondo della cultura e della solidarietà. Questo era il tema.

In questi due giorni abbiamo parlato pressoché di tutto tranne che di questo. Ricordo pochissimi interventi che sono stati sull'ordine del giorno. Sicuramente, lo dico, non c'è stato neppure il Presidente della Regione dentro l'ordine del giorno, questo è assolutamente sconcertante. Anzi, il Presidente della Regione, glielo dico, Presidente, ha ansia di antecipazione, per costruire la divisione, di tutti gli appuntamenti che riguardano questa materia.

Iniziamo i lavori in Commissione sulla finanziaria e decidiamo di attivare, anche come Consiglio regionale, una legittima pressione nei confronti del livello nazionale perché si arrivi alla definizione della partita delle entrate. Noi, io sono alcuni anni che lo dico, ho iniziato per primo a dire che facevamo bilanci fasulli, adesso, ce ne siamo convinti tutti e li facciamo fasulli fino al midollo, perché sappiamo che non abbiamo più la partita dell'articolo 8, perché l'abbiamo depositata nelle norme di attuazione, in un percorso che ci è stato suggerito dal Presidente, anzi, che è stato preteso dalla Giunta e dalla maggioranza. E noi siamo andati lì!

Avviamo un confronto anche noi, anche dal Consiglio (per evitare che si facesse qualcosa nottetempo), e si attiva un incontro con i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, con il dottor professor Catricalà, a quel punto piove in Commissione la notizia che suscita un po' di subbuglio. Pazienza, sentiamo il Presidente definiamo insieme un percorso e, punto da capo si anticipa con "Capigruppo a Roma". Qualche perplessità, qualche resistenza, e ci andiamo, poniamo una pregiudiziale, torniamo in Aula, studiamo insieme un metodo tutti quanti, ma prima che si potesse definire il metodo, zacchete!, ecco la convocazione di Monti, in una riunione inutile, anzi dannosa, anzi dannosa! E va bene, superiamo anche quello, veniamo in aula, facciamo il confronto in aula, definiamo che si vada agli Stati generali per - si dice - qualificare il metodo della partecipazione delle parti sociali e del sistema istituzionale e così via, e che cosa succede? Che nel frattempo si istituisce il tavolo cosiddetto tecnico a cui partecipa metà Giunta e un paio di funzionari che, se chiediamo loro la cortesia di mettersi in un angolo, facciamo una cosa grande per i sardi, perché non c'è volta che tocchino qualcosa che quel qualcosa non si trasformi in una cosa pestilenziale per la Sardegna e per i sardi!

Ma quanto tempo dobbiamo aspettare? Ma quante cose dobbiamo dire? Ho predisposto un ordine del giorno, ho sottoscritto anche quello presentato dai colleghi Sardisti, perché sono convinto e non ho difese da fare di bagagli di voti, di consensi che entrano in crisi, di relazioni in qualche misura da coltivare con il Governo nazionale, no, sono libero, tranne che da una cosa, da una relazione positiva con il popolo che rappresento, quella piccola parte di popolo che rappresento, con il quale mi voglio confrontare, non in questa sede, fuori da questa sede, ma con l'autorevolezza che viene dal fatto di essere in questa sede ancora per quanto sarà possibile.

Poi, Presidente, ho presentato un altro ordine del giorno, che avrei voluto che sottoscrivessero tutti, perché richiama a un impegno orgoglioso di guida di questo popolo e di questa Regione da parte sua, che è il Presidente legittimamente eletto. Facciamo quello che dovevamo fare, che abbiamo detto tutti che eravamo d'accordo di fare, quel tavolo tecnico, che è più un tavolo da seduta spiritica, cioè totalmente squilibrato, che aspetta un colpo dall'alto, facciamo che quel tavolo lo rimuoviamo e chiediamo al Governo una conferenza di servizi partecipata dall'intera società sarda, dalle istituzioni locali, dai sindacati, da imprese, dalle istituzioni dell'economia, del lavoro e della cultura e apriamo lì, in quella sede, l'agenda operativa che parte dal presupposto che noi dobbiamo avere diritto a un bilancio certo. Quindi: quei soldi ci sono, quelli che abbiamo quantificato, o non ci sono? Faccia l'atto che deve fare il Governo! Non ci sono compatibilità altre da verificare.

Si chieda una mobilitazione generale attorno a questa richiesta, consigli comunali, consigli provinciali, assemblee sindacali, fabbriche in rivolta, tutti! Una mobilitazione generale: che si senta che lei non va lì, magari raccomandato da qualche parlamentare, a parlare con il Presidente del Consiglio dei Ministri, ma che ci va in rappresentanza di questo popolo che è un popolo in subbuglio, che non ne può più! Io ricevo quelli che stanno male, sono lì, scavati, hanno anche problemi di pane! E questo Governo boccia le leggi sul precariato, fa tutto, lo faceva anche il precedente, e il precedente ancora, perché loro i piedi ce li hanno al caldo, perché non hanno sulla pelle la sofferenza di chi sta male, non gliene importa niente, non gliene importa nulla!

Allora si faccia questo, lo si faccia senza indugio e si minacci che questo Consiglio non ha ragione d'essere, questa è una legislatura morta! Se non fa questo, è meglio che andiamo a casa e, per andare a casa, deve fare solo una cosa, Presidente, si deve dimettere!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, il dibattito che si è svolto mi lascia alquanto perplesso. L'oggetto della convocazione degli Stati generali e della successiva discussione in Consiglio regionale doveva essere incentrato su quella che è stata chiamata la vertenza Sardegna anche dall'onorevole Calvisi ieri. Dovevamo parlare dei contenuti e degli argomenti da sottoporre al Governo. In effetti, l'intervento dell'onorevole Calvisi si è incentrato soprattutto su questo, mentre la gran parte degli interventi hanno avuto uno spettro più ampio, hanno riguardato la situazione di crisi, anche approfonditamente, dando tutta una serie di dati, hanno proposto modelli di sviluppo, si è chiesto di ampliare la discussione e di porre nella piattaforma del confronto col Governo anche la riforma dello Statuto.

Vi è stata qui, oggi, tutta una serie di interventi su questa strada tracciata con interventi tanto polemici che ci sarebbe da chiedersi come mai non viene presentata una mozione di sfiducia, perché la conseguenza di taluni interventi che ho sentito oggi non può che essere la presentazione di una mozione di sfiducia. Non era quello a cui siamo stati chiamati a fare.

E' vero che siamo in pochi: noi ci siamo, come ci siamo sempre e come sempre abbiamo garantito il numero legale. Abbiamo ascoltato con attenzione: non solo abbiamo ascoltato con attenzione, ma ci siamo stampati i resoconti degli interventi di ieri e tutti i componenti del mio Gruppo li hanno letti e ne abbiamo discusso per trarre tutti gli elementi utili. La partecipazione non è assicurata solo con la presenza in questa aula, serve la presenza e l'apporto costruttivo. Spesso vi sono molte assenze, ma spesso vi è anche una presenza saltuaria e apporti non costruttivi, ma semplicemente distruttivi. Non è questo, a mio avviso, quello che siamo chiamati a fare, quanto meno se vogliamo dare un contributo a risolvere i problemi.

Responsabilità di tutti. Se andiamo a vedere le responsabilità dei singoli, sicuramente le possiamo più o meno graduare, è ovvio che chi ha assunto le funzioni di Presidente della Regione, oggi l'onorevole Cappellacci, ieri l'onorevole Soru, ha ben più responsabilità di quelle che può avere un singolo consigliere regionale. Ma se io guardo, nei confronti della politica, le responsabilità non si pesano, le responsabilità sono di tutti, è inutile dire: "Io rispondo al 60 per cento, io rispondo al 40 per cento". Andiamo a vedere le responsabilità, il problema è: a che scopo? Lo sappiamo. Sappiamo che c'è una situazione di crisi, dobbiamo lavorare per risolverla. Già in altra occasione, abbiamo detto di non aver nulla in contrario a che vi sia un allargamento della maggioranza su temi unitari per affrontare questa situazione di crisi. L'abbiamo fatto a Roma, sosteniamo con convinzione il Governo Monti perché lo riteniamo in questo momento l'unica strada possibile nella grave situazione in cui ci siamo trovati, anche qui non ci interessa di chi sono le responsabilità della situazione in cui siamo andati a trovarci.

Abbiamo preso un impegno con questa maggioranza, lo manteniamo con lealtà, perché la parola data va mantenuta, va da sé che, all'interno della maggioranza, ci sono diverse cose che non condividiamo, però le cose che non condividiamo le portiamo alla discussione, le portiamo all'attenzione e anche quando la maggioranza non ci dà ragione, per coerenza con gli impegni presi, non facciamo i voti Arlecchino, come spesso fanno qua dentro, non ci assentiamo per far mancare il numero legale, votiamo in conformità con la maggioranza. Va da sé che, nel momento in cui dovesse esserci un contrasto su questioni di principio, a quel punto, lealmente, diremo che non possiamo andare avanti. Al momento questa situazione non si è verificata.

Ripeto, un segno importantissimo della discussione di ieri si è tratto: l'unità delle forze sindacali, delle organizzazioni datoriali. Tutti hanno parlato, tutti hanno dimostrato, ancorché con diverse angolazioni, di avere degli interessi generali. Non condivido quanto ha detto qualche consigliere, che ognuno qui è venuto a sostenere le sue posizioni di parte, così come gli attacchi ai consiglieri regionali che vanno negli Assessorati ad accompagnare amici e amichetti, non l'ho mai fatto, non è un tipo di politica che interessa l'U.D.C.. Da quando siamo in quest'Aula, ci siamo battuti con coerenza per la valorizzazione dei principi e degli ideali, e questi principi e ideali abbiamo sempre difeso, senza accettare mai nessuna compromissione. Non ci interessano i voti di clientela, basta vedere come ci comportiamo in quest'Aula. Non ci sono mai cose di clientela che andiamo a sostenere, sosteniamo sempre e solo questioni di principio; pronti, quando queste questioni di principio toccano, per esempio, il problema del precariato, il problema del lavoro, ad allearci e votare con tutte le forze politiche, come SEL, che nei confronti di queste vicende sicuramente in quest'Aula ha dimostrato una maggiore sensibilità. Ma questa sensibilità l'ha dimostrata anche la Giunta, quando ha dato l'assenso, il suo placet a votare tutte queste norme.

Oggi, che cosa dobbiamo fare? Preso atto dell'unità dimostrata durante l'audizione degli Stati generali, bisogna verificare se questa unità c'è all'interno di quest'Aula. Se questa unità c'è all'interno di quest'Aula, al di là degli ordini del giorno che sono stati già presentati e che noi abbiamo sottoscritto, perché riteniamo che certi argomenti vadano discussi quali che siano le posizioni e i voti che andremo a prendere, ma certi argomenti, tipo quello del rapporto con lo Stato, vanno discussi, vedremo poi come votare.

Bisogna arrivare, ove vi sia l'unità anche all'interno di quest'Aula, a un ordine del giorno congiunto. A questo scopo, sin d'ora le chiedo, Presidente, al termine degli interventi dei Capigruppo, di sospendere la discussione e di rinviarla a mercoledì, per consentire la presentazione di quest'ordine del giorno. Noi ci siamo astenuti dalla presentazione di un nostro ordine del giorno, proprio allo scopo di favorire questo percorso unitario. Questo ordine del giorno deve individuare i contenuti delle domande da rivolgere al Governo. La lettura della discussione ci consente di trarre delle conseguenze.

Questa vertenza noi dobbiamo portarla insieme con le forze sociali, dobbiamo dimostrare a Roma che, dietro il Consiglio regionale, dietro la Giunta regionale, ci sono gli Stati generali e questo non possiamo farlo altrimenti che con una manifestazione generale da svolgere a Roma, alla prima occasione utile, alla prima riunione o quando concorderemo, per dimostrare, quando si va a trattare col Governo, che dietro la Giunta c'è tutto il popolo sardo e c'è tutta la crisi, c'è tutto il grido di dolore che si leva dalla bocca di coloro che soffrono, di coloro che, difficilmente, riescono a raccogliere i soldi per chiudere non dico il mese, ma il giorno.

Ecco, questo è quello che serve nell'ordine del giorno. Se noi discutiamo di queste cose, possiamo andare avanti unitariamente, se l'unità non c'è, ditecelo, ne traiamo le conseguenze e lo vedremo. Va da sé che, una volta chiusa questa vertenza politica delle entrate, per correttezza ricordo che, nella scorsa legislatura, si era affermata espressamente la necessità di norme di attuazione, basta leggersi il DAPEF del 2008 per averne contezza. Il primo Gruppo che, in quest'Aula, ha detto che non servono norme di attuazione siamo stati noi, poi, su quello, si è consolidato un orientamento quasi unanime e si è accettata la stesura di norme di attuazione per altri motivi, ma, ripeto, definite le norme di attuazione (non nell'ottica del federalismo fiscale, perché è una cosa completamente differente), ridefinito il patto di stabilità, posti i presupposti per la risoluzione dei problemi principali sottoposti al Governo, a oggi riassunti nelle schede consegnate alla Giunta regionale, e che all'esito di questa riunione potremo anche ampliare, ecco, la risoluzione di questa vertenza non risolve i problemi, la risoluzione di questa vertenza ci pone solo nelle condizioni di acquisire gli strumenti per affrontare, più incisivamente, la situazione di crisi e per risolverla. Così come il problema delle riforme. Le riforme non sono un toccasana, ci danno solo strumenti per essere più agili e più preparati.

Ecco che la richiesta di unitarietà viene da me rivolta non solo per la risoluzione di questa vertenza, ma, una volta risolta questa, anche per affrontare la situazione, per quanto possibile, unitariamente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.).Presidente, intervengo intanto a titolo personale per dichiarare fin da adesso un eventuale voto totalmente contrario all'ordine del giorno che è stato presentato; dico a titolo personale perché poi non so come si comporterà la maggioranza e come si comporterà il Gruppo. E' un ordine del giorno che non condivido e che mi ha anche meravigliato tanto, essendo un ordine del giorno che distoglie l'attenzione, è infarcito ideologicamente, non fa chiarezza su eventuali responsabilità, onorevole Maninchedda, perché nel momento in cui si scaricano tutte le responsabilità sul Governo nazionale… le voglio ricordare che è il Governo di una Repubblica che io riconosco e contro la quale non potrò mai prendere alcun tipo di posizione. Mi meraviglia che questo ordine del giorno possa essere stato sottoscritto da forze politiche che, probabilmente, hanno una storia diversa da quella del Partito Sardo d'Azione.

Non voglio fare critiche al Partito Sardo d'Azione, certo è che nel momento in cui l'onorevole Maninchedda stamattina ci ha tracciato un possibile percorso per il futuro, magari per la nuova campagna elettorale, e ha detto testualmente che "c'è bisogno di una Giunta più capace e più onesta", insomma, non ho assolutamente dubbi, non sulla capacità perché sulla capacità…

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Più capace e più onesta lo sta dicendo lei!

DIANA MARIO (P.d.L.). Onorevole Sanna…

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Quando non si hanno idee si possono dire anche queste cose.

DIANA MARIO (P.d.L.). Beh, allora debbo cambiare ulteriormente il mio ragionamento.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Sì, forse è il caso, anche di parlare sull'ordine del giorno.

DIANA MARIO (P.d.L.). Sto parlando sull'ordine del giorno.

(Interruzione del consigliere Maninchedda)

DIANA MARIO (P.d.L.). Certamente sì. In ogni caso, credo che qui in questo momento non sia da colpevolizzare una maggioranza o una Giunta, non è questo il problema, il problema è un altro: noi abbiamo fatto un incontro con gli Stati generali del popolo sardo per avere ulteriori elementi, credo, forse ne abbiamo anche avuto nella giornata di ieri, ma quello che, secondo me, dobbiamo invece considerare è un altro fatto. L'onorevole Soru ha fatto una storia un po' di retroguardia... onorevole Soru, io capisco, quando si perdono le elezioni, si è portati comunque a ripensare al passato, è normale, non lo dico come critica e non voglio fare neanche polemica, ma è normale che questo accada. E' vero che noi abbiamo cambiato molte delle cose che lei aveva avviato, o non abbiamo proseguito su percorsi che erano già tracciati, questo è vero, però nel momento in cui ci siamo addentrati nei ragionamenti che ci portavano a trovare un accordo con un Governo, un accordo?... Ad avere ciò che ci è dovuto! Non lo abbiamo ottenuto con il Governo Berlusconi e qui ieri il presidente Cappellacci ha detto che questo Governo è in difficoltà, questo Governo è in difficoltà ma non sono difficoltà diverse da quelle che aveva il precedente Governo.

La situazione internazionale la conosciamo tutti, la situazione economica dell'Europa e non solo dell'Europa la conosciamo tutti, quindi le difficoltà c'erano e permangono, è cambiato solo che abbiamo ricominciato dall'ABC della politica, e per ABC intendo quello che un giornalista stamattina ha pubblicato su un suo scritto considerando l'ABC come "Alfano, Bersani e Casini". Abbiamo ricominciato da lì, convinti che una maggioranza forte e coesa potesse ottenere dei risultati che un Governo parlamentare non è riuscito a ottenere. Oggi ci troviamo qui, dopo aver affrontato numerosissimi discorsi e considerazioni, e il presidente Cappellacci dalla sua parte ha il fatto di aver presentato sette schede, su queste sette schede, non ho sentito una voce di dissenso, non ho sentito nessuno dei colleghi, peraltro neanche ieri dagli Stati generali del popolo sardo, che in qualche maniera le abbia messe in discussione. Lo avrei gradito: modificabili, aggiornabili, si potevano fare tanti riferimenti, non è stato fatto.

Allora siamo fermi ancora all'ordine del giorno che abbiamo votato all'unanimità e che vorrei considerare ancora valido. E' cambiato qualcosa, con un altro ordine del giorno, dall'ultimo ordine del giorno? L'unica cosa che è cambiata, è che ieri abbiamo sentito gli Stati generali del popolo sardo. Si può concepire un ordine del giorno oggi senza concordarlo con gli Stati generali del popolo sardo? Credo di no, credo che sia indispensabile, altrimenti a che cosa è servito ascoltare gli Stati generali del popolo sardo?

Quindi, così come ha già detto il collega Steri, sono del parere che si debba richiedere che venga aggiornata la stesura di un ordine del giorno, perché credo che ci sia necessità di capire anche che cosa pensano le forze sociali. Su quelle sette schede ci sono dei problemi? Ci sono delle cose che non vanno bene? Si possono adeguare? La composizione del tavolo tecnico può essere aggiornata? Sono tutte cose sulle quali il presidente Cappellacci aveva già dato la massima disponibilità, in questa sede e in altre sedi. Quindi, se vogliamo rompere il fronte… ma serve a qualcosa rompere il fronte? Credo di no. Abbiamo condiviso il fronte nazionale. Sono uno dei più critici nei confronti di quel Governo ma è l'unico Governo possibile oggi!

Allora, credo che chiedere le dimissioni in quest'Aula non serva a nessuno, perchè oggi vorrebbe dire gettare la Sardegna in una situazione molto più grave di quella in cui già non sia, e probabilmente qualcuno, che dice anche di conoscere ciò che accade fuori da quest'Aula, ciò che dice la gente all'esterno… certo che il dramma è grande, ma di questo ci dobbiamo preoccupare, come? Con la vertenza che abbiamo in atto con il Governo? Credo che bisognerà pensare anche ad altre cose, d'altronde quando l'Europa ha studiato il meccanismo del Quadro comunitario di sostegno e ci ha dato le risorse aggiuntive, le ha date per cercare di riequilibrare i territori, non a caso la Regione Sardegna era nell'Obiettivo 1 e oggi non è più nell'Obiettivo 1, ma comunque non è certo nell'obiettivo primario dell'Europa, anzi! Su quelle risorse siamo convinti veramente che stiamo ottenendo i maggiori risultati? O forse dovremmo andare a scavare, noi come Consiglio, per capire se quelle risorse possono essere, in questo momento, nell'immediato, risorse disponibili che possono risolvere una parte dei nostri problemi?

A tutto il resto stiamo lavorando. Ci sta lavorando certamente il presidente Cappellacci, ci sta lavorando anche il Popolo della Libertà, visto che il segretario nazionale Alfano sarà in Sardegna la settimana prossima, e non viene a parlare delle questioni del Partito (che sarebbero peraltro importantissime), viene qui per affrontare, assieme al presidente Cappellacci e credo anche ai consiglieri regionali del P.d.L., le problematiche connesse con l'economia della Sardegna. C'è un'attenzione! Vorrei che ci fosse la stessa attenzione del segretario nazionale del P.D., onorevole Bersani, e che ci fosse anche dell'onorevole Casini; che mobilitassero le proprie truppe per capire se a Roma si può fare una battaglia congiunta per il popolo sardo, questa sì che sarebbe un'iniziativa importante.

Per il resto, se ci vogliamo fare ancora male, credo che non stiamo facendo gli interessi della gente ma stiamo facendo solo un po' di gazzarra e un po' di gazzosa qui dentro senza però ottenere alcun risultato.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, forse è utile a tutti noi chiederci il perché della convocazione degli Stati generali, mi pare che abbiamo smarrito un po' il senso delle ragioni; certamente perché la situazione economica della nostra regione vive un momento difficilissimo. Presidente Cappellacci, senza polemica, in questi tre anni, da quando governa lei, non c'è un indicatore economico che non sia stato caratterizzato e connotato dal segno negativo. Le cause sono tante. Sono d'accordo nel dire, con grande onestà intellettuale, che le cause e le ragioni non risiedono soltanto all'indomani del febbraio 2009, ci sono cause certamente ataviche. Però questo non giustifica il tentativo, che lei ha fatto, di scaricarle in trent'anni di governo, perché quei trent'anni si possono leggere e si possono fare ovviamente analisi diverse dalla superficialità con cui le ha fatte ieri di fronte agli Stati generali. Presidente, la invito soltanto a leggersi la dinamica degli indicatori del tasso di occupazione e disoccupazione e della fiducia delle imprese che ieri hanno parlato soltanto con una voce.

Ebbene, in questi ultimi tre anni, mai così male! Mai così male, presidente Cappellacci! Certo, abbiamo una dotazione infrastrutturale, com'è stato ricordato dalle imprese, intorno al 59 per cento rispetto alla media nazionale che causa tante diseconomie al nostro sistema produttivo ma, badate, è la stessa percentuale che c'era prima del 2009. Dal 2009 purtroppo c'è una causa di dotazione politica che è venuta meno ed è proprio la vostra capacità di governo.

Ancora, Presidente, lo dico anche a lei, presidente Lombardo, credo che abbiamo convocato gli Stati generali perché, negli ultimi quattro mesi, a mia memoria, non ricordo due scioperi generali di CGIL, CISL e UIL! Vorrà pur dire qualcosa, solo lei, Presidente, non se n'è accorto. A me è sembrato invece che, in quelle manifestazioni, ci fosse lo specchio di un'isola in ginocchio. Non sorrida, Presidente, c'è poco da ridere, beato lei che almeno su questo ride! Non mi pare d'aver notato da parte sua uno scatto di reni, la invito ad avere anche maggior rispetto per l'Aula, Presidente. Invece è aumentata in questi anni, in questi mesi, la tensione sociale, anche frutto di una povertà che cresce in maniera esponenziale, lo abbiamo sentito ieri da autorevoli rappresentanti delle forze sociali. Un'isola senza guida, allo sbando, perché di questo si tratta. Questa è una Regione senza guida e gli Stati generali hanno anche una funzione di surroga all'assenza di una guida e di governo di questa Regione, se non si comprende questo, e ho l'impressione che non lo abbiate ancora capito, possiamo fare tanti altri Stati generali ma non approderanno a nulla.

Presidente, lei ha richiamato al senso di responsabilità, all'unità; in questi tre anni glielo abbiamo dimostrato attraverso ordini del giorno, sempre votati all'unanimità da quest'Aula, ebbene, le abbiamo chiesto di mettersi alla testa di uno straordinario movimento, lei che cosa ha fatto? In questi tre anni ha avuto un'occasione straordinaria che rappresenta anche un'occasione di riscatto e l'ha buttata al macero!

Penso alla partita tributaria, alle entrate. Noi siamo creditori nei confronti dello Stato dal 1° gennaio 2010, lei non è stato capace di portare un euro a questa Regione! E' colpa di Soru, è colpa di chi governava prima di Soru, è colpa dei trent'anni o è invece lo specchio della sua inconcludenza? Di questo stiamo parlando, Presidente! Lei purtroppo ha rappresentato la Sardegna in questi anni nel confronto con lo Stato in maniera dimessa e arrendevole; altro che schiena dritta, come ha auspicato il Presidente del Consiglio nella giornata di ieri! Presidente, lei non è stato capace di rappresentare gli interessi di quest'isola, la prego di smentirmi con fatti concreti, con azioni di governo che hanno un carattere di cogenza da tre anni a questa parte. Lei interverrà tra qualche minuto, si prenda tutto il tempo che vuole, faccio questa proposta all'Aula, ma ci dica quali sono le azioni di governo che vanno nella direzione auspicata dalle parti sociali che ieri hanno avuto modo di ricordarcele in maniera molto seria e molto impegnata.

Ieri poi lei ha rivolto l'ennesimo appello all'unità; ripeto, si è dimenticato i tanti ordini del giorno. Presidente, ieri abbiamo ascoltato tutte le parti sociali, ho il massimo rispetto per i protagonisti che si sono susseguiti in quest'Aula richiamando il senso di responsabilità delle istituzioni, hanno portato un contributo di analisi ma certamente anche un contributo di proposte. In quelle proposte, Presidente, sulla possibilità di trasformarle in azioni di governo per la Sardegna, c'è la speranza, per quest'isola, di guardare al suo futuro con un minimo di prospettiva.

Presidente, le chiedo, lo ha fatto anche Calvisi ieri, di rispondere su questo, non come ha fatto ieri. Qual è lo stato del confronto con il Governo? Le entrate, Presidente, non sono nella disponibilità del negoziato che lei ha in corso, in sede tecnica, con il Governo. Questo deve capirlo e deve risponderne! Non sono nella disponibilità del negoziato che lei ha in corso, dica quando la Presidenza del Consiglio dei Ministri iscriverà all'ordine del giorno le norme di attuazione, che non servivano ma che avete voluto e ci avete sprecato oltre due anni, ma ci sono! Quand'è che verranno iscritte all'ordine del giorno, Presidente? Qual è il contenzioso? Sono i giochi! Badate, sarei pronto ad assumermi la responsabilità di dire: se sono solo i giochi, il contenzioso relativamente alle entrate, prendiamoci senza discutere quello che ci propongono, stiamo parlando di una parte residuale. Quindi le chiedo, presidente Cappellacci, di dire a quest'Aula qual è lo stato del confronto su questa parte.

A seguire dovrebbe dirci a che punto è il confronto per allentare il patto di stabilità, i temi dell'insularità, le crisi industriali. Perché non ci dice, Presidente, qual è lo stato del confronto su ALCOA a 10 giorni, a 10 giorni da una scadenza drammatica? Non mi risulta che il Governo abbia una soluzione, lo dico anche all'assessore Zedda, mi fa piacere che susciti ilarità, alla fine posso convincermi che almeno questo ho provocato al Presidente della Regione e all'assessore Zedda; però provate a rispondere a questo, diteci a che punto è lo stato del confronto con il Governo su queste questioni. Presidente, che cosa sta facendo sulla Tirrenia, sulla continuità territoriale? Ci vuol dare una risposta oggi?

Ancora. Come intende proseguire il confronto con il Governo? Tutti ieri le hanno detto: "Non siamo d'accordo per i tavoli tecnici"; tutti le hanno chiesto di attivare un confronto politico, le hanno chiesto di indicare le priorità. Quali sono le priorità per lei, Presidente? Rimettere le entrate nella discussione sul federalismo fiscale? Ci dica che non è così! Ci dica che il dettato di quel decreto Monti non sta né in cielo né in terra, ci dica che abbiamo letto male che per lei resta la pregiudiziale delle entrate e anche entro quanto si conclude l'attuazione di quell'accordo.

Presidente, lei fa appelli all'unità, mi creda, nulla di personale, ma è difficile stare dalla sua parte, Presidente, difficile, impossibile perché lei non rappresenta gli interessi della Regione. Smettetela di paragonare Monti a Cappellacci, rispetto a Monti non siamo in presenza nemmeno di un dosso, questa è la situazione!

Allora, vedo che sta finendo il tempo, se io fossi in una seduta ordinaria del Consiglio regionale, presenterei un dispositivo finale cioè una mozione di sfiducia, Presidente, nei suoi confronti. Lei deve prendere atto che non ha più la maggioranza della Sardegna ma non ha più la maggioranza nemmeno in quell'aula e dico anche ai colleghi sardisti di essere coerenti con quello che affermano perché non si può predicare e poi sostenere una maggioranza che sta portando al disastro quest'Isola. Siccome, ripeto, se fosse una seduta ordinaria, presenterei una mozione di sfiducia, e non escludo entro mercoledì di presentarla...

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, due giornate di approfondimento, due giornate di confronto con la classe dirigente di questa Regione per arrivare alla conclusione e provare a fare un bilancio che si può, temo, per com'è andata la giornata di oggi, sintetizzare con due parole: un'occasione persa. Un'occasione persa di fronte a una situazione che, l'abbiamo detto, l'abbiamo sentito, è una situazione drammatica in Sardegna, in Italia, in Europa, nel mondo. In un momento in cui la politica e i partiti perdono totalmente di credibilità, in un momento in cui la gente vuole qualcosa di diverso, vuole soluzioni, abbiamo assistito a due giornate nelle quali, ieri, ho sentito ragionamenti alti, importanti, ho sentito dei contributi, li ho sentiti in termini concreti e li ho sentiti tutti, ho preso buona nota, sono stato presente oggi e ieri, e quei contributi saranno certamente utili per questo percorso. Questo percorso che sarà fatto da chi? Beh, da chi ci vuole stare, perché sto predicando da diversi mesi l'unità, sto cercando di far capire a tutti che è indispensabile creare delle condizioni per ottenere un risultato. Sto cercando di far capire a tutti che in questa situazione ne va di mezzo non solo il futuro della nostra Sardegna, ma probabilmente anche il futuro di questa classe politica.

Allora che cosa vogliamo fare? Vogliamo dare alla gente, a chi sta fuori, l'esempio e metterci a lavorare e fare proposte concrete, essere operativi? Oppure vogliamo andare verso un processo diverso che porta al suicidio collettivo? Non ho istinti di questo tipo, né voglio seguire chi dovesse averli.

Che cosa si è fatto sino a oggi? Bene, è stato già richiamato da qualcuno, abbiamo fatto richiesta al Governo Monti di poter aprire un tavolo, prima che quel tavolo venisse aperto, ho fatto una convocazione a Roma di tutti i parlamentari sardi, perché quei parlamentari sostengono il Governo Monti, ho invitato all'incontro anche i Capigruppo in Consiglio regionale, perché credo che sia importante che ci sia un momento di condivisione, di unità della politica, abbiamo ipotizzato un percorso, si è detto in quella sede che bisogna coinvolgere tutti, è giusto, è necessario, è opportuno, quindi abbiamo immaginato sin da allora una convocazione degli Stati generali, nel frattempo è arrivata la convocazione del tavolo politico a Roma con Monti, perché era un tavolo dove c'era il Presidente del Consiglio, era un tavolo dove c'erano dei Ministri, dei funzionari, dei parlamentari, dei consiglieri regionali, il Presidente del Consiglio regionale e il Presidente della Giunta.

Abbiamo aperto un tavolo e abbiamo iniziato un discorso. Si è detto subito che si doveva accelerare per gli Stati generali, perché non era possibile presentarci al tavolo senza prima condividere un percorso e possibilmente una sintesi, trovare la sintesi sulla quale poter convergere. Allora abbiamo fatto anche quello, nel frattempo il processo è andato avanti, anche grazie all'impegno del presidente Napolitano, si è ulteriormente formalizzato, c'è stato un momento tecnico. Non vi appassiona il momento tecnico? Non credo che sia quello decisivo, credo che sia necessario perché la politica poi possa decidere, ma credo che quello decisivo sia il tavolo politico che Monti, insieme a noi, presente anche lei, onorevole Diana, ha aperto.

A quel punto abbiamo detto che bisognava accelerare (ma eravamo impegnati su una finanziaria che andava avanti senza arrivare rapidamente a una conclusione) per raccogliere i contributi. Nel frattempo la Giunta che cosa ha fatto? Ha presentato una proposta, ha presentato sette schede, com'è stato detto: possono essere condivise, possono non essere condivise, ci sono dei miglioramenti da fare? Ci sono delle modifiche? Bene, mi aspettavo che oggi arrivassero quelle integrazioni, quelle proposte, quei correttivi, anche quelle critiche. La Giunta ha incominciato a discutere su quelle schede, le ha discusse con le organizzazioni datoriali, mi auguro, sono sicuro, le potrò discutere anche con le organizzazioni sindacali e con i rappresentanti delle autonomie locali. Credo che ci sia ancora il tempo per poter raccogliere il contributo di tutti e poter arrivare a quella sintesi che sia sintesi veramente di un pensiero comune e condiviso.

Oggi, in quest'Aula, ho sentito interventi che vanno in questa direzione costruttiva, ma ho sentito anche degli interventi che invece sembrano unicamente finalizzati a rompere un percorso, a creare le condizioni perché non ci sia questa unità. Allora usciamo per una volta fuori dall'ipocrisia, diciamocelo chiaro. Lei (l'apprezzo molto nel discorso finale) è arrivato alla conclusione che va presentata una mozione di sfiducia, la presenti, ma apprezzo molto l'onestà intellettuale, perché finalmente ci ha detto: "Non vogliamo questa unità. Vogliamo rompere. Vogliamo andare alla sfiducia!". Benissimo, credo che questo sia un momento almeno di verità dal quale possiamo partire. Per conto mio, sono certo che non sarò solo, con tutti coloro i quali si vogliono ancora arruolare in questo esercito che vuole andare a rappresentare gli interessi della Sardegna, che vuole andare a portare un risultato, continuerò a lavorare per quel risultato, perché credo che sia questo il mio dovere, credo che sia questa la mia responsabilità.

Credo che sia mio dovere e mia responsabilità raccogliere anche gli appelli che abbiamo sentito ieri, raccogliere i contributi, il desiderio di fare qualcosa, il desiderio di dare una mossa, di modificare questo stato di cose e di andare verso possibili soluzioni. E' stato detto chiaro e forte ieri, sono stati dati dei contributi concreti, li raccoglierò e anche sulla base di quelli, se è necessario, se è opportuno, probabilmente lo sarà, l'impostazione che è stata data a quelle schede, verrà integrata. Credo che questo sia il dovere del Presidente, il dovere della politica in senso più generale. Chi intende fare un percorso di questo tipo, di costruzione, è bene accetto, oggi, lo sarà domani e dopodomani, perché c'è sempre tempo per arruolarsi nell'esercito di chi vuole rappresentare gli interessi della Sardegna.

Onorevole Soru, non sono mai stato, né da bambino, né da grande, ad Arcore, però se a lei fa piacere pensarlo perché questo l'aiuta in qualche modo, forse anche a trovare pace rispetto a qualche responsabilità che probabilmente lei riconosce, lo faccia, lo pensi. Desidera pensarlo? Lo pensi. Lo pensi magari in un momento di riflessione seduto nel giardino, in quello sulla spiaggia, della sua casa, piuttosto che dalle finestre della sede della sua azienda, e trovi l'ispirazione guardando i fenicotteri che sono a pochi passi. Mentre lo fa magari continui a convincersi di quello che ha contrabbandato per tutto questo tempo ai sardi, cioè che lei ha risolto il problema delle entrate fiscali, della vertenza entrate, come se non esistesse un patto di stabilità che rende totalmente nullo quel risultato, continui pure a pensarlo. Pensi che ha risolto il problema dei beni militari dismessi, che è un fatto già risolto, lo continui a pensare. Ha dato un contributo al Mezzogiorno portando i rifiuti della Campania in Sardegna? Lo continui a pensare. Ha risolto i problemi dell'occupazione? Continui a pensarlo, onorevole Soru, se questo la può aiutare. Le faccio i migliori auguri perchè possa trovare questa pace!

Rispetto invece al tema che è stato richiamato, che è quello della mozione sardista, devo dire che non sono spaventato da un momento di discussione di quel tipo, non sono spaventato se è un momento che serve a una riflessione, a un esame puntuale dei rapporti con lo Stato, di quello che è il conto finale, della rivendicazione che noi dobbiamo portare avanti e la dobbiamo portare avanti con la massima determinazione. Voglio mettere questa determinazione tutta sul tavolo, perché sono convinto, cari amici, che i quattro mori, so che ne siete convinti anche voi, ma ne siamo convinti tutti, non siano il simbolo di un partito, ma qualche cosa che sta nella nostra coscienza, che sta nel nostro DNA. Sardisti lo siamo tutti, e lo siamo per nascita!

PRESIDENTE. Il Consiglio è convocato alle ore 17 di martedì 20 marzo 2012.

La seduta è tolta alle ore 13 e 40.



Allegati seduta

CCCXI SEDUTA

Sabato 17 marzo 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 9 e 32.

BIANCAREDDU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 23 febbraio 2012 (303), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gian Vittorio Campus, Elia Corda, Gabriella Greco, Vittorio Lai, Franco Mula, Onorio Petrini e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 17 marzo 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di petizione

PRESIDENTE. Comunico che, in data 14 marzo 2012, è pervenuta alla Presidenza una petizione concernente "Provvedimento legislativo che preveda la cauzione sui contenitori di vetro e provvedimento legislativo che preveda la cauzione sui mozziconi di sigaretta". (1/XIV)

Ricordo che, a norma dell'articolo 103 del Regolamento interno, il fascicolo relativo a detta petizione è a disposizione dei consiglieri presso la quinta Commissione.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Regione, con nota del 15 marzo 2012, ha fatto pervenire al Consiglio il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro la Regione autonoma della Sardegna per dichiarata illegittimità costituzionale degli articoli 4, comma 2, e 7, comma 5, della legge regionale 22 dicembre 2011, n. 27 - Riforma della legge regionale 5 maggio 1965, n. 15 (Istituzione di un fondo per l'integrazione del trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza del personale dipendente dall'Amministrazione regionale).

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Greco - Locci - Lunesu - Pittalis - Floris Rosanna - Piras - Lai - Fois - Amadu - Peru - Gallus - Campus - Diana Mario - Murgioni - Meloni Francesco - Cossa - Vargiu - Mula - Dedoni - Pitea - Sanjust - Stochino - Petrini - Rodin: "Interventi di prevenzione, diagnosi e cura dell'obesità. Istituzione del Registro regionale e dell'Osservatorio regionale sull'obesità". (368)

(Pervenuta il 1° marzo 2012 e assegnata alla settima Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

BIANCAREDDU, Segretario:

"Interrogazione Barracciu, con richiesta di risposta scritta, sulla dismissione di arredi, attrezzature e corredo in dotazione all'Unità operativa di ostetricia e ginecologia del San Camillo di Sorgono e sul servizio di vigilanza in essere presso l'ospedale". (825)

"Interrogazione Agus, con richiesta di risposta scritta, in merito alla fornitura di apparecchiature ortodontiche". (826)

"Interrogazione Solinas Antonio, Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, sul Concorso all'Agenzia delle entrate per "Selezione pubblica per l'assunzione a tempo indeterminato di 220 unità per la seconda area funzionale, fascia retributiva F3, profilo assistente, destinate ai Centri operativi e ai Centri di assistenza multicanale"". (827)

"Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta, sulla grave discriminazione arrecata agli studenti sardi in merito all'accordo Alitalia-Cts". (828)

"Interrogazione Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, sull'integrazione di una borsa di studio per la Scuola di specializzazione in biochimica clinica dell'Università degli studi di Sassari". (829)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

BIANCAREDDU, Segretario:

"Interpellanza Planetta per conoscere quale sia il termine previsto dal contratto per la fine dei lavori del carcere di Bancali e quale sia l'effettivo stato attuale degli stessi, e se le relative procedure secretate siano riconducibili all'ipotesi di destinazione per detenuti in regime di "carcere duro" ex articolo 41 bis della legge sull'ordinamento penitenziario". (317/C-2.)

"Interpellanza Cocco Daniele Secondo - Uras - Sechi - Cugusi sulla situazione della Scuola di polizia a cavallo di Foresta Burgos". (318)

"Interpellanza Diana Giampaolo sulla necessità per la Regione dell'acquisizione della società Shardna da parte di Sardegna ricerche". (319)

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

BIANCAREDDU, Segretario:

"Mozione Cossa - Diana Mario - Diana Giampaolo - Steri - Uras - Sanna Giacomo - Dedoni - Salis - Artizzu - Cuccureddu - Zuncheddu - Sechi - Ben Amara - Dessì - Cugusi - Mula - Meloni Francesco - Fois - Vargiu - Biancareddu - Contu Felice - Obinu - Cappai - Moriconi - Pittalis - Petrini - Peru - Amadu - Piras - Tocco - Milia - Greco - Locci - Floris Rosanna - Rodin - Bardanzellu - Lai - Campus - Gallus - Contu Mariano Ignazio - Murgioni - Cocco Daniele Secondo - Mariani - Mulas - Lunesu - Lotto - Oppi - Agus - Cocco Pietro - Cucca - Solinas Antonio - Meloni Valerio - Espa - Barracciu - Corda - Bruno - Porcu - Cuccu - Manca - Sabatini - Capelli - Sanna Paolo Terzo sulle iniziative da assumere per evitare che gli istituti penitenziari sardi siano trasformati in carceri di massima sicurezza e per consentire l'immediata consegna dei lavori per la realizzazione di quattro nuove strutture penitenziarie, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (168)

"Mozione Steri - Sanna Giacomo - Contu Mariano Ignazio - Piras - Cappai - Cuccureddu - Capelli - Rodin - Lai - Dedoni - Cuccu - Cocco Daniele Secondo - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Manca - Cucca - Porcu - Corda - Lotto - Agus - Cocco Pietro - Solinas Antonio - Espa - Diana Giampaolo - Bruno - Obinu - Contu Felice - Sanna Matteo - Artizzu - Sanna Paolo Terzo - Biancareddu sulla procedura di riordino fondiario elaborata dal Consorzio di bonifica della Sardegna meridionale, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (169)

"Mozione Diana Giampaolo - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Capelli - Cocco Pietro - Cocco Daniele Secondo - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sechi - Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio - Soru - Zuncheddu sulla necessità che si proceda con urgenza alla dismissione delle servitù militari in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (170)

PRESIDENTE. Considerata l'assenza di numerosi consiglieri, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 9 e 36, viene ripresa alle ore 9 e 55.)

Discussione sulle risultanze dell'Assemblea degli Stati generali convocati in attuazione dell'ordine del giorno n. 76 del 14 febbraio 2012

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle risultanze dell'Assemblea degli Stati generali, secondo quanto stabilito dall'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio 2012, approvato da questo Consiglio. Abbiamo dedicato la giornata di ieri all'ascolto degli esponenti delle parti sociali, degli amministratori locali e dei parlamentari, oggi procediamo con il confronto in Aula sulle risultanze del dibattito di ieri.

Dichiaro aperta la discussione.

(Interruzione del consigliere Capelli)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, scusi, che tipo di discussione dobbiamo fare? Com'è regolamentata?

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha stabilito che ogni consigliere che intende intervenire avrà a disposizione dieci minuti per parlare; le regole saranno sempre le solite.

Ricordo ai consiglieri che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi del Consiglio, devo dire che avevo qualche perplessità sull'utilità e sull'efficacia soprattutto del momento di discussione di ieri, ma, pur confermando ovviamente la convinzione che, per avere miracoli, bisognerebbe andare a Lourdes e non in Consiglio regionale, mi ricredo parzialmente. E' onesto ammettere di essersi ricreduti, quindi di avere sbagliato, ma è anche giusto spiegare i motivi per cui ci si ricrede.

Il primo dei motivi per cui ammetto di ricredermi, dopo aver ascoltato con attenzione il dibattito che si è svolto ieri in quest'Aula, è che sono convinto che la stragrande parte degli interventi che si sono succeduti ha confermato che, negli intervenuti, che rappresentano uno spaccato della classe dirigente sarda, c'è la consapevolezza che la Sardegna sta attraversando un momento straordinario. Voi direte: "E' ben poca cosa questo". No, perché secondo me la consapevolezza che la Sardegna stia attraversando un momento straordinario ne genera un'altra, cioè la consapevolezza che i momenti straordinari si affrontano con azioni straordinarie, per cui nella nostra testa dobbiamo avere ben chiaro che gli strumenti, che usualmente siamo capaci di mettere in campo e che abbiamo messo in campo sino adesso, probabilmente sono inadeguati perché non sono straordinari rispetto alla straordinarietà del momento.

Secondo elemento: c'è una volontà di unità che sostanzialmente è diffusa. Anche su questo voi mi direte: "Bella forza, costa poco!". Beh, non è vero, perché se partiamo dal primo presupposto, cioè che una situazione straordinaria richiede strumenti straordinari, anche il secondo presupposto viene declinato allo stesso modo. Non possiamo pensare che l'unità della società sarda, se c'è, si possa manifestare attraverso un ordine del giorno, una mozione, cioè attraverso quegli strumenti ordinari che abbiamo usato mille volte e che saranno buoni per le situazioni ordinarie, ma non per quelle straordinarie. Noi Riformatori abbiamo sempre sostenuto che l'unità di intenti, nella quale ci ritroviamo, è peraltro una precondizione, non certo la soluzione del problema, quindi è importante avere in testa questo concetto.

Il terzo elemento importante che, secondo me, è emerso, per chi ha voluto ascoltare ieri, è che finalmente, in maniera sostanzialmente diffusa, è stato evocato un ragionamento che sino adesso veniva fatto a spot, cioè: che cosa fa l'Italia per salvarci? Punto di domanda! Apriamo vertenze con lo Stato. Che cosa facciamo noi per salvarci? Che cosa stiamo facendo noi per salvarci? Stiamo usando, noi, bene tutti i soldi che ci sono stati trasferiti in sessant'anni di autonomia? Li abbiamo usati bene?

Badate, se noi andiamo a vedere, lo dico per inciso perché i numeri poi vengono utilizzati stiracchiandoli da una parte e dall'altra in modo differente a seconda di quello che si vuol dimostrare, però quando noi abbiamo un saldo negativo di 4185 milioni di euro tra ciò che produciamo e ciò che ci passa lo Stato nella pubblica amministrazione, qualunque azione filosofica vogliamo mettere in campo, dobbiamo tenerne conto, anche perché questo saldo negativo diventa di 6 miliardi di euro per la pubblica amministrazione allargata, quindi teniamone conto.

Questa Regione, così orgogliosa, così fiera, così tutto, chiede ogni anno a Roma 4 miliardi di euro, e li ottiene, e le vengono passati per la pubblica amministrazione, 6 miliardi di euro per la pubblica amministrazione allargata. Il 75 per cento del nostro prodotto interno lordo viene dalla pubblica amministrazione; teniamone conto.

Domandiamoci se spendiamo bene i soldi; non lo so, anche se ieri è stato detto da tanti in modo preciso. Lo so abbastanza bene sulla sanità, per la quale lo Stato ci dice (sono in grado di accettare confutazioni in quest'Aula) che noi spendiamo 300 milioni di euro ogni anno in più di quello che dovremmo; 300 milioni di euro che vengono sottratti agli investimenti da altre parti, che vengono sottratti ad altre cose. Bene, vi garantisco che una parte di questi 300 milioni di euro è cattiva spesa. Se uno mi dimostra il contrario, lo ringrazio, perché imparo qualcosa.

Ieri abbiamo sentito nel concreto alcune idee sulle quali forse sarebbe utile riflettere, perché gli interventi che si sono succeduti non si sono limitati a lamentazioni (ce ne sono state tante) ma hanno aggiunto anche qualche idea progetto, ci hanno parlato delle infrastrutture immateriali, di questa cosa che poi diventa la scommessa fondamentale della Sardegna perché è l'unica in grado di creare opportunità e le opportunità sono davvero l'unica cosa che può evitare lo spopolamento delle zone interne o che può evitare lo spopolamento anche della capitale (perché avviene anche quello) o delle principali città che pure stanno sul mare o che hanno un tessuto forte al loro interno. C'è stato detto mille volte da tutti che c'è il problema della burocrazia, cioè il problema di una burocrazia inefficiente, che funziona male, che non dà risposte e che palleggia mille volte lontano, allontanando continuamente le soluzioni dei problemi sia che esse siano negative sia che esse siano positive.

Possiamo ascoltare mille volte gli interventi delle parti sociali, però poi ci sono alcune palle che gestiamo noi, che ci passiamo noi gli uni con gli altri alla ricerca di un attaccante che faccia gol, perché o il gol lo facciamo noi in questo palazzo o non lo fa nessuno. Non possiamo dire che, se la burocrazia regionale è inefficiente, è colpa dei sindacati, è colpa delle associazioni datoriali, è colpa delle province, dei comuni o di qualcun altro, è colpa nostra che non abbiamo fatto, che non facciamo e non riusciamo a fare niente che possa rimettere in moto un meccanismo.

Allora iniziamo da qui, iniziamo a capire se c'è un'inadeguatezza di questo palazzo, dei suoi regolamenti, delle sue capacità di fare. Nel passato, questo palazzo aveva 80 eletti, aveva 80 eletti quando andare da Cagliari a Olbia richiedeva due giorni di viaggio, oggi c'è Internet, bisognerà cambiare qualcosa nel funzionamento dei meccanismi di questo palazzo, bisognerà dirci che il legislatore regionale deve fare questo mestiere e deve diventare un controllore di qualità e che non può essere quello che ognuno di noi in parte diversa è, cioè uno che riceve ogni giorno disoccupati che gli chiedono un posto di lavoro, uno che accompagna gli amministratori locali o gli amici nei vari Assessorati per chiedere come mai una pratica è ferma; non può essere questo il ruolo del Consiglio regionale! Se questo diventa il ruolo del Consiglio regionale, una specie di consiglio di circoscrizione molto grande, teniamone conto! Poniamoci il problema di quello che dobbiamo cambiare noi.

Concludo parlandovi dei referendum; perché vi parlo dei referendum legandoli al ragionamento che abbiamo fatto fino adesso? Non perché sia un fissato o perché voglia convincervi di ciò di cui ciascuno di voi si convince autonomamente se vuole, ma per dirvi che sicuramente i referendum che si voteranno il 6 maggio hanno avuto un'accoglienza tiepida, uso un eufemismo, in questo palazzo. Ripensateci un attimo e per un attimo date al ragionamento una valenza laica senza pregiudizi. Guardate, i referendum non sono di un partito politico, ci possono essere dei consiglieri regionali che ci si sono impegnati molto fino adesso, ma non sono di un partito politico, sono degli amministratori locali che li hanno promossi, sono della società civile che ci crede, sono di chiunque li adotti e ci si butti con passione, consiglieri regionali, comunali, cittadini normali, chiunque essi siano.

Non sono contro la politica né contro la casta, a meno che la politica e la casta non li vogliano sentire contro di loro. Direi che sono a favore della politica, perché oggi ci aiutano a trovare uno strumento democratico che ci faccia riparlare con la gente e ci aiutano a levare dalle mani della gente i forconi che invece la gente altrimenti utilizzerebbe. Ci aiutano a dare strumenti alla volontà di cambiamento che è diffusa tra la gente e che probabilmente è presente anche al nostro interno, quindi ci aiutano a fare qualcosa che ricostruisce il rapporto tra società e politica che oggi è al 4 per cento di fiducia. Ci aiutano a far sì che la politica sia di nuovo in mezzo alla gente, una società che non è più guidata dalla politica è una società cieca e una politica che non ha più rapporti…

PRESIDENTE. Onorevole Vargiu, il tempo a sua disposizione è terminato.

Comunico che il consigliere Petrini è rientrato dal congedo.

E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Gruppo Misto). Presidente, una seduta come quella di ieri e anche una come quella di oggi potrebbero rappresentare un potenziale esplosivo per tutti noi, se ai discorsi seguissero atti performativi che possano liberare la politica dal sonno e far emancipare l'Isola da ogni "esclusione inclusiva". "Esclusione inclusiva" non è il non trasferimento delle risorse, la mancanza dell'investitura statale, il blocco dell'attività produttiva in tutti i settori, la crisi industriale, agricola e alimentare, lo strangolamento della società e della cultura, dell'arte e della musica, del turismo e della continuità territoriale, la mancanza delle riforme e tanti altri problemi.

Mi chiedo: perché la caduta di questa Isola deve precedere la sua salvezza? Possiamo noi accettare pienamente la caduta della nostra Isola come il punto di partenza che crea le condizioni per la sua salvezza? A me sembra di sì, perché noi non facciamo più politica ma fabbrichiamo solo opinione pubblica; in questo modo il mondo delle cose diventa il mondo delle immagini, dico che una buona società potrebbe anche nascere senza l'investitura statale ed è questa la vera autonomia di cui parlava Adorno: la libertà autonomista non fiorisce in fondo dall'istituzionalismo trascendentale. Se una teoria della giustizia ha un obiettivo, questo non coincide con il narcisismo e la retorica della fondazione. Davanti a questo Governo bisogna assumere la democrazia come una pratica e il processo del diritto dell'autonomia come un concreto farsi della giustizia; come è possibile far fronte alle difficoltà che attraversa qualsiasi settore vitale dell'economia senza poter usufruire delle risorse che ci spettano di diritto?

I temi ai quali dobbiamo dare urgente risposta sono tanti, esigenze e diritti che si chiamano insularità, costo della mobilità delle persone e delle merci, energia, strategie di rilancio dell'industria e dell'attività produttiva, accordo di programma dentro l'intesa nazionale o istituzionale, finalizzato sia all'industria sia ai settori nuovi e strategici per lo sviluppo dell'Isola. Occorre dare avvio a una nuova fase di crescita partendo dalla vertenza entrate, finanziando un nuovo piano di rinascita costituzionalmente vigente ma purtroppo rimosso sul versante politico e istituzionale.

La politica non è l'abito critico ordinato o la politica è l'abito critico ordinato costruttivamente all'azione, non consiste nell'essere ma nell'operare, la politica non è grammatica del comando, la nostra società trova equilibrio e sviluppo solo attraverso un continuo lavoro di tessitura creato dalle varie attività dei suoi membri. La morte di una società non è infatti un problema di monumento di idee, ma è semplicemente l'interruzione di un quotidiano e continuo lavoro di intreccio e tessitura, un lavoro di costruzione della vita sociale, politica, intellettuale e artistica. Noi viviamo sicuramente una crisi comunicativa nel senso di un'incapacità a elaborare un codice d'intesa. E' ovvio dunque che, in assenza di questo codice, la pluralità, che dovrebbe essere confronto costruttivo, fa problema. Con queste vicende delle entrate mi rendo conto che siamo arrivati a una specie di gaia rassegnazione, è una rassegnazione compiaciuta che anestetizza il desiderio di edificare il bene comune, lasciando così le persone in balia di logiche che funzionano secondo fini che non sono più necessariamente umani. Vedo che anche in questo Consiglio c'è una difficoltà a comunicare, sintomo che non possiamo sottovalutare se vogliamo difendere lo spazio politico di una convivenza democratica.

Dunque, dato il fatto della pluralità irriducibile degli attori sociali, che oggi purtroppo non sono presenti fra di noi, l'ambito politico deve puntare e convergere verso un pensiero pratico, cioè un insieme di convinzioni capaci di indirizzare l'azione. So bene che abbiamo tutti delle visioni diverse sull'agire politico e sociale, ma non ha senso mettere paletti. La nostra forza… Roberto, mi stai disturbando, io non ti disturbo mai! Lo so che non serve a niente, che sono parole parole parole… stavo dicendo che la nostra forza è proprio nella permeabilità dei confini, tutto ciò che è limitrofo è fertile, sono le contaminazioni che rompono la gabbia. Ci si può battere per i diritti, ma il compito quotidiano è rattoppare quello che una volta si chiamava Stato sociale.

E' ora che la Sardegna tutta intera si prepari a prendere pienamente la propria ricchezza passata e la propria sovranità fiscale futura. Decidiamo anche per l'election day e confrontiamoci scientificamente senza demagogia, perché l'essenza di questa crisi è aver messo sullo stesso piano filosofia e discorsi da bar. Siamo in troppi a dire troppe cose! La politica, così come la si pratica oggi, ha degradato i cittadini al ruolo di spettatori. Dovrebbero essere quindi loro a far valere i propri diritti nei confronti dello Stato, questo Stato che agisce in una zona grigia dal punto di vista costituzionale e partecipa attivamente alla produzione di uomini da buttare. Qui ci vuole una grande indignazione, perché un po' di indignazione allontana dalla politica, molta indignazione vi riavvicina. La democrazia non è esattamente un problema di sovranità, è un problema di governo, e il problema della politica non è costituito dalla sovranità, bensì dal governo. Poiché non esiste alcun fondamento ontologico del potere e poiché non esiste ingegneria istituzionale in grado di prefigurare una struttura sociale definitiva, ogni società è costantemente alla ricerca del proprio governo e ogni governo è chiamato a provare la propria legittimità rispetto al sistema di libere relazioni che stringono i soggetti.

Il problema centrale della nostra società politica riposa, secondo me, su questa intrinseca ambiguità dell'idea di libertà che, da un lato, spinge verso la creazione di un nuovo ordine politico, dall'altro verso la dissoluzione della relazione sociale. Mi chiedo, chiedendo a voi, come immaginare il rapporto tra la teoria politica e la storia sociale all'interno dell'orizzonte democratico; come governare i rapporti tra libertà e ordine, tra individui e società, in un contesto culturale che non prevede una fondazione data a priori della struttura sociale; come governare una libertà che atomizza le forme di vita. Dobbiamo essere ben convinti che l'approfondirsi della disuguaglianza è il prodotto di un circolo vizioso. I ricchi cacciatori di rendite usano la loro ricchezza per influenzare le leggi in modo tale da proteggere ed espandere la loro ricchezza e influenza. Non usiamo a sproposito la parola "riforma", perché sappiamo che ogni misura di politica economica è ormai annunciata come una riforma anche quando si tratta di normale amministrazione. Riforme dovrebbero essere quelle che cambiano la struttura di un sistema, non quelle che modificano i parametri come l'età pensionabile o il livello della contrattazione…

PRESIDENTE. Onorevole Ben Amara, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Anche io, come il collega Vargiu, non avevo una grande aspettativa sulla giornata di ieri. Non di meno mi ha impressionato il modo in cui i lavori sono stati avviati dalla sua relazione, signor Presidente. Le cose che si sono sentite le sapevamo, ma messe così tutte assieme, una dopo l'altra, dalle diverse organizzazioni, parti sociali, e soprattutto il modo in cui la discussione è stata conclusa dal Presidente della Regione ieri, devo dire che mi ha abbastanza impressionato. Il Presidente del Consiglio stesso, avviando il nostro dibattito, consapevole che non è normale che, in tre anni, facciamo tre Stati generali del popolo sardo, magari spinti anche dal quarto, credo, sciopero generale dei sindacati, non è normale, ha detto che la situazione della Sardegna è difficile, difficilissima, anzi è allo sfascio. Ho sentito questa parola in aula: "E' allo sfascio". Quello che è emerso, soprattutto nelle conclusioni, è che la Sardegna è allo sfascio, ma i mali sono antichi, anzi sono antichissimi, quindi è colpa di tutti, anzi di nessuno, quindi ci assolviamo tutti. Però, davanti a noi, c'è un'opportunità storica, ne riparlerò dopo, quindi "datemi ancora una volta un mandato e vedrete che usciremo fuori da questa impasse". Credo che la colpa non sia di tutti, e quindi di nessuno, credo che ciascuno abbia le sue colpe e i suoi meriti, e chi fa politica deve avere la pazienza di giudicare e di essere giudicato per le cose che fa. Così come credo (quando è capitato a me) che io dovessi essere giudicato per le cose cattive e per le cose buone.

Credo che oggi, perché facciamo politica oggi, in questa istituzione oggi, dobbiamo innanzitutto ricordarci che cosa stiamo facendo oggi, non solamente quello che hanno fatto, compresi i tanti meriti, cinquant'anni fa, quaranta e trent'anni fa. La situazione è grave, ma sarebbe potuta essere meno grave se magari ci fossimo comportati con più attenzione; se, oltre all'unità di facciata a cui ogni volta ci richiamiamo, non avessimo invece rappresentato in maniera proprio pervicace una volontà di frattura, di divisione, di demonizzazione, di demolizione dell'altro, che in politica non va bene.

Questa legislatura è stata iniziata demolendo qualunque cosa, persino, in maniera infantile alcuni aspetti simbolici. Se guardo i documenti che escono dalla Giunta, adesso hanno una striscia azzurra laddove prima avevano una striscia rossa; avevano una striscia rossa semplicemente perché rosse sono le strisce della bandiera dei quattro mori, non per un gioco. Persino quello si è voluto abolire, persino su quello non ci troviamo d'accordo e così via. Dal Piano per i fondi FAS e così via per una possibilità per i sindaci di prevedere un'imposta di soggiorno, così via per il piano di sviluppo rurale, così via per qualunque documento potesse dare una mano ed essere di aiuto alla condizione del governo della Regione.

L'unica cosa di concreto che posso fare, l'aiuto che posso dare al dibattito è ricordare che, come ha fatto il mio collega Calvisi ieri, la situazione è grave, ma sarebbe potuta essere meno grave se avessimo avuto 5 miliardi di euro in più da spendere e li avessimo spesi bene; sarebbe stata meno grave se avessimo rispettato non un nostro diritto velleitario, non una nostra idea, ma semplicemente un articolo del nostro Statuto che è legge dello Stato e che, rispettato fino al 2009, ha smesso poi di essere rispettato; sarebbe stato meno grave, il nostro lavoro sarebbe stato più semplice e avremmo avuto qualcosa di più da dire e da fare per la nostra gente, se i nostri bilanci avessero previsto e avessero speso quelle risorse.

Sarebbe stato meno grave se, ancora con una volontà di frattura, di cancellazione dell'altro, non avessimo ritirato il Piano di attuazione per i fondi FAS, avessimo quindi perso l'occasione di farcelo approvare dal CIPE, insieme alle altre Regioni del Centro-Nord, e non avessimo quindi perso 2 miliardi e 300 milioni per vederci riassegnare circa 1 miliardo con quasi tre anni di ritardo. E se in Sardegna oggi ci fossero opere pubbliche avviate per 2 miliardi e 300 milioni di euro, credo che sarebbe meglio, non sarebbe peggio! Credo che sarebbe utile, credo che qualche posto di lavoro in più ci sarebbe, credo che qualche impresa starebbe lavorando e qualche lavoratore sarebbe meno disperato.

Se abbiamo difficoltà a partire per Roma e per Milano ogni mattina, se non abbiamo più le tariffe in continuità territoriale verso Palermo, verso Torino, verso Verona, se oggi, signor Presidente della Regione, ci spostiamo con molta difficoltà, non è per colpa di un destino cinico e baro, non è per colpa della globalizzazione, è per colpa vostra, e, ancora una volta, perché semplicemente non avete voluto proseguire un'azione amministrativa che, con molti sforzi, si era sviluppata nel passato. Se oggi stiamo ancora parlando di Tirrenia ed esultiamo per il fatto che finalmente la Commissione europea ci dice che quasi certamente la vendita degli asset della Tirrenia sarà separata dalla concessione delle linee e del contributo per l'imposizione degli oneri di servizio, se stiamo ancora oggi a parlarne è per la vostra incapacità di ascoltare le raccomandazioni e le politiche del passato, che da sempre hanno denunciato la necessità di ricorrere alla gara europea, laddove dicevate dell'altro. Quindi, non possiamo assolverci tutti.

La cosa che mi ha colpito è la sintesi del Presidente della Regione il quale dice che oggi abbiamo una opportunità straordinaria, quasi la storia della Sardegna oggi ha un'opportunità straordinaria; perché? Perché finalmente c'è un Governo tecnico, finalmente c'è il Governo Monti, e quindi c'è il Governo Monti, sostenuto da un'ampia maggioranza di destra e di sinistra, che comunque guarda al nocciolo delle questioni e cerca di agire in maniera oggettiva, senza pregiudizi.

E' impressionante, veramente, sentirlo dire da lei, signor Presidente, laddove per anni o per mesi, ci ha raccontato la storia che il massimo che ci potesse capitare era finalmente metterci all'ombra e sulla scia del Governo "amico", del Governo Berlusconi, e il valore aggiunto che lei rappresentava era dovuto al fatto che fin da piccolo sgambettava nel Parco della villa di Berlusconi e che lui, sì, avrebbe salvato il Paese, e che lui, sì, avrebbe…

(Contestazioni da parte dei consiglieri di maggioranza)

PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi! Colleghi!

SORU (P.D.). Vorrei recuperare il tempo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Colleghi! Prego, onorevole Soru.

SORU (P.D.). Grazie, signor Presidente, vorrei recuperare il tempo, naturalmente.

PRESIDENTE. Il tempo non è da recuperare, perché come si mette in funzione il microfono del Presidente, il tempo si blocca, quindi non gliene è stato sottratto.

SORU (P.D.). Grazie. Impressiona, partendo da una legislatura nata sotto l'egida, sotto l'insegna di Berlusconi e del berlusconismo, sentirci dire che la grande opportunità storica della nostra Regione è il superamento di Berlusconi e il fatto che Berlusconi sia sparito e che, finalmente, ci possiamo rapportare con un tecnico. E mi ha veramente impressionato sentir dire che l'altro secondo punto è il fatto che, alla Presidenza della Repubblica, c'è un galantuomo come il Presidente Napolitano, che conosce i problemi e che ha, da grande meridionalista, sempre avuto attenzione ai problemi della Regione e del Mezzogiorno. Mi impressiona perché ero alla Camera dei Deputati il giorno in cui Napolitano è stato eletto e, mentre il centrosinistra applaudiva, grandissima parte del centrodestra non l'ha applaudito e molta parte si è girata di spalle. Mi fa impressione che oggi i rappresentanti di quella stessa parte si rivolgano a Napolitano.

E moltissima impressione mi ha fatto la sintesi finale in cui si è detto che oggi abbiamo una grande opportunità storica, visto il fatto che finalmente l'Unione europea, nel Trattato di Lisbona, ha riconosciuto lo stato di insularità e la necessità di avere un'attenzione particolare alle Isole, alla condizione insulare. In realtà, questo esiste da tempo nei documenti europei, la prima volta che venne scritto, venne scritto su iniziativa dell'allora deputato europeo Mario Segni, è in base a quel principio che, nella programmazione 2007-2013, le risorse per il Piano di sviluppo rurale sono persino superiori a quelle previste nel settennio precedente, pur essendo in Obiettivo 1, mentre poi ne siamo usciti nell'ultimo settennio.

Quindi, non è a quello che mi riferirei pensando a costruire un futuro per la Sardegna, magari mi riferirei al fatto che sta succedendo qualcosa giù nella sponda sud del Mediterraneo, la primavera araba...

PRESIDENTE. Onorevole Soru, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Presidente, colleghi, in questo intervento, mi atterrò all'ordine del giorno, parlerò del tema centrale, che è la vertenza sulle entrate, cioè l'applicazione dell'articolo 8, perché mi pare che il rischio che corriamo è quello di parlare di tutto, per poi finire per non decidere niente e non approfondire alcun tema importante che affligge in questo momento la nostra Sardegna.

Vorrei concentrarmi sull'obiettivo fondamentale, che è, appunto, introitare le risorse che sono previste dall'articolo 8; tema fondamentale, perché - voglio rammentarlo - senza risorse è difficile parlare di altri temi. Voglio anche ricordare che queste risorse le iscriviamo per il terzo anno consecutivo nel nostro bilancio, nel bilancio della Regione autonoma della Sardegna e, se queste risorse non ci verranno riconosciute dallo Stato, le finanze di questa Regione cominceranno ad avere seri problemi nei prossimi anni.

Credo che, per condividere un percorso comune, dobbiamo capirci innanzitutto sui termini che usiamo. In questi mesi, in questi anni, ci siamo ripetuti, noi, il Presidente della Regione, il Presidente del Consiglio, i partiti politici, ci siamo ripetuti e ci siamo richiamati reciprocamente all'unità, è stato detto più volte: "Questo Consiglio deve ritrovare l'unità tra le forze politiche". Allora si tratta di capire il senso; che cosa significa "unità" per noi? "Unità" può significare esaltare sempre e comunque ogni decisione che il Presidente della Regione assume? Credo di no, personalmente ho difficoltà, credo che il Gruppo del Partito Democratico abbia difficoltà, ma credo che anche le forze politiche che sostengono l'attuale Presidente della Regione abbiano difficoltà a sostenere sempre e comunque le decisioni del Presidente. Tra l'altro, noi abbiamo fortemente contestato alcune decisioni di questi anni, abbiamo denunciato pesantemente, come diceva l'onorevole Soru, la debolezza di questa Giunta regionale nel confrontarsi con il Governo presieduto da Silvio Berlusconi, un Governo che ha messo sotto scacco la nostra Regione, che ha bloccato qualsiasi passo in avanti.

Abbiamo contestato, ad esempio, l'aver dato accesso al percorso delle norme di attuazione; secondo noi, l'abbiamo detto sempre con chiarezza, si poteva dare attuazione all'articolo 8 con una semplice circolare esplicativa, senza norme di attuazione. Come alcune settimane fa, abbiamo denunciato e abbiamo chiesto al Presidente di non inserire, dentro il percorso del federalismo fiscale, la vertenza sulle entrate, invece questo ci pare stia succedendo.

Allora, come è possibile chiedere all'opposizione, alle forze, a questo Consiglio, di interpretare l'unità come un qualcosa per cui si debbano sempre e comunque difendere le scelte del Presidente. L'unità è una derivata della condivisione, se la condivisione non c'è, questo non può avvenire. Lo dico perché si fanno delle affermazioni che ci ripetiamo e sono oggetto del nostro dibattito, ma che non trovano mai un campo d'atterraggio, non trovano mai applicazione, non si capisce come dovremmo declinare la parola "unità".

Presidente, anche dal suo intervento (ieri sera l'ho riletto), non sono riuscito a cogliere la sua proposta; c'è un richiamo al coinvolgimento del sindacato, ma come il sindacato dovrebbe essere coinvolto, non l'ho capito, e non ho capito come si intende coinvolgere questo Consiglio, come può essere richiamato, come può svolgere il ruolo, richiamandosi all'unità.

Da più parti (lo ha espresso qualche giorno fa il presidente Mario Floris su un quotidiano sardo) mi si dice che il Presidente è colui che rappresenta la nostra Regione e quindi conduce in piena autonomia la vertenza con lo Stato. Non ho niente da obiettare su questo principio, è sancito dalla Costituzione, è sancito dal nostro Statuto, ma è chiaro che, da questo, deriva subito una conseguenza, che il Presidente in piena autonomia decide e conduce la trattativa ma se ne assume la responsabilità e, se c'è un successo, se ne assume i meriti mentre, se c'è un fallimento, se ne assume le colpe, è chiaro.

Rimane ancora in piedi la domanda: qual è il senso del richiamo all'unità, come lo possiamo esercitare nella realtà che ci è data? Ebbene, voglio ricordare che l'articolo 15 del nostro Statuto dice che organi della nostra Regione sono il Consiglio regionale, la Giunta regionale e il Presidente della Regione. Sono messi tutti e tre allo stesso livello e hanno pari dignità. Allora credo che questo Consiglio debba assumersi una responsabilità, debba portare avanti, in una collaborazione leale con la Giunta regionale, a sostegno dell'attività della Giunta regionale, un'attività in piena autonomia, perché questo gli consente il nostro Statuto, lo Statuto della nostra Regione, partendo da un obiettivo che condividiamo tutti, cioè portare a casa quelle risorse che spettano alla Sardegna. Su questo obiettivo, credo che nessuno di noi abbia niente da eccepire e che tutti siamo pienamente d'accordo sul suo raggiungimento.

Quindi, il Presidente svolga la sua funzione, avvii le trattative (d'altronde in questi anni non ha fatto altro che viaggiare in solitudine); il Consiglio assuma delle decisioni che vadano a sostegno, che rafforzino questa attività. Che cosa può fare il Consiglio? Può fare diverse cose, ad esempio può fare quello che ha fatto, cioè incontrare il Presidente della Repubblica e sottoporre a lui i problemi della Sardegna, si può dare seguito a quell'incontro; può ad esempio nominare una rappresentanza e chiedere che sia audita presso le Commissioni competenti della Camera e del Senato; può convocare il Consiglio regionale sotto la Presidenza del Consiglio, insieme ai consigli comunali e ai consigli provinciali, alle forze sociali e alle forze imprenditoriali, per un segno di protesta a rafforzamento di quella vertenza. Può fare diverse cose ma le deve fare in piena autonomia, questo non è scandaloso, non è al di fuori delle norme e non è al di fuori di quello che prevede il nostro Statuto.

Allora auspico che queste nostre due giornate di lavoro non si concludano con l'ennesimo ordine del giorno che "impegna il Presidente…". Abbiamo dato indicazioni al Presidente, abbiamo dato suggerimenti, che non sono stati ascoltati, che sono stati disattesi, credo che questo Consiglio sia legittimato, non solo dallo Statuto ma dal popolo sardo che lo ha eletto, a portare avanti le istanze della Sardegna in piena autonomia, decidendo, ragionando sui temi e indicando anche le ipotesi di soluzione e rappresentandole allo Stato con forza e con pari dignità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.).Colleghi, parlo con la speranza che la seduta odierna non abbia le caratteristiche di debolezza e, se mi permettete, di inutilità della seduta di ieri, perché gli Stati generali non si riuniscono per descrivere e ripetere cose note ma per prendere decisioni. Parlo per proporre una decisione e non per confermare la nuova Costituzione reale della Repubblica italiana, secondo la quale i Parlamenti discutono vanamente e invece il Governo Monti e altre venti persone decidono. Non vedo differenza sul piano del ruolo attribuito ai Parlamenti tra il "piano per l'Italia" proposto a suo tempo da Licio Gelli e ciò che Luciano Violante è venuto a spiegare a Cagliari poco più di un anno fa sul ruolo dei Parlamenti: non c'è alcuna differenza! E come mi opponevo agli oligarchismi "grembiulati" di Gelli mi oppongo agli oligarchismi dell'aristocrazia accademica e finanziaria del Governo Monti. Contesto e mi oppongo (su questo dissento dal Presidente della Regione) all'immagine del Governo dei migliori, del Governo delle decisioni indiscutibili, che i giornali stanno accreditando; contesto e mi oppongo a tutto questo non ideologicamente, cioè non per sposare il malcontento o la protesta, ma mi oppongo perché sono sardo e la Sardegna ha ragione per opporsi.

Il mio dissenso con il discorso del Presidente della Regione, ma soprattutto col discorso di molti parlamentari, sta proprio in questo aspetto: loro mirano a conseguire un risultato secondo le procedure della richiesta e della concessione, io penso che queste procedure siano state smentite, rispetto alla loro efficacia, dai fatti e che occorra dimostrare di saper contrapporre l'intera società sarda allo Stato italiano e giungere a un patto equo tra i sardi e l'Italia, patto mai esistito!

E quando dico "i fatti" sono in grado di elencarli: in primo luogo la questione fiscale, lo Stato italiano non ha mai notificato all'Unione Europea (unico Stato membro) la previsione dello Statuto sardo per un regime fiscale agevolato per la Sardegna, non l'ha mai fatto e mai lo farà perché teme una Sardegna con un regime fiscale diverso da quello dell'Italia! L'Italia applica lo stesso regime a tutte le latitudini, un Paese lunghissimo e diverso applica lo stesso regime fiscale! E la Sardegna, è stato dimostrato, è stata uccisa prima dal fisco piemontese e adesso dallo Stato italiano e dal fisco italiano che non io ma il Presidente della Corte dei conti ha definito "ingiusto, inefficace e punitivo per gli onesti". Non io, non un sardista ma il Presidente della Corte dei conti! L'Italia ha costretto la Regione Sardegna a essere l'unica Regione in Italia a finanziare una strada statale, siamo gli unici! L'Italia, con l'accordo del 2006, ha vigliaccamente imposto alla Sardegna di farsi carico del suo svantaggio geografico, le ha caricato la continuità territoriale e il trasporto pubblico locale e, quando ha concesso il trasporto pubblico locale alle altre Regioni d'Italia dando loro i soldi, glieli ha dati fuori dal Patto di stabilità mentre noi, ancora, con il trasporto pubblico locale siamo dentro il Patto di stabilità! Questa è l'Italia a cui voi siete affezionati, noi no!

L'Italia ha impugnato, con la Corte costituzionale, tutte le leggi di questo Consiglio regionale e imposto a tutte le Regioni un presidenzialismo becero, perché ha bocciato tutti gli statuti e le leggi statutarie che non avessero tali caratteristiche. Questa è l'Italia! E a questa Italia non ci si può presentare con la solita logica della rivendicazione, occorre fare un passo avanti. Questo Consiglio ha respinto la mozione sull'indipendenza, ne prendiamo atto ma chiediamo che voglia considerare oggi, con un ordine del giorno, l'apertura di una sessione aperta alla società, ai deputati e ai senatori, impegnata a verificare la convenienza del nostro permanere nella Repubblica Italiana. La nostra proposta è di sottoporre a verifica, da subito, la vigenza dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione, per accertare se essi siano rispettati da entrambe le parti; la nostra proposta è sottoporre l'unità d'Italia a verifica di giustizia e di vigenza. Certo che questo non basta, ieri ho sentito metafore calcistiche per passare, si diceva ieri, dalla logica dei clubs alla logica della "Nazionale".

E' una metafora suggestiva che però si sottrae a una questione di fondo, la "Nazionale", almeno in teoria, è fatta dai giocatori migliori. Lo dico senza voler offendere nessuno. Credo che tutti sappiamo che il Governo regionale non è una "Nazionale" e non è possibile creare un clima di collaborazione nazionale pretendendo di lasciare inalterata una squadra che, a nostro avviso, non sta brillando sul piano dell'efficacia. Ma ancor più non si può evocare un clima nazionale senza prendere decisioni difficili. Le decisioni sulla riforma sanitaria: quando finiremo di fare bilanci fasulli? Non è iniziata certo in questa legislatura la questione dei bilanci campati per aria, non è iniziata in questa legislatura l' "abitudinaccia" di recuperare i residui, cioè di nascondere l'incapacità di spesa, sta continuando! Quando semplificheremo le procedure che sono tutte contro i cittadini e contro l'impresa?

Le procedure della Regione Sardegna presuppongono che il cittadino sia un truffatore e che un imprenditore sia sempre un ladro, invece l'istruttore sia sempre santo! Quando metteremo mano al sistema della scuola e della formazione? Quando diremo, e lo possiamo fare perché lo sappiamo, che il bilancio della Regione protegge chi il lavoro ce l'ha già e non chi non ce l'ha? Quando saremo in grado di capire che deve finire l'idea che la Sardegna non ha bisogno di nuovi Mosé che la conducano verso "sorti e progressive"? Ha bisogno di una squadra di persone capaci e oneste. Per fare tutte queste cose, non si deve fare una "Nazionale", bisogna cambiare il quadro politico.

Ieri ho sentito tanti potenziali candidati alla Presidenza della Giunta parlare tutti in modo molto ecumenico e forse parlare in modo ecumenico proprio perché c'era questa ambizione. Bene, credo che il prossimo Presidente della Giunta o nasce da accordi originali e da soluzioni non scontate o non servirà a nulla, cioè sarà un presidente conservatore, sarà un presidente gestore delle macerie. Noi lavoriamo a soluzioni di profondo cambiamento nazionale sardo ma non ecumenico, non tale da comprendere tutto e il contrario di tutto. Se la Nazionale sarda dovesse essere un minestrone, un minestrone buonista, noi non ci stiamo, saremo un ingrediente mancante. Se si tratterà di fare un'alternativa fondata sul senso del dovere e della responsabilità e di un profondo cambiamento, noi ci saremo.

Per concludere, se vogliamo fare riforme profonde, bisogna costruire un quadro politico diverso, inedito, diversissimo dalla melassa di ieri dove non si capiva nulla, e rispetto al quale il maggior compito è dei colleghi del P.D. e del P.d.L, perché i colleghi di SEL con noi di sovranità e sviluppo, senza dogmi e senza posizionamenti precostituiti, dialogano. C'è un problema con voi! Volete voi andare oltre i vostri partiti, oltre i meriti, le medaglie e i disastri che vi attribuite reciprocamente ed essere uomini della nazione sarda, rompere questa inerzia del gioco attuale e proporre una novità mai vista in Italia? Dipende largamente da voi, dalla vostra capacità di uscire dalla politica di posizione. Se troverete questo coraggio, noi ci saremo ma nel frattempo vi chiediamo, con la forza e con l'umiltà anche della nostra storia, di fare insieme in questo Consiglio la verifica del sistema dei diritti e dei doveri con la Repubblica italiana.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cucca. Ne ha facoltà.

CUCCA (P.D.). Signor Presidente, signor Presidente della Regione, signori Assessori e colleghi consiglieri, ieri forse ci sono stati interventi che l'onorevole Maninchedda ha definito come melassa, però devo dire che li ho apprezzati molto. Li ho apprezzati molto se non altro perché è emersa in maniera inequivocabile la coscienza collettiva sulle emergenze di quest'isola. Emergenze che, se non saranno affrontate, anche questo è emerso chiaramente, in maniera assolutamente rigorosa, con il rigore indispensabile in queste circostanze, rischiano di portarla al disastro definitivo. Siamo a un bivio ed è indispensabile agire subito e agire bene.

Mi è venuta però in mente una riflessione. Ho pensato al percorso tortuoso che il Governo nazionale ha fatto per arrivare a dimettersi quando il disastro incalzava giorno dopo giorno e nessuno era capace di smuovere dalla poltrona il nostro Presidente del Consiglio che, abbarbicato tenacemente, continuava ad accumulare disastro al disastro. Che cosa sarebbe accaduto se si fosse arrivati prima, come da più parti si proponeva, a un Governo tecnico, quel Governo tecnico al quale siamo arrivati oggi? Forse il Governo avrebbe dovuto adottare misure meno rigorose, misure meno severe? Può essere.

Questo ragionamento l'ho fatto per quest'isola, ma lunedì 19 marzo facciamo tre anni da quando questo Consiglio si è insediato. Se tracciamo un bilancio di quanto è stato fatto concretamente in questi tre anni per la soluzione dei problemi che sono emersi (ieri sono stati ripetuti ancora una volta in quest'Aula), rispetto a quei problemi, poco è stato fatto, quasi nulla! Quelle debolezze sono oggettivamente riconosciute da tutti, non solo dalle forze dell'opposizione, gli Stati generali, ogni volta che si sono riuniti in quest'Aula, hanno sempre riportato sul tavolo quei temi che sono stati affrontati anche ieri, che riportano la drammaticità della situazione che la Sardegna sta vivendo. Chi può contestare che la cosiddetta vertenza delle entrate come quella della revisione del patto di stabilità sono sul tavolo da tre anni e che questo Governo ha dimostrato incapacità, lo dobbiamo dire, di risolvere quelle problematiche, affrontate sempre in maniera troppo blanda, con poca autorevolezza. L'abbiamo ripetuto mille volte in quest'Aula. Abbiamo anche detto che probabilmente questo fatto era dovuto al metus reverentialis che questa amministrazione aveva nei confronti di quel Governo il cui capo aveva contribuito in maniera assolutamente determinante a ottenere il risultato elettorale.

Infatti adesso ci svegliamo, alziamo la testa, adesso che il Governo è cambiato, alziamo la testa tutti insieme nei confronti del nuovo Governo: sarà un caso? Ho apprezzato moltissimo ieri l'intervento della Presidente del Consiglio che, aldilà delle buone parole e delle buone intenzioni, ha affermato con decisione che si rende indispensabile una presa di coscienza collettiva sull'insufficienza dell'azione politica svolta fino a oggi. Certo, manchevolezze ce ne sono state nel corso degli anni da parte di tutti, poi tornerò su questo tema. E' mancata un'azione politica che consenta lo sviluppo di una nuova progettualità fondata su azioni serie e concrete, su nuove idee, su nuovi percorsi per portare la Sardegna fuori dal pantano. Però, credo che preventivamente sia indispensabile riacquistare quell'autorevolezza perduta che non abbiamo più all'esterno; abbiamo avuto segnali, anche nell'ultimo periodo, nel corso degli ultimi incontri che sono stati proposti, vedi appuntamenti rinviati o mancati.

Abbiamo dimostrato, ripeto, scarsa progettualità, pochezza di idee, incapacità di affrontare con decisione il nostro interlocutore governativo che, certo, negli ultimi anni, non ha guardato con attenzione alle serie problematiche di quest'isola spesso considerata solo come un luogo di vacanza e di svago da chi invece aveva il dovere di provvedere a dare risposta a quella domanda di giustizia, perché di questo stiamo parlando quando parliamo dell'articolo 8! Dare risposta alla domanda di giustizia dei sardi se non altro per mantenere fede alle promesse vane che sono state fatte (è inutile richiamarle), nel corso della campagna elettorale, alla povera gente che chiedeva, come dicevo, semplicemente il riconoscimento della propria dignità.

Al riguardo, da anni ripeto che in Sardegna manca una seria politica industriale, non do colpa a nessuno, ci tengo ancora una volta a ribadirlo, non do colpa a chi oggi ha anche la responsabilità di quel settore, me ne guardo bene, ho la consapevolezza della difficoltà estrema che attraversiamo, soprattutto del fatto che il più delle volte ci si trova a dover affrontare emergenze con provvedimenti tampone che, questo è capitato anche nelle passate legislature, si risolvono poi in un fallimento totale e in un mare di danaro buttato.

Condivido il pensiero di quelli che ieri hanno detto che è necessario partire anche da politiche industriali nuove, che prendano l'avvio da modelli industriali esistenti, che oggi stanno dando buoni frutti, che raccolgono i frutti inizialmente sperati. Io sono di Nuoro, quindi non posso che guardare con interesse a quello che sta accadendo nella piana di Ottana che, se non fosse per l'intraprendenza di qualcuno che inizialmente io reputavo folle, oggi sarebbe un deserto totale, invece da lì sta ripartendo, speriamo che riparta e prenda linfa e nuovo vigore un rilancio anche di quella zona. Però l'iniziativa del singolo non può bastare, perché c'è da colmare il gap esistente rispetto alle altre Regioni d'Italia. Quindi è giusto richiamare alla mobilitazione generale, è giusto che tutte le forze sociali diano il proprio impegno, partendo (come bene ha detto la Presidente ieri) dalla presa di coscienza del fallimento delle azioni poste in essere fino a oggi, per ripartire tutti insieme.

L'esperienza ci ha insegnato (quella dell'articolo 8 dello Statuto è l'esempio più chiaro) che quando la battaglia è giusta e viene condotta con autorevolezza per il raggiungimento di obiettivi sacrosanti, la Sardegna è pronta alla mobilitazione, il popolo sardo è pronto a scendere in piazza accanto alla classe politica; allora tutti insieme perseguono, perseguiremo, potremo perseguire gli obiettivi che ci proponiamo. I temi li conosciamo: vertenza delle entrate, per ottenere ciò che ci è dovuto e c'è stato fino a oggi negato; revisione del Patto di stabilità; riconoscimento dell'insularità, è inutile parlare del Trattato di Lisbona, l'ha detto bene l'onorevole Soru, è da anni che l'Europa riconosce lo stato di insularità, di fatto bisogna attuarla, il riconoscimento dell'insularità bisogna ancora ottenerlo per la Sardegna; il riconoscimento della continuità territoriale; la disoccupazione giovanile; la fuga dei cervelli; la partenza della forza lavoro, e quindi fenomeno dell'immigrazione in assoluta crescita perché qui non si riesce a creare nuove condizioni di lavoro.

Si è parlato, l'ha ripreso anche stamattina l'onorevole Maninchedda, del tema della "Nazionale". Ma siamo tutti pronti a lasciare la maglia del club di appartenenza e indossare la maglia della "Nazionale"? Siamo pronti soltanto se avremo un commissario tecnico in condizioni di guidare la squadra, che sia capace di portare idee nuove e di farsi seguire nella battaglia, senza questo ovviamente nessuno si impegnerà nel campo di gioco per vincere la partita, nella consapevolezza che si stanno sprecando risorse.

Signor Presidente della Regione, oggi mi aspetto da lei risposte più concrete e attuali, migliori di quelle che ha dato ieri. L'intervento di ieri credo che sia stata soltanto un'apertura all'intervento che dovrà fare oggi. Mi aspetto da lei un sussulto, un nuovo metodo di coinvolgimento di tutti, comprese le forze sociali. In questo senso - vedo che il tempo sta per scadere - condivido il contenuto dell'intervento dell'onorevole Sabatini. Mi aspetto che oggi arrivino nuove proposte, nuovi metodi, nella consapevolezza che altrimenti la Sardegna è destinata a morire. "Fortza paris", lo diciamo, ma ricordiamoci sempre che i soldati della Brigata Sassari stavano dietro il loro comandante che, a prezzo anche del sacrificio personale, era disponibile, anziché guidare le manovre dalla collina, scendeva in campo assieme ai suoi soldati. Ci aspettiamo, signor Presidente…

PRESIDENTE. Onorevole Cucca, il tempo a sua disposzione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Gruppo Misto). Tutti insieme va bene, però tutti insieme con idee e con progetti. "Tutti insieme" è l'appello che ci facciamo gli uni verso gli altri in un disperato tentativo di fare squadra o, come dicono i catalani, di fare "pigna", per superare la difficoltà e il dramma del momento. Credo che "tutti insieme" possa essere un invito che facilmente potremmo accogliere. Per fare che cosa? Questo è il vero problema. Ieri devo dire si è capito poco. Sono con chi reputa la giornata di ieri non inutile, ma poco incisiva per imboccare una via d'uscita da questa situazione drammatica in cui si trova la nostra Sardegna. Devo dire che poco incisiva è arrivata da ultima la comunicazione del presidente Cappellacci, molti slogans, però alla fine un discorso vuoto di contenuti e di proposte. La squadra unica e la maglia, i richiami calcistici che tutti noi, appassionati di football, facciamo e utilizziamo per essere, come dire, immediati, voleva essere un appello all'unità, ma in ogni caso, siccome siamo anche uomini di sport e sappiamo che nello sport ci sono delle regole, credo che le regole vadano sempre rispettate. Durante un campionato non si può prendere giocatori da altre squadre per farli giocare con la propria squadra. La squadra in campo, che rappresenta in questo momento il Governo, sappiamo qual è e da chi è guidata.

L'unità è sicuramente da farsi intorno a un problema che tutti abbiamo sollevato, che è il problema centrale, il problema che oggi abbiamo all'ordine del giorno, cioè la vertenza entrate. E' un capitolo a sé; probabilmente ieri andava centrata meglio la discussione intorno a questo problema, senza la soluzione del quale non ci sono prospettive, non abbiamo possibilità di percorrere altre strade. Su questo argomento, bisogna assumere un atteggiamento duro e combattivo come non mai. Tant'è che, nel corso dell'ultimo dibattito, quando si è discusso di finanziaria e bilancio, abbiamo detto che è un bilancio fasullo con entrate di fantasia che naturalmente lasciano noi tutti un po' pendenti su quello che accadrà. Non abbiamo risolto il problema delle norme di attuazione che a questo sono legate. La presidente Lombardo ieri ci ha richiamato tutti nel suo intervento introduttivo, quando ha detto: "Non possiamo restare inermi".

Allora bisogna capire il modo in cui non possiamo restare inermi, dobbiamo stanare il Governo e dobbiamo obbligarlo con ogni mezzo a rispettare i patti. Patti che prevedono risposte adeguate alla crisi industriale che probabilmente è l'argomento, anzi sicuramente è l'aspetto che più ha colpito il popolo sardo e ha fatto lievitare in modo pauroso e drammatico il numero dei disoccupati. Anche i sindacati da un pezzo individuano in quel settore il dramma vero della disoccupazione e della crisi economica. Abbiamo il problema dei trasporti e dell'insularità e a questo si aggiunge il Patto di stabilità, che sappiamo mette in crisi gli enti locali e la stessa Regione.

Ieri, il Sindaco di Cagliari, Massimo Zedda (argomento sul quale poi è ritornato anche il Presidente dell'ANCI Erriu), ci ha detto che, nel 2012, i Comuni avranno 170 milioni in meno e saranno chiamati i cittadini sardi a sostituirsi a questo taglio brutale nei confronti dei trasferimenti che, dallo Stato verso la Regione, diventano poi dalla Regione nei confronti dei Comuni. Ci sarà in primavera prossima, a fine maggio o ai primi di giugno, la data non è ancora stabilita, un turno di elezioni amministrative, tra queste anche nella mia città, la città di Alghero, ma ad Alghero, come negli altri centri chiamati al voto, ci sono forti preoccupazioni. Il tema centrale, badate, non sono tanto i problemi veri come le alleanze, le candidature, le liste, i problemi veri riguardano le risorse e il bilancio, bilancio che i Comuni, i nuovi amministratori, quelli che saranno riconfermati o quelli che andranno a sostituire le precedenti amministrazioni, dovranno affrontare per poter governare le loro città oggi in una situazione di difficoltà impressionante.

Il problema vero è che però in qualche modo noi manifestiamo la debolezza maggiore sul piano identitario. Molte volte noi stessi facciamo delle affermazioni, richiamiamo il popolo sardo, la nazione sarda, così veniamo indicati e individuati, in Europa, nel mondo, in Italia, da altre parti del Mediterraneo, come il Popolo sardo, la Nazione sarda, un popolo di identità. La realtà vera è che noi abbiamo uno scarso, scarsissimo, sentimento identitario. Questo scarso sentimento identitario (lo dico con rammarico, con dolore e con difficoltà, però dobbiamo prendere atto della nostra stessa debolezza) ci ha portato, lo abbiamo consentito, per anni, a subire soprusi e imposizioni da chi ci ha guardato con arroganza e con una visione di disprezzo per la nostra peculiarità e la nostra identità.

Non abbiamo risolto i problemi dell'insularità, della continuità territoriale, della tutela delle coste e del paesaggio, della lotta contro l'occupazione militare di vaste aree della Sardegna, sottratte anche alle attività produttive agricole e di pesca, soprattutto di quella che è l'offerta turistica. Non abbiamo mai rivendicato attenzione e valorizzazione della nostra peculiarità linguistica e culturale. Non siamo mai riusciti finora a ottenere l'autonomia scolastica, non abbiamo risolto i problemi della mobilità e dei trasporti. In questi giorni, per problemi personali, sto utilizzando la ferrovia, percorro la tratta Alghero-Sassari e Sassari-Alghero in treno, è un momento di relax che mi sono concesso, un po' imposto, però lo subisco con serenità, ebbene, è veramente disumano perché io, come voi, ho viaggiato in ferrovia in Italia e in Europa, ma è tutto un altro mondo! E' inammissibile che oggi, nel 2012, ci siano condizioni dei trasporti ferroviari in Sardegna a quel livello!

E' un discorso che oggi dovremmo e potremmo ampliare, citando mille altri aspetti, il problema è che, aver subito e tollerato per così lungo periodo che tutto questo non venisse risolto, ci è venuto oggi, come diciamo ad Alghero, in Sardegna, tottu parisi, cioè tutto insieme; e, quando i problemi arrivano tutti insieme, è complicato risolverli, tanto più se la gran parte dei problemi sono quei problemi così gravi che ieri abbiamo in parte affrontato e che oggi stiamo per affrontare e individuiare, anche se, devo dire, individuiamo soprattutto delle priorità assolute che devono essere risolte e che da anni, in quest'aula soprattutto, ma non solo in quest'aula, fortunatamente, vengono sollevate e dibattute.

Il patto equo tra la Sardegna e lo Stato, che richiamava il collega Maninchedda, è fondamentale, ci sono patti che non vengono rispettati e, quando i patti non si rispettano, bisogna alzare il livello di contestazione. Il regime fiscale imposto dallo Stato italiano (definito Stato autoritario, sempre dal collega Maninchedda, io condivido pienamente) è un regime intollerabile; ci sono realtà, all'interno dello stesso Stato italiano, nei confronti delle quali ci sono attenzioni completamente diverse. La vigenza dei diritti e dei doveri sanciti dalle leggi, su questo ruota il problema.

Allora, concludo, ritornando al calcio, non abbiamo bisogno di una Nazionale, badate, abbiamo bisogno di affrontare i problemi con serietà, soprattutto non abbiamo bisogno di giocatori straordinari, anzi ritornando a un modello catalano, dico che non abbiamo bisogno di un centravanti per richiamare l'uomo forte che deve guidare la squadra, sia essa di club o Nazionale, il Barça, simbolo della nazione catalana, da quando è stato affidato al grande allenatore Pepe Guardiola, ha eliminato il centravanti. Pepe Guardiola si è liberato di Ibrahimovic, lo definiva ingombrante in un'area che invece ha svuotato, ha liberato; il centravanti del Barça, sapete che cos'è? E' lo spazio che lui mette a disposizione di quegli straordinari campioni di dimensioni…

PRESIDENTE. Onorevole Sechi, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sanna Gian Valerio. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Se dovessimo, colleghi, esprimere quello che abbiamo visto ieri da spettatori e quello che oggi viviamo da protagonisti, che cosa potremmo dire? Abbiamo visto che è andato in onda lo stato generale del degrado dell'autorevolezza e dell'adeguatezza (mi piace questa parola), "adeguatezza" dello stato della nostra autonomia. Lo dico con riguardo orizzontale a tutti i soggetti. C'è un concorso di colpa? Può essere che ci sia un concorso di colpa, ma non ci sono le medesime responsabilità, ognuno si prenda le sue. Vedete, gli Stati generali che cosa possono fare? Esprimono delle convergenze, delle volontà, la parte sociale e politica, ma la parte esecutiva di governo non può venire qui a raccontarci e a dire, come se fosse quel personaggio che imita Crozza quando rappresenta l'Italia dei carini: "Noi dobbiamo essere tutti uniti, noi dobbiamo essere più bravi, noi dobbiamo pensare ai nostri figli" e al giornalista che lo incalza sulla quotidianità e gli dice: "Ma c'è questo problema…" eccetera, quello ripete sempre: "Noi dobbiamo essere uniti, dobbiamo ricominciare dai tavoli, noi dobbiamo…". Questa è la sceneggiata che sta andando in onda! Ditemi voi se questo non rappresenta, nella sua plasticità e ironia, drammatica ironia, l'idea di una inadeguatezza della nostra rappresentazione autonomistica!

Gli Stati generali o si introducono, Presidente del Consiglio, dalla relazione del Presidente della Giunta che aggiorna sui risultati e da lì si parte per traguardare un altro risultato o, se reitera lo stato di surplus sul quale si trova la Regione Sardegna su questa questione, è una prassi inutile! Dimostra che non abbiamo i portatori dell'immagine della Sardegna. Gli Stati generali, quindi, fatti così, esaltano una nostra inadeguatezza. Ho idea che oggi, sicuramente a partire da oggi per domani, nessuno in Italia potrà lamentare o esigere di avere più risorse se non se le merita; se non se le merita sul piano concreto dell'articolazione costituzionale, non se le merita sul piano di mettere a posto i propri doveri? Vede Vargiu, è inutile parlare di pubblica amministrazione, oggi ci siete voi, la invito a fare un paragone della percentuale di spesa che si attuava nella precedente legislatura e se la faccia in questa legislatura nella quale, a proposito di concorso di colpa, ognuno si prenda la sua di responsabilità! Se la sanità non funziona come lei dice, spetta alla minoranza presentare le riforme che rendono possibile non sperperare i denari? Questo lo dico perché negli Stati generali c'erano le forze sociali, c'erano le imprese alle quali dobbiamo dimostrare che, da qualche parte, qualcuno compie il suo dovere. Se la pubblica amministrazione non funziona, mi spiegate perché abbiamo sempre cercato di eludere la possibilità di mettere mano alla riforma concreta delle leggi che possono dare il risultato? Quando si parla solamente di rimuovere un dirigente perché non fa il suo dovere o che bisogna rimuovere un dirigente perché non ottempera agli obiettivi che gli sono stati dati, qui si solleva il mondo perché i dirigenti sono una parte della compromissione della politica, che non è denaro, è una scelta strategica!

Poi voglio dire una cosa con amicizia al collega Maninchedda, onestamente: come potremo noi mai parlare di sovranità oggi, con i problemi enormi che abbiamo e che tocchiamo con mano, a partire dal Presidente che ci è toccato, esponendo solamente un livello minimo e sufficiente di autorevolezza? Badate, il compito del Presidente era semplice perché, per ottenere dei risultati, bisogna mettere in ordine le cose, qui ognuno ieri è venuto a vendere la sua merce, quando il problema è l'indice delle cose: le entrate e il patto di stabilità. Dopo, se abbiamo i soldi, decidiamo come spenderli e le ricette possono essere oggetto di un dibattito. Ma non li abbiamo quei soldi! E' inutile parlare di ricette! Siamo degli irresponsabili se parliamo di sogni, dobbiamo parlare della realtà!

E c'è stata, secondo voi, una ragione opposta dal Governo all'idea che quei soldi ci spettino? Mi pare di no. Hanno detto solamente che c'era il problema delle norme di attuazione. Anche lì, senso di responsabilità, non la pensavamo allo stesso modo, ma abbiamo rimosso la possibile difficoltà. Quella era l'unica opposizione che ci faceva il Governo al dare attuazione all'articolo 8. Non c'è oggi sul tavolo una ragione! Ci diceva: "il problema dei giochi". Il problema dei giochi è crescente, la gente gioca i "gratta e vinci" in maniera crescente. Noi chiediamo 140, loro ce ne diano 80, mettiamoci d'accordo su 100, ma non è lì il problema! Non è lì il problema e non si può giustificare l'inerzia di un Governo regionale, se questo è l'unico punto che ci è stato manifestato.

E qui vengo alla tolleranza, incomprensibile, anche delle forze sociali espresse qui, perché oggi come oggi, di fronte a questa situazione, le forze sociali dopo gli scioperi generali dovevano dire: "Non vogliamo più parlare con questo Governo!". Non ci sono ammiccamenti che servano in questo momento perché, badate, il problema di quelle risorse, non delle ricette, il problema di quelle risorse attiene al profondo sentimento di moralità che ciascuno di noi porta qui dentro nei confronti non del nostro presente, ma del nostro futuro. Dobbiamo uscire dalle sceneggiate. Il mandato che aveva il Presidente, rispetto all'ordine del giorno, era quello di chiudere l'accordo, non quello di riaprirlo! E se vi leggete quel decreto, mi dovete rispondere che cosa c'è scritto lì: si chiude o si riapre? Rispondetemi! Perché il giudizio politico si consuma sui fatti, non sulle chiacchiere!

Presidente, non interessa che lei venga qui a rappresentare "l'Italia dei carini" perché siamo tutti bravi, dobbiamo tutti coinvolgerci, ci vogliamo bene. La gente che soffre sta soffrendo e delle nostre sceneggiate non gliene importa niente. Sono venuto qui a essere spettatore degli Stati generali con questo sentimento di responsabilità, che non è un accanimento nei suoi confronti, ma è uno sprone a che lei si renda conto che quello che gli è chiesto non è portare più gente al tavolo, è quello di portare in quel tavolo le ragioni che qualcuno non ci vuole riconoscere e per le quali non c'è nessuna ragione plausibile per disconoscerle, dal 2007 al 2010 e fino a oggi. Pensate davvero che noi non dobbiamo dire alle imprese: badate che la colpa di chi non vi paga è lì? Basta continuare a mettere 1000, sapendo di poterne spendere 600 per capire elementarmente che, dentro quei 400 di differenza, ci sono le promesse di pagamento che non potremo mai esaudire e quindi ci sono le imprese che soffriranno. Ma di che cosa stiamo parlando? Di che cosa stiamo parlando? L'agenda sono queste due cose: entrate e Patto di stabilità. E allora c'è un problema di implementazione delle cose e c'è un problema di dispiegamento degli effetti. Io rinvio a quando avremo i soldi perché si confronteranno le idee su quei soldi, come usarli. Certo se li avessimo avuti, saremmo stati meglio, però siccome non li abbiamo oggi la priorità è quella.

Vorrei dire un'altra cosa per concludere, Presidente, mi consenta. Parliamo di squadre di calcio e di nazionali; vorremmo tutti qui parlare dell'esigenza di portare una bandiera, ma purtroppo diamo solo l'idea di quelli che, su quella bandiera, si sono lamentosamente sempre e solo seduti sopra.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, Assessori, colleghi, mi pare che in queste due giornate che dovrebbero rappresentare l'assemblea della classe dirigente sarda e l'assemblea per definizione che, per volontà del popolo, rappresenta i sardi, il Consiglio regionale, in queste due giornate, ciascuno di noi (è di moda) ha fatto la sua narrazione. Il Presidente della Regione ne ha fatto una, poi concluderà, penso, oggi gli interventi. Una narrazione intanto, devo dire, su una situazione che davvero, anche con la metafora calcistica della maglietta dei quattro mori, ci vede necessariamente a dover affrontare però con serietà e complessivamente anche i tre anni che abbiamo vissuto in Consiglio regionale; devo dire che io, per buona parte, li ho vissuti da Capogruppo del Partito Democratico, anche affrontando nel dettaglio e in contrapposizione i problemi e il tentativo di soluzione.

Ecco, ho visto un Presidente della Regione che, fin dalla preparazione pre-campionato, dalla campagna elettorale, ha indossato la maglietta del Milan e quella maglietta l'ha portata per lungo tempo. Poi ha deciso di autosospendersi e di nascondere la maglietta; forse in qualche modo ha deciso di riprendere in questi giorni quella stessa maglietta. Insomma il rapporto in questi anni con Berlusconi, per uscire dalla metafora, è stato un rapporto costitutivo di questi tre anni, che non si può cancellare con gli appelli di questi giorni e con le autosospensioni fasulle. Non si può cancellare perché sono nel ricordo e nella sofferenza del popolo sardo le telefonate fatte in campagna elettorale, sono nella sofferenza del popolo sardo anni di smantellamento dell'industria, di mancate promesse, che hanno visto un'identificazione, mi dispiace, un'identificazione politica sostanziale del presidente Cappellacci con l'allora presidente Berlusconi.

Allora è troppo facile dire che adesso si cambia tutto, che abbiamo bisogno dell'unità, che mettiamo tutti la stessa maglietta. Credo che ci sia un vuoto ed è un vuoto politico che viviamo in maniera evidentissima, è un vuoto di strategia, è un vuoto di idee, non c'è una prospettiva di sviluppo, che non è emersa neanche nei documenti che sono resi obbligatori dalla nostra legislazione, il programma regionale di sviluppo, non c'è un'idea sulla Sardegna che vogliamo, sullo sviluppo che vogliamo dare.

Il presidente Napolitano nel suo incontro qui in Consiglio regionale con tutti noi ha detto due cose. C'è una parte che riguarda i diritti, che riguarda la vertenza entrate, la cui difesa, certo, deve essere affidata ai governi nella continuità amministrativa al di là di quello che il governo precedente non ha fatto; è un problema di diritti e va affrontato in sede governativa. C'è poi un altro aspetto che riguarda la situazione di disagio socio-economico e lì devo dire che una parte di responsabilità importantissima sta qui, sta probabilmente in questo Consiglio regionale, sta nella parte dell'Esecutivo, sta nella parte della maggioranza che non riesce evidentemente a trovare soluzioni. Allora credo che, prima di affrontare, come dovremmo fare, un rapporto autorevole e organico con lo Stato e rivedere il nostro rapporto pattizio, dobbiamo intanto capire che cosa siamo capaci di fare noi, che cosa è capace di fare il Governo, il presidente Cappellacci.

Credo che, quando parliamo di vertenza entrate, non possiamo non tenere conto di un atteggiamento che ci ha portato, mese dopo mese, a seguire le indicazioni che quel Governo ha prodotto, l'atteggiamento dilatorio, le norme di attuazione, le commissioni paritetiche, fino a concentrare, perché inevitabilmente questo era già scritto, nelle sette schede che avete mandato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il fatto inevitabile che la vertenza entrate va definita insieme alla fase attuativa del federalismo fiscale. Questo vuole dire, credo che ne siamo tutti consapevoli, l'azzeramento dei benefici che sono stati prodotti con la vertenza entrate. Un atteggiamento, lo dico al collega Maninchedda, che, nella scorsa legislatura, come dire, nei confronti del Governo e dello Stato, non ci ha visti andare col cappello a Roma o chiedere concessioni, ma ci ha visti con un atteggiamento diverso, forse per la prima volta diverso, ci ha visti chiedere pari dignità. Non abbiamo chiesto tavoli nella scorsa legislatura, abbiamo chiesto il riconoscimento di diritti, abbiamo chiesto quello che forse, in sessant'anni, non siamo riusciti mai a chiedere e a ottenere e li abbiamo ottenuti.

Ora c'è una fase che non si chiama vertenza entrate, si chiama difesa della vertenza entrate, una difesa che non c'è stata negli anni del Governo Berlusconi, anzi c'è stato un andare a traino e mi chiedo quale maglietta indossassero i parlamentari del centrodestra. Avete avuto un momento, soprattutto nella fase conclusiva del Governo Berlusconi, per la prima volta nella storia, in cui ciascun parlamentare sardo era veramente determinante per far sopravvivere quel Governo e neanche allora siete riusciti a imporre le ragioni della Sardegna. Che cosa vuol dire che adesso ci dobbiamo mettere tutti la maglietta? Ognuno si è messo la maglietta del suo particolare, ha cercato di garantirsi la sua rielezione, la sua ricandidatura, la verità è questa: finché non cambiamo atteggiamento, che è un atteggiamento subalterno, servile, guardare semplicemente al proprio orticello, se non cambiamo questo atteggiamento, è difficile credere agli appelli all'unità, è difficile!.

C'è una guida, c'è un partito di riferimento, che si sia autosospeso o no, il presidente Cappellacci da quella parte sta e da quella parte i sardi chiedono risposte perché li hanno votati. Credo che non bisogna più raccontarci menzogne o avere un atteggiamento come dire riduttivo della situazione di crisi che viviamo e ritengo che anche il Presidente del Consiglio regionale l'abbia bene espresso nel suo primo intervento, ma anche nell'intervento fatto di fronte al presidente Napolitano. E' una situazione drammatica che ha bisogno di risposte eccezionali. Mi chiedo intanto come stiamo affrontando l'emergenza, mi chiedo se stiamo creando le condizioni per il lavoro, per attrarre impresa o se stiamo allontanando le imprese. Penso a quello che sta succedendo nel mondo dell'industria, a Porto Torres, nel Sulcis-Iglesiente. Possibile che non sia, come dire, degno di un'attenzione particolare che vada al di là di soluzioni che io giudico tampone e assolutamente inadeguate come la chimica verde, poi ne vedremo e ne parleremo, negli anni, a Porto Torres.

Ritengo che non ci possiamo accontentare di briciole, presidente Cappellacci, non possiamo accontentarci! Abbiamo una responsabilità che oggi ci chiama per non aver risolto vertenze importanti, per non aver rivisto i vincoli del Patto di stabilità, che ci impediscono di spendere le risorse, per non aver risolto anzi per aver peggiorato la situazione della continuità territoriale, per averci visto accontentarci, anche qui, delle briciole del cosiddetto fantomatico piano del sud. Risorse che vanno e vengono, sono sempre quelle dei fondi FAS, non è stato approvato il piano attuativo regionale, lì avevamo individuato 2.250.000.000 per la soluzione ai nodi strutturali della Regione, abbiamo rimodulato, abbiamo perso tempo.

Allora di fronte a tutto questo c'è una prospettiva? Che cosa diciamo ai giovani, avete qualche idea su questo, qualche straccio di idea? Che cosa diciamo sulle politiche della conoscenza, sulla scuola? Onorevole Maninchedda, lei sta in maggioranza però! Non avete affrontato una riforma, le riforme strutturali, il patto con lo Stato, la statutaria, la sanità, è stato il primo vostro provvedimento andando a mandar via i direttori generali per sostituirli con commissari. Voi siete al governo! Siete al governo, avete Assessori, avete incarichi, non si può giocare alla maggioranza e all'opposizione! Bisogna, una volta per tutte, assumersi delle responsabilità, come vedo che si può risolvere la situazione.

Guardate, io l'ho detto, l'ho detto quando svolgevo il ruolo di Capogruppo, mi diceva il presidente Cappellacci: "Sei un disco rotto". Credo che sia necessario tornare alle urne, perché le soluzioni si trovano su un'idea alternativa, su posizioni politiche alternative. C'è un progetto di Sardegna e c'è un altro progetto di Sardegna; non sono conciliabili, noi partiamo da presupposti diversi. Bisogna assumersi il coraggio di ritornare alle urne e di chiedere ai sardi il voto e l'espressione di un consenso su un progetto di Sardegna. Credo che siamo fermi lì e che abbiamo perso tre anni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, siamo qui oggi nella seconda giornata dei cosiddetti Stati generali convocati. A mio avviso, perché ho necessità di sintesi, definirei forse queste due giornate come gli Stati dei sottufficiali più che generali. Nel senso che, nella giornata di ieri, c'è stata un'audizione, l'audizione delle parti sociali, dei deputati, dei senatori che nessuno ancora ha qui nominato; le frasi che più volte sono risuonate in questa aula, le parole che sono risuonate in questa aula, sono soprattutto mancanza di autorevolezza, inefficacia, mancanza di progettualità, riferita alla classe politica, riferita alla classe politica regionale e all'Esecutivo regionale. Hanno lasciato il segno quelle parole, tant'è che da ieri non si sente altro, si sentono solo le voci delle opposizioni; nessuno ieri, se non qualche sporadico caso, ha parlato dando voce a una maggioranza, nessuno oggi ha preso parola qui dentro a sostegno di un'azione dell'Esecutivo e della maggioranza; hanno parlato solo componenti dell'opposizione definiti eleggibili e altri ancora da definire.

Non ho sentito una voce a sostegno di un'azione dell'Esecutivo perché quest'azione non c'è! Non c'è! Dobbiamo giudicare un progetto, quale? Oggi ho avuto modo di dire in quest'aula che ho un qualche timore che il Governo centrale ci riconosca quanto ci deve, legittimamente ci deve, per le maggiori entrate e ho posto una domanda in quest'aula: se noi ricevessimo gli arretrati per oltre 1 miliardo e 600 milioni più la quota del 2012, che cosa ne faremo? Come si vogliono utilizzare? Per fare che cosa? Quali sono le priorità? Soltanto il coordinamento delle associazioni imprenditoriali ha dettato delle priorità, l'unico,entrando con pragmatismo nel merito delle azioni che bisogna compiere per uscire da questa situazione drammatica di crisi, ma mancavano degli interlocutori anche ieri.

Penso che oggi per sentire davvero, conoscere davvero la realtà della situazione sarda economica e sociale oltre che culturale, mancavano i primi attori, forse sarebbe stato utile sentire una rappresentanza dell'ALCOA, una rappresentanza del mondo della scuola, gli operatori, quelli che sono in prima linea, gli operai. Sapete chi mi ha riportato a quest'idea? Il collega Sechi nel suo intervento quando ha detto: "Per ovvi motivi" - forse perché costretto - "utilizzo la ferrovia per arrivare a Cagliari e oggi mi rendo conto di quanto sia deficitario quel servizio primario". Lei sa, onorevole Sechi, che deputati e senatori viaggiano in ferrovia per raggiungere Roma? E lei oggi viaggia in ferrovia per raggiungere Cagliari, ma non è la stessa cosa! Perciò ha toccato con mano la realtà;allora mi è tornata alla memoria la frase di chi diceva che l'unico modo di conoscere davvero i problemi è accostarsi a quanti vivono quei problemi e trarne da essi, da quello scambio, le conclusioni. Non era Emilio Lussu, non era sicuramente Gandhi, era Che Guevara che diceva queste cose.

Forse noi dobbiamo avvicinarci ancora di più (per chi lo fa già magari basta), alle problematiche reali, conoscere davvero che cosa vuol dire portare avanti una famiglia con 700 euro al mese o, perché no?, anche con 1400 o 1500 euro al mese, conoscere davvero che cosa significa prendere il treno, perché non si ha altra possibilità, essere pendolare, avere un lavoro, essere giovane e non avere prospettive. Forse non abbiamo ancora ben chiaro che cosa avviene fuori da questa aula, autoreferenziale ieri e oggi.

Continuiamo ad analizzare il passato, le cause, conosciamo tutti le cause, conosciamo tutti le responsabilità di chi sono, di chi sono state, quali abbiamo noi di responsabilità, ma non dettiamo mai soluzioni e siamo stati delegati per proporre delle soluzioni! Si parla di centralismo romano, nessuno parla del centralismo cagliaritano, inteso come amministrazione e istituzione; nessuno ha parlato di riequilibrio territoriale. Ecco perché mi chiedo: se arrivassero quei soldi, quelle finanze, che cosa ne faremmo? Miglioreremmo la ferrovia, e non solo fino a Sanluri? Miglioreremmo la viabilità? Miglioreremmo le condizioni di lavoro, infrastrutturali, culturali? O continueremmo a pensare solo al Teatro Lirico, dimenticando le piccole biblioteche? Che cosa ne volete fare? Confrontiamoci su questo. Che cosa ne vogliamo fare. Allora magari troveremo su un progetto anche l'unità. Basta con i tavoli tecnici, politici, con azioni che portano solo a dilazionare nel tempo le possibili soluzioni. Abbiamo un conflitto aperto con il Governo nazionale; allora dobbiamo porre in essere atti simbolici e pratici.

Suggerisco un atto simbolico, Presidente del Consiglio: ammainiamo la bandiera, togliamo da quel trittico la bandiera italiana finché lo Stato non ci riconoscerà equamente, come facenti parte di una nazione, alla quale io tengo e alla quale vorrei continuare ad appartenere. Ammainiamo la bandiera italiana da tutti gli uffici pubblici regionali, è un segnale, è un simbolo, facciamo qualcosa! Ai nostri deputati e ai nostri senatori, che già hanno fallito la loro azione con il Governo Berlusconi, che - quando potevano - potevano dettare l'agenda di quel Governo, come hanno fatto altri deputati di altre Regioni, essendo determinanti in quella maggioranza e non l'hanno fatto e sono venuti ieri qui a parlarci del Governo Monti, a parlarci di quello che non fanno per il Mezzogiorno chiedo: ma loro dov'erano? Dov'erano? E oggi dove sono?

Allora, ai nostri deputati e senatori, quelli che ci leggeranno magari domani perché non hanno avuto, se non qualcuno, l'accortezza di venire qui, come noi abbiamo ascoltato loro ieri, potevano degnarsi di ascoltare noi oggi, a loro dico di unirsi in un Gruppo da ventisette, quali sono tra Senato e Parlamento, ed essere, finché non ci sarà realmente il riconoscimento di una situazione drammatica della Sardegna, quindi la disponibilità ad affrettarsi nel trovare le soluzioni che noi possiamo dettare, che possiamo suggerire, che abbiamo già suggerito, essere loro, fino a quel momento, opposizione, di governi tecnici, di destra, di sinistra o di centro. Ci aiutino in questo.

Il Consiglio, che non può fare azioni singole in contrapposizione con la Giunta, deve in qualche modo proporsi. Si proponga anche il Consiglio. Quando un operaio partecipa a uno sciopero perde la giornata lavorativa, allora siamo noi disposti a perdere il nostro ruolo, dicendo: "Cari consiglieri, possiamo risolvere i problemi, per me un problema è la rappresentanza, è l'autorevolezza, è il Presidente". Noi abbiamo un'arma: sfiduciamo, cambiamo. Non è sua responsabilità, è nostra responsabilità! Se questa maggioranza non è d'accordo su come e sul merito di quello che si porta avanti, ha…

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.

CONTU MARIANO (P.d.L.). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, signor Presidente della Giunta, Assessori, colleghi, credo che, in queste giornate, gli Stati generali del popolo sardo non possano che essere ricordati, alla conclusione di questo dibattito, come una sintesi della partecipazione, del coinvolgimento, della rappresentanza del popolo sardo che in quest'aula si è riunita e ha portato il suo contributo, soprattutto dando senso a queste giornate che non devono diventare un rito da celebrare perché non avremmo di meglio da fare in giornate come queste, ma che soprattutto non si trasformino queste occasioni in una sceneggiata come, in qualche caso, è accaduto anche in questa circostanza. Voglio ricordare il pensiero di uno statista importante della nostra nazione, credo che fosse De Gasperi, che più o meno affermava che il politico è colui che gestisce il quotidiano e lo statista invece programma il futuro per le nuove generazioni.

Bene, ci stiamo dimenticando e ci siamo dimenticati di ricordare, se non per alcuni aspetti, che il nostro ruolo è soprattutto quello di pensare al futuro delle nuove generazioni; ce ne siamo dimenticati qui, portando la discussione su temi calcistici che fanno tanto share, ma anche su tante altre amenità che sarebbero dovute stare in questa occasione fuori da quest'aula.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue Mariano CONTU) Colleghi, credo che le bandiere alla fine siano importanti nella misura in cui danno la sintesi della rappresentatività di un popolo, di un gruppo, di un'appartenenza e così via. Oggi, si vuol parlare di sicuro dei temi più importanti che sono all'attenzione. Le vertenze con lo Stato, le vertenze col Governo, che sono e che dovrebbero rappresentare il culmine del ragionamento su quali strategie adottare per il superamento di questa fase. Credo che i rapporti col Governo siano rapporti da impostare sulla serietà, non per rappresentanze che oggi sono quelle dell'abdicazione della politica rispetto a un Governo tecnico, ma noi, in particolare io non credo che la politica debba abdicare al suo ruolo, che è quello di pensare a quali sono le strategie politiche condivise, condivisibili, importanti, primarie, prioritarie, sulle quali dovremmo fermarci non pensando già, come qualcuno sta facendo, al solito ordine del giorno che poi alla fine diventa carta straccia perché non abbiamo pensato il come e il perché poi ai contenuti dei documenti si debba dare gambe.

Importanti soprattutto i ruoli che questo Consiglio vuol darci, il ruolo che questo Consiglio vuol darci, il ruolo che la Giunta vuole assumere in questa fase. Nei momenti critici, è vero, nelle nostre case, nelle nostre famiglie, ci si siede intorno a un tavolo, si prova a ragionare, a fare la disamina delle problematiche, ma soprattutto a cercare e a ricercare da una parte i motivi che hanno generato le criticità, ma dall'altro a trovare le soluzioni, quelle più perseguibili, quelle più praticabili, quelle che soprattutto fanno uscire dal guado. Oggi, Presidente, siamo nel momento in cui dobbiamo decidere come uscire dal guado, credo che questo sia importante nella misura in cui ognuno di noi si spoglia dall'appartenenza a una formazione politica, da un'appartenenza alla maggioranza o alla minoranza per diventare davvero una forza unica, che si impegna a trovare soprattutto le soluzioni. I temi sono stati portati all'attenzione.

Pensando alle prossime generazioni, non possiamo dimenticare il grosso gap del quale soffrono rispetto alla cultura. Ci dimentichiamo, qualcuno lo ha ricordato ieri, non ricordo chi l'ha affermato da quel podio, che la nostra scuola è in fondo alla classifica, è in fondo alla classifica secondo i dati OCSE e in fondo alla classifica procede e continua a procedere, perché noi pensiamo non alla cultura dei nostri giovani, ma solamente a mantenere quattro posti per gente che nella scuola non ci sta a fare niente, che non è in grado di trasferire cultura, gente che nella scuola non dà alcun apporto positivo, occupa solo un posto! Noi continuiamo a mantenere in piedi pluriclassi. Che significato ha, nel trasferimento della cultura, tenere assieme dieci bambini dai 6 ai 10 anni? Li stiamo privando di un diritto, quello della conoscenza che non si trasferisce senza dare adeguatamente strumenti ma, soprattutto, grado di cultura necessario perché questi ragazzi possano formarsi veramente e non essere classificati come gli ultimi in Europa, venendo anche dopo molti Paesi del terzo mondo.

Allora, partendo dalla cultura, è chiaro che l'approccio ai temi, Presidente, colleghi, Assessori, non può essere quello di pensare che noi affrontiamo il futuro pensando soltanto a risolvere i problemi di qualcuno, i problemi di una categoria, invece che affrontare i temi generali. Temi generali ne abbiamo sul tavolo! La cultura dell'amministrazione: oggi si vuol parlare di riforma della pubblica amministrazione e ci si dimentica che il potere non viene esercitato più né da questo Consiglio, né dalle amministrazioni locali. Il potere viene esercitato da ogni funzionario, da ogni dirigente che ha avuto l'incarico e pensa di esercitare il suo ruolo creandosi fette di potere e amministrando, volta per volta, con l'interpretazione delle norme, quello che ritiene utile ai suoi bisogni, non a quelli del pubblico, non a quelli dei nostri cittadini. Prima iniziamo questo processo e prima potremo dire che si iniziano nuovi percorsi perché la pubblica amministrazione sia davvero privata, spogliata, di quella burocrazia che forse è il freno più importante che oggi attanaglia la pubblica amministrazione.

Continuiamo a creare parrocchie e parrocchiette quando si tratta di amministrazione regionale, quando si tratta di amministrazione delle province, quando si tratta soprattutto della gestione delle ASL.! Noi continuiamo a vedere, caro collega Vargiu, che ancora oggi si continuano a sdoppiare ruoli nelle Aziende sanitarie locali, pensando soltanto alla collocazione di qualcuno. Questi sono processi che rappresentano il fatto più negativo della pubblica amministrazione in Sardegna, pensare che la politica, soprattutto chi la politica delega volta per volta alla gestione dei ruoli di diligenza, dia soltanto risposte di questo tipo.

La riorganizzazione del tessuto economico. Oggi continuiamo a dimenticare che abbiamo trasformato la definizione dei ruoli, dico in agricoltura, ma anche nell'industria e nelle imprese in generale. Nell'agricoltura, in particolare, abbiamo trasformato i nostri braccianti, gli agricoltori, i lavoratori della terra o gli allevatori, in imprenditori agricoli. Il concetto di impresa purtroppo è un concetto un attimino più complesso rispetto a quello che contempla di andare tutti i giorni a curare la vigna, a curare l'orto o a mungere il bestiame, perché oggi la cultura d'impresa impone tutta una serie di regole da rispettare, quando poi l'impresa si avvale dell'assistenza pubblica, soprattutto in termini economici, allora si ha bisogno di creare una nuova cultura.

Mi appello alla responsabilità delle rappresentanze di categoria, ricordando che in passato le rappresentanze di categoria provvedevano anche alla formazione dei propri associati, cosa che non si fa da troppo tempo, dimenticando anche che, nel mentre, è venuta meno in Sardegna quella formazione professionale che assicurava per i vari settori, comunque sia, la formazione di nuove classi di operatori, a iniziare da quelle per l'artigianato e a seguire con quelle del turismo, e così via dicendo, perché questa è un'altra privazione…

PRESIDENTE. Onorevole Contu, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, Assessori, parto da un ringraziamento che voglio fare al presidente Cappellacci per aver seguito i lavori di questa giornata e di quella di ieri. Spesso lo critichiamo per le sue assenze, credo che oggi dobbiamo apprezzare la pazienza e l'attenzione con la quale sta seguendo i lavori di questo Consiglio. Premetto, lo dico a lui, che mi sembra, purtroppo, che, pur se il presidente Cappellacci è presente, non altrettanto lo è la sua maggioranza, l'ha ricordato anche l'onorevole Capelli; i banchi della maggioranza sono vuoti, sono vuoti nei numeri e sono anche vuoti nei contenuti dati a questo dibattito. La situazione dell'Aula di oggi, ma anche di ieri, Presidente, purtroppo alimenta un'immagine (che speriamo lei possa scacciare, perché non ci auguriamo il peggio, ma ci auguriamo il meglio possibile) di un Presidente che procede in solitudine con una maggioranza, essa per prima, che sembra non credere fino in fondo nell'efficacia dell'azione politica di questa Giunta.

Presidente, le muoverò alcune critiche, però chiedo a lei e chiedo agli Assessori, anche ai colleghi, di non considerare queste critiche come una volontà di minare una possibile azione unitaria, neanche come una volontà di far precipitare le cose o di augurarmi il "tanto peggio tanto meglio", non le chiederò elezioni, non le chiederò nuove dimissioni, cercherò di non citare il passato ma credo che sia importante, in questa occasione, mettere a fuoco le carenze dell'azione di questa Giunta e di questo Esecutivo, della maggioranza che non aiutano la rivendicazione della Sardegna nei confronti dello Stato. Vorremmo anche dire, lo dico ai colleghi Sardisti, prima di entrare nel merito della discussione e tornare al merito della vertenza entrate, che noi non ci tiriamo indietro rispetto a una rivisitazione complessiva dei rapporti con lo Stato italiano. Il tema del superamento di un autonomismo tradizionale che rischia di starci stretto non è per noi un tabù, lo dico perché spesso si richiamano i "banchi" del Partito Democratico come se in questi banchi non ci fosse una disponibilità a ragionare anche in termini nuovi col patto con lo Stato. Ma quello che temiamo è che una retorica "neosovranista" diventi l'ennesima panacea di tutti i mali che ci impedisce di fare da subito le cose utili per la Sardegna.

Vedo che i colleghi Sardisti, alcuni di loro, hanno l'abitudine di parlare e poi di andare via, questo ci dispiace, perché credo che noi dovremmo parlare e intervenire, ma anche ascoltarci, e non mi riferisco al Capogruppo, onorevole Sanna, evidentemente. Se c'è una lezione, colleghi, che dobbiamo probabilmente imparare dal Governo Monti, è che va superato sia il populismo di destra, quello che non ha fatto in questi anni per non scontentare, per rimanere al potere senza toccare gli interessi di qualcuno, per alimentare il consenso attraverso un non riformismo, ma neanche l'ideologismo di sinistra, quell'ideologismo che, per anni, ha promesso il paradiso in terra, sapendo che non si può raggiungere, quell'ideologismo che sacrifica costantemente, l'ha fatto anche negli ultimi anni, il bene possibile per un meglio che non è mai raggiungibile. Credo che questi opposti estremismi vadano, tutti e due, messi in soffitta.

Quindi dobbiamo imparare che fare riforme, anche riforme difficili, lo dico al presidente Cappellacci, riforme come la riforma sanitaria, il piano energetico ambientale regionale, un piano per la scuola, non porta necessariamente un calo dei consensi. Oggi la cosa più sorprendente è che il Governo Monti, pur avendo fatto cose difficili, criticabile, che ha suscitato reazioni, ha un livello di consensi più alto di quando ha incominciato, quindi vuol dire che c'è uno spazio per uno riformismo che fa, rispetto a promesse di tipo demagogico.

Presidente, le vorrei dire che, se lei vuole ripartire in maniera credibile nella rivendicazione con lo Stato, deve stabilire delle priorità, non può creare un tavolo omnicomprensivo, gliel'ho già detto questo; la priorità delle priorità è la vertenza entrate. Noi crediamo che lei non abbia a sufficienza interpretato il sentimento dei sardi che si sentono vittime di una grande beffa e di una grande ingiustizia. La vertenza entrate non parte da una rivendicazione sterile per chiedere di più ma, lo abbiamo detto più volte, la vertenza entrate nasce per riparare un torto, che ha trasferito 5 miliardi in meno alla Regione Sardegna nell'arco di 15 anni. Oggi vediamo che, della vertenza entrate, si applica solo una parte, perché non è vero che non si applica il nuovo articolo 8, Presidente, se ne applica la parte meno favorevole alla Sardegna, cioè quella che ci ha fatto far carico della sanità e del trasporto pubblico locale… chiedo ai colleghi del mio Gruppo se hanno la pazienza, anziché chiacchierare, di ascoltarmi, come io ho cercato di fare con loro… dicevo che è una grande ingiustizia che venga applicata l'assunzione di responsabilità della Sardegna…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! L'onorevole Porcu ha ragione!

PORCU (P.D.). Grazie Presidente. Dicevo, l'assunzione di responsabilità della Sardegna per esempio in materia di sanità, lo abbiamo fatto nel 2006 in un contesto in cui la spesa sanitaria era di 2 miliardi e mezzo, oggi è di 3 miliardi e 2 (ha ragione l'onorevole Vargiu quando ci ricorda che le delibere Cipe stabiliscono il tetto della spesa sanitaria a 2 miliardi e 9 e oggi è a oltre i 3 miliardi e 2), ma quell'assunzione di responsabilità non può diventare una nuova vessazione per la Sardegna che si vede, da un lato, aumentare i costi certi e, dall'altra, respingere la possibilità di avere quelle entrate che le spettano.

Credo che su questo piano dobbiamo fare un salto di qualità; non c'è da aprire tavoli, Presidente, c'è da far applicare le norme. Lei ha voluto le norme di attuazione, noi eravamo contrari, ci siamo astenuti ma quello che dobbiamo chiedere, lo dobbiamo chiedere in maniera unitaria con la prima grande rivendicazione unitaria, è che quelle norme vengano messe all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri. Se questo non si fa, lei deve spiegare che certamente viene messo in discussione il patto costituzionale con lo Stato, che certamente si alimenta nei sardi la sensazione di uno Stato patrigno, come l'ha chiamato la Presidente del Consiglio, di uno Stato che ci beffa, che ci imbroglia. Deve spiegare che lei ha difficoltà a tenere insieme questo popolo, questa comunità, sui presupposti di uno Stato che non rispetta le sue stesse leggi. Lo deve fare con una volontà, con un sentimento, con un coraggio diverso da come l'ha fatto finora, spiegando chiaramente che quello è un elemento prioritario rispetto agli altri, che se non si ottiene quello è inutile discutere del resto, perché non c'è la credibilità, non c'è la leale collaborazione tra istituzioni che rende possibile discutere del resto.

Vado brevemente, Presidente, a elencare alcuni elementi critici, perché tra noi ce lo dobbiamo dire. Il fatto che la sua Giunta insista ancora con una legge di bilancio, una legge finanziaria per stanziamento, dove la forbice tra stanziamento (6 miliardi e 8) e entrate (quelle del 2011 sono poco più di 5 miliardi e 5) si amplia e dove c'è una montagna di residui passivi che non verranno mai pagati, di 5 miliardi, non aiuta la discussione, perché non aiuta a stabilire le priorità, alimenta l'idea di una Regione inefficiente che promette tutto sapendo di non poter mantenere.

Sulla sanità, Presidente, il fatto che, nei suoi stessi documenti (quelli che ci avete presentato), si ammetta che siamo fuori dai parametri nazionali per quanto riguarda l'assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro, per quanto riguarda la spesa farmaceutica, per quanto riguarda l'assistenza ospedaliera, non aiuta nelle nostre rivendicazioni. Il fatto che abbiate commissariato le ASL con la promessa di una nuova legge sui servizi sanitari, che non siete capaci di fare; il fatto che abbiate disapplicato il Piano sanitario e non ne abbiate promosso un altro, non aiuta, perché oggi la spesa sanitaria è arrivata al 62 per cento della spesa complessiva e alimenta l'idea di una Regione spendacciona e inefficace. Ci indebolisce, come ci indebolisce il fatto che non si faccia un piano energetico ambientale e che non spendiamo i fondi comunitari oggi fermi al 25.

Per cui, Presidente, si scuota. Noi non ci auguriamo il "tanto peggio tanto meglio", ma la vorremmo più coraggioso, vorremmo la sua maggioranza più efficace, porti avanti con coraggio…

PRESIDENTE. Onorevole Porcu, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, onorevoli colleghi, Assessori, onorevole Presidente della Giunta, un altro momento importante, un momento che però è molto mesto, a mio avviso. Ieri abbiamo assistito a una elencazione ormai di situazioni consolidate, riflessioni sulla criticità della nostra industria, un'industria che proviene dalle partecipazioni statali e poco o nulla a esse si è sostituito. Quindi un elemento che si trascina, con le crisi che giustamente dobbiamo affrontare e cercare di arginare, ma a cui non segue una visione e una riflessione, anche in quest'Aula, per contrapporre a questo sviluppo, che ormai si protrae stancamente, un nuovo sviluppo.

I rappresentanti istituzionali del settore economico hanno parlato in quest'Aula di ripensare l'industria, forse non l'industria chimica ma l'industria manifatturiera, pensando a quelle infrastrutture che ancora devono essere ampliate e rafforzate ma che comunque già ci sono, parlo del Porto canale di Cagliari, parlo degli aeroporti e dei porti regionali. Peraltro a suo tempo si accarezzò anche l'idea di porti franchi ma già nel Porto canale di Cagliari questo elemento è ancora là da venire, eppure lo si può istituire. Si è parlato di crisi delle risorse energetiche, l'industria in Sardegna soffre parecchio per l'alto costo dell'energia; abbiamo dato spazi di nostro territorio a multinazionali che, nel nostro territorio, hanno utili e fanno incetta di opportunità economiche enormi senza che la Sardegna di ciò benefici per niente. E' un modo di pensare al nostro futuro in maniera strana e distorta, perché sono risorse che dovrebbero appartenerci.

Sappiamo bene, l'abbiamo detto altre volte, quanto una Nazione (visto che oggi nei nostri interventi abbiamo accarezzato anche l'idea della Nazione sarda) possa rendersi autonoma e autosufficiente se ha un potere energetico autoctono. Abbiamo delle risorse, certo non abbiamo le risorse petrolifere, non abbiamo le risorse del gas, tra breve le avremo, posto che questa proposta del Galsi possa realizzarsi in tempi utili al ripensamento di una forte industria in Sardegna, perché quella infrastruttura dovrebbe supportare un'industria di ampio respiro, visto e considerato che la capacità imprenditoriale sarda è costituita sicuramente dalla sua capacità di imprese locali e nulla sta facendo per attirare imprese dall'estero, dall'esterno. Forse l'infrastruttura può esserci utile, con tutti i dubbi che, anche su di essa, mi pongo. E' importante, è determinante, ma non so se l'attraversamento e l'approvvigionamento di un unico soggetto possa darci la garanzia, che invece in altri momenti avevamo accarezzato, dei poli criogenici e quindi di acquistarci la materia prima dal mondo, tanto navi gasiere attraversano il Mediterraneo in grande quantità.

Quindi temi di grande rilevanza che in quest'Aula dovremo affrontare per poi trovare davvero soluzioni, perché quest'Aula, aldilà del mesto intervento e delle cose dette ieri, ha avuto anche momenti di aggregazione e di unità nell'individuare obiettivi condivisi, forse dobbiamo tornare a questi momenti, non a momenti generici di unità ma a momenti concreti su argomenti specifici. Abbiamo tentato di farlo con la vertenza sulle entrate, anche questo è un elemento cardine fondamentale per una Regione che non si regge sull'autosufficienza, anche in questo caso qualcuno ha accarezzato l'idea che siamo in grado di reggerci autonomamente, ma ci vuole un passo e un coraggio diverso per poterlo pensare.

Se a questo non pensiamo e quindi stiamo ai patti costituzionali, chiaro è che quell'articolo 8 va rivendicato e va preteso perché altrimenti senza risorse non andiamo da nessuna parte. Chi ha fatto il consigliere comunale o chi ha fatto il sindaco sa benissimo quante volte abbiamo avuto patemi d'animo quando la Regione Sardegna non varava la sua legge finanziaria perché da essa i comuni attendevano i trasferimenti e senza quella legge finanziaria non si poteva programmare nulla oppure si programmava al buio con il rischio di dover fare dopo delle modifiche al bilancio per il mancato arrivo di quelle risorse,in quanto predisposto senza la certezza del loro trasferimento.

Quindi un elemento cardine per lo sviluppo, a meno che davvero non si voglia, come detto, pensare a modelli diversi, all'autosufficienza. E' vero, com'è stato detto, che ci paghiamo la sanità e ancora non riusciamo a riordinarla, mentre invece ci sarebbero i presupposti per farlo; ci sono gli indirizzi anche ministeriali che ci danno elementi per riordinare la sanità però non riusciamo ad aprire una breccia su questo fronte e quindi, com'è stato detto, spendiamo risorse che potrebbero essere invece spese per ben altre opportunità.

Ma vi è anche un altro elemento di quest'ultimo periodo che ci apprestiamo ad affrontare o tentiamo di affrontare, c'è anche la volontà di farlo in termini condivisi, parlo del riordino istituzionale. Anche il riordino istituzionale è un elemento frenante dello sviluppo economico di questa Regione. Si è parlato prima della lentezza burocratica, dell'attuazione delle norme, della spendita delle risorse che tardano a venire, tutto questo inficia chiaramente la capacità economica e di sviluppo delle imprese, di coloro che attendono queste risorse per migliorare la propria capacità imprenditoriale, per migliorare le proprie produzioni. E' un elemento al quale dobbiamo porre rimedio, certo abbiamo cominciato e abbiamo parlato di un taglio del numero dei consiglieri regionali, per carità, va bene come elemento da dare in pasto all'opinione pubblica schiacciata da questa crisi enorme e quindi dobbiamo dare un segnale anche noi, ma c'è l'organizzazione reale della spendita, nei territori della Regione Sardegna, delle risorse finanziarie che ci siamo apprestati a deliberare pochi giorni or sono.

Quindi un riordino costituzionale, che può essere quello di avvicinare la Regione Sardegna nelle aree del territorio in un federalismo davvero regionale, perché si è detto appunto che anche in Sardegna permane questo centralismo regionale così come a livello nazionale permane il centralismo nazionale. Allora il riordino potrebbe essere quello, se ne accarezza l'idea, della soppressione delle province, però sul territorio vi sono strumenti di governo territoriale, come i patti territoriali, che qualcuno dovrebbe comunque attuare o mettere in pratica. Se non sono le nuove province, visto e considerato che le province a livello nazionale sono ridotte a mere organizzazioni di coordinamento dei comuni senza potere alcuno, e ci ritroviamo comunque a dover gestire dei territori, forse sarebbe bene poter spostare sul territorio parte della Regione Sardegna in circoscrizioni regionali magari, perché no?, controllate e verificate da un'elezione dei rappresentanti del territorio che possono governare la spendita delle risorse regionali sul territorio e, con gli enti locali e con le forze sociali, fare la programmazione dal basso degli ambiti territoriali per poi poter fare una programmazione regionale che veda la Regione Sardegna più impegnata, l'organo principale impegnato, in quelle infrastrutture regionali raccogliendo invece dal territorio le istanze e i bisogni che il territorio stesso esprime partendo dal basso in una progettazione che veda la Sardegna forse ripartire dalle proprie realtà, dalla propria ricchezza che è quella del territorio, quindi dall'agricoltura. Un'agricoltura che si pone come primo elemento...

PRESIDENTE. Onorevole Agus, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Stochino. Ne ha facoltà.

STOCHINO (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, all'inizio pensavo di fare un intervento del tipo "lista della spesa", però credo che oggi e ieri gli Stati generali della Sardegna ci abbiano fatto capire un'altra cosa. Su quello che loro mi hanno fatto capire, ci hanno fatto capire, voglio fare un intervento che imposto brevissimo ma spero con messaggi abbastanza chiari. Quello che ieri ho sentito e ho capito è che il governo della Sardegna, la Sardegna intera oggi vive in una situazione drammatica insieme all'Italia e insieme all'Europa; in questa situazione drammatica, il Presidente della Regione Sardegna sta cercando di rappresentare tutto il popolo sardo. Nella sua relazione puntuale ha voluto ancora una volta chiedere l'aiuto di tutti, delle opposizioni, dei sindacati e di tutti gli attori della nostra Sardegna.

Credo che questo sia un fatto importante, onorevole Soru, che sia una porta aperta per poter fare e costruire assieme qualcosa che, purtroppo lo dobbiamo ammettere, come classe politica sarda, non siamo riusciti a costruire in trent'anni. I problemi che avevamo trent'anni fa, oggi ce li ritroviamo ancora di più accentuati. Credo che sia importante capire dal Presidente della Regione che oggi il percorso che la politica deve fare, sollecitato dalle associazioni di categoria, dai sindacati, ma anche da quei forconi che più volte abbiamo richiamato, è un percorso nuovo. Oggi purtroppo non possiamo più ragionare come abbiamo ragionato nella campagna elettorale del 2009 che vedeva contrapposti due candidati a Presidente della Regione, due schieramenti, due programmi elettorali, che oggi purtroppo non possono essere messi sul tappeto, oggi abbiamo una situazione nuova.

A conferma di questa situazione nuova, abbiamo un Governo nazionale, onorevole Soru, diverso, un Governo nazionale che è composto dal P.D., dal P.d.L. e dal terzo Polo che hanno capito, forse a differenza nostra, che quando i problemi sono importanti e ci sono tutti bisogna mettersi insieme per uscire dalla situazione di grave disagio sociale.

Credo che questo sia un punto determinante, onorevole Soru, e che il presidente Cappellacci abbia capito per intero che il governo di centrodestra non abbia fatto delle cose giuste per la Sardegna, non le ha fatte e per questo si è autosospeso. Ma io credo che anche lei abbia capito, quando governava la sua parte politica, che a volte gli interessi di una parte della nostra Italia prevaricavano l'altra parte. Penso che questo sia un fatto nuovo e che, con questo governo nuovo, il nostro Governo oggi si debba confrontare con una situazione altrettanto nuova.

Ebbene credo che oggi non ci sia tempo da perdere, la nostra Sardegna ha bisogno di leve immediate, di risposte concrete, ha bisogno di continuare quella contrapposizione, che il presidente Cappellacci aveva iniziato con un Governo amico, con un Governo che è composto da tecnici perché, su alcune questioni della Sardegna, hanno fatto bene a ricordare i colleghi del centrosinistra, abbiamo dei crediti inevasi; i 5 miliardi ritengo che la dicano tutta, in 15 anni e non in tre anni, sullo stato di attenzione che il Governo italiano, in maniera bipartisan, sia come centrodestra sia come centrosinistra, ha riservato alla nostra Sardegna.

Ma diceva altrettanto bene il collega Maninchedda quando parlava dei trasferimenti delle competenze in materia di trasporti e di sanità, a fronte del niente, a fronte di soli impegni che la Regione Sardegna si è dovuta assumere con le risorse proprie. Allora credo che oggi, anche aiutati dai sindacati, anche aiutati dalle varie componenti che ieri sono intervenute nella riunione degli Stati generali della Sardegna, possiamo iniziare un cammino nuovo. Il presidente Cappellacci c'è, noi oggi ci siamo, purtroppo, ahimè, lo ammetto, in pochi. Oggi siamo qui in pochi per fare insieme agli amici dell'U.D.C., insieme agli amici Sardisti, insieme agli amici Riformatori, insieme agli amici che, con il governatore Cappellacci, si sono presentati alle elezioni, ma soprattutto, e questa è la sfida, insieme a voi, amici del centrosinistra, perchè vogliamo fare qualcosa di diverso per la Sardegna.

Poi avremo tempo, avremo modo, finita la crisi, di riprendere il corso della politica che purtroppo in questi trent'anni poco o niente ha portato alla nostra Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Presidente, gli Stati generali dell'Isola sono una definizione impegnativa, che ci richiama tutti a un grande senso di responsabilità e ci obbliga a un confronto, noi dell'Assemblea regionale, con gli enti locali, con le forze sindacali, col sistema delle imprese. E' un momento importante e siamo obbligati tutti a considerarlo tale, per dare un segnale alla società sarda per ricercare nuove politiche, nuovi percorsi, per individuare come rilanciare l'economia dell'isola, per dare risposte a una mobilitazione del mondo del lavoro, non solo quello sindacale, che non ha precedenti negli anni passati. Dalla discussione di ieri, in cui sono state protagoniste le forze economiche e sociali dell'isola, è emersa la consapevolezza generale di uno stato drammatico della nostra economia, tassi di disoccupazione record, sistema delle imprese industriali in stato comatoso, sistema agroalimentare in agonia profonda, il sistema dei servizi, dalla sanità ai trasporti, fino alla scuola, in particolare, in una profonda crisi di efficienza e di efficacia.

E' una crisi difficile, efficacemente rappresentata dalla presidente Lombardo nella sua introduzione, prima al Capo dello Stato qualche mese fa, e ieri a questa Assemblea. Una crisi rispetto alla quale, debbo mestamente dire, che non mi sembra che siamo adeguatamente attrezzati per affrontarla. Certo non si può non apprezzare lo sforzo delle parti sociali e degli stessi parlamentari di offrire un proprio impegno, un proprio punto di vista e un proprio contributo per individuare come affrontare questa situazione. E c'è stata, da parte delle forze economiche e sociali dell'Isola, fin troppa pazienza, a mio parere, rispetto a una situazione certo difficile, ma anche inaccettabile per come qua dentro la si sta affrontando, per come è emersa la rappresentazione che ne ha dato ieri la maggioranza di governo dell'isola, lo stesso presidente Cappellacci, in una desolante solitudine, si sono alternati due o tre Assessori nell'intera giornata, e come ne dà anche lo stesso P.d.L. oggi, presente a ranghi ridottissimi nei propri banchi, e ancor di più nel contributo dato alla discussione.

In pochi hanno ascoltato ieri, in pochissimi hanno parlato oggi. Non metto in evidenza questo fatto per fare polemica, non mi interessa, lo dico perché metto in evidenza che così facendo si svilisce anche questo sforzo che si è voluto mettere in piedi; rende ancora più drammatica la situazione fuori dal Palazzo, proprio perché è il Palazzo che appare drammaticamente vuoto. E un palazzo vuoto non può vincere il confronto con il palazzo del Governo centrale, governo che oggi è certamente più adeguato di quello che c'era fino a tre o quattro mesi fa, ma non per questo sarà più attento alle istanze dell'Isola, se dall'Isola non partiranno azioni capaci di convincerlo della giustezza delle rivendicazioni.

E le risposte che verranno dal Governo centrale non potranno che essere direttamente legate alla capacità e all'autorevolezza del Governo sardo e dell'intera classe dirigente della Sardegna. Un'autorevolezza che questi Stati generali, a mio parere, hanno certificato non esserci: non è emersa ieri, non sta emergendo oggi. Ma non emerge neanche nel lavoro quotidiano della Giunta, non emerge in quanto sovrastata da un'eccessiva incapacità, a mio parere, con cui si affrontano anche i problemi quotidiani. A fronte di una difficoltà a spuntarla sulla salvaguardia dei nostri diritti sul fronte della cosiddetta vertenza entrate, quindi di fare arrivare all'Isola quanto le è dovuto, assistiamo purtroppo alla incapacità di utilizzare e spendere quanto è già disponibile.

Un esempio eclatante sono i fondi del PSR, fondi comunitari, che non riusciamo a far decollare. L'intero Asse 1 è praticamente non speso. Stiamo bandendo oggi bandi che potevano essere banditi un anno fa. Registreremo drammaticamente questi ritardi tra un anno quando volgerà a termine la scadenza della disponibilità di questi fondi. E noi ci troviamo di fronte a una Regione che tarda moltissimo a mettere a disposizione degli operatori economici gli strumenti per utilizzare questi soldi, e poi si pretenderà a questi operatori economici di fare miracoli perché si arrivi in tempo a utilizzarli. Non è accettabile e a mio parere, scusate la pesantezza del termine, è anche irresponsabile.

Com'è anche irresponsabile, a mio parere, il come stiamo affrontando un tema che, per il Nord Sardegna, è molto importante, quello della famosa chimica verde in alternativa alla chimica tradizionale. Una chimica verde che dovrebbe coinvolgere il mondo dell'agricoltura nella fornitura e nella produzione della materia prima. Se ne sta discutendo da mesi con tutti, tranne con chi dovrà fare quel lavoro, dovrà mettere in piedi quel sistema, dare gambe a quel progetto. E' inaccettabile, presidente Cappellacci, che, su quel fronte, neanche l'Assessore dell'agricoltura sappia che cosa si sta realmente facendo. Ma la cosa più irresponsabile è che neanche gli agricoltori sappiano che cosa dovranno fare e se a quel progetto possono o no guardare con interesse. Hanno diritto di saperlo, perché in quel mondo non ci sono prospettive e abbiamo il dovere di mettere qualsiasi spiraglio a loro disposizione con chiarezza e nei tempi giusti necessari! A oggi non si è ancora fatto! Ritengo che la gestione quotidiana della politica in questo modo porti a un abbassamento del tasso di autorevolezza del nostro Governo regionale.

Credo che questi due esempi chiariscano che serve davvero uno scatto da parte della Giunta regionale sia sul fronte della gestione delle grandi…

PRESIDENTE. Onorevole Lotto, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signor presidente Cappellacci, mi rivolgo a lei, Presidente, perché voglio dare l'importanza che merita alla giornata di ieri, che non considero una giornata inutile. Gli interventi di ieri non sono stati, secondo me, solamente una passerella di interventi delle associazioni datoriali, sindacali, delle forze sociali della Regione, anzi sono convinto che abbiano rappresentato la drammaticità della Sardegna. Ognuno dei nostri interlocutori ha dalla sua parte evidenziato le priorità, le indicazioni, le strategie per portare la Sardegna fuori dalla crisi. Abbiamo fatto bene aa insistere perché gli Stati generali venissero convocati, perché si svolgessero, e siamo soddisfatti perchè si sono svolti.

Il problema, signor presidente Cappellacci, è che, oggi, dalle indicazioni sulle cose da fare, bisogna riuscire a pervenire alle soluzioni, agli atti concreti perché le richieste, fatte dalla società sarda ieri, vengano portate a conclusione, vengano quantomeno avviate a conclusione.

Signor Presidente, lei ha oggi una grossa responsabilità perché siamo arrivati a uno snodo importante di questa legislatura, vista la crisi che la Sardegna sta vivendo, crisi sinteticamente ma efficacemente rappresentata nelle parole della Presidente del Consiglio, Claudia Lombardo: oggi dovrà dimostrare che lei e la sua Giunta hanno la capacità di guidare la Sardegna fuori dal guado tempestoso in cui la nostra Regione si trova.

Quindi, signor Presidente, mi auguro veramente di cuore (perché non abbiamo mai seguito la politica del "tanto peggio tanto meglio", nè vogliamo seguirla oggi), ci auguriamo che lei riesca nelle sue conclusioni, che spero correggeranno le indicazioni abbastanza semplicistiche date ieri al termine del dibattito del primo giorno degli Stati generali. Spero che lei riesca a dare una risposta alle tante richieste venute ieri dai nostri interlocutori. Signor Presidente, da tutti gli interlocutori, in tutti gli interventi, è stato chiesto al Governo della Sardegna e al Consiglio regionale della Sardegna di fare in fretta! Noi abbiamo l'esigenza di definire e lei, in prima battuta, come Presidente dei sardi, ha la necessità di definire un'agenda di priorità che possano essere spese immediatamente nel confronto con il Governo nazionale e con lo Stato. Ecco perché oggi voglio richiamare, signor Presidente, l'ordine del giorno numero 76, approvato il 14 gennaio in quest'Aula all'unanimità.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue SALIS.) Quell'ordine del giorno, signor Presidente, era diviso in due parti, la prima delle quali dichiarava e riaffermava pregiudizialmente "l'assoluta urgenza della definizione della vertenza entrate". Gli altri punti erano inseriti in coda al secondo punto del dispositivo della mozione. Questo vuol dire che, signor Presidente, il decreto Monti del 7 febbraio, che ha raccolto le indicazioni venute dal tavolo il 2 febbraio nell'incontro che lei ha tenuto con il Presidente del Consiglio, è assolutamente insufficiente a rispondere pregiudizialmente a quelle esigenze, perché il Governo Monti, nel decreto del 7 febbraio, lega la vertenza delle entrate alla questione del federalismo fiscale. Noi consideriamo inaccettabile questa indicazione data dal Governo Monti. Non sono un estimatore del Governo Monti, lo dico a differenza dei tanti che qui ne hanno parlato bene, considero il Presidente Monti e questo Governo un Governo presentabile, a differenza del precedente, ma che sta attuando in Italia una politica assolutamente impresentabile! Anzi mi spingo a dire che probabilmente al precedente Governo Berlusconi non avremmo consentito di attivare una politica impopolare e contro i ceti popolari così come la sta attuando il Governo Monti.

Per cui, penso che bisogna sganciarsi e dire con forza che non possiamo assolutamente posticipare ulteriormente l'applicazione di una legge dello Stato. Signor presidente Cappellacci, la priorità delle priorità, che io mi auguro lei inserisca nelle conclusioni a questo intervento, è la chiusura della vertenza entrate senza altri tavoli tecnici, con l'approvazione delle norme di attuazione che sono state già definite dalla Commissione e approvate dal Consiglio regionale. Il Governo Monti deve approvare quelle norme di attuazione che voi avete voluto, norme che non erano necessarie ma che voi avete voluto, rischiamo altrimenti di essere ancora imbrogliati; ci ha imbrogliato il ministro Tremonti, ci ha imbrogliato il Sottosegretario Vegas, rischia di imbrogliarci ora questo Governo, anche perché i tempi previsti da questo decreto sono già saltati.

Le quattro settimane, a partire dal 7 febbraio, di cui si parla in questo decreto sono abbondantemente trascorse. Che cosa è stato fatto in queste settimane? La Commissione si è riunita? Il tavolo è stato attivato? C'è qualche sviluppo del contenzioso con il Governo al tavolo tecnico di cui si parla in questo decreto? Noi non siamo assolutamente a conoscenza di queste novità, se ci sono.

Priorità quindi alla vertenza entrate e al patto di stabilità, che sono fondamentali, e poi attivare un'iniziativa su tutte le altre questioni che sono direttamente nelle nostre responsabilità. Perché è giusto quanto è stato rimarcato, che non si può richiamare alle proprie responsabilità il Governo nazionale se non conduciamo noi una battaglia forte, precisa, tenace per realizzare riforme e iniziative che sono nelle nostre competenze.

Ecco perché bisogna rimuovere i ritardi, gli ostacoli, le timidezze che hanno finora contraddistinto l'azione della sua Giunta, signor Presidente, anche perché poi, concludo, siccome è uno snodo fondamentale, se non riusciamo a chiudere positivamente questa vertenza, Presidente, forse è meglio veramente che lei e tutti noi prendiamo atto del fallimento della nostra azione di governo politico e istituzionale e rassegniamo le dimissioni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Presidente, mi pongo già la prima domanda che mi mette anche in forte imbarazzo: riusciamo noi a essere credibili con un dibattito come quello che stiamo facendo stamattina in un'aula semideserta, con un disinteresse che disarma, comunque, quei pochi che ci stanno ascoltando? Avevo provato a dire che, fuori di quest'aula, e lo rifaccio stamattina, c'è un altro mondo, che gli Stati generali, presidente Lombardo, che lei ha dovuto convocare, perché questa è stata la volontà che le è stata espressa in quest'aula, non erano la soluzione. Avevamo provato a dire che non è in quest'aula che risolviamo un problema come questo, di una delicatezza e di una gravità come mai abbiamo dovuto affrontare, ma che era necessario trovare un luogo simbolo fuori di questo palazzo, chiamare a raccolta i sardi e quindi la società in tutte le sue sfaccettature per coinvolgerla nel problema, problema che è di tutti noi, non per dire che c'è una debolezza unica in quest'aula, che siamo incapaci e che non ci si riesce. Quando non si riesce a compiere i passi giusti, bisogna capire che è necessario fare altro, invece stiamo ripetendo oggi, in quest'aula, qualcosa, a parer mio, di negativo, perché le presenze odierne, guardiamoci attorno, ci fanno capire che non c'è tensione, non c'è partecipazione, non c'è volontà di sacrificarsi. Allora questa necessità dobbiamo farla nostra, se no continueremo a sbagliare.

Guardate, anche in quell'ordine del giorno che abbiamo proposto, noi parliamo di sessione speciale perché è necessaria. La sessione speciale la intendiamo fuori di quest'aula, fra la gente, recuperando passione, utilizzando quel fermento, quella disperazione per dare forza a una battaglia che è la battaglia di tutti. Stamattina, guardate, ho recepito solo una cosa, la più negativa di tutte, cioè la volontà di rimpallarsi le responsabilità e di pensare di essere con la coscienza a posto, una recita! Conosciamo le responsabilità, sono responsabilità politiche, nella differenza dei ruoli di chi è maggioranza, di chi è opposizione, di chi ha governato in tanti anni. Ci abbiamo provato a ritornare al Governo dopo 18 anni di opposizione. Non è certo esaltante il momento, non è un'esperienza della quale nessun amministratore, in qualsiasi forma e da qualsiasi parte, possa dire che sia un momento esaltante. E' un momento di grande negatività. Il sistema economico lo conosciamo tutti, la crisi non è la crisi della Sardegna, la Sardegna soffre in maggiore misura rispetto ad altre realtà per la sua debolezza. A Roma siete voi gli autori di quel Governo, il Governo Monti è roba vostra! E' quello che comunque ha infilato le mani in tasca ai cittadini, nel peggiore dei modi, dico io, non è che ha deciso la patrimoniale, non è che va a prendere a chi ne ha, prende in modo indistinto a tutti, che sia popolo del Nord o di quest'Isola, che ne abbiano o che non ne abbiano.

Credo che questo non sia accettabile, non sia affatto accettabile da nessuno di noi. Dico anche che non è finita, molti di noi sanno che non è finita e che, per arrivare al pareggio di bilancio del prossimo anno, un ulteriore decreto salterà fuori. Non so che cosa dovrà fare la gente, perché continuando a trattare tutti sullo stesso piano, le differenze diventano più grandi tra chi ne ha e chi non ne ha. Governare una nazione in questo modo, non credo che sia compito semplice e facile. Siccome apparite voi tutti i giorni sui giornali, sulla stampa italiana, a dire che questo Governo sta risolvendo i problemi dell'Italia, vediamo quanto li risolverà e come riterremo che sia giusto risolverli.

Adesso c'è la parte che ci riguarda più direttamente. Certo, le rivendicazioni le abbiamo rimesse in fila: le entrate, il patto di stabilità, l'insularità, la continuità territoriale. Guardate, siamo ripetitivi e le cose sono legate da un filo conduttore.

Le entrate: quando si fanno i patti con lo Stato e i patti non vengono rispettati, è inutile stare sempre e comunque con il cappello in mano. Il cappello in mano, credo che non sia più utilizzabile. Si arriva all'estremità delle cose. Se devo portare lo Stato italiano in tribunale, porto lo Stato italiano in tribunale! Non ho capito perché mi devo fermare.

Dopo le entrate, l'altro argomento non è certo secondario: il patto di stabilità. Ti danno i soldi ma non li puoi spendere. Qualcuno suggerisce di chiedere che il patto di stabilità sia aperto per quanto riguarda la Sardegna. Il resto del Meridione sorride e ci guarda dicendo che staremo con le mani in mano. Siamo convinti tutti che possiamo raccontare questa storia e che sia realizzabile? Vediamo. Ci stiamo provando da anni! Paolo Maninchedda ha riprovato stamattina a dire che c'è un problema di fondo, che in altre parti d'Europa esiste già, anche in discontinuità. Se guardiamo ad esempio la Spagna, vediamo che i baschi hanno la leva fiscale nelle loro mani, mentre in Catalogna, paese ricco che abbiamo sempre paragonato alla Lombardia, no, la differenza è che la Catalogna soffre dell'aspetto complessivo dell'Europa, i Paesi Baschi certamente molto meno...

SECHI (Gruppo Misto). I baschi mettevano bombe!

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Va bene, i baschi mettevano bombe, ma se se si deve morire di fame, che cosa credi che voglia fare la gente che sta fuori di questo palazzo? Non abbiamo la stessa disperazione? Non sto dicendo che bisogna mettere le bombe, non l'ho mai detto, non è un'osservazione che mi appartiene la tua, Carlo, e non è un esempio neanche da portare. Si possono fare le battaglie in piena democrazia, fatte come devono essere fatte, dimostrando però una larga partecipazione e soprattutto una convergenza di idee che, in quest'isola, è mancata e viene meno.

Molti di voi si ricordano che esiste quella bandiera solo quando è necessario, quando serve. Molti si riempiono la bocca delle parole "nazione", "popolo", "autodeterminazione", sono vocaboli che in quest'Aula per decenni sono rimasti assenti se non detti dal Partito Sardo d'Azione. Qualcuno li ha fatti suoi, c'è stata una contaminazione e noi siamo contenti di questa contaminazione, vorremmo che fosse più ampia, che si iniziasse a parlare di indipendenza in modo diverso, senza paura, senza timore. Vorremmo fare qualcosa del genere e stiamo provando. Forse siamo noi che non ci riusciamo ancora troppo bene, ma insisteremo fino alla fine, perché arrivare a essere indipendenti economicamente, caro Carlo, è l'obiettivo principale, perché un popolo non sarà mai libero se economicamente non è autosufficiente, se non ha da solo la forza e la capacità di scegliere, di capire quale può essere il suo sviluppo, quali sono i settori nei quali cercare una riconversione complessiva del sistema industriale che, in quest'isola, comunque sta crollando, pur con l'obbligo di difenderlo.

Dobbiamo cercare le alternative, dobbiamo avere la capacità, ma dobbiamo avere gli strumenti in mano. Ecco, i baschi hanno gli strumenti in mano, hanno la leva fiscale, uno strumento importantissimo che attira i capitali esteri dove ritengono loro devono essere portati, i settori che non vanno in contrapposizione al sistema economico e alle imprese del posto; questo è il cambiamento! E quando l'interlocutore principale, che è lo Stato italiano, non sente, dobbiamo avere la capacità di cercare altri interlocutori, perché l'Europa è "interlocutore", se lo cerchi. Questi ultimi cinque anni lo abbiamo cercato una volta, ci sta dando ragione, una battaglia vera e reale, visto quello che ci stavano facendo gli armatori napoletani.

Allora, se è capace di dimostrare l'attenzione, siamo noi che dobbiamo avere la forza e le capacità di portare quell'attenzione necessaria con gli argomenti e le soluzioni, non lamentarci e basta. Voglio far riferimento a questo, siamo vicini a Natale, pensavo che qualcuno stamattina facesse l'uccello della pace…

URAS (Gruppo Misto). Hai detto Natale!

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Così è? Comunque siamo a Pasqua!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, non nascondo che intervengo con estremo imbarazzo in questa circostanza, perché effettivamente, come l'hanno messo in risalto tutti coloro che sono intervenuti prima, questa sembra un'Aula più distratta che attenta alle tematiche che abbiamo in discussione.

Ripercorrendo col pensiero quanto è avvenuto ieri in questa aula, ricordo che ho sentito dire dai più che il discorso ormai era una ripetizione, era un rituale. Userei anche io il termine rituale. Però è bene anche specificare che cosa significa il termine che spesso si usa, non sapendo a che cosa ci si riferisce. Rituale, da sempre, è una attività che viene posta in essere perché ci si vuole collegare con il "divino", mi suggeriscono il "metafisico", giusto! Allora si compiono determinate cose in maniera rituale, appunto, cercando di collegarsi con questo mondo metafisico per ottenere le grazie, anzi, pensando all'antichità (assiri, babilonesi, egizi, ancor meglio nell'Olimpo per quanto riguarda il mondo ellenistico), si credeva che, se fatto bene, questo rituale sarebbe risultato gradito e i risultati si sarebbero ottenuti.

Poi arrivò Agostino d'Ippona che disse un'altra cosa, cioè che, ancorché non sia fatto bene, perché ci sono peccatori anche tra coloro che celebrano, solo per grazia della divinità si ottiene il percorso giusto verso l'ottenimento di quello per cui si prega. Ex opere operato, diceva Agostino d'Ippona, tertium non datur però. Se noi colleghiamo con attenzione le due possibili espansioni delle due ipotesi di lavoro, comprendiamo che non siamo sintonizzati con la prima e ancor meno con la seconda; perché credo che nessun Governo nazionale farà grazie alla Sardegna.

Se noi non comprendiamo che stiamo vivendo una crisi epocale, una crisi gravissima, che non è solo della Sardegna, è a livello mondiale, dovuta alla finanziarizzazione del sistema economico, che non ha più riconosciuto il lavoro, la vera essenza e motore di ricchezza, se non ci rendiamo conto che c'è una competizione internazionale forte, basta vedere la Cina che acquista territori in Africa grandi quanto uno Stato perché ricca di terre rare, quelle terre rare che servono per la tecnologia e per le nuove esperienze di innovazione, se non comprendiamo che dobbiamo competere con un mondo che è veramente forte nei confronti non solo di una Regione come la nostra, ma degli Stati dell'Unione europea medesima, se patiamo questa sofferenza e non ci accorgiamo che facciamo difetto a noi stessi di trovare la bega provinciale, direi io, da quartiere, dove ci dobbiamo rimbeccare qualcosa comunque, senza trovare un punto di unità, un punto su cui la Sardegna possa contare, ebbene, stamattina mi sono accorto che, da più parti, si è levata una contraddizione in termini: prima una cosa voluta da tutte le forze politiche e poi tutti sembrano dissociarsi da un approdo che debba vedere difesa la nostra Isola, la nostra Sardegna, il popolo sardo. Questa è l'Assise, questo è il punto di incontro di tutti gli interessi!

Ma vi è di più, ieri ascoltavo anche le rappresentanze sociali, le rappresentanze sindacali, altrettanto sommesse nella loro rappresentazione dell'essere. Perché? Perché c'è una crisi di identità, perché non c'è più un rapporto diretto con la gente, non ci sono più valori, non ci sono più ideali; quando mancano questi, puoi fare qualunque programma ma non svegli l'attenzione della gente. Come può un Consiglio regionale simile risvegliare l'attenzione della gente. Ma come può un Consiglio regionale simile creare speranza, dare speranza alla gente che è fuori, che si tormenta in una crisi economica sociale, se non siamo convinti noi di percorrere con profitto un rituale che veramente reclami l'attenzione dovuta, la volontà, l'apertura mentale che ci faccia saltare dai soliti schemi di contrapposizione che viviamo.

Si può continuare allora a far sì che si deleghino i funzionari a gestire i FAS, che magari ancora devono essere rivisitati, anziché fare un'azione politica; si può pensare di fare altro anziché quello che si è promesso per la Sardegna, cioè uno sviluppo sul turismo legato al fatto che bisogna cancellare, quello che dico sempre io, l'insularità ma intesa come oasi in mezzo a un deserto che devo comunque attraversare con cammelli che siano aerei o siano navi, e che si ricerchi nelle forze vive della nostra società la volontà di riscatto. Certo che sono d'accordo perché ci sia un confronto totale con lo Stato. Ma da quanto tempo i Riformatori hanno chiesto di avere un nuovo Statuto di autonomia che sia contrattato e che veda una pattuizione fra Regione e Stato, fra Regione e Stato e Unione europea! Certo che vanno verificati a tutto campo i rapporti, quello che ci ha riconosciuto lo Stato e quello che non ci ha riconosciuto sino a oggi. Ho citato in più circostanze Cattaneo, Mazzini, Asproni, che è uno dei sardi che ha fatto il Risorgimento, ma ancora siamo qui a piatire, perché non siamo capaci di metterci il cappello anziché tenerlo col bavero teso ad avere l'elemosina da qualcuno.

"Bisogna avere schiena dritta" si è detto, ma la schiena dritta si ha quando si ha valore dentro, quando si ha la certezza di voler raggiungere uno scopo, di voler dare gratificazione alla gente che è fuori. Invece ci lamentiamo e cerchiamo di fare le solite camarille di palazzo, cercando di impedire che si voti nello stesso tempo un referendum con le elezioni amministrative ordinarie, è vergognoso! Si ha paura del voto! Si ha paura di sentire la gente! Bisogna dirle queste cose! Dove è andato l'onorevole Capelli che prima dice tanto e adesso non lo vedo da un bel po' in aula? Bisogna essere onesti con se stessi. Se è vero che voglio rappresentare, devo andare a sentire il popolo, a verificare quello che dice, se è consono quanto vado affermando in questa aula e se è vero che quelle necessità devono avere un riverbero in questo Palazzo. Se questo non si ha, vuol dire che siamo in dissonanza totale e allora bene fanno ad avere i forconi, perché c'è la necessità, pazienza se verrà colpito anche qualcuno che non ha colpa, bisogna stare attenti, non diamo ulteriore benzina al fuoco, anziché cercare di trovare soluzioni reali che siano radicate nella gente.

Se non faremo queste cose, la deriva etica della classe politica, che non si fa un sano esame di coscienza, ci porterà veramente su una china dolorosa. Rubo un'espressione che fu detta in antichità: "Le labbra della saggezza sono aperte soltanto alle orecchie della comprensione". Chi vuole intendere, intenda!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, ci siamo riuniti qui in attuazione di un ordine del giorno, il numero 76 del 14 febbraio 2012, fra l'altro ricordo che è stato sottoscritto da tutti i Presidenti di Gruppo dell'Aula, votato all'unanimità, che aveva due obiettivi. Il primo obiettivo era quello di riaffermare pregiudizialmente l'assoluta urgenza che il Governo addivenisse all'applicazione integrale dell'articolo 8 dello Statuto speciale, così come è stato riformato dalla legge finanziaria approvata nel 2007, e poi avviasse una serie di confronti di natura tematica, dal patto di stabilità alla difesa e consolidamento del sistema produttivo, alla continuità territoriale, alla moratoria delle azioni promosse dall'Italia, e che fanno pagare un prezzo altissimo alle imprese sarde già in crisi di liquidità, alla rimodulazione e operatività degli interventi finanziati con fondi FAS e così via. Insieme a ciò, la convocazione degli Stati generali, per capire o, meglio, per studiare, per definire un metodo di partecipazione attiva di tutto il sistema istituzionale locale, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di categoria, dell'impresa e dell'economia, del mondo della cultura e della solidarietà. Questo era il tema.

In questi due giorni abbiamo parlato pressoché di tutto tranne che di questo. Ricordo pochissimi interventi che sono stati sull'ordine del giorno. Sicuramente, lo dico, non c'è stato neppure il Presidente della Regione dentro l'ordine del giorno, questo è assolutamente sconcertante. Anzi, il Presidente della Regione, glielo dico, Presidente, ha ansia di antecipazione, per costruire la divisione, di tutti gli appuntamenti che riguardano questa materia.

Iniziamo i lavori in Commissione sulla finanziaria e decidiamo di attivare, anche come Consiglio regionale, una legittima pressione nei confronti del livello nazionale perché si arrivi alla definizione della partita delle entrate. Noi, io sono alcuni anni che lo dico, ho iniziato per primo a dire che facevamo bilanci fasulli, adesso, ce ne siamo convinti tutti e li facciamo fasulli fino al midollo, perché sappiamo che non abbiamo più la partita dell'articolo 8, perché l'abbiamo depositata nelle norme di attuazione, in un percorso che ci è stato suggerito dal Presidente, anzi, che è stato preteso dalla Giunta e dalla maggioranza. E noi siamo andati lì!

Avviamo un confronto anche noi, anche dal Consiglio (per evitare che si facesse qualcosa nottetempo), e si attiva un incontro con i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, con il dottor professor Catricalà, a quel punto piove in Commissione la notizia che suscita un po' di subbuglio. Pazienza, sentiamo il Presidente definiamo insieme un percorso e, punto da capo si anticipa con "Capigruppo a Roma". Qualche perplessità, qualche resistenza, e ci andiamo, poniamo una pregiudiziale, torniamo in Aula, studiamo insieme un metodo tutti quanti, ma prima che si potesse definire il metodo, zacchete!, ecco la convocazione di Monti, in una riunione inutile, anzi dannosa, anzi dannosa! E va bene, superiamo anche quello, veniamo in aula, facciamo il confronto in aula, definiamo che si vada agli Stati generali per - si dice - qualificare il metodo della partecipazione delle parti sociali e del sistema istituzionale e così via, e che cosa succede? Che nel frattempo si istituisce il tavolo cosiddetto tecnico a cui partecipa metà Giunta e un paio di funzionari che, se chiediamo loro la cortesia di mettersi in un angolo, facciamo una cosa grande per i sardi, perché non c'è volta che tocchino qualcosa che quel qualcosa non si trasformi in una cosa pestilenziale per la Sardegna e per i sardi!

Ma quanto tempo dobbiamo aspettare? Ma quante cose dobbiamo dire? Ho predisposto un ordine del giorno, ho sottoscritto anche quello presentato dai colleghi Sardisti, perché sono convinto e non ho difese da fare di bagagli di voti, di consensi che entrano in crisi, di relazioni in qualche misura da coltivare con il Governo nazionale, no, sono libero, tranne che da una cosa, da una relazione positiva con il popolo che rappresento, quella piccola parte di popolo che rappresento, con il quale mi voglio confrontare, non in questa sede, fuori da questa sede, ma con l'autorevolezza che viene dal fatto di essere in questa sede ancora per quanto sarà possibile.

Poi, Presidente, ho presentato un altro ordine del giorno, che avrei voluto che sottoscrivessero tutti, perché richiama a un impegno orgoglioso di guida di questo popolo e di questa Regione da parte sua, che è il Presidente legittimamente eletto. Facciamo quello che dovevamo fare, che abbiamo detto tutti che eravamo d'accordo di fare, quel tavolo tecnico, che è più un tavolo da seduta spiritica, cioè totalmente squilibrato, che aspetta un colpo dall'alto, facciamo che quel tavolo lo rimuoviamo e chiediamo al Governo una conferenza di servizi partecipata dall'intera società sarda, dalle istituzioni locali, dai sindacati, da imprese, dalle istituzioni dell'economia, del lavoro e della cultura e apriamo lì, in quella sede, l'agenda operativa che parte dal presupposto che noi dobbiamo avere diritto a un bilancio certo. Quindi: quei soldi ci sono, quelli che abbiamo quantificato, o non ci sono? Faccia l'atto che deve fare il Governo! Non ci sono compatibilità altre da verificare.

Si chieda una mobilitazione generale attorno a questa richiesta, consigli comunali, consigli provinciali, assemblee sindacali, fabbriche in rivolta, tutti! Una mobilitazione generale: che si senta che lei non va lì, magari raccomandato da qualche parlamentare, a parlare con il Presidente del Consiglio dei Ministri, ma che ci va in rappresentanza di questo popolo che è un popolo in subbuglio, che non ne può più! Io ricevo quelli che stanno male, sono lì, scavati, hanno anche problemi di pane! E questo Governo boccia le leggi sul precariato, fa tutto, lo faceva anche il precedente, e il precedente ancora, perché loro i piedi ce li hanno al caldo, perché non hanno sulla pelle la sofferenza di chi sta male, non gliene importa niente, non gliene importa nulla!

Allora si faccia questo, lo si faccia senza indugio e si minacci che questo Consiglio non ha ragione d'essere, questa è una legislatura morta! Se non fa questo, è meglio che andiamo a casa e, per andare a casa, deve fare solo una cosa, Presidente, si deve dimettere!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, il dibattito che si è svolto mi lascia alquanto perplesso. L'oggetto della convocazione degli Stati generali e della successiva discussione in Consiglio regionale doveva essere incentrato su quella che è stata chiamata la vertenza Sardegna anche dall'onorevole Calvisi ieri. Dovevamo parlare dei contenuti e degli argomenti da sottoporre al Governo. In effetti, l'intervento dell'onorevole Calvisi si è incentrato soprattutto su questo, mentre la gran parte degli interventi hanno avuto uno spettro più ampio, hanno riguardato la situazione di crisi, anche approfonditamente, dando tutta una serie di dati, hanno proposto modelli di sviluppo, si è chiesto di ampliare la discussione e di porre nella piattaforma del confronto col Governo anche la riforma dello Statuto.

Vi è stata qui, oggi, tutta una serie di interventi su questa strada tracciata con interventi tanto polemici che ci sarebbe da chiedersi come mai non viene presentata una mozione di sfiducia, perché la conseguenza di taluni interventi che ho sentito oggi non può che essere la presentazione di una mozione di sfiducia. Non era quello a cui siamo stati chiamati a fare.

E' vero che siamo in pochi: noi ci siamo, come ci siamo sempre e come sempre abbiamo garantito il numero legale. Abbiamo ascoltato con attenzione: non solo abbiamo ascoltato con attenzione, ma ci siamo stampati i resoconti degli interventi di ieri e tutti i componenti del mio Gruppo li hanno letti e ne abbiamo discusso per trarre tutti gli elementi utili. La partecipazione non è assicurata solo con la presenza in questa aula, serve la presenza e l'apporto costruttivo. Spesso vi sono molte assenze, ma spesso vi è anche una presenza saltuaria e apporti non costruttivi, ma semplicemente distruttivi. Non è questo, a mio avviso, quello che siamo chiamati a fare, quanto meno se vogliamo dare un contributo a risolvere i problemi.

Responsabilità di tutti. Se andiamo a vedere le responsabilità dei singoli, sicuramente le possiamo più o meno graduare, è ovvio che chi ha assunto le funzioni di Presidente della Regione, oggi l'onorevole Cappellacci, ieri l'onorevole Soru, ha ben più responsabilità di quelle che può avere un singolo consigliere regionale. Ma se io guardo, nei confronti della politica, le responsabilità non si pesano, le responsabilità sono di tutti, è inutile dire: "Io rispondo al 60 per cento, io rispondo al 40 per cento". Andiamo a vedere le responsabilità, il problema è: a che scopo? Lo sappiamo. Sappiamo che c'è una situazione di crisi, dobbiamo lavorare per risolverla. Già in altra occasione, abbiamo detto di non aver nulla in contrario a che vi sia un allargamento della maggioranza su temi unitari per affrontare questa situazione di crisi. L'abbiamo fatto a Roma, sosteniamo con convinzione il Governo Monti perché lo riteniamo in questo momento l'unica strada possibile nella grave situazione in cui ci siamo trovati, anche qui non ci interessa di chi sono le responsabilità della situazione in cui siamo andati a trovarci.

Abbiamo preso un impegno con questa maggioranza, lo manteniamo con lealtà, perché la parola data va mantenuta, va da sé che, all'interno della maggioranza, ci sono diverse cose che non condividiamo, però le cose che non condividiamo le portiamo alla discussione, le portiamo all'attenzione e anche quando la maggioranza non ci dà ragione, per coerenza con gli impegni presi, non facciamo i voti Arlecchino, come spesso fanno qua dentro, non ci assentiamo per far mancare il numero legale, votiamo in conformità con la maggioranza. Va da sé che, nel momento in cui dovesse esserci un contrasto su questioni di principio, a quel punto, lealmente, diremo che non possiamo andare avanti. Al momento questa situazione non si è verificata.

Ripeto, un segno importantissimo della discussione di ieri si è tratto: l'unità delle forze sindacali, delle organizzazioni datoriali. Tutti hanno parlato, tutti hanno dimostrato, ancorché con diverse angolazioni, di avere degli interessi generali. Non condivido quanto ha detto qualche consigliere, che ognuno qui è venuto a sostenere le sue posizioni di parte, così come gli attacchi ai consiglieri regionali che vanno negli Assessorati ad accompagnare amici e amichetti, non l'ho mai fatto, non è un tipo di politica che interessa l'U.D.C.. Da quando siamo in quest'Aula, ci siamo battuti con coerenza per la valorizzazione dei principi e degli ideali, e questi principi e ideali abbiamo sempre difeso, senza accettare mai nessuna compromissione. Non ci interessano i voti di clientela, basta vedere come ci comportiamo in quest'Aula. Non ci sono mai cose di clientela che andiamo a sostenere, sosteniamo sempre e solo questioni di principio; pronti, quando queste questioni di principio toccano, per esempio, il problema del precariato, il problema del lavoro, ad allearci e votare con tutte le forze politiche, come SEL, che nei confronti di queste vicende sicuramente in quest'Aula ha dimostrato una maggiore sensibilità. Ma questa sensibilità l'ha dimostrata anche la Giunta, quando ha dato l'assenso, il suo placet a votare tutte queste norme.

Oggi, che cosa dobbiamo fare? Preso atto dell'unità dimostrata durante l'audizione degli Stati generali, bisogna verificare se questa unità c'è all'interno di quest'Aula. Se questa unità c'è all'interno di quest'Aula, al di là degli ordini del giorno che sono stati già presentati e che noi abbiamo sottoscritto, perché riteniamo che certi argomenti vadano discussi quali che siano le posizioni e i voti che andremo a prendere, ma certi argomenti, tipo quello del rapporto con lo Stato, vanno discussi, vedremo poi come votare.

Bisogna arrivare, ove vi sia l'unità anche all'interno di quest'Aula, a un ordine del giorno congiunto. A questo scopo, sin d'ora le chiedo, Presidente, al termine degli interventi dei Capigruppo, di sospendere la discussione e di rinviarla a mercoledì, per consentire la presentazione di quest'ordine del giorno. Noi ci siamo astenuti dalla presentazione di un nostro ordine del giorno, proprio allo scopo di favorire questo percorso unitario. Questo ordine del giorno deve individuare i contenuti delle domande da rivolgere al Governo. La lettura della discussione ci consente di trarre delle conseguenze.

Questa vertenza noi dobbiamo portarla insieme con le forze sociali, dobbiamo dimostrare a Roma che, dietro il Consiglio regionale, dietro la Giunta regionale, ci sono gli Stati generali e questo non possiamo farlo altrimenti che con una manifestazione generale da svolgere a Roma, alla prima occasione utile, alla prima riunione o quando concorderemo, per dimostrare, quando si va a trattare col Governo, che dietro la Giunta c'è tutto il popolo sardo e c'è tutta la crisi, c'è tutto il grido di dolore che si leva dalla bocca di coloro che soffrono, di coloro che, difficilmente, riescono a raccogliere i soldi per chiudere non dico il mese, ma il giorno.

Ecco, questo è quello che serve nell'ordine del giorno. Se noi discutiamo di queste cose, possiamo andare avanti unitariamente, se l'unità non c'è, ditecelo, ne traiamo le conseguenze e lo vedremo. Va da sé che, una volta chiusa questa vertenza politica delle entrate, per correttezza ricordo che, nella scorsa legislatura, si era affermata espressamente la necessità di norme di attuazione, basta leggersi il DAPEF del 2008 per averne contezza. Il primo Gruppo che, in quest'Aula, ha detto che non servono norme di attuazione siamo stati noi, poi, su quello, si è consolidato un orientamento quasi unanime e si è accettata la stesura di norme di attuazione per altri motivi, ma, ripeto, definite le norme di attuazione (non nell'ottica del federalismo fiscale, perché è una cosa completamente differente), ridefinito il patto di stabilità, posti i presupposti per la risoluzione dei problemi principali sottoposti al Governo, a oggi riassunti nelle schede consegnate alla Giunta regionale, e che all'esito di questa riunione potremo anche ampliare, ecco, la risoluzione di questa vertenza non risolve i problemi, la risoluzione di questa vertenza ci pone solo nelle condizioni di acquisire gli strumenti per affrontare, più incisivamente, la situazione di crisi e per risolverla. Così come il problema delle riforme. Le riforme non sono un toccasana, ci danno solo strumenti per essere più agili e più preparati.

Ecco che la richiesta di unitarietà viene da me rivolta non solo per la risoluzione di questa vertenza, ma, una volta risolta questa, anche per affrontare la situazione, per quanto possibile, unitariamente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.).Presidente, intervengo intanto a titolo personale per dichiarare fin da adesso un eventuale voto totalmente contrario all'ordine del giorno che è stato presentato; dico a titolo personale perché poi non so come si comporterà la maggioranza e come si comporterà il Gruppo. E' un ordine del giorno che non condivido e che mi ha anche meravigliato tanto, essendo un ordine del giorno che distoglie l'attenzione, è infarcito ideologicamente, non fa chiarezza su eventuali responsabilità, onorevole Maninchedda, perché nel momento in cui si scaricano tutte le responsabilità sul Governo nazionale… le voglio ricordare che è il Governo di una Repubblica che io riconosco e contro la quale non potrò mai prendere alcun tipo di posizione. Mi meraviglia che questo ordine del giorno possa essere stato sottoscritto da forze politiche che, probabilmente, hanno una storia diversa da quella del Partito Sardo d'Azione.

Non voglio fare critiche al Partito Sardo d'Azione, certo è che nel momento in cui l'onorevole Maninchedda stamattina ci ha tracciato un possibile percorso per il futuro, magari per la nuova campagna elettorale, e ha detto testualmente che "c'è bisogno di una Giunta più capace e più onesta", insomma, non ho assolutamente dubbi, non sulla capacità perché sulla capacità…

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Più capace e più onesta lo sta dicendo lei!

DIANA MARIO (P.d.L.). Onorevole Sanna…

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Quando non si hanno idee si possono dire anche queste cose.

DIANA MARIO (P.d.L.). Beh, allora debbo cambiare ulteriormente il mio ragionamento.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Sì, forse è il caso, anche di parlare sull'ordine del giorno.

DIANA MARIO (P.d.L.). Sto parlando sull'ordine del giorno.

(Interruzione del consigliere Maninchedda)

DIANA MARIO (P.d.L.). Certamente sì. In ogni caso, credo che qui in questo momento non sia da colpevolizzare una maggioranza o una Giunta, non è questo il problema, il problema è un altro: noi abbiamo fatto un incontro con gli Stati generali del popolo sardo per avere ulteriori elementi, credo, forse ne abbiamo anche avuto nella giornata di ieri, ma quello che, secondo me, dobbiamo invece considerare è un altro fatto. L'onorevole Soru ha fatto una storia un po' di retroguardia... onorevole Soru, io capisco, quando si perdono le elezioni, si è portati comunque a ripensare al passato, è normale, non lo dico come critica e non voglio fare neanche polemica, ma è normale che questo accada. E' vero che noi abbiamo cambiato molte delle cose che lei aveva avviato, o non abbiamo proseguito su percorsi che erano già tracciati, questo è vero, però nel momento in cui ci siamo addentrati nei ragionamenti che ci portavano a trovare un accordo con un Governo, un accordo?... Ad avere ciò che ci è dovuto! Non lo abbiamo ottenuto con il Governo Berlusconi e qui ieri il presidente Cappellacci ha detto che questo Governo è in difficoltà, questo Governo è in difficoltà ma non sono difficoltà diverse da quelle che aveva il precedente Governo.

La situazione internazionale la conosciamo tutti, la situazione economica dell'Europa e non solo dell'Europa la conosciamo tutti, quindi le difficoltà c'erano e permangono, è cambiato solo che abbiamo ricominciato dall'ABC della politica, e per ABC intendo quello che un giornalista stamattina ha pubblicato su un suo scritto considerando l'ABC come "Alfano, Bersani e Casini". Abbiamo ricominciato da lì, convinti che una maggioranza forte e coesa potesse ottenere dei risultati che un Governo parlamentare non è riuscito a ottenere. Oggi ci troviamo qui, dopo aver affrontato numerosissimi discorsi e considerazioni, e il presidente Cappellacci dalla sua parte ha il fatto di aver presentato sette schede, su queste sette schede, non ho sentito una voce di dissenso, non ho sentito nessuno dei colleghi, peraltro neanche ieri dagli Stati generali del popolo sardo, che in qualche maniera le abbia messe in discussione. Lo avrei gradito: modificabili, aggiornabili, si potevano fare tanti riferimenti, non è stato fatto.

Allora siamo fermi ancora all'ordine del giorno che abbiamo votato all'unanimità e che vorrei considerare ancora valido. E' cambiato qualcosa, con un altro ordine del giorno, dall'ultimo ordine del giorno? L'unica cosa che è cambiata, è che ieri abbiamo sentito gli Stati generali del popolo sardo. Si può concepire un ordine del giorno oggi senza concordarlo con gli Stati generali del popolo sardo? Credo di no, credo che sia indispensabile, altrimenti a che cosa è servito ascoltare gli Stati generali del popolo sardo?

Quindi, così come ha già detto il collega Steri, sono del parere che si debba richiedere che venga aggiornata la stesura di un ordine del giorno, perché credo che ci sia necessità di capire anche che cosa pensano le forze sociali. Su quelle sette schede ci sono dei problemi? Ci sono delle cose che non vanno bene? Si possono adeguare? La composizione del tavolo tecnico può essere aggiornata? Sono tutte cose sulle quali il presidente Cappellacci aveva già dato la massima disponibilità, in questa sede e in altre sedi. Quindi, se vogliamo rompere il fronte… ma serve a qualcosa rompere il fronte? Credo di no. Abbiamo condiviso il fronte nazionale. Sono uno dei più critici nei confronti di quel Governo ma è l'unico Governo possibile oggi!

Allora, credo che chiedere le dimissioni in quest'Aula non serva a nessuno, perchè oggi vorrebbe dire gettare la Sardegna in una situazione molto più grave di quella in cui già non sia, e probabilmente qualcuno, che dice anche di conoscere ciò che accade fuori da quest'Aula, ciò che dice la gente all'esterno… certo che il dramma è grande, ma di questo ci dobbiamo preoccupare, come? Con la vertenza che abbiamo in atto con il Governo? Credo che bisognerà pensare anche ad altre cose, d'altronde quando l'Europa ha studiato il meccanismo del Quadro comunitario di sostegno e ci ha dato le risorse aggiuntive, le ha date per cercare di riequilibrare i territori, non a caso la Regione Sardegna era nell'Obiettivo 1 e oggi non è più nell'Obiettivo 1, ma comunque non è certo nell'obiettivo primario dell'Europa, anzi! Su quelle risorse siamo convinti veramente che stiamo ottenendo i maggiori risultati? O forse dovremmo andare a scavare, noi come Consiglio, per capire se quelle risorse possono essere, in questo momento, nell'immediato, risorse disponibili che possono risolvere una parte dei nostri problemi?

A tutto il resto stiamo lavorando. Ci sta lavorando certamente il presidente Cappellacci, ci sta lavorando anche il Popolo della Libertà, visto che il segretario nazionale Alfano sarà in Sardegna la settimana prossima, e non viene a parlare delle questioni del Partito (che sarebbero peraltro importantissime), viene qui per affrontare, assieme al presidente Cappellacci e credo anche ai consiglieri regionali del P.d.L., le problematiche connesse con l'economia della Sardegna. C'è un'attenzione! Vorrei che ci fosse la stessa attenzione del segretario nazionale del P.D., onorevole Bersani, e che ci fosse anche dell'onorevole Casini; che mobilitassero le proprie truppe per capire se a Roma si può fare una battaglia congiunta per il popolo sardo, questa sì che sarebbe un'iniziativa importante.

Per il resto, se ci vogliamo fare ancora male, credo che non stiamo facendo gli interessi della gente ma stiamo facendo solo un po' di gazzarra e un po' di gazzosa qui dentro senza però ottenere alcun risultato.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, forse è utile a tutti noi chiederci il perché della convocazione degli Stati generali, mi pare che abbiamo smarrito un po' il senso delle ragioni; certamente perché la situazione economica della nostra regione vive un momento difficilissimo. Presidente Cappellacci, senza polemica, in questi tre anni, da quando governa lei, non c'è un indicatore economico che non sia stato caratterizzato e connotato dal segno negativo. Le cause sono tante. Sono d'accordo nel dire, con grande onestà intellettuale, che le cause e le ragioni non risiedono soltanto all'indomani del febbraio 2009, ci sono cause certamente ataviche. Però questo non giustifica il tentativo, che lei ha fatto, di scaricarle in trent'anni di governo, perché quei trent'anni si possono leggere e si possono fare ovviamente analisi diverse dalla superficialità con cui le ha fatte ieri di fronte agli Stati generali. Presidente, la invito soltanto a leggersi la dinamica degli indicatori del tasso di occupazione e disoccupazione e della fiducia delle imprese che ieri hanno parlato soltanto con una voce.

Ebbene, in questi ultimi tre anni, mai così male! Mai così male, presidente Cappellacci! Certo, abbiamo una dotazione infrastrutturale, com'è stato ricordato dalle imprese, intorno al 59 per cento rispetto alla media nazionale che causa tante diseconomie al nostro sistema produttivo ma, badate, è la stessa percentuale che c'era prima del 2009. Dal 2009 purtroppo c'è una causa di dotazione politica che è venuta meno ed è proprio la vostra capacità di governo.

Ancora, Presidente, lo dico anche a lei, presidente Lombardo, credo che abbiamo convocato gli Stati generali perché, negli ultimi quattro mesi, a mia memoria, non ricordo due scioperi generali di CGIL, CISL e UIL! Vorrà pur dire qualcosa, solo lei, Presidente, non se n'è accorto. A me è sembrato invece che, in quelle manifestazioni, ci fosse lo specchio di un'isola in ginocchio. Non sorrida, Presidente, c'è poco da ridere, beato lei che almeno su questo ride! Non mi pare d'aver notato da parte sua uno scatto di reni, la invito ad avere anche maggior rispetto per l'Aula, Presidente. Invece è aumentata in questi anni, in questi mesi, la tensione sociale, anche frutto di una povertà che cresce in maniera esponenziale, lo abbiamo sentito ieri da autorevoli rappresentanti delle forze sociali. Un'isola senza guida, allo sbando, perché di questo si tratta. Questa è una Regione senza guida e gli Stati generali hanno anche una funzione di surroga all'assenza di una guida e di governo di questa Regione, se non si comprende questo, e ho l'impressione che non lo abbiate ancora capito, possiamo fare tanti altri Stati generali ma non approderanno a nulla.

Presidente, lei ha richiamato al senso di responsabilità, all'unità; in questi tre anni glielo abbiamo dimostrato attraverso ordini del giorno, sempre votati all'unanimità da quest'Aula, ebbene, le abbiamo chiesto di mettersi alla testa di uno straordinario movimento, lei che cosa ha fatto? In questi tre anni ha avuto un'occasione straordinaria che rappresenta anche un'occasione di riscatto e l'ha buttata al macero!

Penso alla partita tributaria, alle entrate. Noi siamo creditori nei confronti dello Stato dal 1° gennaio 2010, lei non è stato capace di portare un euro a questa Regione! E' colpa di Soru, è colpa di chi governava prima di Soru, è colpa dei trent'anni o è invece lo specchio della sua inconcludenza? Di questo stiamo parlando, Presidente! Lei purtroppo ha rappresentato la Sardegna in questi anni nel confronto con lo Stato in maniera dimessa e arrendevole; altro che schiena dritta, come ha auspicato il Presidente del Consiglio nella giornata di ieri! Presidente, lei non è stato capace di rappresentare gli interessi di quest'isola, la prego di smentirmi con fatti concreti, con azioni di governo che hanno un carattere di cogenza da tre anni a questa parte. Lei interverrà tra qualche minuto, si prenda tutto il tempo che vuole, faccio questa proposta all'Aula, ma ci dica quali sono le azioni di governo che vanno nella direzione auspicata dalle parti sociali che ieri hanno avuto modo di ricordarcele in maniera molto seria e molto impegnata.

Ieri poi lei ha rivolto l'ennesimo appello all'unità; ripeto, si è dimenticato i tanti ordini del giorno. Presidente, ieri abbiamo ascoltato tutte le parti sociali, ho il massimo rispetto per i protagonisti che si sono susseguiti in quest'Aula richiamando il senso di responsabilità delle istituzioni, hanno portato un contributo di analisi ma certamente anche un contributo di proposte. In quelle proposte, Presidente, sulla possibilità di trasformarle in azioni di governo per la Sardegna, c'è la speranza, per quest'isola, di guardare al suo futuro con un minimo di prospettiva.

Presidente, le chiedo, lo ha fatto anche Calvisi ieri, di rispondere su questo, non come ha fatto ieri. Qual è lo stato del confronto con il Governo? Le entrate, Presidente, non sono nella disponibilità del negoziato che lei ha in corso, in sede tecnica, con il Governo. Questo deve capirlo e deve risponderne! Non sono nella disponibilità del negoziato che lei ha in corso, dica quando la Presidenza del Consiglio dei Ministri iscriverà all'ordine del giorno le norme di attuazione, che non servivano ma che avete voluto e ci avete sprecato oltre due anni, ma ci sono! Quand'è che verranno iscritte all'ordine del giorno, Presidente? Qual è il contenzioso? Sono i giochi! Badate, sarei pronto ad assumermi la responsabilità di dire: se sono solo i giochi, il contenzioso relativamente alle entrate, prendiamoci senza discutere quello che ci propongono, stiamo parlando di una parte residuale. Quindi le chiedo, presidente Cappellacci, di dire a quest'Aula qual è lo stato del confronto su questa parte.

A seguire dovrebbe dirci a che punto è il confronto per allentare il patto di stabilità, i temi dell'insularità, le crisi industriali. Perché non ci dice, Presidente, qual è lo stato del confronto su ALCOA a 10 giorni, a 10 giorni da una scadenza drammatica? Non mi risulta che il Governo abbia una soluzione, lo dico anche all'assessore Zedda, mi fa piacere che susciti ilarità, alla fine posso convincermi che almeno questo ho provocato al Presidente della Regione e all'assessore Zedda; però provate a rispondere a questo, diteci a che punto è lo stato del confronto con il Governo su queste questioni. Presidente, che cosa sta facendo sulla Tirrenia, sulla continuità territoriale? Ci vuol dare una risposta oggi?

Ancora. Come intende proseguire il confronto con il Governo? Tutti ieri le hanno detto: "Non siamo d'accordo per i tavoli tecnici"; tutti le hanno chiesto di attivare un confronto politico, le hanno chiesto di indicare le priorità. Quali sono le priorità per lei, Presidente? Rimettere le entrate nella discussione sul federalismo fiscale? Ci dica che non è così! Ci dica che il dettato di quel decreto Monti non sta né in cielo né in terra, ci dica che abbiamo letto male che per lei resta la pregiudiziale delle entrate e anche entro quanto si conclude l'attuazione di quell'accordo.

Presidente, lei fa appelli all'unità, mi creda, nulla di personale, ma è difficile stare dalla sua parte, Presidente, difficile, impossibile perché lei non rappresenta gli interessi della Regione. Smettetela di paragonare Monti a Cappellacci, rispetto a Monti non siamo in presenza nemmeno di un dosso, questa è la situazione!

Allora, vedo che sta finendo il tempo, se io fossi in una seduta ordinaria del Consiglio regionale, presenterei un dispositivo finale cioè una mozione di sfiducia, Presidente, nei suoi confronti. Lei deve prendere atto che non ha più la maggioranza della Sardegna ma non ha più la maggioranza nemmeno in quell'aula e dico anche ai colleghi sardisti di essere coerenti con quello che affermano perché non si può predicare e poi sostenere una maggioranza che sta portando al disastro quest'Isola. Siccome, ripeto, se fosse una seduta ordinaria, presenterei una mozione di sfiducia, e non escludo entro mercoledì di presentarla...

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, due giornate di approfondimento, due giornate di confronto con la classe dirigente di questa Regione per arrivare alla conclusione e provare a fare un bilancio che si può, temo, per com'è andata la giornata di oggi, sintetizzare con due parole: un'occasione persa. Un'occasione persa di fronte a una situazione che, l'abbiamo detto, l'abbiamo sentito, è una situazione drammatica in Sardegna, in Italia, in Europa, nel mondo. In un momento in cui la politica e i partiti perdono totalmente di credibilità, in un momento in cui la gente vuole qualcosa di diverso, vuole soluzioni, abbiamo assistito a due giornate nelle quali, ieri, ho sentito ragionamenti alti, importanti, ho sentito dei contributi, li ho sentiti in termini concreti e li ho sentiti tutti, ho preso buona nota, sono stato presente oggi e ieri, e quei contributi saranno certamente utili per questo percorso. Questo percorso che sarà fatto da chi? Beh, da chi ci vuole stare, perché sto predicando da diversi mesi l'unità, sto cercando di far capire a tutti che è indispensabile creare delle condizioni per ottenere un risultato. Sto cercando di far capire a tutti che in questa situazione ne va di mezzo non solo il futuro della nostra Sardegna, ma probabilmente anche il futuro di questa classe politica.

Allora che cosa vogliamo fare? Vogliamo dare alla gente, a chi sta fuori, l'esempio e metterci a lavorare e fare proposte concrete, essere operativi? Oppure vogliamo andare verso un processo diverso che porta al suicidio collettivo? Non ho istinti di questo tipo, né voglio seguire chi dovesse averli.

Che cosa si è fatto sino a oggi? Bene, è stato già richiamato da qualcuno, abbiamo fatto richiesta al Governo Monti di poter aprire un tavolo, prima che quel tavolo venisse aperto, ho fatto una convocazione a Roma di tutti i parlamentari sardi, perché quei parlamentari sostengono il Governo Monti, ho invitato all'incontro anche i Capigruppo in Consiglio regionale, perché credo che sia importante che ci sia un momento di condivisione, di unità della politica, abbiamo ipotizzato un percorso, si è detto in quella sede che bisogna coinvolgere tutti, è giusto, è necessario, è opportuno, quindi abbiamo immaginato sin da allora una convocazione degli Stati generali, nel frattempo è arrivata la convocazione del tavolo politico a Roma con Monti, perché era un tavolo dove c'era il Presidente del Consiglio, era un tavolo dove c'erano dei Ministri, dei funzionari, dei parlamentari, dei consiglieri regionali, il Presidente del Consiglio regionale e il Presidente della Giunta.

Abbiamo aperto un tavolo e abbiamo iniziato un discorso. Si è detto subito che si doveva accelerare per gli Stati generali, perché non era possibile presentarci al tavolo senza prima condividere un percorso e possibilmente una sintesi, trovare la sintesi sulla quale poter convergere. Allora abbiamo fatto anche quello, nel frattempo il processo è andato avanti, anche grazie all'impegno del presidente Napolitano, si è ulteriormente formalizzato, c'è stato un momento tecnico. Non vi appassiona il momento tecnico? Non credo che sia quello decisivo, credo che sia necessario perché la politica poi possa decidere, ma credo che quello decisivo sia il tavolo politico che Monti, insieme a noi, presente anche lei, onorevole Diana, ha aperto.

A quel punto abbiamo detto che bisognava accelerare (ma eravamo impegnati su una finanziaria che andava avanti senza arrivare rapidamente a una conclusione) per raccogliere i contributi. Nel frattempo la Giunta che cosa ha fatto? Ha presentato una proposta, ha presentato sette schede, com'è stato detto: possono essere condivise, possono non essere condivise, ci sono dei miglioramenti da fare? Ci sono delle modifiche? Bene, mi aspettavo che oggi arrivassero quelle integrazioni, quelle proposte, quei correttivi, anche quelle critiche. La Giunta ha incominciato a discutere su quelle schede, le ha discusse con le organizzazioni datoriali, mi auguro, sono sicuro, le potrò discutere anche con le organizzazioni sindacali e con i rappresentanti delle autonomie locali. Credo che ci sia ancora il tempo per poter raccogliere il contributo di tutti e poter arrivare a quella sintesi che sia sintesi veramente di un pensiero comune e condiviso.

Oggi, in quest'Aula, ho sentito interventi che vanno in questa direzione costruttiva, ma ho sentito anche degli interventi che invece sembrano unicamente finalizzati a rompere un percorso, a creare le condizioni perché non ci sia questa unità. Allora usciamo per una volta fuori dall'ipocrisia, diciamocelo chiaro. Lei (l'apprezzo molto nel discorso finale) è arrivato alla conclusione che va presentata una mozione di sfiducia, la presenti, ma apprezzo molto l'onestà intellettuale, perché finalmente ci ha detto: "Non vogliamo questa unità. Vogliamo rompere. Vogliamo andare alla sfiducia!". Benissimo, credo che questo sia un momento almeno di verità dal quale possiamo partire. Per conto mio, sono certo che non sarò solo, con tutti coloro i quali si vogliono ancora arruolare in questo esercito che vuole andare a rappresentare gli interessi della Sardegna, che vuole andare a portare un risultato, continuerò a lavorare per quel risultato, perché credo che sia questo il mio dovere, credo che sia questa la mia responsabilità.

Credo che sia mio dovere e mia responsabilità raccogliere anche gli appelli che abbiamo sentito ieri, raccogliere i contributi, il desiderio di fare qualcosa, il desiderio di dare una mossa, di modificare questo stato di cose e di andare verso possibili soluzioni. E' stato detto chiaro e forte ieri, sono stati dati dei contributi concreti, li raccoglierò e anche sulla base di quelli, se è necessario, se è opportuno, probabilmente lo sarà, l'impostazione che è stata data a quelle schede, verrà integrata. Credo che questo sia il dovere del Presidente, il dovere della politica in senso più generale. Chi intende fare un percorso di questo tipo, di costruzione, è bene accetto, oggi, lo sarà domani e dopodomani, perché c'è sempre tempo per arruolarsi nell'esercito di chi vuole rappresentare gli interessi della Sardegna.

Onorevole Soru, non sono mai stato, né da bambino, né da grande, ad Arcore, però se a lei fa piacere pensarlo perché questo l'aiuta in qualche modo, forse anche a trovare pace rispetto a qualche responsabilità che probabilmente lei riconosce, lo faccia, lo pensi. Desidera pensarlo? Lo pensi. Lo pensi magari in un momento di riflessione seduto nel giardino, in quello sulla spiaggia, della sua casa, piuttosto che dalle finestre della sede della sua azienda, e trovi l'ispirazione guardando i fenicotteri che sono a pochi passi. Mentre lo fa magari continui a convincersi di quello che ha contrabbandato per tutto questo tempo ai sardi, cioè che lei ha risolto il problema delle entrate fiscali, della vertenza entrate, come se non esistesse un patto di stabilità che rende totalmente nullo quel risultato, continui pure a pensarlo. Pensi che ha risolto il problema dei beni militari dismessi, che è un fatto già risolto, lo continui a pensare. Ha dato un contributo al Mezzogiorno portando i rifiuti della Campania in Sardegna? Lo continui a pensare. Ha risolto i problemi dell'occupazione? Continui a pensarlo, onorevole Soru, se questo la può aiutare. Le faccio i migliori auguri perchè possa trovare questa pace!

Rispetto invece al tema che è stato richiamato, che è quello della mozione sardista, devo dire che non sono spaventato da un momento di discussione di quel tipo, non sono spaventato se è un momento che serve a una riflessione, a un esame puntuale dei rapporti con lo Stato, di quello che è il conto finale, della rivendicazione che noi dobbiamo portare avanti e la dobbiamo portare avanti con la massima determinazione. Voglio mettere questa determinazione tutta sul tavolo, perché sono convinto, cari amici, che i quattro mori, so che ne siete convinti anche voi, ma ne siamo convinti tutti, non siano il simbolo di un partito, ma qualche cosa che sta nella nostra coscienza, che sta nel nostro DNA. Sardisti lo siamo tutti, e lo siamo per nascita!

PRESIDENTE. Il Consiglio è convocato alle ore 17 di martedì 20 marzo 2012.

La seduta è tolta alle ore 13 e 40.