Seduta n.384 del 26/02/2013 

CCCLXXXIV SEDUTA

MARTEDI' 26 FEBBRAIO 2013

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 32.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 10 gennaio 2013 (376), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Roberto Capelli, Daniele Cocco, Paolo Maninchedda, Massimo Mulas, Carlo Sanjust, Carlo Sechi e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta del 26 febbraio 2013.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che in data 22 febbraio 2013 è pervenuta copia della decisione della Corte costituzionale numero 26 dell'11 febbraio 2013, nella quale: 1) si dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge regionale 22 dicembre 2011, numero 27 (Riforma della legge regionale 5 maggio 1965, numero 15, "Istituzione di un fondo per l'integrazione del trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza del personale dipendente dall'amministrazione regionale"); 2) si dichiara, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 2; 3) si dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 5, nella parte in cui non prevede, per il dipendente beneficiario della prestazione pensionistica integrativa, che la facoltà di chiedere la liquidazione in forma capitale sia limitata alla misura del 50 per cento del montante finale accumulato; 4) dichiara inammissibile la questione di illegittimità costituzionale dell'interna legge regionale numero 27 del 2011, promossa in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera o) e 117, terzo comma, della Costituzione; 5) dichiara, infine, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 5, sollevata in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e) e 117, terzo comma, della Costituzione.

Comunico che il Presidente della Regione, con nota del 22 febbraio 2013, ha fatto pervenire al Consiglio il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri contro la Regione autonoma della Sardegna per dichiarata illegittimità costituzionale degli articoli 6 (comma 1), 8 (comma 12), 13 e 18 della legge regionale 17 dicembre 2012, numero 25, concernente: "Disposizioni urgenti in materia di enti locali e settori diversi".

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Gestione dei fondi comunitari e statali destinati al Programma ENPI CBC Bacino del Mediterraneo 2007-2013". (488)

(Pervenuto il 22 febbraio 2013 e assegnato alla seconda Commissione.)

"Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 giugno 1989, n. 30 (Disciplina delle attività di cava)". (489)

(Pervenuto il 22 febbraio 2013 e assegnato alla sesta Commissione.)

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Barracciu - Espa - Corda - Bruno - Capelli - Porcu - Cucca - Lotto - Agus - Sabatini: "Disposizioni per l'istituzione della Rete regionale dei servizi e del Coordinamento regionale per l'autismo e i disturbi pervasivi dello sviluppo". (486)

(Pervenuta il 19 febbraio 2013 e assegnata alla settima Commissione.)

Steri - Oppi - Artizzu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Pitea - Sanna Matteo: "Pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei consiglieri e degli assessori regionali". (487)

(Pervenuta il 20 febbraio 2013 e assegnata alla prima Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Tocco, con richiesta di risposta scritta, sullo stato dell'indagine penale avviata dalla Procura della Repubblica di Oristano riguardante il materiale definito "compost di qualità", proveniente dal CASIC di Macchiareddu, scaricato nel 2009 nell'azienda agricola Campulongu dell'Ente foreste della Sardegna a Oristano". (1050)

"Interrogazione Cugusi, con richiesta di risposta scritta, sul procedimento relativo all'avviso Lav…Ora, sul decreto 17 gennaio 2013, n. 1 e sulla determinazione n. 1067 del 1° febbraio 2013 dell'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale circa la revoca, il commissariamento ad acta e la riprogrammazione delle risorse comunitarie previste di 8,5 milioni di euro del bando Lav…Ora". (1051)

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla totale assenza di strumenti di tutela per i disoccupati che non usufruiscono di ammortizzatori sociali in sede di contrattazione sindacale". (1052)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione dei servizi territoriali erogati dall'ASL n. 5 in Marmilla e Sarcidano e in particolare sulla situazione del centro di neuropsichiatria infantile di Ales". (1053)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interpellanza Corda - Barracciu - Espa sulla mancata nomina del direttore del distretto socio-sanitario di Olbia e sulle dannose conseguenze che ciò comporta per la programmazione, organizzazione e gestione del servizio socio-sanitario". (396)

PRESIDENTE. Considerata l'assenza di numerosi consiglieri, sospendo la seduta sino alle ore 16 e 45.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 38, viene ripresa alle ore 17 e 07.)

Discussione e approvazione del disegno di legge: "Proroga dei termini di cui all'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11, recante 'Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011'" (481/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge numero 481/A.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Francesco Meloni. Ne ha facoltà.

MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Presidente, la nostra proposta è sempre la stessa, cioè quella di portare all'ordine del giorno il testo di legge di riordino degli enti locali e che riguarda in particolare la soppressione delle province. Per note ragioni, che forse non vale la pena ripetere qui, noi siamo contro la legge che attualmente è all'esame del Consiglio, che prevede la proroga degli organi delle province attualmente in vigore. Invero non è che non valga la pena ripetere tali ragioni, anzi le ripeterei con maggiore forza rispetto al solito, visto che stamattina in Conferenza dei Capigruppo qualcuno mi ha detto che noi Riformatori non abbiamo fatto abbastanza per abrogare le province. Mi chiedo cos'altro avremmo dovuto fare: abbiamo partecipato attivamente ai lavori della Commissione, abbiamo fatto votare la legge come è stata esitata dalla Commissione, il nostro segretario regionale è il relatore di quella legge, a ogni convocazione del Consiglio abbiamo reiterato, a costo di essere noiosi, la richiesta di rimetterla all'ordine del giorno, quindi mi viene davvero difficile pensare a cos'altro avremmo potuto fare.

Sono tre mesi che quella legge è pronta e sono tre mesi, forse anche di più, che chiediamo che venga messa all'ordine del giorno, ma ci viene sempre risposto di no. Ora che ci accusino di essere noi causa del ritardo francamente mi lascia perplesso, a dir poco. Ma non ripeterò le ragioni di cui dicevo, anche perché ne abbiamo una nuova: i risultati elettorali di ieri e il successo del Movimento Cinque Stelle e di Beppe Grillo. Io non sono un politico particolarmente raffinato, e quindi forse sbaglio analisi, ma non mi pare che occorra un genio per capire che cosa è successo e che cosa c'è alla base della trionfale vittoria del Movimento Cinque Stelle e di Grillo: c'è il rifiuto di una politica stanca e vecchia, che tarda a rinnovarsi o peggio non vuole rinnovarsi, non vuole cambiare abitudini e vuole solo continuare con i suoi soliti riti; c'è il rifiuto degli sprechi dietro il successo di Grillo, il rifiuto del numero esorbitante di parlamentari e dell'entità altrettanto esorbitante dei loro stipendi (almeno noi i nostri ce li siamo ridotti); c'è il rifiuto di strutture che la gente percepisce come inutili, come appunto le province.

Abbiamo fatto un referendum sulla soppressione delle province (a qualcuno non sarà piaciuto, ma comunque l'abbiamo fatto e abbiamo anche vinto), che ha dato il risultato che conosciamo tutti, e poi, pur di non dargli seguito, ci siamo inventati una legge provvisoria che prorogava al 28 febbraio l'approvazione dell'apposita legge di riforma, ma sotto sotto quasi tutti sapevate che non sarebbe stata approvata entro quella data. E infatti così è successo. Abbiamo, anzi avete, per la verità, allungato ogni possibile brodo per evitare che tempestivamente, entro il 28 febbraio, si facesse la riforma delle province, fino ad arrivare a quella che la Giunta ha dovuto fare pochi giorni fa, ovvero una proroga obbligata per non far succedere il caos.

Non avevate però calcolato la coincidenza con le elezioni e il successo di Grillo. Questa scadenza è arrivata, quindi, nel momento sbagliato e oggi siamo tutti davanti alle uova rotte sul pavimento. Non siamo certo in tempo per approvare la legge di riordino degli enti locali entro il 28 febbraio, ci rendiamo conto che da questo punto di vista una proroga, alla quale siamo ultracontrari, è inevitabile, però chiediamo di dare almeno un segnale. E il segnale è quello di commissariare le province, di non ripresentarci agli elettori dicendo: "Signori, per altri tre o sei mesi lasciamo lì Sanciu, Tocco e tutti gli altri". Il coraggio di fare almeno questo credo però che non lo abbiate.

Presidente, le comunico che i componenti del Gruppo dei Riformatori, tutti e sei, anche i due che sono assenti in questo momento, non parteciperanno ai lavori su questa legge e chiedono di essere considerati assenti per ragioni politiche.

Continuazione della discussione e approvazione del disegno di legge: "Proroga dei termini di cui all'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11, recante 'Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011'" (481/A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale del disegno di legge numero 481/A.

Ha facoltà di parlare la consigliera Greco, relatri[PS1] ce di maggioranza.

GRECO (P.d.L.), relatrice di maggioranza. Mi rimetto alla relazione scritta.

PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, intervengo solo per cercare di precisare in che cosa effettivamente consiste questo provvedimento. Non è un provvedimento di proroga delle province; le province sono soppresse all'esito del referendum del 6 maggio, quindi non ci sono più. Noi, per una responsabilità che non si può certo addossare a formazioni politiche come la nostra o ad altre del centrosinistra, non abbiamo sviluppato nei tempi corretti, quelli previsti dalla legge numero 11 del 2012, il percorso per la riforma complessiva del sistema delle autonomie locali e oggi siamo costretti, proprio in ragione di queste insufficienze, a protrarre per alcuni mesi il periodo necessario a definire normativamente dove si allocano le funzioni e i compiti delle vecchie province e a chi vanno assegnati gli uffici, il personale, le risorse, il patrimonio e così via, cioè l'apparato delle province nel suo complesso.

Occorre uscire dall'equivoco per cui ogni volta sembra che si voglia prorogare chissà che. Stiamo prorogando una gestione transitoria e provvisoria, tentando di non violare dei principi costituzionali, tentando cioè di non dare la stura a nuove impugnative e soprattutto di evitare il caos amministrativo e finanziario delle autonomie locali in Sardegna.

Dico questo e solo questo perché non vorrei che il Consiglio regionale, soprattutto le opposizioni, venissero in qualche misura caricate di una responsabilità che non hanno, quella cioè di non adempiere alla volontà popolare espressa con il referendum. Anzi mi va di sottolineare che, se fossimo in un tribunale, si parlerebbe di insussistenza del fatto del quale ci si vuole attribuire la responsabilità, perché non sussiste, ovverosia le province sono soppresse e nessuno vuole impedire, come spesso erroneamente viene fatto intendere, il superamento dei livelli istituzionali che dalla volontà popolare hanno ricevuto, come dire, un giudizio liquidatorio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Signora Presidente, onorevole colleghi, signori Assessori, in effetti su questa norma abbiamo dibattuto più volte e anche noi vogliamo ribadire, come ha fatto l'onorevole Uras, che non siamo contro il referendum, anzi vogliamo che sia rispettata la volontà popolare. Ciò non toglie, però, che abbiamo una responsabilità, perché la soppressione delle province non è un atto semplice; occorre attenzione, perché vi è tutta una serie di attività e impegni che la provincia deve adempiere all'atto della sua istituzione. Oltretutto si tratta di organi regolarmente eletti e quindi, pur nel rispetto dell'esito referendario, credo che spetti a noi la responsabilità di evitare il caos istituzionale. Spetta cioè a noi la responsabilità di seguire questo processo nel rispetto dell'esito referendario, sapendo però che non possiamo mandare nel caos determinate attività: penso alla gestione delle scuole, alla manutenzione viaria, agli interventi ambientali, nei quali la Regione è impegnata, e non ultimo al problema dei Cesil e dei Csl, che è ancora irrisolto. Eppure, questa maggioranza ha esitato, in prima Commissione, un testo di legge che demanda alle province la rivisitazione delle piante organiche e l'assunzione di quel personale. Il servizio che veniva svolto da quei centri è completamente bloccato, in un momento di grave disoccupazione in cui i nostri concittadini più in difficoltà, più deboli, hanno invece bisogno di assistenza. Inoltre rischiamo di dover rendere risorse comunitarie perché non riusciamo a sviluppare i processi della formazione professionale, che è legata alle politiche attive del lavoro. Vi è dunque tutta una serie di attività che la Regione ha demandato alle province e sulle quali, ripeto, vi è la necessità di una responsabilità politica.

Nel ribadire la volontà di rispettare l'esito referendario avevamo anche detto che questa era una grande opportunità per il Consiglio regionale di discutere di riordino istituzionale coinvolgendo gli enti locali, perché a essi i cittadini si rivolgono per avere risposte immediate. Oltretutto sappiamo che gli enti locali sono un elemento fondante della democrazia. Se perdiamo di vista l'attenzione per gli enti locali alimentiamo lo scollamento già abbastanza radicato, ormai, tra politica e cittadino, ma non possiamo permetterci di aumentare ulteriormente questo divario che la politica ha creato e che dovremmo anzi colmare in maniera rapida.

La proposta dell'onorevole Meloni di portare in Aula il provvedimento sul riordino delle province credo che a noi stia perfettamente bene, però, prima che questo avvenga, dobbiamo garantire i servizi che la Regione Sardegna ha trasferito a degli organi, ripeto, regolarmente e liberamente eletti, che non possono essere soppressi da un giorno all'altro o commissariati. Si ripropone la scelta di questa maggioranza di usare il commissariamento come procedura normale in un momento in cui la normalità dovrebbe essere ben altro che il commissariamento delle province o di altri organismi regionali. A mio avviso, c'è necessità di responsabilità e consapevolezza politica per consentire alle province di espletare le loro funzioni e di essere traghettate fino al momento dello scioglimento definitivo, che è ciò di cui abbiamo sempre parlato.

La scadenza del 28 febbraio era quella entro la quale avremmo dovuto predisporre una norma di legge sul riordino istituzionale. Poiché questo non è ancora avvenuto, dovremo provvedere al più presto, ma credo che questo Consiglio non debba lasciare che si determinino situazioni di caos istituzionale, ma debba cogliere questa opportunità per ridiscutere del riordino istituzionale di una Regione a statuto speciale di cui a parole affermiamo l'autonomia, alla quale però nei fatti non siamo in grado di dare corpo, visibilità e consistenza. Noi abbiamo una certa visione della gestione della cosa pubblica, proviamo a realizzarla, ma non buttiamo all'aria quanto costituzionalmente è negli atti, perché le province sono comunque organi riconosciuti dalla Costituzione. Quindi prima di dare corso alla loro soppressione, anche se diciamo che col referendum sono state già abrogate, approfondiamo la questione. Mi risulta che i Riformatori Sardi abbiano presentato una proposta di legge nazionale per la modifica dell'articolo 43 dello Statuto, quindi con procedura costituzionale, invitando così il Consiglio a sancire la definitiva soppressione delle province. Mi sembra che stiamo creando situazioni di non perfetta governabilità e di non rispetto della Costituzione.

Credo che su questo tema non ci dobbiamo lasciar prendere dalla fretta, perché non si possono sopprimere con un colpo di spugna organismi complessi, che peraltro hanno alle dipendenze personale a tempo indeterminato, a meno che non si voglia cominciare proprio da questo personale, mettendolo in cassa integrazione, per dare un taglio ai costi istituzionali. Non credo che sia così, per cui occorre un'attenzione ulteriore per non far precipitare gli eventi. Nel rispetto della volontà popolare, che noi a più riprese abbiamo ribadito, abbiamo la responsabilità di non creare caos istituzionale e di far sì che i processi di evoluzione avvengano nel miglior modo possibile, senza creare situazioni di grave disagio sociale, consentendo quindi che le funzioni demandate alle province possano essere esercitate sino a che non sarà stabilita una modalità alternativa per governare questi processi per il bene comune.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Signora Presidente, colleghi, Assessori, mi auguro che questa discussione non sia un monologo dai banchi del centrosinistra. Mi preoccupa l'andamento di questo confronto: il relatore di maggioranza di questo provvedimento, che deriva da un disegno di legge della Giunta, si è rimesso alla relazione scritta e ancora non abbiamo avuto modo di ascoltare i colleghi della maggioranza.

Presidente, capisco che l'Aula sia distratta, lo spoglio delle schede elettorali è ancora in corso, siamo tutti sotto l'onda d'urto emotiva dei risultati di ieri, però credo che dobbiamo provare a discutere e legiferare con serenità e ascoltandoci reciprocamente. Dicevo che sono preoccupato, non avendo ancora avuto modo di sentire i colleghi della maggioranza, e anche dispiaciuto perché, una volta di più, i colleghi Riformatori dimostrano, mi dispiace dirlo, tutta la loro ipocrisia politica e il loro equilibrismo. Mi dispiace anche che il collega Meloni, dopo essere intervenuto, abbia abbandonato l'aula. I colleghi Riformatori sono stati animatori di un referendum sull'abolizione delle province destinato a creare caos istituzionale, senza avere certezza che all'interno della maggioranza, di cui fanno parte, ci fosse un punto d'arrivo, un punto d'approdo, e oggi provano ancora a lucrare un qualche vantaggio (e devo dire che va loro bene, anche ieri hanno strappato un posticino alla Camera!) stando un po' in maggioranza, un po' all'opposizione, un po' nel "palazzo", un po' nelle piazze. E' un andazzo che non credo favorisca l'immagine di una classe politica, in particolare di una maggioranza politica che anche in questa circostanza dimostra tutta la sua incapacità di governare e di proporre riforme che abbiano un qualche senso per la nostra Regione.

Il disegno di legge partorito dalla Giunta il 30 gennaio, a otto o nove mesi dal referendum, è di una pochezza politica, di una disperazione politica del tutto evidente. Si limita, in un articolo, a prendere atto di quanto abbiamo spesso avuto modo di dire, e cioè che i referendum lasciavano un vuoto amministrativo che andava colmato, ma non si fa carico di proporre alcunché.

Credo quindi che sia importante ribadire quanto hanno già detto i colleghi: non stiamo prorogando un bel niente. Questo disegno di legge non proroga un bel niente, si tratta soltanto di dare continuità amministrativa e di riempire un vuoto che la vostra maggioranza politica - che forse più che politica è solo numerica -, che sostiene il presidente Cappellacci, non ha saputo colmare. Noi riteniamo anche - lo dico al collega Meloni, che non c'è, ma glielo riferirete - che sia assolutamente ridicolo e ipocrita pensare che la continuità amministrativa possa essere assicurata a tempo, ovvero di due mesi in due mesi, perché è del tutto evidente che la vostra pochezza politica molto probabilmente non vi consentirà di fare una riforma, su cui noi siamo pronti a confrontarci, entro il mese di giugno. E allora, se dobbiamo dare continuità amministrativa, forse sarebbe meglio ripristinare uno Stato di diritto e consentire agli organismi eletti di andare avanti fino al termine del loro mandato elettivo, salvo che non intervenga una riforma, che nessuno vi impedisce di fare, che in linea teorica potreste fare tra un giorno, due giorni o una settimana, se ne foste capaci. Ma non è giusto, colleghi della maggioranza, colleghi Riformatori, lucrare posticini a destra e a manca, strappare posticini alla Camera e in Giunta, e stare anche all'opposizione. Non è giusto che a pagare il prezzo della vostra incapacità, inconsistenza e ipocrisia siano i cittadini, a cui quegli enti debbono dare opportuni servizi. Non è possibile, in una situazione di crisi generale, tenere nell'incertezza amministrativa realtà comunque importanti, quali le province. Sarebbe meglio che vi assumeste la vostra responsabilità.

Noi proporremo un emendamento a questo testo di legge ipocrita ed equilibrista, perché non avete neanche la forza di andare avanti fino in fondo, di ammettere di non essere capaci di fare una proposta. Noi intendiamo dare continuità amministrativa fino alla fine del mandato elettivo, non perché ci interessi salvare le province (personalmente ritengo non debbano essere salvate affatto, anzi sono favorevole alla loro totale soppressione, al superamento del sistema delle otto province), ma per far sì che non siano i cittadini a pagare il prezzo della vostra incapacità e le province non diventino il terreno di caccia di proclami elettorali, di ipocrisie sul taglio dei costi della politica, che poi non siete capaci di portare avanti. Non è giusto che il prezzo della vostra ipocrisia la paghino i cittadini!

Questo testo di legge dunque non riempie un vuoto, dà continuità amministrativa, cerca di non far pagare ai cittadini il prezzo politico della vostra incapacità e io credo che faremmo bene a prevedere che la continuità sia garantita fino alla fine del mandato elettivo e certamente fino all'approvazione di una legge di riordino complessivo degli enti locali. E questo, badate bene, può avvenire molto prima del mese di giugno, se dimostrerete di averne la capacità.

Quindi nessun tentennamento da parte nostra, nessuna volontà di far rivivere le province, che sono già cancellate per intero (non solo le quattro nuove, ma anche quelle storiche), ma soltanto la volontà da parte nostra di far sì che non siano ancora una volta i cittadini a pagare il prezzo altissimo, in un momento di crisi come questo, della vostra inconsistenza e incapacità politica.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, colleghi, credo che, al di là della proposta che ci è stata sottoposta in una fase particolarmente complicata della vita politica nazionale e anche regionale, dovremmo prestare un po' di attenzione a ciò che facciamo. Lo dico con ragionevolezza, richiamando prima di tutto me stesso all'idea che dovremo prima o poi - e lo dico con amicizia anche ai colleghi Riformatori - finirla di usare l'istituzione come un palcoscenico e che il Consiglio regionale non può essere relegato a un talk show. Dobbiamo fare le persone serie e cominciare a chiarire di che cosa stiamo parlando.

C'è un punto che non ci trova d'accordo: sostenere, in punto di diritto, che oggi in astratto tutte le province sono cancellate non ha fondamento giuridico e costituzionale. Fare questo è contro la legge, bisogna che questo punto sia chiaro. L'altro punto è questo: siamo d'accordo nel rispettare la volontà del popolo laddove questo ha potuto esprimersi in maniera efficace con un referendum? Sì, questo è possibile e questo dobbiamo fare, perché se è vero, come pensiamo noi, che fino a quando l'articolazione costituzionale dice che ogni metro quadro del territorio della nostra Italia deve essere coperto da un'istituzione provinciale, perché nella Costituzione questo è scritto, i signori Riformatori, anziché fare i teatrini, devono spiegarci come si supera questa questione. Le fandonie bisogna lasciarle a casa, perché il risultato elettorale ci parla di questo modo di approcciare il nostro dovere, quello cioè di fare spettacolo anziché lezioni di servizio ai cittadini. Se poi il populismo dice altro, affronteremo con gli strumenti della riforma la possibilità di superare complessivamente quell'istituto, ma noi vogliamo: 1) rispettare l'esito referendario; 2) respingere l'idea che qui dentro si possa fare spettacolo e perseguire l'illegalità. Ma soprattutto dobbiamo portare rispetto a quelle istituzioni che la Costituzione ha definito allo stesso nostro livello, e cioè gli enti locali.

Vi vorrei sottoporre l'idea della facilità con la quale noi ci muoviamo. Il documento che ci è stato consegnato contiene due testi, uno della Giunta e uno della Commissione, completamente diversi tra loro. Il parere del CAL è stato espresso sul testo della Giunta e non è evidentemente coerente con le modifiche apportate dalla Commissione. Diciamocelo francamente: avete utilizzato, come maggioranza, quest'Aula per fare i soliti giochi al vostro interno. Infatti il testo della Giunta dice, anche nei confronti dei Riformatori, che le province per legge cessano alla conclusione naturale del loro mandato. Su questo non si può scherzare, è scritto ed è prassi consolidata. Questo dice il disegno di legge, ma siccome non va bene ai Riformatori, che sostengono un'idea fantasiosa, demagogica e sbagliata, la maggioranza ha voluto dar loro un contentino, per tenerli buoni. Questo, colleghi, è usare l'istituzione per fare giochetti!

Noi non siamo dell'idea di accompagnare nessuno su questo terreno, ecco perché abbiamo presentato un emendamento, che è serissimo, Assessore, e che dice: 1) rispetto dei principi costituzionali; 2) rispetto dell'articolo 43 del nostro Statuto; 3) armonia con gli esiti referendari; 4) armonia con i principi di riforma economico-sociale della Repubblica, il che significa stare in linea con la decisione che è sottesa al provvedimento adottato dal Governo Monti in ordine al riordino delle amministrazioni provinciali. Messo a posto tutto questo diciamo, nel rispetto delle norme vigenti, che le amministrazioni provinciali cessano alla scadenza naturale del loro mandato, dopodiché la sfida, caro Assessore, cara maggioranza, è della politica. Se voi non siete capaci di trovare una risposta credibile di riforma di questo sistema sono problemi vostri e noi dobbiamo dire che non siete in condizioni di fare riforme. Chiaramente noi non ci possiamo permettere il lusso di sostenere che non siamo disponibili a venire qui a discutere della riforma. Ci fosse una riforma, noi saremmo pronti, anche perché - l'assessore Rassu lo sa bene, e infatti su questo punto non mi può contraddire - lezioni di riformismo per quanto riguarda gli enti locali non ne dobbiamo prendere da nessuno, visto e considerato che qualche "cosetta" nella passata legislatura l'abbiamo fatta su questo terreno, anche con un po' di coraggio. Eliminare le comunità montane, istituire le unioni dei comuni, introdurre il fondo unico ed eliminare mille posti di sottogoverno è stata infatti un'operazione per niente semplice, anzi è stata un'operazione pesante, ma l'abbiamo fatta. Nessuno si permetta quindi di dire che noi non vogliamo affrontare la riforma degli enti locali. Se fosse presentata domani mattina, noi abbiamo qualità, capacità, esperienza e anche equilibrio per poterla affrontare. Ma ci fosse una proposta della maggioranza!

D'altra parte, quelli che hanno usato la "vetrina" e se ne sono andati sono anche quelli che vi chiedono di fare una profonda revisione della vostra struttura assessoriale - evidentemente avete qualche problema -, ma guai a scaricarla sull'intera Aula! L'Aula deve fare il suo dovere e allora il testo che voi ci avete portato è offensivo nei confronti del sistema degli enti locali, i quali, Assessore, gestiscono servizi quotidiani per i cittadini, i quali hanno bisogno che la continuità amministrativa, che già subisce grave pregiudizio a causa della burocrazia, eserciti agevolmente la sua funzione. Non possiamo sentire un giorno sì e l'altro pure minacce da parte dei dirigenti che ci dicono: "Noi non firmeremo mai provvedimenti se non abbiamo la certezza di avere una copertura legislativa e una legittimazione delle nostre funzioni". Questo è il succo delle questioni. Non potremo lamentarci del fatto che le scuole sono fredde, le strade sono piene di buche, le cunette sono piene di fieno che si può incendiare se non teniamo conto, oggi, di quello che stiamo facendo. Ci rincontreremo alla fine di giugno per dire: "Scusate, non siamo stati capaci", continuando questo stillicidio che mette in ridicolo la nostra funzione.

Noi con l'emendamento sosteniamo che le province restano in carica fino alla scadenza naturale, nel frattempo venga messa sul tavolo la sfida della politica a proporre una riforma. Arriva domani? Domani la affrontiamo. Arriva dopodomani? L'affronteremo dopodomani, ma senza scaricare su chi non c'entra l'onere della nostra inerzia, questo sia chiaro, perché da qui alla fine della legislatura questi punti ve li ripresenteremo uno per uno. E se qualcuno volesse continuare a lucrare consenso dall'idea populista "tutto a zero, tutto a terra", ha visto l'esito che gli è stato e gli sarà riservato. Non serve questo populismo, serve un altro tipo di approccio, quello che noi vorremmo affrontare nei prossimi giorni con una finanziaria che sia volta ad alleviare le sofferenze dei sardi. Vedremo in quella sede, dal tipo di proposta che ci presenterete, se volete andare incontro al bisogno di lavoro e alleviare la fame, la disperazione che c'è oppure continuare con questa solfa, con i clientelismi, con il sottobosco che portate avanti da tempo, compresa la tagliola del patto di stabilità, che viene usata per delegittimare le decisioni del Consiglio regionale.

Su queste cose è il cimento e noi non abbiamo bisogno di essere richiamati all'idea del riformismo. Noi avevamo un'idea che era scritta nella legge numero 9 e avevamo iniziato a togliere competenze alla Regione per trasferirle al sistema degli enti locali, siano essi province o comuni. Io personalmente - non voglio impegnare il mio Gruppo - continuo a essere di quell'idea, perché il mio sogno è portare la Regione a essere solo ed esclusivamente un luogo legislativo. Zero amministrazione, zero burocrazia, zero di tutto questo ambaradan di enti e controenti che non gestiscono nulla! Tutte le competenze devono essere trasferite a un sistema articolato di autonomie locali in grado di essere progressivamente investite di tali funzioni. Questo è il disegno che noi abbiamo portato avanti e non ho nessuna ragione per pensare, oggi, di abbandonare quest'idea. Perché? Perché soprattutto in un periodo in cui la crisi della politica sconta anche queste derive populiste, colleghi, il vivaio migliore per la crescita dei gruppi dirigenti del nostro Paese è proprio il sistema locale, dove i talenti possono crescere con responsabilità e ambire a diventare importanti nella scala dell'impegno istituzionale. Tagliando lì noi riduciamo la nostra capacità di avere talenti da investire nella politica. I talenti non si inventano con i comizi sul palcoscenico delle piazze, perché quella classe dirigente prima o poi verrà messa alla sbarra sulla propria capacità di reggere la sfida del legislatore. Non ci si improvvisa in politica!

Allora, il disegno che noi abbiamo in mente riparte dai comuni, dal sistema degli enti locali. Questo è il motivo che ci porta a chiedervi di riflettere sull'idea di sostenere il nostro emendamento, perché sotto il profilo giuridico, sotto il profilo del buon senso, è più coerente con i nostri doveri. Voi della maggioranza - non bene identificata - continuate a tenere il moccolo di questo rapporto sballato con i Riformatori, che devono chiarire prima di tutto a sé stessi che cosa vogliono fare della loro vicenda politica, ma non potete scaricare questa situazione su di noi, perché noi siamo qui per comprendere che cosa ci proponete e proporvi quello che pensiamo noi su questi argomenti, ma non per parare i colpi di una vostra diaspora interna che non siete capaci di fermare. Questo è il punto, ma credo anche la chiave di lettura di quello che noi faremo nei prossimi mesi forse più attivamente, anche alla luce di questa sveglia che è arrivata un po' a tutti.

Il populismo lo si batte sul terreno della politica, non con le alchimie e le furbizie. Le furbizie si pagano care quando sono la risposta fittizia ai problemi e alle attese dei cittadini. Vedremo cosa succederà con la prossima finanziaria. Noi qualche idea l'abbiamo buttata giù, un po' di "riscaldamento" l'abbiamo fatto con la finanziaria precedente, su un terreno che è stato delegittimato dai comportamenti della Giunta e della burocrazia a essa compiacente. Vedremo come andrà quest'anno, ma stavolta provvederemo ad avvertire prima i cittadini del fatto che hanno a che fare con persone che probabilmente non hanno nessuna voglia di rispettare il dettato normativo e si trincerano dietro l'opacità di un vizio di questo famigerato patto di stabilità, che lascia passare i milioni della pubblicità istituzionale e trattiene invece i soldi del decentramento agli enti locali per rendere servizi ai cittadini, soprattutto a quelli più deboli. Questo è accaduto, questo accade. Preferiamo la propaganda, preferiamo il clientelismo alle risposte ai bisogni della gente!

Noi su questo vi aspettiamo con la chiarezza che ha sempre rappresentato il nostro modo di affrontare questa riforma così come altre riforme. Se andate a vedere, troverete negli atti consiliari anche le nostre proposte. Come dire: non è che ci siamo fatti trovare impreparati e oggi affrontiamo un discorso mai iniziato! Io chiedo soprattutto alla Giunta regionale di essere una guida giuridica per questo Consiglio. Assessore, se lei è profondamente convinto che quella proposta non ha i fondamenti giuridici lo deve dire, perché è nella sua intima responsabilità civile per il posto che occupa. Ecco perché noi ci siamo permessi di presentare un emendamento che non è volto a creare ostacoli. Non abbiamo parlato di proroga, perché la proroga ha il sapore di una concessione, mentre il principio di equiordinazione - questo termine così complicato che è stato introdotto nella nostra Costituzione - dice che noi non possiamo avere un rapporto con gli enti locali basato sulle concessioni, ma siamo vincolati appunto al principio di equiordinazione, che esplica la sua funzione nei limiti della legalità costituzionale. Poi è vero che abbiamo fatto dei referendum, perché le leggi ce lo consentono, ma non era possibile dire ai cittadini che tutti quei referendum avevano la capacità giuridica di essere soddisfatti, perché i referendum che erano legati ai vincoli costituzionali non l'avevano. Questo però non è stato dichiarato ed è un limite della falsità della politica nei confronti dei cittadini. Chi l'ha fatto se ne assuma la responsabilità.

Quando si chiama un'ondata referendaria in nome del riformismo e ci si nasconde al momento di confrontarsi, non si possono poi dare lezioni a nessuno. Lasciatemi dire che noi non accettiamo lezioni da quelle persone e vi invitiamo caldamente a risolvere con urgenza questo problema, perché è un problema che ricade sulla nostra inefficienza e anche su di noi e dovremmo essere tutti qui a lavorare a questi principi. Noi sosterremo il nostro emendamento proprio perché abbiamo fatto questa riflessione, a dimostrazione del fatto che non vogliamo contraddire i cittadini, ma il nostro compito non è quello di stare in mezzo alla corrente. Un vecchio e importante politico della storia italiana usava questa similitudine: "In politica non serve stare in mezzo alla corrente in maniera disordinata, bisogna sempre cercare la sponda per farsi guidare". Noi non ci facciamo mettere da voi nel turbinio del torrente senza sapere dove andremo a finire. I cittadini devono essere orientati su base giuridica ed è per questo che vi invitiamo a sostenere la nostra proposta senza demagogia, ma anche trovando un punto di convergenza, dal momento che il compromesso che avete fatto su questo testo, per avere la partecipazione di quei signori, è risultato vano. Quei signori non ci sono, e allora riflettiamo sul merito, non sui comportamenti. Sarebbe già un passo avanti, una lezione imparata a meno di ventiquattr'ore da un esito elettorale che ci ha detto tante cose, una di queste è che è bene porre fine a questo teatrino.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Credo che il risultato elettorale di ieri possa in qualche modo aver condizionato o potrebbe condizionare il giudizio e il voto di quest'Aula sul testo di legge in discussione. Voglio essere chiaro: la Giunta ha presentato un disegno di legge scevro da qualsiasi tentativo di non rispettare l'esito referendario. Non c'è ombra di dubbio. Le province, quelle che indicava il quesito referendario sono abrogate. La Giunta con il suo disegno di legge si è preoccupata di assicurare agli organi provinciali e alle relative strutture amministrative i tempi necessari per attuare il passaggio dalle vecchie province ai nuovi organi sovraterritoriali. La Costituzione prevede le province, di questo siamo certi, onorevole Sanna. In un primo momento la Giunta ha voluto, ripeto, nel rispetto dell'esito dei referendum, garantire i tempi necessari, perché al 31 dicembre 2012 non erano stati rispettati i termini che la legge numero 11 del 2011 imponeva per l'approvazione dell'ordinamento generale degli enti locali, cioè il 31 ottobre 2012. Mi piace ribadire che è già stato assegnato alla Commissione competente il disegno di legge sull'ordinamento degli enti locali presentato dalla Giunta regionale all'inizio dello scorso mese di ottobre. Quindi non è che non si sia lavorato nel merito, ma la Commissione ha voluto procedere all'esame congiunto dei vari testi di legge che riguardavano solo ed esclusivamente le province. La Giunta in questo non ha colpa, è il Consiglio o la Commissione che decide. Io sono rispettoso della volontà del Consiglio, perché è l'organo legislativo, la Giunta semmai è un organo proponente.

Detto questo, non essendo stato rispettato il termine del 31 ottobre per l'approvazione, da parte del Consiglio, dell'ordinamento generale degli enti locali e non avendo quindi provveduto, entro il 31 dicembre 2012, a espletare le procedure conseguenti al passaggio dei comuni da una provincia all'altra, chiaramente da parte del Consiglio regionale si rendeva necessario approvare prima del 28 febbraio, cioè di dopodomani, un disegno di legge che ovviasse al caos istituzionale ed economico che poteva derivare appunto dall'immediata approvazione del testo di legge. Ma, attenzione, la legge numero 11 del 2011 si rifaceva all'articolo 23 del decreto Monti sulla spending review, che è stato superato dalla legge numero 28 del dicembre scorso, la legge sul patto di stabilità, la quale di fatto dà tempo a tutte le Regioni fino al 31 dicembre 2013 per normare sull'ordinamento degli enti locali, consentendo la scadenza naturale delle province che non siano soggette alla disciplina dell'articolo 141 del decreto legislativo numero 267 del 2000.

Quindi il testo di legge in discussione dice sì, le province vengono abrogate, ma occorre dare il tempo necessario affinché tutti gli adempimenti del caso siano compiuti senza creare il caos istituzionale, economico, legislativo e sociale. Questo ciò che ha previsto la Giunta nel disegno di legge che ha sottoposto alla Commissione. Convocata in Commissione, la Giunta ha precisato tutto ciò a cui lei, onorevole Sanna, nel suo intervento ha fatto riferimento. La Commissione, il Consiglio quindi, interpretando la volontà referendaria, ha ritenuto che non è possibile consentire alle province di arrivare alla scadenza naturale, perché sembrerebbe che non si intende tener conto della volontà popolare. Personalmente sono del parere contrario, quindi sono conscio del contenuto del mio disegno di legge, ma chi norma è il Consiglio, e molte volte in quest'Aula è stata richiamata la responsabilità della Giunta al rispetto della volontà del Consiglio.

Io rispetto la volontà del Consiglio, ritengo comunque che i termini imposti dalla norma che oggi stiamo esaminando siano ristrettissimi. Entreremo tra breve nella sessione di bilancio, dovremo quindi portare subito in Aula il disegno di legge sull'ordinamento generale degli enti locali che, ripeto, è in Commissione dai primi di ottobre. Non è vero che la Giunta non ha fatto niente, ma la Commissione ha scelto di esaminare e unificare tutte le proposte sulle province, e di non procedere all'esame del disegno di legge sull'ordinamento degli enti locali.

Sono convinto che i tempi siano ristrettissimi, perché oltre ad approvare la legge sull'ordinamento degli enti locali è necessario indire i referendum e dare il tempo agli organi provinciali di organizzare il passaggio dei poteri alle unioni di comuni, che sappiamo perfettamente sono l'unico organo in questo momento in condizione di poterli recepire. Tanto che, mi dispiace che non ci siano i Riformatori, l'articolo 9 del testo di legge unificato approvato dalla prima Commissione il 23 ottobre scorso prevede testualmente: "1. Fino all'approvazione di una legge statutaria sul sistema dei rapporti tra la Regione e gli enti locali della Sardegna e di una riforma organica sull'ordinamento degli enti locali, le province esercitano le funzioni a esse conferite dalla legislazione statale e regionale vigente. 2. In caso di mancata approvazione della riforma di cui al comma 1, a decorrere dal novantunesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le province esercitano le sole funzioni a esse attribuite dall'articolo 23, comma 14, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201", articolo che è stato abrogato. L'articolo continua specificando quali sono le funzioni che debbono esercitare le province sino all'approvazione della legge sull'ordinamento degli enti locali - è la Commissione che contraddice se stessa -, e cioè: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento; tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale; autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale; costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale a esse inerente; programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell'edilizia scolastica. Questo lo dice il testo di legge approvato nell'ottobre scorso, dunque anche la norma passata in Commissione sottolinea l'impossibilità di arrivare nel breve periodo a un cambiamento di sistema, questo è il problema.

Comunque sia, oggi in Aula è arrivato un testo esitato dalla Commissione, ed è l'Aula che decide. La Giunta ha fatto la sua proposta, ma l'Aula, che è l'organo legislativo, come giustamente è stato detto, può decidere diversamente. Personalmente, ribadisco che i tempi sono troppo stretti e non consentono di assolvere tutte le incombenze a cui ho accennato e di approvare tutti gli atti necessari sia dal punto di vista legislativo che da quello amministrativo. Se non si vuole arrivare alla scadenza naturale delle province è necessario, a mio parere, stabilire dei termini entro cui si possa ragionevolmente attuare la riforma. Fermo restando che nessuno si sogna di dire, tanto meno la Giunta regionale, che le province indicate nel referendum non sono state abrogate. Su questo non c'è ombra di dubbio. Il Consiglio è l'organo legislativo e decide se approvare il testo passato in Commissione oppure legiferare diversamente. Se è vero, come si afferma da una parte, che non è anticostituzionale che le province arrivino alla scadenza naturale del mandato, e su questo sono perfettamente d'accordo, confortato anche dalla norma nazionale, si decida in tal senso. Parliamoci chiaro, però, perché il presidente Monti è tornato sui suoi passi, rendendosi conto che non era possibile dare un colpo di spugna e abolire tutto in pochi mesi. Sono convinto che non si possano sciogliere degli organi democraticamente eletti dai cittadini, quali i comuni e le province, a meno che non rientrino nei dettati degli articoli 141 e 53 del decreto legislativo numero 267, ma posso sbagliarmi, non ho la competenza giuridica per poterlo affermare senz'ombra di dubbio. C'è anche chi dice che bisogna stare attenti perché consentire alle province di arrivare alla scadenza naturale può sollevare dubbi di legittimità costituzionale e la legge può essere impugnata. Va bene, però ribadisco che dal momento che si stanno prorogando non le province, ma i termini di attuazione della riforma, penso che il termine del 30 giugno sia assolutamente ristretto. Tuttavia mi rimetterò a ciò che l'Aula deciderà, come pure per quanto riguarda l'emendamento numero 1, presentato dall'opposizione.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'esame dell'articolo 1, al quale è stato presentato un emendamento.

(Si riporta di seguito il testo dell'articolo 1 e del relativo emendamento:

Art. 1

Modifiche alla legge regionale n. 11 del 2012

1. Al comma 3 dell'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11 (Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011), le parole "28 febbraio 2013" sono sostituite dalle parole "30 giugno 2013".

2. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge regionale n. 11 del 2012, come modificata dalla presente legge, si applicano anche agli organi delle province per i quali sono intervenuti provvedimenti di scioglimento ai sensi della legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13 (Scioglimento degli organi degli enti locali e nomina dei commissari. Modifica alla legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane).

Emendamento sostitutivo totale Sanna Gian Valerio - Sabatini - Cuccu G. - Barracciu - Manca Gavino - Corda Elia - Meloni Valerio - Bruno Mario - Solinas Antonio - Cocco Pietro - Porcu - Agus - espa - Moriconi - Cuccureddu - Lotto - Uras

L'articolo 1 è così sostituito:

Art. 1

1. Al fine di assicurare il rispetto dei principi costituzionali nonché quello dell'articolo 43 dello Statuto, in attesa dell'approvazione delle norme contenenti il riordino delle Amministrazioni Provinciali della Sardegna in armonia con gli esiti referendari ed i principi di riforma economico-sociali dello Stato, le stesse Amministrazioni Provinciali e i rispettivi organi esercitano le funzioni loro conferite dalla legge fino alla naturale conclusione del mandato amministrativo in corso.

2. E' conseguentemente abrogato l'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11. (1).)

PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Signora Presidente, ho sempre tenuto conto e avuto massimo rispetto delle posizioni della maggioranza alla quale appartengo, così come tengo conto della complessità e della criticità del momento politico attuale. Ma, parlando a titolo assolutamente personale, voglio essere coerente con la posizione che ho sempre espresso in Commissione, favorevole all'impostazione del disegno di legge della Giunta, prima che venisse emendato, col mio voto contrario, dalla prima Commissione prevedendo solo la proroga fino al 30 giugno, provvedimento che considero insufficiente.

La posizione della Giunta è stata espressa, pur se l'assessore Rassu si è rimesso all'Aula, ma ricordo che l'atto che fu proposto dalla Giunta non rappresentava in alcun modo un ripensamento rispetto al pronunciamento referendario, ma l'esatto contrario, perché - e questo è nelle dichiarazioni anche del Presidente - ancora non era stata approvata una legge di riordino degli enti locali. Il disegno di legge licenziato dall'Esecutivo fissa il momento in cui calerà definitivamente il sipario sulle province e lo fa secondo modalità che rendono irreversibile tale procedimento e al riparo dai ricorsi di coloro i quali vorrebbero conservare il quadro esistente.

Io però tengo conto dell'esigenza di predisporre bilanci preventivi che abbiano valore per la durata dell'anno solare, perché nessun ente può lavorare senza questo strumento. Tengo anche conto degli obblighi istituzionali per garantire la continuità dell'azione amministrativa e il corretto funzionamento dei servizi essenziali, come la manutenzione delle scuole e la sicurezza delle strade. Tengo conto inoltre dell'aspetto importante relativo all'applicazione degli istituti ordinari per il funzionamento degli enti. Per cui, sempre identificandomi nelle posizioni espresse dalla Giunta nella prima formulazione del testo, ritengo di poter esprimere serenamente un voto favorevole all'emendamento numero 1, perché contiene gli elementi che danno significato, attraverso la naturale conclusione del mandato amministrativo in corso, alle esigenze che ho espresso. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Voterò anch'io convintamente a favore dell'emendamento presentato, anzi chiederei, se sono d'accordo i presentatori, di poter aggiungere la mia firma perché, come più volte ho detto in Commissione e in Aula, ritengo che la sentenza numero 48 del 2003 della Corte costituzionale sia sufficientemente chiara sul valore costituzionale del mandato elettivo e sul valore democratico della rappresentanza. La democrazia rappresentativa si basa su alcuni principi che sono intangibili

Ma anche qualora non ci fosse stata una sentenza specifica, perché parla delle province sarde, ricordo che pochi anni fa è stata impugnata una legge della nostra Regione e la Corte costituzionale si è pronunciata in maniera così chiara, così netta, così definita, che oggi pensare, a fronte di un referendum, che tale strumento cambi i principi sui quali si basa la convivenza democratica, la democrazia rappresentativa, è assurdo a mio avviso. Che lo faccia il Consiglio regionale, che lo faccia il referendum, che lo faccia il corpo elettorale, è comunque assurdo violare quei principi.

E quali sono questi principi? I principi sono essenzialmente questi: quando si vota per l'elezione di un organo amministrativo si esprime un voto di preferenza per un candidato che rappresenterà l'organo e un programma. L'eletto deve quindi avere il tempo previsto dalla legge per poter esercitare quel mandato amministrativo. Non si può pensare che un altro organo o il corpo elettorale intervenga per interrompere il rapporto fiduciario che si è instaurato per cinque anni con quella persona sulla base di un dato programma.

Cosa dice la Corte costituzionale nella sentenza numero 48, il cui relatore è Valerio Onida? Dice che tra i principi che si ricavano dalla Costituzione vi è certamente quello per cui la durata in carica degli organi elettivi è fissata dalla legge e non è liberamente disponibile da parte di nessun organo legislativo. Vi è un diritto degli enti elettivi, dei loro rappresentanti e del corpo elettorale al compimento del mandato conferito nelle elezioni, come aspetto essenziale della democrazia rappresentativa degli enti, che coinvolge tutto il corpo elettorale. Quindi non è un diritto degli eletti, ma è un diritto degli elettori vedere attuato il programma per il quale hanno votato. E la base elettorale che ha legittimato le otto province, gli otto presidenti di provincia e gli otto consigli provinciali, è la stessa che ha legittimato questo Consiglio regionale. Non c'è qualcuno che valga di più e qualcuno che valga di meno; siamo posti dalla Costituzione sullo stesso piano. La stessa base elettorale ha scelto per cinque anni questo Consiglio e per cinque anni gli otto consigli provinciali.

Ma la citata sentenza della Corte costituzionale dice di più: "Tuttavia, le ipotesi di abbreviazione del mandato elettivo devono essere preventivamente stabilite in via generale dal legislatore. Tra di esse non è escluso che possa ricorrere anche il sopravvenire di modifiche territoriali che incidano significativamente sulla componente personale dell'ente", ma devono essere predeterminate a priori. Proprio questo era successo allora: si era deciso di istituire quattro nuove province e si era tentato di accorciare il mandato delle quattro province preesistenti: "Siccome abbiamo cambiato, cambiamo il mandato!". Non è possibile fare questo, la Corte costituzionale lo ha detto in maniera chiara.

Ma oltre a questo principio essenziale di democrazia, c'è un altro fatto forte, e credo che il dato elettorale di ieri lo dimostri, e cioè la sfiducia verso gli enti che cercano di appropriarsi di diritti che sono dei cittadini. Questo è il classico caso, e il dato elettorale di ieri è stato emblematico. Oggi il Consiglio regionale deve prendere atto che il voto dei cittadini vale e vale sempre e tener conto del voto referendario per il futuro. Non essendo stata prevista a priori la possibilità di scioglimento delle nuove province, dovremo prevederne la scadenza naturale. Che poi le province ci siano o non ci siano, che ce ne siano quattro oppure due, lo stabiliremo dopo che sarà stato completato il loro mandato.

E' chiaro che si apre una questione delicata, importante, che con le proroghe di sei mesi in sei mesi stiamo facendo finta che non esista, ed è il problema di Cagliari e di Olbia. Quelle due province andavano sciolte, commissariate, e i consigli comunali rieletti con mandati a termine fino alla scadenza naturale. Noi di fatto stiamo compiendo due illegittimità: stiamo mantenendo in piedi, con le proroghe, consigli provinciali che sono decaduti per legge (per essersi verificate le condizioni di scioglimento previste dalla legge) e stiamo cercando di commissariare o minacciamo di commissariare organi che invece sono legittimamente in carica sino alla fine del mandato.

Quindi è chiaro che l'emendamento che prevede di mantenere in vita sino alla scadenza naturale le otto province non può non tener conto della situazione che si è creata a Cagliari e a Olbia. Con il commissariamento? Con altre modalità? Non lo so, ma sicuramente non può rimanere in carica un vicepresidente che rappresenta un organo che non è stato scelto dai cittadini. Questo è il vero problema che dovremo risolvere, se non oggi, con un emendamento, visto che non c'è più la possibilità di presentare emendamenti, sicuramente il più presto possibile. Preannuncio quindi - così risparmio i tre minuti della dichiarazione di voto - il mio voto favorevole, con richiesta di aggiungere la mia firma all'emendamento teso a far arrivare le province a scadenza naturale, perché ritengo che l'unica possibilità che abbiamo e avremo in futuro di mantenere un rapporto con i cittadini sia quello di rispettare il patto con gli elettori e di non sacrificare gli organi che sono più prossimi ai cittadini, proprio i comuni e le province, sino a quando non ci sarà una norma che li abolirà. Potremmo abolire anche i comuni, in via del tutto astratta e per assurdo, ma sino a quando ci sono dobbiamo assolutamente rispettare il voto degli elettori.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (Sardegna è già Domani). Signora Presidente, sarò molto breve perché non ho né la voglia né la necessità di impegnarmi in discussioni in punto di diritto, soprattutto di diritto costituzionale, per cui voglio molto semplicemente rifarmi fondamentalmente a quanto è stato appena detto dalla Giunta.

Io davvero non riuscirei a capire come questo Consiglio possa legiferare se non ascoltando quello che ci ha appena detto la Giunta. E la Giunta ci ha detto che il termine del 30 giugno 2013, così come è stato imposto dalla maggioranza in Commissione, non può essere rispettato! Posto che la nostra credibilità è già stata troppe volte messa alla prova in senso negativo, posto che davvero siamo circondati e sarebbe bene che ci arrendessimo, mi sembra assurdo che per un principio forse d'orgoglio - non so nemmeno come definirlo - ci arrocchiamo su questa barriera del 30 giugno 2013, sapendo che il 29 giugno presenteremo un'altra proposta di proroga, perché la Giunta ci ha detto che quel termine non può essere rispettato. Non può essere rispettato - e la Giunta forse questo non l'ha voluto dire o non si è sentita in condizioni di dirlo - per la totale incapacità e inerzia di questa maggioranza, però questo è. Allora, francamente, se non vogliamo ulteriormente votarci al suicidio, se non vogliamo davvero buttarci a capofitto nel ridicolo, credo che dovremmo valutare con assoluta attenzione quello che ci sta dicendo la Giunta.

Al di là delle sceneggiate o delle proposte a effetto fatte da una parte della maggioranza (il che dimostra ulteriormente l'inconsistenza di ciò che regge questo Esecutivo nei confronti di questa parte del potere legislativo, e quindi di questa maggioranza), una consistente parte della maggioranza stessa ci ha detto: "Noi usciamo dall'aula perché non siamo d'accordo con la maggioranza". Uscite dalla Giunta per prima cosa, questa sarebbe coerenza! Poi non venite a raccontarci che si può usare lo strumento del commissariamento, che non ha nessuna copertura normativa né amministrativa. Però questo è un partito di maggioranza, attualmente rappresentato in Giunta da tre Assessori, che ci dà lezioni e se ne va dall'aula disgustato! Io credo che il disgusto sia fuori di qui. Ribadisco, siamo circondati e se sbagliare è umano perseverare, come si sa, è diabolico!

Per cui io, che pure al referendum ho votato per l'abrogazione delle province, e chi mi conosce sa che ho portato avanti una battaglia per la riduzione delle province e delle ASL in tutte le Commissioni in cui ho lavorato, dico basta con la demagogia, basta col prendere in giro l'elettorato. La campagna elettorale è finita, qualcuno ha saputo sfruttarla, è stato detto, ora proviamo, per i mesi che rimangono ancora di questa legislatura, a legiferare con la testa. C'è stata da poco una polemica in una trasmissione televisiva, in cui si invitava a "non votare con…". Ecco proviamo anche noi a "non legiferare con…", e ascoltiamo per una volta una delle poche ammissioni di verità che abbiamo sentito da quei banchi nei confronti del Consiglio. La Giunta ci dice che non è possibile rispettare quel termine e allora, lo ribadisco, non affondiamo nel ridicolo. Annuncio il mio voto favorevole all'emendamento che dà il tempo a questa Giunta e a questo Consiglio di porre rimedio alla situazione che si è determinata. Certo, avrei preferito proporre ai presentatori un emendamento orale che prorogasse la scadenza al 31 dicembre 2013. L'avrei motivato se avessi voluto presentarlo, perché non ritengo questo Consiglio sia legittimato a legiferare oltre la scadenza del suo mandato. Questo è il livello a cui siamo arrivati! Non mi sento di far parte di un Consiglio che davvero può prendere impegni addirittura oltre il proprio mandato, perché ha dimostrato di non essere capace di fare niente. Posto che è stato detto che nessun emendamento orale verrà accettato, sul testo che viene proposto preannuncio il mio voto favorevole, perché davvero non vorrei che a giugno, se saremo ancora qua, dovessimo spargere altra cenere sulle nostre teste. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Solo per dichiarare il mio voto favorevole all'emendamento proposto e chiedere di poterlo sottoscrivere, insieme agli altri componenti del mio Gruppo.

PRESIDENTE. Poiché l'emendamento numero 1 non è stato esaminato dalla Commissione, non c'è il parere del relatore.

Per esprimere il parere della Giunta sull'emendamento numero 1 ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. La Giunta si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione.

Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 1.

(Segue la votazione)

Prendo atto che i consiglieri Cucca e Manca hanno votato a favore e che i consiglieri Biancareddu e Oppi hanno votato contro.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Campus - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Lai - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Artizzu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - De Francisci - Dessì - Floris Mario - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Locci - Lunesu - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Zedda.

Si è astenuta la Presidente Lombardo.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 58

votanti 57

astenuti 1

maggioranza 29

favorevoli 26

contrari 31

(Il Consiglio non approva).

Metto in votazione l'articolo 1. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'esame dell'articolo 2.

(Si riporta di seguito il testo dell'articolo 2:

Art. 2

Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS).).

PRESIDENTE. Poiché nessuno è iscritto a parlare, metto in votazione l'articolo 2. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo alla votazione finale del testo di legge.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del disegno di legge numero 481/A.

(Segue la votazione)

Prendo atto che i consiglieri Biancareddu e Zedda hanno votato a favore e che il consigliere Manca si è astenuto.

Rispondono sì i consiglieri: Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - De Francisci - Dessì - Floris Mario - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Locci - Lunesu - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Zedda.

Risponde no il consigliere: Lai.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Agus - Barracciu - Ben Amara - Campus - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Rassu - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 60

votanti 33

astenuti 27

maggioranza 17

favorevoli 32

contrari 1

(Il Consiglio approva).

I lavori si concludono qui. Il Consiglio è riconvocato per giovedì prossimo, alle ore 10, per la prosecuzione dell'esame della legge elettorale.

La seduta è tolta alle ore 18 e 24.


[PS1]Avviso ai correttori di bozze: rispettare la concordanza di genere



Allegati seduta

CCCLXXXIV SEDUTA

MARTEDI' 26 FEBBRAIO 2013

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 32.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 10 gennaio 2013 (376), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Roberto Capelli, Daniele Cocco, Paolo Maninchedda, Massimo Mulas, Carlo Sanjust, Carlo Sechi e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta del 26 febbraio 2013.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che in data 22 febbraio 2013 è pervenuta copia della decisione della Corte costituzionale numero 26 dell'11 febbraio 2013, nella quale: 1) si dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge regionale 22 dicembre 2011, numero 27 (Riforma della legge regionale 5 maggio 1965, numero 15, "Istituzione di un fondo per l'integrazione del trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza del personale dipendente dall'amministrazione regionale"); 2) si dichiara, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 2; 3) si dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 5, nella parte in cui non prevede, per il dipendente beneficiario della prestazione pensionistica integrativa, che la facoltà di chiedere la liquidazione in forma capitale sia limitata alla misura del 50 per cento del montante finale accumulato; 4) dichiara inammissibile la questione di illegittimità costituzionale dell'interna legge regionale numero 27 del 2011, promossa in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera o) e 117, terzo comma, della Costituzione; 5) dichiara, infine, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 5, sollevata in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e) e 117, terzo comma, della Costituzione.

Comunico che il Presidente della Regione, con nota del 22 febbraio 2013, ha fatto pervenire al Consiglio il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri contro la Regione autonoma della Sardegna per dichiarata illegittimità costituzionale degli articoli 6 (comma 1), 8 (comma 12), 13 e 18 della legge regionale 17 dicembre 2012, numero 25, concernente: "Disposizioni urgenti in materia di enti locali e settori diversi".

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Gestione dei fondi comunitari e statali destinati al Programma ENPI CBC Bacino del Mediterraneo 2007-2013". (488)

(Pervenuto il 22 febbraio 2013 e assegnato alla seconda Commissione.)

"Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 giugno 1989, n. 30 (Disciplina delle attività di cava)". (489)

(Pervenuto il 22 febbraio 2013 e assegnato alla sesta Commissione.)

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Barracciu - Espa - Corda - Bruno - Capelli - Porcu - Cucca - Lotto - Agus - Sabatini: "Disposizioni per l'istituzione della Rete regionale dei servizi e del Coordinamento regionale per l'autismo e i disturbi pervasivi dello sviluppo". (486)

(Pervenuta il 19 febbraio 2013 e assegnata alla settima Commissione.)

Steri - Oppi - Artizzu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Pitea - Sanna Matteo: "Pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei consiglieri e degli assessori regionali". (487)

(Pervenuta il 20 febbraio 2013 e assegnata alla prima Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Tocco, con richiesta di risposta scritta, sullo stato dell'indagine penale avviata dalla Procura della Repubblica di Oristano riguardante il materiale definito "compost di qualità", proveniente dal CASIC di Macchiareddu, scaricato nel 2009 nell'azienda agricola Campulongu dell'Ente foreste della Sardegna a Oristano". (1050)

"Interrogazione Cugusi, con richiesta di risposta scritta, sul procedimento relativo all'avviso Lav…Ora, sul decreto 17 gennaio 2013, n. 1 e sulla determinazione n. 1067 del 1° febbraio 2013 dell'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale circa la revoca, il commissariamento ad acta e la riprogrammazione delle risorse comunitarie previste di 8,5 milioni di euro del bando Lav…Ora". (1051)

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla totale assenza di strumenti di tutela per i disoccupati che non usufruiscono di ammortizzatori sociali in sede di contrattazione sindacale". (1052)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione dei servizi territoriali erogati dall'ASL n. 5 in Marmilla e Sarcidano e in particolare sulla situazione del centro di neuropsichiatria infantile di Ales". (1053)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interpellanza Corda - Barracciu - Espa sulla mancata nomina del direttore del distretto socio-sanitario di Olbia e sulle dannose conseguenze che ciò comporta per la programmazione, organizzazione e gestione del servizio socio-sanitario". (396)

PRESIDENTE. Considerata l'assenza di numerosi consiglieri, sospendo la seduta sino alle ore 16 e 45.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 38, viene ripresa alle ore 17 e 07.)

Discussione e approvazione del disegno di legge: "Proroga dei termini di cui all'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11, recante 'Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011'" (481/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge numero 481/A.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Francesco Meloni. Ne ha facoltà.

MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Presidente, la nostra proposta è sempre la stessa, cioè quella di portare all'ordine del giorno il testo di legge di riordino degli enti locali e che riguarda in particolare la soppressione delle province. Per note ragioni, che forse non vale la pena ripetere qui, noi siamo contro la legge che attualmente è all'esame del Consiglio, che prevede la proroga degli organi delle province attualmente in vigore. Invero non è che non valga la pena ripetere tali ragioni, anzi le ripeterei con maggiore forza rispetto al solito, visto che stamattina in Conferenza dei Capigruppo qualcuno mi ha detto che noi Riformatori non abbiamo fatto abbastanza per abrogare le province. Mi chiedo cos'altro avremmo dovuto fare: abbiamo partecipato attivamente ai lavori della Commissione, abbiamo fatto votare la legge come è stata esitata dalla Commissione, il nostro segretario regionale è il relatore di quella legge, a ogni convocazione del Consiglio abbiamo reiterato, a costo di essere noiosi, la richiesta di rimetterla all'ordine del giorno, quindi mi viene davvero difficile pensare a cos'altro avremmo potuto fare.

Sono tre mesi che quella legge è pronta e sono tre mesi, forse anche di più, che chiediamo che venga messa all'ordine del giorno, ma ci viene sempre risposto di no. Ora che ci accusino di essere noi causa del ritardo francamente mi lascia perplesso, a dir poco. Ma non ripeterò le ragioni di cui dicevo, anche perché ne abbiamo una nuova: i risultati elettorali di ieri e il successo del Movimento Cinque Stelle e di Beppe Grillo. Io non sono un politico particolarmente raffinato, e quindi forse sbaglio analisi, ma non mi pare che occorra un genio per capire che cosa è successo e che cosa c'è alla base della trionfale vittoria del Movimento Cinque Stelle e di Grillo: c'è il rifiuto di una politica stanca e vecchia, che tarda a rinnovarsi o peggio non vuole rinnovarsi, non vuole cambiare abitudini e vuole solo continuare con i suoi soliti riti; c'è il rifiuto degli sprechi dietro il successo di Grillo, il rifiuto del numero esorbitante di parlamentari e dell'entità altrettanto esorbitante dei loro stipendi (almeno noi i nostri ce li siamo ridotti); c'è il rifiuto di strutture che la gente percepisce come inutili, come appunto le province.

Abbiamo fatto un referendum sulla soppressione delle province (a qualcuno non sarà piaciuto, ma comunque l'abbiamo fatto e abbiamo anche vinto), che ha dato il risultato che conosciamo tutti, e poi, pur di non dargli seguito, ci siamo inventati una legge provvisoria che prorogava al 28 febbraio l'approvazione dell'apposita legge di riforma, ma sotto sotto quasi tutti sapevate che non sarebbe stata approvata entro quella data. E infatti così è successo. Abbiamo, anzi avete, per la verità, allungato ogni possibile brodo per evitare che tempestivamente, entro il 28 febbraio, si facesse la riforma delle province, fino ad arrivare a quella che la Giunta ha dovuto fare pochi giorni fa, ovvero una proroga obbligata per non far succedere il caos.

Non avevate però calcolato la coincidenza con le elezioni e il successo di Grillo. Questa scadenza è arrivata, quindi, nel momento sbagliato e oggi siamo tutti davanti alle uova rotte sul pavimento. Non siamo certo in tempo per approvare la legge di riordino degli enti locali entro il 28 febbraio, ci rendiamo conto che da questo punto di vista una proroga, alla quale siamo ultracontrari, è inevitabile, però chiediamo di dare almeno un segnale. E il segnale è quello di commissariare le province, di non ripresentarci agli elettori dicendo: "Signori, per altri tre o sei mesi lasciamo lì Sanciu, Tocco e tutti gli altri". Il coraggio di fare almeno questo credo però che non lo abbiate.

Presidente, le comunico che i componenti del Gruppo dei Riformatori, tutti e sei, anche i due che sono assenti in questo momento, non parteciperanno ai lavori su questa legge e chiedono di essere considerati assenti per ragioni politiche.

Continuazione della discussione e approvazione del disegno di legge: "Proroga dei termini di cui all'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11, recante 'Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011'" (481/A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale del disegno di legge numero 481/A.

Ha facoltà di parlare la consigliera Greco, relatri[PS1] ce di maggioranza.

GRECO (P.d.L.), relatrice di maggioranza. Mi rimetto alla relazione scritta.

PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, intervengo solo per cercare di precisare in che cosa effettivamente consiste questo provvedimento. Non è un provvedimento di proroga delle province; le province sono soppresse all'esito del referendum del 6 maggio, quindi non ci sono più. Noi, per una responsabilità che non si può certo addossare a formazioni politiche come la nostra o ad altre del centrosinistra, non abbiamo sviluppato nei tempi corretti, quelli previsti dalla legge numero 11 del 2012, il percorso per la riforma complessiva del sistema delle autonomie locali e oggi siamo costretti, proprio in ragione di queste insufficienze, a protrarre per alcuni mesi il periodo necessario a definire normativamente dove si allocano le funzioni e i compiti delle vecchie province e a chi vanno assegnati gli uffici, il personale, le risorse, il patrimonio e così via, cioè l'apparato delle province nel suo complesso.

Occorre uscire dall'equivoco per cui ogni volta sembra che si voglia prorogare chissà che. Stiamo prorogando una gestione transitoria e provvisoria, tentando di non violare dei principi costituzionali, tentando cioè di non dare la stura a nuove impugnative e soprattutto di evitare il caos amministrativo e finanziario delle autonomie locali in Sardegna.

Dico questo e solo questo perché non vorrei che il Consiglio regionale, soprattutto le opposizioni, venissero in qualche misura caricate di una responsabilità che non hanno, quella cioè di non adempiere alla volontà popolare espressa con il referendum. Anzi mi va di sottolineare che, se fossimo in un tribunale, si parlerebbe di insussistenza del fatto del quale ci si vuole attribuire la responsabilità, perché non sussiste, ovverosia le province sono soppresse e nessuno vuole impedire, come spesso erroneamente viene fatto intendere, il superamento dei livelli istituzionali che dalla volontà popolare hanno ricevuto, come dire, un giudizio liquidatorio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Signora Presidente, onorevole colleghi, signori Assessori, in effetti su questa norma abbiamo dibattuto più volte e anche noi vogliamo ribadire, come ha fatto l'onorevole Uras, che non siamo contro il referendum, anzi vogliamo che sia rispettata la volontà popolare. Ciò non toglie, però, che abbiamo una responsabilità, perché la soppressione delle province non è un atto semplice; occorre attenzione, perché vi è tutta una serie di attività e impegni che la provincia deve adempiere all'atto della sua istituzione. Oltretutto si tratta di organi regolarmente eletti e quindi, pur nel rispetto dell'esito referendario, credo che spetti a noi la responsabilità di evitare il caos istituzionale. Spetta cioè a noi la responsabilità di seguire questo processo nel rispetto dell'esito referendario, sapendo però che non possiamo mandare nel caos determinate attività: penso alla gestione delle scuole, alla manutenzione viaria, agli interventi ambientali, nei quali la Regione è impegnata, e non ultimo al problema dei Cesil e dei Csl, che è ancora irrisolto. Eppure, questa maggioranza ha esitato, in prima Commissione, un testo di legge che demanda alle province la rivisitazione delle piante organiche e l'assunzione di quel personale. Il servizio che veniva svolto da quei centri è completamente bloccato, in un momento di grave disoccupazione in cui i nostri concittadini più in difficoltà, più deboli, hanno invece bisogno di assistenza. Inoltre rischiamo di dover rendere risorse comunitarie perché non riusciamo a sviluppare i processi della formazione professionale, che è legata alle politiche attive del lavoro. Vi è dunque tutta una serie di attività che la Regione ha demandato alle province e sulle quali, ripeto, vi è la necessità di una responsabilità politica.

Nel ribadire la volontà di rispettare l'esito referendario avevamo anche detto che questa era una grande opportunità per il Consiglio regionale di discutere di riordino istituzionale coinvolgendo gli enti locali, perché a essi i cittadini si rivolgono per avere risposte immediate. Oltretutto sappiamo che gli enti locali sono un elemento fondante della democrazia. Se perdiamo di vista l'attenzione per gli enti locali alimentiamo lo scollamento già abbastanza radicato, ormai, tra politica e cittadino, ma non possiamo permetterci di aumentare ulteriormente questo divario che la politica ha creato e che dovremmo anzi colmare in maniera rapida.

La proposta dell'onorevole Meloni di portare in Aula il provvedimento sul riordino delle province credo che a noi stia perfettamente bene, però, prima che questo avvenga, dobbiamo garantire i servizi che la Regione Sardegna ha trasferito a degli organi, ripeto, regolarmente e liberamente eletti, che non possono essere soppressi da un giorno all'altro o commissariati. Si ripropone la scelta di questa maggioranza di usare il commissariamento come procedura normale in un momento in cui la normalità dovrebbe essere ben altro che il commissariamento delle province o di altri organismi regionali. A mio avviso, c'è necessità di responsabilità e consapevolezza politica per consentire alle province di espletare le loro funzioni e di essere traghettate fino al momento dello scioglimento definitivo, che è ciò di cui abbiamo sempre parlato.

La scadenza del 28 febbraio era quella entro la quale avremmo dovuto predisporre una norma di legge sul riordino istituzionale. Poiché questo non è ancora avvenuto, dovremo provvedere al più presto, ma credo che questo Consiglio non debba lasciare che si determinino situazioni di caos istituzionale, ma debba cogliere questa opportunità per ridiscutere del riordino istituzionale di una Regione a statuto speciale di cui a parole affermiamo l'autonomia, alla quale però nei fatti non siamo in grado di dare corpo, visibilità e consistenza. Noi abbiamo una certa visione della gestione della cosa pubblica, proviamo a realizzarla, ma non buttiamo all'aria quanto costituzionalmente è negli atti, perché le province sono comunque organi riconosciuti dalla Costituzione. Quindi prima di dare corso alla loro soppressione, anche se diciamo che col referendum sono state già abrogate, approfondiamo la questione. Mi risulta che i Riformatori Sardi abbiano presentato una proposta di legge nazionale per la modifica dell'articolo 43 dello Statuto, quindi con procedura costituzionale, invitando così il Consiglio a sancire la definitiva soppressione delle province. Mi sembra che stiamo creando situazioni di non perfetta governabilità e di non rispetto della Costituzione.

Credo che su questo tema non ci dobbiamo lasciar prendere dalla fretta, perché non si possono sopprimere con un colpo di spugna organismi complessi, che peraltro hanno alle dipendenze personale a tempo indeterminato, a meno che non si voglia cominciare proprio da questo personale, mettendolo in cassa integrazione, per dare un taglio ai costi istituzionali. Non credo che sia così, per cui occorre un'attenzione ulteriore per non far precipitare gli eventi. Nel rispetto della volontà popolare, che noi a più riprese abbiamo ribadito, abbiamo la responsabilità di non creare caos istituzionale e di far sì che i processi di evoluzione avvengano nel miglior modo possibile, senza creare situazioni di grave disagio sociale, consentendo quindi che le funzioni demandate alle province possano essere esercitate sino a che non sarà stabilita una modalità alternativa per governare questi processi per il bene comune.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Signora Presidente, colleghi, Assessori, mi auguro che questa discussione non sia un monologo dai banchi del centrosinistra. Mi preoccupa l'andamento di questo confronto: il relatore di maggioranza di questo provvedimento, che deriva da un disegno di legge della Giunta, si è rimesso alla relazione scritta e ancora non abbiamo avuto modo di ascoltare i colleghi della maggioranza.

Presidente, capisco che l'Aula sia distratta, lo spoglio delle schede elettorali è ancora in corso, siamo tutti sotto l'onda d'urto emotiva dei risultati di ieri, però credo che dobbiamo provare a discutere e legiferare con serenità e ascoltandoci reciprocamente. Dicevo che sono preoccupato, non avendo ancora avuto modo di sentire i colleghi della maggioranza, e anche dispiaciuto perché, una volta di più, i colleghi Riformatori dimostrano, mi dispiace dirlo, tutta la loro ipocrisia politica e il loro equilibrismo. Mi dispiace anche che il collega Meloni, dopo essere intervenuto, abbia abbandonato l'aula. I colleghi Riformatori sono stati animatori di un referendum sull'abolizione delle province destinato a creare caos istituzionale, senza avere certezza che all'interno della maggioranza, di cui fanno parte, ci fosse un punto d'arrivo, un punto d'approdo, e oggi provano ancora a lucrare un qualche vantaggio (e devo dire che va loro bene, anche ieri hanno strappato un posticino alla Camera!) stando un po' in maggioranza, un po' all'opposizione, un po' nel "palazzo", un po' nelle piazze. E' un andazzo che non credo favorisca l'immagine di una classe politica, in particolare di una maggioranza politica che anche in questa circostanza dimostra tutta la sua incapacità di governare e di proporre riforme che abbiano un qualche senso per la nostra Regione.

Il disegno di legge partorito dalla Giunta il 30 gennaio, a otto o nove mesi dal referendum, è di una pochezza politica, di una disperazione politica del tutto evidente. Si limita, in un articolo, a prendere atto di quanto abbiamo spesso avuto modo di dire, e cioè che i referendum lasciavano un vuoto amministrativo che andava colmato, ma non si fa carico di proporre alcunché.

Credo quindi che sia importante ribadire quanto hanno già detto i colleghi: non stiamo prorogando un bel niente. Questo disegno di legge non proroga un bel niente, si tratta soltanto di dare continuità amministrativa e di riempire un vuoto che la vostra maggioranza politica - che forse più che politica è solo numerica -, che sostiene il presidente Cappellacci, non ha saputo colmare. Noi riteniamo anche - lo dico al collega Meloni, che non c'è, ma glielo riferirete - che sia assolutamente ridicolo e ipocrita pensare che la continuità amministrativa possa essere assicurata a tempo, ovvero di due mesi in due mesi, perché è del tutto evidente che la vostra pochezza politica molto probabilmente non vi consentirà di fare una riforma, su cui noi siamo pronti a confrontarci, entro il mese di giugno. E allora, se dobbiamo dare continuità amministrativa, forse sarebbe meglio ripristinare uno Stato di diritto e consentire agli organismi eletti di andare avanti fino al termine del loro mandato elettivo, salvo che non intervenga una riforma, che nessuno vi impedisce di fare, che in linea teorica potreste fare tra un giorno, due giorni o una settimana, se ne foste capaci. Ma non è giusto, colleghi della maggioranza, colleghi Riformatori, lucrare posticini a destra e a manca, strappare posticini alla Camera e in Giunta, e stare anche all'opposizione. Non è giusto che a pagare il prezzo della vostra incapacità, inconsistenza e ipocrisia siano i cittadini, a cui quegli enti debbono dare opportuni servizi. Non è possibile, in una situazione di crisi generale, tenere nell'incertezza amministrativa realtà comunque importanti, quali le province. Sarebbe meglio che vi assumeste la vostra responsabilità.

Noi proporremo un emendamento a questo testo di legge ipocrita ed equilibrista, perché non avete neanche la forza di andare avanti fino in fondo, di ammettere di non essere capaci di fare una proposta. Noi intendiamo dare continuità amministrativa fino alla fine del mandato elettivo, non perché ci interessi salvare le province (personalmente ritengo non debbano essere salvate affatto, anzi sono favorevole alla loro totale soppressione, al superamento del sistema delle otto province), ma per far sì che non siano i cittadini a pagare il prezzo della vostra incapacità e le province non diventino il terreno di caccia di proclami elettorali, di ipocrisie sul taglio dei costi della politica, che poi non siete capaci di portare avanti. Non è giusto che il prezzo della vostra ipocrisia la paghino i cittadini!

Questo testo di legge dunque non riempie un vuoto, dà continuità amministrativa, cerca di non far pagare ai cittadini il prezzo politico della vostra incapacità e io credo che faremmo bene a prevedere che la continuità sia garantita fino alla fine del mandato elettivo e certamente fino all'approvazione di una legge di riordino complessivo degli enti locali. E questo, badate bene, può avvenire molto prima del mese di giugno, se dimostrerete di averne la capacità.

Quindi nessun tentennamento da parte nostra, nessuna volontà di far rivivere le province, che sono già cancellate per intero (non solo le quattro nuove, ma anche quelle storiche), ma soltanto la volontà da parte nostra di far sì che non siano ancora una volta i cittadini a pagare il prezzo altissimo, in un momento di crisi come questo, della vostra inconsistenza e incapacità politica.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, colleghi, credo che, al di là della proposta che ci è stata sottoposta in una fase particolarmente complicata della vita politica nazionale e anche regionale, dovremmo prestare un po' di attenzione a ciò che facciamo. Lo dico con ragionevolezza, richiamando prima di tutto me stesso all'idea che dovremo prima o poi - e lo dico con amicizia anche ai colleghi Riformatori - finirla di usare l'istituzione come un palcoscenico e che il Consiglio regionale non può essere relegato a un talk show. Dobbiamo fare le persone serie e cominciare a chiarire di che cosa stiamo parlando.

C'è un punto che non ci trova d'accordo: sostenere, in punto di diritto, che oggi in astratto tutte le province sono cancellate non ha fondamento giuridico e costituzionale. Fare questo è contro la legge, bisogna che questo punto sia chiaro. L'altro punto è questo: siamo d'accordo nel rispettare la volontà del popolo laddove questo ha potuto esprimersi in maniera efficace con un referendum? Sì, questo è possibile e questo dobbiamo fare, perché se è vero, come pensiamo noi, che fino a quando l'articolazione costituzionale dice che ogni metro quadro del territorio della nostra Italia deve essere coperto da un'istituzione provinciale, perché nella Costituzione questo è scritto, i signori Riformatori, anziché fare i teatrini, devono spiegarci come si supera questa questione. Le fandonie bisogna lasciarle a casa, perché il risultato elettorale ci parla di questo modo di approcciare il nostro dovere, quello cioè di fare spettacolo anziché lezioni di servizio ai cittadini. Se poi il populismo dice altro, affronteremo con gli strumenti della riforma la possibilità di superare complessivamente quell'istituto, ma noi vogliamo: 1) rispettare l'esito referendario; 2) respingere l'idea che qui dentro si possa fare spettacolo e perseguire l'illegalità. Ma soprattutto dobbiamo portare rispetto a quelle istituzioni che la Costituzione ha definito allo stesso nostro livello, e cioè gli enti locali.

Vi vorrei sottoporre l'idea della facilità con la quale noi ci muoviamo. Il documento che ci è stato consegnato contiene due testi, uno della Giunta e uno della Commissione, completamente diversi tra loro. Il parere del CAL è stato espresso sul testo della Giunta e non è evidentemente coerente con le modifiche apportate dalla Commissione. Diciamocelo francamente: avete utilizzato, come maggioranza, quest'Aula per fare i soliti giochi al vostro interno. Infatti il testo della Giunta dice, anche nei confronti dei Riformatori, che le province per legge cessano alla conclusione naturale del loro mandato. Su questo non si può scherzare, è scritto ed è prassi consolidata. Questo dice il disegno di legge, ma siccome non va bene ai Riformatori, che sostengono un'idea fantasiosa, demagogica e sbagliata, la maggioranza ha voluto dar loro un contentino, per tenerli buoni. Questo, colleghi, è usare l'istituzione per fare giochetti!

Noi non siamo dell'idea di accompagnare nessuno su questo terreno, ecco perché abbiamo presentato un emendamento, che è serissimo, Assessore, e che dice: 1) rispetto dei principi costituzionali; 2) rispetto dell'articolo 43 del nostro Statuto; 3) armonia con gli esiti referendari; 4) armonia con i principi di riforma economico-sociale della Repubblica, il che significa stare in linea con la decisione che è sottesa al provvedimento adottato dal Governo Monti in ordine al riordino delle amministrazioni provinciali. Messo a posto tutto questo diciamo, nel rispetto delle norme vigenti, che le amministrazioni provinciali cessano alla scadenza naturale del loro mandato, dopodiché la sfida, caro Assessore, cara maggioranza, è della politica. Se voi non siete capaci di trovare una risposta credibile di riforma di questo sistema sono problemi vostri e noi dobbiamo dire che non siete in condizioni di fare riforme. Chiaramente noi non ci possiamo permettere il lusso di sostenere che non siamo disponibili a venire qui a discutere della riforma. Ci fosse una riforma, noi saremmo pronti, anche perché - l'assessore Rassu lo sa bene, e infatti su questo punto non mi può contraddire - lezioni di riformismo per quanto riguarda gli enti locali non ne dobbiamo prendere da nessuno, visto e considerato che qualche "cosetta" nella passata legislatura l'abbiamo fatta su questo terreno, anche con un po' di coraggio. Eliminare le comunità montane, istituire le unioni dei comuni, introdurre il fondo unico ed eliminare mille posti di sottogoverno è stata infatti un'operazione per niente semplice, anzi è stata un'operazione pesante, ma l'abbiamo fatta. Nessuno si permetta quindi di dire che noi non vogliamo affrontare la riforma degli enti locali. Se fosse presentata domani mattina, noi abbiamo qualità, capacità, esperienza e anche equilibrio per poterla affrontare. Ma ci fosse una proposta della maggioranza!

D'altra parte, quelli che hanno usato la "vetrina" e se ne sono andati sono anche quelli che vi chiedono di fare una profonda revisione della vostra struttura assessoriale - evidentemente avete qualche problema -, ma guai a scaricarla sull'intera Aula! L'Aula deve fare il suo dovere e allora il testo che voi ci avete portato è offensivo nei confronti del sistema degli enti locali, i quali, Assessore, gestiscono servizi quotidiani per i cittadini, i quali hanno bisogno che la continuità amministrativa, che già subisce grave pregiudizio a causa della burocrazia, eserciti agevolmente la sua funzione. Non possiamo sentire un giorno sì e l'altro pure minacce da parte dei dirigenti che ci dicono: "Noi non firmeremo mai provvedimenti se non abbiamo la certezza di avere una copertura legislativa e una legittimazione delle nostre funzioni". Questo è il succo delle questioni. Non potremo lamentarci del fatto che le scuole sono fredde, le strade sono piene di buche, le cunette sono piene di fieno che si può incendiare se non teniamo conto, oggi, di quello che stiamo facendo. Ci rincontreremo alla fine di giugno per dire: "Scusate, non siamo stati capaci", continuando questo stillicidio che mette in ridicolo la nostra funzione.

Noi con l'emendamento sosteniamo che le province restano in carica fino alla scadenza naturale, nel frattempo venga messa sul tavolo la sfida della politica a proporre una riforma. Arriva domani? Domani la affrontiamo. Arriva dopodomani? L'affronteremo dopodomani, ma senza scaricare su chi non c'entra l'onere della nostra inerzia, questo sia chiaro, perché da qui alla fine della legislatura questi punti ve li ripresenteremo uno per uno. E se qualcuno volesse continuare a lucrare consenso dall'idea populista "tutto a zero, tutto a terra", ha visto l'esito che gli è stato e gli sarà riservato. Non serve questo populismo, serve un altro tipo di approccio, quello che noi vorremmo affrontare nei prossimi giorni con una finanziaria che sia volta ad alleviare le sofferenze dei sardi. Vedremo in quella sede, dal tipo di proposta che ci presenterete, se volete andare incontro al bisogno di lavoro e alleviare la fame, la disperazione che c'è oppure continuare con questa solfa, con i clientelismi, con il sottobosco che portate avanti da tempo, compresa la tagliola del patto di stabilità, che viene usata per delegittimare le decisioni del Consiglio regionale.

Su queste cose è il cimento e noi non abbiamo bisogno di essere richiamati all'idea del riformismo. Noi avevamo un'idea che era scritta nella legge numero 9 e avevamo iniziato a togliere competenze alla Regione per trasferirle al sistema degli enti locali, siano essi province o comuni. Io personalmente - non voglio impegnare il mio Gruppo - continuo a essere di quell'idea, perché il mio sogno è portare la Regione a essere solo ed esclusivamente un luogo legislativo. Zero amministrazione, zero burocrazia, zero di tutto questo ambaradan di enti e controenti che non gestiscono nulla! Tutte le competenze devono essere trasferite a un sistema articolato di autonomie locali in grado di essere progressivamente investite di tali funzioni. Questo è il disegno che noi abbiamo portato avanti e non ho nessuna ragione per pensare, oggi, di abbandonare quest'idea. Perché? Perché soprattutto in un periodo in cui la crisi della politica sconta anche queste derive populiste, colleghi, il vivaio migliore per la crescita dei gruppi dirigenti del nostro Paese è proprio il sistema locale, dove i talenti possono crescere con responsabilità e ambire a diventare importanti nella scala dell'impegno istituzionale. Tagliando lì noi riduciamo la nostra capacità di avere talenti da investire nella politica. I talenti non si inventano con i comizi sul palcoscenico delle piazze, perché quella classe dirigente prima o poi verrà messa alla sbarra sulla propria capacità di reggere la sfida del legislatore. Non ci si improvvisa in politica!

Allora, il disegno che noi abbiamo in mente riparte dai comuni, dal sistema degli enti locali. Questo è il motivo che ci porta a chiedervi di riflettere sull'idea di sostenere il nostro emendamento, perché sotto il profilo giuridico, sotto il profilo del buon senso, è più coerente con i nostri doveri. Voi della maggioranza - non bene identificata - continuate a tenere il moccolo di questo rapporto sballato con i Riformatori, che devono chiarire prima di tutto a sé stessi che cosa vogliono fare della loro vicenda politica, ma non potete scaricare questa situazione su di noi, perché noi siamo qui per comprendere che cosa ci proponete e proporvi quello che pensiamo noi su questi argomenti, ma non per parare i colpi di una vostra diaspora interna che non siete capaci di fermare. Questo è il punto, ma credo anche la chiave di lettura di quello che noi faremo nei prossimi mesi forse più attivamente, anche alla luce di questa sveglia che è arrivata un po' a tutti.

Il populismo lo si batte sul terreno della politica, non con le alchimie e le furbizie. Le furbizie si pagano care quando sono la risposta fittizia ai problemi e alle attese dei cittadini. Vedremo cosa succederà con la prossima finanziaria. Noi qualche idea l'abbiamo buttata giù, un po' di "riscaldamento" l'abbiamo fatto con la finanziaria precedente, su un terreno che è stato delegittimato dai comportamenti della Giunta e della burocrazia a essa compiacente. Vedremo come andrà quest'anno, ma stavolta provvederemo ad avvertire prima i cittadini del fatto che hanno a che fare con persone che probabilmente non hanno nessuna voglia di rispettare il dettato normativo e si trincerano dietro l'opacità di un vizio di questo famigerato patto di stabilità, che lascia passare i milioni della pubblicità istituzionale e trattiene invece i soldi del decentramento agli enti locali per rendere servizi ai cittadini, soprattutto a quelli più deboli. Questo è accaduto, questo accade. Preferiamo la propaganda, preferiamo il clientelismo alle risposte ai bisogni della gente!

Noi su questo vi aspettiamo con la chiarezza che ha sempre rappresentato il nostro modo di affrontare questa riforma così come altre riforme. Se andate a vedere, troverete negli atti consiliari anche le nostre proposte. Come dire: non è che ci siamo fatti trovare impreparati e oggi affrontiamo un discorso mai iniziato! Io chiedo soprattutto alla Giunta regionale di essere una guida giuridica per questo Consiglio. Assessore, se lei è profondamente convinto che quella proposta non ha i fondamenti giuridici lo deve dire, perché è nella sua intima responsabilità civile per il posto che occupa. Ecco perché noi ci siamo permessi di presentare un emendamento che non è volto a creare ostacoli. Non abbiamo parlato di proroga, perché la proroga ha il sapore di una concessione, mentre il principio di equiordinazione - questo termine così complicato che è stato introdotto nella nostra Costituzione - dice che noi non possiamo avere un rapporto con gli enti locali basato sulle concessioni, ma siamo vincolati appunto al principio di equiordinazione, che esplica la sua funzione nei limiti della legalità costituzionale. Poi è vero che abbiamo fatto dei referendum, perché le leggi ce lo consentono, ma non era possibile dire ai cittadini che tutti quei referendum avevano la capacità giuridica di essere soddisfatti, perché i referendum che erano legati ai vincoli costituzionali non l'avevano. Questo però non è stato dichiarato ed è un limite della falsità della politica nei confronti dei cittadini. Chi l'ha fatto se ne assuma la responsabilità.

Quando si chiama un'ondata referendaria in nome del riformismo e ci si nasconde al momento di confrontarsi, non si possono poi dare lezioni a nessuno. Lasciatemi dire che noi non accettiamo lezioni da quelle persone e vi invitiamo caldamente a risolvere con urgenza questo problema, perché è un problema che ricade sulla nostra inefficienza e anche su di noi e dovremmo essere tutti qui a lavorare a questi principi. Noi sosterremo il nostro emendamento proprio perché abbiamo fatto questa riflessione, a dimostrazione del fatto che non vogliamo contraddire i cittadini, ma il nostro compito non è quello di stare in mezzo alla corrente. Un vecchio e importante politico della storia italiana usava questa similitudine: "In politica non serve stare in mezzo alla corrente in maniera disordinata, bisogna sempre cercare la sponda per farsi guidare". Noi non ci facciamo mettere da voi nel turbinio del torrente senza sapere dove andremo a finire. I cittadini devono essere orientati su base giuridica ed è per questo che vi invitiamo a sostenere la nostra proposta senza demagogia, ma anche trovando un punto di convergenza, dal momento che il compromesso che avete fatto su questo testo, per avere la partecipazione di quei signori, è risultato vano. Quei signori non ci sono, e allora riflettiamo sul merito, non sui comportamenti. Sarebbe già un passo avanti, una lezione imparata a meno di ventiquattr'ore da un esito elettorale che ci ha detto tante cose, una di queste è che è bene porre fine a questo teatrino.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Credo che il risultato elettorale di ieri possa in qualche modo aver condizionato o potrebbe condizionare il giudizio e il voto di quest'Aula sul testo di legge in discussione. Voglio essere chiaro: la Giunta ha presentato un disegno di legge scevro da qualsiasi tentativo di non rispettare l'esito referendario. Non c'è ombra di dubbio. Le province, quelle che indicava il quesito referendario sono abrogate. La Giunta con il suo disegno di legge si è preoccupata di assicurare agli organi provinciali e alle relative strutture amministrative i tempi necessari per attuare il passaggio dalle vecchie province ai nuovi organi sovraterritoriali. La Costituzione prevede le province, di questo siamo certi, onorevole Sanna. In un primo momento la Giunta ha voluto, ripeto, nel rispetto dell'esito dei referendum, garantire i tempi necessari, perché al 31 dicembre 2012 non erano stati rispettati i termini che la legge numero 11 del 2011 imponeva per l'approvazione dell'ordinamento generale degli enti locali, cioè il 31 ottobre 2012. Mi piace ribadire che è già stato assegnato alla Commissione competente il disegno di legge sull'ordinamento degli enti locali presentato dalla Giunta regionale all'inizio dello scorso mese di ottobre. Quindi non è che non si sia lavorato nel merito, ma la Commissione ha voluto procedere all'esame congiunto dei vari testi di legge che riguardavano solo ed esclusivamente le province. La Giunta in questo non ha colpa, è il Consiglio o la Commissione che decide. Io sono rispettoso della volontà del Consiglio, perché è l'organo legislativo, la Giunta semmai è un organo proponente.

Detto questo, non essendo stato rispettato il termine del 31 ottobre per l'approvazione, da parte del Consiglio, dell'ordinamento generale degli enti locali e non avendo quindi provveduto, entro il 31 dicembre 2012, a espletare le procedure conseguenti al passaggio dei comuni da una provincia all'altra, chiaramente da parte del Consiglio regionale si rendeva necessario approvare prima del 28 febbraio, cioè di dopodomani, un disegno di legge che ovviasse al caos istituzionale ed economico che poteva derivare appunto dall'immediata approvazione del testo di legge. Ma, attenzione, la legge numero 11 del 2011 si rifaceva all'articolo 23 del decreto Monti sulla spending review, che è stato superato dalla legge numero 28 del dicembre scorso, la legge sul patto di stabilità, la quale di fatto dà tempo a tutte le Regioni fino al 31 dicembre 2013 per normare sull'ordinamento degli enti locali, consentendo la scadenza naturale delle province che non siano soggette alla disciplina dell'articolo 141 del decreto legislativo numero 267 del 2000.

Quindi il testo di legge in discussione dice sì, le province vengono abrogate, ma occorre dare il tempo necessario affinché tutti gli adempimenti del caso siano compiuti senza creare il caos istituzionale, economico, legislativo e sociale. Questo ciò che ha previsto la Giunta nel disegno di legge che ha sottoposto alla Commissione. Convocata in Commissione, la Giunta ha precisato tutto ciò a cui lei, onorevole Sanna, nel suo intervento ha fatto riferimento. La Commissione, il Consiglio quindi, interpretando la volontà referendaria, ha ritenuto che non è possibile consentire alle province di arrivare alla scadenza naturale, perché sembrerebbe che non si intende tener conto della volontà popolare. Personalmente sono del parere contrario, quindi sono conscio del contenuto del mio disegno di legge, ma chi norma è il Consiglio, e molte volte in quest'Aula è stata richiamata la responsabilità della Giunta al rispetto della volontà del Consiglio.

Io rispetto la volontà del Consiglio, ritengo comunque che i termini imposti dalla norma che oggi stiamo esaminando siano ristrettissimi. Entreremo tra breve nella sessione di bilancio, dovremo quindi portare subito in Aula il disegno di legge sull'ordinamento generale degli enti locali che, ripeto, è in Commissione dai primi di ottobre. Non è vero che la Giunta non ha fatto niente, ma la Commissione ha scelto di esaminare e unificare tutte le proposte sulle province, e di non procedere all'esame del disegno di legge sull'ordinamento degli enti locali.

Sono convinto che i tempi siano ristrettissimi, perché oltre ad approvare la legge sull'ordinamento degli enti locali è necessario indire i referendum e dare il tempo agli organi provinciali di organizzare il passaggio dei poteri alle unioni di comuni, che sappiamo perfettamente sono l'unico organo in questo momento in condizione di poterli recepire. Tanto che, mi dispiace che non ci siano i Riformatori, l'articolo 9 del testo di legge unificato approvato dalla prima Commissione il 23 ottobre scorso prevede testualmente: "1. Fino all'approvazione di una legge statutaria sul sistema dei rapporti tra la Regione e gli enti locali della Sardegna e di una riforma organica sull'ordinamento degli enti locali, le province esercitano le funzioni a esse conferite dalla legislazione statale e regionale vigente. 2. In caso di mancata approvazione della riforma di cui al comma 1, a decorrere dal novantunesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le province esercitano le sole funzioni a esse attribuite dall'articolo 23, comma 14, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201", articolo che è stato abrogato. L'articolo continua specificando quali sono le funzioni che debbono esercitare le province sino all'approvazione della legge sull'ordinamento degli enti locali - è la Commissione che contraddice se stessa -, e cioè: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento; tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale; autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale; costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale a esse inerente; programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell'edilizia scolastica. Questo lo dice il testo di legge approvato nell'ottobre scorso, dunque anche la norma passata in Commissione sottolinea l'impossibilità di arrivare nel breve periodo a un cambiamento di sistema, questo è il problema.

Comunque sia, oggi in Aula è arrivato un testo esitato dalla Commissione, ed è l'Aula che decide. La Giunta ha fatto la sua proposta, ma l'Aula, che è l'organo legislativo, come giustamente è stato detto, può decidere diversamente. Personalmente, ribadisco che i tempi sono troppo stretti e non consentono di assolvere tutte le incombenze a cui ho accennato e di approvare tutti gli atti necessari sia dal punto di vista legislativo che da quello amministrativo. Se non si vuole arrivare alla scadenza naturale delle province è necessario, a mio parere, stabilire dei termini entro cui si possa ragionevolmente attuare la riforma. Fermo restando che nessuno si sogna di dire, tanto meno la Giunta regionale, che le province indicate nel referendum non sono state abrogate. Su questo non c'è ombra di dubbio. Il Consiglio è l'organo legislativo e decide se approvare il testo passato in Commissione oppure legiferare diversamente. Se è vero, come si afferma da una parte, che non è anticostituzionale che le province arrivino alla scadenza naturale del mandato, e su questo sono perfettamente d'accordo, confortato anche dalla norma nazionale, si decida in tal senso. Parliamoci chiaro, però, perché il presidente Monti è tornato sui suoi passi, rendendosi conto che non era possibile dare un colpo di spugna e abolire tutto in pochi mesi. Sono convinto che non si possano sciogliere degli organi democraticamente eletti dai cittadini, quali i comuni e le province, a meno che non rientrino nei dettati degli articoli 141 e 53 del decreto legislativo numero 267, ma posso sbagliarmi, non ho la competenza giuridica per poterlo affermare senz'ombra di dubbio. C'è anche chi dice che bisogna stare attenti perché consentire alle province di arrivare alla scadenza naturale può sollevare dubbi di legittimità costituzionale e la legge può essere impugnata. Va bene, però ribadisco che dal momento che si stanno prorogando non le province, ma i termini di attuazione della riforma, penso che il termine del 30 giugno sia assolutamente ristretto. Tuttavia mi rimetterò a ciò che l'Aula deciderà, come pure per quanto riguarda l'emendamento numero 1, presentato dall'opposizione.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'esame dell'articolo 1, al quale è stato presentato un emendamento.

(Si riporta di seguito il testo dell'articolo 1 e del relativo emendamento:

Art. 1

Modifiche alla legge regionale n. 11 del 2012

1. Al comma 3 dell'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11 (Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011), le parole "28 febbraio 2013" sono sostituite dalle parole "30 giugno 2013".

2. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge regionale n. 11 del 2012, come modificata dalla presente legge, si applicano anche agli organi delle province per i quali sono intervenuti provvedimenti di scioglimento ai sensi della legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13 (Scioglimento degli organi degli enti locali e nomina dei commissari. Modifica alla legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane).

Emendamento sostitutivo totale Sanna Gian Valerio - Sabatini - Cuccu G. - Barracciu - Manca Gavino - Corda Elia - Meloni Valerio - Bruno Mario - Solinas Antonio - Cocco Pietro - Porcu - Agus - espa - Moriconi - Cuccureddu - Lotto - Uras

L'articolo 1 è così sostituito:

Art. 1

1. Al fine di assicurare il rispetto dei principi costituzionali nonché quello dell'articolo 43 dello Statuto, in attesa dell'approvazione delle norme contenenti il riordino delle Amministrazioni Provinciali della Sardegna in armonia con gli esiti referendari ed i principi di riforma economico-sociali dello Stato, le stesse Amministrazioni Provinciali e i rispettivi organi esercitano le funzioni loro conferite dalla legge fino alla naturale conclusione del mandato amministrativo in corso.

2. E' conseguentemente abrogato l'articolo 1 della legge regionale 25 maggio 2012, n. 11. (1).)

PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Signora Presidente, ho sempre tenuto conto e avuto massimo rispetto delle posizioni della maggioranza alla quale appartengo, così come tengo conto della complessità e della criticità del momento politico attuale. Ma, parlando a titolo assolutamente personale, voglio essere coerente con la posizione che ho sempre espresso in Commissione, favorevole all'impostazione del disegno di legge della Giunta, prima che venisse emendato, col mio voto contrario, dalla prima Commissione prevedendo solo la proroga fino al 30 giugno, provvedimento che considero insufficiente.

La posizione della Giunta è stata espressa, pur se l'assessore Rassu si è rimesso all'Aula, ma ricordo che l'atto che fu proposto dalla Giunta non rappresentava in alcun modo un ripensamento rispetto al pronunciamento referendario, ma l'esatto contrario, perché - e questo è nelle dichiarazioni anche del Presidente - ancora non era stata approvata una legge di riordino degli enti locali. Il disegno di legge licenziato dall'Esecutivo fissa il momento in cui calerà definitivamente il sipario sulle province e lo fa secondo modalità che rendono irreversibile tale procedimento e al riparo dai ricorsi di coloro i quali vorrebbero conservare il quadro esistente.

Io però tengo conto dell'esigenza di predisporre bilanci preventivi che abbiano valore per la durata dell'anno solare, perché nessun ente può lavorare senza questo strumento. Tengo anche conto degli obblighi istituzionali per garantire la continuità dell'azione amministrativa e il corretto funzionamento dei servizi essenziali, come la manutenzione delle scuole e la sicurezza delle strade. Tengo conto inoltre dell'aspetto importante relativo all'applicazione degli istituti ordinari per il funzionamento degli enti. Per cui, sempre identificandomi nelle posizioni espresse dalla Giunta nella prima formulazione del testo, ritengo di poter esprimere serenamente un voto favorevole all'emendamento numero 1, perché contiene gli elementi che danno significato, attraverso la naturale conclusione del mandato amministrativo in corso, alle esigenze che ho espresso. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Voterò anch'io convintamente a favore dell'emendamento presentato, anzi chiederei, se sono d'accordo i presentatori, di poter aggiungere la mia firma perché, come più volte ho detto in Commissione e in Aula, ritengo che la sentenza numero 48 del 2003 della Corte costituzionale sia sufficientemente chiara sul valore costituzionale del mandato elettivo e sul valore democratico della rappresentanza. La democrazia rappresentativa si basa su alcuni principi che sono intangibili

Ma anche qualora non ci fosse stata una sentenza specifica, perché parla delle province sarde, ricordo che pochi anni fa è stata impugnata una legge della nostra Regione e la Corte costituzionale si è pronunciata in maniera così chiara, così netta, così definita, che oggi pensare, a fronte di un referendum, che tale strumento cambi i principi sui quali si basa la convivenza democratica, la democrazia rappresentativa, è assurdo a mio avviso. Che lo faccia il Consiglio regionale, che lo faccia il referendum, che lo faccia il corpo elettorale, è comunque assurdo violare quei principi.

E quali sono questi principi? I principi sono essenzialmente questi: quando si vota per l'elezione di un organo amministrativo si esprime un voto di preferenza per un candidato che rappresenterà l'organo e un programma. L'eletto deve quindi avere il tempo previsto dalla legge per poter esercitare quel mandato amministrativo. Non si può pensare che un altro organo o il corpo elettorale intervenga per interrompere il rapporto fiduciario che si è instaurato per cinque anni con quella persona sulla base di un dato programma.

Cosa dice la Corte costituzionale nella sentenza numero 48, il cui relatore è Valerio Onida? Dice che tra i principi che si ricavano dalla Costituzione vi è certamente quello per cui la durata in carica degli organi elettivi è fissata dalla legge e non è liberamente disponibile da parte di nessun organo legislativo. Vi è un diritto degli enti elettivi, dei loro rappresentanti e del corpo elettorale al compimento del mandato conferito nelle elezioni, come aspetto essenziale della democrazia rappresentativa degli enti, che coinvolge tutto il corpo elettorale. Quindi non è un diritto degli eletti, ma è un diritto degli elettori vedere attuato il programma per il quale hanno votato. E la base elettorale che ha legittimato le otto province, gli otto presidenti di provincia e gli otto consigli provinciali, è la stessa che ha legittimato questo Consiglio regionale. Non c'è qualcuno che valga di più e qualcuno che valga di meno; siamo posti dalla Costituzione sullo stesso piano. La stessa base elettorale ha scelto per cinque anni questo Consiglio e per cinque anni gli otto consigli provinciali.

Ma la citata sentenza della Corte costituzionale dice di più: "Tuttavia, le ipotesi di abbreviazione del mandato elettivo devono essere preventivamente stabilite in via generale dal legislatore. Tra di esse non è escluso che possa ricorrere anche il sopravvenire di modifiche territoriali che incidano significativamente sulla componente personale dell'ente", ma devono essere predeterminate a priori. Proprio questo era successo allora: si era deciso di istituire quattro nuove province e si era tentato di accorciare il mandato delle quattro province preesistenti: "Siccome abbiamo cambiato, cambiamo il mandato!". Non è possibile fare questo, la Corte costituzionale lo ha detto in maniera chiara.

Ma oltre a questo principio essenziale di democrazia, c'è un altro fatto forte, e credo che il dato elettorale di ieri lo dimostri, e cioè la sfiducia verso gli enti che cercano di appropriarsi di diritti che sono dei cittadini. Questo è il classico caso, e il dato elettorale di ieri è stato emblematico. Oggi il Consiglio regionale deve prendere atto che il voto dei cittadini vale e vale sempre e tener conto del voto referendario per il futuro. Non essendo stata prevista a priori la possibilità di scioglimento delle nuove province, dovremo prevederne la scadenza naturale. Che poi le province ci siano o non ci siano, che ce ne siano quattro oppure due, lo stabiliremo dopo che sarà stato completato il loro mandato.

E' chiaro che si apre una questione delicata, importante, che con le proroghe di sei mesi in sei mesi stiamo facendo finta che non esista, ed è il problema di Cagliari e di Olbia. Quelle due province andavano sciolte, commissariate, e i consigli comunali rieletti con mandati a termine fino alla scadenza naturale. Noi di fatto stiamo compiendo due illegittimità: stiamo mantenendo in piedi, con le proroghe, consigli provinciali che sono decaduti per legge (per essersi verificate le condizioni di scioglimento previste dalla legge) e stiamo cercando di commissariare o minacciamo di commissariare organi che invece sono legittimamente in carica sino alla fine del mandato.

Quindi è chiaro che l'emendamento che prevede di mantenere in vita sino alla scadenza naturale le otto province non può non tener conto della situazione che si è creata a Cagliari e a Olbia. Con il commissariamento? Con altre modalità? Non lo so, ma sicuramente non può rimanere in carica un vicepresidente che rappresenta un organo che non è stato scelto dai cittadini. Questo è il vero problema che dovremo risolvere, se non oggi, con un emendamento, visto che non c'è più la possibilità di presentare emendamenti, sicuramente il più presto possibile. Preannuncio quindi - così risparmio i tre minuti della dichiarazione di voto - il mio voto favorevole, con richiesta di aggiungere la mia firma all'emendamento teso a far arrivare le province a scadenza naturale, perché ritengo che l'unica possibilità che abbiamo e avremo in futuro di mantenere un rapporto con i cittadini sia quello di rispettare il patto con gli elettori e di non sacrificare gli organi che sono più prossimi ai cittadini, proprio i comuni e le province, sino a quando non ci sarà una norma che li abolirà. Potremmo abolire anche i comuni, in via del tutto astratta e per assurdo, ma sino a quando ci sono dobbiamo assolutamente rispettare il voto degli elettori.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (Sardegna è già Domani). Signora Presidente, sarò molto breve perché non ho né la voglia né la necessità di impegnarmi in discussioni in punto di diritto, soprattutto di diritto costituzionale, per cui voglio molto semplicemente rifarmi fondamentalmente a quanto è stato appena detto dalla Giunta.

Io davvero non riuscirei a capire come questo Consiglio possa legiferare se non ascoltando quello che ci ha appena detto la Giunta. E la Giunta ci ha detto che il termine del 30 giugno 2013, così come è stato imposto dalla maggioranza in Commissione, non può essere rispettato! Posto che la nostra credibilità è già stata troppe volte messa alla prova in senso negativo, posto che davvero siamo circondati e sarebbe bene che ci arrendessimo, mi sembra assurdo che per un principio forse d'orgoglio - non so nemmeno come definirlo - ci arrocchiamo su questa barriera del 30 giugno 2013, sapendo che il 29 giugno presenteremo un'altra proposta di proroga, perché la Giunta ci ha detto che quel termine non può essere rispettato. Non può essere rispettato - e la Giunta forse questo non l'ha voluto dire o non si è sentita in condizioni di dirlo - per la totale incapacità e inerzia di questa maggioranza, però questo è. Allora, francamente, se non vogliamo ulteriormente votarci al suicidio, se non vogliamo davvero buttarci a capofitto nel ridicolo, credo che dovremmo valutare con assoluta attenzione quello che ci sta dicendo la Giunta.

Al di là delle sceneggiate o delle proposte a effetto fatte da una parte della maggioranza (il che dimostra ulteriormente l'inconsistenza di ciò che regge questo Esecutivo nei confronti di questa parte del potere legislativo, e quindi di questa maggioranza), una consistente parte della maggioranza stessa ci ha detto: "Noi usciamo dall'aula perché non siamo d'accordo con la maggioranza". Uscite dalla Giunta per prima cosa, questa sarebbe coerenza! Poi non venite a raccontarci che si può usare lo strumento del commissariamento, che non ha nessuna copertura normativa né amministrativa. Però questo è un partito di maggioranza, attualmente rappresentato in Giunta da tre Assessori, che ci dà lezioni e se ne va dall'aula disgustato! Io credo che il disgusto sia fuori di qui. Ribadisco, siamo circondati e se sbagliare è umano perseverare, come si sa, è diabolico!

Per cui io, che pure al referendum ho votato per l'abrogazione delle province, e chi mi conosce sa che ho portato avanti una battaglia per la riduzione delle province e delle ASL in tutte le Commissioni in cui ho lavorato, dico basta con la demagogia, basta col prendere in giro l'elettorato. La campagna elettorale è finita, qualcuno ha saputo sfruttarla, è stato detto, ora proviamo, per i mesi che rimangono ancora di questa legislatura, a legiferare con la testa. C'è stata da poco una polemica in una trasmissione televisiva, in cui si invitava a "non votare con…". Ecco proviamo anche noi a "non legiferare con…", e ascoltiamo per una volta una delle poche ammissioni di verità che abbiamo sentito da quei banchi nei confronti del Consiglio. La Giunta ci dice che non è possibile rispettare quel termine e allora, lo ribadisco, non affondiamo nel ridicolo. Annuncio il mio voto favorevole all'emendamento che dà il tempo a questa Giunta e a questo Consiglio di porre rimedio alla situazione che si è determinata. Certo, avrei preferito proporre ai presentatori un emendamento orale che prorogasse la scadenza al 31 dicembre 2013. L'avrei motivato se avessi voluto presentarlo, perché non ritengo questo Consiglio sia legittimato a legiferare oltre la scadenza del suo mandato. Questo è il livello a cui siamo arrivati! Non mi sento di far parte di un Consiglio che davvero può prendere impegni addirittura oltre il proprio mandato, perché ha dimostrato di non essere capace di fare niente. Posto che è stato detto che nessun emendamento orale verrà accettato, sul testo che viene proposto preannuncio il mio voto favorevole, perché davvero non vorrei che a giugno, se saremo ancora qua, dovessimo spargere altra cenere sulle nostre teste. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Solo per dichiarare il mio voto favorevole all'emendamento proposto e chiedere di poterlo sottoscrivere, insieme agli altri componenti del mio Gruppo.

PRESIDENTE. Poiché l'emendamento numero 1 non è stato esaminato dalla Commissione, non c'è il parere del relatore.

Per esprimere il parere della Giunta sull'emendamento numero 1 ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. La Giunta si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione.

Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'emendamento numero 1.

(Segue la votazione)

Prendo atto che i consiglieri Cucca e Manca hanno votato a favore e che i consiglieri Biancareddu e Oppi hanno votato contro.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Campus - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Lai - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Artizzu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - De Francisci - Dessì - Floris Mario - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Locci - Lunesu - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Zedda.

Si è astenuta la Presidente Lombardo.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 58

votanti 57

astenuti 1

maggioranza 29

favorevoli 26

contrari 31

(Il Consiglio non approva).

Metto in votazione l'articolo 1. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo all'esame dell'articolo 2.

(Si riporta di seguito il testo dell'articolo 2:

Art. 2

Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS).).

PRESIDENTE. Poiché nessuno è iscritto a parlare, metto in votazione l'articolo 2. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Passiamo alla votazione finale del testo di legge.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del disegno di legge numero 481/A.

(Segue la votazione)

Prendo atto che i consiglieri Biancareddu e Zedda hanno votato a favore e che il consigliere Manca si è astenuto.

Rispondono sì i consiglieri: Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - De Francisci - Dessì - Floris Mario - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Locci - Lunesu - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Zedda.

Risponde no il consigliere: Lai.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Agus - Barracciu - Ben Amara - Campus - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Rassu - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 60

votanti 33

astenuti 27

maggioranza 17

favorevoli 32

contrari 1

(Il Consiglio approva).

I lavori si concludono qui. Il Consiglio è riconvocato per giovedì prossimo, alle ore 10, per la prosecuzione dell'esame della legge elettorale.

La seduta è tolta alle ore 18 e 24.


[PS1]Avviso ai correttori di bozze: rispettare la concordanza di genere