Seduta n.374 del 19/12/2012
N.B. Manca la trascrizione in catalano e la relativa traduzione della parte finale del primo intervento dell'onorevole Sechi
CCCLXXIV SEDUTA
(POMERIDIANA)
MERCOLEDI' 19 DICEMBRE 2012
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente BRUNO
indi
della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 16 e 02 .
DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 21 novembre 2012 (366), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Radhouan Ben Amara, Giorgio Cugusi, Mario Diana, Onorio Petrini, Antonio Pitea, Adriano Salis, Paolo Sanna ed Edoardo Tocco hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 19 dicembre 2012.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di proposta di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:
Lunesu - Floris Rosanna: "Disposizioni a sostegno dei diritti e dell'integrazione dei cittadini stranieri immigrati in Sardegna". (462)
(Pervenuta il 18 dicembre 2012 e assegnata alla seconda Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interrogazione pervenuta alla Presidenza.
DESSI', Segretario:
"Interrogazione Sanjust, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche relative alle imprese balneari, sulla modifica delle linee guida per la predisposizione del PUL, sulla loro corretta interpretazione e sul sovracanone imposto alle concessioni demaniali". (1010)
PRESIDENTE. Comunico che in data 19 dicembre 2012 è pervenuta a questa Presidenza una petizione concernente: "Provvedimento legislativo che novelli la normativa vigente in materia di organizzazione amministrativa del procedimento e delle votazioni per l'elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale. Modifiche alla legge regionale 6 marzo 1979, numero 7 (Norme per l'elezione del Consiglio regionale) e successive modifiche ed integrazioni".
Ricordo che, a norma dell'articolo 103 del Regolamento interno, il fascicolo relativo a detta petizione è a disposizione dei consiglieri presso la prima Commissione.
Considerata l'assenza della Giunta e lo scarso numero di consiglieri presenti sospendo la seduta sino alle ore 16 e 15.
(La seduta, sospesa alle ore 16 e 04, viene ripresa alle ore 16 e 28.)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione della mozione numero 224.
E' iscritto a parlare il consigliere Rodin. Ne ha facoltà.
RODIN (P.d.L.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, onorevoli colleghe e colleghi, nella mattina di sabato, 15 dicembre, si è tenuto a Cagliari un convegno, organizzato dal Gruppo del Popolo della Libertà, coraggiosamente intitolato: "Italiani in Sardegna", che sembra quasi uno slogan. L'uso dell'avverbio "coraggiosamente" però non è casuale perché, sebbene io abbia firmato, unitamente ad altri colleghi, la mozione con cui si chiede nientemeno che la dichiarazione di indipendenza della Sardegna, sono e resto pienamente convinto che il nostro destino non preveda la via del separatismo, bensì quella di una piena integrazione.
A questo riguardo mi corre l'obbligo di sottolineare come il sottoscritto abbia firmato la mozione in maniera meramente provocatoria, ritenendo che la stessa fosse inserita in quel processo delineato più volte negli atti richiamati nella premessa della mozione, cioè in un percorso esplicitato in altre occasioni in cui si è discusso di autonomia, ritenendo quindi che ciò fosse conforme ai principi dettati dalla Costituzione. Piena integrazione, dicevo, non solo nel male, come oggi avviene, ma principalmente nel bene, con quella entità geografica, popolare e ideale chiamata Italia, di cui per la nostra storia siamo parte fondante, attiva e determinante. E' un tema delicato che ci porta con la memoria al tempo in cui le rappresentanze della Sardegna, che già facevano parte del Regno sabaudo, mantenendo una propria autonomia giuridica e persino parlamentare, chiesero unanimemente al re Carlo Alberto di procedere alla cosiddetta "fusione perfetta". La fusione perfetta prevedeva la piena unificazione degli ordinamenti giuridici fra i cosiddetti Stati di terraferma, ossia il Piemonte e le altre Regioni via via aggregatesi al Regno sabaudo, e gli Stati sardi, i quali godevano di una propria secolare autonomia, conservatasi anche al tempo degli Aragonesi e, successivamente, degli Spagnoli. E' bene ricordare che la classe dirigente sarda di allora non effettuò una sorta di svendita dell'autonomia della Sardegna al Piemonte; quella scelta fu invece guidata da un'analisi pragmatica, da cui emergevano, con realismo e crudezza, le drammatiche condizioni di arretratezza dell'Isola. Non dimentichiamoci, infatti, che la Sardegna era gravata da analfabetismo, sottosviluppo e povertà, per cui l'inserimento della realtà sarda nel contesto piemontese, più evoluto sul terreno giuridico, economico e sociale, si presentava come un'opportunità da non perdere.
Non vanno inoltre trascurate le ragioni di profonda affinità culturale, quasi unitarie in nuce, che prima della dominazione iberica erano presenti fra le più evolute esperienze statuali sarde. Già all'epoca un filo storico, culturale e anche affettivo legava la nostra Isola a questa entità, che solo secoli dopo sarebbe divenuta uno Stato unitario chiamato Regno d'Italia. Il nostro impegno è pertanto quello di mantenere viva questa unione, che viene da lontano, e non può essere riassunta nel volontarismo di quelli che potrebbero sembrare pochi, ma in realtà furono molti, definiti come patrioti del Risorgimento.
Detto questo è doveroso sottolineare come le attuali, gravissime condizioni socioeconomiche dell'Isola richiamano, ora più che mai, allo spirito della Carta costituzionale, la quale prevede che l'Italia, una e indivisibile, riconosca e garantisca le autonomie locali. Come ben sappiamo la più visibile attuazione pratica di questo principio fu la previsione delle odierne Regioni, che nel precedente ordinamento erano solo dei compartimenti del Regno e, in particolare, delle Regioni a statuto speciale, tra le quali la nostra Regione fu la seconda in ordine storico dopo la Sicilia. Questo principio costituzionale fondamentale va pertanto ribadito con forza anche e soprattutto nei confronti del Governo nazionale, ormai dimissionario, e dello Stato centrale tutto. Notiamo, purtroppo, con estremo rammarico, che Roma contrasta i nostri propositi e le nostre convinzioni, secondo cui difendere e rinsaldare l'unità nazionale significa in primo luogo difendere e rinsaldare le autonomie, per rendere più saldo il legame dei cittadini con la Patria. La realtà dei fatti è purtroppo un'altra: l'autonomia finanziaria della Regione si trova da anni a essere minata dall'applicazione miope e irragionevole del cosiddetto patto di stabilità, istituto che nelle intenzioni del legislatore perseguiva il legittimo obiettivo di porre un freno all'indebitamento e che invece è divenuto col tempo un autentico incubo di natura contabile. Nell'applicazione odierna il patto di stabilità rappresenta un vero e proprio limite per la Regione, perché anche se le entrate sono incrementate queste non possono essere spese, ma solo tesaurizzate. Invece tali risorse dovrebbero essere impiegate in primis per garantire i servizi socialmente essenziali in un frangente di crisi tanto aspro e per favorire le opportunità di crescita e di sviluppo di cui la Sardegna ha disperatamente bisogno. Il risultato effettivo del patto di stabilità, con queste regole, è quello di privare sostanzialmente in radice l'autonomia finanziaria della Regione e in buona sostanza l'autonomia stessa. E' bene ricordare che la vertenza Sardegna non riguarda solo la miope applicazione del patto di stabilità, ma anche numerose altre sistematiche inadempienze dello Stato nel provvedere ai trasferimenti delle risorse che ci spettano in base alla Costituzione, alla legge, ai patti sottoscritti e alle ricorrenti impugnazioni delle leggi dinanzi alla Corte costituzionale.
Questo stato di cose rischia di prestare il fianco a soluzioni demagogiche che spesso sono irragionevoli in quanto tendono a buttare via, come si suol dire, il bambino insieme all'acqua sporca, proponendo una vera e propria liquidazione delle stesse autonomie regionali e locali, concepite ormai non come elementi e valori fondanti della nostra democrazia repubblicana, ma come meri costi di cui liberarsi ai fini dell'efficienza del sistema. Ma qua occorre sottolineare con forza che è a rischio la nostra stessa autonomia regionale e pertanto chiediamo con altrettanta forza che lo Stato centrale muti decisamente rotta rispetto alle recenti politiche se si vuole mantenere fermo il proprio vincolo di fedeltà, prima ancora che allo Stato, all'idea di Italia. Solo così si potrà garantire al popolo sardo il rispetto di quell'autonomia non in maniera puramente nominalistica, ma in chiave di sviluppo e sicurezza sociale; autonomia che, lo ricordo ancora una volta, fa parte inscindibile dell'unità e dell'indivisibilità del patto repubblicano.
Il presidente Cappellacci ha più voce sottolineato come l'impossibilità per la Regione di porre in campo adeguate risorse per i gravi e urgenti problemi della Sardegna, che perdura almeno da tre esercizi, derivi da una miope gestione del patto di stabilità che, pur in presenza di entrate maggiori rispetto a quelle fotografate dal patto, non permette di spendere più di quanto il patto stesso prescrive. Questo vincolo appare del tutto incomprensibile e si traduce, invece, nell'irrazionale mantenimento delle risorse in una sorta di frigorifero contabile in cui, nell'impossibilità di usarle senza con ciò porre a rischio i conti nel loro complesso, vengono sostanzialmente tesaurizzate e immobilizzate per il nulla. Tutto questo porta peraltro a un inaccettabile scaricabarile sulla Regione, la quale, essendo l'istituzione più vicina alla gente, deve poi rispondere in prima persona di decisioni che in realtà risalgono allo Stato. Queste decisioni dello Stato hanno comportato una palese violazione dei patti stipulati all'epoca del Governo Prodi e della presidenza Soru, con cui il Governo nazionale si era impegnato a effettuare sostanziosi trasferimenti di fondi.
L'autonomia sarda, che per noi è una condizione giuridica essenziale per rinsaldare, nella salvaguardia delle nostre specificità, l'indissolubilità del nostro legame con la Patria, è quindi sotto grave minaccia per effetto di innovazioni istituzionali uguali e contrarie. Queste innovazioni cominciarono dapprima con le norme in materia di federalismo che, attribuendo a pioggia nuove competenze alle Regioni a statuto ordinario, comportavano nella realtà un sostanziale annacquamento della nostra autonomia speciale (già fortemente in tono minore rispetto a quella assicurata a Regioni come la Sicilia, la Valle d'Aosta e il Trentino-Alto Adige), i cui tratti distintivi, nella costante inattuazione dei più importanti principi del nostro Statuto, sono rimasti ormai ben pochi. Ci troviamo oggi di fronte a un autentico attacco, mi riferisco agli intendimenti manifestati dal Governo Monti alle autonomie locali nel loro complesso; un attacco senza precedenti che vede all'orizzonte l'ennesima riforma costituzionale che intende sottrarre moltissime e importanti competenze alle Regioni per riportarle sotto la competenza dello Stato centrale e, quel che è più grave, senza fare troppe distinzioni tra Regioni a statuto ordinario e Regioni a statuto speciale.
La mozione sulla proclamazione d'indipendenza della Sardegna fotografa effettivamente un paradosso. Il senso della nostra provocazione…
PRESIDENTE. Onorevole Rodin, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.
SECHI (Gruppo Misto). Signora Presidente, cari colleghi, la storia plurimillenaria della Sardegna e del popolo sardo, attraversata da momenti bui e da occupazioni coloniali, che hanno visto i sardi spesso sconfitti, colloca sicuramente la nostra terra e la nostra gente tra le nazioni senza Stato. Lo affermiamo noi, ma è scritto in molte pubblicazioni. Dicevo che la Sardegna ha una storia plurimillenaria, un territorio riconoscibile e ben delimitato e una propria lingua, oltre che un proprio carattere. Pur registrando in quest'Aula la presenza di convinti indipendentisti, in tanti siamo tuttavia consapevoli dello scarso sostegno a questo progetto di larga parte della popolazione sarda, da tempo distratta e oggi più che mai preoccupata per la crisi economica e per il lavoro che non c'è. L'idea a cui si ispira la mozione è sostenuta da un debole movimento politico identitario favorevole all'indipendenza della Sardegna. E' un'idea che ritorna ciclicamente d'attualità, ma con scarsa convinzione.
La Catalogna, che viene spesso citata da tanti colleghi in quest'Aula, con il ritorno alla democrazia con le elezioni del 1980, ha indicato, dopo trent'anni di lotte, di dibattiti e di impegno politico, anche avversato da altre posizioni politiche, una strada per andare verso un progetto di indipendenza, che è il referendum popolare, che, come in Scozia, si dovrebbe tenere nel 2014; referendum, elaborato come idea, come proposta, a cui si è arrivati facendo richiamo a una serie di episodi e dopo la manifestazione a larghissima partecipazione popolare (si è parlato di un milione e mezzo di partecipanti) dell'11 settembre 2012. Questa data non è casuale, cioè non è stata decisa da un movimento politico o dai sindacati, ma fa riferimento a una data storica, l'11 settembre 1714, quando le truppe di Filippo V entrarono a Barcellona e misero fine all'indipendenza catalana. E' questa una motivazione storica molto forte.
La seconda motivazione, invece, è che si è arrivati a una sorta di esasperazione dopo il tentativo di revisione dello statuto di autonomia, respinto dalle Cortes spagnole con motivazioni assolutamente pretestuose, e soprattutto per lo scontro sul cosiddetto patto fiscale. Infatti il Governo autonomo della Catalogna contesta allo Stato spagnolo un atteggiamento che forse anche in quest'Aula è stato richiamato per il mancato rapporto con il Governo italiano in materia di trasferimenti fiscali. Tutte queste cose e l'irrigidimento dello Stato spagnolo, sicuramente reso ancora più rigido dalle vicende politiche ed economiche di questo momento, hanno vertiginosamente procurato una più ampia adesione al progetto indipendentista da parte dei catalani.
Dobbiamo avere l'onestà di dire che in Sardegna questo sentimento, pur essendo coltivato, pur essendo sognato, non registra un'adesione così massiccia e forte come quella che abbiamo visto registrarsi in altre realtà europee. Noi non abbiamo registrato, quindi, un grande consenso intorno a questo sentimento, che è doveroso, è giusto, tant'è che il mio Gruppo ha firmato la mozione d'indipendenza. Abbiamo idee e convinzioni forti per perseguire questa strada, ma non abbiamo registrato una convinzione piena su questo argomento, sul quale si è aperto un dibattito, devo dire, in un momento in cui è difficile addentrarsi in questa tematica, perché comunque andrebbe recuperato, come qualcuno ha sottolineato quest'oggi, un grave ritardo rispetto alle rivendicazioni che noi avanziamo nei confronti dello Stato italiano per quanto ci deve e finora non ci ha dato. Bisognerebbe avviare, attraverso questo dibattito, un percorso che ci potrà portare laddove saremo determinati ad arrivare, e in primo luogo, a mio avviso, per le ragioni che l'elemento lingua rappresenta, andrebbe avviato un discorso proprio sulla lingua sarda.
La partita che ha giocato l'amico Artur Mas in Catalogna era una furbata, chiamiamola così, un'occasione per anticipare le elezioni autonomistiche e puntare a raggiungere la maggioranza assoluta con il suo partito, Convergència i Unió, che è un'unione di due partiti: Convergència Democràtica de Catalunya e Unió Democràtica de Catalunya. Non gli è andata bene, ma non è stata compromessa la possibilità di andare verso il referendum. Infatti, anche se Convergència i Unió, che, in un parlamento di 135 membri, disponeva di 62 parlamentari e governava in minoranza, ha perso 12 seggi, fortunatamente ne hanno recuperato 11 Esquerra Republicana de Catalunya e 3 Iniciativa per Catalunya Verds, il che garantisce al progetto indipendentista i numeri per ricorrere al referendum. Il referendum quindi si farà, nonostante le opposizioni del Partito Popolare e dei Socialisti, in questo momento preoccupati più di incerottare le proprie ferite per l'insuccesso elettorale e probabilmente, anzi sicuramente molto più preoccupati del dramma economico e sociale che vive la Spagna in generale e quindi del dramma della popolazione spagnola.
Artur Mas ha quindi fatto sapere che comunque verrà indetto il referendum nel 2014, e così avverrà chiaramente. E' evidente lo scontro all'interno dello Stato spagnolo, anche per la politica di Mariano Rajoy, il quale confida molto nell'aiuto che potrebbe venirgli dall'Europa, ovvero dalla Commissione europea, la cui posizione però non è ancora chiara, tant'è che suoi esponenti hanno dichiarato che si tratta di un problema che dovrebbe essere risolto all'interno dello Stato spagnolo. E' una sorta di scaricabarile, ma in ogni caso il processo è avviato e addirittura si ipotizza l'approvazione di una legge che dovrebbe garantire al popolo catalano di potersi esprimere sul proprio futuro. Il presidente Mas, che afferma con molta convinzione comunque, così come i suoi predecessori, da Jordi Pujol di Convergència i Unió al socialista Pasqual Maragall, che il popolo catalano è fortemente europeista, crede nell'Europa e sta dentro l'Europa, sostiene la politica dell'euro e quindi guarda al futuro con ottimismo.
(L' intervento prosegue in lingua catalana)
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Artizzu. Ne ha facoltà.
ARTIZZU (U.D.C.-FLI). Signor Presidente, avrei potuto tentare di fare anch'io questo intervento in sardo, ma credo di non esserne all'altezza, per cui ricorro alla lingua italiana.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BRUNO
(Segue ARTIZZU.) E' comunque doveroso, dal mio punto di vista, prendere la parola per esprimere la mia opinione su questa mozione, della quale condivido molti aspetti che, ahimè, in essa restano però marginali, per lasciare spazio, anzi il vero spazio, la vera sostanza, il vero messaggio politico, ad altri aspetti che invece contesto. Dichiarare solennemente che la Sardegna è una nazione è quanto di più vero e sacrosanto si possa formulare. La Sardegna lo è, se accettiamo la definizione che di questo termine si dà, che è l'unica sensata e storicamente accettabile, cioè che è nazione una comunità umana unita da tradizioni, usanze e identità culturale, e che tutte queste caratteristiche non comportano necessariamente che vi sia anche uno Stato a disciplinare tale unione identitaria, culturale e storica.
Una nazione che ha generato uno Stato, questo è la Sardegna, uno Stato nato a Cagliari il 13 giugno del 1324, dal quale Stato è nato poi quello italiano, che altro non era e non è se non il Regno di Sardegna allargato. Negli ultimi decenni dell'Ottocento i siciliani erano chiamati sardi, come pure i lombardi e i toscani, questa è la storia. Ernest Renan definisce la nazione come l'anima e il principio spirituale di un popolo che gode di una ricca eredità di ricordi e del consenso attuale. Ne consegue che la nazione esiste finché essa trova posto nella mente e nel cuore delle persone che la compongono.
Nell'uso quotidiano erroneamente termini come nazione, stato e paese vengono usati indistintamente spesso come sinonimi per indicare un territorio controllato da un singolo governo o gli abitanti di quel territorio o il governo stesso, in altre parole lo Stato. In senso stretto, tuttavia, nazione indica le persone, mentre paese indica il territorio e Stato la legittima istituzione amministrativa. Per aumentare la confusione, i termini nazionale e internazionale si applicano agli Stati. Nonostante al giorno d'oggi molte nazioni coincidano con uno Stato, le cose non sono sempre andate così in passato e ancora oggi esistono nazioni senza Stato, come appunto la Sardegna, che un tempo lo Stato lo aveva e da quello Stato ha preso vita lo Stato italiano, e viceversa ci sono degli Stati formati da più nazioni, così come vi sono anche Stati senza nazioni. Quindi l'affermazione che la Sardegna è una nazione se viene lasciata e lanciata così, in beata solitudine, senza un postulato successivo, non serve e non basta e soprattutto non fa chiarezza, rischia di diventare il trionfo dell'ovvietà, un "vorrei ma non posso", che farebbe anche un po' sorridere.
Nel testo della mozione si dice un po' ma non tutto, si lascia cadere questa definizione di indipendenza e la si accompagna con due parole che in questo contesto sono inefficaci, una in premessa, l'altra in conclusione. Quella in premessa è "solennemente", si dichiara cioè solennemente che la Sardegna è una nazione. Lo sapevamo già, lo dice la nostra storia, la nostra cultura, la nostra tradizione, il nostro orgoglio, il senso identitario, la nostra gastronomia, i nostri poeti, i nostri scrittori, i nostri musicisti, e penso anzitutto a Ennio Porrino, che ha messo in musica l'epopea della nazione sarda. Fermarsi qui, al fatto che la Sardegna è nazione, è come dichiarare solennemente che la Sardegna è un'isola, realtà che è così da milioni di anni, e tutti lo sanno, forse è bello ricordarlo, ma non serve a niente. Poi si aggiunge, però, che questa nazione è indipendente, che senza una dichiarazione di secessione vuol dire meno ancora. Cosa si intende con questo termine? Indipendenza significa solo una cosa, la separazione di una parte di uno Stato dal resto dello Stato e la creazione di uno Stato nuovo. La più celebre è quella degli Stati Uniti d'America, che ha prodotto infatti i ben noti effetti duraturi nel tempo.
Questa dichiarazione di indipendenza così come è, la si condivida o no non produce effetti. Quindi, cari colleghi, o avete il coraggio di dire che volete che la Sardegna si separi dallo Stato italiano, e allora avete anche il coraggio di aprire una stagione secessionista, come in altre parti d'Europa e del mondo è stato fatto o viene fatto, e anche, con spirito più goliardico che golpistico, in qualche parte d'Italia (da non confondere lontanamente con il glorioso irredentismo), oppure quanto scritto nella vostra mozione rispettabilissima è qualcosa di banale e scontato. Di solito per compiere questi processi ci vogliono le armi. Siete pronti anche a sparare?
Mi chiedo: vogliamo o no che lo Stato sardo si separi da quello italiano? La ragione, il cuore e il mio orgoglio di sardo mi dice di no. Credo certamente in un'autonomia spinta, molto spinta, al confine della sovranità che desidero però resti italiana; un'autonomia rispetto a un governo centrale, anzi un governo periferico che interloquisce con un governo centrale. Il problema della nazione sarda si pone oggi in termini moderni e non ottocenteschi come protesta contro lo Stato italiano accentrato, centralista, e dunque come lotta per il suo superamento e per l'affermazione e la creazione di uno Stato plurinazionale che riconosca le nazioni minori e le etnie presenti al suo interno. In questa prospettiva non angustamente indipendentista si può oggi tentare di risolvere la questione nazionale sarda, non distaccando l'Isola dallo Stato italiano, in cui storicamente è ormai incorporata, anzi ne è madre, ma con l'ottenimento di tutti i poteri che le permettano l'autodecisione e l'autogoverno. Tali poteri deve prevedere il nuovo Statuto sardo federale.
La Sardegna è caratterizzata da tre elementi che sono alla base di una simile impostazione e delle conseguenti rivendicazioni: la sua insularità, la sua nazionalità, la sua statualità, cioè l'oggettivo dato storico della paternità dello Stato sardo rispetto a quello italiano. Siamo una nazione dentro uno Stato, che non è nemmeno esso uno Stato nazionale in senso stretto, essendoci in Italia anche altre nazioni, oltre a quella sarda, seppure quella sarda abbia una nazionalità decisamente più qualificata di altre.
La visione autonomistica dello Stato è ancora tutta dentro l'ottica dello stato centralista, così come in buona sostanza è ancora disegnato dalla Costituzione repubblicana, anche dopo la riforma federalista fin qui attuata, che al massimo può dislocare territorialmente spezzoni di potere alla periferia, o più semplicemente può prevedere decentramento amministrativo e concedere deleghe parziali alla Regione. Ciò che a noi interessa non è dislocare parziali e limitati poteri dal centro alla periferia dello Stato italiano, alla nazione sarda, ma l'ottenimento di una dignità paritaria e di un paritario esercizio di poteri tranne che in quelle articolazioni che hanno a che vedere con la sicurezza dei cittadini e l'unità nazionale, alla quale non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo rinunciare.
In questa visione la Regione cessa di essere la rappresentanza in sede regionale o periferica dell'amministrazione centrale, per diventare l'ente esponenziale della comunità sarda. Ritengo che questo processo possa e debba muovere i suoi passi entro il Consiglio regionale. Non vi è a mio avviso altro tipo di assemblea, se non quella legislativa eletta dal popolo, che abbia i titoli e il ruolo per poter svolgere questo compito; non li ha certo un'assemblea composta mediante il censo, né sarebbe possibile, se non con il censo, comporne un'altra diversa da questa. Di qui la mia contrarietà al progetto di Assemblea costituente e contemporaneamente l'auspicio che al processo riformatore che il Consiglio regionale è chiamato a svolgere partecipino in diverse forme tutti i rappresentanti della società sarda. Dobbiamo conquistare l'autonomia, ma non dobbiamo illudere la gente che si possa battere moneta, avere un esercito, stringere trattati internazionali. Tutto il resto sì. Sottoscrivo dunque tutto ciò che riguarda l'affermazione della nazionalità sarda, rifiuto la secessione e la separazione dall'Italia. Desidero che l'Italia, la mia patria nata dal sacrificio dei sardi, si risollevi unita, si salvi unita, progredisca unita e abbia nella nazione sarda quella luce morale e spirituale che l'ha caratterizzata fin dalla sua nascita.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, sono intervenuti diversi colleghi del Partito Democratico in questo dibattito e io certamente non esprimerò una posizione differente da quella che avete già avuto modo di sentire. Vorrei iniziare, anche se può apparire pleonastico e me ne rendo conto, dicendo che ho grande rispetto per questa mozione, e non è un caso che stamattina abbiamo voluto che venisse discussa. Sarebbe bastato, infatti, lo sa bene il Presidente del Gruppo del P.S.d'Az., l'onorevole Giacomo Sanna, che noi del P.D. chiedessimo nuovamente la verifica del numero legale, che sapevamo non c'era. Invece abbiamo evitato questo esercizio proprio perché riteniamo utile che si svolga questa importante discussione, indipendentemente dall'articolazione delle posizioni che registriamo in quest'Aula su un tema come quello sottopostoci dalla mozione di cui è primo firmatario l'onorevole Giacomo Sanna.
Ho grande rispetto, dicevo, per questa mozione in quanto esprime un sentimento diffuso, trasversale, che interessa tutti i partiti, nessuno escluso. Credo che non ci sia partito, non ci sia movimento, non ci sia organizzazione sociale che non sia permeata da una valenza di sardismo, passatemi il termine. Voglio anche dire con molta franchezza, in particolare agli onorevoli Sanna e Maninchedda, sempre con il rispetto dovuto, che la voglia e l'aspirazione d'indipendenza cresce in maniera esponenziale e inversamente proporzionale all'autorevolezza del Governo che in questo momento guida la Sardegna e la maggioranza che lo esprime. In buona sostanza io sono profondamente convinto che questa aspirazione che si sente ed è stata rappresentata con forza, con i toni che abbiamo avuto modo di sentire, dai colleghi Sanna e Maninchedda, è cresciuta parecchio in questa legislatura perché questa maggioranza e questa Giunta, guidata dal presidente Cappellacci, in questi quattro anni di governo hanno perso tutta l'autorevolezza che negli anni passati si era registrata. Quindi è automatico che questa voglia, mi si passi il termine, questa aspirazione cresca.
Siamo di fronte a un Governo regionale che ha perso autorevolezza con tutti gli interlocutori istituzionali: con il Governo, con il Parlamento e anche con l'Europa, spesso richiamata. Vorrei chiedere al presidente Cappellacci se l'assenza di risultati nel confronto con il Governo è da addebitare alla mancanza di indipendenza o piuttosto all'assenza di un minimo di autorevolezza politica e istituzionale da parte della Regione in questa legislatura.
Voi avete perso, caro onorevole Sanna, autorevolezza con il Governo, avete perso autorevolezza anche con gli altri soggetti con i quali vi siete confrontati, ma la cosa più grave è che in questi anni avete perso tutta l'autorevolezza che dovevate rappresentare in nome e per conto di questa Regione nei confronti di quel popolo sardo che spesso richiamate in maniera solenne. Questo è il tema che vorrei che in qualche maniera fosse declinato anche nel prosieguo del dibattito su questa mozione.
Vorrei chiedere al Presidente della Regione e a lei assessore Solinas con quale autorevolezza avete difeso la continuità territoriale. In questa legislatura - questo è il nostro giudizio - la continuità territoriale ha perso qualità. L'ha persa perché non siamo una Regione indipendente o perché voi non siete stati capaci di dare continuità a un modello che aveva funzionato? Qual è l'autorevolezza, dov'è la forza con cui avreste dovuto affrontare il tema della continuità territoriale delle merci e portare a casa un qualche risultato? Quello dei trasporti in Sardegna è sempre stato un tema caro al sardismo: qual è stata l'azione di questa maggioranza di centrodestra nell'ottenere un risultato in questa direzione?
Sul terreno delle entrate avete gettato al vento una stagione in cui si è espressa con forza la mobilitazione del popolo sardo e delle istituzioni regionali nel confronto con lo Stato e ha prodotto risultati anche importanti. Voi in questa legislatura non soltanto non siete riusciti a conquistare nuovi spazi di autonomia, ma avete anche perso quelli conquistati negli anni passati! State permettendo, grazie alla vostra inconcludenza, lo smantellamento e la distruzione dell'apparato produttivo. La verità è che voi chiamate, gridate, volete l'indipendenza per giustificare il vostro fallimento, la vostra inconcludenza, perché di questo si tratta. Quindi più è grande il vostro fallimento, che ormai è sotto gli occhi di tutti, più è alto il tono con cui chiedete. E' probabile che stasera assisteremo anche a un voto favorevole sulla mozione da parte del Presidente della Regione. Per carità, ci sta tutto, anche questo, può essere che a conclusione di quel voto scopriremo che i risultati negativi che hanno fatto arretrare pericolosamente questa Regione in questi quattro anni sono da addebitarsi al fatto che non siamo riusciti a proclamare l'indipendenza fin dal primo anno di questa legislatura!
Io apprezzo, onorevole Maninchedda, la sua ossessione positiva nel continuare l'impegno per mantenere vivo e forte un confronto tra la cultura che voi rappresentate e la sinistra. Credo che questo sia da apprezzare e da incoraggiare, e certamente per quanto ci riguarda non faremo nulla per non incoraggiare questo tentativo, ma chi sta lavorando contro l'incoraggiamento di questo rapporto - lo dico con grande rispetto, vedo qui l'assessore Solinas - siete proprio voi, che con l'ossessione di mantenere in piedi questa maggioranza di centrodestra negate ogni aspirazione di autorevolezza e di autodeterminazione di questa Regione. Ma se è vero che voi siete ossessionati positivamente dalla volontà di mantenere vivo questo rapporto, vi chiedo di essere consequenziali e di fare una scelta coraggiosa, ovvero abbandonare chi in questi quattro anni ha gettato nel discredito questa Regione!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Signor Presidente, per la verità, al di là dell'ordine o del disordine delle chiamate, credo sia palese che questo dibattito va avanti stancamente e dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, tutto il nostro limite, perché al di là di sporadici interventi, nei quali sicuramente abbiamo riconosciuto un sincero afflato di passione, tutto il resto del dibattito è lo specchio dello scarso interesse che questo argomento oggi riveste tra la nostra gente. Basta guardare la rassegna stampa odierna del Consiglio regionale, dove questo dibattito ha meno spazio - non se ne abbiano a male i colleghi - delle prossime primarie del P.D.!
Allora ci chiediamo per quale motivo parlare di sardità, di autodeterminazione, di sovranità, di indipendentismo non scateni quella facile fascinazione che di norma provoca, soprattutto nella classe politica. Il motivo credo sia semplice: abbiamo totalmente perso la nostra credibilità, a partire - la saggezza popolare dice che il pesce puzza dalla testa - dai vertici del Governo regionale. Non bastano certo dichiarazioni in occasione di convegni di partito, o velleitari proclami di autorevolezza per cancellare o far dimenticare il fallimento nella quotidianità, nella pratica amministrativa e nella gestione politica, il fallimento di una promessa, il fallimento di un impegno con il nostro popolo, il fallimento di un impegno con quella "nazione", di cui cinicamente e impudicamente ci si riempie la bocca, per indicare magari nel Governo italiano cinico e baro, che sia rappresentato da Berlusconi o da Monti, passando per Tremonti, la causa della nostra inefficienza e della nostra perdita di autorevolezza e rappresentatività.
Mi permetto, quindi, sommessamente e brevemente di sottolineare la mancanza di interesse di questo dibattito, al di là, lo ribadisco, della giusta e giustificata posizione storica e politica del Partito Sardo d'Azione e di quanti con la loro storia personale hanno dato garanzia di genuinità di posizioni e rivendicazioni. Ma il dibattito non è più credibile quando su questi temi si cerca di negare, di denegare, di nascondere quella decadenza della politica che si è appalesata attraverso la politica fatta di giochi di potere, di interessi personali, ai limiti e talvolta anche oltre i limiti del codice penale, che hanno determinato l'inquinamento di candidature, elezioni, scelte amministrative e scelte legislative.
Il rispetto della Sardegna deve nascere prima e soprattutto dal comportamento dei rappresentanti eletti dai sardi e quindi dal mantenimento degli impegni presi con i sardi; deve nascere dal buon governo e dalla buona amministrazione da parte della classe politica sarda nei confronti della gente della Sardegna, che di tutto ha bisogno eccetto che di un ennesimo manifesto, perché per alcuni, purtroppo, anche temi così importanti diventano solo un manifesto. Se davvero volessimo affrontare il problema della sovranità e del diritto all'autodeterminazione, lo ribadisco, dovremmo prima dimostrare di essere credibili in casa nostra! Come possiamo pensare che gli altri, gli italiani o gli italianisti, come sono stati definiti, rispettino la Sardegna se noi per primi non sappiamo porre le basi, le pietre angolari per costruire davvero la nostra nazione?
Al di là delle difficoltà, su cui si può disquisire e filosofare, come la presenza o meno nella nostra storia e nel nostro passato di una vera unità etnica, culturale e persino linguistica (abbiamo sentito su questo interventi di cui non tutti hanno capito il senso), è soprattutto la mancanza evidente dell'idem sentire, che purtroppo oggi è diventato idem soffrire, a negare nei fatti la possibilità di essere riconosciuti come nazione, posto che per colpa della classe politica sarda esistono ancora oggi gravi e disgreganti diseguaglianze nel nostro territorio, esistono ancora aree protette e periferie, esistono ancora colonie nella colonia - se vi piace questo termine -, a cui concedere al più quello che resta dopo aver saccheggiato quanto avrebbe dovuto essere invece equamente diviso. E tutto ciò avviene per semplici e meschine mire politiche personali, per costruire carriere, creare correnti e aggregare sodali con il solo fine di preservare e perpetuare la permanenza di qualcuno nella casta dei privilegiati.
Davvero si può pensare che con questi compagni di viaggio si possa costruire un sogno, cavalcare un ideale? Davvero voi sperate che con questi compagni di viaggio si possa costruire quel sogno? Io non ci credo. Mi sarei accontentato di vedere più azioni che mozioni; mi sarei accontentato di essere compartecipe, in questo Consiglio, di almeno una delle tante riforme necessarie, tanto promesse in campagna elettorale quanto negate in questi quattro anni di governo. Non siamo credibili per colpa della Giunta e del suo Presidente, nonché della maggioranza che ancora lo sostiene. E' su quella maggioranza che ricade la responsabilità di fare e se non siamo stati capaci in quattro anni di fare riforme sul normale ordinamento, dalle ASL alle province, agli enti, alle agenzie, alla burocrazia regionale, alla gestione delle poche e insufficienti risorse, possiamo davvero affrontare la madre di tutte le rivendicazioni? Possiamo davvero credere che, con questi presupposti, si possano affrontare i destini e gli assetti istituzionali futuri? I latini, che come sempre ci insegnano molto, dicevano: primum vivere, deinde philosophari, e allora mostriamo almeno di essere capaci di saper navigare prima di spacciarci per trasvolatori.
Per questi motivi il Gruppo "Sardegna è già Domani", con l'eccezione dell'onorevole Mulas, voterà contro questa mozione, nel massimo rispetto della storia e dell'orgoglio dei "portatori sani" delle istanze di autonomia e di autodeterminazione, che però calate in questo contesto diventano incompatibili a causa dell'altrettanto massima sfiducia per la palese e sperimentata inadeguatezza dell'attuale rappresentanza governativa del popolo sardo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Voglio leggervi l'articolo 1 dello statuto del Partito Sardo d'Azione, che è utile per far capire a qualcuno degli intervenuti in quest'Aula quali sono i problemi: "Il Partidu Sardu-Partito Sardo d'Azione è la libera associazione di coloro che si propongono, attraverso l'azione politica, di affermare la sovranità del popolo sardo sul proprio territorio, e di condurre la Nazione Sarda all'indipendenza". Siccome non siamo di primo pelo e non siamo neanche tra quelli che si fanno tirare per la giacchetta da destra e da sinistra, è comprensibile che i Sardisti e il Partito Sardo d'Azione pur di raggiungere questo obiettivo sarebbero disponibili a fare alleanze col diavolo! Mi sembra normale per un partito come il nostro, non ce lo siamo inventati adesso, fa parte della nostra storia, della nostra cultura, dei nostri ideali e del nostro modo di fare politica. Quindi le etichette che qualcuno ha voluto attribuire stamattina le rimandiamo al mittente. Questi siamo noi e lo siamo nella massima trasparenza.
Sinceramente noi pensavamo che la discussione in quest'Aula di questa mozione su un tema così importante potesse avvenire staccando la spina dell'appartenenza alla maggioranza o all'opposizione. Credo che un argomento come questo meriti il più assoluto rispetto e non una suddivisione di appartenenza tra chi ha governato e chi sta governando, tra chi è maggioranza e chi è opposizione. Questa qu[PS1] estione non può essere svilita, non la si può far passare come il danno subito da chi governa o da chi ha governato. Il nostro obiettivo è quello indicato nell'articolo 1 dello statuto del nostro partito e sappiamo benissimo - non siamo così sprovveduti - che per compiere questo percorso ci sono voluti tanti anni e altri ancora ce ne vorranno, ma ciò che avviene nel resto d'Europa e del mondo ci conforta e ci dà la spinta per continuare, a maggior ragione, il lavoro giornaliero per raggiungere quell'obiettivo. Il fatto di non poterlo realizzare stasera non significa che questa grande idea non possa concretizzarsi. Sappiamo che c'è un percorso da compiere e allora provate voi per primi a fare uno sforzo per capire che un futuro reale per quest'Isola non lo si può costruire in modo separato; provate, una volta per tutte, a liberarvi dalla contaminazione dei partiti italiani, dalle segreterie romane, da tutto ciò che avete ereditato e a focalizzare il discorso su quello che siamo, su che cosa è quest'Isola, su che cosa c'è fuori di questo palazzo. Proviamo a chiederci, ad esempio, se non vada compiuto un primo passo affinché quest'Isola economicamente non dipenda più dallo Stato centrale, se non dovremmo essere noi, con la nostra capacità e il nostro senso di responsabilità, a decidere di utilizzare la leva fiscale per ottenere quei risultati che altri non ci hanno consentito di raggiungere. Andare a "pietire" a Roma, confrontarci con Roma non ci lava la coscienza per quanto riguarda gli accordi presi e non mantenuti, i ricorsi alla Corte costituzionale, i trasferimenti non fatti, i riconoscimenti negati. Io provo solo a pensare, insieme a voi, a cosa sarebbe quest'Isola se avessimo la libertà economica, cioè se non dovessimo più aspettare che lo Stato italiano ci trasmetta, dopo aver fatto noi i gabellieri, la parte del gettito fiscale riservata alla Sardegna, ma potessimo utilizzare noi la leva fiscale per decidere quale sviluppo costruire in alternativa a quello fallimentare che lo Stato ci ha costretto ad applicare nella nostra regione. Ieri abbiamo avuto un esempio tipico di come non siamo noi a decidere. Quando i soldi li mettono altri soggetti, che vengono qua perché hanno degli interessi, sono loro a decidere cosa fare, e infatti hanno impiantato le industrie più inopportune, i loro fallimenti sono davanti agli occhi di tutti, noi abbiamo solo accettato le cose passivamente. Forse hanno dato lavoro a qualcuno a noi vicino, ma sentirsi gratificati da questo credo che sia profondamente sbagliato.
E allora, proviamo a fare insieme questi passi, a non pensare che un obiettivo come l'indipendenza economica interessi solo a pochi. Inizialmente questa mattina eravamo partiti con il piede giusto, poi le conclusioni in alcune parti non mi hanno trovato d'accordo. Il Capogruppo del P.D., per esempio, non può arrivare a questo tipo di conclusione: questa maggioranza non ha autorevolezza, questa Giunta e questo Presidente sono inadeguati, non si può andare a Roma ad affrontare un problema come questo perché la debolezza di chi ci rappresenta non ce lo consente. Questo è un modo per scaricare le responsabilità.
Questo non è il tema del governatore Cappellacci, non è il tema di questa Giunta; è il tema della classe dirigente che rappresenta la Sardegna in quest'Aula. E' un ragionamento diverso da quello a cui siamo stati abituati, è una cosa completamente differente. E' vero che c'è una sorta di decadenza della classe politica, ma questa decadenza non può passare come alibi per cose che non si sono fatte prima e non si possono fare adesso. Quello che voglio significare è che questo senso di appartenenza è cresciuto all'esterno più di quanto non sia cresciuto qua dentro. Il fatto è che questo rischia di travolgerci, perché il senso di appartenenza unito alla disperazione, in un sistema economico e sociale che precipita sempre più, genera in maggior misura lo spirito di appartenenza, perché ci si rifugia nelle radici e spetta a noi utilizzarle al meglio.
Noi abbiamo proposto questa mozione perché anche voi vi rendiate conto che bisogna tirare su l'asticella dello scontro con lo Stato italiano, perché se continuiamo ad andare a Roma solo per "pietire", dimenticandoci di essere noi ad avere gli strumenti del confronto e dello scontro, se necessario, con chi è abituato a non mantenere gli impegni e a deriderci alla prima occasione, forse sarà necessario arrivare a determinate conclusioni.
Questa mozione ha due punti: uno dichiara l'indipendenza, l'altro dice che i sardi devono essere messi in condizioni, con un referendum consultivo, di poter esprimere il proprio parere. Ma temiamo anche questo livello di democrazia? Temiamo che i sardi possano in un'urna, anche se in modo consultivo, esprimere il loro giudizio, la loro volontà? Se abbiamo questa paura, noi qua dentro non ci facciamo niente! Se è questo il timore che molti hanno manifestato, la loro presenza qua dentro è inopportuna.
Noi dobbiamo far crescere il livello di democrazia, il coinvolgimento di chi non è mai stato in quest'Aula, per fargli capire che questo non è il parlamento di pochi, ma è il parlamento dell'intero popolo sardo. Così si cresce! Riusciamo ad aprire la mente a questo, riusciamo a capire che per noi questo è fondamentale? Intanto il Partito Sardo d'Azione, che ci sia questo Gruppo consiliare o che ci sia il sottoscritto, non smetterà mai di fare questi discorsi, continuerà ad andare avanti, lo dimostra la sua storia!
Oggi parlate di zona franca in modo inopportuno, senza conoscere la materia. Negli anni Ottanta, con la presidenza Melis, si cercò in tutti i modi di coinvolgere le forze politiche. Oggi, alla resa dei conti, si va a cercare il salvagente, e molti vedono in quella soluzione il salvagente del sistema economico sardo. Anche qui ci si sbaglia: di zona franca non si discute in modo separato, bensì tutti insieme, in modo concreto e opportuno, e soprattutto reale nell'applicazione. Tutti assieme possiamo vincere la battaglia, separati queste battaglie le abbiamo sempre perse.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Valuteremo il contenuto del dispositivo della mozione, a conclusione di questa discussione, per decidere quale sarà la nostra espressione di voto. Intendiamo partecipare alla discussione della proposta mozione partendo da una considerazione o meglio da una frase di Emilio Lussu: "Ci aspettavamo un leone, è arrivato un gatto", rispetto allo Statuto, al suo contenuto di autonomia, alla capacità di aprire prospettive di emancipazione economica e sociale dell'Isola e di emancipazione complessiva del nostro popolo. Vogliamo partire da questa considerazione e anche dalla storia della nostra autonomia, dalla valutazione che facciamo di essa, di come siamo stati capaci di utilizzarla, ma anche di come ci è stata rappresentata, di come è stata molte volte violentata, ridimensionata, colpita dal centralismo statale. Lo facciamo anche in considerazione di quello che siamo oggi rispetto a ieri, quando il nostro Statuto di autonomia (legge costituzionale numero 3 del 1948) fu scritto in una dimensione europea diversa, all'interno di un sistema internazionale che non era fatto solo di norme giuridiche o di relazioni politiche, ma anche di rapporti economici che si sono poi sviluppati in maniera diversa, si sono articolati in maniera più complessa e hanno avuto effetti non sempre positivi o non sempre negativi.
Noi in questi mesi abbiamo parlato spesso di questo tema e del processo costituente che tutti consapevolmente abbiamo deciso di avviare, con le diverse modalità che siamo stati capaci di proporre, avuto riguardo anche all'Assemblea costituente, alla sua configurazione, alla sua funzione, e diciamo anche al rapporto molto controverso che abbiamo avuto con lo Stato in questi mesi e in questi anni, soprattutto dall'approvazione del nuovo articolo 8 dello Statuto, in materia di entrate. In questi mesi abbiamo discusso di queste vicende per cercare una strada comune, un comportamento unitario, forte, condiviso, ma anche partecipato, che fosse percepito dalla nostra popolazione, dalle nostre comunità.
Alla fine di questo percorso, lo dico con grande amicizia nei confronti degli amici Sardisti e con grande considerazione nei confronti di tutti i colleghi, traggo una conclusione: in questo dibattito c'è un grande assente, ed è il nostro popolo, che appare totalmente disinteressato, forse anche fortemente colpito dalla contingenza della crisi, dalle difficoltà di vita, dal fatto di avere sofferenze diverse da quelle che riguardano i valori di libertà e indipendenza di una nazione. Il grande assente in questa discussione, lo ripeto, è il popolo sardo. Alcuni dicono che la politica si allontana dai cittadini. Non è così, sono i cittadini che si sono allontanati dalla politica: non la trovano più in grado di risolvere i loro problemi e dunque cercano strade diverse. Questo fatto è tipico delle situazioni, come dire, di fallimento istituzionale; è tipico delle fasi di decadenza anche progressiva del sistema istituzionale pubblico degli Stati. I cittadini non cercano più la soluzione in quelle che sono le istituzioni della rappresentanza politica, quelle che detengono il potere, perché non ne riconoscono il potere.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
(Segue URAS.) I tanti lavoratori disoccupati, quelli che stanno perdendo il lavoro, quelli che ancora dentro i cancelli delle fabbriche chiedono una risposta, si rivolgono alla politica, ma questa non è in condizioni, che al governo ci sia Monti o Cappellacci, di dare risposte. Perché? Perché questo è un sistema che si è, come dire, piegato in se stesso; questo è un sistema che ha deciso di ritirarsi, di rassegnarsi, di arrendersi; questo è un sistema che ha rinunciato a pensare, a progettare soluzioni, a individuare vie d'uscita.
Noi nel nostro piccolo, lo dico prima di concludere, ci stiamo provando da diverso tempo, pur rimanendo inascoltati, e quest'Aula lo dimostra chiaramente: una buona parte dei consiglieri è in vacanza, un'altra risponde al telefono, schiamazza un po', si distrae, disturba, e stiamo parlando di indipendenza della Sardegna! In altri anni si sarebbero riempite giorni prima le pagine dei giornali, solo sulla base dell'annuncio. Invece oggi c'è una totale distrazione anche in quest'Aula, figuriamoci un po' qual è il livello di partecipazione: c'è una folla fuori, questi spalti sono pieni di gente attenta alla discussione che stiamo portando avanti!
C'è una consapevolezza: l'inutilità di questa discussione e anche delle soluzioni proposte. Comunque noi ci proviamo e pur riservandoci di dare un giudizio, e quindi un'espressione di voto sulla mozione, abbiamo proposto due ordini del giorno. Il primo riguarda la lingua sarda e impegna il Consiglio, il Presidente della Regione e la Giunta regionale a realizzare sul piano normativo, amministrativo, finanziario e organizzativo ogni necessario intervento finalizzato all'insegnamento e all'uso della lingua sarda in ogni ordine e grado dell'istruzione, nonché ad adottare i necessari provvedimenti al fine di assicurare in ogni ufficio pubblico del territorio della Sardegna la produzione degli atti di competenza e valore esterno anche in lingua sarda, estendendo questa possibilità a tutte le lingue parlate in Sardegna, in specie al catalano. Il secondo ordine del giorno riguarda invece le cose da fare per uscire dalla crisi: potenziamento e piena garanzia giuridica della permanente efficacia dell'articolo 13 dello Statuto (la Sardegna non è rinata e il Piano di rinascita è una condizione essenziale dalla quale partire); rinnovamento degli istituti di democrazia autonomistica e di garanzia della partecipazione popolare al processo di sviluppo economico, sociale e culturale dell'isola; promozione e sostegno di un progetto di sviluppo di qualità sociale e ambientale; istituzione di una commissione speciale, di carattere istruttorio, del Consiglio regionale che abbia come compito quello di elaborare una proposta unitaria da presentare nel corso della seduta obbligatoria di ottobre.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.-FLI). La mozione di cui discutiamo oggi ha per oggetto la dichiarazione di indipendenza della Sardegna. Il problema dell'indipendenza è stato più volte affrontato in quest'Aula, anche se non in occasione di sedute specificamente destinate a questo scopo. In quelle occasioni, il Gruppo del Partito Sardo d'Azione ha più volte utilizzato un argomento estremamente raffinato per discutere di questo tema, e lo ha fatto nell'ambito di un percorso costituzionale di modifica dello Statuto e delle relative leggi costituzionali. Pur essendo contrari, noi abbiamo accettato la discussione di questo tema, sul quale ci siamo più volte confrontati, esprimendo la nostra posizione.
In sintesi, richiamate tutte le precedenti dichiarazioni fatte in quest'Aula nel nome del Gruppo U.D.C.-FLI, noi abbiamo detto: attenzione, il problema della sovranità è un falso problema, ovvero il concetto di sovranità è un concetto giusnaturalistico, risalente al Cinquecento, che oggigiorno non ha più ragion d'essere. Nell'attuale assetto dei rapporti istituzionali il concetto di sovranità è completamente superato, tant'è che la dottrina giuridica l'ha abbandonato.
Seconda cosa: si parla di regionalismo, di federalismo e quant'altro. Sono tutte etichette vuote! I concetti di Stato federale e di Stato regionale sono completamente sfumati, tant'è che, come abbiamo ricordato, nella nuova Costituzione del Belgio si parla di Stati federali e si indicano come tali le Regioni. Quindi esprimendo questi concetti e usando queste parole non stiamo dicendo assolutamente nulla; quello che conta è il modo in cui riempiamo di contenuti queste parole. E riempire di contenuti queste parole vuol dire: primo, individuare i fini che vogliamo perseguire; secondo, individuare i poteri necessari per realizzare quei fini; terzo, acquisire le risorse economiche per poter realizzare quei fini e utilizzare quei poteri. Questa, in sintesi, è la posizione che noi abbiamo espresso in quest'Aula.
Questa mozione, per la verità, abbandona totalmente quel percorso raffinato che ho prima richiamato e pone in termini inaccettabili il problema dell'indipendenza della Sardegna. Ciononostante, pur condividendo i rilievi fatti in apertura dal Presidente, accettiamo il dibattito. E il dibattito non può che incentrarsi sul concetto di unità della Repubblica, il che comporta un breve excursus storico di quello che è successo. Il problema dell'unità, come voi tutti sapete, in Italia si è posto nel 1860, quando si è dovuto creare il nuovo Stato. In quel momento vi è stata un'ampia discussione tra coloro che sostenevano il federalismo o il regionalismo o la necessità di uno Stato accentrato. Quest'ultima è la tesi che ha prevalso. Si trattava, a quel tempo, di discutere dell'unità in maniera non complicata, cioè l'unità era un concetto semplice, era l'affermazione dell'indipendenza dall'Austria, era mettere insieme i vari Stati italiani che per la prima volta venivano riuniti in un'unica entità, quindi si può anche capire il perché di questa concezione di unità. Va da sé che poi, se andiamo a vedere, anche gli storiografi ci spiegano che dietro l'accoglimento di questa concezione vi era l'esigenza di determinate classi di mantenere il potere, di salvaguardarsi. Lo sappiamo benissimo, ma il fatto è che in questa evoluzione storica queste posizioni hanno fatto sì che il concetto di unità dello Stato venisse identificato con l'organizzazione unitaria dello stesso Stato. Era lo Stato che aveva tutti i poteri e che li trasferiva, come in una specie di piramide, agli enti sottostanti.
Questa visione unitaria è stata vista e letta in senso talmente stretto che, per esempio, anche il regionalismo, sostenuto dal Minghetti che lo riteneva un modo per affermare le particolarità dei vari territori e per affermare maggiormente l'unità dello Stato, è stato visto come un fenomeno antiunitario. Quest'ottica è andata avanti per parecchio tempo ed è cambiata sostanzialmente solo con l'avvento della nuova Costituzione. Con la nuova Costituzione è stato accettato il principio del regionalismo. L'articolo 5 afferma l'unità e l'indivisibilità della Repubblica, ma lo fa valorizzando le autonomie locali. Nella rilettura del 2001, dopo la modifica del Titolo V, l'articolo 114 ha addirittura modificato ancor più il sistema, dicendo che "la Repubblica è costituita da: Stato, Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane. C'è quindi una visione che tende a valorizzare le Regioni.
Il processo di istituzione delle Regioni è avvenuto con forte ritardo, ma è avvenuto ancora una volta nell'ambito di questo concetto che individuava in maniera stretta l'unità con l'organizzazione unitaria dello Stato. Più che altro si mirava a soddisfare esigenze efficientistiche ed economicistiche. Ricordo a tutti che in quegli anni, quando si trattava di istituire le Regioni a statuto ordinario, gli slogan erano: "le Regioni per la programmazione", "le Regioni per la riforma dello Stato", le Regioni cioè non avevano ancora un contenuto sostanziale. Ancorché istituite, lo Stato ha continuato a vedere le Regioni come un fenomeno antiunitario, dando una lettura, purtroppo avallata dalla Corte costituzionale, estremamente restrittiva della loro autonomia e imponendo tutta una serie di limiti volti a comprimerla. Questa è la situazione in cui ancora oggi noi ci troviamo.
Ebbene, questo concetto di unità formale oggi non è più accoglibile; è un concetto che, come ho esposto, aveva una ragione storica, ma che oggi non ha più una sostanziale ragion d'essere. Il che non vuol dire che non ci dev'essere l'unità, sia chiaro, ma l'unità va ricercata in elementi sostanziali, bisogna trovare i principi che riempiano il concetto di unità. E i principi quali sono? La valorizzazione delle particolarità territoriali linguistiche delle varie Regioni. Ossia se, come è stato detto, è servito un potere forte per creare l'unità, oggi serve un potere decentralizzato per salvaguardare l'unità. L'unità la dobbiamo riempire dei principi sostanziali che ci dà la Costituzione, all'articolo 2 e all'articolo 3, cioè il principio di solidarietà e il principio di eguaglianza. Questi sono i principi che devono reggere l'unità.
L'unità però si regge non solo sui principi, ma anche sul pluralismo autonomistico, quindi sullo sviluppo delle autonomie locali: Regioni, Province e Comuni. L'unità va costruita oggi sviluppando le autonomie locali, ecco perché noi abbiamo detto che siamo favorevoli a un fortissimo autonomismo. Noi riteniamo che lo Statuto debba essere riscritto e debbano essere dati alla Sardegna tutti i poteri necessari perché possa sviluppare le sue particolarità, che sono prima linguistiche e culturali e solo dopo diventano economiche. E' ben vero che lo Statuto contiene molte norme che non sono state attuate; talune per responsabilità nostra, tal'altre per responsabilità dello Stato. Ne è l'esempio l'articolo 13, prima citato.
Noi siamo, ripeto, a favore di un fortissimo autonomismo e per questo ci siamo sempre battuti in quest'Aula. Su questa battaglia siamo pronti a confrontarci con tutti. Va da sé che questo richiede lo sforzo unitario del Consiglio; va da sé che dobbiamo avere tutti la schiena dritta e pensare solo agli interessi della Sardegna e dell'Italia. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Gli interventi dei colleghi del Gruppo del Popolo della Libertà dimostrano, se mai ve ne fosse bisogno, quale sia intanto l'approccio culturale con il quale è stato affrontato e dibattuto il tema in discussione. Abbiamo convenuto che un tema di questa rilevanza dovesse costituire oggetto di un serio, franco confronto, e siamo d'accordo con chi ha messo bene in evidenza il tentativo strumentale di ridurre anche un argomento di questa portata alla logica dello scontro a tutti i costi tra una parte e l'altra, chiamando in causa, come al solito, il ruolo della Giunta e del Presidente della Regione, che nulla ci azzeccano con il tema in questione.
Il tema in questione non appartiene né alla Giunta né al suo Presidente; è un tema rimesso al confronto tra le forze politiche. Nella chiarezza ognuno può e deve esprimersi, qualcuno forse ancora intriso di cultura statalista, in un dibattito non semplice, anche al nostro interno, per la verità. Ma siccome il P.d.L. è la risultante anche di filoni culturali diversi, e per questo rappresenta un Gruppo ricco di idee e anche di fermenti democratici, ha avuto la capacità, pur nella diversità delle posizioni, di non sottovalutare la portata di questo dibattito. E allora io lo dico subito: questa è la risultanza di una cultura che per noi trova le radici nel filone cosiddetto del liberalismo democratico e popolare, forse non quello di Spaventa e nemmeno quello di Croce, ma sicuramente quello di Cattaneo e di Einaudi, che è insieme rispetto dell'individuo e delle singole comunità di autodeterminarsi e di differenziarsi.
Lo dico con assoluta chiarezza, anche perché ho avuto anche altre occasioni per dirlo in quest'Aula in questa legislatura, ma anche agli inizi del percorso politico fatto in Consiglio regionale: io e molti miei colleghi ci sentiamo culturalmente e storicamente indipendentisti, cioè siamo fortemente convinti di appartenere a una nazione sovrana, con una sua lingua e un suo popolo. Vedete, io penso che in ciascun sardo la prospettiva di una Sardegna indipendente non possa non essere mai stata un'aspirazione, sia pure silente, come coronamento non solo di un sentimento, ma di un processo storico che parte, peraltro, da molto lontano. Chi ha studiato la storia, ricorderà che nel XII secolo abbiamo avuto il riconoscimento della nacion sardesca da parte degli stessi nostri dominatori; la stessa Carta de Logu è la testimonianza di una soggettività statuale della nazione sarda. La resistenza antiaragonese e i moti antifeudali, com'è noto, non riuscirono a mantenere lo Stato nazionale sardo e si arrivò, nel 1847, alla cosiddetta "fusione perfetta" con lo Stato sabaudo risorgimentale, e dunque allo Stato unitario italiano. "Una pazzia collettiva dei sardi", tuonò allora Siotto Pintor, e risuonano ancora oggi come monito ai sardi le parole di Cesare Balbo: "Voi sardi rinunciate a qualcosa per la quale gli irlandesi lottano sacrificando la vita da oltre quattrocento anni". Ed è forse qui la chiave di lettura anche di questo nuovo approccio che abbiamo assunto rispetto al tema che gli amici del Partito Sardo d'Azione hanno posto alla nostra attenzione, perché questa rinuncia anticipa, profeticamente, direi, il cammino faticoso dei sardi nello Stato unitario. Basta pensare al rapporto Regione-Stato, caratterizzato - com'è stato ricordato anche in questo dibattito, e non mi soffermo sui particolari - da una costante negativa, da una nostra debolezza intrinseca, come dimostrano i trascorsi lustri di autonomia cosiddetta speciale. L'emerito Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, in un discorso tenuto a Barcellona in occasione del settantesimo anniversario della Unió Democràtica de Catalunya, lanciò un'idea forza del ruolo della Sardegna e della Catalogna in uno scenario nuovo, quella di "nazioni senza stato". Fu un messaggio di grande pathos ideale, morale e politico che, per quanto ci riguarda, noi ben volentieri raccogliamo.
E allora io penso, come ha ricordato il collega che mi ha preceduto, che non dobbiamo farci condizionare dalle trappole terminologiche, che poi diventano trappole ideologiche, ma dobbiamo guardare alla realtà, alla varietà di modi per interpretare il rapporto fra cittadino e potere pubblico, a come il potere politico può essere distribuito fra organizzazioni centrali e periferiche, a un modo nuovo, cioè, di concepire la democrazia, nel senso dell'individuazione del giusto equilibrio tra le istanze di sovranità e i principi fondamentali di uno Stato democratico. Ed è chiaro che questo vale nell'aspetto del rapporto con lo Stato, ma direi anche e ancor di più nella dimensione interna al nostro ordinamento. Io penso quindi che sia l'occasione, e il dibattito ce la offre, per rimeditare il concetto di autonomia, per considerare con attenzione che ormai dobbiamo proiettarci nella dimensione dell'Unione europea tenendo presenti le connessioni e i condizionamenti reciproci.
Manca poco meno di un minuto e quindi mi avvio alla conclusione. Avrei voluto soffermarmi su quello che ritengo sia l'aspetto che ha soffocato le autonomie, cioè i contenuti delle politiche degli enti territoriali, comprese le Regioni, sono stati determinati in parti significative dalle decisioni centralistiche e burocratiche della finanza pubblica dello Stato. Questo ha condizionato e condiziona tuttora la libertà di realtà territoriali come la nostra…
PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, il tempo a sua disposizione è terminato.
Ha facoltà di parlare, per la Giunta, il Presidente della Regione.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Cari colleghi, la Giunta non ritiene opportuno esprimere un parere sulla mozione, in quanto l'argomento è tale da dover essere totalmente lasciato alla coscienza e alla valutazione dei singoli consiglieri. La Giunta quindi si rimette all'Aula.
Ciò nondimeno ritengo opportuno dire due parole per esprimere il mio pensiero, la mia posizione. In questo periodo, in questi anni di governo, ho avuto modo più e più volte di confrontarmi con il Governo, con lo Stato italiano, e ho aperte, vive sulla mia pelle le ferite, che poi sono ferite della Sardegna, per molti diritti non riconosciuti, per molte situazioni in cui non solo non sono stati riconosciuti i nostri diritti, ma sono stati perpetrati dei veri e propri soprusi a danno delle nostre legittime aspettative.
Per questo motivo, guardando a questo bilancio, che non è nuovo essendo il medesimo bilancio che si può trarre da sessant'anni di autonomia, personalmente guardo con simpatia a questa mozione e ritengo che bene abbia fatto il Partito sardista a porre in modo così forte in discussione quello che può essere un nuovo rapporto della nostra terra con lo Stato italiano. Ritengo anche che sia giusto e sia ormai riconosciuto (è riconosciuto certamente dal diritto internazionale) il diritto dei popoli di guardare al proprio autogoverno, e quindi anche in questo senso la mozione coglie quello spirito. Devo però anche dire che ho giurato fedeltà alla Costituzione e ritengo che i percorsi che debbono portarci a valutare questo bilancio, e quindi a essere conseguenti rispetto alle azioni, anche forti, che intendiamo mettere in campo, non possono non dispiegarsi nel rigoroso e doveroso rispetto dei meccanismi costituzionali. Ritengo comunque che sia assolutamente corretto sottoporre al voto del popolo sardo il quesito per una legittima valutazione e decisione rispetto a un'ipotesi così forte, e quindi condivido totalmente, in sintesi, il contenuto soprattutto dell'ultima parte della mozione che è stata presentata.
PRESIDENTE. Poiché nessuno ha domandato di replicare, dichiaro chiusa la discussione.
Prego i consiglieri Segretari di recarsi al banco della Presidenza, grazie.
Comunico che sono stati presentati due ordini del giorno.
(Si riporta di seguito il testo degli ordini del giorno:
Ordine del giorno Sechi - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Uras - Zuncheddu - Capelli, sulla promozione e valorizzazione della lingua e della cultura sarda e delle lingue parlate in Sardegna, in specie il "catalano".
IL CONSIGLIO REGIONALE
al termine della discussione sulla mozione n. 224 sulla dichiarazione di indipendenza del popolo sardo;
PREMESSO che:
- la lingua e la cultura sarda, e le lingue parlate in Sardegna, in specie il "catalano", rappresentano caratteri fondamentali e di valore assoluto dell'identità del popolo sardo;
- tali caratteri e valore vanno preservati dai sistematici tentativi di aggressione finalizzati alla omologazione alle culture dominanti;
- il patrimonio culturale linguistico consiste nella principale risorsa di un popolo, costituisce l'elemento principale della propria identità nazionale, rappresenta radice e prospettiva per le nuove generazioni,
impegna il Consiglio, il Presidente della Regione e la Giunta regionale
1) a realizzare sul piano normativo, amministrativo, finanziario e organizzativo ogni necessario intervento finalizzato all'insegnamento e all'uso della lingua sarda in ogni ordine e grado della istruzione;
2) ad adottare i necessari provvedimenti al fine di assicurare in ogni ufficio pubblico del territorio della Sardegna la produzione degli atti di competenza e valore esterno anche in lingua sarda. (1)
Ordine del giorno Uras - Sechi - Cocco Daniele Secondo - Cugusi per l'autodeterminazione responsabile del popolo sardo.
IL CONSIGLIO REGIONALE
al termine della discussione sulla mozione 224;
RITENUTO che l'attuale Statuto Speciale, debba essere profondamente riformato nel senso della più ampia affermazione dei diritti di autodeterminazione, in armonia con gli articoli 3, 5, 6, 11 della Costituzione Repubblicana e con il diritto naturale della Comunità Sarda di avere garantiti gli strumenti di reale autogoverno del proprio sviluppo e di libera esplicazione della propria cultura e specifica identità di popolo, nel contesto di attiva e responsabile partecipazione ai processi di sviluppo equo e solidale in ambito europeo ed internazionale
PRESO ATTO della incapacità del Presidente e della sua maggioranza politica di promuovere nei confronti dello Stato, nelle forme della rivendicazione istituzionale e della controversia giuridica formale, ma anche della contestazione di popolo partecipata dalle comunità locali, dalle organizzazioni sociali e dal mondo della cultura e della solidarietà, la difesa dei diritti della Sardegna e dei sardi;
PRESO ATTO inoltre della reiterata volontà del Presidente della Regione, di non concreta ed energica attuazione ai dispositivi del Consiglio regionale di contestazione delle violazioni di legge in materia di trasferimento di risorse finanziarie e riconoscimento delle possibilità di spesa della Regione, di diritto alla difesa della occupazione e del sistema produttivo isolano, di rinascita economica e sociale dell'intera Isola;
RITENUTO, altresì, che i contenuti della nuova carta fondamentale della Autonomia Sarda debbano essere definiti in funzione dei valori essenziali: a) di riscatto dalle prevaricazioni storiche che hanno comportato il sottosviluppo e la subordinazione dell'Isola ai potentati economici locali, nazionali ed internazionali; b) di emancipazione sociale e di partecipazione attiva alla vita pubblica dei ceti popolari;
delibera
di impegnare tutti gli Organi della Regione - Consiglio, Presidente, Giunta sul seguente programma di obiettivi :
1) potenziamento e piena garanzia giuridica di permanente efficacia dell'art. 13 del vigente Statuto (progetto di "Rinascita", assicurato dal concorso necessario dello Stato e dell'Unione Europea per il riequilibrio economico e sociale dell'Isola con le Regioni più progredite dell'Italia e dell'Europa e tale, comunque, da garantire una opportunità di occupazione produttiva ad ognuno dei cittadini sardi);
2) rinnovamento degli Istituti di democrazia autonomistica e di garanzia della partecipazione popolare al processo di sviluppo economico, sociale e culturale dell'Isola (pluralismo della rappresentanza politica nelle Istituzioni; "Statuto dei diritti di cittadinanza" con garanzia assoluta di risposta ai diritti fondamentali di ogni cittadino; sistema formativo e informativo tale da garantire la partecipazione reale dei cittadini in tutti i campi di esplicazione del governo della cosa pubblica (Istituzioni locali e settoriali, economia, bilanci, difesa dell'ambiente, uso delle risorse naturali ecc.);
3) promozione e sostegno di un progetto di sviluppo di qualità sociale ed ambientale, tale da interessare tutti gli aspetti dello svolgimento della vita pubblica nell'isola; da coinvolgere positivamente tutti i Sardi (residenti ed emigrati); da poter svolgere nel contesto di autonome relazioni di cooperazione internazionale nell'orizzonte dei programmi di sviluppo umano, delle persone e delle comunità e dei loro diritti fondamentali, così come delineati dalla iniziativa dell'Organizzazione delle Nazioni Unite;
b) di istituire perciò una Commissione Speciale, di carattere istruttorio, del Consiglio Regionale, composta dai rappresentanti di tutti i gruppi consiliari, perché entro 180 giorni elabori una o più proposte da esaminare nel corso della sessione obbligatoria di ottobre, ai sensi dell'articolo 20 dello Statuto;
delibera altresì
di impegnare il Presidente della Regione perché sia data immediata ed integrale attuazione agli ordini del giorno del Consiglio Regionale n. 80 e 76 del 2012 e alla mozione 206/21 (2).).
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione prima della mozione e poi dei due ordini del giorno.
Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Intervengo sulla modalità di voto della mozione, Presidente, per chiedere che la frase "dichiara solennemente la Sardegna nazione indipendente" venga votata separatamente dal resto, quindi la premessa e il dispositivo "fa voti affinché la dichiarazione di indipendenza…" costituiscano un tutt'uno.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Presidente, chiedo che la votazione per parti sia estesa a ciascuno dei punti della premessa e della parte deliberativa ovviamente, sia quella relativa al referendum che quella relativa alla dichiarazione di indipendenza.
PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, su che cosa intende intervenire?
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Per dichiarazione di voto.
ESPA (P.D.). Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Espa. Ne ha facoltà.
ESPA (P.D.). Presidente, chiedo cinque minuti di sospensione.
PRESIDENTE. Se non ci sono opposizioni, la seduta è sospesa sino alle ore 18 e 08.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 03, viene ripresa alle ore 18 e 10.)
PRESIDENTE. Colleghi, vorrei un attimo di attenzione. Vorrei far presente all'Aula che la richiesta dell'onorevole Uras è in parte non accoglibile, nel senso che se ipoteticamente le due parti del dispositivo dovessero essere bocciate la premessa non avrebbe contenuto normativo autonomo e non avrebbe senso. Per cui votiamo prima separatamente le parti del dispositivo e se una delle due parti dovesse passare votiamo punto per punto la premessa. E' tutto chiaro?
Procediamo alla votazione della parte costituita dalle parole "dichiara solennemente la Sardegna nazione indipendente".
Ha domandato di parlare la consigliera Zuncheddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Intervengo per annunciare il mio voto favorevole alla mozione nella sua interezza. La mia posizione politica e il mio pensiero sociale sulla Sardegna e sul mondo sono noti a tutti e non da oggi. In quest'Aula fondamentalmente oggi stiamo votando per stabilire se la Sardegna debba essere o no indipendente; oggi noi decidiamo se i sardi debbono potersi esprimere liberamente sulla propria indipendenza, attraverso un quesito referendario. Non conosciamo la risposta del popolo sardo a questo quesito, per cui se questa Assemblea voterà contro la mozione non sapremo mai quale sarebbe stata la scelta del nostro popolo, gli impediremo di poterla fare, privandolo quindi di un libero esercizio di democrazia che gli è dovuto.
Noi non possiamo privare i sardi della possibilità di esprimere liberamente il proprio volere su un tema storicamente così importante, che ci ha preceduti in questi sessantaquattro anni di autonomia e che ci ha visti dibattere con tanta passione. Non si tratta di essere indipendentisti, oppure di essere di destra o di sinistra, conservatori o progressisti, anche se la storia vuole che i progressisti per cultura abbiano da sempre sostenuto le lotte di liberazione di tutti i popoli del mondo. Il popolo sardo è tra questi e oggi non può essere privato della sua libertà di decisione. Oggi noi non decidiamo sull'indipendenza della nazione sarda, ma sulla libertà del popolo sardo di poter liberamente e democraticamente esprimersi, con il sostegno istituzionale della Regione autonoma della Sardegna.
Vorrei scomodare Voltaire, a questo proposito, con la sua storica frase: "Non condivido le tue idee, ma sono disposto a morire perché tu possa professarle". Questa frase segna il solco fra chi è annoverato fra gli illuministi e chi invece è difensore dei privilegi della peggiore monarchia assolutista. Il mio auspicio è che oggi in quest'Aula prevalgano, sugli schieramenti politici e sulle appartenenze precostituite, i principi di libertà e la ragione dei lumi, e non l'oscurantismo e l'assolutismo, che per l'ennesima volta condannerebbero il nostro popolo a una sudditanza ancora più pesante. Chiedo ai colleghi di uscire dall'equivoco nell'interpretazione di questa mozione e quindi di votare per garantire il diritto della libertà di espressione al nostro popolo.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Ho già dichiarato il mio voto favorevole nel precedente intervento. Sull'aspetto specifico, per quanto riguarda il primo punto che stiamo votando, ovvero "dichiara solennemente la Sardegna nazione indipendente", la parola "solennemente" può anche essere eliminata, non è quello il problema, ma su questa dichiarazione credo ci siano alcuni dubbi interpretativi o equivoci e quindi dico qual è la mia opinione e perché voto a favore.
La mia opinione è che il termine nazione dal punto di vista costituzionale non abbia alcun rilievo giuridico, nel senso che per esempio la Svizzera è uno Stato ma non è una nazione, mentre la Catalogna è una nazione ma non è uno Stato. Quindi dal punto di vista della rilevanza costituzionale, per la nostra Costituzione e per il nostro Statuto questo è un articolo limpido, in quanto è lampante che la Sardegna è una nazione, avendo una propria lingua. La definizione dei diversi dizionari - ne ho preso uno a caso - è questa: "nazione è la collettività etnica fatta di individui coscienti di essere legati da una comune tradizione storica, linguistica, culturale e religiosa". Questa è la definizione in lingua italiana, e anche se la traducessimo in campidanese o in logudorese rimarrebbe tale e non avrebbe ugualmente nessuna rilevanza dal punto di vista giuridico-costituzionale. Per cui io non riesco a capire quali dubbi ci siano a votare questo punto. Molto forte, molto consistente, molto pregna di significati è sicuramente la seconda parte, ma non la prima.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Maninchedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Perché rimanga agli atti, egregi colleghi, voglio precisare che quando noi chiediamo che quest'Aula si pronunci per l'indipendenza della Sardegna intendiamo che si pronunci perché i sardi pongano il presupposto politico per affermare, in tutte le sedi, che vogliono i poteri che competono al loro desiderio di libertà e di autogoverno; i poteri che sono di uno Stato. E che questo rimanga agli atti riteniamo sia il punto di partenza di un percorso di affermazione dell'autogoverno dei sardi in Europa.
Non ci sono infingimenti in questo. Noi siamo convinti che i sardi siano divisi perché hanno imparato a spartirsi la concessione di altri. Noi pensiamo che l'autogoverno educhi i sardi alla grande disciplina, alla grande sofferenza che richiede sapersi far carico del proprio futuro, ma non ci sono infingimenti. Quella frase vuol dire che noi siamo sovrani e che vogliamo affermarlo in Europa nelle forme legittime e possibili.
Utilizzo il tempo rimanente per dire ai colleghi della sinistra, visto che il Capogruppo del P.D. ha detto di apprezzare lo sforzo del dialogo, che io sto dialogando con loro così come dialogo col centrodestra chiedendogli di dimenticarsi di Berlusconi, di abbandonare quella destra. Però, se stiamo dialogando, non può essere la sinistra a dire no alla consultazione del popolo sardo. Non fatelo! Non fatelo! Fate in modo che questa Assemblea che decide di dire no alla nostra proposta di indipendenza dica sì a una grande consultazione. Aiutateci a fare un grande dibattito democratico. Ricordatevi in questo delle vostre radici.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). In questo più che in altri casi, come dovrebbe sempre essere, ma in questo caso ancora di più, con il nostro voto non esprimiamo un parere strettamente personale, ma abbiamo l'obbligo di rappresentare l'idea e l'opinione di chi ci ha delegato a rappresentarlo in quest'Aula. Per cui ritengo che sia indice di grandissima presunzione pensare di poter rappresentare una maggioranza o una minoranza dei cittadini nell'esprimersi sulla richiesta di indipendenza del popolo sardo.
Credo che nessuno di noi abbia in tasca la verità interpretativa della volontà della maggioranza dei sardi, per cui votare la dichiarazione di indipendenza e determinare, a maggioranza magari, in quest'Aula la volontà di indipendenza del popolo sardo ritengo sia un atto di grande presunzione e di cattiva interpretazione del parere dei cittadini sardi.
Sicuramente accedo invece alla seconda proposta, che non è in contraddizione con ciò che dico, quella cioè di dare la possibilità al popolo sardo di esprimersi. Quello sarà il corretto momento interpretativo della volontà del popolo sardo, che io non mi sento adesso, con il mio voto, di certificare. Ecco perché voto contro. Voto contro cioè per i motivi esposti nell'intervento in discussione generale e perché non ho la presunzione di interpretare pienamente, con un sì, il voto di chi mi ha delegato a rappresentarlo in quest'Aula. Annuncio invece che voterò sicuramente a favore della seconda parte del dispositivo, perché posso non condividere il tuo pensiero, ma lotterò sempre e fino alla morte perché tu abbia la possibilità di esprimerlo.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Locci per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
LOCCI (P.d.L.). Signora Presidente, colleghi, ho ascoltato con molta attenzione e devo dire anche con estrema sofferenza il dibattito che si è svolto oggi, perché la sola lettura di alcuni termini presenti in questa mozione, consentitemi, mi fa a dir poco inorridire. Inorridisco a queste parole nel ricordo e nel rispetto di tanti martiri della nostra terra, della nostra amata Sardegna, che hanno versato il sangue lontano dalla nostra isola, in mezzo ai ghiacciai delle Alpi, per avere non una Sardegna, bensì un'Italia unita, libera e indipendente; indipendente dall'oppressione di altri popoli nordeuropei e anche di popoli confinanti con l'Italia, che ci hanno oppresso per più di quattrocento anni.
Ebbene, io sono profondamente convinto che l'autonomismo sia indispensabile e lo si debba far valere, riempire di contenuti, rafforzare, però non accetterò mai che la Sardegna sia resa indipendente dall'Italia, che reputo la mia e la nostra patria. Pertanto voterò convintamente contro.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Sechi per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
SECHI (Gruppo Misto). Credo che su questo tema ognuno debba sentirsi assolutamente libero e debba anche guardare al futuro con serenità. Ho detto all'inizio del mio precedente intervento che questo dibattito, che ha avuto alti e bassi, sicuramente ha un riscontro fiacco in Sardegna, però può essere l'inizio di un percorso. E in questo percorso non deve farci assolutamente paura l'idea che un domani la Sardegna possa diventare nazione indipendente. Magari qualcuno è convinto anche che si possa raggiungere il progetto di uno Stato indipendente.
Negli anni Settanta ho iniziato la mia attività politica in un movimento di cui sono stato fondatore e primo segretario, che si chiamava "Sardigna i Llibertat" e aveva come sottotitolo "Independentistas d'Esquerra". Era un progetto condiviso con altre forze politiche, quindi questo deve essere, come dire, un argomento da lanciare nel dibattito oggi in Sardegna. Non dobbiamo assolutamente permetterci di stabilire graduatorie, di fare classifiche o di dare appellativi a chi è convinto sostenitore di un progetto piuttosto che di un altro. Con assoluta serenità e profonda convinzione io mi sento di sostenere questo progetto, che mi auguro possa trovare una mobilitazione maggiore di quella che finora vi è stata intorno all'idea di una Sardegna che nazione lo è nei fatti e di cui probabilmente i sardi stessi sono poco convinti, quei sardi che hanno versato il sangue per degli ideali, ma che non sono più disposti a versarne per ragioni che non comprendono.
E' un processo avviato e io mi auguro che possa veramente aprirsi un dibattito sereno e convinto tra le forze politiche che siedono in quest'Aula, la società sarda e soprattutto i sardi, perché è un progetto dal quale potrebbero trarre vantaggi l'intera nazione e l'intero popolo sardo.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Artizzu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
ARTIZZU (U.D.C.-FLI). Sono e resterò un ammiratore dell'onorevole Maninchedda e spero anche di potermi definire suo amico, però non accetto una dichiarazione di voto quale quella che lui ha appena fatto. Per tutto il giorno abbiamo discusso del valore e della sostanza di alcune parole ben precise per cui, adesso lei, onorevole Maninchedda, non può, in dichiarazione di voto, dire: "Attenzione, perché quelle parole noi le intendiamo così".
"Dichiarazione di indipendenza" nella lingua italiana, come lei mi insegna, significa una cosa sola. Se voi Sardisti intendete una cosa diversa cambiate il testo della mozione, e forse sarò io il primo a votarla perché, come ho avuto modo di dire nel mio intervento, moltissime cose di questa mozione, a iniziare dall'affermazione dell'esistenza e del valore enorme di una nazione e di una nazionalità sarde, le condivido, però leggo qui una dichiarazione di indipendenza che da sardo-italiano non accetto e non posso votare.
Ora lei, onorevole Maninchedda, ci rivela che in realtà il senso è diverso. Mi scusi, ma allora cambiate il testo. Un testo che esprima esattamente quello che adesso lei ha chiarito di voler esprimere probabilmente lo potrei condividere, in caso contrario ovviamente no.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ben Amara per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Gruppo Misto). Io penso che il problema non sia tanto chi siamo, da dove veniamo o dove dobbiamo andare, quanto cosa potremmo diventare, come siamo stati rappresentati e come potremmo rappresentarci. Non dobbiamo cadere nell'eccesso del dolore o nell'eccesso di godimento. Ogni tendenza, secondo me, a rafforzare l'appartenenza identitaria è sicuramente un sistema di difesa, ma è soprattutto una macchina di offesa in un mondo interdipendente. Come chiedere l'indipendenza, quando manca ancora la coscienza di una filiazio[PS2] ne comune? Il mio voto sarà sicuramente contrario.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Presidente, noi riteniamo che la manifestazione di voto sul contenuto di questa mozione riguardi la sfera politico-personale di ciascuno dei componenti di Sinistra Ecologia e Libertà. Tutti noi condividiamo l'esigenza di votare per dare ai cittadini sardi l'opportunità di affrontare questo tema attraverso il sistema democratico della consultazione referendaria. Personalmente non voterò per la dichiarazione formale, o meglio solenne, di indipendenza. Quindi sul primo punto del deliberato il mio voto sarà contrario, sul secondo sarà invece favorevole.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Campus per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Presidente, io invece ringrazio l'onorevole Maninchedda perché ci ha tolto dall'equivoco, dal gioco delle parti, dai sofismi che ci allontanano dalla gente. Il termine nazione usato e localizzato nella storia del Partito Sardo d'Azione ha un senso; non siamo noi che ci dobbiamo inventare cosa vogliono dire i colleghi Sardisti, che hanno proposto la mozione. Loro intendono nazione come Stato nazionale, com'è giusto che sia, com'è nella loro storia, com'è nel loro statuto. Perché ci dobbiamo arrampicare sugli specchi dicendo: "Votiamo perché per noi nazione è un'altra cosa"? Ma stiamo scherzando? Stiamo continuando a filosofare, mentre la gente vuole vivere!
L'ho già detto nel mio precedente intervento: ci vogliamo prendere in giro? Vogliamo fare dei manifesti e dire che abbiamo votato insieme a loro perché intendevamo che siamo un popolo, che viviamo tutti insieme in un'isola? Ma davvero ci avete preso per scemi? Pensate di parlare con chi sta fuori da quest'Aula?
Io voterò contro perché ho capito, riconosco e rispetto lo spirito a cui è improntato questo primo punto, ma non è il mio, non è questo il percorso che io vorrei. Si vuole affrontare questo percorso, ma io voterò anche contro il secondo punto. Il percorso è la modifica dello Statuto sardo. Noi abbiamo uno Statuto che all'articolo 1 recita in maniera chiara cosa si intende per Sardegna, sulla base di quella che è la nostra attuale legge costituzionale: "La Sardegna con le sue isole è costituita in Regione autonoma fornita di personalità giuridica entro l'unità politica della Repubblica italiana, una e indivisibile, sulla base dei principi della Costituzione e secondo il presente Statuto". Benissimo, seguiamo il percorso giusto, modifichiamo lo Statuto, sottoponiamolo al vaglio del popolo sardo e allora avremo rispettato la nostra storia e anche la nostra intelligenza!
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della prima parte del dispositivo della mozione numero 224.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Cherchi, Cocco Daniele e Mulas hanno votato a favore e che i consiglieri Cappellacci e Greco si sono astenuti.
Rispondono sì i consiglieri: Cherchi - Cocco Daniele - Contu Felice - Cuccureddu - Dessì - Lunesu - Maninchedda - Mulas - Peru - Piras - Planetta - Sanjust - Sanna Giacomo - Sechi - Solinas Christian - Stochino - Zuncheddu.
Rispondono no i consiglieri: Agus - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Cucca - Espa - Floris Mario - Locci - Manca - Mariani - Milia - Moriconi - Obinu - Oppi - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Solinas Antonio - Steri - Uras.
Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Amadu - Cappellacci - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Lai - Murgioni - Pittalis.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 57
votanti 48
astenuti 9
maggioranza 25
favorevoli 17
contrari 31
(Il Consiglio non approva).
Procediamo alla votazione della seconda parte del dispositivo.
Ha domandato di parlare il consigliere Campus per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Presidente, io davvero chiederei, perché possa essere posta ai voti, di cambiare il termine dichiarazione, perché non si può negare che esista una consecutio tra le frasi "dichiara solennemente la Sardegna nazione indipendente" e "fa voti affinché la dichiarazione di indipendenza della Sardegna sia sottoposta al voto del popolo sardo".
Cambiamo la parola dichiarazione in volontà, scelta o indirizzo e il percorso, come ho detto, potrà essere quello giusto, lo potremo e lo dovremo scegliere. A quel punto sarebbe assolutamente votabile questa seconda parte, però noi non possiamo votare una dichiarazione di indipendenza che è stata da noi negata con il voto contrario sul primo punto del dispositivo. Francamente rimango perplesso. Se il testo non sarà modificato sarò costretto a votare contro un qualcosa che invece ritengo assolutamente giusto, ma che è espresso in maniera non idonea, perché fa riferimento a ciò che abbiamo detto non ci può essere in questa fase e in questo modo.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Artizzu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
ARTIZZU (U.D.C.-FLI). Io voterò contro anche questa parte, non perché sia contrario al fatto che il popolo sardo si possa esprimere, ma perché contesto le parole che sono state utilizzate. Quando si vuole un referendum i voti non si fanno, ma si cercano, è una cosa diversa. Raccogliete le firme, chiamate il popolo sardo secondo le modalità che la legge prevede. Non si devono fare voti, i voti si fanno in chiesa! Cercate le firme e indite un referendum!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Dessì per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DESSI' (P.S.d'Az.). Confermo il mio voto favorevole e senza dubbio convinto anche sulla seconda parte del dispositivo. Approfitto però del tempo concessomi per dire che stamattina, per incomprensioni con il Presidente, non ho potuto esternare meglio in cosa consisteva il fatto personale e intendo farlo velocemente in questo breve intervento anche se non c'è l'interessato, del resto è difficile trovarlo perché è sempre assente. Ho necessità di fare questa precisazione perché rimanga agli atti, onorevole Cappai, e quindi la faccio solo per coscienza, non tanto perché il signor Soru ha offeso me, quanto perché ha offeso la categoria dei pescatori, che per un mese, aspettando che apponesse la sua firma su un atto dovuto tra l'altro, sono rimasti praticamente "imprigionati" nei locali della Regione. Sostanzialmente il signor Soru ha affermato delle cose false. Se fosse stata coinvolta solo la mia persona avrei lasciato perdere, ma non l'ho fatto soprattutto perché ha toccato anche la mia sfera personale e politica.
Non credo che il signor Soru, che mi ha scelto proprio stamattina come obiettivo, mio malgrado, della sua veemenza, possa fare colpa al sottoscritto di aver fatto parte di Forza Italia. Sicuramente avrebbe dovuto valutare piuttosto se avevo svolto bene il mio ruolo in quel periodo. Ero infatti sindaco e avrebbe dovuto magari esprimersi sul mio operato di sindaco, ma non in quanto appartenente a Forza Italia.
Sono certo, colleghi, che non sia una colpa essere stato sindaco di Forza Italia allora, così come non lo è essere sindaco attualmente, al terso mandato, del Partito Sardo d'Azione, ma forse è bene che il signor Soru ripensi a quello che ha detto, perché io non mi sono mai permesso di giudicarlo come finanziere internazionale nelle società offshore da lui gestite. E non dico altro.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Presidente, vorrei precisare che, com'è noto a tutti, l'istituto del referendum è regolato da norme e io non mi sento di impedire oggi, attraverso un'espressione di voto, che chi deve valutare la legittimità di una consultazione referendaria la valuti sulla base di un'iniziativa che compete ai cittadini, alle organizzazioni politiche e ai loro rappresentanti istituzionali. E' in questo senso, che è diverso dal senso espresso dal mio collega Carlo Sechi, che io voterò a favore, perché personalmente vorrei che questo tema venisse fuori dalle stanze di questo Consiglio e fosse proposto direttamente all'attenzione di quello che io prima nell'intervenire ho definito l'assente della discussione odierna, ovvero il popolo sardo, il cittadino che si allontana dalla politica perché nella politica non trova la risposta che cerca e perché è di fatto marginalizzato dai processi di decisione.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, prendo la parola per dichiarazione di voto su questa seconda parte del dispositivo perché effettivamente gli interventi di alcuni colleghi che mi hanno preceduto mi fanno riflettere sul fatto che il referendum è normato nella sua procedura, per cui chiunque è libero di seguire quella procedura. Ma mi viene anche in mente che tale procedura è già stata seguita nel recente passato dal "presidente della repubblica di Malu Entu" e in precedenza anche dal "re di Tavolara" e un referendum sull'indipendenza della Sardegna è stato dichiarato inammissibile proprio per i contrasti costituzionali richiamati dal collega Campus nel suo precedente intervento.
E' stato utile e, ribadisco, anche opportuno discutere di questo argomento, ma se avessimo indirizzato il nostro confronto un po' più sulle inefficienze della politica sarda, in modo particolare di chi attualmente conduce la politica in questa istituzione, probabilmente avremmo reso un servizio migliore alla nostra gente. Lo vediamo nella premessa, quando richiamiamo responsabilità nazionali non riconoscendo mai le responsabilità regionali. Autodeterminazione sì, maggiore sovranità sì, ma Dio ci scampi da una classe politica come questa, di cui io faccio parte, e sono il primo che si assume le proprie responsabilità, ma riconosco che c'è una totale incapacità nella gestione autonomistica derivata dallo Statuto. Lo vediamo nella gestione delle zone franche, richiamate dottamente da qualcuno in quest'Aula, lo vediamo nel rapporto Stato-Regione, lo vediamo nella carenza di proposta e di progettualità e nell'applicazione di ciò che già abbiamo e che potremmo meglio interpretare e applicare.
Ecco perché cambio la mia posizione, nel senso che non accedo neanche a questa proposta, in quanto ritengo contrasti con le norme, e abbiamo già prova di questo contrasto.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Espa per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
ESPA (P.D.). Il Gruppo del P.D. Voterò contro questo punto per due motivi fondamentali: intanto perché, qualunque sarà l'esito di questo voto, ovviamente chi vorrà organizzare un referendum potrà farlo, e conseguentemente perché ritengo che il Consiglio regionale debba fare leggi e debba smetterla di proporre referendum. Non si può ridurre quest'Aula a luogo di indizione di referendum. Credo che questo faccia parte della distinzione dei ruoli in politica: i movimenti, le associazioni, tutti coloro che vogliono indire referendum possono farlo con tutti gli strumenti che la legge prevede, ma noi non possiamo andare avanti promuovendo consultazioni referendarie, credo che dovremmo invece legiferare.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Sechi per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
SECHI (Gruppo Misto). Ancora una volta richiamo l'esperienza catalana per dirvi che non è tutto oro quello che luccica in Catalogna. Ve lo dico io che i catalani li frequento e li conosco. Hanno grandi limiti, però bisogna riconoscere la determinazione con cui, in modo totalmente democratico, stanno portando avanti la loro battaglia, perché l'indipendenza non ce l'hanno e chissà se la raggiungeranno. Rispetto, per esempio, ai baschi, che hanno usato altri metodi per mettere in evidenza l'anelito di indipendenza che rivendicano da tempi lontani, i catalani sono ricorsi alla più ampia partecipazione democratica. Prima di arrivare alla manifestazione dell'11 settembre scorso hanno messo in moto un processo di partecipazione democratica affidato ai comuni: tutti i comuni, con date e tempi diversi (forse perché dietro di loro c'era un'organizzazione che li seguiva), hanno sollecitato i propri cittadini a esprimere la loro opinione, dopo di che hanno dato vita, animati anche da una difficoltà vera dovuta al mancato riconoscimento dello statuto di autonomia e del patto fiscale con lo Stato spagnolo, alla manifestazione di cui dicevo.
In quel caso c'è stata quindi un'evidente partecipazione popolare che in Sardegna, lo ha detto Luciano Uras prima e l'avevo già detto anch'io, non si registra. Il problema è comunque quello di arrivare a certe rivendicazioni spinti dalla volontà della popolazione sarda, che in questo momento è invece distante dalle posizioni che alcuni Gruppi o singoli consiglieri regionali hanno portato avanti e sostengono in quest'Aula. Altrimenti sarebbe una decisione imposta e invece noi vorremmo avere, io per primo che sono in linea con questa proposta, il conforto del popolo sardo, di quel popolo che tante volte richiamiamo e che però forse poco coinvolgiamo nel sostegno di progetti come questo.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della seconda parte del dispositivo della mozione numero 224.
(Segue la votazione)
Prendo atto che il consigliere Cappellacci ha votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Amadu - Cappellacci - Cherchi - Cocco Daniele - Contu Felice - Cuccureddu - Dessì - Gallus - Lai - Lunesu - Maninchedda - Mulas - Murgioni - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Rassu - Sanjust - Sanna Giacomo - Sechi - Solinas Christian - Stochino - Uras - Zuncheddu.
Rispondono no i consiglieri: Agus - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Cucca - Espa - Locci - Mariani - Milia - Moriconi - Obinu - Oppi - Randazzo - Rodin - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Solinas Antonio - Steri.
Si sono astenute: la Presidente Lombardo - Greco.
PRESIDENTE proclama il risultato della votazione:
presenti 53
votanti 51
astenuti 2
maggioranza 26
favorevoli 25
contrari 26
(Il Consiglio non approva).
Di conseguenza non si vota la premessa.
Passiamo all'ordine del giorno numero 1.
Per esprimere il parere della Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport. Ne ha facoltà.
MILIA (U.D.C.-FLI), Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport. La Giunta ritiene che l'ordine del giorno numero 1, pur condivisibile, sia pleonastico alla luce di tutte le azioni intraprese dalla Giunta stessa in questa legislatura e dell'impegno profuso sulle lingue minoritarie, in base alla legge numero 482, sia attraverso gli emendamenti predisposti per i parlamentari sardi, sia attraverso il lavoro che gli uffici della Giunta e della Presidenza stanno svolgendo nella Commissione paritetica per il riconoscimento delle due lingue parlate in Sardegna, il catalano e il sardo, riconosciute dalla legge numero 482, che in questo momento ricevono un trattamento decisamente sfavorevole rispetto ad altre lingue riconosciute in Italia.
Quindi, seppure nella sua motivazione l'ordine del giorno sia condivisibile, invito il primo presentatore, l'onorevole Sechi, a ritirarlo, confermando l'impegno in questa direzione da parte della Giunta.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Intanto, se è possibile, chiedo di aggiungere la mia firma all'ordine del giorno, sul quale dichiaro il mio voto favorevole. Vorrei inoltre proporre un emendamento orale al dispositivo, e mi rivolgo prima di tutto agli altri firmatari: dopo le parole "uso della lingua sarda", propongo di aggiungere, per coerenza con la premessa, "e del catalano". Ugualmente nella frase successiva, dopo "adottare i necessari provvedimenti anche in lingua sarda", propongo di aggiungere "e in catalano".
PRESIDENTE. Poiché ci sono opposizioni, la proposta di emendamento orale non è accolta.
Ha domandato di parlare il consigliere Campus per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Vorrei rimarcare un aspetto importante del richiamo alla nostra storia e alla nostra cultura, d'altronde l'Assessore ha detto che è già nelle nostre possibilità, nelle nostre corde, dipende solo da noi, quindi può essere utile ribadire il concetto, ma non credo che sia necessario votarlo.
Se mi è consentito, vorrei esprimere un parere sulla votazione appena svolta. Vedere il Presidente della Regione, il legale rappresentante, in questo momento, del popolo sardo, votare a favore della seconda parte della mozione, in una maniera che ho definito assolutamente falsa, dimostra ancora di più l'intelligenza del popolo napoletano quando dice: mettere a fessa mmano a 'e ccriature. Purtroppo noi abbiamo messo il governo della Sardegna in mano a una creatura! Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, chiedo umilmente ai presentatori di poter aggiungere la mia firma all'ordine del giorno. Sono assolutamente favorevole a quanto in esso contenuto, così come ero favorevole all'emendamento orale proposto dal collega Bruno. Colgo però l'occasione per sottolineare, Assessore, visto che stiamo parlando di lingua sarda, che tutto ciò che è previsto in quest'ordine del giorno non deve essere realizzato come è realizzata oggi la promozione della lingua sarda. Porto alla sua attenzione la gestione dei fondi sulla lingua sarda assegnati alle province, nel caso specifico alla Provincia di Nuoro che, in collaborazione con l'Istituto Bellieni, gestisce la promozione della lingua sarda e gli uffici provinciali per la lingua sarda.
Credo che in quella procedura sarebbe importante un intervento semplicemente di verifica e controllo da parte dell'Assessorato sulla legittima utilizzazione dei fondi, che sono soggetti alla presentazione di progetti che devono avere l'assenso dell'Assessorato di competenza. Io la invito formalmente, in sede di discussione di quest'ordine del giorno, a occuparsi di questo e a fare le opportune verifiche. Ci sono dei coni d'ombra, soprattutto in termini di legittimità e di rendicontazione, che è meglio approfondire per eliminare ogni equivoco nella gestione di quei fondi e per garantire, nel prossimo futuro, la reale cura, la divulgazione e lo studio della lingua sarda e appunto la corretta gestione dei fondi, tanti, devo dire, ma mai sufficienti, che la Regione destina anche attraverso l'utilizzo di fondi nazionali e comunitari per lo sviluppo e la cura delle minoranze cosiddette linguistiche.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Maninchedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S. d'Az.). Voterò a favore dell'ordine del giorno presentato dal collega Sechi, vorrei però spiegargli il perché. Io non sono d'accordo con ciò che ha appena detto l'onorevole Milia, anche perché non so che cosa stia facendo la Giunta nella Commissione paritetica. Questo Consiglio ne è all'oscuro e io sarei curioso di apprenderlo. Sono curioso di sapere in che termini stiamo riuscendo a rendere curricolari le lingue tutelate e come magari dal prossimo anno riusciremo a farlo.
Ma vorrei ragionare con l'onorevole Sechi su un fatto. Vede, onorevole Sechi, quando l'ho sentita parlare in catalano ho avuto un brivido, perché è la stessa lingua di quel re che nel 1354, assiso in trono qui a Cagliari, rifiutava le istanze che i sardi gli presentavano o le accettava con disprezzo qualche volta. E' la stessa lingua di quelli che avevano fatto prigioniere le donne incinte di Sanluri e le avevano poi vendute a Barcellona come schiave, però è anche la lingua del mio professore di catalano, del fondatore di Esquerra Republicana, ed è anche la sua lingua, onorevole Sechi, la lingua di una persona che un attimo fa, ragionando con noi di poteri, è riuscito a esprimere che il popolo sardo ha una legittima ambizione a stare in Europa a rappresentare una sovranità originaria.
Io voto l'ordine del giorno per poter parlare con lei e per mantenere il filo di comunicazione tra chi non disprezza e non svilisce in quest'Aula, per giochetti politici, il destino di un popolo. Guardi cosa fanno da quella parte, un attimo dopo aver scannato la Sardegna - perché hanno scannato la Sardegna -, un attimo dopo aver detto cose abbastanza banali, in alcuni casi, su che cos'è l'autonomismo!
Vede, onorevole Espa, lei non può entrare nel merito del motivo per cui Prodi ha fatto l'accordo con i russi e non con gli algerini. Non può! Lei non può sedersi con il Governo italiano per discutere del perché i trentini possono abbassare le aliquote e noi no. Loro l'hanno potuto fare perché hanno posto questi problemi. Avevate paura di una dimensione strumentale del voto, lo avete ulteriormente strumentalizzato! Allora io solidarizzo con chi capisce che ci sono momenti in cui l'unica bandiera che abbiamo è quella comune, non quella delle parti. Avete fatto una cosa spregevole poco fa, veramente spregevole, da profondi ignoranti!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Sechi per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
SECHI (Gruppo Misto). Solo per dire che apprezzo la solidarietà espressa. Vorrei aggiungere che il catalano non era solo la lingua di Pietro IV, detto del Puny[PS3] alet, ma è anche la lingua di un popolo democratico. Così come oggi una donna stuprata fa proprio il figlio avuto dallo stupratore, a noi è rimasta questa lingua che abbiamo fatto nostra e la difendiamo, la coltiviamo e ci auguriamo possa avere un grande futuro.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Espa per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
ESPA (P.D.). Signora Presidente, noi voteremo a favore di quest'ordine del giorno. Mi sembra che per quanto riguarda il progetto a cui ha accennato l'Assessore, portando avanti la sperimentazione sulla lingua comune sarda vadano salvaguardate, pur in un progetto sperimentale, tutte le varianti e le situazioni che mantengono l'identità (latitudine di posa si direbbe in fotografia) e la cultura della Sardegna, e in particolar modo l'identità della lingua.
Non devo aggiungere nulla a ciò che è stato detto da chi mi ha preceduto. Credo che ognuno di noi sulla questione dell'indipendenza si rapporti con le forze politiche nella maniera che ritiene più opportuna. La Sardegna noi l'abbiamo in cuore, abbiamo in cuore la sardità, che non è il valore di una forza politica in particolare, ma è un valore comune a tutti noi, sul quale ci sono visioni estremamente diverse, che credo vadano rispettate fino in fondo, come quella del Partito Democratico, che affonda in una cultura nobile e approfondita, e non certamente in cose superficiali. Ritengo che il nostro voto ci tenga assolutamente dentro questo percorso e quindi votiamo con convinzione a favore di questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Presidente, io non so se la Sardegna sarà mai indipendente, se la nazione sarda sarà mai indipendente. Se questa è la guida rivoluzionaria che ha, chiaramente non sarà indipendente, ma spero che almeno non sia subalterna, che non sia genuflessa al potere, che non sia cioè suddita di un neocentralismo statale, anzi addirittura europeo, che non sia vittima delle convenienze di gruppo o personali di una borghesia decaduta che ha bisogno di essere sostenuta da altre parti e con altro tipo di considerazioni.
Sull'ordine del giorno numero 1 vorrei spiegare, come dire, anche con fiducia nei confronti della Giunta e dell'Assessore, che noi non ci saremmo posti il problema se non fossimo, come ha detto l'Assessore, in una condizione nella quale stiamo combattendo, anzi l'Assessore sta combattendo, perché la lingua sarda abbia la stessa dignità delle lingue minoritarie in tutte le parti dell'Italia. Per cui abbiamo presentato questo ordine del giorno per rafforzare l'iniziativa della Giunta, rispetto alla quale non c'è contrasto, non c'è un giudizio, non c'è una critica, c'è bensì un sostegno, e se non si può votare neppure a favore di un sostegno, spiegatemi allora di che cosa stiamo parlando, allora non possiamo votare nulla! In che cosa sarebbe limitante, oppure critico? Non è neppure pleonastico, lo dico all'assessore Milia, perché se no la battaglia sarebbe vinta, nelle scuole si insegnerebbe il sardo e negli uffici si produrrebbero gli atti anche in lingua sarda o catalana o in lingua parlata, che pure esiste in Sardegna. Non è così, è un processo e noi lo vorremmo sostenere.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.-FLI). Faccio un brevissimo intervento, semplicemente perché sono rimasto particolarmente colpito, in maniera del tutto sfavorevole, dall'affermazione dell'onorevole Maninchedda secondo la quale chi non ha votato la mozione è spregevole e ignorante. Non è questo il modo giusto di terminare una discussione comunque interessante. Poteva tranquillamente risparmiarsi quegli epiteti soprattutto uno che nel suo sito scrive che, seguendo Socrate, se dopo una discussione lui non ha cambiato un po' un'idea o il proprio pensiero non si sente più se stesso. Non è un comportamento accettabile e stupisce che venga dall'onorevole Maninchedda.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport. Ne ha facoltà.
MILIA (U.D.C.-FLI), Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport. Confermo che qualunque aiuto, in una battaglia come questa, è ben accetto. Il mio intervento era riferito a delle azioni che stiamo portando avanti, sulle quali penso, anzi so che l'onorevole Sechi e l'onorevole Uras sono informatissimi. Ritenevo fossero patrimonio comune, anche perché ci siamo confrontati su questo. D'altronde, l'ultimo atto di questa Giunta è stato quello di non rispedire al mittente, esprimendo parere sfavorevole, il programma della legge numero 482 mandatoci dal Governo. Su questa battaglia accettiamo assolutamente gli aiuti di tutto il Consiglio regionale, perché la riteniamo una battaglia condivisa e condivisibile.
PRESIDENTE. Metto in votazione in votazione l'ordine del giorno numero 1. Chi lo approva alzi la mano.
(E' approvato)
Passiamo all'ordine del giorno numero 2.
Ha domandato di parlare il consigliere Maninchedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Io voterò a favore di questo ordine del giorno, ma mi corre l'obbligo di dare una spiegazione. Absit iniuria verbis, cioè non si giudicano le persone, però penso che ciò che è accaduto prima sia spregevole. Noi rappresentiamo un popolo e se chi rappresenta un popolo con il proprio voto dice che quel popolo non ha titolo per esercitare pienamente poteri che gli competono, dopo che da secoli diciamo di desiderarli, quel gesto può essere definito spregevole, senza offendere nessuno.
Ho usato la parola ignorante perché io ho fatto un grande passo avanti durante il dibattito, ho ascoltato tutti, ma posso dire che ho sentito un po' di sirene fasciste che non ci stavano a fare niente? Posso dirlo? Le ho sentite e sono fuori dalla storia, perché non sapete che cosa è stato quel periodo. Siete fuori dalla storia, vi siete dimenticati di quello che è successo!
PRESIDENTE. Onorevole Maninchedda, deve avere rispetto per le opinioni espresse da questo Consiglio. Non le compete fare apprezzamenti sui voti del Consiglio.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Chiedo scusa.
PRESIDENTE. Grazie.
Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Presidente, ho bisogno solo di trenta secondi di attenzione per spiegare la mia posizione politica. Noi prendiamo atto di quanto dichiarato dall'Assessore e facciamo anche una critica, per quanto garbata, alla Giunta regionale e soprattutto al suo Presidente, che è legata poi all'attuazione degli ordini del giorno e della mozione che il Consiglio regionale all'unanimità ha votato, soprattutto in materia di entrate.
Onorevole Pittalis, prescindendo dai due "preso atto", dalle due attestazioni che sono critiche, mi piace soffermarmi soprattutto sul primo "ritenuto", oltre che sul "deliberato". Il primo "ritenuto" richiama la mia posizione politica, che è quella che mi ha consentito di votare a favore della seconda parte del deliberato della mozione presentata dal P.S.d'Az., perché ritengo che nella Costituzione, soprattutto in quello che è indicato implicitamente nelle disposizioni di principio degli articoli 3, 5, 6 e 11, ci sia la legittimazione del percorso verso l'autodeterminazione e l'autogoverno del popolo sardo. Ed è una riflessione che invito tutti voi a fare insieme a me, ma non solo in quest'Aula, perché è la riflessione che ci può guidare per uscire in modo positivo dall'attuale crisi economica e sociale.
PRESIDENTE. Colleghi, un attimo di attenzione. Prima di mettere in votazione l'ordine del giorno numero 2, faccio presente che il punto b), prima di "delibera", prevede l'istituzione di una Commissione speciale ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento, che prescrive a tal fine la maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio. Per cui questo specifico punto verrà votato separatamente, sempre che l'ordine del giorno venga approvato.
Ha domandato di parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.
SECHI (Gruppo Misto). Mi ha anticipato la Presidente, perché intendevo chiedere appunto la votazione separata del primo "ritenuto", dei due "preso atto" e poi della lettera b).
PRESIDENTE. Onorevole Sechi, non ho capito. Chiede di votare il primo "ritenuto" e separatamente i due "preso atto"?
SECHI (Gruppo Misto). Sì, il secondo e il terzo capoverso insieme.
PRESIDENTE. E il secondo "ritenuto" insieme a tutto il resto?
SECHI (Gruppo Misto). Sì, e separatamente la lettera b), che prevede l'istituzione di una commissione speciale.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, proprio sulla lettera b) non tornano i conti, nel senso che la dicitura "entro 180 giorni elabori una proposta da esaminare nel corso della sessione obbligatoria di ottobre", forse va integrata con l'indicazione dell'anno, ovvero il 2013. E' corretto interpretarlo così, cioè intendendo la sessione obbligatoria di ottobre del 2013? Allora va bene.
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione dell'ordine del giorno numero 2, limitatamente ai punti che iniziano con "ritenuto" e al dispositivo, tranne la lettera b).
Ha domandato di parlare il consigliere Campus per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Voterò a favore di questo ordine del giorno, soprattutto della parte che verrà messa in votazione successivamente, cioè dei "preso atto", che sono assolutamente attinenti a quello che è avvenuto oggi.
Onorevole Maninchedda, non so che cosa lei abbia ravvisato nei miei interventi, credo di aver capito che la sua giusta presa di posizione riguardasse chi ha negato la parte fondamentale della mozione e poi ha cercato, ipocritamente, di cavalcare una demagogia che davvero il popolo sardo non si merita. E mi dispiace sottolineare che tra quelli che hanno espresso quel voto si sia distinto il Presidente della Regione, che avrebbe dovuto votare a favore anche del primo passaggio e assumersi completamente la responsabilità di una scelta degnissima, l'ho già detto, anziché prima nascondersi dietro l'astensione e poi cavalcare l'onda della demagogia. Siamo davvero caduti molto, ma molto in basso!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Presidente, intervengo innanzitutto per chiedere la votazione con procedimento elettronico e poi per invitare i colleghi a rispettare le espressioni di voto, quelle a favore, quelle contrarie e anche le astensioni, nel rispetto delle decisioni dei Gruppi e dei singoli individui. Le assicuro, onorevole Campus, che chi ha espresso, anche all'interno del P.d.L, un voto contrario ha grandissimo rispetto, perché ha motivato dal suo punto di vista culturale la propria posizione.
Da questo punto di vista, mi consenta, noi non abbiamo da apprendere nulla da nessuno, perché le nostre decisioni sono frutto di un dibattito franco e costruttivo, dove il confronto e anche l'incontro delle idee ha fatto sì che nessuno al nostro interno potesse ricordare i fasti del Ventennio.
PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che siamo in fase di dichiarazioni di voto sull'ordine del giorno numero 2 e non sui voti già espressi dal Consiglio.
Ha domandato di parlare il consigliere Stochino per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
STOCHINO (P.d.L.). Presidente, intervengo per dichiarare il mio voto contrario a quest'ordine del giorno, ma soprattutto per fare alcune considerazioni in riferimento a quanto detto dall'onorevole Uras, persona che apprezzo, così come apprezzo l'onorevole Sechi. Veramente io resto allibito quando si presenta un ordine del giorno così importante e poi lo si vanifica con le parole. Ritengo che il collega Campus, che è persona da me stimata, in occasioni di voto come quelle che si sono verificate prima dovrebbe rispettare le opinioni altrui, ma soprattutto la sovranità di questo parlamento, i cui componenti rispondono prima di tutto alla propria coscienza e poi ai partiti che li hanno espressi.
Onorevole Uras, resto veramente allibito per il modo in cui vengono presentate le mozioni, che per alcuni aspetti sono condivisibili, ma diventano incondivisibili quando si scende nel campo dello scontro puro e dell'attacco, anche personale, a un Presidente della Regione, ma soprattutto a una Giunta regionale che ha sempre voluto dialogare, come pure tutti i partiti di maggioranza presenti in questo Consiglio. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Espa per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
ESPA (P.D.). Noi, invece, votiamo convintamente a favore di questo ordine del giorno proprio perché, al di là delle contrapposizioni politiche, i colleghi del Gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà hanno, in maniera chiara, detto delle cose che non sono strumentalizzazioni, ma sono dati di fatto. Se guardiamo alla premessa di questo ordine del giorno, le prese d'atto rispecchiano ciò che si è svolto in questo Consiglio, non sono quindi una semplice strumentalizzazione di parte. Quando nel dispositivo si chiede di dare "integrale attuazione agli ordini del giorno numero 80 e 76", non si sta strumentalizzando nulla, ma si sta facendo riferimento a un voto espresso in questo Consiglio, a cui il Presidente della Regione deve ottemperare. Se non ottempera non è un problema di strumentalizzazione politica, ma è proprio una questione di incapacità politica. Credo quindi sia bene ricordare a chi diamo la delega per andare avanti in questo percorso. Il mio voto sull'ordine del giorno numero 2 è favorevole.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'ordine del giorno numero 2, limitatamente ai punti che iniziano con "ritenuto" e al dispositivo, tranne la lettera b).
(Segue la votazione)
Prendo atto che la consigliera Zuncheddu ha votato a favore e che il consigliere Cappai ha votato contro.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Cucca - Espa - Mariani - Moriconi - Mulas - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.
Rispondono no i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Cuccureddu - Dessì - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lotto - Lunesu - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Solinas Christian - Steri - Stochino.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 53
votanti 52
astenuti 1
maggioranza 27
favorevoli 20
contrari 32
(Il Consiglio non approva).
Le parti che iniziano con "preso atto" naturalmente decadono.
Procediamo ora alla votazione della lettera b), per la quale è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio, ovvero 41 voti.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della lettera b) del dispositivo dell'ordine del giorno numero 2.
(Segue la votazione)
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Cucca - Espa - Mariani - Moriconi - Mulas - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.
Rispondono no i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Cuccureddu - Dessì - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Solinas Christian - Steri - Stochino.
Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Campus.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 52
votanti 50
astenuti 2
maggioranza 26
favorevoli 19
contrari 31
(Il Consiglio non approva).
I lavori odierni si concludono qui. Domani mattina, alle ore 9 e 30, è convocata la Commissione bilancio, mentre il Consiglio è riconvocato alle ore 16 e 30, con all'ordine del giorno il disegno di legge numero 449/A - parte I, concernente "Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l'anno 2013 e disposizioni urgenti", qualora perfezionato, e il disegno di legge numero 397/A, concernente "Interventi urgenti per l'attuazione del Programma di sviluppo rurale della Sardegna 2007-2013".
La seduta è tolta alle ore 19 e 16.
Allegati seduta
Testo dell'interrogazione, annunziata in apertura di seduta
Interrogazione Sanjust, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche relative alle imprese balneari, sulla modifica delle linee guida per la predisposizione del PUL, sulla loro corretta interpretazione e sul sovracanone imposto alle concessioni demaniali.
Il sottoscritto,
premesso che:
- in Sardegna operano circa 900 imprese balneari fra le 30 mila esistenti in tutto il territorio nazionale;
- lo scorso 7 novembre e lo scorso 12 dicembre 2012 si sono svolte a Bosa e ad Olbia due nutrite quanto partecipate (circa un centinaio di imprenditori presenti) assemblee regionali di queste aziende balneari che operano sul demanio marittimo della Sardegna;
- nel corso di queste assemblee sono stati denunciati gli attacchi subiti dalle imprese balneari, le quali ritengono che il percorso di riforma normativa, imposto dalla Comunità europea all'Italia in materia di demanio marittimo ed attualmente culminato con la scelta del Governo, approvata poi dal Senato, di operare una mini proroga di cinque anni delle concessioni balneari, non risolverebbe comunque - come è evidente - i problemi strutturali di questo importante segmento dell'economia del nostro Paese e della nostra Regione; le imprese balneari sarde, come si legge in un comunicato stampa redatto in risultanza dell'assemblea di Olbia, si dichiarano anzi "profondamente insoddisfatte della mini proroga al 2020", che viene definita "un palliativo ed un posticipo della esecuzione di una condanna a morte delle imprese balneari italiane e sarde, già decisa con la precedente proroga al 2015". Con tali provvedimenti, prosegue il comunicato "si tiene il comparto ingessato, ad evidente discapito degli investimenti, dell'allargamento della base occupazionale e si mortifica la qualità dei servizi offerti e più in generale un intero sistema economico fondato sulla risorsa turismo". Le imprese balneari invitano poi la Regione ad "adottare tutte le possibili e dovute misure presso il Governo italiano e dell'Unione europea, in difesa dei legittimi interessi del comparto balneare, vera ossatura del sistema turistico del nastro Paese";
considerato che:
- a seguito del dibattito parlamentare, su tale argomento, sono state fatte dichiarazioni tanto allarmistiche quanto diffamatorie per il comparto, senza citare che, di contro, la disciplina dei litorali è minuziosamente regolata da leggi e innumerevoli strumenti di pianificazione demaniale, ambientale e urbanistica, sia dalle regioni sia dagli enti locali, alla quale tutti i titolari, attuali o eventualmente futuri, degli stabilimenti balneari, si attengono o dovranno attenersi;
- il tutto per approvare un passaggio del decreto Sviluppo bis che concede una proroga di 5 anni alle concessioni demaniali per le imprese balneari;
- tale concessione di proroga, dal 2016 al 2020, se da una parte concede un attimo di respiro ai gestori delle aziende balneari in concessione, dall'altra non offre garanzie, né certezze sulla possibilità di poter proseguire l'attività imprenditoriale intrapresa e, conseguentemente, apportare migliorie strutturali e di maggiore accoglienza degli utenti in un regime di vera e proficua concorrenza;
- nel dibattito parlamentare è stato anche paventato un incalcolabile danno erariale a causa delle multe che la Commissione europea potrebbe infliggere all'Italia a seguito di questa mini proroga; una convinzione nata da una osservazione, peraltro infondata, della Ragioneria generale dello Stato, che non ha considerato diversi aspetti del problema, fra cui una presunta infrazione riguardante le concessioni demaniali (la n. 4908/2008 del 25 febbraio 2009) che, comunque non riguardava la proroga ma il cosiddetto diritto di insistenza che il nostro legislatore ha eliminato, e che è stata archiviata dalla Comunità europea lo scorso 27 febbraio 2012;
- una analoga proroga di cinque anni varata con la legge n. 25 del 2010 non è stata oggetto di procedura di infrazione da parte della Comunità europea;
- il Commissario europeo Michel Bamier avrebbe dichiarato formalmente al vice presidente del Parlamento europeo, Gianni Pittella, il favore delle istituzioni europee per un congruo periodo transitorio;
- la proroga delle concessioni balneari iberiche discussa dal Parlamento spagnolo tratta non di cinque, ma di 45 anni, e tale proroga non solo non è stata contestata dalle istituzioni europee, ma ha trovato il favore delle stesse nelle dichiarazioni del Commissario alla giustizia Viviane Reding;
- le imprese balneari da tempo auspicano che nuove aree vengano rilasciate in concessione, dato che la grande maggioranza degli oltre 7.000 km di coste italiane non lo è, e che, ad esempio, in una regione turisticamente predisposta come la Puglia solo l'8 per cento è assegnato;
- ancora più incomprensibile appare l'atteggiamento di chi, chiamato a risolvere la situazione economicamente drammatica del nostro Paese, non sembra che si ponga alla difesa dei propri asset migliori, come ha fatto il Portogallo, la Croazia o ancor meglio la Spagna, che, come detto precedentemente, ha prolungato le proprie concessioni demaniali per 45 anni ottenendo il plauso del portavoce della Commissione di giustizia a Bruxelles;
preso atto che:
- per quanto riguarda la Regione Sardegna, le linee guida per la predisposizione del PUL, sia l'articolo 16, sia la delibera 22/17 del 22 maggio 2012 "Atto di indirizzo interpretativo; stridono decisamente con la proroga ex lege al 2015, che è una proroga incondizionata; non tengono in conto la nuova proroga incondizionata al 2020, non chiarirebbero alcune delicate situazioni e non offrono ai titolari delle imprese balneari sarde garanzie sufficienti per il prosieguo dell'attività, in relazione, soprattutto, ad investimenti già fatti o in fase di predisposizione per consolidare una attività che, oltre ai titolari, coinvolge familiari, collaboratori e dipendenti;
- a seguito della proroga concessa dal Governo, potrebbero insorgere criticità per le imprese la cui concessione è rientrata nella proroga incondizionata, ma potrebbero non rientrare nelle capienze previste dal PUL;
- le procedure concorsuali per l'assegnazione di nuove concessioni, inoltre, previste dall'articolo 16 delle già citate linee guida, concederebbero ai comuni la possibilità di assegnare nuove concessioni compatibili con i PUL e, di fatto, potrebbero anche essere revocate in anticipo concessioni ancora in proroga in quanto non rispondenti alle prescrizioni dei PUL;
- i concessionari sarebbero anche penalizzati in relazione all'utilizzo dei natanti da spiaggia in quanto le linee guida prevedono tale attività solamente nelle concessioni multifunzionali, penalizzando oltre l'80 per cento delle imprese sarde;
- sulle linee guida per la predisposizione dei PUL potrebbe essere avviato un ricorso straordinario al Capo dello Stato e un nuovo eventuale ricorso al TAR;
evidenziato che:
- la sezione di controllo della Corte dei conti della Sardegna, a conclusione di un'indagine sul sistema delle concessioni, avrebbe rilevato come la Regione non è proprietaria dei beni demaniali concessi e dunque non può imporre canoni demaniali;
- pertanto, i cosiddetti sovracanoni non sono stati introdotti attraverso una norma di legge (regionale), e si paventerebbe il rischio che, in caso di iniziative giudiziarie dei concessionari, in alcuni casi già intentate e recentissimamente giunte ad un esito sfavorevole per l'Amministrazione regionale, la Regione e i comuni, deputati a riscuotere gli importi, potrebbero essere costretti a restituire gli importi del sovracanone imposto nel 2001 ai titolari di concessioni demaniali sui litorali; una partita che potrebbe valere non meno di circa 10.000.000 di euro e che i concessionari balneari della Sardegna dichiarano di poter essere intenzionati a giocare con una sorta di class action,
chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica per sapere:
1) se non ritengano urgente incontrare i rappresentanti delle imprese balneari della Sardegna preoccupati dei fatto che le linee guida per la predisposizione dei PUL della Regione potrebbero portare ad un imminente percorso di evidenza pubblica nell'assegnazione delle concessioni, con previsione di possibile drastico ridimensionamento nel numero e nella qualità dei servizi prodotti, andando a incrementare la già pesante crisi socio-economica per la nostra Isola e ad attivare gli annunciati ricorsi nanti gli organi di giustizia amministrativa da parte delle imprese balneari ed avviare un, peraltro scongiurabile, gigantesco contenzioso con conseguenti gravi costi economici e sociali per le imprese e per la Regione;
2) quali iniziative si intendano attivare al fine di evitare sperequazioni e interpretazioni diversificate delle linee guida per la predisposizione dei PUL che potrebbero essere addotte dalle diverse amministrazioni comunali ed evitare potenziali concessioni clientelari sui servizi in spiaggia;
3) attraverso quali modalità si intendano avviare programmi e progetti comuni al fine di salvaguardare le 900 imprese balneari della Sardegna;
4) quali iniziative intendano avviare e se intendano agire in sede di autotutela al fine di dirimere la vertenza in atto determinata dal cosiddetto sovracanone per la concessione demaniale. (1010)