Seduta n.337 del 25/07/2012
CCCXXXVII SEDUTA
(ANTIMERIDIANA)
Mercoledì 25 luglio 2012
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 10 e 04.
DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 12 giugno 2012 (329), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Mariano Contu, Paolo Maninchedda, Francesco Meloni, Valerio Meloni, Antonio Pitea e Alessandra Zedda hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 25 luglio 2012.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.
DESSI', Segretario:
"Mozione Porcu - Diana Giampaolo - Uras - Salis - Ben Amara - Agus - Barracciu Bruno - Capelli - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sullo stato di illegittimità gestionale e organizzativa in cui attualmente versa il consorzio che ha in affidamento il Parco regionale Molentargius-Saline e sul conseguente progressivo stato di abbandono e degrado del compendio naturale, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (195)
"Mozione Amadu - Sanjust - Ben Amara - Sechi - Lunesu - Contu Mariano Ignazio - Meloni Marco - Espa - Biancareddu - Bruno - Cossa - Cucca - Cuccu - Dedoni - Locci - Manca - Obinu - Rodin - Tocco - Zuncheddu sulla formulazione di un ordine del giorno voto al Parlamento per garantire adeguati livelli di tutela della lingua sarda in sede di ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (così come previsto dall'articolo 51 dello Statuto sardo)". (196)
"Mozione Amadu - Sanjust - Ben Amara - Sechi - Lunesu - Contu Mariano Ignazio - Meloni Marco - Espa - Biancareddu - Bruno - Cossa - Cuccu - Dedoni - Locci - Manca - Obinu - Rodin - Tocco - Zuncheddu sulla formulazione di un ordine del giorno voto al Parlamento per l'abrogazione, in sede di conversione del comma 16 dell'articolo 14 del decreto legge n. 95 del 2012 (spending review) al fine di evitare un ridimensionamento delle autonomie scolastiche in Sardegna (così come previsto dall'articolo 51 dello Statuto sardo)". (197)
PRESIDENTE. Constatato lo scarso numero dei consiglieri presenti in Aula sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 06, viene ripresa alle ore 10 e 18.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta.
Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Cappai, Diana Giampaolo, Floris Rosanna, Lai, Lunesu, Salis, Sanjust e Sanna Giacomo sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 35 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dessi' - Diana Giampaolo - Floris Mario - Floris Rosanna - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Murgioni - Obinu - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Vargiu.)
Poiché il Consiglio non è in numero legale, sospendo la seduta per trenta minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 20, viene ripresa alle ore 10 e 51.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta.
Onorevole Salis, reitera la richiesta di verifica del numero legale?
SALIS (I.d.V.). Sì, Presidente.
Seconda verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Cappai, Diana Giampaolo, Lai, Lunesu, Planetta, Salis e Sanna Giacomo sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 43 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Bardanzellu - Biancareddu - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Contu Felice - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Giampaolo - Diana Mario - Floris Rosanna - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Vargiu.)
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire i lavori.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione delle Linee guida per la predisposizione del Piano paesaggistico regionale.
E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Presidente, Assessori, colleghi, siamo ormai entrati nella fase finale di questa legislatura regionale che, con una facile ironia e rifacendomi a una terminologia propria della mia professione, potrei definire nella fase terminale; e voi sapete che vengono definiti come terminali quei pazienti per cui non esiste più nessuna speranza, e per la verità per questa legislatura di speranza ne rimane davvero poca.
Ciò che più sconcerta, però, non è tanto il guardare all'anno e mezzo che manca, quanto rivolgere lo sguardo ai tre anni e mezzo che sono trascorsi e trovare davvero il nulla: tanti impegni, non rispettati, tutti! Quante promesse non mantenute, quanti interessi personali spacciati per azioni politiche, poche riforme, anzi nessuna per la verità, ma tante carriere sfolgoranti senza nessun merito e senza adeguata preparazione! Quanti atti di arroganza, quante fughe dalla realtà, fughe dalla gente, fughe dal confronto, fughe da questo Consiglio! E tutto senza una linea politica, senza una guida politica, senza una politica! Ed è proprio questa, purtroppo, la certificazione del fallimento di questa legislatura, posto che questo è un Consesso politico, non è un consiglio di amministrazione, e nemmeno un collegio dei revisori dei conti.
Oggi finalmente affrontiamo un argomento, sempre per rimanere a quella facile ironia iniziale potrei dire in articulo mortis, che era stato uno dei pilastri della campagna elettorale del 2009 del presidente Cappellacci: l'adeguamento e la revisione, l'attualizzazione, se vogliamo, del Piano paesaggistico. Mi pare, al di là di una, direi, quasi scontata, demagogia di parte o, ugualmente scontato, arroccamento di maniera, di chi ritiene il frutto del proprio lavoro meritevole di una valenza dogmatica e di una osservanza fideistica, che difficilmente si possa sostenere che non esista una necessità assoluta di aggiornare e completare il Piano paesaggistico regionale o PPR.
Sono ormai otto anni infatti, è stato ricordato, che viviamo in un regime di norme di salvaguardia in attesa, soprattutto, che i comuni adeguino i loro Piani urbanistici a questo Piano paesaggistico. L'esempio è il comune di Sassari che proprio in questi giorni sta tentando, dopo sette anni di lavori, di partorire finalmente un Piano urbanistico comunale. Per la verità ci hanno pensato da soli a infilarsi in guai di natura non solo amministrativa o gestionale, però quello che è certo è la difficoltà che anche una Giunta di sinistra, con un sindaco che allora abbracciò il Piano paesaggistico, voluto dal centrosinistra come la panacea di tutti problemi della Sardegna, incontra poiché non riesce a calare le norme di attuazione e la cartografia del PPR sul territorio comunale.
C'è necessità, e questo credo sia ormai, ripeto, assodato, di arrivare a un maggiore confronto con gli enti locali perché questa è certamente una patologia del Piano paesaggistico, non è pensabile che si possa continuare con questa discrasia tra le esigenze di crescita, di sviluppo e di autonomia dei comuni e questo contesto normativo che, di fatto, in tutti questi anni, è stato solo vincolistico.
Quindi credo sia giusto che del PPR si ridiscuta e se ne ridiscuta con trasparenza e con assunzioni dirette di responsabilità. Responsabilità di scelte politiche e di scelte amministrative, con norme che siano chiare e non interpretabili, che siano davvero erga omnes e non ad usum Delphini, per rimanere nel latinorum, così come è stato finora. Trasparenza, certo, e rivendico di aver svolto una parte attiva nell'inserire in legge l'obbligo per la Giunta di pervenire alla discussione oggi in atto, cioè di riportare le Linee guida alla valutazione di merito del Consiglio.
Si trattò di una votazione su un emendamento dell'opposizione che io contribuì a far passare assumendomene la responsabilità in maniera palese e, se ben ricordate, in quell'occasione ci fu la minaccia di dimissioni del Presidente. Il presidente Cappellacci minacciò di dimettersi perché era passato un emendamento che imponeva trasparenza nei confronti non solo del Consiglio ma di tutta la Sardegna! Io allora ironizzai con lui sui giornali, gli chiesi se aveva davvero il coraggio di dimettersi e poi di spiegare alla gente che si dimetteva perché non voleva far conoscere al Consiglio e alla Sardegna le Linee guida che intendeva dare a quel PPR.
Comunque oggi siamo qui e ne discutiamo, auspicando quella possibilità di controllo da parte del Consiglio, quella trasparenza su atti di programmazione del territorio e quindi su atti di interesse collettivo perché così deve essere fatto; non può essere un fatto specifico o fatto proprio dal Presidente della Giunta, posto che non ho mai avuto dubbi, né sull'onestà intellettuale, né sull'onesta tout court dell'Assessore dell'urbanistica. Però allora quello che mi aveva colpito era che la trasparenza sul PPR dovesse essere esorcizzata dal Presidente addirittura con la minaccia delle dimissioni. Credo davvero che questo sia un aspetto che la dice lunga sul rapporto che in questi anni ha portato, da un lato la maggioranza a essere succube di questo Presidente, dall'altro alcuni a dover lasciare questa maggioranza.
Comunque ora non è che tutto, Assessore, sia sereno; certamente la possibilità di discutere le Linee guida, che peraltro non offrono grande chiarezza, grande precisione nel dichiarare quelle che saranno poi le azioni normative e cartografiche, che però dovranno essere portate al vaglio della Commissione, comporterà un momento di conoscenza e di trasparenza.
E' su questo, Assessore, che invito lei a vigilare, posto che anche durante il suo mandato, molto più in quello di chi l'ha preceduta, abbiamo assistito a dei veri e propri blitz da parte di pasdaran della maggioranza che, con la cazzuola in bocca, con arroganza, e spesso anche con ignoranza, hanno trasformato delle sue iniziative, delle iniziative da lei portate in Commissione, in veri e propri sconci dal punto di vista edilizio e civilistico, tanto da finire sotto il giudizio della Corte costituzionale. Mi riferisco ai vari Piani casa.
Io penso davvero che sia una sua responsabilità, Assessore, richiamare quella maggioranza al senso di responsabilità che il ruolo di consigliere regionale impone. I consiglieri occorre richiamarli all'interesse collettivo, non solo a quello del singolo territorio o del singolo comune, o del singolo consigliere che talora ha agito, e purtroppo legiferato, in nome di un singolo imprenditore!
Oggi, con il pronunciamento nel merito delle Linee guida, e con il prossimo parere in Commissione sulle novellate norme di pianificazione, spero davvero che prevalgano il confronto, la trasparenza, il rispetto reciproco e il senso del dovere, ecco perché mi affido davvero, come ho detto prima, a quell'onestà intellettuale, Assessore, e a quella onestà che le riconosco e che è stata anche uno dei motivi per cui lei ha assunto quella specifica delega in un momento difficile del percorso della Giunta.
Ricordo ancora, però, e con questo chiudo, Assessore, che più che dall'opposizione deve difendersi dall'operato dei "fratelli della costa" della sua maggioranza, e quando parlo della costa faccio riferimento ai bucanieri e ai corsari chiaramente, e a nessun'altra associazione, così presenti e così invasivi nella sua maggioranza. Sappia difendere le sue idee nate dall'onestà intellettuale che, ripeto, le riconosco, non si faccia comprimere né da pressioni superiori, né da pressioni collaterali e, probabilmente, si riuscirà a rendere quel Piano paesaggistico veramente quale la Sardegna lo aspetta, cioè uno strumento insieme di sviluppo e di tutela, così come lei ha più volte annunziato. Buon lavoro.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Io ho necessità di fare qualche passo indietro per poter esprimere con obbiettività e serenità il mio parere più che il giudizio sulle Linee guida presentate dal Presidente Cappellacci. Presidente che ogni tanto ci onora della sua presenza ma non sono questi gli interessi del Presidente: stare ad ascoltare un Consiglio regionale, le posizioni di maggioranza, di opposizione, i consigli e le critiche; gli interessi del Presidente sono altrove e, altrove, li sta evidentemente seguendo con grande attenzione.
Il Presidente non c'era (l'attuale Presidente della Giunta), nella passata legislatura, come diversi dei colleghi che siedono oggi su questi banchi. Infatti si evince che la mancanza di memoria storica ci porta a discutere delle Linee guida del Piano paesaggistico dimenticando, perlomeno per un attimo io l'avevo dimenticato, che noi stiamo discutendo un documento che ci viene portato all'attenzione dalla Giunta e sul quale non possiamo proporre emendamenti, sul quale non esprimeremo nessun tipo di voto se non attraverso, eventualmente, la proposizione di ordini del giorno.
Perché ricordo questo ai colleghi? Perché il problema non è la presentazione di Linee guida sul Piano paesaggistico, ma il problema, la madre di tutti i problemi, è la legge numero 8 del 2004. Perché ricordo la legge numero 8 del 2004? Perché ha determinato proprio il fatto che noi, oggi come ieri, discutiamo di un Piano paesaggistico non emendabile, di Linee guida non emendabili; e ricordo la dura opposizione di merito, condotta insieme ai colleghi della allora opposizione, alla proposta dell'allora presidente Soru e giunta fino all'occupazione dell'Aula.
E perché occupammo l'Aula? Perché non si riuscì a concordare con quel Presidente di allora e con quella maggioranza, un po' troppo succube delle decisioni presidenziali, sul fatto che le Linee guida si possano discutere realmente in Aula, si possano correggere in Aula, possano fare tesoro dei suggerimenti dell'Aula; e quindi una norma che rendesse dignità al Consiglio regionale e modificabile eventualmente dalla maggioranza che si compone di volta in volta in Consiglio regionale.
Occupammo l'Aula, e tra i colleghi che c'erano ieri e ci sono oggi, oggi di maggioranza, ieri di opposizione, ricorderò (gli altri colleghi non se ne abbiano a male) ciò che disse il collega La Spisa "l'opposizione non può dare una delega in bianco su questa materia"; ciò che disse il collega Vargiu "la centralità del Consiglio va salvaguardata, altrimenti il Parlamento sardo si trasforma in una seduta plenaria del Rotary dove qualcuno tiene una conferenza e gli altri si limitano ad ascoltare". Fino all'occupazione dell'Aula l'argomento del contendere fu l'emendamento alla legge numero 8 con il quale l'opposizione di allora, e per quanto mi riguarda opposizione anche di oggi, proponeva che la proposta del Piano paesaggistico regionale deliberata dalla Giunta venisse trasmessa al Consiglio regionale che ne approvava l'adozione entro sei mesi.
Questa proposta fu rigettata dalla maggioranza di ieri, dal Presidente di ieri, invasivo e prepotente all'inizio, ma anche alla fine della sua conduzione della Giunta regionale. E questo perché non c'era alcuna fiducia; non si può dare una delega alla Giunta su una materia di questo tipo. Perciò, come ha ricordato il collega Campus molto bene, ci proponemmo come coalizione, che si era formata dall'opposizione di ieri, per governare la Sardegna; e avevamo un cavallo di battaglia, che io ho portato sulle piazze della campagna elettorale, che era questo: cancelliamo i vincoli legislativi posti dalla legge numero 8 e, di conseguenza, riscriviamo il PPR.
Poi, ma questa è stata la sensazione del subito dopo, non del prima, purtroppo, è successo che chi si è proposto a governare la Sardegna, sostenuto da una maggioranza poco "edificabile", non ha scelto di cambiare, di dare trasparenza alle norme urbanistiche, di dare trasparenza al Piano paesaggistico, trasparenza della cui mancanza noi accusavamo il presidente Soru e la sua Giunta; ha scelto invece di sostituirsi al presidente Soru.
E noi di che cosa accusavamo ancora il presidente Soru? Lo accusavamo della stipula delle Intese, soprattutto, Intese che da questa Aula dicevamo un po' tutti essere fatte con amici per favorire imprese amiche, per favorire speculazioni e magari qualcuno in questa Aula ne darà conto nel seguito del Consiglio, presumo. Ma, ammesso e non concesso che in quella fase con le Intese, con quelle Intese, si sia favorito qualcuno, qual è stata la scelta di questa maggioranza e di questa Giunta, di questo Presidente fantasma? La scelta è stata questa: mi sostituisco così ora le Intese le faccio io con i miei amici, così la clientela la compro io, la perseguo io; ma non era questo il patto di legislatura, non era questo il patto elettorale. Il patto elettorale era dire: hanno sbagliato, hanno sbagliato nei troppi vincoli.
I colleghi dell'opposizione odierna forse si sono resi conto di aver sbagliato a stare troppo dietro alle indicazioni pesanti poste da una conduzione di un Presidente neofita prestato, così si diceva allora, alla politica. Quindi non abbiamo, non avete, perdonatemi, a questo punto mi distinguo, tenuto fede al patto elettorale che non era quello di fare due o tre (non mi ricordo quanti sono) Piani casa che poi, tra l'altro, non hanno prodotto quanto ci si aspettava nelle intenzioni, non hanno prodotto alcunché.
Anche perché è sopraggiunta una crisi economica e finanziaria di livello mondiale, perché nessuno oggi in famiglia pensa a comprare una casa. I 17 mila pezzi invenduti di Olbia dicono tutto, la storia è cambiata da allora, non si può perseguire quella linea di ieri anche oggi, perché è cambiato il mondo, perché è cambiato il concetto dell'investimento, perché è cambiato il concetto finanziario, perché è arrivata l'IMU, per tutti questi motivi oggi l'investimento non è sul mattone. Quando si parla di economia reale, o ci viene ricordata l'economia reale, non stiamo parlando del mattone, stiamo parlando d'altro.
BEN AMARA (Gruppo Misto). Stai citando Marx.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). … Mi fa piacere che Marx la pensi come me. Ma, parlando seriamente, sto ricordando questi passaggi per sottolineare fondamentalmente una cosa. il problema, oggi, è sicuramente discutere delle Linee guida, discutere del nulla come dicevo. Allora, ricordo sempre ai colleghi che hanno combattuto in questa Aula dure battaglie di opposizione, che abbiamo fatto opposizione, però, a una intensa attività legislativa; mi rifaccio a quanto diceva il collega Campus poc'anzi, abbiamo con piacere, convinzione, preparazione fatto una intensa attività di opposizione a una intensa proposta legislativa.
In quegli anni abbiamo infatti discusso della legge sul commercio, abbiamo discusso del PPR, abbiamo discusso di legge urbanistica, di Piano sanitario regionale, di legge statutaria; abbiamo discusso in maniera forte, a volte anche sopra le righe, ma di cose concrete, di merito, di trasformazione della nostra Isola. E ho sempre detto e lo ripeto, lo ribadisco, che ho combattuto la linea del presidente Soru molto deficitaria nel metodo ma ho combattuto delle idee; ora non si può combattere niente perché c'è il nulla, il nulla di un Presidente che per tre anni e mezzo ci ha fatto e ci sta facendo sopravvivere in questa Aula con la noia alla quale è sopraggiunta la rassegnazione.
Diciamo chiaramente (per l'amicizia che mi lega e spero possa essere reciproca con l'assessore Rassu) che abbiamo o, meglio, avete impostato in questi giorni, luglio 2012, una procedura che in difetto necessita di almeno dodici mesi per essere compiuta integralmente, in tutti i passaggi previsti: Intese con il Ministero, norme tecniche di attuazione, e pensando che se ne occupino non convenzionati ma solerti dirigenti che magari lavorano e non prendono solo i soldi.
Siamo però persone realistiche; quindi, Assessore, sa benissimo che queste disposizioni non andranno in porto, perché le prossime elezioni saranno le regionali. Perché, o se ne va il presidente Cappellacci, cosa a mio avviso impossibile, perché quel posto è il suo scudo (traducete voi in che termini è lo scudo), o lo manderete via. Non c'è un anno di tempo.
Potremmo discutere invece del fatto che l'Alcoa stia saltando di nuovo? Che stiano saltando gli accordi dell'Alcoa? Possiamo parlare del tasso di povertà che aumenta? Possiamo parlare della pubblicità istituzionale in quest'Aula? Possiamo ricrederci, ricredervi, sul bancomat che viene usato costantemente da questo Presidente deficitario, che sperpera i denari pubblici, e abbiamo visto come, perché e a favore di chi? Certo, non a favore della residenza Santa Maria Assunta di Guspini che, per essere rimessa a norma e poter funzionare al meglio, necessita di due milioni di euro. No, preferiamo Novas, grande invenzione, non dimenticate colleghi, del presidente Soru.
Come capite, ce n'è per tutti, ce n'è per tutti, ma noi, al di là del presidente Soru, al di là del presidente Cappellacci, possiamo cambiare. Allora occupiamoci di cose reali; così come dobbiamo occuparci di economia reale occupiamoci di cose reali. Questo Piano paesaggistico, la legge sul golf, i Piani casa non hanno cambiato la storia della Sardegna, mentre alcune di queste norme avevano l'intenzione di cambiare la vita di qualcuno, di qualche impresa.
Noi possiamo, però, staccarci da questo, perché voi, come noi, siete persone oneste, fondamentalmente oneste; non abbiamo bisogno di essere guidati da persone spregiudicate che perseguono un interesse privato, e lo sapete quanto me, perché ce lo diciamo nei corridori, perché nei corridoi ci diciamo le cose che non vanno, ma non perseguiamo gli atti necessari per rendere quella impostazione, quelle persone, quei colleghi minoranza, non quel partito, non quella coalizione, bensì quelli che spregiudicatamente continuano a perseguire l'interesse privato attraverso lo svolgimento del ruolo che dovrebbe essere teso alla cura dell'interesse pubblico.
Ecco perché oggi, ieri, presumo stasera, domani, continueremo a parlare del nulla. E la madre di tutte le battaglie, la legge numero 8, che noi dovevamo modificare il mese dopo l'insediamento della Giunta, ancora oggi, a tre anni e mezzo di distanza, la conserviamo tale e quale. Perché? Perché fa comodo alla maggioranza di turno. Noi siamo lo spauracchio degli uffici tecnici comunali, perché cambiamo di mese in mese, perché cambiamo a seconda della maggioranza che governa. Quindi non è un problema di coste, di interno, noi avremmo dovuto cambiare quel PPR.
Avete dimenticato le strade di penetrazione agraria che non possono più essere asfaltate? Quello era ed è un problema serio, e la relativa norma andava cambiata. Io sto parlando dei motivi, dei quali discutevamo in quest'Aula, che per un certo periodo hanno bloccato lo sviluppo delle aree interne e della campagna.
Campagna che va rivitalizzata. Con l'ettaro? Va bene. Con i 0,3 metri cubi a metro quadro per ettaro? Vanno bene. Ma inventiamo anche delle premialità, spendiamo dei denari per chi "accorpa ettari", per chi produce in campagna, per l'economia reale. Favoriamo quelli che accorpando migliorano la quantità e la qualità delle produzioni agricole. Possiamo farlo, e spenderemmo in maniera giusta, corretta, propositiva i denari pubblici, non con finanziamenti a pioggia, non con la pubblicità nelle fiere, che sono servite a ex Assessori per passare un bel periodo di ferie, guidando l'Assessorato, e magari per fare causa adesso allo stesso datore di lavoro. Per questo noi dobbiamo incidere col Piano paesaggistico regionale, così si rivaluta la campagna.
E le coste? Spendiamo molto nel ristrutturare, nel recuperare, basta con il cemento, è giusto, anche perché il cemento oggi non dà da mangiare, non crea economia, non crea sviluppo. Ma è possibile che in questa Sardegna non si pensi ad altro per i nostri concittadini, per il loro futuro che a un lavoro da camerieri o da muratori? Non ci può essere un futuro più appetibile per i nostri giovani? Gli abbiamo fatto dimenticare la campagna e l'allevamento. No, vai, studia, lascia perdere la campagna, studia altro.
Invece dobbiamo renderci conto che quella è la nostra materia prima, quella è la nostra ricchezza e, contestualmente, il nostro ambiente è una ricchezza. Ma dove sono le idee? Dove sono i progetti? Dove sono le proposte? Non possono essere soltanto quelle di creare delle norme che consentano un esercizio perfido del potere, discrezionale, sul quale il Consiglio non ha nessuna voce e non avrà comunque nessuna voce. Perciò torno alle origini.
Assessore Rassu, apprezzo il suo lavoro, il suo impegno, la sua onestà, però, la prego, riprendiamo tutto, iniziamo a rivedere la legge numero 8; se lei vorrà portarla all'attenzione dell'Aula sarà un grande segno di cambiamento, altrimenti consumiamo questi otto mesi e rivediamoci in campagna elettorale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Io non sono particolarmente emozionato, come altri, nell'affrontare questo argomento, anzi mi preoccupa un po' l'enfatizzazione che si è fatta di questa materia. Avevo apprezzato la parte iniziale dell'intervento dell'onorevole Chicco Porcu, perché mi sembrava che si muovesse nella direzione giusta, nella direzione auspicabile, non per noi ma per i sardi, per quelle amministrazioni comunali che non potranno mai fare i PUC, e poi dirò perché.
La direzione era quella di prendere atto, come io farò, che il PPR ha moltissimi aspetti positivi, nei principi, nelle metodiche, come ha avuto moltissimi aspetti negativi, nelle storture che ha provocato, negli eccessi, alcuni sanati dal TAR, pensate per esempio al divieto di posizionamento (e alla conseguente eliminazione di quella esistente) della cartellonistica pubblicitaria relativa ad alberghi, per esempio, su tutte le strade della Sardegna. E' chiaro che c'erano degli eccessi, ma non sulle Linee guida, nell'applicazione concreta. Io credo che se valutassimo questo argomento in maniera più laica, senza posizioni fideiste, forse riusciremmo a fare realmente gli interessi della Sardegna e dei sardi.
Vorrei ricordare che la tutela del paesaggio in Sardegna non è iniziata con il PPR, non è iniziata con la legge numero 8, non è iniziata con la delibera del 4 agosto 2004, abbiamo avuto i "Galassini" che individuavano puntualmente le zone sensibili, a maggior valenza paesaggistica, abbiamo avuto i PTP, abbiamo avuto una storia travagliata di norme di tutela. Il PPR ha sicuramente rappresentato un elemento di rottura. Come ho detto in altre occasioni, mi è capitato di confrontarmi anche in occasioni pubbliche su questo tema e di trovare punti di convergenza con gli amministratori regionali della scorsa legislatura, con il presidente Soru, con l'ex assessore Sanna.
Quindi dirò che il PPR ha rappresentato un momento di svolta soprattutto perché ha avuto una grande forza, quella di promuovere un dibattito sul valore del paesaggio, sulla cultura della tutela del territorio; un dibattito che prima era riservato a delle élite ristrette e che ora, invece, ha coinvolto i cittadini sardi e ha spaziato dai profili identitari a quelli economici, a quelli antropologici, a quelli sociali.
Del vecchio Piano paesaggistico ho condiviso i principi ispiratori, le politiche di tutela che lo hanno ispirato, le metodiche utilizzate, che sono sicuramente tra le più moderne dal punto di vista ecologico, tuttavia la sua applicazione pratica ha mostrato una divaricazione profonda fra questi principi ispiratori e i loro esiti. Uno degli aspetti critici consiste nel fatto che il PPR ha dettato regole uguali per situazioni estremamente diverse del nostro territorio costiero, ed è questo, forse, il punto nodale, il punto centrale di queste Linee guida.
Direi che queste Linee guida sono assolutamente accoglibili; è difficile fare delle battaglie sia per difenderle, che per contrastarle, perché non c'è lo stravolgimento del PPR C'è un solo punto fondamentale, che è quello di non definire più "bene paesaggistico di insieme" la fascia costiera nella sua totalità, ma quella di definirla, di volta in volta, un "bene ad alta intensità di tutela", su cui bisogna prestare il massimo dell'attenzione.
Ci sono comunque situazioni estremamente differenziate, e il problema per il quale il Piano paesaggistico non ha avuto effetti, non si è trasformato in norme urbanistiche ma sono rimaste in vigore solo le norme di salvaguardia è questo: non c'è atto amministrativo più sbagliato che quello di trattare in maniera uguale situazioni diverse, situazioni diversissime. Nella nostra fascia costiera abbiamo paesaggi intonsi, incontaminati, borghi medievali, zone F, speculazioni, seconde case, villaggi turistici che aprono a fine giugno, primi di luglio e chiudono il 20 agosto, e non possiamo trattare in maniera uguale queste realtà.
Questa la vera novità, questa è l'unica vera novità delle Linee guida, e credo che se fossimo realmente onesti, tutti intellettualmente onesti, e non facessimo battaglie di principio, esclusivamente di principio, potremmo essere d'accordo sul fatto che introducendo questa modifica non si allenta minimamente la tutela nelle zone intonse, nelle zone che meritano la salvaguardia, ma si cerca di risanare le zone dove il PPR. ha provocato storture, e storture forti, forse irreversibili.
Ahimè, in questi anni la speculazione non si è fermata, al contrario, ci sono stati casi nei quali si è cercato il grimaldello per scardinare le norme di tutela del PPR e lo si è trovato, e non era difficile trovarlo. Pensate alle zone B, come è successo nella mia città, che è un promontorio sul mare, dove tutte le amministrazione, da trent'anni a questa parte, hanno cercato di salvaguardare quel promontorio, di evitare le costruzioni sulla costa, di evitare le costruzioni sul mare, cercando il più possibile di far crescere lo sviluppo della città verso l'interno, nelle zone C, nelle nuove zone di espansione.
Improvvisamente, una delibera blocca tutte le lottizzazioni che non avevano realizzato il 70 per cento delle opere infrastrutturali, e quale é stato l'effetto in questi anni? L'effetto immediato è stato che tutti sono andati a caccia delle zone B, tutti sono andati a costruire sul promontorio, a spese delle amministrazioni comunali che devono garantire i parcheggi, i servizi, le fogne, gli acquedotti, tutto a spese delle amministrazioni comunali. Questo perché? Proprio per quel principio che dicevo prima: non si può trattare un borgo medievale, costruito sul mare novecento anni fa, come un territorio vergine, è chiaro che in quel caso bisogna dare la possibilità di costruire nelle zone C e di allentare la pressione sul mare, sulla costa, sul borgo. Questo è il tema cardine.
Ma ci sono tre aspetti che secondo me sono fondamentali e vanno definiti all'interno di un modello di sviluppo. Io sono d'accordo con chi, tra gli intervenuti, ha detto che senza un progetto chiaro il PPR può servire solo a "musealizzare", a bloccare il territorio lasciandolo a chi ci succederà, ma per quanti anni? Una, due, tre generazioni, poi il territorio inevitabilmente si trasforma, non esiste il territorio naturale in Sardegna.
Mi ha colpito anche quella parte dell'intervento, sempre dell'onorevole Porcu (lo sto citando spesso, oggi) in cui contesta l'affermazione di Maurice Le Lannou, tratta dal suo libro "Pastori e contadini di Sardegna", sull'identità sarda strettamente connessa alla cultura agropastorale. Ma, ripeto, non esiste un paesaggio naturale!
L'onorevole Soru diceva ieri: "La nostra ricchezza sarà la coltivazione del grano". Forse che la coltivazione del grano non modifica il paesaggio? Forse che i sei mila forestali della Sardegna con le piantumazioni di olivi, piuttosto che di altre specie, anche se endemiche, in Sardegna, non modificano il paesaggio? Lo modificano solo le costruzioni? Tutto è modificazione del paesaggio! Il paesaggio lo si modifica continuamente, il paesaggio che esiste in Sardegna è quello antropizzato, non esiste un momento in cui si può cristallizzare il paesaggio della Sardegna, né al momento dei nuraghi, né al momento medievale, né nell'ottocento quando c'è stato il disboscamento con le attività legate al carbone.
Il paesaggio è quello che crea l'uomo in funzione delle proprie attività, e si evolve con delle regole, ma le regole devono essere chiare, e devono essere soprattutto ispirate a principi di giustizia, di uguaglianza, non possono essere regole che valgono per alcuni e non valgono per altri. Oggi è in atto un dibattito, in tutto il mondo, per la verità, ma in maniera particolare nel mondo occidentale, in Europa ma anche negli Stati Uniti, sul concetto di pianificazione, quando si parla di urbanistica, di pianificazione paesaggistica. Per alcuni la pianificazione è morta, per alcuni dovrebbe essere cassata l'urbanistica stessa, proprio come argomento di studio, perché la pianificazione ormai la fanno i capitali, i grandi capitali. Voi pensate che il comune di Arzachena possa…
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Infatti si vede quanto sta andando bene!
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). ... Non sta andando bene, ma è così. Io ho detto che è aperto un dibattito nella dottrina molto forte, poi lo si può negare o meno, ma è questo lo stato delle cose. E voi pensate realmente che gli amministratori del comune di Arzachena pianificheranno lo sviluppo in maniera astratta, o sentiranno Al Thani per sapere se il più grande fondo sovrano del mondo ha interesse a fare degli investimenti, a potenziare gli alberghi presenti o a realizzarne qualcun altro?
Secondo me, probabilmente prima di pianificare sentiranno chi ha acquistato il Consorzio Costa Smeralda per conoscere quali sono i suoi interessi; e questo avviene ad Arzachena, con il più grande fondo sovrano del mondo, ma avviene in tutti i centri di tutto il mondo. Al Thani, ha modificato il paesaggio di Londra con la costruzione della nuova torre grattacielo, firmata da Renzo Piano, che sarà il nuovo simbolo di Londra come la Tour Eiffel lo è stata due secoli fa per Parigi; sono simboli che cambiano il paesaggio, e sono simboli realizzati dai capitali privati.
Riflettiamo, pertanto, su questi concetti e sulle regole imposte, più o meno rigide, riflettiamo perché più irrigidiamo le regole, meno i comuni potranno realizzare i PUC. Allora, ripeto, a mio avviso dobbiamo darci un modello di sviluppo; il nostro modello di sviluppo non può che essere legato al turismo e alle filiere che il turismo attiva: agro-industria, 'allevamento, 'artigianato, commercio, servizi. Tutte le isole, anche con bellezze paesaggistiche più limitate rispetto a quelle della Sardegna, utilizzano questo modello di sviluppo.
Io non voglio citare i soliti esempi, ma cito normalmente le Baleari perché sono alla nostra stessa latitudine; se citassi le Canarie, infatti, qualcuno mi direbbe: "Eh, ma certo, lì fa caldo". Le Baleari sono alla nostra stessa latitudine; nei loro tre aeroporti transitano 30 milioni di passeggeri. Non è un modello che io voglio imitare, assolutamente, però è un modello del quale tenere conto. Il turismo incide sul loro PIL per il 71 per cento, in Sardegna incide per l'8 per cento, ben al di sotto della media nazionale che è dell'11,5.
Che cosa significa questo dato? Significa che noi non siamo una regione turistica, siamo una tra le regioni italiane meno turistiche in assoluto e questo vale per tutte le forme di turismo, compresa la nautica. Noi pensiamo di essere il top della nautica perché abbiamo 200-300 maxi yacht che per qualche settimana l'anno transitano in Sardegna; invece siamo deficitari anche in quel settore.
Di conseguenza, per me, il Piano paesaggistico deve essere uno strumento per perseguire un modello di sviluppo che è quello turistico, e per perseguire il modello di sviluppo turistico il paesaggio è fondamentale, la tutela del paesaggio è fondamentale così come sono fondamentali le infrastrutture. Io non credo che cambierà il nostro modello turistico fare qualche campo da golf in più o in meno, anche perché i golfisti nel mondo…
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Ne sono previsti venticinque!
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Troppi, troppi, io non credo che si faranno. Ma sai perché non si faranno i venticinque campi da golf? Non perché noi decidiamo o perché decidiamo e imponiamo dove si devono fare, ma perché non c'è, probabilmente, interesse imprenditoriale a farli. E' il mercato che non li fa fare. Così come, se noi dovessimo esitare una legge urbanistica o un Piano paesaggistico che consentisse la realizzazione di volumetrie vedremmo che è il mercato che oggi non le richiede, quindi ispiriamoci ad altri concetti.
Come dicevo, secondo me sono fondamentali tre aspetti e questi tre aspetti sono la causa della mancata esitazione dei PUC. Io sono anche un amministratore locale; e sono stato il primo a essere stato "fregato", lo dico in maniera chiarissima, perché ho confidato nella legge numero 8 che è stata volontariamente disapplicata. I dirigenti, l'allora direttore generale dell'urbanistica, erano in imbarazzo ogni volta che andavo in Assessorato perché dovevano inventare mille espedienti dilatori per non esaminare nel Comitato tecnico regionale per l'urbanistica (CTRU) un piano che era perfettamente conforme al PTP; dovevano aspettare il PPR. Questo per due anni per poi dirmi, dopo due anni di escamotage, di espedienti dilatori, che non essendo il Piano conforme al PPR, non se ne faceva niente.
Quindi una legge fatta con la volontà di "fregare" i comuni. Se i comuni non credono nelle leggi che fa la Regione non potranno mai avere fiducia, e oggi non ci credono perché non c'è certezza del diritto. Se noi oggi non dovessimo creare le condizioni per dettare delle norme che valgano per il centrodestra e per il centrosinistra, ma quale comune intraprenderà la strada di una modifica, di una pianificazione con il PUC, sapendo che domani con l'alternanza che c'è, c'è sempre stata e probabilmente ci sarà, in Regione, ogni cinque anni, cambieranno nuovamente le regole, cambierà il Piano paesaggistico e quindi, un processo appena iniziato dovrà essere rivisto? Se ci sarà questa instabilità, se questa norma sarà il terreno di scontro in campagna elettorale tra le coalizioni, i comuni non avranno mai certezza del diritto.
Allora, se vogliamo dare un qualche significato a questo dibattito e anche qualche regola certa, dobbiamo prendere atto che il PPR contiene molti principi e molte regole validi, e sono tali per il centrodestra e per il centrosinistra, ma ha anche alcune storture. Ho letto con piacere qualche giorno che molti esponenti del centrosinistra hanno riconosciuto la necessità di introdurre delle modifiche; poi, probabilmente, c'è stata qualche riunione di partito e la ragione di partito ha prevalso sull'interesse dei sardi, della Sardegna, dei comuni, di stabilire, come ho già detto, principi e regole validi per tutti, per il centrodestra e per il centrosinistra
E' necessario anche che queste regole valgano negli anni, non siano modificate continuamente, e i comuni sappiano (che cambino i governi, che al governo ci sia un presidente di centrodestra o di centrosinistra, indipendentista, di estrema destra o di estrema sinistra) che queste sono le regole fisse del PPR, per cui abbiano la tranquillità di poter attivare un processo faticoso e costoso dal punto di vista finanziario, perché la Regione non copre le spese per la realizzazione dei PUC.
Solo in quel caso potremmo pensare realmente di avere una pianificazione, altrimenti varranno sempre le norme di salvaguardia e varranno sempre quelle norme con le quali consentiamo la speculazione nelle zone B, che anche il Piano casa ha incentivato ulteriormente attraverso i premi di volumetria, che graverà ancora di più sulla fiscalità generale. Infatti sta succedendo questo: si demolisce la casetta, gli speculatori costruiscono dieci appartamenti e poi il comune, i cittadini di quel comune, attraverso l'ICI, devono pagare per dare le infrastrutture, i servizi, i parcheggi, adattare le reti idriche, fognarie e i depuratori al nuovo carico insediativo.
Quindi certezza del diritto; è fondamentale trovarsi d'accordo, tutti, su alcuni principi, pochi, e su alcune regole, poche ma stabili, altrimenti continueremo a fare battaglie di partito, ad avere un argomento (e credo che i sardi se ne siano accorti) che diventa l'argomento da sventolare in campagna elettorale per poi rimanere assolutamente astratto.
Coinvolgimento reale dei comuni; la copianificazione era una falsa copianificazione; di tutte le osservazioni fatte nessuna è stata tenuta in conto. E poi, ribadisco, terzo e ultimo punto, non si possono trattare in maniera uguale situazioni diversissime rispetto alla fascia costiera. E' l'errore più grande che si può fare, che un amministratore può fare, ed è l'errore che oggi è stato fatto.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale,.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
Terza verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Dessi', Diana Giampaolo e Salis sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 41 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Contu Felice - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Giampaolo - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Milia - Mula - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Vargiu.)
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire i lavori.
E' iscritto a parlare il consigliere Corda. Ne ha facoltà.
CORDA (P.D.). Presidente, Assessore, onorevoli colleghi, l'esigenza di adeguare le norme del PPR a quanto è emerso in questi cinque anni di esperienze presso gli uffici regionali, e soprattutto presso i comuni, in particolare quelli costieri che hanno sperimentato la complessità eccessiva dei percorsi burocratici previsti, è sicuramente condivisa da molti. In particolare mi riferisco alla redazione dei Piani urbanistici comunali con l'adeguamento allo stesso PPR e al Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI). La nostra posizione rispetto a una revisione del PPR, quindi, non è affatto preconcetta.
Peraltro l'esigenza di un periodico aggiornamento delle norme in esso contenute è prevista nello stesso Piano e dovrebbe rappresentare, insieme, un'esigenza e un'opportunità per eliminare quelle storture che spesso hanno vanificato e vanificano gli obiettivi che lo stesso PPR si pone. Per queste ragioni se anziché incardinare le Linee guida sul piano, tutto ideologico, di cancellazione dei vincoli e delle regole aveste predisposto un elenco puntuale delle manchevolezze, degli intralci e delle pastoie che i comuni, pochi per la verità, che sono riusciti ad approvare il PUC, e quelli che pure avrebbero voluto realizzarlo ma non ci sono riusciti, hanno dovuto affrontare, il nostro atteggiamento sarebbe stato certamente diverso perché su alcuni temi avremmo, sicuramente, potuto convergere.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue CORDA.) Vedi, per esempio, gli inutili doppioni di enti che sovraintendono a questa problematica: i vari Assessorati regionali, il servizio idrogeologico, la provincia, il SAVI, la forestale, il MIBAC, eccetera eccetera, si occupano tutti delle stesse questioni. Occorrerebbe, anzi, occorre accentrare invece sul servizio unico presso un'unica amministrazione tutto l'insieme dei rapporti con i comuni. La stessa VAS, studiata e approfondita sul PPR, è ottima cosa ma andrebbe poi esclusa dal processo dei piani urbanistici comunali una volta effettuata la verifica di coerenza; visto che il PUC è così anche i piani attuativi che ne conseguiranno saranno redatti sviluppando i concetti nel rispetto delle prescrizioni in esso contenute.
E ancora occorre precisare il ruolo degli enti coinvolti, in particolare rivedere quello della Sovrintendenza, un istituto vecchio e superato anche culturalmente e che si ritrova a sindacare i pareri di tutti gli altri soggetti che partecipano all'iter di approvazione. Ufficio tutela del paesaggio e Sovrintendenza si sovrappongono spesso in maniera scandalosa creando perplessità e suscitando dubbi e contenziosi, a tutto danno soprattutto delle piccole utenze che non dispongono certamente delle risorse necessarie per far valere in sede giudiziaria i loro diritti, peraltro quasi sempre riconosciuti a palese sconfessione dei soprusi derivanti dalle decisioni immotivate, e spesso cervellotiche, di certi funzionari degli uffici.
Occorre poi fornire agli uffici regionali e comunali strumenti snelli, efficaci, sintetici per governare il territorio, semplificando gli atti normativi e traducendo tutto in documenti certi, leggibili e chiari. Ma nelle quasi cento pagine delle Linee guida, delle vostre Linee guida, di tutto questo c'è ben poco. Infatti, dopo la prima parte, fatta di generiche affermazioni di principio sull'importanza della conservazione e la tutela del paesaggio, più che condivisibili e peraltro mutuate pari pari dal PPR esistente, nelle parti successive si scorge il vero proposito che anima questa Giunta e la maggioranza che la sostiene: la soppressione dei vincoli e la cancellazione delle regole contenute nel vigente Piano approvato nel 2006, creando così le premesse perché la fascia costiera sia considerata non più bene paesaggistico (lo sottolineava bene l'onorevole Cuccureddu anche se arriviamo a determinazioni diverse), ma "sistema ambientale ad alta intensità di tutela"; e su questo c'è davvero da discutere.
In questo modo si dà la possibilità di effettuare le solite scorribande da parte della famelica imprenditoria del mattone sempre in agguato, pronta ad aggredire, solo per restare in Gallura, uno dei tratti di costa più pregevoli rimasto inviolato, Capo Ceraso. Come è noto infatti su quell'area di immenso pregio ambientale e paesaggistico, che confina con l'area marina protetta di Tavolara, si sono concentrate da tempo le attenzioni del presidente-imprenditore Berlusconi, prossimo "novello" leader della vostra compagine politica, che certamente sarà tra coloro che gioiranno del cambio di rotta che la Giunta sta pianificando rispetto alla tutela delle coste. Un progetto, che prevede lo sversamento di 450 mila metri cubi di cemento su Capo Ceraso, attende solo tempi favorevoli per la realizzazione e, a leggere le vostre Linee guida, le vostre dichiarazioni di intenti, si ha motivo di ritenere che quei tempi stiano per arrivare.
(Interruzioni)
Che dire poi, invece, in merito all'edificazione di terreni nell'agro, quelli prossimi agli agglomerati urbani o alla fascia costiera? Penso alle aree attorno alle città di Olbia, Sassari, Alghero, eccetera, in cui vastissime estensioni di territorio una volta destinate all'agricoltura (e all'agricoltura sottratte negli ultimi decenni) sono ora selvaggiamente occupate da un'infinita moltitudine di case e palazzi disordinatamente distribuiti, con stili architettonici improbabili, impossibili da catalogare; estensioni di territorio notevoli che non sono più campagna ma che, è facilmente prevedibile, non saranno mai città perché, essendo totalmente prive di infrastrutture e servizi primari, compromettono e immiseriscono la qualità della vita della stessa popolazione.
Pensate che sia possibile continuare così? La decisione di consentire la costruzione di case in quelle aree, su un ettaro, attraverso improbabili progetti di trasformazione agraria grazie ai quali dovremmo esportare prodotti come olio, miele, eccetera in quantità industriali, fa pensare di sì aldilà del fatto che io pensi, onorevole assessore Rassu, che queste scelte poi prescinderanno dalla sua volontà, dalle sue dichiarazioni di merito dato che credo fermamente nella sua onestà intellettuale, e non solo. Ma questo è ciò che sta avvenendo: l'occupazione selvaggia, ancora una volta, del resto del territorio agrario.
Non sto parlando naturalmente di terreni nell'agro dei comuni di Alà dei sardi, di Buddusò, di Bitti, di Orune, di Villagrande, dei comuni dell'interno insomma che non mi pare rientrino nelle mire della speculazione. Ma abbiamo, anzi, avete consapevolezza delle conseguenze di tale metodo di gestione del territorio? Di quale sia il costo per la infrastrutturazione, per la urbanizzazione di quelle aree? Di quali siano le conseguenze della sottrazione all'attività agricola di immense estensioni di territorio vocato alle coltivazioni intensive servite da costosissime infrastrutture irrigue pagate, peraltro, dalla collettività?
Decenni di sviluppo affidato, prevalentemente, all'edificazione selvaggia delle coste, e non solo, dovrebbero avere dimostrato, vista anche la crisi che stiamo vivendo, la debolezza di un modello economico basato quasi esclusivamente sull'edilizia a scopo turistico; nonostante il patrimonio abitativo di seconde e terze case abbia avuto un incremento notevole ci ritroviamo di fatto in una comunità povera, in un territorio impoverito. Ancora una volta siamo qui a discutere l'ovvio, cioè come fare del turismo finalmente una risorsa vera e duratura e non solo un pretesto per la speculazione edilizia.
Non è più un mistero per nessuno, infatti, che il vero handicap per lo sviluppo turistico non è la carenza di posti letto o di strutture ricettive, ma la carenza di una rete capillare di servizi sul territorio a iniziare dai trasporti. Come tutti ben sappiamo la vera ragione per cui i turisti scelgono ormai altre mete, quest'anno registriamo la più bassa percentuale di presenze degli ultimi lustri, è il caro trasporti; e su questa materia, nonostante i roboanti annunci e i grandi proclami sulla costituzione della flotta sarda, questo governo regionale non è riuscito a fare alcunché.
Di fatto si continua a subire i disagi e le vessazioni vissuti con la Tirrenia, con l'aggravante dell'aumento dei costi. Tutto ciò grazie a quell'imbroglio di Stato ordito dal governo, dal governo Berlusconi, vedi l'esultanza dell'ex ministro Matteoli dopo aver concluso il contratto con i privati, che ha venduto, grazie a quell'accordo, ma è meglio dire regalato, all'armatore privato la società e le tratte marittime, alla faccia del tanto conclamato principio della continuità territoriale di cui continuiamo a riempirci la bocca.
In Sardegna mancano tutte quelle strutture e i servizi che consentirebbero di allungare davvero la stagione turistica, strutture e servizi che da un lato la Regione dice di voler promuovere con fiere sul turismo attivo e sostenibile, con campagne promozionali pagate profumatamente che esaltano il patrimonio naturale e l'ambiente, e dall'altro affossa con leggi cucite su misura per la speculazione, un esempio potrebbe essere quello della legge sul golf. Poi ci si dice che però tanto non saranno costruite quelle volumetrie collegate appunto alla realizzazione degli stessi campi da golf. Quindi si fanno le leggi, ma tanto si sa che comunque non avranno nessun effetto, in questo caso lo speriamo.
È cosa nota, e questo dovrebbe essere un dato valido per tutti, che in materia di edilizia turistica la strada da seguire può essere solo quella di una ricostruzione e riqualificazione dell'esistente, se ne possono discutere tempi e modalità di attuazione, ma solo un intervento del genere, se pianificato a livello regionale in modo serio, offrirebbe nel medio, lungo termine una chiave per uno sviluppo davvero sostenibile e duraturo, coniugando recupero dell'esistente e valorizzazione del paesaggio.
In conclusione, con le Linee guida voi non vi proponete di migliorare i difetti e colmare le carenze, che pure ci sono, che pure molti di noi hanno denunciato e ravvisato nel vigente PPR, ma puntate a sopprimere i pregi, gli aspetti più qualificanti impegnati nella pianificazione paesaggistica, che costituiscono esempio e punto di riferimento per diverse regioni italiane e non solo (mi riferisco ad altri paesi europei e dell'intero Mediterraneo), scardinando vincoli e regole per aprire le porte all'edificazione selvaggia e speculativa.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
Quarta verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Artizzu, Cherchi, Contu Felice, Dedoni, Dessì, Diana Giampaolo, Fois, Peru, Salis e Sanna Giacomo sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 38 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: AMADU - ARTIZZU - BIANCAREDDU - CHERCHI - COCCO Daniele - CONTU Felice - COSSA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - FLORIS Rosanna - FOIS - GRECO - LAI - LOCCI - LUNESU - MILIA - MULAS - MURGIONI - OBINU - PERU - PETRINI - PIRAS - PITTALIS - RANDAZZO - RASSU - RODIN - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Matteo - SANNA Paolo - STERI - STOCHINO - TOCCO - VARGIU.)
Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.
E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.
LOTTO (P.D.). Presidente, oggi discutiamo uno dei documenti di pianificazione più importanti che siano stati posti in essere nel periodo della storia dell'autonomia dalla Regione sarda; il documento ,è stato predisposto e approvato tra il 2004 e il 2006, periodo fecondo in cui diversi atti hanno contrassegnato il percorso di tutela e di salvaguardia del paesaggio. In Italia veniva approvato nel 2004 il decreto legislativo numero 42, il cosiddetto Codice Urbani, e in Sardegna a partire dalla legge numero 8 del 2004 sono state poi approvate le Linee guida nel 2005, e nel 2006 il Piano paesaggistico regionale a coronamento di una discussione, di un confronto politico nel Consiglio regionale, con e tra i consigli comunali dell'Isola, con e nella società civile sarda.
Il Piano paesaggistico regionale colmava un vuoto di tutela, derivato dalla caducazione dei Piani territoriali paesaggistici, affrontava per la prima volta e con coraggio il tema della salvaguardia del paesaggio costiero sardo in maniera unitaria. Non più piani territoriali, ma un piano regionale unico, documento ricco di grandi ambizioni, tra cui la principale (anche conseguita), credo sia la convinzione maturata nel popolo sardo che il paesaggio della nostra isola, e in particolare la fascia costiera, è un bene collettivo inalienabile. Un bene paesaggistico appunto, con tutto ciò che deriva da questa definizione. È raro trovare oggi tra i nostri conterranei chi non dia per acquisito questo concetto.
Quella stagione politica ha fatto maturare nel popolo sardo la consapevolezza che il paesaggio rappresenta un patrimonio, oltre che naturale, storico e culturale, anche economico, per l'oggi ma anche per il domani, per noi ma anche per i nostri figli, per le future generazioni. A un patto però, che la sua fruizione non significhi il suo consumo. Certo il Piano paesaggistico in quanto tale era indispensabile, ma non sufficiente per conseguire gli ambiziosi obiettivi che si poneva.
Esso andava calato nelle realtà territoriali, con la predisposizione dei piani urbanistici comunali, e questa era la seconda fase che doveva seguire all'approvazione del PPR; una fase rimasta pressoché inattuata e alla quale non si è prestata la sufficiente attenzione, in particolare in questi ultimi tre anni, non sempre per oggettive difficoltà, spesso per scelta. E per scelta del nuovo quadro politico regionale proteso verso un altro obiettivo dichiarato: lo smantellamento del PPR, la sua modifica nelle parti fondamentali.
Questo nuovo quadro politico, però, oltre a non agevolare, anzi direi a scoraggiare i nuovi PUC, come a dire predisponiamoli quando il PPR non ci sarà più, cosa ha fatto in questi tre anni e mezzo? Innanzitutto ha proposto e approvato tre leggi che vengono anche richiamate nel documento di cui oggi parliamo: la legge numero 4 del 2009, e le leggi numero 19 e 21 del 2011, in aperto contrasto con il Piano paesaggistico regionale, e appunto per questo praticamente contestate fortemente da noi, e non solo da noi, e rimaste pressoché inattuate.
Ma è utile ricordare anche che cosa non ha fatto questo quadro politico in questo periodo. Non ha affrontato il tema importante e urgente della nuova legge urbanistica, uno strumento assolutamente indispensabile per agevolare e semplificare la gestione urbanistica dei nostri territori, per agevolare l'applicazione dello stesso Piano paesaggistico regionale, per il superamento delle norme di salvaguardia, con appunto l'approvazione dei PUC.
Che cosa avete fatto e che cosa non avete fatto in questi anni, e che cosa intendete fare oggi con il documento in discussione, le nuove Linee guida in vista dell'aggiornamento del PPR? Un aggiornamento sulla cui utilità non vi è e non vi può essere ostilità ideologica, bensì da parte nostra una chiara e netta ostilità di merito.
Infatti, se da una parte era utile e persino auspicabile una verifica, una manutenzione qualcuno ha detto, una rivisitazione del Piano paesaggistico per eliminare o modificare alcuni aspetti di minore importanza paesaggistica, rivelatisi in alcuni casi non adeguati e in altri anche vessatori rispetto alle esigenze di intere categorie produttive, per esempio gli agricoltori, rispetto alle esigenze aziendali realmente produttive, dall'altra, che cosa si accinge a fare oggi il centrodestra?
Primo, adeguare al Piano paesaggistico regionale, ricordate, le leggi regionali Piano casa 1 e 2 e la legge sul golf che sono state, si badi bene, lo rimarchiamo in questa occasione, predisposte e approvate a suo tempo in barba ai contenuti del Piano paesaggistico. Secondo, ridefinire l'ambito della fascia costiera, non più bene avente natura di bene paesaggistico bensì "sistema ambientale ad alta intensità di tutela".
Questi sono i due passaggi fondamentali contenuti nelle ottanta pagine in cui si ripropongono le Linee guide, approvate nel 2005, da cui ha preso origine il PPR, e sono il cuore e il significato vero del documento oggi in esame, questa è la principale ragione per cui ritengo e riteniamo inaccettabile questo documento. Infatti, piegare il Piano paesaggistico alle tre leggi ordinarie, dichiaratamente richiamate, il cui intento dichiarato era il rilancio dell'edilizia tramite la rimozione dell'ostacolo, tra virgolette, PPR, è un obiettivo che non può essere impunemente nascosto tra le righe di ottanta pagine, per gran parte rappresentate dalle vecchie Linee guida e da una miriade di luoghi comuni, asserzioni di principio enunciate e subito disattese. Così come non può non essere colta nel suo vero significato la declassazione della fascia costiera, non più ritenuta bene paesaggistico e sottratta pertanto alla salvaguardia integrale.
Tutto questo è una grande contraddizione! E' certamente un peccato però che si sia scelta questa strada, una strada che porta alla contrapposizione, all'impossibilità di dialogo per il raggiungimento di obiettivi tra i quali più di uno sarebbe condivisibile. A partire dalla tutela delle coste che per tutti noi deve essere un patrimonio inalienabile e che tutti noi abbiamo il dovere di difendere, per arrivare all'altra parte del paesaggio sardo che è rappresentata dal paesaggio agrario e agropastorale, con la convinzione che la migliore valorizzazione, tutela e salvaguardia del paesaggio agrario la si potrà ottenere con il rilancio dell'attività agricola, con la costruzione delle condizioni affinché l'uomo continui a lavorare la terra e lo possa fare con dignità e con la consapevolezza che, con la sua presenza nel territorio oltre a fornire alla comunità la principale fonte di sostentamento, rende lo stesso vivo e vitale, contribuendo in maniera attiva alla sua salvaguardia. Non c'è paesaggio più brutto di un territorio agricolo, antropizzato e abbandonato, non c'è cosa più degradata!
Noi dovremmo pertanto porci questo obiettivo di fondo: lavorare affinché si arresti lo spopolamento delle campagne e se, per fare ciò, serve incentivare e agevolare la realizzazione di quelli che con gergo agronomico vengono definiti "comodi del fondo" questi vanno realizzati, e vanno eventualmente rimossi pregiudiziali impedimenti affinché però l'attività agricola riparta davvero!
Altra cosa è incentivare il trasferimento caotico e disordinato delle residenze dalla città all'agro. Questo è stato e sarà in futuro l'inizio della fine. L'inizio di un processo di vero e proprio consumo improprio del territorio, assolutamente dannoso e da evitare, concetto che non mi pare sia nelle corde di questa Giunta e di questa maggioranza che hanno proposto e approvato le leggi regionali di cui dicevo prima; leggi che oggi vogliono trasferire integralmente nel Piano paesaggistico.
Altro possibile obbiettivo condivisibile è rappresentato dalla salvaguardia e valorizzazione dei centri storici. Anche in questo caso non c'è destino peggiore dell'abbandono. Rendere più visibili questi ambienti, e salvaguardarne nel contempo i pregi storici e architettonici, è un obiettivo ambizioso e senz'altro condivisibile. Per conseguirlo, però, serve non la contrapposizione bensì il confronto; cosa che allo stato dei fatti, con queste premesse, purtroppo è oggi impossibile.
Infine serve, come dicevo all'inizio, non lo smantellamento del Piano paesaggistico ma la promulgazione di una nuova legge urbanistica al cui interno normare nuovi concetti di gestione del territorio; parlo della perequazione dei nuovi parametri urbanistici, parlo di un turismo sostenibile che non sia più volto, come era un tempo, verso il turismo balneare ma che sia anche ambientale, storico-culturale, eccetera, con un concetto di fondo da tenere presente: la lotta senza quartiere alla rendita fondiaria che non è fonte di sviluppo economico!
E' tale invece la promozione delle attività imprenditoriali che investono sulla sostenibilità sociale e ambientale e che tengono conto della reversibilità delle destinazioni urbanistiche. Questo è' un concetto che ci impegnerà in futuro, ma non è più pensabile che quello che si acquisisce con un PUC oggi possa valere tra vent'anni come diritto acquisito; è un tema delicato ma che va, per la prima volta, assolutamente affrontato.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mula. Ne ha facoltà.
MULA (Riformatori Sardi). Tra la fine degli anni '90 e i primi del 2000, dopo la disastrosa fine della pianificazione urbanistica regionale basata sui PTP, miseramente annullati dalle sentenze del Tar, sotto i colpi di scure delle associazioni ambientalistiche, nello stato di vacatio legis venutosi a creare, sono stati realizzati in Sardegna i peggiori ecomostri. Forse qualcuno ebbe interesse ad avere una deregulation urbanistica per soddisfare aspettative più o meno legittime di tipo speculativo, soprattutto nelle zone costiere.
Tenendo fede al programma elettorale della Giunta Soru nel 2004, con delibera 33/1 del 10 agosto 2004, che si tradusse qualche mese dopo nella legge regionale numero 8 del 2004, chiamata per semplicità legge "salvacoste" si stabilirono regole ferree ed estremamente restrittive per i territori costieri identificando nella fascia dei due chilometri dalla linea di battigia il limite di inedificabilità; limite che rimase in vigore fino alla approvazione del PPR.
Il PPR rappresenta lo strumento di pianificazione, il quadro di riferimento e di coordinamento per lo sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale e assume i contenuti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo numero 42 del 2004, meglio conosciuto come decreto Urbani, o Codice Urbani, per il quale tutti i comuni della Sardegna dovevano adeguare i propri strumenti urbanistici allo stesso.
Il PPR, redatto ai sensi dell'articolo 135 del decreto legislativo numero 42, è il principale strumento di pianificazione e di tutela di tutto il territorio regionale. Il PPR ha individuato ventisette zone o ambiti territoriali diversi tra loro per conformazione geologica, insediamenti abitativi, turistici, eccetera, e ha dettato le regole per la predisposizione degli strumenti attuativi che dovevano definire gli interventi urbanistici ammessi, dettati dalla cooperazione tra la Regione ed enti locali interessati. Nelle more, in attesa di queste norme, vigevano le norme di salvaguardia.
Lo strumento urbanistico approvato creò moltissimi malumori nei cittadini e, soprattutto, nelle amministrazioni locali; quello che fu il cavallo di battaglia del presidente Soru si dimostrò alla fine essere lo strumento che ne decretò la sonora bocciatura elettorale del 2009; divenne infatti cavallo di battaglia del presidente Cappellacci e della sua coalizione che nello stesso anno stravinse le elezioni proprio con la promessa al popolo sardo che questo infernale strumento sarebbe stato modificato.
Uno degli articoli più contestati dello strumento in questione, oltre ai vincoli, fu l'articolo 15, commi 5 e 6, sul cosiddetto strumento dell'Intesa; con questa disposizione si attribuivano poteri eccessivi al Presidente della Regione che, con assoluta discrezionalità, anche nelle aree di maggior tutela, concedeva autorizzazioni all'edificazione. L'Intesa fu il grimaldello per forzare i vincoli del PPR, in alcuni casi anche con il parere contrario dei comuni. Quindi ci fu il via libera a interventi come quello del Club Med a Caprera. Colpì, in proposito, una dichiarazione dell'allora Presidente del Consiglio regionale, Spissu, il quale disse che sulla base del PPR la Giunta aveva stipulato centoventi Intese con i comuni e altre ottanta erano già pronte: colate di cemento e metri cubi in deroga al Piano paesaggistico regionale.
Ancora prima, chiaramente, dell'approvazione del PPR il presidente Soru dichiarava (era il novembre 2003) che bisognava ripensare il turismo, riempire gli alberghi esistenti e non costruirne di nuovi, dire basta ai ricatti per cui un posto di lavoro era uguale a un albergo, e che era assurdo pensare di lasciare ai nostri figli una casa e un garage e non un ambiente intatto. L'8 marzo del 2004 il presidente Soru dichiarava che se, per assurdo, le nostre coste fossero state disabitate in realtà saremmo stati non più poveri ma più ricchi.
"Stop al cemento", il PPR doveva incarnare questi ideali di tutela e conservazione. Nella sostanza è stato uno strumento non solo utilizzato a discrezione del Presidente ma anche non di facile lettura da parte dei comuni che, dovendo adeguare i propri piani urbanistici, si trovarono nella più totale confusione e solitudine a combattere battaglie senza avere le armi giuste per farlo.
Lo dimostra il fatto che dopo sei anni dall'approvazione del PPR a oggi solo 10 comuni su 376 hanno adeguato i propri strumenti urbanistici. Il PPR è stato in tutti questi anni oggetto di ricorsi da parte dei cittadini e dei comuni, alcuni rigettati e altri accolti, ma in sintesi si può affermare che il PPR di Soru ha retto agli attacchi, e questo ne conferma l'impianto e la validità.
Già nella campagna elettorale regionale del 2009, in seguito alle proteste rappresentate da tutte le categorie, si presero degli impegni sulla necessità di modificare lo strumento urbanistico, non per favorire la deregulation urbanistica, o la speculazione immobiliare da parte di lobby del cemento, ma per renderlo più consono alle esigenze della gente, di più semplice lettura e per permettere a tutti i comuni della Sardegna di poter adeguare i propri strumenti urbanistici.
Le considerazioni odierne nascono dall'esigenza di modificare il PPR per farne uno strumento di facile applicazione e rispondente alle aspettative legittime di chi ancora crede che, solo con la salvaguardia del territorio, ci siano sviluppo e crescita economica e sociale.
Tentativi di modifica del PPR sono stati affrontati con l'approvazione delle leggi regionali, in particolare la legge numero 21 e la legge numero 4, relative al cosiddetto Piano casa, senza però riuscire a incidere per dare le risposte che tutti i sardi attendevano. Ora è doveroso intervenire in maniera seria e oculata, il tempo è scaduto, bisogna modificare il PPR, in particolare io direi gli articoli 15, 20 e 83, e affrontare con determinazione uno studio attento per la predisposizione di una legge urbanistica che superi il dettato dell'attuale legge, la numero 45 del 1989.
La discussione delle Linee guida, che oggi ci apprestiamo a fare, ci deve vedere tutti impegnati nel trovare le soluzioni che meglio rispondono alle esigenze vere di tutta la comunità sarda; comunità che attende una seria programmazione della salvaguardia dell'ambiente, bene supremo, per farne una risorsa di crescita culturale ed economica; nessun'altra logica ci deve guidare nel nostro agire politico.
Le mie osservazioni intendono portare un contributo al documento relativo alle Linee guida per la redazione del PPR ai sensi del comma 7 dell'articolo 2 della legge numero 25 del 2008, modificato dall'articolo 10 della legge regionale numero 21 per gli ambiti interni e ai sensi dell'articolo 11 della legge numero 23 ottobre 2009 numero 4, aggiornamento e revisione del PPR primo ambito omogeneo costiero, per cui divido il mio intervento in due parti.
Prima parte; da una lettura del documento predisposto non si può fare a meno di constatare il buon livello di pianificazione paesaggistica raggiunto oggi con la predisposizione del Piano paesaggistico regionale; Piano inteso come strumento di governance del territorio regionale nel quale il paesaggio diviene fulcro insostituibile di uno sviluppo ecosostenibile attento a contemplare il fattore di sviluppo locale, l'identità, la cultura delle comunità e la tutela della risorsa naturale.
Le analisi, gli aspetti metodologici riportati in questo documento, che possono essere considerati di alto valore conoscitivo e di grande spessore intellettuale, sono frutto della fattiva collaborazione interdisciplinare dei vari soggetti istituzionali deputati alla predisposizione degli strumenti di pianificazione. L'aspetto metodologico utilizzato per la predisposizione delle Linee guida, gli obiettivi posti dalle stesse come strategie per un modello di sviluppo tra le comunità e l'ambiente naturale propongono due orientamenti principali di grandi prospettive: identificare le grandi varianti del paesaggio e ricostruire il paesaggio risanando i luoghi delle piccole e delle grandi trasformazioni con il difficile recupero del degrado.
Tra gli obiettivi e le missioni della pianificazione sicuramente interessante è la costruzione di un percorso di condivisione con le comunità locali; infatti la vera difficoltà della pianificazione territoriale paesaggistica è quella di calare lo strumento nel territorio e far sì che lo stesso venga accettato dalle popolazioni, qualsiasi pianificazione viene percepita dalla gente con l'intolleranza di chi vede il vincolo paesaggistico come un sopruso calato dall'alto, come un divieto a fare, un aprioristico "no" imposto da persone estranee alla nostra terra che non conoscono la realtà del nostro territorio.
In tutto questo vi è un fondo di verità, il paesaggio è vissuto in prevalenza da gente comune che dimostra scarsa condivisione delle norme paesaggistiche ma che in realtà trasforma in modo importante, con il proprio lavoro e con le proprie abitudini, quotidianamente, il territorio e l'ambiente naturale.
Nelle Linee guida deve essere sviluppato in modo importante, e soprattutto efficace, il concetto di condivisione dello strumento di pianificazione con la gente comune che tutti i giorni trasforma l'ambiente e il paesaggio, soprattutto con le persone che per prime traggono vantaggio dall'utilizzo di tali risorse naturali quali contadini, pastori, operatori edili e soprattutto operatori turistici.
Seconda parte; da una lettura approfondita delle Linee guida e alla luce delle dichiarazioni del Presidente, rilasciate la settimana scorsa durante la loro illustrazione, non poche perplessità colpiscono la mia visione di programmazione e tutela del territorio regionale. Il cambio delle regole è cosa giusta, ma fin dove si voglia spingere è abbastanza discutibile. Colpisce la mia attenzione e la mia riflessione ciò che viene scritto da pagina 70 a pagina 75, il corpus del documento. Non è chiaro che cosa si intenda quando si scrive che bisogna "valutare la possibilità che la fascia costiera sia qualificata come sistema ambientale ad alta intensità di tutela, non avente natura di bene paesaggistico". Stessa frase viene ripetuta per le aree caratterizzate da insediamenti storici-centri di prima e antica formazione (è previsto lo strumento del Piano particolareggiato), e in relazione alla tutela, salvaguardia e sviluppo del paesaggio rurale.
La domanda che ci si pone è se nelle coste cade il vincolo di inedificabilità. Sono perfettamente d'accordo sulla nuova perimetrazione della fascia costiera, è impensabile mantenere il vincolo di inedificabilità nei due chilometri dalla linea di battigia, ma diventa discutibile il considerare l'ambito costiero come "bene non avente natura paesaggistica", e che quindi la norma di tutela sia considerata una disposizione di facciata che porta al superamento, di fatto, delle autorizzazioni paesaggistiche che ne tutelano il territorio ai sensi della "42" e della "431".
La mia personale preoccupazione credo sia comprensibile, e parlo non solo da consigliere regionale, ma anche da amministratore locale di un comune costiero che in passato ha subito attacchi di speculazione edilizia tali da far temere seriamente a un nefasto ritorno. Da più parti dell'opposizione si evoca il mantenimento in vita dello strumento urbanistico già respinto dal giudizio elettorale del 2009, e per una parte politica che si propone come forza di governo per la prossima legislatura questo significa perseverare in una visione di programmazione del territorio seguendo degli schemi che non rispondono, nella realtà attuale, a nessuna visione strategica di programmazione.
La Sardegna non è tornata a sorridere, ma non vogliamo che torni a piangere. Non facciamo l'errore che ha fatto e continua a fare la Spagna, che sarà ai primi posti in Europa per il modello di turismo, ma la facilità nell'ottenere le autorizzazioni negli ambiti costieri ha permesso di avere, sì, una minore burocrazia autorizzativa, però ha consentito di creare delle strutture veramente di scarso valore, che da qui a qualche anno dovranno essere riqualificate e, nel contempo, si è consumata la parte del territorio più pregiata. Forse dovremmo trovare una via di mezzo, la consapevolezza del paesaggio, come risorsa, può essere l'unico denominatore capace di rendere il Piano paesaggistico regionale generatore di una politica di sviluppo sostenibile.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Signor Presidente, signori Assessori, onorevoli consiglieri, oggi, come ieri, si discute su un tema cardine, un tema cardine che a mio avviso apriva una prospettiva importantissima dopo che la nostra Regione, lasciata quella atmosfera e quell'ambiente agro-pastorale mantenutosi inalterato nel tempo sino a metà dell'800, vedeva modificarsi il suo aspetto con l'introduzione e lo sviluppo dell'industria, in modo particolare l'industria mineraria che interessa quasi un terzo dell'isola.
L'evoluzione della Sardegna avviene esclusivamente per cause esterne, mai per una programmazione interna, anche se spesso si è parlato di Piano di rinascita. Ma questi importantissimi strumenti di pianificazione vengono gestiti esclusivamente dall'esterno della Sardegna, la Sardegna non ha mai preso in mano le redini del suo sviluppo e del suo destino. Così ha potuto svilupparsi la petrolchimica, che ha interessato importanti aree del territorio (parlo delle aree di Porto Torres al nord, di Ottana al centro, di Macchiareddu e Villacidro al sud), una grande ricchezza economica che ha consentito un elevato tasso di occupazione, anche a discapito della realtà agricola regionale.
Un'esperienza che è durata un ventennio, nulla di più, che ci ha lasciato industrie ormai dismesse, inquinamenti di fatto ancorain situ, e numerosi operai in mobilità e in cassa integrazione che tuttora lottano per avere quel sussidio minimo vitale che la legge gli consente. Un'evoluzione avulsa dalla nostra storia, mentre il Piano paesaggistico credo avesse una valenza molto più alta, un'impostazione che consentiva, o che dovrebbe consentire, alla Sardegna un nuovo modello di sviluppo partendo dalle sue ricchezze naturali.
Purtroppo in molte amministrazioni, compresa la nostra, l'alternanza spesso è un fattore deleterio, perché non c'è visione prospettica, e spesso non si accetta, non si accoglie, non si riprende una visione strategica. Anche se questo odierno sembrerebbe un tentativo di ripresa, è un tentativo tardivo perché, di fatto, con i vari Piani casa e con la legge sul golf, si è stravolta questa visione prospettica di una Sardegna diversa.
Infatti il concetto di base del Piano paesaggistico, anche per questa maggioranza, è quello del mattone, esclusivamente del mattone, tant'è che le varianti avevano come oggetto questo bene; un bene che ha portato, sì, risorse economiche in Sardegna, ma ha portato anche scempi. Io credo che in Sardegna abbiamo ormai una cubatura eccessiva, una cubatura che si degrada nel tempo perché non siamo in grado di gestirla, perché oggi in buona parte è sulle spalle dei sardi, perché all'inizio, dopo la venuta dell'Aga Khan negli anni '60, quando in Sardegna cominciò lo sviluppo costiero e, soprattutto, cominciò a prospettarsi uno sviluppo turistico diffuso, furono capitali esterni a investire nei nostri territori, edificando abitazioni che venivano acquistate da imprenditori extraterritoriali.
Seguì quindi lo sviluppo abnorme del turismo e anche il crollo del turismo, perché la Sardegna non è sola nel mondo, vi sono altre località altrettanto splendide che possono fare concorrenza alla nostra isola, per cui titolari di strutture abitative si sono spostati verso altri lidi, lasciando lo spazio ai sardi; i sardi che oggi, con l'attuale situazione economica, non sono in grado di gestire questo vasto patrimonio. E' sufficiente andare nelle località marine per trovarsi di fronte centinaia e centinaia di abitazioni chiuse, anche durante l'estate.
Queste case non si riesce più ad affittarle, non si riesce quindi a usarle, è un patrimonio che si deteriora, perché il patrimonio abitativo rivierasco è soggetto a un degrado molto più rapido di quello dei centri storici. Quindi, parliamo di un investimento che ha portato, per carità, ricchezza e occupazione, ma che oggi non ha più senso continuare a incentivare o continuare a caldeggiare. Bisogna davvero tornare allo spirito del PPR, quello spirito che voleva una Sardegna capace di tutelare la propria storia, il proprio territorio e fondare su questa storia e su questo territorio uno sviluppo possibile e gestito interamente dai sardi. Il controllo di gestione, di un sistema paesaggistico deve essere totalmente in mano, si dice, alle popolazioni che governano quel processo.
Allora, io credo che la Sardegna possa riprendere questo cammino, visto e considerato che anche questa maggioranza lo ripropone, ponendo come base i principi cardine contenuti nel Piano paesaggistico. Il Titolo I che riguarda la tutela del patrimonio storico-ambientale della Sardegna è condivisibile, accettato. Partendo da quei principi fondanti, io credo che si possa evitare di ridurre questo importante strumento a mero Piano di aggiustamento edilizio.
Si è parlato in quest'Aula di avviare la discussione della legge urbanistica che consenta la gestione e la regolamentazione dei processi urbanistici in Sardegna, ma il resto va riportato allo spirito del PPR, ripeto, lo spirito che vede nel territorio, nel paesaggio prima di tutto, uno degli elementi fondanti dello sviluppo. Se parliamo di territorio, se parliamo di ambiente, parliamo di ambiente naturale, qualcuno lo ha accennato prima, o di monumento, e quel monumento va salvaguardato perché ha una sua caratteristica, ha una sua specialità.
Se avessero continuato nel periodo dei Pisani a distruggere le nostre foreste, forse oggi non conosceremmo le nostre sugherete, forse non conosceremmo i nostri bellissimi alberi di leccio che, maestosi e sempre forti alle intemperie e al clima della Sardegna, tanto splendore diffondono in varie parti dell'Isola. Allora, se è davvero un monumento va tutelato e protetto, perché rappresenta la peculiarità dell'habitat regionale.
Qualcuno ha detto che non tutto può essere bloccato, non tutto può essere delimitato, anche perché nel territorio della Sardegna vivono i sardi che, come ho detto prima, fino a metà dell'ottocento vivevano esclusivamente dei prodotti dell'agricoltura, e questo deve essere a mio avviso il nodo della questione. Il patrimonio della Sardegna sono solo le terre, l'alimentazione non cesserà mai di essere elemento di riferimento dell'uomo, quindi della collettività sarda in primis, ma anche della collettività nazionale e internazionale.
Allora, se questo è vero, perché il PPR non favorisce quella che potrebbe diventare l'industria primaria in Sardegna: l'agricoltura, con i suoi sviluppi? Bisogna allora puntare sul modello agricolo di alta tecnologia e magari, perché no, vanificare, bloccare l'espansione abnorme dei parchi eolici e dei parchi fotovoltaici che sfruttano le risorse naturali della Sardegna per non creare che pochi posti di lavoro e portare il reddito che ne deriva fuori dalla Sardegna. Se penso alle risorse investite nell'industria, penso anche a quanti denari abbiamo buttato nella grande industria per avere oggi ruderi o industrie che guardano altrove e che qui chiuderanno: è un processo irreversibile.
E se noi non abbiamo la forza di anteporre a quella chiusura, che avverrà a breve, un nuovo modello di sviluppo, dovremo riprendere la valigia ed emigrare, perché questo è il destino del sardo se in Sardegna non ci sarà sviluppo economico. Pertanto, quando dico che l'industria primaria deve essere la terra, rivolgo un invito a riflettere sulle nostre imprese agricole e zootecniche affinché si creino le condizioni ottimali per avere aziende modello, che siano autosufficienti dal punto di vista energetico.
Invece di consentire l'installazione di grandi parchi eolici, che stanno invadendo il nostro territorio, perché non consentire la pala eolica aziendale che dà all'azienda l'autosufficienza in materia di energia? Perché questi sono i costi che incidono in un'azienda agricola; oltretutto eviteremmo anche tutte quelle palificazioni e quelle enormi quantità di cavi elettrici che attraversano il nostro paesaggio regionale. Quindi, un PPR che guardi a questa attività, che sostenga questa possibile redditività, attorno alla quale nascono le attività collaterali, quali le attività di trasformazione.
L'industria possibile in Sardegna, pertanto, può e dovrà essere solo l'industria di trasformazione delle nostre produzioni; non tutto infatti viene consumato in Sardegna, parte può essere esportato, se è vero come è vero che si guarda alla Sardegna come terra importante sotto l'aspetto delle attività produttive. Anche il Principe saudita, nel corso della sua visita in Sardegna il mese scorso, ha chiesto ai produttori sardi di aprire spazi di commercializzazione nelle aree del Nord Africa; perché? Perché molte delle nostre produzioni sono similari alle loro, c'è una cultura che ci accomuna, e quindi guardano alle nostre produzioni come fanno per le loro.
Perché non cogliere questi aspetti? Perché non consentire che questo strumento, che non deve essere uno strumento meramente edilizio, ripeto, così come purtroppo fino a questo momento si è paventato, apra scenari a una nuova Sardegna? E quindi va bene inserire normative che consentano l'accorpamento per dare vita ad aziende modello; un'azienda si regge, può svilupparsi, può dare occupazione grazie anche alla sua unitarietà, deve avere cioè un minimo, in termini di dimensione, per poter essere produttiva e poter consentire una vera occupazione.
Se oggi investissimo di più nelle nostre scuole e anche nelle nostre università sull'idea che la Sardegna possa fondare il suo sviluppo sull'agricoltura, anche i giovani andrebbero in questa direzione. Esattamente come successe con l'avvento dell'industria petrolchimica, allora l'università sfornò centinaia di ingegneri chimici, perché c'era questa visione di un nuovo sviluppo; uno sviluppo che, come ho detto, ha avuto un percorso molto breve.
Il mondo agricolo invece non può avere un corso breve, perché ha una sua vita naturale che accompagnerà sempre l'uomo. E questo è un bene, se è vero soprattutto che il prezzo del grano è in aumento. Ricordo che eravamo uno dei maggiori granai, prima di Cartagine e poi di Roma; non sto dicendo che dobbiamo essere di nuovo il granaio di qualcuno, bensì che potremmo essere il granaio di noi stessi producendo anche determinate qualità di grano. E su questo è importante la ricerca; avevamo tipi di sementi originali su cui altri hanno apposto il marchio, e noi dobbiamo acquistare le nostre sementi originali da un mercato che specula sulla nostra originalità. Pertanto dobbiamo riappropriarci di queste nostre originalità per avere uno sviluppo endogeno di prospettiva.
Per quanto riguarda il tessuto urbano, blocchiamo gli investimenti sulla costa intervenendo sul recupero delle parti migliori, perché davvero ci sia un turismo di qualità. Ci interessa forse il turismo di massa? Siamo in grado di proporre un turismo di massa? Non abbiamo l'habitat di Rimini costituito da spiagge infinite dove si possono insediare stabilimenti balneari di quel tipo, così come non abbiamo produzioni alimentari in quantità tali da poter soddisfare quella massa di turisti; noi dobbiamo puntare sul turismo culturale, e qui si apre un altro filone del nostro grande patrimonio.
Ieri abbiamo celebrato il professor Lilliu. Il professor Lilliu (ne ho parlato altre volte, e non mi stancherò di ripeterlo) ha rappresentato la Sardegna, la cultura della Sardegna, ai massimi livelli. Noi non siamo in grado di puntare sul filone del bene culturale? E mi fermo al mondo nuragico, alla espressione più originale della nostra evoluzione culturale, un periodo storico splendido, che ha visto questo nostro popolo rappresentare l'intero Mediterraneo, se è vero come è vero che gli Etruschi sono parte integrante del mondo nuragico, se è vero come è vero che gli Shardana, quindi il popolo dei mari, fosse quello nuragico, quindi quello sardo.
Ma non possiamo pensare di aprire un filone di turismo culturale con le università sarde, con le università internazionali? Faccio un esempio banale per capirci. Noi dobbiamo riappropriarci di questo patrimonio, allora basterebbe contattare l'università per avere, ogni quindici giorni, ogni mese, venti studenti, e aprire dieci, cento cantieri archeologici in Sardegna; avremmo studenti paganti per venire a scavare in Sardegna (quindi avremmo un'economia di ingresso) e ci aiuterebbero a scoprire meglio la nostra storia, perché su sette mila nuraghi neanche uno è stato scavato scientificamente. Anche il nuraghe di Barumini è stato scavato con le ruspe, perché gli scavi scientifici non sono stati fatti.
Ripropongo la risorsa culturale, la risorsa scientifica rappresentata dai nostri studenti che studiano il passato e quindi hanno possibilità di approfondire e di lavorare nella loro terra e di esserne le guide principali; perché anche nel settore del turismo culturale spesso ci proponiamo aggiustandoci, inventandoci la guida di turno. Io ricordo, le prime volte che visitai il nuraghe di Barumini, il vecchietto che faceva da custode si improvvisava anche guida turistica. Quei tempi ritengo siano finiti.
Abbiamo dei giovani bravissimi, laureati in lettere antiche che possono tranquillamente approfondire il loro curriculum sul campo, con gli scavi, con gli studenti italiani, con gli studenti europei ed extra europei che verrebbero in Sardegna per campagne di scavo organizzate. Ecco un nuovo filone turistico che ci consentirebbe di riappropriarci anche della nostra storia; una storia che, ripeto, non è seconda a nessuno. Altre volte ho parlato del mondo miceneo, questo popolo scomparso, e non si sa dove sia andato, però ci sono tracce della sua presenza in aree archeologiche della Sardegna.
Ma abbiamo l'architettura. Nel mondo miceneo il monumento architettonico più importante è la tomba di Agamennone, che è una sorta di pozzo sacro; in Sardegna non solo abbiamo i pozzi sacri, ma abbiamo le tombe dei giganti e i nuraghi.
Pertanto, io credo che davvero il Piano paesaggistico avesse un altro spirito che non quello meramente edilizio. Torniamo a questo spirito, torniamo a valutare questi aspetti perché poi, a cascata, non solo nascerà una nuova agricoltura, non solo nasceranno i nuovi centri urbani, non solo nasceranno nuovi apporti alle persone, e qui potremmo allargarci per parlare degli spazi attorno agli abitati che spesso sono abbandonati e non possono essere accorpati, ma possono essere assegnati perché nascano i piccoli appezzamenti dediti al giardinaggio, che fanno parte della storia dei nostri comuni…
PRESIDENTE. Onorevole Agus, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Cugusi. Ne ha facoltà.
CUGUSI (Gruppo Misto). Linee guida del Piano paesaggistico regionale. Uno strumento così importante, così innovativo, ha certamente necessità di momenti consuntivi e di calibrazione, questa è una norma generale alla base di tutte le grandi leggi innovative. L'onorevole Campus ricordava nel suo intervento che l'Assessore ha un importante ruolo di garante. Vorrei aggiungere di garante anche del fatto che lo strumento superi innanzitutto ogni criticità applicativa, e questo fuori da ogni contesto e sensibilità politica perché lo ritengo un prerequisito che misura sempre la bontà di una norma.
Vorrei essere ancora più chiaro. Senza entrare nel merito delle linee guida del PPR c'è un'esigenza ancora più nobile: la corretta e certa applicazione della legge, un'esigenza talmente sentita da questa istituzione che ha voluto addirittura istituire una Commissione d'inchiesta che vigili sull'applicazione delle leggi. Il PPR in questi sei, sette anni di vigenza ha innescato molti procedimenti burocratici di profonda criticità. Pensiamo per esempio agli adeguamenti al PUC; penso che siamo intorno al 3, 4, 5 per cento del lavoro ancora da fare. Queste Linee guida non risolvono assolutamente questa problematica che rimane invariata, che rimane il nervo scoperto di tutte le pubbliche amministrazioni.
Ricordo che la legge numero 23, l'anno è il 1985, ha un capitolo dal titolo: "snellimento delle procedure amministrative", trent'anni fa un capitolo di una legge parlava di snellimento delle procedure amministrative. In questo senso mi trovo d'accordo con l'onorevole Capelli quando dice che il Consiglio regionale è lo spauracchio delle amministrazioni locali,. I testi di elettrotecnica, per molte apparecchiature, dicono che debbono essere "a prova di scemo", che significa che l'utilizzo di un'apparecchiatura non deve richiedere livelli intellettivi elevati per il suo corretto utilizzo. Spostando questo ragionamento nel settore urbanistico posso dire che la legislazione urbanistica non è a prova di burocrazia tecnico- amministrativa degli enti locali sardi.
Alla burocrazia, forse perché non è richiesto l'utilizzo di capacità interpretativa, non è richiesta sensibilità, non è richiesto buon senso, e non sto entrando nel merito delle Linee guida. Vorrei portare un banalissimo esempio per far capire proprio questo livello di incomunicabilità. Quest'Aula pochi mesi fa ha licenziato una norma che recita testualmente: "Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di metri 2,40 per gli spazi a uso abitativo".
In primo luogo sappiate che il calcolo della media ponderale non è banale, va fatto con cautela. Questa norma è interpretata da alcune importanti amministrazioni nel senso di non concedere né un centimetro in meno - e questo va benissimo - ma neanche un centimetro in più rispetto ai 2,40. Ho fatto l'esempio di una norma che non è scritta a "prova di scemo", o meglio a prova di burocrazia. La carenza applicativa di questo strumento rimane al di là dei profili di mitigazione sui vincoli, rimane la grave incomunicabilità tra ruolo legislativo e ruolo esecutivo gestionale del comparto normativo.
In questo dibattito, entriamo leggermente nel merito, è rientrato l'eterno tabù sulla superficie minima per gli interventi in zona agricola ed è un eterno dibattito che per esempio nelle zone B rimane sulla tipologia intensiva e tipologia estensiva dell'edificato. Io conosco esempi di interventi indecorosi in lotti urbanistici oltre i quattro ettari ed esempi decorosi in lotti urbanistici anche di un solo ettaro. E' grave pensare che il metro della superficie sia quello necessario e inderogabile, altri sono gli strumenti; certo, lo ricordava l'onorevole Capelli, anche quelli di stimolo e diceva che incoraggiare gli accorpamenti può essere un elemento importante. Ma io dico soprattutto l'obbligo della zonizzazione delle zone E, dove gli indici volumetrici devono andare di pari passo con la qualità del paesaggio. Su questo tema è stato chiaro l'onorevole Corda: in alcuni ambiti l'attenzione sulla speculazione turistica e la sua prevenzione devono essere totali.
Negli ambiti dove va incoraggiato lo stimolo verso la conduzione e il controllo della campagna, e mi riferisco evidentemente e sostanzialmente alle zone interne, lo strumento che considero ancora attuale sono le direttive del 1994, laddove però siano applicati, in modo chiaro e inequivocabile, i cinque livelli di sub zonizzazione. Purtroppo tantissimi comuni non hanno recepito, nella sua ampiezza, il concetto di sub zonizzazione; molti altri lo hanno recepito e applicato però con superficialità, senza un approfondito studio geologico, agronomico e ambientale.
Vorrei concludere con l'auspicio che la Commissione urbanistica abbia in qualche modo la possibilità, essendo rappresentativa dell'intero Consiglio regionale, di apportare, mi auguro quasi in itinere, dei miglioramenti su alcune parti che ancora considero fortemente deficitarie delle Linee guida del PPR.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Rodin. Ne ha facoltà.
RODIN (P.d.L.). Signor Presidente, onorevole Assessore, onorevoli colleghi, quei colleghi che hanno avuto la fortuna di sedere tra questi banchi quando, nella scorsa legislatura, fu approvato il PPR credo abbiano ancora presente la percezione di essere stati protagonisti di una pregevole azione politica perché quelle norme costituiscono uno strumento molto importante per la Sardegna.
L'approvazione del Piano è stato un atto di assoluta novità nella legislazione regionale, un "momento spartiacque" tanto da segnare il prima e il dopo in materia di paesaggio. Le Linee guida, approvate dal Consiglio regionale il 25 maggio 2005, costituiscono la base di tutto il lavoro di revisione del nuovo Piano paesaggistico regionale. Linee guida che vengono giustamente riproposte per intero senza che sia modificata una sola virgola, e questo credo ne sia il miglior apprezzamento.
Dico giustamente perché quelle Linee guida hanno fatto uscire il PPR dai limiti di una concezione estetizzante, così è stata definita, per affermare alcuni principi basilari che la legge Galasso e la Corte costituzionale avevano colto già negli anni '80. E' stato affermato il principio secondo cui il paesaggio, valore primario e assoluto, è un dato costitutivo dell'identità culturale delle singole comunità insediate ovvero, secondo la formulazione dell'articolo 2 del codice Urbani, i beni paesaggistici costituiscono parte integrante del patrimonio culturale.
Queste Linee guida fissano principi che costituiscono un atto di fondamentale importanza, perché tracciano una cornice di obiettivi di programmazione del lavoro di definizione del quadro paesaggistico, e anche urbanistico, foriero di tutela della parte più preziosa del paesaggio, indubbiamente, ma anche di maggiore valorizzazione del territorio della Sardegna, di sviluppo economico e crescita occupazionale, in ultima analisi di benessere. Io credo che tale apprezzamento possa essere condiviso da parte di tutte le forze politiche presenti in Consiglio, a prescindere dallo schieramento di appartenenza.
Allora, è lecito domandarsi se non ci sia una contraddizione tra la condivisione delle Linee guida, approvate nel 2005, e la dichiarata necessità di revisione del PPR. La risposta è univoca: non c'è alcun contrasto. I principi delle Linee guida del 2005 non sono messi in discussione, data l'universalità dei valori che essi esprimono, la revisione trova fondamento nelle stesse Linee guida, riproposte integralmente, come dicevo, ma c'è la necessità di aggiornare le regole che in verità hanno trovato scarsa applicazione. Noi tutti riteniamo, credo, che il PPR sia nato bene benché calato dall'alto, ma siamo consapevoli che a distanza di sei anni circa il Piano abbia necessità di una rivisitazione per dare risposte alle sollecitazioni degli amministratori e di tanti cittadini, e crediamo anche che la situazione che si è creata non possa non preoccupare la classe politica.
A questo proposito non si può dimenticare che l'aggiornamento e la revisione del PPR costituiscono adempimento di disposizioni di legge, ovvero della legge regionale numero 13 del 2008 e della legge numero 4 del 2009, né si può ignorare il fatto che alcune sentenze del giudice amministrativo hanno cassato parte rilevante del PPR. Perciò la revisione del PPR è ormai un atto necessario nel quale, a mio avviso, deve essere coinvolta anche la minoranza, ma per fare questo occorre sgombrare il campo da certi pregiudizi.
Io credo, quindi, che si debba raccogliere l'invito del Presidente a evitare di dividerci (riprendo le sue parole) tra coloro che credono di essere gli unici difensori dei territori della nostra Isola contro gli altri che altro non vedono se non la cementificazione e la distruzione di quel bene comune. Nessuno deve illudersi: non si allentano i vincoli previsti per la fascia costiera, ma la revisione deve procedere senza incertezze o tentennamenti. Non ci sarà alcun ammorbidimento sui vincoli perché quelle norme costituiscono i principi basilari del nostro ordinamento giuridico su cui non si può tornare indietro.
Sgombrato il campo da tale pregiudizio, io credo che se non è possibile avviare una fase concertativa si deve almeno evitare la contrapposizione tra maggioranza e opposizione; per fare questo bisogna però creare le condizioni e alla fine trovare la quadratura. A questo proposito non si può ignorare che la revisione del Piano è stata avviata dalla Giunta nel 2009, con un processo di concertazione durato oltre due anni nel corso del quale c'è stato il confronto con tutti i soggetti presenti nel territorio. Sono stati ascoltati i rappresentanti delle amministrazioni locali, dell'associazionismo e non si è trascurato di ascoltare neppure il singolo cittadino, il singolo cittadino che l'ha richiesto.
Il ciclo delle conferenze territoriali ha fornito importanti elementi di riflessione. Sono stati raccolti suggerimenti per valorizzare i punti di forza emersi e per superare le criticità incontrate. Intervenendo nella discussione generale sulla proposta di modifica del Piano paesaggistico regionale, perciò, credo sia doveroso fare una riflessione sulle motivazioni e le situazioni che hanno portato alla necessità di una revisione del Piano medesimo.
Non si può ignorare, fatto storicamente nuovo, e primato del quale avremmo fatto volentieri a meno, che la crisi economica e occupazionale è arrivata in Sardegna con circa due anni di anticipo rispetto all'Italia e al resto dell'Europa. Al primato ha sicuramente contribuito in maniera decisiva la grande crisi dell'edilizia, settore trainante dell'economia e dell'occupazione, visto anche lo stato di disagio del resto dell'industria che perdura in Sardegna da decenni. La causa di tale crisi è da ricercare nella mancata attuazione delle Linee guida che avrebbero potuto dare una concreta spinta a tutta l'economia, in particolare a quella turistica.
Le buone intenzioni, i programmi di sviluppo pianificato e ordinato, l'economia del turismo, e cioè il PPR della fascia costiera, sono rimasti solo a livello appunto di buone intenzioni. Il Piano stralcio, che fu approvato dal Consiglio regionale in modo abbastanza tormentato (le prime perplessità cominciavano ad affiorare anche all'interno dell'allora maggioranza e dello stesso partito dell'allora Presidente), lungi dall'avviare quel processo virtuoso, così come ben annunciato con delle Linee guida condivise ancora oggi, fece invece calare una cappa di piombo non solo sulla fascia costiera ma sull'intero territorio sardo.
E' infatti innegabile che i vincoli rigidissimi introdotti col PPR sulla fascia costiera, uniti al progressivo cristallizzarsi di tutti i piani urbanistici comunali interessati, per il mancato adeguamento degli stessi piani urbanistici comunali al PPR, hanno progressivamente portato a una completa paralisi dell'edilizia privata. Ciò si è andato a sommare al progressivo e sempre più sensibile calo delle opere pubbliche, determinato per la gran parte dal contrarsi della spesa pubblica ma anche, in misura sensibile, dalla difficoltà in molti casi di ottenere le necessarie autorizzazioni preventive, sempre a causa dei suddetti vincoli, fino a portare oggi a uno stato del settore delle costruzioni che si può definire comatoso. Basta chiedere ai rappresentanti del settore, sia delle imprese che dei lavoratori, per avere contezza del difficile momento che l'edilizia sta attraversando.
Se solo un numero irrisorio di comuni è riuscito ad adeguare il proprio piano urbanistico comunale alle disposizioni del PPR qualche motivo ci dovrà pur essere, sarebbe stato offensivo verso gli stessi amministratori dei comuni addebitare loro la colpa. Essi hanno cercato una via d'uscita da questa vera e propria gabbia di ferro che impediva la programmazione e lo sviluppo delle comunità da loro amministrate, ma non sono riusciti nel loro intento. Le lamentele giungono da tutti i campanili, da tutti gli amministratori, a qualunque parte politica appartengano, perché essi hanno a cuore il bene dei loro amministrati, ma si scontrano ogni giorno con una barriera invalicabile di divieti, di vincoli, di impedimenti burocratici e di altra natura; pertanto oggi invocano con forza un intervento della Regione perché qualcosa si muova davvero e ci sia ancora una possibilità di operare.
Per queste ragioni la relativa parte del Piano viene interamente riproposta con l'intenzione di darle piena attuazione, soprattutto laddove si afferma, testualmente,che più che la norma vincolistica dovranno emergere le prescrizioni e gli indirizzi aggiornati. Le prescrizioni e gli indirizzi devono generare azioni positive e avviare lo sviluppo sostenibile, cioè quello sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni attuali senza pregiudizio per quelle future.
Condivido l'esempio della Costa Smeralda fatto ieri nel suo intervento dal collega, onorevole Lai, ovvero lo sviluppo di un insediamento turistico in armonia con la natura e con l'ambiente e nel rispetto dell'equilibrio architettonico e paesaggistico. Senza voler approfondire questo aspetto, perché diffusamente e brillantemente trattato da altri colleghi, non si può ignorare che purtroppo l'unica via per operare, che il PPR della fascia costiera ha lasciato aperta nel sistema dei vincoli e dei divieti messo in piedi, è quello delle cosiddette Intese; un sistema calato dall'alto per cui nulla è permesso tranne quello che, senza regole e senza limiti, chi ha il potere vuole permettere.
Il nuovo PPR abbandona questo discusso meccanismo dell'Intesa e introduce al suo posto l'atto di coordinamento tra Regione e Comuni, che trova il suo fondamento nell'articolo 145 del Codice Urbani. Tale atto avrà una funzione incitativa di adeguamento della pianificazione locale al PPR, e sarà lo strumento dotato di quelle regole che disciplinano la procedura con direttive e indirizzi precisi. Le criticità del sistema di vincoli erano state evidenziate nel 2006 dal Ministero per i beni culturali ma, come è noto, tali punti critici sono stati ignorati; il PPR 2012 ha il pregio di identificare i vincoli e le aree su cui insistono, così innalzando il livello di conoscenza e quindi di tutela e di certezza dei diritti.
Alla identificazione precisa dei vincoli e delle rispettive aree si accompagna l'esplicitazione di indirizzi chiari e regole certe, con un quadro normativo che individua le competenze e i ruoli dei vari soggetti pubblici dando così certezza ai rapporti giuridici, e tutto ciò porterà anche al raffreddamento del crescente numero dei contenziosi. Con queste nuove regole si abbandona il principio negativo che enuncia che cosa non si può fare, per favorire un approccio positivo di che cosa si può. Si assegna alla Regione il ruolo di coordinamento della fase di pianificazione, lasciando ai comuni la gestione e la definizione degli strumenti urbanistici con un metodo attivo, riaffermando il principio della valorizzazione del paesaggio e delle regole condivise, in linea con le priorità stabilite della Commissione europea nella strategia "Europa 2020".
Prima di concludere voglio sottolineare che ogni considerazione sulla volontà cementificatrice, sulla vanificazione dei vincoli delle aree costiere, sulla cosiddetta deregulation appare fuori luogo, perché da una rilettura del documento all'esame del Consiglio non si rileva un solo elemento che faccia pensare alle infondate accuse esplicitate da qualche parte. Chi mette in piedi queste campagne diffamatorie si prenda la briga di rileggere il documento e di farselo spiegare, e si accorgerà che si tratta solo di supposizioni. Io trovo simili insinuazioni oltraggiose, non solo nei confronti dell'Assessore, ma dell'intero Consiglio regionale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, Assessore, mi consenta di iniziare il mio breve intervento dicendo che discutere oggi delle nuove Linee guida per la presentazione del nuovo PPR appare se non altro inopportuno; inopportuno perché in questi tre anni e mezzo non solo non avete fatto quanto sbandierato e urlato in campagna elettorale, il vostro slogan era "cancellare il Piano paesaggistico regionale", ma avete fatto di tutto per bloccare l'applicazione del PPR esistente.
E' inopportuno perché, Assessore, lo sa meglio di noi, in questi diciotto mesi che mancano alla scadenza naturale della legislatura, se scadenza naturale sarà, sarà impossibile riuscire a concludere l'iter di discussione e approvazione delle Linee guida e della legge urbanistica. Basta rileggere le cronache politiche di questi ultimi tre anni; il messaggio inviato agli enti locali, in modo particolare, era molto chiaro: non spendete risorse né energie per approvare i piani urbanistici comunali perché siamo in fase di approvazione del nuovo Piano paesaggistico regionale e, quindi, il vostro lavoro rischia di essere inutile.
Il risultato, purtroppo, è stato che in questi tre anni l'Assessorato degli enti locali e urbanistica ha approvato solo dieci piani urbanistici comunali, e questo dato così negativo lo state usando con forza per demolire le norme esistenti del PPR. La vostra oggi è un'esigenza politica, non dico che avete vinto le elezioni, ma avete strumentalizzato parecchio il messaggio dell'applicazione del PPR, e oggi lo volete rilanciare convinti che i cittadini sardi possano ancora cadere nel tranello nel quale sono caduti tre anni e mezzo fa; però in questi tre anni e mezzo hanno avuto la possibilità di valutare il vostro operato politico e amministrativo, che tralascio di sottolineare . perché lo hanno già fatto molto bene i miei colleghi.
Ritengo non sia un'offesa per alcuno parlare di fallimento politico di questa maggioranza. Il Piano paesaggistico regionale è stato lo strumento capace di dare regole certe in un settore fondamentale per lo sviluppo economico, ambientale e paesaggistico della Sardegna; ha significato avere un'idea precisa sullo sviluppo possibile che quella maggioranza, quella coalizione, voleva dare. Tant'è che è stato invidiato e imitato in tante altre regioni italiane. Con queste Linee guida voi non avete una minima idea di quale sviluppo dare alla Sardegna, purtroppo per la Sardegna questa non è una novità.
Cito solo il discorso d'insediamento del presidente Cappellacci, in particolare la frase sul fatto che la sua coalizione non avesse un programma di sviluppo della Sardegna, ma il programma sarebbe stato deciso giorno per giorno a seconda delle esigenze, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Con questo vostro provvedimento volete semplicemente adeguare le linee guida del PPR a quelle due leggi urbanistiche, disastrose, approvate in questa legislatura: legge sul golf e Piano casa.
Leggi che noi, come centrosinistra, abbiamo contestato, abbiamo avversato in ogni modo possibile, non solo per il solo fatto di essere in questa'Aula, lo ripeto "in quest'Aula", minoranza, ma perchè vi abbiamo fatto presente, con serietà, che erano entrambe illegittime in quanto non coerenti con le norme in vigore del PPR. Purtroppo abbiamo avuto ragione, sono state bocciate dalla Corte costituzionale, e anche dal sistema economico sardo perché dannose e inefficaci. Noi siamo sicuri che il Ministero dei beni culturali sarà attento alle nuove Linee guida e, soprattutto, agli atti conseguenti; pertanto siamo sicuri che non vi permetterà nel modo più assoluto di stravolgere le norme esistenti del Piano paesaggistico regionale.
Il vostro tentativo di modifica è una delega in bianco che rischia di portare la Sardegna indietro di decenni, rischia di portare alla luce vecchie speculazioni sulle coste sarde che col PPR finalmente si era riusciti a bloccare. Il PPR è uno strumento così importante, così fondamentale, che non può essere uno strumento di una sola parte, o di una sua maggioranza che oggi governa o dovrebbe governare la Sardegna. Perciò con forza vi chiediamo di fermarvi, di discutere e condividere anche con noi, nelle Commissioni consiliari, non in altre sedi, le eventuali modifiche, gli eventuali aggiornamenti al PPR in vigore.
Come ho già detto, mancano diciotto mesi alla conclusione ordinaria di questa legislatura, sono sicuro che in un clima di reciproca collaborazione si possano riscrivere le Linee guida dotando finalmente la Sardegna di una legge regionale urbanistica adeguata allo sviluppo dei nostri territori. Se così non sarà, sono convinto che il primo atto che il Centrosinistra, quando ritornerà al governo (sono certo ritorneremo al governo nella prossima legislatura), dovrà porre in essere sarà quello di cancellare queste Linee guida e gli eventuali atti che riuscirete a mettere in campo in conseguenza di questa approvazione.
Propongo questa riflessione soprattutto agli amici sardisti che, con il consigliere regionale Maninchedda, hanno definito questo provvedimento "un pasticcio", consigliere Maninchedda che da anni ci ripete continuamente che questa maggioranza non è in grado di affrontare i problemi gravi che oggi attanagliano la Sardegna, ma che oggi si trovano ancora in questa coalizione, innaturale sicuramente per tutto l'elettorato sardista.
Lo dico anche agli amici dell'UDC, con i quali a livello nazionale abbiamo condiviso l'opposizione al Governo Berlusconi, e oggi responsabilmente sosteniamo il Governo Monti e con i quali, seppure con molte difficoltà, c'è un dialogo concreto per assumerci anche la responsabilità di un futuro governo nazionale fra progressisti e moderati. Un vostro voto favorevole su temi così fondamentali rischia di complicare notevolmente la costruzione in Sardegna di una forte coalizione fra progressisti, sardisti e moderati, capaci di ridare alla Regione sarda un governo all'altezza di queste difficoltà.
Assessore, la nostra contrarietà non si fermerà in quest'Aula; da domani saremo impegnati in tutte le sedi possibili con le autonomie locali che abbiamo già coinvolto, cosa che voi non avete fatto. Voi sbandierate di aver elaborato le Linee guida al PPR confrontandovi con le autonomie locali; non è un atto obbligatorio, Assessore, ma le chiedo se avete pensato di coinvolgere il Consiglio delle autonomie locali, di coinvolgere l'ANCI su una legge così fondamentale per i comuni della nostra Isola.
Mi risulta, parlando del mio territorio, l'oristanese, che il coinvolgimento degli enti locali si sia risolto quasi in una chiacchierata tra amici dove avete presentato in generale quello che avevate intenzione di modificare rispetto al PPR. Di conseguenza, Assessore, se sarà necessario, saremo presenti anche nelle piazze per evitare il tentativo di assalto alle coste della Sardegna che voi, con questa delega in bianco a Cappellacci, state permettendo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). L'onorevole Campus nel suo intervento ha richiamato assunzioni dirette di responsabilità; è un richiamo che faccio mio, è un richiamo anche a tutti noi, anche a chi è in questi banchi, anche a chi da questi banchi lancia anatemi poi però si sottrae al confronto in Aula e lo fa da altre parti. E' un appello alla responsabilità che deve toccare tutti noi! Questo dibattito ci dimostra, una volta di più, che c'è bisogno di uno scatto in avanti, quell'appello alla responsabilità sempre richiamato dall'onorevole Campus, uno scatto in avanti da parte di tutta la classe politica.
Io penso che la Sardegna abbia bisogno di una rivoluzione, non una rivoluzione violenta (non mi sono spinto fino a un'evoluzione così avanzata), ha bisogno di una rivoluzione democratica, una rivoluzione nei modi di fare politica. Una rivoluzione affinché si lavori sulle cose semplici; questo non dovrebbe essere un principio rivoluzionario, ma oggi lo è! Una rivoluzione della semplicità!
Io penso che sul PPR noi dobbiamo e possiamo fare una rivoluzione. Non più usare il PPR come una clava contro ambienti della società sarda, oppure per regolare i conti interni ai partiti, tra i partiti o tra le forze politiche, nemmeno usare il PPR per affermare una purezza rispetto ad altri che poi non sono, o che non sarebbero puri. Io penso che il PPR non possa essere nemmeno usato per soddisfare interessi di parte, quindi se uso improprio non può essere fatto da una parte io penso che non possa e non debba essere fatto nemmeno dall'altra parte. Non penso neanche che il PPR debba essere usato per dare risposte a certe fette dell'elettorato, per mantenere impegni nei confronti di grandi elettori o di gruppi di potere.
Io penso che noi dobbiamo e possiamo, da questo momento, incominciare a provare a fare la rivoluzione della normalità, fare le cose semplici. Dicevo all'inizio della rivoluzione delle cose semplici; secondo me è una rivoluzione ragionare sul PPR per quello che deve essere, senza dogmi, scevro dalle strumentalizzazioni di parte.
Ecco, se anche voi vi liberate dalle strumentalizzazioni che ci sono nei vostri ragionamenti allora possiamo entrare nel merito di queste Linee guida, diversamente le Linee guida assumono un altro significato, vengono utilizzate per raggiungere altri obiettivi rispetto a quello che dovrebbe essere il loro obiettivo prioritario. Io sono contro le scorciatoie e sono contro l'uso improprio degli strumenti che noi ci diamo, e questo è uno strumento che il Consiglio regionale e la Regione si sono dati.
Voglio essere più esplicito. Se nella passata legislatura non si fosse usata impropriamente la legge urbanistica oggi avremmo uno strumento, importantissimo, di conferma del divieto di inedificabilità assoluta nella fascia di 300 metri dal mare, perché questo era presente in quella legge urbanistica; avremmo affermato il principio della compensazione con aree o crediti volumetrici per i proprietari di beni immobili da vincolare per rilevante interesse pubblico; avremmo gli incentivi per l'utilizzo dei materiali non inquinanti a favore del risparmio energetico; avremmo finalmente riconosciuto il principio del silenzio-assenso nelle concessioni edilizie; sto elencando tutta una serie di punti che erano già in quella legge urbanistica che però, utilizzati impropriamente, non hanno visto poi una conclusione.
Invece noi non abbiamo una legge urbanistica nuova! I comuni stanno rivendicando proprio quello! Rivendicano, in tutte le sedi in cui sono stati sentiti, la necessità di una legge urbanistica, però voi, schiavi di quel concetto e di quella strumentalizzazione sul PPR, non avete affrontato quello che i comuni stanno chiedendo: la legge urbanistica, e siete passati alle Linee guida e alla modifica del PPR.
I comuni lo stanno chiedendo, sembra invece, a sentire il dibattito che c'è in Aula e da alcune cose che sono scritte nelle Linee guida, che la volontà dei comuni sia quella che ha fatto discernere queste Linee guida. Però i comuni sono una cosa seria, colleghi, non possono essere strumentalizzati per far passare quello che invece è nella testa della maggioranza e non in quella dei comuni, i comuni hanno chiesto altro!
Io ho letto gli atti di "Sardegna nuove idee", è un testo voluminoso però si può leggere, perché si capiscono anche gli orientamenti delle amministrazioni, e ho rilevato due dati a mio avviso significativi. Intanto, Assessore, il numero dei comuni che partecipavano a questo grande coinvolgimento "Sardegna nuove idee" andava man mano scemando. Un significato questo l'avrà! Probabilmente non hanno ritenuto soddisfacente il lavoro che si stava facendo, all'inizio hanno dato credito, man mano questo credito è scemato.
C'è però un altro aspetto rilevante, a mio avviso, che emerge leggendo i contenuti di "Sardegna nuove idee", cioè i comuni hanno richiesto più livelli di tutela, hanno chiesto maggiori semplificazioni delle procedure, hanno chiesto che ci fosse un chiarimmento sulle relative competenze, hanno chiesto una riduzione delle discrezionalità, hanno chiesto la formazione di tecnici comunali e anche di venire aiutati nella formazione dei PUC, perché i comuni vanno aiutati.
E'vero che sono solo una decina i PUC adeguati al PPR, però è anche vero che le difficoltà non nascono tutte dal PPR. Io penso che la Regione debba supportare i comuni nella formazione del PUC e, quindi, che occorra passare dal concetto di contributo al concetto di finanziamento del PUC stabilendo tempi e procedure certe, per cui la Regione interviene anche con i poteri sostitutivi, qualora i comuni non esitino il PUC nei tempi certi, e fa un investimento adeguando i PUC delle fasce costiere, si inizia da quello, al PPR, che sarebbe un atto concreto di politiche attente al paesaggio, così come i comuni chiedono.
I comuni hanno manifestato la necessità di politiche orientate al riuso del patrimonio edilizio esistente, per esempio, hanno ritenuto questa azione politica indispensabile per contenere il consumo del suolo: i comuni stanno chiedendo di avere gli strumenti per contenere il consumo del suolo. Così come vi hanno detto che è necessario contenere il consumo del suolo, allo stesso tempo vi hanno chiesto di garantire il mantenimento delle attività nell'agro, però delle attività agricole nell'agro, perché storicamente le nostre campagne non erano abitate.
E allora anche qui sulle campagne la rivoluzione è nella semplicità, la rivoluzione è tornare a su connottu, a quello che da sempre si è fatto nelle campagne, tornare a pensare alla terra per la sua vera destinazione, alla terra per la sua vera vocazione che è quella di produrre derrate alimentari. Quindi la rivoluzione è invertire l'ordine delle priorità, va pensata la terra prima per la sua vocazione alla produzione e poi per i volumi, non come voi state facendo. Io non vi chiamo cementificatori perché sono stato accusato di esserlo nella altra legislatura, non lo ero (quel concetto è sempre figlio di quella strumentalità), però state sbagliando a considerare prima i volumi e poi la vocazione delle campagne.
Con questa logica, Assessore, so che lei su questo tema è molto sensibile, si fa un danno all'economia agricola, edificando l'agro per le residenze si costituiscono degli ostacoli ad esempio per la realizzazione di aziende più efficienti attraverso il riordino fondiario, si costruiscono degli ostacoli, delle rigidità al riordino fondiario; e questo è in contraddizione con quanto scrivete anche in queste Linee guida, a pagina 71, dove dite che ritenete necessario mettere in campo misure volte a contrastare il frazionamento delle aree agricole. Però poi nello stesso tempo, sempre nelle Linee guida, recepite integralmente la legge numero 21 del 2011 e, implicitamente, date una copertura giuridica alla delibera numero 20/29, del 15 maggio, dove si ripristina la superficie agricola di un ettaro per la costruzione residenziale in area agricola.
Assessore, ripeto, io so che lei su questo è molto attento, può essere anche che questo aspetto sia sfuggito, però ripristinando la superficie minima di un ettaro per l'edificato in una zona agricola è chiaro che non si va incontro alle richieste dei comuni; comuni che non hanno chiesto questo, anzi, sono preoccupati per i problemi che deriverebbero da un edificato diffuso nell'agro. Perché l'edificato diffuso nell'agro crea problemi che i comuni toccano con mano ogni giorno; sono preoccupati per lo spopolamento dei centri abitati, per il fatto di dover portare i servizi nelle campagne, di dover servire le case di scuolabus, di dover ritirare rifiuti, insomma una serie di problematiche da affrontare oltre i danni all'agricoltura.
I sindaci vi hanno detto che l'impianto complessivo del PPR è ancora valido e, in generale, abbastanza condiviso se viene considerato come uno strumento di tutela e non come un portatore di vincoli; hanno lamentato piuttosto il ruolo discrezionale della Regione, che sia svolto da dirigenti o da politici. Hanno chiesto che venga valorizzata però la loro capacità di pianificazione; e prima, Assessore, io le ho dato una modesta soluzione, un contributo, hanno chiesto regole chiare, procedure semplici, tempi certi e che le circolari aiutino a chiarire e a trovare le soluzioni anziché, come spesso avviene adesso, a complicarle .
Assessore, nulla di tutto ciò è presente nelle Linee guida; io questo glielo devo dire, ho letto "Sardegna nuove idee", l'ho letto bene, ci sono tutte queste cose che le dicevo, ma nelle Linee guida non c'è scritto nulla. Voi avete sentito i sindaci ma non li avete ascoltati, che è la cosa peggiore, è la cosa peggiore, è la mortificazione delle autonomie locali.
Allora, ritornando alle Linee guida (non voglio dilungarmi troppo), suggerirei se vogliamo ragionare serenamente, l'ha già fatto il collega Sanna, di ritirare queste Linee guida, di approvare un ordine del giorno che ribadisce le cose che avete scritto nella prima parte delle Linee guida e poi di affrontare insieme i limiti che ci sono nell'attuazione del PPR e che non vanno sottaciuti.
Leggevo sulla stampa odierna alcune considerazioni del professor Mistretta che dovrebbero essere ovvie per tutti, e cioè che ogni strumento di pianificazione è aperto alle evoluzioni. Ecco, questo è lo strumento di pianificazione che abbiamo, apriamoci alle evoluzioni, noi siamo disposti a ragionare. Con questo spirito ritengo che dobbiamo affrontare la parte finale di questo dibattito; interverranno i Capigruppo, noi siamo disponibili perché non siamo amanti delle barricate e non vogliamo stare sulle barricate, però non ergetele voi, perché se le tirate su e noi dobbiamo stare da una parte stiamo solo da questa parte.
PRESIDENTE. Il Consiglio è riconvocato alle ore 16 e 30 del pomeriggio.
La seduta è tolta alle ore 13 e 33.
Allegati seduta
CCCXXXVII SEDUTA
(ANTIMERIDIANA)
Mercoledì 25 luglio 2012
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 10 e 04.
DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 12 giugno 2012 (329), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Mariano Contu, Paolo Maninchedda, Francesco Meloni, Valerio Meloni, Antonio Pitea e Alessandra Zedda hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 25 luglio 2012.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.
DESSI', Segretario:
"Mozione Porcu - Diana Giampaolo - Uras - Salis - Ben Amara - Agus - Barracciu Bruno - Capelli - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sullo stato di illegittimità gestionale e organizzativa in cui attualmente versa il consorzio che ha in affidamento il Parco regionale Molentargius-Saline e sul conseguente progressivo stato di abbandono e degrado del compendio naturale, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (195)
"Mozione Amadu - Sanjust - Ben Amara - Sechi - Lunesu - Contu Mariano Ignazio - Meloni Marco - Espa - Biancareddu - Bruno - Cossa - Cucca - Cuccu - Dedoni - Locci - Manca - Obinu - Rodin - Tocco - Zuncheddu sulla formulazione di un ordine del giorno voto al Parlamento per garantire adeguati livelli di tutela della lingua sarda in sede di ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (così come previsto dall'articolo 51 dello Statuto sardo)". (196)
"Mozione Amadu - Sanjust - Ben Amara - Sechi - Lunesu - Contu Mariano Ignazio - Meloni Marco - Espa - Biancareddu - Bruno - Cossa - Cuccu - Dedoni - Locci - Manca - Obinu - Rodin - Tocco - Zuncheddu sulla formulazione di un ordine del giorno voto al Parlamento per l'abrogazione, in sede di conversione del comma 16 dell'articolo 14 del decreto legge n. 95 del 2012 (spending review) al fine di evitare un ridimensionamento delle autonomie scolastiche in Sardegna (così come previsto dall'articolo 51 dello Statuto sardo)". (197)
PRESIDENTE. Constatato lo scarso numero dei consiglieri presenti in Aula sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 06, viene ripresa alle ore 10 e 18.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta.
Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Cappai, Diana Giampaolo, Floris Rosanna, Lai, Lunesu, Salis, Sanjust e Sanna Giacomo sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 35 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dessi' - Diana Giampaolo - Floris Mario - Floris Rosanna - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Murgioni - Obinu - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Vargiu.)
Poiché il Consiglio non è in numero legale, sospendo la seduta per trenta minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 20, viene ripresa alle ore 10 e 51.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta.
Onorevole Salis, reitera la richiesta di verifica del numero legale?
SALIS (I.d.V.). Sì, Presidente.
Seconda verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Cappai, Diana Giampaolo, Lai, Lunesu, Planetta, Salis e Sanna Giacomo sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 43 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Bardanzellu - Biancareddu - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Contu Felice - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Giampaolo - Diana Mario - Floris Rosanna - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Vargiu.)
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire i lavori.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione delle Linee guida per la predisposizione del Piano paesaggistico regionale.
E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Presidente, Assessori, colleghi, siamo ormai entrati nella fase finale di questa legislatura regionale che, con una facile ironia e rifacendomi a una terminologia propria della mia professione, potrei definire nella fase terminale; e voi sapete che vengono definiti come terminali quei pazienti per cui non esiste più nessuna speranza, e per la verità per questa legislatura di speranza ne rimane davvero poca.
Ciò che più sconcerta, però, non è tanto il guardare all'anno e mezzo che manca, quanto rivolgere lo sguardo ai tre anni e mezzo che sono trascorsi e trovare davvero il nulla: tanti impegni, non rispettati, tutti! Quante promesse non mantenute, quanti interessi personali spacciati per azioni politiche, poche riforme, anzi nessuna per la verità, ma tante carriere sfolgoranti senza nessun merito e senza adeguata preparazione! Quanti atti di arroganza, quante fughe dalla realtà, fughe dalla gente, fughe dal confronto, fughe da questo Consiglio! E tutto senza una linea politica, senza una guida politica, senza una politica! Ed è proprio questa, purtroppo, la certificazione del fallimento di questa legislatura, posto che questo è un Consesso politico, non è un consiglio di amministrazione, e nemmeno un collegio dei revisori dei conti.
Oggi finalmente affrontiamo un argomento, sempre per rimanere a quella facile ironia iniziale potrei dire in articulo mortis, che era stato uno dei pilastri della campagna elettorale del 2009 del presidente Cappellacci: l'adeguamento e la revisione, l'attualizzazione, se vogliamo, del Piano paesaggistico. Mi pare, al di là di una, direi, quasi scontata, demagogia di parte o, ugualmente scontato, arroccamento di maniera, di chi ritiene il frutto del proprio lavoro meritevole di una valenza dogmatica e di una osservanza fideistica, che difficilmente si possa sostenere che non esista una necessità assoluta di aggiornare e completare il Piano paesaggistico regionale o PPR.
Sono ormai otto anni infatti, è stato ricordato, che viviamo in un regime di norme di salvaguardia in attesa, soprattutto, che i comuni adeguino i loro Piani urbanistici a questo Piano paesaggistico. L'esempio è il comune di Sassari che proprio in questi giorni sta tentando, dopo sette anni di lavori, di partorire finalmente un Piano urbanistico comunale. Per la verità ci hanno pensato da soli a infilarsi in guai di natura non solo amministrativa o gestionale, però quello che è certo è la difficoltà che anche una Giunta di sinistra, con un sindaco che allora abbracciò il Piano paesaggistico, voluto dal centrosinistra come la panacea di tutti problemi della Sardegna, incontra poiché non riesce a calare le norme di attuazione e la cartografia del PPR sul territorio comunale.
C'è necessità, e questo credo sia ormai, ripeto, assodato, di arrivare a un maggiore confronto con gli enti locali perché questa è certamente una patologia del Piano paesaggistico, non è pensabile che si possa continuare con questa discrasia tra le esigenze di crescita, di sviluppo e di autonomia dei comuni e questo contesto normativo che, di fatto, in tutti questi anni, è stato solo vincolistico.
Quindi credo sia giusto che del PPR si ridiscuta e se ne ridiscuta con trasparenza e con assunzioni dirette di responsabilità. Responsabilità di scelte politiche e di scelte amministrative, con norme che siano chiare e non interpretabili, che siano davvero erga omnes e non ad usum Delphini, per rimanere nel latinorum, così come è stato finora. Trasparenza, certo, e rivendico di aver svolto una parte attiva nell'inserire in legge l'obbligo per la Giunta di pervenire alla discussione oggi in atto, cioè di riportare le Linee guida alla valutazione di merito del Consiglio.
Si trattò di una votazione su un emendamento dell'opposizione che io contribuì a far passare assumendomene la responsabilità in maniera palese e, se ben ricordate, in quell'occasione ci fu la minaccia di dimissioni del Presidente. Il presidente Cappellacci minacciò di dimettersi perché era passato un emendamento che imponeva trasparenza nei confronti non solo del Consiglio ma di tutta la Sardegna! Io allora ironizzai con lui sui giornali, gli chiesi se aveva davvero il coraggio di dimettersi e poi di spiegare alla gente che si dimetteva perché non voleva far conoscere al Consiglio e alla Sardegna le Linee guida che intendeva dare a quel PPR.
Comunque oggi siamo qui e ne discutiamo, auspicando quella possibilità di controllo da parte del Consiglio, quella trasparenza su atti di programmazione del territorio e quindi su atti di interesse collettivo perché così deve essere fatto; non può essere un fatto specifico o fatto proprio dal Presidente della Giunta, posto che non ho mai avuto dubbi, né sull'onestà intellettuale, né sull'onesta tout court dell'Assessore dell'urbanistica. Però allora quello che mi aveva colpito era che la trasparenza sul PPR dovesse essere esorcizzata dal Presidente addirittura con la minaccia delle dimissioni. Credo davvero che questo sia un aspetto che la dice lunga sul rapporto che in questi anni ha portato, da un lato la maggioranza a essere succube di questo Presidente, dall'altro alcuni a dover lasciare questa maggioranza.
Comunque ora non è che tutto, Assessore, sia sereno; certamente la possibilità di discutere le Linee guida, che peraltro non offrono grande chiarezza, grande precisione nel dichiarare quelle che saranno poi le azioni normative e cartografiche, che però dovranno essere portate al vaglio della Commissione, comporterà un momento di conoscenza e di trasparenza.
E' su questo, Assessore, che invito lei a vigilare, posto che anche durante il suo mandato, molto più in quello di chi l'ha preceduta, abbiamo assistito a dei veri e propri blitz da parte di pasdaran della maggioranza che, con la cazzuola in bocca, con arroganza, e spesso anche con ignoranza, hanno trasformato delle sue iniziative, delle iniziative da lei portate in Commissione, in veri e propri sconci dal punto di vista edilizio e civilistico, tanto da finire sotto il giudizio della Corte costituzionale. Mi riferisco ai vari Piani casa.
Io penso davvero che sia una sua responsabilità, Assessore, richiamare quella maggioranza al senso di responsabilità che il ruolo di consigliere regionale impone. I consiglieri occorre richiamarli all'interesse collettivo, non solo a quello del singolo territorio o del singolo comune, o del singolo consigliere che talora ha agito, e purtroppo legiferato, in nome di un singolo imprenditore!
Oggi, con il pronunciamento nel merito delle Linee guida, e con il prossimo parere in Commissione sulle novellate norme di pianificazione, spero davvero che prevalgano il confronto, la trasparenza, il rispetto reciproco e il senso del dovere, ecco perché mi affido davvero, come ho detto prima, a quell'onestà intellettuale, Assessore, e a quella onestà che le riconosco e che è stata anche uno dei motivi per cui lei ha assunto quella specifica delega in un momento difficile del percorso della Giunta.
Ricordo ancora, però, e con questo chiudo, Assessore, che più che dall'opposizione deve difendersi dall'operato dei "fratelli della costa" della sua maggioranza, e quando parlo della costa faccio riferimento ai bucanieri e ai corsari chiaramente, e a nessun'altra associazione, così presenti e così invasivi nella sua maggioranza. Sappia difendere le sue idee nate dall'onestà intellettuale che, ripeto, le riconosco, non si faccia comprimere né da pressioni superiori, né da pressioni collaterali e, probabilmente, si riuscirà a rendere quel Piano paesaggistico veramente quale la Sardegna lo aspetta, cioè uno strumento insieme di sviluppo e di tutela, così come lei ha più volte annunziato. Buon lavoro.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Io ho necessità di fare qualche passo indietro per poter esprimere con obbiettività e serenità il mio parere più che il giudizio sulle Linee guida presentate dal Presidente Cappellacci. Presidente che ogni tanto ci onora della sua presenza ma non sono questi gli interessi del Presidente: stare ad ascoltare un Consiglio regionale, le posizioni di maggioranza, di opposizione, i consigli e le critiche; gli interessi del Presidente sono altrove e, altrove, li sta evidentemente seguendo con grande attenzione.
Il Presidente non c'era (l'attuale Presidente della Giunta), nella passata legislatura, come diversi dei colleghi che siedono oggi su questi banchi. Infatti si evince che la mancanza di memoria storica ci porta a discutere delle Linee guida del Piano paesaggistico dimenticando, perlomeno per un attimo io l'avevo dimenticato, che noi stiamo discutendo un documento che ci viene portato all'attenzione dalla Giunta e sul quale non possiamo proporre emendamenti, sul quale non esprimeremo nessun tipo di voto se non attraverso, eventualmente, la proposizione di ordini del giorno.
Perché ricordo questo ai colleghi? Perché il problema non è la presentazione di Linee guida sul Piano paesaggistico, ma il problema, la madre di tutti i problemi, è la legge numero 8 del 2004. Perché ricordo la legge numero 8 del 2004? Perché ha determinato proprio il fatto che noi, oggi come ieri, discutiamo di un Piano paesaggistico non emendabile, di Linee guida non emendabili; e ricordo la dura opposizione di merito, condotta insieme ai colleghi della allora opposizione, alla proposta dell'allora presidente Soru e giunta fino all'occupazione dell'Aula.
E perché occupammo l'Aula? Perché non si riuscì a concordare con quel Presidente di allora e con quella maggioranza, un po' troppo succube delle decisioni presidenziali, sul fatto che le Linee guida si possano discutere realmente in Aula, si possano correggere in Aula, possano fare tesoro dei suggerimenti dell'Aula; e quindi una norma che rendesse dignità al Consiglio regionale e modificabile eventualmente dalla maggioranza che si compone di volta in volta in Consiglio regionale.
Occupammo l'Aula, e tra i colleghi che c'erano ieri e ci sono oggi, oggi di maggioranza, ieri di opposizione, ricorderò (gli altri colleghi non se ne abbiano a male) ciò che disse il collega La Spisa "l'opposizione non può dare una delega in bianco su questa materia"; ciò che disse il collega Vargiu "la centralità del Consiglio va salvaguardata, altrimenti il Parlamento sardo si trasforma in una seduta plenaria del Rotary dove qualcuno tiene una conferenza e gli altri si limitano ad ascoltare". Fino all'occupazione dell'Aula l'argomento del contendere fu l'emendamento alla legge numero 8 con il quale l'opposizione di allora, e per quanto mi riguarda opposizione anche di oggi, proponeva che la proposta del Piano paesaggistico regionale deliberata dalla Giunta venisse trasmessa al Consiglio regionale che ne approvava l'adozione entro sei mesi.
Questa proposta fu rigettata dalla maggioranza di ieri, dal Presidente di ieri, invasivo e prepotente all'inizio, ma anche alla fine della sua conduzione della Giunta regionale. E questo perché non c'era alcuna fiducia; non si può dare una delega alla Giunta su una materia di questo tipo. Perciò, come ha ricordato il collega Campus molto bene, ci proponemmo come coalizione, che si era formata dall'opposizione di ieri, per governare la Sardegna; e avevamo un cavallo di battaglia, che io ho portato sulle piazze della campagna elettorale, che era questo: cancelliamo i vincoli legislativi posti dalla legge numero 8 e, di conseguenza, riscriviamo il PPR.
Poi, ma questa è stata la sensazione del subito dopo, non del prima, purtroppo, è successo che chi si è proposto a governare la Sardegna, sostenuto da una maggioranza poco "edificabile", non ha scelto di cambiare, di dare trasparenza alle norme urbanistiche, di dare trasparenza al Piano paesaggistico, trasparenza della cui mancanza noi accusavamo il presidente Soru e la sua Giunta; ha scelto invece di sostituirsi al presidente Soru.
E noi di che cosa accusavamo ancora il presidente Soru? Lo accusavamo della stipula delle Intese, soprattutto, Intese che da questa Aula dicevamo un po' tutti essere fatte con amici per favorire imprese amiche, per favorire speculazioni e magari qualcuno in questa Aula ne darà conto nel seguito del Consiglio, presumo. Ma, ammesso e non concesso che in quella fase con le Intese, con quelle Intese, si sia favorito qualcuno, qual è stata la scelta di questa maggioranza e di questa Giunta, di questo Presidente fantasma? La scelta è stata questa: mi sostituisco così ora le Intese le faccio io con i miei amici, così la clientela la compro io, la perseguo io; ma non era questo il patto di legislatura, non era questo il patto elettorale. Il patto elettorale era dire: hanno sbagliato, hanno sbagliato nei troppi vincoli.
I colleghi dell'opposizione odierna forse si sono resi conto di aver sbagliato a stare troppo dietro alle indicazioni pesanti poste da una conduzione di un Presidente neofita prestato, così si diceva allora, alla politica. Quindi non abbiamo, non avete, perdonatemi, a questo punto mi distinguo, tenuto fede al patto elettorale che non era quello di fare due o tre (non mi ricordo quanti sono) Piani casa che poi, tra l'altro, non hanno prodotto quanto ci si aspettava nelle intenzioni, non hanno prodotto alcunché.
Anche perché è sopraggiunta una crisi economica e finanziaria di livello mondiale, perché nessuno oggi in famiglia pensa a comprare una casa. I 17 mila pezzi invenduti di Olbia dicono tutto, la storia è cambiata da allora, non si può perseguire quella linea di ieri anche oggi, perché è cambiato il mondo, perché è cambiato il concetto dell'investimento, perché è cambiato il concetto finanziario, perché è arrivata l'IMU, per tutti questi motivi oggi l'investimento non è sul mattone. Quando si parla di economia reale, o ci viene ricordata l'economia reale, non stiamo parlando del mattone, stiamo parlando d'altro.
BEN AMARA (Gruppo Misto). Stai citando Marx.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). … Mi fa piacere che Marx la pensi come me. Ma, parlando seriamente, sto ricordando questi passaggi per sottolineare fondamentalmente una cosa. il problema, oggi, è sicuramente discutere delle Linee guida, discutere del nulla come dicevo. Allora, ricordo sempre ai colleghi che hanno combattuto in questa Aula dure battaglie di opposizione, che abbiamo fatto opposizione, però, a una intensa attività legislativa; mi rifaccio a quanto diceva il collega Campus poc'anzi, abbiamo con piacere, convinzione, preparazione fatto una intensa attività di opposizione a una intensa proposta legislativa.
In quegli anni abbiamo infatti discusso della legge sul commercio, abbiamo discusso del PPR, abbiamo discusso di legge urbanistica, di Piano sanitario regionale, di legge statutaria; abbiamo discusso in maniera forte, a volte anche sopra le righe, ma di cose concrete, di merito, di trasformazione della nostra Isola. E ho sempre detto e lo ripeto, lo ribadisco, che ho combattuto la linea del presidente Soru molto deficitaria nel metodo ma ho combattuto delle idee; ora non si può combattere niente perché c'è il nulla, il nulla di un Presidente che per tre anni e mezzo ci ha fatto e ci sta facendo sopravvivere in questa Aula con la noia alla quale è sopraggiunta la rassegnazione.
Diciamo chiaramente (per l'amicizia che mi lega e spero possa essere reciproca con l'assessore Rassu) che abbiamo o, meglio, avete impostato in questi giorni, luglio 2012, una procedura che in difetto necessita di almeno dodici mesi per essere compiuta integralmente, in tutti i passaggi previsti: Intese con il Ministero, norme tecniche di attuazione, e pensando che se ne occupino non convenzionati ma solerti dirigenti che magari lavorano e non prendono solo i soldi.
Siamo però persone realistiche; quindi, Assessore, sa benissimo che queste disposizioni non andranno in porto, perché le prossime elezioni saranno le regionali. Perché, o se ne va il presidente Cappellacci, cosa a mio avviso impossibile, perché quel posto è il suo scudo (traducete voi in che termini è lo scudo), o lo manderete via. Non c'è un anno di tempo.
Potremmo discutere invece del fatto che l'Alcoa stia saltando di nuovo? Che stiano saltando gli accordi dell'Alcoa? Possiamo parlare del tasso di povertà che aumenta? Possiamo parlare della pubblicità istituzionale in quest'Aula? Possiamo ricrederci, ricredervi, sul bancomat che viene usato costantemente da questo Presidente deficitario, che sperpera i denari pubblici, e abbiamo visto come, perché e a favore di chi? Certo, non a favore della residenza Santa Maria Assunta di Guspini che, per essere rimessa a norma e poter funzionare al meglio, necessita di due milioni di euro. No, preferiamo Novas, grande invenzione, non dimenticate colleghi, del presidente Soru.
Come capite, ce n'è per tutti, ce n'è per tutti, ma noi, al di là del presidente Soru, al di là del presidente Cappellacci, possiamo cambiare. Allora occupiamoci di cose reali; così come dobbiamo occuparci di economia reale occupiamoci di cose reali. Questo Piano paesaggistico, la legge sul golf, i Piani casa non hanno cambiato la storia della Sardegna, mentre alcune di queste norme avevano l'intenzione di cambiare la vita di qualcuno, di qualche impresa.
Noi possiamo, però, staccarci da questo, perché voi, come noi, siete persone oneste, fondamentalmente oneste; non abbiamo bisogno di essere guidati da persone spregiudicate che perseguono un interesse privato, e lo sapete quanto me, perché ce lo diciamo nei corridori, perché nei corridoi ci diciamo le cose che non vanno, ma non perseguiamo gli atti necessari per rendere quella impostazione, quelle persone, quei colleghi minoranza, non quel partito, non quella coalizione, bensì quelli che spregiudicatamente continuano a perseguire l'interesse privato attraverso lo svolgimento del ruolo che dovrebbe essere teso alla cura dell'interesse pubblico.
Ecco perché oggi, ieri, presumo stasera, domani, continueremo a parlare del nulla. E la madre di tutte le battaglie, la legge numero 8, che noi dovevamo modificare il mese dopo l'insediamento della Giunta, ancora oggi, a tre anni e mezzo di distanza, la conserviamo tale e quale. Perché? Perché fa comodo alla maggioranza di turno. Noi siamo lo spauracchio degli uffici tecnici comunali, perché cambiamo di mese in mese, perché cambiamo a seconda della maggioranza che governa. Quindi non è un problema di coste, di interno, noi avremmo dovuto cambiare quel PPR.
Avete dimenticato le strade di penetrazione agraria che non possono più essere asfaltate? Quello era ed è un problema serio, e la relativa norma andava cambiata. Io sto parlando dei motivi, dei quali discutevamo in quest'Aula, che per un certo periodo hanno bloccato lo sviluppo delle aree interne e della campagna.
Campagna che va rivitalizzata. Con l'ettaro? Va bene. Con i 0,3 metri cubi a metro quadro per ettaro? Vanno bene. Ma inventiamo anche delle premialità, spendiamo dei denari per chi "accorpa ettari", per chi produce in campagna, per l'economia reale. Favoriamo quelli che accorpando migliorano la quantità e la qualità delle produzioni agricole. Possiamo farlo, e spenderemmo in maniera giusta, corretta, propositiva i denari pubblici, non con finanziamenti a pioggia, non con la pubblicità nelle fiere, che sono servite a ex Assessori per passare un bel periodo di ferie, guidando l'Assessorato, e magari per fare causa adesso allo stesso datore di lavoro. Per questo noi dobbiamo incidere col Piano paesaggistico regionale, così si rivaluta la campagna.
E le coste? Spendiamo molto nel ristrutturare, nel recuperare, basta con il cemento, è giusto, anche perché il cemento oggi non dà da mangiare, non crea economia, non crea sviluppo. Ma è possibile che in questa Sardegna non si pensi ad altro per i nostri concittadini, per il loro futuro che a un lavoro da camerieri o da muratori? Non ci può essere un futuro più appetibile per i nostri giovani? Gli abbiamo fatto dimenticare la campagna e l'allevamento. No, vai, studia, lascia perdere la campagna, studia altro.
Invece dobbiamo renderci conto che quella è la nostra materia prima, quella è la nostra ricchezza e, contestualmente, il nostro ambiente è una ricchezza. Ma dove sono le idee? Dove sono i progetti? Dove sono le proposte? Non possono essere soltanto quelle di creare delle norme che consentano un esercizio perfido del potere, discrezionale, sul quale il Consiglio non ha nessuna voce e non avrà comunque nessuna voce. Perciò torno alle origini.
Assessore Rassu, apprezzo il suo lavoro, il suo impegno, la sua onestà, però, la prego, riprendiamo tutto, iniziamo a rivedere la legge numero 8; se lei vorrà portarla all'attenzione dell'Aula sarà un grande segno di cambiamento, altrimenti consumiamo questi otto mesi e rivediamoci in campagna elettorale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Io non sono particolarmente emozionato, come altri, nell'affrontare questo argomento, anzi mi preoccupa un po' l'enfatizzazione che si è fatta di questa materia. Avevo apprezzato la parte iniziale dell'intervento dell'onorevole Chicco Porcu, perché mi sembrava che si muovesse nella direzione giusta, nella direzione auspicabile, non per noi ma per i sardi, per quelle amministrazioni comunali che non potranno mai fare i PUC, e poi dirò perché.
La direzione era quella di prendere atto, come io farò, che il PPR ha moltissimi aspetti positivi, nei principi, nelle metodiche, come ha avuto moltissimi aspetti negativi, nelle storture che ha provocato, negli eccessi, alcuni sanati dal TAR, pensate per esempio al divieto di posizionamento (e alla conseguente eliminazione di quella esistente) della cartellonistica pubblicitaria relativa ad alberghi, per esempio, su tutte le strade della Sardegna. E' chiaro che c'erano degli eccessi, ma non sulle Linee guida, nell'applicazione concreta. Io credo che se valutassimo questo argomento in maniera più laica, senza posizioni fideiste, forse riusciremmo a fare realmente gli interessi della Sardegna e dei sardi.
Vorrei ricordare che la tutela del paesaggio in Sardegna non è iniziata con il PPR, non è iniziata con la legge numero 8, non è iniziata con la delibera del 4 agosto 2004, abbiamo avuto i "Galassini" che individuavano puntualmente le zone sensibili, a maggior valenza paesaggistica, abbiamo avuto i PTP, abbiamo avuto una storia travagliata di norme di tutela. Il PPR ha sicuramente rappresentato un elemento di rottura. Come ho detto in altre occasioni, mi è capitato di confrontarmi anche in occasioni pubbliche su questo tema e di trovare punti di convergenza con gli amministratori regionali della scorsa legislatura, con il presidente Soru, con l'ex assessore Sanna.
Quindi dirò che il PPR ha rappresentato un momento di svolta soprattutto perché ha avuto una grande forza, quella di promuovere un dibattito sul valore del paesaggio, sulla cultura della tutela del territorio; un dibattito che prima era riservato a delle élite ristrette e che ora, invece, ha coinvolto i cittadini sardi e ha spaziato dai profili identitari a quelli economici, a quelli antropologici, a quelli sociali.
Del vecchio Piano paesaggistico ho condiviso i principi ispiratori, le politiche di tutela che lo hanno ispirato, le metodiche utilizzate, che sono sicuramente tra le più moderne dal punto di vista ecologico, tuttavia la sua applicazione pratica ha mostrato una divaricazione profonda fra questi principi ispiratori e i loro esiti. Uno degli aspetti critici consiste nel fatto che il PPR ha dettato regole uguali per situazioni estremamente diverse del nostro territorio costiero, ed è questo, forse, il punto nodale, il punto centrale di queste Linee guida.
Direi che queste Linee guida sono assolutamente accoglibili; è difficile fare delle battaglie sia per difenderle, che per contrastarle, perché non c'è lo stravolgimento del PPR C'è un solo punto fondamentale, che è quello di non definire più "bene paesaggistico di insieme" la fascia costiera nella sua totalità, ma quella di definirla, di volta in volta, un "bene ad alta intensità di tutela", su cui bisogna prestare il massimo dell'attenzione.
Ci sono comunque situazioni estremamente differenziate, e il problema per il quale il Piano paesaggistico non ha avuto effetti, non si è trasformato in norme urbanistiche ma sono rimaste in vigore solo le norme di salvaguardia è questo: non c'è atto amministrativo più sbagliato che quello di trattare in maniera uguale situazioni diverse, situazioni diversissime. Nella nostra fascia costiera abbiamo paesaggi intonsi, incontaminati, borghi medievali, zone F, speculazioni, seconde case, villaggi turistici che aprono a fine giugno, primi di luglio e chiudono il 20 agosto, e non possiamo trattare in maniera uguale queste realtà.
Questa la vera novità, questa è l'unica vera novità delle Linee guida, e credo che se fossimo realmente onesti, tutti intellettualmente onesti, e non facessimo battaglie di principio, esclusivamente di principio, potremmo essere d'accordo sul fatto che introducendo questa modifica non si allenta minimamente la tutela nelle zone intonse, nelle zone che meritano la salvaguardia, ma si cerca di risanare le zone dove il PPR. ha provocato storture, e storture forti, forse irreversibili.
Ahimè, in questi anni la speculazione non si è fermata, al contrario, ci sono stati casi nei quali si è cercato il grimaldello per scardinare le norme di tutela del PPR e lo si è trovato, e non era difficile trovarlo. Pensate alle zone B, come è successo nella mia città, che è un promontorio sul mare, dove tutte le amministrazione, da trent'anni a questa parte, hanno cercato di salvaguardare quel promontorio, di evitare le costruzioni sulla costa, di evitare le costruzioni sul mare, cercando il più possibile di far crescere lo sviluppo della città verso l'interno, nelle zone C, nelle nuove zone di espansione.
Improvvisamente, una delibera blocca tutte le lottizzazioni che non avevano realizzato il 70 per cento delle opere infrastrutturali, e quale é stato l'effetto in questi anni? L'effetto immediato è stato che tutti sono andati a caccia delle zone B, tutti sono andati a costruire sul promontorio, a spese delle amministrazioni comunali che devono garantire i parcheggi, i servizi, le fogne, gli acquedotti, tutto a spese delle amministrazioni comunali. Questo perché? Proprio per quel principio che dicevo prima: non si può trattare un borgo medievale, costruito sul mare novecento anni fa, come un territorio vergine, è chiaro che in quel caso bisogna dare la possibilità di costruire nelle zone C e di allentare la pressione sul mare, sulla costa, sul borgo. Questo è il tema cardine.
Ma ci sono tre aspetti che secondo me sono fondamentali e vanno definiti all'interno di un modello di sviluppo. Io sono d'accordo con chi, tra gli intervenuti, ha detto che senza un progetto chiaro il PPR può servire solo a "musealizzare", a bloccare il territorio lasciandolo a chi ci succederà, ma per quanti anni? Una, due, tre generazioni, poi il territorio inevitabilmente si trasforma, non esiste il territorio naturale in Sardegna.
Mi ha colpito anche quella parte dell'intervento, sempre dell'onorevole Porcu (lo sto citando spesso, oggi) in cui contesta l'affermazione di Maurice Le Lannou, tratta dal suo libro "Pastori e contadini di Sardegna", sull'identità sarda strettamente connessa alla cultura agropastorale. Ma, ripeto, non esiste un paesaggio naturale!
L'onorevole Soru diceva ieri: "La nostra ricchezza sarà la coltivazione del grano". Forse che la coltivazione del grano non modifica il paesaggio? Forse che i sei mila forestali della Sardegna con le piantumazioni di olivi, piuttosto che di altre specie, anche se endemiche, in Sardegna, non modificano il paesaggio? Lo modificano solo le costruzioni? Tutto è modificazione del paesaggio! Il paesaggio lo si modifica continuamente, il paesaggio che esiste in Sardegna è quello antropizzato, non esiste un momento in cui si può cristallizzare il paesaggio della Sardegna, né al momento dei nuraghi, né al momento medievale, né nell'ottocento quando c'è stato il disboscamento con le attività legate al carbone.
Il paesaggio è quello che crea l'uomo in funzione delle proprie attività, e si evolve con delle regole, ma le regole devono essere chiare, e devono essere soprattutto ispirate a principi di giustizia, di uguaglianza, non possono essere regole che valgono per alcuni e non valgono per altri. Oggi è in atto un dibattito, in tutto il mondo, per la verità, ma in maniera particolare nel mondo occidentale, in Europa ma anche negli Stati Uniti, sul concetto di pianificazione, quando si parla di urbanistica, di pianificazione paesaggistica. Per alcuni la pianificazione è morta, per alcuni dovrebbe essere cassata l'urbanistica stessa, proprio come argomento di studio, perché la pianificazione ormai la fanno i capitali, i grandi capitali. Voi pensate che il comune di Arzachena possa…
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Infatti si vede quanto sta andando bene!
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). ... Non sta andando bene, ma è così. Io ho detto che è aperto un dibattito nella dottrina molto forte, poi lo si può negare o meno, ma è questo lo stato delle cose. E voi pensate realmente che gli amministratori del comune di Arzachena pianificheranno lo sviluppo in maniera astratta, o sentiranno Al Thani per sapere se il più grande fondo sovrano del mondo ha interesse a fare degli investimenti, a potenziare gli alberghi presenti o a realizzarne qualcun altro?
Secondo me, probabilmente prima di pianificare sentiranno chi ha acquistato il Consorzio Costa Smeralda per conoscere quali sono i suoi interessi; e questo avviene ad Arzachena, con il più grande fondo sovrano del mondo, ma avviene in tutti i centri di tutto il mondo. Al Thani, ha modificato il paesaggio di Londra con la costruzione della nuova torre grattacielo, firmata da Renzo Piano, che sarà il nuovo simbolo di Londra come la Tour Eiffel lo è stata due secoli fa per Parigi; sono simboli che cambiano il paesaggio, e sono simboli realizzati dai capitali privati.
Riflettiamo, pertanto, su questi concetti e sulle regole imposte, più o meno rigide, riflettiamo perché più irrigidiamo le regole, meno i comuni potranno realizzare i PUC. Allora, ripeto, a mio avviso dobbiamo darci un modello di sviluppo; il nostro modello di sviluppo non può che essere legato al turismo e alle filiere che il turismo attiva: agro-industria, 'allevamento, 'artigianato, commercio, servizi. Tutte le isole, anche con bellezze paesaggistiche più limitate rispetto a quelle della Sardegna, utilizzano questo modello di sviluppo.
Io non voglio citare i soliti esempi, ma cito normalmente le Baleari perché sono alla nostra stessa latitudine; se citassi le Canarie, infatti, qualcuno mi direbbe: "Eh, ma certo, lì fa caldo". Le Baleari sono alla nostra stessa latitudine; nei loro tre aeroporti transitano 30 milioni di passeggeri. Non è un modello che io voglio imitare, assolutamente, però è un modello del quale tenere conto. Il turismo incide sul loro PIL per il 71 per cento, in Sardegna incide per l'8 per cento, ben al di sotto della media nazionale che è dell'11,5.
Che cosa significa questo dato? Significa che noi non siamo una regione turistica, siamo una tra le regioni italiane meno turistiche in assoluto e questo vale per tutte le forme di turismo, compresa la nautica. Noi pensiamo di essere il top della nautica perché abbiamo 200-300 maxi yacht che per qualche settimana l'anno transitano in Sardegna; invece siamo deficitari anche in quel settore.
Di conseguenza, per me, il Piano paesaggistico deve essere uno strumento per perseguire un modello di sviluppo che è quello turistico, e per perseguire il modello di sviluppo turistico il paesaggio è fondamentale, la tutela del paesaggio è fondamentale così come sono fondamentali le infrastrutture. Io non credo che cambierà il nostro modello turistico fare qualche campo da golf in più o in meno, anche perché i golfisti nel mondo…
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Ne sono previsti venticinque!
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Troppi, troppi, io non credo che si faranno. Ma sai perché non si faranno i venticinque campi da golf? Non perché noi decidiamo o perché decidiamo e imponiamo dove si devono fare, ma perché non c'è, probabilmente, interesse imprenditoriale a farli. E' il mercato che non li fa fare. Così come, se noi dovessimo esitare una legge urbanistica o un Piano paesaggistico che consentisse la realizzazione di volumetrie vedremmo che è il mercato che oggi non le richiede, quindi ispiriamoci ad altri concetti.
Come dicevo, secondo me sono fondamentali tre aspetti e questi tre aspetti sono la causa della mancata esitazione dei PUC. Io sono anche un amministratore locale; e sono stato il primo a essere stato "fregato", lo dico in maniera chiarissima, perché ho confidato nella legge numero 8 che è stata volontariamente disapplicata. I dirigenti, l'allora direttore generale dell'urbanistica, erano in imbarazzo ogni volta che andavo in Assessorato perché dovevano inventare mille espedienti dilatori per non esaminare nel Comitato tecnico regionale per l'urbanistica (CTRU) un piano che era perfettamente conforme al PTP; dovevano aspettare il PPR. Questo per due anni per poi dirmi, dopo due anni di escamotage, di espedienti dilatori, che non essendo il Piano conforme al PPR, non se ne faceva niente.
Quindi una legge fatta con la volontà di "fregare" i comuni. Se i comuni non credono nelle leggi che fa la Regione non potranno mai avere fiducia, e oggi non ci credono perché non c'è certezza del diritto. Se noi oggi non dovessimo creare le condizioni per dettare delle norme che valgano per il centrodestra e per il centrosinistra, ma quale comune intraprenderà la strada di una modifica, di una pianificazione con il PUC, sapendo che domani con l'alternanza che c'è, c'è sempre stata e probabilmente ci sarà, in Regione, ogni cinque anni, cambieranno nuovamente le regole, cambierà il Piano paesaggistico e quindi, un processo appena iniziato dovrà essere rivisto? Se ci sarà questa instabilità, se questa norma sarà il terreno di scontro in campagna elettorale tra le coalizioni, i comuni non avranno mai certezza del diritto.
Allora, se vogliamo dare un qualche significato a questo dibattito e anche qualche regola certa, dobbiamo prendere atto che il PPR contiene molti principi e molte regole validi, e sono tali per il centrodestra e per il centrosinistra, ma ha anche alcune storture. Ho letto con piacere qualche giorno che molti esponenti del centrosinistra hanno riconosciuto la necessità di introdurre delle modifiche; poi, probabilmente, c'è stata qualche riunione di partito e la ragione di partito ha prevalso sull'interesse dei sardi, della Sardegna, dei comuni, di stabilire, come ho già detto, principi e regole validi per tutti, per il centrodestra e per il centrosinistra
E' necessario anche che queste regole valgano negli anni, non siano modificate continuamente, e i comuni sappiano (che cambino i governi, che al governo ci sia un presidente di centrodestra o di centrosinistra, indipendentista, di estrema destra o di estrema sinistra) che queste sono le regole fisse del PPR, per cui abbiano la tranquillità di poter attivare un processo faticoso e costoso dal punto di vista finanziario, perché la Regione non copre le spese per la realizzazione dei PUC.
Solo in quel caso potremmo pensare realmente di avere una pianificazione, altrimenti varranno sempre le norme di salvaguardia e varranno sempre quelle norme con le quali consentiamo la speculazione nelle zone B, che anche il Piano casa ha incentivato ulteriormente attraverso i premi di volumetria, che graverà ancora di più sulla fiscalità generale. Infatti sta succedendo questo: si demolisce la casetta, gli speculatori costruiscono dieci appartamenti e poi il comune, i cittadini di quel comune, attraverso l'ICI, devono pagare per dare le infrastrutture, i servizi, i parcheggi, adattare le reti idriche, fognarie e i depuratori al nuovo carico insediativo.
Quindi certezza del diritto; è fondamentale trovarsi d'accordo, tutti, su alcuni principi, pochi, e su alcune regole, poche ma stabili, altrimenti continueremo a fare battaglie di partito, ad avere un argomento (e credo che i sardi se ne siano accorti) che diventa l'argomento da sventolare in campagna elettorale per poi rimanere assolutamente astratto.
Coinvolgimento reale dei comuni; la copianificazione era una falsa copianificazione; di tutte le osservazioni fatte nessuna è stata tenuta in conto. E poi, ribadisco, terzo e ultimo punto, non si possono trattare in maniera uguale situazioni diversissime rispetto alla fascia costiera. E' l'errore più grande che si può fare, che un amministratore può fare, ed è l'errore che oggi è stato fatto.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale,.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
Terza verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Dessi', Diana Giampaolo e Salis sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 41 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Contu Felice - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Giampaolo - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Milia - Mula - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Vargiu.)
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire i lavori.
E' iscritto a parlare il consigliere Corda. Ne ha facoltà.
CORDA (P.D.). Presidente, Assessore, onorevoli colleghi, l'esigenza di adeguare le norme del PPR a quanto è emerso in questi cinque anni di esperienze presso gli uffici regionali, e soprattutto presso i comuni, in particolare quelli costieri che hanno sperimentato la complessità eccessiva dei percorsi burocratici previsti, è sicuramente condivisa da molti. In particolare mi riferisco alla redazione dei Piani urbanistici comunali con l'adeguamento allo stesso PPR e al Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI). La nostra posizione rispetto a una revisione del PPR, quindi, non è affatto preconcetta.
Peraltro l'esigenza di un periodico aggiornamento delle norme in esso contenute è prevista nello stesso Piano e dovrebbe rappresentare, insieme, un'esigenza e un'opportunità per eliminare quelle storture che spesso hanno vanificato e vanificano gli obiettivi che lo stesso PPR si pone. Per queste ragioni se anziché incardinare le Linee guida sul piano, tutto ideologico, di cancellazione dei vincoli e delle regole aveste predisposto un elenco puntuale delle manchevolezze, degli intralci e delle pastoie che i comuni, pochi per la verità, che sono riusciti ad approvare il PUC, e quelli che pure avrebbero voluto realizzarlo ma non ci sono riusciti, hanno dovuto affrontare, il nostro atteggiamento sarebbe stato certamente diverso perché su alcuni temi avremmo, sicuramente, potuto convergere.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue CORDA.) Vedi, per esempio, gli inutili doppioni di enti che sovraintendono a questa problematica: i vari Assessorati regionali, il servizio idrogeologico, la provincia, il SAVI, la forestale, il MIBAC, eccetera eccetera, si occupano tutti delle stesse questioni. Occorrerebbe, anzi, occorre accentrare invece sul servizio unico presso un'unica amministrazione tutto l'insieme dei rapporti con i comuni. La stessa VAS, studiata e approfondita sul PPR, è ottima cosa ma andrebbe poi esclusa dal processo dei piani urbanistici comunali una volta effettuata la verifica di coerenza; visto che il PUC è così anche i piani attuativi che ne conseguiranno saranno redatti sviluppando i concetti nel rispetto delle prescrizioni in esso contenute.
E ancora occorre precisare il ruolo degli enti coinvolti, in particolare rivedere quello della Sovrintendenza, un istituto vecchio e superato anche culturalmente e che si ritrova a sindacare i pareri di tutti gli altri soggetti che partecipano all'iter di approvazione. Ufficio tutela del paesaggio e Sovrintendenza si sovrappongono spesso in maniera scandalosa creando perplessità e suscitando dubbi e contenziosi, a tutto danno soprattutto delle piccole utenze che non dispongono certamente delle risorse necessarie per far valere in sede giudiziaria i loro diritti, peraltro quasi sempre riconosciuti a palese sconfessione dei soprusi derivanti dalle decisioni immotivate, e spesso cervellotiche, di certi funzionari degli uffici.
Occorre poi fornire agli uffici regionali e comunali strumenti snelli, efficaci, sintetici per governare il territorio, semplificando gli atti normativi e traducendo tutto in documenti certi, leggibili e chiari. Ma nelle quasi cento pagine delle Linee guida, delle vostre Linee guida, di tutto questo c'è ben poco. Infatti, dopo la prima parte, fatta di generiche affermazioni di principio sull'importanza della conservazione e la tutela del paesaggio, più che condivisibili e peraltro mutuate pari pari dal PPR esistente, nelle parti successive si scorge il vero proposito che anima questa Giunta e la maggioranza che la sostiene: la soppressione dei vincoli e la cancellazione delle regole contenute nel vigente Piano approvato nel 2006, creando così le premesse perché la fascia costiera sia considerata non più bene paesaggistico (lo sottolineava bene l'onorevole Cuccureddu anche se arriviamo a determinazioni diverse), ma "sistema ambientale ad alta intensità di tutela"; e su questo c'è davvero da discutere.
In questo modo si dà la possibilità di effettuare le solite scorribande da parte della famelica imprenditoria del mattone sempre in agguato, pronta ad aggredire, solo per restare in Gallura, uno dei tratti di costa più pregevoli rimasto inviolato, Capo Ceraso. Come è noto infatti su quell'area di immenso pregio ambientale e paesaggistico, che confina con l'area marina protetta di Tavolara, si sono concentrate da tempo le attenzioni del presidente-imprenditore Berlusconi, prossimo "novello" leader della vostra compagine politica, che certamente sarà tra coloro che gioiranno del cambio di rotta che la Giunta sta pianificando rispetto alla tutela delle coste. Un progetto, che prevede lo sversamento di 450 mila metri cubi di cemento su Capo Ceraso, attende solo tempi favorevoli per la realizzazione e, a leggere le vostre Linee guida, le vostre dichiarazioni di intenti, si ha motivo di ritenere che quei tempi stiano per arrivare.
(Interruzioni)
Che dire poi, invece, in merito all'edificazione di terreni nell'agro, quelli prossimi agli agglomerati urbani o alla fascia costiera? Penso alle aree attorno alle città di Olbia, Sassari, Alghero, eccetera, in cui vastissime estensioni di territorio una volta destinate all'agricoltura (e all'agricoltura sottratte negli ultimi decenni) sono ora selvaggiamente occupate da un'infinita moltitudine di case e palazzi disordinatamente distribuiti, con stili architettonici improbabili, impossibili da catalogare; estensioni di territorio notevoli che non sono più campagna ma che, è facilmente prevedibile, non saranno mai città perché, essendo totalmente prive di infrastrutture e servizi primari, compromettono e immiseriscono la qualità della vita della stessa popolazione.
Pensate che sia possibile continuare così? La decisione di consentire la costruzione di case in quelle aree, su un ettaro, attraverso improbabili progetti di trasformazione agraria grazie ai quali dovremmo esportare prodotti come olio, miele, eccetera in quantità industriali, fa pensare di sì aldilà del fatto che io pensi, onorevole assessore Rassu, che queste scelte poi prescinderanno dalla sua volontà, dalle sue dichiarazioni di merito dato che credo fermamente nella sua onestà intellettuale, e non solo. Ma questo è ciò che sta avvenendo: l'occupazione selvaggia, ancora una volta, del resto del territorio agrario.
Non sto parlando naturalmente di terreni nell'agro dei comuni di Alà dei sardi, di Buddusò, di Bitti, di Orune, di Villagrande, dei comuni dell'interno insomma che non mi pare rientrino nelle mire della speculazione. Ma abbiamo, anzi, avete consapevolezza delle conseguenze di tale metodo di gestione del territorio? Di quale sia il costo per la infrastrutturazione, per la urbanizzazione di quelle aree? Di quali siano le conseguenze della sottrazione all'attività agricola di immense estensioni di territorio vocato alle coltivazioni intensive servite da costosissime infrastrutture irrigue pagate, peraltro, dalla collettività?
Decenni di sviluppo affidato, prevalentemente, all'edificazione selvaggia delle coste, e non solo, dovrebbero avere dimostrato, vista anche la crisi che stiamo vivendo, la debolezza di un modello economico basato quasi esclusivamente sull'edilizia a scopo turistico; nonostante il patrimonio abitativo di seconde e terze case abbia avuto un incremento notevole ci ritroviamo di fatto in una comunità povera, in un territorio impoverito. Ancora una volta siamo qui a discutere l'ovvio, cioè come fare del turismo finalmente una risorsa vera e duratura e non solo un pretesto per la speculazione edilizia.
Non è più un mistero per nessuno, infatti, che il vero handicap per lo sviluppo turistico non è la carenza di posti letto o di strutture ricettive, ma la carenza di una rete capillare di servizi sul territorio a iniziare dai trasporti. Come tutti ben sappiamo la vera ragione per cui i turisti scelgono ormai altre mete, quest'anno registriamo la più bassa percentuale di presenze degli ultimi lustri, è il caro trasporti; e su questa materia, nonostante i roboanti annunci e i grandi proclami sulla costituzione della flotta sarda, questo governo regionale non è riuscito a fare alcunché.
Di fatto si continua a subire i disagi e le vessazioni vissuti con la Tirrenia, con l'aggravante dell'aumento dei costi. Tutto ciò grazie a quell'imbroglio di Stato ordito dal governo, dal governo Berlusconi, vedi l'esultanza dell'ex ministro Matteoli dopo aver concluso il contratto con i privati, che ha venduto, grazie a quell'accordo, ma è meglio dire regalato, all'armatore privato la società e le tratte marittime, alla faccia del tanto conclamato principio della continuità territoriale di cui continuiamo a riempirci la bocca.
In Sardegna mancano tutte quelle strutture e i servizi che consentirebbero di allungare davvero la stagione turistica, strutture e servizi che da un lato la Regione dice di voler promuovere con fiere sul turismo attivo e sostenibile, con campagne promozionali pagate profumatamente che esaltano il patrimonio naturale e l'ambiente, e dall'altro affossa con leggi cucite su misura per la speculazione, un esempio potrebbe essere quello della legge sul golf. Poi ci si dice che però tanto non saranno costruite quelle volumetrie collegate appunto alla realizzazione degli stessi campi da golf. Quindi si fanno le leggi, ma tanto si sa che comunque non avranno nessun effetto, in questo caso lo speriamo.
È cosa nota, e questo dovrebbe essere un dato valido per tutti, che in materia di edilizia turistica la strada da seguire può essere solo quella di una ricostruzione e riqualificazione dell'esistente, se ne possono discutere tempi e modalità di attuazione, ma solo un intervento del genere, se pianificato a livello regionale in modo serio, offrirebbe nel medio, lungo termine una chiave per uno sviluppo davvero sostenibile e duraturo, coniugando recupero dell'esistente e valorizzazione del paesaggio.
In conclusione, con le Linee guida voi non vi proponete di migliorare i difetti e colmare le carenze, che pure ci sono, che pure molti di noi hanno denunciato e ravvisato nel vigente PPR, ma puntate a sopprimere i pregi, gli aspetti più qualificanti impegnati nella pianificazione paesaggistica, che costituiscono esempio e punto di riferimento per diverse regioni italiane e non solo (mi riferisco ad altri paesi europei e dell'intero Mediterraneo), scardinando vincoli e regole per aprire le porte all'edificazione selvaggia e speculativa.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
Quarta verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Artizzu, Cherchi, Contu Felice, Dedoni, Dessì, Diana Giampaolo, Fois, Peru, Salis e Sanna Giacomo sono presenti.
PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 38 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: AMADU - ARTIZZU - BIANCAREDDU - CHERCHI - COCCO Daniele - CONTU Felice - COSSA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - FLORIS Rosanna - FOIS - GRECO - LAI - LOCCI - LUNESU - MILIA - MULAS - MURGIONI - OBINU - PERU - PETRINI - PIRAS - PITTALIS - RANDAZZO - RASSU - RODIN - SALIS - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Matteo - SANNA Paolo - STERI - STOCHINO - TOCCO - VARGIU.)
Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.
E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.
LOTTO (P.D.). Presidente, oggi discutiamo uno dei documenti di pianificazione più importanti che siano stati posti in essere nel periodo della storia dell'autonomia dalla Regione sarda; il documento ,è stato predisposto e approvato tra il 2004 e il 2006, periodo fecondo in cui diversi atti hanno contrassegnato il percorso di tutela e di salvaguardia del paesaggio. In Italia veniva approvato nel 2004 il decreto legislativo numero 42, il cosiddetto Codice Urbani, e in Sardegna a partire dalla legge numero 8 del 2004 sono state poi approvate le Linee guida nel 2005, e nel 2006 il Piano paesaggistico regionale a coronamento di una discussione, di un confronto politico nel Consiglio regionale, con e tra i consigli comunali dell'Isola, con e nella società civile sarda.
Il Piano paesaggistico regionale colmava un vuoto di tutela, derivato dalla caducazione dei Piani territoriali paesaggistici, affrontava per la prima volta e con coraggio il tema della salvaguardia del paesaggio costiero sardo in maniera unitaria. Non più piani territoriali, ma un piano regionale unico, documento ricco di grandi ambizioni, tra cui la principale (anche conseguita), credo sia la convinzione maturata nel popolo sardo che il paesaggio della nostra isola, e in particolare la fascia costiera, è un bene collettivo inalienabile. Un bene paesaggistico appunto, con tutto ciò che deriva da questa definizione. È raro trovare oggi tra i nostri conterranei chi non dia per acquisito questo concetto.
Quella stagione politica ha fatto maturare nel popolo sardo la consapevolezza che il paesaggio rappresenta un patrimonio, oltre che naturale, storico e culturale, anche economico, per l'oggi ma anche per il domani, per noi ma anche per i nostri figli, per le future generazioni. A un patto però, che la sua fruizione non significhi il suo consumo. Certo il Piano paesaggistico in quanto tale era indispensabile, ma non sufficiente per conseguire gli ambiziosi obiettivi che si poneva.
Esso andava calato nelle realtà territoriali, con la predisposizione dei piani urbanistici comunali, e questa era la seconda fase che doveva seguire all'approvazione del PPR; una fase rimasta pressoché inattuata e alla quale non si è prestata la sufficiente attenzione, in particolare in questi ultimi tre anni, non sempre per oggettive difficoltà, spesso per scelta. E per scelta del nuovo quadro politico regionale proteso verso un altro obiettivo dichiarato: lo smantellamento del PPR, la sua modifica nelle parti fondamentali.
Questo nuovo quadro politico, però, oltre a non agevolare, anzi direi a scoraggiare i nuovi PUC, come a dire predisponiamoli quando il PPR non ci sarà più, cosa ha fatto in questi tre anni e mezzo? Innanzitutto ha proposto e approvato tre leggi che vengono anche richiamate nel documento di cui oggi parliamo: la legge numero 4 del 2009, e le leggi numero 19 e 21 del 2011, in aperto contrasto con il Piano paesaggistico regionale, e appunto per questo praticamente contestate fortemente da noi, e non solo da noi, e rimaste pressoché inattuate.
Ma è utile ricordare anche che cosa non ha fatto questo quadro politico in questo periodo. Non ha affrontato il tema importante e urgente della nuova legge urbanistica, uno strumento assolutamente indispensabile per agevolare e semplificare la gestione urbanistica dei nostri territori, per agevolare l'applicazione dello stesso Piano paesaggistico regionale, per il superamento delle norme di salvaguardia, con appunto l'approvazione dei PUC.
Che cosa avete fatto e che cosa non avete fatto in questi anni, e che cosa intendete fare oggi con il documento in discussione, le nuove Linee guida in vista dell'aggiornamento del PPR? Un aggiornamento sulla cui utilità non vi è e non vi può essere ostilità ideologica, bensì da parte nostra una chiara e netta ostilità di merito.
Infatti, se da una parte era utile e persino auspicabile una verifica, una manutenzione qualcuno ha detto, una rivisitazione del Piano paesaggistico per eliminare o modificare alcuni aspetti di minore importanza paesaggistica, rivelatisi in alcuni casi non adeguati e in altri anche vessatori rispetto alle esigenze di intere categorie produttive, per esempio gli agricoltori, rispetto alle esigenze aziendali realmente produttive, dall'altra, che cosa si accinge a fare oggi il centrodestra?
Primo, adeguare al Piano paesaggistico regionale, ricordate, le leggi regionali Piano casa 1 e 2 e la legge sul golf che sono state, si badi bene, lo rimarchiamo in questa occasione, predisposte e approvate a suo tempo in barba ai contenuti del Piano paesaggistico. Secondo, ridefinire l'ambito della fascia costiera, non più bene avente natura di bene paesaggistico bensì "sistema ambientale ad alta intensità di tutela".
Questi sono i due passaggi fondamentali contenuti nelle ottanta pagine in cui si ripropongono le Linee guide, approvate nel 2005, da cui ha preso origine il PPR, e sono il cuore e il significato vero del documento oggi in esame, questa è la principale ragione per cui ritengo e riteniamo inaccettabile questo documento. Infatti, piegare il Piano paesaggistico alle tre leggi ordinarie, dichiaratamente richiamate, il cui intento dichiarato era il rilancio dell'edilizia tramite la rimozione dell'ostacolo, tra virgolette, PPR, è un obiettivo che non può essere impunemente nascosto tra le righe di ottanta pagine, per gran parte rappresentate dalle vecchie Linee guida e da una miriade di luoghi comuni, asserzioni di principio enunciate e subito disattese. Così come non può non essere colta nel suo vero significato la declassazione della fascia costiera, non più ritenuta bene paesaggistico e sottratta pertanto alla salvaguardia integrale.
Tutto questo è una grande contraddizione! E' certamente un peccato però che si sia scelta questa strada, una strada che porta alla contrapposizione, all'impossibilità di dialogo per il raggiungimento di obiettivi tra i quali più di uno sarebbe condivisibile. A partire dalla tutela delle coste che per tutti noi deve essere un patrimonio inalienabile e che tutti noi abbiamo il dovere di difendere, per arrivare all'altra parte del paesaggio sardo che è rappresentata dal paesaggio agrario e agropastorale, con la convinzione che la migliore valorizzazione, tutela e salvaguardia del paesaggio agrario la si potrà ottenere con il rilancio dell'attività agricola, con la costruzione delle condizioni affinché l'uomo continui a lavorare la terra e lo possa fare con dignità e con la consapevolezza che, con la sua presenza nel territorio oltre a fornire alla comunità la principale fonte di sostentamento, rende lo stesso vivo e vitale, contribuendo in maniera attiva alla sua salvaguardia. Non c'è paesaggio più brutto di un territorio agricolo, antropizzato e abbandonato, non c'è cosa più degradata!
Noi dovremmo pertanto porci questo obiettivo di fondo: lavorare affinché si arresti lo spopolamento delle campagne e se, per fare ciò, serve incentivare e agevolare la realizzazione di quelli che con gergo agronomico vengono definiti "comodi del fondo" questi vanno realizzati, e vanno eventualmente rimossi pregiudiziali impedimenti affinché però l'attività agricola riparta davvero!
Altra cosa è incentivare il trasferimento caotico e disordinato delle residenze dalla città all'agro. Questo è stato e sarà in futuro l'inizio della fine. L'inizio di un processo di vero e proprio consumo improprio del territorio, assolutamente dannoso e da evitare, concetto che non mi pare sia nelle corde di questa Giunta e di questa maggioranza che hanno proposto e approvato le leggi regionali di cui dicevo prima; leggi che oggi vogliono trasferire integralmente nel Piano paesaggistico.
Altro possibile obbiettivo condivisibile è rappresentato dalla salvaguardia e valorizzazione dei centri storici. Anche in questo caso non c'è destino peggiore dell'abbandono. Rendere più visibili questi ambienti, e salvaguardarne nel contempo i pregi storici e architettonici, è un obiettivo ambizioso e senz'altro condivisibile. Per conseguirlo, però, serve non la contrapposizione bensì il confronto; cosa che allo stato dei fatti, con queste premesse, purtroppo è oggi impossibile.
Infine serve, come dicevo all'inizio, non lo smantellamento del Piano paesaggistico ma la promulgazione di una nuova legge urbanistica al cui interno normare nuovi concetti di gestione del territorio; parlo della perequazione dei nuovi parametri urbanistici, parlo di un turismo sostenibile che non sia più volto, come era un tempo, verso il turismo balneare ma che sia anche ambientale, storico-culturale, eccetera, con un concetto di fondo da tenere presente: la lotta senza quartiere alla rendita fondiaria che non è fonte di sviluppo economico!
E' tale invece la promozione delle attività imprenditoriali che investono sulla sostenibilità sociale e ambientale e che tengono conto della reversibilità delle destinazioni urbanistiche. Questo è' un concetto che ci impegnerà in futuro, ma non è più pensabile che quello che si acquisisce con un PUC oggi possa valere tra vent'anni come diritto acquisito; è un tema delicato ma che va, per la prima volta, assolutamente affrontato.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mula. Ne ha facoltà.
MULA (Riformatori Sardi). Tra la fine degli anni '90 e i primi del 2000, dopo la disastrosa fine della pianificazione urbanistica regionale basata sui PTP, miseramente annullati dalle sentenze del Tar, sotto i colpi di scure delle associazioni ambientalistiche, nello stato di vacatio legis venutosi a creare, sono stati realizzati in Sardegna i peggiori ecomostri. Forse qualcuno ebbe interesse ad avere una deregulation urbanistica per soddisfare aspettative più o meno legittime di tipo speculativo, soprattutto nelle zone costiere.
Tenendo fede al programma elettorale della Giunta Soru nel 2004, con delibera 33/1 del 10 agosto 2004, che si tradusse qualche mese dopo nella legge regionale numero 8 del 2004, chiamata per semplicità legge "salvacoste" si stabilirono regole ferree ed estremamente restrittive per i territori costieri identificando nella fascia dei due chilometri dalla linea di battigia il limite di inedificabilità; limite che rimase in vigore fino alla approvazione del PPR.
Il PPR rappresenta lo strumento di pianificazione, il quadro di riferimento e di coordinamento per lo sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale e assume i contenuti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo numero 42 del 2004, meglio conosciuto come decreto Urbani, o Codice Urbani, per il quale tutti i comuni della Sardegna dovevano adeguare i propri strumenti urbanistici allo stesso.
Il PPR, redatto ai sensi dell'articolo 135 del decreto legislativo numero 42, è il principale strumento di pianificazione e di tutela di tutto il territorio regionale. Il PPR ha individuato ventisette zone o ambiti territoriali diversi tra loro per conformazione geologica, insediamenti abitativi, turistici, eccetera, e ha dettato le regole per la predisposizione degli strumenti attuativi che dovevano definire gli interventi urbanistici ammessi, dettati dalla cooperazione tra la Regione ed enti locali interessati. Nelle more, in attesa di queste norme, vigevano le norme di salvaguardia.
Lo strumento urbanistico approvato creò moltissimi malumori nei cittadini e, soprattutto, nelle amministrazioni locali; quello che fu il cavallo di battaglia del presidente Soru si dimostrò alla fine essere lo strumento che ne decretò la sonora bocciatura elettorale del 2009; divenne infatti cavallo di battaglia del presidente Cappellacci e della sua coalizione che nello stesso anno stravinse le elezioni proprio con la promessa al popolo sardo che questo infernale strumento sarebbe stato modificato.
Uno degli articoli più contestati dello strumento in questione, oltre ai vincoli, fu l'articolo 15, commi 5 e 6, sul cosiddetto strumento dell'Intesa; con questa disposizione si attribuivano poteri eccessivi al Presidente della Regione che, con assoluta discrezionalità, anche nelle aree di maggior tutela, concedeva autorizzazioni all'edificazione. L'Intesa fu il grimaldello per forzare i vincoli del PPR, in alcuni casi anche con il parere contrario dei comuni. Quindi ci fu il via libera a interventi come quello del Club Med a Caprera. Colpì, in proposito, una dichiarazione dell'allora Presidente del Consiglio regionale, Spissu, il quale disse che sulla base del PPR la Giunta aveva stipulato centoventi Intese con i comuni e altre ottanta erano già pronte: colate di cemento e metri cubi in deroga al Piano paesaggistico regionale.
Ancora prima, chiaramente, dell'approvazione del PPR il presidente Soru dichiarava (era il novembre 2003) che bisognava ripensare il turismo, riempire gli alberghi esistenti e non costruirne di nuovi, dire basta ai ricatti per cui un posto di lavoro era uguale a un albergo, e che era assurdo pensare di lasciare ai nostri figli una casa e un garage e non un ambiente intatto. L'8 marzo del 2004 il presidente Soru dichiarava che se, per assurdo, le nostre coste fossero state disabitate in realtà saremmo stati non più poveri ma più ricchi.
"Stop al cemento", il PPR doveva incarnare questi ideali di tutela e conservazione. Nella sostanza è stato uno strumento non solo utilizzato a discrezione del Presidente ma anche non di facile lettura da parte dei comuni che, dovendo adeguare i propri piani urbanistici, si trovarono nella più totale confusione e solitudine a combattere battaglie senza avere le armi giuste per farlo.
Lo dimostra il fatto che dopo sei anni dall'approvazione del PPR a oggi solo 10 comuni su 376 hanno adeguato i propri strumenti urbanistici. Il PPR è stato in tutti questi anni oggetto di ricorsi da parte dei cittadini e dei comuni, alcuni rigettati e altri accolti, ma in sintesi si può affermare che il PPR di Soru ha retto agli attacchi, e questo ne conferma l'impianto e la validità.
Già nella campagna elettorale regionale del 2009, in seguito alle proteste rappresentate da tutte le categorie, si presero degli impegni sulla necessità di modificare lo strumento urbanistico, non per favorire la deregulation urbanistica, o la speculazione immobiliare da parte di lobby del cemento, ma per renderlo più consono alle esigenze della gente, di più semplice lettura e per permettere a tutti i comuni della Sardegna di poter adeguare i propri strumenti urbanistici.
Le considerazioni odierne nascono dall'esigenza di modificare il PPR per farne uno strumento di facile applicazione e rispondente alle aspettative legittime di chi ancora crede che, solo con la salvaguardia del territorio, ci siano sviluppo e crescita economica e sociale.
Tentativi di modifica del PPR sono stati affrontati con l'approvazione delle leggi regionali, in particolare la legge numero 21 e la legge numero 4, relative al cosiddetto Piano casa, senza però riuscire a incidere per dare le risposte che tutti i sardi attendevano. Ora è doveroso intervenire in maniera seria e oculata, il tempo è scaduto, bisogna modificare il PPR, in particolare io direi gli articoli 15, 20 e 83, e affrontare con determinazione uno studio attento per la predisposizione di una legge urbanistica che superi il dettato dell'attuale legge, la numero 45 del 1989.
La discussione delle Linee guida, che oggi ci apprestiamo a fare, ci deve vedere tutti impegnati nel trovare le soluzioni che meglio rispondono alle esigenze vere di tutta la comunità sarda; comunità che attende una seria programmazione della salvaguardia dell'ambiente, bene supremo, per farne una risorsa di crescita culturale ed economica; nessun'altra logica ci deve guidare nel nostro agire politico.
Le mie osservazioni intendono portare un contributo al documento relativo alle Linee guida per la redazione del PPR ai sensi del comma 7 dell'articolo 2 della legge numero 25 del 2008, modificato dall'articolo 10 della legge regionale numero 21 per gli ambiti interni e ai sensi dell'articolo 11 della legge numero 23 ottobre 2009 numero 4, aggiornamento e revisione del PPR primo ambito omogeneo costiero, per cui divido il mio intervento in due parti.
Prima parte; da una lettura del documento predisposto non si può fare a meno di constatare il buon livello di pianificazione paesaggistica raggiunto oggi con la predisposizione del Piano paesaggistico regionale; Piano inteso come strumento di governance del territorio regionale nel quale il paesaggio diviene fulcro insostituibile di uno sviluppo ecosostenibile attento a contemplare il fattore di sviluppo locale, l'identità, la cultura delle comunità e la tutela della risorsa naturale.
Le analisi, gli aspetti metodologici riportati in questo documento, che possono essere considerati di alto valore conoscitivo e di grande spessore intellettuale, sono frutto della fattiva collaborazione interdisciplinare dei vari soggetti istituzionali deputati alla predisposizione degli strumenti di pianificazione. L'aspetto metodologico utilizzato per la predisposizione delle Linee guida, gli obiettivi posti dalle stesse come strategie per un modello di sviluppo tra le comunità e l'ambiente naturale propongono due orientamenti principali di grandi prospettive: identificare le grandi varianti del paesaggio e ricostruire il paesaggio risanando i luoghi delle piccole e delle grandi trasformazioni con il difficile recupero del degrado.
Tra gli obiettivi e le missioni della pianificazione sicuramente interessante è la costruzione di un percorso di condivisione con le comunità locali; infatti la vera difficoltà della pianificazione territoriale paesaggistica è quella di calare lo strumento nel territorio e far sì che lo stesso venga accettato dalle popolazioni, qualsiasi pianificazione viene percepita dalla gente con l'intolleranza di chi vede il vincolo paesaggistico come un sopruso calato dall'alto, come un divieto a fare, un aprioristico "no" imposto da persone estranee alla nostra terra che non conoscono la realtà del nostro territorio.
In tutto questo vi è un fondo di verità, il paesaggio è vissuto in prevalenza da gente comune che dimostra scarsa condivisione delle norme paesaggistiche ma che in realtà trasforma in modo importante, con il proprio lavoro e con le proprie abitudini, quotidianamente, il territorio e l'ambiente naturale.
Nelle Linee guida deve essere sviluppato in modo importante, e soprattutto efficace, il concetto di condivisione dello strumento di pianificazione con la gente comune che tutti i giorni trasforma l'ambiente e il paesaggio, soprattutto con le persone che per prime traggono vantaggio dall'utilizzo di tali risorse naturali quali contadini, pastori, operatori edili e soprattutto operatori turistici.
Seconda parte; da una lettura approfondita delle Linee guida e alla luce delle dichiarazioni del Presidente, rilasciate la settimana scorsa durante la loro illustrazione, non poche perplessità colpiscono la mia visione di programmazione e tutela del territorio regionale. Il cambio delle regole è cosa giusta, ma fin dove si voglia spingere è abbastanza discutibile. Colpisce la mia attenzione e la mia riflessione ciò che viene scritto da pagina 70 a pagina 75, il corpus del documento. Non è chiaro che cosa si intenda quando si scrive che bisogna "valutare la possibilità che la fascia costiera sia qualificata come sistema ambientale ad alta intensità di tutela, non avente natura di bene paesaggistico". Stessa frase viene ripetuta per le aree caratterizzate da insediamenti storici-centri di prima e antica formazione (è previsto lo strumento del Piano particolareggiato), e in relazione alla tutela, salvaguardia e sviluppo del paesaggio rurale.
La domanda che ci si pone è se nelle coste cade il vincolo di inedificabilità. Sono perfettamente d'accordo sulla nuova perimetrazione della fascia costiera, è impensabile mantenere il vincolo di inedificabilità nei due chilometri dalla linea di battigia, ma diventa discutibile il considerare l'ambito costiero come "bene non avente natura paesaggistica", e che quindi la norma di tutela sia considerata una disposizione di facciata che porta al superamento, di fatto, delle autorizzazioni paesaggistiche che ne tutelano il territorio ai sensi della "42" e della "431".
La mia personale preoccupazione credo sia comprensibile, e parlo non solo da consigliere regionale, ma anche da amministratore locale di un comune costiero che in passato ha subito attacchi di speculazione edilizia tali da far temere seriamente a un nefasto ritorno. Da più parti dell'opposizione si evoca il mantenimento in vita dello strumento urbanistico già respinto dal giudizio elettorale del 2009, e per una parte politica che si propone come forza di governo per la prossima legislatura questo significa perseverare in una visione di programmazione del territorio seguendo degli schemi che non rispondono, nella realtà attuale, a nessuna visione strategica di programmazione.
La Sardegna non è tornata a sorridere, ma non vogliamo che torni a piangere. Non facciamo l'errore che ha fatto e continua a fare la Spagna, che sarà ai primi posti in Europa per il modello di turismo, ma la facilità nell'ottenere le autorizzazioni negli ambiti costieri ha permesso di avere, sì, una minore burocrazia autorizzativa, però ha consentito di creare delle strutture veramente di scarso valore, che da qui a qualche anno dovranno essere riqualificate e, nel contempo, si è consumata la parte del territorio più pregiata. Forse dovremmo trovare una via di mezzo, la consapevolezza del paesaggio, come risorsa, può essere l'unico denominatore capace di rendere il Piano paesaggistico regionale generatore di una politica di sviluppo sostenibile.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Signor Presidente, signori Assessori, onorevoli consiglieri, oggi, come ieri, si discute su un tema cardine, un tema cardine che a mio avviso apriva una prospettiva importantissima dopo che la nostra Regione, lasciata quella atmosfera e quell'ambiente agro-pastorale mantenutosi inalterato nel tempo sino a metà dell'800, vedeva modificarsi il suo aspetto con l'introduzione e lo sviluppo dell'industria, in modo particolare l'industria mineraria che interessa quasi un terzo dell'isola.
L'evoluzione della Sardegna avviene esclusivamente per cause esterne, mai per una programmazione interna, anche se spesso si è parlato di Piano di rinascita. Ma questi importantissimi strumenti di pianificazione vengono gestiti esclusivamente dall'esterno della Sardegna, la Sardegna non ha mai preso in mano le redini del suo sviluppo e del suo destino. Così ha potuto svilupparsi la petrolchimica, che ha interessato importanti aree del territorio (parlo delle aree di Porto Torres al nord, di Ottana al centro, di Macchiareddu e Villacidro al sud), una grande ricchezza economica che ha consentito un elevato tasso di occupazione, anche a discapito della realtà agricola regionale.
Un'esperienza che è durata un ventennio, nulla di più, che ci ha lasciato industrie ormai dismesse, inquinamenti di fatto ancorain situ, e numerosi operai in mobilità e in cassa integrazione che tuttora lottano per avere quel sussidio minimo vitale che la legge gli consente. Un'evoluzione avulsa dalla nostra storia, mentre il Piano paesaggistico credo avesse una valenza molto più alta, un'impostazione che consentiva, o che dovrebbe consentire, alla Sardegna un nuovo modello di sviluppo partendo dalle sue ricchezze naturali.
Purtroppo in molte amministrazioni, compresa la nostra, l'alternanza spesso è un fattore deleterio, perché non c'è visione prospettica, e spesso non si accetta, non si accoglie, non si riprende una visione strategica. Anche se questo odierno sembrerebbe un tentativo di ripresa, è un tentativo tardivo perché, di fatto, con i vari Piani casa e con la legge sul golf, si è stravolta questa visione prospettica di una Sardegna diversa.
Infatti il concetto di base del Piano paesaggistico, anche per questa maggioranza, è quello del mattone, esclusivamente del mattone, tant'è che le varianti avevano come oggetto questo bene; un bene che ha portato, sì, risorse economiche in Sardegna, ma ha portato anche scempi. Io credo che in Sardegna abbiamo ormai una cubatura eccessiva, una cubatura che si degrada nel tempo perché non siamo in grado di gestirla, perché oggi in buona parte è sulle spalle dei sardi, perché all'inizio, dopo la venuta dell'Aga Khan negli anni '60, quando in Sardegna cominciò lo sviluppo costiero e, soprattutto, cominciò a prospettarsi uno sviluppo turistico diffuso, furono capitali esterni a investire nei nostri territori, edificando abitazioni che venivano acquistate da imprenditori extraterritoriali.
Seguì quindi lo sviluppo abnorme del turismo e anche il crollo del turismo, perché la Sardegna non è sola nel mondo, vi sono altre località altrettanto splendide che possono fare concorrenza alla nostra isola, per cui titolari di strutture abitative si sono spostati verso altri lidi, lasciando lo spazio ai sardi; i sardi che oggi, con l'attuale situazione economica, non sono in grado di gestire questo vasto patrimonio. E' sufficiente andare nelle località marine per trovarsi di fronte centinaia e centinaia di abitazioni chiuse, anche durante l'estate.
Queste case non si riesce più ad affittarle, non si riesce quindi a usarle, è un patrimonio che si deteriora, perché il patrimonio abitativo rivierasco è soggetto a un degrado molto più rapido di quello dei centri storici. Quindi, parliamo di un investimento che ha portato, per carità, ricchezza e occupazione, ma che oggi non ha più senso continuare a incentivare o continuare a caldeggiare. Bisogna davvero tornare allo spirito del PPR, quello spirito che voleva una Sardegna capace di tutelare la propria storia, il proprio territorio e fondare su questa storia e su questo territorio uno sviluppo possibile e gestito interamente dai sardi. Il controllo di gestione, di un sistema paesaggistico deve essere totalmente in mano, si dice, alle popolazioni che governano quel processo.
Allora, io credo che la Sardegna possa riprendere questo cammino, visto e considerato che anche questa maggioranza lo ripropone, ponendo come base i principi cardine contenuti nel Piano paesaggistico. Il Titolo I che riguarda la tutela del patrimonio storico-ambientale della Sardegna è condivisibile, accettato. Partendo da quei principi fondanti, io credo che si possa evitare di ridurre questo importante strumento a mero Piano di aggiustamento edilizio.
Si è parlato in quest'Aula di avviare la discussione della legge urbanistica che consenta la gestione e la regolamentazione dei processi urbanistici in Sardegna, ma il resto va riportato allo spirito del PPR, ripeto, lo spirito che vede nel territorio, nel paesaggio prima di tutto, uno degli elementi fondanti dello sviluppo. Se parliamo di territorio, se parliamo di ambiente, parliamo di ambiente naturale, qualcuno lo ha accennato prima, o di monumento, e quel monumento va salvaguardato perché ha una sua caratteristica, ha una sua specialità.
Se avessero continuato nel periodo dei Pisani a distruggere le nostre foreste, forse oggi non conosceremmo le nostre sugherete, forse non conosceremmo i nostri bellissimi alberi di leccio che, maestosi e sempre forti alle intemperie e al clima della Sardegna, tanto splendore diffondono in varie parti dell'Isola. Allora, se è davvero un monumento va tutelato e protetto, perché rappresenta la peculiarità dell'habitat regionale.
Qualcuno ha detto che non tutto può essere bloccato, non tutto può essere delimitato, anche perché nel territorio della Sardegna vivono i sardi che, come ho detto prima, fino a metà dell'ottocento vivevano esclusivamente dei prodotti dell'agricoltura, e questo deve essere a mio avviso il nodo della questione. Il patrimonio della Sardegna sono solo le terre, l'alimentazione non cesserà mai di essere elemento di riferimento dell'uomo, quindi della collettività sarda in primis, ma anche della collettività nazionale e internazionale.
Allora, se questo è vero, perché il PPR non favorisce quella che potrebbe diventare l'industria primaria in Sardegna: l'agricoltura, con i suoi sviluppi? Bisogna allora puntare sul modello agricolo di alta tecnologia e magari, perché no, vanificare, bloccare l'espansione abnorme dei parchi eolici e dei parchi fotovoltaici che sfruttano le risorse naturali della Sardegna per non creare che pochi posti di lavoro e portare il reddito che ne deriva fuori dalla Sardegna. Se penso alle risorse investite nell'industria, penso anche a quanti denari abbiamo buttato nella grande industria per avere oggi ruderi o industrie che guardano altrove e che qui chiuderanno: è un processo irreversibile.
E se noi non abbiamo la forza di anteporre a quella chiusura, che avverrà a breve, un nuovo modello di sviluppo, dovremo riprendere la valigia ed emigrare, perché questo è il destino del sardo se in Sardegna non ci sarà sviluppo economico. Pertanto, quando dico che l'industria primaria deve essere la terra, rivolgo un invito a riflettere sulle nostre imprese agricole e zootecniche affinché si creino le condizioni ottimali per avere aziende modello, che siano autosufficienti dal punto di vista energetico.
Invece di consentire l'installazione di grandi parchi eolici, che stanno invadendo il nostro territorio, perché non consentire la pala eolica aziendale che dà all'azienda l'autosufficienza in materia di energia? Perché questi sono i costi che incidono in un'azienda agricola; oltretutto eviteremmo anche tutte quelle palificazioni e quelle enormi quantità di cavi elettrici che attraversano il nostro paesaggio regionale. Quindi, un PPR che guardi a questa attività, che sostenga questa possibile redditività, attorno alla quale nascono le attività collaterali, quali le attività di trasformazione.
L'industria possibile in Sardegna, pertanto, può e dovrà essere solo l'industria di trasformazione delle nostre produzioni; non tutto infatti viene consumato in Sardegna, parte può essere esportato, se è vero come è vero che si guarda alla Sardegna come terra importante sotto l'aspetto delle attività produttive. Anche il Principe saudita, nel corso della sua visita in Sardegna il mese scorso, ha chiesto ai produttori sardi di aprire spazi di commercializzazione nelle aree del Nord Africa; perché? Perché molte delle nostre produzioni sono similari alle loro, c'è una cultura che ci accomuna, e quindi guardano alle nostre produzioni come fanno per le loro.
Perché non cogliere questi aspetti? Perché non consentire che questo strumento, che non deve essere uno strumento meramente edilizio, ripeto, così come purtroppo fino a questo momento si è paventato, apra scenari a una nuova Sardegna? E quindi va bene inserire normative che consentano l'accorpamento per dare vita ad aziende modello; un'azienda si regge, può svilupparsi, può dare occupazione grazie anche alla sua unitarietà, deve avere cioè un minimo, in termini di dimensione, per poter essere produttiva e poter consentire una vera occupazione.
Se oggi investissimo di più nelle nostre scuole e anche nelle nostre università sull'idea che la Sardegna possa fondare il suo sviluppo sull'agricoltura, anche i giovani andrebbero in questa direzione. Esattamente come successe con l'avvento dell'industria petrolchimica, allora l'università sfornò centinaia di ingegneri chimici, perché c'era questa visione di un nuovo sviluppo; uno sviluppo che, come ho detto, ha avuto un percorso molto breve.
Il mondo agricolo invece non può avere un corso breve, perché ha una sua vita naturale che accompagnerà sempre l'uomo. E questo è un bene, se è vero soprattutto che il prezzo del grano è in aumento. Ricordo che eravamo uno dei maggiori granai, prima di Cartagine e poi di Roma; non sto dicendo che dobbiamo essere di nuovo il granaio di qualcuno, bensì che potremmo essere il granaio di noi stessi producendo anche determinate qualità di grano. E su questo è importante la ricerca; avevamo tipi di sementi originali su cui altri hanno apposto il marchio, e noi dobbiamo acquistare le nostre sementi originali da un mercato che specula sulla nostra originalità. Pertanto dobbiamo riappropriarci di queste nostre originalità per avere uno sviluppo endogeno di prospettiva.
Per quanto riguarda il tessuto urbano, blocchiamo gli investimenti sulla costa intervenendo sul recupero delle parti migliori, perché davvero ci sia un turismo di qualità. Ci interessa forse il turismo di massa? Siamo in grado di proporre un turismo di massa? Non abbiamo l'habitat di Rimini costituito da spiagge infinite dove si possono insediare stabilimenti balneari di quel tipo, così come non abbiamo produzioni alimentari in quantità tali da poter soddisfare quella massa di turisti; noi dobbiamo puntare sul turismo culturale, e qui si apre un altro filone del nostro grande patrimonio.
Ieri abbiamo celebrato il professor Lilliu. Il professor Lilliu (ne ho parlato altre volte, e non mi stancherò di ripeterlo) ha rappresentato la Sardegna, la cultura della Sardegna, ai massimi livelli. Noi non siamo in grado di puntare sul filone del bene culturale? E mi fermo al mondo nuragico, alla espressione più originale della nostra evoluzione culturale, un periodo storico splendido, che ha visto questo nostro popolo rappresentare l'intero Mediterraneo, se è vero come è vero che gli Etruschi sono parte integrante del mondo nuragico, se è vero come è vero che gli Shardana, quindi il popolo dei mari, fosse quello nuragico, quindi quello sardo.
Ma non possiamo pensare di aprire un filone di turismo culturale con le università sarde, con le università internazionali? Faccio un esempio banale per capirci. Noi dobbiamo riappropriarci di questo patrimonio, allora basterebbe contattare l'università per avere, ogni quindici giorni, ogni mese, venti studenti, e aprire dieci, cento cantieri archeologici in Sardegna; avremmo studenti paganti per venire a scavare in Sardegna (quindi avremmo un'economia di ingresso) e ci aiuterebbero a scoprire meglio la nostra storia, perché su sette mila nuraghi neanche uno è stato scavato scientificamente. Anche il nuraghe di Barumini è stato scavato con le ruspe, perché gli scavi scientifici non sono stati fatti.
Ripropongo la risorsa culturale, la risorsa scientifica rappresentata dai nostri studenti che studiano il passato e quindi hanno possibilità di approfondire e di lavorare nella loro terra e di esserne le guide principali; perché anche nel settore del turismo culturale spesso ci proponiamo aggiustandoci, inventandoci la guida di turno. Io ricordo, le prime volte che visitai il nuraghe di Barumini, il vecchietto che faceva da custode si improvvisava anche guida turistica. Quei tempi ritengo siano finiti.
Abbiamo dei giovani bravissimi, laureati in lettere antiche che possono tranquillamente approfondire il loro curriculum sul campo, con gli scavi, con gli studenti italiani, con gli studenti europei ed extra europei che verrebbero in Sardegna per campagne di scavo organizzate. Ecco un nuovo filone turistico che ci consentirebbe di riappropriarci anche della nostra storia; una storia che, ripeto, non è seconda a nessuno. Altre volte ho parlato del mondo miceneo, questo popolo scomparso, e non si sa dove sia andato, però ci sono tracce della sua presenza in aree archeologiche della Sardegna.
Ma abbiamo l'architettura. Nel mondo miceneo il monumento architettonico più importante è la tomba di Agamennone, che è una sorta di pozzo sacro; in Sardegna non solo abbiamo i pozzi sacri, ma abbiamo le tombe dei giganti e i nuraghi.
Pertanto, io credo che davvero il Piano paesaggistico avesse un altro spirito che non quello meramente edilizio. Torniamo a questo spirito, torniamo a valutare questi aspetti perché poi, a cascata, non solo nascerà una nuova agricoltura, non solo nasceranno i nuovi centri urbani, non solo nasceranno nuovi apporti alle persone, e qui potremmo allargarci per parlare degli spazi attorno agli abitati che spesso sono abbandonati e non possono essere accorpati, ma possono essere assegnati perché nascano i piccoli appezzamenti dediti al giardinaggio, che fanno parte della storia dei nostri comuni…
PRESIDENTE. Onorevole Agus, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Cugusi. Ne ha facoltà.
CUGUSI (Gruppo Misto). Linee guida del Piano paesaggistico regionale. Uno strumento così importante, così innovativo, ha certamente necessità di momenti consuntivi e di calibrazione, questa è una norma generale alla base di tutte le grandi leggi innovative. L'onorevole Campus ricordava nel suo intervento che l'Assessore ha un importante ruolo di garante. Vorrei aggiungere di garante anche del fatto che lo strumento superi innanzitutto ogni criticità applicativa, e questo fuori da ogni contesto e sensibilità politica perché lo ritengo un prerequisito che misura sempre la bontà di una norma.
Vorrei essere ancora più chiaro. Senza entrare nel merito delle linee guida del PPR c'è un'esigenza ancora più nobile: la corretta e certa applicazione della legge, un'esigenza talmente sentita da questa istituzione che ha voluto addirittura istituire una Commissione d'inchiesta che vigili sull'applicazione delle leggi. Il PPR in questi sei, sette anni di vigenza ha innescato molti procedimenti burocratici di profonda criticità. Pensiamo per esempio agli adeguamenti al PUC; penso che siamo intorno al 3, 4, 5 per cento del lavoro ancora da fare. Queste Linee guida non risolvono assolutamente questa problematica che rimane invariata, che rimane il nervo scoperto di tutte le pubbliche amministrazioni.
Ricordo che la legge numero 23, l'anno è il 1985, ha un capitolo dal titolo: "snellimento delle procedure amministrative", trent'anni fa un capitolo di una legge parlava di snellimento delle procedure amministrative. In questo senso mi trovo d'accordo con l'onorevole Capelli quando dice che il Consiglio regionale è lo spauracchio delle amministrazioni locali,. I testi di elettrotecnica, per molte apparecchiature, dicono che debbono essere "a prova di scemo", che significa che l'utilizzo di un'apparecchiatura non deve richiedere livelli intellettivi elevati per il suo corretto utilizzo. Spostando questo ragionamento nel settore urbanistico posso dire che la legislazione urbanistica non è a prova di burocrazia tecnico- amministrativa degli enti locali sardi.
Alla burocrazia, forse perché non è richiesto l'utilizzo di capacità interpretativa, non è richiesta sensibilità, non è richiesto buon senso, e non sto entrando nel merito delle Linee guida. Vorrei portare un banalissimo esempio per far capire proprio questo livello di incomunicabilità. Quest'Aula pochi mesi fa ha licenziato una norma che recita testualmente: "Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di metri 2,40 per gli spazi a uso abitativo".
In primo luogo sappiate che il calcolo della media ponderale non è banale, va fatto con cautela. Questa norma è interpretata da alcune importanti amministrazioni nel senso di non concedere né un centimetro in meno - e questo va benissimo - ma neanche un centimetro in più rispetto ai 2,40. Ho fatto l'esempio di una norma che non è scritta a "prova di scemo", o meglio a prova di burocrazia. La carenza applicativa di questo strumento rimane al di là dei profili di mitigazione sui vincoli, rimane la grave incomunicabilità tra ruolo legislativo e ruolo esecutivo gestionale del comparto normativo.
In questo dibattito, entriamo leggermente nel merito, è rientrato l'eterno tabù sulla superficie minima per gli interventi in zona agricola ed è un eterno dibattito che per esempio nelle zone B rimane sulla tipologia intensiva e tipologia estensiva dell'edificato. Io conosco esempi di interventi indecorosi in lotti urbanistici oltre i quattro ettari ed esempi decorosi in lotti urbanistici anche di un solo ettaro. E' grave pensare che il metro della superficie sia quello necessario e inderogabile, altri sono gli strumenti; certo, lo ricordava l'onorevole Capelli, anche quelli di stimolo e diceva che incoraggiare gli accorpamenti può essere un elemento importante. Ma io dico soprattutto l'obbligo della zonizzazione delle zone E, dove gli indici volumetrici devono andare di pari passo con la qualità del paesaggio. Su questo tema è stato chiaro l'onorevole Corda: in alcuni ambiti l'attenzione sulla speculazione turistica e la sua prevenzione devono essere totali.
Negli ambiti dove va incoraggiato lo stimolo verso la conduzione e il controllo della campagna, e mi riferisco evidentemente e sostanzialmente alle zone interne, lo strumento che considero ancora attuale sono le direttive del 1994, laddove però siano applicati, in modo chiaro e inequivocabile, i cinque livelli di sub zonizzazione. Purtroppo tantissimi comuni non hanno recepito, nella sua ampiezza, il concetto di sub zonizzazione; molti altri lo hanno recepito e applicato però con superficialità, senza un approfondito studio geologico, agronomico e ambientale.
Vorrei concludere con l'auspicio che la Commissione urbanistica abbia in qualche modo la possibilità, essendo rappresentativa dell'intero Consiglio regionale, di apportare, mi auguro quasi in itinere, dei miglioramenti su alcune parti che ancora considero fortemente deficitarie delle Linee guida del PPR.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Rodin. Ne ha facoltà.
RODIN (P.d.L.). Signor Presidente, onorevole Assessore, onorevoli colleghi, quei colleghi che hanno avuto la fortuna di sedere tra questi banchi quando, nella scorsa legislatura, fu approvato il PPR credo abbiano ancora presente la percezione di essere stati protagonisti di una pregevole azione politica perché quelle norme costituiscono uno strumento molto importante per la Sardegna.
L'approvazione del Piano è stato un atto di assoluta novità nella legislazione regionale, un "momento spartiacque" tanto da segnare il prima e il dopo in materia di paesaggio. Le Linee guida, approvate dal Consiglio regionale il 25 maggio 2005, costituiscono la base di tutto il lavoro di revisione del nuovo Piano paesaggistico regionale. Linee guida che vengono giustamente riproposte per intero senza che sia modificata una sola virgola, e questo credo ne sia il miglior apprezzamento.
Dico giustamente perché quelle Linee guida hanno fatto uscire il PPR dai limiti di una concezione estetizzante, così è stata definita, per affermare alcuni principi basilari che la legge Galasso e la Corte costituzionale avevano colto già negli anni '80. E' stato affermato il principio secondo cui il paesaggio, valore primario e assoluto, è un dato costitutivo dell'identità culturale delle singole comunità insediate ovvero, secondo la formulazione dell'articolo 2 del codice Urbani, i beni paesaggistici costituiscono parte integrante del patrimonio culturale.
Queste Linee guida fissano principi che costituiscono un atto di fondamentale importanza, perché tracciano una cornice di obiettivi di programmazione del lavoro di definizione del quadro paesaggistico, e anche urbanistico, foriero di tutela della parte più preziosa del paesaggio, indubbiamente, ma anche di maggiore valorizzazione del territorio della Sardegna, di sviluppo economico e crescita occupazionale, in ultima analisi di benessere. Io credo che tale apprezzamento possa essere condiviso da parte di tutte le forze politiche presenti in Consiglio, a prescindere dallo schieramento di appartenenza.
Allora, è lecito domandarsi se non ci sia una contraddizione tra la condivisione delle Linee guida, approvate nel 2005, e la dichiarata necessità di revisione del PPR. La risposta è univoca: non c'è alcun contrasto. I principi delle Linee guida del 2005 non sono messi in discussione, data l'universalità dei valori che essi esprimono, la revisione trova fondamento nelle stesse Linee guida, riproposte integralmente, come dicevo, ma c'è la necessità di aggiornare le regole che in verità hanno trovato scarsa applicazione. Noi tutti riteniamo, credo, che il PPR sia nato bene benché calato dall'alto, ma siamo consapevoli che a distanza di sei anni circa il Piano abbia necessità di una rivisitazione per dare risposte alle sollecitazioni degli amministratori e di tanti cittadini, e crediamo anche che la situazione che si è creata non possa non preoccupare la classe politica.
A questo proposito non si può dimenticare che l'aggiornamento e la revisione del PPR costituiscono adempimento di disposizioni di legge, ovvero della legge regionale numero 13 del 2008 e della legge numero 4 del 2009, né si può ignorare il fatto che alcune sentenze del giudice amministrativo hanno cassato parte rilevante del PPR. Perciò la revisione del PPR è ormai un atto necessario nel quale, a mio avviso, deve essere coinvolta anche la minoranza, ma per fare questo occorre sgombrare il campo da certi pregiudizi.
Io credo, quindi, che si debba raccogliere l'invito del Presidente a evitare di dividerci (riprendo le sue parole) tra coloro che credono di essere gli unici difensori dei territori della nostra Isola contro gli altri che altro non vedono se non la cementificazione e la distruzione di quel bene comune. Nessuno deve illudersi: non si allentano i vincoli previsti per la fascia costiera, ma la revisione deve procedere senza incertezze o tentennamenti. Non ci sarà alcun ammorbidimento sui vincoli perché quelle norme costituiscono i principi basilari del nostro ordinamento giuridico su cui non si può tornare indietro.
Sgombrato il campo da tale pregiudizio, io credo che se non è possibile avviare una fase concertativa si deve almeno evitare la contrapposizione tra maggioranza e opposizione; per fare questo bisogna però creare le condizioni e alla fine trovare la quadratura. A questo proposito non si può ignorare che la revisione del Piano è stata avviata dalla Giunta nel 2009, con un processo di concertazione durato oltre due anni nel corso del quale c'è stato il confronto con tutti i soggetti presenti nel territorio. Sono stati ascoltati i rappresentanti delle amministrazioni locali, dell'associazionismo e non si è trascurato di ascoltare neppure il singolo cittadino, il singolo cittadino che l'ha richiesto.
Il ciclo delle conferenze territoriali ha fornito importanti elementi di riflessione. Sono stati raccolti suggerimenti per valorizzare i punti di forza emersi e per superare le criticità incontrate. Intervenendo nella discussione generale sulla proposta di modifica del Piano paesaggistico regionale, perciò, credo sia doveroso fare una riflessione sulle motivazioni e le situazioni che hanno portato alla necessità di una revisione del Piano medesimo.
Non si può ignorare, fatto storicamente nuovo, e primato del quale avremmo fatto volentieri a meno, che la crisi economica e occupazionale è arrivata in Sardegna con circa due anni di anticipo rispetto all'Italia e al resto dell'Europa. Al primato ha sicuramente contribuito in maniera decisiva la grande crisi dell'edilizia, settore trainante dell'economia e dell'occupazione, visto anche lo stato di disagio del resto dell'industria che perdura in Sardegna da decenni. La causa di tale crisi è da ricercare nella mancata attuazione delle Linee guida che avrebbero potuto dare una concreta spinta a tutta l'economia, in particolare a quella turistica.
Le buone intenzioni, i programmi di sviluppo pianificato e ordinato, l'economia del turismo, e cioè il PPR della fascia costiera, sono rimasti solo a livello appunto di buone intenzioni. Il Piano stralcio, che fu approvato dal Consiglio regionale in modo abbastanza tormentato (le prime perplessità cominciavano ad affiorare anche all'interno dell'allora maggioranza e dello stesso partito dell'allora Presidente), lungi dall'avviare quel processo virtuoso, così come ben annunciato con delle Linee guida condivise ancora oggi, fece invece calare una cappa di piombo non solo sulla fascia costiera ma sull'intero territorio sardo.
E' infatti innegabile che i vincoli rigidissimi introdotti col PPR sulla fascia costiera, uniti al progressivo cristallizzarsi di tutti i piani urbanistici comunali interessati, per il mancato adeguamento degli stessi piani urbanistici comunali al PPR, hanno progressivamente portato a una completa paralisi dell'edilizia privata. Ciò si è andato a sommare al progressivo e sempre più sensibile calo delle opere pubbliche, determinato per la gran parte dal contrarsi della spesa pubblica ma anche, in misura sensibile, dalla difficoltà in molti casi di ottenere le necessarie autorizzazioni preventive, sempre a causa dei suddetti vincoli, fino a portare oggi a uno stato del settore delle costruzioni che si può definire comatoso. Basta chiedere ai rappresentanti del settore, sia delle imprese che dei lavoratori, per avere contezza del difficile momento che l'edilizia sta attraversando.
Se solo un numero irrisorio di comuni è riuscito ad adeguare il proprio piano urbanistico comunale alle disposizioni del PPR qualche motivo ci dovrà pur essere, sarebbe stato offensivo verso gli stessi amministratori dei comuni addebitare loro la colpa. Essi hanno cercato una via d'uscita da questa vera e propria gabbia di ferro che impediva la programmazione e lo sviluppo delle comunità da loro amministrate, ma non sono riusciti nel loro intento. Le lamentele giungono da tutti i campanili, da tutti gli amministratori, a qualunque parte politica appartengano, perché essi hanno a cuore il bene dei loro amministrati, ma si scontrano ogni giorno con una barriera invalicabile di divieti, di vincoli, di impedimenti burocratici e di altra natura; pertanto oggi invocano con forza un intervento della Regione perché qualcosa si muova davvero e ci sia ancora una possibilità di operare.
Per queste ragioni la relativa parte del Piano viene interamente riproposta con l'intenzione di darle piena attuazione, soprattutto laddove si afferma, testualmente,che più che la norma vincolistica dovranno emergere le prescrizioni e gli indirizzi aggiornati. Le prescrizioni e gli indirizzi devono generare azioni positive e avviare lo sviluppo sostenibile, cioè quello sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni attuali senza pregiudizio per quelle future.
Condivido l'esempio della Costa Smeralda fatto ieri nel suo intervento dal collega, onorevole Lai, ovvero lo sviluppo di un insediamento turistico in armonia con la natura e con l'ambiente e nel rispetto dell'equilibrio architettonico e paesaggistico. Senza voler approfondire questo aspetto, perché diffusamente e brillantemente trattato da altri colleghi, non si può ignorare che purtroppo l'unica via per operare, che il PPR della fascia costiera ha lasciato aperta nel sistema dei vincoli e dei divieti messo in piedi, è quello delle cosiddette Intese; un sistema calato dall'alto per cui nulla è permesso tranne quello che, senza regole e senza limiti, chi ha il potere vuole permettere.
Il nuovo PPR abbandona questo discusso meccanismo dell'Intesa e introduce al suo posto l'atto di coordinamento tra Regione e Comuni, che trova il suo fondamento nell'articolo 145 del Codice Urbani. Tale atto avrà una funzione incitativa di adeguamento della pianificazione locale al PPR, e sarà lo strumento dotato di quelle regole che disciplinano la procedura con direttive e indirizzi precisi. Le criticità del sistema di vincoli erano state evidenziate nel 2006 dal Ministero per i beni culturali ma, come è noto, tali punti critici sono stati ignorati; il PPR 2012 ha il pregio di identificare i vincoli e le aree su cui insistono, così innalzando il livello di conoscenza e quindi di tutela e di certezza dei diritti.
Alla identificazione precisa dei vincoli e delle rispettive aree si accompagna l'esplicitazione di indirizzi chiari e regole certe, con un quadro normativo che individua le competenze e i ruoli dei vari soggetti pubblici dando così certezza ai rapporti giuridici, e tutto ciò porterà anche al raffreddamento del crescente numero dei contenziosi. Con queste nuove regole si abbandona il principio negativo che enuncia che cosa non si può fare, per favorire un approccio positivo di che cosa si può. Si assegna alla Regione il ruolo di coordinamento della fase di pianificazione, lasciando ai comuni la gestione e la definizione degli strumenti urbanistici con un metodo attivo, riaffermando il principio della valorizzazione del paesaggio e delle regole condivise, in linea con le priorità stabilite della Commissione europea nella strategia "Europa 2020".
Prima di concludere voglio sottolineare che ogni considerazione sulla volontà cementificatrice, sulla vanificazione dei vincoli delle aree costiere, sulla cosiddetta deregulation appare fuori luogo, perché da una rilettura del documento all'esame del Consiglio non si rileva un solo elemento che faccia pensare alle infondate accuse esplicitate da qualche parte. Chi mette in piedi queste campagne diffamatorie si prenda la briga di rileggere il documento e di farselo spiegare, e si accorgerà che si tratta solo di supposizioni. Io trovo simili insinuazioni oltraggiose, non solo nei confronti dell'Assessore, ma dell'intero Consiglio regionale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, Assessore, mi consenta di iniziare il mio breve intervento dicendo che discutere oggi delle nuove Linee guida per la presentazione del nuovo PPR appare se non altro inopportuno; inopportuno perché in questi tre anni e mezzo non solo non avete fatto quanto sbandierato e urlato in campagna elettorale, il vostro slogan era "cancellare il Piano paesaggistico regionale", ma avete fatto di tutto per bloccare l'applicazione del PPR esistente.
E' inopportuno perché, Assessore, lo sa meglio di noi, in questi diciotto mesi che mancano alla scadenza naturale della legislatura, se scadenza naturale sarà, sarà impossibile riuscire a concludere l'iter di discussione e approvazione delle Linee guida e della legge urbanistica. Basta rileggere le cronache politiche di questi ultimi tre anni; il messaggio inviato agli enti locali, in modo particolare, era molto chiaro: non spendete risorse né energie per approvare i piani urbanistici comunali perché siamo in fase di approvazione del nuovo Piano paesaggistico regionale e, quindi, il vostro lavoro rischia di essere inutile.
Il risultato, purtroppo, è stato che in questi tre anni l'Assessorato degli enti locali e urbanistica ha approvato solo dieci piani urbanistici comunali, e questo dato così negativo lo state usando con forza per demolire le norme esistenti del PPR. La vostra oggi è un'esigenza politica, non dico che avete vinto le elezioni, ma avete strumentalizzato parecchio il messaggio dell'applicazione del PPR, e oggi lo volete rilanciare convinti che i cittadini sardi possano ancora cadere nel tranello nel quale sono caduti tre anni e mezzo fa; però in questi tre anni e mezzo hanno avuto la possibilità di valutare il vostro operato politico e amministrativo, che tralascio di sottolineare . perché lo hanno già fatto molto bene i miei colleghi.
Ritengo non sia un'offesa per alcuno parlare di fallimento politico di questa maggioranza. Il Piano paesaggistico regionale è stato lo strumento capace di dare regole certe in un settore fondamentale per lo sviluppo economico, ambientale e paesaggistico della Sardegna; ha significato avere un'idea precisa sullo sviluppo possibile che quella maggioranza, quella coalizione, voleva dare. Tant'è che è stato invidiato e imitato in tante altre regioni italiane. Con queste Linee guida voi non avete una minima idea di quale sviluppo dare alla Sardegna, purtroppo per la Sardegna questa non è una novità.
Cito solo il discorso d'insediamento del presidente Cappellacci, in particolare la frase sul fatto che la sua coalizione non avesse un programma di sviluppo della Sardegna, ma il programma sarebbe stato deciso giorno per giorno a seconda delle esigenze, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Con questo vostro provvedimento volete semplicemente adeguare le linee guida del PPR a quelle due leggi urbanistiche, disastrose, approvate in questa legislatura: legge sul golf e Piano casa.
Leggi che noi, come centrosinistra, abbiamo contestato, abbiamo avversato in ogni modo possibile, non solo per il solo fatto di essere in questa'Aula, lo ripeto "in quest'Aula", minoranza, ma perchè vi abbiamo fatto presente, con serietà, che erano entrambe illegittime in quanto non coerenti con le norme in vigore del PPR. Purtroppo abbiamo avuto ragione, sono state bocciate dalla Corte costituzionale, e anche dal sistema economico sardo perché dannose e inefficaci. Noi siamo sicuri che il Ministero dei beni culturali sarà attento alle nuove Linee guida e, soprattutto, agli atti conseguenti; pertanto siamo sicuri che non vi permetterà nel modo più assoluto di stravolgere le norme esistenti del Piano paesaggistico regionale.
Il vostro tentativo di modifica è una delega in bianco che rischia di portare la Sardegna indietro di decenni, rischia di portare alla luce vecchie speculazioni sulle coste sarde che col PPR finalmente si era riusciti a bloccare. Il PPR è uno strumento così importante, così fondamentale, che non può essere uno strumento di una sola parte, o di una sua maggioranza che oggi governa o dovrebbe governare la Sardegna. Perciò con forza vi chiediamo di fermarvi, di discutere e condividere anche con noi, nelle Commissioni consiliari, non in altre sedi, le eventuali modifiche, gli eventuali aggiornamenti al PPR in vigore.
Come ho già detto, mancano diciotto mesi alla conclusione ordinaria di questa legislatura, sono sicuro che in un clima di reciproca collaborazione si possano riscrivere le Linee guida dotando finalmente la Sardegna di una legge regionale urbanistica adeguata allo sviluppo dei nostri territori. Se così non sarà, sono convinto che il primo atto che il Centrosinistra, quando ritornerà al governo (sono certo ritorneremo al governo nella prossima legislatura), dovrà porre in essere sarà quello di cancellare queste Linee guida e gli eventuali atti che riuscirete a mettere in campo in conseguenza di questa approvazione.
Propongo questa riflessione soprattutto agli amici sardisti che, con il consigliere regionale Maninchedda, hanno definito questo provvedimento "un pasticcio", consigliere Maninchedda che da anni ci ripete continuamente che questa maggioranza non è in grado di affrontare i problemi gravi che oggi attanagliano la Sardegna, ma che oggi si trovano ancora in questa coalizione, innaturale sicuramente per tutto l'elettorato sardista.
Lo dico anche agli amici dell'UDC, con i quali a livello nazionale abbiamo condiviso l'opposizione al Governo Berlusconi, e oggi responsabilmente sosteniamo il Governo Monti e con i quali, seppure con molte difficoltà, c'è un dialogo concreto per assumerci anche la responsabilità di un futuro governo nazionale fra progressisti e moderati. Un vostro voto favorevole su temi così fondamentali rischia di complicare notevolmente la costruzione in Sardegna di una forte coalizione fra progressisti, sardisti e moderati, capaci di ridare alla Regione sarda un governo all'altezza di queste difficoltà.
Assessore, la nostra contrarietà non si fermerà in quest'Aula; da domani saremo impegnati in tutte le sedi possibili con le autonomie locali che abbiamo già coinvolto, cosa che voi non avete fatto. Voi sbandierate di aver elaborato le Linee guida al PPR confrontandovi con le autonomie locali; non è un atto obbligatorio, Assessore, ma le chiedo se avete pensato di coinvolgere il Consiglio delle autonomie locali, di coinvolgere l'ANCI su una legge così fondamentale per i comuni della nostra Isola.
Mi risulta, parlando del mio territorio, l'oristanese, che il coinvolgimento degli enti locali si sia risolto quasi in una chiacchierata tra amici dove avete presentato in generale quello che avevate intenzione di modificare rispetto al PPR. Di conseguenza, Assessore, se sarà necessario, saremo presenti anche nelle piazze per evitare il tentativo di assalto alle coste della Sardegna che voi, con questa delega in bianco a Cappellacci, state permettendo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). L'onorevole Campus nel suo intervento ha richiamato assunzioni dirette di responsabilità; è un richiamo che faccio mio, è un richiamo anche a tutti noi, anche a chi è in questi banchi, anche a chi da questi banchi lancia anatemi poi però si sottrae al confronto in Aula e lo fa da altre parti. E' un appello alla responsabilità che deve toccare tutti noi! Questo dibattito ci dimostra, una volta di più, che c'è bisogno di uno scatto in avanti, quell'appello alla responsabilità sempre richiamato dall'onorevole Campus, uno scatto in avanti da parte di tutta la classe politica.
Io penso che la Sardegna abbia bisogno di una rivoluzione, non una rivoluzione violenta (non mi sono spinto fino a un'evoluzione così avanzata), ha bisogno di una rivoluzione democratica, una rivoluzione nei modi di fare politica. Una rivoluzione affinché si lavori sulle cose semplici; questo non dovrebbe essere un principio rivoluzionario, ma oggi lo è! Una rivoluzione della semplicità!
Io penso che sul PPR noi dobbiamo e possiamo fare una rivoluzione. Non più usare il PPR come una clava contro ambienti della società sarda, oppure per regolare i conti interni ai partiti, tra i partiti o tra le forze politiche, nemmeno usare il PPR per affermare una purezza rispetto ad altri che poi non sono, o che non sarebbero puri. Io penso che il PPR non possa essere nemmeno usato per soddisfare interessi di parte, quindi se uso improprio non può essere fatto da una parte io penso che non possa e non debba essere fatto nemmeno dall'altra parte. Non penso neanche che il PPR debba essere usato per dare risposte a certe fette dell'elettorato, per mantenere impegni nei confronti di grandi elettori o di gruppi di potere.
Io penso che noi dobbiamo e possiamo, da questo momento, incominciare a provare a fare la rivoluzione della normalità, fare le cose semplici. Dicevo all'inizio della rivoluzione delle cose semplici; secondo me è una rivoluzione ragionare sul PPR per quello che deve essere, senza dogmi, scevro dalle strumentalizzazioni di parte.
Ecco, se anche voi vi liberate dalle strumentalizzazioni che ci sono nei vostri ragionamenti allora possiamo entrare nel merito di queste Linee guida, diversamente le Linee guida assumono un altro significato, vengono utilizzate per raggiungere altri obiettivi rispetto a quello che dovrebbe essere il loro obiettivo prioritario. Io sono contro le scorciatoie e sono contro l'uso improprio degli strumenti che noi ci diamo, e questo è uno strumento che il Consiglio regionale e la Regione si sono dati.
Voglio essere più esplicito. Se nella passata legislatura non si fosse usata impropriamente la legge urbanistica oggi avremmo uno strumento, importantissimo, di conferma del divieto di inedificabilità assoluta nella fascia di 300 metri dal mare, perché questo era presente in quella legge urbanistica; avremmo affermato il principio della compensazione con aree o crediti volumetrici per i proprietari di beni immobili da vincolare per rilevante interesse pubblico; avremmo gli incentivi per l'utilizzo dei materiali non inquinanti a favore del risparmio energetico; avremmo finalmente riconosciuto il principio del silenzio-assenso nelle concessioni edilizie; sto elencando tutta una serie di punti che erano già in quella legge urbanistica che però, utilizzati impropriamente, non hanno visto poi una conclusione.
Invece noi non abbiamo una legge urbanistica nuova! I comuni stanno rivendicando proprio quello! Rivendicano, in tutte le sedi in cui sono stati sentiti, la necessità di una legge urbanistica, però voi, schiavi di quel concetto e di quella strumentalizzazione sul PPR, non avete affrontato quello che i comuni stanno chiedendo: la legge urbanistica, e siete passati alle Linee guida e alla modifica del PPR.
I comuni lo stanno chiedendo, sembra invece, a sentire il dibattito che c'è in Aula e da alcune cose che sono scritte nelle Linee guida, che la volontà dei comuni sia quella che ha fatto discernere queste Linee guida. Però i comuni sono una cosa seria, colleghi, non possono essere strumentalizzati per far passare quello che invece è nella testa della maggioranza e non in quella dei comuni, i comuni hanno chiesto altro!
Io ho letto gli atti di "Sardegna nuove idee", è un testo voluminoso però si può leggere, perché si capiscono anche gli orientamenti delle amministrazioni, e ho rilevato due dati a mio avviso significativi. Intanto, Assessore, il numero dei comuni che partecipavano a questo grande coinvolgimento "Sardegna nuove idee" andava man mano scemando. Un significato questo l'avrà! Probabilmente non hanno ritenuto soddisfacente il lavoro che si stava facendo, all'inizio hanno dato credito, man mano questo credito è scemato.
C'è però un altro aspetto rilevante, a mio avviso, che emerge leggendo i contenuti di "Sardegna nuove idee", cioè i comuni hanno richiesto più livelli di tutela, hanno chiesto maggiori semplificazioni delle procedure, hanno chiesto che ci fosse un chiarimmento sulle relative competenze, hanno chiesto una riduzione delle discrezionalità, hanno chiesto la formazione di tecnici comunali e anche di venire aiutati nella formazione dei PUC, perché i comuni vanno aiutati.
E'vero che sono solo una decina i PUC adeguati al PPR, però è anche vero che le difficoltà non nascono tutte dal PPR. Io penso che la Regione debba supportare i comuni nella formazione del PUC e, quindi, che occorra passare dal concetto di contributo al concetto di finanziamento del PUC stabilendo tempi e procedure certe, per cui la Regione interviene anche con i poteri sostitutivi, qualora i comuni non esitino il PUC nei tempi certi, e fa un investimento adeguando i PUC delle fasce costiere, si inizia da quello, al PPR, che sarebbe un atto concreto di politiche attente al paesaggio, così come i comuni chiedono.
I comuni hanno manifestato la necessità di politiche orientate al riuso del patrimonio edilizio esistente, per esempio, hanno ritenuto questa azione politica indispensabile per contenere il consumo del suolo: i comuni stanno chiedendo di avere gli strumenti per contenere il consumo del suolo. Così come vi hanno detto che è necessario contenere il consumo del suolo, allo stesso tempo vi hanno chiesto di garantire il mantenimento delle attività nell'agro, però delle attività agricole nell'agro, perché storicamente le nostre campagne non erano abitate.
E allora anche qui sulle campagne la rivoluzione è nella semplicità, la rivoluzione è tornare a su connottu, a quello che da sempre si è fatto nelle campagne, tornare a pensare alla terra per la sua vera destinazione, alla terra per la sua vera vocazione che è quella di produrre derrate alimentari. Quindi la rivoluzione è invertire l'ordine delle priorità, va pensata la terra prima per la sua vocazione alla produzione e poi per i volumi, non come voi state facendo. Io non vi chiamo cementificatori perché sono stato accusato di esserlo nella altra legislatura, non lo ero (quel concetto è sempre figlio di quella strumentalità), però state sbagliando a considerare prima i volumi e poi la vocazione delle campagne.
Con questa logica, Assessore, so che lei su questo tema è molto sensibile, si fa un danno all'economia agricola, edificando l'agro per le residenze si costituiscono degli ostacoli ad esempio per la realizzazione di aziende più efficienti attraverso il riordino fondiario, si costruiscono degli ostacoli, delle rigidità al riordino fondiario; e questo è in contraddizione con quanto scrivete anche in queste Linee guida, a pagina 71, dove dite che ritenete necessario mettere in campo misure volte a contrastare il frazionamento delle aree agricole. Però poi nello stesso tempo, sempre nelle Linee guida, recepite integralmente la legge numero 21 del 2011 e, implicitamente, date una copertura giuridica alla delibera numero 20/29, del 15 maggio, dove si ripristina la superficie agricola di un ettaro per la costruzione residenziale in area agricola.
Assessore, ripeto, io so che lei su questo è molto attento, può essere anche che questo aspetto sia sfuggito, però ripristinando la superficie minima di un ettaro per l'edificato in una zona agricola è chiaro che non si va incontro alle richieste dei comuni; comuni che non hanno chiesto questo, anzi, sono preoccupati per i problemi che deriverebbero da un edificato diffuso nell'agro. Perché l'edificato diffuso nell'agro crea problemi che i comuni toccano con mano ogni giorno; sono preoccupati per lo spopolamento dei centri abitati, per il fatto di dover portare i servizi nelle campagne, di dover servire le case di scuolabus, di dover ritirare rifiuti, insomma una serie di problematiche da affrontare oltre i danni all'agricoltura.
I sindaci vi hanno detto che l'impianto complessivo del PPR è ancora valido e, in generale, abbastanza condiviso se viene considerato come uno strumento di tutela e non come un portatore di vincoli; hanno lamentato piuttosto il ruolo discrezionale della Regione, che sia svolto da dirigenti o da politici. Hanno chiesto che venga valorizzata però la loro capacità di pianificazione; e prima, Assessore, io le ho dato una modesta soluzione, un contributo, hanno chiesto regole chiare, procedure semplici, tempi certi e che le circolari aiutino a chiarire e a trovare le soluzioni anziché, come spesso avviene adesso, a complicarle .
Assessore, nulla di tutto ciò è presente nelle Linee guida; io questo glielo devo dire, ho letto "Sardegna nuove idee", l'ho letto bene, ci sono tutte queste cose che le dicevo, ma nelle Linee guida non c'è scritto nulla. Voi avete sentito i sindaci ma non li avete ascoltati, che è la cosa peggiore, è la cosa peggiore, è la mortificazione delle autonomie locali.
Allora, ritornando alle Linee guida (non voglio dilungarmi troppo), suggerirei se vogliamo ragionare serenamente, l'ha già fatto il collega Sanna, di ritirare queste Linee guida, di approvare un ordine del giorno che ribadisce le cose che avete scritto nella prima parte delle Linee guida e poi di affrontare insieme i limiti che ci sono nell'attuazione del PPR e che non vanno sottaciuti.
Leggevo sulla stampa odierna alcune considerazioni del professor Mistretta che dovrebbero essere ovvie per tutti, e cioè che ogni strumento di pianificazione è aperto alle evoluzioni. Ecco, questo è lo strumento di pianificazione che abbiamo, apriamoci alle evoluzioni, noi siamo disposti a ragionare. Con questo spirito ritengo che dobbiamo affrontare la parte finale di questo dibattito; interverranno i Capigruppo, noi siamo disponibili perché non siamo amanti delle barricate e non vogliamo stare sulle barricate, però non ergetele voi, perché se le tirate su e noi dobbiamo stare da una parte stiamo solo da questa parte.
PRESIDENTE. Il Consiglio è riconvocato alle ore 16 e 30 del pomeriggio.
La seduta è tolta alle ore 13 e 33.