Seduta n.25 del 16/07/2009 

XXV Seduta

Giovedì 16 luglio 2009

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente CUCCU

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 29.

MULAS, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 6 maggio 2009 (18), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gian Franco Bardanzellu, Rosanna Floris e Luigi Lotto hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 16 luglio 2009.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che l'onorevole Planetta, in data 4 giugno 2009, ha ritirato la seguente interrogazione:

"Interrogazione Planetta - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian, con richiesta di risposta scritta, sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto Torres". (33)

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Legge regionale 30 ottobre 1986, n. 58. Ridefinizione dei confini tra i Comuni di Arborea e Terralba e San Teodoro, Budoni e Posada". (22)
(Pervenuto il 29 maggio 2009 e assegnato alla prima Commissione)

"Sanzioni amministrative sui servizi di trasporto pubblico locale e regionale". (30)
(Pervenuto il 22 giugno 2009 e assegnato alla quarta Commissione)

"Disposizioni urgenti nei settori economico e socio-sanitario, per il superamento del precariato e in materia di organizzazione regionale". (32)
(Pervenuto il 25 giugno 2009 e assegnato alla prima, seconda, terza, quarta, quinta, sesta, settima e ottava Commissione)

"Approvazione del rendiconto generale della Regione per l'esercizio finanziario 2006". (38)
(Pervenuto il 13 luglio 2009 e assegnato alla terza Commissione)

"Norme in materia di organizzazione e personale". (39)
(Pervenuto il 13 luglio 2009 e assegnato alla prima Commissione)

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Bruno - Espa - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio - Soru: "Norme a favore della famiglia". (18)
(Pervenuta il 22 maggio 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Sanna Gian Valerio: "Modifiche ed integrazioni della legge regionale 18 dicembre 1995, n. 37 (Norme in materia di gruppi consiliari)". (19)
(Pervenuta il 27 maggio 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Zedda Massimo - Uras - Ben Amara - Sechi - Zuncheddu: "Costituzione commissione speciale d'indagine sulla sicurezza sul lavoro". (20)
(Pervenuta il 27 maggio 2009 e assegnata alla sesta Commissione)

Cuccu - Caria - Cucca - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Sabatini: "Norme in materia di valorizzazione dei centri di aggregazione giovanile e riconoscimento della funzione sociale ed educativa degli oratori". (21)
(Pervenuta il 28 maggio 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Sanna Matteo - Diana Mario - Stochino - Sanna Giacomo - Capelli - Milia - Meloni Francesco - Vargiu - Murgioni - Cherchi - Peru: "Norme di carattere urbanistico per i villaggi turistici e per i campeggi". (23)
(Pervenuta il 5 giugno 2009 e assegnata alla quarta Commissione)

Cuccu - Caria - Cucca - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Sabatini: "Istituzione del Comparto unico del pubblico impiego della Regione e degli enti locali e dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione e degli enti locali della Sardegna (ARAN Sardegna)". (24)
(Pervenuta il 10 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Norme per la riduzione dei costi della politica e per il contenimento della spesa pubblica". (25)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Istituzione del reddito minimo garantito. Sostegno al reddito in favore dei disoccupati, inoccupati o precariamente occupati". (26)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Istituzione del fondo di solidarietà civile". (27)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla terza Commissione)

Zedda Alessandra - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Piras - Stochino - Sanna Matteo - Tocco - De Francisci: "Modifiche alla legge regionale 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della Regione). Istituzione della vicedirigenza regionale". (28)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Planetta - Solinas Christian: "Istituzione di una Assemblea costituente per la redazione del nuovo Statuto speciale della Sardegna". (29)
(Pervenuta il 10 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Cuccu - Cocco Pietro - Lotto - Solinas Antonio: "Norme per sostenere il consumo dei prodotti agricoli della Regione Sardegna". (31)
(Pervenuta il 24 giugno 2009 e assegnata alla quinta e sesta Commissione)

Manca - Espa - Caria - Meloni Valerio - Bruno - Agus - Barracciu - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru: "Norme in materia di attività e terapie assistite dagli animali (pet therapy)". (33)
(Pervenuta il 26 giugno 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Zedda Alessandra - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Piras - Sanna Matteo - Stochino - Cherchi - Peru - De Francisci - Tocco: "Istituzione dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione e degli enti locali della Sardegna (ARAN Sardegna)". (34)
(Pervenuta il 1° luglio 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Dedoni - Vargiu - Fois - Meloni Francesco - Mula: "Norme sui controlli sulle merci in ingresso nella Regione Sardegna". (35)
(Pervenuta il 1° luglio 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Cuccureddu - Locci - Bardanzellu - Sanna Matteo: "Modifica alla legge regionale n. 5 del 2006 sull'attività di commercio in aree demaniali". (36)
(Pervenuta il 2 luglio 2009 e assegnata alla sesta Commissione)

Zuncheddu - Cocco Daniele Secondo - Ben Amara - Mariani - Sechi - Zedda Massimo - Salis - Uras: "Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli regionali". (37)
(Pervenuta il 7 luglio 2009 e assegnata alla quinta e sesta Commissione)

Annunzio di presentazione di proposte di legge nazionale

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge nazionale:

Meloni Marco - Soru - Barracciu - Bruno - Agus - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio: "Modifica alla legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia), per l'istituzione delle circoscrizioni 'Sicilia' e 'Sardegna'". (3/NAZ)
(Pervenuta il 10 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Vargiu - Cossa - Meloni Francesco - Dedoni - Fois - Mula: "Procedura di adozione del nuovo Statuto speciale per la Sardegna mediante istituzione dell'Assemblea costituente sarda". (4/NAZ).
(Pervenuta il 12 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Risposta scritta a interrogazioni

PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni:

"Interrogazione Sanjust sulle problematiche inerenti l'organizzazione e la direzione del Servizio di protezione civile della Regione autonoma della Sardegna". (3)

(Risposta scritta in data 13 maggio 2009.)

"Interrogazione Amadu sui disagi causati dallo spostamento dell'orario di partenza dell'ultimo volo da Alghero a Milano-Linate". (5)

(Risposta scritta in data 13 maggio 2009.)

"Interrogazione Sanna Matteo - Diana Mario sulla necessità di adottare misure adeguate per la lotta al lepidottero defogliatore Lymantria dispar". (4)

(Risposta scritta in data 28 maggio 2009.)

"Interrogazione Bruno - Lotto - Manca - Meloni Valerio - Sanna Gian Valerio sulla sospensione del bando di gara relativo al collegamento Porto Torres-Isola dell'Asinara". (6)

(Risposta scritta in data 28 maggio 2009.)

"Interrogazione Solinas Antonio sulla ventilata soppressione di alcune scuole dell'infanzia dell'oristanese". (17)

(Risposta scritta in data 28 maggio 2009.)

"Interrogazione Capelli - Pittalis - Ladu - Mula - Maninchedda Sul Superamento del valore obiettivo del parametro "arsenico" per la zona di Siniscola". (10)

(Risposta scritta in data 23 giugno 2009.)

"Interrogazione Milia - Mulas sulla soppressione, con decreto ministeriale, nel periodo estivo, di due corse della Tirrenia: la Olbia-Genova e la Porto Torres-Genova". (15)
(Risposta scritta in data 23 giugno 2009.)

"Interrogazione Amadu sulla necessità di iniziative atte ad anticipare l'attività venatoria in Sardegna, prevedendo la reintroduzione della caccia alla tortora in agosto, e a sollecitare il Governo nazionale a definire, in accordo con la Regione sarda, la procedura normativa per posticipare la chiusura della caccia alla selvaggina migratoria alla fine di febbraio". (20)

(Risposta scritta in data 23 giugno 2009.)

"Interrogazione Cuccureddu sulla campagna vaccinale relativa al sierotipo 8 della blue tongue". (9)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Mariano Ignazio - Milia - Obinu - Steri sulla mancata riparazione dell'elettromiografo presso la ASL n. 3 di Nuoro". (12)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Tocco - Sanjust - Randazzo - Piras - Sanna Paolo Terzo - Amadu - Pitea - De Francisci - Greco - Floris Rosanna sulla paventata notizia di una pandemia da influenza suina". (13)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Milia - Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Steri sul mancato funzionamento della flotta ARPAS per il monitoraggio marino costiero". (32)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Rassu sul mancato rimborso, al Comune di Borutta e ai cittadini interessati, dei danni causati dagli eventi calamitosi verificatisi in data 11 settembre 2006". (28)

(Risposta scritta in data 13 luglio 2009.)

"Interrogazione Dedoni sulla salvaguardia del patrimonio ecologico-ambientale della Sardegna ed in particolare a ridosso delle arterie stradali". (40)

(Risposta scritta in data 13 luglio 2009.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza:

MULAS, Segretario:

"Interrogazione Cuccu - Moriconi, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità che la Regione intervenga affinché l'Inail riconosca la malattia professionale di un tecnico radiologo dell'Azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari". (23)

"Interrogazione Gallus - Diana Mario - Cherchi - Greco, con richiesta di risposta scritta, sui danni alla Quercus suber derivanti dagli attacchi dei lepidotteri defogliatori". (24)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sui gravi disservizi che si registrano nella ASL n. 5 relativamente alle prestazioni di risonanza magnetica nucleare e tomografia assiale computerizzata". (25)

"Interrogazione Diana Mario - Peru, con richiesta di risposta scritta, sulle recenti nuove assunzioni e proroghe di assunzioni con contratti atipici effettuate dall'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna". (26)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani, con richiesta di risposta scritta, sulla scuola di polizia a cavallo di Foresta di Burgos". (27)

"Interrogazione Rassu, con richiesta di risposta scritta, sul mancato rimborso, al Comune di Borutta e ai cittadini interessati, dei danni causati dagli eventi calamitosi verificatisi in data 11 settembre 2006". (28)

"Interrogazione Ladu, con richiesta di risposta scritta, sull'elezione del presidente del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della Sardegna centrale di Nuoro". (29)

"Interrogazione Cossa - Vargiu - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula, Con richiesta di risposta scritta, sulle procedure per la gestione degli esami di teoria per le patenti di guida". (30)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche inerenti l'organizzazione e la direzione dei Servizi territoriali demanio e patrimonio di Oristano, Nuoro e Medio Campidano ed enti locali di Oristano dell'Assessorato regionale degli enti locali, finanze e urbanistica". (31)

"Interrogazione Milia - Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Steri, con richiesta di risposta scritta, sul mancato funzionamento della flotta ARPAS per il monitoraggio marino costiero". (32)

"Interrogazione Vargiu - Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula, con richiesta di risposta scritta, sulla congruità dell'attuale attività dell'Agenzia regionale per il lavoro". (34)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sul rilascio da parte del Servizio territoriale demanio e patrimonio di Oristano delle autorizzazioni temporanee per lo svolgimento di manifestazioni sportive". (35)

"Interrogazione Milia - Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Steri, con richiesta di risposta scritta, sul mancato completamento dei lavori del bacino portuale del porto commerciale di Porto Torres". (36)

"Interrogazione Dessì - Sanna Giacomo - Solinas Christian - Maninchedda -Planetta, con richiesta di risposta scritta, sull'adozione di misure adeguate per la lotta alla tignola del pomodoro (Tuta absoluta) ed il risarcimento dei danni subiti dagli operatori del settore". (37)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sulle tariffe praticate da Abbanoa per il conferimento dei liquami zootecnici provenienti dalle aziende di Arborea". (38)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulle merci in ingresso nella Regione Sardegna". (39)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla salvaguardia del patrimonio ecologico-ambientale della Sardegna ed in particolare a ridosso delle arterie stradali". (40)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata nomina dei consiglieri dell'ERSU di Sassari". (41)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sui tempi relativi al completamento della struttura che ospiterà la nuova sede della Guardia di finanza in Sassari".(42)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata apertura del Museo Biasi". (43)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità e urgenza di destinare alla Polisportiva Dinamo Sassari un adeguato contributo regionale". (44)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di incrementare i limiti di velocità nella strada statale n. 131 e nella strada statale n. 131 DCN".(45)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sullo stato di funzionamento del depuratore di Arborea". (46)

"Interrogazione Diana Mario - Locci - Petrini - Campus - Floris Rosanna - Gallus - Randazzo, con richiesta di risposta scritta, sui livelli di spesa delle aziende sanitarie locali sarde". (47)

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sui disagi degli utenti sulle navi della Tirrenia". (48)

"Interrogazione Agus - Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, in merito alla rinuncia della concessione mineraria di Santu Miali nel Comune di Furtei". (49)

"Interrogazione Agus, con richiesta di risposta scritta, in merito al finanziamento e allo sviluppo programmatico del Consorzio Forgea, di concerto con il Governo nazionale, in struttura internazionale sotto l'egida dell'Unesco". (50)

"Interrogazione Piras - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Zedda Alessandra - Tocco - Stochino - De Francisci - Sanna Matteo, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione ambientale dopo la chiusura della miniera d'oro di Furtei".(51)

"Interrogazione Piras - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Stochino - Zedda Alessandra - Tocco - Sanna Matteo - De Francisci, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata erogazione d'acqua per uso irriguo da parte del commissario straordinario del Consorzio di bonifica della Sardegna meridionale verso agricoltori consorziati ritenuti in condizione di morosità". (52)

"Interrogazione Zuncheddu - Ben Amara, con richiesta di risposta scritta, sul monitoraggio del Poligono interforze del Salto di Quirra a cura del Ministero della difesa".(53)

"Interrogazione Vargiu - Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula, con richiesta di risposta scritta, sul ritardo da parte della Regione nella concessione degli assegni agli studenti più meritevoli della Sardegna finalizzati ad incentivare il proseguimento degli studi da parte dei diplomati, in particolare nelle facoltà scientifiche". (54)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sul reintegro del consiglio comunale di Anela a seguito di sentenza del Consiglio di Stato". (55)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, in merito alle procedure pubbliche di acquisto dei presidi medici per l'assistenza protesica". (56)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sul destino della società Sviluppo Italia Sardegna". (57)

"Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta sull' esercitazione militare svoltasi nel Mar Tirreno il 15 Giugno 2009, con interessamento del nord-est della Sardegna". (58)

"Interrogazione Ben Amara, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione delle lavoratrici e dei lavoratori considerati in esubero presso la VIP Sardegna agroalimentare di Oristano". (59)

"Interrogazione Bruno, con richiesta di risposta scritta, sulla alienazione dei beni ex demaniali di Fertilia e sull'esercizio del diritto di prelazione per i detentori". (60)

"Interrogazione Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio, con richiesta di risposta scritta, sulla legittimità dell'atto generale di variante al piano di zona ex legge n. 167 del 1972, in località Torangius, ad Oristano". (61)

"Interrogazione Zuncheddu - Ben Amara, con richiesta di risposta scritta, sulla sospensione della seconda tranche del progetto scuola 2008-2009". (62)

"Interrogazione Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, sull'insostenibile situazione ambientale che grava sulla salute dei cittadini dei centri urbani limitrofi allo stabilimento di compostaggio del Tecnocasic a Macchiareddu". (63)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla interruzione dei lavori inerenti la realizzazione del Centro intermodale passeggeri in via XXV aprile a Sassari". (64)

"Interrogazione Floris Mario, con richiesta di risposta scritta, sullo stato dell'utilizzo delle risorse finanziarie di cui alla tabella E delle leggi finanziarie 2006-2007-2008". (65)

"Interrogazione Zuncheddu - Ben Amara - Uras - Sechi - Zedda Massimo, con richiesta di risposta scritta, sull'Anfiteatro romano di Cagliari". (66)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di sbloccare la movimentazione del bestiame del nord Sardegna verso altre aree del territorio nazionale".(67)

"Interrogazione Cossa - Mula - Vargiu - Dedoni - Fois - Meloni Francesco, con richiesta di risposta scritta, sui gravi pericoli derivanti dall'esposizione alle fibre di amianto per i lavoratori sardi". (68)

"Interrogazione Diana Mario - Bardanzellu - Sanna Matteo - Mulas, con richiesta di risposta scritta, sull'applicazione delle tariffe agevolate per i residenti da parte della compagnia di navigazione Tirrenia Spa". (69)

"Interrogazione Ladu, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche relative all'erogazione dei contributi concessi in base alla legge regionale n. 9 del 2002". (70)

"Interrogazione Milia - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - SterI, con richiesta di risposta scritta, sui risultati conseguiti nell'attività di ricerca in AGRIS e sul forte ridimensionamento del centro di allevamento delle pernici a Bonassai". (71)

"Interrogazione Solinas Antonio, con richiesta di risposta scritta, sulla scelta della seconda lingua straniera nelle scuole medie". (72)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla grave situazione occupazionale nella Provincia di Oristano". (73)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

MULAS, Segretario:

"Interpellanza Zuncheddu - Sechi - Uras - Zedda Massimo - Ben Amara sui provvedimenti previsti per la blindatura della Sardegna contro il pericolo nucleare". (7)

"Interpellanza Zuncheddu - Sechi - Uras - Zedda Massimo - Ben Amara sulla costruzione dell'aeroporto interno del Poligono interforze del Salto di Quirra". (8)

"Interpellanza Maninchedda - Sanna Giacomo - Dessì - Planetta - Solinas Christian sui lavori di dragaggio dei fondali presso La Maddalena previsti per i cantieri ex G8, sito di interesse nazionale". (9)

"Interpellanza Lai - Pittalis - Diana Mario - Sanna Matteo - Bardanzellu sul mancato completamento della strada a scorrimento veloce Abbasanta-Olbia". (10)

"Interpellanza Sanna Gian Valerio - Bruno - Sabatini - Cuccu Giuseppe - Lotto - Moriconi - Manca - Cucca - Cocco Pietro - Solinas Antonio - Meloni Valerio - Meloni Massimo - Espa - Soru - Barracciu - Diana Giampaolo - Caria - Agus - Porcu sui ritardi nell'assegnazione dei finanziamenti ai comuni relativi al bando Biddas sul recupero dei centri storici". (11)

"Interpellanza Sanna Gian Valerio - Bruno sulla legittimità dell'atto generale di indirizzo per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative o di ampliamenti di quelle già assentite in favore di strutture ricettive di cui alla deliberazione della Giunta regionale n.24/24 del 19 maggio 2009". (12)

"Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto Torres". (13)

"Interpellanza Zuncheddu - Bruno - Salis - Uras - Ben Amara - Sechi - Zedda Massimo sulla deliberazione della Giunta regionale n. 24/24 del 19 maggio 2009". (14)

"Interpellanza Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e per le possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità". (15)

"Interpellanza Oppi - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu - Steri sulla procedura di licenziamento collettivo dei dipendenti della residenza sanitaria assistita Rosa del Marganai posta in essere dalla società Arco dell'Angelo". (16)

"Interpellanza Stochino - Pittalis - Piras - Randazzo - Zedda Alessandra - Sanna Matteo - Peru - Contu Mariano Ignazio - Locci - Bardanzellu sulle lacune della normativa regionale in materia di installazione di case mobili e maxi caravan nelle aziende turistiche della Regione Sardegna". (17)

"Interpellanza Uras - Sechi - Zedda Massimo sulla mancata attuazione delle leggi regionali n. 20 del 2005, n. 3 del 2008 (articolo 6 e articolo 8, comma 5) e n. 8 del 2008 in materia di lavoro, sullo stato del sistema regionale e locale dei servizi per il lavoro, sull'impiego dei soggetti svantaggiati e sulle agenzie di sviluppo locale". (18)

"Interpellanza Sanna Giacomo - Planetta - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian sulla chiusura del Centro di prevenzione e diagnosi del San Camillo di Sassari". (19)

"Interpellanza Sanna Gian Valerio - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio -Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio - Soru sui nuovi criteri di mancata trasparenza nella pubblicazione delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale sul sito internet della Regione". (20)

"Interpellanza Uras - Ben Amara - Sechi - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla predisposizione del piano particolareggiato del centro storico di Cagliari - capitale della Sardegna". (21)

"Interpellanza Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu - Oppi sulla sorte dei beni dell'ente Poste di cui sia cessata la destinazione ad uso istituzionale". (22)

"Interpellanza Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu - Oppi sulle modalità di assunzione di operai agricoli". (23)

"Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian, su interventi finalizzati allo sviluppo della Regione, tutela della salute e dell'occupazione ed in materia di bonifiche dell'inquinamento, in particolare nell'area industriale di Porto Torres". (24)

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

MULAS, Segretario:

"Mozione Maninchedda - Sanna Giacomo - Planetta - Dessì - Solinas Christian sull'indipendenza della Sardegna". (6)

"Mozione Cuccu - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Diana Gianpaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio sulla ipotesi di soppressione del servizio marittimo di trasporto dei rotabili tra Golfo Aranci e Civitavecchia". (7)

"Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna". (8)

"Mozione Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio - Agus - Barracciu - Cocco - Cucca - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - SORU sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità".(9)

"Mozione Cucca - Barracciu - Capelli - Ladu - Maninchedda - Mariani - Mula - Pittalis - Sabatini - Stochino sull'ipotesi di accentramento delle AIPA". (10)

"Mozione Cossa - Diana Mario - Capelli - Vargiu - Sanna Giacomo - Floris Mario - Cuccureddu - Peru - Meloni Francesco - Pittalis - Fois - Amadu - Mulas - Cappai - Obinu - Greco - Pitea - Steri - Sanna Matteo - Bardanzellu - Contu Mariano Ignazio - Dedoni - Mula - Maninchedda - Rassu - Murgioni - Lai - Stochino - Petrini - De Francisci - Gallus - Locci - Floris Rosanna - Solinas Christian - Sanjust - Dessì - Zedda Alessandra sul trasferimento dallo Stato alla Regione delle competenze in materia di motorizzazione civile". (11)

"Mozione Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani sulla necessità di approvare con la massima urgenza un provvedimento che vieti sotto ogni forma la costruzione di centrali nucleari in Sardegna e lo stoccaggio delle scorie altrove prodotte o derivanti da centrali in altri luoghi costruite". (12)

"Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (13)

"Mozione Espa - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (14)

Discussione congiunta delle mozioni Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (13); Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna (8) abbinate all'interpellanza Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto

Torres (13/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 13 e 8 e dell'interpellanza numero 13/A.

(Si riporta di seguito il testo delle mozioni e dell'interpellanza:

Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- nell'ultimo anno la crisi finanziaria internazionale ha investito pesantemente l'intero sistema economico nazionale e, in Sardegna, ha avuto ripercussioni devastanti con calo di ordinativi, di livelli di produzione e di fatturato di tutte le imprese e dei consumi;

- gli istituti di analisi prevedono nei prossimi due anni in Italia il PIL negativo con l'ulteriore flessione della produzione industriale e la contrazione dei livelli occupativi;

- si sono persi in un anno nell'Isola circa 30.000 posti di lavoro, di cui 20.000 nella sola industria ed il tasso di disoccupazione è tornato a crescere, attestandosi al 13,3 per cento (fonte ISTAT);

- la crisi coinvolge l'intero sistema produttivo, dalla chimica al tessile, dalla metallurgia all'agro- alimentare, solo per citare i settori più significativi;

- gli stessi fattori alla produzione, costi energetici, trasporti, credito, costituiscono una sensibile diseconomia per l'intero sistema economico isolano;

- il sistema produttivo in Sardegna è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici:

- l'industria rappresenta meno del 13 per cento del contributo di valore aggiunto rispetto al 25 per cento della media nazionale e del 16 per cento del Mezzogiorno;

- gli addetti in questo settore sono di poco superiori al 10 per cento, contro una media nazionale di oltre il 22 per cento;

- nello scorso mese di aprile, il livello di fiducia delle imprese sarde, ha perso il 6 per cento, contro una media nazionale che è cresciuta di 3 punti;

- la cassa integrazione interessa 4.000 lavoratori e sono oltre 350 le imprese che ne hanno fatto richiesta, con un aumento, nell'ultimo anno, di oltre il 500 per cento;

- i sardi occupati sono di poco superiori alle 600.000 unità, di cui 430.000 sono i lavoratori dipendenti e di questi oltre 100.000 sono con contratti atipici; la dinamica delle trasformazioni dei contratti atipici in contratti a tempo indeterminato è la più lenta del Paese e colloca la Sardegna al 1° posto in Italia come percentuale di lavoro precario;

- i redditi da lavoro dipendente sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al nord Italia; il reddito medio mensile delle pensioni INPS in Sardegna è pari a 614,22 euro, la media nazionale è di 781,89 euro, quella del centro di 795,58 euro, mentre quella del nord è di 845,48 euro;

CONSIDERATO che:

- le conseguenze della crisi e l'estendersi del disagio sociale costringono circa 400.000 persone (il 22 per cento delle famiglie), a vivere sotto la soglia di povertà relativa;

- la perdita del lavoro viene vissuta come un fatto privato gravato da sensi di colpa e frustrazioni e solo politiche sociali mirate potrebbero attenuare il disagio in attesa di una ricollocazione;

- gli interventi comunitari prevedono la possibilità di elevare gli aiuti di Stato da concedersi fino al 31 dicembre 2010 nelle regioni europee più svantaggiate, con lo scopo di sostenere lo sviluppo economico, gli investimenti e l'occupazione, e di aiutare le piccole imprese di nuova costituzione con le seguenti priorità:

- aiuti agli investimenti e all'occupazione in favore delle PMI;

- aiuti in favore di piccole imprese di recente costituzione a partecipazione femminile;

- aiuti a favore di ricerca, sviluppo e innovazione;

- aiuti per la tutela ambientale;

- aiuti sotto forma di capitale di rischio in caso di partecipazione o gestione di un fondo di investimento orientato al profitto, gestito secondo criteri commerciali;

- aiuti per la tutela ambientale, sotto forma di riduzioni fiscali, di investimenti in misure di risparmio energetico e volti a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili;

- aiuti alla formazione;

- aiuti in favore dei lavoratori svantaggiati e disabili;

RICORDATO che:

- il 14 luglio 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è sottoscritto l'accordo di programma per la chimica, finalizzato al consolidamento e riqualificazione dei poli chimici (Porto Torres, Ottana, Cagliari);

- tale accordo prevedeva il cofinanziamento di Stato e Regione per un totale di 300 milioni di euro, di cui 200 a carico dello Stato e 100 a carico della Regione; a seguito del citato accordo sono state presentate e approvate dal CIPE numerose proposte di contratti di programma per interventi nei tre siti industriali, in gran parte inattuate, sostanzialmente per due ragioni:

a) dei 300 milioni di euro solo i 100 a carico della Regione sono stati messi a disposizione dalla precedente Giunta regionale, mentre mancano i 200 previsti dal Governo nazionale;

b) l'ENI non ha rispettato il dettato dell'accordo sottoscritto, determinando, di fatto, la progressiva paralisi e chiusura delle produzioni chimiche sarde;

- il 19 dicembre 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è sottoscritto un accordo di programma tra Stato e Regione che prevedeva la definizione di intese anche con l'Unione europea per stabilire in via definitiva un regime tariffario per l'industria energivora della Sardegna, in linea con quella europea;

- tale accordo, ad eccezione degli importanti accordi bilaterali sottoscritti dalla precedente Giunta regionale con ENEL ed ENDESA, poi decaduti a seguito della sentenza del TAR del Lazio, risulta ancora inattuato a causa delle contraddizioni tra il Ministero dell'economia e quello dello sviluppo economico; l'inconcludenza del Governo blocca il progetto integrato Carbolsulcis e la fornitura di energia elettrica a costi competitivi per l'industria energivora della Sardegna;

PRESO ATTO che la Giunta regionale, nell'approvare la finanziaria 2009, ha dato solo una parziale risposta ai 5.000 lavoratori licenziati nell'ultimo anno sprovvisti di ammortizzatori sociali e niente è stato fatto per la stabilizzazione dei lavoratori precari,

impegna la Giunta regionale

1) a chiedere al Governo e all'ENI di far assumere ai siti di Porto Torres ed Assemini valenza nazionale nel processo di ottimizzazione e razionalizzazione in atto, anche alla luce delle determinazioni che sta assumendo la Regione Veneto;

2) ad un confronto con il Governo nazionale finalizzato ad ottenere certezze sull'abbattimento dei costi delle tariffe elettriche, in linea con la media dei costi europei per l'industria energivora sarda;

3) a negoziare col Governo, nella more della metanizzazione, attraverso la leva fiscale, l'equiparazione del costo della caloria prodotta in Sardegna con combustibili diversi dal metano a quella prodotta nel resto della penisola col metano;

4) a reperire nel collegato alla finanziaria regionale le risorse sufficienti per dare risposta a tutti i 5.000 lavoratori privi di ammortizzatori sociali;

5) ad inserire nel collegato alla finanziaria le norme e le risorse per la stabilizzazione dei tanti lavoratori precari, a partire dalla stessa Amministrazione regionale, degli enti e altre amministrazioni pubbliche e predisporre politiche di incentivazione per le imprese che assumono a tempo indeterminato;

6) a dare attuazione al Piano energetico regionale per incentivare le imprese ad investire nelle aree industriali per la riconversione degli impianti di produzione di tipo convenzionale in impianti da fonti rinnovabili;

7) a recuperare tutte le risorse disponibili da destinare alla bonifica delle aree industriali e di quelle interessate da attività estrattiva;

8) a privilegiare interventi destinati alla valorizzazione dell'economia locale anche al fine di favorire la creazione di nuove opportunità di lavoro;

9) ad istituire un fondo di solidarietà sociale nel quale far confluire tutte le risorse destinate alle misure di sostegno al reddito con carattere di urgenza;

10) a realizzare interventi finalizzati a determinare condizioni del mercato immobiliare in funzione della esigibilità del diritto alla casa concordando con le imprese modalità di contenimento dei costi in capo alle famiglie e alle persone;

11) a presentare entro 30 giorni il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione di cui alla legge regionale n. 20 del 2005;

12) a predisporre e inviare, ai fini della definitiva approvazione, il Piano regionale di formazione per la sicurezza nel lavoro, di cui alla legge regionale n. 8 del 2008. (13)

Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

nell'ultimo anno la crisi finanziaria internazionale ha investito pesantemente l'intero sistema economico nazionale e in Sardegna ha avuto ripercussioni devastanti;

si sono persi in un anno nell'Isola circa 30.000 posti di lavoro, di cui 20.000 nella sola industria ed il tasso di disoccupazione è tornato a crescere, attestandosi al 13,3 per cento (fonte ISTAT);

la crisi coinvolge l'intero sistema produttivo, dalla chimica al tessile, dalla metallurgia all'agro-alimentare, solo per citare i settori più significativi;

gli stessi fattori alla produzione, costi energetici, trasporti, credito, costituiscono una sensibile diseconomia per l'intero sistema economico isolano;

il sistema produttivo in Sardegna è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici

- l'industria rappresenta meno del 13 per cento del contributo di valore aggiunto rispetto alla media nazionale del 25 per cento e del 16 per cento del mezzogiorno;

- gli addetti sono di poco superiori al 10 per cento, contro una media nazionale di oltre il 22 per cento;

nello scorso mese di aprile, il livello di fiducia delle imprese sarde, ha perso il 6 per cento, contro una media nazionale che è cresciuta di 3 punti;

la cassa integrazione interessa 4.000 lavoratori e sono oltre 350 le imprese che ne hanno fatto richiesta, con un aumento nell'ultimo anno di oltre il 500 per cento;

i sardi occupati sono di poco superiori alle 600.000 unità, di cui 430.000 sono i lavoratori dipendenti, e di questi oltre 100.000 sono con contratti atipici; la dinamica delle trasformazioni dei contratti atipici in contratti a tempo indeterminato è la più lenta del Paese e colloca la Sardegna al primo posto in Italia come percentuale di lavoro precario;

i redditi da lavoro dipendente sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al nord Italia;

il reddito medio mensile delle pensioni INPS è pari a 614,22 euro, la media nazionale è di 781,89 euro, quella del centro di 795,58 euro, mentre quella del nord è di 845,48 euro;

CONSIDERATO che questa situazione costringe circa 400.000 persone (il 22 per cento delle famiglie), a vivere sotto la soglia di povertà relativa;

RICORDATO che:

il 14 luglio 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato sottoscritto l'accordo di programma per la chimica, finalizzato al consolidamento e riqualificazione dei poli chimici (Porto Torres, Ottana, Cagliari);

tale accordo prevedeva il cofinanziamento di Stato e Regione per un totale di 300 milioni di euro, di cui 200 a carico dello Stato e 100 a carico della Regione; a seguito del citato accordo sono state presentate e approvate dal CIPE numerose proposte di contratti di programma per interventi nei tre siti industriali, in gran parte inattuate e sostanzialmente per due ragioni:

a) dei 300 milioni di euro solo i 100 a carico della Regione sono stati messi a disposizione dalla precedente Giunta regionale, mentre mancano i 200 previsti dal Governo nazionale;

b) l'ENI non ha rispettato il dettato dell'accordo sottoscritto, determinando, di fatto, la progressiva paralisi e chiusura delle produzioni chimiche sarde;

il 19 dicembre 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è stato sottoscritto un accordo di programma tra Stato e Regione, che prevedeva la definizione di intese, anche con l'Unione europea, per stabilire in via definitiva un regime tariffario per l'industria energivora della Sardegna, in linea con quella europea;

tale accordo, ad eccezione degli importanti accordi bilaterali sottoscritti dalla precedente Giunta regionale con ENEL ed ENDESA poi decaduti a seguito della sentenza del TAR del Lazio, risulta ancora inattuato a causa delle contraddizioni tra il Ministero dell'economia e quello dello sviluppo economico; l'inconcludenza del Governo blocca il progetto integrato Carbosulcis e la fornitura di energia elettrica a costi competitivi per l'industria energivora della Sardegna;

PRESO ATTO che la Giunta regionale, nell'approvare la finanziaria 2009, ha dato solo una parziale risposta ai 5.000 lavoratori licenziati nell'ultimo anno sprovvisti di ammortizzatori sociali e che niente è stato fatto per la stabilizzazione dei lavoratori precari,

impegna la Giunta regionale a

1) chiedere al Governo e all'ENI di far assumere ai siti di Porto Torres ed Assemini valenza nazionale nel processo di ottimizzazione e razionalizzazione in atto, anche alla luce delle determinazioni che sta assumendo la Regione Veneto;

2) un confronto con il Governo nazionale finalizzato ad ottenere certezze sull'abbattimento dei costi delle tariffe elettriche, in linea con la media dei costi europei per l'industria energivora sarda;

3) negoziare col Governo, nella more della metanizzazione, attraverso la leva fiscale, l'equiparazione del costo della caloria prodotta in Sardegna con combustibili diversi dal metano a quella prodotta nel resto della penisola col metano;

4) reperire nel collegato alla finanziaria regionale le risorse sufficienti per dare risposta a tutti i 5.000 lavoratori privi di ammortizzatori sociali;

5) inserire nel collegato alla finanziaria le norme e le risorse per la stabilizzazione dei tanti lavoratori precari, a partire dalla stessa Amministrazione regionale, degli enti e altre amministrazioni pubbliche e predisporre politiche di incentivazione per le imprese che assumono a tempo indeterminato;

6) dare attuazione al Piano energetico regionale per incentivare le imprese ad investire nelle aree industriali per la riconversione degli impianti di produzione di tipo convenzionale in impianti da fonti rinnovabili;

7) recuperare tutte le risorse disponibili da destinare alla bonifica delle aree industriali e di quelle interessate da attività estrattiva. (8)

Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto Torres.

I sottoscritti,

considerata la condizione di grave compromissione delle condizioni ambientali nel sito industriale di Porto Torres sulle quali esiste un'azione della magistratura sassarese;

tenuto conto che tali condizioni sono da mettere in relazione all'attività di imprese legate direttamente o indirettamente nel presente e nel passato all'ENI (industria dello Stato italiano);

ritenuto che sia da porre come prioritaria, per la difesa dell'occupazione, della salute dei lavoratori e dei cittadini del nord ovest della Sardegna, un'imponente azione di bonifica,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione, l'Assessore regionale dell'industria e l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente per sapere se:

1) al tavolo delle trattative con l'ENI, fissato per il 21 maggio 2009, il tema delle bonifiche sia posto come primo punto all'ordine del giorno;

2) vengano subito discusse le modalità, i tempi di erogazione e le risorse da destinare al SIN (Sito di interesse nazionale) di Porto Torres per tali bonifiche;

3) venga realizzato nell'immediato, a gestione pubblica, un sistema di monitoraggio delle emissioni e delle dismissioni relative alle attività ancora in essere;

4) la richiesta di salvataggio di imprese ormai fuori mercato non sia usata per spostare l'attenzione dalle bonifiche consentendo così il disimpegno di chi ha fortemente compromesso la salute dell'ambiente e dei cittadini del nord ovest della Sardegna. (13).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Uno dei presentatori delle mozioni ha facoltà di illustrarle.

Ricordo che il tempo a disposizione per l'illustrazione è di venti minuti.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Signora Presidente, le ragioni che ci hanno costretto a presentare la nostra mozione sono diverse; innanzitutto il precipitare drammatico della crisi, che non risparmia nessuno; l'assenza, da parte vostra, della percezione della gravità della crisi stessa e dei conseguenti effetti su larghi strati della popolazione sarda; l'incapacità della Giunta, in particolare degli Assessorati dell'industria e del lavoro che, mi dispiace, anche stamane brillino per assenza, e dell'intera maggioranza ad aggredire le ragioni della crisi; infine, l'esigenza di coinvolgere l'intero Consiglio in un dibattito sulla crisi al fine di individuare una qualche via d'uscita da questa situazione. Poi la decisione dell'ENI, avallata dal Governo, ha fatto il resto, provocando la reazione indignata di tutti e forse…

(Brusio in Aula)

Presidente, io non riesco a…

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Diana. Prego i colleghi di avere rispetto nei confronti di chi interviene perché il brusio disturba. Chi deve conversare lo può fare fuori dall'Aula. Prego, onorevole Diana.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Dicevo, infine la decisione dell'ENI, avallata dal Governo, ha fatto il resto provocando per fortuna la reazione indignata di tutti e forse ciò ha rappresentato, anche per voi, una sferzata che spero vi costringa a uscire dal torpore che finora vi ha contraddistinto. Indubbiamente la riunione dell'8 luglio a Roma, l'assemblea di ieri in quest'Aula, gli impegni da lei assunti, Presidente, somigliano a segni di risveglio. Presidente, anche per tutto ciò, si manifesti con azioni conseguenti. A nome dei partiti dell'opposizione…

Scusate, sarà colpa mia, ma non riesco a…

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Diana. Colleghi, non disturbate l'oratore, grazie.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Mi rivolgevo a lei e al Presidente della Regione, che oggi sappiamo assente per altri impegni, perché tutto ciò si manifesti con azioni conseguenti. A nome dei partiti che hanno sottoscritto la mozione, le voglio succintamente illustrare il contenuto della stessa.

Nell'ultimo anno in Sardegna si sono persi 30 mila posti di lavoro, di cui 20 mila nella sola industria. Il tasso di disoccupazione è tornato a crescere, attestandosi intorno al 13,3 per cento. La crisi, come abbiamo ricordato anche ieri, coinvolge l'intero sistema produttivo e, più in generale, quello economico. Gli stessi fattori alla produzione, costi energetici, trasporti, credito, costituiscono una sensibile diseconomia per l'intero sistema economico isolano.

Voglio inoltre ricordare che il sistema produttivo sardo è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici. Infatti, il contributo di valore aggiunto dell'industria è sotto il 13 per cento, contro una media del Mezzogiorno che supera il 16 per cento e la media nazionale che si attesta intorno al 25 per cento. Gli addetti in questo settore in Sardegna superano di poco il 10 per cento per cento, la media nazionale è pari al 22 per cento. Ciò vuole dire una sola cosa, vorrei ribadirlo con molta fermezza, e cioè che in Sardegna non è vero che c'è troppa industria, è vero l'esatto contrario.

Ieri in quest'aula la Presidente del Consiglio, Claudia Lombardo, ha speso parole importanti sul modello di sviluppo e sul ruolo fondamentale dell'attività industriale, concetti reiterati dal presidente Cappellacci nella sua replica. Ebbene, se questa è la volontà della maggioranza, fate arrivare segnali forti e concreti in questa direzione, senza chinare la testa, come ha ricordato ieri la Presidente del Consiglio regionale. C'è bisogno di questo immediatamente perché nell'Isola, nei mesi di aprile e maggio, il livello di fiducia delle imprese è calato del 6 per cento, mentre nel resto d'Italia è cresciuto del 3 per cento. Io credo che questo debba in qualche maniera preoccupare tutti.

Ma la drammaticità della crisi la constatiamo anche attraverso i dati sulla cassa integrazione che ormai, come è stato ricordato anche ieri, interessa 4 mila lavoratori e sono oltre 350 le imprese che vi hanno fatto ricorso, con un aumento nell'ultimo anno - badate, non è una cifra sparata così, sono dati Istat -,pari al 500 per cento. Questo è lo specchio che sta di fronte a noi.

Gli occupati nell'ultimo anno sono diminuiti di alcune migliaia, attestandosi intorno alle 600 mila unità; gli occupati, quindi, in Sardegna sono un terzo della popolazione. E' una delle percentuali più basse d'Europa. Io credo che anche questo debba, in una certa misura, preoccuparci. Non basta. Di questi 600 mila occupati 430 mila sono lavoratori dipendenti; di questi 430 mila oltre 100 mila in questa regione sono lavoratori che hanno contratti atipici.

In questa regione - lo voglio ricordare - la dinamica delle trasformazioni dei contratti atipici in contratti a tempo indeterminato è la più bassa d'Italia, e questo porta la Sardegna ad avere in percentuale il numero più alto di lavoratori precari rispetto agli occupati. Credo sia un primato di cui non dobbiamo andare assolutamente orgogliosi.

Ma c'è un altro dato allarmante che vorrei portare all'attenzione di tutti, innanzitutto di noi stessi, per carità, e che vi prego, comunque, di non sottovalutare. I redditi da lavoro dipendente in questa regione sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto alle regioni del centro-nord, dati Istat e non certamente dei centri studi dei partiti dell'opposizione consiliare. Ancora, il reddito medio mensile delle pensioni INPS in Sardegna è pari a 614,22 euro, la media nazionale è di 781,89, quella del centro è di 795,58, quella del nord è di 845,48 euro. Anche da questa amara realtà si capisce perché circa 400 mila sardi, cioè il 22 per cento delle famiglie sarde, è costretta a vivere sotto la soglia della povertà relativa.

Risparmio a tutti noi il tentativo di rappresentare il dramma di chi, per effetto della perdita di lavoro o di chi, pur avendo un lavoro, vive questa condizione; una condizione che spesso viene vissuta come un fatto privato, gravato da sensi di colpa e frustrazioni perchè solo politiche sociali mirate potrebbero lenire il disagio in attesa di una ricollocazione.

Negli anni passati si è fatto molto, ma oggi gli effetti della crisi richiedono uno sforzo, ahinoi, maggiore. Servono protezioni sociali capaci di rispondere ai meno fortunati di quest'isola. Per questo abbiamo insistito, in occasione della discussione sulla finanziaria e ora sul collegato, affinché si mettano in essere azioni e si stanzino risorse di sostegno alla domanda, in particolare per la parte più debole della nostra società. Con questa stessa mozione chiediamo interventi e risorse a sostegno della domanda e dei settori produttivi.

Signor Presidente, vorremmo che la discussione su questa mozione si concludesse con un dispositivo unitario che impegni lei, la sua Giunta nei confronti del Governo e delle parti datoriali, consentendo scelte chiare, senza titubanze, sulle vostre azioni di governo.

Certo, Presidente, non pensiamo di addossarvi tutta le responsabilità. Le ragioni della crisi non nascono da metà febbraio scorso, tuttavia le politiche del Governo in questo stesso lasso di tempo sono state devastanti per l'economia della Sardegna. Basti pensare allo spostamento del G8, allo scippo dei fondi FAS, alla Sassari-Olbia e, infine, il colpo mortale alla chimica voluto dall'ENI e dal Governo. Spiace dirlo, mi creda, ma avete subito queste scelte devastanti per l'isola, come dire, supinamente, non abbiamo ancora visto una reazione all'altezza degli attacchi e degli affronti che ci sono stati portati.

In quest'Aula spesso (è accaduto anche ieri), sento citare i grandi padri dell'autonomismo, ma non basta citarli per dare ruolo e significato alla funzione autonomistica. La funzione autonomistica si svolge innanzitutto impedendo che qualcuno, come fa il Governo, calpesti i nostri diritti. Nemmeno in questo finora avete brillato. Ancora ieri, in quest'Aula, c'è stato un forte appello all'unità politica, istituzionale, con le forze sociali. In tanti, Presidente, le hanno chiesto di assumersi la responsabilità di rappresentare l'indignazione e il malcontento dei sardi.

Presidente, evitiamo retorica e appelli all'unità general-generica; l'unità si costruisce indicando con chiarezza quali sono gli interessi da rappresentare e combattendo con forza chi si oppone alla tutela di quegli interessi. E' innegabile che il Governo e il Presidente del Consiglio dei Ministri non lavorino per interpretare e rispondere a queste attese dei sardi; perciò, presidente Cappellacci, non è più procrastinabile un confronto negoziale, forte, con il Governo. Per farlo ci vogliono coraggio e idee chiare. Ebbene, il coraggio, dopo la riunione dell'8 luglio a Roma, lo sciopero del 10 delle organizzazioni sindacali, l'Assemblea di ieri, il coraggio, ripeto, non dovrebbe assolutamente mancare dopo questo ampio mandato che avete ricevuto. Per quanto attiene alle idee, invece, con rispetto, nulla di personale, finora ne ho sentito poche, quindi probabilmente insieme al coraggio è necessario registrare qualcosa anche su quel piano.

Presidente Cappellacci, ieri ci ha ricordato che la Sardegna non ha bisogno di veleni. Ma quali veleni? I veleni certamente non vengono da noi. Io spero in un dibattito ampio su questa mozione, senza presunzione, per carità, perché nelle scorse settimane abbiamo sentito opinioni differenti all'interno della maggioranza sul modello di sviluppo; non basta dire modello di sviluppo, modello di sviluppo equilibrato, bisogna dire che cosa si intende per modello di sviluppo e ho sentito opinioni diametralmente opposte.

Siamo qui per assumerci le nostre responsabilità, vogliamo svelenire il clima, lo abbiamo dimostrato, credo, in queste settimane, durante la finanziaria, la discussione in queste ore e in questi giorni nelle varie Commissioni sul collegato alla finanziaria e nell'atteggiamento responsabile assunto anche ieri e che manterremo nei prossimi giorni. Vediamo però se anche da parte vostra c'è questo intendimento, con responsabilità, decidiamo che cosa dobbiamo pretendere dal Governo e che cosa dobbiamo fare qui. A queste condizioni, Presidente, avrà il nostro appoggio, ma sappia che non siamo disponibili a condividere, come avete fatto finora, decisioni che ledono gli interessi dei sardi.

Le chiediamo, infine, Presidente, se c'è la disponibilità (nel rispetto di quella chiarezza e di qualche idea), sui punti sui quali impegniamo la Giunta nella mozione, che chiaramente potranno essere integrati, a lavorare per un dispositivo unitario; certamente non ci sottraiamo a questo confronto, anzi, noi lo auspichiamo. Lo dico in particolare all'assessore La Spisa che, insieme a me, è stato firmatario dei tanti accordi, che ieri il presidente Cappellacci ha sottolineato debbano essere ricordati, sulla chimica, sull'energia, sul tessile, sul riequilibro dei trasporti tra ferro e gommato, sull'agroindustria.

Nell'intervento, applauditissimo, Beppe Pisanu ha detto molto chiaramente (forse è sfuggito oppure abbiamo voluto fare gli struzzi) che a Porto Torres - lo dico ai colleghi del Nord Sardegna -interessa il lavoro, sacrosante parole, non interessa altro perché sarà un punto nodale. Quando si affermano queste cose vuol dire che il cracking è chiuso e che Pisanu non deve scaricare sulle organizzazioni sindacali questa responsabilità perché di questo stiamo parlando, e spero di essere smentito nei prossimi giorni in quest'Aula.

Allora, noi chiediamo che i siti di Porto Torres e Assemini, nel confronto sulla chimica, assumano una valenza nazionale perché ne hanno i requisiti dal punto di vista tecnologico e dell'impatto ambientale. Chiediamo un confronto col Governo sui costi dell'energia elettrica per tutti, non è sufficiente quello che è stato licenziato nei giorni scorsi dai due rami del Parlamento.

Vi chiediamo, onorevole La Spisa, ancora una volta di aprire un negoziato forte con il Governo affinché, attraverso la leva fiscale, si equipari il prezzo della caloria prodotta in Sardegna, con combustibili diversi dal metano, a quella prodotta nel resto della Penisola con il metano. Questa è una diseconomia che talvolta, per alcune produzioni, supera la quota del 30 per cento. Così come vi chiediamo risorse per dare una risposta a tutti quei lavoratori, sono 5 mila, che hanno perso il posto di lavoro e non hanno ammortizzatori sociali; così come vi chiediamo norme cogenti, si sta lavorando in questa direzione in maniera interessante nella Commissione terza, in collaborazione con le altre Commissioni, per dare una risposta ai troppi precari di quest'isola.

Non dimentichiamo, inoltre, la vergogna (tutti dobbiamo sentirla), dei tanti lavoratori interinali che operano a fianco dei lavoratori dipendenti delle altre imprese e vivono con l'angoscia maggiore di quella che vivono i lavoratori con contratti atipici, e ce ne sono tanti, troppi in quest'isola. Chiediamo, inoltre, l'istituzione di un fondo di solidarietà sociale in cui confluiscano tutte le risorse destinate al sostegno al reddito; così come è indispensabile sapere, visto che non abbiamo capito, almeno io non l'ho capito, che fine hanno fatto le risorse FAS per le bonifiche, come si intendono recuperare risorse per avviare davvero delle bonifiche. Lo dico con grande rispetto agli amici sardisti, denunciamo l'ENI, siamo i primi, denunciamo subito, non so se avremo immediatamente le risorse dall'ENI per avviare le bonifiche. Intanto i fondi FAS c'erano e ci sono stati portati via dal Governo e sarebbe interessante capire come intendete recuperarli.

Infine, noi vi chiediamo di presentare entro 30 giorni il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione, di cui alla legge regionale numero 20 del 2005; nonché a predisporre e inviare, per la definitiva approvazione, il Piano regionale di formazione per la sicurezza sul lavoro, di cui alla legge regionale numero 8 del 2008.

Non voglio qui richiamare i recenti, tragici eventi, ma in questa Regione non va meglio rispetto ad altri luoghi, in questa Regione muore per cause di lavoro un lavoratore ogni 7-8 giorni. Questa Regione ha la percentuale più alta per gli incidenti sul lavoro che provocano un'invalidità permanente superiore al 60 per cento. Quindi non siamo immuni purtroppo da questo fenomeno.

Infine, non prendetela come una provocazione, io spero che l'iniziativa di questi giorni, quella delle prossime ore, costringa il Governo a chiedere all'ENI di revocare la fermata del cracking; se non fosse possibile, se il Governo al di là delle pacche permettesse all'ENI di confermare (come ha annunciato ieri il senatore Pisanu) la fermata del cracking, allora io chiedo al Presidente di questa Regione di essere conseguente con gli impegni che ha assunto,non durante la campagna elettorale, bensì ieri. Allora, noi materialmente, in testa il Presidente della Regione, dobbiamo impedire fisicamente che si fermi il cracking, a costo di essere il 1 agosto a Porto Torres nello stabilimento per impedire materialmente che ciò avvenga. Se questo avverrà, probabilmente saremo di fronte a un atteggiamento conseguente a tanti pronunciamenti.

PRESIDENTE. Poiché nessuno dei presentatori dell'interpellanza ha domandato di illustrarla, do la parola al primo iscritto a parlare.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

Ricordo ai consiglieri che intendono prendere la parola che devono iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento.

SABATINI (P.D.). Intervengo brevemente per svolgere alcune considerazioni partendo dal fatto che è difficile intervenire in questo dibattito dopo che ieri sono stati trattati molti dei temi che oggi sono stati posti all'attenzione dal collega Giampaolo Diana. Io non sono tra quelli che pensano che l'iniziativa di ieri, cioè la convocazione di un'assemblea che ha visto partecipi questo Consiglio, i deputati e i senatori sardi, i rappresentanti degli enti locali, le forze sociali e datoriali svilisca le funzioni di questo Consiglio regionale. Credo sia stato un momento importante che ha visto un dibattito che in alcuni momenti ha toccato livelli di eccellenza. Un'occasione chiaramente che noi non dobbiamo disperdere, che non dobbiamo sprecare, ma anzi dobbiamo coltivare e far crescere.

L'unità dei sardi, che sfociò nella bellissima manifestazione a Roma nella scorsa legislatura, ottenne lo straordinario risultato di un nuovo regime per le entrate di cui certamente oggi dobbiamo chiedere il pieno rispetto. La Sardegna vive oggi un momento difficile che, purtroppo, rischia di aggravarsi ancora di più nei prossimi mesi perché questo ci dicono i dati e le previsioni economiche. Negare questo è sbagliato, lo ritengo sbagliato; invece dobbiamo prenderne coscienza e consapevolezza e lavorare al fine di trovare soluzioni anche nell'immediato. E' una situazione allarmante ed è importante capire la necessità di ritrovare la coesione così da rafforzare una vertenza con lo Stato, questo è lo scopo della coesione, che non sarà né facile né semplice.

Per questo mi può anche andare bene che il presidente Cappellacci porti nel cuore i problemi della Sardegna, ma credo che ci sarà più bisogno di battere i pugni sul tavolo; e per quanto mi riguarda, stante le cose che sono state compiute ai danni della Sardegna in questi mesi, se volerà anche qualche posacenere a quel tavolo andrà ugualmente bene.

A parte queste considerazioni, premetto che sarebbe un errore ridurre quella vertenza ai soli temi della chimica, dobbiamo invece porre a quel tavolo in modo più ampio i problemi legati al ritardo di sviluppo che affligge la nostra Regione. Voglio però precisare che, lo ripeto, io sono perché si ricerchi la massima coesione, perché si coinvolgano davvero tutte le istituzioni, le forze sociali, ma allo stesso tempo non dimentico che la massima espressione del popolo sardo è questo Consiglio regionale, e chi ha la massima responsabilità della situazione dell'andamento sociale ed economico di questa isola è questa istituzione.

Il Presidente della Regione, delegato a condurre questa vertenza, dovrà riferire a questo Consiglio regionale che rappresenta il popolo sardo. Quindi facciamo tesoro di momenti importanti quali l'assemblea di ieri, raccogliamo la riflessione che è venuta da quel dibattito, ma ricordiamoci che abbiamo il dovere di esercitare fino in fondo, come Consiglio regionale, la nostra funzione, il compito che ci è stato affidato dai sardi e che è sancito dalla Costituzione e dal nostro Statuto; altrimenti, davvero, momenti come quelli di ieri rischiano di svilire la funzione di questo Consesso.

Ecco perché sono estremamente convinto che la discussione congiunta di queste due mozioni debba concludersi con l'approvazione di un ordine del giorno unitario, che specifichi i punti che vanno portati alla vertenza con lo Stato, che riprenda gli impegni che sono stati enunciati ieri e che questa Assemblea deve completare e fare propri così che quel documento diventi un punto di riferimento, un mandato di questo Consiglio regionale, non solo sul tema della chimica, ma su tutti i temi del sottosviluppo.

Perché, vedete, il tema è quello del ritardo di sviluppo per cui, nonostante la spendita di un intero POR, di ulteriori fondi che sono stati trasferiti a questa Regione, la Sardegna è ancora legata al ritardo che hanno tutte le altre Regioni del Meridione. Viviamo un'epoca in cui anziché allentare queste differenze, questa Italia continua a camminare sempre di più a due velocità; e questo fenomeno non è avvenuto in altre parti d'Europa dove altri territori, come l'Andalusia in Spagna, sono riusciti attraverso la spendita di quei fondi a recuperare il ritardo di sviluppo. Noi non ci siamo riusciti.

Qualcuno ieri ha richiamato a una responsabilità delle istituzioni sarde e della politica sarda; io credo che ci sia anche una responsabilità dello Stato, perché tanti fondi (a volte i fondi POR) hanno sostituito i trasferimenti ordinari dello Stato. E se vogliamo approfondire come sono stati distribuiti i Fondi per le aree sottoutilizzate in Italia, vediamo che sono andati a finire in zone che non erano ascrivibili a questa categoria, sono stati distratti cioè dalle aree che davvero avevano bisogno di quei fondi, quindi anche dalla Sardegna. Oggi, più che mai, dobbiamo vigilare perché molti dei fondi che si stanno distraendo erano stati già impegnati per la nostra Regione, ma questi impegni, ora, non vengono mantenuti.

La Sardegna, già dagli anni '70, fa passi indietro in tutti i dati economici. Se noi rileggiamo quell'utile strumento che produce il CRENOS, ormai da diversi anni, nel quale appare il rapporto sull'economia della Sardegna, notiamo che i dati non si muovono in positivo, ma dagli anni '70, come ho già detto, i dati sullo sviluppo economico della nostra Isola registrano un segno negativo . In questi giorni stiamo lavorando, nella Commissione bilancio, mi pare bene, su alcuni temi, li abbiamo definiti i "temi franchi", per dare risposte all'emergenza. Un lavoro utile, credo che caratterizzi in modo positivo il disegno di legge che è all'esame in terza Commissione, e che spero riusciremo nei prossimi giorni ad approvare con una piena condivisione tra maggioranza, opposizione e Giunta.

Certamente non basta dare risposta alle emergenze, noi abbiamo bisogno di continuare il cammino delle riforme strutturali di questa Regione, abbiamo bisogno di monitorare tutte le opere strutturali che sono in corso, penso alle opere legate all'energia, alle infrastrutture dei trasporti e della viabilità, per superare i problemi. C'è però una ulteriore questione che mi pare costituisca davvero il principale blocco dello sviluppo in Sardegna e anche nel nostro Paese. E' il tema della macchina amministrativa. In questa Regione la macchina amministrativa è un blocco allo sviluppo. Io capisco che questo è un tema importante...

PRESIDENTE. Onorevole Sabatini, il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Presidente, il collega Sabatini ha riferito dell'Assemblea di ieri ispirata da uno sforzo unitario non consueto, nemmeno scontato, frutto della straordinarietà del momento e del grande senso di responsabilità che, allo stato, stanno dimostrando i Gruppi e le forze dell'opposizione. Ieri nel dibattito ci si è concentrati in particolar modo sulla crisi della chimica, ma molti, diversi e ripetuti accenni comunque sono stati fatti anche alla più vasta crisi che sta investendo il nostro tessuto produttivo, come accennava anche il collega poc'anzi.

La Sardegna è appena uscita dall'Obiettivo 1, ma l'essere usciti dall'Obiettivo 1 non significa uscire anche dal ritardo di sviluppo che persiste comunque; la differenza è che non abbiamo più le risorse per superarlo. Siamo una Regione in cui alla crisi della chimica si associa una crisi più vasta di tutto il tessuto produttivo, in particolare di quello industriale (specialmente le industrie energivore) e dell'agro-alimentare (agricoltura e allevamento), ma avremo modo di tornarci.

Una Regione dove, oltre a queste dei grandi comparti, tante e molteplici sono le situazioni che io chiamo di micro crisi, piccole imprese in grossa difficoltà economica. Cito solo la mia provincia, il Medio-Campidano; una provincia povera, una provincia dove forte è il disagio insediativo, lo spopolamento, dove è notevole la presenza di micro imprese. Nella provincia del Medio-Campidano una miriade di aziende sta chiudendo; e la cosa più drammatica è che queste aziende stanno chiudendo nell'indifferenza generale, quasi facendosi trascinare dalla rassegnazione.

Sono piccole aziende che chiudono e non fanno rumore. Sono piccole aziende che chiudono e non suscitano la grande mobilitazione, come quella che abbiamo visto ieri. Piccole aziende che chiudono e che non suscitano i titoli in prima pagina sui giornali. Sono piccole aziende che però messe l'una dietro l'altra "fanno i numeri", e sono numeri importanti per la nostra Regione. Ne cito solo alcuni. Nella fonderia di San Gavino, la cui crisi è legata a quella di Portovesme, i cassintegrati sono 48.. Nell'indotto ci sono altre 68 persone in cassa integrazione.

Nella miniera di Santu Miali, della Sardinia Gold Mining, ci sono 42 cassintegrati, e il liquidatore rifiuta addirittura una concessione mineraria che gli dà la Regione. Da oltre tre mesi è chiuso l'albergo pubblico nelle terme di Sardara, nell'indifferenza generale, altri 28 posti di lavoro. Il Consorzio Sardo cereali, nell'indifferenza della Regione, lascia a casa 6 dipendenti. Alla Scaini ci sono oltre 100 lavoratori in mobilità dal 2000. La Usai materie plastiche, 32 dipendenti, è chiusa dal 2006 in attesa della proroga della mobilità. La Poliplastica del Vomero ha in attesa di mobilità 18 dipendenti. La Ceramica mediterranea, nel giro di otto mesi ha perso circa 40 posti di lavoro.

Queste sono alcune delle aziende già chiuse per motivi diversi: costo dell'energia, difficoltà di mercato, spesso anche insipienza della classe dirigente, mi riferisco sia agli amministratori locali che ai dirigenti delle aziende in questione. Ma hanno un unico filo conduttore: chiudono. Sono tanti posti di lavoro che, sommati, sono assimilabili a quelli delle grandi imprese che chiudono. Ci sono però anche altre aziende nel nostro territorio, nel territorio regionale, che funzionano e che rischiano di chiudere per altri motivi. Mi riferisco alla Keller. Sulla Keller elettromeccanica ci siamo pronunciati già altre due volte in questo Consiglio regionale, ogni volta abbiamo avuto rassicurazioni da Trenitalia.

Nei giorni scorsi Trenitalia ha comunicato alla Keller, sempre con decisione unilaterale, come quella dell'ENI, di voler annullare le commesse; non stiamo parlando pertanto di decisioni frutto di un confronto, di una discussione che porti un impegno per una riconversione, per una sostituzione degli strumenti che oggi sono in campo. Sono decisioni unilaterali.

La Keller elettromeccanica è un'azienda che occupa circa 300 dipendenti, ai quali si sommano ulteriori 80 addetti per le lavorazioni dell'indotto. Perché rischia di chiudere? Non ne parla nessuno, non ne parla nessuno! Ci sono le mozioni presentate in questo Consiglio regionale che non sono state messe all'ordine del giorno, ci sono rassicurazioni di Trenitalia, e poi dirò anche di quello. Chiude perché Trenitalia con decisione unilaterale ha deciso di sopprimere l'unico traghetto, il "Garibaldi", che costituisce infrastruttura e trasporta i vagoni oltre Tirreno.

Costituisce infrastruttura, quindi è un patrimonio dei sardi, come tutta la rete infrastrutturale, è un patrimonio pubblico, il traghetto Garibaldi è un patrimonio pubblico perché è la continuazione della linea ferroviaria verso il Continente; una società di proprietà dello Stato decide che quel pezzo di patrimonio non esiste più, quindi si taglia, addirittura si fa rottamare, nello stesso momento in cui le Ferrovie dello Stato danno rassicurazioni alla Giunta regionale, si bandisce una gara d'appalto per rottamare il traghetto Garibaldi! E' una vergogna che lo Stato stia danneggiando la Sardegna in questa maniera!

Ieri, con decisione unilaterale, abbiamo rivendicato il ruolo auto-propulsivo che la Sardegna deve avere. Abbiamo rivendicato il nostro ruolo di attori nella programmazione del nostro futuro; con voce univoca in questo Consesso abbiamo detto: "Noi dobbiamo essere gli attori del nostro futuro, noi dobbiamo programmare". Abbiamo anche detto però che non possiamo avere lo Stato contro, l'abbiamo detto per l'ENI ma oggi vale per Trenitalia, per le Ferrovie dello Stato, chiamiamole come vogliamo, ma è sempre la stessa cosa.

Lo Stato deve concorrere, se è necessario assecondare le nostre azioni, i nostri programmi di sviluppo. Non può essere lo Stato a infierire su una economia già in crisi perché questo è quello che sta facendo; se ci sono aziende di Stato, io continuo a chiamarle così, che infieriscono su una economia già in crisi, noi ci dobbiamo opporre. Ecco perché domani è necessario portare al tavolo del Governo, e porla con forza, anche la questione della continuità territoriale delle merci, ma non in maniera generale, bensì tenendo ben presente il caso specifico perché sarebbero altri 400 posti di lavoro a rischio, un rischio concreto.

Io penso che domani al tavolo del Governo debba essere posta con insistenza la sospensione di questi provvedimenti di Trenitalia, il Governo deve fare questo! Ormai basta, non dobbiamo più parlare con Trenitalia, con Ferrovie dello Stato, ci stanno imbrogliando! Come ci sta imbrogliando l'ENI! Deve essere lo Stato che dice che come è necessaria l'infrastruttura del ponte sullo Stretto di Messina, si stanno spendendo 6 miliardi di euro , sono necessarie le infrastrutture che collegano la Sardegna con il Continente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mulas. Ne ha facoltà.

MULAS (Gruppo Misto). Presidente, onestamente, io rispetto a quanto è avvenuto ieri non sono poi così soddisfatto per un motivo molto semplice che mi pare vada detto in premessa; cioè che la ricerca spasmodica in questi ultimi tempi, a tutti i livelli, di una parvenza di unità che possa portare a delle soluzioni reali del problema economico più generale non sia una unità che viene ricercata quasi per nascondere eventuali responsabilità, ma sia resa giustificabile da un'esigenza, che l'intera classe politica avrà da qui a qualche tempo, di stare uniti nel produrre idee ed evitare di pavoneggiarsi ogni volta con esternazioni più o meno colorite, dialettiche, che di fatto non fanno altro che rivangare che cosa è avvenuto nel passato.

Noi ci troveremo a dover "far fronte", con una sorta di unità fisica, quasi, oltre che di classe, contro chi non percepirà più questa classe dirigente, regionale e nazionale, come vicina agli interessi e alla risoluzione degli interessi e dei problemi del popolo sardo in questo caso, e nazionale in futuro. La ricerca dell'unità servirà per ricomporre un quadro politico che dia una proiezione futura governabile, ed entro nel merito poi del problema economico.

Ieri gli interventi sono stati incentrati soprattutto sulla grave difficoltà che stanno attraversando in questi ultimi tempi, in maniera palese, il petrolchimico e la chimica nazionale con il disinteressamento da parte di ENI, ormai manifesto, e che per troppo tempo forse non siamo riusciti a gestire e a governare. Io penso che debba essere cambiata la prospettiva dalla quale noi avviamo la discussione, occorre cioè rimettere l'Eni al proprio posto, ovvero quella di una società partecipata, fortemente partecipata, che negli anni noi abbiamo fatto sì divenisse una delle multinazionali più forti al mondo.

Facendo questo potremo riappropriarci del ruolo di indirizzo economico che per troppo tempo abbiamo abdicato in favore dell'ENI. All' ENI dovremmo dire (questo dovrebbe emergere nella discussione della mozione), da qui a due giorni, al tavolo nazionale, alcune cose ben chiare, non in difesa rispetto a ciò che vorremmo mantenesse, ma in attacco rispetto a ciò che noi vorremmo facesse. Dico questo perché per troppi anni noi, per tutelare posti di lavoro che man mano sono andati riducendosi, abbiamo giocato una partita in difesa cercando di tutelare la non chiusura di alcuni impianti senza entrare nel merito di ciò che l'ENI stava producendo nei territori interessati.

Ora Porto Torres, che in questo caso è l'oggetto del contendere degli ultimi giorni, ma che di fatto riassume quello che sta accadendo un po' ovunque, si trova ad affrontare una crisi che ormai è irreversibile; pertanto, al tavolo con l'ENI io gradirei si avesse il coraggio di mettere nel conto anche la chiusura dello stabilimento ENI, e lo dice uno che ci lavora e ci ha lavorato fino a qualche tempo fa. Questo perché, se così non facessimo, da qui a qualche giorno non riusciremmo a stanare ENI sulle altre logiche industriali che sta attuando. E quali sono queste altre logiche industriali?

Corre voce ormai da troppo tempo, e di fatto così si sta manifestando, che si stia occupando più di energia che di chimica, questo è il core business sul quale non sta sicuramente a me, né a noi, entrare. Però, sta a noi entrare nel merito del core business di ENI nel momento in cui la dismissione incondizionata degli impianti petrolchimici non presuppone reinvestimenti negli stessi territori. L'ENI ha intenzione di costruire delle centrali elettriche a carbone e su questo io vorrei che si partecipasse alla discussione, in quel tavolo, perché così facendo ENI, di fatto… scusate sono emotivamente forse troppo interessato al problema e dunque evito di leggere o di mal leggere queste cose, reintervengo completamente. Io negli interventi di ieri ho molto apprezzato la ricerca della soluzione rispetto al problema industriale in Sardegna e ho apprezzato molto… scusate, non riesco a intervenire, perdonatemi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi e colleghe, dopo la giornata di ieri diventa anche difficile aggiungere elementi alla discussione, alla voglia e alla compattezza di fronteggiare la grave crisi che attraversa in questo momento la Sardegna. I dati contenuti nella mozione, e illustrati dallo stesso onorevole Diana poco fa, la dicono lunga e devono farci riflettere sul fatto che sia necessario avviare nell'immediato una nuova strategia e un nuovo progetto socioeconomico per la nostra isola.

Dalla discussione emerge che i temi che quest'Aula condivide sono molti e, quindi, credo che ci sia la necessità di guardare oltre. Il crollo dell'occupazione, l'implementazione della disoccupazione, il tracollo industriale non lasciano quindi margini a ripensamenti o tentennamenti. Come dicevo, ieri ci siamo soffermati sull'ENI e sulla necessità di bloccare la chiusura degli stabilimenti che manderebbe a casa oltre 3.500 lavoratori, con le gravi conseguenze sociali che indubbiamente ne deriverebbero; certamente ci vuole un decisivo intervento politico che tamponi un processo che, a mio avviso, comunque è irreversibile.

L'ENI lo ha già fatto in Sardegna con la dismissione delle miniere, e certamente adotterà la stessa tecnica con la chimica, ci trascinerà, così come del resto da tempo sta avvenendo nel comparto della stessa chimica di base, se è vero come è vero che da 12.000 addetti nella sua massima espansione, oggi ne contiamo 3.500; quindi, il processo della dismissione diluita nel tempo è già in atto, consentendo al colosso statale di uscire indenne dall'Isola, scaricandoci le drammatiche conseguenze che noi tutti conosciamo: impianti fatiscenti, aree inquinate e implemento delle dinamiche sociali che si abbatteranno sugli enti locali, già oberati dalle problematiche poste dalle 400.000 persone, il 22 per cento delle famiglie, che oggi vivono sotto la soglia di povertà relativa.

Certo, abbiamo sottoscritto accordi di programma sin dal 2003, ma a quanto pare sono ancora al palo e tutt'oggi continuiamo con le rivendicazioni. Condivido quindi che si chieda alla Giunta regionale di impegnarsi (apprezzo la limpidezza e la determinazione dell'impegno politico manifestato ieri dalla Giunta regionale col suo Presidente) - per portare il Governo e l'ENI al mantenimento dell'attività, dando ai siti più importanti, quelli di Porto Torres e di Assemini, la valenza nazionale. E' certo che per ottenere questo importante risultato e per garantirci ancora una quota rilevante di industrializzazione bisogna contestualmente azzerare l'handicap del costo dell'energia e dei trasporti, tema, ripeto, che continuamente in quest'Aula ormai tutti quanti condividiamo e forse è arrivato il tempo per il passaggio ad atti concreti che abbattano definitivamente questo grande handicap: la Sardegna deve concorrere in maniera paritetica con il resto della Nazione, non può esserci industria competitiva se non si colmano le differenze dei costi energetici e di quelli chilometrici per i trasporti.

Raggiunto l'obiettivo principale del mantenimento dell'occupazione, l'ENI va richiamata immediatamente a intervenire nelle aree inquinate e trasformate dalle attività industriali ormai in disuso e abbandonate. Non bisogna ripetere l'errore fatto sulle aree minerarie dismesse; credo, infatti, che sia necessario riprendere al più presto anche questo grande tema tuttora aperto perchè, a dieci anni dall'inserimento delle aree minerarie dismesse del Sulcis-Iglesiente e del Guspinese fra gli ambiti di interesse nazionale per il loro totale risanamento, siamo ancora al palo, mentre anche oggi leggo che si spendono altri 20 milioni di euro di fondi regionali per le bonifiche nei siti che invece dovrebbero essere di competenza nazionale.

Su questo argomento occorre rifletterci e riprenderlo in esame perché consentirebbe di recuperare le aree dismesse, che la SNAM e le società dell'ENI ci hanno lasciato, per nuova industrializzazione, per nuove attività produttive.

In questa fase sottolineiamo un'altra grande emergenza (i dati che l'onorevole Diana ha poc'anzi elencato sono spaventosi e riguardano appunto i 5 mila lavoratori privi di ammortizzatori sociali) che è rappresentata dalla stabilizzazione dei lavoratori precari della stessa Amministrazione regionale, degli enti e di altre amministrazioni pubbliche. C'è l'impegno adesso, nel collegato, per dare una risposta; questo è un segno sicuramente importante, tangibile e sensibile da parte della Regione Sardegna, però bisogna anche qui passare dal momento dell'emergenza ad atti concreti, ad azioni di stabilizzazione di questi processi perché non si ripetano nel tempo, altrimenti rincorreremo sempre le situazioni di emergenza.

La soluzione della precarietà del lavoro e dell'insicurezza delle piccole e medie imprese regionali passa per un nuovo modello di sviluppo che sfrutti la centralità mediterranea dell'Isola per farne una piattaforma di servizi a supporto del commercio e delle produzioni mediterranee. Quindi pensiamo alla Sardegna zona franca, alla infrastrutturazione portuale e aeroportuale, a una viabilità nord-sud che raccordi i poli più importanti della portualità marittima e aerea, nello spirito, per riesumare uno slogan forse, ma non del tutto, utopistico, o della realizzazione delle "autostrade" del mare, del cielo e della terra. Sono progetti che possono davvero essere utili alla Sardegna e possono anche concretizzarsi.

Quindi, per concludere questa mia riflessione, sottolineo ulteriormente la necessità di prendere decisioni e di passare dalle buone intenzioni ai fatti concreti, quindi: infrastrutture, nuova industrializzazione manifatturiera, agricoltura, piccola e media impresa, turismo e cultura, sono risorse integrate e non monocultura, che devono essere "farcite", io credo, dalla nostra forte identità sarda che penso sia quell'elemento che ci proietterà nel futuro con specificità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Dopo la maratona di ieri oggi stiamo giocando un tempo supplementare, anche se il termine "giocare" è decisamente improprio per la drammaticità della situazione che vive la Sardegna; ciò che intendo dire è che questa mozione, che arriva in Aula oggi, segue il lungo dibattito svolto ieri che ha messo in evidenza la drammaticità della crisi che vive la nostra regione e sulla quale un po' tutti, con toni e contenuti diversi, hanno riaffermato un concetto espresso con determinazione dall'onorevole Pisanu: prima la Sardegna. Prima la Sardegna e poi tutte le altre cose che seguono, a iniziare dall'appartenenza ai Gruppi politici che è doveroso, comunque, tenere sempre in evidenza perché non tutto ci accomuna anche se, in questo momento, ci unisce la forte determinazione a dare risposte ai bisogni della nostra isola.

Tutti insieme si può, è stato detto, anche ieri più volte; ed è un richiamo di cui la letteratura mondiale è piena perchè in molte occasioni, di fronte a situazioni drammatiche dei popoli, delle comunità, si fa appello all'unità. Unità che è stata definita "bambina" e che ieri, forse, ha preso anche qualche schiaffo; io devo dire che due schiaffi non hanno fatto mai male a nessuno e, infatti, come genitore, come insegnante e come allenatore di nuoto e pallanuoto, di schiaffi credo di averne distribuito diversi, ma sono serviti a "raddrizzare", a far crescere, a migliorare. Credo quindi che se due schiaffi vengono dati con atteggiamento positivo possano essere utili anche a chi muove passi importanti all'insegna dell'unità (manifestata almeno negli intenti in quest'Aula), permettendoci di richiedere tutti insieme le risposte che vogliamo in questo momento dal Governo nazionale, per iniziare, ma anche dal Governo regionale,.

Io credo che comunque sarebbe un errore, anche questo qualcuno lo ha detto aggrapparsi alla sola chimica, perché sarebbe come la vicenda di un naufrago maldestro che invece che aggrapparsi ad un solido e robusto galleggiante si affidasse, per salvarsi, ad una di quelle tante buste di plastica che troviamo nei nostri mari. Sarebbe maldestro e preoccupante fare questo per uscire dalla crisi. Questo non vuol dire che la chimica non deve rimanere comunque un impegno forte di noi tutti. Noi affermiamo e sosteniamo però che occorre un serio progetto di rinascita per mettere in piedi un serio progetto di sviluppo per la Sardegna.

Ieri la presidente Lombardo ha detto che l'industria è fondamentale, che non si vive solo di turismo e di agricoltura; implicitamente ha detto anche che non si vive di sola industria. Occorre un progetto articolato per uscire da questa situazione drammatica e dalla crisi economica che noi attraversiamo nei termini in cui ieri è stata messa in evidenza, e che oggi con questa mozione vogliamo ancora sottolineare. E' una situazione che viene da lontano, che addirittura precede la grave crisi economica mondiale sulla quale tutti siamo concentrati per capire come uscirne.

Nella mozione si fa riferimento ai 30 mila posti di lavoro persi in Sardegna che sono un autentico terremoto o, forse, peggio di un terremoto per quanto riguarda le conseguenze. Un dato la cui gravità è solo leggermente lenita da quello sul lavoro nero, diffuso, che dà sicuramente qualche risposta in termini economici, ma che umilia e mortifica la condizione di tanti lavoratori sardi. Come ben sappiamola crisi è vasta, è a tutto campo; e alla mancanza di lavoro, che abbiamo evidenziato con questa mozione, si aggiunge anche un altro dato drammatico che è quello relativo all'alto costo della vita; alto costo della vita che vede i sardi ulteriormente esposti, in una situazione di disagio per far fronte alla spesa quotidiana e all'alto costo della casa che rimane anch'essa una delle emergenze, una delle priorità per tanti sardi, soprattutto nelle aree urbane dove il fenomeno è accentuato e bisogna darvi risposta.

Gli alti costi degli studi, soprattutto degli studi universitari, e la condizione di insularità che porta molti giovani a scegliere di frequentare le facoltà in Italia e in Europa. L'insieme di questi aspetti rende drammatica la condizione complessiva dalla quale dobbiamo assolutamente trovare il modo di uscire.

Come ben sappiamo oggi, che stiamo affrontando l'esame del nuovo strumento finanziario, non ci sono le risorse per dare risposte a tutto; questo vuole dire che dobbiamo fare delle scelte, che dobbiamo individuare delle priorità alle quali, attraverso un indirizzo sapiente di quello strumento, incominciare a dare risposte. Rimane in ogni caso il problema dell'occupazione;e voglio sottolineare il punto 11 della mozione nel quale invitiamo la Giunta regionale a presentare entro 30 giorni il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione di cui alla legge regionale numero 20 del 2005. Sicuramente questa sarà già una prima risposta seria e concreta ai problemi dell'occupazione.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, onorevoli colleghi, ieri abbiamo celebrato l'unità della Sardegna, oggi basta vedere quanti siamo in Aula. Stiamo delegittimando il Parlamento dei sardi e, forse, stiamo anche scrivendo una delle repliche, non sempre utili, dell'indignazione e dell'impotenza politica a cui noi sardisti non vorremmo partecipare. La stessa struttura della mozione in discussione non ci è particolarmente gradita, a noi pare manchi anche oggi la coscienza che la radice della crisi industriale della Sardegna non è economica ma politica.

Io non vorrei solo enunciare ma dimostrare un primo dato di sintesi, di cui non dobbiamo mai dimenticarci. L'industria chimica in Italia è il settore industriale storicamente più intrecciato e dipendente dalla politica italiana. Tutta la chimica italiana nasce, si sviluppa e muore in un rapporto equivoco con la politica, ma non nel senso che si potrebbe pensare, che tutti pensiamo, cioè con la prevalenza della politica, ma nella direzione opposta e cioè con la dipendenza della politica dal denaro. Il ceto politico italiano ha chiesto due cose sempre all'industria di Stato: soldi per la corruzione, lavoro per il consenso. Questa era ed è l'Italia. Non stupisce che sia stato giustamente scritto che la crisi della chimica negli anni '70 nasce dall'incapacità del ceto politico italiano di costruire un sistema integrato tra chimica, energia e ricerca.

Questa era ed è l'Italia esausta in cui amavano inserirsi parlamentari e Presidenti di Regione della Sardegna. Il paradosso dello Stato che realizza con un'azienda di Stato lo sviluppo della Sardegna, cioè che lo realizza finanziando se stesso non venne eccepito dai campioni dell'autonomismo di allora, celebrati ancora oggi. Si guardò solo ai due fattori di cui sopra: soldi per la politica e lavoro. Fu questa un'eccezione, in un quadro invece di sviluppo virtuoso in Italia e dei rapporti tra le imprese e lo Stato? No. Fu uno sviluppo coerente di una costante italiana dove lo Stato è una dimensione solo formale perché è senza storia, e dove invece il dato reale è il privilegio accordato sin dal principio del Risorgimento alla èlite che governa.

Bisogna sempre ricordarsi come è nato il capitalismo italiano moderno. Ve lo ricordo: nasce da un favore, come tante cose in Italia. Nasce nel 1862 quando la Camera dei Deputati affidò a un imprenditore toscano la costruzione della rete ferroviaria del sud anziché sviluppare il rapporto già in essere con i Rothschild. Questa scelta comportò che lo Stato pagasse 210.000 lire a chilometro, un costo esorbitante che garantiva all'imprenditore di subappaltare con un guadagno netto di 10.000 lire a chilometro. Ci fu la solita Commissione di inchiesta, ma non se ne venne a capo; quell'imprenditore si chiamava Bastogi.

Oggi a proposito del mancato legame tra la chimica e l'energia, che avrebbe salvato la chimica in Sardegna, tutta l'Europa ci irride per i certificati verdi concessi a un imprenditore per bruciare i residui della raffinazione del suo petrolio. C'è insomma un imprenditore, unico in Italia e nel mondo, scelto dalla politica, come Bastogi, che fa gli utili dai contributi pubblici finanziati dalle bollette degli italiani. Questa è l'Italia che, nella fattispecie della nostra vicenda, ha scelto Sartor e lo ha fatto fallire.

Chiedo ai colleghi: si può avere fiducia in uno Stato che ha passato gli ultimi 20-30 anni a parlare della flessibilità del lavoro, a cercare di comprimere il costo del lavoro per provare a vincere l'impossibile confronto con altri almeno 2 miliardi di persone disponibili a lavorare con salari da due a cinque volte più bassi? Si può avere fiducia in un'Italia così cieca? Io credo di no! Io affermo che l'Italia è uno Stato esausto. Il suo debito pubblico è cresciuto dall'inizio dell'anno del 5,4 per cento. L'Italia finanzia il Nord con i Fondi delle aree sottoutilizzate, cioè con fondi del Sud che sono l'unico fondo sopravvissuto all'indebitamento dello Stato. L'Italia finanzia il mancato introito dell'Ici con i fondi FAS, questa è l'Italia. Chiedetevi ora chi è più forte tra l'Eni e l'Italia. Potrei sbagliarmi, ma secondo me lo sciopero degli operai sardi ha portato il Governo italiano a ridurre dal 7 al 5 per cento la tassa per il rientro dei capitali dall'estero, all'estero l'Eni ha vinto la sua battaglia. Chiedetevi ora chi è più forte tra l'Italia e l'Eni.

Noi siamo radicalmente contrari ad atteggiamenti questuanti verso il Governo e verso l'Eni; in termini generali siamo convinti che possiamo costruire per la Sardegna un futuro migliore distinguendolo dalle sorti dell'Italia. Noi siamo convinti che possiamo fare da soli.

C'è stato nei due partiti maggiori chi ci ha voluto ricordare che la Sardegna non ce la farebbe da sola; non ci sono dati disponibili sui bilanci fiscali delle Regioni e si sbaglia a farli sui bilanci di competenza. Vi faccio un esempio: il caso della celebre legge numero 64 del 1986, con cui negli anni '80 si è finanziato l'intervento nel Mezzogiorno. A fronte di 10 mila miliardi stanziati nel bilancio di competenza solo 6 mila vennero realmente trasferiti. E perché? Perché la Ragioneria dello Stato consentì alla Cassa del Mezzogiorno di prelevare solo 500 milioni all'anno. Questa è l'Italia.

Che cosa ci dicono dunque i dati veri, quei dati disponibili? Lo dico sperando seriamente di intaccare fortemente la vostra fiducia nell'Italia. Dicono che nel decennio 1996-2006 la spesa per le amministrazioni centrali dello Stato è aumentata del 115 per cento, quella per le amministrazioni locali del 78. Ciò significa che il federalismo è una colossale bufala, un grande pretesto per un nuovo centralismo governato da Milano e non da Roma. Un altro dato che sta all'origine della nuova egemonia lombardo-emiliana: nel 1995, anno del più alto costo del debito della storia della Repubblica italiana, la Lombardia concorreva a pagare gli interessi sul debito col 30 per cento del suo prelievo fiscale. Questo prelievo è all'origine del cambio della politica nel Nord dell'Italia. Bene, nasconde però il dato vero, che il 91,2 per cento del debito italiano veniva destinato a finanziare le regioni del Nord.

Un altro dato, per mettere in crisi la vostra fiducia nella marcia Italia: guardiamo al rapporto tra la pressione fiscale e il PIL. In Trentino questo rapporto è pari al 3,24, in Sardegna è pari al doppio. Ciò significa che la pressione fiscale in Sardegna è la vera emergenza perché non applica il meccanismo e il principio della progressività dell'imposta. Qui l'imposta vale doppio.

Allora, chiedo ai colleghi, che cosa vi serve per mettere in discussione questo vincolo di dipendenza con l'Italia? Oppure temiamo che per costituire uno Stato sardo ci mancherebbero le risorse? Anche all'Italia mancarono, guardate. Mancarono anche all'Italia. Cavour finanziò l'Unità d'Italia con capitali francesi e inglesi; De Gasperi ha finanziato la ricostruzione con capitale americano; gli Stati Uniti, durante la rivoluzione e durante la guerra civile, utilizzarono largamente capitali europei.

Uno Stato sardo si può fare, si può fare, lo dico con una certa emozione. Ciò che serve è una classe dirigente che perda i sui vizi estremi, di cui ieri c'è stato il tripudio; il localismo, per cui la patria è il proprio paese di residenza, la paura della responsabilità, la paura dei grandi disegni, delegati ai grandi leader italiani, che poi ammorbano la Sardegna, come stanno facendo anche ora, con i veleni del correntismo. Ragionate e ragioniamo, anche in sede diversa da questa, sul fatto che la militanza nei partiti italiani costringe a costruire faticosamente, come si è cercato di fare ieri, l'unità della Sardegna su fatti specifici, costringe a costruire l'unità sulle vertenze, non l'unità politica, stabile della Sardegna.

L'episodicità dell'unità indebolisce ogni rapporto, fa sì che, anche quando il Presidente della Regione protesta, il suo grido sia, nei corridoi di uno Stato esangue come l'Italia, poco più che un sospiro. Non si può essere uniti a singhiozzo. E la vostra militanza nei partiti italiani è all'origine dell'intermittenza della nostra forza.

Noi cerchiamo interlocutori per costruire uno Stato, chiediamo di parlare per costruire uno Stato. Lo dico con riferimento a ieri: il sardismo non è un trucco per le feste e le vertenze, non si impara leggendo i libri e ripetendo le frasi fatte, il sardismo è fatica e coraggio. Non va accettato, vi prego di credermi, di discutere di chimica senza discutere di politica e di potere. Chi lo accetta sta già accettando di stare non di fronte ma ai piedi del Governo italiano, e noi né lì né qui stiamo ai piedi degli sgabelli o degli inginocchiatoi. Siamo pronti a rinunciare a ogni carica per combattere la prepotenza e per costruire lo Stato che ci piacerebbe costruire.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, credo che l'intervento dell'onorevole Maninchedda abbia avuto il pregio di squarciare un po' il velo su una discussione che anche a me è apparsa eccessivamente retorica in queste ore, a partire da ieri. Credo che l'onorevole Maninchedda, nel suo appello per un'assunzione di responsabilità da parte dei sardi, abbia ragione. Si dimentica però che spesso noi stessi, le nostre classi dirigenti, siamo stati inclini al Governo centrale, siamo stati spesso succubi, partecipi o compartecipi di un sistema che non puntava alla riscossa sociale e morale della nostra Regione ma, in qualche modo, manteneva uno status quo funzionale anche alla perpetuazione delle classi dirigenti sarde. Queste cose le ha dette anche l'onorevole Maninchedda in passato.

Allora, qual è il tema di queste ore e di oggi? Il tema è che noi abbiamo fatto un "richiamo alle armi", abbiamo richiamato a una grande unità, alla fine, sul mero esercizio di un diritto rappresentato dal fatto che l'ENI non potesse smantellare da un giorno all'altro, non potesse lasciare lavoratori nella disperazione dopo avere estratto industrie e inquinato i siti - il sito di Porto Torres è uno dei più disastrati d'Europa - non potesse lasciare il disastro ambientale al quale sommare un disastro di carattere sociale. C'è anche un rischio in questo tentativo di richiamo all'unità (tentativo al quale noi abbiamo dimostrato di voler partecipare), questo lo dobbiamo dire forte; lo dobbiamo dire all'assessore La Spisa, che ha l'incombenza di rappresentare tutta la Giunta e il presidente Cappellacci, il rischio è che le parole si sommino alle parole, le promesse si sommino alle promesse, e le nuove cerchino di far dimenticare quelle fatte in precedenza.

Cito un esempio; ieri il Presidente della Regione ha concluso gli interventi con una serie di richieste allo Stato; tra queste una richiesta di presa di posizione forte nei confronti dell'ENI per il mantenimento degli impegni assunti, per l'immediata ripresa dell'attività produttiva, per la riattivazione della filiera del cumene e fenolo, per dare urgente attuazione alla filiera del cloro e PVC, per riportare alla discussione regionale e nazionale l'aspetto strategico della chimica in Sardegna. Insomma, una sostanziale ripresa dell'accordo di programma del 2003.

Queste richieste che vi ho letto non sono state formulate nell'intervento del presidente Cappellacci di ieri, ma fanno parte della dichiarazione con la quale il 2 gennaio ha aperto la sua campagna elettorale dopo un incontro con i sindacati. A distanza di sette mesi il Presidente della Regione, dopo un lungo dibattito, è venuto a dirci le stesse parole, veramente un caso di copia e incolla tanto che sospetto che chi ha scritto quelle parole il 2 gennaio sia lo stesso che ha scritto la dichiarazione del Presidente di ieri, 15 luglio. Siamo a un punto fermo.

Con un'operazione molto abile, si usa questo ciclo retorico. Io faccio una promessa, che è quella di mantenere la chimica o di non procedere allo smantellamento della chimica senza prevedere percorsi alternativi; sostanzialmente faccio diventare la promessa un diritto, faccio capire che quella promessa è in discussione, e la faccio mettere in discussione non da un soggetto terzo, ma da un soggetto, Scaroni, che io stesso ho portato alla guida di un'azienda di Stato; un soggetto, pertanto, che dipende da me, dipende dal mio indirizzo politico, la faccio mettere in discussione da un soggetto apparentemente terzo, dopo di che intervengo di nuovo per dire che il pericolo non c'è più e che magari il cracking può andare avanti. Un perfetto ciclo retorico, come dicevo, alla fine del quale sono tornato al punto di partenza e non è cambiato nulla, se non che ho potuto ancora una volta propinare ai sardi, in qualche modo, la pretesa di aver mantenuto un impegno.

Io credo, davvero, che sia necessario fare un passo avanti, e lo dico con tutta l'apertura possibile al sostegno che noi possiamo dare alla rivendicazione nei confronti dello Stato; rivendicazione che però va fatta su cose più importanti. Io sono d'accordo quando l'onorevole Maninchedda dice: "Io non posso richiamare l'unità sulle vertenze, specie quando sono diritti". Benissimo, facciamo manifestazioni a Roma, ma non è lì che io posso chiamare a raccolta il popolo sardo, non è con l'ennesima chimera di uno Statuto che non verrà mai approvato da un soggetto come lo Stato, specie in questa fase in cui ridiscute del federalismo fiscale, che riattivo l'unità.

Io l'unità dal popolo sardo, la dignità e l'orgoglio del popolo sardo li posso richiamare quando chiedo l'esercizio dei diritti, quando rivendico autonomia in forma concreta. Allora, io devo certamente riaprire quella vertenza, quel rapporto con lo Stato, ma lo devo aprire chiedendo leve per poter procedere alla mia autodeterminazione. In questi mesi ho fatto il contrario, purtroppo.

Quando si è discusso di G8 ho accettato che anche lo Statuto esistente, mi permetto anche di parlare di nuovi Statuti, fosse carta straccia, perché il Presidente della Regione non è stato neanche invitato a quel tavolo, al quale doveva essere invitato, per discutere del trasferimento del G8 a L'Aquila; e non c'è stato uno "stracciarsi le vesti" quando i fondi FAS sono stati scippati alla Sardegna, anche i 400 milioni di fondi FAS destinati proprio alle bonifiche di quei siti ambientali, che potevano anche consentire di tracciare un percorso alternativo a quello della chimica per quelle popolazioni, per quegli addetti. Un percorso alternativo che attraverso la bonifica dei siti potesse portare, magari, alla attivazione di un'industria diversa, un'industria verde o anche al rilancio di un'industria turistica.

Parliamo di un'altra vertenza importante, una vertenza che in realtà sanciva un diritto, quella sulle entrate, che oggi è a metà del guado, onorevole La Spisa, è a metà del guado! E io vorrei che fosse di nuovo inserita anche nel dispositivo di questa mozione. Noi sappiamo che la vertenza entrate ha portato alla disponibilità della Regione Sardegna 1.600 milioni di euro, ma sono 1.600 milioni di euro che sono soltanto sulla carta; e non sono 1.600 milioni di euro di regalia, sono 1.600 milioni di euro che derivano da compartecipazione al gettito fiscale su prodotti che riguardano persone e aziende che operano in Sardegna, quindi che in qualche modo utilizzano, sfruttano il nostro territorio.

Allora, quei 1.600 milioni di euro possono dare risposte certamente per gli ammortizzatori sociali, certamente per la scuola, certamente per le famiglie disagiate, certamente per pensare a un'industria di tipo diverso, certamente per le infrastrutture di cui la Sardegna ha grande bisogno; ma quei 1.600 milioni, per diventare leva di sviluppo, senza chiedere il permesso a nessuno, senza fare nuove vertenze, senza doverci di nuovo appendere alle speranze di una revisione in senso federale della Costituzione (quindi sperare che ci arrivi qualche ipotetico riconoscimento per l'insularità), per essere spesi, insomma, hanno bisogno di una riscrittura del patto di stabilità, altrimenti rimangono lettera morta, altrimenti rimangono lettera morta!

Io avrei voluto sentire ieri il Presidente della Regione, e spero di sentire l'assessore La Spisa nella sua replica, dire che l'unità la richiamiamo per andare tutti a Roma a chiedere quei soldi, che sono i nostri, non sono una concessione, non sono frutto di un altro accordo, non sono frutto di un'altra vertenza, ma consegnano a noi, ai sardi, alla classe dirigente sarda, a questa Giunta, la possibilità concreta di mettere in campo interventi nel settore industriale, sociale, economico, del disagio; a chiedere quindi che quei soldi siano nella nostra disponibilità e smettere nel contempo di parlare di Statuto.

Noi dobbiamo vergognarci di parlare di Statuto perché non meritiamo di parlarne se non riscriviamo una legge statutaria che modifichi per esempio la forma di governo, che di nuovo ponga vincoli alle incompatibilità, per esempio, tra Assessori e consiglieri regionali che oggi non sono rispettate, per cui oggi chi è controllato è controllore. In un contesto in cui non siamo capaci neanche di darci una legge elettorale autonoma, noi ci permettiamo di parlare dello Statuto!

Allora, ben venga l'unità, ben venga il richiamo all'unità del popolo sardo, ma su cose nobili: sulla richiesta del rispetto dei nostri diritti, per riconsegnare ai sardi, al popolo sardo, alla nostra classe dirigente, a questa Giunta, leve per poter incidere sul proprio futuro, per potersi autodeterminare, altrimenti sarà, ancora una volta, pura retorica di cui non abbiamo bisogno.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, cari colleghi, siamo all'alba di una depressione economica e finanziaria, forse la più grave da 80 anni a questa parte. Direi che da quando il capitalismo ha perso il potere, la crisi sembra essere una sua condizione naturale; se il mercato è il miglior meccanismo di ripartizione delle risorse rare, è però incapace di creare lo Stato di diritto di cui ha bisogno, e la domanda necessaria al totale impiego dei mezzi di produzione. Dunque, affinché una società di mercato funzioni efficacemente occorre, allo stesso tempo, che uno Stato di diritto garantisca il diritto alla proprietà, nessuno lo nega, imponga il mantenimento della concorrenza, crei una domanda attraverso salari accettabili e commesse pubbliche; ciò presuppone un intervento politico, possibilmente democratico e non totalitario, nella ripartizione dei redditi e dei patrimoni.

E' dentro questo spirito di nobiltà umana che la nostra mozione odierna si inserisce. Aggiungerei che questa crisi economica che colpisce la Sardegna si è trasformata in una enorme crisi sociale, politica e, soprattutto, culturale. Basta pensare alla scuola e all'università per capire che l'Italia non considera affatto la ricerca e la formazione, che sono invece i veri pilastri del progredire di ogni nazione; l'Italia investe lo 0,8 per cento del Pil nella ricerca, Harvard University, negli Stati Uniti, investe più di tutte le Università europee messe insieme.

La crisi economica attuale colpisce parecchio la Sardegna; il settore industriale è paralizzato e non abbiamo nessuna prospettiva per rimediare a questa apocalisse. Forse non ci siamo resi conto che questo settore, e in particolare il comparto chimico sardo, è già in crisi da decenni; noi non abbiamo capito che bisognava cambiare strada, abbiamo investito risorse pubbliche enormi, risorse che potevano creare una grande rivoluzione agropastorale. L'industria o la petrolchimica non è adatta al nostro territorio, lo dico anche contro il parere della nostra cara Presidente, crea solo inquinamento, morti bianche, malattie, costi economici e sociali altissimi; ci possiamo salvare, dunque, se riusciamo a diminuire gli effetti negativi della crescita, e qui si parla della decrescita, che è anche un mezzo del progredire.

Primo, bisogna rivalutare, rivedere i valori in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita; altruismo e non egoismo, cooperazione piuttosto che concorrenza… posso avere un po' di silenzio, per cortesia?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, non disturbate l'oratore.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo anche di recuperare il tempo. Ristrutturare, adattare in funzione del cambiamento e del valore le strutture economiche e produttive in modelli di consumo e rapporti sociali e stili di vita. Rilocalizzare, consumare essenzialmente prodotti locali, prodotti da aziende sostenute dalle economie locali. Ridistribuire, garantire l'accesso alle risorse e a una equa redistribuzione della ricchezza, assicurando un lavoro soddisfacente; predare meno piuttosto che dare di più. Ridurre il consumo eccessivo per assicurare a tutti condizioni di vita eque e dignitose. Riutilizzare, riparare le apparecchiature e i beni d'uso anziché gettarli in una discarica, superando così l'ossessione funzionale della società dei consumi …della pseudo eccellenza degli oggetti e la continua tensione al nuovo. Riciclare, recuperare tutti gli scarti, non decomponibili, derivanti dalla nostra società.

Nella storia sono rare le nazioni che hanno potuto sperimentare una rapida crescita economica, accompagnata da una riduzione della povertà, senza fare affidamento, prima o durante questo rapido sviluppo, all'attività agricola; l'agricoltura è la vera sicurezza alimentare in un'epoca in cui la nostra civiltà è totalmente dipendente dal petrolio per la propria produzione alimentare. Dobbiamo pensare anche all'irrigazione come fattore di energia agricola. Nel 2009, per esempio, sono nate più imprese agricole che industriali;lo dice l'Oscar Green in un recente convegno tenutosi a Roma.

L'agricoltura, secondo l'Istat, è l'unico settore a far segnare un aumento tendenziale del valore aggiunto. In Italia sono quasi 100 mila i giovani under 35 che hanno scelto di porsi alla guida di aziende agricole, e rappresentano la componente più dinamica dell'agricoltura italiana. E' una tendenza comune anche a molti Paesi industrializzati, come gli Stati Uniti dove per la prima volta si è invertito il trend che ha portato allo spopolamento delle campagne, come rilevato da un censimento che ha fatto registrare un aumento dell'azienda agricola americana del 4 per cento negli ultimi cinque anni.

La nostra salvezza - e qui sono, forse, la voce discordante - è nell'agricoltura, nella pastorizia, nella pesca, nella piccola e media industria, nell'artigianato e nel commercio, nella professionalità e nel mondo giovanile, nella scuola e nell'università, nella cooperazione euro-mediterranea, nel turismo non di massa ma nel turismo culturale. Finiamola con le imprese inquinanti, energivore, che bloccano il nostro progredire e ci rendono degli esseri ricattabili e di facile manipolazione.

Aziende come l'ENI devono ridarci i nostri territori originari, ripulire l'ambiente a proprie spese investendo in cantieri e lavoro sicuro per le opere di bonifica e riqualificazione ambientale. Che la Regione investa in intelligenza e benessere, informazione e ricerca, cultura e agricoltura, sfruttando l'energia e le fonti rinnovabili, sole e vento, che in Sardegna non mancano. Difendiamo le nostre coste, i nostri prodotti, la nostra autonomia cooperativa, la nostra memoria collettiva, il nostro mare, le nostre montagne, i nostri laghi. Umanizziamo le nostre città, partendo non dalla nostra divergenza politica, ma dal nostro intendimento del valore della polis nella sua dimensione platonica, umana e socio-culturale, sfruttando i fondi e le risorse europee.

E' l'ideologia delle democrazie di mercato che oggi è in crisi, ma attenzione. Non bisogna escludere, infatti, che questa crisi provochi un movimento di rivolta, già in corso peraltro, e di violenza politica accompagnato da un ritorno all'odio di classe. Dopo tutto non sarebbe una formidabile conferma della validità delle idee di Marx, quella di un capitalismo che splende, mondiale ma suicida?

Questa crisi è anche l'occasione per comprendere come un piccolo gruppo di persone senza produrre ricchezza possa accaparrarsi, nella più completa legalità e senza essere controllato da nessuno, la gran parte della ricchezza prodotta e anche per vedere come questo stesso gruppo, avendo rapinato qua e là, sotto forma di premi e bonus, stia facendo pagare i suoi formidabili profitti ai contribuenti, ai salariati, ai consumatori, agli imprenditori e ai risparmiatori di tutto il mondo, obbligando gli Stati a trovare in pochi giorni, per riempire i vuoti lasciati nelle loro casse, delle somme di denaro mille volte superiori a quelle che gli stessi Governi rifiutano ogni giorno, ostinatamente, ai Paesi più svantaggiati e alla fame del resto del mondo.

Certamente questa confisca si attua in modo legale, onesto, non violento e del resto è ciò che costituirà, agli occhi di alcuni, il principale motivo di una rivolta: se questo è legale, allora il sistema che permette tale aberrazione non ha più ragione di essere. Ciò che dobbiamo fare e fare subito è scoprire, mettere alla prova la regola del fare, insediarsi nel punto esatto in cui…

PRESIDENTE. Onorevole Ben Amara, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Signor Presidente e colleghi, sono soddisfatto di prendere la parola in un'Aula semideserta perché questo mi aiuta a dare ragione di alcune evidenze; e, poiché non siamo bambini, dovremmo perlomeno guardarci gli uni con gli altri e dire che cosa accade. Spenti i riflettori delle grandi occasioni, sembra che ci siamo rincamminati - è l'evidenza - nella strada lenta, ma inesorabile della nostra delegittimazione. Io non so se la manifestazione di ieri si poneva l'obiettivo di ricercare proposte; se ciò fosse, ha fallito. Se ciò fosse ha fallito! E in ragione di questa affermazione mi pareva più logico che questa discussione avvenisse prima della manifestazione di ieri, perché i luoghi e le istituzioni proponenti e decidenti avessero la priorità rispetto alle istituzioni partecipative, e non il contrario, e perché noi esistiamo in quanto abbiamo il dovere di decidere e di proporre.

Ma c'era la ricerca dell'unità. Ma davvero siamo convinti, profondamente, che di fronte all'enormità dei problemi di cui parliamo qualcuno si alzi per dire che non partecipa e che non vuole dare il suo contributo unitario a una soluzione di questo tipo? Ma davvero c'era bisogno? Unità. Di che cosa, però? Mi è parso unità di fini, non si è parlato delle modalità con le quali avremmo potuto conseguire unità di strumenti, di proposte, di azione.

Io non parlerò del Governo nazionale e neppure del Governo regionale, perché bisogna parlare di Stato e di Regione, perché siamo insieme, nelle reciproche responsabilità degli anni, a dover affrontare un problema di questo genere. E non siamo ai tempi delle Partecipazioni statali, dove si poteva pretendere che le decisioni dello Stato sovrastassero i criteri della produttività e i canoni delle normali gestioni economiche, perché sia la globalizzazione che il debito pubblico ci pongono in maniera diversa rispetto al modo di affrontare questi problemi; problemi le cui dimensioni, come è stato detto e ripetuto, sono enormi e la cui origine è dettata da ragioni strutturali e non congiunturali, perché questa differenza va apprezzata.

Non siamo in una condizione congiunturale, siamo in una condizione di deficit strutturale, per la quale, facendo anche un po' di memoria - e lo dico non molto positivamente, per quello che mi riguarda - persino il Governo fascista del ventennio, di fronte alla situazione della Sardegna negli anni della crisi del '29, tirò fuori la cosiddetta "legge del miliardo", perché sapeva che non si sarebbe usciti dalla crisi nazionale se non con l'accompagnamento di tutti e di tutte le componenti istituzionali nazionali, in una condizione nella quale la Sardegna scontava un ritardo enorme rispetto al resto d'Italia. Persino il Governo fascista di quegli anni si accorse che i provvedimenti dovevano andare oltre l'esigenza unitaria.

Però non è così, e io credo che il dovere che abbiamo è quello di andare oltre le intenzioni. Io credo che Cappellacci andrà a Roma certamente con le buone intenzioni che ci ha ripetuto ieri, ma sostanzialmente e concretamente riceverà soltanto qualche pacca sulla spalla, pochino per un Governo regionale e anche per un Parlamento regionale.

Io credo che di fronte a questi problemi sarebbe utile lanciare una sfida allo Stato, e dico subito in che termini; ed è il contenuto di quello che noi dovremmo poter andare a proporre a Roma in una sfida che voglia essere risolutiva, con il superamento della consuetudine e della liturgia che ci portiamo appresso in queste circostanze. La Sardegna ha bisogno di un piano straordinario per le politiche industriali e ha bisogno di costruirlo con un margine di tempo ampio per provvedere a tutte le stabilizzazioni, alle riconversioni, alle nuove localizzazioni che un processo così profondo di crisi necessita in una Sardegna già ampiamente in ritardo.

Noi dobbiamo chiedere allo Stato di sottoscrivere un piano straordinario di questo genere, sul quale la Regione deve avere il coraggio di andare fra qualche giorno a Roma e dire che mette sul tavolo un terzo dei nuovi introiti dei quali dal 2010, in base all'articolo 8, potrà usufruire perché questo costituisca anche un impegno dello Stato di riconoscerli e di metterli a finalizzazione. Se noi metteremo 500 milioni di euro all'anno per cinque anni, chiedendo allo Stato di metterne altrettanto, noi avremo la cifra che ci può consentire di gestire un piano in grado di guardare alla prospettiva e di chiedere agli interlocutori industriali di pazientare per dare modo alla Sardegna di uscire con i tempi e con gli strumenti giusti da questa crisi che è una crisi non solo della chimica, ma è la crisi industriale della Sardegna.

Questa sarebbe la sfida che va lanciata allo Stato, non a questo Governo, allo Stato, se fosse in noi la condizione vera di uscire dalle parole e dalle constatazioni e diventare istituzione decidente. Lo possiamo fare, possiamo vincolare con un ordine del giorno la Giunta regionale su questa prospettiva; e questo sarebbe il kit di cui molti partiti si servono oggi per istruire i propri militanti, il kit indispensabile per andare a Roma a dire che in parte ci facciamo carico noi, con le nostre responsabilità, con i nostri soldi, della ristrutturazione del sistema industriale in Sardegna.

Quando però le istituzioni sono deboli, come mostriamo in questa sequenza di fatti, accade che anche questa istituzione si appropri di termini e di metodiche che invece sono molto tipiche delle lotte sindacali, non me ne abbiano i sindacati. Ma noi siamo altra cosa. Parlare di vertenze, di tavoli, di assemblee del popolo sardo sono tutte questioni e termini che non implicano né il dovere né il potere decidente, governante delle istituzioni, ma implicano azioni interlocutorie, non decidenti. Sono ruoli diversi. Questa debolezza che ci porta a scendere su quel terreno va recuperata perché lì sta la nostra autonomia, lì sta la nostra visibilità, lì sta la nostra funzione. Avete voglia voi, e chiunque di noi, di dire: "Noi siamo i più alti rappresentanti del popolo sardo". Dove? In che cosa? Perché? Da che cosa i sardi si dovrebbero accorgere che siamo tali, se non siamo in grado di fare altro che raccogliere soltanto quei pochi rimasugli dei buoni auspici e non far vedere, a loro, che disegniamo con lungimiranza una prospettiva che implica impegno, messa in gioco diretta della Regione, delle proprie risorse.

Io credo che la nostra parte politica non potrà stare a lungo, e non starà, su questa china populista inconcludente. Noi vogliamo atti di governo, Governi governanti e Parlamenti decidenti. E poiché in questi giorni si esagera pure alquanto su proposte, su temi, è bene dire da subito che non esiste più davvero una via statutaria allo sviluppo e all'uscita dal sottosviluppo della Regione, e dunque, la riscrittura dello Statuto appartiene ai doveri non negoziabili di questo Consiglio; quindi, a parte le belle lettere didascaliche piene di buoni intenzioni sul tema, per quello che ci riguarda noi stiamo ancora aspettando che la maggioranza sciolga definitivamente la riserva, che ha espresso in Commissione, se affrontare o meno il tema dello Statuto che ha congelato e per il quale aspetta ordini da non si sa bene chi debba decidere per lui.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Se qualche dubbio l'avevo, e lo confesso, sulle difficoltà di affrontare con strumenti appropriati l'entità di questa crisi globale che investe anche la nostra isola, dopo l'intervento dell'onorevole Gian Valerio Sanna penso che poi così male questo Governo e questa maggioranza non sta facendo. Lo dico perché io ho colto con attenzione le sue riflessioni, acute quanto però scevre, a mio avviso, di alcuni dati di fatto che debbono riportare dal piano della teoria generale a quello della realtà, delle conseguenze di questa situazione che quotidianamente noi consiglieri regionali, le parti sociali, chi ha incarichi istituzionali, il mondo produttivo, i cittadini viviamo direttamente.

Avremo anche altre occasioni per misurarci sul piano, davvero interessante, della necessità di fare forse qualcosa di più che rivendicare una autonomia un po' sbiadita, soprattutto nel corso di questi ultimi anni, pensare ad un modello di autorganizzazione; però anche lì il discorso ci porterebbe lontano, lo dico con affetto al mio amico Paolo Maninchedda, perché da un lato prefiguriamo la creazione di uno Stato sardo, dall'altro però c'è sempre questa nostra tendenza a rimanere attaccati con la colla alla mammella di mamma Italia.

Allora, io che non sono capace di addentrarmi su questioni di questa portata, rimango con i piedi per terra e mi occuperò nello specifico del tema che l'onorevole Giampaolo Diana ha posto illustrando la mozione. Ha chiuso il suo intervento come hanno fatto anche altri colleghi dell'opposizione con un richiamo alla unità. Io penso che ci siano gli spazi per chiudere questo dibattito con un ordine del giorno, mi auguro, unitario perché la mozione affronta aspetti che non possono non essere condivisibili; aspetti che , già dal dibattito di ieri, mi pare possano aver trovato anche qualche prima utile soluzione nelle azioni che deve porre in essere il Governo regionale e chi ha responsabilità istituzionali.

Sminuire pertanto il dibattito o la manifestazione - come l'ha chiamata l'onorevole Gian Valerio Sanna - dicendo che forse alla giornata di ieri si deve ascrivere un fallimento, beh, mi pare che sia davvero riduttivo e poco serio.

Io plaudo all'iniziativa della Presidente del Consiglio regionale che ha avuto il merito di creare le condizioni perché per la prima volta in un libero dibattito, dopo anni di dibattiti soffocati, tutti potessero parlare, tutti potessero confrontarsi nei diversi livelli, superando una visione neocentralista che era fermamente presente anche nella conduzione della politica ordinaria regionale, introducendo al dibattito i livelli istituzionali, le autonomie locali, le categorie produttive. Allora, io penso che almeno un obiettivo il dibattito di ieri l'abbia raggiunto, contribuendo a far sì che la classe politica tutta, maggioranza e opposizione, potesse prendere almeno coscienza della grave situazione economica e sociale, come è stato rimarcato, forse la più difficile degli ultimi sessant'anni.

Ma perché potesse prendere anche coscienza che in una fase di emergenza come questa occorreva ritrovare un minimo di unità sulle scelte strategiche, per tentare di ridisegnare un futuro e aggredire la crisi in atto che rischia di annullare le conquiste di mezzo secolo. Colleghi dell'opposizione, forse noi non avremo le ricette adeguate, ma stentiamo a cogliere però ricette miracolistiche anche da parte vostra. Siccome la crisi, su questo sono d'accordo, ha radici non in problemi congiunturali ma strutturali, allora dovremmo forse interrogarci su quello che è stato e quello che dovrà essere il ruolo della politica, se vogliamo davvero dare un contributo serio.

Siamo tutti d'accordo sul fatto che il malessere investa tutte le categorie sociali, che il vecchio modello di sviluppo si è esaurito, bisogna però interrogarsi su che cosa ha fatto la classe politica, e non solo politica, se è stata in grado di creare un modello alternativo anziché limitarsi ad affrontare settorialmente ora questa area di crisi, ora quest'altra senza avere una visione di insieme.

La verità è che non c'è stato un progetto organico capace di ridisegnare le politiche di sviluppo dell'isola. E' crollata la grande industria che è stata sempre considerata in Sardegna il motore trainante dello sviluppo, e non ci si interroga sulle ragioni di questo crollo. Ma, vi siete interrogati sul perché il contratto d'area di Ottana non funziona? Possibile che tutto questo sia solo demerito del governo Berlusconi o dei tre mesi di governo di questa giunta Cappellacci? Se noi ragioniamo sulle vere cause, sui presidenti di provincia che hanno governato quella realtà, sui governi nazionali e anche su quelli regionali di allora, forse ci diamo una risposta del perché su 32 iniziative 29 sono state revocate.

Allora forse vi è una responsabilità anche della classe politica locale, una responsabilità sia pure indiretta di tutte le altre forze che hanno contribuito a creare quello strumento, quantomeno un senso di mea culpa penso che qualcuno lo debba avere. Diceva bene il collega Mulas che ha interrotto il suo intervento su delle parole che io invece voglio utilizzare per dare ulteriore senso a questa riflessione.

Il collega Mulas, avrebbe dovuto dire, concludendo il suo intervento, che i fattori della produzione ovvero i costi energetici, i trasporti, il credito, costituiscono una diseconomia che condiziona pesantemente l'intero sistema economico isolano; se è così non serve, onorevole Diana, anzi è controproducente, fare il mea culpa battendo la mano nel petto degli altri come, appunto, è stato fatto anche questa mattina. Occorre invece avere coscienza della realtà e affrontarla con strumenti opportuni, non con interventi meramente opportunistici.

Noi siamo d'accordo con la riflessione del collega Mulas, perché non renderci conto che l'industria come dicevo è in stato di vera decozione, che è moribondo il mondo agropastorale che interessa i due terzi dell'isola, che il turismo vive una fase di preoccupante rallentamento...

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, io oggi sono estremamente in difficoltà perché in Conferenza dei Capigruppo, di fronte a una correttissima richiesta della Presidente, a una altrettanto corretta richiesta dei Capigruppo della maggioranza, avevamo deciso di depotenziare, istituzionalmente parlando, una mozione presentata da tutti i Gruppi dell'opposizione in maniera unitaria sulla crisi dell'industria in Sardegna per poter far precedere questa discussione da un'assemblea alla quale potessero partecipare oltre ai referenti istituzionali, anche quelli sociali ed economici.

Io ho sentito anche oggi moltissimi appelli all'unità, Presidente e assessore La Spisa, in premessa ringrazio tutti i colleghi che hanno presenziato a questo dibattito depotenziato, ma non mi posso unire a questi appelli; io molto più umilmente, collega Pittalis, faccio un appello alla presenza, un appello alla presenza perché non si può essere uniti se non si è presenti. Ha ragione, allora, il collega Maninchedda quando dice che quest'Aula, di fronte alla discussione di una mozione così importante, sta dando un segnale rispetto a una sua complessiva attenzione sui temi della Sardegna che non è all'altezza della situazione. Collega Diana, noi non siamo abituati a fare, e non lo vogliamo fare perché è un ruolo che non ci piace, le mosche cocchiere o a insegnare agli altri come ci si comporta, ma i riferimenti alla debolezza della politica in Italia e in Sardegna ci dovrebbero far pensare che la debolezza della politica in Sardegna parte dalla debolezza di quest'Aula, perché qui si svolge al massimo del suo livello l'attività politica sarda.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue SALIS.) Le forze politiche sarde sono qui impegnate al loro massimo livello e con i loro uomini più rappresentativi. Bene, io devo dire, signora Presidente, mi scusi, nel frattempo si è trasformata, signor Presidente, che ho dato uno sguardo anche al registro delle presenze dal quale risulta che siamo quasi tutti presenti, eppure quest'Aula oggi non ha visto per un minuto la presenza del numero legale.

Io, pertanto, non ripeterò le questioni che sono state poste negli interventi, di alto livello, dei colleghi. Di alto livello la mozione, di alto livello l'intervento del collega Giampaolo Diana, di alto livello l'intervento del collega Maninchedda. Alcuni punti andranno attentamente valutati dal Gruppo dell'Italia dei Valori perché, se questa è la posizione, pur non concordando su tutti gli elementi posti all'attenzione di quest'Aula nel suo intervento dal collega Maninchedda, il Gruppo dell'Italia dei Valori intravvede in quelle riflessioni elementi importanti di valutazione anche della situazione del presente e del nostro impegno, come forza politica, per il futuro prossimo e oltre. En passant diciamo che non comprendiamo, visto il suo intervento, come il collega Maninchedda possa sostenere una coalizione che fa riferimento a livello nazionale alle forze che noi sappiamo, ma questo sarà elemento di ulteriore riflessione e valutazione e approfondimento.

Signori colleghi, la sede del Consiglio è assediata da giorni da precari, da gente disperata; io non so quale sia il censo medio dei componenti di quest'Aula, ma per quel che mi riguarda le persone che sono là fuori potrebbero essere mio fratello, mio cugino, tanti miei amici, perché io provengo da un'area popolare che solo dal lavoro trae sostentamento.

Io capisco quelle persone, per questo ero combattuto, e così i miei colleghi, Mariani e Cocco, su che tipo di intervento fare; abbiamo pertanto deciso di svolgere un intervento, che potrà non servire, ma nel quale sottolineare che se vogliamo porre i problemi ai livelli in cui, per esempio, anche l'intervento del collega Gian Valerio Sanna li ha posti, quest'Aula deve lavorare diversamente, questo Consiglio deve arrivare a livelli di elaborazione e di produttività che non sono certamente gli attuali.

Altro che recupero di autorevolezza della politica! Se l'opinione pubblica (penso alle persone che stanno là fuori) comincia a pensare, e noi gliene diamo conferma con i nostri atteggiamenti, che ai privilegi uniamo la pigrizia, i giochini di palazzo, le schermaglie, le retoriche oratorie, eccetera, senza trovare soluzione ai problemi - Assessore La Spisa, mi rivolgo a lei perché so che ha orecchie attente rispetto a questi problemi che sto ponendo e ritengo le abbiano anche tutti i presenti - o cambiamo indirizzo rispetto al modo di lavorare, al modo di presentare anche il nostro lavoro di persone prestate temporaneamente alla politica, oppure pigrizia e privilegi saranno un mix devastante perché non avremo più nessuna autorevolezza, non avremo più nessun riconoscimento, non sapremo più dare indicazioni, più nessuno ci ascolterà e crederà, soprattutto, alle indicazioni che noi diamo per uscire dalla crisi che attanaglia, non noi, ma moltissimi altri sardi fuori da quest'Aula.

Ecco perché io ho saltato a piè pari tutti gli argomenti della mozione, pur ritrovandomi assolutamente sia nella mozione che negli interventi precedenti . Io auspico, assessore La Spisa, autorevoli colleghi della maggioranza, , nonostante la poco frequentata discussione odierna, che si possa pervenire ad un ordine del giorno veramente unitario in cui non ci presentiamo come i soliti meridionali, che vanno a chiedere l'elemosina allo Stato (questo lo fanno coloro che pensano che i governi possono essere amici o nemici a seconda del colore), noi dobbiamo andare, era perfetto il riferimento del collega Gian Valerio Sanna…

PRESIDENTE. Onorevole Salis, il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, colleghi, la seduta odierna, dopo la grande assemblea di ieri, sembra un residuo. Pare che questa discussione non debba avere consistenza e anche l'attenzione della Giunta è ridotta al minimo; invece penso che noi, intendo noi come Consiglio regionale, come Giunta regionale, avremmo dovuto tenere lo stesso livello di attenzione. Perché? Intanto perché questo Consiglio regionale, in questa configurazione, può decidere, può dare indirizzi vincolanti anche all'azione di governo, può assumere impegni che valgono innanzitutto per noi; quindi la discussione su questa mozione numero 13 poteva rappresentare l'occasione per concludere positivamente il dibattito aperto ieri.

In queste ore, in questi minuti, lavoreremo anche alla definizione di un ordine del giorno che, come diceva il collega Sabatini, possa essere unanimemente adottato dal Consiglio regionale. Ma in quest'ordine del giorno l'argomento dominante non sarà l'evocazione dell'unità, l'abbiamo fatta ieri. Questa unità che sia bambina, che sia bene educata o da educare, questa unità deve portare a risultati, alcuni dei quali si concretizzano a Roma, alcuni dei quali anche di quelli che si concretizzano a Roma si preparano a Cagliari, alcuni dei quali si realizzano a Cagliari, non si realizzano a Roma.

Noi, quindi, nell'ordine del giorno dovremo individuare atti, dovremo individuare percorsi, dovremo individuare tempi, dovremo individuare soggetti responsabili della realizzazione di quegli atti, di quei percorsi, in quei tempi. Perché noi ieri abbiamo fatto una cosa molto bella, sicuramente importante, il dibattito, ancora una volta, proposto all'esterno, a coloro che ci guardano perché si mettano in atto le misure adeguate a soddisfare i loro bisogni (in molti casi bisogni assolutamente fondamentali: di vita, di un reddito, di un lavoro, di una possibilità di esistenza civile), ma se alla fine di tutta questa giostra ci dovessimo accontentare di qualche garanzia fumosa, di qualche Ministro particolarmente disponibile a lasciarsi andare a dichiarazioni estive, le persone questo dibattito non lo capirebbero.

Noi dobbiamo individuare i passi, e nella mozione che è stata proposta ci sono diverse indicazioni su cui abbiamo già detto di convenire, su cui abbiamo già detto di essere d'accordo, su cui tutti noi abbiamo già detto che si configura l'unità anche se è bambina di questi giorni. Intanto, chiedere al Governo e all'ENI di far assumere ai siti di Porto Torres e di Assemini valenza nazionale; questa è una risposta che deve avvenire in modo concreto, con atti del Governo e con una acquisizione coerente dell'ENI.

Attivare il confronto con il Governo nazionale, l'abbiamo già visto, c'è la possibilità di farlo, alcuni passi vanno già in quella direzione, sia in materia energetica che sul fronte della riorganizzazione della chimica in Sardegna e nel Paese; ma, attorno a queste questioni di carattere generale, vi sono altri passi da fare che devono supportare, in questo periodo, l'iniziativa della Regione. Alcuni sono già in discussione, anche nel provvedimento legislativo che in queste ore stiamo esaminando insieme nella terza Commissione. Intanto ammortizzatori sociali per coloro che non hanno copertura, questo è un impegno che noi dobbiamo assumere qua, quindi dobbiamo mettere i soldi, individuare procedure celeri, per garantire a quei 5 mila lavoratori espulsi senza alcuna copertura almeno un anno di respiro.

Alcune cose sono state fatte nella finanziaria, noi avremmo voluto sapere qual è il livello di attuazione di quelle misure, pensiamo che quel livello di attuazione non sia molto avanzato, dobbiamo ragionare sul meccanismo per cui alla fine le risorse arrivano ai lavoratori e quell'ammortizzatore sociale viene messo in campo. Precariato diffuso, parlo soprattutto di quello presente nel sistema delle autonomie locali, in comuni e province. Bisogna intervenire lì, perché quello è il più articolato territorialmente, colpisce tutte le situazioni, ci sono le condizioni di miseria più profonde; sulle altre abbiamo tempo, si può anche aspettare la finanziaria, il percorso più avanzato, perché siamo già intervenuti, abbiamo piani di stabilizzazione in corso, abbiamo messo risorse, ci sono provvedimenti definiti, dobbiamo dare un segno di solidarietà vera, attraverso strumenti operativi. E voglio chiudere qua il mio intervento, Signor Presidente, onorevole Assessore.

Se noi facessimo, ma lo faremo, l'esame delle leggi che abbiamo approvato, dei provvedimenti che abbiamo messo in campo, e guardassimo come sono stati attuati dall'apparato amministrativo regionale, dovremmo verificare l'assoluta inconsistenza di quest'ultimo. Dal marzo del 2008 sto facendo una battaglia, non solo io, insieme ad altri, sul Piano di formazione per la sicurezza in materia di lavoro, voluto da tutti, sindacati e associazioni di impresa, voluta da tutti la legge numero 8 del 2008, approvata all'unanimità in Commissione e in Aula. E' passato più di un anno e mezzo, non c'è una traccia di quel Piano di formazione, non c'è una traccia! E muoiono i lavoratori, muoiono in questa Regione, come muoiono in altre regioni d'Italia i lavoratori sardi, e quella legge guarda tutti i lavoratori sardi. Ma vogliamo dire del Piano dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione che dal 2005 deve essere attuato, e non c'è traccia di attuazione di quel Piano! Non è stato approvato dalla Giunta e non è stato trasmesso al Consiglio. E allora, noi facciamo il nostro dovere, incomincino a farlo anche i funzionari dell'Amministrazione regionale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Presidente, nei molti interventi dei colleghi dell'opposizione è stato sottolineato come l'Aula oggi non sia particolarmente frequentata, che molti si siano fermati al foglio firme e non siano entrati poi all'interno di questo Parlamento regionale. Viene portata come accusa, ma forse varrebbe anche la pena di chiedersi se non sia questo un argomento che non riesce a suscitare attenzione, in particolare per la cadenza temporale con cui avviene, anche se so bene che le mozioni sono state presentate molto tempo prima.

Io credo però che la discussione di oggi appaia ai più quanto meno datata, un déjà vu, un puro esercizio di retorica; anche perché, questo lo sappiamo bene tutti, da qualsiasi consesso della politica si arrivi, non è elencandoli che i problemi vengono risolti. Francamente mi chiedo davvero cosa ci si possa aspettare che cambi, riguardo alla gravissima situazione economica e sociale che viviamo, un ennesimo ordine del giorno, una mozione approvata o respinta, soprattutto se consideriamo che per discutere queste mozioni, per arrivare ad un ordine del giorno unitario o non unitario, una mozione approvata o respinta, abbiamo bloccato il lavoro delle Commissioni.

Questo significa che passeranno altri giorni prima che approdi in Aula il collegato, un collegato che sarà più o meno utile, che sarà giudicato più o meno efficace, ma che comunque è uno strumento legislativo e, quindi, uno strumento idoneo anche per dare una risposta a quei lavoratori che protestano sotto il palazzo, che protestano perché aspettano quel collegato, non perché aspettano l'esito della mozione di cui si parla oggi.

Quindi credo che non si possa pretendere attenzione se si usano strumenti sbagliati; per esempio come quello utilizzato dai lavoratori del petrolchimico in sciopero che hanno bloccato un aeroporto e che ha fatto dire ai passeggeri che perdevano l'aereo, che perdevano i soldi e che dovevano ripagare il biglietto: "così vi fate male da soli, è una manifestazione antisociale che crea disagio alle persone sbagliate, così vi mettete contro la gente, così colpite le persone normali, come potete pretendere la solidarietà della gente creando dei disagi!". Uno strumento sbagliato.

Così appunto è una discussione in cui abbiamo sentito elencare problemi storici, abbiamo sentito il nome di aziende (Enichem, Syndial, Legler, Keller, Scaini) che hanno fatto, purtroppo, la cronaca di questi anni di declino della nostra Isola; sono nomi che la cronaca regionale, l'economia regionale vede rimbalzare da decenni. Non a caso è stato giustamente ricordato che il polo di Porto Torres è partito con 14 mila addetti per arrivare a 2 mila, e non perché tutti gli altri siano andati in pensione, sono posti di lavoro persi nel territorio.

Allora, la mozione come strumento idoneo per "buttarla in politica"? Questo sì, la mozione è un ottimo strumento per "buttarla in politica", ma allora in politica vogliamo altro. Io ho apprezzato moltissimo il richiamo dell'onorevole Maninchedda, perché il problema per noi in Sardegna è proprio la politica che, è vero, bisogna riconoscerlo, è una politica di sudditanza. Il P.d.L. non decide in Sardegna, il P.D. è commissariato perché in Sardegna si ricorreva addirittura ai tribunali per risolvere i problemi; quindi le scelte della politica in Sardegna sono sempre state eterodirette, figlie, spesso e volentieri, di un frazionismo e di un correntismo che riflettono le lotte di potere che si svolgono a Roma, non in Sardegna.

Contano poco le idee, contano molto i protettori, contano molto i referenti nazionali - così vengono definiti anche sulla cronaca - che spesso e volentieri decidono senza conoscere perchè non hanno, né si può pretendere che l'abbiano, una visione strategica di quello che serve veramente alla Sardegna; chiediamo almeno che abbiano una visione realistica.

Ma il problema é nostro non loro; il problema è che abbiamo perso peso, soprattutto nel confronto con la politica nazionale, perché abbiamo scelto di essere truppa, perché abbiamo scelto di vivere di forza riflessa; e poi, per posizioni di potere, di rincalzo in sede locale, bisticciamo tra di noi, ci alleiamo e poi ci tradiamo, ma sempre vivendo nelle retrovie del potere. Di fatto abbiamo abdicato alla nostra funzione e alla nostra autodeterminazione.

Il mio invito è quello di chiudere in fretta questa discussione, presentate un ordine del giorno, mettiamo in votazione queste mozioni e affrontiamo il collegato attraverso il quale si possono dare delle risposte; ci saranno i vostri emendamenti, ci saranno i nostri emendamenti, ci saranno le nostre repliche e ci sarà la posizione della Giunta. Affrontiamo il collegato, prepariamoci per affrontare quanto prima in quest'Aula il Piano casa, queste sono risposte concrete, più o meno idonee sulla base delle nostre posizioni politiche e delle nostre scelte socioeconomiche, ma comunque strumenti concreti.

Questa è la riflessione che invito tutti i colleghi a fare; non credo, ripeto, che un ulteriore esercizio di retorica possa dare risposte, né ai lavoratori che sotto il palazzo protestano con le loro bandiere e i loro fischietti, né a chi il 21 del mese dovrà andare a Roma a discutere al tavolo nazionale. Aspettiamo l'esito di quel confronto e sentiamo che cosa dirà il nostro Presidente, che ha avuto ampio mandato dalla Giunta, dalla maggioranza e, a parte isolati episodi di astio che obnubila la ragione, anche aperture di credito da parte dell'opposizione. Per continuare a discutere questi argomenti, aspettiamo di conoscere proposte concrete, allora sì che dimostreremo realmente sia di fare il nostro dovere (non solo di stare seduti in Aula),sia di guadagnare i soldi che ci danno.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, dico subito, che la mozione non è uno strumento sbagliato, onorevole Campus, perché è previsto dal Regolamento a garanzia delle opposizioni; inoltre l'abbiamo presentata prima della comunicazione dell'ENI con cui si annunciava la chiusura del cracking di Porto Torres, l'abbiamo presentata nel momento in cui il cosiddetto collegato che la Giunta regionale ha approvato non conteneva quelle misure emergenziali che invece ora, anche grazie ai nostri emendamenti, stiamo per proporre nello stesso disegno di legge.

Abbiamo poi deciso, in Conferenza dei Capigruppo, di far precedere la discussione di questa mozione da un'assemblea (si è tenuta ieri), di tutta la classe dirigente sarda, un momento partecipativo importante, strategico, al quale, cogliendone i momenti più importanti, vogliamo far seguire, con la discussione odierna, un dispositivo, un voto che impegni la Giunta regionale per un autorevole confronto tra Stato e Ragione su punti concreti e irrinunciabili; quindi, dare seguito alle parole, agli appelli, agli auspici, con un atto.

Credo che la proposta che ha sintetizzato il collega Sanna, di prospettiva, di impegno anche finanziario della Regione, di serietà rispetto alle rivendicazioni, cominciando ad investire come Regione sulla riconversione, partendo da noi stessi, sia la strada giusta. Noi chiediamo che ci sia un impegno della Giunta regionale a presentare al tavolo nazionale una proposta complessiva sulla crisi industriale della Sardegna, con la sottoscrizione di un protocollo da parte di Stato e Regione per l'attuazione di un piano straordinario per le politiche industriali della Sardegna da attuarsi nei prossimi cinque anni.

A tal fine si tratta anche di impegnare, come ha sintetizzato l'onorevole Sanna, una quota pari a 500 milioni di euro, di fondi della Regione, a valere sulle nuove entrate previste dalla riscrittura dell'articolo 8 dello Statuto a partire dall'anno prossimo, e un'analoga quota da parte dello Stato. Conseguentemente chiediamo di far assumere all'ENI, per i prossimi cinque anni, un impegno a non modificare la sua presenza industriale in Sardegna, fino a quando le azioni di riconversione che metteremo in campo su un programma definito, previste appunto in questo piano straordinario, avranno esplicato i loro effetti sull'impianto industriale dell'Isola.

La crisi, lo abbiamo già detto ieri, è strutturale, non è congiunturale, è forte, è lunga, si dice anche nei giornali di stamattina, ha necessità di una visione, di un progetto che ridisegni complessivamente lo sviluppo. Lo farete, forse un po' in ritardo, comunque lo farete con il Programma regionale di sviluppo, e noi, nel rispetto dei ruoli, non faremo mancare la nostra parte.

In questi cinque mesi che sono decorsi dalle elezioni però alcuni segnali li abbiamo già colti; abbiamo visto un continuo rimando dei problemi e delle soluzioni: dalle dichiarazioni programmatiche a una finanziaria snella, emergenziale, sociale, tutta da attuare, assessore La Spisa, di seguito un rimando al cosiddetto collegato che nella prima versione in realtà era poco emergenziale e dava risposte, devo dire, particolari e non complessive rispetto alla situazione dell'Isola, infine il rimando al Programma regionale di sviluppo, alla finanziaria del 2010.

Noi diciamo da mesi che dobbiamo intanto pensare all'emergenza e contemporaneamente allo sviluppo, allo sviluppo in prospettiva della nostra isola; allora, le richieste che facciamo, che abbiamo fatto anche in finanziaria, voi le avete rimandate al collegato: la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione (della Regione, degli enti, delle agenzie, degli enti locali), gli ammortizzatori sociali per coloro che hanno perso il lavoro e che non hanno nessuna copertura (noi diciamo almeno 40 milioni di euro, per persone che in qualche modo devono avere un sostegno da parte della Regione),l'istituzione del fondo previsto dalla legge regionale numero 20 del 2005 in materia di politiche del lavoro e la riprogrammazione della Conferenza regionale per il lavoro prevista sempre da quella legge.

Ieri dagli "stati generali" è arrivata una richiesta forte di unità, ma unità su che cosa? Certamente non su obiettivi minimali; la riapertura degli impianti di cracking di Porto Torres la consideriamo un obiettivo minimale perché è la perdita di qualche cosa che già avevamo;lo stesso discorso vale per il riottenimento dei fondi FAS per le bonifiche (li avevamo già e poi sono spariti), per la ripresa delle procedure di appalto per la Sassari-Olbia (era già un risultato acquisito, non è niente di nuovo, eppure lo pretendiamo), e ancora, il non prevedere il nucleare nell'Isola. Io credo che siano obiettivi importanti ma minimali, che non ci sia ancora la prospettiva, non ci sia ancora il progetto; e allora, l'unità la dobbiamo realizzare su un progetto di sviluppo per questa Sardegna, su un nuovo modello di sviluppo.

Ora, siamo tutti d'accordo sul principio della centralità della persona, però vi chiedo, l'ho già detto anche ieri, che idea avete della Sardegna tra vent'anni, quale ruolo avranno le politiche della conoscenza, la scuola - ne parleremo nella mozione successiva -, l'identità, l'Autonomia, quale ruolo avrà l'ambiente - al di là degli slogan -, come volete caratterizzare la Sardegna, le sue attività produttive, con quali scelte? Mi chiedo anche con quali richieste, con quali proposte vi presentate domani al confronto con il Governo. Non basta confermare gli accordi di programma già sottoscritti. Occorre sicuramente rafforzare, consolidare, confermare il quadro delle entrate a partire da quel milione e mezzo in più all'anno che avremo dal 2010; occorre rivedere quel patto di stabilità che ci consentirà di spendere quelle risorse che si tramuteranno in servizi per i sardi.

L'unità è una cosa seria, non può essere ridotta solo ad appelli, ad enunciazioni di principio; è una cosa seria perché è drammatico, è serio il momento che stiamo vivendo. Per questo motivo noi vi invitiamo a concordare, a votare un ordine del giorno che nel dispositivo contenga quei 12 punti irrinunciabili che per noi sono già inseriti nella mozione. Fissiamo con un ordine del giorno quelle richieste forti che ha proposto ora il collega Sanna, che devono essere portate in un confronto, non chiamiamola vertenza, serio, autorevole con lo Stato.

Chiediamo che il richiamo all'unità sia vero, sia basato sullo spirito di una reale autonomia che non abbiamo visto nei primi atti del vostro Governo, che non abbiamo visto nella vostra campagna elettorale, di cui non ci sono le premesse in questi primi mesi di legislatura. Per quel che ci riguarda noi continueremo a fare la nostra parte, saremo una opposizione di proposta, di stimolo, di confronto perché i risultati siano davvero tangibili, siano concreti per i sardi.

Io chiederei fin d'ora, Presidente, alla conclusione degli interventi di stamattina, di sospendere brevemente, il tempo necessario per mettere a punto un ordine del giorno condiviso; è vero che un ordine del giorno non si nega a nessuno, ma noi riteniamo che un atto di questo Parlamento, di questo Consiglio dei sardi sia importante per sancire, per lasciare una traccia anche delle parole importanti che sono state dette ieri e nella mattinata odierna.

PRESIDENTE. La Presidenza valuterà la proposta testè avanzata dall'onorevole Bruno. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, Assessore, onorevoli colleghi, la giornata di ieri, nel corso della quale si è tenuta l'assemblea straordinaria che ha visto la partecipazione delle parti sociali, del mondo dell'economia, delle università, oltre ovviamente al mondo della politica, presente coi suoi esponenti, e la giornata di oggi che vede svolgersi il dibattito nel disinteresse di molti (ovviamente di coloro che non sono presenti e dei tanti che sono presenti ma distratti), i dati esposti dall'onorevole Diana nella illustrazione della mozione,meritano alcune considerazioni e riflessioni.

Innanzitutto ci si chiede che cosa significano e che cosa potrebbero significare per il futuro dell'Isola i dati sulla crisi, sulle difficoltà economiche, sulla continua perdita di posti di lavoro.. Significano sicuramente malessere, difficoltà per le famiglie, per i giovani, per i pensionati non solo dal punto di vista economico (la crisi economica è già presente e conosciuta purtroppo dalle famiglie), ma anche dal punto di vista delle speranze di ognuno di noi, della nostra comunità; quindi la speranza che si possa uscire dalla crisi e si possa avere un futuro migliore. Si perde infatti speranza in sé stessi e quindi anche nello Stato e nelle istituzioni, perchè sono le persone a comporre lo Stato e la nostra democrazia.

Questi temi meritano, appunto, alcune riflessioni e va liberato anche il campo da alcune considerazioni espresse nei mesi scorsi sul Governo amico, sul fatto che si dovesse lasciarlo lavorare essendo, comunque, il Presidente un amico dei sardi. Bene mi pare che, almeno per una questione scaramantica, vadano abbandonati i termini quali Governo amico e via dicendo, perché ogni qualvolta che il presidente Cappellacci parla di Governo amico, Presidente amico, Presidente che addirittura si considera sardo, ci vengono tolte risorse: strade, G8 e quant'altro.

Ripeto, quindi, che perlomeno per una questione scaramantica io eviterei di indicare il presidente Berlusconi, il Governo nazionale e le forze che lo guidano come amici dei sardi, anche perchè il confronto, come avevamo già sottolineato in occasione delle dichiarazioni programmatiche, avviene tra istituzioni, non in quanto migliori amici degli uni o degli altri. Accade, infatti, che qualche volta gli amici tradiscano, promettano cose irrealizzabili o addirittura facciano promesse smentite il giorno dopo.

Si è fatto un appello all'unità, ma su che cosa? L'unità indubbiamente si può trovare sulla risoluzione dei problemi, sull'individuazione dei meccanismi, dei sistemi, degli interventi, degli incentivi per evitare che la crisi sia ancora peggiore di quella che è; oppure sull'inserimento nel collegato alla finanziaria di norme che in qualche modo tutelino e diano fiducia a coloro che sono in uno stato di difficoltà, di disagio, che hanno perso il posto di lavoro o rischiano di perderlo. . Ma il richiamo all'unità su temi quali la nostra terra, la Brigata Sassari, i padri fondatori mi pare sia ovvio, perché tutti ci riconosciamo nella nostra terra, nella storia, nei padri fondatori della nostra Regione che hanno preso parte alla rinascita della nostra Sardegna;,però sicuramente non può essere accolto l'appello all'unità sul nulla e sulle cose che invece non possono essere fatte o non si vogliono fare.

L'onorevole Maninchedda ha ragione relativamente all'analisi che svolge nel suo intervento, tanto che non capisco perché mai sieda nei banchi della maggioranza e non in quelli dell'opposizione, ma è vero anche che, rispetto a quella analisi, va inserito un altro dato, e cioè che non è solo lo Stato che si appropria delle risorse del Mezzogiorno, delle isole, ma sono qualche volta anche il Mezzogiorno e le isole che consentono a imprenditori di fuori di trovare collusioni, rapporti, di venire agevolati nel loro essere "prenditori" di risorse pubbliche; basta guardare, appunto, all'utilizzo dei fondi della legge numero 488 e verificare quello che rimane delle imprese che hanno utilizzato quei fondi nella Piana di Ottana, dove il 75 percento di queste imprese non ha mai operato, non ha mai creato un posto di lavoro e, anzi, oltre ai fondi della legge numero 488 ha utilizzato anche fondi per la formazione professionale di professionalità mai spese nell'ambito del lavoro .

Vanno pertanto identificate anche le responsabilità; sicuramente lo Stato, il Governo sottraggono risorse, ma bisogna anche riconoscere e individuare le nostre responsabilità che hanno bloccato lo sviluppo. Ci vuole, appunto, un cambio di rotta così come sta avvenendo negli Stati Uniti, ad esempio, dove il pubblico sta intervenendo nell'ambito dell'economia; è un cambio di rotta di 180 gradi rispetto al passato, appunto; ci sono gli interventi pubblici nell'economia perché l'idea che il mercato si regoli da sé e che non regole o l'inesistenza di queste possano consentire uno sviluppo migliore, è un'idea che viene abbandonata.

Così come occorre anche segnalare alcune sottovalutazioni che sono state fatte in questi mesi sia dal Presidente che dalla Giunta in merito al G8, ai fondi FAS; e a queste questioni bisogna aggiungere le difficoltà e la possibile sottrazione anche dei fondi relativi alla vertenza entrate.

Io avverto un altro problema, che è quello del metanodotto, vorrei avere la certezza che il metanodotto passi dalla Sardegna, possa passare un domani dalla Sardegna e non venga invece dirottato altrove; infatti, se oltre al danno della sottrazione di fondi, del possibile rischio di perdita dei fondi relativi alla vertenza entrate, si dovesse non realizzare quel possibile incentivo rispetto al minor costo dell'energia in Sardegna, noi potremmo aggiungere al danno la beffa. Alla beffasi aggiungono sicuramente l'inquinamento, il danno ambientale e la disoccupazione creati dalle industrie che si sono appropriate di risorse e poi sono sparite.

Ebbene, che cosa dobbiamo fare? A livello nazionale, altri colleghi prima di me hanno detto bene, incalzare il Governo perché l'ENI non chiuda le fabbriche in Sardegna, perché l'ENI, come ieri ha detto bene in rappresentanza dell'Università di Sassari il professore che è intervenuto, ha comunque avuto risorse, ha incamerato utili, eppure oggi va via. E noi che cosa dobbiamo fare? Intervenire nel collegato cercando di alleviare le sofferenze e le difficoltà delle persone che rischiano il posto di lavoro o che l'hanno già perso; e ancora intervenire anche nell'ambito delle tante risorse destinate alla formazione perché si formino nuove maestranze che possano stare al passo della sfida che la Sardegna e tutti noi abbiamo davanti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Signor Presidente, cercherò, data l'ora, di contenere il mio intervento. Dico subito che sono più che legittimi i rilievi che sono stati fatti sul numero, sulla presenza in Aula dei consiglieri regionali, però penso che debbano avere valore anche le osservazioni del collega Campus, quando dice che in fondo c'è condivisione soprattutto sull'intento, dando significato alla mozione e ai suoi contenuti, di arrivare all'obiettivo di un ordine del giorno unitario.

Quindi, se hanno legittimità queste osservazioni, penso che ne abbiano meno i rilievi che vengono mossi sulla sensibilità della Giunta, della maggioranza, della Presidente del Consiglio, del Presidente della Regione, ma anche sugli argomenti che sono stati oggetto di una puntuale, intensa esposizione nella giornata di ieri. Una esposizione ricca, articolata, su temi non retorici, come qualcuno ha detto, né superficiali.

In fondo l'agenda si può arricchire, penso che questi siano giorni nei quali mi pare si esprima la massima disponibilità per far sì che quella vicinanza, che è stata così palesemente espressa un po' da tutti, si traduca anche in suggerimenti, in aspetti propositivi. Non penso e non ritengo che ci siano chiusure da questo punto di vista.

Io preferisco rimanere nello spirito della giornata dei lavori che si è svolta ieri, che ha visto un impegno e una comunità di intenti che sono scaturiti in fondo da una visione comune tra la rappresentanza politica, le forze sociali e sindacali; e quindi non penso debba essere accettato in alcun modo un atteggiamento diverso, per non ricadere nella tentazione di fare il gioco delle parti.

Mi astengo dal richiamare, sarebbe anche troppo facile, visto che sono passati pochi mesi, responsabilità di altri. Preferisco rimanere nello spirito propositivo che è stato presente in quasi tutti gli interventi, tranne pochi spunti polemici. In fondo dico che riproporre cose dette in campagna elettorale, nell'approccio alle forze sindacali, così intensamente coinvolte in questa situazione di crisi della Sardegna, riproporle a distanza di alcuni mesi, quando si ha una responsabilità, non sia un gioco di copia e incolla.

In fondo, potremmo fare un gioco di copia e incolla se richiamiamo anche quella mancanza di iniziative, di propositività, di riqualificazione, di interventi intensi sul piano industriale della precedente Giunta. Io penso che si farebbe in questa maniera solo l'interesse della propria parte politica, come ha detto bene l'amico e collega, onorevole Vargiu, nella seduta di ieri. Su questa vicenda non devono e non possono esserci autocompiacimenti davanti alle proprie parti, sono invece fondamentali le gravi condizioni in cui si troveranno migliaia di famiglie sarde se la nostra iniziativa unitaria e compatta non raggiungerà l'effetto auspicato.

Porto in me anche l'intensità, l'umanità dell'intervento dell'amico Mulas, che deve essere colta da tutti noi perché tutti sappiamo che lui fa parte di quel mondo, di quel mondo oggi messo in crisi da una decisione, questa sì, unilaterale e davvero ingiustificata. E mi preme davvero dire subito che, se sono dentro la giornata di ieri, lo sono soprattutto per quella volontà ribadita da tutti, ma principalmente dalla Presidente del Consiglio e dal Presidente della Giunta, di volersi opporre alla chiusura di Porto Torres, di voler riaprire i termini della questione sarda, cogliere le prospettive di crescita, vincere l'isolamento e le discriminazioni, governare la nostra autonomia.

Gli strumenti ci sono, li abbiamo, abbiamo coscienza e consapevolezza, possiamo in questo senso davvero ritenere non certamente fuori luogo le osservazioni fatte, pur nella differenziazione delle posizioni politiche, dall'onorevole Maninchedda; osservazioni che riporterei nell'incontro che, sono sicuro, si svolgerà a schiena dritta e a testa alta. Chi dice che deve essere, che sarà un incontro di basso profilo? Chi può mettere in discussione tesi che sono state espresse così apertamente, con un taglio che penso non possa essere tacciato di sobrietà, ma era invece molto intenso e vero?

Per quanto riguarda il settore della chimica, io voglio dire che e noi dobbiamo far pesare il fatto che la nostra Isola ha accettato a suo tempo il gravame dell'industria chimica, consapevole che venivano assunti impegni etici anche da parte delle imprese verso il tessuto sociale del Nord Sardegna e dell'intera Isola. Alludo a quel Piano di rinascita che nel 1962 permise e favorì l'introduzione dell'industria chimica in tutta l'isola. Allora si diede la possibilità di compromettere grandi aree della nostra terra che oggi non possono essere certo riconvertite in alcun modello turistico, visto l'inquinamento che le caratterizza. Questa è un'eredità pesante di cui aziende come l'ENI, presente in Sardegna da decenni, devono assumersi tutte le responsabilità.

Mi pare altresì fondamentale il rispetto dell'Accordo di programma del 2003, che riconosceva il ruolo strategico per l'intero sistema produttivo del settore chimico, e la finalità primaria di quell'Accordo era appunto quella di promuovere e riqualificare i poli chimici della Sardegna, rispettando l'ambiente e consolidando la trasformazione produttiva del settore chimico. In particolare per Porto Torres, la piena realizzazione di quell'Accordo avrebbe determinato la salvaguardia e il potenziamento delle filiere produttive esistenti. Certamente non dobbiamo limitare l'attenzione al settore chimico, ma non possono neanche esserci dubbi sugli obiettivi che dobbiamo porci.

La crisi industriale ha colpito tutta la Sardegna, in modo particolare quei territori che da decenni si basano sui posti di lavoro generati dall'industria, ma ne sono colpiti anche i comparti dell'artigianato, del commercio, del settore agropastorale. Io vorrei dire, e glielo dico sommessamente, all'onorevole Cuccu che ha sollevato, e mi ha fatto piacere, il problema delle politiche di dismissione di Trenitalia-Rete Ferroviaria Italiana, che la Garibaldi viene rottamata perché è stato interrotto, di fatto, il collegamento ferroviario a Golfo Aranci.

Questa non è, però, onorevole Cuccu, glielo dico con rispetto, una decisione presa unilateralmente dallo Stato italiano e da Trenitalia, perché è una decisione sulla quale il Consiglio regionale si è naturalmente distinto per iniziative. Io ho partecipato alla discussione sulla sua mozione, su quella di oggi, non ho taciuto su questo aspetto che riguarda con particolare intensità quel territorio.

Come lei sa, infatti, il Piano trasporti predisposto dalla precedente Giunta prevede l'interruzione dei collegamenti a mare nel sistema portuale di Olbia, la declassificazione di questo sistema, il trasferimento di queste funzioni a rotte meno favorevoli e più distanti. Lei sa bene che se dobbiamo prenderci la responsabilità, io me la sono assunta per le componenti della mia parte politica che avevano condiviso questo Piano strategico, bisogna fare autocritica su una scelta che, io lo dissi in un editoriale apparso su La Nuova Sardegna nell'agosto del 2008, colpiva tutto il settore produttivo italiano e sardo.

Spero che l'Assessore qui presente dia significato anche a queste mie parole, perché, ripeto, le ferrovie si collegano al mare e non possono essere interrotte, soprattutto nei punti strategici, per poter vincere l'insularità. Su questo io ho ritirato un emendamento perché, recependo le sue opportune osservazioni, penso che questa problematica rientri nell'ambito della programmazione. Concludo dicendo che condivido l'intento di fare una proposta unitaria.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, mi dispiace doverlo dire, ma la giornata di oggi sa veramente di grande farsa. Dico che in un momento di grandissima sofferenza per i sardi, sofferenza legata ad una crisi così drammatica e senza precedenti, avrei voluto onorare il mio compito partecipando a un dibattito ben più serio, e quindi anche con lo spirito di dare il proprio contributo per trovare soluzioni alla grande crisi. Ma, spenti i riflettori, le luci dei riflettori di ieri, credo che in quest'Aula si siano spenti anche gli interessi per il grande problema.

Si è creato pertanto il grande vuoto; il vuoto sui banchi del Consiglio, il vuoto sui banchi della Giunta. Si lascia spazio a una grande desolazione che del deserto, come denunciava il collega Gian Valerio Sanna, non ha purtroppo né la bellezza, né il fascino, né la storia. Con grande frustrazione, quindi, rinuncio all'intervento con una domanda. Ieri, e anche oggi, di quale unità si è inteso e si intende parlare a proposito di come questa classe politica, forse inadeguata, debba muoversi per trovare delle soluzioni. O la full immersion, particolarmente forte ieri, sui temi del sardismo, una cosa trasversale; si è parlato di sovranità, si è parlato di autodeterminazione, si è parlato di Sardegna nazione, poi noto pure che chi in teoria condanna il colonialismo, stranamente, va' a far parte delle truppe cammellate, e quindi dovrei dire che dobbiamo prendere atto, con tutta probabilità, vista l'inefficacia del dibattito in questa sede, che forse, intanto, chi deve trovare le soluzioni sarà ancora a Roma. Dico proprio che questa è una classe politica davvero inadeguata.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. L'Aula non è piena, però vi chiedo ancora un attimo di attenzione per la conclusione di un dibattito (spero davvero, come è stato detto, si concluda con un documento unitario) che, a mio giudizio, non è stato né inutile, né depotenziato. Mi spiace, onorevole Zuncheddu, che lei abbia rinunciato a una parte del suo intervento, ma in realtà lo ha fatto. Io risponderei così, però. Spenti i riflettori, cosa accade? Spenti i riflettori della giornata di ieri, il Presidente della Regione in questo momento è a Roma, non è qui, in questo banco, ma è a Roma per lavorare alla preparazione dell'incontro di domani a Palazzo Chigi.

I problemi non si risolvono sotto i riflettori, i problemi si risolvono lavorando sodo nelle sedi opportune, nei posti di lavoro. Oggi, il Presidente è nel suo posto di lavoro, cioè a Roma, negli uffici della Regione, negli uffici dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio, cercando di fare il possibile per rappresentarci, per rappresentare tutti; per rappresentare l'onorevole Mulas che non è riuscito neanche a concludere il suo intervento e che forse, in questo modo, ha reso ancora più forte, più potente la consistenza, la coscienza del problema che stiamo vivendo.

Quando si va a Roma per rappresentare, soprattutto in momenti di crisi, le nostre problematiche, si sente moltissimo, è capitato a tanti di noi (politici, sindacalisti, imprenditori), in diverse sedi, il peso della leggerezza della Sardegna; questo è vero! Si sente la forza di gravità che ci tiene un po' piantati di fronte a palazzi, a personaggi, a rappresentanti politici o imprenditoriali che ci sembrano dei colossi. Noi sentiamo il peso della nostra difficoltà a farci sentire, della nostra leggerezza, ma dipende esattamente da noi.

Mi dispiace che non ci sia Paolo Maninchedda, però voglio in qualche modo partecipare al confronto anche dialettico su alcune questini. Lui ha detto che il problema dell'industria in Sardegna dipende dal fatto che la radice della crisi non è economica, ma politica. E' vero, in parte è così, la crisi oggi, per esempio quella della chimica, non è una crisi economica, altri settori subiscono forti crisi economiche; la crisi della chimica in Italia non è una crisi economica, è una crisi politica; è vero!

Però aggiungerei qualcosa di più, e cioè che il problema è che la radice non è semplicemente politica, ma è una radice culturale; è esattamente la stessa radice che ci porta ad essere "leggeri" quando noi trattiamo con i governi nazionali, di qualunque colore, o con soggetti imprenditoriali forti come l'ENI, che ha un suo partito, molto più forte della destra, della sinistra e del centro, perché esiste in Italia, è esistito ed è ancora forte, il partito dell'ENI.

Dire quindi, come ha detto il nostro Presidente, come condividiamo in gran parte con diverse sfumature, che l'oggetto della nostra interlocuzione, del nostro confronto è l'ENI, è dire una cosa importante, è sottolineare appunto che l'industrializzazione in Italia è stata bloccata da movimenti trasversali che sono più forti perfino delle istituzioni statali.

Allora, il problema è che noi dobbiamo recuperare più forza, più peso; la nostra leggerezza è debolezza culturale, la nostra leggerezza è spesso superficialità della nostra coscienza, della coscienza delle nostre forze. La nostra leggerezza dipende anche dalla mancanza di fiducia nelle potenzialità di questa istituzione, di questo Consiglio regionale, di questa Presidenza, del Presidente pro tempore, della Giunta in carica pro tempore, della classe dirigente.

Ha ragione l'onorevole Uras quando dice che spesso noi siamo frenati anche da una struttura amministrativa che anziché rispondere insieme a noi ai bisogni, al fabbisogno di forte intervento regionale, non risponde insieme a noi probabilmente anche perché legge in noi, in queste istituzioni, la leggerezza della coscienza della propria forza. Perché non ce le diciamo queste cose? Ai nostri dirigenti dobbiamo chiedere più impegno. Bene, ma dobbiamo mostrare noi un impegno anche di altro tipo.

Questa è una questione importante, secondo me. Ovviamente non sto dialettizzando polemicamente, partecipo a un incontro e a un dibattito che, secondo me, è stato ed è, interessante, che segue una serie di interventi svolti alla luce dei riflettori ieri, ma che ha portato qui idee e contributi che possono contribuire alla stesura di un documento che accompagni il rappresentante della Regione domani a Palazzo Chigi. Gran parte di noi non parteciperà a quell'incontro, ma ci saremo perché in qualche modo rappresentati.

Il vero problema, allora, (io spero che questo discorso si possa ulteriormente approfondire quando parleremo di Programma regionale di sviluppo) è che noi spesso affidiamo la soluzione dei problemi a un contenitore, e lo dico dialetticamente qui sia a Maninchedda che a Sanna.

Il problema dell'industrializzazione. Onorevole Diana, forse eravamo gli unici presenti, tra i componenti di quest'Aula, il 14 luglio 2003 a Palazzo Chigi, alla firma dell'Accordo di programma per il rilancio e la riqualificazione dei poli chimici della Sardegna; lei, quale importante dirigente della CGIL, e io come Assessore dell'industria. Noi abbiamo individuato un contenitore, quell'Accordo, ben finanziato, o almeno ben dotato in quanto prevedeva un impegno a una dotazione finanziaria importante: 200 milioni lo Stato, 100 milioni la Sardegna.

Che cosa è che ha reso quel contenitore non adeguato, ma ancora importante? Io l'ho riletto attentamente in questi giorni. E' importante quell'accordo; noi dobbiamo credere in alcuni contenitori, ma non affidare al contenitore stesso l'esito del risultato. Onorevole SANNA (che non c'è), a fronte di una dotazione, per un piano straordinario per l'industrializzazione, di 500 milioni della Regione Sardegna e altri 500 dello Stato, non siamo stati capaci di spendere più di 60-70 milioni di euro! E' partito un contratto di programma, abbiamo fermato importanti investimenti. A partire da quell'accordo erano stati fatti progetti di investimento in Sardegna nei settori a valle della chimica, per esempio nel farmaceutico, importantissimi, con brevetti prodotti da sardi. Oggi quei brevetti sono utilizzati negli Stati Uniti d'America. Perché? Perché non si è creduto nella possibilità che un soggetto sardo, in joint-venture con altri investitori, potesse fare qui un'industria chimica farmaceutica.

Allora, vogliamo fare un altro piano straordinario? Facciamo un piano straordinario. Vogliamo fare uno Stato sardo? Facciamo pure lo Stato sardo, ma io francamente sono scettico; no, personalmente non sono scettico, ma sono scettico rispetto a queste cose! Sono scettico rispetto al fatto che il nostro peso, per superare la leggerezza della nostra forza nel risolvere i problemi, cerchiamo di recuperarlo con dei contenitori. Quanto più sono dotati di grandi stanziamenti finanziari o di grandi paroloni, di grande valenza mediatica, tanto più sembrano importanti. Ma non è così.

L'industrializzazione in Sardegna deve ripartire, onorevole Diana. Questa Giunta regionale e questa maggioranza credono in questo obiettivo politico e vogliono spendere tutto il loro peso politico perché questo risultato possa essere raggiunto. Ma un'industrializzazione in un mondo produttivo che crolla, come è crollato in questi tempi, come la si raggiunge? Come possiamo noi sostenere un piano di industrializzazione in Sardegna in un Paese che ha rinunciato da anni, invece, a essere un Paese veramente industriale perché non ha un serio Piano energetico nazionale, perché ha paura di affrontare qualunque novità, dal rinnovabile al nucleare? E' o non è così? Perché non si fa più ricerca, perché si è ancorati a prese di posizione demagogiche. La Germania, la Francia, la Spagna hanno un soggetto industriale nella chimica, perché la chimica è importante per il paese, non per una Regione; noi non lo abbiamo.

E noi da sardi, dentro lo Stato italiano, vogliamo dire questo in questi giorni, con tutta la forza di cui possiamo disporre, speriamo di averne tanta. Io poi non mi opporrò personalmente ad un intervento straordinario, o alla previsione di un intervento straordinario programmatico che punti ancora sull'industria. Io ci credo;, da tanti anni mi sono convinto che questo è importante, che è importante recuperare una quota di prodotto interno lordo per l'industria sarda, spendiamolo, ma attenzione a non rifugiarci poi in un'altra monocultura o, meglio, non diventerà mai una monocultura l'industria in Sardegna, è difficilissimo, visto da dove parte; ma evidentemente noi non possiamo pensare che avremo una massa manovrabile così ampia di risorse finanziarie regionali, (per quante saranno, non polemizzo sulla quantità di risorse), da poter destinare 500 milioni solo per l'industria, purtroppo non è così. Non sarà così! Ma tutto quel che avremo mettiamolo per obiettivi strategici.

Vorrei anticipare sostanzialmente l'impostazione che io sto anche verificando nel confronto con i territori in questi giorni, in preparazione del Programma regionale di sviluppo: le risorse che avremo non dovremo distribuirle a pioggia, questa è la vera questione. Dovremo, noi, dimostrare di avere più peso, più responsabilità, non distribuendo le risorse così, dovremo invece individuare insieme alcuni grandi obiettivi e perseguirli, concentrando le risorse.

Io questo tratterrei anche della proposta dell'onorevole Sanna, così come della stessa proposta fatta dall'onorevole Maninchedda, e cioè di sottolineare che lo sviluppo è direttamente proporzionale alla capacità politica, alla consistenza di un progetto politico, di un programma politico, cerchiamo di costruirlo in maniera forte; e questa è, credo, la sfida che ci attende tutti.

Vorrei concludere, non so quanto manchi ancora, per dire all'onorevole Diana che purtroppo io ho chiesto di verificare alcuni dati, e debbo dire che addirittura sui cassintegrati siamo ancora oltre il dato che è stato inserito nella mozione. I dati sono veramente preoccupanti. L'Assessorato del lavoro dà questi dati: cassa integrazione in deroga, 199 aziende interessate per un totale di 4396 lavoratori; mobilità in deroga, 1465 lavoratori; cassa integrazione con procedure amministrative ordinarie, 36 aziende per 2349 lavoratori. abbiamo oltre 8000 lavoratori interessati alla cassa integrazione e alla mobilità in deroga. Nessuno di noi sottovaluta la gravità di questa situazione, nessuno di noi.

Credo che la risposta debba essere pronta e responsabile. Non ci tireremo indietro anche nel verificare la disponibilità e la consistenza degli stanziamenti finora previsti nel bilancio vigente; abbiamo comunque trasferimenti dello Stato che sono consistenti, alcuni li abbiamo in conto residui, altri derivano da accordi firmati, l'ultimo quello del 29 aprile. Faremo il punto in sede di discussione del disegno di legge integrativo della manovra, se fosse necessario correggere quel dato dei 10 milioni destinati agli ammortizzatori, per chi non gode di quelli nazionali, lo faremo. Non è certamente un problema di risorse finanziarie; abbiamo anche fondi dell'Unione Europea a disposizione per questo, e quindi li useremo tutti per restare vicino ai nostri conterranei che vivono letteralmente il dramma, e non è una parola retorica, di un futuro davvero incerto e preoccupante.

Teniamo anche conto che cassa integrazione e mobilità in deroga riguardano alcuni lavoratori, in alcuni settori. Se leggiamo la stampa di oggi dobbiamo pensare anche ai lavoratori dell'edilizia, dobbiamo pensare ai lavoratori dell'agroalimentare, dobbiamo pensare agli artigiani, ai lavoratori autonomi, agli imprenditori agricoli, ai piccoli imprenditori che chiudono, e questi settori non hanno alcun ammortizzatore sociale. La situazione è davvero grave e non la sottovalutiamo. Però la risposta deve essere altrettanto pesante da parte nostra.

L'unità - chiudo su questo - non è una cosa formale da tenere sotto i riflettori; l'unità in questo momento delle forze politiche, di tutti i movimenti che rappresentano la società sarda non è solo metodo ma è sostanza; teniamola per essere forti davvero di fronte alle difficoltà che avremo in questi giorni.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16. Queste due ore di tempo potranno essere utilizzate per mettere a punto l'ordine del giorno.

(La seduta, sospesa alle ore 13 e 57, viene ripresa alle ore 16 e 09.)

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

PRESIDENTE. Colleghi, data la scarsa presenza di consiglieri in Aula, sospendo i lavori per 10 minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 13, viene ripresa alle ore 16 e 25.)

PRESIDENTE. Colleghi, comunico che è sospesa la discussione congiunta delle mozioni numero 13 e 8 abbinate all'interpellanza numero 13/A. Procediamo con il successivo punto all'ordine del giorno.

Discussione congiunta delle mozioni Espa - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Carta - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (14); Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio - Agus - Barracciu - Cocco - Cucca - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Soru sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità (9) abbinate all'interpellanza Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e per le possibili conseguenze discriminatorie nei

confronti degli studenti sardi con disabilità (15/A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 14 e 9 e dell'interpellanza numero 15/A.

(Si riporta di seguito il testo delle mozioni e della interpellanza:

Mozione Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio - Agus - Barracciu - Cocco - Cucca - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Soru sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che, a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009/2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento;

CONSIDERATO che, come rilevato dalle dichiarazioni del Direttore scolastico regionale Armando Pietrella nell'audizione alla Commissione consiliare competente, ai numerosi pensionamenti per il prossimo anno non corrisponderanno altrettante immissioni in ruolo dei docenti aventi diritto, e che si manterrà, pertanto, una situazione di precariato che non sarà stabilizzato;

CONSIDERATA la mobilitazione dei sindacati della scuola che denunciano, tra l'altro, più di 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA in Sardegna già dall'inizio del prossimo anno scolastico e le conseguenze per oltre 500 docenti soprannumerari che saranno costretti improvvisamente a cambiare sede di servizio peggiorando le loro condizioni di lavoro e di vita, con maggiori costi da sostenere;

CONSIDERATO che la richiamata riduzione delle cattedre e il previsto aumento del numero di studenti per classe, il possibile accorpamento delle classi e chiusura di scuole, la riduzione del tempo pieno, oltre alla perdita delle opportunità di lavoro per gli insegnanti precari, rischia di determinare un preoccupante deterioramento della qualità della scuola, con gravi minacce per i diritti essenziali dell'istruzione pubblica in Sardegna e oltre che generare enormi disagi agli alunni stessi e alle loro famiglie, riporterebbe la scuola sarda indietro di qualche decennio attraverso l'incontestabile riduzione del "tempo scuola";

CONSTATATO che il richiamato aumento del numero di studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura di scuole potrebbero avere effetti devastanti in particolare per i territori interni e montani dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, molto spesso l'unica presenza locale delle istituzioni, e che già si manifestano i primi accorpamenti automatici, basati su un mero calcolo numerico e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, che vedono la composizione di classi molto numerose con la compresenza di più alunni con disabilità;

CONSIDERATO che, in modo particolare nei piccoli centri, si è a rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero pertanto a rischio dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della stessa frequenza scolastica e la negazione del costituzionale diritto allo studio;

RILEVATO che:

- la situazione sull'attribuzione del sostegno scolastico agli alunni con disabilità deve rispondere alle esigenze effettive espresse e documentate che devono essere soddisfatte per garantire pienamente il diritto allo studio, anche con il rapporto 1:1, come già stabilito dalle numerose sentenze dei tribunali ordinari della Sardegna prima e dai TAR e Consiglio di Stato oggi, che ribadiscono la necessità di attente valutazioni caso per caso, nonostante il rapporto medio nazionale, al fine di garantire nel rispetto della Costituzione il "pieno soddisfacimento delle effettive esigenze rilevate" (ordinanza del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2009);

- la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale nell'affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

VISTA la circolare del Ministero dell'istruzione n. 38/2009 dove, in toni gravemente perentori, si ri­chiama la "responsabilità dirigenziale" per i dirigenti scolastici regionali e per i dirigenti delle singole scuole paventando una responsabilità diretta e personale per eventuali aggravi di spesa per il mancato rispetto restrittivo, in base al decreto interministeriale, sugli organici del personale docente e delle ta­belle ad esso allegate;

CONSIDERATO che è dovere del Ministero dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutti gli attori istituzionali coinvolti ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province, comuni,

impegna la Giunta regionale

1) ad assumere iniziative per sostenere le rivendicazioni del personale docente e non docente e in particolare degli insegnanti precari, al fine di assicurare la loro stabilizzazione occupazionale nell'ambito della riqualificazione del sistema scolastico e formativo della nostra Regione;

2) a procedere con la massima urgenza all'apertura di una vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole e che, nell'individuazione dei criteri, riconosca il carattere speciale dei territori interni e montani della Sardegna;

3) a tutelare il diritto allo studio degli studenti con disabilità sardi, attraverso provvedimenti il più possibile rispondenti alle reali esigenze di ciascuno e non rispondenti a meri calcoli ragionieristici, perché non si rischi di fare passi indietro sui diritti essenziali acquisiti, affinché non si creino gravi discriminazioni e si garantiscano pari opportunità per tutti. (9)

Mozione Espa - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che, a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009/2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento;

CONSIDERATO che, come rilevato dalle dichiarazioni del Direttore scolastico regionale Armando Pietrella nell'audizione presso la Commissione consiliare competente, ai numerosi pensionamenti per il prossimo anno non corrisponderanno altrettante immissioni in ruolo dei docenti aventi diritto, con l'effetto del mantenimento di una situazione di precariato che non sarà stabilizzato;

CONSIDERATA la mobilitazione dei sindacati della scuola che denunciano, tra l'altro, più di 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA in Sardegna già dall'inizio del prossimo anno scolastico e ulteriori conseguenze per oltre 500 docenti soprannumerari che saranno costretti improvvisamente a cambiare sede di servizio peggiorando le loro condizioni di lavoro e di vita, con maggiori costi da sostenere;

CONSIDERATO che, alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale del 2 luglio 2009, n. 200 che ha dichiarato incostituzionali alcune norme previste nel decreto tra cui proprio il ridimensionamento della rete scolastica sul territorio, la riduzione delle cattedre e il previsto aumento del numero di studenti per classe, il possibile accorpamento delle classi e chiusura di scuole, la riduzione del tempo pieno, oltre alla perdita delle opportunità di lavoro per gli insegnanti precari, rischia di determinare un preoccupante deterioramento della qualità della scuola, con gravi minacce per i diritti essenziali dell'istruzione pubblica in Sardegna e, oltre che generare enormi disagi agli alunni e alle loro famiglie, riporterebbe la scuola sarda indietro di qualche decennio attraverso l'incontestabile riduzione del "tempo scuola";

CONSTATATO che l'aumento del numero di studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura di scuole potrebbero avere effetti devastanti, in particolare per i territori interni e montani dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, sovente l'unica presenza locale delle istituzioni, e che già si manifestano i primi accorpamenti automatici, basati su un mero calcolo numerico e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, con il risultato di pervenire alla composizione di classi molto numerose, e con la compresenza di più alunni con disabilità;

CONSIDERATO che, in modo particolare nei piccoli centri, sussiste il rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero pertanto a rischio dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della frequenza scolastica e la negazione del costituzionale diritto allo studio;

RILEVATO che:

la situazione sull'attribuzione del sostegno scolastico agli alunni con disabilità deve rispondere alle esigenze effettive espresse e documentate che devono essere soddisfatte per garantire pienamente il diritto allo studio, anche con il rapporto 1:1, come già stabilito dalle numerose sentenze dei tribunali ordinari della Sardegna prima e dai TAR e Consiglio di Stato oggi, che ribadiscono la necessità di attente valutazioni caso per caso, nonostante il rapporto medio nazionale, al fine di garantire nel rispetto della Costituzione il "pieno soddisfacimento delle effettive esigenze rilevate" (ordinanza del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2009);

la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale nell'affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

VISTA la circolare del Ministero dell'istruzione n. 38 del 2009 dove, in toni gravemente perentori, si richiama la "responsabilità dirigenziale" per i dirigenti scolastici regionali e per i dirigenti delle singole scuole paventando una responsabilità diretta e personale per eventuali aggravi di spesa per il mancato rispetto restrittivo, in base al decreto interministeriale, sugli organici del personale docente e delle tabelle ad esso allegate;

CONSIDERATO che è dovere del Ministero dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutte le istituzioni coinvolte ciascuna nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province, comuni,

impegna la Giunta regionale

8) ad assumere iniziative per sostenere le rivendicazioni del personale docente e non docente e in particolare degli insegnanti precari, al fine di assicurare la loro stabilizzazione occupazionale nell'ambito della riqualificazione del sistema scolastico e formativo della nostra Regione;

9) a procedere con la massima urgenza all'apertura di una vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole e che, nell'individuazione dei criteri, riconosca il carattere speciale dei territori interni e montani della Sardegna; in particolare alla luce di quanto stabilito lo scorso 2 luglio dalla Corte Costituzionale che ha giudicata parzialmente illegittime alcune norme del decreto Gelmini proprio sull'azione di ridimensionamento della rete scolastica;

10) a tutelare il diritto allo studio degli studenti sardi con disabilità, attraverso provvedimenti il più possibile rispondenti alle reali esigenze di ciascuno e non determinati da a meri calcoli ragionieristici, perché non si rischi di fare passi indietro sui diritti essenziali acquisiti, affinché non si creino gravi discriminazioni e si garantiscano pari opportunità per tutti. (14)

Interpellanza Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e per le possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità.

I sottoscritti,

premesso che a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009/2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischiano di restare esclusi dagli incarichi annuali di insegnamento;

considerato che, come rilevato dalle dichiarazioni del direttore scolastico regionale, Armando Pietrella, nell'audizione alla Commissione consiliare competente, ai numerosi pensionamenti per il prossimo anno non corrisponderanno altrettante immissioni in ruolo dei docenti aventi diritto, e che si manterrà, pertanto, una situazione di precariato che non sarà stabilizzato;

considerata la mobilitazione dei sindacati della scuola che denunciano, tra l'altro, più di 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA in Sardegna già dall'inizio del prossimo anno scolastico e le conseguenze per oltre 500 docenti soprannumerari che saranno costretti improvvisamente a cambiare sede di servizio peggiorando le loro condizioni di lavoro e di vita, con maggiori costi da sostenere;

considerato che la richiamata riduzione delle cattedre, e il previsto aumento del numero di studenti per classe, il possibile accorpamento delle classi e chiusura di scuole, la riduzione del tempo pieno, oltre alla perdita delle opportunità di lavoro per gli insegnanti precari, rischia di determinare un preoccupante deterioramento della qualità della scuola, con gravi minacce per i diritti essenziali dell'istruzione pubblica in Sardegna, oltre che generare enormi disagi agli alunni stessi e alle loro famiglie, riporterebbe la scuola sarda indietro di qualche decennio attraverso la incontestabile riduzione del "tempo scuola";

constatato che:

11) - il richiamato aumento del numero di studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura di scuole potrebbero avere effetti devastanti in particolare per i piccoli centri dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, molto spesso l'unica presenza locale delle istituzioni;

12) - già si manifestano i primi accorpamenti automatici, basati su un mero calcolo numerico e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, che vedono la composizione di classi molto numerose con la compresenza di più alunni con disabilità;

considerato che, in modo particolare nei piccoli centri, si è a rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero, pertanto, a rischio dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della stessa frequenza scolastica e la negazione del costituzionale diritto allo studio;

rilevato che:

13) - la situazione sull'attribuzione del sostegno scolastico agli alunni con disabilità deve rispondere alle esigenze effettive espresse e documentate che devono essere soddisfatte per garantire pienamente il diritto allo studio, anche con il rapporto 1:1, come già stabilito dalle numerose sentenze dei tribunali ordinari della Sardegna prima e dai TAR e Consiglio di Stato oggi, che ribadiscono la necessità di attente valutazioni caso per caso, nonostante il rapporto medio nazionale, al fine di garantire nel rispetto della Costituzione il "pieno soddisfacimento delle effettive esigenze rilevate" (ordinanza del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2009);

14) - la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale di affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

considerato che è dovere del Ministero della pubblica istruzione quello di garantire il diritto allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutti gli attori istituzionali coinvolti, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province, comuni,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport per sapere:

15) 1) quali iniziative intendano assumere per affrontare e sostenere le rivendicazioni degli insegnanti precari al fine di assicurare la loro stabilizzazione occupazionale nell'ambito della riqualificazione del sistema scolastico e formativo della nostra Regione;

16) 2) se intendano procedere con la massima urgenza all'apertura di una vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole, anche nei piccoli centri;

3) sempre nella citata vertenza, se sia tutelato il diritto allo studio degli studenti con disabilità sardi, attraverso provvedimenti il più possibile rispondenti alle reali esigenze di ciascuno e non rispondenti a meri calcoli ragionieristici, perché non si rischi di fare passi indietro sui diritti essenziali acquisiti, affinché non si creino gravi discriminazioni e si garantiscano pari opportunità per tutti. (15).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.

ESPA (P.D.). Presidente, in una giornata in cui si è parlato e ancora si parlerà di industria, non credo di fare un paragone improprio se collego l'argomento che ora affronteremo all'industria. L'industria della conoscenza è infatti una delle industrie più importanti della Sardegna, coinvolge 22 mila persone solo nella scuola dove, però, vi è una situazione che fa paventare il rischio di una perdita, nel prossimo triennio, quindi fino al 2012, di numerosi posti di lavoro. E' per questo che noi abbiamo voluto rappresentare, raccogliendo le impressioni, i problemi che si stanno creando in Sardegna nel settore della scuola, soprattutto di quella pubblica. Sono problemi che l'Assessore per professione conosce e, se non fosse in questa Aula, potrebbe anche essere personalmente coinvolta dai tagli.

Io da questo vorrei iniziare, ricordando anche le cose che ci siamo detti ieri, perché dovrò parlare molto di quello che lo Stato sta facendo per la scuola in Sardegna, ovverosia di quello che lo Stato sta facendo in questo momento per ammazzare la scuola in Sardegna. Noi con questa mozione chiediamo di aprire una vertenza; apertura che, ripeto, chiediamo sia fatta in maniera unitaria.

Ieri, da un vostro autorevole rappresentante, che noi stimiamo moltissimo, almeno io personalmente lo stimo molto, l'onorevole Pisanu, è stato detto che l'unità è una bambina che va educata, che va accompagnata e non presa a schiaffi. Questo paragone va tenuto presente perchè indubbiamente è anche un ruolo dell'opposizione individuare e colpire le responsabilità, però in questo caso noi chiediamo a voi di colpire le responsabilità che ci sono a livello governativo nazionale.

L'unità non si ricerca sulle cose che fate voi o facciamo noi, l'unità la dobbiamo realizzare (se questo è l'intento) riconoscendo insieme i problemi della Sardegna. Per questo, quando verifichiamo la situazione della scuola, quello che è successo e sta per succedere in Sardegna, quando esaminiamo alcuni dati che fanno rabbrividire, io faccio subito una considerazione. La Gelmini ha detto che la spesa per gli stipendi, parlo subito del personale, si aggira intorno al 97 percento di tutto il budget della scuola italiana. Questa dato è falso; è falso e non fa altro che creare un clima da "caccia al dipendente", al professore che non fa il suo dovere; noi invece sappiamo che la spesa italiana per quanto riguarda gli stipendi impegna il 78 per cento di tutto il budget della scuola pubblica per cui è totalmente in linea con gli altri Paesi dell'OCSE.

Io vorrei sottolineare, inoltre, che l'investimento, perché di questo si tratta, nella conoscenza, nell'istruzione, in un momento di crisi va rafforzato. In presenza di una crisi dobbiamo accrescere le nostre competenze, perché il livello medio di conoscenza sia il più elevato possibile. La scuola piuttosto che essere tagliata deve essere rafforzata; il Governo piuttosto che spendere 13 miliardi di euro in 10 anni per comprare nuovi aerei da guerra, dovrebbe comprarne uno in meno e spendere qualcosa in più per la scuola, perché la scuola è un bene estremamente importante per i nostri figli. Io voglio ricordare che in Sardegna molti dei nostri padri e dei nostri nonni hanno dato il sangue per avere la scuola, molti dei nostri padri (pastori, agricoltori, gente umile) ha battagliato perché nei piccoli paesi ci fosse lo Stato, ovvero ci fosse anche la scuola. Questo non dobbiamo dimenticarlo, questo è in Sardegna un fatto molto radicato.

Per cui quando sentiamo dare velocemente dei dati, come quello sulla spesa per gli stipendi, sappiamo che è un dato falso e, di conseguenza, invochiamo l'unità, anche con voi, nel contestare fortemente questa posizione del Ministro. Ricordo quello che ha detto ieri il presidente Cappellacci su una classe elementare, ai suoi occhi un simbolo, che sfilava a Porto Torres chiedendo lavoro. Noi abbiamo paura che la stessa classe elementare, sempre di Porto Torres, non debba camminare a ottobre chiedendo scuola, che quei bambini debbano scendere in piazza chiedendo scuola, oltre che lavoro per i propri genitori.

Consentitemi a questo punto di riepilogare velocemente il quadro dei principali problemi della nostra Isola attraverso alcuni dati, che non posso non considerare, che riguardano la scuola in Sardegna. Noi rischiamo la chiusura di 300 edifici scolastici; sono a rischio 225 autonomie scolastiche su 426, secondo i parametri del regolamento Gelmini;intere zone della Sardegna saranno desertificate, private dell'ultimo baluardo della nostra presenza, della presenza dello Stato, del pubblico.

Per quanto riguarda il personale, nei tabulati non definitivi dello stesso Ministero sono previsti 10.000 posti in meno nelle elementari, 15.000 posti in meno nelle medie, 11.000 posti in meno nelle superiori, il 40 percento di questi tagli sarà effettuato nelle regioni del meridione. La Sardegna, poiché stiamo parlando della nostra regione, sugli attuali oltre 21.000 posti esistenti deve pagare un tributo di 1.688 posti in meno nei vari ordini e gradi della scuola, esclusa la scuola dell'infanzia di cui ancora non si sa nulla. A ciò va aggiunto, sempre in Sardegna, il probabile taglio sugli attuali 8.200 di 513 posti ATA: meno 339 bidelli, meno 115 impiegati di segreteria, meno 50 tecnici.

L'altra questione molto importante, che è stata toccata anche in Commissione competente, è l'intenzione di impedire immissioni in ruolo. Infatti la consistenza dei tagli ha una "sinistra" corrispondenza con il probabile numero dei pensionamenti in campo nazionale, pare oltre 40.000 unità. In Sardegna si prospettano circa 1.600 pensionamenti tra personale docente e ATA, ma non è previsto nessun turnover, con buona pace di centinaia di migliaia di precari che inutilmente aspettano da decenni di poter entrare in ruolo; questi sono dei veri e propri licenziamenti per cui ritorno sul concetto di "industria" applicato alla scuola. Nella scuola le persone a rischio (ma parliamo anche delle loro famiglie) sono quelle che da vent'anni, è vero, ogni anno sono considerate precarie, ma essendo ormai stabilizzate aspettavano l'immissione in ruolo. Si tratta di 500 persone che rischiano di perdere immediatamente il posto di lavoro e, di conseguenza famiglie che perdono il reddito.

Questi tagli in Sardegna si abbattono su una realtà che vede uno scarso impiego del tempo pieno: 40 ore settimanali nelle elementari, 744 classi su 3904, una percentuale del 19 per cento a fronte del 43 per cento, per esempio, della Lombardia. Va un po' meglio nelle scuole medie, dove abbiamo 920 classi con il tempo prolungato su 2379, pari al 38 percento. Mancano invece i corsi serali per gli adulti; infatti sempre per le scuole medie sono disponibili solamente 58 docenti su 4673, con buona pace di immigrati, di emarginati e di adulti desiderosi di rialfalbetizzarsi.

L'introduzione poi del maestro unico, alle elementari, se fosse integralmente applicata in Sardegna provocherebbe sulle sole 725 prime classi circa 362 insegnanti in meno per 12 mila bambini,. A regime su tutte le cinque classi perderemmo, nei prossimi anni e fino al 2012, circa 1916 insegnanti. Eppure le famiglie italiane stanno chiedendo in maniera molto chiara il tempo pieno, aumenta la domanda del tempo pieno, non diminuisce; perché mentre io andavo a scuola dalle 8 e 30 alle 12 e 30, oggi che entrambi i genitori lavorano questo orario non è possibile attuarlo. La riforma Gelmini invece punta a ridurre il "tempo scuola", magari cercando di mantenere parzialmente i posti di lavoro, ma comunque si punta a ridurre il Tempo scuola, e questa scelta non la possiamo accettare neanche da un punto di vista culturale.

Occorre fare poi un discorso sui posti di sostegno che, molto chiaramente, continuano a diminuire; a fronte degli insufficienti 2515 posti funzionanti quest'anno per oltre 4400 alunni con disabilità, in organico di diritto nel 2009-2010 ci saranno solo 1995 posti: oltre 500 posti in meno, ma dovremo aspettare il dato definitivo per avere numeri certi. Anche questo fatto crea una ulteriore, grande preoccupazione per la Sardegna. Tra l'altro, che cosa devono fare le famiglie? Ho citato il caso degli alunni con disabilità, ma vale per tutto. Le famiglie protestano? Sì, protestano, ma all'esterno del Consiglio regionale la battaglia è già iniziata, , e questa battaglia noi dobbiamo cercare di portarla a Roma in maniera forte, perché le famiglie si stanno già rivolgendo ai tribunali, come molti di noi sanno.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Espa. Colleghi, il brusio in Aula è assolutamente inaccettabile. Prego, onorevole Espa.

ESPA (P.D.). Il Consiglio di Stato, è una sentenza del 24 febbraio, a seguito del ricorso di un alunno sardo, ha sancito la reintroduzione dell'insegnante di sostegno.

Colgo l'occasione per ricordare le famiglie che in tutti questi anni hanno combattuto, ricorrendo anche al tribunale ordinario, per garantire i diritti dei loro figli. Presso i tribunali civili sono state intentate sette cause contro il Ministero, per i tagli agli insegnanti di sostegno, e sono state vinte tutte e sette; perchè la politica della Gelmini lo dobbiamo dire, è una politica che comunque è contro la famiglia. Ciò che poi dispiace è la formula del ricorso perché è il bambino che lo fa e lo Stato risponde contro il bambino della scuola elementare con disabilità. Per fortuna hanno vinto le famiglie.

Voglio citare altri due casi, sempre in tema di ridimensionamento Il primo caso, riguarda una scuola di Quartucciu, ci permette di capire anche il senso della ultima sentenza della Corte costituzionale, che ha parzialmente cassato, ne parlerà qualche collega dopo, la riforma Gelmini. Le famiglie, come voi sapete, nella scuola dell'autonomia, che viene calpestata dal decreto Gelmini, iscrivono in base a un piano formativo, che è dato dalla scuola dell'autonomia, quindi si sceglie la scuola. Questo è il potere che hanno le famiglie.

Entra in campo il decreto Gelmini. Che cosa succede? Che quelle famiglie che avevano scelto il tempo pieno, improvvisamente, per legge, si ritrovano con un'altra offerta formativa, anzi obbligate per esempio a non avere il tempo pieno. Cioè, io scelgo la scuola che ha certi requisiti, questi requisiti cambiano o vengono meno in corsa, senza che io possa fare niente, a meno che non ricorra ai tribunali, questa è la verità. Mi ritrovo pertanto una classe, è un esempio, con 28 alunni di cui uno con disabilità grave, cosa proibita, eppure già definita così.

Voglio ricordare il caso di Atzara di cui se ne sta parlando adesso. E' previsto un accorpamento selvaggio, io lo definisco così, delle prime tre classi elementari con, contemporaneamente, la reintroduzione del maestro unico. Ricordiamo che la scuola elementare italiana è considerata, anche a livello internazionale, una scuola di qualità e tale è anche quella sarda.

La riforma Gelmini ripristina la figura del maestro unico. Voi immaginate che ad Atzara ci sarà l'accorpamento in una pluriclasse di bambini di prima elementare con bambini di terza e un maestro unico. Non si capisce se questi bambini di prima elementare dovranno ascoltare le lezioni di aritmetica dei bambini di terza o viceversa i bambini di terza dovranno ascoltare lezioni che hanno già sentito due anni prima. Questo perché l'accorpamento una cosa veramente anticostituzionale, è andato di pari passo con la diminuzione degli insegnanti; e questi sono due casi che conosciamo.

Su questa questione, dobbiamo affiancare i dirigenti scolastici perché, l'abbiamo ricordato nella nostra mozione, e lo voglio ricordare ancora la circolare del Ministero dell'istruzione numero 38 del 2009 richiama i dirigenti scolastici al puntuale rispetto dei parametri del decreto Gelmini al fine di non incorrere in una responsabilità finanziaria diretta. E' la prima volta che viene formulato un simile "attacco", significa che vogliono legare le mani ai nostri dirigenti che magari intendono assumersi delle responsabilità, e su questo dobbiamo assolutamente intervenire perché non possiamo lasciare che questa decisione passi inosservata nella scuola sarda.

Occorre ricordare però, lo dico anche per l'Assessore, lo dico per tutti, che il Ministero a un rilievo della Corte dei Conti mosso in fase di registrazione del decreto Gelmini, ha risposto in maniera chiara che eccezioni sono possibili, cioè non è detto che bisogna adottare la figura del maestro unico, così come riconosce che la riforma non dev'essere applicata in maniera perentoria; ma d'altra parte questa è una incongruenza rispetto alla circolare del Ministero che, addirittura, chiama i dirigenti a rispondere in solido qualora non applichino la Gelmini-Tremonti, questo bisogna dirlo.

Concludo facendo altre due osservazioni su questo argomento. La prima è che alcuni Tar, per esempio il Tar della Puglia, ha emesso recentemente una sentenza nella quale ha riconosciuto alle famiglie che hanno fatto ricorso per i tagli il danno esistenziale; quindi ha previsto non solo il reintegro degli insegnanti, ma anche un risarcimento di 5000 euro per il danno esistenziale. E' stata riconosciuta quindi non solo l'illegittimità dei tagli ma anche il fatto che questa battaglia portata avanti dalle famiglie contro lo Stato ha creato stati di disagio. E' una battaglia che noi dovremo prendere ad esempio per quanto riguarda i nostri interventi che, chiaramente, dovranno essere solamente di protezione delle famiglie sarde, anche nell'ambito dei tribunali, ma soprattutto a livello legislativo, come noi possiamo fare benissimo.

L'altra osservazione riguarda l'azione della Giunta su questo problema; vorremmo sapere che cosa sta succedendo in questi mesi in cui c'è una battaglia dei sindacati, delle famiglie e dei docenti fortissima su tutto il territorio, qual è la vertenza che noi vogliamo aprire, in che modo vogliamo dire no questa riforma, è nostro il potere di determinare gli eventuali accorpamenti. Io ricordo che i colleghi della Commissione cultura hanno già prodotto un documento che chiedeva il ritiro della precedente delibera di Giunta (Presidente il dottor Mannoni) sul ridimensionamento delle autonomie scolastiche in Sardegna. Però ricordiamo che quella delibera è già esecutiva, ricordiamo che sono state tagliate 33 autonomie scolastiche e questa deliberazione di Giunta deriva da quello che è stato chiesto dalla riforma Gelmini. Ma su questo basta...

PRESIDENTE. Onorevole Espa, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

Ricordo ai consiglieri che intendono prendere la parola che devono iscriversi al banco della Presidenza non oltre la conclusione del primo intervento

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Io intervengo perché il settore scuola credo sia (non è la prima volta, ma oggi in modo particolare dato il momento difficile che attraversiamo) individuato come un settore sul quale si può intervenire a piene mani per fare delle economie, senza che ci si renda conto del danno che viene fatto alla scuola pubblica e le conseguenze che questo danno può avere nella nostra società; una società che ha già delle emergenze, dei disagi e delle difficoltà, se solo pensiamo alla dispersione scolastica che in questa Regione ha numeri elevati, numeri che preoccupano.

Io credo che il Governo sbagli quando interviene sulla scuola, settore nevralgico per la nostra società, con la scure dei tagli e degli accorpamenti provocando la perdita di opportunità di un lavoro qualificato e prezioso per la formazione dei nostri giovani. Si crea un disagio che poi ricade sulla pelle dei cittadini, quei cittadini che oggi sempre più vivono situazioni difficili anche nel mondo del lavoro e probabilmente nella scuola potrebbero trovare una risposta ai problemi delle famiglie. Sull'argomento che stiamo trattando nella mozione il Governo in modo particolare ha delle responsabilità, però ne ha anche la Regione.

Io alla Regione chiedo soprattutto di sostenere un accordo Stato-Regione per raggiungere l'autonomia scolastica. Non è pensabile che non venga data la possibilità di una piena autonomia scolastica soprattutto a una regione come la Sardegna, che dovrebbe rivendicarla e pretenderla, in uno Stato dove esistono realtà autonome quali le Province di Trento e di Bolzano e la Regione Valle d'Aosta, e oggi sta portando avanti con determinazione questa richiesta la Regione Friuli Venezia Giulia. Certamente non vi sono più i pericoli, che si temevano anni e anni addietro, per l'unità dello Stato.

Noi conosciamo e ricordiamo vicende passate; e cioè ricordiamo, quando da quest'Aula vennero elaborate proposte di legge sulla lingua e la cultura sarda (problematica richiamata d'attualità nell'intervento della presidente Lombardo in questi giorni sulla stampa), quale fu l'opposizione dura e incondizionata del Governo italiano contro questi progetti. Oggi credo che i tempi siano cambiati per cui noi dobbiamo riprendere con determinazione il progetto di rivendicare piena autonomia per la nostra scuola e per i nostri diversi livelli di insegnamento. Solo attraversa l'autonomia della scuola riusciremo infatti a predisporre un piano che prenda in considerazione la serie di emergenze che ora il collega Espa ha illustrato, e molte altre.

Va predisposto - e questo non è un aspetto secondario - un serio piano di edilizia scolastica che ha un peso determinante anche nella risoluzione dei problemi testé prospettati. L'edilizia scolastica favorisce le iscrizioni ed evita quella dispersione che, abbiamo detto prima, ha in Sardegna numeri drammatici; dà prestigio all'istituzione scuola che deve essere considerata e rispettata come una delle istituzioni portanti della nostra società. Un'istituzione fondamentale alla quale va dedicata grande attenzione.

La scuola non è solo il luogo dove i ragazzi vanno per imparare a leggere, scrivere e far di conto; oggi il ruolo della scuola è un ruolo troppo importante, dato il momento che viviamo, per cui l'istituzione scuola va privilegiata anche rispetto ad altre scelte che possono essere fatte nel nostro territorio. In un territorio fortemente colpito dal problema occupazionale sul quale abbiamo discusso ieri e oggi, la scuola rappresenta pertanto un tassello fondamentale.

Non è pensabile, di conseguenza, che tante scuole ancora oggi siano ubicate in edifici non realizzati con quella destinazione. Porto l'esempio di alcune scuole della città di Alghero, che non penso comunque (chissà quanti altri esempi si potrebbero fare) sia l'unica città disastrata per quanto riguarda l'edilizia scolastica in Sardegna. . L'Istituto alberghiero, uno dei vanti dell'insegnamento in Sardegna, è ubicato fin dalla sua origine nell'ex albergo Esit di Alghero, posizionato, devo dire, in un luogo magnifico, ma sicuramente inadeguato, inidoneo e comunque fuori (cucine ubicate in un ex locale notturno) da qualsiasi regola e parametro previsto dalle normative in materia.

Il liceo classico ha realizzato da diversi anni le scale antincendio ma, percorse queste, non ha l'uscita di sicurezza sulla strada; l'istituto tecnico è privo di palestra che rappresenta un elemento fondamentale, essenziale, per dare l'idoneità a un edificio scolastico perchè gli spazi per l'attività motoria e ricreativa ne costituiscono parte fondamentale. Potrei continuare citando l'auditorium crollato e non costruito, o il primo circolo didattico in cui spazi all'aperto sono stati utilizzati per una delle più becere speculazioni edilizie della città di Alghero o le scuole materne ubicate in magazzini destinati ad attività commerciali.

Il contenuto della mozione credo faccia chiarezza sulle problematiche di cui abbiamo detto; però ribadisco che non si può tollerare il taglio delle classi determinato dall'accorpamento delle stesse e che ha portato il tetto massimo degli alunni previsto a un livello che rende le classi, di fatto, ingovernabili. Vi invito a rendervi conto della vita difficile che gli insegnanti hanno all'interno di classi dove spesso ci sono portatori di handicap, che però vengono assistiti, ma anche ragazzi difficili; penso al quartiere di Latte Dolce a Sassari, immagino il quartiere di Sant'Elia a Cagliari, il quartiere della Pietraia ad Alghero dove diventa difficile governare ragazzi, straordinari, per effetto di un numero elevato di studenti per classe. Questo crea problemi agli insegnanti nell'attività didattica che è resa sempre più difficile anche dal fatto che devono sostituirsi nei ruoli dei genitori, spesso assenti per diversi motivi.

Concludo dicendo, come ha già sottolineato il collega Espa, che bisogna fare una seria riflessione ma, soprattutto, rigettare le disposizioni dai toni gravemente perentori, io direi intimidatori, contenute nel decreto ministeriale. Disposizioni nelle quali si richiama la responsabilità dei dirigenti scolastici avvisandoli che se si permettono delle liceità ne pagheranno il conto.

Ora, poiché i dirigenti scolastici vivono sulla propria pelle le situazioni difficili dei loro istituti, dovrebbero assumersi anche la responsabilità di andare in qualche modo contro corrente rispetto alle disposizioni ministeriali, però di fronte alla prospettiva di cui sopra io sfido chiunque si trovi in una condizione difficile come il dirigente scolastico a prendere provvedimenti di questo genere. Si è arrivati all'assurdo di dire che le classi si formano non in base al numero degli iscritti previsti, ma in base agli scrutini fatti nell'anno precedente! Questa è una vergogna, un'assurdità!

Su questi temi io credo che il discorso dovrà essere sviluppato in altre occasioni che sicuramente non mancheranno.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, un sociologo francese molto conosciuto, si chiama Edgar Morin, sostiene che nelle nostre aule manca la passione, non c'è anima, c'è un sapere frammentato che uccide ogni curiosità. Questa è una realtà annunciata già da qualche anno, aggravata ora dall'attuale decreto Gelmini da applicare a tutte le istituzioni scolastiche senza tenere conto della diversità delle realtà locali.

Troviamo a dir poco assurde e ingiustificate le disposizioni sui continui tagli del Governo alla scuola pubblica, soprattutto per le conseguenze che questi comportano nella società sarda. Questo perché tali disposizioni aggravano la situazione delle storie locali e generano gravi ripercussioni nel tessuto sociale.

Il Ministero impone alle Regioni massicci tagli al numero delle istituzioni scolastiche prevedendo l'attivazione dei trasporti, l'adeguamento delle strutture edilizie e la realizzazione di servizi di rete. Ma come è possibile applicare una tale disposizione nella nostra isola? In Sardegna questo genererebbe non solo la morte dei siti scolastici delle piccole realtà periferiche, ma contribuirebbe anche a uno spopolamento fisiologico delle zone interne, nonché all'aggravamento delle già difficili situazioni occupazionali e dei numerosi disagi della mobilità per gli studenti: si pensi ai problemi dei trasporti locali, ai disagi dei pendolari, con peggiore conseguenza per quelli con disabilità.

In questo modo si nega soprattutto la tutela dell'imprescindibile diritto allo studio di tutti i giovani per i quali l'obbligo formativo viene meno perché messi in condizioni tali da non poter frequentare la scuola e non solo... vedo che l'Assessore è molto attento, comunque, "cultura obbliga" come direbbe Rousseau.... Si verificherebbe dunque, come già in parte è accaduto in questo caso, una grave dispersione scolastica perchè la difficoltà, se non proprio l'impossibilità, di raggiungere le poche strutture scolastiche cittadine comporterebbe la rinuncia alla formazione.

Il caso degli studenti disabili presenta un ritorno alle discriminazioni e anche la negazione, per la riduzione del personale pedagogico specializzato, dell'esercizio del legittimo diritto allo studio prima e del conquistato rapporto uno a uno (l'Assessore spiegherebbe sicuramente questo rapporto uno a uno) che definisce una più idonea assistenza nell'apprendimento e nell'istruzione per gli studenti con gravi difficoltà di integrazione. Già abbiamo assistito all'eliminazione di tale assistenza con l'abolizione degli insegnanti di sostegno per i bambini con disturbi specifici di apprendimento. Dove finirebbero le energie dunque spese da tutti coloro che si sono battuti per conquistare tali diritti?

Ancora una volta non si dà la giusta importanza al rischio a cui andiamo incontro nel rinunciare alle numerose risorse che una società più acculturata produrrebbe. Si ritorna indietro nel tempo, negando tutte quelle rivendicazioni che negli anni sono state conquistate per la tutela del posto di lavoro degli insegnanti e di tutte le altre figure scolastiche che rendono la scuola attiva e funzionale, il personale tecnico amministrativo e ausiliario, per esempio, ormai destinato al precariato anche esso.

Si va verso un ridimensionamento della struttura scolastica al che consegue l'accorpamento dei plessi cittadini e la chiusura e la morte di altri, vedi quelli periferici alle città e quelli dei piccoli centri di provincia. Assisteremo dunque alla formazione delle classi sovrappopolate in cui garantire l'offerta formativa e il metodo e l'educazione potrebbe essere veramente difficile.

Nel frattempo però cresce la richiesta alle scuole private che vengono sempre più assistite finanziariamente dallo Stato a discapito ancora una volta del pubblico. Per quale obiettivo? Il risultato è forse quello di giungere a una società con un'istruzione di élite? O, peggio ancora, nell'assenza di una tutela del diritto allo studio e alla formazione, siamo disposti a rinunciare a una società colta per sfornare una popolazione telecomandata, ignorante e immotivata perché abbiamo dimenticato che a scuola si va per imparare, per fare educazione e formarsi? Non possiamo dimenticare che a scuola si va anche per imparare a vivere,come professava secoli fa Jean Jacques Rousseau; essa deve formare l'uomo affinchè abbia un ruolo attivo e giusto nella società e invece, così proseguendo, la prospettiva dei nostri piccoli uomini è oggi quella della disoccupazione e della depressione: dalla crisi nella crisi, parafrasando ancora Morin.

Mi chiedo che senso abbiano queste proposte governative in un Paese civile e in cui il diritto allo studio, quanto quello alla salute e al lavoro, è sancito dalla Costituzione e deve restare perciò inviolato e inviolabile. Come possiamo ritornare alla passione del sapere e alla sua trasmissione se l'insegnamento continua ad essere osteggiato e l'istruzione usurpata.

Siamo distanti anni luce dal pensiero che l'insegnamento sia una missione. Ai tagli alla scuola pubblica consegue una grave ricaduta anche sulla qualità didattica delle lezioni e si abbassa dunque il livello culturale; così facendo ci dimentichiamo che il benessere economico e sociale di un Paese passa attraverso l'istruzione e il sapere. Non si è più disposti a investire sulla scuola perché non si comprende che questa costituisce risorse e produce i beni più preziosi. Ma forse questo importante investimento a lungo termine non si vuole affrontare e sarebbe utile scoprirne il perché.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, Assessori e onorevoli colleghi, anche su questa mozione più che altro faccio una riflessione perchè non voglio ripercorrere i dati già elencati dall'onorevole Espa che ci danno il quadro preoccupante degli aspetti più diretti determinati dall'attuazione del dispositivo ministeriale.

In proposito cito il dato, peraltro sottolineato anche dagli altri colleghi intervenuti, dei 2200 posti a rischio tra personale docente e ATA; dato che, in termini economici, credo possa essere quantificato in oltre 30 milioni di euro di un mancato trasferimento nell'economia regionale.

L'altra elemento che mi preoccupa (il riferimento è anche alla mozione precedentemente discussa), è il fatto che tra queste 2200 persone a rischio molte avranno a carico una famiglia, per cui potrebbero implementare quel dato del 22 per cento, citato stamattina di famiglie che in Sardegna già vivono sotto la soglia di povertà.

Un nuovo regolamento, appunto, dal Ministro, questo nuovo regolamento interessa un altro aspetto, forse poco rappresentativo ma che per la Sardegna è importante; mi riferisco al danno che consegue dal non uso del patrimonio edilizio scolastico. Il non uso di questi ambienti spesso porta i comuni a chiedere alla Regione ulteriori risorse per mantenere questo patrimonio efficiente magari trasformandolo, destinandolo ad altri usi oppure mantenendolo integro nella speranza che possa essere riusato se vi saranno nuovi alunni. Risorse economiche che si utilizzano "nella speranza", ma che non hanno un ritorno immediato.

A questa marginalità si aggiungono gli altri aspetti di cui hanno parlato i colleghi. Io in primo luogo vorrei sottolineare come, ne abbiamo parlato questi giorni, ne stiamo parlando, ancora una volta venga mortificata l'autonomia regionale, che credo possa essere l'unica titolata a proporre al Ministero il ridimensionamento scolastico su un territorio proprio conoscendone appieno le problematicità e le implicanze.

Quindi la soppressione indiscriminata di sedi scolastiche non fa altro che accentuare una volta di più l'assenza dello Stato, tema questo peraltro dibattuto più volte; in particolare questa grave scelta purtroppo ricadrebbe su quei comuni che hanno già visto la soppressione o il ridimensionamento della presenza dello Stato, per esempio con la chiusura della stazione dei carabinieri o delle Poste. Una comunità senza la scuola, nel ventunesimo secolo, perde la sua identità e la si riconduce a borgo senz'anima; spero non si torni alla fase medioevale che ha visto appunto la crescita dei comuni più forti nei riguardi di quelli più deboli che soccombevano. Abbiamo tutti la stessa dignità, tutti i centri della Sardegna hanno la stessa dignità.

La grande contraddizione poi sta nel fatto che tutti in quest'ultimo periodo, lo stesso presidente Obama, parlano con grandi titoli sui giornali della necessità di investire nella scuola come obiettivo primario del nuovo sviluppo; noi invece non facciamo altro che scaricare su un'ampia parte dei comuni sardi ulteriore povertà economica, spopolamento e, perché no, anche povertà intellettuale.

Come dicevo, non riprenderò i dati che l'onorevole Espa ha esposto con dovizia di particolari perché il mio intervento vuole essere una brevissima riflessione ad alta voce. Ci riempiamo spesso la bocca di identità e specificità sarda, a questa ricchezza però non fanno seguito azioni concrete che le rafforzino e le trasmettano ai posteri perché questo patrimonio non venga perso od omologato. La scuola, almeno quella primaria, dev'essere salvaguardata in tutti i centri abitati della Sardegna perché tramite l'istruzione devono essere veicolati e rafforzati appunto gli embrioni culturali dell'isola.

Io sono del parere che uno Stato solidale su alcuni bisogni ed in particolare sull'istruzione non può ragionare in termini di bilanci. Il valore formativo di un alunno di Setzu, tanto per fare un esempio, il comune più piccolo, che non viene estrapolato dalla propria comunità credo sia difficile da quantificare, e il costo per la sua formazione non vale il risparmio monetario che oggi il Governo persegue. L'accorpamento delle classi, e quindi degli alunni, è una mera operazione economico-finanziaria che noi dobbiamo rigettare perché far crescere i propri ragazzi nel proprio ambito non fa che rafforzare come detto la cultura e l'identità del popolo sardo, sradicando i nostri bimbi e i ragazzi dal loro ambito arrechiamo un grosso danno in primo luogo alla loro formazione di base e alla loro sicurezza personale.

La mobilità deve essere degli insegnanti e non dei ragazzi anche perché le classi composte da pochi alunni costituiscono una ulteriore ricchezza per gli alunni stessi, e quindi va bandito il tentativo consequenziale dell'accorpamento delle pluriclassi nelle quali si raddoppia spesso la presenza di portatori di handicap; questo comporta ulteriori, gravi danni per quegli alunni già penalizzati dalla vita che avrebbero il diritto a un'attenzione particolare da parte di tutti noi..

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, l'argomento della scuola pubblica in Sardegna e della sua organizzazione, che abbiamo voluto portare all'attenzione di questo Consiglio, non è certamente diventato di attualità in quest'ultimo periodo ma riguarda e ha riguardato in questi ultimi decenni l'intero territorio regionale.

I dati che ha illustrato il collega Espa dimostrano oggi che la situazione si è notevolmente aggravata; in molti territori della nostra Isola è a rischio il diritto fondamentale garantito dalla nostra Costituzione dell'istruzione pubblica, l'aumento del numero degli studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura delle scuole sta avendo effetti devastanti in molti territori dove l'istituzione scolastica dopo la chiusura delle preture, delle caserme dei carabinieri, degli uffici postali e delle banche, è diventata ormai l'unica presenza dello Stato.

Gli accorpamenti scolastici non possono essere il risultato di un puro e semplice calcolo numerico, la situazione geografica, l'orografia del nostro territorio richiedono a mio avviso valutazioni diverse. Il collega Espa citava esempi drammatici della situazione della scuola pubblica nei nostri piccoli comuni. Potrei citare tantissimi casi, ma voglio citare il caso del comune di Aidomaggiore, un comune dell'alto oristanese di 480 abitanti, dove esiste nella scuola elementare un'unica pluriclasse, dalla prima elementare sino alla quinta con un unico insegnante, altro che maestro unico per classe! Qui stiamo parlando di un insegnante unico per le cinque classi elementari! Lascio a voi il giudizio su quello che può essere il risultato formativo di un bambino che finisce la scuola elementare dopo aver condiviso le cinque ore giornaliere con i bambini della prima, della seconda, della terza, della quarta elementare.

Tra l'altro è una situazione che si è aggravata perché sino al 30 giugno di quest'anno, quando è terminato l'anno scolastico 2008 2009, gli insegnanti addetti a quella pluriclasse, sempre dalla prima alla quinta, erano due, oggi ne rimane uno solo. Stiamo parlando della chiusura di scuole di primo grado, di secondo grado, in territori dove, al contrario degli esempi citati dal collega Sechi, per quanto riguarda l'edilizia scolastica nelle grandi città, anche il più piccolo comune della nostra Sardegna, forse in tempi diversi quando i soldi e le risorse finanziarie erano diverse, si era dotato di istituti di scuola materna, scuola elementare e scuola media. Quindi abbiamo costruito dei locali che oggi sono completamente vuoti ed inutilizzati.

Il venir meno del diritto all'istruzione rischia di essere il colpo mortale e definitivo per le zone interne della Sardegna, già colpite dal degrado economico e da uno spopolamento che giorno dopo giorno si aggrava sempre di più. Ieri è stata, anche a mio avviso, una giornata importante per il futuro della Sardegna ma sono ancor più convinto che senza cultura, senza istruzione, non ci possa essere futuro per le nuove generazioni.

A questi problemi degli accorpamenti si aggiungono poi i problemi occupazionali del personale impiegato dalla scuola. Noi abbiamo avuto in Commissione pubblica istruzione alcune audizioni: il direttore generale Pietrella, i sindacati di categoria; devo dire che i dati e le possibilità future indicati dalla Direzione regionale scolastica e dai sindacati in Commissione sono stati diametralmente opposti. Certamente il numero dei pensionamenti non corrisponde ad altrettante immissioni in ruolo, anzi, più di 1000 precari storici della Sardegna rischiano di restare esclusi anche dagli incarichi annuali che sino ad oggi avevano garantiti. A questi occorre aggiungere altri 1000-1200 lavoratori del personale ATA che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro.

Io non voglio rivolgere critiche a chi svolge il ruolo istituzionale nella nostra Isola, però credo di poter dire, dai risultati che stiamo ottenendo, che la Direzione regionale scolastica opera più in termini economici che non in termini di organizzazione di una scuola che sia tale. Allora mi chiedo, chiedo a questo Consiglio che cosa fare, soprattutto che cosa questo Consiglio può fare, che cosa la Giunta regionale può fare.

Lo accennava il collega Espa nella chiusura dell'illustrazione della mozione e anche io credo che sia indispensabile aprire, quanto prima, una forte e convinta vertenza con lo Stato centrale affinché tutti i cittadini sardi, tutti i territori, siano messi nelle stesse condizioni per poter usufruire di una scuola seria, capace di dare una formazione uguale a tutti senza discriminazione di nessun tipo e, inoltre, impedendo la chiusura delle scuole e individuando criteri precisi, si riconosca il carattere speciale dei territori marginali della nostra territorio Isola.

Come Regione a Statuto speciale dovremmo metterci in condizione di poter operare in deroga ai criteri nazionali, dotandoci di norme, come hanno fatto altre regioni italiane, che prevedano l'istituzione anche di ambiti territoriali omogenei che si dotino di piani di razionalizzazione che, garantendo almeno la presenza di un ordine di scuola pubblica in ogni comune, diano vita a un piano di trasporti di ambito che riduca i tempi di percorrenza da un comune all'altro. Questa progettazione necessariamente comporterebbe un aumento di risorse che dovrebbero essere a carico dello Stato; se ciò non fosse possibile ritengo che come Regione Sardegna, in considerazione del fatto che la cultura e l'istruzione sono il primo investimento necessario, dovremmo fare la nostra parte anche dal punto di vista finanziario.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, se i colleghi lo consentono vorrei fare un po' di storia. Correva il 1º febbraio mi pare del 2008, il Ministero della pubblica istruzione pubblicava la circolare sugli organici della Sardegna e il saldo era il seguente: 540 posti in meno nell'organico di diritto e 360 precari in meno, totale 941 posti di lavoro nella scuola di primo e secondo grado tra precari e personale di ruolo. I dati e i tagli erano determinati dall'articolo 2, comma 412 della finanziaria nazionale. Il Presidente del Consiglio era Romano Prodi.

Allora, il problema centrale che noi dobbiamo dirci e affrontare quando discutiamo seriamente, seppure in pochi, ma sono convinto che col tempo si capirà che quando si sprecano queste occasioni si spreca uno dei pochi luoghi in cui ancora si può fare politica (anche le Assemblee legislative stanno assumendo sempre più questa degenerazione celebrativa anziché operativa del loro ruolo) ed è opportuno intervenire perché sono le sedi in cui poi maturano realmente le decisioni, è se ci accorgiamo che lo Stato viaggia ormai con interessi contrastanti rispetto a quelli della Sardegna, se ce ne accorgiamo in maniera intermittente a seconda del Governo che abbiamo.

Quando si parla dei tagli alla spesa pubblica per l'istruzione, dobbiamo ricordarci che dal 1990 al 2006 la spesa pubblica nell'istruzione è passata dal 10,3 per cento all'8,6, e si sono succeduti Governi di tutti i colori, di tutti i colori! Quando noi guardiamo al Governo italiano, in tutte le sue articolazioni politiche, vediamo che l'epicentro dell'idea che i diritti si pagano col gettito fiscale maturato nelle Regioni, ma che lo Stato si riserva la facoltà di dire alle Regioni quanto possono spendere, deriva dall'ideologia del denaro pubblico maturata nella Banca d'Italia e poi mutuata da tutti i partiti per debolezza culturale.

Quando noi iniziamo ad accettare un'impostazione di questo tipo non possiamo, se mi permettono i colleghi del centrosinistra, costruire una mozione sull'ultima politica nazionale utile, no! Perché allora torniamo al discorso di stamattina, cioè che l'unità che si richiede ai sardi è vertenziale (quando c'è una vertenza tutti insieme, a seconda del Governo) e non è mai un'unità politica che ragiona sugli elementi strutturali della politica italiana.

Allora, fare un discorso sulla scuola in Sardegna , ritorno a dirvi, è un discorso sui poteri non sul merito, prima del merito c'è la rivendicazione di decidere noi, prima c'è un discorso politico fondante, costituzionale, perchè o noi siamo convinti che si dice all'Italia che deve diventare una realtà confederale, non federale, confederale, oppure tutti questi discorsi sono sempre discorsi questuanti, sempre!

C'è un altro elemento che forse è nella nostra attenzione, e cioè quanto abbiamo ragionato sulla nostra responsabilità, cioè sulla possibilità che avevamo di intervenire nella scuola? Vi faccio un po' di conti. La Regione Sardegna nella scorsa legislatura ha stanziato per il museo Betile, una cosa straordinariamente inutile…

(Interruzione)

No, brutta no, era bella, però inutile.

(Interruzione del consigliere Ben Amara)

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Sì, sì, non vi è dubbio, e infatti l'ha messo sopra una fogna, che non riesce a spostare.

Allora, il museo Betile impegnava 20 milioni e mezzo di euro sulla delibera CIPE numero 35 del 2005, siccome non sono stati contrattualizzati al 31 dicembre 2008, questi 20 milioni, che figurano ancora nel bilancio, sono persi. Poi avevamo impegnato 5 milioni, sempre su Betile, sulla delibera numero 3 del 2006, che abbiamo ancora nella disponibilità al 30 giugno del 2010. Ma Betile è previsto anche nel POR 2007-2013, nell'asse 4, come progetto speciale, e Betile è anche dentro le opere per il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, per chi lo vuole festeggiare (noi non ci saremo, ovviamente, probabilmente faremo una messa in quella data); ma anche quei fondi non li potremo utilizzare perché si devono utilizzare a 20 mesi dall'apertura del cantiere e noi non abbiamo neanche la progettazione esecutiva.

Allora, perché questo riepilogo? Per dirvi che c'è una valanga di risorse che noi abbiamo deciso di non "mettere a correre" sul nostro sistema dell'istruzione. Voi mi potreste dire "va bene, tu fai il tuo solito discorso sui poteri", ma io provo a ragionare da autonomisti come siete voi; secondo me perdete tempo però proviamo a ragionare da autonomisti. La Corte costituzionale, con la sentenza numero 13 del 2004, ha detto con chiarezza che spetta alle Regioni la distribuzione del personale docente tra le istituzioni scolastiche autonome, purché le Regioni si siano dotate di una disciplina e di un apparato istituzionale idoneo.

Io ho ripetuto, nel corso della precedente legislatura, a tutti e quattro i "martiri" della pubblica istruzione che sono stati nominati in Giunta, che era assolutamente indispensabile dotarci di una "normina" che ci consentisse di dire al Governo centrale: visto che le paghi tu le cattedre, mi dai il numero ma io le distribuisco nei paesi. Da due su quattro non venni ascoltato perché c'era il divieto a parlare con me, da una venni trattato come se fossi un ignorante.

Ora, il dato strutturale è che noi abbiamo, in quest'anno e nell'anno prossimo, una valanga di docenti di ruolo che viaggeranno perché le cattedre non le abbiamo stabilite noi. E allora, primo elemento da autonomista, almeno prendiamoci i poteri che già la Corte costituzionale ci dice che abbiamo, prendiamoci quelli! Noi abbiamo presentato un emendamento al collegato in questo senso, io spero che voi lo votiate; lo firmiamo tutti insieme, prendiamoci questo spicchietto, questa concessione, almeno, e cioè fatto salvo il numero, distribuiamo noi.

Seconda questione, il precariato. Il precariato non lo risolviamo ovviamente assumendo i precari sul bilancio regionale - non lo possiamo fare perché non reggiamo - però c'è un problema che incide sulla riflessione da autonomisti e non da statisti fatta nella scorsa legislatura, e cioè che quando noi trattammo sulle entrate, noi trattammo da soli, senza parlare della scuola; oggi, con quella compartecipazione, ci caricano la scuola: i costi della scuola sono pari a 3 miliardi, siamo sotto di un miliardo e mezzo.

Allora, torno a dire, sui precari possiamo metterci una pezza; anziché buttare i soldi della dispersione scolastica come li abbiamo buttati, li utilizziamo in riferimento alle graduatorie dei precari. Noi abbiamo presentato un emendamento in questo senso; io su quel tema vorrei vedere quale sarà la vostra posizione per cpire se anche quello riusciamo a firmarlo tutti insieme.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.).. Presidente, Assessore, colleghi, la drammatica situazione determinata dal regolamento Gelmini per il prossimo anno scolastico impone a noi tutti riflessioni approfondite sul tipo di sistema scolastico che si sta delineando, e ci obbliga a un impegno forte e concreto per tentare di porvi rimedio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CUCCA

(Segue COCCO PIETRO.) Il consigliere Espa ha illustrato ampiamente il senso della mozione che sottolinea gli effetti devastanti del regolamento Gelmini sul diritto all'istruzione, che dev'essere garantito in egual misura ad ogni cittadino. I 2200 posti di lavoro a rischio tra personale docente e ATA, il ridimensionamento delle reti scolastiche sul territorio, l'accorpamento delle classi con la chiusura di alcune scuole, la riduzione del tempo pieno, determineranno senza dubbio un deterioramento della qualità della scuola. Da sindaco ho già vissuto la situazione in una frazione del mio Comune tempo fa, e certamente farò il possibile per impedire che simili provvedimenti passino, perché minerebbero in profondità le radici della formazione in gran parte delle comunità della nostra isola.

Il nuovo schema di regolamento sull'assetto organizzativo per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione prevede, tra le altre cose, il "tempo scuola" garantito solo per 27 ore settimanali, cominciando dalle prime, il tempo pieno confermato solo dove già esiste, ovvero per una quota pari al12 per cento in Sardegna mentre nel nord Italia è all'80 per cento, poi ovviamente l'incremento dei frequentanti, ovvero degli alunni, per ogni classe.

Per la nostra isola è un altro duro colpo che conferma, se ce ne fosse bisogno, e qua concordo con quanto sostenuto stamattina dall'onorevole Maninchedda sui rapporti che si stanno sempre più definendo in Italia per la Sardegna, la discriminazione riservata alla nostra Isola in un'Italia sempre più "nord-centrica"; e io credo che qui non si tratti, onorevole Maninchedda, di attaccare una legge fatta da un Governo di centrodestra e di difendere altre leggi nel caso fatte dal centrosinistra, quando anche queste leggi fatte dal centrosinistra non siano difendibili. Credo sia interesse di tutti discutere invece della qualità dell'istruzione nella nostra isola, noi a questo siamo chiamati ed è a questo che la Giunta regionale deve dare risposte ed è su questo che noi tutti dobbiamo concentrare la nostra attenzione.

Io dico, e certamente sarò in grado di dimostrarlo, che se la legge viene fatta da un Governo di centrosinistra e non è difendibile, questa non si può fare, così come questa legge Gelmini discriminatoria per la nostra Isola non può essere difesa nonostante sia fatta da un Governo di centrodestra e la Giunta regionale sia di centrodestra.

La qualità dell'istruzione per tanti giovani sarà compromessa, e questo non è accettabile. Occorre pertanto che la Giunta regionale sia impegnata nel difendere il sistema scolastico isolano, sia impegnata nel garantire il lavoro a coloro che rischiano di perderlo, sia impegnata nel garantire ai precari la possibilità di essere stabilizzati. Non è una battaglia di poco conto, non è una battaglia di retroguardia: la questione dell'istruzione non può essere ridotta ad una semplice operazione di calcolo.

Sul risparmio per fare quadrare i conti, lo Stato, la Regione hanno il dovere di garantire ai cittadini pari dignità, hanno il dovere di garantire a noi tutti il diritto all'istruzione, in modo uguale, per ognuno, diritto che va oltre il disagio creato agli alunni e alle loro famiglie. Si mette in moto infatti un meccanismo di smantellamento della base sociale e culturale dei nuclei abitativi della nostra Isola, e noi dobbiamo impedirlo, noi tutti dobbiamo impedirlo. Abbiamo il dovere di impegnarci a fondo per evitare questo smantellamento.

Ancora più grave, e oltre modo discriminatorio, appare il rischio per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in tutta la Sardegna, che avrebbero oggettive difficoltà di spostamento in comuni diversi da quelli di residenza, per il prevalere della logica delle economie, attraverso la soppressione di altre autonomie e con la fornitura di servizi sottodimensionati. Si era discusso di una possibile apertura verso le classi frequentate da alunni con disabilità, un tema troppo importante perché non finisse sotto i riflettori. Il Governo avrebbe qualche tempo fa apparentemente derogato per quelle classi, ma in realtà si tratta di un giudizio e una valutazione lasciati nelle mani delle amministrazioni scolastiche, che possono operare delle modifiche attraverso un parere insindacabile anche da parte della Magistratura.

Questo è accaduto, accadrà ancora, nel senso che le amministrazioni scolastiche potranno decidere per conto loro. In apparenza potrebbe sembrare una conquista: le autonomie scolastiche possono derogare alla legge, in realtà accadrà che le economie e la necessità di fare quadrare i conti imporranno ai dirigenti scolastici di ridurre il numero delle classi, di aumentare il numero dei frequentanti, e questo è discriminatorio, soprattutto per coloro che hanno disabilità, persone per le quali non saranno certamente i dirigenti scolastici a prendersi la briga di fare interventi di questo tipo.

E certamente noi non possiamo accettare che sia così la legge, che sia una delega lasciata nelle mani di Pietrella in Sardegna, per quanto riguarda tutto il resto, non per Pietrella, ma per un dirigente qualsiasi, si può chiamare come si vuole, o addirittura per le autonomie dei paesi o dei comuni che hanno la necessità di fare quadrare i conti di fare bella figura con coloro i quali dovranno dare un giudizio su di loro. Il giudizio deve essere dato sugli alunni, che devono essere messi in condizione di avere pari dignità di istruzione, e soprattutto coloro che hanno disabilità devono essere messi in condizione di frequentare senza lesioni dei loro diritti. Credo sia opportuno, signora Assessore, un impegno serio e concreto per evitare che la Sardegna sia ancora una volta vittima di leggi e provvedimenti che io ritengo inaccettabili.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Presidente, io credo che stia emergendo da questi ultimi interventi come, rispetto ai partiti che formano la coalizione di centrodestra e di centrosinistra, ci sia un partito di sindaci e di amministratori locali che esprimono un'opinione un po' diversa anche rispetto alle dinamiche presenti in questa mozione. Continuiamo a leggere un bollettino di guerra, è inutile pertanto ripetere le cose dette precedentemente dai colleghi sicuramente meglio di come farei io.

Aggiungo al contenuto della mozione un piccolo inciso che non deve sfuggire, perché secondo me è importante. L'inciso riguarda non le scuole primarie o secondarie, ma l'Università, in particolar modo la facoltà di veterinaria dell'Università di Sassari, che, come sapete, è l'unica che esiste in Sardegna.

Come sapete l'ultimo decreto Gelmini ha stabilito un livello minimo di immatricolazioni, per cui tutte le facoltà che hanno meno di trenta immatricolazioni nell'anno accademico potrebbero arrivare ad una chiusura. Quindi credo,(e a questo intervento seguirà la presentazione di un'interpellanza) che dovremo fare di tutto per porre rimedio a questo ennesimo scippo nei confronti della nostra Regione e impegnare l'Assessore e la Giunta in tal senso.

Il decreto parla oltretutto in maniera generica di proporzionare le immatricolazioni su tutto il territorio, però chiaramente le aree geografiche che hanno più peso politico riescono a mantenere il numero precedente, mentre all'Università di Sassari questo non è concesso.

Presidente, potrei anche e chiudere il mio intervento, visto che non c'è molto interesse a sentire le cose che si stanno dicendo, che probabilmente non sono importanti e a poco possono servire.

Sono d'accordo con l'onorevole Maninchedda quando parla di riflessione, e delle riflessioni da autonomisti e non da statisti che ci sono state anche nell'ultimo quinquennio. Io spero che davvero queste riflessioni possano tradursi in atti concreti nei mesi a venire. Dico questo perché comunque è vero che… Io non voglio interrompere come ha fatto l'amico Massimo Mulas che era emozionato, sono emozionato anch'io, ma non interrompo per questo…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, vi chiedo di non disturbare l'oratore. Onorevole Cocco, prosegua.

COCCO DANIELE (I.d.V.). E' verissimo che fu la finanziaria di Prodi a cominciare a tagliare i cosiddetti rami secchi, che poi secchi non erano, ed è verissimo anche che chi amministra i piccoli comuni e le periferie non ha sicuramente colore politico quando svolge questo ruolo; una dimostrazione di quanto dico fu la formazione di un comitato di sindaci, soprattutto nella Provincia di Sassari e nei territori già disastrati di quella Provincia, proprio per chiedere conto di questa pseudo-razionalizzazione.

Quindi, già da allora ci furono dei movimenti anche forti di protesta contro certi provvedimenti, movimenti che hanno proseguito tenendo alta la guardia, che probabilmente oggi non serve più. Il collega Solinas parlava di Aidomaggiore, un centro dell'Oristanese con meno di 500 abitanti, io mi riferisco a tutti quei paesi sotto i 3.000 abitanti della Provincia di Sassari; ognuno, come si dice, piange i propri morti. Credo che la Provincia di Sassari, rispetto ad altre zone, in questo momento sia quella che probabilmente ne piange di più, per le situazioni che abbiamo esaminato anche in questi giorni.

In quel territorio veramente viene effettuato un taglio radicale violentissimo, con un impatto sociale devastante, perché diversi comuni devono chiudono completamente le scuole di ogni ordine e grado, costringendo i ragazzi a viaggiare; e conoscendo il sistema dei trasporti e dei collegamenti, che proprio non esiste, stiamo penalizzando ulteriormente dei territori che già stanno molto male., Se si chiudono anche gli ultimi presidi, noi li stiamo definendo così, dopo la chiusura delle caserme, delle poste e delle banche, manca solo che chiudano le parrocchie per costringere i piccoli comuni a consegnare le chiavi e chiudere definitivamente.

Io credo che davvero le scuole siano gli ultimi presidi che con tutte le nostre forze dovremmo cercare di salvaguardare; così come credo che la Regione Sardegna, comunque, abbia competenza nella distribuzione, delle scuole nel territorio, quindi possa fare molto nell'ambito di questa riorganizzazione anche perché la specificità della Sardegna nasce soprattutto da problemi di tipo geografico.

Quindi credo che sulle scuole si debba fare assolutamente un discorso di questo genere e cercare di costruire percorsi alternativi, ed è indifferibile farlo subito, perché purtroppo la cosiddetta razionalizzazione inizierà da subito, e i problemi li avremo dall'inizio del prossimo anno scolastico. Io ritengo, comunque, che il direttore scolastico regionale, il dottor Pietrella, non possa assolutamente fare questioni di bilancio, perché nelle scuole, come in sanità, è stato già detto, non si possono fare discorsi aziendalistici.

In questi giorni abbiamo parlato tanto di autonomia, di popolo sardo, di dignità, di solidarietà, credo che queste parole, che hanno anche un grande significato, ormai non servano più a nessuno, se non riusciremo a riempirle di contenuti. Quella famosa, famigerata unità che si è chiesta credo che debba tradursi, da subito, in atti e in progetti concreti.

Anch'io sono d'accordo con chi ha voluto una riunione degli "Stati generali", così li definisco, dei rappresentanti delle emergenze della Sardegna, perché è stata un'occasione importante, pur con i distinguo e qualche pregiudizio ideologico di parte che pure c'è stato; perché bisogna ripartire con i fatti. Per ripartire con ei fatti, però, non si può continuare a dire: " cinque anni fa c'eravate voi, quattro anni fa c'eravate voi". In questo Consiglio ci sono persone che non c'erano né cinque anni fa e neanche quattro mesi fa, quindi, se vogliamo ripartire dobbiamo farlo a prescindere dalle barricate di tipo ideologico.

Io dico oggi, forse domani non lo dirò più, senza nessuna retorica, che noi siamo dei privilegiati, e da privilegiati abbiamo l'obbligo e il dovere di dare risposte anche con questa mozione. Io concordo con l'onorevole MANINCHEDDA (non perché voglio iscrivermi ad un nuovo partito al quale si è accennato negli interventi di oggi), sulla necessità di chiudere la porta degli ultimi cinque anni per ripartire con la voglia di fare le cose in maniera concreta. Non è facile, anzi, è molto difficile, però, abbiamo almeno il dovere di provarci.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Il mondo della scuola è un mondo complesso, e se vogliamo dare uno sguardo al passato, nell'oggettività dei problemi che nessuno disconosce, possiamo ripercorrere sulla stampa titoli come questo: "Scuola: le Province bocciano la Regione"; oppure rileggere l'assessore Mongiu che parlava di "colmare al più presto i difetti di normalità che caratterizzano la scuola sarda creando raccordi con gli operatori, raccordi che non sempre ci sono stati e di ciò si sono lamentate soprattutto le Province. Sarà anche competenza dello Stato, tuttavia, la Regione Sardegna non può non sentirsi totalmente responsabile di come funziona, e funziona male, la scuola nell'Isola".

Quindi è chiaro che noi condividiamo anche molte delle osservazioni che sono state fatte, perché non siamo certamente d'accordo sulle possibili disattenzioni rispetto alle realtà più critiche della nostra Regione; però se i problemi sono oggettivi, e se i problemi dell'edilizia scolastica, del precariato, i tagli stessi, o certi aspetti relativi ai tagli sono anche antecedenti, dobbiamo dire che, per quanto riguarda le competenze della Regione, non può non considerarsi il fatto che vi sono stati molti aspetti che sono stati affrontati ma non risolti dalla precedente Giunta.

E' mancata una programmazione di una politica di investimenti in piena sintonia con le Province per quanto riguarda l'edilizia scolastica, è mancata un'azione efficace per contrastare gli abbandoni scolastici, e su quest'ultimo punto la nostra maggioranza intende raccogliere e dare significato alle innovazioni proposte dall'Assessore per contrastare questo aspetto importante.

Vi sono stati molti progetti, ma nessun monitoraggio sugli effetti della loro attuazione. Gli insegnanti hanno dovuto spesso sostituirsi alle istituzioni per combattere questo annoso problema. E quindi questa è un'occasione positiva; penso al fatto che la lotta alla dispersione scolastica sia inserita come punto programmatico di questa Giunta.

Io, ripeto, non ho timore di dire che condivido anche lo spirito, se vogliamo, della mozione, ma per quanto riguarda le raccomandazioni a creare, suscitare sensibilità, devo dire che, già dai primi di maggio di quest'anno, ci fu un incontro tra il Ministro Gelmini e l'Assessore e fu sottoscritta un'intesa per dare la possibilità alla Regione di intervenire con dei progetti, con delle integrazioni per superare le criticità presenti nel territorio in relazione all'entità delle popolazioni, agli aspetti orografici, geografici, climatici, ai trasporti.

Si è raggiunto l'accordo di un tavolo tecnico tra Regione e Governo soprattutto sull'edilizia scolastica; l'Assessore ha chiesto una deroga ai provvedimenti di accorpamento di alcuni istituti, e tale richiesta è stata fatta proprio in virtù (questo proprio per dire che c'è questa sensibilità) dell'impossibilità di paragonare la Sardegna alle altre Regioni italiane, c'è stata una massima disponibilità per la difesa non solo della qualità della didattica, ma della struttura stessa della didattica.

Ritengo quindi che il punto 2 della mozione Espa e più, non abbia motivo di sussistere, perché sia il Presidente che l'Assessore, e la maggioranza in questo manifesta il massimo della sensibilità, hanno garantito il loro impegno presso il Governo e il Ministro Gelmini per salvaguardare, anche con risorse regionali, qualora fosse necessario, gli organici; ed è questo il dato più importante.

Per quanto riguarda il problema dei disabili sono state fornite, ne abbiamo parlato anche nel percorso della finanziaria, ampie rassicurazioni, e quindi penso sia un punto sul quale la maggioranza possa esprimere e confermare la massima attenzione.

E' molto importante anche che si stia attuando un approccio conoscitivo delle varie realtà scolastiche, e dico che questo ha un significato; qui si stanno portando infatti degli esempi, come esempi eclatanti, ma io penso che siano ben conosciuti, studiati, e penso che il Piano che la Regione predisporrà e gli interventi che potranno essere predisposti nel tempo, perché queste sono condizioni ereditate, porteranno alla soluzione di questi aspetti che sono stati ampiamente illustrati. Perché alla Regione compete questo Piano di riorganizzazione della rete scolastica, e su questo devono essere inquadrate tutte le iniziative.

Se l'intento della mozione era quello di richiedere un approccio di tipo specifico a queste problematiche, la sua presenza in Aula, Assessore, significa che saranno recepite le osservazioni fatte sulle realtà più periferiche, realtà dell'interno della Sardegna che certamente devono trovare e troveranno nella sua azione una tutela della loro specificità. Una azione che troverà sicuramente il sostegno della maggioranza.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signor Presidente, Assessori, onorevoli colleghi, vorrei fare una premessa alla mozione in discussione il cui tema non è slegato da quello della crisi economica, del costo della vita, delle difficoltà che stanno affrontando le famiglie, i giovani, le donne, le giovani madri in particolar modo, e anche la società sarda nel suo complesso, che abbiamo trattato nella mattinata.

Stiamo vivendo infatti una situazione, nella società sarda e italiana, nella quale le famiglie, i singoli se devono tagliare, non potendo farlo sui beni necessari, tagliano (così ci dicono i dati) su quello che considerano superfluo (la cultura, la formazione, la propria e quella dei propri figli, l'istruzione); di conseguenza tagliano sulla propria possibilità (mi riferisco anche ai più sfortunati, a coloro che vivono situazioni di disagio), di emanciparsi, di crescere culturalmente, di potersi realizzare un domani nella vita e nella società.

Ha ragione, pertanto, l'onorevole Maninchedda, quando dice che il settore della scuola, dell'università, della ricerca, della formazione non sta molto a cuore ai Governi, a prescindere dai colori politici, che sistematicamente operano dei tagli. L'Italia nel suo complesso è il paese che investe meno nel sistema scuola, università, ricerca, formazione e cultura; investe, infatti, lo 0,8 per cento del proprio PIL (come si diceva anche stamattina, nonostante il tema fosse diverso), ultimo tra i Paesi europei, ultimissimo tra i Paesi nel mondo. Paesi con i quali, ovviamente, noi dovremmo competere e confrontarci proprio sul terreno, quindi dovremmo attrezzarci, dell'innovazione, della ricerca, della scuola, della formazione.

L'importanza di questa mozione, presentata dall'onorevole Espa e sottoscritta da tutti noi sta nel porre all'attenzione della Giunta, dell'Assessore competente in particolar modo, e degli altri colleghi un tema fondamentale per lo sviluppo della Sardegna, anche in un momento di grave crisi come questa che stiamo affrontando.. La scuola, come molti sindaci hanno detto, è la presenza dello Stato a fronte della scomparsa di altre istituzioni statali nelle realtà più periferiche dell'isola; e la scuola, il complesso di scuola-università, rappresenta il futuro stesso del Paese.

Eppure i dati (li hanno potuti esaminare gli altri commissari della Commissione competente, insieme all'Assessore, che i dati conosce) sulla dispersione scolastica, sul bassissimo numero di laureati, confrontati con quelli degli altri Paesi, ci dicono che l'Italia è uno degli ultimi Paesi in classifica per numero di laureati, ovviamente le regioni del Mezzogiorno e le isole sono ultime tra gli ultimi in Europa; cioè ci collochiamo molto in basso in classifica nell'ambito delle regioni, non solo dei Paesi europei.

Questo comporta che la forza lavoro disponibile nella nostra regione è in gran parte formata da persone che non hanno un titolo di studio da spendere nel mercato del lavoro, da ciò anche la difficoltà di ricollocare molte delle persone in stato di difficoltà, o che cercano un'occupazione, nel mondo del lavoro.

Poi è arrivata la riforma Gelmini, che riforma non è, perché il ministro Tremonti ha semplicemente definito la cifra spettante d alcuni ministeri, e per quanto di competenza al ministro Gelmini, ed entro questa occorreva rientrare tagliando i costi. Da lì il nome di "riforma" perché non poteva essere chiamato ovviamente "taglio alla scuola", ma doveva essere chiamata riforma in modo tale da darle una veste per lo meno presentabile agli occhi della società e del mondo della scuola che doveva subire questi tagli. Quindi, mentre gli altri Paesi investono, Paesi che hanno già investito nel tempo in cultura, formazione, scuola, università e ricerca, in questo momento, invece, l'Italia opera dei tagli in questo comparto.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, colleghi, ma c'è un brusio insostenibile.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Da questo punto di vista è stata abbastanza particolare l'audizione in Commissione del direttore scolastico regionale, Pietrella, che ha fornito dati completamente diversi, anche con una certa serenità e tranquillità. Ha indubbiamente segnalato le difficoltà, di cui prima ho riferito, sul numero di laureati, sulla dispersione scolastica, eccetera, ma non avvertiva il sussistere di alcun problema in merito a un'ulteriore, possibile perdita di posti di lavoro. Una posizione diametralmente opposta rispetto a quella espressa da molti di noi, che oltretutto provengono dal mondo della scuola in quanto insegnanti, e anche da molti degli insegnanti e delle altre persone che abbiamo audito in Commissione e che, invece, ponevano il tema dei tagli e del precariato con forte preoccupazione.

Non volendo seguire l'onorevole Maninchedda nel suo discorso, però volendo semplicemente citare alcuni dati, dico che l'onorevole Maninchedda dimentica però gli investimenti fatti. Io sono d'accordo, l'ho detto in premessa, sul fatto che vanno criticati i Governi, a prescindere dal colore, che tagliano su scuola, formazione, ricerca, università e quant'altro sia necessario per elevare la competitività del nostro Paese, però nella scorsa legislatura si è investito sull'edilizia scolastica, sugli assegni di merito, sugli assegni di ricerca, sulle borse di studio, sul Betile, che era compreso nell'accordo di programma che comprendeva, a sua volta, il campus universitario, quindi nel bocciare l'accordo di programma si è bocciato anche il campus universitario.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Pagato il doppio!

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). E anche sui programmi europei la Regione investe con i programmi Erasmus. Sarebbe facile ribattere all'onorevole Maninchedda ricordando che il tunnel sotto la via Roma, che il Comune vorrebbe fare, costa 350 milioni di euro e non abbiamo una lira per farlo, che la metropolitana a Cagliari la si vuole fare possibilmente underground, cosa che se venisse detta all'esame di trasporti all'università provocherebbe una bocciatura, però la metropolitana la si vuole fare sotterranea per un costo di 600 milioni di euro, che non ci sono. L'obbligo formativo neanche lo citiamo, per carità di patria, e, ultimo tra gli ultimi ma non per esborso monetario, il Ponte sullo Stretto, che costa complessivamente quanto due finanziarie dello Stato. Se seguissi il ragionamento dell'onorevole Maninchedda, su questo terreno avrei argomenti da ora fino all'estate prossima, non questa che stiamo trascorrendo all'interno dell'Aula, per fortuna al fresco nonostante la calura esterna.

Pertanto, quali problemi mi pongo? Il problema dei precari, precari a vita, purtroppo in molti casi, perché l'essere precario nel mondo della scuola, del lavoro o anche nell'ambito sociale, determina una precarietà della vita di tutti i giorni; quindi mi preoccupo di coloro che sono precari da 20-25 anni e vedono mortificato continuamente dai tagli il ruolo del docente, un ruolo che ormai viene meno nell'ambito della scuola e della società italiana; mi preoccupo dei genitori che vedono, oltre alle poche risorse date dagli stipendi e le difficoltà ad arrivare a fine mese, eliminato il tempo pieno e ridotto il sostegno agli alunni con disabilità.

Mi preoccupa in definitiva il degrado complessivo della società nel suo insieme, perché perde i suoi punti di riferimento, come appunto il personale docente e la scuola; mi preoccupa l'abbandono degli edifici scolastici che potrebbero essere messi a disposizione dei quartieri, perché molto spesso gli unici spazi verdi dei quartieri delle nostre periferie e delle nostre città sono proprio gli spazi verdi di questi edifici. Mi pongo il problema delle ulteriori difficoltà di alcune province periferiche, i cui piccoli paesi subiranno altri tagli delle attività extrascolastiche (teatro, cinema, laboratori), attività che accrescono la vita all'interno della scuola, perché le famiglie tagliano su questi aspetti e, di conseguenza, anche sulle relazioni sociali. Infine, ma non come ultimi, mi preoccupo degli alunni per la minore qualità del'offerta scolastica in questo Paese, nonostante il fatto che da tanti la scuola pubblica italiana sia considerata una delle migliori, se non la migliore, al mondo.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signor Presidente, con la riforma Gelmini oggi si mina uno dei pilastri portanti della società italiana, tenendo conto che la scuola pubblica italiana, insieme alla sanità pubblica, è stata una ricchezza che tutto il mondo ci ha sempre invidiato. Ora ci ritroviamo a fare un grosso passo indietro nella storia anche qui in Sardegna. Vista l'età media anagrafica dei colleghi (in tanti hanno superato i 50 anni), penso che sicuramente ricorderanno lo stato della scuola sino a qualche decennio fa quando, soprattutto quelli che non hanno studiato nei grossi centri urbani, si ritrovavano a dover percorrere quattro o cinque chilometri a piedi per raggiungere la scuola media o la scuola elementare, perché c'era la tendenza a concentrare in un'unica sede il maggior numero di allievi, con conseguenti enormi difficoltà anche per gli insegnanti che dovevano gestire con grandi sacrifici classi di 40-50 allievi.

Oggi, con la riforma Gelmini, si sta riproponendo di fatto questo grosso passo indietro. Dico che è una situazione di disagio e di negazione del diritto allo studio per vasti strati della popolazione sarda; ci parla di un passato che oggi purtroppo viene riproposto sotto forma di innovazione dalla riforma Gelmini della scuola.

Riforma che il Governo italiano ha sostenuto e devo dire, ahimè, non è stata granché osteggiata, se non con dichiarazioni molto formali fatte sulla stampa, da autorevoli esponenti del centrodestra sardo. Questo è un ritorno sicuramente a un passato tragico e umiliante dove la scuola pubblica era un privilegio e un diritto rigorosamente riservato a un'élite. Una scuola dove l'appartenenza alla cultura e alla identità del nostro popolo veniva vessata e umiliata al punto di proibire in modo violento l'uso della lingua sarda e l'oblio e la negazione della propria storia e della propria cultura. Gli anni '50 e i primi anni '60 insegnano.

Quindi ci troviamo di fronte a una espulsione programmata dell'accesso alla cultura pubblica per ampi strati di popolazione, chiaramente a partire dalle fasce più disagiate. Questo è un sistema scolastico, badate bene - qui intanto viaggiamo tutti - è un sistema scolastico che tutti noi abbiamo incontrato nelle zone più depresse del mondo. E' il sistema scolastico... però, Presidente, è impossibile andare avanti...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, non disturbate l'oratore.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Quindi, dicevo, ci troviamo di fronte a un modello di sistema scolastico tipico anche della fascia del Sahel, mi riferisco proprio ai villaggi sahariani più sperduti o in ogni caso ai Paesi che vengono definiti comunemente Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Paesi dove, per la mancanza di risorse finanziarie adeguate, così come da noi, persiste di fatto un sistema coloniale che vede nella negazione dell'accesso alla cultura e nell'esclusione dalla propria cultura etnica e tradizionale, la continuazione di un dominio economico e culturale che oggi in maniera moderna si chiama "processo di globalizzazione".

Mi è capitato così di sentire un richiamo alla difesa delle zone interne dal grave fenomeno dello spopolamento, un problema importante di cui spesso si parla. Sono discorsi che ho sentito fare in diverse occasioni, ma questa preoccupazione si contrappone alla proposta di razionalizzazione del sistema scolastico del ministro Gelmini che equivale allo smantellamento del sacrosanto diritto allo studio.

L'attacco alla scuola significa incentivare lo spopolamento delle zone interne nel momento in cui vengono private dei servizi essenziali. E' chiaro che nessuno è più disponibile a vivere con le proprie famiglie in centri dove mancano i servizi più elementari, a partire quindi dalla scuola. La tendenza sarà pertanto quella dello spopolamento dei piccoli centri e la concentrazione, sempre maggiore, nei grossi centri urbani; problema che purtroppo è drammaticamente agevolato anche dalla fuga dall'economia tradizionale - mi riferisco all'agricoltura e alla pastorizia - perchè quando la gente non ce la fa più pensa di inseguire un sogno di benessere nei centri urbani. Per cui ce li ritroviamo addossati oggi alle fasce delle nostre grandi città e poi ad avere ancora maggiori disagi.

Il problema che si pone sarà anche nei centri urbani, nel senso che per il sovraffollamento i servizi verranno via via ad essere meno adeguati anche nelle grandi città. Per cui, io dico che questo fenomeno è tipico delle cosiddette parti del mondo a regime coloniale. Dobbiamo riflettere su questo fatto.

Per quanto riguarda poi il devastante impatto occupazionale che questa riforma di distruzione della scuola pubblica prospetta è sotto gli occhi di tutti; nella mozione fra l'altro se n'è parlato abbondantemente. Situazione dei disabili: se n'è parlato, è drammatica, è chiaro che le fasce più fragili sono le prime a saltare e a risentirne.

Però, parallelamente allo smantellamento della scuola pubblica, caso strano, la Gelmini o, per meglio dire, io direi, pardon, per sua bocca, Berlusconi, forse per farsi perdonare anche le sue esuberanze e marachelle vecchie e nuove, ha incrementato i fondi per le scuole private e, soprattutto, scuole di impronta cattolica. Ora, visto che le istituzioni sono laiche e noi siamo laici, dobbiamo iniziare a pensare che le scuole private non devono essere supportate da fondi pubblici, le scuole private si supportano con i soldi privati.

Allora, noi sardi, fino a prova contraria, facciamo parte dello Stato italiano, per cui noi abbiamo diritto ad avere garantiti i diritti costituzionali che devono essere uguali in tutte le sedi geografiche dello Stato italiano. Il diritto allo studio è un diritto costituzionale così come lo è il diritto alla propria storia e alla propria cultura. Quindi, la difesa del nostro popolo - e questo mi piacerebbe molto dirlo al nostro Presidente che praticamente ha questa dépendance, e anche all'Assessore, ma il Presidente che sta molto a Roma -si garantisce con l'accesso alla cultura, all'istruzione, al reale riconoscimento della nostra lingua e della nostra identità.

Comunque qui è impensabile la situazione di disattenzione, Presidente, mi scusi, lei deve fare il suo compito, deve intervenire! Chi non ha voglia deve uscire! E sennò diventa sabotaggio, non è per male! Se facessimo così tutte le volte tutti non andrebbe bene! Comunque, scusate, colleghi, perché siamo stanchi, davvero...

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Il presentatore della mozione è il più indisciplinato!

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Sì, è vero!

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Zuncheddu.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Al di là dell'ipocrisia e del gioco dei ruoli, io mi rivolgo principalmente ai colleghi del centrodestra e faccio un appello affinchè non perdano questa grande occasione per dimostrare realmente di essere al fianco dei diritti dei sardi. Li invito pertanto a votare la mozione e chiedo che si impegnino realmente con il loro Governo amico a difendere i diritti del popolo e a sventare questo nuovo vento di colonia.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, anch'io come i colleghi che mi hanno preceduto cercherò la strada della brevità per evitare di tediare troppo a lungo i colleghi e di arrivare, magari, alla fine della discussione su questa mozione nei tempi più rapidi possibili.

Però devo dire che, al di là della disattenzione che quest'Aula ha dedicato alla mozione, che magari è figlia del clima e delle mille cose che comunque questo Consiglio sta trattando in questi giorni, io ho ascoltato un po' la discussione e ho trovato degli spunti interessanti che magari non oggi, non discutendo della mozione sull'istruzione ma raccordandola alle discussioni fatte stamattina, fatte ieri e ad altre che probabilmente quest'Aula potrà fare nei giorni a venire, secondo me rappresentano un seme interessante che è stato gettato in quest'Aula.

Quindi, chi ha avuto voglia, tempo, modo, pur tra i mille impegni che ciascuno di noi ha, per seguire alcune delle riflessioni che sono state fatte o per leggersele nei resoconti consiliari, se mai ciò succederà, non potrà dire di non aver trovato qualche spunto.

Devo dire che la mozione del collega Espa, e di tutti gli altri colleghi che l'hanno firmata, pone dei problemi reali e li pone anche in maniera documentata e intelligente e sicuramente interessante. Di questi problemi io ne ho astratto, nel senso che secondo me erano quelli più importanti, tre: il diritto all'istruzione, il diritto al lavoro, il diritto alla attenzione nei confronti dei diversamente abili, cioè nei confronti dell'handicap. Sono tre diritti, se voi ci pensate, non per forza legati tra di loro; una scuola che non funziona potrebbe infatti avere attenzione al problema dei portatori di handicap, o una scuola attenta ai portatori di handicap non per forza è una scuola che produce buona qualità di istruzione, quindi soddisfa il suo ruolo sul diritto allo studio. Non per forza una scuola che ha molti insegnanti insegna bene, quindi una scuola che garantisce il posto di lavoro insegna bene o, viceversa, non per forza una scuola scadente ha pochi insegnanti.

Però la riflessione più importante che probabilmente è utile fare, è che sulla scuola è stato posto dal centrosinistra, oggi in Aula, un problema che su altre cose e in altre circostanze e in altre situazioni è stato posto su altri temi, su altri argomenti. Cioè, quando abbiamo discusso di sanità in quest'Aula, ma voi ricordate una discussione diversa da questa? La discussione era uguale nel senso che si valutava una serie di diritti, potenzialmente lesi, dei sardi, si sottolineavano le condizioni di svantaggio e si tentava di ipotizzare una strada di cambiamento.

E quando abbiamo discusso dell'industria, e ne stiamo discutendo, abbiamo discusso forse un tema diverso? Abbiamo detto di quanto sia difficile produrre in Sardegna, di quanto poco mercato ci sia in Sardegna, di quanto alti siano i costi per portare la materia prima in Sardegna e per riportarla fuori, da quanti handicap sia gravata l'industria sarda e, quindi, del fatto che l'ENI se deve tagliare taglia prima in Sardegna che a Porto Marghera.

Quando abbiamo discusso del turismo, c'era forse un taglio nelle nostre discussioni che fosse radicalmente differente? No, abbiamo parlato del problema per cui far arrivare la gente in Sardegna è diverso che farla arrivare a Riccione, quindi che se soltanto ci ponevamo il tema della mobilità e quindi della continuità territoriale, tema storico della Sardegna, il turismo aveva delle sofferenze e delle criticità e doveva superare degli handicap che erano diversi da quelli di altre regioni italiane.

Sostanzialmente i temi della insularità, della dispersione della popolazione, della scarsa densità demografica, quindi l'assenza della massa critica del consumo, della deficiente viabilità interna, del problema dei collegamenti, sono i temi ricorrenti delle nostre discussioni consiliari. Se noi non riusciamo a fare uno sforzo che ci consenta di capire che non è il problema dell'istruzione, che non è il problema della sanità, che non è il problema dell'industria, ma che è il problema della Sardegna, beh, insomma, se non riusciamo a fare questo sforzo, noi rischiamo di scotomizzare costantemente la realtà, cioè di vedere una tessera del mosaico, ma di non avere mai l'idea di cosa rappresenta il mosaico nel suo complesso.

Rischiamo, così, di fare anche una sorta di giochetto pirandelliano quando veniamo in Aula, nel senso che entriamo, ci mettiamo una giacca e guardiamo se il colore della giacca è lo stesso di quello del governo, se non è lo stesso si critica il Governo, se è uguale si difende il Governo. Se siamo in maggioranza facciamo il ragionamento sottolineando la parte della medaglia opposta rispetto a quella che sottolineeremmo nel caso fossimo in minoranza. Siccome il sistema dell'alternanza ormai comporta che in quest'Aula ci si alterni tra maggioranza e minoranza, magari gli stessi consiglieri regionali in legislature differenti sostengono facce diverse della stessa medaglia.

Qualche riflessione su questo aspetto la dovremmo fare. Io, allora, ne riprendo una fatta dal collega Paolo Maninchedda che ha il pregio, che gli riconosciamo, di introdurre con una certa determinazione alcuni argomenti. Lui ha detto che farà una Messa per i 150 anni dell'Unità d'Italia, io penso che la preghiera aiuti le buone cause e, siccome ritengo che quella dell'Unità d'Italia sia una buona causa, ritengo di potermi unire con spirito diverso alla Messa del collega Paolo Maninchedda. Nel mentre che vado a Messa mi pongo un problema fondamentale, e cioè mi pongo il problema di come i 150 anni dell'Unità d'Italia possano essere valorizzati, da chi fa la Messa, con senso diverso da quello per cui la farà Paolo.

Dico quindi che il senso diverso è dato dal fatto che siccome io mi sento appartenente a questa Nazione, che è l'Italia, credo che la mia appartenenza abbia lo stesso diritto di esistere di quella di un lombardo, di un veneto, di uno che risiede nella provincia autonoma di Trento, di un valdostano, di un siciliano; e credo anche che abbia delle peculiarità che sono più vicine a quelle del valdostano, del trentino, del siciliano che non a quelle del laziale o del campano.

E credo che se lo Stato non ha piena consapevolezza delle differenze di peculiarità e di costi che esistono in tutti i pezzi diversi della nostra Nazione, beh insomma, l'idea che questa Nazione abbia un significato esistenziale meno forte di quello che appare a quelli che sono centralisti e nazionalisti come me, può diffondersi facilmente e diventare patrimonio di tanta gente in buona fede.

Queste riflessioni io le faccio a titolo personale, non le faccio per conto dei riformatori, perché quello che sto esprimendo in questo momento è un mio sentire personale, però ritengo che anche all'interno del mio partito e del mio Gruppo sia importante aprire un ragionamento su alcune problematiche; ma sono problematiche sulle quali, devo dire, noi abbiamo già tratto delle conclusioni perché quando noi abbiamo iniziato più di 10 anni fa, 15 anni fa, a proporre in quest'Aula il tema della Costituente, lo abbiamo fatto perché eravamo consapevoli delle cose di cui ho parlato.

Se 15 anni fa ci fosse stata intorno a questi temi la sensibilità politica che, invece, non c'è stata perché hanno prevalso le divisioni tra maggioranza e opposizione, tra giacchette diverse che cambiavano a seconda del cambio di legislatura, forse noi saremmo andati avanti sul tema della Costituente dando a questo popolo, a questa terra, quella dignità nei rapporti con lo Stato nazionale che sia io che Paolo Maninchedda, pur avendo opinioni diverse su alcuni temi, crediamo che sia fondante del rapporto pattizio statuale, crediamo che sia fondante della dignità di un popolo che sta a pieno titolo secondo me dentro i confini del popolo italiano.

Ecco, questa è la riflessione fondamentale che c'è in quest'Aula; e non è un caso che si faccia nei giorni immediatamente successivi a quelli legati alla vicenda ENI. Questo Parlamento regionale è riuscito ad avere una cosa importante, e cioè un'unità d'intenti che alla politica sarda è spesso mancata.

Bene, continuiamo a portarla avanti su alcune zone franche legate a temi importanti su cui non c'è necessità di dividersi, colleghi, perché la sensibilità è diffusa e se non fosse diffusa in quest'Aula è diffusa fuori da quest'Aula e dobbiamo tenerne conto. Se riusciamo a farlo, secondo noi, potremmo ottenere risultati interessanti e importanti che magari riusciranno anche a ridare a quest'Aula centralità e attenzione prima di tutto al nostro interno.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport.

BAIRE, Assessore tecnico della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport. Presidenza del Consiglio, onorevoli consiglieri, colleghi Assessori, la recente normativa statale e in particolare le circolari ministeriali, la numero 38 e la numero 63 del 2009, rischiano di escludere dall'insegnamento migliaia di precari storici; benché, per quanto riguarda la Regione Sardegna, come ci comunica l'Ufficio scolastico regionale, al momento l'assetto istituzionale delle scuole sia rimasto sostanzialmente invariato e siano state accolte numerose richieste di deroga per classi sottodimensionate, il problema del precariato esiste e lo conosciamo.

Seppure non vi sia, per l'anno scolastico 2009-2010, alcuna chiusura di scuole, gli unici accorpamenti automatici di cui siamo a conoscenza sono quelli fatti da alcune autonomie per superare il problema delle pluriclassi, quindi per migliorare l'offerta formativa. Per esempio è il caso dei comuni di Banari, di Siligo, di Bessude, che per evitare la presenza di pluriclassi, considerata dannosa dal punto di vista didattico, rinunciano ad alcuni punti di erogazione del servizio e accentrano le classi.

L'amministrazione regionale, in questo breve tempo di lavoro, ha preso atto della necessità di rafforzare le misure volte a ridurre il disagio degli utenti del servizio scolastico, consapevole dell'impatto che tali eventi possono avere sulle comunità e con riguardo ai bisogni dell'utenza delle singole realtà locali. In particolare, unitamente agli enti locali, saranno migliorati i servizi a favore degli studenti pendolari, mense, trasporti, centri di accoglienza per studenti, genitori e docenti. Ancora, è opportuno ribadire in quest'Aula, che sono state avviate una serie di interlocuzioni con le forze sindacali e gli attori del sistema scuola.

L'Assessore della pubblica istruzione ha posto i temi della scuola sarda, in particolare la situazione di docenti precari e del personale ATA, all'ordine del giorno degli incontri già avviati con il ministro Gelmini che si sono svolti presso il Ministero e con i suoi rappresentanti in loco. In tali incontri sono stati ribaditi i temi delle peculiarità locali, delle insularità, delle comunità montane, delle minoranze linguistiche, motivi di deroga alle normative nazionali, già posti in sede di Conferenza unificata Stato-Regione. E' stato inoltre avviato un protocollo d'intesa in fase di perfezionamento.

Per quanto concerne invece il problema del sostegno scolastico agli alunni con disabilità, la citata circolare numero 38 del 2009 precisa che per l'anno scolastico 2009-2010 sono stati confermati, a livello nazionale, i posti complessivamente istituiti in organico nell'anno scolastico precedente, con limitate modifiche a livello regionale, necessarie per perequare gli spostamenti esistenti nel rapporto alunni-docenti tra le varie regioni e per raggiungere gradualmente il rapporto nazionale di un docente ogni due disabili.

Gli Uffici scolastici regionali, sulla base delle dinamiche e delle sopravvenienze riscontrate negli anni precedenti, devono elaborare un piano di ripartizione delle risorse che tenga conto di tutte le situazioni di disabilità certificate, anche successivamente all'inizio dell'anno scolastico. In questa fase le Regioni e gli enti locali saranno parte attiva per l'individuazione delle modalità di distribuzione delle risorse umane, materiali ed attrezzature, utili all'integrazione degli alunni disabili. La Giunta regionale, per quanto di competenza e in accordo con il suo programma di attenzione alle fasce più deboli, prevede interventi per l'integrazione degli studenti disabili, potenziando mezzi e strumenti oltre le figure professionali a supporto.

In conclusione, la Giunta si impegna a proseguire la vertenza sui problemi della scuola, già aperta con il Governo nazionale, sostenendo in particolare le rivendicazione del personale docente e non docente, e per quanto di propria competenza, promuoverà delle iniziative che possono coinvolgere tale personale in un percorso migliorativo della didattica.

Il diritto allo studio degli alunni disabili sarà tutelato e difeso in tutte le sedi, adottando anche nuove azioni al fine di facilitarne la frequenza e la partecipazione a tutte le attività didattiche ed educative.

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Espa. Ne ha facoltà

ESPA (P.D.). Assessore, io ho ascoltato con estrema attenzione la sua esposizione e devo dire che, rispetto ai temi che abbiamo affrontato nella mozione, mi sembra che lei abbia voluto darci un'idea su quello che la Giunta sta facendo in questo momento per la vertenza scuola.

Lei ha citato alcuni dati che a noi non risultano; io, ripeto, spero su questo non ci siano fraintendimenti e non ci siano divisioni, noi vorremmo che lei, il suo Assessorato, in maniera totalmente autonoma e totalmente scollegata dalle strutture dello Stato e dlle strutture della Direzione scolastica regionale, avesse i dati a disposizione "di per sé". Lei deve convocare la seconda Conferenza della scuola in Sardegna, lo deve fare urgentemente; ma, in modo particolare per evitare questo rimpallare di dati, lei deve assolutamente avere tutta la mappa della popolazione scolastica: docenti, personale non docente, alunni con disabilità.

Faccio un esempio, noi abbiamo competenza e, in base alla riforma dello Stato, dobbiamo stanziare le risorse (e l'abbiamo fatto) in questa finanziaria. Il Presidente delle province sarde ha chiesto risorse peer il trasporto e per gli assistenti all'educazione degli alunni con disabilità delle scuole superiori, prima era una assurdità, nessun disabile andava alle scuole superiori, adesso ne vanno a centinaia, grazie a Dio! Su questo problema noi non abbiamo dati, lei non ha dati, lei non sa quanti sono esattamente e, quindi, l'Assessore che è al suo fianco non può programmare. Noi dobbiamo fare sforzi per capire quali sono le esigenze, perché manca un monitoraggio autonomo, perché poi la scuola, lo Stato, i dati non ce li dà!

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue ESPA.) Non ce li fa capire, o ce li dà in ritardo anche al tavolo delle vertenze, anche perché non è conveniente avere subito i dati. Io pertanto sono convinto, e in questo senso lo voglio dire a lei, come Assessore, all'onorevole Maninchedda che ne ha parlato, che noi non vogliamo rinunciare alla battaglia sui poteri e che rivendichiamo il potere concorrente dalla Regione sulla materia. Ma nell'attesa di riconquistare questi poteri (è stata citata la riforma Prodi che non prevedeva dall'oggi al domani i tagli stabiliti dalla riforma Gelmini, questo "togliere tutto subito"), noi abbiamo a cuore oggi, e vorrei che l'aveste a cuore anche voi, il destino di migliaia di lavoratori sardi e il diritto all'istruzione da parte di molte famiglie.

Se c'è un problema, come lei stessa ha detto, di un precariato che rischia di perdere il posto di lavoro, io credo che su questo bisogna convergere in maniera forte; cioè bisogna aprire una vertenza, bisogna sottolineare l'importanza del problema con l'ordine del giorno, con la mozione votata in maniera congiunta. Io credo che questo sia uno dei passaggi principali perchè non basta, secondo me, dire che lo Stato ci ha fornito dei dati dai quali appare che è tutto a posto.

Sulla questione del diritto allo studio degli alunni con disabilità, lo ribadisco, tutti i giorni, al Tar, presso il giudice ordinario o presso il Consiglio di Stato, si discutono i ricorsi delle famiglie che hanno visto lesi i loro diritti. Quindi che lo Stato, la magistratura, riconoscano i diritti di queste persone! Su questo il mio invito è ovviamente quello di dare un parere positivo alla nostra mozione; spero che i colleghi siano concordi nel votare a favore della mozione o di quello che ritengono più opportuno, quello che loro condividono, perché si toccano dei temi che sono sicuramente condivisi da tutti e noi, ovviamente, voteremo a favore; io credo che nessuno di noi abbia dubbi.

Si parla di unità, la sfida dell'unità adesso è aderire a dei concetti che noi abbiamo espresso e che non guardano il colore politico adesso al Governo, non guardano al Governo amico o nemico, ma guardano alla difesa della Sardegna rispetto ad una norma assolutamente invasiva che colpirà, domani, non solo i lavoratori, ma anche il diritto allo studio dei tanti alunni sardi.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. Ha domandato di parlare l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio Ne ha facoltà.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. Chiedo una breve sospensione della seduta.

PRESIDENTE. Sospendiamo la seduta per 10 minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 18 e 32, viene ripresa alle ore 18 e 52.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. E' in votazione la mozione numero 14. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la votazione nominale.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, chiedo la votazione per parti. Chiedo che si voti il primo "Premesso", poi l'ultimo "Considerato" prima del dispositivo, e il punto 3 del dispositivo.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, lei chiede tre votazioni?

CAPELLI (U.D.C.). Sì.

PRESIDENTE. Quindi da "premesso" sino a "considerato"…

CAPELLI (U.D.C.). No, la prima votazione solo ed esclusivamente per il "premesso"; la seconda votazione da "considerato" al secondo capoverso, fino a "vista la circolare del Ministero dell'istruzione" compreso; la terza votazione "considerato che il dovere del Ministero dell'istruzione è quello di garantire il diritto costituzionale allo studio", poi del dispositivo votare a parte il punto 3.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, la votazione per parti può essere richiesta purché le singole parti abbiano contenuto normativo autonomo. Votare soltanto il "premesso", se dovesse cadere per esempio tutto il resto, non avrebbe nessun senso; quindi, la richiesta di votazione per parti deve avere una premessa e poi deve essere anche legata ad un dispositivo, votare soltanto un "premesso" non è possibile.

(Interruzione del consigliere Capelli)

PRESIDENTE. Le singole parti devono potersi reggere da sole per essere messe in votazione, devono avere contenuto autonomo perché non è detto che le parti successive siano approvate. Quindi, questa votazione per parti non ha nessun senso.

CAPELLI (U.D.C.). Allora, l'idea del proponente sarebbe : "Premesso che, a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009-2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento", e "Considerato che è dovere del Ministro dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari…", eccetera, impegna la Giunta regionale a "tutelare il diritto allo studio degli studenti sardi con disabilità attraverso provvedimenti…", eccetera.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, non sono cinque votazioni, c'è un assemblamento di parti per votazione distinte.

CAPELLI (U.D.C.). Va bene così, era insufficiente la mia spiegazione.

.

PRESIDENTE. Metto in votazione…

DIANA (P.d.L.). Presidente, ho chiesto la parola.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Diana. Ne ha facoltà.

DIANA (P.d.L.). Presidente, per dichiarazione di voto. Il Gruppo del P.d.L…

PRESIDENTE. Onorevole Diana, se intende parlare sulle modalità della votazione va bene, ma non può fare la dichiarazione di voto perché non ho ancora annunciato che cosa dobbiamo votare.

DIANA (P.d.L.). Chi deve decidere che cosa votare?

PRESIDENTE. Lo stavo annunciando quando lei mi ha chiesto di poter parlare. Prego, onorevole Diana.

DIANA (P.d.L.). Noi non siamo assolutamente d'accordo su una votazione per parti. Non si può infatti prescindere da quella premessa che, necessariamente, è collegata al resto del testo. Pertanto, se rimane quella premessa, il nostro voto è un voto contrario, se la premessa viene modificata, è chiaro che anche l'ultimo comma, cioè il comma 3 di quella mozione, può essere votato, anzi sarà votato dal Gruppo del P.d.L..

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha richiesto una votazione della mozione per parti che può essere ammessa nell'esplicitazione testé data. Se la Giunta è d'accordo su questa votazione per parti dividiamo la votazione della premessa in due. Nella prima votazione colleghiamo il primo "premesso" con l'ultimo "considerato", in una seconda votazione votiamo gli altri punti sempre della premessa, infine si vota il dispositivo che ovviamente è collegato alla premessa.

ESPA (P.D.). Assieme?

PRESIDENTE. Sì, col punto 3 a parte, con una suddivisione anche del dispositivo.

Metto in votazione insieme:. "Premesso che a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009-2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento", e poi "considerato che è dovere del Ministero dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutte le istituzioni coinvolte, ciascuna nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province e comuni".

Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Intervengo per dichiarare il voto a favore della mozione nel suo complesso, quindi anche dei capoversi che si chiede di votare in modo separato come prima votazione. Ieri abbiamo fatto un'assemblea e, come difendiamo i lavoratori del petrolchimico di Porto Torres, dobbiamo difendere i lavoratori della scuola. Si tratta di capire dove si colloca la Regione, ma la Regione tutta, la Giunta; badate, non si fa una bella figura rinunciando a porre una critica forte nei confronti del Governo. Un Governo che colpisce, come tutti quanti noi sappiamo, una Regione come questa, che ha una sua caratteristica, ha zone interne difficilmente raggiungibili dove il diritto allo studio è sempre in pericolo.

Ma, insomma, abbiamo detto: "dobbiamo essere uniti! uniti per i lavoratori di Porto Torres come per gli insegnanti di Macomer, come per gli insegnanti di Neoneli, come per gli insegnanti di Orgosolo"; ecco perché questa mozione sarebbe stato utile votarla, e secondo me è utile votarla tutti quanti insieme, perché è nella critica al Governo che si vede la coerenza! E qua che si vede la coerenza rispetto agli interessi della Sardegna piuttosto che rispetto all'omogeneità politica con il Governo nazionale. Su queste materie, ma su tutte, sui trasporti, su tutto ciò che riguarda la grande vertenza che noi stiamo aprendo nei confronti dello Stato.

Domani si incontrano undici Ministri, non so se sarà presente anche il Ministro della Pubblica istruzione alla riunione di domani con il Presidente della Regione, il quale ha un mandato, che gli è stato dato dagli elettori, ma che è uscito rafforzato anche dalla discussione di ieri, a rivendicare per la Sardegna gli stessi diritti della Lombardia, perché questo è il tema che noi abbiamo di fronte.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Espa per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ESPA (P.D.). Voglio ribadire i concetti che ha appena espresso il collega Uras, anche perché su questa questione voglio ritornare sul concetto dei poteri che è stato evocato precedentemente dall'onorevole Maninchedda. Noi ricordiamo, nel votare favorevolmente tutta la mozione, ovviamente, che i punti che sono stati sottolineati con una richiesta di voto per parti sono significativamente importanti proprio per la rivendicazione di questi poteri.

E' presente infatti una critica, che credo debba provenire unitariamente da tutta la Sardegna, rispetto a un'attività che in questo momento viene svolta dall'attuale Ministro dell'istruzione; noi sottolineiamo questo aspetto, come sottolineiamo tutti gli altri punti che si caratterizzano in modo particolare per una individuazione di un problema concreto che esiste: l'attività ministeriale che collide con gli interessi della Sardegna; ma con gli interessi, io credo, di tutto il popolo sardo, non del centrosinistra. Il voto pertanto sarà assolutamente favorevole.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Salis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, intervengo per dire che il Gruppo dell'Italia dei Valori voterà sicuramente a favore dei due capoversi, ma anche perchè vorrei chiedere ai colleghi della maggioranza se l'esortazione, che ieri è venuta dall'onorevole Pisanu, autorevole rappresentante del centrodestra sardo e nazionale, è già caduta nel vuoto. Quando il Presidente Pisanu, con l'attenzione massima di tutta l'Aula, ieri ha detto che prima di tutto viene la Sardegna, in tutti i nostri atti, soprattutto nell'esame e nel tentativo di soluzione delle emergenze, nessuno credo ritenga che da queste emergenze possa essere espunta la scuola.

La scuola, tutti lo diciamo nei convegni, nelle riunioni, negli interventi anche in questa Aula, è l'elemento fondamentale per la formazione dei nostri bambini, dei nostri ragazzi e dei nostri giovani; è la scuola che forma le coscienze e le conoscenze per la gestione della nostra società futura.

Oggi siamo qui a dover confermare una scelta; il taglio ormai chiaro e certo, testimoniato anche dal Direttore scolastico regionale nell'audizione in Commissione pubblica istruzione, la riduzione di posti di lavoro legata ai precari storici della scuola, dovrebbero vedere quest'Aula approvare unanimemente tutta la mozione, compresi i due commi all'attenzione di quest'Aula per la votazione per parti. Considero un diverso atteggiamento una grave contraddizione anche rispetto alle indicazioni che sono venute dall'Assemblea di ieri, e confermo che il Gruppo dell'Italia dei valori voterà convintamente la mozione.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Gian Valerio Sanna per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Rinuncio.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Dedoni per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, dichiaro il voto contrario alla mozione, e mi dispiace. Non è che io voglia rompere il clima idilliaco che da ieri sembrerebbe aleggiare in quest'Aula (anche perché Pisanu è presente ma potrebbe non essere presente), ma quando si fanno gli interessi della Sardegna, si fanno fino in fondo al di là delle casacche come vi è stato ricordato in più di una circostanza. Se siamo seriamente convinti che l'interesse della Sardegna passi utilizzando chi, nella scuola o altrove, a causa del precariato si trova in una condizione grave di vita (sociale, economica e civile) quale è quella delle persone che sono fuori dal Palazzo(tra l'altro, stavano commettendo dei reati anche in maniera involontaria), credo che sia grave!

Credo che sia grave portare ancora, all'interno del mondo dell'occupazione, precariato, in maniera tale che la Regione sia poi coinvolta. Mi pare, e non vorrei sbagliare, che uno degli emendamenti presentati dall'opposizione all'articolo 6 parli proprio di impegnare circa 45 milioni di euro in questa direzione. Ma vogliamo veramente che la Sardegna dia i propri danari, che potrebbero essere utilizzati per altro, per sopperire alle negligenze dello Stato? Al di là di quello che dice una premessa, che tra l'altro è falsa, perché non c'è una riforma Gelmini; ma quale riforma! Non esiste nessuna riforma! Esiste il fatto che da Berlinguer in poi, tutti i Ministri hanno portato a compimento un'azione di riordino nella scuola, che non è stato possibile mettere in campo proprio per alcune deficienze nell'organizzazione scolastica complessiva.

In Sardegna paghiamo lo scotto del sistema della scuola diversificata nel territorio, difficilmente accorpabile. Vedo che il tempo fugge, ma credo che potremo fare un ragionamento più attento e più approfondito nella circostanza dell'approvazione dell'articolo 6, al quale è stato presentato qualche emendamento che sposo come filosofia, ma che va meglio articolato; certamente, però, supera abbondantemente gli intendimenti di questa mozione, che non fa certamente un atto di rivendica per la Sardegna nei confronti del Governo, ma quasi quasi la pone in sudditanza, ancora una volta, dal Governo di turno, di qualunque colore esso sia.

La dignità, l'autonomia auspicata da tutti, in particolare dal più citato Pisanu, qui dentro, vorrebbe indicare che qualcuno con intelligenza e con apertura mentale…

PRESIDENTE. Onorevole Dedoni, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, ritiro la richiesta di votazione per parti.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della mozione numero 14.

(Segue la votazione)

Prendo atto che il consigliere Lotto ha votato a favore e i consiglieri Cossa e Dessì hanno votato contro.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Ben Amara - Bruno - Capelli - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Moriconi - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Amadu - Artizzu - Biancareddu - Campus - Contu Mariano - Cossa - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Mario - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Maninchedda - Meloni Francesco - Milia - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Vargiu - Zedda Alessandra.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Contu Felice - Cuccureddu - Mulas.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

Presenti 61

Votanti 57

Astenuti 4

Maggioranza 29

Favorevoli 20

Contrari 37

(Il Consiglio non approva).

Continuazione della discussione congiunta delle mozioni Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (13); Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna (8) abbinate all'interpellanza Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto

Torres (13/A)

PRESIDENTE. Riprendiamo il primo punto all'ordine del giorno. E' stato presentato un ordine del giorno.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 1:

Ordine del giorno Bruno - Diana Mario - Capelli - Vargiu - Uras - Sanna Giacomo - Salis - Cuccureddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione dell'esame delle mozioni n. 13 e 8 e dell'interpellanza n. 13/A sulla crisi economica, sociale ed occupazionale della Sardegna,

PREMESSO che:

- nell'ultimo anno la crisi finanziaria internazionale ha investito pesantemente l'intero sistema economico nazionale e, in Sardegna, ha avuto ripercussioni devastanti con calo di ordinativi, di livelli di produzione e di fatturato di tutte le imprese e dei consumi;

- si sono persi in un anno nell'Isola circa 30.000 posti di lavoro, di cui 20.000 nella sola industria ed il tasso di disoccupazione è tornato a crescere attestandosi al 13,3 per cento;

- il sistema produttivo in Sardegna è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici:

- l'industria rappresenta meno del 13 per cento del contributo di valore aggiunto rispetto al 25 per cento della media nazionale e al 16 per cento del Mezzogiorno;

- gli addetti di questo settore sono di poco superiori al 10 per cento contro una media nazionale di oltre il 22 per cento;

- l'annuncio del 7 luglio 2009 della fermata dell'impianto di cracking di Porto Torres, completa la serie di azioni che di fatto anticipano la chiara volontà di assestare un colpo di spugna definitivo sulla chimica sarda;

- la crisi che ha colpito la Sardegna e che rischia seriamente di cancellare la gran parte delle attività produttive, dalla chimica al tessile, dalla metallurgia all'agro-alimentare, con pesantissime ricadute di carattere economico e sociale, ha visto nella seduta straordinaria del 15 luglio 2009, presso il Consiglio regionale, le massime rappresentanze politiche regionali, i parlamentari eletti in Sardegna, gli amministratori locali, le espressioni della cultura e delle associazioni sindacali, di categoria e professionali, assumere una decisa e ferma presa di posizione all'insegna di una ritrovata unità autonomistica, per ottenere misure adeguate volte al superamento dell'eccezionale e straordinario stato di crisi;

PRESO ATTO che il Consiglio regionale, nell'approvare la finanziaria 2009, ha dato solo una parziale risposta ai 5.000 lavoratori licenziati nell'ultimo anno e sprovvisti di ammortizzatori sociali e ha rimandato al disegno di legge n. 32 (Disposizioni urgenti nei settori economico e socio-sanitario, per il superamento del precariato e in materia di organizzazione regionale), attualmente in esame, la stabilizzazione dei lavoratori precari nella pubblica amministrazione;

CONSIDERATO che:

- è stato fissato per il 17 luglio 2009 l'incontro istituzionale tra Stato e Regione;

- è stato convocato per il 21 luglio 2009 a Roma il tavolo per la chimica,

impegna la Giunta regionale a richiedere al Governo nazionale

1) l'immediato ritiro del provvedimento dell'ENI di chiusura dell'impianto di cracking di Porto Torres;

2) il mantenimento degli attuali livelli occupazionali del comparto;

3) la sottoscrizione, nell'ambito degli strumenti di programmazione esistenti, di un protocollo per l'attuazione di un piano straordinario per le politiche industriali in Sardegna, da attuarsi nei prossimi 5 anni;

4) ad assicurare, a tal fine, da parte della Regione una quota a valere sulle nuove entrate previste dalla modifica dell'articolo 8 dello Statuto speciale a partire dal 2010, e a rivendicare un corrispondente impegno da parte dello Stato;

5) l'impegno all'ENI, per i prossimi 5 anni, a non modificare la sua presenza industriale in Sardegna fino a quando le azioni di riconversione, ammodernamento e nuove localizzazioni previste nel piano straordinario avranno esplicato i loro effetti sull'apparato industriale regionale;

6) il mantenimento degli impegni per gli interventi di bonifica nelle aree industriali;

7) il riconoscimento della zona franca integrale per la Sardegna, con conferimento dei poteri di regolamentazione da attuarsi con legge specifica approvata dal Consiglio regionale;

8) l'approvazione di misure compensative dei maggiori costi dell'energia termica nelle more della realizzazione del metanodotto Algeria-Sardegna-Italia;

9) l'adozione di tutte le iniziative necessarie per garantire l'efficacia e l'efficienza della continuità territoriale delle merci da e per la Sardegna, affinché la nostra Regione non subisca il peso delle sue particolari condizioni geografiche e di insularità;

10) l'adozione delle misure necessarie per scongiurare la soppressione del servizio marittimo di trasporto dei rotabili ferroviari tra Golfo Aranci e Civitavecchia,

impegna, inoltre, la Giunta regionale a

a. presentare il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione di cui alla legge regionale n. 20 del 2005;

b. predisporre ed inviare, ai fini della definitiva approvazione, il piano regionale di formazione per la sicurezza nel lavoro, di cui alla legge regionale n. 8 del 2008. (1).)

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare sull'ordine del giorno numero 1, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Il Consiglio verrà riconvocato a domicilio.

La seduta è tolta alle ore 19 e 18.



Allegati seduta

XXV Seduta

Giovedì 16 luglio 2009

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente CUCCU

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 29.

MULAS, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 6 maggio 2009 (18), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gian Franco Bardanzellu, Rosanna Floris e Luigi Lotto hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 16 luglio 2009.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che l'onorevole Planetta, in data 4 giugno 2009, ha ritirato la seguente interrogazione:

"Interrogazione Planetta - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian, con richiesta di risposta scritta, sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto Torres". (33)

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Legge regionale 30 ottobre 1986, n. 58. Ridefinizione dei confini tra i Comuni di Arborea e Terralba e San Teodoro, Budoni e Posada". (22)
(Pervenuto il 29 maggio 2009 e assegnato alla prima Commissione)

"Sanzioni amministrative sui servizi di trasporto pubblico locale e regionale". (30)
(Pervenuto il 22 giugno 2009 e assegnato alla quarta Commissione)

"Disposizioni urgenti nei settori economico e socio-sanitario, per il superamento del precariato e in materia di organizzazione regionale". (32)
(Pervenuto il 25 giugno 2009 e assegnato alla prima, seconda, terza, quarta, quinta, sesta, settima e ottava Commissione)

"Approvazione del rendiconto generale della Regione per l'esercizio finanziario 2006". (38)
(Pervenuto il 13 luglio 2009 e assegnato alla terza Commissione)

"Norme in materia di organizzazione e personale". (39)
(Pervenuto il 13 luglio 2009 e assegnato alla prima Commissione)

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Bruno - Espa - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio - Soru: "Norme a favore della famiglia". (18)
(Pervenuta il 22 maggio 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Sanna Gian Valerio: "Modifiche ed integrazioni della legge regionale 18 dicembre 1995, n. 37 (Norme in materia di gruppi consiliari)". (19)
(Pervenuta il 27 maggio 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Zedda Massimo - Uras - Ben Amara - Sechi - Zuncheddu: "Costituzione commissione speciale d'indagine sulla sicurezza sul lavoro". (20)
(Pervenuta il 27 maggio 2009 e assegnata alla sesta Commissione)

Cuccu - Caria - Cucca - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Sabatini: "Norme in materia di valorizzazione dei centri di aggregazione giovanile e riconoscimento della funzione sociale ed educativa degli oratori". (21)
(Pervenuta il 28 maggio 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Sanna Matteo - Diana Mario - Stochino - Sanna Giacomo - Capelli - Milia - Meloni Francesco - Vargiu - Murgioni - Cherchi - Peru: "Norme di carattere urbanistico per i villaggi turistici e per i campeggi". (23)
(Pervenuta il 5 giugno 2009 e assegnata alla quarta Commissione)

Cuccu - Caria - Cucca - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Sabatini: "Istituzione del Comparto unico del pubblico impiego della Regione e degli enti locali e dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione e degli enti locali della Sardegna (ARAN Sardegna)". (24)
(Pervenuta il 10 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Norme per la riduzione dei costi della politica e per il contenimento della spesa pubblica". (25)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Istituzione del reddito minimo garantito. Sostegno al reddito in favore dei disoccupati, inoccupati o precariamente occupati". (26)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Istituzione del fondo di solidarietà civile". (27)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla terza Commissione)

Zedda Alessandra - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Piras - Stochino - Sanna Matteo - Tocco - De Francisci: "Modifiche alla legge regionale 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della Regione). Istituzione della vicedirigenza regionale". (28)
(Pervenuta l'11 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Planetta - Solinas Christian: "Istituzione di una Assemblea costituente per la redazione del nuovo Statuto speciale della Sardegna". (29)
(Pervenuta il 10 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Cuccu - Cocco Pietro - Lotto - Solinas Antonio: "Norme per sostenere il consumo dei prodotti agricoli della Regione Sardegna". (31)
(Pervenuta il 24 giugno 2009 e assegnata alla quinta e sesta Commissione)

Manca - Espa - Caria - Meloni Valerio - Bruno - Agus - Barracciu - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru: "Norme in materia di attività e terapie assistite dagli animali (pet therapy)". (33)
(Pervenuta il 26 giugno 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Zedda Alessandra - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Piras - Sanna Matteo - Stochino - Cherchi - Peru - De Francisci - Tocco: "Istituzione dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione e degli enti locali della Sardegna (ARAN Sardegna)". (34)
(Pervenuta il 1° luglio 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Dedoni - Vargiu - Fois - Meloni Francesco - Mula: "Norme sui controlli sulle merci in ingresso nella Regione Sardegna". (35)
(Pervenuta il 1° luglio 2009 e assegnata alla settima Commissione)

Cuccureddu - Locci - Bardanzellu - Sanna Matteo: "Modifica alla legge regionale n. 5 del 2006 sull'attività di commercio in aree demaniali". (36)
(Pervenuta il 2 luglio 2009 e assegnata alla sesta Commissione)

Zuncheddu - Cocco Daniele Secondo - Ben Amara - Mariani - Sechi - Zedda Massimo - Salis - Uras: "Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli regionali". (37)
(Pervenuta il 7 luglio 2009 e assegnata alla quinta e sesta Commissione)

Annunzio di presentazione di proposte di legge nazionale

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge nazionale:

Meloni Marco - Soru - Barracciu - Bruno - Agus - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio: "Modifica alla legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia), per l'istituzione delle circoscrizioni 'Sicilia' e 'Sardegna'". (3/NAZ)
(Pervenuta il 10 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Vargiu - Cossa - Meloni Francesco - Dedoni - Fois - Mula: "Procedura di adozione del nuovo Statuto speciale per la Sardegna mediante istituzione dell'Assemblea costituente sarda". (4/NAZ).
(Pervenuta il 12 giugno 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Risposta scritta a interrogazioni

PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni:

"Interrogazione Sanjust sulle problematiche inerenti l'organizzazione e la direzione del Servizio di protezione civile della Regione autonoma della Sardegna". (3)

(Risposta scritta in data 13 maggio 2009.)

"Interrogazione Amadu sui disagi causati dallo spostamento dell'orario di partenza dell'ultimo volo da Alghero a Milano-Linate". (5)

(Risposta scritta in data 13 maggio 2009.)

"Interrogazione Sanna Matteo - Diana Mario sulla necessità di adottare misure adeguate per la lotta al lepidottero defogliatore Lymantria dispar". (4)

(Risposta scritta in data 28 maggio 2009.)

"Interrogazione Bruno - Lotto - Manca - Meloni Valerio - Sanna Gian Valerio sulla sospensione del bando di gara relativo al collegamento Porto Torres-Isola dell'Asinara". (6)

(Risposta scritta in data 28 maggio 2009.)

"Interrogazione Solinas Antonio sulla ventilata soppressione di alcune scuole dell'infanzia dell'oristanese". (17)

(Risposta scritta in data 28 maggio 2009.)

"Interrogazione Capelli - Pittalis - Ladu - Mula - Maninchedda Sul Superamento del valore obiettivo del parametro "arsenico" per la zona di Siniscola". (10)

(Risposta scritta in data 23 giugno 2009.)

"Interrogazione Milia - Mulas sulla soppressione, con decreto ministeriale, nel periodo estivo, di due corse della Tirrenia: la Olbia-Genova e la Porto Torres-Genova". (15)
(Risposta scritta in data 23 giugno 2009.)

"Interrogazione Amadu sulla necessità di iniziative atte ad anticipare l'attività venatoria in Sardegna, prevedendo la reintroduzione della caccia alla tortora in agosto, e a sollecitare il Governo nazionale a definire, in accordo con la Regione sarda, la procedura normativa per posticipare la chiusura della caccia alla selvaggina migratoria alla fine di febbraio". (20)

(Risposta scritta in data 23 giugno 2009.)

"Interrogazione Cuccureddu sulla campagna vaccinale relativa al sierotipo 8 della blue tongue". (9)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Mariano Ignazio - Milia - Obinu - Steri sulla mancata riparazione dell'elettromiografo presso la ASL n. 3 di Nuoro". (12)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Tocco - Sanjust - Randazzo - Piras - Sanna Paolo Terzo - Amadu - Pitea - De Francisci - Greco - Floris Rosanna sulla paventata notizia di una pandemia da influenza suina". (13)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Milia - Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Steri sul mancato funzionamento della flotta ARPAS per il monitoraggio marino costiero". (32)

(Risposta scritta in data 29 giugno 2009.)

"Interrogazione Rassu sul mancato rimborso, al Comune di Borutta e ai cittadini interessati, dei danni causati dagli eventi calamitosi verificatisi in data 11 settembre 2006". (28)

(Risposta scritta in data 13 luglio 2009.)

"Interrogazione Dedoni sulla salvaguardia del patrimonio ecologico-ambientale della Sardegna ed in particolare a ridosso delle arterie stradali". (40)

(Risposta scritta in data 13 luglio 2009.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza:

MULAS, Segretario:

"Interrogazione Cuccu - Moriconi, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità che la Regione intervenga affinché l'Inail riconosca la malattia professionale di un tecnico radiologo dell'Azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari". (23)

"Interrogazione Gallus - Diana Mario - Cherchi - Greco, con richiesta di risposta scritta, sui danni alla Quercus suber derivanti dagli attacchi dei lepidotteri defogliatori". (24)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sui gravi disservizi che si registrano nella ASL n. 5 relativamente alle prestazioni di risonanza magnetica nucleare e tomografia assiale computerizzata". (25)

"Interrogazione Diana Mario - Peru, con richiesta di risposta scritta, sulle recenti nuove assunzioni e proroghe di assunzioni con contratti atipici effettuate dall'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna". (26)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani, con richiesta di risposta scritta, sulla scuola di polizia a cavallo di Foresta di Burgos". (27)

"Interrogazione Rassu, con richiesta di risposta scritta, sul mancato rimborso, al Comune di Borutta e ai cittadini interessati, dei danni causati dagli eventi calamitosi verificatisi in data 11 settembre 2006". (28)

"Interrogazione Ladu, con richiesta di risposta scritta, sull'elezione del presidente del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della Sardegna centrale di Nuoro". (29)

"Interrogazione Cossa - Vargiu - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula, Con richiesta di risposta scritta, sulle procedure per la gestione degli esami di teoria per le patenti di guida". (30)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche inerenti l'organizzazione e la direzione dei Servizi territoriali demanio e patrimonio di Oristano, Nuoro e Medio Campidano ed enti locali di Oristano dell'Assessorato regionale degli enti locali, finanze e urbanistica". (31)

"Interrogazione Milia - Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Steri, con richiesta di risposta scritta, sul mancato funzionamento della flotta ARPAS per il monitoraggio marino costiero". (32)

"Interrogazione Vargiu - Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula, con richiesta di risposta scritta, sulla congruità dell'attuale attività dell'Agenzia regionale per il lavoro". (34)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sul rilascio da parte del Servizio territoriale demanio e patrimonio di Oristano delle autorizzazioni temporanee per lo svolgimento di manifestazioni sportive". (35)

"Interrogazione Milia - Capelli - Oppi - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - Steri, con richiesta di risposta scritta, sul mancato completamento dei lavori del bacino portuale del porto commerciale di Porto Torres". (36)

"Interrogazione Dessì - Sanna Giacomo - Solinas Christian - Maninchedda -Planetta, con richiesta di risposta scritta, sull'adozione di misure adeguate per la lotta alla tignola del pomodoro (Tuta absoluta) ed il risarcimento dei danni subiti dagli operatori del settore". (37)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sulle tariffe praticate da Abbanoa per il conferimento dei liquami zootecnici provenienti dalle aziende di Arborea". (38)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulle merci in ingresso nella Regione Sardegna". (39)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla salvaguardia del patrimonio ecologico-ambientale della Sardegna ed in particolare a ridosso delle arterie stradali". (40)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata nomina dei consiglieri dell'ERSU di Sassari". (41)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sui tempi relativi al completamento della struttura che ospiterà la nuova sede della Guardia di finanza in Sassari".(42)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata apertura del Museo Biasi". (43)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità e urgenza di destinare alla Polisportiva Dinamo Sassari un adeguato contributo regionale". (44)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di incrementare i limiti di velocità nella strada statale n. 131 e nella strada statale n. 131 DCN".(45)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sullo stato di funzionamento del depuratore di Arborea". (46)

"Interrogazione Diana Mario - Locci - Petrini - Campus - Floris Rosanna - Gallus - Randazzo, con richiesta di risposta scritta, sui livelli di spesa delle aziende sanitarie locali sarde". (47)

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sui disagi degli utenti sulle navi della Tirrenia". (48)

"Interrogazione Agus - Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, in merito alla rinuncia della concessione mineraria di Santu Miali nel Comune di Furtei". (49)

"Interrogazione Agus, con richiesta di risposta scritta, in merito al finanziamento e allo sviluppo programmatico del Consorzio Forgea, di concerto con il Governo nazionale, in struttura internazionale sotto l'egida dell'Unesco". (50)

"Interrogazione Piras - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Zedda Alessandra - Tocco - Stochino - De Francisci - Sanna Matteo, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione ambientale dopo la chiusura della miniera d'oro di Furtei".(51)

"Interrogazione Piras - Diana Mario - Contu Mariano Ignazio - Stochino - Zedda Alessandra - Tocco - Sanna Matteo - De Francisci, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata erogazione d'acqua per uso irriguo da parte del commissario straordinario del Consorzio di bonifica della Sardegna meridionale verso agricoltori consorziati ritenuti in condizione di morosità". (52)

"Interrogazione Zuncheddu - Ben Amara, con richiesta di risposta scritta, sul monitoraggio del Poligono interforze del Salto di Quirra a cura del Ministero della difesa".(53)

"Interrogazione Vargiu - Cossa - Dedoni - Fois - Meloni Francesco - Mula, con richiesta di risposta scritta, sul ritardo da parte della Regione nella concessione degli assegni agli studenti più meritevoli della Sardegna finalizzati ad incentivare il proseguimento degli studi da parte dei diplomati, in particolare nelle facoltà scientifiche". (54)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sul reintegro del consiglio comunale di Anela a seguito di sentenza del Consiglio di Stato". (55)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, in merito alle procedure pubbliche di acquisto dei presidi medici per l'assistenza protesica". (56)

"Interrogazione Campus, con richiesta di risposta scritta, sul destino della società Sviluppo Italia Sardegna". (57)

"Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta sull' esercitazione militare svoltasi nel Mar Tirreno il 15 Giugno 2009, con interessamento del nord-est della Sardegna". (58)

"Interrogazione Ben Amara, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione delle lavoratrici e dei lavoratori considerati in esubero presso la VIP Sardegna agroalimentare di Oristano". (59)

"Interrogazione Bruno, con richiesta di risposta scritta, sulla alienazione dei beni ex demaniali di Fertilia e sull'esercizio del diritto di prelazione per i detentori". (60)

"Interrogazione Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio, con richiesta di risposta scritta, sulla legittimità dell'atto generale di variante al piano di zona ex legge n. 167 del 1972, in località Torangius, ad Oristano". (61)

"Interrogazione Zuncheddu - Ben Amara, con richiesta di risposta scritta, sulla sospensione della seconda tranche del progetto scuola 2008-2009". (62)

"Interrogazione Diana Giampaolo, con richiesta di risposta scritta, sull'insostenibile situazione ambientale che grava sulla salute dei cittadini dei centri urbani limitrofi allo stabilimento di compostaggio del Tecnocasic a Macchiareddu". (63)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla interruzione dei lavori inerenti la realizzazione del Centro intermodale passeggeri in via XXV aprile a Sassari". (64)

"Interrogazione Floris Mario, con richiesta di risposta scritta, sullo stato dell'utilizzo delle risorse finanziarie di cui alla tabella E delle leggi finanziarie 2006-2007-2008". (65)

"Interrogazione Zuncheddu - Ben Amara - Uras - Sechi - Zedda Massimo, con richiesta di risposta scritta, sull'Anfiteatro romano di Cagliari". (66)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di sbloccare la movimentazione del bestiame del nord Sardegna verso altre aree del territorio nazionale".(67)

"Interrogazione Cossa - Mula - Vargiu - Dedoni - Fois - Meloni Francesco, con richiesta di risposta scritta, sui gravi pericoli derivanti dall'esposizione alle fibre di amianto per i lavoratori sardi". (68)

"Interrogazione Diana Mario - Bardanzellu - Sanna Matteo - Mulas, con richiesta di risposta scritta, sull'applicazione delle tariffe agevolate per i residenti da parte della compagnia di navigazione Tirrenia Spa". (69)

"Interrogazione Ladu, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche relative all'erogazione dei contributi concessi in base alla legge regionale n. 9 del 2002". (70)

"Interrogazione Milia - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Obinu - SterI, con richiesta di risposta scritta, sui risultati conseguiti nell'attività di ricerca in AGRIS e sul forte ridimensionamento del centro di allevamento delle pernici a Bonassai". (71)

"Interrogazione Solinas Antonio, con richiesta di risposta scritta, sulla scelta della seconda lingua straniera nelle scuole medie". (72)

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla grave situazione occupazionale nella Provincia di Oristano". (73)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

MULAS, Segretario:

"Interpellanza Zuncheddu - Sechi - Uras - Zedda Massimo - Ben Amara sui provvedimenti previsti per la blindatura della Sardegna contro il pericolo nucleare". (7)

"Interpellanza Zuncheddu - Sechi - Uras - Zedda Massimo - Ben Amara sulla costruzione dell'aeroporto interno del Poligono interforze del Salto di Quirra". (8)

"Interpellanza Maninchedda - Sanna Giacomo - Dessì - Planetta - Solinas Christian sui lavori di dragaggio dei fondali presso La Maddalena previsti per i cantieri ex G8, sito di interesse nazionale". (9)

"Interpellanza Lai - Pittalis - Diana Mario - Sanna Matteo - Bardanzellu sul mancato completamento della strada a scorrimento veloce Abbasanta-Olbia". (10)

"Interpellanza Sanna Gian Valerio - Bruno - Sabatini - Cuccu Giuseppe - Lotto - Moriconi - Manca - Cucca - Cocco Pietro - Solinas Antonio - Meloni Valerio - Meloni Massimo - Espa - Soru - Barracciu - Diana Giampaolo - Caria - Agus - Porcu sui ritardi nell'assegnazione dei finanziamenti ai comuni relativi al bando Biddas sul recupero dei centri storici". (11)

"Interpellanza Sanna Gian Valerio - Bruno sulla legittimità dell'atto generale di indirizzo per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative o di ampliamenti di quelle già assentite in favore di strutture ricettive di cui alla deliberazione della Giunta regionale n.24/24 del 19 maggio 2009". (12)

"Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto Torres". (13)

"Interpellanza Zuncheddu - Bruno - Salis - Uras - Ben Amara - Sechi - Zedda Massimo sulla deliberazione della Giunta regionale n. 24/24 del 19 maggio 2009". (14)

"Interpellanza Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e per le possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità". (15)

"Interpellanza Oppi - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu - Steri sulla procedura di licenziamento collettivo dei dipendenti della residenza sanitaria assistita Rosa del Marganai posta in essere dalla società Arco dell'Angelo". (16)

"Interpellanza Stochino - Pittalis - Piras - Randazzo - Zedda Alessandra - Sanna Matteo - Peru - Contu Mariano Ignazio - Locci - Bardanzellu sulle lacune della normativa regionale in materia di installazione di case mobili e maxi caravan nelle aziende turistiche della Regione Sardegna". (17)

"Interpellanza Uras - Sechi - Zedda Massimo sulla mancata attuazione delle leggi regionali n. 20 del 2005, n. 3 del 2008 (articolo 6 e articolo 8, comma 5) e n. 8 del 2008 in materia di lavoro, sullo stato del sistema regionale e locale dei servizi per il lavoro, sull'impiego dei soggetti svantaggiati e sulle agenzie di sviluppo locale". (18)

"Interpellanza Sanna Giacomo - Planetta - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian sulla chiusura del Centro di prevenzione e diagnosi del San Camillo di Sassari". (19)

"Interpellanza Sanna Gian Valerio - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio -Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio - Soru sui nuovi criteri di mancata trasparenza nella pubblicazione delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale sul sito internet della Regione". (20)

"Interpellanza Uras - Ben Amara - Sechi - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla predisposizione del piano particolareggiato del centro storico di Cagliari - capitale della Sardegna". (21)

"Interpellanza Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu - Oppi sulla sorte dei beni dell'ente Poste di cui sia cessata la destinazione ad uso istituzionale". (22)

"Interpellanza Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu - Oppi sulle modalità di assunzione di operai agricoli". (23)

"Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian, su interventi finalizzati allo sviluppo della Regione, tutela della salute e dell'occupazione ed in materia di bonifiche dell'inquinamento, in particolare nell'area industriale di Porto Torres". (24)

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

MULAS, Segretario:

"Mozione Maninchedda - Sanna Giacomo - Planetta - Dessì - Solinas Christian sull'indipendenza della Sardegna". (6)

"Mozione Cuccu - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Diana Gianpaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio sulla ipotesi di soppressione del servizio marittimo di trasporto dei rotabili tra Golfo Aranci e Civitavecchia". (7)

"Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna". (8)

"Mozione Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio - Agus - Barracciu - Cocco - Cucca - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - SORU sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità".(9)

"Mozione Cucca - Barracciu - Capelli - Ladu - Maninchedda - Mariani - Mula - Pittalis - Sabatini - Stochino sull'ipotesi di accentramento delle AIPA". (10)

"Mozione Cossa - Diana Mario - Capelli - Vargiu - Sanna Giacomo - Floris Mario - Cuccureddu - Peru - Meloni Francesco - Pittalis - Fois - Amadu - Mulas - Cappai - Obinu - Greco - Pitea - Steri - Sanna Matteo - Bardanzellu - Contu Mariano Ignazio - Dedoni - Mula - Maninchedda - Rassu - Murgioni - Lai - Stochino - Petrini - De Francisci - Gallus - Locci - Floris Rosanna - Solinas Christian - Sanjust - Dessì - Zedda Alessandra sul trasferimento dallo Stato alla Regione delle competenze in materia di motorizzazione civile". (11)

"Mozione Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani sulla necessità di approvare con la massima urgenza un provvedimento che vieti sotto ogni forma la costruzione di centrali nucleari in Sardegna e lo stoccaggio delle scorie altrove prodotte o derivanti da centrali in altri luoghi costruite". (12)

"Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (13)

"Mozione Espa - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (14)

Discussione congiunta delle mozioni Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (13); Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna (8) abbinate all'interpellanza Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto

Torres (13/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 13 e 8 e dell'interpellanza numero 13/A.

(Si riporta di seguito il testo delle mozioni e dell'interpellanza:

Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- nell'ultimo anno la crisi finanziaria internazionale ha investito pesantemente l'intero sistema economico nazionale e, in Sardegna, ha avuto ripercussioni devastanti con calo di ordinativi, di livelli di produzione e di fatturato di tutte le imprese e dei consumi;

- gli istituti di analisi prevedono nei prossimi due anni in Italia il PIL negativo con l'ulteriore flessione della produzione industriale e la contrazione dei livelli occupativi;

- si sono persi in un anno nell'Isola circa 30.000 posti di lavoro, di cui 20.000 nella sola industria ed il tasso di disoccupazione è tornato a crescere, attestandosi al 13,3 per cento (fonte ISTAT);

- la crisi coinvolge l'intero sistema produttivo, dalla chimica al tessile, dalla metallurgia all'agro- alimentare, solo per citare i settori più significativi;

- gli stessi fattori alla produzione, costi energetici, trasporti, credito, costituiscono una sensibile diseconomia per l'intero sistema economico isolano;

- il sistema produttivo in Sardegna è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici:

- l'industria rappresenta meno del 13 per cento del contributo di valore aggiunto rispetto al 25 per cento della media nazionale e del 16 per cento del Mezzogiorno;

- gli addetti in questo settore sono di poco superiori al 10 per cento, contro una media nazionale di oltre il 22 per cento;

- nello scorso mese di aprile, il livello di fiducia delle imprese sarde, ha perso il 6 per cento, contro una media nazionale che è cresciuta di 3 punti;

- la cassa integrazione interessa 4.000 lavoratori e sono oltre 350 le imprese che ne hanno fatto richiesta, con un aumento, nell'ultimo anno, di oltre il 500 per cento;

- i sardi occupati sono di poco superiori alle 600.000 unità, di cui 430.000 sono i lavoratori dipendenti e di questi oltre 100.000 sono con contratti atipici; la dinamica delle trasformazioni dei contratti atipici in contratti a tempo indeterminato è la più lenta del Paese e colloca la Sardegna al 1° posto in Italia come percentuale di lavoro precario;

- i redditi da lavoro dipendente sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al nord Italia; il reddito medio mensile delle pensioni INPS in Sardegna è pari a 614,22 euro, la media nazionale è di 781,89 euro, quella del centro di 795,58 euro, mentre quella del nord è di 845,48 euro;

CONSIDERATO che:

- le conseguenze della crisi e l'estendersi del disagio sociale costringono circa 400.000 persone (il 22 per cento delle famiglie), a vivere sotto la soglia di povertà relativa;

- la perdita del lavoro viene vissuta come un fatto privato gravato da sensi di colpa e frustrazioni e solo politiche sociali mirate potrebbero attenuare il disagio in attesa di una ricollocazione;

- gli interventi comunitari prevedono la possibilità di elevare gli aiuti di Stato da concedersi fino al 31 dicembre 2010 nelle regioni europee più svantaggiate, con lo scopo di sostenere lo sviluppo economico, gli investimenti e l'occupazione, e di aiutare le piccole imprese di nuova costituzione con le seguenti priorità:

- aiuti agli investimenti e all'occupazione in favore delle PMI;

- aiuti in favore di piccole imprese di recente costituzione a partecipazione femminile;

- aiuti a favore di ricerca, sviluppo e innovazione;

- aiuti per la tutela ambientale;

- aiuti sotto forma di capitale di rischio in caso di partecipazione o gestione di un fondo di investimento orientato al profitto, gestito secondo criteri commerciali;

- aiuti per la tutela ambientale, sotto forma di riduzioni fiscali, di investimenti in misure di risparmio energetico e volti a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili;

- aiuti alla formazione;

- aiuti in favore dei lavoratori svantaggiati e disabili;

RICORDATO che:

- il 14 luglio 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è sottoscritto l'accordo di programma per la chimica, finalizzato al consolidamento e riqualificazione dei poli chimici (Porto Torres, Ottana, Cagliari);

- tale accordo prevedeva il cofinanziamento di Stato e Regione per un totale di 300 milioni di euro, di cui 200 a carico dello Stato e 100 a carico della Regione; a seguito del citato accordo sono state presentate e approvate dal CIPE numerose proposte di contratti di programma per interventi nei tre siti industriali, in gran parte inattuate, sostanzialmente per due ragioni:

a) dei 300 milioni di euro solo i 100 a carico della Regione sono stati messi a disposizione dalla precedente Giunta regionale, mentre mancano i 200 previsti dal Governo nazionale;

b) l'ENI non ha rispettato il dettato dell'accordo sottoscritto, determinando, di fatto, la progressiva paralisi e chiusura delle produzioni chimiche sarde;

- il 19 dicembre 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è sottoscritto un accordo di programma tra Stato e Regione che prevedeva la definizione di intese anche con l'Unione europea per stabilire in via definitiva un regime tariffario per l'industria energivora della Sardegna, in linea con quella europea;

- tale accordo, ad eccezione degli importanti accordi bilaterali sottoscritti dalla precedente Giunta regionale con ENEL ed ENDESA, poi decaduti a seguito della sentenza del TAR del Lazio, risulta ancora inattuato a causa delle contraddizioni tra il Ministero dell'economia e quello dello sviluppo economico; l'inconcludenza del Governo blocca il progetto integrato Carbolsulcis e la fornitura di energia elettrica a costi competitivi per l'industria energivora della Sardegna;

PRESO ATTO che la Giunta regionale, nell'approvare la finanziaria 2009, ha dato solo una parziale risposta ai 5.000 lavoratori licenziati nell'ultimo anno sprovvisti di ammortizzatori sociali e niente è stato fatto per la stabilizzazione dei lavoratori precari,

impegna la Giunta regionale

1) a chiedere al Governo e all'ENI di far assumere ai siti di Porto Torres ed Assemini valenza nazionale nel processo di ottimizzazione e razionalizzazione in atto, anche alla luce delle determinazioni che sta assumendo la Regione Veneto;

2) ad un confronto con il Governo nazionale finalizzato ad ottenere certezze sull'abbattimento dei costi delle tariffe elettriche, in linea con la media dei costi europei per l'industria energivora sarda;

3) a negoziare col Governo, nella more della metanizzazione, attraverso la leva fiscale, l'equiparazione del costo della caloria prodotta in Sardegna con combustibili diversi dal metano a quella prodotta nel resto della penisola col metano;

4) a reperire nel collegato alla finanziaria regionale le risorse sufficienti per dare risposta a tutti i 5.000 lavoratori privi di ammortizzatori sociali;

5) ad inserire nel collegato alla finanziaria le norme e le risorse per la stabilizzazione dei tanti lavoratori precari, a partire dalla stessa Amministrazione regionale, degli enti e altre amministrazioni pubbliche e predisporre politiche di incentivazione per le imprese che assumono a tempo indeterminato;

6) a dare attuazione al Piano energetico regionale per incentivare le imprese ad investire nelle aree industriali per la riconversione degli impianti di produzione di tipo convenzionale in impianti da fonti rinnovabili;

7) a recuperare tutte le risorse disponibili da destinare alla bonifica delle aree industriali e di quelle interessate da attività estrattiva;

8) a privilegiare interventi destinati alla valorizzazione dell'economia locale anche al fine di favorire la creazione di nuove opportunità di lavoro;

9) ad istituire un fondo di solidarietà sociale nel quale far confluire tutte le risorse destinate alle misure di sostegno al reddito con carattere di urgenza;

10) a realizzare interventi finalizzati a determinare condizioni del mercato immobiliare in funzione della esigibilità del diritto alla casa concordando con le imprese modalità di contenimento dei costi in capo alle famiglie e alle persone;

11) a presentare entro 30 giorni il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione di cui alla legge regionale n. 20 del 2005;

12) a predisporre e inviare, ai fini della definitiva approvazione, il Piano regionale di formazione per la sicurezza nel lavoro, di cui alla legge regionale n. 8 del 2008. (13)

Mozione Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

nell'ultimo anno la crisi finanziaria internazionale ha investito pesantemente l'intero sistema economico nazionale e in Sardegna ha avuto ripercussioni devastanti;

si sono persi in un anno nell'Isola circa 30.000 posti di lavoro, di cui 20.000 nella sola industria ed il tasso di disoccupazione è tornato a crescere, attestandosi al 13,3 per cento (fonte ISTAT);

la crisi coinvolge l'intero sistema produttivo, dalla chimica al tessile, dalla metallurgia all'agro-alimentare, solo per citare i settori più significativi;

gli stessi fattori alla produzione, costi energetici, trasporti, credito, costituiscono una sensibile diseconomia per l'intero sistema economico isolano;

il sistema produttivo in Sardegna è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici

- l'industria rappresenta meno del 13 per cento del contributo di valore aggiunto rispetto alla media nazionale del 25 per cento e del 16 per cento del mezzogiorno;

- gli addetti sono di poco superiori al 10 per cento, contro una media nazionale di oltre il 22 per cento;

nello scorso mese di aprile, il livello di fiducia delle imprese sarde, ha perso il 6 per cento, contro una media nazionale che è cresciuta di 3 punti;

la cassa integrazione interessa 4.000 lavoratori e sono oltre 350 le imprese che ne hanno fatto richiesta, con un aumento nell'ultimo anno di oltre il 500 per cento;

i sardi occupati sono di poco superiori alle 600.000 unità, di cui 430.000 sono i lavoratori dipendenti, e di questi oltre 100.000 sono con contratti atipici; la dinamica delle trasformazioni dei contratti atipici in contratti a tempo indeterminato è la più lenta del Paese e colloca la Sardegna al primo posto in Italia come percentuale di lavoro precario;

i redditi da lavoro dipendente sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al nord Italia;

il reddito medio mensile delle pensioni INPS è pari a 614,22 euro, la media nazionale è di 781,89 euro, quella del centro di 795,58 euro, mentre quella del nord è di 845,48 euro;

CONSIDERATO che questa situazione costringe circa 400.000 persone (il 22 per cento delle famiglie), a vivere sotto la soglia di povertà relativa;

RICORDATO che:

il 14 luglio 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato sottoscritto l'accordo di programma per la chimica, finalizzato al consolidamento e riqualificazione dei poli chimici (Porto Torres, Ottana, Cagliari);

tale accordo prevedeva il cofinanziamento di Stato e Regione per un totale di 300 milioni di euro, di cui 200 a carico dello Stato e 100 a carico della Regione; a seguito del citato accordo sono state presentate e approvate dal CIPE numerose proposte di contratti di programma per interventi nei tre siti industriali, in gran parte inattuate e sostanzialmente per due ragioni:

a) dei 300 milioni di euro solo i 100 a carico della Regione sono stati messi a disposizione dalla precedente Giunta regionale, mentre mancano i 200 previsti dal Governo nazionale;

b) l'ENI non ha rispettato il dettato dell'accordo sottoscritto, determinando, di fatto, la progressiva paralisi e chiusura delle produzioni chimiche sarde;

il 19 dicembre 2003, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è stato sottoscritto un accordo di programma tra Stato e Regione, che prevedeva la definizione di intese, anche con l'Unione europea, per stabilire in via definitiva un regime tariffario per l'industria energivora della Sardegna, in linea con quella europea;

tale accordo, ad eccezione degli importanti accordi bilaterali sottoscritti dalla precedente Giunta regionale con ENEL ed ENDESA poi decaduti a seguito della sentenza del TAR del Lazio, risulta ancora inattuato a causa delle contraddizioni tra il Ministero dell'economia e quello dello sviluppo economico; l'inconcludenza del Governo blocca il progetto integrato Carbosulcis e la fornitura di energia elettrica a costi competitivi per l'industria energivora della Sardegna;

PRESO ATTO che la Giunta regionale, nell'approvare la finanziaria 2009, ha dato solo una parziale risposta ai 5.000 lavoratori licenziati nell'ultimo anno sprovvisti di ammortizzatori sociali e che niente è stato fatto per la stabilizzazione dei lavoratori precari,

impegna la Giunta regionale a

1) chiedere al Governo e all'ENI di far assumere ai siti di Porto Torres ed Assemini valenza nazionale nel processo di ottimizzazione e razionalizzazione in atto, anche alla luce delle determinazioni che sta assumendo la Regione Veneto;

2) un confronto con il Governo nazionale finalizzato ad ottenere certezze sull'abbattimento dei costi delle tariffe elettriche, in linea con la media dei costi europei per l'industria energivora sarda;

3) negoziare col Governo, nella more della metanizzazione, attraverso la leva fiscale, l'equiparazione del costo della caloria prodotta in Sardegna con combustibili diversi dal metano a quella prodotta nel resto della penisola col metano;

4) reperire nel collegato alla finanziaria regionale le risorse sufficienti per dare risposta a tutti i 5.000 lavoratori privi di ammortizzatori sociali;

5) inserire nel collegato alla finanziaria le norme e le risorse per la stabilizzazione dei tanti lavoratori precari, a partire dalla stessa Amministrazione regionale, degli enti e altre amministrazioni pubbliche e predisporre politiche di incentivazione per le imprese che assumono a tempo indeterminato;

6) dare attuazione al Piano energetico regionale per incentivare le imprese ad investire nelle aree industriali per la riconversione degli impianti di produzione di tipo convenzionale in impianti da fonti rinnovabili;

7) recuperare tutte le risorse disponibili da destinare alla bonifica delle aree industriali e di quelle interessate da attività estrattiva. (8)

Interpellanza Planetta - Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto Torres.

I sottoscritti,

considerata la condizione di grave compromissione delle condizioni ambientali nel sito industriale di Porto Torres sulle quali esiste un'azione della magistratura sassarese;

tenuto conto che tali condizioni sono da mettere in relazione all'attività di imprese legate direttamente o indirettamente nel presente e nel passato all'ENI (industria dello Stato italiano);

ritenuto che sia da porre come prioritaria, per la difesa dell'occupazione, della salute dei lavoratori e dei cittadini del nord ovest della Sardegna, un'imponente azione di bonifica,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione, l'Assessore regionale dell'industria e l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente per sapere se:

1) al tavolo delle trattative con l'ENI, fissato per il 21 maggio 2009, il tema delle bonifiche sia posto come primo punto all'ordine del giorno;

2) vengano subito discusse le modalità, i tempi di erogazione e le risorse da destinare al SIN (Sito di interesse nazionale) di Porto Torres per tali bonifiche;

3) venga realizzato nell'immediato, a gestione pubblica, un sistema di monitoraggio delle emissioni e delle dismissioni relative alle attività ancora in essere;

4) la richiesta di salvataggio di imprese ormai fuori mercato non sia usata per spostare l'attenzione dalle bonifiche consentendo così il disimpegno di chi ha fortemente compromesso la salute dell'ambiente e dei cittadini del nord ovest della Sardegna. (13).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Uno dei presentatori delle mozioni ha facoltà di illustrarle.

Ricordo che il tempo a disposizione per l'illustrazione è di venti minuti.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Signora Presidente, le ragioni che ci hanno costretto a presentare la nostra mozione sono diverse; innanzitutto il precipitare drammatico della crisi, che non risparmia nessuno; l'assenza, da parte vostra, della percezione della gravità della crisi stessa e dei conseguenti effetti su larghi strati della popolazione sarda; l'incapacità della Giunta, in particolare degli Assessorati dell'industria e del lavoro che, mi dispiace, anche stamane brillino per assenza, e dell'intera maggioranza ad aggredire le ragioni della crisi; infine, l'esigenza di coinvolgere l'intero Consiglio in un dibattito sulla crisi al fine di individuare una qualche via d'uscita da questa situazione. Poi la decisione dell'ENI, avallata dal Governo, ha fatto il resto, provocando la reazione indignata di tutti e forse…

(Brusio in Aula)

Presidente, io non riesco a…

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Diana. Prego i colleghi di avere rispetto nei confronti di chi interviene perché il brusio disturba. Chi deve conversare lo può fare fuori dall'Aula. Prego, onorevole Diana.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Dicevo, infine la decisione dell'ENI, avallata dal Governo, ha fatto il resto provocando per fortuna la reazione indignata di tutti e forse ciò ha rappresentato, anche per voi, una sferzata che spero vi costringa a uscire dal torpore che finora vi ha contraddistinto. Indubbiamente la riunione dell'8 luglio a Roma, l'assemblea di ieri in quest'Aula, gli impegni da lei assunti, Presidente, somigliano a segni di risveglio. Presidente, anche per tutto ciò, si manifesti con azioni conseguenti. A nome dei partiti dell'opposizione…

Scusate, sarà colpa mia, ma non riesco a…

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Diana. Colleghi, non disturbate l'oratore, grazie.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Mi rivolgevo a lei e al Presidente della Regione, che oggi sappiamo assente per altri impegni, perché tutto ciò si manifesti con azioni conseguenti. A nome dei partiti che hanno sottoscritto la mozione, le voglio succintamente illustrare il contenuto della stessa.

Nell'ultimo anno in Sardegna si sono persi 30 mila posti di lavoro, di cui 20 mila nella sola industria. Il tasso di disoccupazione è tornato a crescere, attestandosi intorno al 13,3 per cento. La crisi, come abbiamo ricordato anche ieri, coinvolge l'intero sistema produttivo e, più in generale, quello economico. Gli stessi fattori alla produzione, costi energetici, trasporti, credito, costituiscono una sensibile diseconomia per l'intero sistema economico isolano.

Voglio inoltre ricordare che il sistema produttivo sardo è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici. Infatti, il contributo di valore aggiunto dell'industria è sotto il 13 per cento, contro una media del Mezzogiorno che supera il 16 per cento e la media nazionale che si attesta intorno al 25 per cento. Gli addetti in questo settore in Sardegna superano di poco il 10 per cento per cento, la media nazionale è pari al 22 per cento. Ciò vuole dire una sola cosa, vorrei ribadirlo con molta fermezza, e cioè che in Sardegna non è vero che c'è troppa industria, è vero l'esatto contrario.

Ieri in quest'aula la Presidente del Consiglio, Claudia Lombardo, ha speso parole importanti sul modello di sviluppo e sul ruolo fondamentale dell'attività industriale, concetti reiterati dal presidente Cappellacci nella sua replica. Ebbene, se questa è la volontà della maggioranza, fate arrivare segnali forti e concreti in questa direzione, senza chinare la testa, come ha ricordato ieri la Presidente del Consiglio regionale. C'è bisogno di questo immediatamente perché nell'Isola, nei mesi di aprile e maggio, il livello di fiducia delle imprese è calato del 6 per cento, mentre nel resto d'Italia è cresciuto del 3 per cento. Io credo che questo debba in qualche maniera preoccupare tutti.

Ma la drammaticità della crisi la constatiamo anche attraverso i dati sulla cassa integrazione che ormai, come è stato ricordato anche ieri, interessa 4 mila lavoratori e sono oltre 350 le imprese che vi hanno fatto ricorso, con un aumento nell'ultimo anno - badate, non è una cifra sparata così, sono dati Istat -,pari al 500 per cento. Questo è lo specchio che sta di fronte a noi.

Gli occupati nell'ultimo anno sono diminuiti di alcune migliaia, attestandosi intorno alle 600 mila unità; gli occupati, quindi, in Sardegna sono un terzo della popolazione. E' una delle percentuali più basse d'Europa. Io credo che anche questo debba, in una certa misura, preoccuparci. Non basta. Di questi 600 mila occupati 430 mila sono lavoratori dipendenti; di questi 430 mila oltre 100 mila in questa regione sono lavoratori che hanno contratti atipici.

In questa regione - lo voglio ricordare - la dinamica delle trasformazioni dei contratti atipici in contratti a tempo indeterminato è la più bassa d'Italia, e questo porta la Sardegna ad avere in percentuale il numero più alto di lavoratori precari rispetto agli occupati. Credo sia un primato di cui non dobbiamo andare assolutamente orgogliosi.

Ma c'è un altro dato allarmante che vorrei portare all'attenzione di tutti, innanzitutto di noi stessi, per carità, e che vi prego, comunque, di non sottovalutare. I redditi da lavoro dipendente in questa regione sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto alle regioni del centro-nord, dati Istat e non certamente dei centri studi dei partiti dell'opposizione consiliare. Ancora, il reddito medio mensile delle pensioni INPS in Sardegna è pari a 614,22 euro, la media nazionale è di 781,89, quella del centro è di 795,58, quella del nord è di 845,48 euro. Anche da questa amara realtà si capisce perché circa 400 mila sardi, cioè il 22 per cento delle famiglie sarde, è costretta a vivere sotto la soglia della povertà relativa.

Risparmio a tutti noi il tentativo di rappresentare il dramma di chi, per effetto della perdita di lavoro o di chi, pur avendo un lavoro, vive questa condizione; una condizione che spesso viene vissuta come un fatto privato, gravato da sensi di colpa e frustrazioni perchè solo politiche sociali mirate potrebbero lenire il disagio in attesa di una ricollocazione.

Negli anni passati si è fatto molto, ma oggi gli effetti della crisi richiedono uno sforzo, ahinoi, maggiore. Servono protezioni sociali capaci di rispondere ai meno fortunati di quest'isola. Per questo abbiamo insistito, in occasione della discussione sulla finanziaria e ora sul collegato, affinché si mettano in essere azioni e si stanzino risorse di sostegno alla domanda, in particolare per la parte più debole della nostra società. Con questa stessa mozione chiediamo interventi e risorse a sostegno della domanda e dei settori produttivi.

Signor Presidente, vorremmo che la discussione su questa mozione si concludesse con un dispositivo unitario che impegni lei, la sua Giunta nei confronti del Governo e delle parti datoriali, consentendo scelte chiare, senza titubanze, sulle vostre azioni di governo.

Certo, Presidente, non pensiamo di addossarvi tutta le responsabilità. Le ragioni della crisi non nascono da metà febbraio scorso, tuttavia le politiche del Governo in questo stesso lasso di tempo sono state devastanti per l'economia della Sardegna. Basti pensare allo spostamento del G8, allo scippo dei fondi FAS, alla Sassari-Olbia e, infine, il colpo mortale alla chimica voluto dall'ENI e dal Governo. Spiace dirlo, mi creda, ma avete subito queste scelte devastanti per l'isola, come dire, supinamente, non abbiamo ancora visto una reazione all'altezza degli attacchi e degli affronti che ci sono stati portati.

In quest'Aula spesso (è accaduto anche ieri), sento citare i grandi padri dell'autonomismo, ma non basta citarli per dare ruolo e significato alla funzione autonomistica. La funzione autonomistica si svolge innanzitutto impedendo che qualcuno, come fa il Governo, calpesti i nostri diritti. Nemmeno in questo finora avete brillato. Ancora ieri, in quest'Aula, c'è stato un forte appello all'unità politica, istituzionale, con le forze sociali. In tanti, Presidente, le hanno chiesto di assumersi la responsabilità di rappresentare l'indignazione e il malcontento dei sardi.

Presidente, evitiamo retorica e appelli all'unità general-generica; l'unità si costruisce indicando con chiarezza quali sono gli interessi da rappresentare e combattendo con forza chi si oppone alla tutela di quegli interessi. E' innegabile che il Governo e il Presidente del Consiglio dei Ministri non lavorino per interpretare e rispondere a queste attese dei sardi; perciò, presidente Cappellacci, non è più procrastinabile un confronto negoziale, forte, con il Governo. Per farlo ci vogliono coraggio e idee chiare. Ebbene, il coraggio, dopo la riunione dell'8 luglio a Roma, lo sciopero del 10 delle organizzazioni sindacali, l'Assemblea di ieri, il coraggio, ripeto, non dovrebbe assolutamente mancare dopo questo ampio mandato che avete ricevuto. Per quanto attiene alle idee, invece, con rispetto, nulla di personale, finora ne ho sentito poche, quindi probabilmente insieme al coraggio è necessario registrare qualcosa anche su quel piano.

Presidente Cappellacci, ieri ci ha ricordato che la Sardegna non ha bisogno di veleni. Ma quali veleni? I veleni certamente non vengono da noi. Io spero in un dibattito ampio su questa mozione, senza presunzione, per carità, perché nelle scorse settimane abbiamo sentito opinioni differenti all'interno della maggioranza sul modello di sviluppo; non basta dire modello di sviluppo, modello di sviluppo equilibrato, bisogna dire che cosa si intende per modello di sviluppo e ho sentito opinioni diametralmente opposte.

Siamo qui per assumerci le nostre responsabilità, vogliamo svelenire il clima, lo abbiamo dimostrato, credo, in queste settimane, durante la finanziaria, la discussione in queste ore e in questi giorni nelle varie Commissioni sul collegato alla finanziaria e nell'atteggiamento responsabile assunto anche ieri e che manterremo nei prossimi giorni. Vediamo però se anche da parte vostra c'è questo intendimento, con responsabilità, decidiamo che cosa dobbiamo pretendere dal Governo e che cosa dobbiamo fare qui. A queste condizioni, Presidente, avrà il nostro appoggio, ma sappia che non siamo disponibili a condividere, come avete fatto finora, decisioni che ledono gli interessi dei sardi.

Le chiediamo, infine, Presidente, se c'è la disponibilità (nel rispetto di quella chiarezza e di qualche idea), sui punti sui quali impegniamo la Giunta nella mozione, che chiaramente potranno essere integrati, a lavorare per un dispositivo unitario; certamente non ci sottraiamo a questo confronto, anzi, noi lo auspichiamo. Lo dico in particolare all'assessore La Spisa che, insieme a me, è stato firmatario dei tanti accordi, che ieri il presidente Cappellacci ha sottolineato debbano essere ricordati, sulla chimica, sull'energia, sul tessile, sul riequilibro dei trasporti tra ferro e gommato, sull'agroindustria.

Nell'intervento, applauditissimo, Beppe Pisanu ha detto molto chiaramente (forse è sfuggito oppure abbiamo voluto fare gli struzzi) che a Porto Torres - lo dico ai colleghi del Nord Sardegna -interessa il lavoro, sacrosante parole, non interessa altro perché sarà un punto nodale. Quando si affermano queste cose vuol dire che il cracking è chiuso e che Pisanu non deve scaricare sulle organizzazioni sindacali questa responsabilità perché di questo stiamo parlando, e spero di essere smentito nei prossimi giorni in quest'Aula.

Allora, noi chiediamo che i siti di Porto Torres e Assemini, nel confronto sulla chimica, assumano una valenza nazionale perché ne hanno i requisiti dal punto di vista tecnologico e dell'impatto ambientale. Chiediamo un confronto col Governo sui costi dell'energia elettrica per tutti, non è sufficiente quello che è stato licenziato nei giorni scorsi dai due rami del Parlamento.

Vi chiediamo, onorevole La Spisa, ancora una volta di aprire un negoziato forte con il Governo affinché, attraverso la leva fiscale, si equipari il prezzo della caloria prodotta in Sardegna, con combustibili diversi dal metano, a quella prodotta nel resto della Penisola con il metano. Questa è una diseconomia che talvolta, per alcune produzioni, supera la quota del 30 per cento. Così come vi chiediamo risorse per dare una risposta a tutti quei lavoratori, sono 5 mila, che hanno perso il posto di lavoro e non hanno ammortizzatori sociali; così come vi chiediamo norme cogenti, si sta lavorando in questa direzione in maniera interessante nella Commissione terza, in collaborazione con le altre Commissioni, per dare una risposta ai troppi precari di quest'isola.

Non dimentichiamo, inoltre, la vergogna (tutti dobbiamo sentirla), dei tanti lavoratori interinali che operano a fianco dei lavoratori dipendenti delle altre imprese e vivono con l'angoscia maggiore di quella che vivono i lavoratori con contratti atipici, e ce ne sono tanti, troppi in quest'isola. Chiediamo, inoltre, l'istituzione di un fondo di solidarietà sociale in cui confluiscano tutte le risorse destinate al sostegno al reddito; così come è indispensabile sapere, visto che non abbiamo capito, almeno io non l'ho capito, che fine hanno fatto le risorse FAS per le bonifiche, come si intendono recuperare risorse per avviare davvero delle bonifiche. Lo dico con grande rispetto agli amici sardisti, denunciamo l'ENI, siamo i primi, denunciamo subito, non so se avremo immediatamente le risorse dall'ENI per avviare le bonifiche. Intanto i fondi FAS c'erano e ci sono stati portati via dal Governo e sarebbe interessante capire come intendete recuperarli.

Infine, noi vi chiediamo di presentare entro 30 giorni il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione, di cui alla legge regionale numero 20 del 2005; nonché a predisporre e inviare, per la definitiva approvazione, il Piano regionale di formazione per la sicurezza sul lavoro, di cui alla legge regionale numero 8 del 2008.

Non voglio qui richiamare i recenti, tragici eventi, ma in questa Regione non va meglio rispetto ad altri luoghi, in questa Regione muore per cause di lavoro un lavoratore ogni 7-8 giorni. Questa Regione ha la percentuale più alta per gli incidenti sul lavoro che provocano un'invalidità permanente superiore al 60 per cento. Quindi non siamo immuni purtroppo da questo fenomeno.

Infine, non prendetela come una provocazione, io spero che l'iniziativa di questi giorni, quella delle prossime ore, costringa il Governo a chiedere all'ENI di revocare la fermata del cracking; se non fosse possibile, se il Governo al di là delle pacche permettesse all'ENI di confermare (come ha annunciato ieri il senatore Pisanu) la fermata del cracking, allora io chiedo al Presidente di questa Regione di essere conseguente con gli impegni che ha assunto,non durante la campagna elettorale, bensì ieri. Allora, noi materialmente, in testa il Presidente della Regione, dobbiamo impedire fisicamente che si fermi il cracking, a costo di essere il 1 agosto a Porto Torres nello stabilimento per impedire materialmente che ciò avvenga. Se questo avverrà, probabilmente saremo di fronte a un atteggiamento conseguente a tanti pronunciamenti.

PRESIDENTE. Poiché nessuno dei presentatori dell'interpellanza ha domandato di illustrarla, do la parola al primo iscritto a parlare.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

Ricordo ai consiglieri che intendono prendere la parola che devono iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento.

SABATINI (P.D.). Intervengo brevemente per svolgere alcune considerazioni partendo dal fatto che è difficile intervenire in questo dibattito dopo che ieri sono stati trattati molti dei temi che oggi sono stati posti all'attenzione dal collega Giampaolo Diana. Io non sono tra quelli che pensano che l'iniziativa di ieri, cioè la convocazione di un'assemblea che ha visto partecipi questo Consiglio, i deputati e i senatori sardi, i rappresentanti degli enti locali, le forze sociali e datoriali svilisca le funzioni di questo Consiglio regionale. Credo sia stato un momento importante che ha visto un dibattito che in alcuni momenti ha toccato livelli di eccellenza. Un'occasione chiaramente che noi non dobbiamo disperdere, che non dobbiamo sprecare, ma anzi dobbiamo coltivare e far crescere.

L'unità dei sardi, che sfociò nella bellissima manifestazione a Roma nella scorsa legislatura, ottenne lo straordinario risultato di un nuovo regime per le entrate di cui certamente oggi dobbiamo chiedere il pieno rispetto. La Sardegna vive oggi un momento difficile che, purtroppo, rischia di aggravarsi ancora di più nei prossimi mesi perché questo ci dicono i dati e le previsioni economiche. Negare questo è sbagliato, lo ritengo sbagliato; invece dobbiamo prenderne coscienza e consapevolezza e lavorare al fine di trovare soluzioni anche nell'immediato. E' una situazione allarmante ed è importante capire la necessità di ritrovare la coesione così da rafforzare una vertenza con lo Stato, questo è lo scopo della coesione, che non sarà né facile né semplice.

Per questo mi può anche andare bene che il presidente Cappellacci porti nel cuore i problemi della Sardegna, ma credo che ci sarà più bisogno di battere i pugni sul tavolo; e per quanto mi riguarda, stante le cose che sono state compiute ai danni della Sardegna in questi mesi, se volerà anche qualche posacenere a quel tavolo andrà ugualmente bene.

A parte queste considerazioni, premetto che sarebbe un errore ridurre quella vertenza ai soli temi della chimica, dobbiamo invece porre a quel tavolo in modo più ampio i problemi legati al ritardo di sviluppo che affligge la nostra Regione. Voglio però precisare che, lo ripeto, io sono perché si ricerchi la massima coesione, perché si coinvolgano davvero tutte le istituzioni, le forze sociali, ma allo stesso tempo non dimentico che la massima espressione del popolo sardo è questo Consiglio regionale, e chi ha la massima responsabilità della situazione dell'andamento sociale ed economico di questa isola è questa istituzione.

Il Presidente della Regione, delegato a condurre questa vertenza, dovrà riferire a questo Consiglio regionale che rappresenta il popolo sardo. Quindi facciamo tesoro di momenti importanti quali l'assemblea di ieri, raccogliamo la riflessione che è venuta da quel dibattito, ma ricordiamoci che abbiamo il dovere di esercitare fino in fondo, come Consiglio regionale, la nostra funzione, il compito che ci è stato affidato dai sardi e che è sancito dalla Costituzione e dal nostro Statuto; altrimenti, davvero, momenti come quelli di ieri rischiano di svilire la funzione di questo Consesso.

Ecco perché sono estremamente convinto che la discussione congiunta di queste due mozioni debba concludersi con l'approvazione di un ordine del giorno unitario, che specifichi i punti che vanno portati alla vertenza con lo Stato, che riprenda gli impegni che sono stati enunciati ieri e che questa Assemblea deve completare e fare propri così che quel documento diventi un punto di riferimento, un mandato di questo Consiglio regionale, non solo sul tema della chimica, ma su tutti i temi del sottosviluppo.

Perché, vedete, il tema è quello del ritardo di sviluppo per cui, nonostante la spendita di un intero POR, di ulteriori fondi che sono stati trasferiti a questa Regione, la Sardegna è ancora legata al ritardo che hanno tutte le altre Regioni del Meridione. Viviamo un'epoca in cui anziché allentare queste differenze, questa Italia continua a camminare sempre di più a due velocità; e questo fenomeno non è avvenuto in altre parti d'Europa dove altri territori, come l'Andalusia in Spagna, sono riusciti attraverso la spendita di quei fondi a recuperare il ritardo di sviluppo. Noi non ci siamo riusciti.

Qualcuno ieri ha richiamato a una responsabilità delle istituzioni sarde e della politica sarda; io credo che ci sia anche una responsabilità dello Stato, perché tanti fondi (a volte i fondi POR) hanno sostituito i trasferimenti ordinari dello Stato. E se vogliamo approfondire come sono stati distribuiti i Fondi per le aree sottoutilizzate in Italia, vediamo che sono andati a finire in zone che non erano ascrivibili a questa categoria, sono stati distratti cioè dalle aree che davvero avevano bisogno di quei fondi, quindi anche dalla Sardegna. Oggi, più che mai, dobbiamo vigilare perché molti dei fondi che si stanno distraendo erano stati già impegnati per la nostra Regione, ma questi impegni, ora, non vengono mantenuti.

La Sardegna, già dagli anni '70, fa passi indietro in tutti i dati economici. Se noi rileggiamo quell'utile strumento che produce il CRENOS, ormai da diversi anni, nel quale appare il rapporto sull'economia della Sardegna, notiamo che i dati non si muovono in positivo, ma dagli anni '70, come ho già detto, i dati sullo sviluppo economico della nostra Isola registrano un segno negativo . In questi giorni stiamo lavorando, nella Commissione bilancio, mi pare bene, su alcuni temi, li abbiamo definiti i "temi franchi", per dare risposte all'emergenza. Un lavoro utile, credo che caratterizzi in modo positivo il disegno di legge che è all'esame in terza Commissione, e che spero riusciremo nei prossimi giorni ad approvare con una piena condivisione tra maggioranza, opposizione e Giunta.

Certamente non basta dare risposta alle emergenze, noi abbiamo bisogno di continuare il cammino delle riforme strutturali di questa Regione, abbiamo bisogno di monitorare tutte le opere strutturali che sono in corso, penso alle opere legate all'energia, alle infrastrutture dei trasporti e della viabilità, per superare i problemi. C'è però una ulteriore questione che mi pare costituisca davvero il principale blocco dello sviluppo in Sardegna e anche nel nostro Paese. E' il tema della macchina amministrativa. In questa Regione la macchina amministrativa è un blocco allo sviluppo. Io capisco che questo è un tema importante...

PRESIDENTE. Onorevole Sabatini, il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Presidente, il collega Sabatini ha riferito dell'Assemblea di ieri ispirata da uno sforzo unitario non consueto, nemmeno scontato, frutto della straordinarietà del momento e del grande senso di responsabilità che, allo stato, stanno dimostrando i Gruppi e le forze dell'opposizione. Ieri nel dibattito ci si è concentrati in particolar modo sulla crisi della chimica, ma molti, diversi e ripetuti accenni comunque sono stati fatti anche alla più vasta crisi che sta investendo il nostro tessuto produttivo, come accennava anche il collega poc'anzi.

La Sardegna è appena uscita dall'Obiettivo 1, ma l'essere usciti dall'Obiettivo 1 non significa uscire anche dal ritardo di sviluppo che persiste comunque; la differenza è che non abbiamo più le risorse per superarlo. Siamo una Regione in cui alla crisi della chimica si associa una crisi più vasta di tutto il tessuto produttivo, in particolare di quello industriale (specialmente le industrie energivore) e dell'agro-alimentare (agricoltura e allevamento), ma avremo modo di tornarci.

Una Regione dove, oltre a queste dei grandi comparti, tante e molteplici sono le situazioni che io chiamo di micro crisi, piccole imprese in grossa difficoltà economica. Cito solo la mia provincia, il Medio-Campidano; una provincia povera, una provincia dove forte è il disagio insediativo, lo spopolamento, dove è notevole la presenza di micro imprese. Nella provincia del Medio-Campidano una miriade di aziende sta chiudendo; e la cosa più drammatica è che queste aziende stanno chiudendo nell'indifferenza generale, quasi facendosi trascinare dalla rassegnazione.

Sono piccole aziende che chiudono e non fanno rumore. Sono piccole aziende che chiudono e non suscitano la grande mobilitazione, come quella che abbiamo visto ieri. Piccole aziende che chiudono e che non suscitano i titoli in prima pagina sui giornali. Sono piccole aziende che però messe l'una dietro l'altra "fanno i numeri", e sono numeri importanti per la nostra Regione. Ne cito solo alcuni. Nella fonderia di San Gavino, la cui crisi è legata a quella di Portovesme, i cassintegrati sono 48.. Nell'indotto ci sono altre 68 persone in cassa integrazione.

Nella miniera di Santu Miali, della Sardinia Gold Mining, ci sono 42 cassintegrati, e il liquidatore rifiuta addirittura una concessione mineraria che gli dà la Regione. Da oltre tre mesi è chiuso l'albergo pubblico nelle terme di Sardara, nell'indifferenza generale, altri 28 posti di lavoro. Il Consorzio Sardo cereali, nell'indifferenza della Regione, lascia a casa 6 dipendenti. Alla Scaini ci sono oltre 100 lavoratori in mobilità dal 2000. La Usai materie plastiche, 32 dipendenti, è chiusa dal 2006 in attesa della proroga della mobilità. La Poliplastica del Vomero ha in attesa di mobilità 18 dipendenti. La Ceramica mediterranea, nel giro di otto mesi ha perso circa 40 posti di lavoro.

Queste sono alcune delle aziende già chiuse per motivi diversi: costo dell'energia, difficoltà di mercato, spesso anche insipienza della classe dirigente, mi riferisco sia agli amministratori locali che ai dirigenti delle aziende in questione. Ma hanno un unico filo conduttore: chiudono. Sono tanti posti di lavoro che, sommati, sono assimilabili a quelli delle grandi imprese che chiudono. Ci sono però anche altre aziende nel nostro territorio, nel territorio regionale, che funzionano e che rischiano di chiudere per altri motivi. Mi riferisco alla Keller. Sulla Keller elettromeccanica ci siamo pronunciati già altre due volte in questo Consiglio regionale, ogni volta abbiamo avuto rassicurazioni da Trenitalia.

Nei giorni scorsi Trenitalia ha comunicato alla Keller, sempre con decisione unilaterale, come quella dell'ENI, di voler annullare le commesse; non stiamo parlando pertanto di decisioni frutto di un confronto, di una discussione che porti un impegno per una riconversione, per una sostituzione degli strumenti che oggi sono in campo. Sono decisioni unilaterali.

La Keller elettromeccanica è un'azienda che occupa circa 300 dipendenti, ai quali si sommano ulteriori 80 addetti per le lavorazioni dell'indotto. Perché rischia di chiudere? Non ne parla nessuno, non ne parla nessuno! Ci sono le mozioni presentate in questo Consiglio regionale che non sono state messe all'ordine del giorno, ci sono rassicurazioni di Trenitalia, e poi dirò anche di quello. Chiude perché Trenitalia con decisione unilaterale ha deciso di sopprimere l'unico traghetto, il "Garibaldi", che costituisce infrastruttura e trasporta i vagoni oltre Tirreno.

Costituisce infrastruttura, quindi è un patrimonio dei sardi, come tutta la rete infrastrutturale, è un patrimonio pubblico, il traghetto Garibaldi è un patrimonio pubblico perché è la continuazione della linea ferroviaria verso il Continente; una società di proprietà dello Stato decide che quel pezzo di patrimonio non esiste più, quindi si taglia, addirittura si fa rottamare, nello stesso momento in cui le Ferrovie dello Stato danno rassicurazioni alla Giunta regionale, si bandisce una gara d'appalto per rottamare il traghetto Garibaldi! E' una vergogna che lo Stato stia danneggiando la Sardegna in questa maniera!

Ieri, con decisione unilaterale, abbiamo rivendicato il ruolo auto-propulsivo che la Sardegna deve avere. Abbiamo rivendicato il nostro ruolo di attori nella programmazione del nostro futuro; con voce univoca in questo Consesso abbiamo detto: "Noi dobbiamo essere gli attori del nostro futuro, noi dobbiamo programmare". Abbiamo anche detto però che non possiamo avere lo Stato contro, l'abbiamo detto per l'ENI ma oggi vale per Trenitalia, per le Ferrovie dello Stato, chiamiamole come vogliamo, ma è sempre la stessa cosa.

Lo Stato deve concorrere, se è necessario assecondare le nostre azioni, i nostri programmi di sviluppo. Non può essere lo Stato a infierire su una economia già in crisi perché questo è quello che sta facendo; se ci sono aziende di Stato, io continuo a chiamarle così, che infieriscono su una economia già in crisi, noi ci dobbiamo opporre. Ecco perché domani è necessario portare al tavolo del Governo, e porla con forza, anche la questione della continuità territoriale delle merci, ma non in maniera generale, bensì tenendo ben presente il caso specifico perché sarebbero altri 400 posti di lavoro a rischio, un rischio concreto.

Io penso che domani al tavolo del Governo debba essere posta con insistenza la sospensione di questi provvedimenti di Trenitalia, il Governo deve fare questo! Ormai basta, non dobbiamo più parlare con Trenitalia, con Ferrovie dello Stato, ci stanno imbrogliando! Come ci sta imbrogliando l'ENI! Deve essere lo Stato che dice che come è necessaria l'infrastruttura del ponte sullo Stretto di Messina, si stanno spendendo 6 miliardi di euro , sono necessarie le infrastrutture che collegano la Sardegna con il Continente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mulas. Ne ha facoltà.

MULAS (Gruppo Misto). Presidente, onestamente, io rispetto a quanto è avvenuto ieri non sono poi così soddisfatto per un motivo molto semplice che mi pare vada detto in premessa; cioè che la ricerca spasmodica in questi ultimi tempi, a tutti i livelli, di una parvenza di unità che possa portare a delle soluzioni reali del problema economico più generale non sia una unità che viene ricercata quasi per nascondere eventuali responsabilità, ma sia resa giustificabile da un'esigenza, che l'intera classe politica avrà da qui a qualche tempo, di stare uniti nel produrre idee ed evitare di pavoneggiarsi ogni volta con esternazioni più o meno colorite, dialettiche, che di fatto non fanno altro che rivangare che cosa è avvenuto nel passato.

Noi ci troveremo a dover "far fronte", con una sorta di unità fisica, quasi, oltre che di classe, contro chi non percepirà più questa classe dirigente, regionale e nazionale, come vicina agli interessi e alla risoluzione degli interessi e dei problemi del popolo sardo in questo caso, e nazionale in futuro. La ricerca dell'unità servirà per ricomporre un quadro politico che dia una proiezione futura governabile, ed entro nel merito poi del problema economico.

Ieri gli interventi sono stati incentrati soprattutto sulla grave difficoltà che stanno attraversando in questi ultimi tempi, in maniera palese, il petrolchimico e la chimica nazionale con il disinteressamento da parte di ENI, ormai manifesto, e che per troppo tempo forse non siamo riusciti a gestire e a governare. Io penso che debba essere cambiata la prospettiva dalla quale noi avviamo la discussione, occorre cioè rimettere l'Eni al proprio posto, ovvero quella di una società partecipata, fortemente partecipata, che negli anni noi abbiamo fatto sì divenisse una delle multinazionali più forti al mondo.

Facendo questo potremo riappropriarci del ruolo di indirizzo economico che per troppo tempo abbiamo abdicato in favore dell'ENI. All' ENI dovremmo dire (questo dovrebbe emergere nella discussione della mozione), da qui a due giorni, al tavolo nazionale, alcune cose ben chiare, non in difesa rispetto a ciò che vorremmo mantenesse, ma in attacco rispetto a ciò che noi vorremmo facesse. Dico questo perché per troppi anni noi, per tutelare posti di lavoro che man mano sono andati riducendosi, abbiamo giocato una partita in difesa cercando di tutelare la non chiusura di alcuni impianti senza entrare nel merito di ciò che l'ENI stava producendo nei territori interessati.

Ora Porto Torres, che in questo caso è l'oggetto del contendere degli ultimi giorni, ma che di fatto riassume quello che sta accadendo un po' ovunque, si trova ad affrontare una crisi che ormai è irreversibile; pertanto, al tavolo con l'ENI io gradirei si avesse il coraggio di mettere nel conto anche la chiusura dello stabilimento ENI, e lo dice uno che ci lavora e ci ha lavorato fino a qualche tempo fa. Questo perché, se così non facessimo, da qui a qualche giorno non riusciremmo a stanare ENI sulle altre logiche industriali che sta attuando. E quali sono queste altre logiche industriali?

Corre voce ormai da troppo tempo, e di fatto così si sta manifestando, che si stia occupando più di energia che di chimica, questo è il core business sul quale non sta sicuramente a me, né a noi, entrare. Però, sta a noi entrare nel merito del core business di ENI nel momento in cui la dismissione incondizionata degli impianti petrolchimici non presuppone reinvestimenti negli stessi territori. L'ENI ha intenzione di costruire delle centrali elettriche a carbone e su questo io vorrei che si partecipasse alla discussione, in quel tavolo, perché così facendo ENI, di fatto… scusate sono emotivamente forse troppo interessato al problema e dunque evito di leggere o di mal leggere queste cose, reintervengo completamente. Io negli interventi di ieri ho molto apprezzato la ricerca della soluzione rispetto al problema industriale in Sardegna e ho apprezzato molto… scusate, non riesco a intervenire, perdonatemi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi e colleghe, dopo la giornata di ieri diventa anche difficile aggiungere elementi alla discussione, alla voglia e alla compattezza di fronteggiare la grave crisi che attraversa in questo momento la Sardegna. I dati contenuti nella mozione, e illustrati dallo stesso onorevole Diana poco fa, la dicono lunga e devono farci riflettere sul fatto che sia necessario avviare nell'immediato una nuova strategia e un nuovo progetto socioeconomico per la nostra isola.

Dalla discussione emerge che i temi che quest'Aula condivide sono molti e, quindi, credo che ci sia la necessità di guardare oltre. Il crollo dell'occupazione, l'implementazione della disoccupazione, il tracollo industriale non lasciano quindi margini a ripensamenti o tentennamenti. Come dicevo, ieri ci siamo soffermati sull'ENI e sulla necessità di bloccare la chiusura degli stabilimenti che manderebbe a casa oltre 3.500 lavoratori, con le gravi conseguenze sociali che indubbiamente ne deriverebbero; certamente ci vuole un decisivo intervento politico che tamponi un processo che, a mio avviso, comunque è irreversibile.

L'ENI lo ha già fatto in Sardegna con la dismissione delle miniere, e certamente adotterà la stessa tecnica con la chimica, ci trascinerà, così come del resto da tempo sta avvenendo nel comparto della stessa chimica di base, se è vero come è vero che da 12.000 addetti nella sua massima espansione, oggi ne contiamo 3.500; quindi, il processo della dismissione diluita nel tempo è già in atto, consentendo al colosso statale di uscire indenne dall'Isola, scaricandoci le drammatiche conseguenze che noi tutti conosciamo: impianti fatiscenti, aree inquinate e implemento delle dinamiche sociali che si abbatteranno sugli enti locali, già oberati dalle problematiche poste dalle 400.000 persone, il 22 per cento delle famiglie, che oggi vivono sotto la soglia di povertà relativa.

Certo, abbiamo sottoscritto accordi di programma sin dal 2003, ma a quanto pare sono ancora al palo e tutt'oggi continuiamo con le rivendicazioni. Condivido quindi che si chieda alla Giunta regionale di impegnarsi (apprezzo la limpidezza e la determinazione dell'impegno politico manifestato ieri dalla Giunta regionale col suo Presidente) - per portare il Governo e l'ENI al mantenimento dell'attività, dando ai siti più importanti, quelli di Porto Torres e di Assemini, la valenza nazionale. E' certo che per ottenere questo importante risultato e per garantirci ancora una quota rilevante di industrializzazione bisogna contestualmente azzerare l'handicap del costo dell'energia e dei trasporti, tema, ripeto, che continuamente in quest'Aula ormai tutti quanti condividiamo e forse è arrivato il tempo per il passaggio ad atti concreti che abbattano definitivamente questo grande handicap: la Sardegna deve concorrere in maniera paritetica con il resto della Nazione, non può esserci industria competitiva se non si colmano le differenze dei costi energetici e di quelli chilometrici per i trasporti.

Raggiunto l'obiettivo principale del mantenimento dell'occupazione, l'ENI va richiamata immediatamente a intervenire nelle aree inquinate e trasformate dalle attività industriali ormai in disuso e abbandonate. Non bisogna ripetere l'errore fatto sulle aree minerarie dismesse; credo, infatti, che sia necessario riprendere al più presto anche questo grande tema tuttora aperto perchè, a dieci anni dall'inserimento delle aree minerarie dismesse del Sulcis-Iglesiente e del Guspinese fra gli ambiti di interesse nazionale per il loro totale risanamento, siamo ancora al palo, mentre anche oggi leggo che si spendono altri 20 milioni di euro di fondi regionali per le bonifiche nei siti che invece dovrebbero essere di competenza nazionale.

Su questo argomento occorre rifletterci e riprenderlo in esame perché consentirebbe di recuperare le aree dismesse, che la SNAM e le società dell'ENI ci hanno lasciato, per nuova industrializzazione, per nuove attività produttive.

In questa fase sottolineiamo un'altra grande emergenza (i dati che l'onorevole Diana ha poc'anzi elencato sono spaventosi e riguardano appunto i 5 mila lavoratori privi di ammortizzatori sociali) che è rappresentata dalla stabilizzazione dei lavoratori precari della stessa Amministrazione regionale, degli enti e di altre amministrazioni pubbliche. C'è l'impegno adesso, nel collegato, per dare una risposta; questo è un segno sicuramente importante, tangibile e sensibile da parte della Regione Sardegna, però bisogna anche qui passare dal momento dell'emergenza ad atti concreti, ad azioni di stabilizzazione di questi processi perché non si ripetano nel tempo, altrimenti rincorreremo sempre le situazioni di emergenza.

La soluzione della precarietà del lavoro e dell'insicurezza delle piccole e medie imprese regionali passa per un nuovo modello di sviluppo che sfrutti la centralità mediterranea dell'Isola per farne una piattaforma di servizi a supporto del commercio e delle produzioni mediterranee. Quindi pensiamo alla Sardegna zona franca, alla infrastrutturazione portuale e aeroportuale, a una viabilità nord-sud che raccordi i poli più importanti della portualità marittima e aerea, nello spirito, per riesumare uno slogan forse, ma non del tutto, utopistico, o della realizzazione delle "autostrade" del mare, del cielo e della terra. Sono progetti che possono davvero essere utili alla Sardegna e possono anche concretizzarsi.

Quindi, per concludere questa mia riflessione, sottolineo ulteriormente la necessità di prendere decisioni e di passare dalle buone intenzioni ai fatti concreti, quindi: infrastrutture, nuova industrializzazione manifatturiera, agricoltura, piccola e media impresa, turismo e cultura, sono risorse integrate e non monocultura, che devono essere "farcite", io credo, dalla nostra forte identità sarda che penso sia quell'elemento che ci proietterà nel futuro con specificità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Dopo la maratona di ieri oggi stiamo giocando un tempo supplementare, anche se il termine "giocare" è decisamente improprio per la drammaticità della situazione che vive la Sardegna; ciò che intendo dire è che questa mozione, che arriva in Aula oggi, segue il lungo dibattito svolto ieri che ha messo in evidenza la drammaticità della crisi che vive la nostra regione e sulla quale un po' tutti, con toni e contenuti diversi, hanno riaffermato un concetto espresso con determinazione dall'onorevole Pisanu: prima la Sardegna. Prima la Sardegna e poi tutte le altre cose che seguono, a iniziare dall'appartenenza ai Gruppi politici che è doveroso, comunque, tenere sempre in evidenza perché non tutto ci accomuna anche se, in questo momento, ci unisce la forte determinazione a dare risposte ai bisogni della nostra isola.

Tutti insieme si può, è stato detto, anche ieri più volte; ed è un richiamo di cui la letteratura mondiale è piena perchè in molte occasioni, di fronte a situazioni drammatiche dei popoli, delle comunità, si fa appello all'unità. Unità che è stata definita "bambina" e che ieri, forse, ha preso anche qualche schiaffo; io devo dire che due schiaffi non hanno fatto mai male a nessuno e, infatti, come genitore, come insegnante e come allenatore di nuoto e pallanuoto, di schiaffi credo di averne distribuito diversi, ma sono serviti a "raddrizzare", a far crescere, a migliorare. Credo quindi che se due schiaffi vengono dati con atteggiamento positivo possano essere utili anche a chi muove passi importanti all'insegna dell'unità (manifestata almeno negli intenti in quest'Aula), permettendoci di richiedere tutti insieme le risposte che vogliamo in questo momento dal Governo nazionale, per iniziare, ma anche dal Governo regionale,.

Io credo che comunque sarebbe un errore, anche questo qualcuno lo ha detto aggrapparsi alla sola chimica, perché sarebbe come la vicenda di un naufrago maldestro che invece che aggrapparsi ad un solido e robusto galleggiante si affidasse, per salvarsi, ad una di quelle tante buste di plastica che troviamo nei nostri mari. Sarebbe maldestro e preoccupante fare questo per uscire dalla crisi. Questo non vuol dire che la chimica non deve rimanere comunque un impegno forte di noi tutti. Noi affermiamo e sosteniamo però che occorre un serio progetto di rinascita per mettere in piedi un serio progetto di sviluppo per la Sardegna.

Ieri la presidente Lombardo ha detto che l'industria è fondamentale, che non si vive solo di turismo e di agricoltura; implicitamente ha detto anche che non si vive di sola industria. Occorre un progetto articolato per uscire da questa situazione drammatica e dalla crisi economica che noi attraversiamo nei termini in cui ieri è stata messa in evidenza, e che oggi con questa mozione vogliamo ancora sottolineare. E' una situazione che viene da lontano, che addirittura precede la grave crisi economica mondiale sulla quale tutti siamo concentrati per capire come uscirne.

Nella mozione si fa riferimento ai 30 mila posti di lavoro persi in Sardegna che sono un autentico terremoto o, forse, peggio di un terremoto per quanto riguarda le conseguenze. Un dato la cui gravità è solo leggermente lenita da quello sul lavoro nero, diffuso, che dà sicuramente qualche risposta in termini economici, ma che umilia e mortifica la condizione di tanti lavoratori sardi. Come ben sappiamola crisi è vasta, è a tutto campo; e alla mancanza di lavoro, che abbiamo evidenziato con questa mozione, si aggiunge anche un altro dato drammatico che è quello relativo all'alto costo della vita; alto costo della vita che vede i sardi ulteriormente esposti, in una situazione di disagio per far fronte alla spesa quotidiana e all'alto costo della casa che rimane anch'essa una delle emergenze, una delle priorità per tanti sardi, soprattutto nelle aree urbane dove il fenomeno è accentuato e bisogna darvi risposta.

Gli alti costi degli studi, soprattutto degli studi universitari, e la condizione di insularità che porta molti giovani a scegliere di frequentare le facoltà in Italia e in Europa. L'insieme di questi aspetti rende drammatica la condizione complessiva dalla quale dobbiamo assolutamente trovare il modo di uscire.

Come ben sappiamo oggi, che stiamo affrontando l'esame del nuovo strumento finanziario, non ci sono le risorse per dare risposte a tutto; questo vuole dire che dobbiamo fare delle scelte, che dobbiamo individuare delle priorità alle quali, attraverso un indirizzo sapiente di quello strumento, incominciare a dare risposte. Rimane in ogni caso il problema dell'occupazione;e voglio sottolineare il punto 11 della mozione nel quale invitiamo la Giunta regionale a presentare entro 30 giorni il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione di cui alla legge regionale numero 20 del 2005. Sicuramente questa sarà già una prima risposta seria e concreta ai problemi dell'occupazione.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, onorevoli colleghi, ieri abbiamo celebrato l'unità della Sardegna, oggi basta vedere quanti siamo in Aula. Stiamo delegittimando il Parlamento dei sardi e, forse, stiamo anche scrivendo una delle repliche, non sempre utili, dell'indignazione e dell'impotenza politica a cui noi sardisti non vorremmo partecipare. La stessa struttura della mozione in discussione non ci è particolarmente gradita, a noi pare manchi anche oggi la coscienza che la radice della crisi industriale della Sardegna non è economica ma politica.

Io non vorrei solo enunciare ma dimostrare un primo dato di sintesi, di cui non dobbiamo mai dimenticarci. L'industria chimica in Italia è il settore industriale storicamente più intrecciato e dipendente dalla politica italiana. Tutta la chimica italiana nasce, si sviluppa e muore in un rapporto equivoco con la politica, ma non nel senso che si potrebbe pensare, che tutti pensiamo, cioè con la prevalenza della politica, ma nella direzione opposta e cioè con la dipendenza della politica dal denaro. Il ceto politico italiano ha chiesto due cose sempre all'industria di Stato: soldi per la corruzione, lavoro per il consenso. Questa era ed è l'Italia. Non stupisce che sia stato giustamente scritto che la crisi della chimica negli anni '70 nasce dall'incapacità del ceto politico italiano di costruire un sistema integrato tra chimica, energia e ricerca.

Questa era ed è l'Italia esausta in cui amavano inserirsi parlamentari e Presidenti di Regione della Sardegna. Il paradosso dello Stato che realizza con un'azienda di Stato lo sviluppo della Sardegna, cioè che lo realizza finanziando se stesso non venne eccepito dai campioni dell'autonomismo di allora, celebrati ancora oggi. Si guardò solo ai due fattori di cui sopra: soldi per la politica e lavoro. Fu questa un'eccezione, in un quadro invece di sviluppo virtuoso in Italia e dei rapporti tra le imprese e lo Stato? No. Fu uno sviluppo coerente di una costante italiana dove lo Stato è una dimensione solo formale perché è senza storia, e dove invece il dato reale è il privilegio accordato sin dal principio del Risorgimento alla èlite che governa.

Bisogna sempre ricordarsi come è nato il capitalismo italiano moderno. Ve lo ricordo: nasce da un favore, come tante cose in Italia. Nasce nel 1862 quando la Camera dei Deputati affidò a un imprenditore toscano la costruzione della rete ferroviaria del sud anziché sviluppare il rapporto già in essere con i Rothschild. Questa scelta comportò che lo Stato pagasse 210.000 lire a chilometro, un costo esorbitante che garantiva all'imprenditore di subappaltare con un guadagno netto di 10.000 lire a chilometro. Ci fu la solita Commissione di inchiesta, ma non se ne venne a capo; quell'imprenditore si chiamava Bastogi.

Oggi a proposito del mancato legame tra la chimica e l'energia, che avrebbe salvato la chimica in Sardegna, tutta l'Europa ci irride per i certificati verdi concessi a un imprenditore per bruciare i residui della raffinazione del suo petrolio. C'è insomma un imprenditore, unico in Italia e nel mondo, scelto dalla politica, come Bastogi, che fa gli utili dai contributi pubblici finanziati dalle bollette degli italiani. Questa è l'Italia che, nella fattispecie della nostra vicenda, ha scelto Sartor e lo ha fatto fallire.

Chiedo ai colleghi: si può avere fiducia in uno Stato che ha passato gli ultimi 20-30 anni a parlare della flessibilità del lavoro, a cercare di comprimere il costo del lavoro per provare a vincere l'impossibile confronto con altri almeno 2 miliardi di persone disponibili a lavorare con salari da due a cinque volte più bassi? Si può avere fiducia in un'Italia così cieca? Io credo di no! Io affermo che l'Italia è uno Stato esausto. Il suo debito pubblico è cresciuto dall'inizio dell'anno del 5,4 per cento. L'Italia finanzia il Nord con i Fondi delle aree sottoutilizzate, cioè con fondi del Sud che sono l'unico fondo sopravvissuto all'indebitamento dello Stato. L'Italia finanzia il mancato introito dell'Ici con i fondi FAS, questa è l'Italia. Chiedetevi ora chi è più forte tra l'Eni e l'Italia. Potrei sbagliarmi, ma secondo me lo sciopero degli operai sardi ha portato il Governo italiano a ridurre dal 7 al 5 per cento la tassa per il rientro dei capitali dall'estero, all'estero l'Eni ha vinto la sua battaglia. Chiedetevi ora chi è più forte tra l'Italia e l'Eni.

Noi siamo radicalmente contrari ad atteggiamenti questuanti verso il Governo e verso l'Eni; in termini generali siamo convinti che possiamo costruire per la Sardegna un futuro migliore distinguendolo dalle sorti dell'Italia. Noi siamo convinti che possiamo fare da soli.

C'è stato nei due partiti maggiori chi ci ha voluto ricordare che la Sardegna non ce la farebbe da sola; non ci sono dati disponibili sui bilanci fiscali delle Regioni e si sbaglia a farli sui bilanci di competenza. Vi faccio un esempio: il caso della celebre legge numero 64 del 1986, con cui negli anni '80 si è finanziato l'intervento nel Mezzogiorno. A fronte di 10 mila miliardi stanziati nel bilancio di competenza solo 6 mila vennero realmente trasferiti. E perché? Perché la Ragioneria dello Stato consentì alla Cassa del Mezzogiorno di prelevare solo 500 milioni all'anno. Questa è l'Italia.

Che cosa ci dicono dunque i dati veri, quei dati disponibili? Lo dico sperando seriamente di intaccare fortemente la vostra fiducia nell'Italia. Dicono che nel decennio 1996-2006 la spesa per le amministrazioni centrali dello Stato è aumentata del 115 per cento, quella per le amministrazioni locali del 78. Ciò significa che il federalismo è una colossale bufala, un grande pretesto per un nuovo centralismo governato da Milano e non da Roma. Un altro dato che sta all'origine della nuova egemonia lombardo-emiliana: nel 1995, anno del più alto costo del debito della storia della Repubblica italiana, la Lombardia concorreva a pagare gli interessi sul debito col 30 per cento del suo prelievo fiscale. Questo prelievo è all'origine del cambio della politica nel Nord dell'Italia. Bene, nasconde però il dato vero, che il 91,2 per cento del debito italiano veniva destinato a finanziare le regioni del Nord.

Un altro dato, per mettere in crisi la vostra fiducia nella marcia Italia: guardiamo al rapporto tra la pressione fiscale e il PIL. In Trentino questo rapporto è pari al 3,24, in Sardegna è pari al doppio. Ciò significa che la pressione fiscale in Sardegna è la vera emergenza perché non applica il meccanismo e il principio della progressività dell'imposta. Qui l'imposta vale doppio.

Allora, chiedo ai colleghi, che cosa vi serve per mettere in discussione questo vincolo di dipendenza con l'Italia? Oppure temiamo che per costituire uno Stato sardo ci mancherebbero le risorse? Anche all'Italia mancarono, guardate. Mancarono anche all'Italia. Cavour finanziò l'Unità d'Italia con capitali francesi e inglesi; De Gasperi ha finanziato la ricostruzione con capitale americano; gli Stati Uniti, durante la rivoluzione e durante la guerra civile, utilizzarono largamente capitali europei.

Uno Stato sardo si può fare, si può fare, lo dico con una certa emozione. Ciò che serve è una classe dirigente che perda i sui vizi estremi, di cui ieri c'è stato il tripudio; il localismo, per cui la patria è il proprio paese di residenza, la paura della responsabilità, la paura dei grandi disegni, delegati ai grandi leader italiani, che poi ammorbano la Sardegna, come stanno facendo anche ora, con i veleni del correntismo. Ragionate e ragioniamo, anche in sede diversa da questa, sul fatto che la militanza nei partiti italiani costringe a costruire faticosamente, come si è cercato di fare ieri, l'unità della Sardegna su fatti specifici, costringe a costruire l'unità sulle vertenze, non l'unità politica, stabile della Sardegna.

L'episodicità dell'unità indebolisce ogni rapporto, fa sì che, anche quando il Presidente della Regione protesta, il suo grido sia, nei corridoi di uno Stato esangue come l'Italia, poco più che un sospiro. Non si può essere uniti a singhiozzo. E la vostra militanza nei partiti italiani è all'origine dell'intermittenza della nostra forza.

Noi cerchiamo interlocutori per costruire uno Stato, chiediamo di parlare per costruire uno Stato. Lo dico con riferimento a ieri: il sardismo non è un trucco per le feste e le vertenze, non si impara leggendo i libri e ripetendo le frasi fatte, il sardismo è fatica e coraggio. Non va accettato, vi prego di credermi, di discutere di chimica senza discutere di politica e di potere. Chi lo accetta sta già accettando di stare non di fronte ma ai piedi del Governo italiano, e noi né lì né qui stiamo ai piedi degli sgabelli o degli inginocchiatoi. Siamo pronti a rinunciare a ogni carica per combattere la prepotenza e per costruire lo Stato che ci piacerebbe costruire.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, credo che l'intervento dell'onorevole Maninchedda abbia avuto il pregio di squarciare un po' il velo su una discussione che anche a me è apparsa eccessivamente retorica in queste ore, a partire da ieri. Credo che l'onorevole Maninchedda, nel suo appello per un'assunzione di responsabilità da parte dei sardi, abbia ragione. Si dimentica però che spesso noi stessi, le nostre classi dirigenti, siamo stati inclini al Governo centrale, siamo stati spesso succubi, partecipi o compartecipi di un sistema che non puntava alla riscossa sociale e morale della nostra Regione ma, in qualche modo, manteneva uno status quo funzionale anche alla perpetuazione delle classi dirigenti sarde. Queste cose le ha dette anche l'onorevole Maninchedda in passato.

Allora, qual è il tema di queste ore e di oggi? Il tema è che noi abbiamo fatto un "richiamo alle armi", abbiamo richiamato a una grande unità, alla fine, sul mero esercizio di un diritto rappresentato dal fatto che l'ENI non potesse smantellare da un giorno all'altro, non potesse lasciare lavoratori nella disperazione dopo avere estratto industrie e inquinato i siti - il sito di Porto Torres è uno dei più disastrati d'Europa - non potesse lasciare il disastro ambientale al quale sommare un disastro di carattere sociale. C'è anche un rischio in questo tentativo di richiamo all'unità (tentativo al quale noi abbiamo dimostrato di voler partecipare), questo lo dobbiamo dire forte; lo dobbiamo dire all'assessore La Spisa, che ha l'incombenza di rappresentare tutta la Giunta e il presidente Cappellacci, il rischio è che le parole si sommino alle parole, le promesse si sommino alle promesse, e le nuove cerchino di far dimenticare quelle fatte in precedenza.

Cito un esempio; ieri il Presidente della Regione ha concluso gli interventi con una serie di richieste allo Stato; tra queste una richiesta di presa di posizione forte nei confronti dell'ENI per il mantenimento degli impegni assunti, per l'immediata ripresa dell'attività produttiva, per la riattivazione della filiera del cumene e fenolo, per dare urgente attuazione alla filiera del cloro e PVC, per riportare alla discussione regionale e nazionale l'aspetto strategico della chimica in Sardegna. Insomma, una sostanziale ripresa dell'accordo di programma del 2003.

Queste richieste che vi ho letto non sono state formulate nell'intervento del presidente Cappellacci di ieri, ma fanno parte della dichiarazione con la quale il 2 gennaio ha aperto la sua campagna elettorale dopo un incontro con i sindacati. A distanza di sette mesi il Presidente della Regione, dopo un lungo dibattito, è venuto a dirci le stesse parole, veramente un caso di copia e incolla tanto che sospetto che chi ha scritto quelle parole il 2 gennaio sia lo stesso che ha scritto la dichiarazione del Presidente di ieri, 15 luglio. Siamo a un punto fermo.

Con un'operazione molto abile, si usa questo ciclo retorico. Io faccio una promessa, che è quella di mantenere la chimica o di non procedere allo smantellamento della chimica senza prevedere percorsi alternativi; sostanzialmente faccio diventare la promessa un diritto, faccio capire che quella promessa è in discussione, e la faccio mettere in discussione non da un soggetto terzo, ma da un soggetto, Scaroni, che io stesso ho portato alla guida di un'azienda di Stato; un soggetto, pertanto, che dipende da me, dipende dal mio indirizzo politico, la faccio mettere in discussione da un soggetto apparentemente terzo, dopo di che intervengo di nuovo per dire che il pericolo non c'è più e che magari il cracking può andare avanti. Un perfetto ciclo retorico, come dicevo, alla fine del quale sono tornato al punto di partenza e non è cambiato nulla, se non che ho potuto ancora una volta propinare ai sardi, in qualche modo, la pretesa di aver mantenuto un impegno.

Io credo, davvero, che sia necessario fare un passo avanti, e lo dico con tutta l'apertura possibile al sostegno che noi possiamo dare alla rivendicazione nei confronti dello Stato; rivendicazione che però va fatta su cose più importanti. Io sono d'accordo quando l'onorevole Maninchedda dice: "Io non posso richiamare l'unità sulle vertenze, specie quando sono diritti". Benissimo, facciamo manifestazioni a Roma, ma non è lì che io posso chiamare a raccolta il popolo sardo, non è con l'ennesima chimera di uno Statuto che non verrà mai approvato da un soggetto come lo Stato, specie in questa fase in cui ridiscute del federalismo fiscale, che riattivo l'unità.

Io l'unità dal popolo sardo, la dignità e l'orgoglio del popolo sardo li posso richiamare quando chiedo l'esercizio dei diritti, quando rivendico autonomia in forma concreta. Allora, io devo certamente riaprire quella vertenza, quel rapporto con lo Stato, ma lo devo aprire chiedendo leve per poter procedere alla mia autodeterminazione. In questi mesi ho fatto il contrario, purtroppo.

Quando si è discusso di G8 ho accettato che anche lo Statuto esistente, mi permetto anche di parlare di nuovi Statuti, fosse carta straccia, perché il Presidente della Regione non è stato neanche invitato a quel tavolo, al quale doveva essere invitato, per discutere del trasferimento del G8 a L'Aquila; e non c'è stato uno "stracciarsi le vesti" quando i fondi FAS sono stati scippati alla Sardegna, anche i 400 milioni di fondi FAS destinati proprio alle bonifiche di quei siti ambientali, che potevano anche consentire di tracciare un percorso alternativo a quello della chimica per quelle popolazioni, per quegli addetti. Un percorso alternativo che attraverso la bonifica dei siti potesse portare, magari, alla attivazione di un'industria diversa, un'industria verde o anche al rilancio di un'industria turistica.

Parliamo di un'altra vertenza importante, una vertenza che in realtà sanciva un diritto, quella sulle entrate, che oggi è a metà del guado, onorevole La Spisa, è a metà del guado! E io vorrei che fosse di nuovo inserita anche nel dispositivo di questa mozione. Noi sappiamo che la vertenza entrate ha portato alla disponibilità della Regione Sardegna 1.600 milioni di euro, ma sono 1.600 milioni di euro che sono soltanto sulla carta; e non sono 1.600 milioni di euro di regalia, sono 1.600 milioni di euro che derivano da compartecipazione al gettito fiscale su prodotti che riguardano persone e aziende che operano in Sardegna, quindi che in qualche modo utilizzano, sfruttano il nostro territorio.

Allora, quei 1.600 milioni di euro possono dare risposte certamente per gli ammortizzatori sociali, certamente per la scuola, certamente per le famiglie disagiate, certamente per pensare a un'industria di tipo diverso, certamente per le infrastrutture di cui la Sardegna ha grande bisogno; ma quei 1.600 milioni, per diventare leva di sviluppo, senza chiedere il permesso a nessuno, senza fare nuove vertenze, senza doverci di nuovo appendere alle speranze di una revisione in senso federale della Costituzione (quindi sperare che ci arrivi qualche ipotetico riconoscimento per l'insularità), per essere spesi, insomma, hanno bisogno di una riscrittura del patto di stabilità, altrimenti rimangono lettera morta, altrimenti rimangono lettera morta!

Io avrei voluto sentire ieri il Presidente della Regione, e spero di sentire l'assessore La Spisa nella sua replica, dire che l'unità la richiamiamo per andare tutti a Roma a chiedere quei soldi, che sono i nostri, non sono una concessione, non sono frutto di un altro accordo, non sono frutto di un'altra vertenza, ma consegnano a noi, ai sardi, alla classe dirigente sarda, a questa Giunta, la possibilità concreta di mettere in campo interventi nel settore industriale, sociale, economico, del disagio; a chiedere quindi che quei soldi siano nella nostra disponibilità e smettere nel contempo di parlare di Statuto.

Noi dobbiamo vergognarci di parlare di Statuto perché non meritiamo di parlarne se non riscriviamo una legge statutaria che modifichi per esempio la forma di governo, che di nuovo ponga vincoli alle incompatibilità, per esempio, tra Assessori e consiglieri regionali che oggi non sono rispettate, per cui oggi chi è controllato è controllore. In un contesto in cui non siamo capaci neanche di darci una legge elettorale autonoma, noi ci permettiamo di parlare dello Statuto!

Allora, ben venga l'unità, ben venga il richiamo all'unità del popolo sardo, ma su cose nobili: sulla richiesta del rispetto dei nostri diritti, per riconsegnare ai sardi, al popolo sardo, alla nostra classe dirigente, a questa Giunta, leve per poter incidere sul proprio futuro, per potersi autodeterminare, altrimenti sarà, ancora una volta, pura retorica di cui non abbiamo bisogno.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, cari colleghi, siamo all'alba di una depressione economica e finanziaria, forse la più grave da 80 anni a questa parte. Direi che da quando il capitalismo ha perso il potere, la crisi sembra essere una sua condizione naturale; se il mercato è il miglior meccanismo di ripartizione delle risorse rare, è però incapace di creare lo Stato di diritto di cui ha bisogno, e la domanda necessaria al totale impiego dei mezzi di produzione. Dunque, affinché una società di mercato funzioni efficacemente occorre, allo stesso tempo, che uno Stato di diritto garantisca il diritto alla proprietà, nessuno lo nega, imponga il mantenimento della concorrenza, crei una domanda attraverso salari accettabili e commesse pubbliche; ciò presuppone un intervento politico, possibilmente democratico e non totalitario, nella ripartizione dei redditi e dei patrimoni.

E' dentro questo spirito di nobiltà umana che la nostra mozione odierna si inserisce. Aggiungerei che questa crisi economica che colpisce la Sardegna si è trasformata in una enorme crisi sociale, politica e, soprattutto, culturale. Basta pensare alla scuola e all'università per capire che l'Italia non considera affatto la ricerca e la formazione, che sono invece i veri pilastri del progredire di ogni nazione; l'Italia investe lo 0,8 per cento del Pil nella ricerca, Harvard University, negli Stati Uniti, investe più di tutte le Università europee messe insieme.

La crisi economica attuale colpisce parecchio la Sardegna; il settore industriale è paralizzato e non abbiamo nessuna prospettiva per rimediare a questa apocalisse. Forse non ci siamo resi conto che questo settore, e in particolare il comparto chimico sardo, è già in crisi da decenni; noi non abbiamo capito che bisognava cambiare strada, abbiamo investito risorse pubbliche enormi, risorse che potevano creare una grande rivoluzione agropastorale. L'industria o la petrolchimica non è adatta al nostro territorio, lo dico anche contro il parere della nostra cara Presidente, crea solo inquinamento, morti bianche, malattie, costi economici e sociali altissimi; ci possiamo salvare, dunque, se riusciamo a diminuire gli effetti negativi della crescita, e qui si parla della decrescita, che è anche un mezzo del progredire.

Primo, bisogna rivalutare, rivedere i valori in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita; altruismo e non egoismo, cooperazione piuttosto che concorrenza… posso avere un po' di silenzio, per cortesia?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, non disturbate l'oratore.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo anche di recuperare il tempo. Ristrutturare, adattare in funzione del cambiamento e del valore le strutture economiche e produttive in modelli di consumo e rapporti sociali e stili di vita. Rilocalizzare, consumare essenzialmente prodotti locali, prodotti da aziende sostenute dalle economie locali. Ridistribuire, garantire l'accesso alle risorse e a una equa redistribuzione della ricchezza, assicurando un lavoro soddisfacente; predare meno piuttosto che dare di più. Ridurre il consumo eccessivo per assicurare a tutti condizioni di vita eque e dignitose. Riutilizzare, riparare le apparecchiature e i beni d'uso anziché gettarli in una discarica, superando così l'ossessione funzionale della società dei consumi …della pseudo eccellenza degli oggetti e la continua tensione al nuovo. Riciclare, recuperare tutti gli scarti, non decomponibili, derivanti dalla nostra società.

Nella storia sono rare le nazioni che hanno potuto sperimentare una rapida crescita economica, accompagnata da una riduzione della povertà, senza fare affidamento, prima o durante questo rapido sviluppo, all'attività agricola; l'agricoltura è la vera sicurezza alimentare in un'epoca in cui la nostra civiltà è totalmente dipendente dal petrolio per la propria produzione alimentare. Dobbiamo pensare anche all'irrigazione come fattore di energia agricola. Nel 2009, per esempio, sono nate più imprese agricole che industriali;lo dice l'Oscar Green in un recente convegno tenutosi a Roma.

L'agricoltura, secondo l'Istat, è l'unico settore a far segnare un aumento tendenziale del valore aggiunto. In Italia sono quasi 100 mila i giovani under 35 che hanno scelto di porsi alla guida di aziende agricole, e rappresentano la componente più dinamica dell'agricoltura italiana. E' una tendenza comune anche a molti Paesi industrializzati, come gli Stati Uniti dove per la prima volta si è invertito il trend che ha portato allo spopolamento delle campagne, come rilevato da un censimento che ha fatto registrare un aumento dell'azienda agricola americana del 4 per cento negli ultimi cinque anni.

La nostra salvezza - e qui sono, forse, la voce discordante - è nell'agricoltura, nella pastorizia, nella pesca, nella piccola e media industria, nell'artigianato e nel commercio, nella professionalità e nel mondo giovanile, nella scuola e nell'università, nella cooperazione euro-mediterranea, nel turismo non di massa ma nel turismo culturale. Finiamola con le imprese inquinanti, energivore, che bloccano il nostro progredire e ci rendono degli esseri ricattabili e di facile manipolazione.

Aziende come l'ENI devono ridarci i nostri territori originari, ripulire l'ambiente a proprie spese investendo in cantieri e lavoro sicuro per le opere di bonifica e riqualificazione ambientale. Che la Regione investa in intelligenza e benessere, informazione e ricerca, cultura e agricoltura, sfruttando l'energia e le fonti rinnovabili, sole e vento, che in Sardegna non mancano. Difendiamo le nostre coste, i nostri prodotti, la nostra autonomia cooperativa, la nostra memoria collettiva, il nostro mare, le nostre montagne, i nostri laghi. Umanizziamo le nostre città, partendo non dalla nostra divergenza politica, ma dal nostro intendimento del valore della polis nella sua dimensione platonica, umana e socio-culturale, sfruttando i fondi e le risorse europee.

E' l'ideologia delle democrazie di mercato che oggi è in crisi, ma attenzione. Non bisogna escludere, infatti, che questa crisi provochi un movimento di rivolta, già in corso peraltro, e di violenza politica accompagnato da un ritorno all'odio di classe. Dopo tutto non sarebbe una formidabile conferma della validità delle idee di Marx, quella di un capitalismo che splende, mondiale ma suicida?

Questa crisi è anche l'occasione per comprendere come un piccolo gruppo di persone senza produrre ricchezza possa accaparrarsi, nella più completa legalità e senza essere controllato da nessuno, la gran parte della ricchezza prodotta e anche per vedere come questo stesso gruppo, avendo rapinato qua e là, sotto forma di premi e bonus, stia facendo pagare i suoi formidabili profitti ai contribuenti, ai salariati, ai consumatori, agli imprenditori e ai risparmiatori di tutto il mondo, obbligando gli Stati a trovare in pochi giorni, per riempire i vuoti lasciati nelle loro casse, delle somme di denaro mille volte superiori a quelle che gli stessi Governi rifiutano ogni giorno, ostinatamente, ai Paesi più svantaggiati e alla fame del resto del mondo.

Certamente questa confisca si attua in modo legale, onesto, non violento e del resto è ciò che costituirà, agli occhi di alcuni, il principale motivo di una rivolta: se questo è legale, allora il sistema che permette tale aberrazione non ha più ragione di essere. Ciò che dobbiamo fare e fare subito è scoprire, mettere alla prova la regola del fare, insediarsi nel punto esatto in cui…

PRESIDENTE. Onorevole Ben Amara, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Signor Presidente e colleghi, sono soddisfatto di prendere la parola in un'Aula semideserta perché questo mi aiuta a dare ragione di alcune evidenze; e, poiché non siamo bambini, dovremmo perlomeno guardarci gli uni con gli altri e dire che cosa accade. Spenti i riflettori delle grandi occasioni, sembra che ci siamo rincamminati - è l'evidenza - nella strada lenta, ma inesorabile della nostra delegittimazione. Io non so se la manifestazione di ieri si poneva l'obiettivo di ricercare proposte; se ciò fosse, ha fallito. Se ciò fosse ha fallito! E in ragione di questa affermazione mi pareva più logico che questa discussione avvenisse prima della manifestazione di ieri, perché i luoghi e le istituzioni proponenti e decidenti avessero la priorità rispetto alle istituzioni partecipative, e non il contrario, e perché noi esistiamo in quanto abbiamo il dovere di decidere e di proporre.

Ma c'era la ricerca dell'unità. Ma davvero siamo convinti, profondamente, che di fronte all'enormità dei problemi di cui parliamo qualcuno si alzi per dire che non partecipa e che non vuole dare il suo contributo unitario a una soluzione di questo tipo? Ma davvero c'era bisogno? Unità. Di che cosa, però? Mi è parso unità di fini, non si è parlato delle modalità con le quali avremmo potuto conseguire unità di strumenti, di proposte, di azione.

Io non parlerò del Governo nazionale e neppure del Governo regionale, perché bisogna parlare di Stato e di Regione, perché siamo insieme, nelle reciproche responsabilità degli anni, a dover affrontare un problema di questo genere. E non siamo ai tempi delle Partecipazioni statali, dove si poteva pretendere che le decisioni dello Stato sovrastassero i criteri della produttività e i canoni delle normali gestioni economiche, perché sia la globalizzazione che il debito pubblico ci pongono in maniera diversa rispetto al modo di affrontare questi problemi; problemi le cui dimensioni, come è stato detto e ripetuto, sono enormi e la cui origine è dettata da ragioni strutturali e non congiunturali, perché questa differenza va apprezzata.

Non siamo in una condizione congiunturale, siamo in una condizione di deficit strutturale, per la quale, facendo anche un po' di memoria - e lo dico non molto positivamente, per quello che mi riguarda - persino il Governo fascista del ventennio, di fronte alla situazione della Sardegna negli anni della crisi del '29, tirò fuori la cosiddetta "legge del miliardo", perché sapeva che non si sarebbe usciti dalla crisi nazionale se non con l'accompagnamento di tutti e di tutte le componenti istituzionali nazionali, in una condizione nella quale la Sardegna scontava un ritardo enorme rispetto al resto d'Italia. Persino il Governo fascista di quegli anni si accorse che i provvedimenti dovevano andare oltre l'esigenza unitaria.

Però non è così, e io credo che il dovere che abbiamo è quello di andare oltre le intenzioni. Io credo che Cappellacci andrà a Roma certamente con le buone intenzioni che ci ha ripetuto ieri, ma sostanzialmente e concretamente riceverà soltanto qualche pacca sulla spalla, pochino per un Governo regionale e anche per un Parlamento regionale.

Io credo che di fronte a questi problemi sarebbe utile lanciare una sfida allo Stato, e dico subito in che termini; ed è il contenuto di quello che noi dovremmo poter andare a proporre a Roma in una sfida che voglia essere risolutiva, con il superamento della consuetudine e della liturgia che ci portiamo appresso in queste circostanze. La Sardegna ha bisogno di un piano straordinario per le politiche industriali e ha bisogno di costruirlo con un margine di tempo ampio per provvedere a tutte le stabilizzazioni, alle riconversioni, alle nuove localizzazioni che un processo così profondo di crisi necessita in una Sardegna già ampiamente in ritardo.

Noi dobbiamo chiedere allo Stato di sottoscrivere un piano straordinario di questo genere, sul quale la Regione deve avere il coraggio di andare fra qualche giorno a Roma e dire che mette sul tavolo un terzo dei nuovi introiti dei quali dal 2010, in base all'articolo 8, potrà usufruire perché questo costituisca anche un impegno dello Stato di riconoscerli e di metterli a finalizzazione. Se noi metteremo 500 milioni di euro all'anno per cinque anni, chiedendo allo Stato di metterne altrettanto, noi avremo la cifra che ci può consentire di gestire un piano in grado di guardare alla prospettiva e di chiedere agli interlocutori industriali di pazientare per dare modo alla Sardegna di uscire con i tempi e con gli strumenti giusti da questa crisi che è una crisi non solo della chimica, ma è la crisi industriale della Sardegna.

Questa sarebbe la sfida che va lanciata allo Stato, non a questo Governo, allo Stato, se fosse in noi la condizione vera di uscire dalle parole e dalle constatazioni e diventare istituzione decidente. Lo possiamo fare, possiamo vincolare con un ordine del giorno la Giunta regionale su questa prospettiva; e questo sarebbe il kit di cui molti partiti si servono oggi per istruire i propri militanti, il kit indispensabile per andare a Roma a dire che in parte ci facciamo carico noi, con le nostre responsabilità, con i nostri soldi, della ristrutturazione del sistema industriale in Sardegna.

Quando però le istituzioni sono deboli, come mostriamo in questa sequenza di fatti, accade che anche questa istituzione si appropri di termini e di metodiche che invece sono molto tipiche delle lotte sindacali, non me ne abbiano i sindacati. Ma noi siamo altra cosa. Parlare di vertenze, di tavoli, di assemblee del popolo sardo sono tutte questioni e termini che non implicano né il dovere né il potere decidente, governante delle istituzioni, ma implicano azioni interlocutorie, non decidenti. Sono ruoli diversi. Questa debolezza che ci porta a scendere su quel terreno va recuperata perché lì sta la nostra autonomia, lì sta la nostra visibilità, lì sta la nostra funzione. Avete voglia voi, e chiunque di noi, di dire: "Noi siamo i più alti rappresentanti del popolo sardo". Dove? In che cosa? Perché? Da che cosa i sardi si dovrebbero accorgere che siamo tali, se non siamo in grado di fare altro che raccogliere soltanto quei pochi rimasugli dei buoni auspici e non far vedere, a loro, che disegniamo con lungimiranza una prospettiva che implica impegno, messa in gioco diretta della Regione, delle proprie risorse.

Io credo che la nostra parte politica non potrà stare a lungo, e non starà, su questa china populista inconcludente. Noi vogliamo atti di governo, Governi governanti e Parlamenti decidenti. E poiché in questi giorni si esagera pure alquanto su proposte, su temi, è bene dire da subito che non esiste più davvero una via statutaria allo sviluppo e all'uscita dal sottosviluppo della Regione, e dunque, la riscrittura dello Statuto appartiene ai doveri non negoziabili di questo Consiglio; quindi, a parte le belle lettere didascaliche piene di buoni intenzioni sul tema, per quello che ci riguarda noi stiamo ancora aspettando che la maggioranza sciolga definitivamente la riserva, che ha espresso in Commissione, se affrontare o meno il tema dello Statuto che ha congelato e per il quale aspetta ordini da non si sa bene chi debba decidere per lui.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Se qualche dubbio l'avevo, e lo confesso, sulle difficoltà di affrontare con strumenti appropriati l'entità di questa crisi globale che investe anche la nostra isola, dopo l'intervento dell'onorevole Gian Valerio Sanna penso che poi così male questo Governo e questa maggioranza non sta facendo. Lo dico perché io ho colto con attenzione le sue riflessioni, acute quanto però scevre, a mio avviso, di alcuni dati di fatto che debbono riportare dal piano della teoria generale a quello della realtà, delle conseguenze di questa situazione che quotidianamente noi consiglieri regionali, le parti sociali, chi ha incarichi istituzionali, il mondo produttivo, i cittadini viviamo direttamente.

Avremo anche altre occasioni per misurarci sul piano, davvero interessante, della necessità di fare forse qualcosa di più che rivendicare una autonomia un po' sbiadita, soprattutto nel corso di questi ultimi anni, pensare ad un modello di autorganizzazione; però anche lì il discorso ci porterebbe lontano, lo dico con affetto al mio amico Paolo Maninchedda, perché da un lato prefiguriamo la creazione di uno Stato sardo, dall'altro però c'è sempre questa nostra tendenza a rimanere attaccati con la colla alla mammella di mamma Italia.

Allora, io che non sono capace di addentrarmi su questioni di questa portata, rimango con i piedi per terra e mi occuperò nello specifico del tema che l'onorevole Giampaolo Diana ha posto illustrando la mozione. Ha chiuso il suo intervento come hanno fatto anche altri colleghi dell'opposizione con un richiamo alla unità. Io penso che ci siano gli spazi per chiudere questo dibattito con un ordine del giorno, mi auguro, unitario perché la mozione affronta aspetti che non possono non essere condivisibili; aspetti che , già dal dibattito di ieri, mi pare possano aver trovato anche qualche prima utile soluzione nelle azioni che deve porre in essere il Governo regionale e chi ha responsabilità istituzionali.

Sminuire pertanto il dibattito o la manifestazione - come l'ha chiamata l'onorevole Gian Valerio Sanna - dicendo che forse alla giornata di ieri si deve ascrivere un fallimento, beh, mi pare che sia davvero riduttivo e poco serio.

Io plaudo all'iniziativa della Presidente del Consiglio regionale che ha avuto il merito di creare le condizioni perché per la prima volta in un libero dibattito, dopo anni di dibattiti soffocati, tutti potessero parlare, tutti potessero confrontarsi nei diversi livelli, superando una visione neocentralista che era fermamente presente anche nella conduzione della politica ordinaria regionale, introducendo al dibattito i livelli istituzionali, le autonomie locali, le categorie produttive. Allora, io penso che almeno un obiettivo il dibattito di ieri l'abbia raggiunto, contribuendo a far sì che la classe politica tutta, maggioranza e opposizione, potesse prendere almeno coscienza della grave situazione economica e sociale, come è stato rimarcato, forse la più difficile degli ultimi sessant'anni.

Ma perché potesse prendere anche coscienza che in una fase di emergenza come questa occorreva ritrovare un minimo di unità sulle scelte strategiche, per tentare di ridisegnare un futuro e aggredire la crisi in atto che rischia di annullare le conquiste di mezzo secolo. Colleghi dell'opposizione, forse noi non avremo le ricette adeguate, ma stentiamo a cogliere però ricette miracolistiche anche da parte vostra. Siccome la crisi, su questo sono d'accordo, ha radici non in problemi congiunturali ma strutturali, allora dovremmo forse interrogarci su quello che è stato e quello che dovrà essere il ruolo della politica, se vogliamo davvero dare un contributo serio.

Siamo tutti d'accordo sul fatto che il malessere investa tutte le categorie sociali, che il vecchio modello di sviluppo si è esaurito, bisogna però interrogarsi su che cosa ha fatto la classe politica, e non solo politica, se è stata in grado di creare un modello alternativo anziché limitarsi ad affrontare settorialmente ora questa area di crisi, ora quest'altra senza avere una visione di insieme.

La verità è che non c'è stato un progetto organico capace di ridisegnare le politiche di sviluppo dell'isola. E' crollata la grande industria che è stata sempre considerata in Sardegna il motore trainante dello sviluppo, e non ci si interroga sulle ragioni di questo crollo. Ma, vi siete interrogati sul perché il contratto d'area di Ottana non funziona? Possibile che tutto questo sia solo demerito del governo Berlusconi o dei tre mesi di governo di questa giunta Cappellacci? Se noi ragioniamo sulle vere cause, sui presidenti di provincia che hanno governato quella realtà, sui governi nazionali e anche su quelli regionali di allora, forse ci diamo una risposta del perché su 32 iniziative 29 sono state revocate.

Allora forse vi è una responsabilità anche della classe politica locale, una responsabilità sia pure indiretta di tutte le altre forze che hanno contribuito a creare quello strumento, quantomeno un senso di mea culpa penso che qualcuno lo debba avere. Diceva bene il collega Mulas che ha interrotto il suo intervento su delle parole che io invece voglio utilizzare per dare ulteriore senso a questa riflessione.

Il collega Mulas, avrebbe dovuto dire, concludendo il suo intervento, che i fattori della produzione ovvero i costi energetici, i trasporti, il credito, costituiscono una diseconomia che condiziona pesantemente l'intero sistema economico isolano; se è così non serve, onorevole Diana, anzi è controproducente, fare il mea culpa battendo la mano nel petto degli altri come, appunto, è stato fatto anche questa mattina. Occorre invece avere coscienza della realtà e affrontarla con strumenti opportuni, non con interventi meramente opportunistici.

Noi siamo d'accordo con la riflessione del collega Mulas, perché non renderci conto che l'industria come dicevo è in stato di vera decozione, che è moribondo il mondo agropastorale che interessa i due terzi dell'isola, che il turismo vive una fase di preoccupante rallentamento...

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, io oggi sono estremamente in difficoltà perché in Conferenza dei Capigruppo, di fronte a una correttissima richiesta della Presidente, a una altrettanto corretta richiesta dei Capigruppo della maggioranza, avevamo deciso di depotenziare, istituzionalmente parlando, una mozione presentata da tutti i Gruppi dell'opposizione in maniera unitaria sulla crisi dell'industria in Sardegna per poter far precedere questa discussione da un'assemblea alla quale potessero partecipare oltre ai referenti istituzionali, anche quelli sociali ed economici.

Io ho sentito anche oggi moltissimi appelli all'unità, Presidente e assessore La Spisa, in premessa ringrazio tutti i colleghi che hanno presenziato a questo dibattito depotenziato, ma non mi posso unire a questi appelli; io molto più umilmente, collega Pittalis, faccio un appello alla presenza, un appello alla presenza perché non si può essere uniti se non si è presenti. Ha ragione, allora, il collega Maninchedda quando dice che quest'Aula, di fronte alla discussione di una mozione così importante, sta dando un segnale rispetto a una sua complessiva attenzione sui temi della Sardegna che non è all'altezza della situazione. Collega Diana, noi non siamo abituati a fare, e non lo vogliamo fare perché è un ruolo che non ci piace, le mosche cocchiere o a insegnare agli altri come ci si comporta, ma i riferimenti alla debolezza della politica in Italia e in Sardegna ci dovrebbero far pensare che la debolezza della politica in Sardegna parte dalla debolezza di quest'Aula, perché qui si svolge al massimo del suo livello l'attività politica sarda.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue SALIS.) Le forze politiche sarde sono qui impegnate al loro massimo livello e con i loro uomini più rappresentativi. Bene, io devo dire, signora Presidente, mi scusi, nel frattempo si è trasformata, signor Presidente, che ho dato uno sguardo anche al registro delle presenze dal quale risulta che siamo quasi tutti presenti, eppure quest'Aula oggi non ha visto per un minuto la presenza del numero legale.

Io, pertanto, non ripeterò le questioni che sono state poste negli interventi, di alto livello, dei colleghi. Di alto livello la mozione, di alto livello l'intervento del collega Giampaolo Diana, di alto livello l'intervento del collega Maninchedda. Alcuni punti andranno attentamente valutati dal Gruppo dell'Italia dei Valori perché, se questa è la posizione, pur non concordando su tutti gli elementi posti all'attenzione di quest'Aula nel suo intervento dal collega Maninchedda, il Gruppo dell'Italia dei Valori intravvede in quelle riflessioni elementi importanti di valutazione anche della situazione del presente e del nostro impegno, come forza politica, per il futuro prossimo e oltre. En passant diciamo che non comprendiamo, visto il suo intervento, come il collega Maninchedda possa sostenere una coalizione che fa riferimento a livello nazionale alle forze che noi sappiamo, ma questo sarà elemento di ulteriore riflessione e valutazione e approfondimento.

Signori colleghi, la sede del Consiglio è assediata da giorni da precari, da gente disperata; io non so quale sia il censo medio dei componenti di quest'Aula, ma per quel che mi riguarda le persone che sono là fuori potrebbero essere mio fratello, mio cugino, tanti miei amici, perché io provengo da un'area popolare che solo dal lavoro trae sostentamento.

Io capisco quelle persone, per questo ero combattuto, e così i miei colleghi, Mariani e Cocco, su che tipo di intervento fare; abbiamo pertanto deciso di svolgere un intervento, che potrà non servire, ma nel quale sottolineare che se vogliamo porre i problemi ai livelli in cui, per esempio, anche l'intervento del collega Gian Valerio Sanna li ha posti, quest'Aula deve lavorare diversamente, questo Consiglio deve arrivare a livelli di elaborazione e di produttività che non sono certamente gli attuali.

Altro che recupero di autorevolezza della politica! Se l'opinione pubblica (penso alle persone che stanno là fuori) comincia a pensare, e noi gliene diamo conferma con i nostri atteggiamenti, che ai privilegi uniamo la pigrizia, i giochini di palazzo, le schermaglie, le retoriche oratorie, eccetera, senza trovare soluzione ai problemi - Assessore La Spisa, mi rivolgo a lei perché so che ha orecchie attente rispetto a questi problemi che sto ponendo e ritengo le abbiano anche tutti i presenti - o cambiamo indirizzo rispetto al modo di lavorare, al modo di presentare anche il nostro lavoro di persone prestate temporaneamente alla politica, oppure pigrizia e privilegi saranno un mix devastante perché non avremo più nessuna autorevolezza, non avremo più nessun riconoscimento, non sapremo più dare indicazioni, più nessuno ci ascolterà e crederà, soprattutto, alle indicazioni che noi diamo per uscire dalla crisi che attanaglia, non noi, ma moltissimi altri sardi fuori da quest'Aula.

Ecco perché io ho saltato a piè pari tutti gli argomenti della mozione, pur ritrovandomi assolutamente sia nella mozione che negli interventi precedenti . Io auspico, assessore La Spisa, autorevoli colleghi della maggioranza, , nonostante la poco frequentata discussione odierna, che si possa pervenire ad un ordine del giorno veramente unitario in cui non ci presentiamo come i soliti meridionali, che vanno a chiedere l'elemosina allo Stato (questo lo fanno coloro che pensano che i governi possono essere amici o nemici a seconda del colore), noi dobbiamo andare, era perfetto il riferimento del collega Gian Valerio Sanna…

PRESIDENTE. Onorevole Salis, il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, colleghi, la seduta odierna, dopo la grande assemblea di ieri, sembra un residuo. Pare che questa discussione non debba avere consistenza e anche l'attenzione della Giunta è ridotta al minimo; invece penso che noi, intendo noi come Consiglio regionale, come Giunta regionale, avremmo dovuto tenere lo stesso livello di attenzione. Perché? Intanto perché questo Consiglio regionale, in questa configurazione, può decidere, può dare indirizzi vincolanti anche all'azione di governo, può assumere impegni che valgono innanzitutto per noi; quindi la discussione su questa mozione numero 13 poteva rappresentare l'occasione per concludere positivamente il dibattito aperto ieri.

In queste ore, in questi minuti, lavoreremo anche alla definizione di un ordine del giorno che, come diceva il collega Sabatini, possa essere unanimemente adottato dal Consiglio regionale. Ma in quest'ordine del giorno l'argomento dominante non sarà l'evocazione dell'unità, l'abbiamo fatta ieri. Questa unità che sia bambina, che sia bene educata o da educare, questa unità deve portare a risultati, alcuni dei quali si concretizzano a Roma, alcuni dei quali anche di quelli che si concretizzano a Roma si preparano a Cagliari, alcuni dei quali si realizzano a Cagliari, non si realizzano a Roma.

Noi, quindi, nell'ordine del giorno dovremo individuare atti, dovremo individuare percorsi, dovremo individuare tempi, dovremo individuare soggetti responsabili della realizzazione di quegli atti, di quei percorsi, in quei tempi. Perché noi ieri abbiamo fatto una cosa molto bella, sicuramente importante, il dibattito, ancora una volta, proposto all'esterno, a coloro che ci guardano perché si mettano in atto le misure adeguate a soddisfare i loro bisogni (in molti casi bisogni assolutamente fondamentali: di vita, di un reddito, di un lavoro, di una possibilità di esistenza civile), ma se alla fine di tutta questa giostra ci dovessimo accontentare di qualche garanzia fumosa, di qualche Ministro particolarmente disponibile a lasciarsi andare a dichiarazioni estive, le persone questo dibattito non lo capirebbero.

Noi dobbiamo individuare i passi, e nella mozione che è stata proposta ci sono diverse indicazioni su cui abbiamo già detto di convenire, su cui abbiamo già detto di essere d'accordo, su cui tutti noi abbiamo già detto che si configura l'unità anche se è bambina di questi giorni. Intanto, chiedere al Governo e all'ENI di far assumere ai siti di Porto Torres e di Assemini valenza nazionale; questa è una risposta che deve avvenire in modo concreto, con atti del Governo e con una acquisizione coerente dell'ENI.

Attivare il confronto con il Governo nazionale, l'abbiamo già visto, c'è la possibilità di farlo, alcuni passi vanno già in quella direzione, sia in materia energetica che sul fronte della riorganizzazione della chimica in Sardegna e nel Paese; ma, attorno a queste questioni di carattere generale, vi sono altri passi da fare che devono supportare, in questo periodo, l'iniziativa della Regione. Alcuni sono già in discussione, anche nel provvedimento legislativo che in queste ore stiamo esaminando insieme nella terza Commissione. Intanto ammortizzatori sociali per coloro che non hanno copertura, questo è un impegno che noi dobbiamo assumere qua, quindi dobbiamo mettere i soldi, individuare procedure celeri, per garantire a quei 5 mila lavoratori espulsi senza alcuna copertura almeno un anno di respiro.

Alcune cose sono state fatte nella finanziaria, noi avremmo voluto sapere qual è il livello di attuazione di quelle misure, pensiamo che quel livello di attuazione non sia molto avanzato, dobbiamo ragionare sul meccanismo per cui alla fine le risorse arrivano ai lavoratori e quell'ammortizzatore sociale viene messo in campo. Precariato diffuso, parlo soprattutto di quello presente nel sistema delle autonomie locali, in comuni e province. Bisogna intervenire lì, perché quello è il più articolato territorialmente, colpisce tutte le situazioni, ci sono le condizioni di miseria più profonde; sulle altre abbiamo tempo, si può anche aspettare la finanziaria, il percorso più avanzato, perché siamo già intervenuti, abbiamo piani di stabilizzazione in corso, abbiamo messo risorse, ci sono provvedimenti definiti, dobbiamo dare un segno di solidarietà vera, attraverso strumenti operativi. E voglio chiudere qua il mio intervento, Signor Presidente, onorevole Assessore.

Se noi facessimo, ma lo faremo, l'esame delle leggi che abbiamo approvato, dei provvedimenti che abbiamo messo in campo, e guardassimo come sono stati attuati dall'apparato amministrativo regionale, dovremmo verificare l'assoluta inconsistenza di quest'ultimo. Dal marzo del 2008 sto facendo una battaglia, non solo io, insieme ad altri, sul Piano di formazione per la sicurezza in materia di lavoro, voluto da tutti, sindacati e associazioni di impresa, voluta da tutti la legge numero 8 del 2008, approvata all'unanimità in Commissione e in Aula. E' passato più di un anno e mezzo, non c'è una traccia di quel Piano di formazione, non c'è una traccia! E muoiono i lavoratori, muoiono in questa Regione, come muoiono in altre regioni d'Italia i lavoratori sardi, e quella legge guarda tutti i lavoratori sardi. Ma vogliamo dire del Piano dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione che dal 2005 deve essere attuato, e non c'è traccia di attuazione di quel Piano! Non è stato approvato dalla Giunta e non è stato trasmesso al Consiglio. E allora, noi facciamo il nostro dovere, incomincino a farlo anche i funzionari dell'Amministrazione regionale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Presidente, nei molti interventi dei colleghi dell'opposizione è stato sottolineato come l'Aula oggi non sia particolarmente frequentata, che molti si siano fermati al foglio firme e non siano entrati poi all'interno di questo Parlamento regionale. Viene portata come accusa, ma forse varrebbe anche la pena di chiedersi se non sia questo un argomento che non riesce a suscitare attenzione, in particolare per la cadenza temporale con cui avviene, anche se so bene che le mozioni sono state presentate molto tempo prima.

Io credo però che la discussione di oggi appaia ai più quanto meno datata, un déjà vu, un puro esercizio di retorica; anche perché, questo lo sappiamo bene tutti, da qualsiasi consesso della politica si arrivi, non è elencandoli che i problemi vengono risolti. Francamente mi chiedo davvero cosa ci si possa aspettare che cambi, riguardo alla gravissima situazione economica e sociale che viviamo, un ennesimo ordine del giorno, una mozione approvata o respinta, soprattutto se consideriamo che per discutere queste mozioni, per arrivare ad un ordine del giorno unitario o non unitario, una mozione approvata o respinta, abbiamo bloccato il lavoro delle Commissioni.

Questo significa che passeranno altri giorni prima che approdi in Aula il collegato, un collegato che sarà più o meno utile, che sarà giudicato più o meno efficace, ma che comunque è uno strumento legislativo e, quindi, uno strumento idoneo anche per dare una risposta a quei lavoratori che protestano sotto il palazzo, che protestano perché aspettano quel collegato, non perché aspettano l'esito della mozione di cui si parla oggi.

Quindi credo che non si possa pretendere attenzione se si usano strumenti sbagliati; per esempio come quello utilizzato dai lavoratori del petrolchimico in sciopero che hanno bloccato un aeroporto e che ha fatto dire ai passeggeri che perdevano l'aereo, che perdevano i soldi e che dovevano ripagare il biglietto: "così vi fate male da soli, è una manifestazione antisociale che crea disagio alle persone sbagliate, così vi mettete contro la gente, così colpite le persone normali, come potete pretendere la solidarietà della gente creando dei disagi!". Uno strumento sbagliato.

Così appunto è una discussione in cui abbiamo sentito elencare problemi storici, abbiamo sentito il nome di aziende (Enichem, Syndial, Legler, Keller, Scaini) che hanno fatto, purtroppo, la cronaca di questi anni di declino della nostra Isola; sono nomi che la cronaca regionale, l'economia regionale vede rimbalzare da decenni. Non a caso è stato giustamente ricordato che il polo di Porto Torres è partito con 14 mila addetti per arrivare a 2 mila, e non perché tutti gli altri siano andati in pensione, sono posti di lavoro persi nel territorio.

Allora, la mozione come strumento idoneo per "buttarla in politica"? Questo sì, la mozione è un ottimo strumento per "buttarla in politica", ma allora in politica vogliamo altro. Io ho apprezzato moltissimo il richiamo dell'onorevole Maninchedda, perché il problema per noi in Sardegna è proprio la politica che, è vero, bisogna riconoscerlo, è una politica di sudditanza. Il P.d.L. non decide in Sardegna, il P.D. è commissariato perché in Sardegna si ricorreva addirittura ai tribunali per risolvere i problemi; quindi le scelte della politica in Sardegna sono sempre state eterodirette, figlie, spesso e volentieri, di un frazionismo e di un correntismo che riflettono le lotte di potere che si svolgono a Roma, non in Sardegna.

Contano poco le idee, contano molto i protettori, contano molto i referenti nazionali - così vengono definiti anche sulla cronaca - che spesso e volentieri decidono senza conoscere perchè non hanno, né si può pretendere che l'abbiano, una visione strategica di quello che serve veramente alla Sardegna; chiediamo almeno che abbiano una visione realistica.

Ma il problema é nostro non loro; il problema è che abbiamo perso peso, soprattutto nel confronto con la politica nazionale, perché abbiamo scelto di essere truppa, perché abbiamo scelto di vivere di forza riflessa; e poi, per posizioni di potere, di rincalzo in sede locale, bisticciamo tra di noi, ci alleiamo e poi ci tradiamo, ma sempre vivendo nelle retrovie del potere. Di fatto abbiamo abdicato alla nostra funzione e alla nostra autodeterminazione.

Il mio invito è quello di chiudere in fretta questa discussione, presentate un ordine del giorno, mettiamo in votazione queste mozioni e affrontiamo il collegato attraverso il quale si possono dare delle risposte; ci saranno i vostri emendamenti, ci saranno i nostri emendamenti, ci saranno le nostre repliche e ci sarà la posizione della Giunta. Affrontiamo il collegato, prepariamoci per affrontare quanto prima in quest'Aula il Piano casa, queste sono risposte concrete, più o meno idonee sulla base delle nostre posizioni politiche e delle nostre scelte socioeconomiche, ma comunque strumenti concreti.

Questa è la riflessione che invito tutti i colleghi a fare; non credo, ripeto, che un ulteriore esercizio di retorica possa dare risposte, né ai lavoratori che sotto il palazzo protestano con le loro bandiere e i loro fischietti, né a chi il 21 del mese dovrà andare a Roma a discutere al tavolo nazionale. Aspettiamo l'esito di quel confronto e sentiamo che cosa dirà il nostro Presidente, che ha avuto ampio mandato dalla Giunta, dalla maggioranza e, a parte isolati episodi di astio che obnubila la ragione, anche aperture di credito da parte dell'opposizione. Per continuare a discutere questi argomenti, aspettiamo di conoscere proposte concrete, allora sì che dimostreremo realmente sia di fare il nostro dovere (non solo di stare seduti in Aula),sia di guadagnare i soldi che ci danno.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, dico subito, che la mozione non è uno strumento sbagliato, onorevole Campus, perché è previsto dal Regolamento a garanzia delle opposizioni; inoltre l'abbiamo presentata prima della comunicazione dell'ENI con cui si annunciava la chiusura del cracking di Porto Torres, l'abbiamo presentata nel momento in cui il cosiddetto collegato che la Giunta regionale ha approvato non conteneva quelle misure emergenziali che invece ora, anche grazie ai nostri emendamenti, stiamo per proporre nello stesso disegno di legge.

Abbiamo poi deciso, in Conferenza dei Capigruppo, di far precedere la discussione di questa mozione da un'assemblea (si è tenuta ieri), di tutta la classe dirigente sarda, un momento partecipativo importante, strategico, al quale, cogliendone i momenti più importanti, vogliamo far seguire, con la discussione odierna, un dispositivo, un voto che impegni la Giunta regionale per un autorevole confronto tra Stato e Ragione su punti concreti e irrinunciabili; quindi, dare seguito alle parole, agli appelli, agli auspici, con un atto.

Credo che la proposta che ha sintetizzato il collega Sanna, di prospettiva, di impegno anche finanziario della Regione, di serietà rispetto alle rivendicazioni, cominciando ad investire come Regione sulla riconversione, partendo da noi stessi, sia la strada giusta. Noi chiediamo che ci sia un impegno della Giunta regionale a presentare al tavolo nazionale una proposta complessiva sulla crisi industriale della Sardegna, con la sottoscrizione di un protocollo da parte di Stato e Regione per l'attuazione di un piano straordinario per le politiche industriali della Sardegna da attuarsi nei prossimi cinque anni.

A tal fine si tratta anche di impegnare, come ha sintetizzato l'onorevole Sanna, una quota pari a 500 milioni di euro, di fondi della Regione, a valere sulle nuove entrate previste dalla riscrittura dell'articolo 8 dello Statuto a partire dall'anno prossimo, e un'analoga quota da parte dello Stato. Conseguentemente chiediamo di far assumere all'ENI, per i prossimi cinque anni, un impegno a non modificare la sua presenza industriale in Sardegna, fino a quando le azioni di riconversione che metteremo in campo su un programma definito, previste appunto in questo piano straordinario, avranno esplicato i loro effetti sull'impianto industriale dell'Isola.

La crisi, lo abbiamo già detto ieri, è strutturale, non è congiunturale, è forte, è lunga, si dice anche nei giornali di stamattina, ha necessità di una visione, di un progetto che ridisegni complessivamente lo sviluppo. Lo farete, forse un po' in ritardo, comunque lo farete con il Programma regionale di sviluppo, e noi, nel rispetto dei ruoli, non faremo mancare la nostra parte.

In questi cinque mesi che sono decorsi dalle elezioni però alcuni segnali li abbiamo già colti; abbiamo visto un continuo rimando dei problemi e delle soluzioni: dalle dichiarazioni programmatiche a una finanziaria snella, emergenziale, sociale, tutta da attuare, assessore La Spisa, di seguito un rimando al cosiddetto collegato che nella prima versione in realtà era poco emergenziale e dava risposte, devo dire, particolari e non complessive rispetto alla situazione dell'Isola, infine il rimando al Programma regionale di sviluppo, alla finanziaria del 2010.

Noi diciamo da mesi che dobbiamo intanto pensare all'emergenza e contemporaneamente allo sviluppo, allo sviluppo in prospettiva della nostra isola; allora, le richieste che facciamo, che abbiamo fatto anche in finanziaria, voi le avete rimandate al collegato: la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione (della Regione, degli enti, delle agenzie, degli enti locali), gli ammortizzatori sociali per coloro che hanno perso il lavoro e che non hanno nessuna copertura (noi diciamo almeno 40 milioni di euro, per persone che in qualche modo devono avere un sostegno da parte della Regione),l'istituzione del fondo previsto dalla legge regionale numero 20 del 2005 in materia di politiche del lavoro e la riprogrammazione della Conferenza regionale per il lavoro prevista sempre da quella legge.

Ieri dagli "stati generali" è arrivata una richiesta forte di unità, ma unità su che cosa? Certamente non su obiettivi minimali; la riapertura degli impianti di cracking di Porto Torres la consideriamo un obiettivo minimale perché è la perdita di qualche cosa che già avevamo;lo stesso discorso vale per il riottenimento dei fondi FAS per le bonifiche (li avevamo già e poi sono spariti), per la ripresa delle procedure di appalto per la Sassari-Olbia (era già un risultato acquisito, non è niente di nuovo, eppure lo pretendiamo), e ancora, il non prevedere il nucleare nell'Isola. Io credo che siano obiettivi importanti ma minimali, che non ci sia ancora la prospettiva, non ci sia ancora il progetto; e allora, l'unità la dobbiamo realizzare su un progetto di sviluppo per questa Sardegna, su un nuovo modello di sviluppo.

Ora, siamo tutti d'accordo sul principio della centralità della persona, però vi chiedo, l'ho già detto anche ieri, che idea avete della Sardegna tra vent'anni, quale ruolo avranno le politiche della conoscenza, la scuola - ne parleremo nella mozione successiva -, l'identità, l'Autonomia, quale ruolo avrà l'ambiente - al di là degli slogan -, come volete caratterizzare la Sardegna, le sue attività produttive, con quali scelte? Mi chiedo anche con quali richieste, con quali proposte vi presentate domani al confronto con il Governo. Non basta confermare gli accordi di programma già sottoscritti. Occorre sicuramente rafforzare, consolidare, confermare il quadro delle entrate a partire da quel milione e mezzo in più all'anno che avremo dal 2010; occorre rivedere quel patto di stabilità che ci consentirà di spendere quelle risorse che si tramuteranno in servizi per i sardi.

L'unità è una cosa seria, non può essere ridotta solo ad appelli, ad enunciazioni di principio; è una cosa seria perché è drammatico, è serio il momento che stiamo vivendo. Per questo motivo noi vi invitiamo a concordare, a votare un ordine del giorno che nel dispositivo contenga quei 12 punti irrinunciabili che per noi sono già inseriti nella mozione. Fissiamo con un ordine del giorno quelle richieste forti che ha proposto ora il collega Sanna, che devono essere portate in un confronto, non chiamiamola vertenza, serio, autorevole con lo Stato.

Chiediamo che il richiamo all'unità sia vero, sia basato sullo spirito di una reale autonomia che non abbiamo visto nei primi atti del vostro Governo, che non abbiamo visto nella vostra campagna elettorale, di cui non ci sono le premesse in questi primi mesi di legislatura. Per quel che ci riguarda noi continueremo a fare la nostra parte, saremo una opposizione di proposta, di stimolo, di confronto perché i risultati siano davvero tangibili, siano concreti per i sardi.

Io chiederei fin d'ora, Presidente, alla conclusione degli interventi di stamattina, di sospendere brevemente, il tempo necessario per mettere a punto un ordine del giorno condiviso; è vero che un ordine del giorno non si nega a nessuno, ma noi riteniamo che un atto di questo Parlamento, di questo Consiglio dei sardi sia importante per sancire, per lasciare una traccia anche delle parole importanti che sono state dette ieri e nella mattinata odierna.

PRESIDENTE. La Presidenza valuterà la proposta testè avanzata dall'onorevole Bruno. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, Assessore, onorevoli colleghi, la giornata di ieri, nel corso della quale si è tenuta l'assemblea straordinaria che ha visto la partecipazione delle parti sociali, del mondo dell'economia, delle università, oltre ovviamente al mondo della politica, presente coi suoi esponenti, e la giornata di oggi che vede svolgersi il dibattito nel disinteresse di molti (ovviamente di coloro che non sono presenti e dei tanti che sono presenti ma distratti), i dati esposti dall'onorevole Diana nella illustrazione della mozione,meritano alcune considerazioni e riflessioni.

Innanzitutto ci si chiede che cosa significano e che cosa potrebbero significare per il futuro dell'Isola i dati sulla crisi, sulle difficoltà economiche, sulla continua perdita di posti di lavoro.. Significano sicuramente malessere, difficoltà per le famiglie, per i giovani, per i pensionati non solo dal punto di vista economico (la crisi economica è già presente e conosciuta purtroppo dalle famiglie), ma anche dal punto di vista delle speranze di ognuno di noi, della nostra comunità; quindi la speranza che si possa uscire dalla crisi e si possa avere un futuro migliore. Si perde infatti speranza in sé stessi e quindi anche nello Stato e nelle istituzioni, perchè sono le persone a comporre lo Stato e la nostra democrazia.

Questi temi meritano, appunto, alcune riflessioni e va liberato anche il campo da alcune considerazioni espresse nei mesi scorsi sul Governo amico, sul fatto che si dovesse lasciarlo lavorare essendo, comunque, il Presidente un amico dei sardi. Bene mi pare che, almeno per una questione scaramantica, vadano abbandonati i termini quali Governo amico e via dicendo, perché ogni qualvolta che il presidente Cappellacci parla di Governo amico, Presidente amico, Presidente che addirittura si considera sardo, ci vengono tolte risorse: strade, G8 e quant'altro.

Ripeto, quindi, che perlomeno per una questione scaramantica io eviterei di indicare il presidente Berlusconi, il Governo nazionale e le forze che lo guidano come amici dei sardi, anche perchè il confronto, come avevamo già sottolineato in occasione delle dichiarazioni programmatiche, avviene tra istituzioni, non in quanto migliori amici degli uni o degli altri. Accade, infatti, che qualche volta gli amici tradiscano, promettano cose irrealizzabili o addirittura facciano promesse smentite il giorno dopo.

Si è fatto un appello all'unità, ma su che cosa? L'unità indubbiamente si può trovare sulla risoluzione dei problemi, sull'individuazione dei meccanismi, dei sistemi, degli interventi, degli incentivi per evitare che la crisi sia ancora peggiore di quella che è; oppure sull'inserimento nel collegato alla finanziaria di norme che in qualche modo tutelino e diano fiducia a coloro che sono in uno stato di difficoltà, di disagio, che hanno perso il posto di lavoro o rischiano di perderlo. . Ma il richiamo all'unità su temi quali la nostra terra, la Brigata Sassari, i padri fondatori mi pare sia ovvio, perché tutti ci riconosciamo nella nostra terra, nella storia, nei padri fondatori della nostra Regione che hanno preso parte alla rinascita della nostra Sardegna;,però sicuramente non può essere accolto l'appello all'unità sul nulla e sulle cose che invece non possono essere fatte o non si vogliono fare.

L'onorevole Maninchedda ha ragione relativamente all'analisi che svolge nel suo intervento, tanto che non capisco perché mai sieda nei banchi della maggioranza e non in quelli dell'opposizione, ma è vero anche che, rispetto a quella analisi, va inserito un altro dato, e cioè che non è solo lo Stato che si appropria delle risorse del Mezzogiorno, delle isole, ma sono qualche volta anche il Mezzogiorno e le isole che consentono a imprenditori di fuori di trovare collusioni, rapporti, di venire agevolati nel loro essere "prenditori" di risorse pubbliche; basta guardare, appunto, all'utilizzo dei fondi della legge numero 488 e verificare quello che rimane delle imprese che hanno utilizzato quei fondi nella Piana di Ottana, dove il 75 percento di queste imprese non ha mai operato, non ha mai creato un posto di lavoro e, anzi, oltre ai fondi della legge numero 488 ha utilizzato anche fondi per la formazione professionale di professionalità mai spese nell'ambito del lavoro .

Vanno pertanto identificate anche le responsabilità; sicuramente lo Stato, il Governo sottraggono risorse, ma bisogna anche riconoscere e individuare le nostre responsabilità che hanno bloccato lo sviluppo. Ci vuole, appunto, un cambio di rotta così come sta avvenendo negli Stati Uniti, ad esempio, dove il pubblico sta intervenendo nell'ambito dell'economia; è un cambio di rotta di 180 gradi rispetto al passato, appunto; ci sono gli interventi pubblici nell'economia perché l'idea che il mercato si regoli da sé e che non regole o l'inesistenza di queste possano consentire uno sviluppo migliore, è un'idea che viene abbandonata.

Così come occorre anche segnalare alcune sottovalutazioni che sono state fatte in questi mesi sia dal Presidente che dalla Giunta in merito al G8, ai fondi FAS; e a queste questioni bisogna aggiungere le difficoltà e la possibile sottrazione anche dei fondi relativi alla vertenza entrate.

Io avverto un altro problema, che è quello del metanodotto, vorrei avere la certezza che il metanodotto passi dalla Sardegna, possa passare un domani dalla Sardegna e non venga invece dirottato altrove; infatti, se oltre al danno della sottrazione di fondi, del possibile rischio di perdita dei fondi relativi alla vertenza entrate, si dovesse non realizzare quel possibile incentivo rispetto al minor costo dell'energia in Sardegna, noi potremmo aggiungere al danno la beffa. Alla beffasi aggiungono sicuramente l'inquinamento, il danno ambientale e la disoccupazione creati dalle industrie che si sono appropriate di risorse e poi sono sparite.

Ebbene, che cosa dobbiamo fare? A livello nazionale, altri colleghi prima di me hanno detto bene, incalzare il Governo perché l'ENI non chiuda le fabbriche in Sardegna, perché l'ENI, come ieri ha detto bene in rappresentanza dell'Università di Sassari il professore che è intervenuto, ha comunque avuto risorse, ha incamerato utili, eppure oggi va via. E noi che cosa dobbiamo fare? Intervenire nel collegato cercando di alleviare le sofferenze e le difficoltà delle persone che rischiano il posto di lavoro o che l'hanno già perso; e ancora intervenire anche nell'ambito delle tante risorse destinate alla formazione perché si formino nuove maestranze che possano stare al passo della sfida che la Sardegna e tutti noi abbiamo davanti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Signor Presidente, cercherò, data l'ora, di contenere il mio intervento. Dico subito che sono più che legittimi i rilievi che sono stati fatti sul numero, sulla presenza in Aula dei consiglieri regionali, però penso che debbano avere valore anche le osservazioni del collega Campus, quando dice che in fondo c'è condivisione soprattutto sull'intento, dando significato alla mozione e ai suoi contenuti, di arrivare all'obiettivo di un ordine del giorno unitario.

Quindi, se hanno legittimità queste osservazioni, penso che ne abbiano meno i rilievi che vengono mossi sulla sensibilità della Giunta, della maggioranza, della Presidente del Consiglio, del Presidente della Regione, ma anche sugli argomenti che sono stati oggetto di una puntuale, intensa esposizione nella giornata di ieri. Una esposizione ricca, articolata, su temi non retorici, come qualcuno ha detto, né superficiali.

In fondo l'agenda si può arricchire, penso che questi siano giorni nei quali mi pare si esprima la massima disponibilità per far sì che quella vicinanza, che è stata così palesemente espressa un po' da tutti, si traduca anche in suggerimenti, in aspetti propositivi. Non penso e non ritengo che ci siano chiusure da questo punto di vista.

Io preferisco rimanere nello spirito della giornata dei lavori che si è svolta ieri, che ha visto un impegno e una comunità di intenti che sono scaturiti in fondo da una visione comune tra la rappresentanza politica, le forze sociali e sindacali; e quindi non penso debba essere accettato in alcun modo un atteggiamento diverso, per non ricadere nella tentazione di fare il gioco delle parti.

Mi astengo dal richiamare, sarebbe anche troppo facile, visto che sono passati pochi mesi, responsabilità di altri. Preferisco rimanere nello spirito propositivo che è stato presente in quasi tutti gli interventi, tranne pochi spunti polemici. In fondo dico che riproporre cose dette in campagna elettorale, nell'approccio alle forze sindacali, così intensamente coinvolte in questa situazione di crisi della Sardegna, riproporle a distanza di alcuni mesi, quando si ha una responsabilità, non sia un gioco di copia e incolla.

In fondo, potremmo fare un gioco di copia e incolla se richiamiamo anche quella mancanza di iniziative, di propositività, di riqualificazione, di interventi intensi sul piano industriale della precedente Giunta. Io penso che si farebbe in questa maniera solo l'interesse della propria parte politica, come ha detto bene l'amico e collega, onorevole Vargiu, nella seduta di ieri. Su questa vicenda non devono e non possono esserci autocompiacimenti davanti alle proprie parti, sono invece fondamentali le gravi condizioni in cui si troveranno migliaia di famiglie sarde se la nostra iniziativa unitaria e compatta non raggiungerà l'effetto auspicato.

Porto in me anche l'intensità, l'umanità dell'intervento dell'amico Mulas, che deve essere colta da tutti noi perché tutti sappiamo che lui fa parte di quel mondo, di quel mondo oggi messo in crisi da una decisione, questa sì, unilaterale e davvero ingiustificata. E mi preme davvero dire subito che, se sono dentro la giornata di ieri, lo sono soprattutto per quella volontà ribadita da tutti, ma principalmente dalla Presidente del Consiglio e dal Presidente della Giunta, di volersi opporre alla chiusura di Porto Torres, di voler riaprire i termini della questione sarda, cogliere le prospettive di crescita, vincere l'isolamento e le discriminazioni, governare la nostra autonomia.

Gli strumenti ci sono, li abbiamo, abbiamo coscienza e consapevolezza, possiamo in questo senso davvero ritenere non certamente fuori luogo le osservazioni fatte, pur nella differenziazione delle posizioni politiche, dall'onorevole Maninchedda; osservazioni che riporterei nell'incontro che, sono sicuro, si svolgerà a schiena dritta e a testa alta. Chi dice che deve essere, che sarà un incontro di basso profilo? Chi può mettere in discussione tesi che sono state espresse così apertamente, con un taglio che penso non possa essere tacciato di sobrietà, ma era invece molto intenso e vero?

Per quanto riguarda il settore della chimica, io voglio dire che e noi dobbiamo far pesare il fatto che la nostra Isola ha accettato a suo tempo il gravame dell'industria chimica, consapevole che venivano assunti impegni etici anche da parte delle imprese verso il tessuto sociale del Nord Sardegna e dell'intera Isola. Alludo a quel Piano di rinascita che nel 1962 permise e favorì l'introduzione dell'industria chimica in tutta l'isola. Allora si diede la possibilità di compromettere grandi aree della nostra terra che oggi non possono essere certo riconvertite in alcun modello turistico, visto l'inquinamento che le caratterizza. Questa è un'eredità pesante di cui aziende come l'ENI, presente in Sardegna da decenni, devono assumersi tutte le responsabilità.

Mi pare altresì fondamentale il rispetto dell'Accordo di programma del 2003, che riconosceva il ruolo strategico per l'intero sistema produttivo del settore chimico, e la finalità primaria di quell'Accordo era appunto quella di promuovere e riqualificare i poli chimici della Sardegna, rispettando l'ambiente e consolidando la trasformazione produttiva del settore chimico. In particolare per Porto Torres, la piena realizzazione di quell'Accordo avrebbe determinato la salvaguardia e il potenziamento delle filiere produttive esistenti. Certamente non dobbiamo limitare l'attenzione al settore chimico, ma non possono neanche esserci dubbi sugli obiettivi che dobbiamo porci.

La crisi industriale ha colpito tutta la Sardegna, in modo particolare quei territori che da decenni si basano sui posti di lavoro generati dall'industria, ma ne sono colpiti anche i comparti dell'artigianato, del commercio, del settore agropastorale. Io vorrei dire, e glielo dico sommessamente, all'onorevole Cuccu che ha sollevato, e mi ha fatto piacere, il problema delle politiche di dismissione di Trenitalia-Rete Ferroviaria Italiana, che la Garibaldi viene rottamata perché è stato interrotto, di fatto, il collegamento ferroviario a Golfo Aranci.

Questa non è, però, onorevole Cuccu, glielo dico con rispetto, una decisione presa unilateralmente dallo Stato italiano e da Trenitalia, perché è una decisione sulla quale il Consiglio regionale si è naturalmente distinto per iniziative. Io ho partecipato alla discussione sulla sua mozione, su quella di oggi, non ho taciuto su questo aspetto che riguarda con particolare intensità quel territorio.

Come lei sa, infatti, il Piano trasporti predisposto dalla precedente Giunta prevede l'interruzione dei collegamenti a mare nel sistema portuale di Olbia, la declassificazione di questo sistema, il trasferimento di queste funzioni a rotte meno favorevoli e più distanti. Lei sa bene che se dobbiamo prenderci la responsabilità, io me la sono assunta per le componenti della mia parte politica che avevano condiviso questo Piano strategico, bisogna fare autocritica su una scelta che, io lo dissi in un editoriale apparso su La Nuova Sardegna nell'agosto del 2008, colpiva tutto il settore produttivo italiano e sardo.

Spero che l'Assessore qui presente dia significato anche a queste mie parole, perché, ripeto, le ferrovie si collegano al mare e non possono essere interrotte, soprattutto nei punti strategici, per poter vincere l'insularità. Su questo io ho ritirato un emendamento perché, recependo le sue opportune osservazioni, penso che questa problematica rientri nell'ambito della programmazione. Concludo dicendo che condivido l'intento di fare una proposta unitaria.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, mi dispiace doverlo dire, ma la giornata di oggi sa veramente di grande farsa. Dico che in un momento di grandissima sofferenza per i sardi, sofferenza legata ad una crisi così drammatica e senza precedenti, avrei voluto onorare il mio compito partecipando a un dibattito ben più serio, e quindi anche con lo spirito di dare il proprio contributo per trovare soluzioni alla grande crisi. Ma, spenti i riflettori, le luci dei riflettori di ieri, credo che in quest'Aula si siano spenti anche gli interessi per il grande problema.

Si è creato pertanto il grande vuoto; il vuoto sui banchi del Consiglio, il vuoto sui banchi della Giunta. Si lascia spazio a una grande desolazione che del deserto, come denunciava il collega Gian Valerio Sanna, non ha purtroppo né la bellezza, né il fascino, né la storia. Con grande frustrazione, quindi, rinuncio all'intervento con una domanda. Ieri, e anche oggi, di quale unità si è inteso e si intende parlare a proposito di come questa classe politica, forse inadeguata, debba muoversi per trovare delle soluzioni. O la full immersion, particolarmente forte ieri, sui temi del sardismo, una cosa trasversale; si è parlato di sovranità, si è parlato di autodeterminazione, si è parlato di Sardegna nazione, poi noto pure che chi in teoria condanna il colonialismo, stranamente, va' a far parte delle truppe cammellate, e quindi dovrei dire che dobbiamo prendere atto, con tutta probabilità, vista l'inefficacia del dibattito in questa sede, che forse, intanto, chi deve trovare le soluzioni sarà ancora a Roma. Dico proprio che questa è una classe politica davvero inadeguata.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. L'Aula non è piena, però vi chiedo ancora un attimo di attenzione per la conclusione di un dibattito (spero davvero, come è stato detto, si concluda con un documento unitario) che, a mio giudizio, non è stato né inutile, né depotenziato. Mi spiace, onorevole Zuncheddu, che lei abbia rinunciato a una parte del suo intervento, ma in realtà lo ha fatto. Io risponderei così, però. Spenti i riflettori, cosa accade? Spenti i riflettori della giornata di ieri, il Presidente della Regione in questo momento è a Roma, non è qui, in questo banco, ma è a Roma per lavorare alla preparazione dell'incontro di domani a Palazzo Chigi.

I problemi non si risolvono sotto i riflettori, i problemi si risolvono lavorando sodo nelle sedi opportune, nei posti di lavoro. Oggi, il Presidente è nel suo posto di lavoro, cioè a Roma, negli uffici della Regione, negli uffici dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio, cercando di fare il possibile per rappresentarci, per rappresentare tutti; per rappresentare l'onorevole Mulas che non è riuscito neanche a concludere il suo intervento e che forse, in questo modo, ha reso ancora più forte, più potente la consistenza, la coscienza del problema che stiamo vivendo.

Quando si va a Roma per rappresentare, soprattutto in momenti di crisi, le nostre problematiche, si sente moltissimo, è capitato a tanti di noi (politici, sindacalisti, imprenditori), in diverse sedi, il peso della leggerezza della Sardegna; questo è vero! Si sente la forza di gravità che ci tiene un po' piantati di fronte a palazzi, a personaggi, a rappresentanti politici o imprenditoriali che ci sembrano dei colossi. Noi sentiamo il peso della nostra difficoltà a farci sentire, della nostra leggerezza, ma dipende esattamente da noi.

Mi dispiace che non ci sia Paolo Maninchedda, però voglio in qualche modo partecipare al confronto anche dialettico su alcune questini. Lui ha detto che il problema dell'industria in Sardegna dipende dal fatto che la radice della crisi non è economica, ma politica. E' vero, in parte è così, la crisi oggi, per esempio quella della chimica, non è una crisi economica, altri settori subiscono forti crisi economiche; la crisi della chimica in Italia non è una crisi economica, è una crisi politica; è vero!

Però aggiungerei qualcosa di più, e cioè che il problema è che la radice non è semplicemente politica, ma è una radice culturale; è esattamente la stessa radice che ci porta ad essere "leggeri" quando noi trattiamo con i governi nazionali, di qualunque colore, o con soggetti imprenditoriali forti come l'ENI, che ha un suo partito, molto più forte della destra, della sinistra e del centro, perché esiste in Italia, è esistito ed è ancora forte, il partito dell'ENI.

Dire quindi, come ha detto il nostro Presidente, come condividiamo in gran parte con diverse sfumature, che l'oggetto della nostra interlocuzione, del nostro confronto è l'ENI, è dire una cosa importante, è sottolineare appunto che l'industrializzazione in Italia è stata bloccata da movimenti trasversali che sono più forti perfino delle istituzioni statali.

Allora, il problema è che noi dobbiamo recuperare più forza, più peso; la nostra leggerezza è debolezza culturale, la nostra leggerezza è spesso superficialità della nostra coscienza, della coscienza delle nostre forze. La nostra leggerezza dipende anche dalla mancanza di fiducia nelle potenzialità di questa istituzione, di questo Consiglio regionale, di questa Presidenza, del Presidente pro tempore, della Giunta in carica pro tempore, della classe dirigente.

Ha ragione l'onorevole Uras quando dice che spesso noi siamo frenati anche da una struttura amministrativa che anziché rispondere insieme a noi ai bisogni, al fabbisogno di forte intervento regionale, non risponde insieme a noi probabilmente anche perché legge in noi, in queste istituzioni, la leggerezza della coscienza della propria forza. Perché non ce le diciamo queste cose? Ai nostri dirigenti dobbiamo chiedere più impegno. Bene, ma dobbiamo mostrare noi un impegno anche di altro tipo.

Questa è una questione importante, secondo me. Ovviamente non sto dialettizzando polemicamente, partecipo a un incontro e a un dibattito che, secondo me, è stato ed è, interessante, che segue una serie di interventi svolti alla luce dei riflettori ieri, ma che ha portato qui idee e contributi che possono contribuire alla stesura di un documento che accompagni il rappresentante della Regione domani a Palazzo Chigi. Gran parte di noi non parteciperà a quell'incontro, ma ci saremo perché in qualche modo rappresentati.

Il vero problema, allora, (io spero che questo discorso si possa ulteriormente approfondire quando parleremo di Programma regionale di sviluppo) è che noi spesso affidiamo la soluzione dei problemi a un contenitore, e lo dico dialetticamente qui sia a Maninchedda che a Sanna.

Il problema dell'industrializzazione. Onorevole Diana, forse eravamo gli unici presenti, tra i componenti di quest'Aula, il 14 luglio 2003 a Palazzo Chigi, alla firma dell'Accordo di programma per il rilancio e la riqualificazione dei poli chimici della Sardegna; lei, quale importante dirigente della CGIL, e io come Assessore dell'industria. Noi abbiamo individuato un contenitore, quell'Accordo, ben finanziato, o almeno ben dotato in quanto prevedeva un impegno a una dotazione finanziaria importante: 200 milioni lo Stato, 100 milioni la Sardegna.

Che cosa è che ha reso quel contenitore non adeguato, ma ancora importante? Io l'ho riletto attentamente in questi giorni. E' importante quell'accordo; noi dobbiamo credere in alcuni contenitori, ma non affidare al contenitore stesso l'esito del risultato. Onorevole SANNA (che non c'è), a fronte di una dotazione, per un piano straordinario per l'industrializzazione, di 500 milioni della Regione Sardegna e altri 500 dello Stato, non siamo stati capaci di spendere più di 60-70 milioni di euro! E' partito un contratto di programma, abbiamo fermato importanti investimenti. A partire da quell'accordo erano stati fatti progetti di investimento in Sardegna nei settori a valle della chimica, per esempio nel farmaceutico, importantissimi, con brevetti prodotti da sardi. Oggi quei brevetti sono utilizzati negli Stati Uniti d'America. Perché? Perché non si è creduto nella possibilità che un soggetto sardo, in joint-venture con altri investitori, potesse fare qui un'industria chimica farmaceutica.

Allora, vogliamo fare un altro piano straordinario? Facciamo un piano straordinario. Vogliamo fare uno Stato sardo? Facciamo pure lo Stato sardo, ma io francamente sono scettico; no, personalmente non sono scettico, ma sono scettico rispetto a queste cose! Sono scettico rispetto al fatto che il nostro peso, per superare la leggerezza della nostra forza nel risolvere i problemi, cerchiamo di recuperarlo con dei contenitori. Quanto più sono dotati di grandi stanziamenti finanziari o di grandi paroloni, di grande valenza mediatica, tanto più sembrano importanti. Ma non è così.

L'industrializzazione in Sardegna deve ripartire, onorevole Diana. Questa Giunta regionale e questa maggioranza credono in questo obiettivo politico e vogliono spendere tutto il loro peso politico perché questo risultato possa essere raggiunto. Ma un'industrializzazione in un mondo produttivo che crolla, come è crollato in questi tempi, come la si raggiunge? Come possiamo noi sostenere un piano di industrializzazione in Sardegna in un Paese che ha rinunciato da anni, invece, a essere un Paese veramente industriale perché non ha un serio Piano energetico nazionale, perché ha paura di affrontare qualunque novità, dal rinnovabile al nucleare? E' o non è così? Perché non si fa più ricerca, perché si è ancorati a prese di posizione demagogiche. La Germania, la Francia, la Spagna hanno un soggetto industriale nella chimica, perché la chimica è importante per il paese, non per una Regione; noi non lo abbiamo.

E noi da sardi, dentro lo Stato italiano, vogliamo dire questo in questi giorni, con tutta la forza di cui possiamo disporre, speriamo di averne tanta. Io poi non mi opporrò personalmente ad un intervento straordinario, o alla previsione di un intervento straordinario programmatico che punti ancora sull'industria. Io ci credo;, da tanti anni mi sono convinto che questo è importante, che è importante recuperare una quota di prodotto interno lordo per l'industria sarda, spendiamolo, ma attenzione a non rifugiarci poi in un'altra monocultura o, meglio, non diventerà mai una monocultura l'industria in Sardegna, è difficilissimo, visto da dove parte; ma evidentemente noi non possiamo pensare che avremo una massa manovrabile così ampia di risorse finanziarie regionali, (per quante saranno, non polemizzo sulla quantità di risorse), da poter destinare 500 milioni solo per l'industria, purtroppo non è così. Non sarà così! Ma tutto quel che avremo mettiamolo per obiettivi strategici.

Vorrei anticipare sostanzialmente l'impostazione che io sto anche verificando nel confronto con i territori in questi giorni, in preparazione del Programma regionale di sviluppo: le risorse che avremo non dovremo distribuirle a pioggia, questa è la vera questione. Dovremo, noi, dimostrare di avere più peso, più responsabilità, non distribuendo le risorse così, dovremo invece individuare insieme alcuni grandi obiettivi e perseguirli, concentrando le risorse.

Io questo tratterrei anche della proposta dell'onorevole Sanna, così come della stessa proposta fatta dall'onorevole Maninchedda, e cioè di sottolineare che lo sviluppo è direttamente proporzionale alla capacità politica, alla consistenza di un progetto politico, di un programma politico, cerchiamo di costruirlo in maniera forte; e questa è, credo, la sfida che ci attende tutti.

Vorrei concludere, non so quanto manchi ancora, per dire all'onorevole Diana che purtroppo io ho chiesto di verificare alcuni dati, e debbo dire che addirittura sui cassintegrati siamo ancora oltre il dato che è stato inserito nella mozione. I dati sono veramente preoccupanti. L'Assessorato del lavoro dà questi dati: cassa integrazione in deroga, 199 aziende interessate per un totale di 4396 lavoratori; mobilità in deroga, 1465 lavoratori; cassa integrazione con procedure amministrative ordinarie, 36 aziende per 2349 lavoratori. abbiamo oltre 8000 lavoratori interessati alla cassa integrazione e alla mobilità in deroga. Nessuno di noi sottovaluta la gravità di questa situazione, nessuno di noi.

Credo che la risposta debba essere pronta e responsabile. Non ci tireremo indietro anche nel verificare la disponibilità e la consistenza degli stanziamenti finora previsti nel bilancio vigente; abbiamo comunque trasferimenti dello Stato che sono consistenti, alcuni li abbiamo in conto residui, altri derivano da accordi firmati, l'ultimo quello del 29 aprile. Faremo il punto in sede di discussione del disegno di legge integrativo della manovra, se fosse necessario correggere quel dato dei 10 milioni destinati agli ammortizzatori, per chi non gode di quelli nazionali, lo faremo. Non è certamente un problema di risorse finanziarie; abbiamo anche fondi dell'Unione Europea a disposizione per questo, e quindi li useremo tutti per restare vicino ai nostri conterranei che vivono letteralmente il dramma, e non è una parola retorica, di un futuro davvero incerto e preoccupante.

Teniamo anche conto che cassa integrazione e mobilità in deroga riguardano alcuni lavoratori, in alcuni settori. Se leggiamo la stampa di oggi dobbiamo pensare anche ai lavoratori dell'edilizia, dobbiamo pensare ai lavoratori dell'agroalimentare, dobbiamo pensare agli artigiani, ai lavoratori autonomi, agli imprenditori agricoli, ai piccoli imprenditori che chiudono, e questi settori non hanno alcun ammortizzatore sociale. La situazione è davvero grave e non la sottovalutiamo. Però la risposta deve essere altrettanto pesante da parte nostra.

L'unità - chiudo su questo - non è una cosa formale da tenere sotto i riflettori; l'unità in questo momento delle forze politiche, di tutti i movimenti che rappresentano la società sarda non è solo metodo ma è sostanza; teniamola per essere forti davvero di fronte alle difficoltà che avremo in questi giorni.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16. Queste due ore di tempo potranno essere utilizzate per mettere a punto l'ordine del giorno.

(La seduta, sospesa alle ore 13 e 57, viene ripresa alle ore 16 e 09.)

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

PRESIDENTE. Colleghi, data la scarsa presenza di consiglieri in Aula, sospendo i lavori per 10 minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 13, viene ripresa alle ore 16 e 25.)

PRESIDENTE. Colleghi, comunico che è sospesa la discussione congiunta delle mozioni numero 13 e 8 abbinate all'interpellanza numero 13/A. Procediamo con il successivo punto all'ordine del giorno.

Discussione congiunta delle mozioni Espa - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Carta - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (14); Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio - Agus - Barracciu - Cocco - Cucca - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Soru sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità (9) abbinate all'interpellanza Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e per le possibili conseguenze discriminatorie nei

confronti degli studenti sardi con disabilità (15/A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 14 e 9 e dell'interpellanza numero 15/A.

(Si riporta di seguito il testo delle mozioni e della interpellanza:

Mozione Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio - Agus - Barracciu - Cocco - Cucca - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Meloni Marco - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Soru sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che, a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009/2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento;

CONSIDERATO che, come rilevato dalle dichiarazioni del Direttore scolastico regionale Armando Pietrella nell'audizione alla Commissione consiliare competente, ai numerosi pensionamenti per il prossimo anno non corrisponderanno altrettante immissioni in ruolo dei docenti aventi diritto, e che si manterrà, pertanto, una situazione di precariato che non sarà stabilizzato;

CONSIDERATA la mobilitazione dei sindacati della scuola che denunciano, tra l'altro, più di 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA in Sardegna già dall'inizio del prossimo anno scolastico e le conseguenze per oltre 500 docenti soprannumerari che saranno costretti improvvisamente a cambiare sede di servizio peggiorando le loro condizioni di lavoro e di vita, con maggiori costi da sostenere;

CONSIDERATO che la richiamata riduzione delle cattedre e il previsto aumento del numero di studenti per classe, il possibile accorpamento delle classi e chiusura di scuole, la riduzione del tempo pieno, oltre alla perdita delle opportunità di lavoro per gli insegnanti precari, rischia di determinare un preoccupante deterioramento della qualità della scuola, con gravi minacce per i diritti essenziali dell'istruzione pubblica in Sardegna e oltre che generare enormi disagi agli alunni stessi e alle loro famiglie, riporterebbe la scuola sarda indietro di qualche decennio attraverso l'incontestabile riduzione del "tempo scuola";

CONSTATATO che il richiamato aumento del numero di studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura di scuole potrebbero avere effetti devastanti in particolare per i territori interni e montani dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, molto spesso l'unica presenza locale delle istituzioni, e che già si manifestano i primi accorpamenti automatici, basati su un mero calcolo numerico e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, che vedono la composizione di classi molto numerose con la compresenza di più alunni con disabilità;

CONSIDERATO che, in modo particolare nei piccoli centri, si è a rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero pertanto a rischio dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della stessa frequenza scolastica e la negazione del costituzionale diritto allo studio;

RILEVATO che:

- la situazione sull'attribuzione del sostegno scolastico agli alunni con disabilità deve rispondere alle esigenze effettive espresse e documentate che devono essere soddisfatte per garantire pienamente il diritto allo studio, anche con il rapporto 1:1, come già stabilito dalle numerose sentenze dei tribunali ordinari della Sardegna prima e dai TAR e Consiglio di Stato oggi, che ribadiscono la necessità di attente valutazioni caso per caso, nonostante il rapporto medio nazionale, al fine di garantire nel rispetto della Costituzione il "pieno soddisfacimento delle effettive esigenze rilevate" (ordinanza del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2009);

- la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale nell'affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

VISTA la circolare del Ministero dell'istruzione n. 38/2009 dove, in toni gravemente perentori, si ri­chiama la "responsabilità dirigenziale" per i dirigenti scolastici regionali e per i dirigenti delle singole scuole paventando una responsabilità diretta e personale per eventuali aggravi di spesa per il mancato rispetto restrittivo, in base al decreto interministeriale, sugli organici del personale docente e delle ta­belle ad esso allegate;

CONSIDERATO che è dovere del Ministero dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutti gli attori istituzionali coinvolti ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province, comuni,

impegna la Giunta regionale

1) ad assumere iniziative per sostenere le rivendicazioni del personale docente e non docente e in particolare degli insegnanti precari, al fine di assicurare la loro stabilizzazione occupazionale nell'ambito della riqualificazione del sistema scolastico e formativo della nostra Regione;

2) a procedere con la massima urgenza all'apertura di una vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole e che, nell'individuazione dei criteri, riconosca il carattere speciale dei territori interni e montani della Sardegna;

3) a tutelare il diritto allo studio degli studenti con disabilità sardi, attraverso provvedimenti il più possibile rispondenti alle reali esigenze di ciascuno e non rispondenti a meri calcoli ragionieristici, perché non si rischi di fare passi indietro sui diritti essenziali acquisiti, affinché non si creino gravi discriminazioni e si garantiscano pari opportunità per tutti. (9)

Mozione Espa - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che, a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009/2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento;

CONSIDERATO che, come rilevato dalle dichiarazioni del Direttore scolastico regionale Armando Pietrella nell'audizione presso la Commissione consiliare competente, ai numerosi pensionamenti per il prossimo anno non corrisponderanno altrettante immissioni in ruolo dei docenti aventi diritto, con l'effetto del mantenimento di una situazione di precariato che non sarà stabilizzato;

CONSIDERATA la mobilitazione dei sindacati della scuola che denunciano, tra l'altro, più di 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA in Sardegna già dall'inizio del prossimo anno scolastico e ulteriori conseguenze per oltre 500 docenti soprannumerari che saranno costretti improvvisamente a cambiare sede di servizio peggiorando le loro condizioni di lavoro e di vita, con maggiori costi da sostenere;

CONSIDERATO che, alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale del 2 luglio 2009, n. 200 che ha dichiarato incostituzionali alcune norme previste nel decreto tra cui proprio il ridimensionamento della rete scolastica sul territorio, la riduzione delle cattedre e il previsto aumento del numero di studenti per classe, il possibile accorpamento delle classi e chiusura di scuole, la riduzione del tempo pieno, oltre alla perdita delle opportunità di lavoro per gli insegnanti precari, rischia di determinare un preoccupante deterioramento della qualità della scuola, con gravi minacce per i diritti essenziali dell'istruzione pubblica in Sardegna e, oltre che generare enormi disagi agli alunni e alle loro famiglie, riporterebbe la scuola sarda indietro di qualche decennio attraverso l'incontestabile riduzione del "tempo scuola";

CONSTATATO che l'aumento del numero di studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura di scuole potrebbero avere effetti devastanti, in particolare per i territori interni e montani dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, sovente l'unica presenza locale delle istituzioni, e che già si manifestano i primi accorpamenti automatici, basati su un mero calcolo numerico e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, con il risultato di pervenire alla composizione di classi molto numerose, e con la compresenza di più alunni con disabilità;

CONSIDERATO che, in modo particolare nei piccoli centri, sussiste il rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero pertanto a rischio dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della frequenza scolastica e la negazione del costituzionale diritto allo studio;

RILEVATO che:

la situazione sull'attribuzione del sostegno scolastico agli alunni con disabilità deve rispondere alle esigenze effettive espresse e documentate che devono essere soddisfatte per garantire pienamente il diritto allo studio, anche con il rapporto 1:1, come già stabilito dalle numerose sentenze dei tribunali ordinari della Sardegna prima e dai TAR e Consiglio di Stato oggi, che ribadiscono la necessità di attente valutazioni caso per caso, nonostante il rapporto medio nazionale, al fine di garantire nel rispetto della Costituzione il "pieno soddisfacimento delle effettive esigenze rilevate" (ordinanza del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2009);

la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale nell'affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

VISTA la circolare del Ministero dell'istruzione n. 38 del 2009 dove, in toni gravemente perentori, si richiama la "responsabilità dirigenziale" per i dirigenti scolastici regionali e per i dirigenti delle singole scuole paventando una responsabilità diretta e personale per eventuali aggravi di spesa per il mancato rispetto restrittivo, in base al decreto interministeriale, sugli organici del personale docente e delle tabelle ad esso allegate;

CONSIDERATO che è dovere del Ministero dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutte le istituzioni coinvolte ciascuna nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province, comuni,

impegna la Giunta regionale

8) ad assumere iniziative per sostenere le rivendicazioni del personale docente e non docente e in particolare degli insegnanti precari, al fine di assicurare la loro stabilizzazione occupazionale nell'ambito della riqualificazione del sistema scolastico e formativo della nostra Regione;

9) a procedere con la massima urgenza all'apertura di una vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole e che, nell'individuazione dei criteri, riconosca il carattere speciale dei territori interni e montani della Sardegna; in particolare alla luce di quanto stabilito lo scorso 2 luglio dalla Corte Costituzionale che ha giudicata parzialmente illegittime alcune norme del decreto Gelmini proprio sull'azione di ridimensionamento della rete scolastica;

10) a tutelare il diritto allo studio degli studenti sardi con disabilità, attraverso provvedimenti il più possibile rispondenti alle reali esigenze di ciascuno e non determinati da a meri calcoli ragionieristici, perché non si rischi di fare passi indietro sui diritti essenziali acquisiti, affinché non si creino gravi discriminazioni e si garantiscano pari opportunità per tutti. (14)

Interpellanza Espa - Bruno - Caria - Cuccu - Meloni Valerio - Solinas Antonio sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e per le possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità.

I sottoscritti,

premesso che a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009/2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischiano di restare esclusi dagli incarichi annuali di insegnamento;

considerato che, come rilevato dalle dichiarazioni del direttore scolastico regionale, Armando Pietrella, nell'audizione alla Commissione consiliare competente, ai numerosi pensionamenti per il prossimo anno non corrisponderanno altrettante immissioni in ruolo dei docenti aventi diritto, e che si manterrà, pertanto, una situazione di precariato che non sarà stabilizzato;

considerata la mobilitazione dei sindacati della scuola che denunciano, tra l'altro, più di 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA in Sardegna già dall'inizio del prossimo anno scolastico e le conseguenze per oltre 500 docenti soprannumerari che saranno costretti improvvisamente a cambiare sede di servizio peggiorando le loro condizioni di lavoro e di vita, con maggiori costi da sostenere;

considerato che la richiamata riduzione delle cattedre, e il previsto aumento del numero di studenti per classe, il possibile accorpamento delle classi e chiusura di scuole, la riduzione del tempo pieno, oltre alla perdita delle opportunità di lavoro per gli insegnanti precari, rischia di determinare un preoccupante deterioramento della qualità della scuola, con gravi minacce per i diritti essenziali dell'istruzione pubblica in Sardegna, oltre che generare enormi disagi agli alunni stessi e alle loro famiglie, riporterebbe la scuola sarda indietro di qualche decennio attraverso la incontestabile riduzione del "tempo scuola";

constatato che:

11) - il richiamato aumento del numero di studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura di scuole potrebbero avere effetti devastanti in particolare per i piccoli centri dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, molto spesso l'unica presenza locale delle istituzioni;

12) - già si manifestano i primi accorpamenti automatici, basati su un mero calcolo numerico e non sull'offerta formativa proposta alle famiglie, che vedono la composizione di classi molto numerose con la compresenza di più alunni con disabilità;

considerato che, in modo particolare nei piccoli centri, si è a rischio di conseguenze discriminatorie e non inclusive per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado, che hanno oggettive difficoltà negli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza e che sarebbero, pertanto, a rischio dispersione, con la reale possibilità che la chiusura dei plessi nei piccoli centri possa significare l'impedimento, per le situazioni più gravi, della stessa frequenza scolastica e la negazione del costituzionale diritto allo studio;

rilevato che:

13) - la situazione sull'attribuzione del sostegno scolastico agli alunni con disabilità deve rispondere alle esigenze effettive espresse e documentate che devono essere soddisfatte per garantire pienamente il diritto allo studio, anche con il rapporto 1:1, come già stabilito dalle numerose sentenze dei tribunali ordinari della Sardegna prima e dai TAR e Consiglio di Stato oggi, che ribadiscono la necessità di attente valutazioni caso per caso, nonostante il rapporto medio nazionale, al fine di garantire nel rispetto della Costituzione il "pieno soddisfacimento delle effettive esigenze rilevate" (ordinanza del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2009);

14) - la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale di affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

considerato che è dovere del Ministero della pubblica istruzione quello di garantire il diritto allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutti gli attori istituzionali coinvolti, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province, comuni,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport per sapere:

15) 1) quali iniziative intendano assumere per affrontare e sostenere le rivendicazioni degli insegnanti precari al fine di assicurare la loro stabilizzazione occupazionale nell'ambito della riqualificazione del sistema scolastico e formativo della nostra Regione;

16) 2) se intendano procedere con la massima urgenza all'apertura di una vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole, anche nei piccoli centri;

3) sempre nella citata vertenza, se sia tutelato il diritto allo studio degli studenti con disabilità sardi, attraverso provvedimenti il più possibile rispondenti alle reali esigenze di ciascuno e non rispondenti a meri calcoli ragionieristici, perché non si rischi di fare passi indietro sui diritti essenziali acquisiti, affinché non si creino gravi discriminazioni e si garantiscano pari opportunità per tutti. (15).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.

ESPA (P.D.). Presidente, in una giornata in cui si è parlato e ancora si parlerà di industria, non credo di fare un paragone improprio se collego l'argomento che ora affronteremo all'industria. L'industria della conoscenza è infatti una delle industrie più importanti della Sardegna, coinvolge 22 mila persone solo nella scuola dove, però, vi è una situazione che fa paventare il rischio di una perdita, nel prossimo triennio, quindi fino al 2012, di numerosi posti di lavoro. E' per questo che noi abbiamo voluto rappresentare, raccogliendo le impressioni, i problemi che si stanno creando in Sardegna nel settore della scuola, soprattutto di quella pubblica. Sono problemi che l'Assessore per professione conosce e, se non fosse in questa Aula, potrebbe anche essere personalmente coinvolta dai tagli.

Io da questo vorrei iniziare, ricordando anche le cose che ci siamo detti ieri, perché dovrò parlare molto di quello che lo Stato sta facendo per la scuola in Sardegna, ovverosia di quello che lo Stato sta facendo in questo momento per ammazzare la scuola in Sardegna. Noi con questa mozione chiediamo di aprire una vertenza; apertura che, ripeto, chiediamo sia fatta in maniera unitaria.

Ieri, da un vostro autorevole rappresentante, che noi stimiamo moltissimo, almeno io personalmente lo stimo molto, l'onorevole Pisanu, è stato detto che l'unità è una bambina che va educata, che va accompagnata e non presa a schiaffi. Questo paragone va tenuto presente perchè indubbiamente è anche un ruolo dell'opposizione individuare e colpire le responsabilità, però in questo caso noi chiediamo a voi di colpire le responsabilità che ci sono a livello governativo nazionale.

L'unità non si ricerca sulle cose che fate voi o facciamo noi, l'unità la dobbiamo realizzare (se questo è l'intento) riconoscendo insieme i problemi della Sardegna. Per questo, quando verifichiamo la situazione della scuola, quello che è successo e sta per succedere in Sardegna, quando esaminiamo alcuni dati che fanno rabbrividire, io faccio subito una considerazione. La Gelmini ha detto che la spesa per gli stipendi, parlo subito del personale, si aggira intorno al 97 percento di tutto il budget della scuola italiana. Questa dato è falso; è falso e non fa altro che creare un clima da "caccia al dipendente", al professore che non fa il suo dovere; noi invece sappiamo che la spesa italiana per quanto riguarda gli stipendi impegna il 78 per cento di tutto il budget della scuola pubblica per cui è totalmente in linea con gli altri Paesi dell'OCSE.

Io vorrei sottolineare, inoltre, che l'investimento, perché di questo si tratta, nella conoscenza, nell'istruzione, in un momento di crisi va rafforzato. In presenza di una crisi dobbiamo accrescere le nostre competenze, perché il livello medio di conoscenza sia il più elevato possibile. La scuola piuttosto che essere tagliata deve essere rafforzata; il Governo piuttosto che spendere 13 miliardi di euro in 10 anni per comprare nuovi aerei da guerra, dovrebbe comprarne uno in meno e spendere qualcosa in più per la scuola, perché la scuola è un bene estremamente importante per i nostri figli. Io voglio ricordare che in Sardegna molti dei nostri padri e dei nostri nonni hanno dato il sangue per avere la scuola, molti dei nostri padri (pastori, agricoltori, gente umile) ha battagliato perché nei piccoli paesi ci fosse lo Stato, ovvero ci fosse anche la scuola. Questo non dobbiamo dimenticarlo, questo è in Sardegna un fatto molto radicato.

Per cui quando sentiamo dare velocemente dei dati, come quello sulla spesa per gli stipendi, sappiamo che è un dato falso e, di conseguenza, invochiamo l'unità, anche con voi, nel contestare fortemente questa posizione del Ministro. Ricordo quello che ha detto ieri il presidente Cappellacci su una classe elementare, ai suoi occhi un simbolo, che sfilava a Porto Torres chiedendo lavoro. Noi abbiamo paura che la stessa classe elementare, sempre di Porto Torres, non debba camminare a ottobre chiedendo scuola, che quei bambini debbano scendere in piazza chiedendo scuola, oltre che lavoro per i propri genitori.

Consentitemi a questo punto di riepilogare velocemente il quadro dei principali problemi della nostra Isola attraverso alcuni dati, che non posso non considerare, che riguardano la scuola in Sardegna. Noi rischiamo la chiusura di 300 edifici scolastici; sono a rischio 225 autonomie scolastiche su 426, secondo i parametri del regolamento Gelmini;intere zone della Sardegna saranno desertificate, private dell'ultimo baluardo della nostra presenza, della presenza dello Stato, del pubblico.

Per quanto riguarda il personale, nei tabulati non definitivi dello stesso Ministero sono previsti 10.000 posti in meno nelle elementari, 15.000 posti in meno nelle medie, 11.000 posti in meno nelle superiori, il 40 percento di questi tagli sarà effettuato nelle regioni del meridione. La Sardegna, poiché stiamo parlando della nostra regione, sugli attuali oltre 21.000 posti esistenti deve pagare un tributo di 1.688 posti in meno nei vari ordini e gradi della scuola, esclusa la scuola dell'infanzia di cui ancora non si sa nulla. A ciò va aggiunto, sempre in Sardegna, il probabile taglio sugli attuali 8.200 di 513 posti ATA: meno 339 bidelli, meno 115 impiegati di segreteria, meno 50 tecnici.

L'altra questione molto importante, che è stata toccata anche in Commissione competente, è l'intenzione di impedire immissioni in ruolo. Infatti la consistenza dei tagli ha una "sinistra" corrispondenza con il probabile numero dei pensionamenti in campo nazionale, pare oltre 40.000 unità. In Sardegna si prospettano circa 1.600 pensionamenti tra personale docente e ATA, ma non è previsto nessun turnover, con buona pace di centinaia di migliaia di precari che inutilmente aspettano da decenni di poter entrare in ruolo; questi sono dei veri e propri licenziamenti per cui ritorno sul concetto di "industria" applicato alla scuola. Nella scuola le persone a rischio (ma parliamo anche delle loro famiglie) sono quelle che da vent'anni, è vero, ogni anno sono considerate precarie, ma essendo ormai stabilizzate aspettavano l'immissione in ruolo. Si tratta di 500 persone che rischiano di perdere immediatamente il posto di lavoro e, di conseguenza famiglie che perdono il reddito.

Questi tagli in Sardegna si abbattono su una realtà che vede uno scarso impiego del tempo pieno: 40 ore settimanali nelle elementari, 744 classi su 3904, una percentuale del 19 per cento a fronte del 43 per cento, per esempio, della Lombardia. Va un po' meglio nelle scuole medie, dove abbiamo 920 classi con il tempo prolungato su 2379, pari al 38 percento. Mancano invece i corsi serali per gli adulti; infatti sempre per le scuole medie sono disponibili solamente 58 docenti su 4673, con buona pace di immigrati, di emarginati e di adulti desiderosi di rialfalbetizzarsi.

L'introduzione poi del maestro unico, alle elementari, se fosse integralmente applicata in Sardegna provocherebbe sulle sole 725 prime classi circa 362 insegnanti in meno per 12 mila bambini,. A regime su tutte le cinque classi perderemmo, nei prossimi anni e fino al 2012, circa 1916 insegnanti. Eppure le famiglie italiane stanno chiedendo in maniera molto chiara il tempo pieno, aumenta la domanda del tempo pieno, non diminuisce; perché mentre io andavo a scuola dalle 8 e 30 alle 12 e 30, oggi che entrambi i genitori lavorano questo orario non è possibile attuarlo. La riforma Gelmini invece punta a ridurre il "tempo scuola", magari cercando di mantenere parzialmente i posti di lavoro, ma comunque si punta a ridurre il Tempo scuola, e questa scelta non la possiamo accettare neanche da un punto di vista culturale.

Occorre fare poi un discorso sui posti di sostegno che, molto chiaramente, continuano a diminuire; a fronte degli insufficienti 2515 posti funzionanti quest'anno per oltre 4400 alunni con disabilità, in organico di diritto nel 2009-2010 ci saranno solo 1995 posti: oltre 500 posti in meno, ma dovremo aspettare il dato definitivo per avere numeri certi. Anche questo fatto crea una ulteriore, grande preoccupazione per la Sardegna. Tra l'altro, che cosa devono fare le famiglie? Ho citato il caso degli alunni con disabilità, ma vale per tutto. Le famiglie protestano? Sì, protestano, ma all'esterno del Consiglio regionale la battaglia è già iniziata, , e questa battaglia noi dobbiamo cercare di portarla a Roma in maniera forte, perché le famiglie si stanno già rivolgendo ai tribunali, come molti di noi sanno.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Espa. Colleghi, il brusio in Aula è assolutamente inaccettabile. Prego, onorevole Espa.

ESPA (P.D.). Il Consiglio di Stato, è una sentenza del 24 febbraio, a seguito del ricorso di un alunno sardo, ha sancito la reintroduzione dell'insegnante di sostegno.

Colgo l'occasione per ricordare le famiglie che in tutti questi anni hanno combattuto, ricorrendo anche al tribunale ordinario, per garantire i diritti dei loro figli. Presso i tribunali civili sono state intentate sette cause contro il Ministero, per i tagli agli insegnanti di sostegno, e sono state vinte tutte e sette; perchè la politica della Gelmini lo dobbiamo dire, è una politica che comunque è contro la famiglia. Ciò che poi dispiace è la formula del ricorso perché è il bambino che lo fa e lo Stato risponde contro il bambino della scuola elementare con disabilità. Per fortuna hanno vinto le famiglie.

Voglio citare altri due casi, sempre in tema di ridimensionamento Il primo caso, riguarda una scuola di Quartucciu, ci permette di capire anche il senso della ultima sentenza della Corte costituzionale, che ha parzialmente cassato, ne parlerà qualche collega dopo, la riforma Gelmini. Le famiglie, come voi sapete, nella scuola dell'autonomia, che viene calpestata dal decreto Gelmini, iscrivono in base a un piano formativo, che è dato dalla scuola dell'autonomia, quindi si sceglie la scuola. Questo è il potere che hanno le famiglie.

Entra in campo il decreto Gelmini. Che cosa succede? Che quelle famiglie che avevano scelto il tempo pieno, improvvisamente, per legge, si ritrovano con un'altra offerta formativa, anzi obbligate per esempio a non avere il tempo pieno. Cioè, io scelgo la scuola che ha certi requisiti, questi requisiti cambiano o vengono meno in corsa, senza che io possa fare niente, a meno che non ricorra ai tribunali, questa è la verità. Mi ritrovo pertanto una classe, è un esempio, con 28 alunni di cui uno con disabilità grave, cosa proibita, eppure già definita così.

Voglio ricordare il caso di Atzara di cui se ne sta parlando adesso. E' previsto un accorpamento selvaggio, io lo definisco così, delle prime tre classi elementari con, contemporaneamente, la reintroduzione del maestro unico. Ricordiamo che la scuola elementare italiana è considerata, anche a livello internazionale, una scuola di qualità e tale è anche quella sarda.

La riforma Gelmini ripristina la figura del maestro unico. Voi immaginate che ad Atzara ci sarà l'accorpamento in una pluriclasse di bambini di prima elementare con bambini di terza e un maestro unico. Non si capisce se questi bambini di prima elementare dovranno ascoltare le lezioni di aritmetica dei bambini di terza o viceversa i bambini di terza dovranno ascoltare lezioni che hanno già sentito due anni prima. Questo perché l'accorpamento una cosa veramente anticostituzionale, è andato di pari passo con la diminuzione degli insegnanti; e questi sono due casi che conosciamo.

Su questa questione, dobbiamo affiancare i dirigenti scolastici perché, l'abbiamo ricordato nella nostra mozione, e lo voglio ricordare ancora la circolare del Ministero dell'istruzione numero 38 del 2009 richiama i dirigenti scolastici al puntuale rispetto dei parametri del decreto Gelmini al fine di non incorrere in una responsabilità finanziaria diretta. E' la prima volta che viene formulato un simile "attacco", significa che vogliono legare le mani ai nostri dirigenti che magari intendono assumersi delle responsabilità, e su questo dobbiamo assolutamente intervenire perché non possiamo lasciare che questa decisione passi inosservata nella scuola sarda.

Occorre ricordare però, lo dico anche per l'Assessore, lo dico per tutti, che il Ministero a un rilievo della Corte dei Conti mosso in fase di registrazione del decreto Gelmini, ha risposto in maniera chiara che eccezioni sono possibili, cioè non è detto che bisogna adottare la figura del maestro unico, così come riconosce che la riforma non dev'essere applicata in maniera perentoria; ma d'altra parte questa è una incongruenza rispetto alla circolare del Ministero che, addirittura, chiama i dirigenti a rispondere in solido qualora non applichino la Gelmini-Tremonti, questo bisogna dirlo.

Concludo facendo altre due osservazioni su questo argomento. La prima è che alcuni Tar, per esempio il Tar della Puglia, ha emesso recentemente una sentenza nella quale ha riconosciuto alle famiglie che hanno fatto ricorso per i tagli il danno esistenziale; quindi ha previsto non solo il reintegro degli insegnanti, ma anche un risarcimento di 5000 euro per il danno esistenziale. E' stata riconosciuta quindi non solo l'illegittimità dei tagli ma anche il fatto che questa battaglia portata avanti dalle famiglie contro lo Stato ha creato stati di disagio. E' una battaglia che noi dovremo prendere ad esempio per quanto riguarda i nostri interventi che, chiaramente, dovranno essere solamente di protezione delle famiglie sarde, anche nell'ambito dei tribunali, ma soprattutto a livello legislativo, come noi possiamo fare benissimo.

L'altra osservazione riguarda l'azione della Giunta su questo problema; vorremmo sapere che cosa sta succedendo in questi mesi in cui c'è una battaglia dei sindacati, delle famiglie e dei docenti fortissima su tutto il territorio, qual è la vertenza che noi vogliamo aprire, in che modo vogliamo dire no questa riforma, è nostro il potere di determinare gli eventuali accorpamenti. Io ricordo che i colleghi della Commissione cultura hanno già prodotto un documento che chiedeva il ritiro della precedente delibera di Giunta (Presidente il dottor Mannoni) sul ridimensionamento delle autonomie scolastiche in Sardegna. Però ricordiamo che quella delibera è già esecutiva, ricordiamo che sono state tagliate 33 autonomie scolastiche e questa deliberazione di Giunta deriva da quello che è stato chiesto dalla riforma Gelmini. Ma su questo basta...

PRESIDENTE. Onorevole Espa, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

Ricordo ai consiglieri che intendono prendere la parola che devono iscriversi al banco della Presidenza non oltre la conclusione del primo intervento

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Io intervengo perché il settore scuola credo sia (non è la prima volta, ma oggi in modo particolare dato il momento difficile che attraversiamo) individuato come un settore sul quale si può intervenire a piene mani per fare delle economie, senza che ci si renda conto del danno che viene fatto alla scuola pubblica e le conseguenze che questo danno può avere nella nostra società; una società che ha già delle emergenze, dei disagi e delle difficoltà, se solo pensiamo alla dispersione scolastica che in questa Regione ha numeri elevati, numeri che preoccupano.

Io credo che il Governo sbagli quando interviene sulla scuola, settore nevralgico per la nostra società, con la scure dei tagli e degli accorpamenti provocando la perdita di opportunità di un lavoro qualificato e prezioso per la formazione dei nostri giovani. Si crea un disagio che poi ricade sulla pelle dei cittadini, quei cittadini che oggi sempre più vivono situazioni difficili anche nel mondo del lavoro e probabilmente nella scuola potrebbero trovare una risposta ai problemi delle famiglie. Sull'argomento che stiamo trattando nella mozione il Governo in modo particolare ha delle responsabilità, però ne ha anche la Regione.

Io alla Regione chiedo soprattutto di sostenere un accordo Stato-Regione per raggiungere l'autonomia scolastica. Non è pensabile che non venga data la possibilità di una piena autonomia scolastica soprattutto a una regione come la Sardegna, che dovrebbe rivendicarla e pretenderla, in uno Stato dove esistono realtà autonome quali le Province di Trento e di Bolzano e la Regione Valle d'Aosta, e oggi sta portando avanti con determinazione questa richiesta la Regione Friuli Venezia Giulia. Certamente non vi sono più i pericoli, che si temevano anni e anni addietro, per l'unità dello Stato.

Noi conosciamo e ricordiamo vicende passate; e cioè ricordiamo, quando da quest'Aula vennero elaborate proposte di legge sulla lingua e la cultura sarda (problematica richiamata d'attualità nell'intervento della presidente Lombardo in questi giorni sulla stampa), quale fu l'opposizione dura e incondizionata del Governo italiano contro questi progetti. Oggi credo che i tempi siano cambiati per cui noi dobbiamo riprendere con determinazione il progetto di rivendicare piena autonomia per la nostra scuola e per i nostri diversi livelli di insegnamento. Solo attraversa l'autonomia della scuola riusciremo infatti a predisporre un piano che prenda in considerazione la serie di emergenze che ora il collega Espa ha illustrato, e molte altre.

Va predisposto - e questo non è un aspetto secondario - un serio piano di edilizia scolastica che ha un peso determinante anche nella risoluzione dei problemi testé prospettati. L'edilizia scolastica favorisce le iscrizioni ed evita quella dispersione che, abbiamo detto prima, ha in Sardegna numeri drammatici; dà prestigio all'istituzione scuola che deve essere considerata e rispettata come una delle istituzioni portanti della nostra società. Un'istituzione fondamentale alla quale va dedicata grande attenzione.

La scuola non è solo il luogo dove i ragazzi vanno per imparare a leggere, scrivere e far di conto; oggi il ruolo della scuola è un ruolo troppo importante, dato il momento che viviamo, per cui l'istituzione scuola va privilegiata anche rispetto ad altre scelte che possono essere fatte nel nostro territorio. In un territorio fortemente colpito dal problema occupazionale sul quale abbiamo discusso ieri e oggi, la scuola rappresenta pertanto un tassello fondamentale.

Non è pensabile, di conseguenza, che tante scuole ancora oggi siano ubicate in edifici non realizzati con quella destinazione. Porto l'esempio di alcune scuole della città di Alghero, che non penso comunque (chissà quanti altri esempi si potrebbero fare) sia l'unica città disastrata per quanto riguarda l'edilizia scolastica in Sardegna. . L'Istituto alberghiero, uno dei vanti dell'insegnamento in Sardegna, è ubicato fin dalla sua origine nell'ex albergo Esit di Alghero, posizionato, devo dire, in un luogo magnifico, ma sicuramente inadeguato, inidoneo e comunque fuori (cucine ubicate in un ex locale notturno) da qualsiasi regola e parametro previsto dalle normative in materia.

Il liceo classico ha realizzato da diversi anni le scale antincendio ma, percorse queste, non ha l'uscita di sicurezza sulla strada; l'istituto tecnico è privo di palestra che rappresenta un elemento fondamentale, essenziale, per dare l'idoneità a un edificio scolastico perchè gli spazi per l'attività motoria e ricreativa ne costituiscono parte fondamentale. Potrei continuare citando l'auditorium crollato e non costruito, o il primo circolo didattico in cui spazi all'aperto sono stati utilizzati per una delle più becere speculazioni edilizie della città di Alghero o le scuole materne ubicate in magazzini destinati ad attività commerciali.

Il contenuto della mozione credo faccia chiarezza sulle problematiche di cui abbiamo detto; però ribadisco che non si può tollerare il taglio delle classi determinato dall'accorpamento delle stesse e che ha portato il tetto massimo degli alunni previsto a un livello che rende le classi, di fatto, ingovernabili. Vi invito a rendervi conto della vita difficile che gli insegnanti hanno all'interno di classi dove spesso ci sono portatori di handicap, che però vengono assistiti, ma anche ragazzi difficili; penso al quartiere di Latte Dolce a Sassari, immagino il quartiere di Sant'Elia a Cagliari, il quartiere della Pietraia ad Alghero dove diventa difficile governare ragazzi, straordinari, per effetto di un numero elevato di studenti per classe. Questo crea problemi agli insegnanti nell'attività didattica che è resa sempre più difficile anche dal fatto che devono sostituirsi nei ruoli dei genitori, spesso assenti per diversi motivi.

Concludo dicendo, come ha già sottolineato il collega Espa, che bisogna fare una seria riflessione ma, soprattutto, rigettare le disposizioni dai toni gravemente perentori, io direi intimidatori, contenute nel decreto ministeriale. Disposizioni nelle quali si richiama la responsabilità dei dirigenti scolastici avvisandoli che se si permettono delle liceità ne pagheranno il conto.

Ora, poiché i dirigenti scolastici vivono sulla propria pelle le situazioni difficili dei loro istituti, dovrebbero assumersi anche la responsabilità di andare in qualche modo contro corrente rispetto alle disposizioni ministeriali, però di fronte alla prospettiva di cui sopra io sfido chiunque si trovi in una condizione difficile come il dirigente scolastico a prendere provvedimenti di questo genere. Si è arrivati all'assurdo di dire che le classi si formano non in base al numero degli iscritti previsti, ma in base agli scrutini fatti nell'anno precedente! Questa è una vergogna, un'assurdità!

Su questi temi io credo che il discorso dovrà essere sviluppato in altre occasioni che sicuramente non mancheranno.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, un sociologo francese molto conosciuto, si chiama Edgar Morin, sostiene che nelle nostre aule manca la passione, non c'è anima, c'è un sapere frammentato che uccide ogni curiosità. Questa è una realtà annunciata già da qualche anno, aggravata ora dall'attuale decreto Gelmini da applicare a tutte le istituzioni scolastiche senza tenere conto della diversità delle realtà locali.

Troviamo a dir poco assurde e ingiustificate le disposizioni sui continui tagli del Governo alla scuola pubblica, soprattutto per le conseguenze che questi comportano nella società sarda. Questo perché tali disposizioni aggravano la situazione delle storie locali e generano gravi ripercussioni nel tessuto sociale.

Il Ministero impone alle Regioni massicci tagli al numero delle istituzioni scolastiche prevedendo l'attivazione dei trasporti, l'adeguamento delle strutture edilizie e la realizzazione di servizi di rete. Ma come è possibile applicare una tale disposizione nella nostra isola? In Sardegna questo genererebbe non solo la morte dei siti scolastici delle piccole realtà periferiche, ma contribuirebbe anche a uno spopolamento fisiologico delle zone interne, nonché all'aggravamento delle già difficili situazioni occupazionali e dei numerosi disagi della mobilità per gli studenti: si pensi ai problemi dei trasporti locali, ai disagi dei pendolari, con peggiore conseguenza per quelli con disabilità.

In questo modo si nega soprattutto la tutela dell'imprescindibile diritto allo studio di tutti i giovani per i quali l'obbligo formativo viene meno perché messi in condizioni tali da non poter frequentare la scuola e non solo... vedo che l'Assessore è molto attento, comunque, "cultura obbliga" come direbbe Rousseau.... Si verificherebbe dunque, come già in parte è accaduto in questo caso, una grave dispersione scolastica perchè la difficoltà, se non proprio l'impossibilità, di raggiungere le poche strutture scolastiche cittadine comporterebbe la rinuncia alla formazione.

Il caso degli studenti disabili presenta un ritorno alle discriminazioni e anche la negazione, per la riduzione del personale pedagogico specializzato, dell'esercizio del legittimo diritto allo studio prima e del conquistato rapporto uno a uno (l'Assessore spiegherebbe sicuramente questo rapporto uno a uno) che definisce una più idonea assistenza nell'apprendimento e nell'istruzione per gli studenti con gravi difficoltà di integrazione. Già abbiamo assistito all'eliminazione di tale assistenza con l'abolizione degli insegnanti di sostegno per i bambini con disturbi specifici di apprendimento. Dove finirebbero le energie dunque spese da tutti coloro che si sono battuti per conquistare tali diritti?

Ancora una volta non si dà la giusta importanza al rischio a cui andiamo incontro nel rinunciare alle numerose risorse che una società più acculturata produrrebbe. Si ritorna indietro nel tempo, negando tutte quelle rivendicazioni che negli anni sono state conquistate per la tutela del posto di lavoro degli insegnanti e di tutte le altre figure scolastiche che rendono la scuola attiva e funzionale, il personale tecnico amministrativo e ausiliario, per esempio, ormai destinato al precariato anche esso.

Si va verso un ridimensionamento della struttura scolastica al che consegue l'accorpamento dei plessi cittadini e la chiusura e la morte di altri, vedi quelli periferici alle città e quelli dei piccoli centri di provincia. Assisteremo dunque alla formazione delle classi sovrappopolate in cui garantire l'offerta formativa e il metodo e l'educazione potrebbe essere veramente difficile.

Nel frattempo però cresce la richiesta alle scuole private che vengono sempre più assistite finanziariamente dallo Stato a discapito ancora una volta del pubblico. Per quale obiettivo? Il risultato è forse quello di giungere a una società con un'istruzione di élite? O, peggio ancora, nell'assenza di una tutela del diritto allo studio e alla formazione, siamo disposti a rinunciare a una società colta per sfornare una popolazione telecomandata, ignorante e immotivata perché abbiamo dimenticato che a scuola si va per imparare, per fare educazione e formarsi? Non possiamo dimenticare che a scuola si va anche per imparare a vivere,come professava secoli fa Jean Jacques Rousseau; essa deve formare l'uomo affinchè abbia un ruolo attivo e giusto nella società e invece, così proseguendo, la prospettiva dei nostri piccoli uomini è oggi quella della disoccupazione e della depressione: dalla crisi nella crisi, parafrasando ancora Morin.

Mi chiedo che senso abbiano queste proposte governative in un Paese civile e in cui il diritto allo studio, quanto quello alla salute e al lavoro, è sancito dalla Costituzione e deve restare perciò inviolato e inviolabile. Come possiamo ritornare alla passione del sapere e alla sua trasmissione se l'insegnamento continua ad essere osteggiato e l'istruzione usurpata.

Siamo distanti anni luce dal pensiero che l'insegnamento sia una missione. Ai tagli alla scuola pubblica consegue una grave ricaduta anche sulla qualità didattica delle lezioni e si abbassa dunque il livello culturale; così facendo ci dimentichiamo che il benessere economico e sociale di un Paese passa attraverso l'istruzione e il sapere. Non si è più disposti a investire sulla scuola perché non si comprende che questa costituisce risorse e produce i beni più preziosi. Ma forse questo importante investimento a lungo termine non si vuole affrontare e sarebbe utile scoprirne il perché.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, Assessori e onorevoli colleghi, anche su questa mozione più che altro faccio una riflessione perchè non voglio ripercorrere i dati già elencati dall'onorevole Espa che ci danno il quadro preoccupante degli aspetti più diretti determinati dall'attuazione del dispositivo ministeriale.

In proposito cito il dato, peraltro sottolineato anche dagli altri colleghi intervenuti, dei 2200 posti a rischio tra personale docente e ATA; dato che, in termini economici, credo possa essere quantificato in oltre 30 milioni di euro di un mancato trasferimento nell'economia regionale.

L'altra elemento che mi preoccupa (il riferimento è anche alla mozione precedentemente discussa), è il fatto che tra queste 2200 persone a rischio molte avranno a carico una famiglia, per cui potrebbero implementare quel dato del 22 per cento, citato stamattina di famiglie che in Sardegna già vivono sotto la soglia di povertà.

Un nuovo regolamento, appunto, dal Ministro, questo nuovo regolamento interessa un altro aspetto, forse poco rappresentativo ma che per la Sardegna è importante; mi riferisco al danno che consegue dal non uso del patrimonio edilizio scolastico. Il non uso di questi ambienti spesso porta i comuni a chiedere alla Regione ulteriori risorse per mantenere questo patrimonio efficiente magari trasformandolo, destinandolo ad altri usi oppure mantenendolo integro nella speranza che possa essere riusato se vi saranno nuovi alunni. Risorse economiche che si utilizzano "nella speranza", ma che non hanno un ritorno immediato.

A questa marginalità si aggiungono gli altri aspetti di cui hanno parlato i colleghi. Io in primo luogo vorrei sottolineare come, ne abbiamo parlato questi giorni, ne stiamo parlando, ancora una volta venga mortificata l'autonomia regionale, che credo possa essere l'unica titolata a proporre al Ministero il ridimensionamento scolastico su un territorio proprio conoscendone appieno le problematicità e le implicanze.

Quindi la soppressione indiscriminata di sedi scolastiche non fa altro che accentuare una volta di più l'assenza dello Stato, tema questo peraltro dibattuto più volte; in particolare questa grave scelta purtroppo ricadrebbe su quei comuni che hanno già visto la soppressione o il ridimensionamento della presenza dello Stato, per esempio con la chiusura della stazione dei carabinieri o delle Poste. Una comunità senza la scuola, nel ventunesimo secolo, perde la sua identità e la si riconduce a borgo senz'anima; spero non si torni alla fase medioevale che ha visto appunto la crescita dei comuni più forti nei riguardi di quelli più deboli che soccombevano. Abbiamo tutti la stessa dignità, tutti i centri della Sardegna hanno la stessa dignità.

La grande contraddizione poi sta nel fatto che tutti in quest'ultimo periodo, lo stesso presidente Obama, parlano con grandi titoli sui giornali della necessità di investire nella scuola come obiettivo primario del nuovo sviluppo; noi invece non facciamo altro che scaricare su un'ampia parte dei comuni sardi ulteriore povertà economica, spopolamento e, perché no, anche povertà intellettuale.

Come dicevo, non riprenderò i dati che l'onorevole Espa ha esposto con dovizia di particolari perché il mio intervento vuole essere una brevissima riflessione ad alta voce. Ci riempiamo spesso la bocca di identità e specificità sarda, a questa ricchezza però non fanno seguito azioni concrete che le rafforzino e le trasmettano ai posteri perché questo patrimonio non venga perso od omologato. La scuola, almeno quella primaria, dev'essere salvaguardata in tutti i centri abitati della Sardegna perché tramite l'istruzione devono essere veicolati e rafforzati appunto gli embrioni culturali dell'isola.

Io sono del parere che uno Stato solidale su alcuni bisogni ed in particolare sull'istruzione non può ragionare in termini di bilanci. Il valore formativo di un alunno di Setzu, tanto per fare un esempio, il comune più piccolo, che non viene estrapolato dalla propria comunità credo sia difficile da quantificare, e il costo per la sua formazione non vale il risparmio monetario che oggi il Governo persegue. L'accorpamento delle classi, e quindi degli alunni, è una mera operazione economico-finanziaria che noi dobbiamo rigettare perché far crescere i propri ragazzi nel proprio ambito non fa che rafforzare come detto la cultura e l'identità del popolo sardo, sradicando i nostri bimbi e i ragazzi dal loro ambito arrechiamo un grosso danno in primo luogo alla loro formazione di base e alla loro sicurezza personale.

La mobilità deve essere degli insegnanti e non dei ragazzi anche perché le classi composte da pochi alunni costituiscono una ulteriore ricchezza per gli alunni stessi, e quindi va bandito il tentativo consequenziale dell'accorpamento delle pluriclassi nelle quali si raddoppia spesso la presenza di portatori di handicap; questo comporta ulteriori, gravi danni per quegli alunni già penalizzati dalla vita che avrebbero il diritto a un'attenzione particolare da parte di tutti noi..

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, l'argomento della scuola pubblica in Sardegna e della sua organizzazione, che abbiamo voluto portare all'attenzione di questo Consiglio, non è certamente diventato di attualità in quest'ultimo periodo ma riguarda e ha riguardato in questi ultimi decenni l'intero territorio regionale.

I dati che ha illustrato il collega Espa dimostrano oggi che la situazione si è notevolmente aggravata; in molti territori della nostra Isola è a rischio il diritto fondamentale garantito dalla nostra Costituzione dell'istruzione pubblica, l'aumento del numero degli studenti per classe, l'accorpamento e la chiusura delle scuole sta avendo effetti devastanti in molti territori dove l'istituzione scolastica dopo la chiusura delle preture, delle caserme dei carabinieri, degli uffici postali e delle banche, è diventata ormai l'unica presenza dello Stato.

Gli accorpamenti scolastici non possono essere il risultato di un puro e semplice calcolo numerico, la situazione geografica, l'orografia del nostro territorio richiedono a mio avviso valutazioni diverse. Il collega Espa citava esempi drammatici della situazione della scuola pubblica nei nostri piccoli comuni. Potrei citare tantissimi casi, ma voglio citare il caso del comune di Aidomaggiore, un comune dell'alto oristanese di 480 abitanti, dove esiste nella scuola elementare un'unica pluriclasse, dalla prima elementare sino alla quinta con un unico insegnante, altro che maestro unico per classe! Qui stiamo parlando di un insegnante unico per le cinque classi elementari! Lascio a voi il giudizio su quello che può essere il risultato formativo di un bambino che finisce la scuola elementare dopo aver condiviso le cinque ore giornaliere con i bambini della prima, della seconda, della terza, della quarta elementare.

Tra l'altro è una situazione che si è aggravata perché sino al 30 giugno di quest'anno, quando è terminato l'anno scolastico 2008 2009, gli insegnanti addetti a quella pluriclasse, sempre dalla prima alla quinta, erano due, oggi ne rimane uno solo. Stiamo parlando della chiusura di scuole di primo grado, di secondo grado, in territori dove, al contrario degli esempi citati dal collega Sechi, per quanto riguarda l'edilizia scolastica nelle grandi città, anche il più piccolo comune della nostra Sardegna, forse in tempi diversi quando i soldi e le risorse finanziarie erano diverse, si era dotato di istituti di scuola materna, scuola elementare e scuola media. Quindi abbiamo costruito dei locali che oggi sono completamente vuoti ed inutilizzati.

Il venir meno del diritto all'istruzione rischia di essere il colpo mortale e definitivo per le zone interne della Sardegna, già colpite dal degrado economico e da uno spopolamento che giorno dopo giorno si aggrava sempre di più. Ieri è stata, anche a mio avviso, una giornata importante per il futuro della Sardegna ma sono ancor più convinto che senza cultura, senza istruzione, non ci possa essere futuro per le nuove generazioni.

A questi problemi degli accorpamenti si aggiungono poi i problemi occupazionali del personale impiegato dalla scuola. Noi abbiamo avuto in Commissione pubblica istruzione alcune audizioni: il direttore generale Pietrella, i sindacati di categoria; devo dire che i dati e le possibilità future indicati dalla Direzione regionale scolastica e dai sindacati in Commissione sono stati diametralmente opposti. Certamente il numero dei pensionamenti non corrisponde ad altrettante immissioni in ruolo, anzi, più di 1000 precari storici della Sardegna rischiano di restare esclusi anche dagli incarichi annuali che sino ad oggi avevano garantiti. A questi occorre aggiungere altri 1000-1200 lavoratori del personale ATA che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro.

Io non voglio rivolgere critiche a chi svolge il ruolo istituzionale nella nostra Isola, però credo di poter dire, dai risultati che stiamo ottenendo, che la Direzione regionale scolastica opera più in termini economici che non in termini di organizzazione di una scuola che sia tale. Allora mi chiedo, chiedo a questo Consiglio che cosa fare, soprattutto che cosa questo Consiglio può fare, che cosa la Giunta regionale può fare.

Lo accennava il collega Espa nella chiusura dell'illustrazione della mozione e anche io credo che sia indispensabile aprire, quanto prima, una forte e convinta vertenza con lo Stato centrale affinché tutti i cittadini sardi, tutti i territori, siano messi nelle stesse condizioni per poter usufruire di una scuola seria, capace di dare una formazione uguale a tutti senza discriminazione di nessun tipo e, inoltre, impedendo la chiusura delle scuole e individuando criteri precisi, si riconosca il carattere speciale dei territori marginali della nostra territorio Isola.

Come Regione a Statuto speciale dovremmo metterci in condizione di poter operare in deroga ai criteri nazionali, dotandoci di norme, come hanno fatto altre regioni italiane, che prevedano l'istituzione anche di ambiti territoriali omogenei che si dotino di piani di razionalizzazione che, garantendo almeno la presenza di un ordine di scuola pubblica in ogni comune, diano vita a un piano di trasporti di ambito che riduca i tempi di percorrenza da un comune all'altro. Questa progettazione necessariamente comporterebbe un aumento di risorse che dovrebbero essere a carico dello Stato; se ciò non fosse possibile ritengo che come Regione Sardegna, in considerazione del fatto che la cultura e l'istruzione sono il primo investimento necessario, dovremmo fare la nostra parte anche dal punto di vista finanziario.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, se i colleghi lo consentono vorrei fare un po' di storia. Correva il 1º febbraio mi pare del 2008, il Ministero della pubblica istruzione pubblicava la circolare sugli organici della Sardegna e il saldo era il seguente: 540 posti in meno nell'organico di diritto e 360 precari in meno, totale 941 posti di lavoro nella scuola di primo e secondo grado tra precari e personale di ruolo. I dati e i tagli erano determinati dall'articolo 2, comma 412 della finanziaria nazionale. Il Presidente del Consiglio era Romano Prodi.

Allora, il problema centrale che noi dobbiamo dirci e affrontare quando discutiamo seriamente, seppure in pochi, ma sono convinto che col tempo si capirà che quando si sprecano queste occasioni si spreca uno dei pochi luoghi in cui ancora si può fare politica (anche le Assemblee legislative stanno assumendo sempre più questa degenerazione celebrativa anziché operativa del loro ruolo) ed è opportuno intervenire perché sono le sedi in cui poi maturano realmente le decisioni, è se ci accorgiamo che lo Stato viaggia ormai con interessi contrastanti rispetto a quelli della Sardegna, se ce ne accorgiamo in maniera intermittente a seconda del Governo che abbiamo.

Quando si parla dei tagli alla spesa pubblica per l'istruzione, dobbiamo ricordarci che dal 1990 al 2006 la spesa pubblica nell'istruzione è passata dal 10,3 per cento all'8,6, e si sono succeduti Governi di tutti i colori, di tutti i colori! Quando noi guardiamo al Governo italiano, in tutte le sue articolazioni politiche, vediamo che l'epicentro dell'idea che i diritti si pagano col gettito fiscale maturato nelle Regioni, ma che lo Stato si riserva la facoltà di dire alle Regioni quanto possono spendere, deriva dall'ideologia del denaro pubblico maturata nella Banca d'Italia e poi mutuata da tutti i partiti per debolezza culturale.

Quando noi iniziamo ad accettare un'impostazione di questo tipo non possiamo, se mi permettono i colleghi del centrosinistra, costruire una mozione sull'ultima politica nazionale utile, no! Perché allora torniamo al discorso di stamattina, cioè che l'unità che si richiede ai sardi è vertenziale (quando c'è una vertenza tutti insieme, a seconda del Governo) e non è mai un'unità politica che ragiona sugli elementi strutturali della politica italiana.

Allora, fare un discorso sulla scuola in Sardegna , ritorno a dirvi, è un discorso sui poteri non sul merito, prima del merito c'è la rivendicazione di decidere noi, prima c'è un discorso politico fondante, costituzionale, perchè o noi siamo convinti che si dice all'Italia che deve diventare una realtà confederale, non federale, confederale, oppure tutti questi discorsi sono sempre discorsi questuanti, sempre!

C'è un altro elemento che forse è nella nostra attenzione, e cioè quanto abbiamo ragionato sulla nostra responsabilità, cioè sulla possibilità che avevamo di intervenire nella scuola? Vi faccio un po' di conti. La Regione Sardegna nella scorsa legislatura ha stanziato per il museo Betile, una cosa straordinariamente inutile…

(Interruzione)

No, brutta no, era bella, però inutile.

(Interruzione del consigliere Ben Amara)

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Sì, sì, non vi è dubbio, e infatti l'ha messo sopra una fogna, che non riesce a spostare.

Allora, il museo Betile impegnava 20 milioni e mezzo di euro sulla delibera CIPE numero 35 del 2005, siccome non sono stati contrattualizzati al 31 dicembre 2008, questi 20 milioni, che figurano ancora nel bilancio, sono persi. Poi avevamo impegnato 5 milioni, sempre su Betile, sulla delibera numero 3 del 2006, che abbiamo ancora nella disponibilità al 30 giugno del 2010. Ma Betile è previsto anche nel POR 2007-2013, nell'asse 4, come progetto speciale, e Betile è anche dentro le opere per il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, per chi lo vuole festeggiare (noi non ci saremo, ovviamente, probabilmente faremo una messa in quella data); ma anche quei fondi non li potremo utilizzare perché si devono utilizzare a 20 mesi dall'apertura del cantiere e noi non abbiamo neanche la progettazione esecutiva.

Allora, perché questo riepilogo? Per dirvi che c'è una valanga di risorse che noi abbiamo deciso di non "mettere a correre" sul nostro sistema dell'istruzione. Voi mi potreste dire "va bene, tu fai il tuo solito discorso sui poteri", ma io provo a ragionare da autonomisti come siete voi; secondo me perdete tempo però proviamo a ragionare da autonomisti. La Corte costituzionale, con la sentenza numero 13 del 2004, ha detto con chiarezza che spetta alle Regioni la distribuzione del personale docente tra le istituzioni scolastiche autonome, purché le Regioni si siano dotate di una disciplina e di un apparato istituzionale idoneo.

Io ho ripetuto, nel corso della precedente legislatura, a tutti e quattro i "martiri" della pubblica istruzione che sono stati nominati in Giunta, che era assolutamente indispensabile dotarci di una "normina" che ci consentisse di dire al Governo centrale: visto che le paghi tu le cattedre, mi dai il numero ma io le distribuisco nei paesi. Da due su quattro non venni ascoltato perché c'era il divieto a parlare con me, da una venni trattato come se fossi un ignorante.

Ora, il dato strutturale è che noi abbiamo, in quest'anno e nell'anno prossimo, una valanga di docenti di ruolo che viaggeranno perché le cattedre non le abbiamo stabilite noi. E allora, primo elemento da autonomista, almeno prendiamoci i poteri che già la Corte costituzionale ci dice che abbiamo, prendiamoci quelli! Noi abbiamo presentato un emendamento al collegato in questo senso, io spero che voi lo votiate; lo firmiamo tutti insieme, prendiamoci questo spicchietto, questa concessione, almeno, e cioè fatto salvo il numero, distribuiamo noi.

Seconda questione, il precariato. Il precariato non lo risolviamo ovviamente assumendo i precari sul bilancio regionale - non lo possiamo fare perché non reggiamo - però c'è un problema che incide sulla riflessione da autonomisti e non da statisti fatta nella scorsa legislatura, e cioè che quando noi trattammo sulle entrate, noi trattammo da soli, senza parlare della scuola; oggi, con quella compartecipazione, ci caricano la scuola: i costi della scuola sono pari a 3 miliardi, siamo sotto di un miliardo e mezzo.

Allora, torno a dire, sui precari possiamo metterci una pezza; anziché buttare i soldi della dispersione scolastica come li abbiamo buttati, li utilizziamo in riferimento alle graduatorie dei precari. Noi abbiamo presentato un emendamento in questo senso; io su quel tema vorrei vedere quale sarà la vostra posizione per cpire se anche quello riusciamo a firmarlo tutti insieme.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.).. Presidente, Assessore, colleghi, la drammatica situazione determinata dal regolamento Gelmini per il prossimo anno scolastico impone a noi tutti riflessioni approfondite sul tipo di sistema scolastico che si sta delineando, e ci obbliga a un impegno forte e concreto per tentare di porvi rimedio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CUCCA

(Segue COCCO PIETRO.) Il consigliere Espa ha illustrato ampiamente il senso della mozione che sottolinea gli effetti devastanti del regolamento Gelmini sul diritto all'istruzione, che dev'essere garantito in egual misura ad ogni cittadino. I 2200 posti di lavoro a rischio tra personale docente e ATA, il ridimensionamento delle reti scolastiche sul territorio, l'accorpamento delle classi con la chiusura di alcune scuole, la riduzione del tempo pieno, determineranno senza dubbio un deterioramento della qualità della scuola. Da sindaco ho già vissuto la situazione in una frazione del mio Comune tempo fa, e certamente farò il possibile per impedire che simili provvedimenti passino, perché minerebbero in profondità le radici della formazione in gran parte delle comunità della nostra isola.

Il nuovo schema di regolamento sull'assetto organizzativo per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione prevede, tra le altre cose, il "tempo scuola" garantito solo per 27 ore settimanali, cominciando dalle prime, il tempo pieno confermato solo dove già esiste, ovvero per una quota pari al12 per cento in Sardegna mentre nel nord Italia è all'80 per cento, poi ovviamente l'incremento dei frequentanti, ovvero degli alunni, per ogni classe.

Per la nostra isola è un altro duro colpo che conferma, se ce ne fosse bisogno, e qua concordo con quanto sostenuto stamattina dall'onorevole Maninchedda sui rapporti che si stanno sempre più definendo in Italia per la Sardegna, la discriminazione riservata alla nostra Isola in un'Italia sempre più "nord-centrica"; e io credo che qui non si tratti, onorevole Maninchedda, di attaccare una legge fatta da un Governo di centrodestra e di difendere altre leggi nel caso fatte dal centrosinistra, quando anche queste leggi fatte dal centrosinistra non siano difendibili. Credo sia interesse di tutti discutere invece della qualità dell'istruzione nella nostra isola, noi a questo siamo chiamati ed è a questo che la Giunta regionale deve dare risposte ed è su questo che noi tutti dobbiamo concentrare la nostra attenzione.

Io dico, e certamente sarò in grado di dimostrarlo, che se la legge viene fatta da un Governo di centrosinistra e non è difendibile, questa non si può fare, così come questa legge Gelmini discriminatoria per la nostra Isola non può essere difesa nonostante sia fatta da un Governo di centrodestra e la Giunta regionale sia di centrodestra.

La qualità dell'istruzione per tanti giovani sarà compromessa, e questo non è accettabile. Occorre pertanto che la Giunta regionale sia impegnata nel difendere il sistema scolastico isolano, sia impegnata nel garantire il lavoro a coloro che rischiano di perderlo, sia impegnata nel garantire ai precari la possibilità di essere stabilizzati. Non è una battaglia di poco conto, non è una battaglia di retroguardia: la questione dell'istruzione non può essere ridotta ad una semplice operazione di calcolo.

Sul risparmio per fare quadrare i conti, lo Stato, la Regione hanno il dovere di garantire ai cittadini pari dignità, hanno il dovere di garantire a noi tutti il diritto all'istruzione, in modo uguale, per ognuno, diritto che va oltre il disagio creato agli alunni e alle loro famiglie. Si mette in moto infatti un meccanismo di smantellamento della base sociale e culturale dei nuclei abitativi della nostra Isola, e noi dobbiamo impedirlo, noi tutti dobbiamo impedirlo. Abbiamo il dovere di impegnarci a fondo per evitare questo smantellamento.

Ancora più grave, e oltre modo discriminatorio, appare il rischio per gli alunni con disabilità, circa 4.500 in tutta la Sardegna, che avrebbero oggettive difficoltà di spostamento in comuni diversi da quelli di residenza, per il prevalere della logica delle economie, attraverso la soppressione di altre autonomie e con la fornitura di servizi sottodimensionati. Si era discusso di una possibile apertura verso le classi frequentate da alunni con disabilità, un tema troppo importante perché non finisse sotto i riflettori. Il Governo avrebbe qualche tempo fa apparentemente derogato per quelle classi, ma in realtà si tratta di un giudizio e una valutazione lasciati nelle mani delle amministrazioni scolastiche, che possono operare delle modifiche attraverso un parere insindacabile anche da parte della Magistratura.

Questo è accaduto, accadrà ancora, nel senso che le amministrazioni scolastiche potranno decidere per conto loro. In apparenza potrebbe sembrare una conquista: le autonomie scolastiche possono derogare alla legge, in realtà accadrà che le economie e la necessità di fare quadrare i conti imporranno ai dirigenti scolastici di ridurre il numero delle classi, di aumentare il numero dei frequentanti, e questo è discriminatorio, soprattutto per coloro che hanno disabilità, persone per le quali non saranno certamente i dirigenti scolastici a prendersi la briga di fare interventi di questo tipo.

E certamente noi non possiamo accettare che sia così la legge, che sia una delega lasciata nelle mani di Pietrella in Sardegna, per quanto riguarda tutto il resto, non per Pietrella, ma per un dirigente qualsiasi, si può chiamare come si vuole, o addirittura per le autonomie dei paesi o dei comuni che hanno la necessità di fare quadrare i conti di fare bella figura con coloro i quali dovranno dare un giudizio su di loro. Il giudizio deve essere dato sugli alunni, che devono essere messi in condizione di avere pari dignità di istruzione, e soprattutto coloro che hanno disabilità devono essere messi in condizione di frequentare senza lesioni dei loro diritti. Credo sia opportuno, signora Assessore, un impegno serio e concreto per evitare che la Sardegna sia ancora una volta vittima di leggi e provvedimenti che io ritengo inaccettabili.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Presidente, io credo che stia emergendo da questi ultimi interventi come, rispetto ai partiti che formano la coalizione di centrodestra e di centrosinistra, ci sia un partito di sindaci e di amministratori locali che esprimono un'opinione un po' diversa anche rispetto alle dinamiche presenti in questa mozione. Continuiamo a leggere un bollettino di guerra, è inutile pertanto ripetere le cose dette precedentemente dai colleghi sicuramente meglio di come farei io.

Aggiungo al contenuto della mozione un piccolo inciso che non deve sfuggire, perché secondo me è importante. L'inciso riguarda non le scuole primarie o secondarie, ma l'Università, in particolar modo la facoltà di veterinaria dell'Università di Sassari, che, come sapete, è l'unica che esiste in Sardegna.

Come sapete l'ultimo decreto Gelmini ha stabilito un livello minimo di immatricolazioni, per cui tutte le facoltà che hanno meno di trenta immatricolazioni nell'anno accademico potrebbero arrivare ad una chiusura. Quindi credo,(e a questo intervento seguirà la presentazione di un'interpellanza) che dovremo fare di tutto per porre rimedio a questo ennesimo scippo nei confronti della nostra Regione e impegnare l'Assessore e la Giunta in tal senso.

Il decreto parla oltretutto in maniera generica di proporzionare le immatricolazioni su tutto il territorio, però chiaramente le aree geografiche che hanno più peso politico riescono a mantenere il numero precedente, mentre all'Università di Sassari questo non è concesso.

Presidente, potrei anche e chiudere il mio intervento, visto che non c'è molto interesse a sentire le cose che si stanno dicendo, che probabilmente non sono importanti e a poco possono servire.

Sono d'accordo con l'onorevole Maninchedda quando parla di riflessione, e delle riflessioni da autonomisti e non da statisti che ci sono state anche nell'ultimo quinquennio. Io spero che davvero queste riflessioni possano tradursi in atti concreti nei mesi a venire. Dico questo perché comunque è vero che… Io non voglio interrompere come ha fatto l'amico Massimo Mulas che era emozionato, sono emozionato anch'io, ma non interrompo per questo…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, vi chiedo di non disturbare l'oratore. Onorevole Cocco, prosegua.

COCCO DANIELE (I.d.V.). E' verissimo che fu la finanziaria di Prodi a cominciare a tagliare i cosiddetti rami secchi, che poi secchi non erano, ed è verissimo anche che chi amministra i piccoli comuni e le periferie non ha sicuramente colore politico quando svolge questo ruolo; una dimostrazione di quanto dico fu la formazione di un comitato di sindaci, soprattutto nella Provincia di Sassari e nei territori già disastrati di quella Provincia, proprio per chiedere conto di questa pseudo-razionalizzazione.

Quindi, già da allora ci furono dei movimenti anche forti di protesta contro certi provvedimenti, movimenti che hanno proseguito tenendo alta la guardia, che probabilmente oggi non serve più. Il collega Solinas parlava di Aidomaggiore, un centro dell'Oristanese con meno di 500 abitanti, io mi riferisco a tutti quei paesi sotto i 3.000 abitanti della Provincia di Sassari; ognuno, come si dice, piange i propri morti. Credo che la Provincia di Sassari, rispetto ad altre zone, in questo momento sia quella che probabilmente ne piange di più, per le situazioni che abbiamo esaminato anche in questi giorni.

In quel territorio veramente viene effettuato un taglio radicale violentissimo, con un impatto sociale devastante, perché diversi comuni devono chiudono completamente le scuole di ogni ordine e grado, costringendo i ragazzi a viaggiare; e conoscendo il sistema dei trasporti e dei collegamenti, che proprio non esiste, stiamo penalizzando ulteriormente dei territori che già stanno molto male., Se si chiudono anche gli ultimi presidi, noi li stiamo definendo così, dopo la chiusura delle caserme, delle poste e delle banche, manca solo che chiudano le parrocchie per costringere i piccoli comuni a consegnare le chiavi e chiudere definitivamente.

Io credo che davvero le scuole siano gli ultimi presidi che con tutte le nostre forze dovremmo cercare di salvaguardare; così come credo che la Regione Sardegna, comunque, abbia competenza nella distribuzione, delle scuole nel territorio, quindi possa fare molto nell'ambito di questa riorganizzazione anche perché la specificità della Sardegna nasce soprattutto da problemi di tipo geografico.

Quindi credo che sulle scuole si debba fare assolutamente un discorso di questo genere e cercare di costruire percorsi alternativi, ed è indifferibile farlo subito, perché purtroppo la cosiddetta razionalizzazione inizierà da subito, e i problemi li avremo dall'inizio del prossimo anno scolastico. Io ritengo, comunque, che il direttore scolastico regionale, il dottor Pietrella, non possa assolutamente fare questioni di bilancio, perché nelle scuole, come in sanità, è stato già detto, non si possono fare discorsi aziendalistici.

In questi giorni abbiamo parlato tanto di autonomia, di popolo sardo, di dignità, di solidarietà, credo che queste parole, che hanno anche un grande significato, ormai non servano più a nessuno, se non riusciremo a riempirle di contenuti. Quella famosa, famigerata unità che si è chiesta credo che debba tradursi, da subito, in atti e in progetti concreti.

Anch'io sono d'accordo con chi ha voluto una riunione degli "Stati generali", così li definisco, dei rappresentanti delle emergenze della Sardegna, perché è stata un'occasione importante, pur con i distinguo e qualche pregiudizio ideologico di parte che pure c'è stato; perché bisogna ripartire con i fatti. Per ripartire con ei fatti, però, non si può continuare a dire: " cinque anni fa c'eravate voi, quattro anni fa c'eravate voi". In questo Consiglio ci sono persone che non c'erano né cinque anni fa e neanche quattro mesi fa, quindi, se vogliamo ripartire dobbiamo farlo a prescindere dalle barricate di tipo ideologico.

Io dico oggi, forse domani non lo dirò più, senza nessuna retorica, che noi siamo dei privilegiati, e da privilegiati abbiamo l'obbligo e il dovere di dare risposte anche con questa mozione. Io concordo con l'onorevole MANINCHEDDA (non perché voglio iscrivermi ad un nuovo partito al quale si è accennato negli interventi di oggi), sulla necessità di chiudere la porta degli ultimi cinque anni per ripartire con la voglia di fare le cose in maniera concreta. Non è facile, anzi, è molto difficile, però, abbiamo almeno il dovere di provarci.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Il mondo della scuola è un mondo complesso, e se vogliamo dare uno sguardo al passato, nell'oggettività dei problemi che nessuno disconosce, possiamo ripercorrere sulla stampa titoli come questo: "Scuola: le Province bocciano la Regione"; oppure rileggere l'assessore Mongiu che parlava di "colmare al più presto i difetti di normalità che caratterizzano la scuola sarda creando raccordi con gli operatori, raccordi che non sempre ci sono stati e di ciò si sono lamentate soprattutto le Province. Sarà anche competenza dello Stato, tuttavia, la Regione Sardegna non può non sentirsi totalmente responsabile di come funziona, e funziona male, la scuola nell'Isola".

Quindi è chiaro che noi condividiamo anche molte delle osservazioni che sono state fatte, perché non siamo certamente d'accordo sulle possibili disattenzioni rispetto alle realtà più critiche della nostra Regione; però se i problemi sono oggettivi, e se i problemi dell'edilizia scolastica, del precariato, i tagli stessi, o certi aspetti relativi ai tagli sono anche antecedenti, dobbiamo dire che, per quanto riguarda le competenze della Regione, non può non considerarsi il fatto che vi sono stati molti aspetti che sono stati affrontati ma non risolti dalla precedente Giunta.

E' mancata una programmazione di una politica di investimenti in piena sintonia con le Province per quanto riguarda l'edilizia scolastica, è mancata un'azione efficace per contrastare gli abbandoni scolastici, e su quest'ultimo punto la nostra maggioranza intende raccogliere e dare significato alle innovazioni proposte dall'Assessore per contrastare questo aspetto importante.

Vi sono stati molti progetti, ma nessun monitoraggio sugli effetti della loro attuazione. Gli insegnanti hanno dovuto spesso sostituirsi alle istituzioni per combattere questo annoso problema. E quindi questa è un'occasione positiva; penso al fatto che la lotta alla dispersione scolastica sia inserita come punto programmatico di questa Giunta.

Io, ripeto, non ho timore di dire che condivido anche lo spirito, se vogliamo, della mozione, ma per quanto riguarda le raccomandazioni a creare, suscitare sensibilità, devo dire che, già dai primi di maggio di quest'anno, ci fu un incontro tra il Ministro Gelmini e l'Assessore e fu sottoscritta un'intesa per dare la possibilità alla Regione di intervenire con dei progetti, con delle integrazioni per superare le criticità presenti nel territorio in relazione all'entità delle popolazioni, agli aspetti orografici, geografici, climatici, ai trasporti.

Si è raggiunto l'accordo di un tavolo tecnico tra Regione e Governo soprattutto sull'edilizia scolastica; l'Assessore ha chiesto una deroga ai provvedimenti di accorpamento di alcuni istituti, e tale richiesta è stata fatta proprio in virtù (questo proprio per dire che c'è questa sensibilità) dell'impossibilità di paragonare la Sardegna alle altre Regioni italiane, c'è stata una massima disponibilità per la difesa non solo della qualità della didattica, ma della struttura stessa della didattica.

Ritengo quindi che il punto 2 della mozione Espa e più, non abbia motivo di sussistere, perché sia il Presidente che l'Assessore, e la maggioranza in questo manifesta il massimo della sensibilità, hanno garantito il loro impegno presso il Governo e il Ministro Gelmini per salvaguardare, anche con risorse regionali, qualora fosse necessario, gli organici; ed è questo il dato più importante.

Per quanto riguarda il problema dei disabili sono state fornite, ne abbiamo parlato anche nel percorso della finanziaria, ampie rassicurazioni, e quindi penso sia un punto sul quale la maggioranza possa esprimere e confermare la massima attenzione.

E' molto importante anche che si stia attuando un approccio conoscitivo delle varie realtà scolastiche, e dico che questo ha un significato; qui si stanno portando infatti degli esempi, come esempi eclatanti, ma io penso che siano ben conosciuti, studiati, e penso che il Piano che la Regione predisporrà e gli interventi che potranno essere predisposti nel tempo, perché queste sono condizioni ereditate, porteranno alla soluzione di questi aspetti che sono stati ampiamente illustrati. Perché alla Regione compete questo Piano di riorganizzazione della rete scolastica, e su questo devono essere inquadrate tutte le iniziative.

Se l'intento della mozione era quello di richiedere un approccio di tipo specifico a queste problematiche, la sua presenza in Aula, Assessore, significa che saranno recepite le osservazioni fatte sulle realtà più periferiche, realtà dell'interno della Sardegna che certamente devono trovare e troveranno nella sua azione una tutela della loro specificità. Una azione che troverà sicuramente il sostegno della maggioranza.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signor Presidente, Assessori, onorevoli colleghi, vorrei fare una premessa alla mozione in discussione il cui tema non è slegato da quello della crisi economica, del costo della vita, delle difficoltà che stanno affrontando le famiglie, i giovani, le donne, le giovani madri in particolar modo, e anche la società sarda nel suo complesso, che abbiamo trattato nella mattinata.

Stiamo vivendo infatti una situazione, nella società sarda e italiana, nella quale le famiglie, i singoli se devono tagliare, non potendo farlo sui beni necessari, tagliano (così ci dicono i dati) su quello che considerano superfluo (la cultura, la formazione, la propria e quella dei propri figli, l'istruzione); di conseguenza tagliano sulla propria possibilità (mi riferisco anche ai più sfortunati, a coloro che vivono situazioni di disagio), di emanciparsi, di crescere culturalmente, di potersi realizzare un domani nella vita e nella società.

Ha ragione, pertanto, l'onorevole Maninchedda, quando dice che il settore della scuola, dell'università, della ricerca, della formazione non sta molto a cuore ai Governi, a prescindere dai colori politici, che sistematicamente operano dei tagli. L'Italia nel suo complesso è il paese che investe meno nel sistema scuola, università, ricerca, formazione e cultura; investe, infatti, lo 0,8 per cento del proprio PIL (come si diceva anche stamattina, nonostante il tema fosse diverso), ultimo tra i Paesi europei, ultimissimo tra i Paesi nel mondo. Paesi con i quali, ovviamente, noi dovremmo competere e confrontarci proprio sul terreno, quindi dovremmo attrezzarci, dell'innovazione, della ricerca, della scuola, della formazione.

L'importanza di questa mozione, presentata dall'onorevole Espa e sottoscritta da tutti noi sta nel porre all'attenzione della Giunta, dell'Assessore competente in particolar modo, e degli altri colleghi un tema fondamentale per lo sviluppo della Sardegna, anche in un momento di grave crisi come questa che stiamo affrontando.. La scuola, come molti sindaci hanno detto, è la presenza dello Stato a fronte della scomparsa di altre istituzioni statali nelle realtà più periferiche dell'isola; e la scuola, il complesso di scuola-università, rappresenta il futuro stesso del Paese.

Eppure i dati (li hanno potuti esaminare gli altri commissari della Commissione competente, insieme all'Assessore, che i dati conosce) sulla dispersione scolastica, sul bassissimo numero di laureati, confrontati con quelli degli altri Paesi, ci dicono che l'Italia è uno degli ultimi Paesi in classifica per numero di laureati, ovviamente le regioni del Mezzogiorno e le isole sono ultime tra gli ultimi in Europa; cioè ci collochiamo molto in basso in classifica nell'ambito delle regioni, non solo dei Paesi europei.

Questo comporta che la forza lavoro disponibile nella nostra regione è in gran parte formata da persone che non hanno un titolo di studio da spendere nel mercato del lavoro, da ciò anche la difficoltà di ricollocare molte delle persone in stato di difficoltà, o che cercano un'occupazione, nel mondo del lavoro.

Poi è arrivata la riforma Gelmini, che riforma non è, perché il ministro Tremonti ha semplicemente definito la cifra spettante d alcuni ministeri, e per quanto di competenza al ministro Gelmini, ed entro questa occorreva rientrare tagliando i costi. Da lì il nome di "riforma" perché non poteva essere chiamato ovviamente "taglio alla scuola", ma doveva essere chiamata riforma in modo tale da darle una veste per lo meno presentabile agli occhi della società e del mondo della scuola che doveva subire questi tagli. Quindi, mentre gli altri Paesi investono, Paesi che hanno già investito nel tempo in cultura, formazione, scuola, università e ricerca, in questo momento, invece, l'Italia opera dei tagli in questo comparto.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, colleghi, ma c'è un brusio insostenibile.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Da questo punto di vista è stata abbastanza particolare l'audizione in Commissione del direttore scolastico regionale, Pietrella, che ha fornito dati completamente diversi, anche con una certa serenità e tranquillità. Ha indubbiamente segnalato le difficoltà, di cui prima ho riferito, sul numero di laureati, sulla dispersione scolastica, eccetera, ma non avvertiva il sussistere di alcun problema in merito a un'ulteriore, possibile perdita di posti di lavoro. Una posizione diametralmente opposta rispetto a quella espressa da molti di noi, che oltretutto provengono dal mondo della scuola in quanto insegnanti, e anche da molti degli insegnanti e delle altre persone che abbiamo audito in Commissione e che, invece, ponevano il tema dei tagli e del precariato con forte preoccupazione.

Non volendo seguire l'onorevole Maninchedda nel suo discorso, però volendo semplicemente citare alcuni dati, dico che l'onorevole Maninchedda dimentica però gli investimenti fatti. Io sono d'accordo, l'ho detto in premessa, sul fatto che vanno criticati i Governi, a prescindere dal colore, che tagliano su scuola, formazione, ricerca, università e quant'altro sia necessario per elevare la competitività del nostro Paese, però nella scorsa legislatura si è investito sull'edilizia scolastica, sugli assegni di merito, sugli assegni di ricerca, sulle borse di studio, sul Betile, che era compreso nell'accordo di programma che comprendeva, a sua volta, il campus universitario, quindi nel bocciare l'accordo di programma si è bocciato anche il campus universitario.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Pagato il doppio!

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). E anche sui programmi europei la Regione investe con i programmi Erasmus. Sarebbe facile ribattere all'onorevole Maninchedda ricordando che il tunnel sotto la via Roma, che il Comune vorrebbe fare, costa 350 milioni di euro e non abbiamo una lira per farlo, che la metropolitana a Cagliari la si vuole fare possibilmente underground, cosa che se venisse detta all'esame di trasporti all'università provocherebbe una bocciatura, però la metropolitana la si vuole fare sotterranea per un costo di 600 milioni di euro, che non ci sono. L'obbligo formativo neanche lo citiamo, per carità di patria, e, ultimo tra gli ultimi ma non per esborso monetario, il Ponte sullo Stretto, che costa complessivamente quanto due finanziarie dello Stato. Se seguissi il ragionamento dell'onorevole Maninchedda, su questo terreno avrei argomenti da ora fino all'estate prossima, non questa che stiamo trascorrendo all'interno dell'Aula, per fortuna al fresco nonostante la calura esterna.

Pertanto, quali problemi mi pongo? Il problema dei precari, precari a vita, purtroppo in molti casi, perché l'essere precario nel mondo della scuola, del lavoro o anche nell'ambito sociale, determina una precarietà della vita di tutti i giorni; quindi mi preoccupo di coloro che sono precari da 20-25 anni e vedono mortificato continuamente dai tagli il ruolo del docente, un ruolo che ormai viene meno nell'ambito della scuola e della società italiana; mi preoccupo dei genitori che vedono, oltre alle poche risorse date dagli stipendi e le difficoltà ad arrivare a fine mese, eliminato il tempo pieno e ridotto il sostegno agli alunni con disabilità.

Mi preoccupa in definitiva il degrado complessivo della società nel suo insieme, perché perde i suoi punti di riferimento, come appunto il personale docente e la scuola; mi preoccupa l'abbandono degli edifici scolastici che potrebbero essere messi a disposizione dei quartieri, perché molto spesso gli unici spazi verdi dei quartieri delle nostre periferie e delle nostre città sono proprio gli spazi verdi di questi edifici. Mi pongo il problema delle ulteriori difficoltà di alcune province periferiche, i cui piccoli paesi subiranno altri tagli delle attività extrascolastiche (teatro, cinema, laboratori), attività che accrescono la vita all'interno della scuola, perché le famiglie tagliano su questi aspetti e, di conseguenza, anche sulle relazioni sociali. Infine, ma non come ultimi, mi preoccupo degli alunni per la minore qualità del'offerta scolastica in questo Paese, nonostante il fatto che da tanti la scuola pubblica italiana sia considerata una delle migliori, se non la migliore, al mondo.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signor Presidente, con la riforma Gelmini oggi si mina uno dei pilastri portanti della società italiana, tenendo conto che la scuola pubblica italiana, insieme alla sanità pubblica, è stata una ricchezza che tutto il mondo ci ha sempre invidiato. Ora ci ritroviamo a fare un grosso passo indietro nella storia anche qui in Sardegna. Vista l'età media anagrafica dei colleghi (in tanti hanno superato i 50 anni), penso che sicuramente ricorderanno lo stato della scuola sino a qualche decennio fa quando, soprattutto quelli che non hanno studiato nei grossi centri urbani, si ritrovavano a dover percorrere quattro o cinque chilometri a piedi per raggiungere la scuola media o la scuola elementare, perché c'era la tendenza a concentrare in un'unica sede il maggior numero di allievi, con conseguenti enormi difficoltà anche per gli insegnanti che dovevano gestire con grandi sacrifici classi di 40-50 allievi.

Oggi, con la riforma Gelmini, si sta riproponendo di fatto questo grosso passo indietro. Dico che è una situazione di disagio e di negazione del diritto allo studio per vasti strati della popolazione sarda; ci parla di un passato che oggi purtroppo viene riproposto sotto forma di innovazione dalla riforma Gelmini della scuola.

Riforma che il Governo italiano ha sostenuto e devo dire, ahimè, non è stata granché osteggiata, se non con dichiarazioni molto formali fatte sulla stampa, da autorevoli esponenti del centrodestra sardo. Questo è un ritorno sicuramente a un passato tragico e umiliante dove la scuola pubblica era un privilegio e un diritto rigorosamente riservato a un'élite. Una scuola dove l'appartenenza alla cultura e alla identità del nostro popolo veniva vessata e umiliata al punto di proibire in modo violento l'uso della lingua sarda e l'oblio e la negazione della propria storia e della propria cultura. Gli anni '50 e i primi anni '60 insegnano.

Quindi ci troviamo di fronte a una espulsione programmata dell'accesso alla cultura pubblica per ampi strati di popolazione, chiaramente a partire dalle fasce più disagiate. Questo è un sistema scolastico, badate bene - qui intanto viaggiamo tutti - è un sistema scolastico che tutti noi abbiamo incontrato nelle zone più depresse del mondo. E' il sistema scolastico... però, Presidente, è impossibile andare avanti...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, non disturbate l'oratore.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Quindi, dicevo, ci troviamo di fronte a un modello di sistema scolastico tipico anche della fascia del Sahel, mi riferisco proprio ai villaggi sahariani più sperduti o in ogni caso ai Paesi che vengono definiti comunemente Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Paesi dove, per la mancanza di risorse finanziarie adeguate, così come da noi, persiste di fatto un sistema coloniale che vede nella negazione dell'accesso alla cultura e nell'esclusione dalla propria cultura etnica e tradizionale, la continuazione di un dominio economico e culturale che oggi in maniera moderna si chiama "processo di globalizzazione".

Mi è capitato così di sentire un richiamo alla difesa delle zone interne dal grave fenomeno dello spopolamento, un problema importante di cui spesso si parla. Sono discorsi che ho sentito fare in diverse occasioni, ma questa preoccupazione si contrappone alla proposta di razionalizzazione del sistema scolastico del ministro Gelmini che equivale allo smantellamento del sacrosanto diritto allo studio.

L'attacco alla scuola significa incentivare lo spopolamento delle zone interne nel momento in cui vengono private dei servizi essenziali. E' chiaro che nessuno è più disponibile a vivere con le proprie famiglie in centri dove mancano i servizi più elementari, a partire quindi dalla scuola. La tendenza sarà pertanto quella dello spopolamento dei piccoli centri e la concentrazione, sempre maggiore, nei grossi centri urbani; problema che purtroppo è drammaticamente agevolato anche dalla fuga dall'economia tradizionale - mi riferisco all'agricoltura e alla pastorizia - perchè quando la gente non ce la fa più pensa di inseguire un sogno di benessere nei centri urbani. Per cui ce li ritroviamo addossati oggi alle fasce delle nostre grandi città e poi ad avere ancora maggiori disagi.

Il problema che si pone sarà anche nei centri urbani, nel senso che per il sovraffollamento i servizi verranno via via ad essere meno adeguati anche nelle grandi città. Per cui, io dico che questo fenomeno è tipico delle cosiddette parti del mondo a regime coloniale. Dobbiamo riflettere su questo fatto.

Per quanto riguarda poi il devastante impatto occupazionale che questa riforma di distruzione della scuola pubblica prospetta è sotto gli occhi di tutti; nella mozione fra l'altro se n'è parlato abbondantemente. Situazione dei disabili: se n'è parlato, è drammatica, è chiaro che le fasce più fragili sono le prime a saltare e a risentirne.

Però, parallelamente allo smantellamento della scuola pubblica, caso strano, la Gelmini o, per meglio dire, io direi, pardon, per sua bocca, Berlusconi, forse per farsi perdonare anche le sue esuberanze e marachelle vecchie e nuove, ha incrementato i fondi per le scuole private e, soprattutto, scuole di impronta cattolica. Ora, visto che le istituzioni sono laiche e noi siamo laici, dobbiamo iniziare a pensare che le scuole private non devono essere supportate da fondi pubblici, le scuole private si supportano con i soldi privati.

Allora, noi sardi, fino a prova contraria, facciamo parte dello Stato italiano, per cui noi abbiamo diritto ad avere garantiti i diritti costituzionali che devono essere uguali in tutte le sedi geografiche dello Stato italiano. Il diritto allo studio è un diritto costituzionale così come lo è il diritto alla propria storia e alla propria cultura. Quindi, la difesa del nostro popolo - e questo mi piacerebbe molto dirlo al nostro Presidente che praticamente ha questa dépendance, e anche all'Assessore, ma il Presidente che sta molto a Roma -si garantisce con l'accesso alla cultura, all'istruzione, al reale riconoscimento della nostra lingua e della nostra identità.

Comunque qui è impensabile la situazione di disattenzione, Presidente, mi scusi, lei deve fare il suo compito, deve intervenire! Chi non ha voglia deve uscire! E sennò diventa sabotaggio, non è per male! Se facessimo così tutte le volte tutti non andrebbe bene! Comunque, scusate, colleghi, perché siamo stanchi, davvero...

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Il presentatore della mozione è il più indisciplinato!

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Sì, è vero!

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Zuncheddu.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Al di là dell'ipocrisia e del gioco dei ruoli, io mi rivolgo principalmente ai colleghi del centrodestra e faccio un appello affinchè non perdano questa grande occasione per dimostrare realmente di essere al fianco dei diritti dei sardi. Li invito pertanto a votare la mozione e chiedo che si impegnino realmente con il loro Governo amico a difendere i diritti del popolo e a sventare questo nuovo vento di colonia.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, anch'io come i colleghi che mi hanno preceduto cercherò la strada della brevità per evitare di tediare troppo a lungo i colleghi e di arrivare, magari, alla fine della discussione su questa mozione nei tempi più rapidi possibili.

Però devo dire che, al di là della disattenzione che quest'Aula ha dedicato alla mozione, che magari è figlia del clima e delle mille cose che comunque questo Consiglio sta trattando in questi giorni, io ho ascoltato un po' la discussione e ho trovato degli spunti interessanti che magari non oggi, non discutendo della mozione sull'istruzione ma raccordandola alle discussioni fatte stamattina, fatte ieri e ad altre che probabilmente quest'Aula potrà fare nei giorni a venire, secondo me rappresentano un seme interessante che è stato gettato in quest'Aula.

Quindi, chi ha avuto voglia, tempo, modo, pur tra i mille impegni che ciascuno di noi ha, per seguire alcune delle riflessioni che sono state fatte o per leggersele nei resoconti consiliari, se mai ciò succederà, non potrà dire di non aver trovato qualche spunto.

Devo dire che la mozione del collega Espa, e di tutti gli altri colleghi che l'hanno firmata, pone dei problemi reali e li pone anche in maniera documentata e intelligente e sicuramente interessante. Di questi problemi io ne ho astratto, nel senso che secondo me erano quelli più importanti, tre: il diritto all'istruzione, il diritto al lavoro, il diritto alla attenzione nei confronti dei diversamente abili, cioè nei confronti dell'handicap. Sono tre diritti, se voi ci pensate, non per forza legati tra di loro; una scuola che non funziona potrebbe infatti avere attenzione al problema dei portatori di handicap, o una scuola attenta ai portatori di handicap non per forza è una scuola che produce buona qualità di istruzione, quindi soddisfa il suo ruolo sul diritto allo studio. Non per forza una scuola che ha molti insegnanti insegna bene, quindi una scuola che garantisce il posto di lavoro insegna bene o, viceversa, non per forza una scuola scadente ha pochi insegnanti.

Però la riflessione più importante che probabilmente è utile fare, è che sulla scuola è stato posto dal centrosinistra, oggi in Aula, un problema che su altre cose e in altre circostanze e in altre situazioni è stato posto su altri temi, su altri argomenti. Cioè, quando abbiamo discusso di sanità in quest'Aula, ma voi ricordate una discussione diversa da questa? La discussione era uguale nel senso che si valutava una serie di diritti, potenzialmente lesi, dei sardi, si sottolineavano le condizioni di svantaggio e si tentava di ipotizzare una strada di cambiamento.

E quando abbiamo discusso dell'industria, e ne stiamo discutendo, abbiamo discusso forse un tema diverso? Abbiamo detto di quanto sia difficile produrre in Sardegna, di quanto poco mercato ci sia in Sardegna, di quanto alti siano i costi per portare la materia prima in Sardegna e per riportarla fuori, da quanti handicap sia gravata l'industria sarda e, quindi, del fatto che l'ENI se deve tagliare taglia prima in Sardegna che a Porto Marghera.

Quando abbiamo discusso del turismo, c'era forse un taglio nelle nostre discussioni che fosse radicalmente differente? No, abbiamo parlato del problema per cui far arrivare la gente in Sardegna è diverso che farla arrivare a Riccione, quindi che se soltanto ci ponevamo il tema della mobilità e quindi della continuità territoriale, tema storico della Sardegna, il turismo aveva delle sofferenze e delle criticità e doveva superare degli handicap che erano diversi da quelli di altre regioni italiane.

Sostanzialmente i temi della insularità, della dispersione della popolazione, della scarsa densità demografica, quindi l'assenza della massa critica del consumo, della deficiente viabilità interna, del problema dei collegamenti, sono i temi ricorrenti delle nostre discussioni consiliari. Se noi non riusciamo a fare uno sforzo che ci consenta di capire che non è il problema dell'istruzione, che non è il problema della sanità, che non è il problema dell'industria, ma che è il problema della Sardegna, beh, insomma, se non riusciamo a fare questo sforzo, noi rischiamo di scotomizzare costantemente la realtà, cioè di vedere una tessera del mosaico, ma di non avere mai l'idea di cosa rappresenta il mosaico nel suo complesso.

Rischiamo, così, di fare anche una sorta di giochetto pirandelliano quando veniamo in Aula, nel senso che entriamo, ci mettiamo una giacca e guardiamo se il colore della giacca è lo stesso di quello del governo, se non è lo stesso si critica il Governo, se è uguale si difende il Governo. Se siamo in maggioranza facciamo il ragionamento sottolineando la parte della medaglia opposta rispetto a quella che sottolineeremmo nel caso fossimo in minoranza. Siccome il sistema dell'alternanza ormai comporta che in quest'Aula ci si alterni tra maggioranza e minoranza, magari gli stessi consiglieri regionali in legislature differenti sostengono facce diverse della stessa medaglia.

Qualche riflessione su questo aspetto la dovremmo fare. Io, allora, ne riprendo una fatta dal collega Paolo Maninchedda che ha il pregio, che gli riconosciamo, di introdurre con una certa determinazione alcuni argomenti. Lui ha detto che farà una Messa per i 150 anni dell'Unità d'Italia, io penso che la preghiera aiuti le buone cause e, siccome ritengo che quella dell'Unità d'Italia sia una buona causa, ritengo di potermi unire con spirito diverso alla Messa del collega Paolo Maninchedda. Nel mentre che vado a Messa mi pongo un problema fondamentale, e cioè mi pongo il problema di come i 150 anni dell'Unità d'Italia possano essere valorizzati, da chi fa la Messa, con senso diverso da quello per cui la farà Paolo.

Dico quindi che il senso diverso è dato dal fatto che siccome io mi sento appartenente a questa Nazione, che è l'Italia, credo che la mia appartenenza abbia lo stesso diritto di esistere di quella di un lombardo, di un veneto, di uno che risiede nella provincia autonoma di Trento, di un valdostano, di un siciliano; e credo anche che abbia delle peculiarità che sono più vicine a quelle del valdostano, del trentino, del siciliano che non a quelle del laziale o del campano.

E credo che se lo Stato non ha piena consapevolezza delle differenze di peculiarità e di costi che esistono in tutti i pezzi diversi della nostra Nazione, beh insomma, l'idea che questa Nazione abbia un significato esistenziale meno forte di quello che appare a quelli che sono centralisti e nazionalisti come me, può diffondersi facilmente e diventare patrimonio di tanta gente in buona fede.

Queste riflessioni io le faccio a titolo personale, non le faccio per conto dei riformatori, perché quello che sto esprimendo in questo momento è un mio sentire personale, però ritengo che anche all'interno del mio partito e del mio Gruppo sia importante aprire un ragionamento su alcune problematiche; ma sono problematiche sulle quali, devo dire, noi abbiamo già tratto delle conclusioni perché quando noi abbiamo iniziato più di 10 anni fa, 15 anni fa, a proporre in quest'Aula il tema della Costituente, lo abbiamo fatto perché eravamo consapevoli delle cose di cui ho parlato.

Se 15 anni fa ci fosse stata intorno a questi temi la sensibilità politica che, invece, non c'è stata perché hanno prevalso le divisioni tra maggioranza e opposizione, tra giacchette diverse che cambiavano a seconda del cambio di legislatura, forse noi saremmo andati avanti sul tema della Costituente dando a questo popolo, a questa terra, quella dignità nei rapporti con lo Stato nazionale che sia io che Paolo Maninchedda, pur avendo opinioni diverse su alcuni temi, crediamo che sia fondante del rapporto pattizio statuale, crediamo che sia fondante della dignità di un popolo che sta a pieno titolo secondo me dentro i confini del popolo italiano.

Ecco, questa è la riflessione fondamentale che c'è in quest'Aula; e non è un caso che si faccia nei giorni immediatamente successivi a quelli legati alla vicenda ENI. Questo Parlamento regionale è riuscito ad avere una cosa importante, e cioè un'unità d'intenti che alla politica sarda è spesso mancata.

Bene, continuiamo a portarla avanti su alcune zone franche legate a temi importanti su cui non c'è necessità di dividersi, colleghi, perché la sensibilità è diffusa e se non fosse diffusa in quest'Aula è diffusa fuori da quest'Aula e dobbiamo tenerne conto. Se riusciamo a farlo, secondo noi, potremmo ottenere risultati interessanti e importanti che magari riusciranno anche a ridare a quest'Aula centralità e attenzione prima di tutto al nostro interno.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport.

BAIRE, Assessore tecnico della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport. Presidenza del Consiglio, onorevoli consiglieri, colleghi Assessori, la recente normativa statale e in particolare le circolari ministeriali, la numero 38 e la numero 63 del 2009, rischiano di escludere dall'insegnamento migliaia di precari storici; benché, per quanto riguarda la Regione Sardegna, come ci comunica l'Ufficio scolastico regionale, al momento l'assetto istituzionale delle scuole sia rimasto sostanzialmente invariato e siano state accolte numerose richieste di deroga per classi sottodimensionate, il problema del precariato esiste e lo conosciamo.

Seppure non vi sia, per l'anno scolastico 2009-2010, alcuna chiusura di scuole, gli unici accorpamenti automatici di cui siamo a conoscenza sono quelli fatti da alcune autonomie per superare il problema delle pluriclassi, quindi per migliorare l'offerta formativa. Per esempio è il caso dei comuni di Banari, di Siligo, di Bessude, che per evitare la presenza di pluriclassi, considerata dannosa dal punto di vista didattico, rinunciano ad alcuni punti di erogazione del servizio e accentrano le classi.

L'amministrazione regionale, in questo breve tempo di lavoro, ha preso atto della necessità di rafforzare le misure volte a ridurre il disagio degli utenti del servizio scolastico, consapevole dell'impatto che tali eventi possono avere sulle comunità e con riguardo ai bisogni dell'utenza delle singole realtà locali. In particolare, unitamente agli enti locali, saranno migliorati i servizi a favore degli studenti pendolari, mense, trasporti, centri di accoglienza per studenti, genitori e docenti. Ancora, è opportuno ribadire in quest'Aula, che sono state avviate una serie di interlocuzioni con le forze sindacali e gli attori del sistema scuola.

L'Assessore della pubblica istruzione ha posto i temi della scuola sarda, in particolare la situazione di docenti precari e del personale ATA, all'ordine del giorno degli incontri già avviati con il ministro Gelmini che si sono svolti presso il Ministero e con i suoi rappresentanti in loco. In tali incontri sono stati ribaditi i temi delle peculiarità locali, delle insularità, delle comunità montane, delle minoranze linguistiche, motivi di deroga alle normative nazionali, già posti in sede di Conferenza unificata Stato-Regione. E' stato inoltre avviato un protocollo d'intesa in fase di perfezionamento.

Per quanto concerne invece il problema del sostegno scolastico agli alunni con disabilità, la citata circolare numero 38 del 2009 precisa che per l'anno scolastico 2009-2010 sono stati confermati, a livello nazionale, i posti complessivamente istituiti in organico nell'anno scolastico precedente, con limitate modifiche a livello regionale, necessarie per perequare gli spostamenti esistenti nel rapporto alunni-docenti tra le varie regioni e per raggiungere gradualmente il rapporto nazionale di un docente ogni due disabili.

Gli Uffici scolastici regionali, sulla base delle dinamiche e delle sopravvenienze riscontrate negli anni precedenti, devono elaborare un piano di ripartizione delle risorse che tenga conto di tutte le situazioni di disabilità certificate, anche successivamente all'inizio dell'anno scolastico. In questa fase le Regioni e gli enti locali saranno parte attiva per l'individuazione delle modalità di distribuzione delle risorse umane, materiali ed attrezzature, utili all'integrazione degli alunni disabili. La Giunta regionale, per quanto di competenza e in accordo con il suo programma di attenzione alle fasce più deboli, prevede interventi per l'integrazione degli studenti disabili, potenziando mezzi e strumenti oltre le figure professionali a supporto.

In conclusione, la Giunta si impegna a proseguire la vertenza sui problemi della scuola, già aperta con il Governo nazionale, sostenendo in particolare le rivendicazione del personale docente e non docente, e per quanto di propria competenza, promuoverà delle iniziative che possono coinvolgere tale personale in un percorso migliorativo della didattica.

Il diritto allo studio degli alunni disabili sarà tutelato e difeso in tutte le sedi, adottando anche nuove azioni al fine di facilitarne la frequenza e la partecipazione a tutte le attività didattiche ed educative.

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Espa. Ne ha facoltà

ESPA (P.D.). Assessore, io ho ascoltato con estrema attenzione la sua esposizione e devo dire che, rispetto ai temi che abbiamo affrontato nella mozione, mi sembra che lei abbia voluto darci un'idea su quello che la Giunta sta facendo in questo momento per la vertenza scuola.

Lei ha citato alcuni dati che a noi non risultano; io, ripeto, spero su questo non ci siano fraintendimenti e non ci siano divisioni, noi vorremmo che lei, il suo Assessorato, in maniera totalmente autonoma e totalmente scollegata dalle strutture dello Stato e dlle strutture della Direzione scolastica regionale, avesse i dati a disposizione "di per sé". Lei deve convocare la seconda Conferenza della scuola in Sardegna, lo deve fare urgentemente; ma, in modo particolare per evitare questo rimpallare di dati, lei deve assolutamente avere tutta la mappa della popolazione scolastica: docenti, personale non docente, alunni con disabilità.

Faccio un esempio, noi abbiamo competenza e, in base alla riforma dello Stato, dobbiamo stanziare le risorse (e l'abbiamo fatto) in questa finanziaria. Il Presidente delle province sarde ha chiesto risorse peer il trasporto e per gli assistenti all'educazione degli alunni con disabilità delle scuole superiori, prima era una assurdità, nessun disabile andava alle scuole superiori, adesso ne vanno a centinaia, grazie a Dio! Su questo problema noi non abbiamo dati, lei non ha dati, lei non sa quanti sono esattamente e, quindi, l'Assessore che è al suo fianco non può programmare. Noi dobbiamo fare sforzi per capire quali sono le esigenze, perché manca un monitoraggio autonomo, perché poi la scuola, lo Stato, i dati non ce li dà!

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue ESPA.) Non ce li fa capire, o ce li dà in ritardo anche al tavolo delle vertenze, anche perché non è conveniente avere subito i dati. Io pertanto sono convinto, e in questo senso lo voglio dire a lei, come Assessore, all'onorevole Maninchedda che ne ha parlato, che noi non vogliamo rinunciare alla battaglia sui poteri e che rivendichiamo il potere concorrente dalla Regione sulla materia. Ma nell'attesa di riconquistare questi poteri (è stata citata la riforma Prodi che non prevedeva dall'oggi al domani i tagli stabiliti dalla riforma Gelmini, questo "togliere tutto subito"), noi abbiamo a cuore oggi, e vorrei che l'aveste a cuore anche voi, il destino di migliaia di lavoratori sardi e il diritto all'istruzione da parte di molte famiglie.

Se c'è un problema, come lei stessa ha detto, di un precariato che rischia di perdere il posto di lavoro, io credo che su questo bisogna convergere in maniera forte; cioè bisogna aprire una vertenza, bisogna sottolineare l'importanza del problema con l'ordine del giorno, con la mozione votata in maniera congiunta. Io credo che questo sia uno dei passaggi principali perchè non basta, secondo me, dire che lo Stato ci ha fornito dei dati dai quali appare che è tutto a posto.

Sulla questione del diritto allo studio degli alunni con disabilità, lo ribadisco, tutti i giorni, al Tar, presso il giudice ordinario o presso il Consiglio di Stato, si discutono i ricorsi delle famiglie che hanno visto lesi i loro diritti. Quindi che lo Stato, la magistratura, riconoscano i diritti di queste persone! Su questo il mio invito è ovviamente quello di dare un parere positivo alla nostra mozione; spero che i colleghi siano concordi nel votare a favore della mozione o di quello che ritengono più opportuno, quello che loro condividono, perché si toccano dei temi che sono sicuramente condivisi da tutti e noi, ovviamente, voteremo a favore; io credo che nessuno di noi abbia dubbi.

Si parla di unità, la sfida dell'unità adesso è aderire a dei concetti che noi abbiamo espresso e che non guardano il colore politico adesso al Governo, non guardano al Governo amico o nemico, ma guardano alla difesa della Sardegna rispetto ad una norma assolutamente invasiva che colpirà, domani, non solo i lavoratori, ma anche il diritto allo studio dei tanti alunni sardi.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. Ha domandato di parlare l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio Ne ha facoltà.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. Chiedo una breve sospensione della seduta.

PRESIDENTE. Sospendiamo la seduta per 10 minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 18 e 32, viene ripresa alle ore 18 e 52.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. E' in votazione la mozione numero 14. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la votazione nominale.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, chiedo la votazione per parti. Chiedo che si voti il primo "Premesso", poi l'ultimo "Considerato" prima del dispositivo, e il punto 3 del dispositivo.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, lei chiede tre votazioni?

CAPELLI (U.D.C.). Sì.

PRESIDENTE. Quindi da "premesso" sino a "considerato"…

CAPELLI (U.D.C.). No, la prima votazione solo ed esclusivamente per il "premesso"; la seconda votazione da "considerato" al secondo capoverso, fino a "vista la circolare del Ministero dell'istruzione" compreso; la terza votazione "considerato che il dovere del Ministero dell'istruzione è quello di garantire il diritto costituzionale allo studio", poi del dispositivo votare a parte il punto 3.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, la votazione per parti può essere richiesta purché le singole parti abbiano contenuto normativo autonomo. Votare soltanto il "premesso", se dovesse cadere per esempio tutto il resto, non avrebbe nessun senso; quindi, la richiesta di votazione per parti deve avere una premessa e poi deve essere anche legata ad un dispositivo, votare soltanto un "premesso" non è possibile.

(Interruzione del consigliere Capelli)

PRESIDENTE. Le singole parti devono potersi reggere da sole per essere messe in votazione, devono avere contenuto autonomo perché non è detto che le parti successive siano approvate. Quindi, questa votazione per parti non ha nessun senso.

CAPELLI (U.D.C.). Allora, l'idea del proponente sarebbe : "Premesso che, a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009-2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento", e "Considerato che è dovere del Ministro dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari…", eccetera, impegna la Giunta regionale a "tutelare il diritto allo studio degli studenti sardi con disabilità attraverso provvedimenti…", eccetera.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, non sono cinque votazioni, c'è un assemblamento di parti per votazione distinte.

CAPELLI (U.D.C.). Va bene così, era insufficiente la mia spiegazione.

.

PRESIDENTE. Metto in votazione…

DIANA (P.d.L.). Presidente, ho chiesto la parola.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Diana. Ne ha facoltà.

DIANA (P.d.L.). Presidente, per dichiarazione di voto. Il Gruppo del P.d.L…

PRESIDENTE. Onorevole Diana, se intende parlare sulle modalità della votazione va bene, ma non può fare la dichiarazione di voto perché non ho ancora annunciato che cosa dobbiamo votare.

DIANA (P.d.L.). Chi deve decidere che cosa votare?

PRESIDENTE. Lo stavo annunciando quando lei mi ha chiesto di poter parlare. Prego, onorevole Diana.

DIANA (P.d.L.). Noi non siamo assolutamente d'accordo su una votazione per parti. Non si può infatti prescindere da quella premessa che, necessariamente, è collegata al resto del testo. Pertanto, se rimane quella premessa, il nostro voto è un voto contrario, se la premessa viene modificata, è chiaro che anche l'ultimo comma, cioè il comma 3 di quella mozione, può essere votato, anzi sarà votato dal Gruppo del P.d.L..

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha richiesto una votazione della mozione per parti che può essere ammessa nell'esplicitazione testé data. Se la Giunta è d'accordo su questa votazione per parti dividiamo la votazione della premessa in due. Nella prima votazione colleghiamo il primo "premesso" con l'ultimo "considerato", in una seconda votazione votiamo gli altri punti sempre della premessa, infine si vota il dispositivo che ovviamente è collegato alla premessa.

ESPA (P.D.). Assieme?

PRESIDENTE. Sì, col punto 3 a parte, con una suddivisione anche del dispositivo.

Metto in votazione insieme:. "Premesso che a seguito della drastica riduzione delle cattedre annunciata dal nuovo regolamento emanato dal Ministro dell'istruzione Gelmini per il prossimo anno scolastico 2009-2010, un migliaio di insegnanti precari storici della Sardegna rischia di restare escluso dagli incarichi annuali di insegnamento", e poi "considerato che è dovere del Ministero dell'istruzione quello di garantire il diritto costituzionale allo studio di tutti i cittadini attraverso l'impiego dell'organico qualificato e dei finanziamenti necessari alle scuole per migliorare la qualità dell'offerta formativa, in rete con tutte le istituzioni coinvolte, ciascuna nell'ambito delle proprie competenze, Ministero della salute, regioni, aziende sanitarie, province e comuni".

Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Intervengo per dichiarare il voto a favore della mozione nel suo complesso, quindi anche dei capoversi che si chiede di votare in modo separato come prima votazione. Ieri abbiamo fatto un'assemblea e, come difendiamo i lavoratori del petrolchimico di Porto Torres, dobbiamo difendere i lavoratori della scuola. Si tratta di capire dove si colloca la Regione, ma la Regione tutta, la Giunta; badate, non si fa una bella figura rinunciando a porre una critica forte nei confronti del Governo. Un Governo che colpisce, come tutti quanti noi sappiamo, una Regione come questa, che ha una sua caratteristica, ha zone interne difficilmente raggiungibili dove il diritto allo studio è sempre in pericolo.

Ma, insomma, abbiamo detto: "dobbiamo essere uniti! uniti per i lavoratori di Porto Torres come per gli insegnanti di Macomer, come per gli insegnanti di Neoneli, come per gli insegnanti di Orgosolo"; ecco perché questa mozione sarebbe stato utile votarla, e secondo me è utile votarla tutti quanti insieme, perché è nella critica al Governo che si vede la coerenza! E qua che si vede la coerenza rispetto agli interessi della Sardegna piuttosto che rispetto all'omogeneità politica con il Governo nazionale. Su queste materie, ma su tutte, sui trasporti, su tutto ciò che riguarda la grande vertenza che noi stiamo aprendo nei confronti dello Stato.

Domani si incontrano undici Ministri, non so se sarà presente anche il Ministro della Pubblica istruzione alla riunione di domani con il Presidente della Regione, il quale ha un mandato, che gli è stato dato dagli elettori, ma che è uscito rafforzato anche dalla discussione di ieri, a rivendicare per la Sardegna gli stessi diritti della Lombardia, perché questo è il tema che noi abbiamo di fronte.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Espa per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ESPA (P.D.). Voglio ribadire i concetti che ha appena espresso il collega Uras, anche perché su questa questione voglio ritornare sul concetto dei poteri che è stato evocato precedentemente dall'onorevole Maninchedda. Noi ricordiamo, nel votare favorevolmente tutta la mozione, ovviamente, che i punti che sono stati sottolineati con una richiesta di voto per parti sono significativamente importanti proprio per la rivendicazione di questi poteri.

E' presente infatti una critica, che credo debba provenire unitariamente da tutta la Sardegna, rispetto a un'attività che in questo momento viene svolta dall'attuale Ministro dell'istruzione; noi sottolineiamo questo aspetto, come sottolineiamo tutti gli altri punti che si caratterizzano in modo particolare per una individuazione di un problema concreto che esiste: l'attività ministeriale che collide con gli interessi della Sardegna; ma con gli interessi, io credo, di tutto il popolo sardo, non del centrosinistra. Il voto pertanto sarà assolutamente favorevole.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Salis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, intervengo per dire che il Gruppo dell'Italia dei Valori voterà sicuramente a favore dei due capoversi, ma anche perchè vorrei chiedere ai colleghi della maggioranza se l'esortazione, che ieri è venuta dall'onorevole Pisanu, autorevole rappresentante del centrodestra sardo e nazionale, è già caduta nel vuoto. Quando il Presidente Pisanu, con l'attenzione massima di tutta l'Aula, ieri ha detto che prima di tutto viene la Sardegna, in tutti i nostri atti, soprattutto nell'esame e nel tentativo di soluzione delle emergenze, nessuno credo ritenga che da queste emergenze possa essere espunta la scuola.

La scuola, tutti lo diciamo nei convegni, nelle riunioni, negli interventi anche in questa Aula, è l'elemento fondamentale per la formazione dei nostri bambini, dei nostri ragazzi e dei nostri giovani; è la scuola che forma le coscienze e le conoscenze per la gestione della nostra società futura.

Oggi siamo qui a dover confermare una scelta; il taglio ormai chiaro e certo, testimoniato anche dal Direttore scolastico regionale nell'audizione in Commissione pubblica istruzione, la riduzione di posti di lavoro legata ai precari storici della scuola, dovrebbero vedere quest'Aula approvare unanimemente tutta la mozione, compresi i due commi all'attenzione di quest'Aula per la votazione per parti. Considero un diverso atteggiamento una grave contraddizione anche rispetto alle indicazioni che sono venute dall'Assemblea di ieri, e confermo che il Gruppo dell'Italia dei valori voterà convintamente la mozione.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Gian Valerio Sanna per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Rinuncio.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Dedoni per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, dichiaro il voto contrario alla mozione, e mi dispiace. Non è che io voglia rompere il clima idilliaco che da ieri sembrerebbe aleggiare in quest'Aula (anche perché Pisanu è presente ma potrebbe non essere presente), ma quando si fanno gli interessi della Sardegna, si fanno fino in fondo al di là delle casacche come vi è stato ricordato in più di una circostanza. Se siamo seriamente convinti che l'interesse della Sardegna passi utilizzando chi, nella scuola o altrove, a causa del precariato si trova in una condizione grave di vita (sociale, economica e civile) quale è quella delle persone che sono fuori dal Palazzo(tra l'altro, stavano commettendo dei reati anche in maniera involontaria), credo che sia grave!

Credo che sia grave portare ancora, all'interno del mondo dell'occupazione, precariato, in maniera tale che la Regione sia poi coinvolta. Mi pare, e non vorrei sbagliare, che uno degli emendamenti presentati dall'opposizione all'articolo 6 parli proprio di impegnare circa 45 milioni di euro in questa direzione. Ma vogliamo veramente che la Sardegna dia i propri danari, che potrebbero essere utilizzati per altro, per sopperire alle negligenze dello Stato? Al di là di quello che dice una premessa, che tra l'altro è falsa, perché non c'è una riforma Gelmini; ma quale riforma! Non esiste nessuna riforma! Esiste il fatto che da Berlinguer in poi, tutti i Ministri hanno portato a compimento un'azione di riordino nella scuola, che non è stato possibile mettere in campo proprio per alcune deficienze nell'organizzazione scolastica complessiva.

In Sardegna paghiamo lo scotto del sistema della scuola diversificata nel territorio, difficilmente accorpabile. Vedo che il tempo fugge, ma credo che potremo fare un ragionamento più attento e più approfondito nella circostanza dell'approvazione dell'articolo 6, al quale è stato presentato qualche emendamento che sposo come filosofia, ma che va meglio articolato; certamente, però, supera abbondantemente gli intendimenti di questa mozione, che non fa certamente un atto di rivendica per la Sardegna nei confronti del Governo, ma quasi quasi la pone in sudditanza, ancora una volta, dal Governo di turno, di qualunque colore esso sia.

La dignità, l'autonomia auspicata da tutti, in particolare dal più citato Pisanu, qui dentro, vorrebbe indicare che qualcuno con intelligenza e con apertura mentale…

PRESIDENTE. Onorevole Dedoni, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, ritiro la richiesta di votazione per parti.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della mozione numero 14.

(Segue la votazione)

Prendo atto che il consigliere Lotto ha votato a favore e i consiglieri Cossa e Dessì hanno votato contro.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Ben Amara - Bruno - Capelli - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Moriconi - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Amadu - Artizzu - Biancareddu - Campus - Contu Mariano - Cossa - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Mario - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Maninchedda - Meloni Francesco - Milia - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Vargiu - Zedda Alessandra.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Contu Felice - Cuccureddu - Mulas.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

Presenti 61

Votanti 57

Astenuti 4

Maggioranza 29

Favorevoli 20

Contrari 37

(Il Consiglio non approva).

Continuazione della discussione congiunta delle mozioni Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (13); Diana Giampaolo - Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna (8) abbinate all'interpellanza Sanna Giacomo - Maninchedda - Dessì - Solinas Christian sulla condizione di crisi e di disastro ambientale nel polo industriale di Porto

Torres (13/A)

PRESIDENTE. Riprendiamo il primo punto all'ordine del giorno. E' stato presentato un ordine del giorno.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 1:

Ordine del giorno Bruno - Diana Mario - Capelli - Vargiu - Uras - Sanna Giacomo - Salis - Cuccureddu sulla crisi economica, sociale ed occupazionale in Sardegna

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione dell'esame delle mozioni n. 13 e 8 e dell'interpellanza n. 13/A sulla crisi economica, sociale ed occupazionale della Sardegna,

PREMESSO che:

- nell'ultimo anno la crisi finanziaria internazionale ha investito pesantemente l'intero sistema economico nazionale e, in Sardegna, ha avuto ripercussioni devastanti con calo di ordinativi, di livelli di produzione e di fatturato di tutte le imprese e dei consumi;

- si sono persi in un anno nell'Isola circa 30.000 posti di lavoro, di cui 20.000 nella sola industria ed il tasso di disoccupazione è tornato a crescere attestandosi al 13,3 per cento;

- il sistema produttivo in Sardegna è segnato da un forte squilibrio tra i diversi settori merceologici:

- l'industria rappresenta meno del 13 per cento del contributo di valore aggiunto rispetto al 25 per cento della media nazionale e al 16 per cento del Mezzogiorno;

- gli addetti di questo settore sono di poco superiori al 10 per cento contro una media nazionale di oltre il 22 per cento;

- l'annuncio del 7 luglio 2009 della fermata dell'impianto di cracking di Porto Torres, completa la serie di azioni che di fatto anticipano la chiara volontà di assestare un colpo di spugna definitivo sulla chimica sarda;

- la crisi che ha colpito la Sardegna e che rischia seriamente di cancellare la gran parte delle attività produttive, dalla chimica al tessile, dalla metallurgia all'agro-alimentare, con pesantissime ricadute di carattere economico e sociale, ha visto nella seduta straordinaria del 15 luglio 2009, presso il Consiglio regionale, le massime rappresentanze politiche regionali, i parlamentari eletti in Sardegna, gli amministratori locali, le espressioni della cultura e delle associazioni sindacali, di categoria e professionali, assumere una decisa e ferma presa di posizione all'insegna di una ritrovata unità autonomistica, per ottenere misure adeguate volte al superamento dell'eccezionale e straordinario stato di crisi;

PRESO ATTO che il Consiglio regionale, nell'approvare la finanziaria 2009, ha dato solo una parziale risposta ai 5.000 lavoratori licenziati nell'ultimo anno e sprovvisti di ammortizzatori sociali e ha rimandato al disegno di legge n. 32 (Disposizioni urgenti nei settori economico e socio-sanitario, per il superamento del precariato e in materia di organizzazione regionale), attualmente in esame, la stabilizzazione dei lavoratori precari nella pubblica amministrazione;

CONSIDERATO che:

- è stato fissato per il 17 luglio 2009 l'incontro istituzionale tra Stato e Regione;

- è stato convocato per il 21 luglio 2009 a Roma il tavolo per la chimica,

impegna la Giunta regionale a richiedere al Governo nazionale

1) l'immediato ritiro del provvedimento dell'ENI di chiusura dell'impianto di cracking di Porto Torres;

2) il mantenimento degli attuali livelli occupazionali del comparto;

3) la sottoscrizione, nell'ambito degli strumenti di programmazione esistenti, di un protocollo per l'attuazione di un piano straordinario per le politiche industriali in Sardegna, da attuarsi nei prossimi 5 anni;

4) ad assicurare, a tal fine, da parte della Regione una quota a valere sulle nuove entrate previste dalla modifica dell'articolo 8 dello Statuto speciale a partire dal 2010, e a rivendicare un corrispondente impegno da parte dello Stato;

5) l'impegno all'ENI, per i prossimi 5 anni, a non modificare la sua presenza industriale in Sardegna fino a quando le azioni di riconversione, ammodernamento e nuove localizzazioni previste nel piano straordinario avranno esplicato i loro effetti sull'apparato industriale regionale;

6) il mantenimento degli impegni per gli interventi di bonifica nelle aree industriali;

7) il riconoscimento della zona franca integrale per la Sardegna, con conferimento dei poteri di regolamentazione da attuarsi con legge specifica approvata dal Consiglio regionale;

8) l'approvazione di misure compensative dei maggiori costi dell'energia termica nelle more della realizzazione del metanodotto Algeria-Sardegna-Italia;

9) l'adozione di tutte le iniziative necessarie per garantire l'efficacia e l'efficienza della continuità territoriale delle merci da e per la Sardegna, affinché la nostra Regione non subisca il peso delle sue particolari condizioni geografiche e di insularità;

10) l'adozione delle misure necessarie per scongiurare la soppressione del servizio marittimo di trasporto dei rotabili ferroviari tra Golfo Aranci e Civitavecchia,

impegna, inoltre, la Giunta regionale a

a. presentare il Piano regionale dei servizi, delle politiche del lavoro e per l'occupazione di cui alla legge regionale n. 20 del 2005;

b. predisporre ed inviare, ai fini della definitiva approvazione, il piano regionale di formazione per la sicurezza nel lavoro, di cui alla legge regionale n. 8 del 2008. (1).)

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare sull'ordine del giorno numero 1, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Il Consiglio verrà riconvocato a domicilio.

La seduta è tolta alle ore 19 e 18.