Seduta n.439 del 05/11/2013 

CDXXXIX SEDUTA

Martedì 5 novembre 2013

Presidenza del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 31.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 28 agosto 2013 (430), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che le consigliere regionali Michelina Lunesu e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta del 5 novembre 2013.

Poiché non vi sono opposizioni i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2014)". (576)

(Pervenuto il 4 novembre 2013 e assegnato alla terza Commissione.)

"Bilancio per l'anno 2014 e bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016". (577)

(Pervenuto il 4 novembre 2013 e assegnato alla terza Commissione.)

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Porcu - Sabatini:

"Disciplina per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota". (575)

(Pervenuta il 29 ottobre 2013 e assegnata alla sesta Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione del terzo polo per il trattamento dei rifiuti e la valorizzazione della raccolta differenziata del Consorzio provinciale industriale di Oristano (CPIOR)". (1236)

"Interrogazione Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla continua attività di convenzionamento per incarichi e collaborazioni varie in contrasto con le norme regolanti le procedure per l'affidamento di incarichi ed elevato contenuto professionale". (1237)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Mozione Zuncheddu - Cocco Daniele Secondo - Sechi - Cugusi sulla necessità dell'installazione di centraline di monitoraggio dell'aria in prossimità del quartiere Sant'Elia a Cagliari, esposto all'inquinamento atmosferico dei poli industriali del distretto di Cagliari ovest (Macchiareddu e SARAS)". (284)

Commemorazione di ex consigliere

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, commemoriamo oggi l'onorevole Raimondo Boi scomparso qualche mese fa. Nato a Ploaghe il 6 dicembre del 1923 è stato consigliere regionale nell'VIII legislatura e fu uno dei protagonisti indiscussi della politica del dopoguerra. Laureato in scienze politiche, svolse per qualche anno l'attività di giornalista pubblicista. La sua passione per la politica lo portò a partecipare attivamente alla vita della Democrazia Cristiana fin dai primi anni della sua costituzione. Fece parte del gruppo sassarese dei Giovani turchi, contribuendo alla svolta del partito in Sardegna assieme a Dettori, Cossiga e Soddu, che affiancò in particolare nel periodo fervido dell'intesa autonomistica.

Ebbe importanti incarichi di vertice nell'amministrazione regionale sviluppando grande esperienza, pragmaticità e capacità di dialogo con tutte le realtà sociali, doti che manifestò anche nella sua attività di consigliere. Il ricordo che ha lasciato è quello di un politico corretto, attento ai problemi della popolazione, ligio nei confronti delle istituzioni. Fu eletto in Consiglio regionale nelle liste della circoscrizione di Cagliari della Democrazia Cristiana. Dal 1981 fino al termine della legislatura fece parte dell'Ufficio di Presidenza ricoprendo il ruolo di segretario. Diede un contributo significativo anche in seno alle Commissioni di cui fece parte, dando un'impronta decisiva ai provvedimenti che in quegli anni furono approvati. Fu componente delle Commissioni autonomia e riforma dello Stato, in quest'ultima Commissione ricoprì anche l'incarico di segretario.

Intensa la sua attività legislativa, numerosi i progetti di legge da lui sottoscritti, particolarmente significativi quelli in materia di sviluppo e integrazione europea, di sanità, e a favore del diritto allo studio. Nelle interrogazioni, mozioni e interpellanze si occupò soprattutto di lavoro, di crisi economica, di agricoltura e ambiente. La sua operosità all'interno del Palazzo non gli fece mai dimenticare i problemi della gente che anzi furono la direttrice unica della sua azione politica e istituzionale. Conclusa la legislatura l'onorevole Boi proseguì nell'impegno politico mettendo a disposizione dei cittadini la sua grande esperienza maturata sempre nel rispetto degli alti valori democratici che hanno caratterizzato i suoi atti da consigliere regionale.

Nell'esprimere ai familiari tutti il cordoglio dell'intera Assemblea e il mio personale sospendo la seduta per cinque minuti in segno di lutto.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 37, viene ripresa alle ore 16 e 49.)

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, sull'ordine dei lavori. Come lei ben sa, avendola presieduta, si è svolta qualche minuto fa la Conferenza dei Presidenti di Gruppo che ha incontrato il Comitato per la zona franca. Mi sembra di poter dire, Presidente, che gli stessi rappresentanti della zona franca hanno rappresentato ai Capigruppo, e quindi all'intero Consiglio, la necessità di modificare sensibilmente il testo che è all'esame dell'Aula. Io non voglio qui dire che quelle perplessità si muovono nella stessa direzione di tante perplessità da noi prospettate, voglio soltanto dirle (come è stato riferito anche dall'assessore Zedda in Conferenza dei Presidenti di Gruppo), che stamane quel Comitato ha incontrato la Giunta (credo fosse presente anche il presidente Cappellacci, che saluto) e nel corso di quell'incontro si è concordato di presentare degli emendamenti al testo.

Presidente, abbiamo avuto modo di dirlo nella precedente riunione: non stiamo parlando di un testo di legge che rappresenta una passeggiata nell'attività legislativa di questo Consiglio regionale. Stiamo parlando di un testo che può cambiare i connotati dello Statuto, in particolare dell'articolo 10 e dell'articolo 12 e, conseguentemente, può cambiare sensibilmente i rapporti tra Stato e Regione in tema di politica tributaria e impositiva.

I lavori dell'Aula, lei credo ne sia un testimone più attento del sottoscritto, non consentono di poter esaminare con la dovuta attenzione emendamenti su un testo di legge come questo. Quindi io le chiedo, Presidente, glielo anticipo fin d'ora, di rinviare alla Commissione competente, al limite alla fine della discussione generale, l'esame di tutti gli emendamenti che sono stati depositati, non ultimi in termini di importanza ovviamente quelli presentati dalla Giunta. Infatti solo con l'esame propedeutico della Commissione noi possiamo mettere l'intero Consiglio regionale nelle condizioni di svolgere con costrutto il proprio lavoro.

Io mi appello alla sua sensibilità, Presidente, non è una richiesta strumentale, stiamo parlando di un qualcosa che non può essere lasciato all'esame dell'Aula senza la dovuta istruttoria da parte della Commissione competente.

PRESIDENTE. Onorevole Diana, valuterò con la presidente Lombardo e con gli altri Capigruppo la possibilità di accedere a questa richiesta.

Ha domandato di parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Per il contributo che questa discussione può dare all'approvazione di questa proposta di legge, e poiché auspichiamo anche, perché no, una larga convergenza di questa Aula sul testo, riteniamo non sia una questione di secondo grado conoscere la risposta alla richiesta del nostro Capogruppo.

Quindi le chiederei di darmi la possibilità, prima del mio intervento, di sapere se la maggioranza è disponibile o meno ad accogliere questa richiesta.

PRESIDENTE. Onorevole Porcu, io proporrei di proseguire con i lavori perché la discussione generale ci permetterà di fare i passaggi e gli approfondimenti necessari, anche in ordine agli emendamenti, così che i Gruppi possano valutare nel merito la richiesta.

Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.). Presidente, non ho ben capito la richiesta dell'onorevole Giampaolo Diana. Se la richiesta è quella di rimandare la proposta di legge in Commissione ovviamente la risposta è negativa, se la richiesta è far esprimere un parere alla Commissione sugli emendamenti non capisco il problema perché, normalmente, gli emendamenti complessi sono esaminati in Commissione e poi tornano in Aula.

Continuazione della discussione generale della proposta di legge nazionale Sanna Giacomo - Dessì - Planetta - Solinas Christian - Artizzu: "Istituzione di un regime di zona franca fiscale e doganale integrale nel territorio della Regione autonoma della Sardegna" (22/A/NAZ)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale della proposta di legge nazionale numero 22/A.

E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Intervengo senza aver capito che cosa ha chiesto il mio Capogruppo (perché a questo punto non l'ho capito) e avendo invece la certezza che non abbiamo contezza di che tipo di provvedimento stiamo discutendo.

Vorrei, avendo seguito l'intervento del relatore di maggioranza e anche l'ultima battuta credo ironica del mio Capogruppo, brevemente sottolineare, approfitto anche della presenza del presidente Cappellacci che spero quando ci fa l'onore di partecipare ai lavori abbia anche la bontà di ascoltarci, che purtroppo questa non è una occasione storica e non cambierà il futuro della Sardegna, semplicemente è una proposta di legge che, anche se approvata, non arriverà mai neanche a essere discussa in Parlamento, certamente non in questa forma. E questo bisogna che lo diciamo con chiarezza.

Voglio invece rimarcare che in tema di federalismo fiscale, di agevolazioni fiscali, di possibilità di attuare pienamente anche l'articolo 8 dello Statuto abbiamo perso una grandissima occasione in questa legislatura, un'occasione di arrivare tutti insieme di fronte allo Stato a rivendicare più ampie competenze da parte della nostra Regione.

Voglio ricordare, lo ricordo all'onorevole Cappellacci, che il 14 ottobre 2010 questo Consiglio regionale con l'ordine del giorno numero 34 all'unanimità impegnò la Giunta ad avviare un confronto con il Governo che potesse, sulla base delle leggi vigenti, attuare la legge numero 42 del 2009 sul federalismo fiscale. In particolare si chiedeva l'applicazione dell'articolo 27 al fine di trovare forme di perequazione all'interno del principio costituzionale della solidarietà tra Regioni.

Forme di perequazione utili a colmare disagi, ritardi di sviluppo infrastrutturali attraverso specifiche norme di attuazione con le quali sarebbe stato possibile, se l'avessimo fatto, come hanno fatto per esempio altre Regioni tra cui la Valle d'Aosta, certamente addivenire a forme di fiscalità di vantaggio nella certezza che quelle forme di fiscalità di vantaggio sarebbero state finanziate, essendo i tagli alle imposte un minor gettito dallo Stato, all'interno della legge sul federalismo fiscale.

Presidente, quell'ordine del giorno le ricordo che lei contribuì anche a scriverlo perché in quel periodo occupammo l'Aula per chiedere di dare piena attuazione alla vertenza entrate, per far sì che quelle risorse (800 milioni poi via via diventati 300 milioni l'anno ma che oggi assommano a 2 miliardi che lo Stato non ha ancora versato alla Regione) potessero rientrare nella piena disponibilità di spesa della Regione per dare sollievo a chi rimane indietro, per recuperare i ritardi infrastrutturali, sostanzialmente per rimettere in moto un sistema Sardegna che sappiamo ha vissuto e vive pesantemente gli effetti della crisi. Un sistema Sardegna che certamente oggi, nel 2013, si trova in condizioni assai peggiori di quelle in cui si trovava nel 2009.

In quell'ordine del giorno chiedevamo di riferire mensilmente sul confronto con il Governo, chiedevamo…

(Brusio in Aula)

Presidente, capisco che evidentemente c'è una storia già scritta e che questa discussione generale non deve servire per un confronto tra di noi ma soltanto per espletare un rito di cui, peraltro, non si sentirebbe neanche il bisogno.

Dicevo che in quell'ordine del giorno si chiedeva che i rappresentanti della Regione presso la Commissione paritetica lavorassero fianco a fianco con le Commissioni del Consiglio regionale per arrivare al più presto da un lato all'attuazione dell'articolo 8 ma, dall'altra, alla legge sul federalismo fiscale così da consentire, attraverso le norme di attuazione, che quelle forme di fiscalità di vantaggio possibili e previste trovassero anche copertura all'interno, appunto, della legge sul federalismo fiscale.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(segue PORCU.) Questa richiesta non è stata accolta; e, presidente Cappellacci, presentare a fine legislatura, a due mesi dalle elezioni, una proposta di legge di questo tipo che, come è stato detto anche dai relatori che mi hanno preceduto, è semplicemente scritta male, piena di contraddizioni, inapplicabile, inattuabile, ci ha fatto sospettare che fosse soltanto un modo per poter dire di aver mantenuto una promessa e per scaricare poi il non mantenimento di questa promessa sul Parlamento italiano. Sapendo già che, così come è scritta e per come è scritta, questa legge non arriverà neanche a essere messa in discussione e potrà, al più, suscitare l'ilarità, per i motivi che dirò, di mezza Europa.

A questo proposito, vorrei sottolineare che se esaminiamo l'articolo 1, l'ha richiamato prima di me qualche oratore, ci rendiamo conto che già il primo comma, che parla di zona franca posta come intera regione fuori dalla linea doganale, è in profonda contraddizione non soltanto con le leggi del Parlamento italiano, ma anche con quelle sovraordinate dell'Unione europea a cui dobbiamo fare riferimento.

Da questo punto di vista il codice doganale dell'Unione europea è molto chiaro, infatti (peraltro è stato appena approvato, può darsi che ci sia anche spazio per rivederlo) specifica puntualmente quali sono sia le porzioni di territorio che fanno parte del territorio dell'Unione europea, sia quelle che non ne fanno parte, e la fattispecie richiamata dall'articolo 1, cioè zona franca interclusa fuori della linea doganale europea, è semplicemente un qualcosa che non esiste.

Da un lato dovremmo quindi chiedere allo Stato di sollecitare l'Unione europea a una riscrittura del codice doganale per avere dei vantaggi che sono tutti da mettere in discussione e, dall'altra, noi vogliamo che si costituisca una zona franca che non è prevista dal codice doganale europeo, non è prevista! Perché le zone franche, per loro stessa definizione, sono all'interno del territorio doganale, altrimenti non sono zone franche.

Quindi, già nel comma 1 c'è un'incongruenza dal punto di vista giuridico e (non riusciamo a capirne il motivo) una qualche chiusura, o un non voler leggere le norme, anche sovraordinate, a cui dobbiamo in qualche modo fare riferimento, che rende l'intera discussione, in questa forma, semplicemente un qualcosa dove vendo degli slogan, lancio dei nomi non ben specificati, senza neanche capirne le implicazioni e le valenze.

Le zone franche sono specificate, non possiamo utilizzare i termini come vogliamo; la definizione di zona franca è data all'articolo 243 del codice doganale, e la zona franca fa riferimento a parti del territorio doganale all'interno delle quali si debbono rilevare specifiche caratteristiche (tra cui essere intercluse) e tali da determinare in maniera univoca le entrate e le uscite, il controllo delle merci, il controllo di chi poi può usufruire o no dell'esenzione dei dazi doganali, che rendono, per esempio, anche la semplice costruzione di un immobile in zona franca, e qui faccio riferimento all'articolo 244, subordinata alla preventiva autorizzazione delle autorità doganali.

Se noi quindi approvassimo l'articolo 1 in quella forma bloccheremmo tutta la Sardegna, perché le zone franche non possono essere in territorio extradoganale, ma devono essere in territorio doganale per definizione, e anche se volessimo dimenticare lo strafalcione di prevedere che la Sardegna sia una cosa e il suo contrario, paralizzeremmo l'intera Sardegna.

La verità è che su questi termini fate una grande confusione, e per zona franca intendente forse zone ad agevolazione fiscale sulle quali invece possiamo discutere. Lasciamo perdere l'articolo e il comma 2, dove ci agganciamo a situazioni del tutto diverse che, però, richiamo per un solo motivo e cioè, giusto per capirne il contenuto, per ricordare, a proposito del mettere la Sardegna all'esterno del territorio doganale dell'Unione europea, tralasciando la contraddizione che ho appena richiamato per cui non possiamo chiamarla zona franca (la zona franca deve essere all'interno del territorio doganale), che nel territorio di Livigno che peraltro ha 6000 abitanti, si prevede un'esenzione dal dazio delle imposte erariali di consumo, delle imposte di fabbricazione e delle corrispondenti sovrimposte di confine su benzina, petrolio, gasolio e altri residui, esenzioni indicate in maniera molto precisa. Sostanzialmente non c'è l'imposta di fabbricazione su oli, lubrificanti e prodotti del petrolifero, e c'è tutta una serie di beni, elencata in maniera estremamente precisa nei decreti legislativi del dicembre 2013,per i quali è sostanzialmente previsto un abbattimento delle aliquote IVA tra l'1 e il 4 per cento.

Se pure volessimo entrare in questa discussione, per correttezza, per onestà politica, dovremmo spiegare ai sardi come riteniamo nel caso inapplicato e inapplicabile, così come è stato scritto l'articolo 1. Tralasciando la sgrammaticatura della norma, vorrebbe dire rinunciare, e penso che sia utile citare le cifre, in Sardegna a circa 600 milioni di euro di imposte di fabbricazione su prodotti venduti nella nostra Isola, e a una quota importante del circa un miliardo e oltre di gettito IVA prodotto nella nostra Regione, se facciamo una stima dei prodotti richiamati, probabilmente, altri 4 o 500 milioni.

Questo significa che stiamo aprendo un altro contenzioso con lo Stato su risorse pari a circa 1 miliardo e 2, dopo che in questi anni voi non siete riusciti a risolvere il contenzioso relativo alla vertenza sull'attuazione piena dell'articolo 8, che a tutto il 2012, quindi senza considerare il 2013, ammonta a circa 2 miliardi di euro. Allora, voi volete convincere noi, e non ci convincerete, ma volete "vendere" ai sardi che siete stati incapaci di chiudere la vertenza entrate e di renderla pienamente spendibile dal punto di vista della riscossione, non degli accertamenti, delle imposte di tutta la Sardegna, e siamo sotto i 2 miliardi, e volete aprire un altro contenzioso che vale 1 miliardo e 2, senza aver chiuso il primo.

Il nostro punto di vista è che questo è un atteggiamento scellerato, che rischia di mettere in pericolo la vertenza entrate, perché diminuisce la credibilità di una Regione che apre altri fronti senza aver prima ottenuto quello che le spetta nel rispetto delle leggi di questo Stato, nel rispetto del nostro Statuto e dei pronunciamenti della Corte costituzionale.

Vorrei anche ricordare perché siamo qui. Siamo l'Assemblea rappresentativa di un popolo, e ognuno di noi rappresenta una parte di questo popolo. Quindi in quest'Aula parliamo tra di noi, ma parliamo anche sapendo di rivolgerci ai cittadini sardi; sappiamo tutti in che stato versano le finanze dello Stato e sappiamo tutti, spero, che già oggi la Sardegna ha un residuo fiscale pesantemente negativo. Parlando di residuo fiscale pesantemente negativo voglio ricordare che su circa 20 miliardi di spesa della pubblica amministrazione in Sardegna (e vi ricordo che il Pil in Regione è di circa 30 miliardi di euro, quindi due terzi sono legati al settore pubblico), le imposte riscosse sul territorio regionale sono di soli 16 miliardi, già oggi la Sardegna ha pertanto un residuo fiscale negativo pari a 4 miliardi e 8, cioè ogni cittadino sardo riceve dallo Stato circa 3 mila euro all'anno.

Sono pochi? Per me sono pochi, dovrebbero essere di più, ma questa è la base dalla quale partiamo; in una competizione per le risorse non presentarsi preparati a quegli appuntamenti per esempio avendo cercato attraverso gli articoli 22 e 27 della legge numero 42 del 2009 sul federalismo fiscale di ottenere quello che era dovuto per le vie previste dalle leggi dello Stato, vuol dire competere con altre regioni, che hanno magari residui fiscali attivi. Ricordo che la Lombardia ha un residuo fiscale attivo di 56 miliardi, altre Regioni a Statuto speciale, hanno un residuo fiscale attivo; il Trentino Alto Adige, che citiamo spesso, versa allo Stato più di quello che spende la pubblica amministrazione in Trentino, vorrei ricordare che il Friuli Venezia Giulia è sostanzialmente in equilibrio; l'unica altra Regione che ha un pesantissimo residuo fiscale passivo, tra quelle a Statuto speciale, è la Sicilia, che ci batte…

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Porcu, c'è un brusio in Aula particolarmente fastidioso che non fa sentire neanche la voce dell'oratore.

PORCU (P.D.). E' un brusio di chi non vuole sentire, Presidente.

PRESIDENTE. Sì, onorevole Porcu, però io voglio silenzio in Aula. Prego.

PORCU (P.D.). E' il brusio di chi non ha, forse, rispetto di se stesso e del ruolo che ricopre in quest'Aula e neanche del confronto che credo si dovrebbe portare avanti in maniera costruttiva; è il brusio di chi forse cerca di coprire la durezza e la nettezza dell'evidenza dei fatti che sto cercando di portare faticosamente a questa discussione che altrimenti rischia di essere appesa al nulla.

Allora, se tutto questo è vero, ed è vero, è chiaro che siamo all'interno di una partita difficilissima che non può essere giocata con superficialità. La via maestra era quella, che ho richiamato, indicata nell'ordine del giorno del 2010 approvato dal Consiglio regionale in seguito a una risoluzione della terza Commissione; quella strada, che era quella del federalismo fiscale, non siete stati capaci di seguirla nonostante l'aiuto del centrosinistra.

Io credo che oggi si potrebbe ripartire con una discussione costruttiva se l'articolo 1 fosse stralciato da questa norma nella sua interezza e come Regione autonoma della Sardegna tutti insieme rivendicassimo la manovrabilità delle imposte riscosse in Sardegna, decidendo noi da subito in che modo rimodulare entrate e uscite, nonché come tagliare i costi per rinunciare a pezzi di gettito.

Rimane aperto il problema di che cosa succede della quota da ripartire con lo Stato; lo Stato potrebbe dirci che vuole la quota del gettito a cui rinuncio, ma chiedere una piena manovrabilità delle imposte regionali (lo abbiamo fatto tutti insieme con l'IRAP, questo non è in contraddizione con le posizioni che abbiamo preso) probabilmente è una strada che non troverà, anche questa, accoglimento nel breve termine, ma è una strada che ha una sua logica, dove io mi assumo la responsabilità della piena manovrabilità delle imposte regionali abbattendo i costi di questa regione per poter raggiungere questo obiettivo; e occorre manovrarle prevedendo anche forme di agevolazione fiscale per l'intera isola o per le porzioni di questa isola che rimangono pesantemente indietro.

Quindi l'obiezione che noi vi facciamo è sulle parole d'ordine contenute nell'articolo 1, sulle contraddizioni dell'articolo 1, sull'inapplicabilità dell'articolo 1, sui contrasti dell'articolo 1 non solo con le leggi dello Stato ma anche con il Codice doganale europeo, sulle definizioni che sono sbagliate, sulla profonda ignoranza, anche giuridica, che è emersa dall'analisi di questo articolo, dall'utilizzo della parola "zona franca" come se fosse una parola che possiamo piegare a nostro piacimento dandole ognuno il significato che vuole, ma non è così! La zona franca ha un significato preciso che è dato dal Codice doganale dell'Unione europea e non può essere altro che quello che viene richiamato nell'articolo 243 del Codice doganale dell'Unione europea, non può essere altro.

Allora se vogliamo fare una discussione costruttiva, senza farci trascinare troppo presto in una campagna elettorale nella quale comunque entreremo, io credo che possiamo partire dal secondo articolo, chiedere la piena manovrabilità delle imposte regionali, assumerci quella responsabilità e rapidamente andare al tavolo con lo Stato per chiedere subito quello che ci spetta, cioè la piena possibilità di spesa con l'innalzamento relativo dei vincoli del Patto di stabilità, la definizione della vertenza entrate e, di conseguenza, creare le risorse per poter veramente attivare le imposte regionali e le compartecipazioni previste dall'articolo 8.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Arbau. Ne ha facoltà.

ARBAU (Gruppo Misto). Intervengo molto brevemente. La discussione di stasera è uno dei momenti più impegnativi di questa legislatura. Noi tutti siamo chiamati a uno sforzo rilevante: cercare di trovare finalmente un accordo su qualcosa di importante per la nostra regione. Non sto parlando a fini retorici o per cercare di allontanarmi dall'argomento principale.

Innanzitutto, presidente Cappellacci, lei è molto fortunato perché dai banchi dell'opposizione ogni tanto dicono: "fate, volete fare" e così via. Io brevemente voglio elencare quello che è successo negli ultimi mesi, almeno da quando sono entrato in quest'Aula. Appena insediato ho presentato una interrogazione chiedendo al Presidente di venire in Aula; il Presidente non mi ha risposto, ma nessuno risponde alle interrogazioni. Successivamente, nel mese di giugno, ho presentato con altri consiglieri una mozione per chiedere un dibattito in quest'Aula. Il giorno dopo sono state presentate delle altre mozioni da parte del Partito Democratico e da parte del Gruppo dei Riformatori, se non ricordo male, e si è arrivati a una discussione in Aula.

Nelle more il Partito Sardo d'Azione ha presentato una proposta di legge (la stiamo discutendo oggi) sulla quale, nella discussione in Commissione si è cercato di arrivare a una soluzione condivisa. La Commissione, soprattutto su input della maggioranza, ha deciso di smontare la proposta sardista, che metteva la Sardegna fuori dalla linea doganale, e di addivenire a una proposta che sostanzialmente parlava di una zona franca solo ed esclusivamente sulle risorse di cui all'articolo 8, quindi una mini zona franca sulle nostre risorse.

Successivamente, su istanza del sottoscritto, è stata chiesta l'audizione dei comitati, i comitati sono stati auditi e la Commissione ha di fatto ripristinato…

(Interruzione del consigliere Artizzu)

Ci sono le comunicazioni, presidente Artizzu. Sa, faccio l'avvocato e ho l'abitudine di documentarmi prima di parlare; sto giusto facendo un quadro. Successivamente, dicevo, la Commissione ha deciso di rivedere quella proposta e di mettere fuori dalla linea doganale la Sardegna. Quindi, quando si dice "voi" questo voi è complessivo e va riferito a tutto il Consiglio perché quella proposta è stata deliberata all'unanimità con l'astensione del consigliere Agus.

Si arriva quindi alla discussione in Aula. A mio avviso abbiamo l'occasione per scrivere un testo di legge condiviso, rendendolo più asciutto, cercando di risolvere la questione principale che attiene al volere la Sardegna fuori dalla linea doganale oppure al suo interno. Gli emendamenti che sono stati proposti, e che ho qui, sostanzialmente sono quasi tutti concordi nel proporre questo. Io credo che noi non dobbiamo dilungarci molto cercando di fare i legulei oppure di darci le risposte che ci daranno altri perché se noi siamo convinti di questa decisione mettiamola in votazione, andiamo avanti e poi proviamo, attraverso la finestra della legge di stabilità, a modificare l'articolo 12, immediatamente.

Infine - non voglio farla molto lunga come vi ho detto subito - dico che la zona franca è l'unico strumento di cambiamento che abbiamo. Tutte le questioni che sono state discusse in questo Consiglio in questi mesi, anche bene, sono riferite a questioni di archeologia politica perché è come se non ci rendessimo conto che è passato uno tsunami che ha travolto l'economia della Sardegna. L'unico vero strumento che abbiamo è questo della zona franca, cioè l'utilizzo della leva fiscale per cercare di rilanciare l'economia e passare da un sistema assistenziale, dove si passa di legge urgente in legge urgente per cercare di trovare le risorse per i cassintegrati, a un sistema produttivo.

Io darò il mio voto a questa legge per mettere la Sardegna fuori dalla linea doganale e sarò anche a fianco di un Presidente, che pure combatterò in campagna elettorale, che riusciremo a mandare a casa, ma che sino al mese di febbraio è il Presidente della Regione. Io sono per un sistema fiscale sardo, per un sistema fiscale che ci consenta di dire all'Italia: "Non ce ne facciamo niente dei tuoi soldi; garantiscici solo ed esclusivamente le risorse per la continuità territoriale marittima e aerea e il resto lo facciamo noi". Se questa classe dirigente non è capace di fare questo credo che abbia fallito completamente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Presidente, cercherò di essere breve perché capisco che diversamente il disinteresse prevale sull'interesse. La proposta di legge nazionale per l'istituzione della zona franca sarda aggiorna la legge approvata venticinque anni fa dal Consiglio regionale, e disegna un percorso realizzativo che, muovendosi all'interno della legislazione vigente, individua un modello di zona franca che è in linea con quello proposto dai padri del sardismo e dell'autonomia. Venticinque anni sono un quarto di secolo, un momento storico se riusciremo a coglierlo, diversamente non sarà servito ad alcuno.

Voglio ricordare che il primo testo esitato dalla prima Commissione, e votato all'unanimità, senza nessuna astensione, manteneva l'impostazione cardine con le modifiche dell'articolo 10 e dell'articolo 12 del vigente Statuto, cioè, confermava il passaggio dallo Stato alla Regione della quota di sovranità doganale necessaria per autogestire la realizzazione della parte doganale della zona franca sarda e stabiliva altresì, con la riscrittura dell'articolo 10 dello Statuto, di recuperare in capo alla Regione le quote di sovranità fiscale necessarie per modulare un completo ventaglio di defiscalizzazioni da attuare all'interno della zona franca sarda.

Lo scopo di fondo della proposta che il Gruppo sardista ha presentato è quello di costituzionalizzare il nostro diritto alla zona franca intervenendo sull'articolo 12 dello Statuto, che prevede solo la realizzazione di punti franchi, e sull'articolo 10 che invece detta le competenze fiscali della Regione. Competenze che, è evidente, non sono sufficienti per realizzare una moderna zona franca e che vanno arricchite con quelle che la proposta di legge del Partito Sardo d'Azione prevede siano delegate dallo Stato. E' questa, in estrema sintesi, la legge in cui possono riconoscersi i sardisti e quanti sono convinti che la zona franca rappresenti uno straordinario strumento per lo sviluppo dell'Isola e non un utile argomento per fini elettoralistici o per la ricerca di un facile consenso.

A questo proposito voglio fare un plauso a quanti, in questi ultimi tempi, hanno rilanciato con forza nelle piazze e nell'opinione pubblica la zona franca sarda. Mi rivolgo in particolar modo ai movimenti spontanei che in poco tempo hanno costruito una rete di consenso che ha riportato la zona franca al centro del dibattito politico. Il tutto significa però che il Consiglio regionale deve dimostrare ancora maggiore responsabilità nello svolgere il compito che lo Statuto e i sardi gli attribuiscono, quello cioè di fare le leggi e di fare possibilmente buone leggi.

Alla zona franca sarda, infatti, serve una buona legge e quella che oggi è in discussione, dopo l'ultimo passaggio in Commissione, non potrà portare alla realizzazione della zona franca in Sardegna. Le ragioni sono semplici: anzitutto la seconda versione del testo esitato dalla Commissione rinuncia alla leva fiscale perché questa è la modifica apportata nell'articolo 12; in secondo luogo si immagina una Sardegna zona franca al consumo e non già un'area franca alla produzione industriale e turistica. La Sardegna non può diventare come Livigno e Campione d'Italia, ma ha bisogno di norme proprie e di specifiche defiscalizzazioni per poter riprendere un cammino di sviluppo che sappia rilanciare le produzioni e dare lavoro ai sardi.

A quanti pensano che la Sardegna possa trarre vantaggio dall'essere equiparata alla Valle d'Aosta, è bene far sapere che se anche lo Statuto valdostano pone la Regione fuori dalla linea doganale, in Valle d'Aosta si paga l'IVA, sono cessati i cosiddetti diritti speciali ed è cessata anche la distribuzione fiscale del carburante. Credo che non sia questo l'esempio al quale tutti dovremmo riferirci.

Abbiamo necessità di recuperare il tempo perduto, perché ci sono stati comunque tanti ritardi e inadempienze dal 1998, da quando cioè avremmo potuto tranquillamente realizzare i porti franchi, quei sei porti franchi con esenzione doganale che in quest'Aula sono stati citati a dismisura, ma che ancora oggi, nel 2013 (quindi non è un problema di chi governa, cioè la destra o la sinistra, poiché ci sono state le alternanze in tutti questi anni) non sono stati realizzati. Nella nostra proposta di legge, fra le cose che cercavamo di spiegare, c'è l'idea che questo processo deve essere realizzato immediatamente, mentre invece si parla di perimetrazioni, si parla di possibilità, si parla di tante cose, si succedono le legislature e niente si realizza.

Questa occasione storica, dopo venticinque anni, pertanto non può essere vanificata, non può essere persa e, soprattutto, va riconosciuto ciò che è successo nella prima Commissione (credo che insieme a me lo possa riconoscere tranquillamente il Capogruppo del P.d.L.) dove il numero legale è stato garantito dall'opposizione, e con quel voto all'unanimità si è trovata un'unità di intenti, si è analizzata con interesse e con vera partecipazione quella proposta di legge e tutti abbiamo fatto un passo indietro, non ci sono state rigidità, a iniziare dai presentatori di quella proposta di legge.

Quell'approvazione era il punto di partenza per far arrivare il testo in quest'Aula così da poterlo arricchire e migliorare; invece con un colpo di manosi è ritornati in Commissione, si è voluta modificare e io dico in peggio perché, la vera innovazione in questo testo di legge è la leva fiscale, è la delega che stiamo chiedendo allo Stato italiano non facendo i conti della serva come purtroppo in molti hanno fatto: "Ci danno 4 miliardi, non li avremo più, cosa faremo", la dipendenza economica, il dipendere dagli altri è ciò che ci ha governato in tutti questi anni.

Questa è un'occasione, poi ce lo dirà il Parlamento, ma non facciamo come nel '98, troviamo motivi di unità, mandiamo una legge a Roma che sia la legge di questo intero Consiglio, che abbia la forza non solo di questo Consiglio ma di chi fuori da questo Consiglio ha combattuto e sta combattendo, sbagliando, tante volte, come abbiamo sbagliato noi e come continueremo a sbagliare, speriamo sempre meno; ma l'obiettivo principale è unire la gente che sta fuori, la volontà che ha manifestato fino a oggi, con una legge voluta all'unanimità da questo Consiglio .

Questo testo di legge avrà la forza di quest'Aula, avrà la forza di chi fuori di quest'Aula pensa che questa sia l'unica soluzione ai mali delle diseconomie e della disoccupazione, ma è un punto di partenza. Non vogliamo illudere nessuno, l'importante è partire finalmente e responsabilizzarci tutti; e sino adesso, purtroppo, questa è stata la parte più delicata, più rinunciataria, se vogliamo. Oggi, dopo venticinque anni, abbiamo un'occasione: vediamo di non perderla, vediamo di capire che questo non è un argomento di pochi, ma è un argomento dell'intera Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (Sardegna è già Domani). Presidente, anch'io ritengo che l'argomento, al di là della distrazione dell'Aula, meriti davvero molta, molta, molta serietà. Anch'io mi sforzerò di lasciare da parte qualsiasi contrapposizione o di richiamare una polemica troppo facile sul ritardo da un lato e sulla tempistica dall'altro con cui il presidente Cappellacci ha messo le mani su una delle rivendicazioni storiche di quest'Isola.

Io credo che la serietà ci imponga però un'analisi precisa, accurata, perché il regime fiscale è l'essenza della nostra economia; è una banalità, che economia voglia dire stipendi pubblici, che economia voglia dire sviluppo, che economia voglia dire assistenza sanitaria, cassintegrazione, welfare, trasporti, insomma che voglia dire davvero tutto quello che gira da un punto di vista economico e sociale in quest'Isola, ma non ci si può sbrigare nell'affrontare il problema dicendo: "Dobbiamo fare in fretta perché il popolo lo vuole".

Certo, il popolo lo vuole, però ci si sarebbe aspettato qualcosina in più posto che, ribadisco, la serietà e la storicità di questa battaglia avrebbero necessitato, in particolare da parte di chi su quella battaglia ha voluto mettere bandiere e cappello (seppure ripeto in maniera sospetta vista la tempistica), di spiegazioni che fossero un tantino più concrete e più credibili di un "modello latinorum", cioè ci affidiamo alle previsioni dello sviluppo e al volàno keynesiano.

Io credo che sarebbe stato più giusto poterci confrontare con chi ha, e non sono certo i consiglieri, gli strumenti reali della conoscenza della finanza regionale, avvalendoci di studi, proiezioni, dati economici certi, confrontabili e inconfutabili, in maniera tale da capire come poter integrare l'articolo 8 del nostro Statuto con le modifiche che si vogliono apportare ora all'articolo 10 e all'articolo 12. Perché questo compito di spiegare, prima ancora che di convincere spetta, Presidente, a chi ha il bastone del comando, spetta a chi ha la responsabilità di amministrare, di gestire, di programmare e di garantire stipendi, di garantire cassa integrazione, di garantire assistenza sanitaria e sociale, insomma di garantire quella continuità economica attraverso i fondi che la Regione ogni anno deve mettere nel suo bilancio.

Avremmo voluto quindi previsioni e calcoli che dimostrassero come, nonostante la perdita dei nove decimi dell'IVA, dei nove decimi dell'imposta di fabbricazione, dei nove decimi dell'imposta reale di consumo, potessimo comunque ottenere una raccolta finanziaria tale da mantenere i servizi, in una parola come costruire il bilancio di questa Regione. Ed ecco perché, posto che questi dati ancora oggi non ci vengono dati, nascono i sospetti, nasce la sfiducia.

Nessuna preparazione, nessuno studio economico, nessuna relazione economica di accompagnamento all'intervento che ha portato alla modifica di questa proposta di legge in Commissione, intervento voluto dalla Giunta. Certo la gente e i sardi sono stati sollecitati nella pancia, ma non sono stati sufficientemente istruiti nella mente. I sardi, da questa nostra discussione, da questa nostra promessa, più sua che nostra, si aspettano infatti di pagare meno la benzina, di pagare meno il gasolio.

A questo proposito, sommessamente (fortunatamente avendo deciso di ritirarmi non ho nessuna voglia e nessuna ambizione di fare campagna elettorale), mi permetto di ricordare che, a dispetto delle decine di parlamentari e di alcuni, pochi per la verità, ministri e sottosegretari che quest'isola ha mandato a Roma, a tutt'oggi l'unica reale, efficace riduzione delle tasse fu ottenuta da un giovane senatore nel '98, allora oltretutto senatore dell'opposizione, che nonostante - ricordo bene - la contrarietà abbastanza sgarbata e sgradevole dell'allora sottosegretario Giarda (era rappresentante in Aula del Governo per la legge finanziaria), riuscì a inserire anche tutti i comuni della Sardegna tra i quelli beneficiari della riduzione delle accise sul gasolio da riscaldamento. Riduzione che, ripeto sommessamente, a tutt'oggi ancora è l'unico atto concreto di riduzione delle tasse erga omnes su tutti i sardi e che, per inciso, si aggira intorno al 10 per cento del costo per litro.

Ma torniamo al discorso precedente. Abbiamo parlato, lei ha detto di aver parlato ai sardi; i sardi si aspettano, attraverso la zona franca, di poter pagare meno benzina, gasolio, pane, pasta, vestiti, scarpe, balocchi e profumi a livello di Livigno, però si aspettano ancora che sia Pantalone a pagargli l'assistenza sanitaria, gli stipendi dei medici, degli infermieri, i farmaci, i ricoveri ospedalieri, l'ambiente e la tutela dell'ambiente, gli stipendi in generale (da quelli dei forestali a quelli dei biologi), i mutui agevolati a favore delle imprese, delle famiglie per la prima casa, delle cooperative, l'assistenza domiciliare e il sostegno all'handicap.

Insomma, i sardi si aspettano che rimanga quel livello di capacità di spendita finanziaria che finora hanno avuto. Poca, molta, non lo so, lo valuterà ciascuno di noi e ciascuno dei nostri concittadini e conterranei, però comunque un livello di spendita c'è stato. Ecco, nessuno ha ancora detto, lei non ha ancora detto ai sardi, al di là del moltiplicatore keynesiano, con che soldi manterremo la nostra economia. Certo, è indubbio, ci saranno nuove tasse ma lo dobbiamo dire, non possiamo semplicemente far credere che verranno tagliate quelle statali perché in qualche maniera queste risorse devono entrare, nuove tasse regionali. Certo avremo, e ne siamo orgogliosi, la nostra capacità impositiva, però sullo base di uno studio chi governa aveva l'obbligo di dire a quanto ammonteranno quelle tasse. Nessuna quantificazione pertanto vi è stata né di entrata né di uscita.

Ribadisco quindi che chi oggi ha questa responsabilità, se vuole essere credibile prima ancora che creduto, dovrebbe lasciare da parte disattenzione (ma sarebbe anche difficile pretendere l'attenzione), comunque certamente demagogia, campagna elettorale, per fornirci una completa e compiuta relazione finanziaria affinché possa essere fugato quel sospetto grave, opprimente e vergognoso di trovarci ancora una volta di fronte all'ennesimo atto di propaganda, all'estremo tentativo da parte sua dopo cinque anni buttati, di recuperare terreno, consenso, credibilità perduta, cavalcando una battaglia certamente affascinante e storica.

Una battaglia che magari può provare anche a fare ancora più propria battezzandola con un immaginifico acronimo che però, come abbiamo visto adesso del PPR che diventa PPS, non diventi un ennesimo PPC che significa per quanto riguarda le due P presa per, la C per rispetto di quest'Aula la lascio alla sua fantasia.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, mi sembra importante la discussione di oggi anche perché si sta entrando nel vivo di una pacata e serena analisi del tema; tema, come abbiamo detto, importantissimo che ha coinvolto quasi tutta la popolazione dell'isola proprio perché, possiamo dire, è un tema che peraltro affascina.

Da tanto tempo la Sardegna rincorre la chimera della zona franca, un istituto che però deve essere gestito con grande attenzione non foss'altro perché le esperienze di altre aree debbono indurre a riflettere. Infatti oltre ai benefici, di cui tutti ormai conosciamo e parliamo, non ripeterò le stesse cose, la gestione della zona franca integrale alla Sardegna va tenuta sotto grande osservazione per due aspetti che presentano grande difficoltà e richiedono grande attenzione.

Il primo aspetto è relativo alla condizione del lavoro dei dipendenti, in quanto stiamo parlando di aree non soggette a normative statali visto che siamo fuori dagli ambiti doganali; l'altro aspetto molto delicato se non correttamente gestito è che noi rischiamo, così come è avvenuto in altri ambiti internazionali, che queste aree si tramutino in aree di illegalità, e credo che non sia nostro interesse che ciò avvenga. Ecco perché dico che sia l'idea della zona franca che l'uso del termine devono essere usati con delicatezza.

Io in Commissione, insieme ad altri, mi sono astenuto proprio facendo tesoro dell'approvazione all'unanimità avvenuta nei giorni precedenti, peraltro con il parere favorevole del CAL. Presidente, io capisco che, non potendo sottrarsi alle pressioni dei comitati, i cui rappresentanti in quei giorni stazionavano sotto il palazzo, lei abbia fatto suo un emendamento che era già stato portato all'attenzione in Commissione, che noi avevamo valutato con la dovuta attenzione e reputato di non accoglierlo, tant'è che quella pacata discussione ci portò al testo di legge approvato all'unanimità.

Ebbene, io nel verificare in Commissione che il testo di legge approvato all'unanimità è stato di fatto stravolto, mi sono astenuto proprio perché sostenevo quello che oggi si sostiene anche in quest'Aula, e mi fa piacere che se ne prenda atto, che equiparare la Sardegna a Livigno e a Campione d'Italia non era sostenibile nelle aule parlamentari perché, come abbiamo detto, stiamo parlando di comuni, non di intere regioni. La Regione sarda ha una posizione importantissima che forse potrebbe essere paragonata a quella delle Canarie che sono delle isole, per quanto situate nell'oceano (noi non siamo nell'oceano, ma siamo sempre un'isola), ma i numeri ci avvicinano: le Canarie hanno 2 milioni di abitanti, la Sardegna 1 milione e 600 mila. Potremmo quindi al limite richiamarci più che accostarci all'esperienza italiana che, ripeto, può essere riduttiva e di difficile sostegno anche in Parlamento.

Io sono convinto che, continuando questa discussione attenta, quest'Aula riuscirà a esitare la proposta di legge della zona franca all'unanimità, ne sono certo, si tratta di non contrapporci in termini schematici, così come è avvenuto in Commissione, ma ragionare in termini costruttivi perché poi se la battaglia deve essere sostenuta di fronte al Parlamento è chiaro che la Sardegna non può andare disunita. Può anche ribadire esperienze che ci sono in Europa e che possono essere similari per certi versi, non fosse altro perché le Canarie hanno impostato la loro zona franca sull'aspetto prettamente turistico, che a noi interessa anche se diciamo che altrettanto interesse ce l'abbiamo per quanto riguarda le attività economiche e produttive.

La Regione autonoma della Sardegna ha già i famosi otto punti franchi assegnati per Statuto, io direi che nelle more della rivendicazione più generale della zona franca integrale questi devono essere portati comunque avanti, anche perché a seguito di questa disposizione statutaria, dobbiamo solo attuarla, la Commissione con la risoluzione numero 42 praticamente invitò la Giunta a dare attuazione a questi porti franchi e nell'occasione chiese che a questi porti franchi fossero aggiunti gli entroterra, quindi tutte le zone industriali e artigianali all'interno dei 120 chilometri verso i porti franchi che avevamo individuato.

Ecco io dico, nelle more della rivendicazione più generale, di portarci a casa almeno questo risultato: l'attuazione dei punti franchi che nessuno ci può contestare. A mio avviso la Giunta deve procedere in questa direzione perché l'altro percorso sembra un percorso difficile al quale dobbiamo tendere, certamente, però nel contempo cominciando a creare le condizioni per una buona zona franca con otto punti franchi; oltretutto estendere questa zona fino a comprendere i 120 chilometri comporterebbe che ci rientrerebbe quasi l'intera Sardegna, quindi basterebbe al limite per quelle aree non interessate ampliare le zone franche urbane che già esistono e che in alcune zone cominciano a funzionare.

Questo iter, ripeto, nelle more della rivendicazione più alta della zona franca integrale che, sicuramente, non ci faranno passare come se nulla fosse, ma che dobbiamo conquistare, dobbiamo chiaramente rivendicare pienamente. Però, attenzione, all'idea illusoria che noi si possa risolvere tutti i nostri problemi con l'istituzione della zona franca; è uno strumento importante, interessante, utile ma che va governato proprio per evitare le disfunzioni che si sono verificate in altre aree. Non lo dico io ma molti economisti lo rilevano parlando dell'Irlanda, per esempio, tenuto conto che il beneficio della zona franca non è eterno ma dura dai 5, 10, 15 anni quindi noi dobbiamo essere in grado.

STOCHINO (P.d.L.) Quella urbana dura 10-15 anni!

AGUS (P.D.). No, anche le altre zone franche non durano in eterno. Alle Canarie l'hanno istituita nel 2000 ed è stata rinnovata fino al 2016 per concessione della Comunità europea. Quindi non dura in eterno, attenzione! Può essere prevista nello Statuto come nel caso della Valle d'Aosta, che ha la zona franca extradoganale, però non la adotta, perché? Perché, diceva qualcuno, bisogna pagarsi i servizi, e i servizi li dobbiamo pagare solo ed esclusivamente se non usciamo dall'ambito dello Stato; ossia, se noi evitiamo l'Iva che, chiaramente, nel nostro caso ci paga una buona parte dei servizi sanitari, lo Stato se noi saremo appunto zona franca non credo parteciperà al pagamento delle spese. Faccio l'esempio della sanità, perché una partecipazione dello Stato può essere considerata aiuto di Stato, quindi non ammissibile.

Il tema è interessante, è sicuramente utile alla Sardegna, ma ritengo vada gestito con la massima attenzione, con la massima partecipazione; noi infatti c'eravamo astenuti proprio perché intendevamo chiedere, non so se oggi il Presidente ci darà eventualmente delle comunicazioni, se è stata fatta da parte della Giunta un'analisi dei costi e dei benefici, un piano di attuazione, delle previsioni su che cosa possa succedere in Sardegna con la zona franca.

Questo era nelle cose anche perché il popolo sardo ritengo abbia necessità di conoscere quali sono le prospettive possibili con la zona franca e quali gli elementi da evitare. Voglio ricordare, come ho detto prima, che nell'industria di trasformazione già nei punti franchi, ma anche nella zona franca, i posti di lavoro non sono riservati esclusivamente ai sardi, ma chiunque può venire a lavorare su punti franchi anche in Sardegna. Quindi possiamo governare tutti questi aspetti?

E' possibile, come è avvenuto in altri campi, che le imprese che si localizzano nella zona franca abbiano necessariamente un partner, sardo in questo caso, al 50 per cento o comunque che vi sia una partecipazione degli imprenditori sardi alle iniziative? Questi sono aspetti importanti che noi dobbiamo curare, altrimenti rischiamo di avere un'industrializzazione turistica e industriale che creerà sicuramente occupazione ma, ripeto, occorrerà gestirla perché non è a tempo indefinito.

Quindi in quel tempo in cui la Sardegna adotta questi benefici devono essere contemplati quegli aspetti di risoluzione finale per evitare il verificarsi di situazioni come quelle successe in Irlanda dove, nonostante la grande presenza industriale che ha creato sicuramente benessere e occupazione, oggi si sta procedendo a delocalizzare perché non è stato previsto un piano di rientro alla normalità nel momento in cui non ci sarebbero più state queste agevolazioni.

All'Irlanda rimarranno le macerie: zone industriali abbandonate, forse anche zone industriali inquinate; questo non ci deve spaventare ma ci deve tenere desti perché davvero possiamo governare uno strumento importante di sviluppo economico e di beneficio per la nostra comunità, ma tenendo presente la nostra autonomia e la nostra capacità di governare il sistema altrimenti, come sempre abbiamo detto, la nostra autonomia poi viene vanificata dall'intrusione di altre situazioni che non riusciamo a governare. Questo deve essere uno dei principi che ci deve muovere in questa azione.

Io non credo che all'interno di quest'Aula ci sia qualcuno così contrario per sua natura alla zona franca. Capiamo benissimo, lo diciamo e lo ripetiamo, che è uno strumento, al quale va affiancata una programmazione dello sviluppo della Sardegna che non può prescindere dallo sviluppo delle nostre risorse naturali quali gli ambiti agricoli, l'agricoltura, dalla quale discende l'industria di trasformazione grazie alla quale potremmo anche esportare produzioni tipiche della nostra terra. Produzioni che già, in un certo qual modo, ci sono richieste, e che ancora non siamo sufficientemente capaci di produrre.

Ci sono chiaramente altre ricchezze, una ricchezza culturale che nessuno ci può prendere, che siamo noi a dover governare; anche perché, come ho detto altre volte, non siamo sicuramente indietro rispetto ad altre culture, come quelle greche, romane o egizie. Il nostro mondo nuragico, per fare un esempio, è unico nell'universo culturale e, forse, non gli abbiamo dato tutta la nostra attenzione perché potesse essere un altro elemento di ricchezza delle comunità sarde.

Ripeto, lavoriamo con serenità, senza contrapposizioni, troviamo la forma perché questa proposta di legge possa essere accolta da tutti, così come è accaduto per la prima stesura approvata in Commissione all'unanimità. In quella proposta si capovolgeva la concezione per cui oggi siamo Stato-Regione, cioè dipendiamo dallo Stato, perché dobbiamo chiedere allo Stato quanto ci deve trasferire, domani sarebbe stata la Regione a stabilire, anche con la costituzione dell'ufficio delle entrate che cosa trasferire allo Stato. Peraltro una norma popolare depositata ma non ancora realizzata, prevede appunto che la Sardegna incameri tutte le tasse, tutti i benefici di legge e poi discuta con lo Stato che cosa eventualmente trasferirgli. Forse siamo ancora in tempo perché questo possa avvenire trovando l'unanimità all'interno di quest'Aula. Una unanimità che è sicuramente importante e fondamentale se vogliamo davvero poi combattere con forza e con determinazione le resistenze che troveremo sicuramente nel Parlamento italiano.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Presidente, colleghi, questo dovrebbe essere, almeno negli auspici, però vedendo la partecipazione purtroppo mi sa che stiamo perdendo ancora una volta un'occasione, un momento molto importante che meriterebbe nella discussione anche un atteggiamento diverso, un atteggiamento più responsabile, di ascolto, di collaborazione e non tutta la confusione che c'è stata con delibere, viaggi a Roma, viaggi a Bruxelles, annunci, proclami, lettere. L'argomento meritava sicuramente un atteggiamento diverso, e non un clima da guelfi e ghibellini. Non c'è nessuno che non aspiri a stare meglio di come si sta. Non è possibile che ci sia qualcuno che non aspiri a stare meglio, quindi non c'è chi è pregiudizialmente da una parte e chi è pregiudizialmente dall'altra parte della barricata, perché barricate non ce ne sono.

Questo argomento, lo ribadisco, avrebbe meritato nei mesi scorsi, negli ultimi mesi, un atteggiamento diverso. Questo atteggiamento però possiamo recuperarlo, non è detta l'ultima parola, anche in Aula in questo dibattito. L'istituzione della zona franca è infatti un'aspirazione storica dei sardi che trae origine (ne parlava prima nel suo intervento il segretario del P.S.d'Az., l'onorevole Sanna) dalla nostra tradizione autonomistica, un'aspirazione ad avere una sovranità che è declinata dal punto di vista fiscale. Ed era negli auspici di utilizzare la leva fiscale anche per compensare, tra le altre cose, gli svantaggi dell'insularità.

Una leva fiscale che verrebbe utilizzata quindi per accrescere la ricchezza, per accrescere il Pil compensando i costi maggiori che i sardi sostengono a causa dello stato di insularità. Una leva fiscale che servirebbe, negli auspici, a ristorare i disagi dell'insularità e ci consentirebbe di metterci alla stessa velocità delle altre Regioni del nostro Paese. Di conseguenza noi, in questo dibattito, penso che dovremmo chiederci se questo articolato, quello che abbiamo all'attenzione, è utile a soddisfare queste aspettative, senza dietrologia e senza pensare al punto da cui siamo partiti.

Noi dovremmo chiederci se questa modifica dello Statuto ci aiuterà a superare i deficit infrastrutturali; se aiuterà le imprese a uscire dalla crisi; se ci aiuterà a compensare gli svantaggi dell'insularità. Io mi chiedo anche, se noi siamo in uno Stato unitario, se c'è nella nostra Costituzione, permeata da questo principio, il principio della solidarietà, chi si deve fare carico di questi costi? Chi deve sopportare questi costi da affrontare per rimetterci alla stessa velocità delle altre Regioni? Io penso che lo spirito autonomistico non possa spingersi al punto da essere autolesionisti.

Se tra le nostre entrate è prevista la compartecipazione dell'Iva, che cosa succede se noi per esempio aboliamo l'Iva? Sarà lo Stato a doverci questi 2 miliardi che ci vengono a mancare? Se è così io sono d'accordo, perché quella è un'imposta statale non è una nostra imposta. Oppure dovremmo essere noi in questo caso a rendere allo Stato quel 10 per cento, 200 milioni, che è di sua competenza? Io sto solo ponendo delle domande per arrivare poi al ragionamento finale.

Alfano in quella sceneggiata che è stata messa a punto, e portata sui giornali dal nostro novello Don Chisciotte che ha trovato nei palazzi romani i suoi mulini a vento, è stato serio, è stato chiaro anche in quella sceneggiata, ha detto che la zona franca ci può essere, secondo il suo punto di vista, però, senza oneri a carico dello Stato. Attenzione, non ha detto che si fa, non fatevi ingannare da questo Don Chisciotte che è seduto lì, è un'altra cosa. Lui ha detto "senza oneri a carico dello Stato". Noi siamo d'accordo su questa ipotesi?

Chiediamocelo, ragioniamo su questo. Se siamo d'accordo, se siete d'accordo con Alfano ditelo voi.

PITTALIS (P.d.L.). Se non siete d'accordo sulla zona franca ditelo!

CUCCU (P.D.). Dopo ti dico che cosa penso della zona franca! Ditelo voi se siete d'accordo con Alfano, ce lo potete dire se siete d'accordo con Alfano.

(Interruzione del consigliere Pittalis)

CUCCU (P.D.). E cosa vi ha voluto dire Alfano, perché l'ha detto a voi non a noi, con questo discorso: "Cari sardi, volete rinunciare a queste quote di compartecipazione, fate pure, noi non ci metteremo un centesimo, e siccome un decimo dell'Iva è dello Stato, senza oneri a carico dello Stato vuol dire che se autonomamente decidete di togliere l'Iva quel 10 per cento ce lo dovete ridare, perché è nel nostro bilancio". Questo vi ha detto Alfano! E l'avete raccontata, l'avete scritta, l'avete fatta passare come una grande conquista.

Allora per parlare di zona franca bisogna essere chiari, oltre che seri, perché se vogliamo inserire il ragionamento all'interno di una rinegoziazione con lo Stato della nostra autonomia non ci siamo! Autonomia intesa come diritti e non come privilegi, ovviamente. Diritti che, come molti hanno detto nel corso di questo dibattito, sono attuali oggi come lo erano sessant'anni fa, diritti che per noi ci sono ancora. Io ritengo pertanto che possiamo inserire in questo ragionamento anche il tema della fiscalità.

I temi della fiscalità devono far parte di una rinnovata, per dirla con le parole di Paolo Dettori, "politica contestativa" nei confronti dello Stato, che non è la politica cialtronesca che abbiamo visto in questi ultimi anni, è un'altra cosa. La politica contestativa non è la farsa del PPR a cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni, non è la farsa sull'IRAP: prima si dice "no" poi si dice "sì" poi pare che si recuperi per i capelli. Non è la farsa della continuità territoriale, ma sono solo alcuni esempi. La politica contestativa vuol dire mettere nell'agenda dei rapporti con lo Stato quello che serve alla Sardegna non quello che è funzionale alla campagna elettorale di un Presidente, ormai screditato, che cerca di nascondere in questo modo il fallimento di cinque anni.

Non serve alla nostra Isola e non fa bene nemmeno che la battaglia per la zona franca venga condotta in questa maniera, non fa bene una politica cialtronesca su un argomento così serio.

(Interruzione del consigliere Pittalis)

CUCCU (P.D.). Onorevole Pittalis…

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis…

CUCCU (P.D.). Onorevole Pittalis, la politica cialtronesca…

(Interruzione del consigliere Pittalis)

CUCCU (P.D.). Onorevole Pittalis, la politica cialtronesca non sempre è fatta da cialtroni. Però la politica è cialtronesca…

(Interruzione del consigliere Pittalis)

CUCCU (P.D.). Io sto rispettando più di quanto molti non rispettino questa Isola. Perché una politica seria fa un ragionamento sui numeri e ci dice dove ci sta portando; ci dice se l'incremento dei consumi è ciò che ci serve, perché l'abbattimento dell'IVA porta a questo. Perché se l'incremento dei consumi è quello che serve a incrementare il PIL noi siamo d'accordo, io sono d'accordo.

Qualche riserva però c'è, perché ci si chiede qual è la percentuale dei prodotti locali rispetto a quelli che consumiamo nella nostra Isola, che cosa rimane dell'aumento del PIL nella nostra Isola e quanto se ne va da altre parti. L'abbattimento dell'IVA dà un'illusione momentanea, momentanea e qui non rimane granché perché i beni non sono prodotti in loco, l'incremento del PIL andrà fuori dall'isola e non produrrà nemmeno quel circolo vizioso che tutti auspichiamo.

All'Isola serve lavoro, serve sbloccare gli investimenti, allora perché non puntiamo alla zona franca sul lavoro, alla zona franca sul Patto di stabilità, perché non implementiamo gli strumenti come l'IRAP per ridurre il cuneo fiscale? A fronte di un credito che vantiamo nei confronti dello Stato per le entrate che non sono state ancora trasferite potremmo, ad esempio, chiedere l'allentamento del Patto di stabilità e finalizzare quelle risorse agli investimenti così da dare impulso all'edilizia che è il settore in questo momento più sofferente.

La nuova politica contestativa, a mio avviso, al contrario di quella che abbiamo visto in questi mesi, che voi non volete sentire definire cialtronesca, definitela come volete, pretende collegamenti sicuri con il continente, una rete ferroviaria e stradale efficiente, una dotazione energetica moderna e a costi sostenibili, una politica che deve consentire e deve tendere ad abbattere barriere economiche che stanno diventando, queste sì, soffocanti.

Noi pertanto siamo per una riscrittura dell'articolo 12; ma non mi sembra, non ci sembra che la riscrittura dell'articolo 12, così come l'avete portato in Aula, sia rispondente alle esigenze di cui ho detto. Io non penso che la soluzione sarà quella di metterci fuori dalla linea doganale. La zona franca per definizione è dentro la linea doganale, è per definizione così, perché allora scrivere questa norma? E poi io non penso che noi possiamo mortificare la nostra autonomia con il secondo comma dell'articolo 12.

C'è una mortificazione della nostra autonomia in questo secondo comma, colleghi, che se non ci fosse in gioco la credibilità e il futuro dei sardi noi potremmo anche farlo approvare in questa veste senza dire nulla, senza intervenire, lasciandovelo votare. Sarebbe la degna conclusione di questa legislatura che è la peggiore sicuramente della storia dell'autonomia: sarebbe la vostra ciliegina sulla torta; ma se lo facessimo approvare così, senza dire nulla, faremmo un danno ai sardi e ci riderebbe dietro tutta l'Italia.

Abbiamo sempre avuto l'ambizione di avere una nostra autonomia più "spinta", qualcuno ha ipotizzato in alcuni momenti perfino sul modello della Catalogna. Noi abbiamo l'orgoglio della nostra sardità, della nostra specificità e invece vogliamo mortificare questo orgoglio, questa nostra storia con questo comma 2 dell'articolo che stiamo scrivendo, vogliamo essere assimilati a Livigno e a Campione d'Italia. Suvvia, colleghi, la Sardegna ha una sua storia, una specialità riconosciuta dalla Costituzione e invece noi vogliamo addirittura chiedere con invidia di essere assimilati a un comune di 6 mila abitanti.

Ma allora io faccio chiedere al Comune di Sardara, il comune dove abito, così alleggeriamo la spesa, la possiamo controllare, ci alleggeriamo il carrello della spesa facciamo bene il pieno della macchina ma intanto all'ospedale noi andiamo a San Gavino e qualcuno ce lo pagherà, a scuola andiamo a Sanluri e qualcuno ce la pagherà, i carabinieri ce li paga lo Stato. L'autonomia richiede visione e responsabilità non richiede superficialità nello scrivere queste disposizioni.

Noi siamo quindi per continuare a ragionare assieme su come scrivere l'articolo 12 e anche l'articolo 10, poi ci torneremo; c'è un testo che aveva trovato delle convergenze in Commissione e sul quale mi pare ci sia anche qualche emendamento, rispolveriamo questo testo e proviamo a ragionarci, torniamo in Commissione perché delle modifiche così significative (e c'è bisogno di apportare modifiche significative), colleghi, così non si può approvare, meritano un approfondimento in Commissione. Perché altrimenti si fa confusione; prima si approva un testo (quello licenziato all'unanimità dalla Commissione), poi se ne porta un altro, adesso pare che si voglia rivederlo.

Noi, dicevo, siamo disponibili ma non siamo disponibili a stare da una parte della barricata piuttosto che da un'altra, siamo disponibili a ragionare nel merito delle cose e nel merito delle cose si può ragionare in Aula, quindi questo dibattito in Aula è utile per far affermare a tutti pubblicamente da che parte stiamo. Noi siamo per una modifica dell'articolo 12 che consenta alla Sardegna la zona franca che vogliamo e che ci serve, non quella che non possiamo avere o quella che ci fa danni. Quella che non possiamo avere fa ancora più danno perché crea aspettative che non possiamo soddisfare, e noi non possiamo permettere questo.

In questo modo non risolviamo alcun problema anzi ne creiamo, la zona franca che possiamo fare è quella che stava emergendo in quel testo della Commissione e che secondo me può riemergere perché sono stati presentati degli emendamenti. Noi votiamo quel testo dell'articolo 12, e votiamo anche, ho visto che ci sono degli emendamenti, la modifica dell'articolo 10 che ci consente di fare quello che abbiamo provato a fare con l'IRAP: noi abbiamo una parte delle risorse che incameriamo dalle imprese che è improduttiva perché non riusciamo a spenderla, la lasciamo nella disponibilità delle imprese; quindi incominciamo noi ad abbattere il cuneo fiscale, a ridurlo, quindi noi siamo disponibili anche a una riscrittura dell'articolo 10 in quella direzione, non siamo più disponibili a fare propaganda, questo no.

Io penso che il dibattito di questa Aula ci può consentire di tornare su questo terreno, abbandonare le velleità, abbandonare la propaganda e tornare invece ai ragionamenti che ci possono portare a un risultato che anch'io auspico unitario, perché solamente se parliamo con un'unica voce possiamo essere credibili e avere la possibilità di essere ascoltati, se parliamo a più voci non veniamo sicuramente ascoltati e non siamo nemmeno credibili.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Presidente, ritengo che per la maggioranza l'istituzione della zona franca integrale non sia un obiettivo velleitario ma, anzi, sia finalmente alla nostra portata, e un evento storico per noi sardi. Senza voler limitare la discussione, il dibattito, il confronto, e ci mancherebbe altro, però anche i colleghi del centrosinistra avranno notato che da parte nostra non stiamo intervenendo, e non perché non abbiamo nulla da dire, ma perché vorremmo davvero che alle parole, qualche volta, si sostituisse la realizzazione concreta, la traduzione in legge di questa proposta che una grande attesa ha suscitato nella nostra popolazione.

Presidente, in primo luogo nessuno pensi che la legge possa tornare in Commissione, perché noi non ci stiamo, l'ha detto molto bene il collega Steri; e mi permetto anche di osservare che non possiamo pensare di continuare l'esame di questa proposta di legge a intermittenza. Quindi questo provvedimento di legge deve essere esitato quanto prima, e se non entro la giornata odierna, come è nelle cose, ma nei prossimi giorni, Presidente, noi chiediamo che si vada anche in seduta notturna.

Non possiamo infatti assolutamente assistere inermi a una discussione, che non ha mai fine, su un provvedimento sul quale avremmo voluto confrontarci nel merito invece di assistere a una sequela di insulti, di improperi nei confronti o del Presidente, o di chissà chi, anche fuori da quest'Aula, ha promosso questa battaglia. Questo non è il metodo del confronto, lo dico serenamente, cari colleghi, perché avremmo voluto un confronto davvero sul merito.

Quindi, mi pare che ci sia materia sulla quale confrontarsi, gli emendamenti, l'approvazione di ogni singolo articolo, e in quella sede diremo anche la nostra, ma, siccome mi pare che si stiano dilatando così tanto i tempi per cui, secondo il vostro criterio, non si dovrebbe approvare neanche questa settimana, Presidente, io chiedo che si organizzino i lavori d'Aula in maniera tale che venga esitata quanto prima, possibilmente entro la giornata di domani decidendo anche sulla seduta notturna.

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, questa legge non viene esaminata da questo Consiglio a intermittenza. Come lei ben sa, la discussione generale è stata sospesa la settimana scorsa essendo stata posta dalla Giunta un'esigenza inderogabile legata a delle scadenze per l'assestamento di bilancio, per cui unanimemente si è deciso di sospendere l'esame soltanto per una seduta, rinviandolo a oggi con l'impegno che il Consiglio andrà avanti tutta la settimana fintanto che la legge non verrà esitata.

Per quanto riguarda la discussione generale si sono tenuti due interventi la settimana scorsa, è ripresa questo pomeriggio, sono i tempi normali di un dibattito. Quindi, onorevole Pittalis, può stare tranquillo sul fatto che il Consiglio non andrà avanti con delle sospensioni, ma procederà fino all'approvazione della proposta di legge.

Continuazione e fine della discussione generale della proposta di legge nazionale Sanna Giacomo - Dessì - Planetta - Solinas Christian - Artizzu: "Istituzione di un regime di zona franca fiscale e doganale integrale nel territorio della Regione autonoma della Sardegna" (22/A/NAZ)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (Gruppo Misto). Presidente, la presa di posizione del collega Pittalis, testé espressa, è francamente incomprensibile, a meno che non rappresenti quello che gli è "scappato di bocca" prima, quando ha detto: "Ci vedremo nelle piazze".

PITTALIS (P.d.L.). Sente quello che le va di sentire.

SALIS (Gruppo Misto). … L'ha detto, onorevole Pittalis, l'ho sentita io e l'hanno sentita anche altri, quando lei ha interrotto l'onorevole Cuccu dicendo: "Se non volete la legge ditelo e ci vedremo nelle piazze"; testuali parole sue. Allora, questa "voce dal sen fuggita", è sintomo del tentativo di parlare solamente di slogan, di titoli: "Zona franca integrale per tutta la Sardegna". Io ho la necessità, e con me molti altri consiglieri regionali e molti altri cittadini sardi, di capire esattamente di che cosa stiamo parlando.

Io mi permetto di richiamare l'Aula alla prudenza e al senso di responsabilità, perché stiamo ragionando su un tema molto delicato e molto importante; evitiamo i sovvertimenti dei regolamenti, le accelerazioni, e soffermiamoci sui problemi, perché problemi, vivaddio, ce ne sono; addirittura il Comitato per la zona franca ha posto il problema di una verifica più precisa di quello che stiamo approvando. La fretta è cattivissima consigliera, cattivissima consigliera! Soprattutto quando in Commissione, invece che confermare l'unanimità dell'approvazione della risoluzione della prima Commissione del 2010, discutere e approvare senza trasformarla, la proposta di legge che unanimemente la prima Commissione aveva approvato, si è voluto, in maniera furbesca, introdurre degli elementi che, avendo peggiorato notevolmente il testo, ne faciliteranno l'impugnativa e indeboliranno la nostra azione per una fiscalità di vantaggio seria per la Sardegna.

Presidente Cappellacci, io saluto la sua presenza oggi in quest'Aula, perché a me interessa particolarmente capire qual è la posizione del Presidente dei sardi su questo tema fondamentale. Io le ho scritto una lettera dicendo che non avrei partecipato né a riunioni, né a manifestazioni a Roma, in via Lucullo o dintorni su queste cose, e le chiedevo di venire in Aula a discutere di questi temi, perché questo è il Parlamento dei sardi, qui bisogna discutere su una questione che può diventare non dico determinante, perché non possiamo illudere nessuno, ma può essere importante per facilitare l'uscita dalla crisi devastante in cui si dibatte la nostra Isola.

E quando noi diciamo, collega Pittalis, ed è stato detto da vari esponenti del centrosinistra, che il comma 2 dell'articolo 1 è un qualcosa di aberrante, addirittura un passo indietro rispetto all'elaborazione che abbiamo già fatto, e chiediamo di cancellarlo e di rivederlo, non stiamo perdendo tempo, perché quando il collega Giacomo Sanna dice che la Sardegna non è Livigno, non lo dice e non lo diciamo per fare propaganda, ma perché è così: non possiamo mettere sullo stesso piano la rivendicazione della Sardegna con quanto ottenuto da un comune di 5400 abitanti ufficiali, che poi diventano 2500 residenti, perché è chiaro che c'è l'ingolfamento di Livigno come città turistica e anche le residenze turistiche diventano prima casa per varie ragioni.

Sempre al comma 2 dell'articolo 1 si parla anche di Campione d'Italia. Io vorrei ricordare che Campione d'Italia è uno dei comuni in dissesto che ha chiesto l'aiuto dello Stato ed è stato salvato, il Comune di Campione d'Italia, zona franca, dalla legge "salva-Napoli", insieme a tanti altri comuni. Allora la zona franca non è assolutamente la soluzione di tutti i mali, e non è in sé ragione principale di sviluppo. Io ho degli amici a Madesimo, un comune sempre in provincia di Sondrio e in una zona vicinissima al comune di Livigno.

Bene, Madesimo ha la stessa ricchezza di Livigno, pur non essendo zona franca, perché entrambi questi paesi, fortunatamente, godono di situazioni favorevoli dal punto di vista ambientale e quindi turistico. E' il caso dei comuni, per esempio, di Villasimius e Pula in provincia di Cagliari. L'ambiente ha dato una fortuna incredibile a questi comuni e si avvantaggiano di questo! Livigno usufruisce di esenzioni doganali dal 1538, è il secondo comune più alto d'Italia, fino a dieci anni fa in inverno per quattro mesi era isolato, e vogliamo fare il raffronto con la Sardegna?

Un altro termine di paragone è la Valle d'Aosta. E' stato detto, ma io lo voglio richiamare, che i valdostani sono gente tosta come noi, gente intelligente. Ci sarà pure qualche ragione se non hanno attivato, per quanto già prevista nel loro Statuto, la zona franca e invece hanno preferito la compartecipazione alle entrate. Ma loro, diversamente da quello che abbiamo fatto noi negli ultimi trent'anni di governo della Regione, sono stati più attenti alle entrate che non alla spesa.

Assessore Zedda, verifichi la curva delle entrate delle cinque Regioni a Statuto speciale; lei le ha viste nel DAPEF e ce le ha fatte vedere: c'è una differenza abissale. Perché? Perché noi, invece che preoccuparci ossessivamente dell'articolo 10 e dell'articolo 12, dovremmo preoccuparci dell'articolo 8 relativo alle entrate che ci spettano e che non ci vengono date! Questo è il fronte su cui avremmo dovuto, e dovremmo, incidere di più, infatti, se avessimo ottenuto risultati positivi su quel fronte - assessore Zedda, mi rivolgo a lei visto che il Presidente non c'è - sicuramente l'operazione sull'IRAP, che adesso cercheremo di risolvere modificando l'articolo 10 in maniera chiara e precisa in modo da recuperare la nostra autonomia, avremmo potuto probabilmente definirla da subito per quel che riguarda la quota della Sardegna. Questo è un obiettivo: abbattere la tassazione sul lavoro, perché è il lavoro che manca in Sardegna e il lavoro non viene creato da esenzioni fiscali perché purtroppo anche la congiuntura internazionale è quella che è.

Ieri abbiamo assistito allo scontro tra l'Istat e il Ministro delle finanze, Saccomanni, che è entrato in polemica con l'Istat perché l'Istat, giustamente dal suo punto di vista, ha fatto rilevare che il tasso di sviluppo per il 2013 e il 2014 previsto dal Governo non sarà raggiunto, i tassi di crescita saranno ancora bassi per l'Italia, e quindi le possibilità di sviluppo saranno ancora più basse. Nel 2015, assessore Zedda, entrerà in vigore il fiscal compact, nessuno ne parla. E' stata modificata la Costituzione, in maniera nascosta, senza che nessuno, neanche i giornali e la grande stampa, ne parlasse. Ma lo Stato italiano dovrà pagare altri 40 miliardi, quindi le possibilità di sviluppo sono legate alla nostra capacità vera di dare sostegno al lavoro, alle imprese e ai lavoratori.

Collega Pittalis, facciamo allora un ragionamento su questi elementi, perché quando l'Assessore del bilancio della Regione autonoma della Sardegna dice che quest'anno al bilancio della Regione mancheranno, a causa dei tagli operati dallo Stato e della crisi dell'economia, 400 milioni di euro, qualcuno mi deve spiegare (quindici anni di esperienza da sindaco sulle spalle mi hanno reso concreto), lei mi deve spiegare, se avessimo domani la zona franca, come riuscirebbe lei - non io, lei! - a chiudere il bilancio della Sardegna, a garantire i servizi alle persone che ne hanno più bisogno a fronte del mancato introito di un il miliardo e 600 o 800 milioni, o quanto è, dell'IVA.

In questa situazione chi ha bisogno dello Stato non sono i turisti che vanno a Livigno, a Villasimius o a Pula, il turismo ricco, ma sono i poveracci, quelli che hanno di meno, che hanno bisogno dello Stato e sono garantiti dal bilancio delle amministrazioni pubbliche, e il rischio è che piano piano -è quello che sta facendo il Governo delle larghe intese a Roma - si stiano salvaguardando i dati macroeconomici del Governo nazionale e scaricando tutto il peso dei tagli sugli enti locali e sulle regioni, in maniera nascosta, furba, in maniera crudele per quel che riguarda le comunità locali. Si stanno tagliando gradualmente, sensibilmente, le risorse per i comuni e per le regioni, che poi sono quelli che devono dare risposta immediata alla crisi delle persone in carne e ossa.

Ecco perché io chiedo che si possa tornare allo spirito della risoluzione della prima Commissione e della proposta di legge approvata all'unanimità in Commissione, che si torni a quello spirito, che si levino gli orpelli di carattere propagandistico. Non siamo nel momento degli effetti speciali, non abbiamo bisogno di effetti speciali! Abbiamo bisogno di serietà, di senso di responsabilità e di utilizzare tutti gli strumenti che ci possano consentire di dare una risposta ai sardi, ai tanti sardi che mattina, sera e anche di notte assediano questo Palazzo perché chiedono giustamente risposte.

Riprendiamo il ragionamento sul testo di legge. Io non ho difficoltà a dire che l'esame degli emendamenti lo possiamo fare in Aula, ci sono degli emendamenti, ne possiamo presentare altri, può essere stilato qualche emendamento all'emendamento, possiamo fare di tutto, ma nessuno mi può nascondere il fatto che in Commissione, in questo caso nella Commissione autonomia, la riflessione sia più semplice, sia più facile e anche più veloce al fine di rivedere gli elementi di novità che sono stati erroneamente inseriti, al fine di rimuovere gli elementi che appesantiscono la legge rendendola facilmente attaccabile da chi la vuole bloccare.

Attenzione, nel progettare che la Sardegna possa diventare zona franca integrale non crediate che siano tutti pronti a stendere tappeti rossi di fronte al nostro incedere trionfale, perché ci saranno tali e tante di quelle resistenze che avremo bisogno di una battaglia dura, di una battaglia lunga. L'esperienza dell'articolo 8 relativo alle entrate qualcosa ce l'avrebbe pur dovuta insegnare; abbiamo infatti considerato conclusa questa vertenza nel 2007 e nel 2008, in una legge dello Stato c'è scritto che dal 2010 le entrate della Sardegna sarebbero entrate a regime, ma il Governo, voi i complici ha trovato il trucchetto delle norme di attuazione e ci ha "fregato", nonostante una legge dello Stato disponesse chiaramente, lo ripeto, che dal 2010 quelle entrate sarebbero state dei sardi.

Figuriamoci una battaglia come quella della zona franca! La vinciamo sventolando bandiere? Assolutamente no. La vinciamo con la serietà, con la definizione di una legge che sia inattaccabile su tutti i punti di vista, inattaccabile sotto tutti i punti di vista! Soprattutto con una legge moderna perché io non me la sento di pensare la zona franca come veniva pensata venticinque anni fa nella prima stesura legislativa: sono cambiati gli elementi, è cambiato il mondo, è cambiato tutto! E' cambiato tutto!

L'ultima considerazione che propongo ai colleghi è questa. Siccome stiamo per cominciare a definire i progetti per la prossima legislatura, parlo di progetti, non parlo di campagna elettorale, io tra questi inserirei una riflessione seria sull'articolo 9 dello Statuto. All'articolo 9, che parla della potestà della Sardegna di poter riscuotere autonomamente le proprie entrate. è scritto chiaramente,: "La Regione può affidare agli organi dello Stato l'accertamento e la riscossione dei propri tributi"; ed è quello che è stato fatto, è una potestà della Regione che può affidarla allo Stato. Perché non può essere una battaglia di un nuovo autonomismo, di una nuova sovranità, la battaglia di poter riscuotere, così come già dice lo Statuto (non dobbiamo modificare niente) autonomamente in Sardegna le entrate?

Questo è un elemento ulteriore di riflessione che noi poniamo. Io penso che sia un elemento anch'esso importante, peraltro sul tema è stata presentata e giace in Consiglio regionale attendendo di essere esaminata una proposta di legge popolare. Quindi, è un corpo di argomentazioni così importanti che non può essere affrontato con un: "Dobbiamo fare in fretta, dobbiamo chiudere velocemente". Facciamo una riflessione seria con i comitati, con i cittadini che sono interessati a questo argomento, con quanti vogliono cimentarsi con la necessità di avere, come prodotto finale, una legge giusta e utile per la Sardegna e per i sardi.

Abbiamo, peraltro, un elemento - e concludo con questo - di unitarietà che è stato già raggiunto tra le forze politiche in Consiglio regionale sulla stesura esitata dalla prima Commissione autonomia. Io mi attesterei su questa base, sia che si discuta in Consiglio, sia che si decida di tornare in Commissione.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Presidente, oggi checché se ne dica, stiamo affrontando un tema importante, una discussione che sarebbe dovuta essere impegnativa e forse anche più partecipata, se davvero ci si crede, da parte dell'intero Consiglio. Così non è, me ne dispiace ma tant'è, non ce ne possiamo fare carico tutti. La zona franca è un "concetto" che ha il suo fascino, un fascino esercitato non solo oggi ma da tanto tempo sul popolo sardo; è un "concetto" che presenta però anche le sue contraddizioni se è vero come è vero che quanto contenuto nello Statuto ancora oggi non ha avuto una vera e propria applicazione.

Oggi, discutendo questa proposta di legge, noi possiamo parlare o di un efficace spot elettorale oppure di una vera opportunità da offrire alla nostra Isola. Diciamo che il tono e i contenuti che hanno caratterizzato le tante discussioni che ci sono state in Sardegna negli ultimi due anni mi fanno pensare di più alla prima versione. Gli spot elettorali spesso sono accattivanti, il più delle volte però sono ingannevoli, tendono a promettere cose diverse da quelle che saranno, tendono a conquistare il consenso più che a costruire delle vere soluzioni.

Io credo però che tutti voi sarete d'accordo con me sul fatto che il popolo sardo oggi non meriti di essere ingannato, tanto meno in presenza di una gravissima crisi economica che porta tutti ad aggrapparsi a qualsiasi barlume di soluzione venga messa a disposizione, ma è nostro dovere costruire soluzioni reali, concrete e durature che diano una prospettiva vera a coloro ai quali vogliamo offrire questo provvedimento di legge. Quindi soluzioni che vadano oltre l'interesse elettorale delle singole forze politiche che ci lavorano e che le fanno proprie e che rappresentino davvero una opportunità di sviluppo per l'Isola.

Nessuno, però, ancora oggi, dico nessuno di coloro che propongono questo percorso, ha il coraggio di dare le cifre esatte che questo percorso comporta, i costi, il come vi si fa fronte e a che cosa eventualmente bisogna rinunciare in attesa di tempi migliori, che certamente si è convinti che questo provvedimento potrà fare arrivare. Il problema di "chi pagherà che cosa" non è un problema che possiamo sottovalutare, non è un tema che possiamo togliere dalla discussione.

Certo, lo dicevo all'inizio, la politica sarda in tantissimi anni, da quando è stato varato lo Statuto, non ha saputo dare corso reale e concreto a quanto era già contenuto in quel documento e quindi, di fatto, un contenuto innovativo in tema di punti franchi, che era presente nello Statuto, è rimasto lettera morta. Anche alcuni passi fatti diversi anni or sono, sono stati dei timidi accenni che non hanno avuto uno sviluppo concreto. Che dire, anche la stessa legge che abbiamo approvato tre mesi fa in questo Consiglio, che prevedeva l'istituzione di una società di carattere regionale con il compito di creare le condizioni per poter istituire e gestire gli otto punti franchi previsti è ancora lì al palo, non ha trovato da parte dell'Esecutivo la necessaria attenzione per andare oltre le enunciazioni; e tali resteranno anche quelle di questa proposta di legge se non si lavora seriamente alla costruzione di un qualcosa di veramente realizzabile e di concretamente utilizzabile.

Ora stiamo pensando di andare oltre rispetto a quella legge sulla società regionale, con questa proposta di legge numero 22. Una soluzione che è arrivata in Aula dopo una discussione in Commissione che pure aveva individuato un punto di caduta, mi sembrava di capire, condiviso da gran parte della Commissione. Quel punto di caduta è stato, mi sembra ancora di capire, notevolmente stravolto facendo riferimento, col comma 2 dell'articolo 1, alla località di Livigno e ad altre; e questo può far sorridere ma fa comunque adirare, perché non si può giocare in una maniera così preoccupante con un tema così delicato.

Mi sembra di capire anche che si vuole tornare indietro rispetto a questo madornale strafalcione, ci sono in fieri degli emendamenti in merito che, seppure piccoli emendamenti per una piccola legge, sono di grandissima portata. E ha ragione il nostro Capogruppo a chiedere che per una cosa così delicata la Commissione venga reinvestita del tema affinché ne discuta. Non c'è nulla di incomprensibile in quella richiesta alla quale credo sia giusto dare corso.

In Commissione si affronti inoltre anche il tema dei costi; lo stesso Presidente questa volta partecipi ai lavori di quella Commissione e dia il suo contributo, lui che ha seguito molto, almeno apparentemente, questo tema; e dia un contributo per capire quali sono le prospettive economiche reali verso cui ci stiamo incamminando. Si abbia la forza e il coraggio di costruire una proposta semplice ma realizzabile, non c'è nessun atteggiamento pregiudiziale, negativo da parte del Partito Democratico verso questo tema, però è un tema sul quale proprio perché molto delicato non è consentito a nessuno di scherzare. E si costruisca una soluzione che sia condivisa e patrimonio di tutto l'intero Consiglio e non uno spot elettorale da brandire, ancor di più se viene respinto o ancor di più se viene approvato, da parte di pochi, al di là del risultato vero che potrà poi eventualmente produrre, per ingannare il popolo sardo, non lo merita e noi non abbiamo il diritto di farlo.

La stessa assenza della maggioranza, dell'intera maggioranza se non con qualche spunto polemico alla discussione di questa sera, mi fa pensare che non è la zona franca che interessa, ma interessa costruire le condizioni per poter affrontare con questo tema come cavallo di battaglia le prossime elezioni. Non è questo ciò che serve e chi davvero in questa opportunità, onorevole Arbau, ci crede deve essere consapevole e cosciente che serve un altro taglio, serve sapere se noi stiamo andando verso una società sarda con più economia, con più servizi, che può contare sulla piena attuazione del novellato articolo 8, cioè sull'esito definitivamente acquisito della vertenza delle entrate, o verso una società più povera e con meno servizi quale potrebbe derivare da un'applicazione maldestra di quanto enunciato in questa proposta di legge.

Si torni quindi in Commissione, si costruisca una soluzione condivisa e solo così sarà possibile fare davvero il nostro dovere: dare al popolo sardo una legge che sia realizzabile e che meriti il consenso di tutti noi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Corda. Ne ha facoltà.

Poiché non è presente in Aula, decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Signor Presidente e colleghi, vorrei iniziare con alcune precisazioni che mi paiono interessanti. Vorrei dire all'onorevole Pittalis, ma anche agli altri colleghi, che se volete approvarvi questo provvedimento sapete bene che potete farlo in piena autonomia, avete i numeri, siete in maggioranza. Vorrei ricordare che si era scelta una strada diversa tenendo conto che le implicazioni statutarie di questo provvedimento chiedevano un confronto più ampio. L'onorevole Artizzu è buon testimone che con quell'idea in Commissione abbiamo lavorato, senza risparmiarci concretezza e merito nella predisposizione di un testo che potesse avvicinare parti differentemente lontane da un obiettivo comune.

Sono avvenute due cose, e le voglio sottolineare perché è inutile che continuiamo a fare delle finzioni tra di noi. Prima cosa: è la maggioranza che ha fatto un blitz in Commissione portando all'esame e approvandolo un emendamento demenziale. L'avete fatto voi, non l'abbiamo fatto noi e il punto di rottura l'avete realizzato voi. E noi siamo fermi lì. Seconda cosa: l'ispirazione che mi è venuta all'inizio di questo dibattito è stata quella di rimettermi all'indifferenza che, come dice Oscar Wilde, è la vendetta che il mondo si prende sui mediocri, sto parlando del Presidente della Giunta.

Ma insomma, noi siamo ancora in condizioni, vedendo la sofferenza dei sardi, di dare ascolto a questo venditore ambulante di illusioni? Sapete che la nostra capacità legislativa, colleghi, è molto ampia, la nostra attività politica ha una grandissima libertà, ma sapete entro quali limiti si deve muovere? Entro i limiti posti dalle leggi dello Stato e ci sono leggi dello Stato che si chiamano codice penale, e il codice penale dice che chiunque pubblichi, diffonda notizie false, esagerate o tendenziose per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico è punito se il fatto non costituisce un più grave reato. Ancora stabilisce che chiunque pubblicamente cerchi con qualunque impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è punito se anche questo non costituisce un reato più grave.

(Interruzione del consigliere Stochino)

PRESIDENTE. Onorevole Stochino!

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Io ho il massimo rispetto delle posizioni di tutti ma ognuno si può creare gli schermi e gli scudi che gli pare; l'unica cosa che io vi volevo dire serenamente, così come serenamente abbiamo lavorato in Commissione, è che anche se noi facciamo oggi uno sforzo per metterci al di fuori di quelle che sono state richiamate come posizioni partitocratiche o di parte, per chiunque all'interno di quest'Aula e fuori di quest'Aula deve essere chiaro che nessuno di noi è abilitato a mandare il cervello all'ammasso, qualcuno di voi l'ha fatto, qualcuno di voi lo vuole fare, io no.

Io no, perché anche nell'abuso che si fa dell'uso del popolo sardo qual è il popolo sardo al quale, quando parliamo, facciamo riferimento? Penso che ognuno abbia un pezzo del suo popolo sardo perché un popolo sardo univoco, a cominciare dal lavoro che doveva fare il Presidente della Regione, non l'ha creato nessuno; le grandi autonomie europee si sono mosse tutte definendo grandi processi di unità non di falsità, di unità e non si scrive pertanto nella legge che la zona franca della Sardegna è disciplinata dalle leggi fiscali dello Stato italiano e dell'Unione europea che si applicano nei territori extra doganali di Livigno e Campione d'Italia.

Punto primo, per cominciare, Livigno e Campione d'Italia non sono zone franche ai sensi dell'articolo 166 e 168 bis del Codice doganale. Come farebbero quindi a trasferire a noi norme di attuazione della zona franca se non sono zone franche? Ecco perché, colleghi, non possiamo scrivere nelle nostre leggi cose demenziali. E dobbiamo avere noi la responsabilità di "sedere il sedere sulla sedia" e studiare senza essere trascinati da onde populiste spesso motivate ma non fondate.

E, badate, che noi vogliamo dare risposte alla Sardegna ma non lo possiamo fare con questa Giunta regionale. Una Giunta regionale, colleghi, che sta inanellando successi su successi; cioè oggi noi vorremmo dare qualcosa in più alla Sardegna quando prendiamo botte prendendone di meno perché il Patto di stabilità non è stato toccato, le entrate ci mancano, la flotta sarda è ancorata in porto, la continuità territoriale non ce l'abbiamo! Ma con questa gente, con questo personale politico possiamo ergerci a illudere la gente? Io credo di no!

Serviva un atto di umiltà, per esempio questo Consiglio, onorevole Artizzu, poteva dire: abbiamo una proposta condivisa, chiediamo d una delegazione del Consiglio regionale di incontrare i rappresentanti della Commissione affari costituzionali del Parlamento, i nostri omologhi, per creare delle sinergie e per capire quali sono i limiti delle nostre richieste, per capire quali sono i margini delle nostre possibilità, concordando con loro un percorso; questa sarebbe stata da parte di una maggioranza seria la risposta da dare ai bisogni di una Sardegna stremata. L'idea è che non si utilizzano le parole per illudere la gente.

Esaminate la finanziaria, adesso la vedremo, la finanziaria è la declinazione esatta di quello che io vi sto dicendo, è la sommatoria dei nostri insuccessi perché l'IRAP non è una conquista, è una scorciatoia perché non potendo spendere quei soldi li utilizziamo in detrazione; però non è una scelta è un ripiego, ma quel gesto provocatorio messo in piedi l'anno scorso poteva essere l' elemento istitutivo di quella potestà.

L'abbattimento dell'IRAP applicato ai giovani e alle giovani imprese è anche questa un'idiozia, in un momento di crisi globale occorreva che l'abbattimento dell'Irap per le giovani imprese potesse essere esteso a tutti e forse saremmo stati accorti, sarebbe stato possibile farlo, ma possiamo noi continuare ad andare avanti con questa mistificazione di un Presidente che non sa neanche di che cosa parla? Un uomo che parla di zona franca e non si preoccupa degli oltre 5 milioni di euro che spende in consulenze, incarichi, convenzioni in questa Regione che sembra non abbia un suo organico perché chiamiamo saltimbanchi da qualunque parte, senza arte né parte.

E' credibile un uomo che parla di zona franca senza porre rimedio a queste anomalie sulla spesa pubblica che potevano sfamare decine e decine di persone? O forse anche a noi piace che queste cose ci siano? Io no! Io non mi arrendo e combatto le battaglie per la zona franca sulla strada sulla quale dobbiamo combattere; la zona franca non è più quella che invocavamo trent'anni fa, quarant'anni fa quando, colleghi, scrivevamo sulle macchine meccaniche, oggi abbiamo questi strumenti, è cambiato un mondo!

Devono essere interpretati anche in chiave diversa strumenti che nel tempo si sono affinati, si sono anche irrigiditi, perché no, perché non dire che l'Italia è in una condizione pessima per accettare un confronto seppur duro su questi temi! Un'Italia che incassa dall'IVA 116 miliardi e che non le bastano perché l'ha aumentata? Una Sardegna che ne prende 2 di miliardi e non le bastano comunque! Voi capite che c'è una difficoltà, ma questa difficoltà non si affronta con la demagogia, con il populismo di maniera, perché fra un paio di mesi il buon Cappellacci di queste cose ne dovrà rendere conto. La pancia dei sardi sarà ingrossata, si sarà saziata o no? E' la domanda che faremo noi in giro per le piazze, perché la politica è una scelta, se tu per cinque anni non hai fatto niente è giusto che venga giudicato sulla base di quello che si riscontra.

Perché avete voluto bruciare un ragionamento che abbiamo svolto con pazienza, con grande maturità e serietà nella Commissione approdando a un testo che tutto sommato avvicinava posizioni distanti? Fa comodo anche a voi la bandiera? Portate la bandiera! Ma con le bandiere non si sfama un popolo! Mi dispiace, con le bandiere non si sfama un popolo! C'era bisogno di una forte iniziativa parlamentare, di mettere alla stanga un Governo che non ascolta. Perché non ascolta? Perché i rapporti sono tenuti da un Esecutivo che ha perso, già dai primi anni della legislatura, tutta la sua credibilità per le evidenti debolezze e incapacità del suo Presidente di dare autorevolezza a quella rappresentanza.

Voi stessi però ne siete la dimostrazione perché, scusate, le falle che si sono aperte nella maggioranza con tutti gli spostamenti, entrate e uscite, non sono la prova di un malessere? Io lo capisco, non voglio speculare ma è la realtà. Allora di fronte a un atto che deve passare nel Parlamento italiano, doveva essere il Parlamento sardo ad avere un rapporto diretto e non il Presidente della Regione a scrivere una lettera l'8 e il 12 febbraio alla Direzione generale della fiscalità per farsi rispondere: "Bada che hai sbagliato tutto!". Voi pensate che questo sia un elemento che abbia aumentato la nostra credibilità? No!

Noi abbiamo molto rispetto dei bisogni delle persone però bisogna che cominciamo a fare un calcolo; noi dobbiamo perseguire l'obiettivo della zona franca possibile nel contesto odierno, ma consapevoli che deve essere un passaggio senza soluzione di continuità, perché non possiamo lasciare la Sardegna neanche un mese senza le risorse pubbliche. Pertanto dobbiamo capire che cosa significa realmente - al di là delle vignette, dei sofismi e delle balle -essere una zona franca extradoganale.

Extradoganale significa che noi dobbiamo fare i conti con il fatto che un "po' di cose" come le scuole, le università, le forze dell'ordine, la magistratura, la difesa nazionale, la previdenza, la continuità territoriale, il trasporto pubblico qualcuno le deve pagare! Qualcuno le dovrà pagare! Io non credo che lo Stato accetterà di farsi carico di tutto questo perché, come ha detto qualche collega giustamente, finché si tratta di farsi carico di 6 mila abitanti su 60 milioni, è una cosa, ma quando si tratta di farsi carico di 1 milione e mezzo e passa la cosa è un po' diversa; i soldi sono soldi per tutti e tutte queste attività gravano sul bilancio dello Stato per una cifra che supera i 4 miliardi e quindi noi non avremo più bisogno dei nostri 7 miliardi, avremo bisogno dei nostri 7 più 4 per tirare a campare.

Queste saranno le condizioni che, come qualcuno ha detto, Alfano ha già preannunciato; ma ricordo anche che quando noi abbiamo istituito le nuove province già da allora ci venne detto che potevamo fare quello che volevamo perché lo Statuto ce lo consentiva, però ci dissero anche che erano affari nostri e che niente si doveva porre a carico dello Stato.". Infatti non hanno mai dato una lira. Lo stesso discorso vale in questo caso; la nostra funzione è quella di negoziare in termini unitari con le persone più credibili, non con una Regione che si fa rappresentare al tavolo della Commissione paritetica, fallimentare, da persone che Dio ne scampi e liberi, e perdendo un'intera legislatura per niente, per essere al punto di partenza.

Noi abbiamo un'idea di zona franca, l'abbiamo espressa con dovizia di proposte e di collaborazioni all'interno della Commissione, quello che io chiedo ( lo chiedeva anche il Capogruppo), siccome siete stati voi a indurre un effetto traumatico nella Commissione, siccome noi vogliamo capire tutte le implicazioni che un provvedimento così delicato comporta, non per l'oggi, non per la demagogia, non per il populismo, ma per il futuro della nostra Regione, è una pausa per verificare quelle che sono e sembrano all'ultima ora anche le resipiscenze della Giunta rispetto alle approvazioni precedenti, vogliamo capire le implicazioni.

Vi sembra questo un atto di sfida? Io credo di no, è solamente l'idea di ricucire uno strappo che non è stato prodotto da noi e, forse con un passaggio più avanti, di rimettere in gioco la possibilità di confrontarsi con la Commissione affari costituzionali, che rimarrà in piedi al di là della chiusura della nostra legislatura (penso e spero che loro rimangano più di noi), per capire quali sono i confini reali e poter tornare qui in questa terra a rispondere alla gente di quello che abbiamo potuto realizzare e non stare sui nostri piedistalli a commentare o a farci illudere sulla base delle nostre convinzioni. Con le nostre convinzioni si è affamata la Sardegna.

La nostra è una proposta di persone serie che non hanno mai mandato il cervello all'ammasso e che non si sottraggono, nonostante tutto, al confronto di merito. Ma il confronto di merito non lo vogliamo fare con la Giunta regionale, perché la Giunta regionale ci ha portato in giro per cinque anni con i risultati che abbiamo davanti. L'azione consiliare è un'azione possibile, lo ripeto, la rilancio, se avete interesse, perché diversamente la strada è lì, andate da soli. Non è un grande risultato, darete una soddisfazione alla "pancia" di qualcuno che aspetta una risposta, ma io sono convinto che la "pancia" alla fine chiederà conto di quello che gli abbiamo dato, di quello che realmente gli abbiamo dato, e in questa Regione (scusate se ve lo dico, ma credo che sia giusto attestarlo) in materia di capacità riformista non vorremmo che qualcuno si mettesse in testa di poterne sapere più di noi.

Guardare a questi cinque anni e alla desolazione di quello che abbiamo di fronte a noi (non di tutti, ovviamente, mi scusi, Presidente)significa davvero vedere una situazione allarmante. Di questo si devono preoccupare i sardi, di dare governi responsabili in grado di non creare illusioni, perché diversamente la nostra posizione di disponibilità diventa una posizione di non disponibilità. E noi in questa legislatura più di una volta abbiamo avuto questo atteggiamento, che non è un atteggiamento di chi prende per oro colato quello che gli viene somministrato.

Noi siamo qui con un mandato molto più alto, molte volte, delle nostre stesse capacità, ma lo dobbiamo onorare nonostante questi limiti, e possiamo compensare questi limiti ritrovandoci insieme per un confronto, arricchendoci ognuno della debolezza dell'altro per dare delle risposte dignitose, ma rifuggendo anche dall'ipocrisia, da chi predica di voler chinarsi sulle sofferenze dei sardi e spende cinque milioni per consulenze gratuite. Ecco, noi siamo queste persone che vi hanno chiesto umilmente di recuperare quello strappo, cominciando dal luogo dove avevamo composto una possibile convergenza. Vedete voi!

In materia di tasse, in materia di zone franche, credo che la credibilità delle cose che facciamo passi anche dalla consapevolezza di tutti i risvolti che le nostre decisioni comportano. Perché di leggi bocciate ne abbiamo avuto in questa legislatura come non mai, e forse bisogna che cominciamo insieme a riflettere anche su come regolare i rapporti relativi al controllo dello Stato sulle leggi della Regione, controllo che non è possibile sia ancora a questo livello preistorico e medievale. Ripeto, forse a nessuno conviene dirlo, io invece ho il coraggio di dirlo: noi in Aula valiamo molto di più di quello che qualcuno ci attribuisce.

PRESIDENTE. Comunico che le colleghe Lunesu e Zuncheddu sono rientrate dal congedo.

E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Presidente, molti dei colleghi che mi hanno preceduto hanno detto che questa discussione poteva essere un'occasione storica per la nostra isola, essendo una proposta di legge che può davvero, o poteva, cambiare in modo dirompente l'attuale condizione drammatica del popolo sardo. Ci ricordavano, con una lettera che ci hanno consegnato poc'anzi i rappresentanti dei comitati spontanei e dell'associazione della zona franca, che si parte da una situazione in cui 400 mila sardi sono sotto la soglia di povertà, e più del 40 per cento dei disoccupati sono giovani.

Credo che queste cose ci debbano far riflettere oltremodo e, adesso che ci apprestiamo a esitare una proposta di legge, che speriamo possa essere esitata con la condivisione di tutta l'Aula, io credo che dobbiamo caricarci della responsabilità, della serietà, della sobrietà che ci proviene dalla funzione a cui siamo stati delegati. Noi abbiamo lasciato a casa le pettorine colorate che ci fanno rappresentare i nostri partiti e questo lo chiediamo anche a tutti voi.

Questo provvedimento di legge non può avere primogeniture, non può avere padroni, non può avere padrini. Io credo che siamo ancora in tempo a rimetterci in carreggiata rendendo perfettibile quello che è perfettibile; e credo che alcuni emendamenti vadano in questo senso, avendo riconsiderato i suggerimenti e i consigli provenienti anche dall'esterno, dagli esperti, dai tecnici, su alcuni aspetti che noi non avevamo considerato. Credo pertanto che, pur di arrivare all'esito unanime di questa proposta di legge, noi dobbiamo fermarci. Ma fermarci non significa esitare questa legge fra dieci, fra venti giorni, fra un mese. Io credo che siamo in grado di esitare la legge anche nelle prossime ore e nei prossimi giorni.

Il mio è un appello che rivolgo a tutti, rispetto a quello che hanno detto i colleghi. Ci sono dei dubbi sull'applicabilità della legge, pure emendata, se dovesse essere esitata in questa maniera. Vediamo quali sono le migliorie che noi possiamo portare e apportiamole, perché veramente dobbiamo togliere alibi a un Governo che, ricordo a tutti, è rappresentato dal 90 per cento della maggioranza di questo Consiglio regionale.

Se quel Governo sinora non ha dato risposte, non le ha date sulla vertenza entrate, non le ha date sul Patto di stabilità, con tutte le criticità che possono esserci da parte di questa Giunta regionale, oggi noi con un segnale forte di questo Consiglio possiamo togliere quell'alibi che a oggi il Governo Letta, ma anche i governi che si sono succeduti, da Berlusconi a Monti, hanno utilizzato per non dare risposte. E noi oggi siamo in grado di assumerci con serietà, in qualità di consiglieri regionali, la responsabilità e il dovere, anche morale oltre che politico, di proporre a questo Governo una richiesta (questa proposta di legge è una richiesta), che possa dare davvero risposte a un popolo che, abbiamo già detto, è stremato.

Credo che le vie per uscire da questa crisi non possano essere poi troppo diverse da quelle che vengono proposte da questo testo di legge che, probabilmente, andrà perfezionato ulteriormente. Io rilancio l'appello. Ringrazio prima di tutto tutte le persone che fuori da quest'Aula hanno smosso, diciamo così, un argomento tanto delicato, tanto importante quanto oltremodo sottovalutato. Oggi questo argomento è diventato proposta di legge, è arrivato in quest'Aula, e noi ripeto dobbiamo avere la forza, il coraggio, la determinazione, l'unità e la serietà per esitarlo.

Arrivare a una sintesi non vuol dire esitare un provvedimento che poi possa creare ulteriori problemi anziché risolverli. Però credo che in quest'Aula, lo dicevano altri, ci siano le competenze, le intelligenze che possono dare quelle risposte, che possono rendere perfettibile una proposta che comunque va seriamente portata a sintesi nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, nel dibattito di questi giorni, in maniera particolare nella scorsa settimana, l'argomento zona franca è stato utilizzato da alcuni caricandolo di significati probabilmente eccessivi, nel senso che molti individuano la zona franca come il fine, l'obiettivo ultimo da raggiungere; altri lo hanno contestato, in maniera particolare mi riferisco all'onorevole Soru, ritenendo che possa costituire una sorta di alibi per deresponsabilizzarci, è stato fatto l'esempio di Livigno: va bene la zona franca, tutto il resto, i servizi, ce li garantisce qualcun altro.

Io penso che sia esattamente l'opposto su entrambi i fronti, e cioè credo che la zona franca sia uno strumento e non un fine, sia un mezzo importante per poterci consentire di cambiare il nostro modello di sviluppo, di uscire da questo tunnel dell'assistenzialismo nei quali siamo entrati dal primo Piano di rinascita in poi che ha portato a fare sì che l'80 per cento del nostro PIL derivi da soldi pubblici: dai 7 miliardi della Regione, dai 7 miliardi e 200 mila euro dell'INPS, dai 7/8 miliardi dello Stato che vengono immessi in termini di pensioni, pensioni di invalidità, cassa integrazione, stipendi per consentire alla Sardegna di sopravvivere.

Se la zona franca serve per attrarre nuovi investimenti, per trasformare la Sardegna da un'Isola, un territorio, una Regione assistita e assistenziale, con un modello di sviluppo dal quale non riusciamo a uscire, in una Regione produttiva allora serve esattamente a raggiungere l'obiettivo di responsabilizzarci e non quello di deresponsabilizzarci. Io credo che in questo senso vada perseguita con forza questa strada. Ma perché va perseguita con forza? Non perché abbiamo certezze che la zona franca porti vantaggi, questo lo verificheremo come per tutte le cose, ma perché dobbiamo acquisire il diritto di poter esercitare questa possibilità, questa facoltà.

La Valle d'Aosta ha il diritto e ha deciso di non esercitarlo, però ha un diritto riconosciuto costituzionalmente, riconosciuto nel proprio Statuto; noi dovremmo raggiungere le stesse opportunità che ha la Valle d'Aosta magari per rinunciarci, ma per decidere noi una volta acquisito il diritto, eventualmente, di rinunciarci qualora non ci dovesse convenire l'opzione zona franca.

Quindi io credo che la battaglia oggi vada fatta. Mi rendo conto che senza il sostegno, la mobilitazione di comitati, imprenditori, artigiani, comitati spontanei, dei comuni coinvolti successivamente, probabilmente mai si sarebbe riusciti a discutere di questo argomento e a coinvolgere tutte le forze politiche e questa stessa Aula in questo dibattito. Grazie, pertanto, a chi si è impegnato, e l'ha fatto senza risparmiare tempo, nello studio e nella mobilitazione su questo argomento.

Sappiamo che ci sono movimenti che stanno nascendo, che nasceranno, che probabilmente si consolideranno, che hanno un'avversione totale alla zona franca in Sardegna; da poco mi è capitato di partecipare a un convegno della associazione "Economia per i cittadini" (EPIC) che si rifà alle teorie della Modern Monetary Theory (MMT) che basandosi sul concetto della sovranità monetaria di una nazione lascia libero spazio all'indebitamento ritenendo illimitata la capacità di stampare moneta.

E' giusto che siano ascoltate anche queste persone, ma è giusto che abbiamo il diritto noi di scegliere quale delle due strade perseguire. Oggi questo diritto non lo abbiamo, dobbiamo acquisire una facoltà. E quando in molti interventi si parla di legge sulla zona franca, di legge da perfezionare e di ritorno in Commissione ricordiamoci che stiamo approvando una proposta di legge, stiamo approvando una proposta di legge che ha la stessa forza normativa di qualunque proposta di legge possa essere presentata da ognuno dei 915 parlamentari più i senatori a vita, da ognuno dei 17 deputati e degli 8 senatori sardi, ha la stessa identica forza, dal punto di vista normativo.

E' chiaro che la forza politica può essere diversa, ne siamo tutti consapevoli, ma stiamo approvando una proposta che sarà perfezionabile, perfettibile alla Camera e al Senato, sicuramente qualora dovesse arrivare a essere discussa nelle Camere sarà migliorata. Quindi non è utile fossilizzarci oggi sulle virgole, sugli approfondimenti quando ciò che stiamo facendo è chiedere di acquisire un diritto che altri decideranno, si deciderà nella prossima legislatura, se questo diritto dovrà essere esercitato o meno.

Io credo però che sia un'opportunità importantissima se vogliamo realmente pensare a un futuro per una Sardegna diversa, se vogliamo realmente pensare che anche noi possiamo diventare una Regione produttiva, una Regione che non deve avere più il cappello in mano per rivendicare risorse e servizi dello Stato ma che potrà produrre ricchezze e magari aiutare anche altre Regioni più deboli. Io credo che la zona franca potrebbe servire a farci fare questo salto culturale, cioè la trasformazione da un modello assistito a un modello produttivo; non so se basterà, probabilmente no, servirà un lavoro di scouting, servirà un lavoro fortissimo poi per acquisire investimenti e investitori, anche se a volte, quando qualcuno si impegna a cercare investitori, sembra che si vada con il cappello in mano o a svendere il territorio sardo.

La zona franca può servire per facilitare l'arrivo di questi investitori, se qualcuno dovesse credere sull'opportunità di essere remunerato per il capitale che investirà in Sardegna, vorrà dire che la zona franca avrà ottenuto il suo risultato. Il risultato, attenzione, non potrà essere immediato, sarà graduale. Io non credo che domani potremo avere zero IVA perché credo che le entrate, le minori entrate dell'IVA, le minori entrate delle imposte indirette dovranno necessariamente essere compensate da maggiori entrate di imposte dirette, è evidente che se noi attraiamo nuovi capitali, creiamo nuovi posti di lavoro, le tasse che pagheranno i nuovi lavoratori e i nuovi imprenditori compenseranno il calo delle imposte indirette altrimenti è un modello o che è destinato, chiaramente, a fallire.

Se domani, ottenuta la zona franca, l'IVA sarà abolita è chiaro che chiuderanno gli ospedali, di questo siamo tutti consapevoli. Ma se in vent'anni dovessimo ridurre dell'1 per cento all'anno l'IVA e, contemporaneamente, proprio per la riduzione di quelle imposte indirette dovessimo riuscire a creare 10 mila posti di lavoro l'anno in vent'anni i 200 mila posti di lavoro eventualmente creati compenserebbero con il versamento delle imposte dirette il calo di quelle indirette. Questo è un obiettivo che dovremmo cercare di perseguire.

Mi rendo conto che non è facilmente realizzabile, nessuno ha la certezza della sua realizzabilità però acquisiamo questo diritto e poi studiamo e valutiamo se produce effetti e se non ne produce si torna indietro, deve essere reversibile la manovra, non dobbiamo avere il dogma che la zona franca funzioni, deve essere un modello reversibile, dobbiamo acquisire il diritto che credo ci spetti come, ripeto, è stato riconosciuto alla Valle d'Aosta che ci ha rinunciato ma ci ha rinunciato barattandolo, ci ha rinunciato tenendo il 100 per cento delle imposte versate in quel territorio, ottenendo sgravi sulle accise per il riscaldamento. Quindi ha contrattato il fatto di non esercitare un suo diritto.

Io ho sottoscritto un emendamento, primo firmatario l'onorevole Arbau, per cassare il comma 2 dell'articolo 1; è evidente, e molti l'hanno fatto notare a partire dall'onorevole Maninchedda, che stona che ci sia una norma con la quale si fa riferimento a Campione d'Italia o altri territori. Credo che non sia utile, non sia necessario e che se si cassa il comma 2 non succeda niente, anzi si asciuga ulteriormente la norma. Anche gli emendamenti della Giunta mi pare che vadano in questo senso.

Anche perché, tenendo conto che l'Unione europea ha scelto nei suoi atti normativi di eliminare il termine leggi (l'Unione Europea non legifera, l'Unione europea emana direttive, fa regolamenti ma non fa le leggi apposta), non dobbiamo essere noi a parlare delle leggi comunitarie, scriviamo norme se mai, però se dovessimo del tutto eliminarlo non creeremmo sicuramente devastazioni.

Ho visto anche l'emendamento della Giunta invece riferito all'articolo 10 che credo sia quello concordato con il Governo e mi sembra che si riscontri un atteggiamento eccessivamente supino nei confronti dello Stato, nel senso che riduciamo la potestà legislativa della Regione a una mera potestà regolamentare, cioè quella di stabilire le aliquote o gli sgravi nei limiti delle previsioni della legge statale. E' simile a quello che succede per i comuni: ti do la possibilità di mettere l'IMU da un minimo a un massimo.

Pertanto, almeno in prima battuta, non ridurrei la potestà legislativa di un Consiglio regionale, soprattutto a Statuto speciale, con le competenze che abbiamo, a una mera potestà regolamentare in materia fiscale. Ci starei attento a rinunciarci su nostra proposta; se lo fa il Governo con un emendamento alla finanziaria, perché ci serve per salvare l'IRAP, bene, che lo facciano loro, ma che siamo noi in questa norma a proporlo, solo per armonizzare le due norme, questa con quella che verrà inserita come emendamento alla finanziaria, non lo trovo utile. La considero una rinuncia a una richiesta che, dal nostro punto di vista, deve essere quella di rivendicare il massimo dalla competenza legislativa, e non ridurla.

Non mi spaventa il fatto che non siano armonizzate questa proposta con quella della legge di stabilità, che probabilmente seguirà un percorso rapidissimo (gli emendamenti credo scadano domani, o giovedì), quindi sarà presentata immediatamente, probabilmente giovedì non avremo neanche ancora il testo coordinato delle norme che oggi approviamo, magari saranno anche differenti, però si marchi la richiesta di questo Consiglio regionale di esercitare fino in fondo le proprie competenze legislative e che il Governo, con un suo emendamento, o chi lo presenterà, e il Parlamento facciano ciò che credono, ma ci diano la possibilità di ridurre l'imposizione sull'IRAP.

Io non voglio dilungarmi, avevo cercato un po' di documenti sui porti franchi, ho trovato anche qualche documento inedito legato a Eleonora d'Arborea negli atti del mio Comune, ma ve lo risparmio; vi dico solo che per esempio i dazi che venivano applicati al porto di allora, Castel Genovese, quando Eleonora d'Arborea amministrò la giustizia per diciotto anni prima dell'uccisione del fratello Ugone, erano pari alla cinquantesima parte delle merci trasportate in porto, trasportate anche per una sola tappa, anche quando il veliero faceva semplicemente tappa per rifugiarsi dalle tempeste.

Questo vi fa pensare perché era necessario che nascessero e si sviluppasseero i porti franchi, perché se in ogni porto ciascuno applicava un dazio di un cinquantesimo nei viaggi, per esempio, della seta dall'Oriente all'Occidente, non sarebbe arrivato niente con l'applicazione di dazi in ogni porto, e quindi aveva un senso forte, quello di attrarre investimenti, di attrarre i velieri nei propri porti sgravandoli da questi dazi. Oggi mi rendo conto che la situazione è diversa, lo diceva bene anche l'onorevole Gian Valerio Sanna, ma non per questo si è ridotta la funzione della zona franca, anzi, forse in un mondo globalizzato questa funzione potrebbe arricchirsi ulteriormente.

Giochiamoci questa carta, valutiamone le opportunità, acquisiamo il diritto di poter esercitare ciò che ci spetta, e anche (e io sarò il primo a farlo qualora dovessi verificare che non è conveniente utilizzare quello strumento) il diritto di rinunciarci, ma acquisiamo il diritto che spetta a noi e spetta a tutti i sardi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Christian Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS CHRISTIAN (P.S.d'Az.). Presidente, colleghe e colleghi, "dai tempi di Machiavelli, anzi, meglio, da quelli di Tucidide, è sempre toccato, a coloro che scrutano per mestiere la natura della politica, anche ai più umili artigiani di questa professione, il duro privilegio di chiamare le cose con il loro nome e di aiutare gli uomini a non confondere la realtà effettuale con i propri sogni"; così cinquant'anni or sono il professor Miglio intervenne alla cerimonia inaugurale dell'anno accademico dell'Università Cattolica di Milano; mai parole mi sono parse più appropriate per aprire le brevi considerazioni che svolgerò sulla proposta di legge nazionale che esaminiamo oggi.

Noi Sardisti su questo, come su altri temi che appartengono al nostro DNA politico e culturale, abbiamo il dovere storico e morale di chiamare le cose con il loro nome e di tradurre i sogni razionali in progettualità e programmi concreti facendo la tara di ogni sterile demagogia e di ogni inganno. Sentiamo di dovere ai sardi un tratto di verità e di responsabilità in più. Per questo dico subito che la nostra proposta di legge è stata completamente stravolta e che la versione minimale esitata dalla Commissione non risolve il problema; non lo risolve ma nella ricerca di un compromesso, frettoloso e inconsapevole, ha tracciato un profilo contradditorio e incoerente dell'istituto che si voleva regolamentare.

Noi Sardisti, che non possiamo certo essere tacciati di essere contro la zona franca e che abbiamo posto all'attenzione del dibattito politico questo argomento, possiamo e dobbiamo dire con veritiera sobrietà che cosa questo testo rappresenta. Sulla zona franca, e qui giova rammentarlo, abbiamo sempre rappresentato un'avanguardia, scomoda, derisa spesse volte dal centralismo coloniale dello Stato e dei partiti romani. Chiariamo subito, è stato detto da più parti, che arrivare in Aula a discutere di zona franca rappresenta un traguardo e un'opportunità, perché dobbiamo essere consapevoli che storicamente questo tema non appartiene alla tradizione politica della sinistra italiana e sarda, e neppure alla riflessione democratico-cristiana, che l'hanno sempre avversata, propugnando un modello di sviluppo alternativo fondato sugli incentivi e sui consumi.

Un modello di sviluppo del quale oggi raccogliamo le ceneri, ispirato alla dipendenza e funzionalizzato agli interessi statali verso un'economia di stampo coloniale rispetto alla Sardegna. C'è voluto del tempo, un percorso lungo perché si aprissero delle brecce all'interno degli schieramenti; c'è voluta una maturazione popolare che oggi porta, dal basso, i comuni della Sardegna a pretendere risposte dalla politica regionale. Basti ricordare le parole del "consultore" dell'allora Partito Comunista Italiano, l'onorevole Dessanay, in occasione del dibattito conclusivo sul testo di Statuto da mandare all'approvazione dell'Assemblea costituente. Lo cito testualmente: "E' stata prospettata un'altra soluzione, ma a noi è parsa inaccettabile, è la soluzione proposta dalla corrente sardista, soluzione che possiamo definire della zona franca".

Dello stesso tenore la posizione espressa dalla Democrazia cristiana per voce del "consultore" Castaldi, che criticò minuziosamente, e anche qui cito testualmente: "Il sistema del progetto sardista secondo il quale il territorio della Regione sarebbe posto del tutto fuori dalla linea doganale dello Stato". Le posizioni non mutarono nel tempo, tanto che le successive proposte di legge sul tema vennero sempre boicottate. La proposta del compianto Michele Columbu e del collega Chanoux alla Camera dei deputati del 3 luglio '75, la proposta dell'indimenticato Titino Melis in questo Consiglio regionale il 28 luglio dello stesso anno, il progetto di zona franca presentato al Senato della Repubblica da Mario Melis il 21 settembre del 1978 e, se ne deve dare atto, alla Camera da due deputati sardi di allora il 17 luglio 1979, Raffaele Garzia e il collega Felice Contu, certamente memore della giovanile militanza sardista.

Lo stesso progetto venne presentato come proposta di legge dai sardisti Melis, Piredda, e Carlo Sanna il 31 luglio del '79 in questo Consiglio regionale, e infine, come richiamato da più parti, la proposta di legge nazionale numero 10, presentata dalla Giunta regionale di Mario Melis, il 14 maggio 1987, storicamente approvata dall'Aula il 22 luglio '88, ma che decadde per la scadenza della legislatura in Parlamento. Gli anni '90 del secolo scorso videro invece modificarsi l'approccio al tema con l'abbandono dell'idea di una soluzione legislativa complessiva in favore di un pragmatico rilievo sulle norme di attuazione dell'articolo 12 dello Statuto, e dunque con l'attivazione di punti franchi.

In questo senso si susseguirono dapprima il più volte richiamato decreto legislativo numero 75, e l'intesa istituzionale di programma del '99, che determinò, per la prima volta, l'estensione del concetto di zona franca sul piano fiscale, superando la definizione classica in senso esclusivamente doganale, anche alla luce del mutato contesto internazionale sulle politiche del commercio e del libero scambio. Ancora il D.P.C.M. del 7 giugno 2001 definì le norme di carattere operativo per l'avvio della zona franca di Cagliari. Da allora, con responsabilità trasversali agli schieramenti, tutto si è arenato.

L'alternarsi delle più svariate formule politiche al governo della Regione non ha portato a compimento l'iter finalmente avviatosi; e non è, credetemi, colleghi, un esercizio sterile questa ricostruzione, perché rende bene, forse con il giusto tedio e un po' d'angoscia, il senso del trascorrere infruttuoso degli anni in un'Isola che è stata tenuta immobile, come sospesa nel tempo. Gli esempi sono tanti, diversi sono anche già stati richiamati da tanti colleghi. Oggi, in un contesto di profondi e rapidi mutamenti, molti dei modelli conosciuti vanno sostanziati di contenuti e strumenti nuovi.

Oggi dobbiamo declinare sul piano della concretezza normativa, economica e fiscale, l'espressione zona franca. L'abbiamo detto: non ci si può limitare agli aspetti doganali. Occorre, quanto meno, un plafond manovrabile di risorse da investire in esenzioni e sgravi contributivi e fiscali che rendano concretamente appetibile l'afflusso di nuovi investimenti e capitali dall'esterno, per avviare uno sviluppo solido che consenta in Sardegna l'accumulo di ricchezza e non solo il consumo. Con questo non si vuole negare l'opportunità che anche una zona franca doganale può offrire. Penso ad esempio a Barcellona, che la avviò fin dal 1916. Oggi la sua zona franca, che si estende per 600 ettari, offre una varietà di servizi di qualità ed è la base operativa di circa 300 società che alimentano i propri commerci con la Spagna, l'Europa e il resto del mondo.

Tuttavia non può non osservarsi che, allo stato attuale, la sola zona franca doganale rappresenta uno strumento di politica economica piuttosto datato e inefficace se non corroborato da ulteriori misure per l'avvio di un processo di sviluppo e crescita della Sardegna che, fin dal 1987, alcuni economisti e accademici sardi definirono, forse enfaticamente, autopropulsivo. Nel tempo, infatti, sono venute sempre diminuendo le esigenze di tappe intermedie per la manipolazione usuale delle merci nel processo di distribuzione e commercializzazione e l'incidenza dei prelievi doganali, specifici rispetto all'intero ammontare dei prelievi fiscali, si è talmente ridotta da non rappresentare più un elemento di particolare attrattività economica.

Ecco perché, a nostro avviso, il ritorno a un approccio normativo sulla zona franca con una specifica legge piuttosto che con norme di attuazione del vigente Statuto, deve rappresentare il momento di sintesi di un'idea nuova e moderna di zona franca, alla quale aggiungerei l'ulteriore attribuzione di "integrale" almeno sotto due ordini di distinte considerazioni. In primo luogo sotto un profilo geografico e di estensione. Per noi "integrale" significa superamento del modello di punto franco circoscritto e affermazione di una zona franca coincidente con il territorio della Sardegna e delle sue isole, che trova nel mare il suo confine naturale, nei porti e negli aeroporti i suoi varchi d'accesso.

In secondo luogo sotto il profilo degli strumenti agevolativi di politica economica preordinati a un percorso di sviluppo endogeno. Da questo punto di vista utilizziamo "integrale" per definire un'idea di zona franca che offra un'articolata ed equilibrata coniugazione delle tre distinte tipologie classiche, di consumo, doganale, di produzione, integrate anche queste da un regime di esenzioni fiscali e contributive che incidano nettamente e principalmente sulla pressione fiscale e sul costo del lavoro per le imprese.

Come è noto, nel modello di zona franca di consumo, infatti, rientrano solo quegli istituti volti a favorire la facilitazione dei consumi in un determinato territorio o per una determinata popolazione, individuando degli stock di merci, definite per quantità e tipologia e che vengano successivamente immesse nel consumo locale al netto di imposte, dazi, diritti e quant'altro. Tale strumento, che tende a migliorare le condizioni di vita dei residenti aumentandone il reddito reale e la capacità di spesa, favorisce altresì i flussi turistici verso tali aree e la creazione di mercati di nicchia. In Sardegna l'effetto si produrrebbe in settori importanti come l'agroalimentare, l'artigianato artistico e, in generale, verso le produzioni tipiche connesse al mercato turistico.

Ma, come molti colleghi hanno sottolineato, e ritengo di condividere, tutte queste problematiche vanno ricondotte a un modello che ci consenta di calcolare esattamente quali siano i costi, i benefici e l'indotto. Questo non è compito del legislatore regionale chiaramente, il nostro compito è quello di dare delle linee entro le quali poi l'esecutore delle leggi consiliari possa darci questo tipo di risposte. Nel modello di zona franca doganale - l'abbiamo detto, è stato più volte sviluppato - l'effetto principale è rivolto all'incremento di traffici e del commercio internazionale. Nella zona di produzione, infine, l'obiettivo perseguito è l'insediamento e la permanente localizzazione di imprese in un determinato territorio.

Si tratta di uno strumento di politica economica che incentiva lo sviluppo di regioni particolarmente depresse, attraverso il richiamo di capitali privati esterni a fronte di benefici offerti sul fronte dei dazi e delle franchigie sulle importazioni, ma soprattutto sul fronte fiscale con un pacchetto di agevolazioni in grado di incidere sia sull'imposizione diretta, in termini di IRES e IRE, sia indiretta (IVA, imposta di fabbricazione e analoghe). Quest'ultimo insieme di benefici, che non rientra storicamente nella definizione economica classica di zona franca, trova oramai un'ampia serie di precedenti nell'esperienza internazionale, anche in ambito UE.

E' stato detto più parti: "L'Unione europea non farà mai passare un progetto di zona franca", invece anche nell'ambito dell'Unione europea tali interventi, che si configurano pure come aiuti di Stato, sono ammessi in un quadro di riequilibrio e compensazione di situazioni di svantaggio derivanti da fattori oggettivi, come ad esempio l'insularità o i limiti interni ed esterni di un sistema produttivo.

Chiaramente un modello di zona franca integrale delineato in questi termini necessita di una giustificazione a livello comunitario che non potrà prescindere da un limite temporale di applicazione. Tutte le altre esperienze in questo senso avevano ab origine una durata limitata nel tempo, tendenzialmente decennale, la cui scadenza risultava certa e definita fin dal provvedimento di richiesta dello Stato membro. Ciò non esclude che tale durata possa successivamente essere prorogata e i benefici riproposti con differente intensità per il periodo successivo.

Gli esempi maggiormente significativi, sotto questo profilo, per dimostrare che non parliamo di sogni, non parliamo di salti nel buio, ma di esperienze già consolidate nel tempo, sono a mio avviso rinvenibili nel modello portoghese riferito alla Regione autonoma di Madeira, nel régimen especial proposto dalla Spagna per la Comunidad Autónoma de Canarias e infine, da ultimo, le ipotesi di istituti franchi elaborati dalla Repubblica della Lettonia, che rappresentano il modello di riferimento dei Paesi di nuova adesione al trattato UE.

In Portogallo la Commissione europea, con un provvedimento del 2002, ha autorizzato la riforma fiscale presentata dalle autorità governative portoghesi per la zona franca della Regione autonoma di Madeira. Tale riforma prevedeva un nuovo piano di aiuti fiscali per le imprese che si fossero insediate nella zona franca industriale e nel Madeira International Business Centre. Con questa decisione la Commissione ha stabilito un principio importante, ha riconosciuto cioè che gli aiuti erogati sotto forma di riduzioni della pressione fiscale, entro la scadenza originariamente prevista, possono contribuire allo sviluppo regionale delle attività e dell'economia in genere. Con tale provvedimento si è altresì riperimetrata la zona franca facendola coincidere con i confini della zona franca industriale, del Centro internazionale di servizi e del registro internazionale navale.

In Spagna il Governo centrale nel suo territorio ha istituito numerose comunidades autónomas e i regimi fiscali locali, i cosiddetti régimen foral. Di particolare interesse sono i regimi fiscali adottati in Navarra, nei Paesi Baschi e nelle richiamate Isole Canarie. Le Isole Canarie hanno goduto tradizionalmente di un sistema fiscale del tutto eccezionale rispetto al resto del territorio spagnolo. Le circostanze geografiche e la lontananza dal territorio peninsulare giustificano l'esistenza del regime speciale, il régimen especial. Quest'ultimo è riconosciuto dalla Costituzione spagnola e dall'articolo 46 dell'Estatuto de Autonomia de Canarias, approvato nel 1982, quindi ben lontano dal nostro Statuto di autonomia.

Obiettivo del regime fiscale agevolato è quello di promuovere lo sviluppo economico e sociale delle isole e la diversificazione della struttura produttiva per mezzo di incentivi in favore della localizzazione nelle isole di imprese e capitali attratti dai vantaggi inerenti la creazione della Zona Especial Canaria, la cosiddetta ZEC in acronimo. Il suo ambito di applicazione si riduce nei limiti geografici ai contribuenti e alle attività ammesse al regime speciale medesimo. La ZEC, che si estende per tutto il territorio delle Isole Canarie con specifiche particolarità, è autorizzata, come dicevo, dalla Commissione europea con un provvedimento del 2000, di durata iniziale prevista fino al 2008 e successivamente prorogata.

Vi sono delle condizioni chiaramente, e anche la Regione Sardegna, nel disegnare il proprio modello di zona franca, dovrà delimitare un perimetro di accessibilità alla zona franca, perché dalla delimitazione di questo perimetro si ottiene anche una quantificazione certa delle risorse necessarie, lo richiamavano prima tanti colleghi, dal collega Campus al collega Cuccu e tanti altri. In quel caso i requisiti richiesti sono quelli di essere di nuova creazione, con domicilio fiscale e sede della direzione effettiva nelle isole, che almeno uno degli amministratori debba avere la residenza nelle isole, che realizzi un investimento minimo di 100 mila euro in attività fisse connesse all'attività entro i primi due anni e di creare almeno cinque posti di lavoro entro i primi sei mesi seguenti alla data dell'autorizzazione.

Questo dei posti di lavoro è un requisito interessante anche sotto il profilo della intensità delle agevolazioni che poi la ZEC va a riconoscere. Infatti, l'intensità varia a seconda della creazione di nuovi occupati. Per l'imposta sulle società, l'impuesto de sociedades,che nel territorio spagnolo è del 35 per cento, i benefici si applicano tenendo conto di tre distinti periodi che variano a seconda dell'anno di insediamento nella ZEC. Faccio un esempio che riuscirà a far capire a tutti il meccanismo. Se una società Alfa si insedia nella ZEC nei primi due anni dall'autorizzazione dell'Unione europea e crea un numero netto di occupati da 5 a 8 pagherà in luogo del 35 per cento un'imposta dell'1 per cento per i primi tre anni di attività, del 2,5 per i successivi quattro e del 5 per il restante periodo di applicazione. Al crescere del numero degli occupati l'aliquota dell'imposta si riduce progressivamente fino a un minimo a regime del 3,5 con oltre 20 occupati.

Nei Paesi di nuova adesione, come prima vi dicevo, all'Unione Europea, con decorrenza dal 1° maggio 2004 sono particolarmente interessanti le ipotesi di istituti franchi elaborati dalla Repubblica lettone. Le zone franche speciali, le special economic zone, in Lettonia sono state introdotte con diversi provvedimenti. Anche qui l'insieme del pacchetto di agevolazioni prevede dall'esenzione dell'80 per cento dell'imposta sulla proprietà immobiliare, all'ammortamento accelerato fino al 200 per cento della percentuale ordinaria, all'esenzione del 70 per cento dell'imposta sul reddito.

Perché tutta questa digressione su modelli che già sono operanti nel resto d'Europa e del mondo? Per rappresentare la certezza, la consapevolezza del mio partito, del mio Gruppo, ma penso oramai dell'intero immaginario collettivo che certo vi sono delle criticità, certo ci sono delle difficoltà, però questo modello esiste ed è ben consolidato altrove. La nostra attività, la nostra capacità di studio deve essere rivolta a coglierne gli aspetti positivi per poterli riproporre e, in questo caso, quello che ci sentiamo di chiedervi è di "gettare il cuore oltre l'ostacolo".

Se serve che la Commissione faccia sintesi degli emendamenti che sono stati presentati per migliorare il testo (perché nel testo che oggi abbiamo in approvazione ci sono delle espressioni che, l'abbiamo detto un po' tutti, non sono assolutamente avvallabili) facciamolo, ma entro questa settimana diamo un segnale ai sardi che questa politica riesce anche a dare risposta a delle aspettative senza alimentare false aspettative, senza utilizzare questo strumento in chiave propagandistica, ma cercando di dare una svolta a questo circuito economico che langue.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, probabilmente finiremo questa discussione con la votazione sul passaggio all'esame degli articoli intorno alle 20, credo anche prima perché per quanto mi riguarda non utilizzerò tutto il tempo a disposizione. Onorevole Pittalis, ho capito il senso della sua richiesta, ma credo che il tempo dedicato al dibattito odierno non sia stato perso; Anzi, credo sia stato utile e importante il dibattito svolto nel corso della discussione generale che si è aperta la scorsa settimana. Così come ritengo sia stato importante anche il lavoro svolto dalla Commissione in questi mesi, in queste settimane. Oggi, tuttavia, mi dispiace manchi il Presidente della Regione...

MURGIONI (Fratelli d'Italia). E' qua, sta seguendo con attenzione.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). C'è, però dubiterei del fatto che stia seguendo con attenzione. Però, mi rendo conto che ha poca importanza.

Oggi sono successe alcune cose importanti. Ritengo sia stata rilevante la riunione che si è svolta alle 15 e 30 tra i Capigruppo e il Comitato per la zona franca. Ritengo sia stata importante, assessore Zedda, almeno lei mi segua, anche la riunione svolta dalla Giunta qualche ora fa, se non ho capito male, stamane, sempre con il Comitato per la zona franca. Mi sembra di poter definire queste due riunioni come dei passaggi impegnativi (e spiace che in qualche maniera si sia cercato di derubricare il dibattito di questa sera), perché hanno consentito di fare chiarezza anche alla luce delle polemiche di queste settimane.

Polemiche che hanno visto mettere in essere il tentativo di scaricare sul Partito Democratico la responsabilità della non attuazione della zona franca. Lo voglio ribadire con molta nettezza: noi non siamo mai stati contrari all'attuazione della zona franca, non siamo contrari, però vorremmo, e attendiamo su questo l'intervento del Presidente della Regione, comprendere meglio come la Giunta regionale, la maggioranza, intenda declinare questo strumento. In questa declinazione credo si collochino le riunioni, anche quelle odierne, alle quali attribuisco una grande importanza.

Non ritengo sia un caso che la stessa Giunta regionale quest'oggi, a seguito della riunione di cui parlavo, abbia presentato un emendamento che ne corregge sensibilmente un altro, presentato nei giorni scorsi (quello che Gian Valerio Sanna nel suo intervento ha definito come l'emendamento voluto dalla maggioranza), e non è un caso che quell'emendamento, caro Pietro, abbia come primo firmatario il presidente Cappellacci, non è un caso. Quell'emendamento, oggi, è stato sensibilmente modificato, per usare un eufemismo io direi buttato nel cestino, da un altro emendamento della Giunta.

Credo che questo sia importante dirlo, in quest'Aula soprattutto, perché su quell'emendamento in queste settimane si è costruita un'azione politica che nulla aveva a che vedere con l'etica della responsabilità istituzionale che deve avere chi ricopre la massima responsabilità di governo di una Regione. Oggi è la stessa maggioranza, è la stessa Giunta che corregge, presidente Artizzu, un emendamento presentato in Commissione, primo firmatario il Presidente della Regione.

Io do atto alla Giunta di avere ascoltato, perché no, giustamente e legittimamente il Comitato per la zona franca che a sua volta, nell'audizione delle 15 e 30 con i Capigruppo, per loro stessa ammissione, ha giudicato questo emendamento in particolare inopportuno e non funzionale all'obiettivo che ci si prefigge.

Io vorrei ricordare anche un'altra cosa, a onor del vero. Lo stesso vicepresidente del Consiglio Angelino Alfano, quando ha incontrato il Presidente della Regione, l'onorevole Ugo Cappellacci (e ieri o forse l'altro ieri l'ha ripetuto anche Tajani), ha detto: "Non ci sono grossi problemi, voi potete chiedere la zona franca che volete, ma sia chiara una cosa", assessore Zedda, lei che è Assessore del bilancio è attenta alla necessità di far quadrare i conti, "Potete farla a una condizione, che per lo Stato sia a costo zero".

Tradotto, che cosa vuol dire? Vuol dire: "Voi potete anche decidere nel vostro territorio, se vi sarà concesso, di non far pagare l'IVA, sia chiaro però che io, Stato, dal gettito IVA che si produce in Sardegna ho un decimo, quel decimo io lo voglio, non ci sto rinunciando". Il P.D. quindi con serietà e anche sfidando provocazioni, improperi e quant'altro, e voglio finirla qui per evitare polemiche, ha chiesto, per poter comprendere (lo abbiamo chiesto e lo chiediamo anche oggi), che stasera o quando vorrete il Presidente della Regione ci fornisca una qualche proiezione dei costi e dei benefici.

Ho fatto questo esempio, riportato anche dalla stampa sarda, relativo alla dichiarazione del Vicepresidente del Consiglio Angelino Alfano in risposta al Presidente della Regione, e vorrei che su questo ci fosse una riflessione, una qualche considerazione, assessore Zedda, faccio appello alla sua onestà intellettuale, che so essere molto robusta, perché ci diciate qualcosa. La verità è che oggi cade una maschera, cade una maschera per il contributo anche di quelle organizzazioni che non sono partiti, che non sono istituzioni, che hanno avuto un ruolo in questi mesi nel rivendicare la zona franca.

Cade una maschera perché c'è il riconoscimento del merito delle perplessità, assessore Zedda, che noi abbiamo sollevato in queste settimane, in questi mesi perché gli emendamenti presentati oggi ma anche i nostri dei giorni scorsi, quelli dell'onorevole Maninchedda che sono già depositati, vanno in questa direzione. Allora la verità è, nessuno ce ne voglia perché nessuno vuole offendere sul piano personale alcuno, che il Presidente della Regione con quell'emendamento che è un'offesa all'intelligenza minima di chi deve sedere qua dentro ha tentato di cavalcare in maniera demagogica e populista un qualcosa che è fuori dal mondo, tant'è che chi è arrivato ben prima del presidente Cappellacci a chiedere la zona franca oggi si rende conto che quell'ipotesi di lavoro è assolutamente irrealizzabile.

E' grave, assessore Zedda, che un Presidente della Regione cavalchi una proposta che è pericolosa nell'interesse dei sardi; perché, attenzione, io non ci sto a passare tra quelli che propongono cose assurde, incredibili, tanto qualcuno ci dirà che non è realizzabile, il fatto grave è che ci sia qualcuno che le propone. Noi riteniamo, scopro l'acqua calda ovviamente, che la politica impositiva sia ovviamente una delle parti, forse la più importante, della ricchezza che produce uno Stato, e la politica impositiva è più forte se siamo in presenza di una economia sana.

Non c'è Paese al mondo che non attui una politica impositiva per pagarsi i servizi universali; poi uno Stato, grande o piccolo che sia, può decidere nei confronti di un'area disagiata del proprio territorio, limitata geograficamente rispetto alla densità di popolazione, insomma le cose che sappiamo e che ha richiamato poc'anzi anche Christian Solinas, di intervenire e di esentare quelle realtà dalla politica impositiva. Ma stiamo parlando di realtà modestissime ed è il caso, ripeto, di quegli esempi che sono stati citati anche quest'oggi.

Allora, signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, noi l'abbiamo chiesto prima, pensiamo che il testo degli emendamenti debba tornare ovviamente in Commissione, non c'è altra sede che possa istruire adeguatamente i lavori per l'Aula. Noi in Commissione, così come non ci siamo sottratti alla nostra responsabilità durante i lavori di questi mesi nella prima Commissione, non faremo mancare il nostro contributo severo per il raggiungimento di determinati obiettivi nell'interesse dei sardi.

Con la stessa determinazione, presidente Cappellacci, non saremo assolutamente disponibili a tollerare ulteriori propagande di venditori di tappeti, questo non lo possiamo permettere a nessuno nella maniera più assoluta quale che sia il livello di responsabilità che ricoprono in questo momento.

(Interruzione del consigliere Pittalis)

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). I venditori di tappeti, Pietro non sei tu, non sei tu, vendono tappeti e ogni tanto li acquistiamo, ma vendono tappeti non vendono altro, vendono tappeti e magari li vendono anche senza pagare l'IVA, magari li vendono anche senza pagare l'IVA ma sono venditori di tappeti! Certo è un lavoro come un altro ma è diverso da quello del legislatore, al legislatore si chiede una responsabilità diversa.

Noi diamo pertanto il nostro contributo in Commissione e in Aula in questa direzione e ribadiamo, per evitare ulteriori strumentalizzazioni, che non c'è mai stata e non c'è una opposizione strumentale del Partito Democratico. Quello che è avvenuto oggi dimostra che chi ha assunto posizioni e messo in essere atteggiamenti e comportamenti strumentali anche con quell'emendamento, primo firmatario il Presidente della Regione, modificato sensibilmente dall'emendamento presentato dalla Giunta, ha voluto caricare questa discussione di una valenza che non ha, perché questa discussione doveva avere una valenza non per gestire la campagna elettorale (ma di questo ho l'impressione che se ne siano accorti un po' tutti), ma per tentare di offrire, attraverso un impegno serio, uno strumento alla Sardegna per superare qualche elemento di difficoltà. E non sarà comunque la panacea ovviamente di tutti i nostri problemi.

Questo è un lavoro serio, forse a partire da domattina si riprende questo lavoro serio, un lavoro serio che si è interrotto quando la maggioranza ha presentato quell'emendamento in Commissione, primo firmatario il Presidente della Regione autonoma della Sardegna.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

ZEDDA (P.d.L.), Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.Presidente, intervengo per brevi chiarimenti. Sulla presentazione degli emendamenti ci può stare che su un argomento così difficile, come tutti avete detto tra l'altro, di così rilevante importanza, anziché approvare delle norme inapplicabili o che possono addirittura prestarsi all'impugnazione da parte del Governo italiano, si facciano delle riflessioni.,

Onorevole Diana, le riflessioni le abbiamo fatte tante volte, quindi io non vedo come una cosa strana la possibilità di migliorare il testo, così pure come da parte della Giunta c'è ancora la disponibilità a migliorarlo in quest'Aula. Dico anche che il primo emendamento presentato, io l'ho ammesso anche il giorno che ne abbiamo parlato per la prima volta, ovviamente onorevole Cuccu posso concordare con lei sul fatto che non è quello che tutti auspichiamo, cioè il massimo che potremmo ottenere, tuttavia nasce da un confronto serrato durato alcuni mesi con lo Stato italiano.

Quindi sappiamo che il contenuto di quell'emendamento certamente vedrà la luce e sarà approvato nella prossima legge di stabilità, perciò forse non ha senso scrivere un testo sapendo che quello ufficiale, che non ha bisogno di fare ulteriori passaggi, sarà nella disponibilità delle nostre norme in brevissimo tempo. Il primo emendamento ha i contenuti di quello che verrà approvato con le modifiche dell'articolo 10.

In relazione al secondo emendamento, la Giunta in questi giorni ha continuato ad approfondire, anche a verificare gli altri emendamenti presentati ma soprattutto quanto emerso nella discussione in quest'Aula e si è convenuto di rendere un testo molto più snello, molto più vero e molto più applicabile. Quindi questa è stata, onorevole Diana, forse una nostra colpa, non lo so, però abbiamo provato a dare un contributo che crediamo possa essere approvato dall'Aula nei prossimi giorni.

In generale devo dire che qui non ci sono né cialtroni, né venditori di tappeti, tanto meno gente che aizza le folle o li porta a pensare cose differenti. Con i Comitati la Giunta ha sempre avuto un confronto leale, corretto, senza false promesse ma facendo un'unica promessa: portare a casa ciò che è possibile dell'istituto della zona franca nell'interesse di tutti. Nessuno pensa di cancellare entrate regionali dall'oggi al domani, nessuno pensa di aprire rubinetti finanziari, tanto meno di confondere il pensiero né di famiglia tanto meno delle aziende. Siamo tutti convinti, e in quest'Aula oggi è emerso significativamente, che il vero movimento è dato dalla produttività, dal lavoro.

Concordo perciò anche con l'onorevole Salis quando dice che non si può vivere solo di sgravi fiscali ma bisogna muovere il mercato interno e la produzione, ovviamente è quella la vera cartina di tornasole; però dico anche che io e tutta la Giunta non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare a questa partita di tentare il massimo, e per il massimo io intendo uno Statuto sardo che ci dia la possibilità di arrivare alla zona franca integrarle. Lo faremo con la consapevolezza di scrivere norme corrette tutti insieme e, soprattutto, di continuare quella battaglia con il Governo italiano che come avete ricordato anche oggi è aperta ormai su molti fronti, ma non "abdicheremo" neanche a uno.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli. Chi lo approva alzi la mano.

(E'approvato)

Il Consiglio è riconvocato domani mattina, mercoledì 6 novembre, alle ore 11. Alle ore 9 e 30 è convocata la Commissione autonomia per il parere sugli emendamenti, mentre alle ore 10 è convocata la Conferenza dei Presidenti di Gruppo per l'incontro con le delegazioni dei piloti di Meridiana e dei lavoratori delle società in house.

La seduta è tolta alle ore 20 e 06.



Allegati seduta

Testo delle interrogazioni e mozione annunziate in apertura di seduta

Interrogazione Dedoni, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione del terzo polo per il trattamento dei rifiuti e la valorizzazione della raccolta differenziata del Consorzio provinciale industriale di Oristano (CPIOR).

Il sottoscritto,

PREMESSO che il Consorzio provinciale industriale di Oristano (CPIOR) con deliberazione della Giunta regionale 18 luglio 1986, n. 36/107, è stato individuato, anche dal Piano regionale di gestione dei rifiuti, quale soggetto attuatore dell'impianto di trattamento dei rifiuti solidi urbani e valorizzazione delle raccolte differenziate al servizio dell'ambito territoriale ottimale della Provincia di Oristano;

CONSIDERATO che il CPIOR si occupa del controllo della gestione dell'impianto per la selezione e il trattamento dei rifiuti solidi urbani di Arborea, realizzato dall'ente, costato 22 milioni di euro ed operativo dal 2012;

VALUTATO che l'impianto, situato nelle campagne di Arborea su un'area di quindici ettari, è composto da tre lotti, di cui solo due, allo stato, funzionanti per il trattamento del rifiuto indifferenziato secco non riciclabile e per l'umido organico da trasformare in compost di qualità per l'agricoltura;

VERIFICATO che la valorizzazione dei materiali riciclabili carta e cartone, vetro, metallo, plastica, ingombranti, non è ancora operativa e dovrebbe essere effettuata nel terzo lotto, per il quale risulta essere ancora in corso di attuazione l'iter della gara d'appalto per la parte finanziata;

CONSIDERATO che si rende comunque necessario definire l'operatività del terzo lotto dell'impianto, regolamentandone i rapporti relativi alla stessa gestione compresa la certa assicurazione della valorizzazione dei materiali riciclabili;

VALUTATO che in base al decreto legislativo n. 22 del 1997 ed alle successive integrazioni ed innovazioni legislative in materia ambientale ed agli indirizzi dei regolamenti comunitari in materia, è oramai acquisito ed acclarato il principio del "riciclo a km 0" dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti;

VERIFICATO, conseguentemente al punto precedente, che la valorizzazione del materiale proveniente dalle raccolte differenziate operate a livello comunale deve rispondere al principio di compatibilità ambientale finalizzato anche al pieno recupero delle parti valorizzabili da immettere nei processi di riciclo rispettando l'individuazione della filiera corta e cioè del ciclo raccolta-trasporto-riciclo e trasformazione in ambiti territoriali su scala provinciale o regionale;

CONSIDERATO che nel territorio oristanese, a Santa Giusta, opera da circa sessant'anni l'originaria Cartiera Santa Giusta Srl per la produzione di carta per ondulatori dalla carta da macero raccolta in gran parte del territorio provinciale e del Medio Campidano e del nord Sardegna;

VALUTATO inoltre che la medesima iniziativa aziendale, dopo aver avviato anche un sacchettificio, ha proceduto alla costituzione della cartiera Papiro sarda Srl finalizzata ad una nuova produzione di carta per ondulatori di tipo più pregiato e carta accoppiata al polietilene per macellerie e pescherie;

CONSIDERATO che con la costituzione, nel 2006, della Recupero carta Srl, prende corpo una lungimirante strategia di razionalizzazione delle attività del gruppo Papiro sarda che si arricchisce di un nuovo capannone ad Assemini e, con la creazione della Papiro sarda converting Srl, promuove l'accorpamento dei processi di trasformazione del prodotto finito per meglio soddisfare, per il 30 per cento della propria produzione, il mercato interno, per il 60 per cento il mercato nazionale ed estero delle multinazionali del comparto e per il rimanente 10 per cento i fabbisogni dello stesso gruppo Papiro; la produzione complessiva di carta raccolta è di circa 50 mila tonnellate/annue e circa 20 mila tonnellate/annue di carta trasformata;

CONSTATATO che alla fine del 2012 le aziende del gruppo Papiro, unitamente ad altre realtà del comparto ed in particolar modo alla Ondulor di Oristano, hanno costituito il Consorzio regionale carta e cartone Sardegna (CrccS), consorzio di filiera che attualmente è stato riconosciuto come partner da parecchie amministrazioni comunali (ad oggi circa 30) e dall'ANCI Sardegna con il quale si è stipulato specifico protocollo d'intesa, oltre ad aver già avviato incontri e contatti con il competente Assessore regionale della difesa dell'ambiente e con assessori e presidenti di provincia;

CONSIDERATO che la mission del CrccS tende a riportare nel nostro territorio regionale la cultura e i benefici della raccolta differenziata, aumentandone la produttività, valorizzandone l'imprenditoria locale e nel contempo, promuove progettualità a forte rilevanza sociale finalizzate a orientare opportunità occupative e di reinserimento sociale per giovani a disagio;

VALUTATI i potenziali spazi di crescita della raccolta di materiali cartacei ad opera soprattutto delle famiglie, delle realtà burocratiche, pubbliche e private, e degli uffici e strutture di servizi e consulenza, nel pieno rispetto del principio normativo dei riciclaggio a "km 0";

VERIFICATO che la Papiro sarda, in sintonia con le finalità del CrccS, ha formalizzato per tempo una specifica manifestazione di interesse al tonnellate/annue CPIOR per la gestione del terzo lotto dell'impianto finalizzato alla selezione, trattamento e valorizzazione dei materiali riciclabili, in considerazione della lunga esperienza della lavorazione e riciclo della carta e cartone, della professionalità della propria struttura operativa e del management aziendale, capaci di garantire ed assicurare una ottimale gestione dell'impianto in questione;

PRESO ATTO che la stessa Papiro sarda, pur avendo in corso la delocalizzazione di parti dei propri impianti per motivi urbanistici, dal centro abitato del Comune di Santa Giusta al Comune di Marrubiu, si mostra disponibile a sospendere l'iniziativa ed indirizzare i propri sforzi, anche di carattere economico, in favore di una gestione unitaria da far gravitare sull'attuale bacino di raccolta della materia prima in questione, in sintonia con l'interesse primario delle strategie di sviluppo del territorio e nel rispetto delle funzioni di indirizzo e controllo del medesimo CPIOR,

chiede di interrogare il Presidente della Regione, l'Assessore regionale dell'industria e l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente per sapere se:

1) siano a conoscenza di quanto su esposto, in rapporto soprattutto alla tempistica della messa a regime delle attività del terzo lotto dell'impianto in questione e delle fattive proposte di collaborazione mosse dal Gruppo Papiro sarda in una più ampia prospettiva di intervento territoriale manifestata dal Consorzio regionale della filiera carta e cartone;

2) intendano intervenire con la dovuta urgenza ed efficacia affinché le proposte di un interlocutore imprenditoriale e lo sforzo innovativo delle aziende del comparto della carta, costituitesi in forma consortile (allo stato unica esperienza a livello nazionale), non risultino trasparenti riguardo le decisioni e le scelte della programmazione e pianificazione territoriale degli interventi in ambito ambientale;

3) valutino positivamente la valorizzazione, soprattutto nella presente fase di acuta crisi economica e, sovente, di valori imprenditoriali e progettuali, delle spinte di singoli imprenditori a superare, associandosi, le difficoltà di mercato e la progressiva caduta di competitività del nostro sistema industriale;

4) ritengano chiedere al CPIOR quali determinazioni nel breve periodo intenda effettuare e quali motivazioni positive o negative abbia rilevato nelle proposte presentate dal Gruppo Papiro sarda. (1236)

Interrogazione Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla continua attività di convenzionamento per incarichi e collaborazioni varie in contrasto con le norme regolanti le procedure per l'affidamento di incarichi ed elevato contenuto professionale.

Il sottoscritto,

PREMESSO che:

- l'Amministrazione svolge l'attività istituzionale mediante il personale inserito nella propria dotazione organica che non solo è la traduzione formale del fabbisogno della struttura organizzativa, ma è lo strumento cardine del controllo della spesa in materia di risorse umane; il ricorso alle collaborazioni esterne costituisce un'evidente eccezione a questi principi, che si connettono all'articolo 97 della Costituzione; ciò spiega il rigore dei presupposti e delle modalità stabiliti dalla legge sia nazionale che regionale per ricorrervi, a garanzia sia del controllo della spesa che dell'imparziale e corretta gestione delle risorse umane, dato che le modalità di costituzione dei rapporti di collaborazione non hanno le garanzie proprie delle procedure per l'accesso all'impiego nella pubblica amministrazione;

- sono diverse in questi ultimi anni le segnalazioni sull'affidamento ad esterni all'Amministrazione regionale di compiti e attività che sono in contrasto con le direttive nazionali relative al contenimento di spesa per tali incombenze e in contrasto con la normativa regionale e in particolare con gli indirizzi impartiti dalla Giunta regionale;

CONSIDERATO che:

- l'Amministrazione regionale può ricorrere alle collaborazioni esterne avvalendosi dell'articolo 6 bis della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31; in particolare, l'articolo 6 bis limita chiaramente il ricorso ai contratti di lavoro autonomo di natura occasionale; sono consentiti, infatti, esclusivamente quelli ad elevato contenuto professionale e laddove si sia accertata l'impossibilità di farvi fronte con le risorse professionali presenti al suo interno; le procedure di selezione comparativa per l'attribuzione degli incarichi devono essere avviate previo parere vincolante della direzione generale competente in materia di personale;

- i contratti di lavoro autonomo di natura occasionale e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa devono rispettare i seguenti principi: attinenza dell'incarico alle competenze attribuite; elevata qualificazione delle prestazioni richieste, e quindi della professionalità della persona con cui si instaura la collaborazione; oggettiva impossibilità di far fronte all'esigenza con le risorse professionali interne, in quanto le conoscenze ed esperienze richieste risultano eccedere quelle normali del personale della direzione generale;

RILEVATO che, secondo l'esito di un ancora parziale accesso agli atti, la Regione, dal 1° gennaio 2012 ad oggi, ha impiegato circa 5.300.000.000 di euro per corrispettivi, incarichi e collaborazioni, spesso in aperto contrasto con le regole e le norme sopra richiamate;

PRESO ATTO che, a solo titolo di esempio:

- con determinazione n. 1286 del 5 ottobre 2012 l'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale ha avviato un avviso pubblico per un'indagine di mercato finalizzata all'affidamento del servizio di consulenza economica, specialistica, per gli aspetti concernenti il rapporto costo/efficacia e la sostenibilità dei nuovi farmaci; con determinazione successiva, n. 1408 del 26 ottobre 2012, si è ritenuto poi di procedere, nell'ambito di questo programma di "farmacovigilanza attiva", al convenzionamento di operatori con competenze esclusivamente giuridiche secondo criteri valutativi assolutamente poco convincenti;

- ancora, l'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, inspiegabilmente, nell'ambito di un fantomatico progetto per la comunicazione e divulgazione dell'importanza delle strutture di psicologia ospedaliera e delle emergenze e dell'integrazione delle stesse nel contesto ospedaliero, ha ritenuto necessario selezionare un professionista con la finalità "di generare maggiore attenzione alla componente soggettiva del paziente, ... abbandonando la concezione del malato come "oggetto" da curare, a favore di un'ottica globale e multi professionale"; come si può facilmente capire, motivazioni assolutamente generiche e risibili a metà fra un racconto romanzato e una "mission impossibile"; il servizio è stato assegnato sottosoglia con affido diretto, senza alcuna valutazione del merito e delle reali attitudini al compimento degli obiettivi e senza che sia stato documentato che l'Amministrazione non possiede al proprio interno un professionista adeguato a tale incombenza; la convenzione è finanziata con i fondi per la pubblicità istituzionale e dunque nella diretta responsabilità del Presidente Cappellacci,

chiede di interrogare il Presidente delta Regione per conoscere se:

1) non ritenga urgente disporre una rapida ed urgente verifica sull'uso abnorme, e oramai fuori controllo, di risorse regionali per l'affidamento di incarichi e consulenze senza il rigoroso rispetto delle normative previste per tali procedure;

2) non ritenga di dover porre moratoria al ricorso continuo e immotivato all'affidamento diretto così come richiamato in premessa di professionisti spesso dai curricula assolutamente privi dei necessari caratteri di competenza e di affidabilità;

3) sia in grado di quantificare, rispetto ai rilievi già espressi dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione del bilancio della Regione, in che misura si sia intervenuti per arginare il già denunciato ricorso alla spesa per consulenze e per affidamenti professionali senza le corrispondenti garanzie di necessità e di urgenza;

4) voglia trasmettere, per tutte le consulenze ed incarichi assegnati nel 2013 con affido diretto, un report dettagliato dei risultati conseguiti e dei benefici perseguiti a vantaggio della collettività;

5) possa spiegare perché l'Amministrazione regionale non disponga di psicologo professionista di comparabile professionalità da poter essere impiegato nelle mansioni indicate dalla determinazione richiamata in premessa.

Si chiede altresì al Presidente della Regione un rendiconto dettagliato sull'uso dei fondi di cui all'UPB S05.01.001 - capitolo SC05.0024 entro trenta giorni dalla presente, decorsi i quali la presente interrogazione verrà trasformata in mozione urgente. (1237)

Mozione Zuncheddu - Cocco Daniele Secondo - Sechi - Cugusi sulla necessità dell'installazione di centraline di monitoraggio dell'aria in prossimità del quartiere Sant'Elia a Cagliari, esposto all'inquinamento atmosferico dei poli industriali del distretto di Cagliari ovest (Macchiareddu e SARAS).

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- da decenni continuano ad essere pressoché ignorati dalle istituzioni a tutti i livelli (dai vari Ministeri del Governo italiano alla Regione) i risultati allarmanti circa il notevole aumento dell'incidenza di patologie quali tumori, leucemie e linfomi non Hodgkin nel distretto sanitario di Cagliari ovest e delle aree in prossimità della raffineria SARAS (si vedano le varie fonti autorevoli quali, per esempio, lo studio commissionato all'Istituto superiore di sanità dai sindaci dei Comuni di di Sarroch e Villa San Pietro negli anni novanta, il "Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti in aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna", il rapporto SENTIERI (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinanti) del 2012, nonché gli studi condotti dal prof. Pierluigi Cocco (del Dipartimento di sanità pubblica della sezione di Medicina del lavoro presso l'Università di Cagliari) pubblicati sulla rivista "Epidemiologia & Prevenzione";

- in particolare, dallo studio di cui sopra è emerso che rispetto ai linfomi non Hodgkin, nell'arco temporale compreso fra il 1974 e il 1993:

- la popolazione maschile, ma non quella femminile, residente nel distretto sanitario di Cagliari ovest, escludendo la città di Cagliari, presentava un rischio elevato di emolinfopatie maligne, e in particolare di leucemie (tutte le leucemie: osservati 59, attesi 35,27; OR = 1,7; IC 95 per cento 1,30 - 2,15);

- i rischi più elevati di leucemie si manifestavano nel Comune di Pula (osservati 8, attesi 2,32; OR = 3,4; IC 95 per cento 1,80 - 6,60), Sarroch (osservati 5, attesi 1,92; OR = 2,6; IC 95 per cento 1,12 - 6,05) e Assemini (osservati 17, attesi 6,72;OR = 2,5; IC 95 per cento 1,60 - 4,00);

- se, infatti, è vero che gli studi sopra citati hanno permesso di registrare la quantità e la qualità degli agenti inquinanti nelle aree prossime ai poli industriali di Sarroch e Macchiareddu e valutare l'incidenza di varie patologie (tumori, linfomi, leucemie, patologie cardiovascolari degenerative e respiratorie), è altrettanto vero che altre aree nel sud della Sardegna, comunque esposte all'inquinamento di tali industrie, in particolare nel cagliaritano, non sono state oggetto di ulteriori approfondimenti o studi mirati: da diversi decenni, infatti, l'azione dei venti espone queste aree ai forti miasmi e agli agenti inquinanti provenienti dalla raffineria della SARAS, poco distante in linea d'aria dallo stesso quartiere di Sant'Elia;

CONSTATATO che si tratta, infatti, di emissione diffusa e non più localizzabile geograficamente rispetto a specifiche aree circoscritte: l'esposizione alle emissioni inquinanti in atmosfera provenienti da Sarroch si è infatti notevolmente allargata negli anni, coinvolgendo aree sempre più vaste e distanti dalla raffineria; negli anni, medici di base e specialisti hanno potuto riscontrare la crescente incidenza delle suddette patologie nella popolazione residente nel quartiere cagliaritano e nelle aree ad esso limitrofe; ulteriore dimostrazione di tale incremento, è il notevole aumento delle esenzioni per patologia che sono state riconosciute nel tempo ai cittadini residenti in tale area;

PRESO ATTO che, dalle ciminiere della SARAS, vengono rilasciati in atmosfera inquinanti come cromo e suoi composti, particolato PM 10, PM 2,5, arsenico, cadmio, cianuro, nickel, benzene: agenti fortemente inquinanti per il suolo e le acque costiere, che potrebbero esserne alterate irreparabilmente, insieme alla flora e alla fauna marine e alle attività antropiche, come il turismo e la pesca, particolarmente attiva nel golfo su cui si riversa la raffineria della SARAS,

impegna il Presidente della Regione, l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente, l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale e tutti gli Assessori, ognuno per propria competenza

affinché:

1) intervengano a tutela dell'ambiente e dei cittadini residenti, ricorrendo a tutte le misure e iniziative necessarie, in sinergia con l'ARPAS e le istituzioni competenti a vari livelli, comprese ASL e università, per installare una o più centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria nel quartiere Sant'Elia di Cagliari e delle aree ad esso limitrofe;

2) prevedano, in attesa di centraline fisse definitive, l'installazione di soluzioni mobili, al fine di individuare preventivamente i siti strategicamente più funzionali al monitoraggio dell'aria, il numero di centraline necessario per il più efficace monitoraggio, il tipo di monitoraggio scelto, le tipologie di inquinanti oggetto di indagine, anche tenendo conto della particolarità delle patologie ad oggi riscontrate. (284)