Seduta n.159 del 16/11/2010 

CLIX Seduta

Martedì 16 novembre 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 33.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 28 ottobre 2010 (152), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Pietro Fois, Giampaolo Diana, Alberto Randazzo, Adriano Salis, Paolo Terzo Sanna, Carlo Sanjust e Pierpaolo Vargiu hanno chiesto congedo per la seduta del 16 novembre 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Costituzione del Comitato organizzativo e scientifico regionale per le celebrazioni in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia". (215)

(Pervenuto l'11 novembre 2010 e assegnato all'ottava Commissione.)

"Disposizioni in materia di voto domiciliare. Integrazione alla legge regionale 17 gennaio 2005, numero 2 (Indizione delle elezioni comunali e provinciali). Disciplina transitoria dell'abbinamento dei referendum regionali con le elezioni comunali e provinciali". (216)

(Pervenuto l'11 novembre 2010 e assegnato alla prima Commissione.)

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Cuccureddu - Salis - Steri - Vargiu - Sanna Giacomo - Diana Mario - Uras - Bruno:

"Disposizioni relative al patto di stabilità territoriale". (217)

(Pervenuta l'11 novembre 2010 e assegnata alla terza Commissione.)

Dedoni - Cossa - Vargiu - Fois - Meloni Francesco - Mula:

"Norme in materia di istruzione e formazione professionale". (218)

(Pervenuta il 12 novembre 2010 e assegnata alla terza Commissione.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Cucca - Moriconi - Sabatini - Caria - Manca - Meloni Valerio, con richiesta di risposta scritta, in merito alla definizione dell'Ambito territoriale ottimale ed alla gestione del servizio idrico integrato in capo ad Abbanoa Spa". (439)

"Interrogazione Espa - Caria - Mariani - Meloni Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di una maggiore flessibilità nell'erogazione delle prestazioni riabilitative che consenta ai centri riabilitativi di poter fornire più di una terapia giornaliera consecutiva". (440)

"Interrogazione Dessì, con richiesta di risposta scritta, in merito al programma di opere finanziate e mai realizzate dall'Autorità d'ambito ottimale della Sardegna nella provincia di Carbonia-Iglesias". (441)

"Interrogazione Cuccu - Agus - Caria - Sabatini, con richiesta di risposta scritta, sulla temporanea sospensione delle attività dei dipartimenti provinciali ARPAS di Villacidro-Sanluri, Ogliastra e Olbia-Tempio". (442)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interpellanza Sanna Giacomo - Dessì - Planetta - Maninchedda - Solinas Christian sull'accordo di programma del porto industriale di Cagliari". (165)

"Interpellanza Espa - Diana Giampaolo - Caria - Mariani - Meloni Valerio - Barracciusul continuo ricorso a lavoratori interinali da parte della ASL n. 8 e dell'Azienda ospedaliera G. Brotzu di Cagliari in presenza di graduatorie concorsuali in vigore" (166). (I consiglieri Bruno, Uras e Salis sottoscrivono l'interpellanza in data 23.11.2010).

"Interpellanza Cocco Pietro - Bruno - Lotto - Solinas Antonio sulla sospensione del rinnovo e rilascio di nuove concessioni demaniali a fini di pesca in Sardegna". (167)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Gavino Manca. Ne ha facoltà.

MANCA GAVINO (P.D.). Chiedo una breve sospensione della seduta per consentire ai colleghi di arrivare in Aula.

PRESIDENTE. Se non vi sono opposizioni, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 37, viene ripresa alle ore 17 e 43.)

Discussione congiunta della mozione Barracciu - Bruno - Uras - Salis - Agus - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione del sistema scolastico regionale, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento. (84) e dell'interpellanza Cuccu - Caria - Cucca - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio sui tagli degli organici nel settore della scuola per effetto delle disposizioni dell'articolo 64 del decreto legge numero 112 del 2008 (109)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta della mozione numero 84 e dell'interpellanza numero 109.

(Si riporta di seguito il testo della mozione e della interpellanza:

Mozione Barracciu - Bruno - Uras - Salis - Agus - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla drammatica situazione del sistema scolastico regionale, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- le potenzialità di sviluppo e progresso di un paese sono direttamente proporzionali agli investimenti fatti sul sistema dell'istruzione, da cui dipendono le competenze e conoscenze delle successive generazioni e che determinano, dunque, le prospettive di benessere, occupazione e civiltà dell'immediato futuro;

- i dati OCSE contenuti nell'ultimo rapporto "Education at a glance 2010" testimoniano che il sistema scolastico della Sardegna soffre di carenze tali da collocare la scuola sarda tra le ultime in Europa;

- dagli indicatori sui livelli di istruzione emerge infatti che nei paesi OCSE il 66 per cento della popolazione di 25/64 anni possiede almeno un diploma di scuola secondaria superiore mentre in Italia la percentuale scende al 44 per cento e in Sardegna si assesta intorno al 38 per cento; la Sardegna vanta anche il triste primato sull'abbandono degli studi: il 32,6 per cento della popolazione d'età compresa tra i 18 e 24 anni con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore non partecipa ad ulteriore istruzione o formazione; in Italia la percentuale scende al 22,1 per cento e nell'Unione europea al 15,2 per cento;

- l'indicatore sulle capacità di comprensione della lettura riferisce che il 36 per cento circa degli studenti isolani non è in grado di comprendere testi dal livello di difficoltà definito molto basso; nel nord-est del Paese questa percentuale scende al 10,9 per cento, nel centro si attesta al 20 per cento circa; il dato medio europeo è inferiore al 20 per cento;

CONSIDERATO che:

- per far fronte a tale situazione di allarme e per ristabilire una situazione di normalità sono necessari investimenti finanziari e risorse ben superiori a quelle attualmente disponibili;

- le politiche restrittive imposte dal Governo nazionale al settore dell'istruzione, lungi dal proporre una riforma organica della scuola, sono invece esclusivamente misure di contenimento della spesa pubblica e costituiscono un attentato che mina ogni tentativo di sostenibilità sociale, culturale ed economica perseguito in Sardegna negli ultimi cinquant'anni, con ripercussioni drammatiche, specie nelle zone interne dell'Isola, già sofferenti della dismissione di servizi pubblici essenziali e in cronico ritardo di sviluppo;

- innalzare i livelli e la qualità dell'istruzione in Sardegna è obiettivo già individuato da questo Consiglio regionale attraverso l'ordine del giorno n. 10 del 22 settembre 2009, che già un anno fa ha impegnato la Giunta regionale al suo perseguimento;

- l'ordine del giorno n. 10 del 22 settembre 2009 è rimasto lettera morta;

- la Giunta regionale non ha aperto alcun tavolo di confronto con il Ministero della pubblica istruzione, limitandosi a recepire passivamente le direttive ministeriali senza far valere le peculiarità utili a giustificare plausibili deroghe;

- l'ufficio scolastico regionale e quelli provinciali continuano tutt'oggi a non rendere pubblici i dati relativi alla situazione delle scuole e delle classi della Sardegna;

- di fronte al pericolo di soppressione di numerose classi e chiusura di convitti per insufficienza di iscrizioni soprattutto nelle scuole dei piccoli comuni, i dirigenti degli uffici scolastici hanno rassicurato province, comuni e dirigenti scolastici garantendo che sarebbero state attivate le classi che avessero raggiunto il numero minimo di 18 alunni;

- gli uffici scolastici non hanno comunque provveduto alla costituzione delle classi anche laddove, con grande impegno degli enti locali, è stato raggiunto il requisito numerico di cui sopra;

- i ragazzi iscritti nelle classi di cui trattasi non hanno ricevuto alcuna comunicazione nel merito e pertanto vivono, con le loro famiglie, nell'incertezza circa la scuola che dovranno frequentare;

RICORDATO che:

- ai sensi del titolo V della Costituzione, l'istruzione è materia di competenza concorrente e pur non avendo il Consiglio regionale della Sardegna deliberato una legge di settore, esistono tuttavia norme regionali che trovano applicazione in materia e la Regione può impegnarsi per addivenire ad accordi sulle scelte e sui finanziamenti per l'istruzione con il Governo nazionale;

- l'articolo 21 della legge regionale n. 12 del 2005 autorizza la Regione a "stipulare convenzioni con gli organi statali competenti e con unioni di comuni e delle comunità montane e di altre forme di gestione associata i cui ambiti territoriali siano coerenti con le previsioni del Piano degli ambiti ottimali di cui all'articolo 2, per il mantenimento in attività di istituti scolastici statali aventi sede in piccoli comuni e destinati ad essere chiusi in base alle disposizioni in materia";

RILEVATO che:

- la Giunta regionale della legislatura precedente aveva investito 30 milioni all'anno di risorse ordinarie fino al 2012 per un piano straordinario che aveva come obbiettivo una scuola qualificata, attrattiva ed altamente educante e fin dai primi provvedimenti la Giunta attuale ha provveduto a smantellare il grande progetto per la scuola della Sardegna, considerato un'eccellenza a livello nazionale;

- gli effetti dei provvedimenti ministeriali in Sardegna determinano un esubero di oltre 1.700 posti di lavoro, di cui almeno 1.000 interessano i docenti precari;

- la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale nell'affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

- i tagli sul personale ATA impongono in numerose scuole elementari e medie la soppressione dei rientri pomeridiani e con ciò un ulteriore impoverimento del percorso scolastico;

- gli accorpamenti fanno registrare in tutto il territorio molteplici casi di sovraffollamento delle classi, spesso in contrarietà alla normativa per la sicurezza;

- la soppressione di numerose classi prime, specie nei paesi delle zone interne, mette a rischio nell'immediato futuro la sopravvivenza di interi istituti scolastici, aumenta i disagi e fa venir meno la gratuità del diritto all'istruzione pubblica per centinaia di studenti;

- l'aumento del pendolarismo interesserà anche i bambini delle elementari;

- la chiusura dei convitti, che offrono servizi indispensabili per gli studenti pendolari specie delle zone più disagiate e di difficile collegamento, si traduce in maggiori tassi di abbandono scolastico e mette a rischio la sorte degli istituti ai quali i convitti sono collegati;

- l'assistenza agli alunni con disabilità risulta essere notevolmente insufficiente e non adeguata, considerato anche che, oltre al taglio dei docenti e del personale ATA addetto a funzioni di sostegno, è stata reiterata dal Governo nazionale l'abrogazione del limite di alunni con disabilità per classe, con grave danno della qualità dell'integrazione in quanto si potrebbero riverificare copresenze di anche 6 o 7 disabili per classe;

- l'edilizia scolastica in Sardegna versa in condizioni di diffuso abbandono e di difformità rispetto alle previsioni normative;

- l'offerta formativa risulta grandemente diminuita nelle scuole di ogni ordine e grado della Sardegna,

impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale

1) a riaffermare nei fatti il sistema dell'istruzione tra le priorità di questo Governo regionale in base al principio della centralità della scuola pubblica;

2) a procedere con la massima urgenza all'apertura di una forte vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio di qualità per i giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole e che, nell'individuazione dei criteri, riconosca il carattere speciale dei territori interni e montani della Sardegna e la peculiarità delle aree urbane a maggior rischio di emarginazione;

3) a intervenire con tempestività presso il competente Ministero affinché siano immediatamente ripristinate le prime classi e i convitti di cui è già stata decretata la soppressione e la chiusura nonostante il rispetto del numero di iscrizioni previsto;

4) a dare attuazione a quanto disposto in materia di diritto allo studio dalla legge regionale n. 12 del 2005, stipulando secondo necessità le convenzioni, di cui all'articolo 21, con gli organi statali competenti, con le unioni di comuni e con le comunità montane per il mantenimento in attività degli istituti scolastici statali aventi sede in piccoli comuni e destinati ad essere chiusi in base alle disposizioni in materia;

5) a prendere adeguate e urgenti misure per tutelare i docenti precari e il personale ATA rimasto disoccupato nonché a ripristinare la dotazione di personale ATA per garantire nelle scuole di ogni ordine e grado i rientri pomeridiani previsti ed il regolare svolgimento delle lezioni;

6) a tutelare il pieno diritto allo studio degli studenti sardi con disabilità, discriminati dalle norme ministeriali che riducono il sostegno loro dovuto, attraverso provvedimenti che garantiscano le pari opportunità per tutti;

7) a predisporre un piano straordinario per l'edilizia scolastica. (84)

Interpellanza Cuccu - Caria - Cucca - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio sui tagli degli organici nel settore della scuola per effetto delle disposizioni dell'articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008.

I sottoscritti,

PREMESSO CHE:

- il Governo, per il triennio 2009-2011, con l'articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto la riduzione di 132.000 unità negli organici della scuola, realizzando così quello che si configura come il più grande licenziamento di massa nella storia della pubblica amministrazione del nostro Paese; al comma 1 del sopraccitato articolo si legge, infatti che, ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente, a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010, sono adottati interventi e misure volti ad incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l'anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei;

- è un dato di fatto che nell'anno scolastico 2009/2010 sono presenti nelle scuole più studenti e meno personale docente e ATA rispetto a quello precedente e che la situazione per l'anno futuro non è destinata a cambiare;

- così come stabilito dalla circolare ministeriale n. 37/2010 recante disposizioni in ordine alla rilevazione delle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2010/2011, l'obiettivo è quello di effettuare dei tagli nel personale docente della scuola pubblica italiana per un totale di 25.600 posti: in applicazione di tale criterio sono stati quantificati in 22.000 i posti da ridurre in organico di diritto e 3.600 in organico di fatto;

- in Sardegna, anche a causa delle particolari condizioni geografiche e sociali, la situazione risulta particolarmente pesante; nell'anno scolastico 2009/2010, ormai quasi concluso, era previsto un organico di 22.866 unità, con un decremento rispetto all'anno precedente di 1.826 unità per il personale docente e di circa 300 posti per il personale ATA;

- il prossimo anno la scuola sarda potrà contare soltanto su un organico complessivo di 26.319 unità di personale (18.972 docenti e 7.347 ATA); sono 1.707 i posti tagliati nella scuola in Sardegna di cui 670 riguardano i collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici e 1.037 l'organico dei docenti, mentre gli studenti sarebbero circa 220.000 distribuiti nei 337 comuni;

CONSTATATO CHE:

- in realtà il presunto aumento del tempo pieno, così come affermato in una nota dal Ministero dell'istruzione, dove si afferma altresì che la Sardegna è una delle regioni con l'incremento più marcato, altro non è che un doposcuola, visto e considerato che con l'introduzione del maestro unico sono state abolite le compresenze degli insegnanti e sono stati tagliati posti di lavoro determinando una situazione di grave difficoltà per le scuole e soprattutto per i bambini che hanno l'orario di 30 e 40 ore;

- esiste la concreta possibilità, soprattutto nelle zone interne e nei piccoli comuni della Sardegna, che nelle scuole primarie si proceda all'accorpamento delle classi, costituendo delle multiclassi con bambini di età differenti, e ciò non farà altro che creare notevoli danni al processo di apprendimento degli alunni i quali dovranno affrontare programmi didattici specifici e con modalità organizzative differenti;

- l'aumento del numero di studenti per classe e la chiusura di alcune scuole potrebbero avere effetti devastanti in particolare per i territori interni e montani dell'Isola, che sarebbero così privati di un servizio essenziale di progresso e sviluppo per il territorio, molto spesso l'unica presenza locale delle istituzioni;

- la riduzione degli organici metterà seriamente a rischio l'erogazione del servizio scolastico nel suo complesso e anche gli alunni con disabilità vedranno ulteriormente ridurre il prezioso lavoro di assistenza dei collaboratori scolastici;

CONSIDERATO CHE:

- davanti a tutto questo la Regione Sardegna è sempre rimasta impassibile e l'unica azione che ha messo in atto è un accordo con il Ministro Gelmini che prevedeva uno stanziamento di 20 milioni di euro di fondi regionali, non solo insufficienti a coprire il reale fabbisogno delle scuole dell'Isola, ma che venivano sottratti alle scuole per i progetti finalizzati a combattere la dispersione scolastica e a sostenere l'autonomia organizzativa e didattica a favore degli studenti; l'accordo, grazie a una forte opposizione, è stato modificato;

- la drammatica situazione degli insegnanti precari e la tensione generalizzata del mondo scolastico sono aggravate in Sardegna dall'inerzia della Giunta regionale nell'affermare subito con forza ed efficacia di fronte al Governo nazionale la peculiarità evidente della situazione sarda, non solo culturale ed identitaria, ma legata anche alla distribuzione della popolazione e alla difficile viabilità;

- la Regione Sardegna deve far valere la sua competenza primaria in materia di istruzione e deve pretendere da parte del Governo centrale che il dimensionamento della rete scolastica avvenga tenendo conto delle condizioni geografiche, delle infrastrutture, della viabilità e dei trasporti e dell'identità e cultura di un Paese, poiché è facile intuire come queste scelte penalizzino il sistema scolastico isolano che deve far fronte anche a problemi legati all'isolamento di alcune zone interne, al sistema della viabilità e dei trasporti e alla carenza di infrastrutture,

chiedono di interpellare l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport per sapere:

1) se non ritenga opportuno prendere una posizione chiara in nome e a difesa dell'autonomia della Sardegna, affinché il Governo riveda la politica dei tagli, alla luce dei danni gravissimi che essi stanno producendo sul funzionamento quotidiano e sulla qualità della scuola pubblica in Sardegna;

2) quali iniziative ritenga opportuno intraprendere al fine di risanare una situazione che mette a repentaglio non solo il diritto allo studio degli studenti, ma soprattutto l'istruzione e la formazione e l'intero sistema scolastico sardo;

3) se non ritenga opportuno procedere con la massima urgenza all'apertura di una vertenza con il Governo nazionale al fine di assicurare il diritto allo studio dei giovani sardi attraverso l'adozione di un piano generale per la riqualificazione del sistema regionale della pubblica istruzione, che impedisca la chiusura delle scuole e che riconosca le peculiarità del territorio sardo. (109).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.

BARRACCIU (P.D.). Presidente, Assessore e colleghi, finalmente siamo arrivati alla discussione di questa mozione sulla scuola che è stata presentata, praticamente, all'inizio dell'anno scolastico e che per vari motivi ancora non era stata discussa nonostante l'urgenza della stessa ma, in particolare, la pregnanza dei problemi descritti e che attendono risposte dal Governo regionale e da questo Consiglio. Presidente, c'è molto chiasso.

PRESIDENTE. Onorevole Barracciu, ha ragione. Colleghi, vi prego di non disturbare l'oratore. Grazie.

BARRACCIU (P.D.). Mi fa recuperare, Presidente? Dicevo, si discute finalmente questa mozione anche alla presenza del neo Assessore dell'istruzione. Questa è la prima occasione nella quale viene in Aula a parlare del settore che le compete ed è anche l'occasione per farle ufficialmente gli auguri di buon lavoro. Sono già due gli anni scolastici che si aprono sotto il Governo Cappellacci e sono due gli anni scolastici che sono stati avviati sulla base delle disposizioni della controriforma Gelmini-Tremonti; una controriforma secondo noi retrograda nel metodo e devastante negli effetti che, lungi dal migliorare la situazione della scuola in generale, e quella della nostra Regione in particolare, ha fatto pagare alle persone e alla comunità della Sardegna prezzi altissimi, e farà pagare prezzi ancora più salati, come è ovvio che accada quando si decurtano le risorse per le politiche della conoscenza destinate a incidere sulle società del futuro.

E' vero che la nostra Costituzione, Assessore, Presidente, è ormai diventata grazie a Berlusconi e ai suoi compagni di viaggio carta straccia, ma si tratterebbe proprio di rispettare il dettato costituzionale che vuole una scuola atta a garantire uguaglianza e libertà, e che giustamente intende la scuola come unico e vero ascensore sociale per ridare slancio a una società che, a oggi, è come minimo bloccata. Ci lamentiamo adesso delle difficoltà della classe dirigente isolana ad affermarsi, a invertire le tendenze del ritardo di sviluppo di questa Regione, il dibattito sull'autonomia è stato lo specchio esemplare per questo; ebbene oggi invece di investire per avere tra dieci anni una classe dirigente preparata e capace, più preparata di quella attuale naturalmente, senza dare responsabilità precise a nessuno, anziché fare questo, con la complicità di questa maggioranza, tarpiamo le ali all'intelligenza dei nostri ragazzi nel momento in cui non ci occupiamo, come deve essere, della scuola.

Solo pochi giorni fa è stata diffusa la notizia dell'ennesima "mazzata" al diritto allo studio: "mazzata" è un termine che è stato utilizzato da quegli studenti che dovranno abbandonare gli studi a causa di ulteriori tagli governativi, stimati addirittura al 90 per cento, e che falcidieranno le borse di studio per gli studenti meritevoli. Ma, come se ciò non fosse abbastanza, apprendiamo - e vorrei sia che l'Assessore oggi ci rassicurasse nel merito, sia anche essere smentita - che la Giunta Cappellacci ha già predisposto con una delibera la riduzione del 10 per cento degli stanziamenti per l'ERSU. La Sardegna del presidente Cappellacci sarà ricordata, dopo 19 mesi di governo, per avere invertito il trend che per decenni, pur con mille difficoltà, almeno fino ad oggi, ha permesso alle giovani generazioni di istruirsi e di potersi riscattare da una condizione di ritardo di sviluppo sociale ed economico.

Un primato davvero increscioso di cui, secondo noi, il Presidente (questa Giunta) deve assumersi la responsabilità, come deve assumersi la responsabilità delle ingiustizie sociali generate dal suo procedere. Esiste un principio costituzionale al quale il suo operato dovrebbe ispirarsi e che invece è stato costantemente tradito, il principio delle pari opportunità, che non riguarda solo le differenze fra i sessi, ma riguarda tutti cittadini, in particolare i cittadini disabili, in particolare gli studenti con handicap verso i quali la politica regionale è diventata a dir poco matrigna: non si dovrebbe far cassa infierendo sui meno fortunati.

Nella scuola, in particolare, i tagli al personale, i tagli alle classi, i tagli all'assistenza, si traducono in maggiori svantaggi per gli studenti disabili. Il caso verificatosi in una scuola media di Macomer, dove è stata rilevata una sproporzione assurda, in una classe costituita di 27-30 alunni, tra alunni normo dotati e alunni portatori di handicap inseriti senza il giusto supporto da parte degli insegnanti di sostegno, non è un caso isolato. Il problema è comune a tutta la Sardegna, l'assistenza non è disponibile all'inizio dell'anno scolastico ed è ormai spesso ridotta a 4 ore e mezzo alla settimana, 9 ore per i casi più fortunati.

Assessore, sappiamo che negli ultimi giorni, lei si è occupato anche di questo tema al quale sta cercando di dare delle risposte; noi apprezziamo questo sforzo, però non è possibile che all'inizio di ogni anno ci si ritrovi di fronte all'emergenza di dover rispondere alle esigenze dei ragazzi disabili e delle loro famiglie che si trovano in una condizione di totale noncuranza rispetto alle disposizioni oltretutto delle leggi nazionali. D'altronde ci sono state delle novità in questo senso, rispetto all'ultima volta che discutemmo di scuola, che riguardano proprio i ragazzi portatori di handicap.

La Corte costituzionale nel febbraio di quest'anno ha dichiarato anticostituzionale il limite massimo stabilito al numero degli insegnanti di sostegno, fissato in 1 per 2 disabili a classe, dalla finanziaria del 2008; inoltre è stata riammessa la possibilità dell'assunzione di insegnanti di sostegno in deroga per particolari situazioni di gravità. A queste decisioni bisogna far seguire i fatti e non, possibilmente, in condizioni di emergenza, ma pensando e preparando il terreno anzi tempo e prima evidentemente che inizi l'anno scolastico.

Per il secondo anno di fila, infatti, la nostra è la Regione più colpita dai tagli, Assessore, in proporzione al numero degli abitanti. L'ultimo anno scolastico si è aperto con proteste ovunque, proteste fortissime dei docenti precari che, utilizzati per anni, in alcuni casi per 15-20 anni, dall'oggi al domani si sono ritrovati per strada; proteste degli studenti, delle loro famiglie e dei sindaci per le classi soppresse e le conseguenti pluriclassi, le aule sovraffollate, sostegno ridotto all'osso, attività integrative e tempo pieno cancellati o, in alcuni casi, ridotti drasticamente. Quest'anno, Assessore, Presidente, stesso film, stesso regista, stesso copione e stesso presupposto purtroppo.

E qual è il presupposto dal quale deriva la politica dell'istruzione in questo Paese, e che purtroppo è stata seguita anche in quest'Isola? Non la necessità di elevare i livelli di istruzione, non garantire a tutti pari opportunità di apprendimento, di educazione e quindi di cittadinanza, non elevare la qualità e la quantità dell'istruzione dell'offerta formativa, non garantire la sicurezza dentro le scuole, non garantire i diritti, non è questo che guida il Governo, il presupposto è fare cassa. Questo è il presupposto dal quale partono le politiche dell'istruzione in questo Paese.

Peraltro, fare cassa sulla pelle dei giovani e delle famiglie, in particolare su quelli che frequentano le scuole pubbliche dove si forma la maggior parte dei cittadini e delle cittadine; fare cassa a detrimento della scuola, quella pubblica, in specie quella pubblica. Così si realizza anche quel disegno, mai dichiarato, anzi sempre negato dalla destra di Berlusconi, ma evidentemente praticato, di smantellamento della scuola pubblica che noi invece difendiamo, perché da sempre garanzia di autonomia e libertà d'insegnamento.

E' quindi davvero difficile nascondere, oltre la rabbia, anche il notevole imbarazzo personale e istituzionale, Assessore, nel dover tornare per la terza volta, in 19 mesi, in questa legislatura, sullo stesso tema, sullo stesso argomento, a chiedere più o meno gli stessi impegni di un anno fa e più, e dopo che quest'Aula ha preso molto sul serio le dichiarazioni e gli impegni assunti dal precedente Assessore dell'istruzione, di cui ci auguriamo, Assessore, lei non vorrà seguire le orme. Stesso film con un cambio di cast!

Diciamo che, Assessore, lei ha fatto delle cose importanti, e io qui voglio rendergliene merito: in poche settimane ha dato le risposte che i sindaci, le famiglie, i rappresentanti dei genitori, le istituzioni, chiedevano a questa Regione, cioè affrontare soprattutto l'emergenza dell'inizio dell'anno scolastico, e lei ha messo in atto delle risposte importanti che hanno tamponato quella emergenza. Non abbiamo però la possibilità, riconoscendole questo…

(Brusio in Aula)

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

BARRACCIU (P.D.). No, che la scuola non interessi a nessuno è proprio, Presidente, incredibile! Non a nessuno, è vero, ad alcuni!

Dicevo, Assessore, le diamo merito del fatto che ha risposto prontamente ad alcune questioni aperte dall'inizio dell'anno scolastico che non avevano ricevuto risposta da parte del suo predecessore, salvando delle situazioni davvero drammatiche, davvero gravi; questo però, purtroppo, non ci esime dal dover essere nei suoi confronti, diciamo, abbastanza "severi", perché ci aspettiamo che ci sia un'inversione di rotta, quella che il suo predecessore e il Presidente - che ha in capo la responsabilità generale, comunque, delle cose che avvengono in questa Regione - non hanno fatto.

Non possiamo non chiedere, Assessore, che ci sia un'inversione di rotta, perché le condizioni in cui versa la realtà del nostro sistema scolastico non ce lo permettono, e noi saremo esigenti. Ma lei sa bene, Assessore, che quest'Aula ha già discusso altre due mozioni, la "14" e la "19", e ha approvato i contenuti dell'ordine del giorno del 22 settembre 2009 stilato e approvato dalla maggioranza (la nostra mozione era stata bocciata). Per più di un anno quelle sedute, quelle discussioni, sono rimaste lettera morta. Però noi non demordiamo, nonostante l'imbarazzo, perché prevalgono la preoccupazione e il senso di responsabilità che sentiamo sulle spalle.

Pertanto, con questa mozione richiamiamo la Giunta alle sue responsabilità e cerchiamo di assolvere al nostro compito, confidando evidentemente nel fatto che questo nuovo corso sia davvero diverso. Ci auguriamo che questa volta (se i colleghi hanno la disponibilità ad ascoltare) i colleghi della maggioranza - memori degli ordini del giorno approvati e disattesi - anziché proporre un altro ordine del giorno votino a favore della nostra mozione. Sappiamo tutti che l'inattività della precedente gestione dell'Assessorato è stata pressoché totale, come totale e disastroso è stato anche l'ultimo tentativo di attività precedente che si è concluso con la sottoscrizione dell'infausto accordo con la ministra Gelmini; sappiamo quindi, Assessore, che le basterà pochissimo per fare meglio di chi l'ha preceduta, però ci auguriamo non solo che faccia meglio, ma che faccia anche molto di più!

Questo Assessorato deve essere propositivo, risolutivo e, soprattutto, deve rimettere al centro dell'impegno le sorti e l'importanza della scuola. Non abbiamo molti strumenti; noi abbiamo le mozioni per richiamare la Giunta alle sue responsabilità perché, come dicevo genericamente all'inizio, la situazione della scuola non è più neanche quella già gravissima dell'anno scorso, è peggiorata e le previsioni sono preoccupanti. I dati OCSE contenuti nell'ultimo rapporto Education at a Glance 2010, testimoniano che il sistema scolastico della Sardegna soffre di carenze tali da collocare la scuola sarda tra le ultime in Europa. Sono dati riportati anche nella mozione.

Qualche settimana fa la Commissione dell'Unione europea ha pubblicato anche il rapporto sull'indice di competitività regionale nel quale si evidenziano, sulla base di 11 pilastri e circa 70 variabili, i punti di forza e di debolezza delle 271 Regioni europee. La competitività è stata intesa in una accezione larga che fa riferimento all'innovazione, alla qualità delle istituzioni, alle infrastrutture, al capitale umano. E'questa accezione ampia, Assessore, la ragione per la quale nessuna delle regioni italiane, neanche quelle del Nord, è risultata nei primi posti in graduatoria. Due sono gli elementi penalizzanti; il sistema istituzionale, peraltro paralizzato al punto che il nostro Paese è davanti solo a Bulgaria, Romania e Grecia; il sistema dell'istruzione, così mal ridotto e talmente incapace di produrre conoscenza che l'Italia perde anche la superiorità sulla Grecia e resta davanti solo alla Bulgaria e alla Romania, le cui condizioni naturalmente possiamo immaginarcele.

Altri dati, per chi li volesse leggere, sono contenuti nella mozione però sono importanti perché confermano una cosa, e cioè che la Sardegna, per chi se lo domanda, è agli ultimi posti in Italia. Mi chiedo se ci fosse bisogno di domandarcelo; rispondo di sì, in primo luogo perché quel lavoro, essenzialmente di misurazione delle condizioni di fatto, è stato concepito in quanto strumento essenziale per assistere le Regioni europee nell'elaborare correttamente le priorità da perseguire per aumentare la competitività, e viene sottolineata l'importanza del sistema d'istruzione, del sistema scolastico, e la capacità di formare le giovani generazioni. Ricordiamocelo perché stiamo parlando della qualità e delle prospettive delle nuove generazioni, delle generazioni future le quali, adesso, non costituiscono che una percentuale, purtroppo fin troppo bassa, della popolazione della Sardegna ma che domani saranno la popolazione della Sardegna.

Oggi quindi abbiamo grandi responsabilità, sappiamo che il nostro sistema scolastico educativo di base non funziona, occorre quindi porre rimedio o continueremo ad assistere allo spopolamento delle nostre terre, alla fuga delle menti migliori, alla mortificazione della maggior parte delle nostre intelligenze con conseguenti effetti negativi sulle potenzialità economiche, sociali, culturali, in una parola nell'azzeramento di ogni possibilità evolutiva per la nostra Regione. Il sistema quindi va aggredito con una terapia urgente e radicale.

Nella discussione delle precedenti mozioni, il collega Maninchedda ha richiamato l'Aula a un ragionamento sulla scuola, Assessore, che si ponesse fuori dalle dispute di parte affinché ci si attestasse tutti su un ragionamento intorno alla necessità di una riforma complessiva del sistema scolastico e alla necessità di creare un perimetro normativo - queste furono le sue parole - più opportuno ed entro il quale riformare la scuola sarda. Io concordai con lui allora, e se dovesse oggi il collega Maninchedda intervenire concorderei di nuovo, tanto più che oggi più di allora, ed è passato un anno, Assessore, il federalismo è ancora più incalzante e se non mettiamo mano a una vera riforma anche la scuola può subire risvolti ulteriormente negativi, peggiori di quelli attuali.

Allora dobbiamo decidere se e a quali condizioni prenderci tutte le competenze sulla scuola, io dico di sì ma questo passaggio va costruito tutto con precisione certosina e non c'è tempo, sono stati persi 19 mesi, il tempo è sempre meno. Certo confidiamo, così come pare, nella caduta del Governo e nell'interruzione del processo del federalismo, così come è disegnato da Tremonti-Bossi, però noi dobbiamo ragionare anche come se questo non accadesse, dobbiamo pensare alla nostra Isola. In questo senso, Assessore, serve un impegno politico serio anche per la definitiva e concreta attuazione del Titolo V della Costituzione, e definire una volta per tutte il ruolo dell'Ufficio scolastico regionale, la natura e il metodo del rapporto con la Regione e con gli enti locali.

Noi non possiamo più assistere ai rapporti che intercorrono fra sindaci, regione, province, Ufficio scolastico regionale dove coloro che hanno la responsabilità dell'Ufficio si comportano come dei meri burocrati che non hanno la possibilità, forse, ma molto più spesso la volontà, di rispondere ai problemi alla cui soluzione sono preposti; e sottolineo anche le modalità con cui questo Ufficio interpreta i bisogni del territorio e le relative risposte.

Ancora, serve un impegno politico perché si abbandoni, in relazione alla scuola, il criterio dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), questo è un punto molto importante, per passare invece a quello dei livelli essenziali degli apprendimenti e delle competenze (LEAC). È un punto molto importante, Assessore, è indispensabile tutto questo perché se è vero che nel contesto della riforma del Titolo V la previsione dei LEP, dei livelli essenziali, costituisce un punto di equilibrio tra l'affermazione dell'autonomia politica dei territori e l'esigenza di una uguaglianza sostanziale nella fruizione dei diritti sociali e civili, nella pratica invece (questo ci preoccupa) stiamo assistendo al fatto che il Governo, per fare cassa e non solo, va declinando i livelli essenziali in livelli minimi, e questo è gravissimo! Quindi è urgente la riforma, e anche partire dai punti che ci proponeva il collega Maninchedda un anno fa.

Ma è passato un anno e della riforma non c'è traccia; non credo quindi che non si possa non concordare sul fatto che, nonostante i richiami nelle dichiarazioni programmatiche, nelle vostre dichiarazioni programmatiche, nel vostro Programma regionale di sviluppo, nei vostri ordini del giorno approvati in quest'Aula, dopo un anno e mezzo di Governo non c'è traccia della riforma della scuola. Nel Programma regionale di sviluppo, Assessore, si prendeva un impegno, quello di approvare la riforma della scuola nei primi 100 giorni; il tempo sta finendo,

Io mi riservo di intervenire nuovamente, i termini della mozione sono simili a quelli della mozione discussa un anno fa, noi chiediamo di dare risposte concrete, di assumere gli impegni ma, soprattutto, di mantenerli correttamente e concretamente nel corso del suo mandato assessoriale. Soprattutto ci aspettiamo che lei questi impegni li assuma nel corso della discussione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Cuccu per illustrare la sua interpellanza.

CUCCU (P.D.). Presidente, Assessori e colleghi, assessore Milia le rivolgo i miei personali auguri perché lei, oggi, è al debutto in veste di Assessore e, nonostante la sua lunga esperienza, sicuramente ha bisogno degli auguri; sono auguri sinceri, sia per la stima personale che ho nei suoi confronti sia perché lei deve affrontare criticità e problemi che non sono ordinari. Assessore, questa interpellanza è stata presentata il 9 giugno di quest'anno, quasi 6 mesi fa, non appena il Governo, con la circolare numero 37 del 2010, ha reso note le disposizioni in ordine alla dotazione organica del personale docente e non docente per l'anno scolastico 2010-2011. Circolare emanata in attuazione di un decreto legge che noi abbiamo definito più volte nefasto, il numero 112 del giugno 2008 che di fatto… Presidente, io non chiedo di essere ascoltato, ma chiedo che chi non vuole ascoltarci almeno vada fuori.

PRESIDENTE Ha ragione, onorevole Cuccu. Per cortesia, colleghi, silenziate i cellulari.

CUCCU (P.D.). Se non ci vogliono ascoltare non ci ascoltino, ma che non disturbino.

Dicevo, che il decreto legge numero 112 del 2008, di fatto ha dato il via a quello che abbiamo definito come il più grande licenziamento di massa della storia. Abbiamo presentato questa interpellanza perché prevedevamo purtroppo quello che si è verificato: una ulteriore riduzione degli organici nella scuola sarda, un taglio di 1700 posti tra personale docente e personale ATA che segue quello dell'anno scolastico 2009-2010, oltre 2000 posti persi.

L'interpellanza, presentata il 9 giugno del 2010 - la circolare è dell'aprile del 2010 -aveva uno scopo preventivo, quello di sollecitare l'allora assessore Baire a intraprendere tutte le iniziative a tutela del diritto allo studio per i nostri giovani; iniziative che provassero a frenare un vero e proprio attentato nei confronti della nostra scuola e una vera e propria discriminazione nei confronti dei nostri ragazzi, discriminazione rispetto ovviamente ai loro coetanei delle altre Regioni. La discriminazione è testimoniata dal fatto che tra le regioni italiane la Sardegna, con una diminuzione del 5,18 per cento e di 1037 docenti, è collocata al secondo posto in Italia, dopo la Calabria, per i tagli al personale inferti dal ministro Gelmini.

Tagli che, ovviamente, ci preoccupano sul fronte occupazionale, e questo sarebbe già sufficiente a condurre una battaglia, ma tagli che portano (qui stiamo parlando di questo) a una diminuzione della qualità dell'offerta scolastica, dovuta a diverse cause. In primo luogo vi è il taglio del personale ATA, che sta mettendo in difficoltà molti dirigenti scolastici nel provare ad articolare un'offerta formativa secondo le esigenze dell'istituto (oggi ci sono alcuni dirigenti scolastici che non sono in condizioni di garantire tutta quanta l'offerta perché non hanno neanche il personale per aprire le scuole); i tagli che hanno inciso sul presunto aumento del tempo pieno, che altro non è che un doposcuola mascherato, in quanto l'introduzione nefasta del maestro unico di fatto ha abolito le compresenze determinando una diminuzione della qualità della didattica.

In alcuni istituti superiori, addirittura, sono state soppresse alcune classi; oggi abbiamo dato il parere favorevole anche noi, Assessore, a una sua delibera dove interviene con risorse regionali a sopperire a funzioni dello Stato, funzioni che lo Stato rifiuta di esercitare, ma era stato già fatto l'anno scorso quando, di fronte al taglio…

PRESIDENTE. Onorevole Cuccu, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ricordo che i consiglieri che intendono parlare devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Moriconi. Ne ha facoltà.

MORICONI (P.D.). Presidente, assessore Milia, assessore Floris, colleghi, ho provato, come ognuno di voi, a confrontare gli ultimi dati ministeriali, quelli che descrivono la qualità dell'istruzione nelle nostre scuole, con quelli di qualche anno fa e, per la verità, non ho trovato niente di nuovo se non il fatto che ai problemi di sempre si aggiungono questa volta quelli derivanti da un numero significativo di classi in meno nelle nostre autonomie scolastiche con la conseguenza di tanti, troppi, precari in più per le strade delle nostre città.

Sul problema dei precari dico ciò che forse pensiamo tutti, o quasi tutti, cioè che, giudicati scellerati i provvedimenti della Gelmini and company e devastanti le loro ricadute sul nostro sistema scolastico, si attende e si sollecita, Assessore, una decisa iniziativa da parte della Giunta regionale nei confronti del Governo nazionale. E' la prima richiesta, Assessore: un atto dovuto per non doverci trovare costretti a intraprendere iniziative, domani, tardive, qualora non fossero già tali oggi, utili solo a una funzione di denuncia dell'irreparabile.

Servirà poi pensare un approccio diverso, non frammentato ma finalmente sistemico, al problema dell'efficacia scolastica, elaborando un progetto che abbia il respiro e l'ambizione alta di voler riorganizzare e riqualificare seriamente l'intero sistema dell'istruzione in Sardegna. Serve una nostra idea di scuola, per intenderci, Assessore, e purtroppo a questo punto si pone la stessa questione politica, o dei limiti culturali, su cui anche parte della sua maggioranza, assessore Milia, qualche settimana fa ha inteso richiamare l'attenzione del Consiglio: l'assenza di un progetto politico della Giunta.

Pertanto le chiedo che la Giunta ci dica che cosa pensa della scuola, ci dica se pensa qualcosa, se ritiene utile aprire una fase straordinaria dei lavori del Consiglio e della Commissione, anche a oltranza, se necessario, e fino alla definizione di un'idea e di una strategia che siano all'altezza dell'importanza del tema che stiamo discutendo.

Assessore Milia, lei giunge ad assumersi tale grave responsabilità in un momento che definire difficile è chiaramente un eufemismo; ma, per la competenza e la serietà che le riconosco, io vorrei sperare nel suo buon lavoro. In gioco non ci sono solo le condizioni della scuola, che pure rappresentano il problema principale che discutiamo oggi, ma la stessa percezione nell'opinione pubblica che le istituzioni democratiche non siano in grado di dare il giusto peso al problema, il giusto valore al servizio che la scuola svolge pensando alla sua funzione educatrice e al fatto che l'aumento di istruzione e formazione costituisce una delle condizioni fondamentali dello sviluppo economico, sociale e culturale della nostra isola.

Eppure l'inizio dell'anno scolastico, da un bel po' di anni a questa parte, è diventato un appuntamento del dibattito politico e pubblico in cui si contestano o si elencano sempre tutti i problemi che sono già noti ma senza mai, da parte della classe politica, a tutti i livelli, produrre una sola soluzione. Allora, ciò che fa specie é che questo appuntamento lo si vive ogni volta come se si trattasse di un'emergenza improvvisa: ogni anno è così, anche ora. Assessore, io, per un dovere di correttezza e di onestà, e credo anche per una questione che attiene al mio profilo caratteriale e politico, non amo nei miei ragionamenti rovesciare responsabilità e colpe per accreditarmi dalla parte giusta o per una questione di semplice schieramento politico; 100-200 mila precari della scuola in Italia non sono il risultato di una politica dissennata di pochi mesi né di pochi anni. E' chiaro, la "Beirut" dell'edilizia scolastica non può essere ricondotta alla presunta disattenzione del Governo di turno, sono problemi vecchi, ma che questo Governo regionale abbia marcato una grave inadeguatezza in termini di capacità di battere almeno un colpo in un momento così drammatico, io credo che sia sotto gli occhi di tutti.

Manca la traccia di un tentativo, non tanto per arginare o porre rimedio a ciò che non può essere sanato da un momento all'altro, non si contesta questo, ma almeno un sussulto, Assessore, per costruire un'aspettativa o una speranza nelle nostre comunità e nella nostra scuola; un sussulto per dire che qualcosa si muove, affinché ci possano credere studenti, insegnanti, famiglie, e con loro noi e, insieme, poterci confrontare su un'idea; e quando non fosse un'idea compiuta almeno una bozza di idea con la quale si vorrebbe o si dovrebbe impedire che la scuola, e con essa ogni giorno che passa un altro pezzo dello Stato, abbandonino le nostre piccole comunità ai loro destini.

Assessore Milia, ogni giorno leggiamo di una classe che chiude, e anche io penso che ci sia un limite minimo, in termini di numero di studenti per aula, al di sotto del quale numero non ha senso tenere in piedi una classe (attiene alla qualità dell'istruzione ma non soltanto a questo), però penso anche che vada fatto un ragionamento politico differente, e differente da caso a caso; per dirla con l'onorevole Vargiu, ragionare sulla scuola di Esterzili è cosa diversa che ragionare sulla scuola di Cagliari. Per contenere la spesa pubblica, calare la scure dei tagli sulla scuola è un po' come calarla sulla sanità, è sbagliato, ed è questo, soprattutto questo che contestiamo al Governo vostro amico. Gli sprechi, assessore Milia, e gli abusi non si eliminano sopprimendo malati né tanto meno alunni. Bisogna capire, per poterlo spiegare, che se chiude una scuola a Silius non è come se chiudesse in un qualsiasi quartiere di Roma; quella del Gerrei, è un esempio, è una delle zone più depresse e povere di un'isola già povera e se non c'è un percorso alternativo, col quale si motivi un supplemento di disagio richiesto a chi il disagio lo vive già nella sua quotidianità e nella sua marginalità sociale, muore la speranza non solamente il diritto.

Assessore, tre anni fa, nel rispetto dei parametri di legge sul dimensionamento delle scuole, Teulada avrebbe dovuto rinunciare alla sua autonomia scolastica in virtù di un processo di razionalizzazione della spesa da compiersi secondo criteri oggettivi, uguali per tutti. Ancora una volta a Teulada come a Milano. Il fatto che le leggi bisogna rispettarle è certo, ma anche recepirle, almeno quando attendono di essere recepite: la Regione autonoma della Sardegna non si è mai dotata di una legge sull'istruzione. Così il Governo nazionale che aveva ben altro a cui pensare evidentemente dimenticava, se proprio avessimo dovuto parlare di razionalizzazione della spesa, che Teulada aveva già versato nelle casse dello Stato un tributo immenso rinunciando alle opportunità di uno sviluppo fondato sulla valorizzazione delle proprie risorse naturalistiche, ambientali impegnate tutte al servizio proprio dello Stato.

Per farla breve, assessore Milia, l'autonomia scolastica di Teulada è sopravvissuta, ma solo perché è stata combattuta una battaglia politica contro l'amministrazione dello Stato da parte dell'amministrazione provinciale, delegata per legge, ad elaborare la proposta di Piano di dimensionamento. La Regione di allora fece bene la propria parte.

Le ragioni socioeconomiche, orografiche, i problemi della viabilità e dei trasporti sono stati e devono continuare a essere più forti delle ragioni contenute in quei parametri di legge che non distinguono Esterzili da Milano. Assessore, lei deve combattere la battaglia per la nostra scuola, a Cagliari come a Roma, per intero. Io sono sicuro che lo farà o ci proverà sentendosi addosso non solo la disperazione e la rabbia di chi si vede scippare i diritti fondamentali del lavoro e dell'istruzione, ma anche la loro speranza di vita.

Quella legge regionale sull'istruzione, Assessore, non può più attendere "appesa" a una promessa di legge finanziaria, perché ora è esattamente a quel punto, va posta con urgenza all'attenzione dei lavori del Consiglio, va posta con urgenza all'attenzione dell'intero sistema socio-economico della Sardegna, perché la scuola non sia più avulsa dal progetto strategico di sviluppo della nostra Isola, ammesso che esista depositato da qualche parte e, in maniera più particolare, non può essere avulsa dalle ambizioni di sviluppo dei nostri territori.

Per chiudere sull'edilizia scolastica, Assessore, evitiamo di rivederci ancora una volta col solito e improduttivo braccio di ferro degli emendamenti sulla finanziaria per rinviare ad altro appuntamento, ad altro documento ogni qualsiasi concreta decisione che, sappiamo, non arriverà mai. Ci dica quindi se avete già un'idea di piano organico sull'edilizia scolastica. Insomma ci dica, Assessore, nella sua replica, qualcosa che somigli a un segnale importante di discontinuità rispetto a quest'ultimo anno a mezzo che ci lasciamo alle spalle, dimostrando anche sensibilità, se fosse possibile, nei termini dell'urgenza e della tempestività richiesti, verso gli impegni che il Consiglio attraverso la mozione che oggi discutiamo le sta rappresentando. E' una sfida contro il tempo lo so, ma è anche una sfida di grande significato culturale. Riparte anche da qui la speranza di un riscatto sociale per la nostra Isola e per i nostri giovani.

PRESIDENTE. Comunico ai colleghi che il collega Carlo Sanjust è rientrato dal congedo.

E' iscritto a parlare il consigliere Gavino Manca. Ne ha facoltà.

MANCA GAVINO (P.D.). Signora Presidente, colleghi consiglieri, signori Assessori, e purtroppo non signor Presidente della Giunta regionale, la mozione, prima firmataria la collega Barracciu, che reca in calce anche la mia firma, ha il merito principale di sottoporre all'attenzione di quest'Aula la drammatica situazione che attanaglia il sistema scolastico della Sardegna, che è tale da segnalare la scuola sarda come una tra le ultime, non solo in Italia ma anche in Europa.

Prima di addentrarmi nel merito delle questioni, sollevate in modo chiaro nella particolareggiata mozione promossa dall'intera minoranza, mi permetto di fare alcune considerazioni di carattere generale, che sono sicuramente utili alla discussione di questo tema.

Guardando con un po' d'attenzione a ciò che sta accadendo nel mondo della scuola e dell'università, penso si possa affermare, purtroppo senza correre grossi rischi di smentita, che il livello complessivo del nostro sistema d'istruzione è, specialmente negli ultimi anni, precipitosamente crollato nella scala di valutazione dei valori di riferimento, validi in tutto il vecchio Continente, ovvero la nostra Europa.

Questo perché il Governo regionale negli ultimi due anni non ha promosso, e questa non è una novità, alcuna attività di confronto critico con il Governo ma, anzi, ha appiattito la sua azione su un'unica direttrice di marcia, dettata dal Ministro dell'economia nel dicembre 2008, quella del ripianamento del debito pubblico. Mi dispiace, assessore Milia, l'assenza da questo dibattito del presidente Cappellacci, il quale in questo momento è il primo responsabile con la sua maggioranza di quello che accade nella nostra Isola avendo indicato un Assessore, l'assessore Baire, per la quale nutro un grande rispetto personale, che non ha avuto e non ha dimostrato coraggio nel guidare quell'Assessorato in questo momento. Io, nel formularle i miei migliori auguri di buon lavoro, sono sicuro che lei avrà un coraggio diverso.

Questa linea si è comunque manifestata in maniera diversa se guardiamo i due comparti della scuola e dell'università, della quale oggi non parleremo ma io auspico che sia oggetto di confronto in questa Aula e nelle Commissioni competenti.

Oggi a me, a noi, colleghi, chiaramente interessa analizzare, ragionare su ciò che è stato fatto nella scuola. Scuola, dove, a causa dell'elevata incidenza del costo del personale sul totale della spesa, l'unica strada individuata, e anche l'unica strada che ha trovato concreta applicazione per produrre un risparmio, è stata quella del ridisegno dei percorsi scolastici, dove la reintroduzione del maestro prevalente nella scuola primaria, la riduzione dell'orario d'insegnamento nella scuola secondaria (sia di primo che di secondo grado), la riduzione degli indirizzi formativi nella scuola secondaria di secondo grado, ha provocato probabilmente sì un risparmio, ma sicuramente un taglio radicale devastante nella formazione dei nostri giovani e nel lavoro per quanto riguarda gli insegnanti e il personale ATA.

Interventi necessari, indispensabili secondo gli attuali ministri romani che se, a mio parere, avessero valutato i dati scorporando quelli negativi prodotti dalle scuole private paritarie, le peggiori d'Europa, che hanno contribuito fortemente a peggiorare la nostra situazione come traspare, in maniera inequivocabile, anche dai dati rilevati dalle indicazioni OCSE, TIMMS, PIRLS e INVALSI, e che se avessero considerato, poi, l'incidenza dell'alto abbandono scolastico nel Sud, avrebbero dovuto impostare una riforma scolastica fondata sugli investimenti, e non sui tagli.

L'azione del ministro Gelmini, peraltro, su altri punti è stata disattenta al dogma insuperabile della riduzione della spesa, tanto che non mi risulta abbia prodotto alcun taglio, ad esempio, al finanziamento delle scuole private "paritarie", così come non ha formulato alcun serio intervento migliorativo, anzi, il contrario, sul tema degli insegnanti di sostegno. Come sosteneva anche la collega Barracciu.

E sulle aumentate richieste, implicite, di compartecipazione alla spesa per la scuola pubblica, il Governo amico di Roma e il suo silente partner regionale hanno mostrato di non preoccuparsi per niente dell'aggravio finanziario che avrebbero arrecato alle famiglie; fatto questo ancora più grave in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando.

Questa strategia non è assolutamente in grado di perseguire obiettivi specifici coerenti con la soluzione di uno dei problemi principali del sistema scolastico italiano, vale a dire il divario dell'apprendimento tra Nord e Sud del Paese: non risulta in nessuna teoria pedagogica che riducendo le ore erogate di lezione o il numero degli insegnanti l'apprendimento tenda a migliorare. In nessuna!

A meno che non si voglia maliziosamente, in questo caso, interpretare la norma del provvedimento di legge collegato-lavoro alla Finanziaria 2010 sulla ammissione dei quindicenni all'apprendistato per l'assolvimento dell'obbligo scolastico come risposta alle minori performance educative: chi è inadatto alla scuola vada a lavorare. Questo è il concetto.

Ma in questo modo si formano cittadini che hanno sempre meno strumenti per poter competere e reagire a un mercato del lavoro che è sempre più difficile ed esigente, con la conseguenza che, anziché investire in capitale umano, si taglia la formazione e la cultura di futuri cittadini esponendoli all'aggressione del mercato e del mondo del lavoro, che li inghiotte nel buco sempre più grande della disoccupazione e della precarietà.

Il Ministro aveva promesso inoltre, a parole, che un terzo dei risparmi di spesa sarebbe stato reimpiegato per promuovere la professionalità e il merito tra gli insegnanti, ma nulla di tutto ciò è stato realizzato.

Così come i mancati rimpiazzi di insegnanti andati in pensione hanno aumentato l'età media del corpo docente, per altro già elevata per via dell'anomalo andamento delle immissioni in ruolo nei periodi passati. E oggi, sull'andamento dei livelli di apprendimento, dobbiamo fare i conti proprio con una classe docente che è la più anziana d'Europa, e forse la più anziana del mondo, e che nel nostro territorio si trova a dover operare anche in classi di 30 alunni, come spesso accade in molti nostri comuni e specialmente nelle città più grandi: Cagliari, Sassari, Olbia, ad esempio.

Assessore, come è accaduto lo scorso anno per la scuola primaria, la cosiddetta riforma della scuola secondaria, in via di attuazione, riduce le sperimentazioni, che rappresentavano forse l'unico vero elemento di innovazione e di attenzione al presente e al futuro dei nostri studenti, riduce esclusivamente il loro tempo trascorso a scuola e li ricaccia indietro nel tempo costringendoli a barcamenarsi dietro verticistici programmi scollegati dalla realtà. Era stato promesso un piano per l'edilizia scolastica che recuperasse le situazioni di maggior degrado, Assessore, stiamo ancora aspettando, sicuramente non era stato promesso da lei, qualche segnale in proposito, ma dubito che mai registreremo una qualsiasi alterazione della linea piatta che segna lo stato dell'azione di governo di questa maggioranza e di questa Giunta regionale.

Pensando all'attuale divario di apprendimento che caratterizza le scuole meridionali, e quella sarda in particolare, a tutti i livelli, nulla è stato messo in campo per spingere insegnanti e giovani a recuperare il terreno perduto rispetto ai loro coetanei del nord Italia. L'attuazione delle misure a cui prima mi sono richiamato ha comportato un taglio selvaggio del personale docente, 88 mila insegnanti in tre anni in Italia, solo quest'anno 1.037 in Sardegna, più di 3.000 nei prossimi tre anni, e l'elevazione del numero degli alunni per classe ben oltre il limite fissato dagli standard di sicurezza, con il ricorso, nel caso, a interventi strutturali che si sono configurati come veri e propri allargamenti forzosi degli spazi didattici ottenuti con il ricorso all'abbattimento di muri e di pareti, quando gli uffici tecnici e comunali non pongono il veto per motivi di natura tecnico-strutturale.

Ciò ha portato alla formazione di classi con venticinque, ventisei, ventisette e, a volte, anche trenta alunni, con le inevitabili conseguenze sul piano della qualità dell'insegnamento e della qualità dell'apprendimento, con l'unico risultato di aver avvantaggiato il processo di abbandono e di dispersione scolastica.

Il taglio al personale docente e al personale ATA ha finito col penalizzare anche le scuole delle piccole realtà locali, in particolare delle zone interne della Sardegna, che svolgono pure una funzione di alto contenuto sociale, quale quella di rallentare lo spopolamento delle aree più svantaggiate; un taglio che è stato fonte di una ulteriore sperequazione tra i docenti, in particolare tra i precari, in violazione anche di norme europee, con le conseguenze sanzionatorie che non tarderanno a farsi sentire e che peseranno in negativo sui conti pubblici del nostro Stato.

Tutto questo quadro influisce e influirà sempre di più sulla riduzione del numero dei diplomati, parametro già pesantemente negativo. Dai dati OCSE emerge che nei paesi oggetto di rilevazione statistica almeno i due terzi della popolazione compresa tra i 25 e i 64 anni è in possesso di un diploma di scuola media secondaria, mentre da noi la media nazionale si attesta sul 44 per cento, e quella dell'isola scende fino al 38 per cento. E tutto ciò non potrà non avere riflessi sulla qualità e sulla quantità dei futuri iscritti all'università, con l'evidente divaricazione dalle indicazioni europee che vorrebbero un aumento del numero dei diplomati e dei laureati entro il 2020, e non una riduzione. Lo scorso anno il calo degli iscritti nelle Università di Sassari e Cagliari è stato sintomatico: circa il 16,7 per cento a Sassari e circa il 9,3 per cento a Cagliari.

Forse a lei, Presidente assente, questi dati non diranno niente, evidentemente questo fenomeno, più accentuato rispetto al trend nazionale, ugualmente negativo, non la preoccupa. Mi viene purtroppo da pensare che, in fin dei conti, a lei e al suo Governo amico di Roma i sardi piacciono così, poco istruiti, e perciò adatti ad una vita lavorativa da camerieri o da cuochi di cui è sempre viva la domanda nei ritrovi VIP della Costa Smeralda.

Per sperare in un futuro migliore per la nostra terra bisogna invece aumentare il numero dei laureati e dei diplomati sardi, e l'Europa ci chiede proprio questo. Invece si opera diversamente e, creando condizioni che spingono verso l'abbandono scolastico, stiamo perdendo sempre più studenti fra le scuole superiori e l'università e, non trovando lavoro nel mercato locale, stanno aumentando i giovani disoccupati che emigrano all'estero.

Assessore, abbiamo gli strumenti, abbiamo le opportunità, non gliele ripeterò perché le abbiamo indicate chiaramente nella nostra mozione; anche la riforma Gelmini su alcune cose prevede alcune novità, che possono aiutare la peculiarità della nostra isola. Assessore, abbiamo la necessità di una spinta al nostro coraggio, alla nostra voglia di rivendicare, di ricercare con forza, con determinazione la nostra autonomia.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Valerio Meloni. Ne ha facoltà.

MELONI VALERIO (P.D.). L'alternanza, Presidente. Mi piacerebbe assistere a un dibattito in cui gli interventi fossero alternati, stimolerebbe il dibattito stesso.

PRESIDENTE. L'alternanza è garantita in funzione del numero di iscritti della maggioranza e della minoranza. Purtroppo sono più del doppio gli iscritti della minoranza.

MELONI VALERIO (P.D.). Presidente, Assessore, la Sardegna vive una fase storica drammatica dal punto di vista economico e sociale. Le politiche di riforma messe in campo dal Governo non aiutano, ma anzi appesantiscono e penalizzano i livelli minimi di vita del sistema sardo in tutte le sue articolazioni. Da ciò non è esente il sistema dell'istruzione in Sardegna che registra, a causa di un'iniqua riforma, una regressione e un ritorno ai tempi bui, quando l'accesso allo studio era un privilegio di pochi.

Questa Giunta regionale, Assessore, di fronte allo sfascio e allo smantellamento del sistema scuola e università non ha saputo o voluto fronteggiare con serie argomentazioni l'attacco che la Gelmini ha portato alla nostra Isola. Non capiamo quali siano gli intendimenti e le politiche scolastiche della Regione di fronte a quella che può essere chiamata, a ragione, la distruzione della scuola pubblica in Sardegna. Chi l'ha preceduta non si è reso conto o non ha voluto rendersi conto della gravità del problema. Stiamo assistendo ad una colossale violazione del diritto allo studio nei confronti di migliaia di studenti della Regione sarda, violazione di quel diritto allo studio sancito anche dalla legge regionale numero 12 del 2005.

Quali strategie, Assessore, il suo Assessorato intende perseguire per tutelare la specificità culturale e territoriale della Sardegna, e garantire livelli qualitativi adeguati all'offerta formativa? Non è possibile, Assessore, ragionare esclusivamente con i numeri. Questi forse servono a dimostrare a qualche zelante dirigente, al Ministro, di avere raggiunto dei risultati programmati. La stretta osservanza dei parametri nazionali di costituzione delle classi prime, ventisette alunni per classe, ha generato in certe realtà periferiche veri e propri sconquassi, con la spartizione di numerose classi prime o di numerose classi intermedie, considerate prime dalla struttura del curriculum.

Si pensi agli Istituti professionali per l'agricoltura che in Provincia di Sassari, ad esempio, e nella quasi totalità della Sardegna, sono stati letteralmente spazzati via dallo tsunami Gelmini. Le misure di compensazione relative alla costituzione di corsi di ottocento ore a favore delle classi quarte degli istituti professionali, con l'intento di traghettare verso la classe successiva gli allievi superstiti, equivalgono a una misura tampone che non risolve il problema, anzi ne alimenta la drammaticità sia sotto il profilo formativo che strutturale della scuola nel suo complesso. Sono numerose, infatti, le unità occupazionali che verranno sacrificate, e numerosi docenti perderanno il posto di lavoro o verranno trasferiti a centinaia di chilometri di distanza, pregiudicando la qualità dell'intervento, generando discontinuità didattica, e sottraendo agli allievi opportunità didattiche, educative e formative qualitativamente superiori ai contenuti di un corso organizzato all'ultimo momento, e frutto di una politica formativa occasionale, non programmata e didatticamente decontestualizzata.

Le risorse con le quali questi corsi vengono attivati sono quelle previste dalla Giunta regionale precedente, individuate in circa 3 milioni di euro l'anno, originariamente destinate a migliorare l'offerta formativa della scuola nel suo complesso, al fine di determinare un allineamento con le eccellenze formative che abbiamo visto presenti nel territorio nazionale a macchia di leopardo.

In tutta la Provincia di Sassari si sta assistendo alla morte anticipata degli istituti per l'agricoltura, con la demolizione di strutture, serre, minicaseifici, laboratori, aziende, la perdita del know-how, di professionalità e di future risorse umane in un settore strategico in agricoltura qual è quello produttivo e ambientale. Per non parlare poi della dispersione scolastica, come stigmatizzato dai dati OCSE, e che coinvolge un'utenza debole: quella che frequenta appunto gli istituti professionali. E' necessario, senza perdere tempo, che lei, Assessore, i sindaci dei comuni interessati e i rappresentanti dell'Ufficio scolastico regionale vi mettiate insieme intorno allo stesso tavolo per programmare una razionalizzazione dell'offerta formativa che tenga assolutamente conto della peculiarità territoriale e culturale della Sardegna.

Con l'accorpamento delle scuole sottodimensionate, per i vigorosi e asettici parametri individuati a livello nazionale, crescerà il numero del personale amministrativo in esubero, il sovraffollamento delle classi determinerà un impoverimento della qualità dell'offerta formativa. Anche la qualità dell'intervento di mediazione e integrazione degli allievi portatori di handicap soffrirà a seguito delle misure di taglio delle risorse. Stiamo assistendo a una politica di risparmio di risorse partita da lontano, da quell'articolo 64 della legge numero 133 del 2008 in cui, nel clima vacanziero di agosto, il ministro Tremonti gettò le basi per la distruzione della scuola pubblica, per la valorizzazione della scuola privata, per una scuola censitaria che premia l'appartenenza a classi sociali agiate generando fratture sociali ed economiche impressionanti.

Ma si può ritenere equo e paritetico prevedere che nella scuola privata il numero minimo degli allievi per classe sia in numero di otto, mentre nella scuola pubblica debba essere, secondo i nuovi parametri, di ventisette allievi, venti se è presente un portatore di handicap? E' vero che l'Ufficio scolastico regionale ha derogato, di fatto, a questi parametri numerici estremamente rigidi, ma lo ha fatto per poche scuole, non sempre considerando le oggettive difficoltà relative alla precarietà delle condizioni degli edifici che ospitano le scuole, o all'orografia del territorio, al sistema viario, al servizio di trasporto, che in alcune zone della Sardegna sono qualitativamente e quantitativamente insufficienti. Non sono state ascoltate le legittime istanze della collettività spesso rappresentate dagli organi politici locali, non vi è stata la concertazione che tutti aspettavano, sarebbero state sufficienti alcune conferenze di servizi nelle zone più disagiate per rendere maggiormente negoziate decisioni che, invece, sono piovute dall'alto in maniera autoritaria e spesso cieca.

Che dire poi della riforma della scuola secondaria superiore, che è stata applicata in maniera difforme su tutto il territorio nazionale e sullo stesso territorio sardo? Mi riferisco in particolare alla grave violazione del diritto allo studio che hanno subito gli allievi in uscita dalle scuole medie e che spesso hanno dovuto fare una scelta vincolata e non libera in ordine all'iscrizione all'istituto di istruzione secondaria superiore. Lei, Assessore, è un uomo di diritto, un avvocato che sa bene quali conseguenze possono determinare scelte illegittime della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini. La disparità di trattamento subita dagli allievi delle classi terze della scuola media della Provincia di Sassari è sotto gli occhi di tutti.

Ebbene, la totale assenza di programmazione dell'offerta formativa da parte della Regione, unica in tutta Italia, ha determinato una casuale e non negoziata distribuzione degli indirizzi degli istituti di istruzione secondaria superiore, soprattutto liceale. Manca del tutto, infatti, in Provincia di Sassari l'opzione delle scienze applicate nei licei scientifici e l'opzione economico-sociale nei licei delle scienze umane; ne chieda conto al direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale e ne avrà conferma. Il peccato è originario, il suo predecessore non ha attivato l'incontro con gli assessori provinciali, e se lo ha fatto non ha fatto sintesi delle richieste del territorio omettendo del tutto di presentare un'offerta formativa di tutto, ripeto, di tutto il territorio regionale. Ha delegato l'Ufficio scolastico regionale che ha proceduto in maniera burocratica senza sentire le istanze che provenivano dai territori.

Morale della favola: in Provincia di Sassari molti allievi hanno dovuto ripiegare su altre scuole per la palese insufficienza dell'offerta formativa, mentre in altre province sono stati istituiti tutti gli indirizzi previsti dalla riforma. Ecco la disparità di trattamento che, onorevole Milia, legittima gli studenti medi della provincia di Sassari a rivolgersi all'organo giurisdizionale per la tutela dei propri interessi legittimi. Una batosta questa amministrazione l'ha già ricevuta per il caso dell'Istituto alberghiero di Alghero; è di alcuni giorni fa la sentenza del TAR che reintegra le tre classi sospese. Vogliamo continuare a fare queste brutte figure?

Onorevole Assessore, lei, ovviamente, è appena arrivato, si faccia carico di questo, si rimbocchi le maniche, deve uscire dall'immobilismo che ha contraddistinto il suo predecessore, e non solo, che pure si vantava nelle sedi pubbliche di avere avuto un'esperienza di insegnante precaria nella scuola, ma che tutto ha dimostrato tranne la sensibilità al problema. Le chiedo di attivarsi al più presto per discutere insieme agli assessori provinciali su un dimensionamento e una razionalizzazione di intervento sulla scuola in Sardegna che tenga conto delle specificità culturali, territoriali, sociali sulle quali l'istruzione trova feconda implementazione. Le chiedo di attivarsi al più presto per dare risposte alla domanda di istruzione e formazione degli studenti della Sardegna e in particolare della sua Provincia, Assessore, che sembra essere la più penalizzata alla luce di ciò che ogni giorno leggiamo sui quotidiani.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cucca. Ne ha facoltà.

CUCCA (P.D.). Presidente, io ovviamente conosco bene il principio dell'alternanza in quest'Aula, ma mi consenta di manifestare un minimo di perplessità in merito all'assenza totale della voce della maggioranza su un tema così delicato come questo in discussione, e mi lascia maggiormente sconcertato anche il manifesto disinteresse che c'è. E' vero che questo è un argomento che ci ritroviamo a trattare di anno in anno e stiamo ripetendo il percorso che era stato già compiuto nel 2009, però, di fatto, se ci ritroviamo in quelle condizioni un motivo ci sarà pure, e il motivo è che di fatto questo problema da questa amministrazione non è stato per niente affrontato, anzi, devo dire che è stato totalmente sottovalutato, e questo ovviamente crea in me ancora maggiore sconcerto.

Assessore Milia, anch'io ci tengo a formularle gli auguri per il suo nuovo incarico; lei ritorna sui banchi della Giunta e siamo certi che la sua competenza e la sua sensibilità le consentiranno una attenta valutazione dei problemi; ha già dato dei segnali abbastanza chiari ma, devo dire che, in relazione a quel che era stato fatto fino ad oggi, ci voleva molto poco per manifestare un minimo di maggiore interesse verso i problemi della scuola. Problemi che, dicevo, si ripresentano di anno in anno nel mese di settembre-ottobre per cui, sistematicamente, ci ritroviamo ad affrontare l'emergenza scuola. Avevamo trattato l'argomento in quest'Aula, e in base alla prassi consolidata secondo cui un ordine del giorno non si nega a nessuno avevamo approvato quell'ordine del giorno…

(Interruzione)

… Presidente, non mi meraviglio, perché come dicevo c'è un disinteresse manifesto verso questo argomento, e la cosa è preoccupante. E' preoccupante per il tema che stiamo trattando, perché stiamo parlando dei nostri giovani, della formazione dei nostri giovani.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Cucca, questo telefono che sta squillando disturba.

CUCCA (P.D.). Dicevo che avevamo approvato un ordine del giorno rimasto totalmente lettera morta. Con rammarico e con preoccupazione abbiamo assistito in questi ultimi mesi all'immobilismo totale di questa Giunta, incapace di affrontare un'emergenza grave come quella che attanaglia la nostra Isola relativamente a questi settori. I dati OCSE sono stati già richiamati dalla collega Barracciu, e sono assolutamente allarmanti sullo stato della spesa a favore dell'istruzione in Italia.

L'Italia si trova agli ultimi posti fra i paesi più sviluppati "grazie" a una politica statale scellerata che negli ultimi anni, considerando questi investimenti improduttivi, ha tagliato la spesa in maniera drammatica. Abbiamo assistito al taglio di 140 mila posti di lavoro in tre anni con l'espulsione coatta dei precari che è stato, voglio ricordare la definizione data dal collega Giuseppe Cuccu in un altro periodo, il licenziamento di massa più grave che sia stato perpetrato in Italia. Ci troviamo in presenza di un sistema scolastico che è incapace di garantire persino l'ordinario funzionamento di molti istituti, per non parlare dei tagli agli stipendi che collocano i nostri docenti, che pure svolgono un ruolo di altissimo valore, fondamentale nella crescita, nello sviluppo e nella formazione dei nostri ragazzi, che saranno la classe dirigente del domani, tra i peggio pagati nell'ambito dei paesi sviluppati; e anche questi sono i dati dell'OCSE.

Non hanno avuto migliore sorte le ore di sostegno a favore degli alunni disabili, ridotte drasticamente, con la conseguenza che è stato di fatto abrogato anche il numero massimo di alunni con disabilità per classe, a scapito evidentemente della qualità dell'assistenza e della formazione dei ragazzi. Gli edifici scolastici sono spesso vetusti e inadeguati rispetto alle normative per la sicurezza e la Regione è in ritardo sia con gli stanziamenti che con l'erogazione dei pochi fondi previsti per la messa in sicurezza degli edifici. Unitamente alle condizioni di assurda precarietà riportate esaustivamente dai colleghi che mi hanno preceduto, questo è il quadro della scuola in Sardegna.

Di fronte a una situazione di allarmante emergenza abbiamo assistito in quest'anno e mezzo a una preoccupante inversione di tendenza rispetto all'azione dell'amministrazione precedente, che aveva puntato moltissimo sull'istruzione, sull'offerta formativa con la previsione di ingenti risorse per il rilancio di una scuola efficiente, qualificata, fortemente attrattiva e altamente formativa. Quel progetto di eccellenza è stato di fatto abbandonato, e, soprattutto, la cosa più preoccupante, e la conferma è lo stato di quest'Aula stasera, è il manifesto disinteresse da parte della Giunta regionale che, incurante della situazione di emergenza determinata dai tagli sostanziali dei fondi a favore della scuola, ha manifestato, dicevo, disinteresse totale, incapace soprattutto di far sentire la propria voce a Roma, dove questi tagli sono stati decisi, tagli che sono stati accettati supinamente con decisioni assunte sulla pelle di tutti i sardi.

Nelle scorse settimane, quando si è presentata l'emergenza scuola al momento dell'avvio dell'anno scolastico, si sono mobilitati gli amministratori comunali e provinciali, che hanno concordemente levato la propria voce a sostegno delle giuste rivendicazioni nei confronti del Governo centrale. Non si è sentita, però, in quel momento la voce della Regione a fianco degli amministratori locali e me ne dispiace, perché certamente oggi occupa quel posto l'assessore Milia, incolpevole rispetto a questa situazione, che sono certo saprà far sentire, invece, la sua voce autorevole.

In questo contesto di disinteresse manifesto si era pervenuti alla previsione della chiusura di molte scuole, conseguente alla soppressione di alcune prime classi. Per parlare della mia provincia, ma il problema è stato già trattato in precedenza, la provincia di Nuoro, in un primo momento si era decisa la chiusura di molte prime classi in comuni quali Tonara, Desulo, Sorgono, Gavoi, e la Regione non aveva fatto nulla in quel momento. E' stato solo grazie all'intervento dell'amministrazione provinciale, infatti, che aveva istituito il cosiddetto premio di iscrizione nelle scuole dei comuni montani, consentendo quindi il raggiungimento del numero minimo di alunni per classe, che è stato fissato poi dal Governo centrale in 18 alunni, solo grazie a questo premio, dicevo, si è potuto raggiungere quel numero minimo ma, ripeto, misura e provvedimento adottati dalla Provincia di fronte all'inazione totale della Giunta regionale.

Si trattava anche di una misura abbastanza semplice. Si è prevista l'erogazione di 500 euro a favore di ogni studente che decidesse di rimanere nel proprio paese, nel proprio comune di appartenenza piuttosto che scegliere di spostarsi nei comuni più grossi e così si è potuto raggiungere il numero minimo. In questa maniera però si è evitato anche lo spopolamento delle zone interne; rimane semplicemente una petizione di principio la volontà di voler evitare che le zone interne si spopolino se da parte di questa amministrazione regionale non si pone in essere nessuna azione per evitarlo, anche una piccola iniziativa come quella, attuata dall'amministrazione provinciale di Nuoro per evitare la soppressione già ormai praticamente definita, delle prime classi. E' inutile, ripeto, continuare a dire che c'è la volontà di far fronte a questa emergenza se poi di fatto si assiste a una totale inattività da parte della Giunta; Giunta che ha manifestato nella fattispecie la totale insufficienza per affrontare questi problemi che non erano stati neanche presi in considerazione dall'allora Assessore competente.

Sottolineo, peraltro, perché è corretto farlo, che l'assessore La Spisa, totalmente ignaro di quello che stava accadendo perché non era stato informato, si è attivato immediatamente quando in maniera del tutto casuale è venuto a conoscenza di queste problematiche; e bisogna dargli atto che nella fattispecie, appunto, ha manifestato una sensibilità personale sicuramente differente da quella manifestata dall'intera Giunta nella circostanza.

Tra l'altro credo che quello che è accaduto e che sta accadendo nella scuola sarda costituisca palesemente una violazione dei diritti garantiti dall'articolo 34 della Costituzione. In queste condizioni non si può continuare ad affermare che la scuola sia aperta a tutti. Non è vero che l'istruzione sia garantita a tutti. Non è vero che solo i capaci e meritevoli hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

Io sono costretto a terminare, il tempo è tiranno, e chiudo appellandomi all'Assessore, affinché questa Giunta trovi la forza e il coraggio con l'appoggio del Consiglio, che su questo problema sarà sicuramente solidale, al fine di evitare che l'anno venturo si ripetano le situazioni drammatiche che sono stata affrontate quest'anno, perché una volta per tutte si smetta con le petizioni di principio e si metta mano in maniera seria ai problemi della cultura e della formazione dei nostri giovani.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Io oggi preferisco parlare di riforma di insegnamenti invece che di problemi della scuola, che conosciamo; e dico che sarebbe più proficuo attivare subito un tavolo di confronto tra Regione, rettorati, provveditorati e insegnanti per disegnare delle linee guida per poter uscire da questo cul-de-sac dove sono intrappolate la nostra scuola e la nostra Università. La riforma del pensiero esigerebbe una riforma dell'insegnamento che a sua volta richiederebbe la riforma del pensiero. La riforma del pensiero è un problema antropologico e storico chiave. La riforma dell'insegnamento significa riforma del soggetto che insegna, mentre riforma del pensiero significa riforma del soggetto che pensa e il pensiero è volto a un oggetto pensato, e questo nessun ministro che io conosca l'ha mai fatto o pensato, dalla Iervolino a Berlinguer fino alla mitica Gelmini. Diventa dunque più importante formare piuttosto che informare.

La prima finalità dell'insegnamento è stata già formulata da Montaigne, che diceva che "è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena". In questo mondo in continua trasformazione le conoscenze sono destinate a essere consumate. Pertanto è indispensabile formare menti che possano disporre di un'attitudine generale a porre e a trattare i problemi e i principi organizzatori che permettono di collegare il sapere e di dare loro un senso. Questo la politica dei vari Governi non l'ha mai fatto.

Io, docente dal 1980 in vari Continenti, dico che le sfide che il nostro tempo deve raccogliere sono ben chiare: l'inadeguatezza dei nostri saperi, distinti e frazionati in discipline, alla realtà e ai problemi che si rivelano sempre più polidisciplinari, globali e planetari. La separazione delle discipline rende incapaci di cogliere ciò che è tessuto insieme, cioè la complessità di questi stessi saperi. Neppure lo specialista della disciplina più circoscritta riesce a prendere conoscenza delle informazioni che riguardano il suo campo specifico. Sempre di più la gigantesca proliferazione di conoscenze sfugge al controllo umano. Altro che maestro unico e pensiero unico, qui si tratta di una riforma non programmatica ma paradigmatica, che concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza.

La complessità dei saperi, con la loro indipendenza, evidenzia il forte scollamento tra apprendimento delle conoscenze e conoscenze stesse. Basta pensare al nostro caso italiano, dove in seno alla riforma dell'esame di Stato oltre i già consolidati crediti scolastici, è un linguaggio borsistico, che dovrebbero misurare quanto l'allievo è informato, si fa fatica ancora a riconoscere l'importanza da attribuire ai crediti formativi, che evidenziano la faccia nascosta dello studente.

Bisogna recuperare dunque la nozione di soggetto partendo da una base direi biologica, grazie alla quale il soggetto insieme alla dimensione cognitiva recupera il principio della soggettività e dell'oggettività di essere nel mondo. Insomma, perché possiamo giungere a una nuova epistemologia è indispensabile costruire una nuova antropologia. Se l'uomo è caratterizzato dall'essere totalmente biologico e totalmente culturale allora potrebbe essere il vero catalizzatore dal quale partire per costruire una vera conoscenza. Nessuna riforma scolastica può riuscire se non coinvolge in pieno i veri protagonisti della cultura, dell'istruzione e dell'insegnamento. Non si può affidare il sapere e la conoscenza solo ai ministri, ai politici, alle loro commissioni.

Dobbiamo contribuire tutti insieme all'autoformazione del cittadino italiano e fornire la conoscenza e la coscienza di ciò che significa una nazione colta. Una tale formazione deve favorire il radicamento all'interno di sé dell'identità nazionale, dell'identità europea, dell'identità planetaria. Perché ci sia una riforma dell'insegnamento è indispensabile che ci sia una riforma del luogo dove si formano gli insegnanti. Accanto alla conservazione della conoscenza l'Università dovrà rigenerare la conoscenza, fondandosi sullo statuto epistemico della complessità. Non possiamo riformare l'istruzione senza avere prima riformato le menti, ma non possiamo riformare le menti se non abbiamo preventivamente riformato le istituzioni.

L'insegnamento deve ridiventare non più solamente una funzione, una specializzazione, una professione, ma un compito di salute pubblica, una missione. Laddove non c'è amore non ci sono che problemi di carriera, di retribuzione, di noia per l'insegnamento. Noi crediamo nella libertà intrinseca alla professione dell'insegnare, bisogna guardare con attenzione a quel che accade in casa nostra, dove il fantasma dell'azienda sembra restringere gli spazi e togliere slancio all'Università stessa.

Una Università dunque che si veda riconosciuta oltre alla tradizionale libertà accademica una libertà, incondizionata, di interrogazioni e di proposizioni, una libertà incondizionata di ricerca e, soprattutto, di ricerca della verità che in Italia, oggi, quasi non esiste. Non esiste anzitutto perché l'attuale Governo, fin dall'inizio, anziché aumentare gli incentivi indispensabili per mettere in atto la riforma varata in precedenza, ha tagliato tutti i fondi all'Università. L'ha fatto in un modo drastico e violento al punto da far pensare a un attacco deliberato contro il luogo pubblico, forse l'ultimo, di resistenza critica. La nuova Università, accompagnata alla sua nascita da parole altisonanti come adeguamento europeo e modernizzazione, è l'università azienda che anzitutto produce per il mercato del lavoro. La produttività diventa il criterio dell'eccellenza.

L'Università, nuova fabbrica di sapere, si adatta, anzi si piega a questo fine esterno ed esteriore che potrà forse tornare utile per alcuni saperi, quelli tecnico-scientifici, e dunque per quei dipartimenti che concentrano gli investimenti di capitale ritenuto produttivo nel mondo accademico. Ma che ne è degli studi umanistici, per esempio? La filosofia, la letteratura, la poesia, gli studi culturali? La fabbrica del sapere accetta il sapere che attraverso moduli e criteri - per usare i neologismi che sembrano tratti dal gergo bancario - si lascia quantificare, smontare, ricostruire, che si lascia insomma controllare. Il controllo arriva all'assurdo: fino al taglio e alla sparizione dell'università e della scuola. Mi fermo qui.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.

PLANETTA (P.S.d'Az.). Assessore, prima di tutto auguri per il suo nuovo incarico. Anche oggi per l'ennesima volta parliamo di una grave emergenza: l'emergenza scuola; domani parleremo nuovamente dell'emergenza industriale, ieri abbiamo parlato dell'emergenza in agricoltura. Insomma, siamo in una emergenza continua. Anche il sistema scolastico sardo costituisce un'emergenza, è un sistema che è stato smobilitato, avvilito a colpi di riforme calate dall'alto. Tutti noi abbiamo i dati allarmanti, pericolosi relativi alla realtà scolastica sarda; ne hanno parlato i colleghi dell'opposizione ed è vero, collega Barracciu, che la nostra scuola è agli ultimi posti in Europa, è vero. Una realtà scolastica contraddittoria, incoerente, monoculturale, con una distribuzione delle scuole sul territorio assolutamente non equilibrata, e comunque tale da non assicurare il diritto allo studio soprattutto nelle zone più isolate e disagiate.

Voglio ricordarvi, colleghi, il forte gesto di rottura dei nove sindaci del Goceano che, per impedire la chiusura della quarta classe dell'Istituto tecnico agrario di Bono, sono dovuti arrivare a rassegnare le dimissioni. Un gesto non isolato, che però ha acceso i riflettori su analoghe proteste segno dei disagi presenti nell'intera Sardegna, come quello denunciato dai sindaci del Meilogu che difendevano la scuola di Bonorva, altra sede in cui la soppressione della quarta classe dell'Istituto tecnico agrario era stata data per certa.

Assessore Milia, eppure la Regione autonoma della Sardegna dovrebbe avere una competenza primaria in materia di istruzione. Voglio ricordare a tutti che noi sardisti abbiamo a suo tempo predisposto una norma sul dimensionamento scolastico e sulla distribuzione del personale nella scuola all'interno della legge numero 3 del 2009, articolo 9, commi 3 e 4. Legge, voglio sempre ricordare, Assessore, che ad oggi non è stata applicata e sulla quale la Corte costituzionale ha dato ragione a noi sardisti, anche se l'Ufficio scolastico regionale continua a decidere sul dimensionamento scolastico e sulla distribuzione del personale.

Assessore, le voglio ricordare che questa è una nostra competenza e mi chiedo, come se non bastasse, come si possa esercitare la competenza in materia se basta a piegarla e a renderla vana un semplice articolo di un decreto-legge statale; mi riferisco all'articolo 64 del decreto legge numero 112 del 2008, convertito in legge numero 133 del 2008, che in Sardegna, a causa delle condizioni geografiche e sociali ha determinato una situazione particolarmente pesante che sfocerà in un vero e proprio disastro in termini di mortalità scolastica, di perdita di posti di lavoro, di mortificazione e di annichilimento del diritto allo studio e, soprattutto, di incremento dei costi sociali cui tutto ciò inevitabilmente conduce.

D'altra parte sono i numeri a fotografare una situazione a dir poco disastrosa, in cui gli effetti dei ridimensionamenti ricadono in modo esclusivo sulle componenti più deboli: gli studenti, le famiglie, i lavoratori precari. Dal 2000 ad oggi si è registrato un decremento costante della popolazione scolastica, una diminuzione di circa 3500 alunni, corrispondente ad un tasso di contrazione pari al 13,87 per cento, con una dispersione scolastica che tocca il 25 per cento, mentre quella nazionale si ferma al 23 per cento. Inoltre, nel corso degli ultimi due anni si sono persi oltre 3 mila posti di lavoro che non sono altro che l'anticipo di un vero e proprio licenziamento di massa che avviene sotto mentite spoglie. Parlo, insomma, della concreta possibilità, soprattutto nelle zone interne e nei piccoli comuni, della chiusura delle scuole che rappresentano l'unico servizio essenziale di progresso e di sviluppo per il territorio e che molto spesso costituiscono l'unica presenza locale positiva delle istituzioni.

Oggi dunque andiamo a sommare alle emergenze congiunturali e strutturali derivate dalla cattiva gestione del passato, anche quella derivata dall'ultima riforma ministeriale che promette effetti devastanti, in particolare per i territori interni e montani della nostra isola, dove la scuola è radicata nelle comunità di appartenenza e ha un forte legame con le istituzioni locali, con tutte le realtà territoriali e con il senso identitario dei luoghi. Mi riferisco in particolare ai valori della quotidiana relazione fra docenti e studenti, della vita in comune e della cooperazione, delle regole condivise, della consapevolezza dei diritti imprescindibili dai doveri e dall'etica della responsabilità personale, della partecipazione attiva, della legalità e degli apprendimenti che aprono alla conoscenza della vita.

Noi sardisti siamo da sempre convinti che la scuola, in una visione globale e solidaristica, sia il soggetto qualificato e fondamentale di sviluppo dei valori etici, civili e sociali che rendono possibile la convivenza democratica e lo sviluppo sostenibile, che dunque necessiti anche la presenza di specifici indirizzi di istruzione coerenti con la domanda delle famiglie, con la vocazione dei diversi territori, con la programmazione economica strutturale che si intende fare sul territorio. Io credo, colleghi, che parlare ancora oggi quasi da spettatori di un intero sistema scolastico in via di smobilitazione, e avvilito dall'alto, senza che ne venga pensato e strutturato uno nuovo capace di garantire la reale esigibilità del diritto allo studio da parte dei nostri giovani non sia più il modo giusto per affrontare il problema, perché credo che oramai in Sardegna si possa parlare senza più reticenze di una sola crisi e di un solo problema. Una crisi sistemica e un problema strutturale che è, anche e soprattutto, la crisi e il problema di una classe politica (intendo noi classe politica) ancora incapace di esercitare il proprio ruolo, le proprie funzioni, le proprie prerogative.

Ieri parlavamo dell'agricoltura, oggi parliamo della scuola, non accorgendoci o proprio fingendo di non vedere la complessa interdipendenza con i fenomeni politici, economici e amministrativi correlati. Questa è la nostra chiave di lettura che punta alla radice del problema e ne contempla i singoli aspetti. Chiave di lettura che siamo convinti essere la sola a garantire un reale processo di cambiamento che ci consenta di non rimanere in bilico tra una posizione di modello centrale, l'assetto istituzionale, e una posizione pseudo federale, l'assetto reale che finisce per condizionare l'efficacia di qualsiasi politica di riforma.

Noi sardisti siamo convinti, lo abbiamo anche scritto a chiare lettere, che la scuola debba rappresentare l'infrastruttura culturale, formativa, educativa più importante e strategica per il futuro della Sardegna. E la Regione sarda deve esercitare finalmente il proprio diritto-dovere di sviluppare pienamente con sue risorse una propria politica scolastica sul versante dell'aumento e della diversificazione dell'offerta formativa, del bilinguismo, della lotta all'insuccesso scolastico, dell'integrazione istruzione-formazione, dell'inserimento nel mondo del lavoro, dell'innovazione dei metodi e delle tecnologie della scuola, dell'edilizia scolastica.

Ora però vorrei ribadire con forza che la crisi occupazionale del comparto scuola deve essere affrontata dallo Stato italiano, che l'ha prodotta, secondo metodologie e provvedimenti non difformi da quelli adottati per la crisi degli altri comparti. Ma voglio ribadire con altrettanta forza che la radice dei problemi è ancora una volta la nostra subordinazione...

PRESIDENTE. Onorevole Planetta, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Pur nella difficoltà di un'Aula distratta cercherò di svolgere alcune considerazioni rivolgendomi in particolar modo all'Assessore, oltre che a lei Presidente e agli altri colleghi, sulla mozione numero 84 presentata dal centrosinistra su uno dei settori fondamentali, se non il più importante, per lo sviluppo futuro, per la crescita economica e sociale dell'intera Isola. L'istruzione, la formazione, più in generale l'avanzamento delle competenze, della conoscenza e delle professionalità costituiscono, appunto, uno degli investimenti fondamentali per lo sviluppo futuro e per la crescita del nostro Paese e della nostra Regione.

Non è possibile, nell'affrontare il dibattito odierno, non considerare che nel nostro Paese il sistema dell'istruzione scolastica, dell'istruzione universitaria, della ricerca, è costantemente mortificato a favore di una visione distorta che ha quale riferimento fondamentale solo l'economia e il mercato, con il conseguente impoverimento culturale, morale ed economico dell'Italia. E l'ultima riforma, viene definita con questo termine, di fatto non è altro che un taglio economico, un taglio di risorse, una non attenzione rispetto alle esigenze, alle urgenze, tagli indiscriminati a prescindere dagli investimenti che siano opportuni, meno opportuni, utili o non utili.

Oggi, persino oggi, Assessore, con un provvedimento che abbiamo esaminato nella Commissione ottava, abbiamo dovuto stanziare risorse per salvaguardare alcuni presìdi scolastici della nostra Isola. E quelle risorse, Assessore, immagino le abbiamo dovute distrarre da altri investimenti, le abbiamo dovute sottrarre a qualche altro capitolo di spesa al quale erano destinate.

Tutto ciò perché lo Stato, appunto, taglia e continua a tagliare. E non è sicuramente estraneo al dibattito di oggi il tema delle entrate; se avessimo ottenuto il dovuto saremmo riusciti sicuramente a intervenire meglio anche sul sistema dell'istruzione regionale. La crisi economica non colpisce e non ha effetti uguali in tutti i Paesi del pianeta. Ciò che viene venduta come una crisi mondiale non riguarda diversi Paesi, India, Cina, Brasile ad esempio che, pur nelle tante difficoltà e nelle diverse disuguaglianze ancora presenti in tanti di questi Stati, cercano attraverso gli investimenti in cultura, istruzione e ricerca il modo per poter affermare se stessi su scala mondiale e, a giudicare dai risultati, il metodo è vincente.

In Italia, con ancor più gravi conseguenze nelle regioni del Mezzogiorno e nelle isole, è ormai assodata l'esistenza di un disegno preciso per distruggere la scuola pubblica, con la conseguenza di tenere la popolazione in uno stato di apatia generalizzato, l'arretramento culturale dei più è funzionale a mantenere evanescente la capacità di critica delle persone. Non è una questione che riguardi solo il mondo dell'istruzione, basta accendere la televisione in un qualsiasi pomeriggio per notare come la tendenza sia quella di annichilire i cittadini; e questo si riflette poi nella società nel suo complesso, dalla famiglia al posto di lavoro, dai grandi centri commerciali ai luoghi di ritrovo per il tempo libero.

Ebbene, non è un Paese che guarda a investimenti in cultura, in ricerca, Università, quale unico sistema per uscire dalla crisi nel lungo periodo. E' sufficiente pensare a come trattiamo il nostro patrimonio artistico, il nostro patrimonio archeologico; basta pensare a quanto accaduto a Pompei per vedere un Paese che non investe in cultura. In una situazione di malessere non sono certo confortanti i dati OCSE-Pisa già citati: poca diffusione di titoli di studio, abbandono scolastico, aspetti che non sono sicuramente in linea con la comprensione del testo scritto, con la conoscenza di una lingua straniera e dell'informatica.

Vorrei sottolineare, perché non è un argomento slegato dal ragionamento in corso, la relazione che intercorre tra il grado di istruzione, ad esempio, e la diffusione delle malattie dovuta alle difficoltà delle persone di curarsi, di poter provvedere alla cura di se stessi. Collegare la poca istruzione, la poca cultura con la maggiore diffusione delle malattie, sapendo quanto i costi della sanità pubblica incidano sulle risorse disponibili del Paese ma anche della nostra Regione, significa rilevare che gli investimenti in cultura potrebbero contribuire anche ad abbassare i costi della sanità pubblica.

Assessore, visto il momento, lei si è assunto una grande responsabilità, ma ha anche diversi doveri. Sicuramente lei ha il dovere di segnalare che questa non è una riforma, ma è invece un'arma di distruzione di massa, dove per massa si intendono le strutture precarie e fatiscenti, che avrebbero bisogno di seri interventi di recupero, i docenti mal retribuiti, emarginati nel loro ruolo sociale che sarebbe di fondamentale importanza, privi di mezzi e di risorse, gli studenti, ragazze e ragazzi per i quali si dovrebbe avere un'attenzione particolare, considerando che saranno la classe dirigente di domani, il personale amministrativo e tecnico.

Si pensi, limitatamente all'edilizia scolastica, quanto sarebbe importante valorizzare gli spazi all'interno delle nostre scuole che sono, in alcuni casi, gli unici spazi pubblici presenti nelle periferie o in alcuni dei nostri centri minori. Si pensi ancora, ad esempio, a quanto si parla di famiglie, di donne, dell'importanza del ruolo della donna, di come aiutare le famiglie e le donne della nostra società. Ebbene, il tempo pieno, è uno degli strumenti che va nella direzione di aiutare le famiglie e le donne della nostra società, è uno dei sistemi per consentire alle donne anche di potersi affermare nel lavoro e nella professione; anche questi pertanto sono maggiori servizi che possono essere resi alle famiglie.

Si pensi ai disabili e al modello egoista di una società che adesso esclude gli ultimi, anziché guardare a essi in modo attento, con affetto, proprio per aiutare il loro inserimento all'interno della società.

Si pensi al taglio delle risorse da destinare alla sicurezza, alla vigilanza, che crea ulteriori difficoltà e problemi anche per affrontare il disagio giovanile, combattere la diffusione dell'alcolismo e delle droghe, fenomeni in crescita in particolar modo nel nostro Paese, così come rilevato di recente dagli organi di stampa.

Ebbene, Assessore, anche la chiusura dei piccoli centri incide tanto, e non solo per quanto riguarda l'elevazione culturale dei singoli, ma ad esempio anche per quanto riguarda la diffusione della violenza, il non rispetto della vita, il non considerare come proprio il patrimonio pubblico, sono tutti aspetti connessi ai bassi tassi di istruzione. Il diritto allo studio è un tema che non riguarda semplicemente la difesa dello stato attuale, ma riguarda invece l'affermazione di una migliore qualità del diritto allo studio, una migliore qualità della scuola, una sfida perché la scuola, l'istruzione, possano essere migliori un domani.

Eppure il Paese ripone tante speranze nelle capacità e nelle intelligenze pur presenti, nei sacrifici dei tanti docenti precari che guardano al domani con difficoltà, le stesse difficoltà di tante famiglie che tanto sacrificano perché i loro figli possano studiare e aumentare il grado di conoscenza rispetto alla famiglia di origine.

Nel Piano regionale di sviluppo non c'è traccia di questo. Noi le chiediamo di guardare alla centralità della scuola pubblica, di aprire un confronto serio con il Governo sulle risorse per evitare i tagli, di guardare con attenzione ai piccoli centri, di avere un occhio di riguardo per il precariato per salvaguardare i docenti e il personale ATA, di avere un'attenzione sempre crescente per gli studenti disabili, e di intervenire sull'edilizia scolastica pubblica, in modo tale da salvaguardare un patrimonio indispensabile per il futuro di noi tutti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, assessore Milia, anch'io mi associo agli auguri di buon lavoro già formulati dai miei colleghi, credo ne abbia sicuramente bisogno, ma sono certo che la sua esperienza politica l'aiuterà tantissimo in un settore fondamentale per la crescita della nostra Isola.

L'attenzione che questa maggioranza ha nei confronti di un tema così importante, come quello della scuola, è certificata dal fatto che discutiamo oggi una mozione urgente, presentata ormai due mesi fa, ad anno scolastico iniziato e in presenza di grossissimi problemi. Ma la vostra attenzione verso questo argomento l'avete dimostrata anche nel corso di questi 19 mesi nella Commissione competente, la Commissione VIII, dove pur con tutta la buona volontà del suo Presidente non si riesce quasi mai a raggiungere il numero legale per poterne garantire il funzionamento.

Tutto questo accadeva quando, come nel resto d'Italia, anche nella nostra Isola l'inizio dell'anno scolastico veniva contrassegnato da una rilevante serie di manifestazioni, occupazioni, cortei, presìdi, assemblee permanenti. Protagonisti delle proteste sono stati, e sono ancora in tante realtà, gli alunni, le loro famiglie, il personale docente e non docente, gli enti locali. L'oggetto della protesta sono i drammatici effetti che la riforma Tremonti-Gelmini sta producendo sul già fragile sistema scolastico isolano.

Per capire la difficile situazione della scuola sarda sono sufficienti i dati riportati nella nostra mozione ed estrapolati dai rapporti OCSE; senza riprenderli tutti mi limito a citare il dato relativo al prematuro abbandono degli studi: il 32,6 per cento della popolazione di età compresa tra i 18 e i 24 anni con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore non partecipa ad ulteriore istruzione o formazione, in Italia tale percentuale scende al 22,1 per cento, e nell'Unione europea al 15,2 per cento.

Il Governo, di fronte a dati tanto preoccupanti, invece di profondere uno sforzo maggiore soprattutto in termini di investimenti, con la colpevole e silenziosa complicità della Regione, fa calare sul sistema della scuola pubblica sarda un'autentica mannaia, che lascia sul terreno le sue non poche vittime. L'anno scolastico 2010-2011 ha infatti portato in dote ben 1700 posti di lavoro in meno, tra docenti, personale amministrativo e collaboratori scolastici. E' come se… Presidente, se disturbo, sospendo!

PRESIDENTE. No, onorevole Solinas, può proseguire. Colleghi, per cortesia, vi pregherei di non disturbare l'oratore.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). E' come se, dicevo, contemporaneamente chiudessero nell'Isola una decina di fabbriche di discrete dimensioni, con la differenza però che con tutta probabilità in quel caso si assisterebbe a una vera e propria rivolta sociale, invece per il fatto che i lavoratori colpiti sono sparsi per tutta l'isola, e sono per la gran parte lavoratori precari, con conseguente scarsa forza contrattuale, si accettano questi tagli quasi fossero, oltreché inevitabili, un'autentica condanna divina.

Assessore Milia, mi auguro che nel suo intervento non ci dica anche lei, come il suo predecessore, che la scuola sarda quest'anno è migliorata perché sono stati inseriti in ruolo 440 docenti. Le faccio un piccolo esempio. In provincia di Oristano in due anni si è passati da cento nomine annuali di collaboratore scolastico, a cinque nomine annuali per la stessa qualifica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: classi che scompaiono nei centri dell'interno e risultano sovraffollate nelle grandi città, con gravi ripercussioni anche sugli standard di sicurezza minimi, disabili ai quali viene negata la possibilità di avere l'insegnante di sostegno, difficoltà a tenere aperti i plessi per la mancanza di collaboratori scolastici, uffici amministrativi sottodimensionati, decine di dirigenze assegnate a reggenti, sono solo alcune delle emergenze evidenti.

Il tutto nella attesa di quello che potrebbe accadere nel prossimo anno; si prevede, infatti, l'abbattersi sulla scuola sarda di una nuova raffica di tagli in occasione della prossima ridefinizione dei punti di erogazione, ossia dei singoli plessi scolastici, alla luce dei parametri fissati dal Ministero dell'istruzione che penalizzeranno pesantemente e ulteriormente la scuola pubblica sarda. In buona sostanza si rischia di essere chiamati ad assistere alla definitiva cancellazione della scuola in tanti centri delle zone interne, cosa che inevitabilmente favorirà nuove migrazioni, accelerando lo spopolamento e la desertificazione di tanti territori isolani, soprattutto i territori interni costituiti da piccoli e piccolissimi comuni, che da 10-15 anni, con i famosi piani di razionalizzazione scolastica, hanno cercato di garantire ai propri cittadini, spesso con risorse proprie, la presenza di almeno un plesso scolastico in ogni comune.

In questa situazione, nella quale noi spesso ci riempiamo la bocca di: riforme, nuovo Statuto, autonomia, vediamo i singoli funzionari statali applicare pedissequamente i parametri alle situazioni pratiche, determinando gli effetti sopra evidenziati, e la Regione sarda di fatto rinunciare a portare avanti le proprie prerogative, abdicando rispetto al dovere di difendere apertamente il sistema scolastico isolano dagli attacchi ministeriali.

Infatti, non solo non applica quanto previsto dalla legge regionale numero 12, del 2005, ma rinuncia ad applicare i commi 3 e 4 dell'articolo 9 della legge dell'agosto 2009, che questo Consiglio ha approvato all'unanimità. La cosa più grave è che questa Giunta e questa maggioranza continuano a manifestare, in questo come in altri campi, subordinazione assoluta ai diktat governativi rispetto ai quali non è consentito, ammesso che si voglia fare, sollevare alcuna questione. Ammesso che si voglia fare, ho detto, perché l'impressione è che sia a livello nazionale che regionale, mentre l'atteggiamento nei confronti della scuola pubblica è severissimo, quello nei confronti della scuola privata è accompagnato da ben altra disponibilità e attenzione.

La mozione che abbiamo presentato riafferma un principio fondamentale rispetto al quale è importante anche l'inequivocabile pronunciamento da parte di questo Consiglio regionale: la centralità della scuola pubblica.

E' chiaro che tale pronunciamento non può restare sospeso nel limbo delle buone intenzioni, ma deve essere sostanziato da interventi molto concreti che mirino a un unico obiettivo: innalzare la qualità dell'offerta formativa, garantendo a ciascun alunno che frequenta le scuole sarde standard identici che prescindano dal luogo di residenza. In quest'ottica bisogna rinegoziare, Assessore, con il Governo, come è stato fatto da altre regioni, anche sulla base di un principio di responsabilizzazione delle comunità locali, i parametri sulla base dei quali dimensionare istituti e plessi tenendo conto delle specificità isolane.

Occorre una forte difesa degli organici per consentire un'offerta qualitativamente elevata; penso ad esempio al tempo pieno nella scuola primaria da estendere a tutte le realtà anche dell'interno, al rafforzamento del progetto per le disabilità, al personale ATA, favorendo contestualmente l'immissione in ruolo dei tanti lavoratori precari del mondo della scuola. E' assolutamente necessario un piano straordinario per l'edilizia scolastica che dia garanzie in termini di sicurezza e adeguatezza dei locali per gli alunni. Occorre recuperare gli strumenti che erano stati messi a punto nella passata legislatura.

In questa situazione è evidente che serve un sussulto d'orgoglio, una presa di coscienza forte da parte di chi ha la responsabilità di guidare la Regione. La Giunta ha il dovere di aprire immediatamente una vertenza con il Governo finalizzata, come diciamo nel dispositivo finale della mozione, ad assicurare il diritto allo studio di qualità per i giovani sardi. L'opposizione è pronta a fare fronte unico con la maggioranza se essa manifesterà la volontà di aprire un serio confronto con il Governo; in caso contrario saremo severi censori, come lo siamo ora, di comportamenti remissivi che riteniamo danneggino enormemente le prospettive di sviluppo socioeconomico della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, Assessori, onorevoli colleghi e colleghe, la mia vuole essere un'ulteriore riflessione sull'importante tema della scuola, anche se mi rendo conto che ripercorrerò concetti e fornirò dati già presentati, in modo particolare, degli onorevoli Barracciu e Cuccu, nelle loro relazioni, ma sostanzialmente un po' da tutti gli intervenuti: il tema è ormai conosciuto. Il mio intervento vuole sottolineare che per noi il problema della scuola non può essere affrontato come una delle tante emergenze che in questi giorni abbiamo discusso. Più volte si è detto che alcuni aspetti della società non possono essere gestiti "ragionieristicamente", essendo di assoluta rilevanza per il bene dalla Nazione. La scuola, al pari della sanità e della sicurezza, è uno dei fondamenti da cui una nazione moderna, che guarda al futuro senza paure, non può prescindere. In questo nostro Paese, anche in Sardegna, dilaga la piaga del lavoro precario e, nonostante le nostre grandi capacità contabili, credo che nessuno abbia mai quantificato i danni che il lavoro precario arreca alla Nazione. La scuola, come sappiamo, non è esente da questo fenomeno, anzi, ultimamente ha contribuito ad esso pesantemente la riforma Gelmini che non è affatto una riforma, ma solo ed esclusivamente una indiscriminata sforbiciata ai bilanci e al personale.

In Italia la percentuale del PIL destinata all'istruzione è pari al 4, 5 per cento, siamo penultimi come hanno detto altri nella graduatoria europea e non raggiungiamo neanche la media OCSE che è del 5,7 per cento. Questi dati confermano che l'istruzione in Italia non è tra i primi pensieri di chi ci governa, tanto che gli insegnanti della scuola pubblica in Italia sono i meno pagati rispetto alla media dei paesi OCSE. Lo stesso OCSE denuncia che dei continui tagli ne risentiranno l'insegnamento e la formazione degli studenti, con gravi conseguenze sul mercato del lavoro globalizzato. Gli obiettivi attesi dalla legge numero 183 del 2008 sono di una progressiva riduzione del corpo docente: 42.105 unità stimate nell'anno scolastico 2009-2010, che diventeranno 25.560 nel 2010-2011, e 19.076 unità nell'anno scolastico 2011-2012. Il personale ATA, negli stessi anni, passerà dalle attuali 15.167 unità a 14.167 unità. L'innalzamento del rapporto alunni-classe, che nel 2009-2010 era pari allo 0,20 per cento in più, che viene incrementato in questo anno scolastico di un altro 10 per cento, e così anche il prossimo anno, a mio avviso porterà altri rischi oltre quello delle aule, come è stato detto, sovraffollate, quindi addirittura fuori dagli schemi di sicurezza (e se succederà qualche incidente non so chi dovrà risponderne, speriamo sia lo stesso Ministro); penso all'impossibilità di un normale svolgimento della didattica in classi affollate o al fatto che quando mancano i docenti, come si sta verificando in quest'ultimo periodo, poiché la scuola non provvede a nominare supplenti, gli alunni delle classi senza docenti vengano smistati in altre classi, aumentando così il rischio sicurezza e naturalmente con "zero apprendimento".

In questa vasta economia ci sarà la sospensione di circa 700 plessi scolastici, quindi un patrimonio edilizio enorme che rischia di andare in disuso con gravi danni agli investimenti fatti.

In Sardegna la riforma Gelmini sarà ancora più marcata, già ne conosciamo gli effetti devastanti, si sta parlando in un anno di 1037 docenti e di 670 collaboratori scolastici in meno, ma pare che nell'arco di questi 5 anni nei quali verrà attuata la riforma Gelmini nella scuola in Sardegna vi sarà una riduzione, e sono dati impressionanti, di oltre 5 mila posti di lavoro. Certo, si dice che la riduzione spesso sia dovuta anche alla contrazione delle nascite, ma non mi sembra che questo sia un fatto determinante o, perlomeno, di così ampia portata, e in Sardegna questo elemento non giustifica certo la pesante perdita occupazionale.

Sappiamo che la Sardegna paga lo scotto della sua insularità e della sua articolazione comunale, con una densità di appena 69 abitanti per chilometro quadrato, a fronte di una media di 180 abitanti per chilometro quadrato delle altre Regioni d'Italia. Tutto questo incide profondamente anche sul fenomeno della dispersione scolastica con alunni in tenera età estrapolati dal proprio ambito e trasferiti come pacchi postali in altre comunità. In un momento delicatissimo dell'avvio della crescita e della formazione umana l'istruzione, la scuola per molti è diventata estranea al proprio ambiente natio; il risultato è appunto nei numeri della dispersione scolastica, ovvero nel disamore per la scuola.

Ma quanto pagherà la nostra società, la Sardegna in particolare, in termini di risorse umane perdute? La Giunta Soru ha tentato di porre mano a questo dramma sardo con stanziamenti regionali a supporto di stanziamenti statali. Ma quel barlume di risorse e speranze è stato cancellato da scelte di uniformità a dispositivi nazionali, senza un sussulto ideale, pur sapendo che la nostra identità culturale sarà la salvezza della Sardegna nel mondo globalizzato. La nostra specificità passa per le nosttre giovani intelligenze affinché la Sardegna non diventi, come è stato detto anche poc'anzi, isola di manovali e camerieri, con rispetto naturalmente per queste professionalità penso però che abbiamo necessità di ben altro, come spesso si sente dire.

Usiamo, allora, lo strumento legislativo, il famoso dispositivo dell'articolo 21 della legge numero 12 del 2005, per un patto con lo Stato, così come è stato ripetuto più volte in quest'Aula, per un'organizzazione scolastica che tuteli i ragazzi e i giovani dei piccoli comuni, elemento fondante - come detto - della tutela e salvaguardia dell'identità e della cultura dell'Isola, elementi che devono diventare - credo - il cardine per un nuovo sviluppo e progresso in Sardegna.

Tutti noi siamo del parere che la scuola non può essere considerata un vero costo, così come Tremonti spesso ci dice, ma un investimento e per noi sardi deve essere fra le priorità. Allora, riportare l'istruzione nei piccoli comuni usando le nuove tecnologie è possibile; la lezione di matematica per esempio può essere impartita anche a distanza, e le miniclassi, governate da un tutor e da altri operatori, possono essere inserite all'interno di un contesto di "centro sociale", chiamiamolo così, ove possono interagire con gli stessi studenti i genitori e, perché no, anche il volontariato. Credo che si possano ricostruire le comunità con la saggezza popolare della tradizione; forse bisogna abbandonare gli schemi precostituiti e immaginare una scuola sarda in virtù anche di un prossimo federalismo che ci trasferirà competenze e autonomia.

Per eliminare o, perlomeno, per diminuire il numero dei precari nella scuola, faccio un altro esempio, potremmo per esempio nel settore della formazione professionale riportare la teoria all'interno del sistema di istruzione pubblica, supportandola con i docenti in graduatoria esclusi dall'assegnazione delle cattedre e affiancando gli allievi nella formazione pratica con i tutor presso aziende, con la doppia valenza di abbattere il precariato, aiutare l'impresa e favorire l'occupazione stabile presso le stesse imprese che dovessero candidarsi a ospitare la formazione.

Insomma, gli argomenti non mancano anche perché oggi, con questa mozione, diamo indicazioni alla Giunta per arginare probabilmente qualche falla, ma il problema rimane in tutta la sua portata e gravità.

Ci vuole uno sforzo di elaborazione che, pur tenendo conto dei costi, sappia costruire una nuova scuola identitaria, dall'infanzia fino all'Università, passando per la formazione professionale, l'incentivo del master and back e la ricerca diffusa. Io credo che con uno sforzo di analisi, che può partire dalla Commissione cultura, possa essere ridisegnato un modello di scuola sarda, nell'ambito di questa ipotesi, la cui costruzione demandiamo alla Giunta e al suo rapporto con lo Stato.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sanjust. Ne ha facoltà.

SANJUST (P.d.L.).Gentile Presidente, Assessori, colleghe e colleghi, paradossale è che la riforma della scuola pubblica venga reclamata da tutti ma resa impossibile da chi non ha interesse ad alcun cambiamento, da chi agisce come ultraconservatore perché la scuola l'ha occupata ideologicamente. Una vertenza, questa, che andrebbe affrontata nella sua globalità, cercando di mettere nel posto giusto ogni tassello, perché ogni aspetto si lega all'altro; oggi sembrerebbe invece che il problema della scuola pubblica si risolva solamente lasciando lo status quo e incrementando in maniera abnorme il numero dei dipendenti, sia che servano sia che non servono a coprire gli organici.

Leggendo la situazione esistente, un dato inconfutabile è che sull'istruzione e la formazione la Sardegna sia il fanalino di coda, sia in Italia che in Europa. Se il Pil della Sardegna è tra i più bassi, se il tasso di disoccupazione rimane ancora alto rispetto alla media nazionale, se l'emigrazione è riesplosa, la causa non può essere attribuita soltanto alla crisi economica e al deficit strutturale del sistema produttivo. Un altro dato incontrovertibile vede ancora i sardi in basso alle graduatorie relativamente ai titoli di studio, alla frequenza nella scuola, e in alto per quanto invece riguarda la dispersione scolastica; inoltre siamo in cima relativamente al numero di studenti che stanno al di sotto della soglia minima dei livelli di competenze acquisite, e questo lo dice l'Osservatorio della comunicazione sanitaria di Pisa.

D'altro canto, è tutta l'Italia a non godere di buona salute nei confronti dell'Europa e del mondo: il nostro sistema di istruzione e formazione è caratterizzato da una preoccupante sproporzione tra il livello della spesa pubblica destinata a questo scopo e i livelli di quantità e qualità del risultato. Se è vero che il 61 per cento degli italiani ritiene che la prima emergenza del nostro Paese sia proprio l'educazione, appare verosimile che non si tratta di una semplice opinione né di un generico auspicio, ed è per questo che la scuola italiana ha urgente bisogno di una profonda riforma.

Ma le riforme in Italia sono state tentate a più riprese e da entrambi gli schieramenti; con l'alternarsi delle coalizioni di governo è accaduto infatti che prima è stata bloccata la riforma Berlinguer poi quella Moratti. L'attuale Ministro ha trovato il sistema scolastico completamente paralizzato da normative, da procedure, da programmi frammentari, parziali e incompleti, al punto che nella scuola italiana tutto resta ancora instabile, tranne il centralismo dell'apparato e il corporativismo paralizzante.

In quale direzione andare, allora, per un cambiamento? La scuola pubblica italiana, e quindi quella sarda, ha bisogno a parer mio di due orientamenti di fondo: un sistema educativo più adeguato alla realtà, che superi il pregiudizio ideologico che ha sminuito l'istruzione tecnico-professionale di qualità a favore dei licei, e un sistema più aperto e libero per superare lo statalismo che tiene l'educazione prigioniera di un apparato cinico e falsamente neutro, o neutrale, rispetto ai valori e alle identità. Sempre rispetto agli altri Paesi europei, per la scuola pubblica italiana, che nonostante tutto è definita la più esosa d'Europa, si dice che si spenda poco, ma quel poco si spende male e prevalentemente per pagare gli stipendi degli insegnanti; stipendi da fame, è vero, è stato ribadito anche oggi, forse i più bassi in Europa, che fanno a gara al ribasso con Portogallo e Grecia.

Per questi motivi è facile sostenere che la scuola si trova in una situazione prefallimentare dal punto di vista economico e altamente negativa dal punto di vista dei risultati, con il 90 per cento delle risorse spese, ahimè, per pagare il personale dipendente, per cui poco, pochissimo, resta per il funzionamento dell'apparato. A questo ha concorso il totale demansionamento dei collaboratori scolastici, ma non la diminuzione del loro numero, per appaltare all'esterno compiti non più in capo a questo personale.

Ha creato scalpore un po' di tempo fa, all'interno di questo contesto di demansionamento progressivo, anche la notizia che in Italia i collaboratori scolastici siano oltre 160 mila, contro il numero dei carabinieri che si aggira intorno ai 120 mila. Il numero di coloro che una volta venivano chiamati semplicemente bidelli è pari a 2,2 per classe e costano allo Stato 4 miliardi all'anno. Questi paradossi offrono ampi spunti di riflessione anche sulla generalizzazione di quello che è stato il sistema organizzativo del cosiddetto modulo, ovvero l'assetto che prevedeva tre insegnanti su due classi, ai quali poi si aggiungevano il docente d'inglese, quello di religione, quello di musica e chi più ne ha più ne metta. Sarà anche per questo che l'OCSE ha relegato l'Italia in una posizione arretrata rispetto agli altri Paesi europei, sostenendo che la qualità della formazione risulta drammaticamente inferiore a quella che si rileva nei maggiori Paesi industrializzati dell'Occidente.

Il professor Stefano Zecchi, commentando gli ultimi dati OCSE che bocciano sonoramente la scuola pubblica italiana così come è strutturata, punta l'indice su chi ha creato una scuola-fabbrica che ha voluto parificare la professione intellettuale degli insegnanti a quella del metalmeccanico, quindi da sindacalizzare a ogni costo. Questa idea, applicata con meticolosità sindacale - dice sempre Zecchi - ha gettato alle ortiche la meritocrazia per esaltare una ideologica uguaglianza sul reclutamento dei docenti, affidando alla contrattazione sindacale il numero delle assunzioni e la stabilizzazione del personale. Così è cresciuta la lista dei precari, che non hanno vinto alcun concorso o non sono rientrati nelle clausole di nessuna leggina salva posto, precari che oggi chiedono di essere stabilizzati perché si è fatto credere loro che la scuola può continuare a essere uno "stipendificio".

Contemporaneamente, i tagli alla scuola, chiamati razionalizzazione, sono un'opera tentata inutilmente da tutti i Ministri da vent'anni a oggi, la crisi economica attuale ha solo aggravato questa situazione. Purtroppo la razionalizzazione in Sardegna si voleva imporre con gli stessi parametri della Lombardia, differente da noi per territorio e per le infrastrutture, cercando di chiudere scuole che forse erano l'unica presenza dello Stato nei piccolissimi comuni; in questo do ragione ai colleghi che mi hanno preceduto.

Vorrei anche, però, ricordare che il primo Governo Amato, tra il 1992 e il 1993, con Ministro della pubblica istruzione Rosa Russo Iervolino, annunciò la prima razionalizzazione della scuola che in Sardegna scatenò le ire di Armungia dove si prevedeva la chiusura delle elementari, accorpate a quelle del paese vicino. Nel 1997, durante il primo Governo Prodi, con Ministro della pubblica istruzione Berlinguer, venne approvata la legge numero 449 su misure della stabilizzazione della finanza pubblica con la quale si stabiliva che, entro la fine del 1999, il numero dei dipendenti del comparto scuola doveva essere inferiore del 3 per cento rispetto a quello rilevato alla fine del '97. Niente di nuovo quindi sotto il sole a distanza di quasi 14 anni da Berlinguer ma addirittura 18 dalla Iervolino. Certo non Ministri dello stesso schieramento della Gelmini.

E' stata proprio la legge Berlinguer, collega Barracciu, quella che ha dato la stura a quell'enorme licenziamento di massa mai visto prima, come ebbe modo di dire lei nel settembre del 2009 quando tutto il suo Gruppo votò contro un ordine del giorno, che sempre lei, collega Barracciu, oggi fa proprio e cita nella mozione che stiamo discutendo. E siccome io quell'ordine del giorno l'ho votato chiedo che venga attuato e fatto proprio dalla Giunta regionale e dal nuovo Assessore della pubblica istruzione.

Per quanto riguarda i precari è impensabile poterli assumere tutti insieme, mentre il ministro Gelmini ha dato tempo sette-otto anni per esaurire la lista. A sostegno delle richieste dei tanti precari della cui opera la scuola sarda ha bisogno (magari non di tutti, dobbiamo avere il coraggio di dirlo, visto il decremento del numero degli alunni), la Regione lo scorso anno ha dato seguito a un accordo con il Governo stanziando 20 milioni di euro. Con questo credo che la Regione abbia fatto tanto impegnando tali risorse.

Ma per avere un sistema scolastico sardo più efficiente e moderno non vuol dire che si debba gravare sulle sole risorse della Regione senza il contributo dello Stato, così come detto anche dall'onorevole Maninchedda nel dibattito relativo alla mozione sulle entrate. Noi non possiamo proprio permetterci di ripetere con la scuola gli errori fatti con la sanità e con i trasporti. Ma questi 20 milioni di euro non sappiamo nemmeno se siano stati sufficienti, Assessore, è importante verificare che siano stati spesi, perché mi risulta che in diverse scuole si sia fatto fronte alle supplenze utilizzando personale interno anziché attingere dalle liste dei precari, e dirottando i fondi erogati per altre finalità.

Occorre verificare anche, Assessore, se nelle pieghe di bilancio esistano somme inutilizzate utili a ripristinare il progetto salva precari. E proprio sui precari credo che non sempre chi strumentalizza la loro condizione trovi poi soluzione idonee per soddisfare le richieste. Noi lo scorso anno ci siamo attivati e siccome abbiamo a cuore le loro sorti chiediamo con forza al Presidente della Giunta e all'Assessore della pubblica istruzione un impegno forte, uno sforzo economico sufficiente per ripristinare questo importante progetto.

Concludendo, ritengo importante sottolineare che chiunque faccia la riforma della scuola deve avere il buon senso di evitare di creare aspettative che mai potranno essere soddisfatte, come si è fatto da qualche lustro a oggi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Caria. Ne ha facoltà.

CARIA (P.D.). Signor Presidente, signori Assessori, colleghi consiglieri, in questi giorni in Consiglio regionale si stanno trattando temi importanti e fondamentali per il futuro della nostra Regione. La rivisitazione dello Statuto, il federalismo fiscale indubbiamente sono due questioni fondamentali che richiedono larghi consensi, una grande condivisione anche all'esterno di questo Palazzo.

Io sono tra quelli che pensa che le riforme non si fanno senza un confronto e una collaborazione il più possibile ampi e convinti. Il tema trattato oggi, grazie alla presentazione della mozione numero 84 e dell'interpellanza numero 109 sulla drammatica situazione e sui tagli del sistema scolastico, a mio modo di vedere dovrebbe richiedere non solo larghi consensi ma, addirittura, trovare consensi unanimi. Dico questo perché convinto che la scuola, quale strumento per l'educazione, rappresenti uno dei pilastri fondamentali della società.

Quando si trattano temi come la scuola e la sanità il pensiero ci porta a parlare di precari nella scuola e nella sanità. A me piace invece focalizzare l'attenzione sui destinatari del servizio scolastico e del servizio sanitario, pensando che gli insegnanti e i medici ci sono perché ci sono gli studenti e i pazienti; da qui intendo partire.

Nella mozione presentata nella premessa abbiamo scritto che le potenzialità di sviluppo e progresso di un Paese sono direttamente proporzionali agli investimenti fatti sul sistema dell'istruzione da cui dipendono le competenze e conoscenze delle successive generazioni e che determinano, dunque, le prospettive di benessere, occupazione e civiltà dell'immediato futuro. Quando parliamo di scuola la prima domanda da porci è: chi educhiamo. Sicuramente ci possiamo trovare d'accordo sul fatto che educhiamo la persona; ogni bambino, ogni ragazzo ha necessità di essere educato, ha bisogno di essere aiutato a scoprire il valore di se stesso, delle cose e della realtà.

La difficoltà di questo percorso è data dal disagio che molti giovani vivono: dalla solitudine, dalle paure, dalle incertezze. La scuola deve essere in prima linea nella battaglia contro questo vuoto; un luogo dove si riconosce significato a ciò che si fa e dove è possibile la trasmissione dei valori che danno identità, appartenenza e passione.

Partendo dal rispetto per sé e per gli altri (la scuola luogo d'incontro e crescita di persone), obiettivo della scuola è far nascere il tarlo della curiosità, dello stupore, della conoscenza, sviluppando la creatività, l'ingegno, l'abilità e la competenza; la scuola quindi luogo in cui nelle diversità e nelle differenze si condivide l'unico obiettivo che è la crescita della persona. Questa è la sfida, questo è il rischio educativo che gli insegnanti assumono nell'esercizio della propria professionalità. Non bastano solo le risorse economiche, seppure fondamentali, ma occorrono altre risorse, altrettanto fondamentali, che consistono nella condivisione del progetto educativo da parte della famiglia e della società senza il quale non c'è possibilità, per la scuola, di realizzare il proprio compito di educare istruendo.

In questa sede per ragioni di tempo sorvolo sull'excursus normativo e sulle modifiche principali che hanno riguardato il mondo della scuola dal 1997 fino ad arrivare alla Gelmini; ricordo l'emendamento Sacconi che ha diminuito l'obbligo scolastico portandolo a 15 anni e che l'utilizzo della parola riforma nasconde solo tagli e nessuna riforma. Prima di entrare nel merito e nell'analisi dei numeri, peraltro già citati da altri colleghi, che ruotano attorno a questa "riforma a taglio", ritengo giusto trattare tre questioni.

La prima questione, l'abbassamento dell'obbligo scolastico per la scuola è una scelta miope, anche se la proposta del ministro Sacconi di portare l'obbligo scolastico da 16 a 15 anni nasce da un problema reale, cioè quello dei tanti giovani che, interrompendo gli studi prima dei 16 anni, cadano nell'inattività o nel lavoro nero.

La proposta Sacconi ha il merito di affrontare un problema reale e troppo spesso ignorato ma ha il limite di farlo con uno spirito che trasmette una sensazione di rinuncia, che rischia di negare una prospettiva ai figli dei più poveri che, di fatto, vedranno disegnarsi di fronte a loro orizzonti di fine del percorso formativo alla scuola media, una logica del "meglio di niente". Mentre oggi più che mai il Paese avrebbe bisogno di una politica capace di dare segnali forti; una politica che riconosca i problemi, certo, ma che anziché abbassare l'asticella la alzi continuamente rilanciando con proposte innovative proprio sulle sfide più difficili, una politica che ci dica che possiamo fare meglio di così e puntare più in alto.

Ciò che lascia perplessi è il tipo di risposta, perché ha il sapore di una sconfitta; invece di pensare a misure che stimolino e incentivino la frequenza della scuola, magari attraverso sistemi di borse di studio, di coinvolgimento e supporto alle famiglie o una riorganizzazione vera dei sistemi di formazione lavoro, si lascia perdere. E' vero le imprese potranno beneficiare di un anno di manovalanza a basso costo e i giovani avranno un anno di esperienza lavorativa che, attenzione, è ben diversa da vera formazione. Ma tutto questo è un ripiego terribilmente di breve periodo e poco lungimirante.

Uno dei problemi più gravi del sistema economico e produttivo italiano è proprio la scarsa qualificazione di tanti lavoratori che, entrati in azienda a 14-15 anni, hanno maturato competenze talmente specifiche a un certo tipo di produzione che poi diventa difficilissimo riconvertirli o sottoporli a nuova formazione molti anni dopo.

E' per questo motivo che, quando chiude una fabbrica, si mettono in ginocchio intere economie locali; un maggior livello di istruzione serve a rendere il lavoratore più flessibile e più ricettivo a programmi di formazione futura. Un quindicenne che oggi, 2010, lascia la scuola per mettersi dietro una macchina si scontrerà, prima o poi, con problemi che sarà poco attrezzato ad affrontare e con lui la società in cui vive.

Altri Paesi si stanno ponendo questo problema, come l'Inghilterra che negli ultimi dieci anni ha più che raddoppiato la spesa per la formazione professionale dei giovani riorganizzandola pesantemente.

La seconda questione che voglio evidenziare riguarda l'abolizione della quarta classe in molti istituti professionali. Prima i ragazzi che si iscrivevano negli istituti professionali dopo il triennio conseguivano la qualifica e poi seguendo il quarto e il quinto anno conseguivano il diploma. Con la riforma il corso di studi prevede i cinque anni al termine dei quali viene rilasciato il diploma, questa regola vale per i nuovi iscritti. Per quanto riguarda i vecchi iscritti seguendo il vecchio ordinamento in molte classi la quarta classe non è stata costituita se non si aveva un numero sufficiente di ragazzi, minimo 20, determinando di fatto in alcuni casi l'abbandono scolastico conseguita la qualifica e, in altri casi, alimentando il pendolarismo dovendo seguire la quarta classe in altre città.

La terza questione afferisce ai tagli delle ore di laboratorio negli istituti professionali. Aver tagliato (tagli incomprensibili), senza una benché minima conoscenza della scuola professionale e dei suoi meccanismi, le ore di laboratorio negli istituti professionali, sta snaturando l'essenza stessa della formazione professionale riconosciuta in tutto il mondo come la migliore, e che nel tempo ha dato professionisti in tutti i settori. Meno laboratorio vuole dire meno professionalità. Tagli, ancora, sugli assistenti tecnici, figure importanti nella collaborazione con i docenti ITP, tagli gravi sulle esercitazioni tecnico-pratiche; tagli che comportano non solo una disoccupazione professionale altamente specializzata, ma alterano tutti quei parametri che sono presenti massicciamente su tutto il territorio nazionale stravolgendo la didattica nelle nostre scuole, e in Sardegna in particolare. Questione importante per l'occupazione nella nostra Isola che già soffre della mancanza di lavoro in generale, e considerato che erano già insufficienti le ore a disposizione prima della riforma taglia-classi.

Così come detto da altri colleghi, i dati OCSE testimoniano che il sistema scolastico della Sardegna soffre di carenze tali da collocare la scuola sarda tra le ultime in Europa. Dagli indicatori sui livelli di istruzione, emerge infatti che nei Paesi OCSE il 66 per cento della popolazione dai 25 ai 64 anni possiede almeno un diploma di scuola secondaria superiore, mentre in Italia la percentuale scende al 44 per cento, e in Sardegna si assesta intorno al 38 per cento. La Sardegna vanta anche il triste primato sull'abbandono degli studi: il 32,6 per cento della popolazione di età compresa tra i 18 e i 24 anni, con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore, non partecipa a ulteriore istruzione o formazione. In Italia, la percentuale scende al 22,1 per cento, e nell'Unione europea al 15,2 per cento.

La riforma Gelmini ha tagliato il personale docente: 88 mila insegnanti in tre anni, solo quest'anno 1.037 in Sardegna, più di 3 mila in tre anni, elevando il numero degli alunni per classe anche oltre il limite consentito dalle leggi sulla sicurezza. La riforma della scuola pubblica, con il taglio di ore e docenti, influisce e influirà sempre più sulla riduzione del numero dei diplomati e, conseguentemente, sul bacino e sulla qualità dei potenziali iscritti all'università, allontanandoci dalle indicazioni europee che vorrebbero un aumento del numero dei diplomati e dei laureati entro il 2020 e non una riduzione. La disoccupazione, per l'ISTAT, della popolazione tra i 15 e i 24 anni sta aumentando, ma perché aumenta anche l'abbandono degli studi tra superiori e calo degli iscritti nelle università, e i giovani che abbandonano non trovano una occupazione nel mondo del lavoro. La scuola è precipitata e sta continuando a precipitare nel baratro.

La Regione ha il compito di attivare la formazione professionale per aiutare i giovani a essere preparati per entrare nel mondo del lavoro con più facilità, quindi investire in una scuola di qualità, fare innovazione, fare laboratori, preparare i giovani.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Espa. Ne ha facoltà.

ESPA (P.D.). Presidente, spero di poter dare qualche nuovo contributo al dibattito in corso in quest'Aula. Innanzitutto anche io faccio i migliori auguri al nuovo Assessore, sperando che i primi atti che noi abbiamo visto, ne hanno parlato anche i precedenti colleghi, possano per il bene della scuola sarda tracciare un momento di discontinuità con il regime precedente. E' chiaro che questa è sempre l'amministrazione guidata da Cappellacci, però alcune questioni sono, secondo noi, estremamente importanti e vanno sottolineate in maniera forte. Onorevole Manca, consenta che l'Assessore mi presti attenzione; la ringrazio molto. In Sardegna, che cosa sta succedendo? In Sardegna noi sappiamo - denunciato dai sindacati, ma anche verificato, e credo che queste cose l'Assessore le sappia - che almeno 1.700 posti di lavoro, tra personale docente e personale non docente, cioè personale ATA, li perdiamo; Come qualcuno ha già detto si tratta del "più grande licenziamento di massa". Ovverosia, noi abbiamo una situazione in Sardegna estremamente complicata e difficile.

Devo dire - ne parlo subito perché sapete che sono molto monotematico, ma su questo voglio ritornare, perché è una questione molto delicata di cui hanno parlato anche i colleghi - che la situazione per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno non è peggiorata; il numero degli insegnanti di sostegno è leggermente aumentato come assegnazioni rispetto allo scorso anno. Ma come mai, poi, le famiglie devono ricorrere al TAR perché sia esigibile il loro diritto all'insegnante di sostegno, ad esempio? Perché succede questo in Sardegna? Perché il sistema scuola viene danneggiato gravemente? Quello che adesso bisogna capire è che, per esempio, quando si fa il gravissimo errore di tagliare il personale ATA, ovviamente tutta la scuola è meno supportata. Voi sapete che, tra l'altro, il personale ATA ha delle funzioni tecniche, per esempio, anche relativamente all'integrazione scolastica; e i colleghi del P.D. componenti della Commissione competente mi hanno segnalato che la Commissione, in controtendenza, ha proposto di integrare delle nuove classi, tagliate appunto dalla riforma Gelmini. Come dicevo, quando noi tagliamo il personale docente ovviamente ne risente la qualità. Quando noi tagliamo le classi in generale, o in determinate scuole, stiamo privando non solo quel territorio dell'istituto statale ma, ad esempio, voglio ripeterlo, se una persona di quel territorio ha bisogno dell'integrazione scolastica, un ragazzo con disabilità, non può percorrere 40 chilometri tutti i giorni per andare nella scuola più vicina, e in un paese più vicino. E' una follia: si sta negando un diritto sancito dalla Costituzione. E' importante, quindi, che le classi non vengano tagliate. Sto giusto facendo una panoramica su quello che sta succedendo.

E' stato già detto, Assessore, ma su alcuni casi clamorosi la pregherei veramente di alzare la voce. Quando accade, come è successo l'anno scorso a Villacidro, che nella stessa classe vi siano sette alunni con disabilità, io dico che è uno schiaffo ai diritti dei sardi, agli alunni con e senza disabilità. Una classe con sette alunni disabili è una follia, e queste cose si stanno ripetendo perché il Governo nazionale e la riforma Gelmini hanno tolto il limite per alunno disabile per classe, cercando così di fare cassa.

Su questo bisogna "battere i piedi", perché noi l'hanno scorso, la vostra Giunta, abbiamo siglato il cosiddetto accordo Baire-Gelmini. La maggioranza aveva raccomandato di rivedere questo accordo, nel quale la Regione stanziava 20 milioni. Ma la Gelmini ha detto che intendeva firmarlo. Ma che cosa vuol dire? Non ha messo una lira (ha messo il 30 per cento delle risorse in Lombardia), cioè la Regione ha messo 20 milioni di euro e lo Stato 8. Gli accordi si fanno in due, non si fa un accordo tanto per farlo, in più un accordo in perdita per la Sardegna.

Ancora non è successo niente, e noi continuiamo a dire che l'accordo Sardegna-Gelmini non c'è più, va comunque rivisto. Noi non siamo la Pianura Padana, noi abbiamo le esigenze dei paesi di montagna, abbiamo una specialità diversa, dobbiamo rivendicare il nostro ruolo. Magari dobbiamo stanziare anche qualche risorsa regionale, ma già lo stiamo facendo, però non possiamo passivamente subire ciò che lo Stato ci impone; io parlo di cose concrete, non sto parlando di teorie spaziali.

Abbiamo anche detto: "Taglio del numero dei bidelli; taglio del numero dei docenti". Ovviamente, è chiaro che io voglio fare una denuncia culturale, parlo del clima nazionale. In Sardegna mi sembra che andiamo abbastanza meglio; per esempio, abbiamo Assessori di grandi comuni che dicono che dobbiamo "far fuori" i disabili dalla scuola mettendoli nelle classi speciali. Ci sono pertanto anche queste polemiche. Ovviamente, può non essere un fatto culturale, ma di fatto quando si costituiscono classi con due, tre, quattro persone disabili, si crea una situazione ingovernabile da un punto di vista educativo.

C'è poi il problema della soppressione delle scuole; abbiamo citato i casi di Esterzili, di Bono, di altri piccoli centri, e sappiamo benissimo, lo sappiamo tutti, che la scuola in quei luoghi è un patrimonio comune. I nostri padri, i nostri genitori, i nostri nonni, che volevano che i loro figli progredissero nella vita, vedevano la scuola come l'istituzione per cui combattere, l'istituzione per cui fare sacrifici, l'istituzione sul territorio in grado di garantire l'emancipazione e la crescita per le generazioni future. Questo presidio va mantenuto.

Per esempio - giusto per essere ancora una volta monotematico - adesso il Governo ha deciso il finanziamento per le scuole paritarie. Io non ho niente contro le scuole paritarie, anzi, secondo me fanno parte del sistema pubblico, ma come è possibile che il finanziamento passi da 150 milioni a 240 milioni? Per quale motivo viene aumentato così tanto il finanziamento alle scuole paritarie?

E tenete conto (e questi casi hanno interessato persone sia di destra che di sinistra) che ci sono scuole paritarie che rifiutano l'iscrizione di alunni disabili perché devono accollarsi i costi! E che razza di scuola paritaria sarebbe? Una scuola paritaria ha obblighi di legge, altrimenti noi dobbiamo vigilare e denunciare queste eventuali discriminazioni togliendo la qualifica di paritaria a quella scuola che si ritiene tale solo se è comodo e non quando ha un onere da sostenere. La libertà di scelta delle famiglie vale per tutti, anche per quelli che hanno situazioni particolari. Su questo punto, Assessore, la pregherei di stare insieme con tutti noi; spero infatti che il Consiglio, compresa la prima firmataria della mozione in discussione, possa esitare una mozione unitaria che consenta, concretamente, di dare ancora più forza alla scuola in Sardegna, quindi anche con un'azione forte della Giunta.

Infine, Assessore, giovedì scorso il Tar di Cagliari ha emesso una sentenza, lo dico con una certa soddisfazione, relativa a quanto abbiamo detto prima, e cioè che non sono diminuiti gli insegnanti di sostegno ma le ore. Devo dire che nella battaglia famiglie-Gelmini, per quanto riguarda il taglio dell'attività di sostegno, negli ultimi due anni sono state avviate circa cento cause, tutte vinte dalle famiglie. Come ho detto più volte, il dato drammatico quando si promuove una causa davanti al Tar (emerge anche leggendo le carte e l'avvocato Steri potrebbe esserci maestro nello spiegare queste cose) è che la causa la promuovono i genitori di quel bambino della scuola elementare ,ma l'avvocato dello Stato, chiamato dal Ministero, ricorre contro il bambino. Comunque, ritornando alla recente sentenza, oltre il grande successo avuto da questi ricorsi è accaduto che, finalmente, il Tar di Cagliari ha riconosciuto il danno esistenziale, sostenendo che la persona con disabilità deve essere rimborsata per il sostegno che le è stato tolto e condannando il Ministero al risarcimento. E' la prima volta che succede perché si tratta di un diritto prioritario, non è nella facoltà del Governo dire "lo faccio, non lo faccio". Lo Stato ha iniziato a pagare il danno esistenziale perché veramente lo stress è molto ma, ripeto, si sta toccando soprattutto un diritto fondamentale, e bene fa il TAR di Cagliari, come altri TAR...

PRESIDENTE. Onorevole Espa, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' convocata la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Il Consiglio è riconvocato domani, mercoledì 17 novembre, alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 20 e 08.



Allegati seduta

esto delle interrogazioni e interpellanze annunziate in apertura di seduta

Interrogazione Cucca - Moriconi - Sabatini - Caria - Manca - Meloni Valerio, con richiesta di risposta scritta, in merito alla definizione dell'Ambito territoriale ottimale ed alla gestione del servizio idrico integrato in capo ad Abbanoa Spa.

I sottoscritti,

CONSIDERATO che è in corso un'approfondita discussione pubblica in merito al dimensionamento dell'Ambito ottimale ed all'efficienza del gestore del servizio idrico integrato della Sardegna;

CONSIDERATI i risultati del convegno scientifico "Servizio idrico: ambiti ottimali ed economie di scala" tenutosi a Cagliari il 15 ottobre 2010;

VISTA:

- la documentazione prodotta dall'associazione "Democrazia sull'acqua" in merito all'efficienza del servizio idrico in Italia, nella quale si dimostra la persistente condizione di diseconomie di scala di Abbanoa Spa sia nel breve che nel lungo periodo, conseguente al sovradimensionamento dell'Ambito unico sardo;

- la lettera agli azionisti inviata dal presidente di Abbanoa Spa in data 11 giugno 2010, in cui si evidenzia che le perdite sono passate dai 7 milioni circa del 2005 ai quasi 12 milioni del 2009, con un incremento di oltre 4 milioni di euro;

CONSIDERATO che, inoltre, la perdita 2009 iscritta a bilancio è limitata dai contributi regionali iscritti nella voce "altri ricavi e proventi" per circa 40 milioni di euro, senza i quali la perdita d'esercizio sarebbe stata di circa 50 milioni di euro;

VISTI:

- la relazione sulla gestione del servizio idrico integrato, in cui si evidenzia l'orientamento del gestore unico all'esternalizzazione dell'intero servizio di conduzione-sorveglianza impianti di depurazione e sollevamenti fognari da avviare nel corso del 2010 e di quello di conduzione, sorveglianza, controllo e manutenzione ordinaria di tutti gli impianti di depurazione gestiti dalla società;

- il prospetto contabile consuntivo di Abbanoa Spa relativo al bilancio 2009, da cui si evince un consistente aumento dei costi di produzione accompagnato da un calo dei ricavi delle vendite e delle prestazioni;

- la preoccupante crescita dei debiti verso fornitori, i quali assommano a circa 197 milioni di euro, e che hanno dato avvio ad azioni di pignoramento sui conti correnti della società;

- l'esponenziale crescita dei debiti verso le banche entro 12 mesi, che in cinque anni di gestione sono quasi quintuplicati;

CONSIDERATE:

- le previsioni di crescita delle tariffe per il raggiungimento degli equilibri di bilancio annunciate a mezzo stampa dai vertici di Abbanoa Spa e dal commissario dell'ATO, Francesco Lippi;

- infine, le diffuse lamentele dell'utenza in relazione ai livelli di efficienza del servizio erogato da Abbanoa Spa,

chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dei lavori pubblici per conoscere:

1) quali siano stati gli studi scientifici sulla base dei quali la Giunta regionale, nella proposta di legge di cui alla propria deliberazione n. 31/10 del 6 agosto 2010, abbia ritenuto di mantenere l'ambito unico regionale quale ambito ottimale di gestione del servizio idrico integrato;

2) le motivazioni dell'allarmante crescita degli "oneri diversi di gestione" della Abbanoa Spa passati da circa 5 milioni nel 2007 ad oltre 39 milioni nel 2009, come risulta dai prospetti contabili approvati dalla società;

3) le motivazioni della preoccupante crescita dei debiti della Abbanoa Spa dal 2005 al 2009, come risulta dai prospetti contabili approvati dalla società;

4) le motivazioni della consistente crescita delle perdite d'esercizio della Abbanoa Spa dal 2005 al 2009, come risulta dai prospetti contabili approvati dalla società;

5) quali siano stati i criteri e le procedure di assunzione effettuate dalla Abbanoa Spa nel periodo 2005-2010, unitamente al numero di persone assunte, alle forme contrattuali adottate, ai relativi inquadramenti e allo stato di attuazione del percorso di stabilizzazione dei precari cosiddetti "storici" del settore idrico;

6) se esistano e quali siano i piani di rientro dai debiti verso i fornitori e le banche;

7) quali siano le motivazioni e l'entità degli annunciati aumenti tariffari del servizio idrico. (439)

Interrogazione Espa - Caria - Mariani - Meloni Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di una maggiore flessibilità nell'erogazione delle prestazioni riabilitative che consenta ai centri riabilitativi di poter fornire più di una terapia giornaliera consecutiva.

I sottoscritti,

PREMESSO CHE:

- la riabilitazione territoriale proposta nelle deliberazioni regionali dal 2006 ad oggi riguarda in modo prevalente, se non esclusivo, l'adulto: la deliberazione regionale n. 8/16, infatti, e le altre successive, fanno riferimento a modelli applicabili alle patologie dell'età adulta;

- il bambino che necessita di riabilitazione, a differenza dell'adulto, nella maggior parte dei casi si trova in una condizione di handicap di tipo fisico, sensoriale, cognitivo presente sin dalla nascita e richiede un intervento riabilitativo la cui precocità di inizio è fondamentale per la buona riuscita dello stesso;

- il profondo rinnovamento culturale nell'ambito riabilitativo degli ultimi anni (che guarda non alla misura e al recupero della disabilità, ma allo sviluppo di opportunità per tutti, prescindendo dalla gravità del deficit) ha modificato nella teoria i protocolli di intervento; tuttavia nella pratica l'applicazione risulta difficoltosa, dal momento che le risorse necessarie per portare avanti progettualità così articolate sono ben superiori a quelle messe a disposizione dal servizio sanitario;

- in altre regioni d'Italia, tra le quali la Liguria, esistono delle differenti modalità di erogazione delle prestazioni riabilitative per i minori, più rispondenti agli effettivi bisogni dei minori e della famiglia; infatti le prestazioni riabilitative nell'età evolutiva in queste regioni vengono erogate tenendo conto del progetto riabilitativo del minore, con una flessibilità nell'erogazione delle prestazioni riabilitative che tiene conto dell'età e del parere degli specialisti del settore, consentendo, a quei bambini che siano in grado di poterle sostenere, di effettuare 2/3 prestazioni riabilitative consecutive giornaliere;

- oggi in Sardegna i progetti di intervento riabilitativo forniti dai centri riabilitativi autorizzati vengono erogati con una modalità rigida, cioè "un giorno - una prestazione";

TENUTO CONTO CHE:

- tanti bambini quotidianamente devono interrompere l'attività scolastica, per andare a fare una sola terapia di 45 minuti;

- i bimbi che frequentano l'asilo nido e la scuola materna, prevalentemente, fanno terapia al mattino, interrompendo ogni giorno l'attività scolastica;

- i bambini che frequentano le scuole elementari, viceversa, svolgono la terapia, quasi sempre al pomeriggio, dopo una giornata impegnativa e faticosa;

- all'aumento progressivo delle richieste prestazionali che si è verificato negli ultimi anni, è corrisposta una sistematica riduzione dei tetti di spesa per la riabilitazione, con la logica conseguenza di un allungamento spesso drammatico dei tempi di attesa o, peggio, con la necessità di ricorrere a prestazioni di tipo privato con i costi che comportano;

CONSIDERATO CHE:

- una maggiore flessibilità nell'erogazione delle prestazioni riabilitative per l'età evolutiva otterrebbe lo scopo di migliorare considerevolmente la qualità di vita dei bambini e delle loro famiglie, senza alcun costo aggiuntivo per la Regione, in quanto il numero di prestazioni riabilitative settimanali complessive rimarrebbe lo stesso;

- appare opportuna e necessaria la predisposizione delle linee guida per l'età evolutiva, che preveda il superamento dei rigidi schemi temporali nella progettazione dell'intervento riabilitativo per rivolgersi esclusivamente a soddisfare gli effettivi bisogni del bambino e della sua famiglia, in una progettazione dinamica, variabile nei contenuti e nelle professionalità necessarie,

chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere:

1) quali azioni stia intraprendendo la Regione Sardegna e quali risorse stia mettendo a disposizione per soddisfare il bisogno riabilitativo dei minori;

2) se non reputino opportuno predisporre urgentemente le linee guida per l'età evolutiva che consentano ai centri di riabilitazione una maggiore flessibilità organizzativa che superi il rigido modello "un giorno - una prestazione", permettendo così a quei bambini che siano in grado di sostenerle, di poter effettuare 2/3 prestazioni riabilitative consecutive giornaliere, tenendo conto dell'età del bambino e del parere degli specialisti del settore;

3) se non ritengano necessario intervenire prontamente per consentire a tutti di poter accedere alle prestazioni riabilitative nel momento del bisogno e senza dover ricorrere ad onerose prestazioni di tipo privato, impiegando tutte le risorse necessarie per realizzare interventi efficaci sia per la crescita del bambino sia per la sua integrazione nella società. (440)

Interrogazione Dessì, con richiesta di risposta scritta, in merito al programma di opere finanziate e mai realizzate dall'Autorità d'ambito ottimale della Sardegna nella Provincia di Carbonia-Iglesias.

Il sottoscritto,

PREMESSO CHE:

- da quanto appreso da vari organi di stampa e da più dirigenti dell'Autorità d'ambito ottimale della Sardegna (ATO) giacciono, nelle casse della stessa ATO, le risorse stanziate, e mai utilizzate, per la realizzazione del programma di opere da realizzare nella Provincia di Carbonia-Iglesias;

- nello specifico, l'intervento relativo alla categoria Acquedotto intercomunale del Sulcis e diramazioni (Schema n. 45-49 NPRGA Sulcis Nord Sulcis Sud: Condotta dorsale I lotto; Condotta dorsale II lotto; Rifacimento diramazioni per Narcao, Acquacadda, Pesus e Perdaxius; Realizzazione della condotta dorsale acquedotto Sulcis Sud - Alimentazione degli abitati di Sant'Anna Arresi e Porto Pino) dell'importo complessivo di euro 34.592.453 (IVA esclusa), finanziato con le delibere CIPE n. 142/99 e n. 84/2000 - POR Sardegna per il I lotto; CIPE n. 17 del 9 maggio 2003 - ID RI109 per il II lotto; POT 2004-2006 - ID 2004-510-OCGEI n. 397/04 per il lotto denominato "diramazioni"; POT 2004-2006 - ID 2004-508 POR Sardegna per il lotto denominato "Sulcis Sud", prevede la realizzazione di una serie di opere che, come detto, sono state finanziate ma non ancora appaltate e, per questo, rischiano di non essere realizzate;

CONSIDERATO CHE:

- la realizzazione dell'acquedotto del Sulcis risolverebbe i problemi idrici che da tempo affliggono il territorio;

- le opere suddette risultano quanto mai urgenti per diversi comuni, tra i quali quello di Sant'Anna Arresi che, ad oggi, continua a non poter usufruire di acqua potabile;

PRESO ATTO che in seguito a quanto stabilito dalla legge regionale 10 agosto 2010, n. 14, articolo 2, è previsto il definanziamento di tutte le opere che, se pur finanziate, non vengano appaltate entro il 31 dicembre 2010,

chiede di interrogare l'Assessore regionale dei lavori pubblici per sapere:

1) se sia a conoscenza della situazione descritta;

2) quali provvedimenti urgenti sono in programma affinché le opere previste vengano appaltate entro i termini stabiliti dalla legge. (441)

Interrogazione Cuccu - Agus - Caria - Sabatini, con richiesta di risposta scritta, sulla temporanea sospensione delle attività dei dipartimenti provinciali ARPAS di Villacidro-Sanluri, Ogliastra e Olbia-Tempio.

I sottoscritti,

PREMESSO CHE:

- l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (ARPAS) è stata istituita con la legge regionale 18 maggio 2006, n. 6;

- così come stabilito dall'articolo 12 della legge regionale n. 6 del 2006, per l'esercizio delle sue funzioni e delle sue attività, legate al perseguimento dell'obiettivo regionale di promozione dello sviluppo sostenibile e di tutela e promozione della qualità degli ecosistemi naturali e antropizzati, l'ARPAS si articola in una struttura centrale, in otto dipartimenti provinciali e in dipartimenti specialistici;

- con le determinazioni del commissario straordinario n. 37 del 2009, n. 38 del 2009 e n. 55 del 2009 si indicavano le competenze e funzioni correlate alle Direzioni dei dipartimenti provinciali di Olbia-Tempio, Ogliastra e Villacidro-Sanluri, e si procedeva all'attivazione dei dipartimenti stessi;

- la determinazione del commissario straordinario n. 28 del 5 novembre 2010 dispone la temporanea sospensione delle attività operative in capo ai Dipartimenti provinciali di Villacidro-Sanluri, Ogliastra e Olbia-Tempio con riassegnazione dei relativi compiti istituzionali ai Dipartimenti provinciali di Cagliari, Nuoro e Sassari, secondo la ripartizione territoriale preesistente all'attivazione dei nuovi dipartimenti;

PRESO ATTO che l'ARPAS è l'organo tecnico che supporta le autorità competenti in materia di programmazione, autorizzazioni e sanzioni in campo ambientale, a tutti i livelli di governo del territorio e i Dipartimenti provinciali di Villacidro-Sanluri, Olbia-Tempio e Ogliastra, seppur con mille difficoltà, lavoravano accanto alle province e ai comuni,

chiedono di interrogare l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente per conoscere:

1) le ragioni che hanno indotto il commissario straordinario a sospendere le attività dei Dipartimenti provinciali di Villacidro-Sanluri, Olbia-Tempio e Ogliastra;

2) quali azioni intenda porre in essere per attivare i nuovi dipartimenti ARPAS. (442)

Interpellanza Sanna Giacomo - Dessì - Planetta - Maninchedda - Solinas Christian sull'accordo di programma del porto industriale di Cagliari.

I sottoscritti,

PREMESSO CHE:

- con deliberazione n. 73/6 del 20 dicembre 2008 è stato approvato l'accordo di programma per lo sviluppo del porto industriale di Cagliari;

- l'accordo individua quali azioni dirette ad accrescere la competitività del porto canale di Cagliari e cofinanziate con risorse comunitarie e regionali: la realizzazione di un nuovo scalo specializzato per natanti Ro-Ro e ferroviari, dedicato esclusivamente al traffico merci; l'attivazione di azioni formative agli operatori addetti alla movimentazione; lo sviluppo di una attività di ricerca rivolta ad ottimizzare l'operatività del terminal container, ivi compresa la realizzazione e l'implementazione di sistemi informatici per la gestione delle informazioni;

- l'Assessore propone, inoltre, di integrare il piano finanziario con la previsione di azioni di promozione, marketing e progettazione e di manutenzione evolutiva delle strutture del porto industriale di Cagliari;

- l'Assessore ricorda che il porto di Cagliari, per la posizione strategica che ha nell'area del Mediterraneo, potrebbe svolgere un ruolo primario nel complessivo sistema dei porti che si affacciano su tale area, con gli evidenti riflessi positivi sull'economia del territorio dell'intera Isola;

CONSIDERATO CHE:

- in Sardegna esistono altri porti industriali che hanno posizioni strategiche e che rivestono anch'essi evidenti riflessi positivi sull'economia del territorio dell'intera Isola;

- nel porto di Porto Torres, meno movimenti di traghetti ro-pax, meno passeggeri, i primi sei mesi dell'anno, infatti, si attestano intorno al -11 per cento, con oltre 100 movimenti in meno; scende a -13 per cento la quantità di merci trasportate su gommato, per quasi 100 mila tonnellate in meno; calo che si ripercuote anche sul bilancio dei veicoli industriali (guidati e semirimorchi) in arrivo e partenza fermi al -8.87 per cento; appena 64 in più le navi merci registrate nel primo semestre 2010;

- nel porto di Olbia aumentano, rispetto al 2009, i movimenti delle navi in porto; nel 2010 Olbia ribalta il trend registrato negli ultimi 3 anni consecutivi, quasi 3.000 le tonnellate in più trasportate tra navi ro-ro e ro-pax, l'equivalente del 10 per cento di incremento; rispetto al passato gli scali registrano una percentuale più che raddoppiata sulle merci in partenza dall'Isola (+14.94 per cento) mentre si attesta al +6.28 per cento quella relativa all'import;

- nel porto di Golfo Aranci, nonostante il primo mese negativo (come da bilancio del primo semestre 2010), il secondo scalo gallurese chiude il semestre gennaio-giugno con circa ventisettemila passeggeri in più; poco meno di cinquanta, l'equivalente dell'8 per cento, i movimenti dei traghetti registrati in più rispetto al 2009; in linea con le percentuali registrate dai passeggeri, anche quelle relative alle auto e ai camper al seguito, che crescono, rispetto al 2009, di oltre il 13 per cento; ripresa anche nel settore merci con un +162 per cento,

chiedono di interpellare l'Assessore regionale della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio per sapere se intenda predisporre adeguati accordi di programma per lo sviluppo di tutti porti industriali del nord Sardegna considerando tutti gli elementi di forza che essi rivestono grazie alle specifiche collocazioni degli scali in posizioni favorevoli in relazione alle moderne tendenze di organizzazione dei traffici internazionali con i benefici che ne conseguono per l'intera collettività sotto il profilo occupazionale ed economico. (165)

Interpellanza Bruno - Uras - Salis - Espa - Diana Giampaolo - Caria - Mariani - Meloni Valerio - Barracciu sul continuo ricorso a lavoratori interinali da parte della ASL n. 8 edell'Azienda ospedaliera G. Brotzu di Cagliari in presenza di graduatorieconcorsuali in vigore.

I sottoscritti,

PREMESSO che:

- l'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421", dispone che:

"1. Spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera;

2. Spettano in particolare alle regioni la determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Unità sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette Unità sanitarie locali ed Aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie.";

- con deliberazione della Giunta regionale n. 20/7 del 19 maggio 2010 la Regione Sardegna ha adottato il "Patto per la salute 2010-2012" ove dispone delle norme particolarmente severe per il controllo della spesa sanitaria tra cui quella di affrontare la composizione dei costi di produzione legati a personale dipendente o operante in forza di altro lavoro (interinale);

- con deliberazione della Giunta regionale n. 42/17 del 15 settembre 2009, si è proceduto al commissariamento delle aziende ospedaliere locali e dell'Azienda ospedaliera (AO) G. Brotzu, con efficacia di operatività di centottanta giorni a partire dalla data di sottoscrizione del contratto da parte dei commissari con la Regione, avente l'obbiettivo dell'attuazione di un processo di riforma del sistema regionale sanitario disposto dalla legge regionale n. 3 del 2009, articolo 12;

- con deliberazione n. 8/16 del 23 febbraio 2010 della Giunta regionale si sospendono i processi autorizzativi delle ASL relativi all'assunzione di nuove unità di personale;

- con deliberazione della Giunta regionale n. 25/30 del 1° luglio 2010, si prorogano gli incarichi ai commissari delle ASL e dell'AO G. Brotzu con termine il 31 gennaio 2010;

VISTA:

- l'interrogazione n. 320 del 23 giugno 2010, con richiesta di risposta scritta, sulle procedure di assunzione di personale presso l'AO G. Brotzu di Cagliari, alla quale la Giunta regionale non ha fornito alcuna risposta;

- la richiesta di acquisizione di atti del 22 settembre 2010, sulla procedura e l'affidamento relativa a somministrazione di lavoro temporaneo ed interinale formulata all'AO G. Brotzu, in quanto non disponibili presso il sito internet aziendale, ove risulta dalla risposta dell'AO il rinnovo dell'appalto alla società di lavoro interinale Real job Spa di Elmas e a procedure in essere sulla predisposizione di un nuovo bando di affidamento;

CONSIDERATO CHE:

- la ASL n. 8 dagli atti assunti (deliberazione n. 958 del 21 settembre 2010 e n. 927 dell'8 settembre 2010), prosegue anch'essa il contratto di servizio di somministrazione di lavoro temporaneo con l'Agenzia Real job Spa con importi di spesa previsti di euro 4.240.000 ed euro 1.696.000 relativi a somministrazione lavoro, compenso d'agenzia e IVA;

- la Regione ha formato e riqualificato un sostanzioso numero di operatori socio-sanitari nel corso degli ultimi due anni, aggiungendo nel tempo azioni di qualificazione rivolte a disoccupati e riqualificazioni di personale in ruolo;

- la Regione Sardegna con determinazione n. 27182/3102 /FP del 27 luglio 2010 ha approvato l'avviso di un bando pubblico rivolto alle agenzie formative finalizzato alla formazione di ulteriori operatori socio sanitari con uno stanziamento finanziario pari a euro 7.602.000;

RICORDATO che presso la ASL n. 8 e l'AO G. Brotzu sono stati espletati i concorsi pubblici per l'assunzione di operatori socio-sanitari con graduatorie definitive pubblicate il 23 gennaio 2009 per l'AO G. Brotzu ed il 18 gennaio 2010 per la ASL n. 8, con durata di validità per il periodo di 24 mesi;

PRESO ATTO CHE:

- nonostante il blocco delle assunzioni presso le ASL si riscontra l'increscioso fenomeno di un rallentamento dello scorrere delle graduatorie dei concorsi già espletati a causa della pratica di colmare i consistenti vuoti di organico col ricorso a contratti di lavoro interinale;

- questa prassi è contraria all'articolo 97, comma terzo, della Costituzione, che indica espressamente il concorso pubblico come lo strumento fondamentale di accesso al lavoro nella pubblica amministrazione, al fine di garantirne il buon andamento e l'imparzialità, nonché la legalità e l'oggettività del merito per limitare fenomeni di clientelismo;

- l'articolo 36 (Utilizzo di contratti di lavoro flessibile) del decreto legislativo n. 165 del 2001 su "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche" prevede, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti e senza aggravio per la finanza pubblica, che le amministrazioni possono avvalersi di personale con contratto flessibile per il proprio fabbisogno al fine di rispondere ad "esigenze temporanee ed eccezionali";

- nella sentenza del 15 settembre 2009, n. 8743, che riporta a precedente sentenza del 30 gennaio 2003, n. 536, sostanzialmente il TAR del Lazio afferma che "proprio in attuazione dei principi di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, ed in definitiva con il principio di buon andamento - anche con la ratio e con il principio di economicità, posti e valorizzati dal D. Lgs n. 29 del 1993 e dall'articolo 15, comma 7 del DPR n. 487 del 1994…", "lo scorrimento di una graduatoria di concorso pubblico ancora valida (…) costituisce atto d'obbligo e non meramente discrezionale della Pubblica amministrazione";principi, questi, tutti chiaramente rinvenibili anche nella vigente legislazione europea;

- i giudici amministrativi della citata sentenza precisano inoltre che "sussiste un vero e proprio diritto soggettivo all'assunzione degli idonei in una graduatoria ancora valida, nel caso in cui l'Amministrazione decida di coprire il posto vacante con reclutamento dall'esterno";

- anche a seguito di una precedente decisione della suprema Corte di cassazione, sezione lavoro, che, con sentenza n. 3252 del 2003, aveva già ritenuto che, sempre e comunque "ravvedere, in capo all'Amministrazione, un vero obbligo di far scorrere le graduatorie ancora efficaci", da rendere addirittura necessaria la condanna dell'Amministrazione insolvente all'integrale pagamento delle spese processuali;

- la legge prevede delle eccezioni a tale principio solo in casi d'urgenza e la Corte costituzionale continua ad affermare a tale proposito che "l'area delle eccezioni" al concorso deve essere "delimitata in modo rigoroso"(sentenza n. 215 del 2009; sentenza n. 363 del 2006); le deroghe, cioè, sono legittime solo in presenza di "peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico" idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006); in altre parole, la deroga al principio del concorso pubblico deve essere essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (sentenza n. 293 del 2009 e sentenza n. 9 del 2010);

- presso la ASL n. 8 e l'AO G. Brotzu di Cagliari, dato il blocco delle assunzioni e nelle more di presenza di graduatorie di concorso ancora valide, si sta procedendo a colmare i vuoti in organico stipulando appalti di somministrazione di lavoratori interinali;

- inoltre, come denunciato dalle rappresentanze sindacali, si chiede che questi lavoratori interinali risultino idonei alle attività e mansioni riconducibili ai requisiti qualitativi di sicurezza sul lavoro;

- in data 21 settembre 2010 le organizzazioni sindacali e le RSU aziendali dell'AO Brotzu hanno più volte denunciato l'indisponibilità del commissario ad affrontare le problematiche che affliggono da tempo l'ospedale, chiedendo una rivisitazione e adeguamento della dotazione organica visto l'eccessivo ricorso a personale non stabilizzato;

RIBADITO che:

- sotto l'aspetto economico, risulta peraltro che il costo finale dell'appalto per le assunzioni interinali non rappresenta un risparmio per la pubblica amministrazione, essendo addirittura economicamente più conveniente, fatte le debite proporzioni, l'assunzione a tempo indeterminato di tutti gli idonei del concorso rispetto al ricorso al lavoro somministrato;

- il ricorso a stipulare contratti di lavoro a tempo determinato ed interinale per colmare i vuoti in organico e rispettare i livelli essenziali di assistenza, crea di fatto una situazione di perenne precarietà lavorativa,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per conoscere quali iniziative intendano adottare per:

1) rendere noti gli atti amministrativi adottati dall'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, che consentano di individuare i criteri coerenti alla legislazione vigente, in merito alla concessione di deroghe sull'assunzione di personale presso le ASL sottoposte a vincolo di spesa e con graduatorie di concorso pubblico in vigore;

2) risolvere le problematiche esposte in premessa per porre dei limiti al ricorso improprio al lavoro interinale, per garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione;

3) permettere un graduale scorrimento delle graduatorie non ancora esaurite, con una proroga della validità delle medesime, parimenti all'avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici e alla copertura delle carenze negli organici, al fine di evitare l'indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici;

4) evitare ogni possibile controversia da parte degli idonei nelle graduatorie e di quelli assunti con contratti a tempo determinato, assumendo iniziative volte a disporre che nelle proroghe delle graduatorie relative a concorsi già conclusi ed in coerenza con i principi costituzionali di accesso per concorso ai pubblici uffici, non possano essere bandite dalle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, nuove procedure concorsuali per l'assunzione di figure professionali per le quali siano in vigore graduatorie non ancora esaurite, anche al fine del ripristino di una corretta situazione di diritto nella vicenda descritta. (166)

Interpellanza Cocco Pietro - Bruno - Lotto - Solinas Antonio sulla sospensione del rinnovo e rilascio di nuove concessioni demaniali a fini di pesca in Sardegna.

I sottoscritti,

CONSIDERATO che con la deliberazione n. 75/7 del 30 dicembre 2008 si è ritenuto necessario, in previsione di una adeguata valorizzazione e regolamentazione produttiva del settore della pesca, superare l'attuale sistema delle concessioni demaniali con l'individuazione di criteri, procedure e strumenti giuridici più adeguati per l'attuazione di una moderna politica di gestione del settore;

PRESO ATTO che in tale determinazione si è stabilito che, fino all'approvazione da parte della Giunta regionale dei criteri e delle procedure, le concessioni per l'attività della pesca nel demanio marittimo, demanio regionale e mare territoriale in corso di validità siano prorogate e i procedimenti in corso per il rinnovo e per il rilascio di nuove concessioni siano sospesi;

RITENUTO CHE:

- la pesca in Sardegna costituisce un'attività produttiva fondamentale, interessando oltre 3.000 addetti e 1.000 imbarcazioni;

- il settore sta affrontando un profondo stato di crisi strutturale, dovuto all'aumentare dei costi di gestione e alla incertezza giuridica che non consente agli operatori del settore di programmare ed investire rischiando di perdere quel minimo di competitività che allo stato assicura la sopravvivenza del comparto pesca;

SOTTOLINEATO CHE:

- ad oggi non risulta nessun atto della Giunta regionale che stabilisca degli strumenti giuridici e criteri su nuove concessioni demaniali ai fini della pesca;

- da tempo si discute sulle scelte strategiche e sull'individuazione di norme che, da un lato prevedano la protezione della risorsa e, nel contempo, tengano conto delle esigenze di economicità delle imprese nel sistema sardo;

- risultano bloccate le istruttorie e le iniziative delle società del comparto in attesa delle nuove norme;

- questa situazione sta creando grande incertezza sul futuro delle imprese col rischio reale che si perdano i finanziamenti europei dei progetti già approvati previsti dalla sottomisura 4.7 del SFOP Asse IV su "protezione e sviluppo delle risorse acquatiche, acquicoltura, attrezzature, trasformazione e commercializzazione della pesca",

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale per conoscere:

1) quali siano i tempi e le iniziative che intendono adottare per sbloccare il rilascio delle concessioni demaniali, al fine di consentire l'evoluzione di un settore di rilevanza strategica che consenta il rafforzamento della dimensione imprenditoriale;

2) quali iniziative intendano porre in essere, anche a livello europeo, per far fronte all'emergenza determinata dall'incertezza giuridica e dall'aumento dei costi di gestione delle imprese di pesca isolane. (167)