Seduta n.65 del 25/11/2009
LXV SEDUTA
Mercoledì 25 novembre 2009
(POMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
indi
della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 17 e 09.
MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 13 ottobre 2009 (57), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Renato Lai, Marco Meloni, Franco Mula, Antonio Pitea, Giacomo Sanna e Matteo Sanna hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 25 novembre 2009.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interrogazione Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Planetta - Solinas Christian, con richiesta di risposta scritta, sulla selezione pubblica bandita dall'ARST per l'assunzione di operatori di esercizio". (148)
"Interrogazione Contu Felice, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche derivanti dall'erogazione di contributi di legge a favore della scuola materna". (149)
"Interrogazione Vargiu - Fois, con richiesta di risposta scritta, sulla grave situazione di malfunzionamento del Convitto annesso all'Istituto alberghiero di Stato di Alghero". (150)
"Interrogazione Manca - Bruno - Caria - Lotto - Meloni Valerio - Cocco Pietro - Diana Giampaolo - Meloni Marco, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche che stanno ritardando la definizione delle questioni finanziarie e organizzative inerenti il Sistema dei servizi per il lavoro operanti in Sardegna". (151)
"Interrogazione Cocco Pietro, con richiesta di risposta scritta, sulle direttive per il rilascio delle concessioni demaniali a fini di pesca in Sardegna". (152)
"Interrogazione Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla deliberazione della Giunta regionale n. 46/25 del 13 ottobre 2009 relativa alla conferma del Commissario straordinario del Consorzio industriale provinciale oristanese". (153)
"Interrogazione Zedda Alessandra - Contu Mariano Ignazio - Piras - Stochino - Randazzo - Tocco, con richiesta di risposta scritta, sull'avviso pubblico per la stabilizzazione dei lavoratori precari ai sensi della legge regionale 7 agosto 2009, n. 3". (154)
"Interrogazione Cossa, con richiesta di risposta scritta, sulla pericolosa situazione di trascuratezza in cui versano le maggiori arterie stradali sarde". (155)
"Interrogazione Solinas Antonio, con richiesta di risposta scritta, sulla deliberazione n. 44/15 del 29 settembre 2009 della Giunta regionale che muta le condizioni normative alle quali si deve attenere la società concessionaria nella gestione del complesso termale di Fordongianus". (156)
"Interrogazione Espa - Cuccu - Caria - Bruno - Meloni Valerio - Manca - Lotto, con richiesta di risposta scritta, sull'impiego dei fondi per la prevenzione e la dispersione scolastica (legge regionale n. 1 del 2009, legge finanziaria, articolo 3, comma 18), con particolare riguardo al supporto organizzativo per gli studenti con disabilità". (157)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interpellanza Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani sull'assenza di segnale telefonico nel Comune di Illorai". (48)
"Interpellanza Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian - Planetta, sulla locazione ed il previsto acquisto di un capannone da adibire ad archivio posto in regione San Giovanni a Sassari". (49)
"Interpellanza Lotto - Meloni Valerio sulla confluenza dell'Istituto tecnico per attività sociali "Salvator Ruiu" di Sassari nei percorsi del nuovo ordinamento, ai sensi dei nuovi regolamenti della Presidenza del Consiglio dei ministri di riordino dell'istruzione tecnica e professionale". (50)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Mozione Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi occupazionale e industriale della Sardegna, con particolare riferimento allo stato della vertenza Alcoa e delle produzioni energivore del Sulcis-Iglesiente e di quella in corso sulla chimica a Porto Torres e negli altri poli industriali". (29)
bilancio pluriennale per gli anni 2010-2013" (77/A)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale congiunta del documento numero 9/A e dei disegni di legge numero 76/S/A e 77/A.
Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola nella discussione generale devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento e che per il loro intervento avranno a disposizione venti minuti.
E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, non nascondo che sta diventando difficile parlare in quest'Aula e farsi comprendere. Ogni intervento è un monologo a sé stante. Manca, a mio giudizio, la sensibilità politica che rende poco praticabile la cultura dell'ascolto, del dialogo e l'esigenza di un confronto a tutto campo per convergere su strategie e obiettivi nell'unico interesse della Sardegna. Purtroppo il sistema politico attuale non consente di sprigionare queste sensibilità, che pure sono presenti in Consiglio, di fatto costrette e soffocate da rigidi schemi politici. Per liberare tutte le potenzialità della nostra specialità autonomistica è indispensabile abbandonare questi schemi, per affrontare con coraggio, oltre che con lungimiranza, la strada verso una maggiore democrazia partecipata e verso le riforme eliminando ogni tipo di egoismo di per sé deleterio.
Abbiamo dinanzi a noi drammi economici e sociali e del lavoro e dell'occupazione che si stanno vivendo oggi, ma non da oggi, e che si sono acuiti in questi ultimi anni nelle famiglie, nelle fabbriche, nelle campagne, nella nostra Sardegna. La politica li deve affrontare e possibilmente risolvere. A queste famiglie, a questi lavoratori, noi tutti dobbiamo pensare e insieme, uniti, possiamo dare risposte concrete creando le condizioni di prospettiva per le imprese, per le aziende, senza accentuare la conflittualità con le aree deboli del sistema territoriale ed economico della Sardegna. Le risposte concrete si realizzano con il lavoro e l'impegno serio di tutti, con il nostro, innanzitutto, di legislatori e di governanti attenti ai bisogni e alle istanze della comunità civile che noi tutti qui rappresentiamo.
Questo spirito, questa aspirazione e questo obiettivo, al quale credo e al quale sono stato ulteriormente stimolato e sollecitato, mi hanno convinto dell'opportunità di ritirare le mie dimissioni da Presidente della prima Commissione autonomia, per essere a disposizione, se esiste, di quel progetto di riforma che rappresenta la precondizione dello sviluppo e del progresso della Sardegna. Progetto di riforma che le forze politiche presenti in questa Assemblea e quelle presenti nella nostra società civile, insieme a tutte le rappresentanze sociali, culturali ed economiche, sollecitano da molti, da troppi anni, e che dobbiamo realizzare in questa legislatura per avere una regione in grado di competere in Italia e in Europa con le società e con le economie più avanzate e progredite. Senza le riforme saremo, infatti, perdenti, innanzitutto sul fronte interno del rapporto con lo Stato e con le altre regioni d'Italia, e diventeremo irrimediabilmente complici di ulteriore indebolimento e arretramento delle nostre condizioni sociali ed economiche e conseguentemente mancanti del necessario potere contrattuale nella competizione nazionale, europea e internazionale.
Se è vero che questa è la prima legge finanziaria di questa legislatura, se è vero tutto questo, dobbiamo abbandonare la strada dell'autoreferenzialità, dell'enfasi di primogeniture inesistenti; in politica non c'è il mito della prima volta, per calarci sul terreno della realtà e della concretezza dando credibilità alla politica nella sua generalità e complessività e all'azione di governo. Anche in passato, signor Assessore, sono stati rispettati i tempi canonici nella predisposizione, nella presentazione e nell'approvazione degli strumenti finanziari della Regione. Ricordo per tutti, e lo faccio per memoria storica, quelli del 1989 presentati il 17 ottobre, quelli del 1990 presentati in data 29 settembre, quelli del 1991 presentati il 25 ottobre. E' proprio in questa ottica che mi pare doverosa un'attenzione particolare nei confronti della nuova dirigenza espressa dal recente congresso del Partito Sardo d'Azione, con il quale ci accomunano ideali e obiettivi che sono anche i nostri, così come particolare attenzione e considerazione vanno alla nuova dirigenza del Partito Democratico e del Gruppo consiliare, certi del contributo che daranno con convinzione al rinnovamento della politica e al rafforzamento della democrazia per un'autonomia regionale compiuta.
La dialettica politica e il confronto all'interno delle istituzioni tra maggioranza e minoranza e tra le singole componenti devono svilupparsi e mantenersi nell'alveo non solo del rispetto dell'entità delle singole componenti, ma soprattutto del contributo che ciascuna forza politica ha dato e dà al conseguimento degli obiettivi comuni. Dico questo con tutta serenità nel contesto della lealtà dovuta agli impegni assunti con il corpo elettorale; la somma di vittoria è il totale di più differenti addendi e ciascuno di essi concorre a determinare il risultato positivo. Dimenticare questo mina alla base l'impegno politico di un'alleanza che deve mirare a conseguire una solida alleanza programmatica.
In questa direzione io credo che il Presidente della Regione debba mettersi a capo di un movimento che guidi le giuste rivendicazioni dei sardi. Come ho già avuto modo di accennare, oggi, in questa sessione di lavori consiliari, siamo chiamati a concentrare la nostra attenzione su alcuni documenti e provvedimenti volti ad affrontare la crisi e impostare la prospettiva del futuro, Programma regionale di sviluppo, legge finanziaria, bilancio, collegato alla finanziaria e all'interno di questi provvedimenti alcune tematiche di fondo, come il rapporto con il sistema delle autonomie locali, il federalismo interno, non come corollario ma come elemento fondante del federalismo fiscale e non solo, la continuità territoriale integrale, l'assetto del territorio come strumento di salvaguardia, di tutela e di valorizzazione del nostro incommensurabile patrimonio ambientale, storico e culturale per uno sviluppo economico, produttivo e sociale di progresso e di modernità.
Sono tematiche essenziali sulle quali in questo momento storico si gioca il futuro della Sardegna e dei sardi. Sono temi così vasti che i tempi ristretti di questa discussione generale non consentono di sviluppare nella loro interezza e nella loro complessività, ed è per queste ragioni sufficiente enunciarli e prospettarli, con la certezza però che, nel corso del confronto che seguirà, potranno essere trattati con specifici approfondimenti, perché ritengo che fare su di essi chiarezza e ottenere impegni e decisioni da parte della Giunta regionale e delle forze politiche del Consiglio regionale sia una questione dirimente sulla reale volontà e capacità di perseguire e di conseguire gli obiettivi che ci siamo posti. Da quello che faremo e da quello che decideremo in questa sessione di bilancio e sulla discussione conseguente intorno alle riforme, credo fermamente che si giocherà la stessa credibilità dell'adeguatezza della classe politica dirigente della Regione sarda a guidare il popolo sardo sulla via del progresso, della modernità e della crescita civile ed economica.
Il Programma regionale di sviluppo è lo strumento guida del Governo della Regione per l'intera legislatura. Su questo argomento limiterò oggi il mio intervento e le mie considerazioni. La legge regionale numero 11 prescrive che la Giunta regionale presenti il Programma regionale di sviluppo elaborato in sintonia con il programma della coalizione di governo. Come tutti noi sappiamo, la legge numero 11 del 2006 dà una nuova e più adeguata e funzionale disciplina agli strumenti di programmazione finanziaria ed economica della Regione e ne individua i cardini nel programma regionale di sviluppo in un documento annuale di programmazione economica e finanziaria. Nell'immediatezza di quella legge, il primo programma regionale di sviluppo è stato approvato dal Consiglio regionale nella scorsa legislatura nel mese di maggio del 2007 e teneva conto dell'allineamento temporale con la programmazione comunitaria e con quella nazionale. La Sardegna, si sosteneva in quel documento, adottava il ciclo unico di programmazione, introdotto dalla legge finanziaria dello Stato nello stesso anno, creando così uno scenario di maggiori certezze all'interno del quale programmare con più coerenza, in un'ottica di lungo periodo, tutte le risorse disponibili a prescindere dalla loro provenienza.
Grazie all'adozione del Programma regionale di sviluppo, la Regione può meglio definire le strategie e coordinare gli interventi e le azioni di attuazione nei diversi settori del sistema economico dell'intera legislatura. Si poteva così ripensare il metodo di sviluppo in una società articolata per una società equilibrata in un'economia globalizzata. L'identità, l'ambiente, la conoscenza, la ricerca, la creatività, la solidarietà rappresentavano le risorse immateriali fondamentali; le infrastrutture, l'industria, il turismo, l'agricoltura, i cardini dell'economia per la crescita civile, il lavoro e l'occupazione. Allora, quale orientamento e quale programmazione? Il Programma regionale di sviluppo contiene ampie e approfondite analisi sugli aspetti che riguardano la persona, sia essa cittadino, imprenditore, studente, malato, disoccupato, fruitore di servizi, eccetera, e definisce alcuni comportamenti di politica economica che dovrebbero consentire a tale persona di trasformarsi in attore dello sviluppo. E' sufficiente? Io credo di no, noi crediamo di no. Oppure è necessario individuare strumenti forti per dare dinamicità al sistema socio-economico isolano?
In primo luogo, si dovrebbe agire sul contesto per renderlo in grado di accogliere l'intrapresa e favorirne lo sviluppo. In questo senso, una politica finalizzata a migliorare la dotazione infrastrutturale dovrebbe svolgere un ruolo di traino fondamentale. Come intervenire nelle infrastrutture? Noi riteniamo che la Sardegna dovrebbe dotarsi di un quadro normativo simile alla legge obiettivo, dotata di risorse finanziarie e in grado di fungere da volano rispetto alle risorse nazionali ed europee, capace di coinvolgere i privati e gli enti locali per la realizzazione delle infrastrutture strategiche di livello regionale per realizzare la continuità interna ed esterna. Per garantire tempi certi di realizzazione delle opere sembra utile replicare o, in qualche modo, vedere quello che è successo in ambito regionale con la capacità di governance nel ciclo di progetto dimostrata nella realizzazione delle opere del G8.
Nel settore produttivo. La politica a supporto del settore produttivo richiamata dal Programma è adeguata alla bisogna e se ne auspica un ulteriore sviluppo. Tuttavia non è in grado di rispondere alle esigenze della grande industria regionale condizionata per un verso dall'alto costo dell'energia o da produzioni continuamente sussidiate alla petrolchimica o altamente inquinanti tutte.
L'assenza di una chiara strategia rivolta all'insediamento nel territorio regionale di industrie in grado di reggere la concorrenza internazionale senza ricadute inquinanti sul territorio è aggravata da una contestuale incapacità politica di pianificare l'abbandono in tempi certi di gran parte delle produzioni attualmente localizzate nel Sulcis, nella piana di Ottana e a Porto Torres e di programmare la ricollocazione degli occupati in altre attività. E' evidente che una tale politica richiede una forte concertazione parternariale, politico-sindacale e imprenditoriale e il ruolo preponderante del Governo nazionale. Contestualmente bisognerebbe valorizzare le risorse che la Sardegna possiede in modo esaustivo e con un livello di eccellenza. Pertanto l'abbandono delle produzioni obsolete richiede una forte azione a supporto di una filiera che leghi insieme agricoltura, artigianato, ambiente, cultura, ricerca e formazione finalizzata a rendere la Sardegna una destinazione di eccellenza del turismo di qualità.
E, sempre nell'ottica di favorire il miglioramento del contesto, noi riteniamo che il Governo regionale dovrebbe negoziare col Governo nazionale decisioni che favoriscano la fruizione del credito, la fiscalità di vantaggio, l'eliminazione dell'IRAP, la riduzione delle aliquote delle imposte sulle persone fisiche. Anche su tali argomenti, il Programma deve indicare la strada da perseguire. Nel Programma, che è il documento che decide le politiche di legislatura della Regione, dovrebbero essere resi espliciti tutti gli argomenti che di norma, pur essendo oggetto di interlocuzioni interistituzionali, non vengono codificati perché ritenuti di competenza nazionale. Ecco, nel Programma sono previste le nostre risorse umane come motore culturale e sociale, il tutto all'interno di regole che governano le istituzioni e i loro rapporti a livello locale, regionale, statuale e comunitario, che devono essere adeguati ai mutamenti, si dice, di crescita della società civile con quel processo che viene chiamato "riforma".
Per tutte queste ragioni, superando gli schematismi connessi all'indirizzo politico di ciascun Governo regionale, talché si ha particolare cura nel rimuovere sempre, quando si cambiano i Governi, programmi, progetti, scelte e obiettivi del recente passato, come è accaduto sempre e come accade sempre nella Regione Sarda da un ventennio a questa parte, con danni evidenti e talvolta irreparabili al tessuto economico e sociale, io ritengo, noi riteniamo, che sarebbe stata più utile, prima del Programma regionale di sviluppo, una ricognizione di tutto quello che è stato impostato, attraverso un serio processo ricognitivo, per recuperare e confrontare quanto di positivo è stato impostato e fatto con i vari cicli di programmazione regionale che hanno visto l'utilizzo di ingenti risorse comunitarie e nazionali, anche se non del tutto esaustive dei diritti reali della Sardegna, che siamo comunque chiamati a rivendicare con iniziative adeguate.
Questo al fine di dare la necessaria continuità amministrativa, politica e giuridica al processo di crescita di un popolo come il popolo sardo, interrotto e indebolito da inconcepibili comportamenti in funzione unicamente di diverse e contrapposte strategie politiche. Sotto questo profilo, a mio giudizio, il Programma ha un'evidente e intrinseca debolezza che ritengo vada superata non accentrandola presso la Presidenza della Giunta regionale con la nuova direzione della politica unitaria, ma ridando dignità e valorizzando i compiti di alta professionalità scientifica del Centro regionale di programmazione, non mortificandolo nelle pratiche di pura gestione che devono essere ricondotte in capo alle strutture regionali competenti.
La Sardegna ha bisogno, però, di un Programma generale di sviluppo che vada oltre il contingente, come contingente è un programma di sviluppo limitato a una legislatura, un Programma generale di sviluppo di lunga gittata, che guardi in prospettiva per una crescita duratura e stabile. In questa direzione fondamentale - a nostro giudizio - è il Piano di assetto del territorio, che non è il Piano casa, che non è solo la legislazione urbanistica e settoriale che è stata finora prodotta, ma è quello strumento complessivo di uso, di tutela, di valorizzazione del territorio in funzione dello sviluppo civile, culturale, sociale ed economico che vogliamo per il futuro della Sardegna e per le sue popolazioni. Le questioni poste dal Presidente della terza Commissione non sono di poco conto nei conti della Regione, non solo investono la certezza delle entrate dovute nella loro entità ed effettività dei trasferimenti e delle erogazioni, ma anche e soprattutto come rispondenza alle funzioni e alle competenze costituzionali e statutarie esercitate dall'intero sistema regionale complessivo, quindi anche dagli enti locali, parte integrante e imprescindibile della potestà autonomistica costituzionalmente garantita.
Di più, ci si pone di fronte ai tempi dettati dall'attuazione del federalismo, che non è solo un federalismo fiscale, tempi ristretti e cogenti rispetto ai quali siamo in evidente pregiudizievole ritardo. Pregiudizievole perché si rischia di andare al confronto decisivo con lo Stato con strumenti obsoleti, inadeguati e diminutivi rispetto al potere contrattuale delle altre Regioni, specie di quelle ad autonomia ordinaria che, come sappiamo, hanno potuto e possono adeguare i loro Statuti con procedure legislative semplici, ordinarie, per di più rivendicando e potendo ottenere - come hanno ottenuto in tutti questi mesi modificando gli Statuti più e più volte - ulteriori forme di autonomia. La Regione Sarda è obbligata alle procedure di formazione delle leggi costituzionali, essendo tale il nostro Statuto di autonomia, che comportano, tra l'altro, e non è una questione secondaria e indifferente, un potere di interdizione da parte del Governo centrale e del Parlamento che porta ineluttabilmente a fare, come si suol dire, di necessità virtù, oppure anche ad accettare ciò che passa il convento, che è ed è stata sempre una nostra debolezza congenita, direi, nell'affrontare e risolvere i nostri rapporti con la Stato in maniera riduttiva, come se fosse una cortese concessione e non il riconoscimento dei diritti intrinseci della nostra autonomia.
PRESIDENTE. Convoco una Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 37, viene ripresa alle ore 17 e 45.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.
E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI (P.D.). Colleghi, colleghe, nel mio intervento, in discussione generale, ho deciso di trattare i temi legati alla finanza regionale nel suo complesso. Mi riservo nel dibattito sull'articolato di entrare nel merito dei vari provvedimenti previsti, molti dei quali condivido anche se ritengo possano essere migliorati e rafforzati. Sulla legge finanziaria si ripongono sempre molte aspettative solitamente tutte puntualmente tradite. Certo, sappiamo tutti che la legge finanziaria non è e non può essere la soluzione di tutti i mali, ma se diamo uno sguardo ai temi legati alla finanza regionale, che abbiamo appena iniziato ad affrontare in Commissione, l'approvazione di questa finanziaria risulta essere cosa del tutto secondaria; mi riferisco alla questione legata al nuovo regime delle entrate, alla contrattazione del patto di stabilità, all'incapacità della Regione di spendere le risorse stanziate, a un continuo aumento dei residui, al controllo della spesa sanitaria.
Davanti alla portata di questi temi, l'approvazione di questa finanziaria, che già si sta presentando come straordinaria, è invece del tutto irrilevante e non solo, essa rischia di essere ininfluente per la Sardegna e per la sua crescita economica. Le ragioni sono legate ai temi che ho elencato di cui tutti noi siamo a conoscenza, ma di cui mi pare... Presidente, così non si può...
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Sabatini. Prego i colleghi di prendere posto.
SABATINI (P.D.). Le ragioni sono legate ai temi che ho elencato di cui tutti noi siamo a conoscenza, ma di cui mi pare pochi vogliono prendere coscienza e in particolar modo la Giunta che vedo da un lato insufficiente nell'affrontare i temi del risanamento e controllo dei conti, dall'altro lato in un atteggiamento arrendevole nei confronti del Governo nazionale.
Io non vorrei nel mio intervento descrivere temi che abbiamo a lungo dibattuto in Commissione bilancio, temi di cui conosciamo la natura e persino le responsabilità, spesso diffuse tra tutte le parti politiche che si sono avvicendate alla guida di questa Regione; vorrei invece tentare di fare un passo in avanti, vorrei invitare la maggioranza, e noi tutti, a compiere atti di responsabilità evitando di scambiarci le solite reciproche accuse. Dico questo perché la situazione della nostra Isola - è sotto gli occhi di tutti - è talmente preoccupante che non ci consente di perdere tempo nelle nostre diatribe politiche.
Devo anche dire preliminarmente che non intravedo catastrofi finanziarie, né mi pare possiamo assistere a una Regione che va in bancarotta, certamente ci sono questioni serie che possono minare il nostro bilancio regionale se non affrontate con serietà, rigore e soprattutto con la giusta determinazione, nella consapevolezza che è necessario tenere la schiena diritta di fronte a uno Stato che in questi mesi ci ha posto sotto schiaffo ripetutamente. Non voglio anche qui mettermi a fare il lungo elenco delle dichiarazioni fatte a riguardo da esponenti politici del centrodestra, insomma l'intervento del presidente Floris è già una dimostrazione che questo nostro rapporto, il rapporto con questo Governo nazionale, è pessimo, è sotto gli occhi di tutti la scarsa attenzione che esso pone di fronte alle innumerevoli difficoltà che la nostra Regione vive in questo momento.
Oggi si mette in discussione il nuovo regime delle entrate, si mette in discussione la riscrittura dell'articolo 8 del nostro Statuto, cioè di una legge costituzionale, un regime che consente oggi a questa Giunta di inserire una cifra pari a 1.300 milioni di euro, lo si mette in discussione principalmente per due motivi. Il primo è legato alle affermazioni riportate anche dal Programma regionale di sviluppo, e cioè sulla necessità di approvare specifiche norme di attuazione al fine di rendere effettive e applicabili le disposizioni previste nella finanziaria nazionale del 2007. Tutto questo è inaccettabile, non si è mai visto che le norme statutarie che determinano nuovi regimi di entrata siano poi ulteriormente disciplinati da norme di attuazione; si può e deve essere fatto con semplici atti amministrativi. Andare in Commissione paritetica a scrivere norme di attuazione significa riaprire una partita chiusa, mettere in discussione un risultato già assodato.
L'altro motivo è legato al vincolo del patto di stabilità, che renderebbe inefficace il nuovo regime, indisponibili le nuove entrate. Mi sia consentito di dire che intanto, con la riforma dell'articolo 8 dello Statuto, un riconoscimento importante è stato sancito, la nostra Regione ha subito per anni un'ingiustizia palese senza che fosse mai stata messa in discussione fino in fondo. Certo, siamo tutti d'accordo, di pari passo si sarebbe potuto ricontrattare il patto di stabilità e non è stato fatto, ma vogliamo cominciare a lavorarci, seppure in modo così distratto? Cosa intende fare la Giunta e la sua maggioranza al riguardo? E' chiaro, va aperta una vertenza con lo Stato, che veda la massima unità di questo Consiglio regionale, dei parlamentari sardi, delle forze sociali, va riproposta la stessa mobilitazione che ci fu per la modifica dell'articolo 8 del nostro Statuto.
La vertenza, Assessore, è tutta politica, se la si riduce a mera disputa tecnico-amministrativa abbiamo già perso in partenza. Le argomentazioni da portare a Roma sono tutte politiche e devono trovare soluzioni nel confronto tra la Giunta regionale e il Governo nazionale, aggiungerei tra la Commissione bilancio del Consiglio regionale e quelle del Senato e della Camera, un percorso che già fu sperimentato in occasione della riforma del Titolo III. Si assiste poi incomprensibilmente alla secretazione dei documenti. In Commissione non c'è stata consegnata neppure la lettera inviata dal Presidente della Giunta al Governo riguardante le proposte di revisione del patto di stabilità.
Se davvero la si vuol far diventare una battaglia comune è necessario far circolare le informazioni, tutte le informazioni in possesso della Giunta. Tra l'altro sono sempre maggiori le critiche che provengono da diversi economisti sulla eccessiva rigidità del patto di stabilità, così com'è imposto dall'attuale Governo. E' chiaro che il patto di stabilità deriva da norme comunitarie, ma il Governo poi sceglie di graduare le norme che approva, alcune critiche sono giunte anche da qualche ministro dello stesso Governo. Il patto di stabilità bloccherebbe l'avvio dello sviluppo nel nostro Paese e quindi anche nella nostra Isola. Siamo consapevoli dell'importanza assoluta di questa partita, riuscire anche solo in parte a ridurre i vincoli del patto di stabilità significherebbe per la nostra Regione liberare importanti risorse da destinare allo sviluppo.
Credo che, dopo i fatti che si sono susseguiti in questi mesi, noi abbiamo il dovere di sollevare con forza la rivendicazione. Dopo lo scippo del G8, i tagli ai fondi FAS, la crisi dell'industria, che pone la nostra Regione tra quelle in Italia più in difficoltà, tenuto conto anche dei posti di lavoro persi, di fronte a tutto ciò, noi abbiamo il dovere di rivendicare una sensibilità più attenta nei confronti della nostra Regione da parte dello Stato nazionale. Certo, questa vertenza avrebbe più forza con un bilancio più attendibile nella rappresentazione delle previsioni di spesa.
Anche su questo problema non ritengo ci si debba dilungare, i particolari sono conosciuti a tutti. Il nostro bilancio di previsione è un atto pieno di annunci, di stanziamenti che tutti sappiamo non si riuscirà a spendere e, mentre qui dentro ci dimeniamo in lunghe discussioni, scontri e battaglie, illudiamo le tante persone che leggono cifre e annunci sui giornali, cifre e annunci che puntualmente per la maggior parte non produrranno assolutamente niente; abbiamo al riguardo una miriade di esempi. Il Presidente della Commissione stamane faceva cenno alle politiche del lavoro, ma esistono altri numerosi esempi. Quando questi risultati poi si producono, arrivano con un ritardo tale da far diventare insignificanti gli stessi interventi. Abbiamo una produzione di residui che denuncia e mette in luce una prassi consolidata da anni, in cui parrebbe che nessuno intende mettere mano. Nessuno intende affrontare con determinazione il problema, magari per non infierire sulla potente casta della burocrazia regionale, perché siamo tutti d'accordo che i residui sono generati dai vincoli del patto di stabilità, ma spesso questa è diventa una copertura a inefficienze che sono ormai diventate insostenibili. Non si fa oramai più uso del bilancio pluriennale, perché l'imponente stanziamento mediaticamente fa più effetto, si concentra tutta la posta nella annualità di riferimento pur sapendo dell'impossibilità di riuscire poi a spendere quei denari.
La burocrazia, gli Assessorati e i loro vari servizi, sono incapaci di portare i livelli di spesa a quelli che sono propri di una regione moderna. Se noi prendessimo le disposizioni delle ultime tre, quattro finanziarie, ci accorgeremmo che moltissimi programmi non sono stati neanche avviati a uno studio preliminare. Tutto questo produce annualmente una montagna di residui. Ma, e anche questo lo sappiamo bene, in questa Regione succede di peggio. Si portano a residui somme prive di impegno, e l'impegno si ha allorché viene individuato il creditore, cioè si è in presenza di un'obbligazione giuridicamente perfezionata.
Come risulta dallo stato della spesa del 19 ottobre 2009, redatto dalla Ragioneria regionale, esistono un miliardo e 723 milioni di euro di residui non impegnati. La stessa definizione è una contraddizione in termini, infatti non possono esistere residui non impegnati. La verità è un'altra, in questa Regione da diversi anni si realizzano delle vere e proprie anomale variazioni di bilancio, trasferimenti di risorse dai residui alla competenza, senza che questo Consiglio ne sappia assolutamente niente. E' un fatto grave! Questo Consiglio regionale viene esautorato di una delle poche competenze che gli rimangono ancora.
Tutto ciò è stato consentito con l'approvazione di alcune norme contenute nella legge di bilancio che annualmente approviamo con assoluta distrazione, magari all'una o alle due del mattino. Con questo sistema consolidato di agire si viene meno a quanto sancito dall'articolo 81 della Costituzione che impone il rispetto dell'equilibrio di bilancio. Quel miliardo e 700 milioni di residui non impegnati da solo, se mandato come dovrebbe essere mandato in economia, produrrebbe l'azzeramento del disavanzo, il che significa che noi abbiamo un bilancio falso che si rappresenta con un altissimo disavanzo mentre invece potrebbe addirittura verificarsi il contrario, cioè essere in avanzo di amministrazione. Ecco perché in questa Regione sono sparite le manovre di assestamento che in passato si facevano puntualmente ogni anno e oggi sono andate in disuso.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue SABATINI.) Sulla sanità certamente c'è da essere preoccupati e soprattutto attenti a una prudente, rigorosa e saggia gestione. Voglio però ricordare che, all'inizio della scorsa legislatura, il buco c'era ed era di 300 milioni di euro, che sono stati sottoscritti i piani di rientro, che sono stati rispettati e che hanno prodotto delle premialità, non siamo mai stati annoverati tra quelle Regioni "canaglia" che hanno portato fuori controllo i conti della sanità. Certo bisogna tenere il sistema a freno, bisogna tenere fermi i tetti di spesa, va rafforzato il sistema informatico di controllo della spesa, così come ci hanno ricordato i commissari delle AA.SS.LL., vanno urgentemente raddrizzati alcuni malcostumi che ci sono oggi e che c'erano ieri. Ma anche qui va ricordato che, da subito, questa Giunta ha provveduto a ritoccare i tetti di spesa per le cliniche private aumentandoli di ben 7 milioni di euro, lo dico agli amici dell'altra Sardegna in cui mi ci metto anch'io, sei di questi sette sono andati alle sole cliniche private di Cagliari. Come mi preoccupa il tentativo di rimettere a piè di lista le prestazioni ambulatoriali presso le cliniche private, questo è davvero un modo per far andare fuori controllo la spesa sanitaria.
Questi temi avrebbero bisogno di molto più tempo per il giusto approfondimento ma quanto detto mi pare sufficiente a dimostrare che abbiamo ben altre priorità sul versante della finanza regionale e che la stessa impalcatura di questa manovra può essere messa in discussione proprio dai temi che, se pur brevemente, ho trattato. Come opposizione abbiamo la consapevolezza che molti di questi problemi mettono in discussione anche il recente passato e che quindi richiedono un'assunzione di responsabilità, ma questo dovrebbe spronarvi come maggioranza ad affrontare il merito delle questioni, a raccogliere positivamente la nostra disponibilità, a metterci in discussione. Certo vi chiediamo di fare altrettanto e ce ne sono i motivi, ma soprattutto vi chiediamo di alzare lo sguardo, di non fermarvi alle prese d'atto, alle denunce ma di essere conseguenti. Sono sempre più convinto che alcune questioni che toccano profondamente il futuro dello sviluppo della nostra Sardegna vadano affrontate con uno spirito unitario, una battaglia comune a vantaggio della comunità sarda. Non so se ne avremo il coraggio, so solo che sarebbe la cosa più giusta da fare.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio per una precisazione. Ne ha facoltà.
LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.Presidente, ho chiesto a termini regolamentari di poter intervenire brevissimamente, ovviamente non in replica, su una questione che sta animando il dibattito e sulla quale io penso che sia giusto che la Giunta si esprima subito, ossia la questione del livello delle entrate, della certezza delle entrate e della validità del nuovo regime.
Io credo che si possa dire, in maniera molto sintetica, che non esistono misteri, non sono mai esistiti misteri sulla questione delle entrate. Il nuovo regime, previsto nella modifica dello Statuto, in maniera più vantaggiosa per la Regione Sardegna, è già in vigore. Per questo abbiamo responsabilmente, anche sulla base di comunicazioni con il Ministero dell'economia, previsto nel bilancio le nuove entrate. D'altra parte però, fin dall'inizio della legislatura, credo che me ne possiate dare atto, abbiamo sempre evidenziato che questa riforma è stata fatta in maniera incompleta, lo ha detto poco fa anche il consigliere Sabatini, è stata fatta in modo incompleto perché, innanzitutto, non è stato ancora modificato contestualmente il meccanismo del patto di stabilità, che evidentemente limita la possibilità di utilizzare i pagamenti e gli impegni di spesa a favore della Regione. Quindi, se non fosse modificato, impedirebbe di fatto il concreto utilizzo di quelle risorse che noi in termini di competenza possiamo inserire in bilancio.
E' una riforma incompleta, non per colpa di nessuno, ma comunque incompleta, nel senso che è opportuno e, direi, anche necessario prevedere delle norme di attuazione non perché lo Statuto non sia già in vigore, ma perché lo Statuto, non potendo prevedere tutto, soprattutto i meccanismi di trasferimento o i meccanismi di calcolo, potrebbe lasciare all'interpretazione arbitraria delle amministrazioni centrali dello Stato, come in altri periodi è successo, se non ricordo male, per esempio, la riforma dello Statuto avvenuta con la legge numero 122 (credo che il presidente Floris la ricordi benissimo), era stata interpretata arbitrariamente in maniera vantaggiosa a favore dello Stato. Le norme di attuazione perciò sono necessarie, credo che sia questo il senso delle parole del Presidente della Commissione.
La Giunta regionale ha informato continuamente, sia in Commissione che in Consiglio, sugli atti che sta facendo, la Commissione ha una relazione fatta dagli Uffici che è stata consegnata a tutta la Commissione, onorevole Sabatini, non abbiamo nascosto nulla su quali sono le questioni concrete e anche molto tecniche riguardanti il patto di stabilità e le norme di attuazione, perciò è perfettamente legittimo programmare la spesa considerando le nuove entrate; l'allarmismo in questo momento, dico l'allarmismo e non la segnalazione di un problema, è ingiustificato, non è fondato su dati certi. Se ci fossero dati certi, li comunicheremmo e nel caso li comunicheremo in futuro.
La Giunta ha informato responsabilmente il Consiglio, passo dopo passo, e su questo percorso non intende polemizzare con l'attuale opposizione per tenere ancora, lo chiedo nuovamente, un alto e unitario atteggiamento nel confronto con lo Stato. Alimentare forzate polemiche in questo momento credo che non faccia l'interesse dei sardi, perciò io mi limito a questa comunicazione che ritengo doverosa. Non do valutazioni politiche, che potrei dare, potrei dare. La Giunta spera di non essere costretta a darle, ma è meglio che stiamo su questo livello di confronto unitario nei confronti dello Stato.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (P.d.L.). Presidente, innanzitutto mi permetto una piccolissima premessa perché anche in questa discussione generale chiunque sia intervenuto ha sottolineato la difficoltà, così viene descritta, nel portare avanti il proprio intervento, legata a una scarsa attenzione da parte dell'uditorio. Io credo che valga la pena tra di noi fare la considerazione se sia realmente colpa di noi consiglieri che non ascoltiamo i nostri colleghi che intervengono in discussione generale o non sia piuttosto la discussione generale che di per sé ha difficoltà a interessare, a catturare l'attenzione di tutta l'Aula (per la verità, questo è un argomento che si ha modo di vedere e di sperimentare in più o meno tutti i consessi assembleari) e di conseguenza se non convenga magari ridurre i tempi di una discussione che così poco ha frutto nel far partecipare tutta l'Aula concentrando più tempo magari nella fase della discussione dell'approfondimento e dell'analisi degli emendamenti, che invece abbiamo visto e sperimentato tutti interessa sicuramente molto di più e consente una maggiore partecipazione.
Così come sempre in premessa credo sia solo sufficiente sottolineare (però lo voglio fare perché anche questo è un qualcosa che è passato sotto silenzio, o perlomeno ha avuto scarsissima attenzione, soprattutto da parte dei media, che sono bravissimi nel sottolineare ritardi, ma sono poco attenti nel rimarcare all'attenzione dei cittadini quello che è invece il mantenimento di regole, di impegni e di tempi) il fatto che questa finanziaria è una finanziaria che viene discussa in quest'Aula nel mese di novembre, una finanziaria che sarà - anche con la partecipazione attiva dell'opposizione - attiva in tutti i sensi, una finanziaria che sarà licenziata entro i termini che teoricamente delle leggi prevedono, ma che non erano mai state rispettate. Badate bene, il rispetto dei tempi, è inutile dirlo a noi, però forse è utile farlo sapere fuori, significa che dal 1º gennaio la Sardegna potrà spendere, la Regione Sardegna potrà spendere, e quindi mettere a frutto le risorse proprie di noi cittadini di quest'isola per gli interessi di quest'isola.
Così come non credo che non debba non essere sottolineato il fatto che questa, che è stata definita una finanziaria senz'anima, sia realmente una finanziaria snella, una finanziaria che dice "no", dice "basta" agli assalti alla diligenza, così come nell'immaginario collettivo ormai tutti conoscono, al tentativo di inserirsi nella legge finanziaria con interessi "particulari", quelli che, in tutti i luoghi assembleari, un pochino più volgarmente, sono sempre stati definiti "marchette", un omaggio postumo alla senatrice Merlin; però, di fatto, l'impedire questo tentativo di portare l'interesse di microparti del territorio, penso che sia un vantaggio per tutti noi.
Noi possiamo dedicarci di più a legiferare nell'interesse collettivo e possiamo giustificarci con i nostri questuanti, perché questa è la realtà, dicendo loro: "Guardate, purtroppo le regole sono cambiate, ne esiste una che non ci consente di fare più le 'prostitute' delle aule assembleari, non possiamo più fare le nostre 'marchette', per cui cerchiamo di legiferare nell'interesse collettivo". Ci saranno altri momenti in cui si potranno fare, anche io le ho fatte, non mi metto certamente dalla parte dei puri, questa era la regola. Ebbene, ora abbiamo una nuova regola che ci libera tutti da questa non nobile pratica del fare politica, una regola che quindi è più morale che testuale. Allora credo che, anche sempre così per memoria, valga la pena di sottolineare gli importanti provvedimenti che sono previsti all'articolo 2 a sostegno delle piccole e medie imprese, piccole e medie imprese che, se realmente ricevessero in termini finanziari quanto ricevono a parole, probabilmente sarebbero da molto tempo fuori dalla crisi. Ebbene, in questa finanziaria comunque ci sono più impegni finanziari che parole, credo che anche questo sia un passo importante, un passo da sottolineare.
Ma, ancora, l'articolo 4 (articolo che, per motivi di appartenenza alla settima Commissione, mi interessa ancora di più, mi interessa particolarmente), in cui, credo che valga la pena di sottolinearlo, ai commi 2 e 3, si riportano cifre come quella di circa 150 milioni per il fondo regionale per le non autosufficienze, di 25 milioni e passa per il potenziamento e l'assistenza domiciliare a favore degli anziani in condizioni di non autosufficienza, di 51 milioni, quasi 52 milioni, per il finanziamento dei programmi personalizzati a favore di persone con gravi disabilità, di 13 milioni per il proseguimento del programma "rientrare a casa", di 51 milioni circa per il finanziamento delle leggi a favore dei soggetti con particolari patologie e ancora sottolineo i 5 milioni per l'erogazione di assegni di cura e di altre provvidenze a favore delle famiglie che si assumono compiti di assistenza e cura dei disabili fisici, psichiatrici e sensoriali. Anche queste sono cifre, sono cifre importanti soprattutto se confrontate con la situazione in cui questa Giunta, ma dico anche questo Consiglio, si trovano a dover fare i conti, perché è chiaro che se i soldi ci sono è tutto facile. La vera capacità si vede quando i soldi sono pochi e vanno allocati nelle cose più importanti, nelle necessità primarie ed essenziali di una famiglia, di un consesso sociale, di un Consiglio regionale, di una Giunta regionale.
Vorrei, sempre per rimanere all'articolo 4, sottolineare come anche al comma 1 sono previsti degli importanti interventi, tra cui quelli a valere sui fondi FSE per i dottorati e assegni di ricerca. Ecco, vorrei sottolineare alla Giunta che, in questo caso, andrebbe valutata bene l'allocazione di questi fondi tra dottorati e assegni di ricerca, considerando il valore curricolare maggiore dei dottorati rispetto agli assegni di ricerca; cioè, aiutiamo molto di più i nostri giovani favorendo i dottorati che non semplicemente dando assistenzialismo attraverso gli assegni di ricerca, certamente utili, però con i dottorati diamo anche in mano a questi giovani un titolo che consente loro di accedere poi alle carriere universitarie.
Credo che siano da fare ancora delle riflessioni, e penso che le faremo, forse più in termini emendativi che non in questa discussione generale, sull'articolo 5 bis, che è stato introdotto in Commissione bilancio con propositi certamente positivi, con uno spirito costruttivo, ma che continua a sollevare in me qualche dubbio sulla reale efficacia di quello che potrà succedere, anche perché la storia e l'esperienza ci hanno insegnato che affidarsi alle società di certificazione a volte forse non è la soluzione più semplice o più comoda o più trasparente, visto che troppo spesso queste società hanno dimostrato di essere più attaccate al mantenimento di commesse che non a reali analisi dei bilanci.
Ebbene, detto tutto questo, rapidamente, proprio per voler dare l'esempio in modo che si possa magari tutti, in questa fase, parlare un po' di meno e analizzare un pochino di più il contenuto e dare dignità agli emendamenti che verranno presentati, in modo che possano essere discussi e valutati nell'interesse sia di chi presenta l'emendamento sia di chi su quell'emendamento deve dare parere positivo o negativo, quindi parliamo poco in fase di discussione generale e prendiamoci magari più tempo per analizzare i singoli emendamenti, ma soprattutto diamo quanto prima lo strumento finanziario, lo strumento di spesa al Governo regionale perché possa intervenire a realizzare realmente quello che è scritto, che potrà essere poco, potrà essere scarso, "si poteva fare di più e meglio" avete detto voi, vedremo con i vostri emendamenti, quanto essi saranno emendamenti che porteranno a fare di più e meglio, o magari non saranno emendamenti presentati perché noi stiamo di qua e voi state di là. Ecco perché avrei veramente piacere che ci fosse una diversa suddivisione dei tempi e una riflessione.
Domani saremo tutti a Roma, un gesto di giusta solidarietà nei confronti degli operai dei comparti come Porto Torres, che è nel mio territorio, nel Sulcis, e di tutti gli altri comparti industriali della Sardegna. Ebbene, lo stesso spirito solidaristico che noi domani esprimeremo andando a Roma, io credo che si possa esprimere nei confronti di tutti i sardi, facendo di tutto perché questa finanziaria diventi da subito, dal 1º gennaio, lo strumento di spesa e di sostegno per la nostra collettività.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara.
(Interruzione del consigliere Bruno)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Presidente, per chiederle, se sono utili, dieci minuti di sospensione, perché riteniamo, sulla base degli stessi principi che adesso annunciava il collega Campus, visto che stiamo affrontando il programma regionale di sviluppo, quindi le strategie per una legislatura e la finanziaria, come minoranza, di non essere disponibili a garantire il numero legale. Per cui chiediamo alla maggioranza di essere presente in Aula, per ascoltarci, per trovare il modo anche per confrontarci in maniera leale, quindi bisogna essere presenti. Non chiediamo in questo momento la verifica del numero legale, chiediamo dieci minuti di sospensione per permettere ai consiglieri di rientrare in aula.
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, i Capigruppo della maggioranza si stanno adoperando per far rientrare i colleghi in Aula, quindi probabilmente possiamo continuare i lavori senza interrompere.
BRUNO (P.D.). Io sollecito una sospensione di dieci minuti, altrimenti sono costretto a chiedere la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Sospendo i lavori per dieci minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 18, viene ripresa alle ore 18 e 34.)
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
bilancio pluriennale per gli anni 2010-2013" (77/A)
PRESIDENTE. Prego i colleghi di prendere posto, riprendiamo i nostri lavori.
E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, cari colleghi, caro Presidente, illustrissima Giunta, non so se questo mio intervento avrà un'utilità, vista la presenza…
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ben Amara. E' davvero fastidioso lavorare in queste condizioni. Richiamo tutti al senso di responsabilità e alla sensibilità nei confronti di chi interviene.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Grazie, Presidente. Inizierò a dire: se l'ideologia è la distanza tra ciò che si è e ciò che si dice di essere, bisogna tornare all'analisi delle parole che dicono il contrario. Diceva Oscar Wilde: dai a un uomo una maschera e ti dirà la verità, togligli la maschera e non potrà che mentire.
Un commento sul Programma regionale di sviluppo. Nel Programma regionale di sviluppo si legge che la Regione Sardegna è impegnata nel confronto con lo Stato sulle forme di autogoverno, autonomia finanziaria, federalismo fiscale, sulla valorizzazione dell'identità dei sardi e che, nel fare ciò, si è avviata una fattiva collaborazione con lo Stato allo scopo di concordare in armonia i percorsi strategici di sviluppo... io vi sento, quando parlate voi…
PRESIDENTE. Colleghi, scusatemi! Invito chi deve conversare a farlo fuori dall'aula, e pregherei anche di limitare l'utilizzo dei telefonini. Non vorrei essere costretta a dover schermare l'aula, perché si corre troppo spesso il rischio di parlare a voce alta e questo disturba.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Mi chiedo, allora, quale tipo di collaborazione e di accordi si stia portando avanti, quali azioni positive si stiano intraprendendo per la Sardegna se la situazione è quella nella quale i fondi FAS, quelli a noi destinati, sono bloccati da un anno, e quelli che erano previsti sono stati dirottati a favore della Lombardia e per il ponte sullo stretto di Messina. Dove sono i soldi per la "Sassari-Olbia", per il Porto canale di Cagliari, per la "554", dato che affermate di voler investire tanto sulla rete delle infrastrutture? Secondo quanto si apprende dai quotidiani, la Corte dei Conti ha affermato che i fondi FAS non arriveranno perché saranno impegnati a ripianare i debiti dello Stato, vedi "La Nuova Sardegna" del 16 novembre. Mi chiedo, dunque, di che tipo di dialogo e collaborazione si tratti se lo Stato fa il bello e il cattivo tempo su soldi che ci spettano e voi siete diversamente concordi. Nel Programma regionale di sviluppo si punta a valorizzare il principio di sussidiarietà e dare attuazione al Titolo V della Costituzione nell'annunciata nuova politica di riscrittura dello Statuto; ciò in termini spiccioli significa che, al vertice delle istituzioni, si collocano i comuni, però l'ANCI Sardegna boccia la legge finanziaria che destina, a un fondo unico per comuni e province, meno risorse di quanto previsto dalla legge 29 maggio 2007, la quale lega le entrate del fondo unico alle entrate regionali.
Dato che queste aumenteranno in misura netta di circa un miliardo e 600 milioni di euro, mancherebbero all'appello per il fondo comune circa 120 milioni di euro, dunque, in questo modo, come intendete attuare il Titolo V della Costituzione? Violando una legge regionale che consentirebbe alle autonomie locali di realizzare effettivamente il principio di sussidiarietà e autonomia? Parliamo tanto di autonomie e di riforma dello Statuto, ma ancora non siamo stati capaci di dare attuazione all'articolo 8 sulle nuove entrate, e la Regione è già in perdita perché si è già accollata la spesa per sanità e trasporti. Quali sono i progetti per valorizzare la Sardegna nell'ambito del Mediterraneo? Dobbiamo attivarci al più presto per far recuperare al Mediterraneo il ruolo di luogo di scambio, di fertili contaminazioni, di saperi e sapori, cultura, di reciproco sostegno e amicizia considerando che costituisce un ottimo sbocco commerciale per i nostri prodotti; altro che "io".
Per quanto concerne le politiche del Programma regionale di sviluppo a favore dell'occupazione, devo dire che è praticamente inesistente un progetto per il sostegno occupazionale dei lavoratori; parlate di costituzione di dote personale, di percorsi personalizzati per l'ingresso nel mondo del lavoro, di superamento dell'impostazione statalista per dare spazio alla creatività sociale. Sul fatto della creatività sociale avete perfettamente ragione! Bisogna essere davvero creativi per aver qualcosa da mettere in tavola senza lavoro e senza ammortizzatori sociali! Chissà, magari con la creatività di cui parlate voi, tutti i lavoratori diventeranno degli artisti della sopravvivenza. Secondo voi, siamo tutti imprenditori potenziali e praticamente non hanno rilievo le altre forme di lavoro, quasi come se non esistessero; tutto ruota intorno alle imprese, a un concetto dì sviluppo secondo il quale tutta l'economia è schiava dell'accumulo del capitale e il concetto di benessere economico è un concetto che mira a consumare risorse. In realtà non si fa altro che perseguire chimere e siamo schiavi di preconcetti sul come le economie dovrebbero funzionare per essere considerate sane secondo i concetti degli economisti. Si tratta solo di gabbie preconcettuali che i governi hanno creato con le loro stesse mani; quando, infatti, per inseguire il parametro astratto di benessere economico e di sviluppo economico si costringono le popolazioni a sacrifici enormi, che, di fatto, anziché benessere, portano soltanto miseria o benessere di pochi e malessere per la maggioranza, a che serve dire che abbiamo i conti in ordine?
Bisogna, inoltre, rinunciare alla folle corsa verso un consumo sempre maggiore, cioè necessario, non solo per evitare la distruzione definitiva delle condizioni di vita della terra, ma anche e soprattutto per far uscire i cittadini dalla miseria in cui si trovano; bisogna cominciare col vedere le cose in altro modo per trovare soluzioni originali e innovatrici per i problemi attuali. Solo l'innovazione politica e l'autonomia economica fondata sul ritorno al locale, come spazio di autorganizzazione e di democrazia ecologica, permettono un ritorno al rallentamento dei ritmi di lavoro, una riduzione dello sfruttamento di risorse naturali e un miglioramento delle condizioni di vita a livello locale. Di fronte alla globalizzazione bisogna concepire e volere una società nella quale i valori economici non siano più centrali, unici, e l'economia deve essere vista semplicemente come un mezzo della vita umana, un mezzo che consente a tutti di ottenere ciò di cui si ha bisogno per vivere e non come fine ultimo. L'ideologia dello sviluppo a tutti i costi quale obiettivo da perseguire con spasmodica ansia non lascia spazio alla natura e non conosce il rispetto della dimensione umana.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue BEN AMARA.). Si tratta di costruire una nuova cultura dell'economia che non riduca la vita delle persone a una continua, estenuante e inutile corsa al consumismo, una cultura nella quale vi sia la consapevolezza del fatto che per vivere bene, serenamente, non è necessario consumare tanto, il fatto che le imprese perseguano il profitto a tutti i costi è così deleterio. Bisogna, dunque, superare la logica dello sviluppo per la quale "di più" equivale a "meglio". Bisogna cambiare i valori cui dare importanza, mettere al primo posto non il denaro e il profitto, che devono crescere continuamente per soddisfare l'avidità di pochi, ma i rapporti sociali, il tempo libero da dedicare alla famiglia, agli affetti, e lavorare tutti meno per lavorare tutti e ridistribuire le ricchezze prodotte in modo più equo.
Contro la catastrofe ecologica e umana provocata da questo modello di sviluppo e di produzione che spinge a spremere il proprio territorio all'inverosimile e mercificare ogni cosa, occorre produrre meno e consumare meno, valorizzando agricoltura biologica, artigianato, piccola impresa, turismo sostenibile, risparmio energetico, riciclaggio, valorizzare i cibi a "chilometri zero", valorizzare e potenziare i mezzi pubblici, il loro uso per ridurre l'uso delle auto private e quindi inquinare meno con vantaggi anche dal punto di vista del risparmio energetico, e occorre aprire le porte allo spazio mediterraneo in tutte le sue accezioni e internazionalizzazioni per i nostri prodotti tipici. Lo sviluppo e l'economia sono il problema e non la soluzione. Bisogna bandire l'avidità e promuovere la solidarietà. "Lo sviluppo nasce dall'io", recita il Programma di sviluppo; Dante risponderebbe: "O mente che scrivesti ciò ch'io vidi". Se "lo sviluppo nasce dall'io", dove mettiamo l'altro? L' "io" come buco nel linguaggio forse. E se il progresso è il sottoprodotto della dinamica dell'"io", significa la cancellazione della cooperazione, di ogni dialogo, dell'interpretazione dell'idioma, delle integrazioni e soprattutto delle interazioni socioculturali; è dunque il "noi" che deve prevalere.
La democrazia non è un metodo per esprimere un consenso, ma piuttosto per eliminare il dissenso. Il principio democratico perderà il suo senso profondo in assenza di opposizione reale ed è per questo che noi, di fronte a coloro che ci dicono che la lotta di classe è finita, rispondiamo: "Siete ciechi. Non vi accorgete che ogni ipotesi scientifica e ogni esperienza vitale riaprono alla prospettiva insurrezionale?". Quando analizziamo la forma monetaria del dominio capitalistico (perché la destra preferisce... ossia i capitalisti non dicono mai "capitali", dicono "il mercato"), nella sua esaltazione finanziaria, poniamo allora il reddito di cittadinanza contro il disposittivo del capitale finanziario in forma programmatica e con animo di lotta. Si tratterà quindi di comprendere che cosa voglia ormai dire "lotta salariale" - si passa dalla "lotta di classe" alla "lotta salariale" - contro il bipotere cioè lotta per l'estensione del welfare, il salario del comune, come quello sfruttamento dell'individuo, sfruttamento che è sorgente e forma attuale del dominio capitalistico o no. Mi fermo qui perché non serve a niente anche predicare nel deserto.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.
PLANETTA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, Assessori, colleghe e colleghi consiglieri, credo che oggi possiamo convenire sul fatto che il particolare momento in cui viene a cadere questa discussione deve indurre noi tutti a severe analisi, a giudizi il più possibile obiettivi, sui complessi fattori che hanno creato il grave percorso di degradazione economica, sociale, politica, amministrativa della nostra terra. Dico questo ben sapendo quanto il mutamento del quadro politico abbia determinato alcune reazioni talvolta davvero scomposte e ingenerato convincimenti spesso del tutto soggettivi e arbitrari. Proprio questi giorni registriamo un diffuso accrescersi del sentimento di insicurezza, di tensione, tra la nostra gente e un pericoloso rinnovarsi di quelle sensazioni tristi di precarietà, di sfiducia, che caratterizza il vivere quotidiano di un sempre più crescente numero di persone. E la crisi, questo strano vocabolo che sentiamo sempre più ricorrere nei nostri discorsi, viene spesso anche in quest'Aula evocata o addirittura invocata e altrettanto spesso esorcizzata, come fosse un tabù impronunciabile a seconda delle parti recitate di una commedia.
Ora, questo Programma regionale di sviluppo è uno strumento recente della programmazione finanziaria ed economica regionale, anzi è lo strumento principale della programmazione finanziaria ed economica regionale giacché "determina le strategie e gli obiettivi generali e specifici che, nel periodo dell'intera legislatura, la Regione intende perseguire per lo sviluppo economico e sociale e definisce le principali linee progettuali che si intendono adottare per il conseguimento degli obiettivi, nonché i risultati attesi". Metto questo tra virgolette perché ho letto questo documento dettato da una legge e credo che quindi questo Programma rappresenti proprio un biglietto da visita che definisce i parametri su cui si fonda la visione strategica e di prospettiva delle dinamiche, delle tematiche sulle quali si incardina la vita della nostra terra. Certo, il mutamento del quadro politico ha costituito la sola necessaria premessa al conseguente mutamento delle scelte di politica economica, sociale e civile della Sardegna e sappiamo per esperienza che le parole valgono solo quando a esse seguono i fatti. Tutti noi perciò ne abbiamo fatto, credo, una lettura attenta e approfondita e siamo andati a cercare - mi auguro senza alcuna riserva mentale - i riscontri oggettivi a quanto si è andati a convenire e a proporre con il programma di governo di questa maggioranza. Parlo certamente riferendomi in primo luogo ai colleghi della maggioranza, alcuni dei quali noto particolarmente attivi in questi giorni.
Ebbene, io credo che il primo fondamentale impegno a cui dobbiamo cercare riscontro in questo programma debba riferirsi all'effettiva volontà della Regione di restituire certezza ai rapporti tra i cittadini e tra questi, la pubblica amministrazione e le istituzioni affinché finalmente emerga nella sua essenziale fermezza l'impegno, sia individuale che collettivo, dei diritti e dei doveri.
In questo quadro credo che debba essere intesa l'auspicata riforma improntata al federalismo fiscale, che nasce non già per sottoporre i contribuenti a nuovi e intollerabili sacrifici, quanto per ottimizzare la gestione dei flussi finanziari e della loro ripartizione; ripartizione e ridistribuzione che oggi è purtroppo ancora tutta da definire, anzi da ricontrattare e da difendere, come è garantito dal nuovo articolo 8 dello Statuto. Noi sardisti guardiamo con interesse a questa nuova evoluzione della gestione e ripartizione delle entrate poiché vediamo nel federalismo fiscale anche un'opportunità di restituzione e di assunzione di responsabilità e inoltre un freno a questo Stato esattore che - favorendo sempre più i più forti - ha da sempre teso, passatemi il termine, a sanzionare e impoverire la Sardegna.
Ma qual è stato - domando - il Governo che non ha mai rifilato gli schiaffoni alla Sardegna? Qual è stato? In proposito devo dire che avrei avuto il piacere di vedere maggiori dettagli circa i termini in cui la Regione è impegnata in una prospettiva autonomistica nel confronto con lo Stato sulle forme di autogoverno, autonomia finanziaria, federalismo fiscale, presenza della grande industria partecipata dallo Stato, previsione e compartecipazione alle risorse nazionali e comunitarie per grandi opere e interventi speciali. Mi riferisco in particolare a quello specifico tavolo istituzionale tra Regione Sardegna e Stato, nel quale saranno affrontati i temi della riforma dello Statuto speciale, del federalismo fiscale, del patto di stabilità e della gestione dei fondi FAS. Ma è soprattutto questa stagione costituente che avrei voluto essere meglio esplicata nei contenuti, nei modi, nei tempi e nei metodi.
La riforma del nostro Statuto, infatti, affinché poggi su basi e principi effettivi di sussidiarietà e partecipazione, dovrà essere effettuata non limitandosi solamente a quell'ampio percorso di consultazione e condivisione fra tutte le formazioni politiche rappresentate in questo Consiglio regionale, a meno che questo percorso non passi pure attraverso quella che noi sardisti abbiamo ritenuto essere la via maestra anche negli accordi di programma che hanno dato origine a questa maggioranza, e la via maestra a cui ho fatto riferimento è l'Assemblea costituente del popolo sardo che forse in questo PRS resta sottintesa, ma che a mio giudizio meriterebbe ben altro rilievo.
Questo discorso di prospettiva, che peraltro il Partito Sardo d'Azione va proponendo ormai da tempo, non può essere subordinato da altre esigenze di adempimento pure e indilazionabili. Riscontro che fra queste emerge prioritaria l'esigenza di dare coerenza all'ordinamento regionale e alla pubblica amministrazione nell'ottica di un costruttivo e proficuo rapporto con gli enti locali che costituiscono per tanti aspetti realtà diverse e addirittura non comparabili. Proprio come il termine "persona", che è la vera chiave di lettura di questo programma, non individua - e concordo - solo gli elementi che distinguono un essere da un altro, ma mette in evidenza la relazione tra esseri umani e contesti, io credo che la genesi politica di tale scelta strategica, cioè la persona prima di tutto, debba trovare la sua prima legittimazione nella specificità dei problemi che ha la Sardegna, nella nostra diversa evoluzione storica, nella nostra particolare condizione geografica, nella peculiarità dello sviluppo economico e sociale, nella originalità della nostra cultura, tradizione e costumi.
Ecco perché non penso che questo sia un semplice slogan, ma una significativa chiave di lettura - mi ripeto - di questo programma. Tengo a ribadirlo con forza e a scanso di equivoci anche perché mi sono da tempo convinto che il pericolo maggiore cui possono andare incontro coloro che si occupano di politica sia quello di lasciarsi andare o peggio proprio abbandonarsi alle frasi fatte e agli slogan, senza alcun dubbio utilissimi per riassumere nella sintesi i concetti anche elaborati e complessi, per lanciare parole d'ordine o messaggi, ma assolutamente non idonei da soli a proporre progetti, prospettare programmi o fare bilanci politici articolati, razionali, insomma, seri e concreti. A tutti noi, infatti, è capitato anche nel passato recente di assistere a mitizzazioni, oserei dire, quasi miracolistiche fatte attraverso la semplificazione degli slogan e delle frasi fatte il cui unico prodotto finito si risolveva il più delle volte nella fabbricazione di inutili scatole vuote.
Queste sono, tra l'altro, e in estrema sintesi, alcune delle ragioni che hanno determinato la nostra partecipazione, nella trascorsa competizione elettorale, in questa maggioranza di governo. Oggi la nostra Isola vive giorni angosciosi ma non disperati e credo che sia lontana da tutti noi la volontà di aprire nuovi solchi che tengano divise le nostre comunità e il nostro popolo. E' il popolo, infatti, che ha espresso con chiarezza, con il voto per l'elezione di questo Consiglio, la volontà di cambiamento ed è nel popolo che forze operose attendono di concorrere alla trasformazione, al miglioramento delle proprie condizioni di vita. Di questo io sono convinto, ora però sta a noi essere conseguenti.
In questa prospettiva, e solo in questa prospettiva, si colloca il mio richiamo alla gravissima crisi produttiva e occupazionale che ha investito la Sardegna, la quale vive ancora oggi una crisi che ha la sua genesi in tutti i precedenti metodi e modelli di governo, di gestione e di sviluppo delle risorse; sviluppo che non è mai riuscito a coinvolgere nella sua interezza la società sarda e le sue strutture produttive. Ecco perché nel confronto politico con lo Stato italiano vanno percorse vie democratiche non di una rivendicazione querula e protestataria, ma di soluzioni creativamente valide che, componendo gli interessi generali, aprano alla nostra isola vere prospettive di rinascita e di libertà.
Colleghi, io credo che il tempo a disposizione di ognuno di noi sia appena sufficiente a trattare solo alcuni aspetti di questo programma tra i molteplici ugualmente degni di attenzione e di considerazione che esso contiene, ma credo che tutti i rilievi, che andremo a formulare nel merito, debbano partire da un'amara considerazione che è la consapevolezza che ci è toccata l'eredità gravosa, tra le altre cose, di una disoccupazione che ha assunto oggi caratteristiche endemiche soprattutto sotto il profilo del costume e delle abitudini. Certamente sappiamo che non possono esistere da subito serie prospettive di sviluppo e di emancipazione per una popolazione che ha quasi un altissimo tasso di disoccupazione eccezionale. Mi riferisco soprattutto alle industrie petrolchimiche, alle industrie chimiche, a quella delle fibre, del settore metalmeccanico, dell'agricoltura, della pastorizia per cui avrei previsto un'apposita politica di welfare.
Una popolazione, dicevo, composta in buona parte da disoccupati e da inoccupati è una popolazione che corre continuamente il rischio mortale di perdere anche le più elementari capacità di lavoro, di perdere la volontà di impegno e di iniziativa, di perdere insomma tutti i diritti tranne quello alla carità pubblica. La stessa crisi che attanaglia come una morsa la nostra terra, non nasce in questi giorni, in questi mesi; essa ha origini lontane, strutturali e ha avuto effetti economici devastanti con riflessi gravissimi sull'intero corpo sociale. Situazioni quindi nate né oggi né ieri, ma maturate nel tempo, penetrate progressivamente nelle fibre della nostra società che è stata lentamente intossicata e aggredita nella sua vitalità, ritrovandosi quasi stremata e ridotta in una condizione di vulnerabilità e spesso totalmente incapace di difesa.
La verità è che ci troviamo a operare in una situazione di difficoltà estrema anche se non mi aspetto né chiedo che si facciano tremare le fondamenta dei palazzi del potere romano, come ha ingenerosamente rimarcato quell'illustre più volte ex Ministro sardo, ma le nostre sacrosante ragioni non aspettano e non si aspettano neppure soluzioni che perdono la valenza e le autorità dell'ordinamento per diventare quasi fatto magico che è sempre a metà strada fra il miracolo e l'inganno. Altro che miracoli! Eppure a volte penso che abbiamo proprio bisogno di miracoli per ridurre la nostra dipendenza energetica e i costi energetici per le imprese e i cittadini, per vedere il decollo delle bonifiche ambientali, per vedere una scuola per la Sardegna effettivamente degna di tale nome, per vedere trasporti efficienti, una gestione ottimale dell'acqua che deve restare un bene pubblico, per vedere, insomma, le infrastrutture che aspettiamo da decenni e qui faccio riferimento alla incompletata strada "Sassari-Olbia".
Qui mi voglio fermare. Tutto ciò tratta, certo, di qualcosa di più ampio e ambizioso della ritualità convenzionale e credo che occorra testimoniare nei fatti la propria volontà reale di aderire a un grande progetto comune, tale da costruire una società protesa verso uno sviluppo economico, sociale e culturale veramente nuovo. Dunque, non più spesa parassitaria improduttiva che crea solamente povertà e disoccupazione, ma intesa come investimento diretto al fine di creare opportunità di reale e duraturo sviluppo sociale, culturale ed economico.
Colleghi, io sono sempre e da sempre convinto che, più che avere, i sardi chiedono di poter dare. Perché non danno? Chi è che frena questa situazione? Non dobbiamo più essere queruli postulanti, ma artefici vitali e determinati del proprio progresso e del proprio futuro. Perciò vanno creati i presupposti che oggi sono soltanto belle parole scritte sulla carta di un programma e che perciò valgono come tutte quelle parole che vengono meglio definite a seconda che si sappiano o non si sappiano mantenere.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Presidente, onorevoli Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, la discussione di quest'oggi sicuramente è uno degli appuntamenti importanti dell'attività legislativa e in questo frangente peraltro il Programma regionale di sviluppo è un cappello fondamentale diciamo - oggi userei un termine abusato - al collegato, che peraltro è la finanziaria, ma non voglio sminuirla. Però sicuramente il Programma regionale di sviluppo è interessante sotto il profilo ideale e programmatico. Affronta tematiche fondamentali per la nostra Isola e pone la persona, appunto, al centro della strategia di fondo. Onestamente non riesco e non riuscirei a immaginare un programma di sviluppo che non tenga in debito conto la persona o che addirittura la ignori. E' certamente il punto focale del nostro agire politico, del nostro agire legislativo. L'intrapresa, la cultura e l'ambiente sono tre risorse principali che appunto si esplicano così come ci propone il Programma regionale di sviluppo con sette strategie, impostazione che per molti aspetti apprezzo, ma ho alcune perplessità, diverse perplessità sulla loro realizzazione.
E' vero che l'intento dell'operazione è quinquennale, quindi è auspicabile che le successive articolazioni delle proposte di bilancio possano davvero cogliere alcuni degli aspetti che reputo interessanti ma ho qualche dubbio che davvero poi si colga nel segno.
Mi soffermerò su alcuni punti perché non credo che il tempo mi consenta di esplicitare un ragionamento su tutte queste sette, diciamo, strategie. Inizio con la prima, "Istituzioni - La riforma della Regione: semplificazione ed efficienza", tre pagine con quattro obiettivi, una premessa che apre scenari che pensavo però superati, come la presenza della grande industria partecipata dallo Stato, ammesso che non si intenda per questo appunto l'industria partecipata che potrebbe essere appunto l'ENI e i drammi che in questo momento a essa si accompagnano. Mi soffermo ancora sulla prima strategia perché il tempo come ho detto, sicuramente non mi consentirà di sviluppare i successivi punti ma, finché il tempo mi darà l'opportunità, comunque cercherò di toccarli.
Anche il buon intento di cogliere "la previsione e compartecipazione alle risorse nazionali e comunitarie per grandi opere e interventi speciali", mi pare al momento alquanto problematico, non foss'altro perché una delle opere ritenute importanti come la "Sassari-Olbia" è ancora al palo, per non parlare dei fondi FAS in generale. Io mi auguro che questi aspetti vengano recuperati nel più breve tempo possibile perché senza queste risorse, solo con quelle regionali, io credo che sarà difficile realizzare questo progetto di infrastrutturazione.
Altro aspetto che reputo fondante e fondamentale per il rilancio della Sardegna e dei sardi e che porrei io al primo posto delle priorità, è l'autonomia e il riconoscimento dell'entità dei sardi. Non mi convince invece l'anteposizione del federalismo fiscale al federalismo regionale. Mi sembra, come purtroppo anche a livello nazionale, che si denoti un concetto aziendalistico delle nostre attività che è funzionale esclusivamente all'aspetto economico. Ma, a mio avviso, questo non può essere raggiunto pienamente se non pensiamo invece di anteporre il federalismo regionale perché questo può darci la capacità di recuperare risorse importanti che dovrebbero garantire appunto adeguate risorse a sostegno delle prerogative autonomistiche della specialità della Sardegna. Non perché abbiamo un deficit strutturale o per la nostra insularità, ma perché l'autodeterminazione di un popolo transita dalla disponibilità di risorse proprie e dall'autonomo uso delle stesse.
Non mi soffermo sulla semplificazione normativa e dei procedimenti amministrativi perché condivido questo aspetto a meno che la semplificazione non rappresenti quanto sta avvenendo in questo momento ove l'accessibilità dei cittadini e dei parlamentari sardi alla trasparenza dell'attività amministrativa della Regione è in buona parte attualmente preclusa.
Sul riordino e razionalizzazione delle competenze, la relazione dell'onorevole Maninchedda mi fa preoccupare, insomma, perché questo obiettivo rischia di avere un percorso accidentato, mentre esprimo parere favorevole per quanto riguarda il miglioramento dell'accessibilità nella formazione della gestione, cioè tutto ciò che è possibile immettere nel mercato, parlo dei trasferimenti, e questo oggi l'abbiamo visto, ai comuni, quindi della snellezza della spesa pubblica, io credo che sia un'importante risorsa che più velocemente si spende, più giova all'economia regionale e sicuramente ai suoi amministrati, non foss'altro perché in questo momento di grave crisi credo che ogni risorsa sia fondamentale perché la sofferenza sia meno percepita e lo stato di disagio sia meno rappresentato.
La nuova legge statutaria, annunciata con grande enfasi e sostenuta con determinazione dal Presidente della prima Commissione come la legislatura costituente, purtroppo è miseramente naufragata poi sulle dimissioni dello stesso. Spero che l'onorevole Floris, così come mi sembra di aver visto dalla stampa, possa tornare sui suoi passi perché evidentemente vuol dire che la maggioranza ha deciso comunque di affrontare con determinazione questo aspetto e quindi attendiamo che davvero si avvii questa legislatura costituente tant'è che all'interno di quest'ultimo punto trovano accoglienza poi il riequilibrio finanziario e il regime delle entrate che ancora vacilla. Insomma, sì, ci sono state puntualizzazioni da parte dell'Assessore del bilancio, però rimane ancora da avere certezza perché c'è davvero il rischio di rivedere in discussione tutta la proposta di bilancio se quei trasferimenti non ci fossero o fossero solo virtuali come si suol dire.
Non ultima la ripartizione delle competenze Regione-Enti locali. Ebbene, credo che questa mattina si sia avuta una eloquente rappresentazione del rapporto Regione-Enti locali. Non credo di dover ricordare ad alcuno che il Titolo V ha modificato il rapporto portando gli Enti locali sullo stesso piano della Regione Sardegna per cui non basta l'ascolto com'è successo per il Piano casa, ma occorre il dialogo e la condivisione.
Stamattina, ripeto, sicuramente c'è stato un recupero, ma mi sembra che l'azione, il tener fuori da quest'Aula i sindaci, cioè i rappresentanti più diretti delle popolazioni, sarebbe stato davvero uno sgarro istituzionale serio. Bene si è fatto nell'accogliere dentro quest'Aula e ascoltare i rappresentanti del popolo, anche loro come noi, e sentire i loro bisogni. Il grido di allarme dei sindaci sul patto di stabilità e sul rispetto dei trasferimenti fissati per legge, credo che non solo possa essere ascoltato, ma debba essere accolto immediatamente in questa finanziaria, questo è l'aspetto primo.
Poi la seconda strategia, importante tema che abbiamo affrontato anche precedentemente in quest'Aula, si parla di "Educazione: valorizzare e potenziare i luoghi dell'educazione". Con particolare enfasi, il Programma regionale di sviluppo mi sembra concentri la sua attenzione su livelli alti, sull'università, importante, certamente fondamentale per una nuova Sardegna, una Sardegna che guardi al futuro, che guardi alla ricerca, che guardi a una collocazione mediterranea di livello alto, per questo appunto c'è necessità che i cittadini della Sardegna abbiano un'adeguata formazione, abbiano un'alta formazione.
Ma credo che noi dovremmo occuparci, il Programma regionale di sviluppo dovrebbe approfondire anche i livelli meno importanti, se così vogliamo dire, che, a mio avviso, sono invece fondamentali, sono i livelli scolastici inferiori; così come l'attenzione sui luoghi fisici dell'educazione non deve essere da meno, anche perché il processo formativo ha bisogno di spazi, di spazi fisici, di accoglienza, di luoghi in cui l'attività didattica possa essere esercitata, esplicitata, nel migliore dei modi. Quindi non basta consentire l'aumento delle volumetrie sui plessi scolastici, come è successo nell'enfasi del Piano casa, ci vogliono anche le risorse, perché molti edifici scolastici non sono adeguati, non sono a norma, non hanno l'agibilità, eppure tutti i giorni sono frequentati da centinaia e centinaia di ragazzi, abbiamo assistito anche a situazioni di rischio. Quindi ci vuole lo spazio fisico, ci vuole il contenitore, ma ci vogliono anche le dotazioni strumentali per una scuola moderna e a passo con i tempi. C'è il rischio fondato che gli studenti di oggigiorno siano più avanti dei processi conoscitivi perché le scuole non dispongono appunto di strumenti e tecnologie più avanzate e il corpo docente attualmente è un corpo estraneo; il sistema scuola del Programma regionale di sviluppo auspica idealmente, ma manca di un progetto organico e attuativo perché si colga davvero pienamente lo sviluppo della persona e della sua capacità.
Per quanto riguarda la fascia dell'obbligo, non basta rilevare le grandi carenze dei quindicenni, serve un progetto che sappia far integrare docenti, alunni e familiari, un progetto educativo e formativo che vada oltre l'orario curricolare per evitare il gravissimo scempio del recupero formativo affidato nello scorso periodo a soggetti privati, con premi formativi che incoraggiavano i quindicenni non all'impegno costante e puntuale, ma a un percorso parallelo più facile e più conveniente, tanto che quelle promozioni consentivano agli alunni che disertavano le aule scolastiche di accedere dopo il percorso di un anno, addirittura a inserirsi al secondo anno delle scuole superiori. Un percorso diseducativo che non deve essere riproposto, non deve essere ripercorso. I nostri ragazzi non hanno bisogno di scorciatoie, hanno bisogno di percorsi formativi che insegnino loro l'impegno, l'applicazione e l'alto valore della formazione,' che siano base e preludio per un accesso all'Università alto e decoroso e non, come i giornali anche in questo periodo scorso hanno scritto, con i test d'ingresso all'Università, con i quali appunto abbiamo assistito a non risposte o a risposte non pertinenti da parte di studenti che avevano percorso il tragitto scolastico sino alle superiori, senza riuscire a dare una risposta puntuale e corretta al test d'ingresso all'Università. Quindi la scuola sicuramente è uno degli elementi fondanti del nostro sviluppo, perché è la base per poter affrontare le altre strategie.
Parlo in particolare della terza strategia: "Patrimonio culturale". Anche in altre occasioni ho avuto modo di dire che, a mio avviso, questo è un grande obiettivo per la Sardegna, è un obiettivo che ci permette di identificarci nel mondo della globalizzazione, è l'elemento fondante di un nuovo progetto di sviluppo per la Sardegna; appunto il patrimonio culturale per dare forza a un'identità viva, come detto, per "diffondere la conoscenza e l'uso della lingua sarda". Ci vogliono atti, ci vuole concretezza anche su questo. Spesso anche sulla lingua sarda si è parlato di codice ugualitario per tutti, a mio avviso basta solo incoraggiare la parlata dei singoli territori per arrivare poi (certo, ci vogliono tempi lunghi) all'unicità della lingua sarda, il tempo ci darà ragione. Insomma, non credo di dover insegnare a nessuno che, a furia di usarla e di parlarla, ma anche di ascoltarla, nelle varie sfumature territoriali, pian pianino nell'uso quotidiano si accoglieranno termini più consoni o più gradevoli, o da una parte o dall'altra, sino a formare un percorso unitario. Ci vuole del tempo, bisogna avere la pazienza e la costanza di far parlare i propri ambiti territoriali con le tradizioni, con la cultura e con la lingua madre propri.
"Tutelare e valorizzare il patrimonio identitario dell'isola attraverso reti museali, biblioteche, banche dati, studi…" eccetera, ecco un altro percorso. L'avevamo accennato, l'abbiamo accennato, quando si è parlato appunto del Piano casa, si è detto "non cementifichiamo le coste", perché si proponeva invece uno sviluppo delle aree interne, in quanto abbiamo cubature e vasti agglomerati ormai abbandonati all'incuria, abbiamo proposto e proponiamo ancora la possibilità del recupero perché diventino strumenti di accoglienza per i flussi turistici, che sia una accoglienza non bimestrale come succede nella permanenza estiva, ma sia una presenza annuale, immersa nella cultura, nella storia, nei luoghi della memoria. C'è un bisogno, c'è sete, c'è fame di questo modo nuovo di fare turismo, il turismo culturale. La Sardegna abbonda di testimonianze che denotano una storia profonda, una storia antica, una storia alla quale noi ci ispiriamo, ma che molte genti amano conoscere, e rappresentano per noi una grande risorsa non solo culturale, ma una risorsa diciamo importante per il riconoscimento della nostra identità e del nostro valore nel mondo.
Quindi, favorire sicuramente le produzioni culturali e artistiche, promuovere giustamente la valorizzazione dei beni materiali di rilievo archeologico, storico e antropologico, ma non dimentichiamo che c'è in atto tutta una continua, diciamo, non voglio usare il termine "protesta", ma c'è un continuo richiamo alle istituzioni regionali perché quelle centinaia di addetti al supporto e alla valorizzazione di tutti questi beni, da tempo attendono risposte alla loro definitiva collocazione, quindi credo che, anche su questo aspetto, dobbiamo dare risposte concrete. Penso che in questi giorni li avremo ancora a richiamarci per la risoluzione di questo problema sotto i portici del Palazzo regionale. Quindi attenzione all'uomo, attenzione alla persona, sono giovani impegnati, giovani che hanno una formazione culturale importante, sono i detentori della nostra storia, sono coloro che comunque trasmettono la storia, la conoscenza, quindi su di loro dobbiamo contare, dobbiamo incoraggiarli perché chi viene in Sardegna e visita i nostri luoghi, uno degli aspetti più importanti che riconosce, è appunto quello di percepire le persone che lo accompagnano come persone che sentono, che amano la propria terra e sono in grado di trasmettere questi aspetti.
Il tempo è tiranno come al solito ma vorrei solo soffermarmi su un aspetto, ci tornerò sicuramente, che è quello dei servizi alla persona.
Allora, in un momento di grave crisi economica, di bisogno e di sostegno alla persona, e qui condivido tutto, perché, mi chiedo, non istituire in ogni comune della Regione Sardegna la Banca etica regionale? Parlo di Banca etica per il supporto a quelle famiglie, a quelle persone meno abbienti che, con difficoltà, tutti i giorni bussano alle porte degli amministratori locali per un sostegno ai propri bisogni...
PRESIDENTE. Onorevole Agus, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritta a parlare la consigliera Rosanna Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS ROSANNA (P.d.L.). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, negli ultimi vent'anni, abbiamo assistito a cambiamenti epocali negli equilibri del mondo e soprattutto dell'economia internazionale. Intere nazioni, liberatesi dai lacci di barriere doganali, culturali e politiche, sono cresciute con una velocità che non ha avuto uguali nella storia. Nuovi modelli di sviluppo, nuova economia hanno sostituito progressivamente le realtà che avevano caratterizzato il periodo post bellico. Stati e nazioni considerate un tempo del cosiddetto terzo mondo quali la Cina, l'India e il Brasile, per citare gli esempi più clamorosi, si sono trasformate in economie emergenti e oggi possono vantare il conseguimento di risultati straordinari e un tempo addirittura impensabili. Ma la nostra Isola, la nostra Regione non ha avuto nel contempo gli stessi tassi di crescita, nonostante le importanti potenzialità culturali e ambientali che possiamo vantarci di possedere.
La nostra economia è stata legata e ispirata a un modello industriale fondato sulle potenzialità che le riserve energetiche minerarie ci avrebbero dovuto garantire, un sistema industriale inizialmente sostenuto dal carbone e dai materiali estratti nelle miniere del Sulcis che nel tempo ha mostrato purtroppo limiti e debolezze. La rabbia degli operai di Portovesme e Portotorres testimonia questi eventi che sono conseguenza di una mancata crescita economica, dell'incapacità di aver progettato e costruito un modello di sviluppo alternativo capace di uscire da logiche produttive industriali che non potevano reggere il confronto con le realtà dei Paesi emergenti con condizioni economiche e di produzione decisamente più favorevoli e di rivolgersi invece a modelli più congeniali e in grado di valorizzare al meglio le nostre peculiarità, la nostra cultura, il nostro ambiente, la nostra identità di popolo e di nazione. Un modello di sviluppo capace di anticipare il futuro e farci trovare nelle condizioni ideali per la costruzione di una vera rinascita della Sardegna; e la crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando rende ovviamente tutto più difficile.
Affrontiamo questo difficile momento con un altro gap, l'uscita dall'Obiettivo 1 dell'Unione Europea con conseguenti ripercussioni sui bilanci pubblici soprattutto in termini di investimenti volti a recuperare tra l'altro il grave ritardo infrastrutturale. Una crescita conseguente non certo a una crescita del valore di produzione pro capite e quindi della capacità di spesa dei sardi. Paghiamo una situazione che non corrisponde a realtà.
Tra le voci più importanti della nostra produzione industriale infatti esiste quella dei prodotti petroliferi soprattutto in termini di esportazione, una voce che, oltre che costituire motivo, appunto, della perdita di maggiori fondi europei, non tiene conto dell'onere e del carico ambientale conseguente alla presenza nella nostra Isola della maggiore raffineria del sud Europa. Un parametro di PIL che non tiene peraltro conto della nostra insularità finalmente riconosciuta dal Governo Berlusconi e dei maggiori oneri che il nostro sistema economico è costretto a sopportare a causa della nostra peculiarità geografica. Una Regione già duramente provata e bloccata da condizioni strutturali irrisolte che ci trasciniamo da decenni e che ha subito quindi ulteriori colpi alla propria economia e al benestare del proprio popolo. Sono ormai oltre il 10 per cento del totale le famiglie che vivono al di sotto dei livelli economici minimi. La nuova povertà è un dramma giornaliero di cui dobbiamo farci carico con politiche mirate e decise, capaci di dare risposte rapide alle esigenze dei sardi; un'emergenza che possiamo affrontare soprattutto alla luce della nuova impostazione federalista conseguente all'approvazione della legge numero 42 con un nuovo rapporto con lo Stato.
Dobbiamo invertire la rotta nell'ambito del rapporto con l'istituzione della Repubblica italiana, un nuovo rapporto con il Governo della Repubblica fondato su una realtà storica e culturale finora negata. Siamo la prima Regione d'Italia, quella attraverso i cui ordinamenti giuridici e costituzionali, mi riferisco al Regno di Sardegna, ha dato origine al nostro Stato, allo Stato italiano prima e poi alla Repubblica. Cagliari è stata la prima capitale del Regno eppure questo ruolo non ci è oggi riconosciuto. Il comitato presieduto dall'onorevole Rutelli per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, quell'unità che abbiamo contribuito a realizzare, sia a livello costituzionale che con il sangue della nostra gioventù, non ha dato alcun riconoscimento alla nostra Regione e al ruolo che il nostro popolo ha svolto per la costruzione dello Stato.
Credo che sia necessaria un'iniziativa forte volta a far valere una verità storica negata. Dobbiamo dare un nuovo volto alle nostre istituzioni regionali con un nuovo modello di amministrazione capace di dare maggiore efficienza ed efficacia all'intervento pubblico regionale, un nuovo Statuto che introduca elementi nuovi nel nostro ordinamento capace di garantire queste condizioni. Penso a un nuovo modello finanziario impostato su una legge obiettivo di legislatura, capace di tradurre con immediati atti legislativi gli impegni assunti dalla coalizione che ha ottenuto il consenso degli elettori. Legge obiettivo che indichi, con precisione, mezzi e strumenti attraverso i quali, durante i cinque anni della legislatura, si intende procedere all'attuazione del programma sottoscritto e presentato ai cittadini, e i bilanci sociali di verifica dell'efficacia dell'azione di governo e di analisi delle eventuali e opportune politiche correttive per garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Questa credo che debba essere la nostra risposta alla sfida del mondo globale, questa finanziaria di cui avviamo la discussione presenta sicuri elementi di novità in termini di semplificazione e di efficienza dell'azione di governo e per questo merita fiducia.
PRESIDENTE. I lavori si concludono a questo punto e riprenderanno venerdì 27 novembre alle ore 10.
La seduta è tolta alle ore 19 e 32.
Allegati seduta
LXV SEDUTA
Mercoledì 25 novembre 2009
(POMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
indi
della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 17 e 09.
MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 13 ottobre 2009 (57), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Renato Lai, Marco Meloni, Franco Mula, Antonio Pitea, Giacomo Sanna e Matteo Sanna hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 25 novembre 2009.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interrogazione Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Planetta - Solinas Christian, con richiesta di risposta scritta, sulla selezione pubblica bandita dall'ARST per l'assunzione di operatori di esercizio". (148)
"Interrogazione Contu Felice, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche derivanti dall'erogazione di contributi di legge a favore della scuola materna". (149)
"Interrogazione Vargiu - Fois, con richiesta di risposta scritta, sulla grave situazione di malfunzionamento del Convitto annesso all'Istituto alberghiero di Stato di Alghero". (150)
"Interrogazione Manca - Bruno - Caria - Lotto - Meloni Valerio - Cocco Pietro - Diana Giampaolo - Meloni Marco, con richiesta di risposta scritta, sulle problematiche che stanno ritardando la definizione delle questioni finanziarie e organizzative inerenti il Sistema dei servizi per il lavoro operanti in Sardegna". (151)
"Interrogazione Cocco Pietro, con richiesta di risposta scritta, sulle direttive per il rilascio delle concessioni demaniali a fini di pesca in Sardegna". (152)
"Interrogazione Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla deliberazione della Giunta regionale n. 46/25 del 13 ottobre 2009 relativa alla conferma del Commissario straordinario del Consorzio industriale provinciale oristanese". (153)
"Interrogazione Zedda Alessandra - Contu Mariano Ignazio - Piras - Stochino - Randazzo - Tocco, con richiesta di risposta scritta, sull'avviso pubblico per la stabilizzazione dei lavoratori precari ai sensi della legge regionale 7 agosto 2009, n. 3". (154)
"Interrogazione Cossa, con richiesta di risposta scritta, sulla pericolosa situazione di trascuratezza in cui versano le maggiori arterie stradali sarde". (155)
"Interrogazione Solinas Antonio, con richiesta di risposta scritta, sulla deliberazione n. 44/15 del 29 settembre 2009 della Giunta regionale che muta le condizioni normative alle quali si deve attenere la società concessionaria nella gestione del complesso termale di Fordongianus". (156)
"Interrogazione Espa - Cuccu - Caria - Bruno - Meloni Valerio - Manca - Lotto, con richiesta di risposta scritta, sull'impiego dei fondi per la prevenzione e la dispersione scolastica (legge regionale n. 1 del 2009, legge finanziaria, articolo 3, comma 18), con particolare riguardo al supporto organizzativo per gli studenti con disabilità". (157)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interpellanza Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani sull'assenza di segnale telefonico nel Comune di Illorai". (48)
"Interpellanza Sanna Giacomo - Dessì - Maninchedda - Solinas Christian - Planetta, sulla locazione ed il previsto acquisto di un capannone da adibire ad archivio posto in regione San Giovanni a Sassari". (49)
"Interpellanza Lotto - Meloni Valerio sulla confluenza dell'Istituto tecnico per attività sociali "Salvator Ruiu" di Sassari nei percorsi del nuovo ordinamento, ai sensi dei nuovi regolamenti della Presidenza del Consiglio dei ministri di riordino dell'istruzione tecnica e professionale". (50)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Mozione Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla crisi occupazionale e industriale della Sardegna, con particolare riferimento allo stato della vertenza Alcoa e delle produzioni energivore del Sulcis-Iglesiente e di quella in corso sulla chimica a Porto Torres e negli altri poli industriali". (29)
bilancio pluriennale per gli anni 2010-2013" (77/A)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale congiunta del documento numero 9/A e dei disegni di legge numero 76/S/A e 77/A.
Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola nella discussione generale devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento e che per il loro intervento avranno a disposizione venti minuti.
E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, non nascondo che sta diventando difficile parlare in quest'Aula e farsi comprendere. Ogni intervento è un monologo a sé stante. Manca, a mio giudizio, la sensibilità politica che rende poco praticabile la cultura dell'ascolto, del dialogo e l'esigenza di un confronto a tutto campo per convergere su strategie e obiettivi nell'unico interesse della Sardegna. Purtroppo il sistema politico attuale non consente di sprigionare queste sensibilità, che pure sono presenti in Consiglio, di fatto costrette e soffocate da rigidi schemi politici. Per liberare tutte le potenzialità della nostra specialità autonomistica è indispensabile abbandonare questi schemi, per affrontare con coraggio, oltre che con lungimiranza, la strada verso una maggiore democrazia partecipata e verso le riforme eliminando ogni tipo di egoismo di per sé deleterio.
Abbiamo dinanzi a noi drammi economici e sociali e del lavoro e dell'occupazione che si stanno vivendo oggi, ma non da oggi, e che si sono acuiti in questi ultimi anni nelle famiglie, nelle fabbriche, nelle campagne, nella nostra Sardegna. La politica li deve affrontare e possibilmente risolvere. A queste famiglie, a questi lavoratori, noi tutti dobbiamo pensare e insieme, uniti, possiamo dare risposte concrete creando le condizioni di prospettiva per le imprese, per le aziende, senza accentuare la conflittualità con le aree deboli del sistema territoriale ed economico della Sardegna. Le risposte concrete si realizzano con il lavoro e l'impegno serio di tutti, con il nostro, innanzitutto, di legislatori e di governanti attenti ai bisogni e alle istanze della comunità civile che noi tutti qui rappresentiamo.
Questo spirito, questa aspirazione e questo obiettivo, al quale credo e al quale sono stato ulteriormente stimolato e sollecitato, mi hanno convinto dell'opportunità di ritirare le mie dimissioni da Presidente della prima Commissione autonomia, per essere a disposizione, se esiste, di quel progetto di riforma che rappresenta la precondizione dello sviluppo e del progresso della Sardegna. Progetto di riforma che le forze politiche presenti in questa Assemblea e quelle presenti nella nostra società civile, insieme a tutte le rappresentanze sociali, culturali ed economiche, sollecitano da molti, da troppi anni, e che dobbiamo realizzare in questa legislatura per avere una regione in grado di competere in Italia e in Europa con le società e con le economie più avanzate e progredite. Senza le riforme saremo, infatti, perdenti, innanzitutto sul fronte interno del rapporto con lo Stato e con le altre regioni d'Italia, e diventeremo irrimediabilmente complici di ulteriore indebolimento e arretramento delle nostre condizioni sociali ed economiche e conseguentemente mancanti del necessario potere contrattuale nella competizione nazionale, europea e internazionale.
Se è vero che questa è la prima legge finanziaria di questa legislatura, se è vero tutto questo, dobbiamo abbandonare la strada dell'autoreferenzialità, dell'enfasi di primogeniture inesistenti; in politica non c'è il mito della prima volta, per calarci sul terreno della realtà e della concretezza dando credibilità alla politica nella sua generalità e complessività e all'azione di governo. Anche in passato, signor Assessore, sono stati rispettati i tempi canonici nella predisposizione, nella presentazione e nell'approvazione degli strumenti finanziari della Regione. Ricordo per tutti, e lo faccio per memoria storica, quelli del 1989 presentati il 17 ottobre, quelli del 1990 presentati in data 29 settembre, quelli del 1991 presentati il 25 ottobre. E' proprio in questa ottica che mi pare doverosa un'attenzione particolare nei confronti della nuova dirigenza espressa dal recente congresso del Partito Sardo d'Azione, con il quale ci accomunano ideali e obiettivi che sono anche i nostri, così come particolare attenzione e considerazione vanno alla nuova dirigenza del Partito Democratico e del Gruppo consiliare, certi del contributo che daranno con convinzione al rinnovamento della politica e al rafforzamento della democrazia per un'autonomia regionale compiuta.
La dialettica politica e il confronto all'interno delle istituzioni tra maggioranza e minoranza e tra le singole componenti devono svilupparsi e mantenersi nell'alveo non solo del rispetto dell'entità delle singole componenti, ma soprattutto del contributo che ciascuna forza politica ha dato e dà al conseguimento degli obiettivi comuni. Dico questo con tutta serenità nel contesto della lealtà dovuta agli impegni assunti con il corpo elettorale; la somma di vittoria è il totale di più differenti addendi e ciascuno di essi concorre a determinare il risultato positivo. Dimenticare questo mina alla base l'impegno politico di un'alleanza che deve mirare a conseguire una solida alleanza programmatica.
In questa direzione io credo che il Presidente della Regione debba mettersi a capo di un movimento che guidi le giuste rivendicazioni dei sardi. Come ho già avuto modo di accennare, oggi, in questa sessione di lavori consiliari, siamo chiamati a concentrare la nostra attenzione su alcuni documenti e provvedimenti volti ad affrontare la crisi e impostare la prospettiva del futuro, Programma regionale di sviluppo, legge finanziaria, bilancio, collegato alla finanziaria e all'interno di questi provvedimenti alcune tematiche di fondo, come il rapporto con il sistema delle autonomie locali, il federalismo interno, non come corollario ma come elemento fondante del federalismo fiscale e non solo, la continuità territoriale integrale, l'assetto del territorio come strumento di salvaguardia, di tutela e di valorizzazione del nostro incommensurabile patrimonio ambientale, storico e culturale per uno sviluppo economico, produttivo e sociale di progresso e di modernità.
Sono tematiche essenziali sulle quali in questo momento storico si gioca il futuro della Sardegna e dei sardi. Sono temi così vasti che i tempi ristretti di questa discussione generale non consentono di sviluppare nella loro interezza e nella loro complessività, ed è per queste ragioni sufficiente enunciarli e prospettarli, con la certezza però che, nel corso del confronto che seguirà, potranno essere trattati con specifici approfondimenti, perché ritengo che fare su di essi chiarezza e ottenere impegni e decisioni da parte della Giunta regionale e delle forze politiche del Consiglio regionale sia una questione dirimente sulla reale volontà e capacità di perseguire e di conseguire gli obiettivi che ci siamo posti. Da quello che faremo e da quello che decideremo in questa sessione di bilancio e sulla discussione conseguente intorno alle riforme, credo fermamente che si giocherà la stessa credibilità dell'adeguatezza della classe politica dirigente della Regione sarda a guidare il popolo sardo sulla via del progresso, della modernità e della crescita civile ed economica.
Il Programma regionale di sviluppo è lo strumento guida del Governo della Regione per l'intera legislatura. Su questo argomento limiterò oggi il mio intervento e le mie considerazioni. La legge regionale numero 11 prescrive che la Giunta regionale presenti il Programma regionale di sviluppo elaborato in sintonia con il programma della coalizione di governo. Come tutti noi sappiamo, la legge numero 11 del 2006 dà una nuova e più adeguata e funzionale disciplina agli strumenti di programmazione finanziaria ed economica della Regione e ne individua i cardini nel programma regionale di sviluppo in un documento annuale di programmazione economica e finanziaria. Nell'immediatezza di quella legge, il primo programma regionale di sviluppo è stato approvato dal Consiglio regionale nella scorsa legislatura nel mese di maggio del 2007 e teneva conto dell'allineamento temporale con la programmazione comunitaria e con quella nazionale. La Sardegna, si sosteneva in quel documento, adottava il ciclo unico di programmazione, introdotto dalla legge finanziaria dello Stato nello stesso anno, creando così uno scenario di maggiori certezze all'interno del quale programmare con più coerenza, in un'ottica di lungo periodo, tutte le risorse disponibili a prescindere dalla loro provenienza.
Grazie all'adozione del Programma regionale di sviluppo, la Regione può meglio definire le strategie e coordinare gli interventi e le azioni di attuazione nei diversi settori del sistema economico dell'intera legislatura. Si poteva così ripensare il metodo di sviluppo in una società articolata per una società equilibrata in un'economia globalizzata. L'identità, l'ambiente, la conoscenza, la ricerca, la creatività, la solidarietà rappresentavano le risorse immateriali fondamentali; le infrastrutture, l'industria, il turismo, l'agricoltura, i cardini dell'economia per la crescita civile, il lavoro e l'occupazione. Allora, quale orientamento e quale programmazione? Il Programma regionale di sviluppo contiene ampie e approfondite analisi sugli aspetti che riguardano la persona, sia essa cittadino, imprenditore, studente, malato, disoccupato, fruitore di servizi, eccetera, e definisce alcuni comportamenti di politica economica che dovrebbero consentire a tale persona di trasformarsi in attore dello sviluppo. E' sufficiente? Io credo di no, noi crediamo di no. Oppure è necessario individuare strumenti forti per dare dinamicità al sistema socio-economico isolano?
In primo luogo, si dovrebbe agire sul contesto per renderlo in grado di accogliere l'intrapresa e favorirne lo sviluppo. In questo senso, una politica finalizzata a migliorare la dotazione infrastrutturale dovrebbe svolgere un ruolo di traino fondamentale. Come intervenire nelle infrastrutture? Noi riteniamo che la Sardegna dovrebbe dotarsi di un quadro normativo simile alla legge obiettivo, dotata di risorse finanziarie e in grado di fungere da volano rispetto alle risorse nazionali ed europee, capace di coinvolgere i privati e gli enti locali per la realizzazione delle infrastrutture strategiche di livello regionale per realizzare la continuità interna ed esterna. Per garantire tempi certi di realizzazione delle opere sembra utile replicare o, in qualche modo, vedere quello che è successo in ambito regionale con la capacità di governance nel ciclo di progetto dimostrata nella realizzazione delle opere del G8.
Nel settore produttivo. La politica a supporto del settore produttivo richiamata dal Programma è adeguata alla bisogna e se ne auspica un ulteriore sviluppo. Tuttavia non è in grado di rispondere alle esigenze della grande industria regionale condizionata per un verso dall'alto costo dell'energia o da produzioni continuamente sussidiate alla petrolchimica o altamente inquinanti tutte.
L'assenza di una chiara strategia rivolta all'insediamento nel territorio regionale di industrie in grado di reggere la concorrenza internazionale senza ricadute inquinanti sul territorio è aggravata da una contestuale incapacità politica di pianificare l'abbandono in tempi certi di gran parte delle produzioni attualmente localizzate nel Sulcis, nella piana di Ottana e a Porto Torres e di programmare la ricollocazione degli occupati in altre attività. E' evidente che una tale politica richiede una forte concertazione parternariale, politico-sindacale e imprenditoriale e il ruolo preponderante del Governo nazionale. Contestualmente bisognerebbe valorizzare le risorse che la Sardegna possiede in modo esaustivo e con un livello di eccellenza. Pertanto l'abbandono delle produzioni obsolete richiede una forte azione a supporto di una filiera che leghi insieme agricoltura, artigianato, ambiente, cultura, ricerca e formazione finalizzata a rendere la Sardegna una destinazione di eccellenza del turismo di qualità.
E, sempre nell'ottica di favorire il miglioramento del contesto, noi riteniamo che il Governo regionale dovrebbe negoziare col Governo nazionale decisioni che favoriscano la fruizione del credito, la fiscalità di vantaggio, l'eliminazione dell'IRAP, la riduzione delle aliquote delle imposte sulle persone fisiche. Anche su tali argomenti, il Programma deve indicare la strada da perseguire. Nel Programma, che è il documento che decide le politiche di legislatura della Regione, dovrebbero essere resi espliciti tutti gli argomenti che di norma, pur essendo oggetto di interlocuzioni interistituzionali, non vengono codificati perché ritenuti di competenza nazionale. Ecco, nel Programma sono previste le nostre risorse umane come motore culturale e sociale, il tutto all'interno di regole che governano le istituzioni e i loro rapporti a livello locale, regionale, statuale e comunitario, che devono essere adeguati ai mutamenti, si dice, di crescita della società civile con quel processo che viene chiamato "riforma".
Per tutte queste ragioni, superando gli schematismi connessi all'indirizzo politico di ciascun Governo regionale, talché si ha particolare cura nel rimuovere sempre, quando si cambiano i Governi, programmi, progetti, scelte e obiettivi del recente passato, come è accaduto sempre e come accade sempre nella Regione Sarda da un ventennio a questa parte, con danni evidenti e talvolta irreparabili al tessuto economico e sociale, io ritengo, noi riteniamo, che sarebbe stata più utile, prima del Programma regionale di sviluppo, una ricognizione di tutto quello che è stato impostato, attraverso un serio processo ricognitivo, per recuperare e confrontare quanto di positivo è stato impostato e fatto con i vari cicli di programmazione regionale che hanno visto l'utilizzo di ingenti risorse comunitarie e nazionali, anche se non del tutto esaustive dei diritti reali della Sardegna, che siamo comunque chiamati a rivendicare con iniziative adeguate.
Questo al fine di dare la necessaria continuità amministrativa, politica e giuridica al processo di crescita di un popolo come il popolo sardo, interrotto e indebolito da inconcepibili comportamenti in funzione unicamente di diverse e contrapposte strategie politiche. Sotto questo profilo, a mio giudizio, il Programma ha un'evidente e intrinseca debolezza che ritengo vada superata non accentrandola presso la Presidenza della Giunta regionale con la nuova direzione della politica unitaria, ma ridando dignità e valorizzando i compiti di alta professionalità scientifica del Centro regionale di programmazione, non mortificandolo nelle pratiche di pura gestione che devono essere ricondotte in capo alle strutture regionali competenti.
La Sardegna ha bisogno, però, di un Programma generale di sviluppo che vada oltre il contingente, come contingente è un programma di sviluppo limitato a una legislatura, un Programma generale di sviluppo di lunga gittata, che guardi in prospettiva per una crescita duratura e stabile. In questa direzione fondamentale - a nostro giudizio - è il Piano di assetto del territorio, che non è il Piano casa, che non è solo la legislazione urbanistica e settoriale che è stata finora prodotta, ma è quello strumento complessivo di uso, di tutela, di valorizzazione del territorio in funzione dello sviluppo civile, culturale, sociale ed economico che vogliamo per il futuro della Sardegna e per le sue popolazioni. Le questioni poste dal Presidente della terza Commissione non sono di poco conto nei conti della Regione, non solo investono la certezza delle entrate dovute nella loro entità ed effettività dei trasferimenti e delle erogazioni, ma anche e soprattutto come rispondenza alle funzioni e alle competenze costituzionali e statutarie esercitate dall'intero sistema regionale complessivo, quindi anche dagli enti locali, parte integrante e imprescindibile della potestà autonomistica costituzionalmente garantita.
Di più, ci si pone di fronte ai tempi dettati dall'attuazione del federalismo, che non è solo un federalismo fiscale, tempi ristretti e cogenti rispetto ai quali siamo in evidente pregiudizievole ritardo. Pregiudizievole perché si rischia di andare al confronto decisivo con lo Stato con strumenti obsoleti, inadeguati e diminutivi rispetto al potere contrattuale delle altre Regioni, specie di quelle ad autonomia ordinaria che, come sappiamo, hanno potuto e possono adeguare i loro Statuti con procedure legislative semplici, ordinarie, per di più rivendicando e potendo ottenere - come hanno ottenuto in tutti questi mesi modificando gli Statuti più e più volte - ulteriori forme di autonomia. La Regione Sarda è obbligata alle procedure di formazione delle leggi costituzionali, essendo tale il nostro Statuto di autonomia, che comportano, tra l'altro, e non è una questione secondaria e indifferente, un potere di interdizione da parte del Governo centrale e del Parlamento che porta ineluttabilmente a fare, come si suol dire, di necessità virtù, oppure anche ad accettare ciò che passa il convento, che è ed è stata sempre una nostra debolezza congenita, direi, nell'affrontare e risolvere i nostri rapporti con la Stato in maniera riduttiva, come se fosse una cortese concessione e non il riconoscimento dei diritti intrinseci della nostra autonomia.
PRESIDENTE. Convoco una Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 37, viene ripresa alle ore 17 e 45.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.
E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI (P.D.). Colleghi, colleghe, nel mio intervento, in discussione generale, ho deciso di trattare i temi legati alla finanza regionale nel suo complesso. Mi riservo nel dibattito sull'articolato di entrare nel merito dei vari provvedimenti previsti, molti dei quali condivido anche se ritengo possano essere migliorati e rafforzati. Sulla legge finanziaria si ripongono sempre molte aspettative solitamente tutte puntualmente tradite. Certo, sappiamo tutti che la legge finanziaria non è e non può essere la soluzione di tutti i mali, ma se diamo uno sguardo ai temi legati alla finanza regionale, che abbiamo appena iniziato ad affrontare in Commissione, l'approvazione di questa finanziaria risulta essere cosa del tutto secondaria; mi riferisco alla questione legata al nuovo regime delle entrate, alla contrattazione del patto di stabilità, all'incapacità della Regione di spendere le risorse stanziate, a un continuo aumento dei residui, al controllo della spesa sanitaria.
Davanti alla portata di questi temi, l'approvazione di questa finanziaria, che già si sta presentando come straordinaria, è invece del tutto irrilevante e non solo, essa rischia di essere ininfluente per la Sardegna e per la sua crescita economica. Le ragioni sono legate ai temi che ho elencato di cui tutti noi siamo a conoscenza, ma di cui mi pare... Presidente, così non si può...
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Sabatini. Prego i colleghi di prendere posto.
SABATINI (P.D.). Le ragioni sono legate ai temi che ho elencato di cui tutti noi siamo a conoscenza, ma di cui mi pare pochi vogliono prendere coscienza e in particolar modo la Giunta che vedo da un lato insufficiente nell'affrontare i temi del risanamento e controllo dei conti, dall'altro lato in un atteggiamento arrendevole nei confronti del Governo nazionale.
Io non vorrei nel mio intervento descrivere temi che abbiamo a lungo dibattuto in Commissione bilancio, temi di cui conosciamo la natura e persino le responsabilità, spesso diffuse tra tutte le parti politiche che si sono avvicendate alla guida di questa Regione; vorrei invece tentare di fare un passo in avanti, vorrei invitare la maggioranza, e noi tutti, a compiere atti di responsabilità evitando di scambiarci le solite reciproche accuse. Dico questo perché la situazione della nostra Isola - è sotto gli occhi di tutti - è talmente preoccupante che non ci consente di perdere tempo nelle nostre diatribe politiche.
Devo anche dire preliminarmente che non intravedo catastrofi finanziarie, né mi pare possiamo assistere a una Regione che va in bancarotta, certamente ci sono questioni serie che possono minare il nostro bilancio regionale se non affrontate con serietà, rigore e soprattutto con la giusta determinazione, nella consapevolezza che è necessario tenere la schiena diritta di fronte a uno Stato che in questi mesi ci ha posto sotto schiaffo ripetutamente. Non voglio anche qui mettermi a fare il lungo elenco delle dichiarazioni fatte a riguardo da esponenti politici del centrodestra, insomma l'intervento del presidente Floris è già una dimostrazione che questo nostro rapporto, il rapporto con questo Governo nazionale, è pessimo, è sotto gli occhi di tutti la scarsa attenzione che esso pone di fronte alle innumerevoli difficoltà che la nostra Regione vive in questo momento.
Oggi si mette in discussione il nuovo regime delle entrate, si mette in discussione la riscrittura dell'articolo 8 del nostro Statuto, cioè di una legge costituzionale, un regime che consente oggi a questa Giunta di inserire una cifra pari a 1.300 milioni di euro, lo si mette in discussione principalmente per due motivi. Il primo è legato alle affermazioni riportate anche dal Programma regionale di sviluppo, e cioè sulla necessità di approvare specifiche norme di attuazione al fine di rendere effettive e applicabili le disposizioni previste nella finanziaria nazionale del 2007. Tutto questo è inaccettabile, non si è mai visto che le norme statutarie che determinano nuovi regimi di entrata siano poi ulteriormente disciplinati da norme di attuazione; si può e deve essere fatto con semplici atti amministrativi. Andare in Commissione paritetica a scrivere norme di attuazione significa riaprire una partita chiusa, mettere in discussione un risultato già assodato.
L'altro motivo è legato al vincolo del patto di stabilità, che renderebbe inefficace il nuovo regime, indisponibili le nuove entrate. Mi sia consentito di dire che intanto, con la riforma dell'articolo 8 dello Statuto, un riconoscimento importante è stato sancito, la nostra Regione ha subito per anni un'ingiustizia palese senza che fosse mai stata messa in discussione fino in fondo. Certo, siamo tutti d'accordo, di pari passo si sarebbe potuto ricontrattare il patto di stabilità e non è stato fatto, ma vogliamo cominciare a lavorarci, seppure in modo così distratto? Cosa intende fare la Giunta e la sua maggioranza al riguardo? E' chiaro, va aperta una vertenza con lo Stato, che veda la massima unità di questo Consiglio regionale, dei parlamentari sardi, delle forze sociali, va riproposta la stessa mobilitazione che ci fu per la modifica dell'articolo 8 del nostro Statuto.
La vertenza, Assessore, è tutta politica, se la si riduce a mera disputa tecnico-amministrativa abbiamo già perso in partenza. Le argomentazioni da portare a Roma sono tutte politiche e devono trovare soluzioni nel confronto tra la Giunta regionale e il Governo nazionale, aggiungerei tra la Commissione bilancio del Consiglio regionale e quelle del Senato e della Camera, un percorso che già fu sperimentato in occasione della riforma del Titolo III. Si assiste poi incomprensibilmente alla secretazione dei documenti. In Commissione non c'è stata consegnata neppure la lettera inviata dal Presidente della Giunta al Governo riguardante le proposte di revisione del patto di stabilità.
Se davvero la si vuol far diventare una battaglia comune è necessario far circolare le informazioni, tutte le informazioni in possesso della Giunta. Tra l'altro sono sempre maggiori le critiche che provengono da diversi economisti sulla eccessiva rigidità del patto di stabilità, così com'è imposto dall'attuale Governo. E' chiaro che il patto di stabilità deriva da norme comunitarie, ma il Governo poi sceglie di graduare le norme che approva, alcune critiche sono giunte anche da qualche ministro dello stesso Governo. Il patto di stabilità bloccherebbe l'avvio dello sviluppo nel nostro Paese e quindi anche nella nostra Isola. Siamo consapevoli dell'importanza assoluta di questa partita, riuscire anche solo in parte a ridurre i vincoli del patto di stabilità significherebbe per la nostra Regione liberare importanti risorse da destinare allo sviluppo.
Credo che, dopo i fatti che si sono susseguiti in questi mesi, noi abbiamo il dovere di sollevare con forza la rivendicazione. Dopo lo scippo del G8, i tagli ai fondi FAS, la crisi dell'industria, che pone la nostra Regione tra quelle in Italia più in difficoltà, tenuto conto anche dei posti di lavoro persi, di fronte a tutto ciò, noi abbiamo il dovere di rivendicare una sensibilità più attenta nei confronti della nostra Regione da parte dello Stato nazionale. Certo, questa vertenza avrebbe più forza con un bilancio più attendibile nella rappresentazione delle previsioni di spesa.
Anche su questo problema non ritengo ci si debba dilungare, i particolari sono conosciuti a tutti. Il nostro bilancio di previsione è un atto pieno di annunci, di stanziamenti che tutti sappiamo non si riuscirà a spendere e, mentre qui dentro ci dimeniamo in lunghe discussioni, scontri e battaglie, illudiamo le tante persone che leggono cifre e annunci sui giornali, cifre e annunci che puntualmente per la maggior parte non produrranno assolutamente niente; abbiamo al riguardo una miriade di esempi. Il Presidente della Commissione stamane faceva cenno alle politiche del lavoro, ma esistono altri numerosi esempi. Quando questi risultati poi si producono, arrivano con un ritardo tale da far diventare insignificanti gli stessi interventi. Abbiamo una produzione di residui che denuncia e mette in luce una prassi consolidata da anni, in cui parrebbe che nessuno intende mettere mano. Nessuno intende affrontare con determinazione il problema, magari per non infierire sulla potente casta della burocrazia regionale, perché siamo tutti d'accordo che i residui sono generati dai vincoli del patto di stabilità, ma spesso questa è diventa una copertura a inefficienze che sono ormai diventate insostenibili. Non si fa oramai più uso del bilancio pluriennale, perché l'imponente stanziamento mediaticamente fa più effetto, si concentra tutta la posta nella annualità di riferimento pur sapendo dell'impossibilità di riuscire poi a spendere quei denari.
La burocrazia, gli Assessorati e i loro vari servizi, sono incapaci di portare i livelli di spesa a quelli che sono propri di una regione moderna. Se noi prendessimo le disposizioni delle ultime tre, quattro finanziarie, ci accorgeremmo che moltissimi programmi non sono stati neanche avviati a uno studio preliminare. Tutto questo produce annualmente una montagna di residui. Ma, e anche questo lo sappiamo bene, in questa Regione succede di peggio. Si portano a residui somme prive di impegno, e l'impegno si ha allorché viene individuato il creditore, cioè si è in presenza di un'obbligazione giuridicamente perfezionata.
Come risulta dallo stato della spesa del 19 ottobre 2009, redatto dalla Ragioneria regionale, esistono un miliardo e 723 milioni di euro di residui non impegnati. La stessa definizione è una contraddizione in termini, infatti non possono esistere residui non impegnati. La verità è un'altra, in questa Regione da diversi anni si realizzano delle vere e proprie anomale variazioni di bilancio, trasferimenti di risorse dai residui alla competenza, senza che questo Consiglio ne sappia assolutamente niente. E' un fatto grave! Questo Consiglio regionale viene esautorato di una delle poche competenze che gli rimangono ancora.
Tutto ciò è stato consentito con l'approvazione di alcune norme contenute nella legge di bilancio che annualmente approviamo con assoluta distrazione, magari all'una o alle due del mattino. Con questo sistema consolidato di agire si viene meno a quanto sancito dall'articolo 81 della Costituzione che impone il rispetto dell'equilibrio di bilancio. Quel miliardo e 700 milioni di residui non impegnati da solo, se mandato come dovrebbe essere mandato in economia, produrrebbe l'azzeramento del disavanzo, il che significa che noi abbiamo un bilancio falso che si rappresenta con un altissimo disavanzo mentre invece potrebbe addirittura verificarsi il contrario, cioè essere in avanzo di amministrazione. Ecco perché in questa Regione sono sparite le manovre di assestamento che in passato si facevano puntualmente ogni anno e oggi sono andate in disuso.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue SABATINI.) Sulla sanità certamente c'è da essere preoccupati e soprattutto attenti a una prudente, rigorosa e saggia gestione. Voglio però ricordare che, all'inizio della scorsa legislatura, il buco c'era ed era di 300 milioni di euro, che sono stati sottoscritti i piani di rientro, che sono stati rispettati e che hanno prodotto delle premialità, non siamo mai stati annoverati tra quelle Regioni "canaglia" che hanno portato fuori controllo i conti della sanità. Certo bisogna tenere il sistema a freno, bisogna tenere fermi i tetti di spesa, va rafforzato il sistema informatico di controllo della spesa, così come ci hanno ricordato i commissari delle AA.SS.LL., vanno urgentemente raddrizzati alcuni malcostumi che ci sono oggi e che c'erano ieri. Ma anche qui va ricordato che, da subito, questa Giunta ha provveduto a ritoccare i tetti di spesa per le cliniche private aumentandoli di ben 7 milioni di euro, lo dico agli amici dell'altra Sardegna in cui mi ci metto anch'io, sei di questi sette sono andati alle sole cliniche private di Cagliari. Come mi preoccupa il tentativo di rimettere a piè di lista le prestazioni ambulatoriali presso le cliniche private, questo è davvero un modo per far andare fuori controllo la spesa sanitaria.
Questi temi avrebbero bisogno di molto più tempo per il giusto approfondimento ma quanto detto mi pare sufficiente a dimostrare che abbiamo ben altre priorità sul versante della finanza regionale e che la stessa impalcatura di questa manovra può essere messa in discussione proprio dai temi che, se pur brevemente, ho trattato. Come opposizione abbiamo la consapevolezza che molti di questi problemi mettono in discussione anche il recente passato e che quindi richiedono un'assunzione di responsabilità, ma questo dovrebbe spronarvi come maggioranza ad affrontare il merito delle questioni, a raccogliere positivamente la nostra disponibilità, a metterci in discussione. Certo vi chiediamo di fare altrettanto e ce ne sono i motivi, ma soprattutto vi chiediamo di alzare lo sguardo, di non fermarvi alle prese d'atto, alle denunce ma di essere conseguenti. Sono sempre più convinto che alcune questioni che toccano profondamente il futuro dello sviluppo della nostra Sardegna vadano affrontate con uno spirito unitario, una battaglia comune a vantaggio della comunità sarda. Non so se ne avremo il coraggio, so solo che sarebbe la cosa più giusta da fare.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio per una precisazione. Ne ha facoltà.
LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.Presidente, ho chiesto a termini regolamentari di poter intervenire brevissimamente, ovviamente non in replica, su una questione che sta animando il dibattito e sulla quale io penso che sia giusto che la Giunta si esprima subito, ossia la questione del livello delle entrate, della certezza delle entrate e della validità del nuovo regime.
Io credo che si possa dire, in maniera molto sintetica, che non esistono misteri, non sono mai esistiti misteri sulla questione delle entrate. Il nuovo regime, previsto nella modifica dello Statuto, in maniera più vantaggiosa per la Regione Sardegna, è già in vigore. Per questo abbiamo responsabilmente, anche sulla base di comunicazioni con il Ministero dell'economia, previsto nel bilancio le nuove entrate. D'altra parte però, fin dall'inizio della legislatura, credo che me ne possiate dare atto, abbiamo sempre evidenziato che questa riforma è stata fatta in maniera incompleta, lo ha detto poco fa anche il consigliere Sabatini, è stata fatta in modo incompleto perché, innanzitutto, non è stato ancora modificato contestualmente il meccanismo del patto di stabilità, che evidentemente limita la possibilità di utilizzare i pagamenti e gli impegni di spesa a favore della Regione. Quindi, se non fosse modificato, impedirebbe di fatto il concreto utilizzo di quelle risorse che noi in termini di competenza possiamo inserire in bilancio.
E' una riforma incompleta, non per colpa di nessuno, ma comunque incompleta, nel senso che è opportuno e, direi, anche necessario prevedere delle norme di attuazione non perché lo Statuto non sia già in vigore, ma perché lo Statuto, non potendo prevedere tutto, soprattutto i meccanismi di trasferimento o i meccanismi di calcolo, potrebbe lasciare all'interpretazione arbitraria delle amministrazioni centrali dello Stato, come in altri periodi è successo, se non ricordo male, per esempio, la riforma dello Statuto avvenuta con la legge numero 122 (credo che il presidente Floris la ricordi benissimo), era stata interpretata arbitrariamente in maniera vantaggiosa a favore dello Stato. Le norme di attuazione perciò sono necessarie, credo che sia questo il senso delle parole del Presidente della Commissione.
La Giunta regionale ha informato continuamente, sia in Commissione che in Consiglio, sugli atti che sta facendo, la Commissione ha una relazione fatta dagli Uffici che è stata consegnata a tutta la Commissione, onorevole Sabatini, non abbiamo nascosto nulla su quali sono le questioni concrete e anche molto tecniche riguardanti il patto di stabilità e le norme di attuazione, perciò è perfettamente legittimo programmare la spesa considerando le nuove entrate; l'allarmismo in questo momento, dico l'allarmismo e non la segnalazione di un problema, è ingiustificato, non è fondato su dati certi. Se ci fossero dati certi, li comunicheremmo e nel caso li comunicheremo in futuro.
La Giunta ha informato responsabilmente il Consiglio, passo dopo passo, e su questo percorso non intende polemizzare con l'attuale opposizione per tenere ancora, lo chiedo nuovamente, un alto e unitario atteggiamento nel confronto con lo Stato. Alimentare forzate polemiche in questo momento credo che non faccia l'interesse dei sardi, perciò io mi limito a questa comunicazione che ritengo doverosa. Non do valutazioni politiche, che potrei dare, potrei dare. La Giunta spera di non essere costretta a darle, ma è meglio che stiamo su questo livello di confronto unitario nei confronti dello Stato.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (P.d.L.). Presidente, innanzitutto mi permetto una piccolissima premessa perché anche in questa discussione generale chiunque sia intervenuto ha sottolineato la difficoltà, così viene descritta, nel portare avanti il proprio intervento, legata a una scarsa attenzione da parte dell'uditorio. Io credo che valga la pena tra di noi fare la considerazione se sia realmente colpa di noi consiglieri che non ascoltiamo i nostri colleghi che intervengono in discussione generale o non sia piuttosto la discussione generale che di per sé ha difficoltà a interessare, a catturare l'attenzione di tutta l'Aula (per la verità, questo è un argomento che si ha modo di vedere e di sperimentare in più o meno tutti i consessi assembleari) e di conseguenza se non convenga magari ridurre i tempi di una discussione che così poco ha frutto nel far partecipare tutta l'Aula concentrando più tempo magari nella fase della discussione dell'approfondimento e dell'analisi degli emendamenti, che invece abbiamo visto e sperimentato tutti interessa sicuramente molto di più e consente una maggiore partecipazione.
Così come sempre in premessa credo sia solo sufficiente sottolineare (però lo voglio fare perché anche questo è un qualcosa che è passato sotto silenzio, o perlomeno ha avuto scarsissima attenzione, soprattutto da parte dei media, che sono bravissimi nel sottolineare ritardi, ma sono poco attenti nel rimarcare all'attenzione dei cittadini quello che è invece il mantenimento di regole, di impegni e di tempi) il fatto che questa finanziaria è una finanziaria che viene discussa in quest'Aula nel mese di novembre, una finanziaria che sarà - anche con la partecipazione attiva dell'opposizione - attiva in tutti i sensi, una finanziaria che sarà licenziata entro i termini che teoricamente delle leggi prevedono, ma che non erano mai state rispettate. Badate bene, il rispetto dei tempi, è inutile dirlo a noi, però forse è utile farlo sapere fuori, significa che dal 1º gennaio la Sardegna potrà spendere, la Regione Sardegna potrà spendere, e quindi mettere a frutto le risorse proprie di noi cittadini di quest'isola per gli interessi di quest'isola.
Così come non credo che non debba non essere sottolineato il fatto che questa, che è stata definita una finanziaria senz'anima, sia realmente una finanziaria snella, una finanziaria che dice "no", dice "basta" agli assalti alla diligenza, così come nell'immaginario collettivo ormai tutti conoscono, al tentativo di inserirsi nella legge finanziaria con interessi "particulari", quelli che, in tutti i luoghi assembleari, un pochino più volgarmente, sono sempre stati definiti "marchette", un omaggio postumo alla senatrice Merlin; però, di fatto, l'impedire questo tentativo di portare l'interesse di microparti del territorio, penso che sia un vantaggio per tutti noi.
Noi possiamo dedicarci di più a legiferare nell'interesse collettivo e possiamo giustificarci con i nostri questuanti, perché questa è la realtà, dicendo loro: "Guardate, purtroppo le regole sono cambiate, ne esiste una che non ci consente di fare più le 'prostitute' delle aule assembleari, non possiamo più fare le nostre 'marchette', per cui cerchiamo di legiferare nell'interesse collettivo". Ci saranno altri momenti in cui si potranno fare, anche io le ho fatte, non mi metto certamente dalla parte dei puri, questa era la regola. Ebbene, ora abbiamo una nuova regola che ci libera tutti da questa non nobile pratica del fare politica, una regola che quindi è più morale che testuale. Allora credo che, anche sempre così per memoria, valga la pena di sottolineare gli importanti provvedimenti che sono previsti all'articolo 2 a sostegno delle piccole e medie imprese, piccole e medie imprese che, se realmente ricevessero in termini finanziari quanto ricevono a parole, probabilmente sarebbero da molto tempo fuori dalla crisi. Ebbene, in questa finanziaria comunque ci sono più impegni finanziari che parole, credo che anche questo sia un passo importante, un passo da sottolineare.
Ma, ancora, l'articolo 4 (articolo che, per motivi di appartenenza alla settima Commissione, mi interessa ancora di più, mi interessa particolarmente), in cui, credo che valga la pena di sottolinearlo, ai commi 2 e 3, si riportano cifre come quella di circa 150 milioni per il fondo regionale per le non autosufficienze, di 25 milioni e passa per il potenziamento e l'assistenza domiciliare a favore degli anziani in condizioni di non autosufficienza, di 51 milioni, quasi 52 milioni, per il finanziamento dei programmi personalizzati a favore di persone con gravi disabilità, di 13 milioni per il proseguimento del programma "rientrare a casa", di 51 milioni circa per il finanziamento delle leggi a favore dei soggetti con particolari patologie e ancora sottolineo i 5 milioni per l'erogazione di assegni di cura e di altre provvidenze a favore delle famiglie che si assumono compiti di assistenza e cura dei disabili fisici, psichiatrici e sensoriali. Anche queste sono cifre, sono cifre importanti soprattutto se confrontate con la situazione in cui questa Giunta, ma dico anche questo Consiglio, si trovano a dover fare i conti, perché è chiaro che se i soldi ci sono è tutto facile. La vera capacità si vede quando i soldi sono pochi e vanno allocati nelle cose più importanti, nelle necessità primarie ed essenziali di una famiglia, di un consesso sociale, di un Consiglio regionale, di una Giunta regionale.
Vorrei, sempre per rimanere all'articolo 4, sottolineare come anche al comma 1 sono previsti degli importanti interventi, tra cui quelli a valere sui fondi FSE per i dottorati e assegni di ricerca. Ecco, vorrei sottolineare alla Giunta che, in questo caso, andrebbe valutata bene l'allocazione di questi fondi tra dottorati e assegni di ricerca, considerando il valore curricolare maggiore dei dottorati rispetto agli assegni di ricerca; cioè, aiutiamo molto di più i nostri giovani favorendo i dottorati che non semplicemente dando assistenzialismo attraverso gli assegni di ricerca, certamente utili, però con i dottorati diamo anche in mano a questi giovani un titolo che consente loro di accedere poi alle carriere universitarie.
Credo che siano da fare ancora delle riflessioni, e penso che le faremo, forse più in termini emendativi che non in questa discussione generale, sull'articolo 5 bis, che è stato introdotto in Commissione bilancio con propositi certamente positivi, con uno spirito costruttivo, ma che continua a sollevare in me qualche dubbio sulla reale efficacia di quello che potrà succedere, anche perché la storia e l'esperienza ci hanno insegnato che affidarsi alle società di certificazione a volte forse non è la soluzione più semplice o più comoda o più trasparente, visto che troppo spesso queste società hanno dimostrato di essere più attaccate al mantenimento di commesse che non a reali analisi dei bilanci.
Ebbene, detto tutto questo, rapidamente, proprio per voler dare l'esempio in modo che si possa magari tutti, in questa fase, parlare un po' di meno e analizzare un pochino di più il contenuto e dare dignità agli emendamenti che verranno presentati, in modo che possano essere discussi e valutati nell'interesse sia di chi presenta l'emendamento sia di chi su quell'emendamento deve dare parere positivo o negativo, quindi parliamo poco in fase di discussione generale e prendiamoci magari più tempo per analizzare i singoli emendamenti, ma soprattutto diamo quanto prima lo strumento finanziario, lo strumento di spesa al Governo regionale perché possa intervenire a realizzare realmente quello che è scritto, che potrà essere poco, potrà essere scarso, "si poteva fare di più e meglio" avete detto voi, vedremo con i vostri emendamenti, quanto essi saranno emendamenti che porteranno a fare di più e meglio, o magari non saranno emendamenti presentati perché noi stiamo di qua e voi state di là. Ecco perché avrei veramente piacere che ci fosse una diversa suddivisione dei tempi e una riflessione.
Domani saremo tutti a Roma, un gesto di giusta solidarietà nei confronti degli operai dei comparti come Porto Torres, che è nel mio territorio, nel Sulcis, e di tutti gli altri comparti industriali della Sardegna. Ebbene, lo stesso spirito solidaristico che noi domani esprimeremo andando a Roma, io credo che si possa esprimere nei confronti di tutti i sardi, facendo di tutto perché questa finanziaria diventi da subito, dal 1º gennaio, lo strumento di spesa e di sostegno per la nostra collettività.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara.
(Interruzione del consigliere Bruno)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Presidente, per chiederle, se sono utili, dieci minuti di sospensione, perché riteniamo, sulla base degli stessi principi che adesso annunciava il collega Campus, visto che stiamo affrontando il programma regionale di sviluppo, quindi le strategie per una legislatura e la finanziaria, come minoranza, di non essere disponibili a garantire il numero legale. Per cui chiediamo alla maggioranza di essere presente in Aula, per ascoltarci, per trovare il modo anche per confrontarci in maniera leale, quindi bisogna essere presenti. Non chiediamo in questo momento la verifica del numero legale, chiediamo dieci minuti di sospensione per permettere ai consiglieri di rientrare in aula.
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, i Capigruppo della maggioranza si stanno adoperando per far rientrare i colleghi in Aula, quindi probabilmente possiamo continuare i lavori senza interrompere.
BRUNO (P.D.). Io sollecito una sospensione di dieci minuti, altrimenti sono costretto a chiedere la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Sospendo i lavori per dieci minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 18, viene ripresa alle ore 18 e 34.)
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
bilancio pluriennale per gli anni 2010-2013" (77/A)
PRESIDENTE. Prego i colleghi di prendere posto, riprendiamo i nostri lavori.
E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, cari colleghi, caro Presidente, illustrissima Giunta, non so se questo mio intervento avrà un'utilità, vista la presenza…
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ben Amara. E' davvero fastidioso lavorare in queste condizioni. Richiamo tutti al senso di responsabilità e alla sensibilità nei confronti di chi interviene.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Grazie, Presidente. Inizierò a dire: se l'ideologia è la distanza tra ciò che si è e ciò che si dice di essere, bisogna tornare all'analisi delle parole che dicono il contrario. Diceva Oscar Wilde: dai a un uomo una maschera e ti dirà la verità, togligli la maschera e non potrà che mentire.
Un commento sul Programma regionale di sviluppo. Nel Programma regionale di sviluppo si legge che la Regione Sardegna è impegnata nel confronto con lo Stato sulle forme di autogoverno, autonomia finanziaria, federalismo fiscale, sulla valorizzazione dell'identità dei sardi e che, nel fare ciò, si è avviata una fattiva collaborazione con lo Stato allo scopo di concordare in armonia i percorsi strategici di sviluppo... io vi sento, quando parlate voi…
PRESIDENTE. Colleghi, scusatemi! Invito chi deve conversare a farlo fuori dall'aula, e pregherei anche di limitare l'utilizzo dei telefonini. Non vorrei essere costretta a dover schermare l'aula, perché si corre troppo spesso il rischio di parlare a voce alta e questo disturba.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Mi chiedo, allora, quale tipo di collaborazione e di accordi si stia portando avanti, quali azioni positive si stiano intraprendendo per la Sardegna se la situazione è quella nella quale i fondi FAS, quelli a noi destinati, sono bloccati da un anno, e quelli che erano previsti sono stati dirottati a favore della Lombardia e per il ponte sullo stretto di Messina. Dove sono i soldi per la "Sassari-Olbia", per il Porto canale di Cagliari, per la "554", dato che affermate di voler investire tanto sulla rete delle infrastrutture? Secondo quanto si apprende dai quotidiani, la Corte dei Conti ha affermato che i fondi FAS non arriveranno perché saranno impegnati a ripianare i debiti dello Stato, vedi "La Nuova Sardegna" del 16 novembre. Mi chiedo, dunque, di che tipo di dialogo e collaborazione si tratti se lo Stato fa il bello e il cattivo tempo su soldi che ci spettano e voi siete diversamente concordi. Nel Programma regionale di sviluppo si punta a valorizzare il principio di sussidiarietà e dare attuazione al Titolo V della Costituzione nell'annunciata nuova politica di riscrittura dello Statuto; ciò in termini spiccioli significa che, al vertice delle istituzioni, si collocano i comuni, però l'ANCI Sardegna boccia la legge finanziaria che destina, a un fondo unico per comuni e province, meno risorse di quanto previsto dalla legge 29 maggio 2007, la quale lega le entrate del fondo unico alle entrate regionali.
Dato che queste aumenteranno in misura netta di circa un miliardo e 600 milioni di euro, mancherebbero all'appello per il fondo comune circa 120 milioni di euro, dunque, in questo modo, come intendete attuare il Titolo V della Costituzione? Violando una legge regionale che consentirebbe alle autonomie locali di realizzare effettivamente il principio di sussidiarietà e autonomia? Parliamo tanto di autonomie e di riforma dello Statuto, ma ancora non siamo stati capaci di dare attuazione all'articolo 8 sulle nuove entrate, e la Regione è già in perdita perché si è già accollata la spesa per sanità e trasporti. Quali sono i progetti per valorizzare la Sardegna nell'ambito del Mediterraneo? Dobbiamo attivarci al più presto per far recuperare al Mediterraneo il ruolo di luogo di scambio, di fertili contaminazioni, di saperi e sapori, cultura, di reciproco sostegno e amicizia considerando che costituisce un ottimo sbocco commerciale per i nostri prodotti; altro che "io".
Per quanto concerne le politiche del Programma regionale di sviluppo a favore dell'occupazione, devo dire che è praticamente inesistente un progetto per il sostegno occupazionale dei lavoratori; parlate di costituzione di dote personale, di percorsi personalizzati per l'ingresso nel mondo del lavoro, di superamento dell'impostazione statalista per dare spazio alla creatività sociale. Sul fatto della creatività sociale avete perfettamente ragione! Bisogna essere davvero creativi per aver qualcosa da mettere in tavola senza lavoro e senza ammortizzatori sociali! Chissà, magari con la creatività di cui parlate voi, tutti i lavoratori diventeranno degli artisti della sopravvivenza. Secondo voi, siamo tutti imprenditori potenziali e praticamente non hanno rilievo le altre forme di lavoro, quasi come se non esistessero; tutto ruota intorno alle imprese, a un concetto dì sviluppo secondo il quale tutta l'economia è schiava dell'accumulo del capitale e il concetto di benessere economico è un concetto che mira a consumare risorse. In realtà non si fa altro che perseguire chimere e siamo schiavi di preconcetti sul come le economie dovrebbero funzionare per essere considerate sane secondo i concetti degli economisti. Si tratta solo di gabbie preconcettuali che i governi hanno creato con le loro stesse mani; quando, infatti, per inseguire il parametro astratto di benessere economico e di sviluppo economico si costringono le popolazioni a sacrifici enormi, che, di fatto, anziché benessere, portano soltanto miseria o benessere di pochi e malessere per la maggioranza, a che serve dire che abbiamo i conti in ordine?
Bisogna, inoltre, rinunciare alla folle corsa verso un consumo sempre maggiore, cioè necessario, non solo per evitare la distruzione definitiva delle condizioni di vita della terra, ma anche e soprattutto per far uscire i cittadini dalla miseria in cui si trovano; bisogna cominciare col vedere le cose in altro modo per trovare soluzioni originali e innovatrici per i problemi attuali. Solo l'innovazione politica e l'autonomia economica fondata sul ritorno al locale, come spazio di autorganizzazione e di democrazia ecologica, permettono un ritorno al rallentamento dei ritmi di lavoro, una riduzione dello sfruttamento di risorse naturali e un miglioramento delle condizioni di vita a livello locale. Di fronte alla globalizzazione bisogna concepire e volere una società nella quale i valori economici non siano più centrali, unici, e l'economia deve essere vista semplicemente come un mezzo della vita umana, un mezzo che consente a tutti di ottenere ciò di cui si ha bisogno per vivere e non come fine ultimo. L'ideologia dello sviluppo a tutti i costi quale obiettivo da perseguire con spasmodica ansia non lascia spazio alla natura e non conosce il rispetto della dimensione umana.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue BEN AMARA.). Si tratta di costruire una nuova cultura dell'economia che non riduca la vita delle persone a una continua, estenuante e inutile corsa al consumismo, una cultura nella quale vi sia la consapevolezza del fatto che per vivere bene, serenamente, non è necessario consumare tanto, il fatto che le imprese perseguano il profitto a tutti i costi è così deleterio. Bisogna, dunque, superare la logica dello sviluppo per la quale "di più" equivale a "meglio". Bisogna cambiare i valori cui dare importanza, mettere al primo posto non il denaro e il profitto, che devono crescere continuamente per soddisfare l'avidità di pochi, ma i rapporti sociali, il tempo libero da dedicare alla famiglia, agli affetti, e lavorare tutti meno per lavorare tutti e ridistribuire le ricchezze prodotte in modo più equo.
Contro la catastrofe ecologica e umana provocata da questo modello di sviluppo e di produzione che spinge a spremere il proprio territorio all'inverosimile e mercificare ogni cosa, occorre produrre meno e consumare meno, valorizzando agricoltura biologica, artigianato, piccola impresa, turismo sostenibile, risparmio energetico, riciclaggio, valorizzare i cibi a "chilometri zero", valorizzare e potenziare i mezzi pubblici, il loro uso per ridurre l'uso delle auto private e quindi inquinare meno con vantaggi anche dal punto di vista del risparmio energetico, e occorre aprire le porte allo spazio mediterraneo in tutte le sue accezioni e internazionalizzazioni per i nostri prodotti tipici. Lo sviluppo e l'economia sono il problema e non la soluzione. Bisogna bandire l'avidità e promuovere la solidarietà. "Lo sviluppo nasce dall'io", recita il Programma di sviluppo; Dante risponderebbe: "O mente che scrivesti ciò ch'io vidi". Se "lo sviluppo nasce dall'io", dove mettiamo l'altro? L' "io" come buco nel linguaggio forse. E se il progresso è il sottoprodotto della dinamica dell'"io", significa la cancellazione della cooperazione, di ogni dialogo, dell'interpretazione dell'idioma, delle integrazioni e soprattutto delle interazioni socioculturali; è dunque il "noi" che deve prevalere.
La democrazia non è un metodo per esprimere un consenso, ma piuttosto per eliminare il dissenso. Il principio democratico perderà il suo senso profondo in assenza di opposizione reale ed è per questo che noi, di fronte a coloro che ci dicono che la lotta di classe è finita, rispondiamo: "Siete ciechi. Non vi accorgete che ogni ipotesi scientifica e ogni esperienza vitale riaprono alla prospettiva insurrezionale?". Quando analizziamo la forma monetaria del dominio capitalistico (perché la destra preferisce... ossia i capitalisti non dicono mai "capitali", dicono "il mercato"), nella sua esaltazione finanziaria, poniamo allora il reddito di cittadinanza contro il disposittivo del capitale finanziario in forma programmatica e con animo di lotta. Si tratterà quindi di comprendere che cosa voglia ormai dire "lotta salariale" - si passa dalla "lotta di classe" alla "lotta salariale" - contro il bipotere cioè lotta per l'estensione del welfare, il salario del comune, come quello sfruttamento dell'individuo, sfruttamento che è sorgente e forma attuale del dominio capitalistico o no. Mi fermo qui perché non serve a niente anche predicare nel deserto.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.
PLANETTA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, Assessori, colleghe e colleghi consiglieri, credo che oggi possiamo convenire sul fatto che il particolare momento in cui viene a cadere questa discussione deve indurre noi tutti a severe analisi, a giudizi il più possibile obiettivi, sui complessi fattori che hanno creato il grave percorso di degradazione economica, sociale, politica, amministrativa della nostra terra. Dico questo ben sapendo quanto il mutamento del quadro politico abbia determinato alcune reazioni talvolta davvero scomposte e ingenerato convincimenti spesso del tutto soggettivi e arbitrari. Proprio questi giorni registriamo un diffuso accrescersi del sentimento di insicurezza, di tensione, tra la nostra gente e un pericoloso rinnovarsi di quelle sensazioni tristi di precarietà, di sfiducia, che caratterizza il vivere quotidiano di un sempre più crescente numero di persone. E la crisi, questo strano vocabolo che sentiamo sempre più ricorrere nei nostri discorsi, viene spesso anche in quest'Aula evocata o addirittura invocata e altrettanto spesso esorcizzata, come fosse un tabù impronunciabile a seconda delle parti recitate di una commedia.
Ora, questo Programma regionale di sviluppo è uno strumento recente della programmazione finanziaria ed economica regionale, anzi è lo strumento principale della programmazione finanziaria ed economica regionale giacché "determina le strategie e gli obiettivi generali e specifici che, nel periodo dell'intera legislatura, la Regione intende perseguire per lo sviluppo economico e sociale e definisce le principali linee progettuali che si intendono adottare per il conseguimento degli obiettivi, nonché i risultati attesi". Metto questo tra virgolette perché ho letto questo documento dettato da una legge e credo che quindi questo Programma rappresenti proprio un biglietto da visita che definisce i parametri su cui si fonda la visione strategica e di prospettiva delle dinamiche, delle tematiche sulle quali si incardina la vita della nostra terra. Certo, il mutamento del quadro politico ha costituito la sola necessaria premessa al conseguente mutamento delle scelte di politica economica, sociale e civile della Sardegna e sappiamo per esperienza che le parole valgono solo quando a esse seguono i fatti. Tutti noi perciò ne abbiamo fatto, credo, una lettura attenta e approfondita e siamo andati a cercare - mi auguro senza alcuna riserva mentale - i riscontri oggettivi a quanto si è andati a convenire e a proporre con il programma di governo di questa maggioranza. Parlo certamente riferendomi in primo luogo ai colleghi della maggioranza, alcuni dei quali noto particolarmente attivi in questi giorni.
Ebbene, io credo che il primo fondamentale impegno a cui dobbiamo cercare riscontro in questo programma debba riferirsi all'effettiva volontà della Regione di restituire certezza ai rapporti tra i cittadini e tra questi, la pubblica amministrazione e le istituzioni affinché finalmente emerga nella sua essenziale fermezza l'impegno, sia individuale che collettivo, dei diritti e dei doveri.
In questo quadro credo che debba essere intesa l'auspicata riforma improntata al federalismo fiscale, che nasce non già per sottoporre i contribuenti a nuovi e intollerabili sacrifici, quanto per ottimizzare la gestione dei flussi finanziari e della loro ripartizione; ripartizione e ridistribuzione che oggi è purtroppo ancora tutta da definire, anzi da ricontrattare e da difendere, come è garantito dal nuovo articolo 8 dello Statuto. Noi sardisti guardiamo con interesse a questa nuova evoluzione della gestione e ripartizione delle entrate poiché vediamo nel federalismo fiscale anche un'opportunità di restituzione e di assunzione di responsabilità e inoltre un freno a questo Stato esattore che - favorendo sempre più i più forti - ha da sempre teso, passatemi il termine, a sanzionare e impoverire la Sardegna.
Ma qual è stato - domando - il Governo che non ha mai rifilato gli schiaffoni alla Sardegna? Qual è stato? In proposito devo dire che avrei avuto il piacere di vedere maggiori dettagli circa i termini in cui la Regione è impegnata in una prospettiva autonomistica nel confronto con lo Stato sulle forme di autogoverno, autonomia finanziaria, federalismo fiscale, presenza della grande industria partecipata dallo Stato, previsione e compartecipazione alle risorse nazionali e comunitarie per grandi opere e interventi speciali. Mi riferisco in particolare a quello specifico tavolo istituzionale tra Regione Sardegna e Stato, nel quale saranno affrontati i temi della riforma dello Statuto speciale, del federalismo fiscale, del patto di stabilità e della gestione dei fondi FAS. Ma è soprattutto questa stagione costituente che avrei voluto essere meglio esplicata nei contenuti, nei modi, nei tempi e nei metodi.
La riforma del nostro Statuto, infatti, affinché poggi su basi e principi effettivi di sussidiarietà e partecipazione, dovrà essere effettuata non limitandosi solamente a quell'ampio percorso di consultazione e condivisione fra tutte le formazioni politiche rappresentate in questo Consiglio regionale, a meno che questo percorso non passi pure attraverso quella che noi sardisti abbiamo ritenuto essere la via maestra anche negli accordi di programma che hanno dato origine a questa maggioranza, e la via maestra a cui ho fatto riferimento è l'Assemblea costituente del popolo sardo che forse in questo PRS resta sottintesa, ma che a mio giudizio meriterebbe ben altro rilievo.
Questo discorso di prospettiva, che peraltro il Partito Sardo d'Azione va proponendo ormai da tempo, non può essere subordinato da altre esigenze di adempimento pure e indilazionabili. Riscontro che fra queste emerge prioritaria l'esigenza di dare coerenza all'ordinamento regionale e alla pubblica amministrazione nell'ottica di un costruttivo e proficuo rapporto con gli enti locali che costituiscono per tanti aspetti realtà diverse e addirittura non comparabili. Proprio come il termine "persona", che è la vera chiave di lettura di questo programma, non individua - e concordo - solo gli elementi che distinguono un essere da un altro, ma mette in evidenza la relazione tra esseri umani e contesti, io credo che la genesi politica di tale scelta strategica, cioè la persona prima di tutto, debba trovare la sua prima legittimazione nella specificità dei problemi che ha la Sardegna, nella nostra diversa evoluzione storica, nella nostra particolare condizione geografica, nella peculiarità dello sviluppo economico e sociale, nella originalità della nostra cultura, tradizione e costumi.
Ecco perché non penso che questo sia un semplice slogan, ma una significativa chiave di lettura - mi ripeto - di questo programma. Tengo a ribadirlo con forza e a scanso di equivoci anche perché mi sono da tempo convinto che il pericolo maggiore cui possono andare incontro coloro che si occupano di politica sia quello di lasciarsi andare o peggio proprio abbandonarsi alle frasi fatte e agli slogan, senza alcun dubbio utilissimi per riassumere nella sintesi i concetti anche elaborati e complessi, per lanciare parole d'ordine o messaggi, ma assolutamente non idonei da soli a proporre progetti, prospettare programmi o fare bilanci politici articolati, razionali, insomma, seri e concreti. A tutti noi, infatti, è capitato anche nel passato recente di assistere a mitizzazioni, oserei dire, quasi miracolistiche fatte attraverso la semplificazione degli slogan e delle frasi fatte il cui unico prodotto finito si risolveva il più delle volte nella fabbricazione di inutili scatole vuote.
Queste sono, tra l'altro, e in estrema sintesi, alcune delle ragioni che hanno determinato la nostra partecipazione, nella trascorsa competizione elettorale, in questa maggioranza di governo. Oggi la nostra Isola vive giorni angosciosi ma non disperati e credo che sia lontana da tutti noi la volontà di aprire nuovi solchi che tengano divise le nostre comunità e il nostro popolo. E' il popolo, infatti, che ha espresso con chiarezza, con il voto per l'elezione di questo Consiglio, la volontà di cambiamento ed è nel popolo che forze operose attendono di concorrere alla trasformazione, al miglioramento delle proprie condizioni di vita. Di questo io sono convinto, ora però sta a noi essere conseguenti.
In questa prospettiva, e solo in questa prospettiva, si colloca il mio richiamo alla gravissima crisi produttiva e occupazionale che ha investito la Sardegna, la quale vive ancora oggi una crisi che ha la sua genesi in tutti i precedenti metodi e modelli di governo, di gestione e di sviluppo delle risorse; sviluppo che non è mai riuscito a coinvolgere nella sua interezza la società sarda e le sue strutture produttive. Ecco perché nel confronto politico con lo Stato italiano vanno percorse vie democratiche non di una rivendicazione querula e protestataria, ma di soluzioni creativamente valide che, componendo gli interessi generali, aprano alla nostra isola vere prospettive di rinascita e di libertà.
Colleghi, io credo che il tempo a disposizione di ognuno di noi sia appena sufficiente a trattare solo alcuni aspetti di questo programma tra i molteplici ugualmente degni di attenzione e di considerazione che esso contiene, ma credo che tutti i rilievi, che andremo a formulare nel merito, debbano partire da un'amara considerazione che è la consapevolezza che ci è toccata l'eredità gravosa, tra le altre cose, di una disoccupazione che ha assunto oggi caratteristiche endemiche soprattutto sotto il profilo del costume e delle abitudini. Certamente sappiamo che non possono esistere da subito serie prospettive di sviluppo e di emancipazione per una popolazione che ha quasi un altissimo tasso di disoccupazione eccezionale. Mi riferisco soprattutto alle industrie petrolchimiche, alle industrie chimiche, a quella delle fibre, del settore metalmeccanico, dell'agricoltura, della pastorizia per cui avrei previsto un'apposita politica di welfare.
Una popolazione, dicevo, composta in buona parte da disoccupati e da inoccupati è una popolazione che corre continuamente il rischio mortale di perdere anche le più elementari capacità di lavoro, di perdere la volontà di impegno e di iniziativa, di perdere insomma tutti i diritti tranne quello alla carità pubblica. La stessa crisi che attanaglia come una morsa la nostra terra, non nasce in questi giorni, in questi mesi; essa ha origini lontane, strutturali e ha avuto effetti economici devastanti con riflessi gravissimi sull'intero corpo sociale. Situazioni quindi nate né oggi né ieri, ma maturate nel tempo, penetrate progressivamente nelle fibre della nostra società che è stata lentamente intossicata e aggredita nella sua vitalità, ritrovandosi quasi stremata e ridotta in una condizione di vulnerabilità e spesso totalmente incapace di difesa.
La verità è che ci troviamo a operare in una situazione di difficoltà estrema anche se non mi aspetto né chiedo che si facciano tremare le fondamenta dei palazzi del potere romano, come ha ingenerosamente rimarcato quell'illustre più volte ex Ministro sardo, ma le nostre sacrosante ragioni non aspettano e non si aspettano neppure soluzioni che perdono la valenza e le autorità dell'ordinamento per diventare quasi fatto magico che è sempre a metà strada fra il miracolo e l'inganno. Altro che miracoli! Eppure a volte penso che abbiamo proprio bisogno di miracoli per ridurre la nostra dipendenza energetica e i costi energetici per le imprese e i cittadini, per vedere il decollo delle bonifiche ambientali, per vedere una scuola per la Sardegna effettivamente degna di tale nome, per vedere trasporti efficienti, una gestione ottimale dell'acqua che deve restare un bene pubblico, per vedere, insomma, le infrastrutture che aspettiamo da decenni e qui faccio riferimento alla incompletata strada "Sassari-Olbia".
Qui mi voglio fermare. Tutto ciò tratta, certo, di qualcosa di più ampio e ambizioso della ritualità convenzionale e credo che occorra testimoniare nei fatti la propria volontà reale di aderire a un grande progetto comune, tale da costruire una società protesa verso uno sviluppo economico, sociale e culturale veramente nuovo. Dunque, non più spesa parassitaria improduttiva che crea solamente povertà e disoccupazione, ma intesa come investimento diretto al fine di creare opportunità di reale e duraturo sviluppo sociale, culturale ed economico.
Colleghi, io sono sempre e da sempre convinto che, più che avere, i sardi chiedono di poter dare. Perché non danno? Chi è che frena questa situazione? Non dobbiamo più essere queruli postulanti, ma artefici vitali e determinati del proprio progresso e del proprio futuro. Perciò vanno creati i presupposti che oggi sono soltanto belle parole scritte sulla carta di un programma e che perciò valgono come tutte quelle parole che vengono meglio definite a seconda che si sappiano o non si sappiano mantenere.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Presidente, onorevoli Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, la discussione di quest'oggi sicuramente è uno degli appuntamenti importanti dell'attività legislativa e in questo frangente peraltro il Programma regionale di sviluppo è un cappello fondamentale diciamo - oggi userei un termine abusato - al collegato, che peraltro è la finanziaria, ma non voglio sminuirla. Però sicuramente il Programma regionale di sviluppo è interessante sotto il profilo ideale e programmatico. Affronta tematiche fondamentali per la nostra Isola e pone la persona, appunto, al centro della strategia di fondo. Onestamente non riesco e non riuscirei a immaginare un programma di sviluppo che non tenga in debito conto la persona o che addirittura la ignori. E' certamente il punto focale del nostro agire politico, del nostro agire legislativo. L'intrapresa, la cultura e l'ambiente sono tre risorse principali che appunto si esplicano così come ci propone il Programma regionale di sviluppo con sette strategie, impostazione che per molti aspetti apprezzo, ma ho alcune perplessità, diverse perplessità sulla loro realizzazione.
E' vero che l'intento dell'operazione è quinquennale, quindi è auspicabile che le successive articolazioni delle proposte di bilancio possano davvero cogliere alcuni degli aspetti che reputo interessanti ma ho qualche dubbio che davvero poi si colga nel segno.
Mi soffermerò su alcuni punti perché non credo che il tempo mi consenta di esplicitare un ragionamento su tutte queste sette, diciamo, strategie. Inizio con la prima, "Istituzioni - La riforma della Regione: semplificazione ed efficienza", tre pagine con quattro obiettivi, una premessa che apre scenari che pensavo però superati, come la presenza della grande industria partecipata dallo Stato, ammesso che non si intenda per questo appunto l'industria partecipata che potrebbe essere appunto l'ENI e i drammi che in questo momento a essa si accompagnano. Mi soffermo ancora sulla prima strategia perché il tempo come ho detto, sicuramente non mi consentirà di sviluppare i successivi punti ma, finché il tempo mi darà l'opportunità, comunque cercherò di toccarli.
Anche il buon intento di cogliere "la previsione e compartecipazione alle risorse nazionali e comunitarie per grandi opere e interventi speciali", mi pare al momento alquanto problematico, non foss'altro perché una delle opere ritenute importanti come la "Sassari-Olbia" è ancora al palo, per non parlare dei fondi FAS in generale. Io mi auguro che questi aspetti vengano recuperati nel più breve tempo possibile perché senza queste risorse, solo con quelle regionali, io credo che sarà difficile realizzare questo progetto di infrastrutturazione.
Altro aspetto che reputo fondante e fondamentale per il rilancio della Sardegna e dei sardi e che porrei io al primo posto delle priorità, è l'autonomia e il riconoscimento dell'entità dei sardi. Non mi convince invece l'anteposizione del federalismo fiscale al federalismo regionale. Mi sembra, come purtroppo anche a livello nazionale, che si denoti un concetto aziendalistico delle nostre attività che è funzionale esclusivamente all'aspetto economico. Ma, a mio avviso, questo non può essere raggiunto pienamente se non pensiamo invece di anteporre il federalismo regionale perché questo può darci la capacità di recuperare risorse importanti che dovrebbero garantire appunto adeguate risorse a sostegno delle prerogative autonomistiche della specialità della Sardegna. Non perché abbiamo un deficit strutturale o per la nostra insularità, ma perché l'autodeterminazione di un popolo transita dalla disponibilità di risorse proprie e dall'autonomo uso delle stesse.
Non mi soffermo sulla semplificazione normativa e dei procedimenti amministrativi perché condivido questo aspetto a meno che la semplificazione non rappresenti quanto sta avvenendo in questo momento ove l'accessibilità dei cittadini e dei parlamentari sardi alla trasparenza dell'attività amministrativa della Regione è in buona parte attualmente preclusa.
Sul riordino e razionalizzazione delle competenze, la relazione dell'onorevole Maninchedda mi fa preoccupare, insomma, perché questo obiettivo rischia di avere un percorso accidentato, mentre esprimo parere favorevole per quanto riguarda il miglioramento dell'accessibilità nella formazione della gestione, cioè tutto ciò che è possibile immettere nel mercato, parlo dei trasferimenti, e questo oggi l'abbiamo visto, ai comuni, quindi della snellezza della spesa pubblica, io credo che sia un'importante risorsa che più velocemente si spende, più giova all'economia regionale e sicuramente ai suoi amministrati, non foss'altro perché in questo momento di grave crisi credo che ogni risorsa sia fondamentale perché la sofferenza sia meno percepita e lo stato di disagio sia meno rappresentato.
La nuova legge statutaria, annunciata con grande enfasi e sostenuta con determinazione dal Presidente della prima Commissione come la legislatura costituente, purtroppo è miseramente naufragata poi sulle dimissioni dello stesso. Spero che l'onorevole Floris, così come mi sembra di aver visto dalla stampa, possa tornare sui suoi passi perché evidentemente vuol dire che la maggioranza ha deciso comunque di affrontare con determinazione questo aspetto e quindi attendiamo che davvero si avvii questa legislatura costituente tant'è che all'interno di quest'ultimo punto trovano accoglienza poi il riequilibrio finanziario e il regime delle entrate che ancora vacilla. Insomma, sì, ci sono state puntualizzazioni da parte dell'Assessore del bilancio, però rimane ancora da avere certezza perché c'è davvero il rischio di rivedere in discussione tutta la proposta di bilancio se quei trasferimenti non ci fossero o fossero solo virtuali come si suol dire.
Non ultima la ripartizione delle competenze Regione-Enti locali. Ebbene, credo che questa mattina si sia avuta una eloquente rappresentazione del rapporto Regione-Enti locali. Non credo di dover ricordare ad alcuno che il Titolo V ha modificato il rapporto portando gli Enti locali sullo stesso piano della Regione Sardegna per cui non basta l'ascolto com'è successo per il Piano casa, ma occorre il dialogo e la condivisione.
Stamattina, ripeto, sicuramente c'è stato un recupero, ma mi sembra che l'azione, il tener fuori da quest'Aula i sindaci, cioè i rappresentanti più diretti delle popolazioni, sarebbe stato davvero uno sgarro istituzionale serio. Bene si è fatto nell'accogliere dentro quest'Aula e ascoltare i rappresentanti del popolo, anche loro come noi, e sentire i loro bisogni. Il grido di allarme dei sindaci sul patto di stabilità e sul rispetto dei trasferimenti fissati per legge, credo che non solo possa essere ascoltato, ma debba essere accolto immediatamente in questa finanziaria, questo è l'aspetto primo.
Poi la seconda strategia, importante tema che abbiamo affrontato anche precedentemente in quest'Aula, si parla di "Educazione: valorizzare e potenziare i luoghi dell'educazione". Con particolare enfasi, il Programma regionale di sviluppo mi sembra concentri la sua attenzione su livelli alti, sull'università, importante, certamente fondamentale per una nuova Sardegna, una Sardegna che guardi al futuro, che guardi alla ricerca, che guardi a una collocazione mediterranea di livello alto, per questo appunto c'è necessità che i cittadini della Sardegna abbiano un'adeguata formazione, abbiano un'alta formazione.
Ma credo che noi dovremmo occuparci, il Programma regionale di sviluppo dovrebbe approfondire anche i livelli meno importanti, se così vogliamo dire, che, a mio avviso, sono invece fondamentali, sono i livelli scolastici inferiori; così come l'attenzione sui luoghi fisici dell'educazione non deve essere da meno, anche perché il processo formativo ha bisogno di spazi, di spazi fisici, di accoglienza, di luoghi in cui l'attività didattica possa essere esercitata, esplicitata, nel migliore dei modi. Quindi non basta consentire l'aumento delle volumetrie sui plessi scolastici, come è successo nell'enfasi del Piano casa, ci vogliono anche le risorse, perché molti edifici scolastici non sono adeguati, non sono a norma, non hanno l'agibilità, eppure tutti i giorni sono frequentati da centinaia e centinaia di ragazzi, abbiamo assistito anche a situazioni di rischio. Quindi ci vuole lo spazio fisico, ci vuole il contenitore, ma ci vogliono anche le dotazioni strumentali per una scuola moderna e a passo con i tempi. C'è il rischio fondato che gli studenti di oggigiorno siano più avanti dei processi conoscitivi perché le scuole non dispongono appunto di strumenti e tecnologie più avanzate e il corpo docente attualmente è un corpo estraneo; il sistema scuola del Programma regionale di sviluppo auspica idealmente, ma manca di un progetto organico e attuativo perché si colga davvero pienamente lo sviluppo della persona e della sua capacità.
Per quanto riguarda la fascia dell'obbligo, non basta rilevare le grandi carenze dei quindicenni, serve un progetto che sappia far integrare docenti, alunni e familiari, un progetto educativo e formativo che vada oltre l'orario curricolare per evitare il gravissimo scempio del recupero formativo affidato nello scorso periodo a soggetti privati, con premi formativi che incoraggiavano i quindicenni non all'impegno costante e puntuale, ma a un percorso parallelo più facile e più conveniente, tanto che quelle promozioni consentivano agli alunni che disertavano le aule scolastiche di accedere dopo il percorso di un anno, addirittura a inserirsi al secondo anno delle scuole superiori. Un percorso diseducativo che non deve essere riproposto, non deve essere ripercorso. I nostri ragazzi non hanno bisogno di scorciatoie, hanno bisogno di percorsi formativi che insegnino loro l'impegno, l'applicazione e l'alto valore della formazione,' che siano base e preludio per un accesso all'Università alto e decoroso e non, come i giornali anche in questo periodo scorso hanno scritto, con i test d'ingresso all'Università, con i quali appunto abbiamo assistito a non risposte o a risposte non pertinenti da parte di studenti che avevano percorso il tragitto scolastico sino alle superiori, senza riuscire a dare una risposta puntuale e corretta al test d'ingresso all'Università. Quindi la scuola sicuramente è uno degli elementi fondanti del nostro sviluppo, perché è la base per poter affrontare le altre strategie.
Parlo in particolare della terza strategia: "Patrimonio culturale". Anche in altre occasioni ho avuto modo di dire che, a mio avviso, questo è un grande obiettivo per la Sardegna, è un obiettivo che ci permette di identificarci nel mondo della globalizzazione, è l'elemento fondante di un nuovo progetto di sviluppo per la Sardegna; appunto il patrimonio culturale per dare forza a un'identità viva, come detto, per "diffondere la conoscenza e l'uso della lingua sarda". Ci vogliono atti, ci vuole concretezza anche su questo. Spesso anche sulla lingua sarda si è parlato di codice ugualitario per tutti, a mio avviso basta solo incoraggiare la parlata dei singoli territori per arrivare poi (certo, ci vogliono tempi lunghi) all'unicità della lingua sarda, il tempo ci darà ragione. Insomma, non credo di dover insegnare a nessuno che, a furia di usarla e di parlarla, ma anche di ascoltarla, nelle varie sfumature territoriali, pian pianino nell'uso quotidiano si accoglieranno termini più consoni o più gradevoli, o da una parte o dall'altra, sino a formare un percorso unitario. Ci vuole del tempo, bisogna avere la pazienza e la costanza di far parlare i propri ambiti territoriali con le tradizioni, con la cultura e con la lingua madre propri.
"Tutelare e valorizzare il patrimonio identitario dell'isola attraverso reti museali, biblioteche, banche dati, studi…" eccetera, ecco un altro percorso. L'avevamo accennato, l'abbiamo accennato, quando si è parlato appunto del Piano casa, si è detto "non cementifichiamo le coste", perché si proponeva invece uno sviluppo delle aree interne, in quanto abbiamo cubature e vasti agglomerati ormai abbandonati all'incuria, abbiamo proposto e proponiamo ancora la possibilità del recupero perché diventino strumenti di accoglienza per i flussi turistici, che sia una accoglienza non bimestrale come succede nella permanenza estiva, ma sia una presenza annuale, immersa nella cultura, nella storia, nei luoghi della memoria. C'è un bisogno, c'è sete, c'è fame di questo modo nuovo di fare turismo, il turismo culturale. La Sardegna abbonda di testimonianze che denotano una storia profonda, una storia antica, una storia alla quale noi ci ispiriamo, ma che molte genti amano conoscere, e rappresentano per noi una grande risorsa non solo culturale, ma una risorsa diciamo importante per il riconoscimento della nostra identità e del nostro valore nel mondo.
Quindi, favorire sicuramente le produzioni culturali e artistiche, promuovere giustamente la valorizzazione dei beni materiali di rilievo archeologico, storico e antropologico, ma non dimentichiamo che c'è in atto tutta una continua, diciamo, non voglio usare il termine "protesta", ma c'è un continuo richiamo alle istituzioni regionali perché quelle centinaia di addetti al supporto e alla valorizzazione di tutti questi beni, da tempo attendono risposte alla loro definitiva collocazione, quindi credo che, anche su questo aspetto, dobbiamo dare risposte concrete. Penso che in questi giorni li avremo ancora a richiamarci per la risoluzione di questo problema sotto i portici del Palazzo regionale. Quindi attenzione all'uomo, attenzione alla persona, sono giovani impegnati, giovani che hanno una formazione culturale importante, sono i detentori della nostra storia, sono coloro che comunque trasmettono la storia, la conoscenza, quindi su di loro dobbiamo contare, dobbiamo incoraggiarli perché chi viene in Sardegna e visita i nostri luoghi, uno degli aspetti più importanti che riconosce, è appunto quello di percepire le persone che lo accompagnano come persone che sentono, che amano la propria terra e sono in grado di trasmettere questi aspetti.
Il tempo è tiranno come al solito ma vorrei solo soffermarmi su un aspetto, ci tornerò sicuramente, che è quello dei servizi alla persona.
Allora, in un momento di grave crisi economica, di bisogno e di sostegno alla persona, e qui condivido tutto, perché, mi chiedo, non istituire in ogni comune della Regione Sardegna la Banca etica regionale? Parlo di Banca etica per il supporto a quelle famiglie, a quelle persone meno abbienti che, con difficoltà, tutti i giorni bussano alle porte degli amministratori locali per un sostegno ai propri bisogni...
PRESIDENTE. Onorevole Agus, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritta a parlare la consigliera Rosanna Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS ROSANNA (P.d.L.). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, negli ultimi vent'anni, abbiamo assistito a cambiamenti epocali negli equilibri del mondo e soprattutto dell'economia internazionale. Intere nazioni, liberatesi dai lacci di barriere doganali, culturali e politiche, sono cresciute con una velocità che non ha avuto uguali nella storia. Nuovi modelli di sviluppo, nuova economia hanno sostituito progressivamente le realtà che avevano caratterizzato il periodo post bellico. Stati e nazioni considerate un tempo del cosiddetto terzo mondo quali la Cina, l'India e il Brasile, per citare gli esempi più clamorosi, si sono trasformate in economie emergenti e oggi possono vantare il conseguimento di risultati straordinari e un tempo addirittura impensabili. Ma la nostra Isola, la nostra Regione non ha avuto nel contempo gli stessi tassi di crescita, nonostante le importanti potenzialità culturali e ambientali che possiamo vantarci di possedere.
La nostra economia è stata legata e ispirata a un modello industriale fondato sulle potenzialità che le riserve energetiche minerarie ci avrebbero dovuto garantire, un sistema industriale inizialmente sostenuto dal carbone e dai materiali estratti nelle miniere del Sulcis che nel tempo ha mostrato purtroppo limiti e debolezze. La rabbia degli operai di Portovesme e Portotorres testimonia questi eventi che sono conseguenza di una mancata crescita economica, dell'incapacità di aver progettato e costruito un modello di sviluppo alternativo capace di uscire da logiche produttive industriali che non potevano reggere il confronto con le realtà dei Paesi emergenti con condizioni economiche e di produzione decisamente più favorevoli e di rivolgersi invece a modelli più congeniali e in grado di valorizzare al meglio le nostre peculiarità, la nostra cultura, il nostro ambiente, la nostra identità di popolo e di nazione. Un modello di sviluppo capace di anticipare il futuro e farci trovare nelle condizioni ideali per la costruzione di una vera rinascita della Sardegna; e la crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando rende ovviamente tutto più difficile.
Affrontiamo questo difficile momento con un altro gap, l'uscita dall'Obiettivo 1 dell'Unione Europea con conseguenti ripercussioni sui bilanci pubblici soprattutto in termini di investimenti volti a recuperare tra l'altro il grave ritardo infrastrutturale. Una crescita conseguente non certo a una crescita del valore di produzione pro capite e quindi della capacità di spesa dei sardi. Paghiamo una situazione che non corrisponde a realtà.
Tra le voci più importanti della nostra produzione industriale infatti esiste quella dei prodotti petroliferi soprattutto in termini di esportazione, una voce che, oltre che costituire motivo, appunto, della perdita di maggiori fondi europei, non tiene conto dell'onere e del carico ambientale conseguente alla presenza nella nostra Isola della maggiore raffineria del sud Europa. Un parametro di PIL che non tiene peraltro conto della nostra insularità finalmente riconosciuta dal Governo Berlusconi e dei maggiori oneri che il nostro sistema economico è costretto a sopportare a causa della nostra peculiarità geografica. Una Regione già duramente provata e bloccata da condizioni strutturali irrisolte che ci trasciniamo da decenni e che ha subito quindi ulteriori colpi alla propria economia e al benestare del proprio popolo. Sono ormai oltre il 10 per cento del totale le famiglie che vivono al di sotto dei livelli economici minimi. La nuova povertà è un dramma giornaliero di cui dobbiamo farci carico con politiche mirate e decise, capaci di dare risposte rapide alle esigenze dei sardi; un'emergenza che possiamo affrontare soprattutto alla luce della nuova impostazione federalista conseguente all'approvazione della legge numero 42 con un nuovo rapporto con lo Stato.
Dobbiamo invertire la rotta nell'ambito del rapporto con l'istituzione della Repubblica italiana, un nuovo rapporto con il Governo della Repubblica fondato su una realtà storica e culturale finora negata. Siamo la prima Regione d'Italia, quella attraverso i cui ordinamenti giuridici e costituzionali, mi riferisco al Regno di Sardegna, ha dato origine al nostro Stato, allo Stato italiano prima e poi alla Repubblica. Cagliari è stata la prima capitale del Regno eppure questo ruolo non ci è oggi riconosciuto. Il comitato presieduto dall'onorevole Rutelli per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, quell'unità che abbiamo contribuito a realizzare, sia a livello costituzionale che con il sangue della nostra gioventù, non ha dato alcun riconoscimento alla nostra Regione e al ruolo che il nostro popolo ha svolto per la costruzione dello Stato.
Credo che sia necessaria un'iniziativa forte volta a far valere una verità storica negata. Dobbiamo dare un nuovo volto alle nostre istituzioni regionali con un nuovo modello di amministrazione capace di dare maggiore efficienza ed efficacia all'intervento pubblico regionale, un nuovo Statuto che introduca elementi nuovi nel nostro ordinamento capace di garantire queste condizioni. Penso a un nuovo modello finanziario impostato su una legge obiettivo di legislatura, capace di tradurre con immediati atti legislativi gli impegni assunti dalla coalizione che ha ottenuto il consenso degli elettori. Legge obiettivo che indichi, con precisione, mezzi e strumenti attraverso i quali, durante i cinque anni della legislatura, si intende procedere all'attuazione del programma sottoscritto e presentato ai cittadini, e i bilanci sociali di verifica dell'efficacia dell'azione di governo e di analisi delle eventuali e opportune politiche correttive per garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Questa credo che debba essere la nostra risposta alla sfida del mondo globale, questa finanziaria di cui avviamo la discussione presenta sicuri elementi di novità in termini di semplificazione e di efficienza dell'azione di governo e per questo merita fiducia.
PRESIDENTE. I lavori si concludono a questo punto e riprenderanno venerdì 27 novembre alle ore 10.
La seduta è tolta alle ore 19 e 32.