Seduta n.146 del 30/09/2010 

CXLVI Seduta

Giovedì 30 settembre 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 36.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 22 settembre 2010 (139), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Gian Franco Bardanzellu, Andrea Biancareddu, Daniele Cocco, Pietro Cocco, Luigi Lotto, Efisio Planetta, Teodoro Rodin, Matteo Sanna e Alessandra Zedda hanno chiesto congedo per la seduta del 30 settembre 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Congedi per motivi istituzionali

PRESIDENTE. Comunico, ai sensi del comma 5 dell'articolo 58 del Regolamento, che i consiglieri Simona De Francisci e Gavino Manca sono assenti nelle sedute del 30 settembre e 1° ottobre per motivi istituzionali.

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Modifica dell'articolo 3 della legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane. Ambiti adeguati per l'esercizio associato di funzioni. Misure di sostegno per i piccoli comuni)". (198)

(Pervenuto il 29 settembre 2010 e assegnato alla prima Commissione)

"Utilizzo delle economie dei bandi fotovoltaici 2008 (PMI e privati) a favore dei beneficiari del bando fotovoltaico 2009". (199)

(Pervenuto il 29 settembre 2010 e assegnato alla sesta Commissione)

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Visto "l'eccessivo" affollamento dell'Aula che impedisce di poter esprimersi, chiederei i colleghi venissero richiamato in modo da consentire un numero minimo di presenze in Aula.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Noi abbiamo l'esigenza - lo chiedo come Gruppo della Sinistra, Comunisti e Rosso Mori - di almeno 30-40 minuti di sospensione.

PRESIDENTE. 30 o 40?

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Faccia lei, Presidente.

PRESIDENTE. Poiché non ci sono opposizioni sospendo la seduta sino alle ore 11 e 20.

La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 39, viene ripresa alle ore 11 e 21.)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Chiedo altri 10 minuti di sospensione.

PRESIDENTE. No, non è possibile.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Allora chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Milia.)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Agus, Barracciu, Ben Amara, Cappai, Caria, Contu Felice, Cossa, Cuccu, Dedoni, Dessì, Diana Giampaolo, Diana Mario, Floris Rosanna, Fois, Greco, Lai, Locci, Mariani, Meloni Francesco, Meloni Valerio, Moriconi, Mula, Murgioni, Peru, Petrini, Porcu, Salis, Sanna Gian Valerio, Solinas Antonio, Uras, Vargiu, Zedda Massimo e Zuncheddu sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 56 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Vargiu - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Constatata la presenza del numero legale, possiamo proseguire.

Continuazione della discussione della risoluzione: "Sul percorso attuativo del federalismo fiscale" (3) abbinata alla mozione Ben Amara - Salis - Cocco Daniele - Mariani sull'attuazione del federalismo (79)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione congiunta della risoluzione numero 3 e della mozione numero 79.

E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, colleghi, pensavo che la discussione sul federalismo fiscale potesse essere l'occasione per riflettere sulle politiche per il Mezzogiorno, sulle scelte di coesione portate avanti dal Risorgimento sino ad oggi, magari comparandole con quelle portate avanti nella Germania est, per esempio, che si era data 30 anni per colmare il gap... se deve parlare qualcun altro io posso aspettare...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Cuccureddu.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Grazie. Dicevo che le politiche di coesione del Mezzogiorno dal Risorgimento ad oggi non hanno prodotto i frutti che sinceramente ci si aspettava a differenza, per esempio, delle politiche molto più efficaci portate avanti per la coesione della Germania est: trent'anni era il limite che si era dato per avvicinare il Pil pro capite della Germania est a quello medio della Germania, e in meno di vent'anni l'obiettivo è stato raggiunto.

Questo dibattito poteva essere anche l'occasione per riflettere su come orientare il nostro modello economico finanziario, verso lo sviluppo e non verso l'assistenza, verso l'efficienza, verso il merito e non verso le clientele. Ma è un argomento che ci porterebbe lontano e non c'è sicuramente il tempo di affrontarlo.

Allora vengo alla legge numero 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Come è possibile che un solo partito, l'U.D.C. in Parlamento si sia opposto ad una legge che rappresentiamo come nefasta, improntata all'egoismo territoriale, una legge così marcatamente nordista. Io l'ho letta, l'ho riletta, ho letto numerosi commenti e sono arrivato alla conclusione che è difficile non condividere questa legge, è difficile non condividerne il contenuto dell'articolo della Costituzione che ne è il presupposto, cioè l'articolo 119, in maniera particolare il quinto comma.

I principi che la ispirano sono largamente condivisi e sono patrimonio sia della dottrina sociale della Chiesa, dalla Rerum novarum di Leone XIII sino ad oggi, ma prima ancora sono patrimonio della cultura liberale, dell'illuminismo e anche della cultura socialista. Sono i tre principi della solidarietà, della sussidiarietà, e della responsabilità sia individuale sia collettiva. Ho letto i numerosi commenti alla legge e ai singoli articoli anche di politici e intellettuali sardi, come Giorgio Macciotta e non mi pare che non possano essere condivisi i principi e gli obiettivi che emergono, in particolare dall'articolo 2.

Riassumo brevemente questi principi: il principio di leale cooperazione tra le istituzioni, di governo condiviso della finanza pubblica e di concorso sinergico agli obiettivi di stabilità e di sviluppo posto dall'Unione europea, di federalismo solidale, di perequazione infrastrutturale anche semplicemente nelle procedure ispirate alla partecipazione (con la previsione che la formazione dei decreti delegati sia un compito condiviso tra i diversi livelli istituzionali della Repubblica) il principio di non duplicazione dei costi, di non aumento della pressione fiscale, e il principio della competizione virtuosa (non la legge del più forte, non la legge della giungla, non l'egoismo del più ricco, ma una competizione fra regioni ispirata ai principi di cooperazione, di emulazione, di sussidiarietà).

E allora sorge spontanea la domanda: perché per questa legge esultano i rappresentanti di un partito che, all'articolo 1 del suo statuto, prevede la secessione della Padania? Perché chi è fautore di un federalismo solidale, di norme perequative, che dovranno essere gestite dal Sud, quotidianamente attacca e ironizza sulle capacità amministrative di governo delle regioni e delle città del centro-sud, Roma compresa? Come si conciliano i principi di solidarietà con le aspettative create dalla popolazione delle regioni settentrionali di riduzione del gettito fiscale in primis, e di miglioramento dei servizi finanziabili, scaridandosi della "palla al piede" del Mezzogiorno? La "fregatura" c'è, e risiede nei decreti attuativi, nelle varie leggi che, più o meno sommessamente, vengono approvate e che hanno effetti devastanti.

Voglio tornare al discorso delle accise, delle quali parlava ieri l'onorevole Maninchedda. A proposito della sentenza numero 115 del marzo scorso della Corte costituzionale: cadono le braccia a leggerla. Qualunque accordo, qualunque norma statutaria di Regioni a Statuto speciale di rango costituzionale può essere messa in discussione da semplici norme ordinarie o da direttive comunitarie. Questo è, in sintesi, il contenuto della sentenza della Corte costituzionale. E' ciò che è avvenuto col decreto legislativo numero 26 del 2007, quando la Lega era all'opposizione. Si trattava del recepimento di una direttiva, la 2003/96 dell'Unione europea, che è intervenuta modificando il momento dell'insorgenza dell'obbligazione tributaria, spostando in avanti il momento impositivo, dalla produzione alla fornitura finalizzata al consumo. Si sono inventati, o meglio si erano già inventati, col decreto legislativo numero 504, i depositi fiscali. Cosa significa questo? Che si è cambiato il presupposto dell'imposta (da tassa di fabbricazione ad imposta di consumo) e ciò è avvenuto nel silenzio generale.

Questo significa che le più grandi raffinerie d'Italia (guarda caso poste in Sardegna, a Sarroch, e in Sicilia ad Augusta) raffinano in Sardegna e in Sicilia, inquinano da noi, incrementano magari l'insorgenza di patologie tumorali (che al di là del dramma umano, che resta naturalmente la priorità, costituiscono anche un costo aggiuntivo sanitario per le nostre casse regionali) però, siccome i depositi fiscali sono posti al Nord Italia, in Veneto soprattutto (il grosso del consumo per l'autotrazione o per l'industria o per l'energia è nella Pianura Padana) la compartecipazione delle accise va al Friuli. L'80 per cento delle imposte per il petrolio trasformato a Sarroch andrà a incrementare le casse della Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia e delle altre regioni del Nord che avranno la compartecipazione alle entrate, come le hanno le Regioni a Statuto speciale, se non riusciremo a far modificare in Parlamento questa norma.

Ma, al di là di questo, per me è importantissima la partita delle entrate, e va giocata con furbizia, va giocata con lungimiranza. Io vorrei che prestassimo attenzione, oltre che a questo discorso importantissimo delle accise, al fatto che già la direzione generale Regio, la DG Regio dell'Unione europea, sta lavorando sul documento strategico da proporre per il settennio 2014-2020. In questo momento si sta valutando il parametro da prendere in esame, che al momento è sempre il 75 per cento del reddito medio. Se noi in questa fase, nella fase nella quale si stanno formulando i calcoli, non dovessimo riuscire con furbizia, per esempio per l'anno 2011, a chiedere a EON piuttosto che a Moratti di spostare la sede legale in Lombardia per farci rientrare in quel 75 per cento, forse perderemmo 20 milioni di euro di imposte sul reddito, ma ne guadagneremmo 8 miliardi con la politica di coesione e infrastrutture. Quindi l'attenzione particolare va mirata a questo.

Vedo che il tempo è pressoché scaduto. Volevo dire che condivido l'importanza dell'azione di coesione, di fronte comune del Presidente della Regione con tutti i Presidenti di Regione, poi mi interessa poco che sia la Polverini o Vendola a guidarla, l'importante è che si faccia un fronte comune, perché lo scontro è tra centro-nord e centro-sud. Dobbiamo confrontarci con l'Europa in maniera efficace, dobbiamo condurre una battaglia che sarà dura e che potrà lasciare sul campo molti feriti, speriamo non anche qualche morto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Grazie, signora Presidente, assessore La Spisa, onorevoli colleghi, parlando di federalismo e di federalismo fiscale, e quindi di risorse, e quindi di capacità di creare sviluppo, io non posso non iniziare il mio intervento di oggi, portando, a nome mio personale e dell'Italia dei Valori, la solidarietà e un saluto affettuoso al sindaco di Ottana Gian Paolo Marras, che ieri, come tutti abbiamo letto sulla stampa, ha confermato le sue dimissioni a causa dell'attentato che ha colpito la sua casa e la sua famiglia, e il Centro informagiovani del Comune di Ottana.

"Ci sentiamo oppressi dallo Stato" - queste sono le parole che ieri ha pronunciato ai suoi concittadini - "e se il ministro Maroni vuole venire è bene accetto, lo aspetto qui, in casa mia, tra la mia gente, perché solo così potrà respirare il clima di tensione e di paura". Badate, è un incipit eccezionale per la nostra discussione, perché dà il senso dell'offesa recata ad un Sindaco in quanto di più caro, in quanto di più bello possa avere (la sua famiglia, i suoi figli) e della impossibilità dello stesso di continuare a svolgere un ruolo democratico a causa delle tensioni sociali ed economiche esistenti all'interno del suo Comune. In questo modo quel territorio viene privato di un impegno democratico di cui, vivaddio, ha molto bisogno. Ecco perché il richiamo alla concretezza.

Io ho ascoltato or ora l'intervento - così come ho ascoltato gli altri interventi di ieri - del collega Cuccureddu. Sono assolutamente d'accordo su molto di ciò che ha detto, in primis sul richiamo alla Germania dell'Est. Badate, il richiamo fatto da Cuccureddu alla Germania dell'Est è il segnale inequivocabile del fallimento della politica italiana nei confronti del Meridione. Perché dico questo? Perché - cercando di allargare il tema, perché se parliamo di federalismo fiscale non possiamo parlare solo di Sardegna - il problema del Meridione d'Italia, cioè di 20 milioni di persone, è un tema nascosto, che grida vendetta, perché non c'è un'altra zona grande quanto il Meridione d'Italia, povera quanto il Meridione d'Italia all'interno dell'Europa, e addirittura della nuova Europa.

Il cancelliere Kohl, insieme a tutta la classe dirigente tedesca, si è posto il problema, al momento della caduta del muro di Berlino, di superare il gap, la differenza tra la Germania dell'Ovest e la Germania dell'Est. E in vent'anni sono riusciti ad attenuare, se non ad annullare per certi aspetti, questa differenza. In Italia noi stiamo festeggiando, tra virgolette, i 150 anni dell'unità d'Italia, e il problema del Meridione non è ancora stato risolto. Nonostante i problemi non siano quelli di 20, 30 o 40 anni fa, però, la differenza di sviluppo e di potenzialità di sviluppo tra Settentrione e Meridione non è stata scalfita. Oggi, venendo in Consiglio regionale, ho sentito alla radio il Presidente del Consiglio dei Ministri, all'atto della presentazione al Senato della sua proposta per i prossimi 3 anni di governo dichiarare, come un elemento di soddisfazione, come se fosse un risultato eccezionale, che tra i fondi CIPE e i fondi FAS, spesi, investiti e impegnati in questi ultimi anni, quasi il 40 per cento è stato investito nel Meridione. Io il dato lo leggo alla rovescia, e dico che quasi il 70 per cento è stato investito nel Settentrione, ciò vuol dire che la politica italiana, del Governo di centrodestra invece che tendere ad attenuare le distanze le sta ricreando. E quando io sento annunciare alla radio in diretta stamattina che stanno procedendo tutte le attività per avviare prontamente i lavori della Sassari-Olbia e della Carlo Felice in Sardegna, mi domando: chi vuole prendere in giro? E' chiaro che a questo punto io mi indigno, io mi indigno! Perché i lavori della Sassari-Olbia sono fermi. Sono invece partiti - e l'ha confermato lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri nel suo intervento oggi in aula al Senato - i cantieri per il ponte sullo Stretto di Messina; questi sì che sono partiti.

Ecco quindi che mi pare di poter dire che è più importante il dibattito di oggi, rispetto al dibattito di avantieri sullo Statuto! Perché non c'è autonomia, non c'è indipendenza, non c'è federalismo se non ci sono risorse adeguate. Non possiamo fare il federalismo degli straccioni, o l'autonomia dei morti di fame. Non possiamo! Ecco perché nel suo intervento il Presidente della terza Commissione ci ha messo di fronte alla necessità di scoprire un grande bluff, un grande imbroglio. C'è un tentativo di continuare ad imbrogliarci, di continuare ad imbrogliarci! Io non sono contro la legge numero 42 del 2009 - ricordo che l'Italia dei Valori ha votato a favore in Parlamento sulla legge numero 42 - la legge numero 42 contiene dei principi importanti, qualificanti, innovativi, che è giusto tentare di applicare.

A me si accende qualche spia d'allarme quando vedo, però, l'impostazione che stanno dando alle norme di attuazione. Badate, non sono mie invenzioni, io ho qui il parere espresso dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome che recita: "La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome evidenzia, sulla determinazione di fabbisogni standard che il decreto legislativo si pone per taluni aspetti in contraddizione con la legge numero 42 del 2009".

Addirittura! Cioè i decreti attuativi si pongono in contraddizione con la legge numero 42 di riferimento. La Conferenza non condivide la procedura di formazione normativa in quanto il decreto legislativo deve rappresentare l'esito e non la fonte di ulteriore rinvio ad un DPCM e quindi chiede di costituire un tavolo di confronto Regioni-Enti locali e Governo al fine di riportare l'attuazione della legge numero 42"…

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, colleghi, il mio ragionamento è un ragionamento che parte da una considerazione, che attiene al contenuto della normativa sul cosiddetto federalismo fiscale, ovvero al contenuto della legge numero 42 del 5 maggio 2009. Io sostengo infatti la tesi, in buona parte minoritaria, o, comunque non ampiamente sostenuta, che la normativa di cui trattiamo non c'entri niente con il federalismo e non c'entri niente neppure con la fiscalità, perché sostanzialmente è altra cosa, sostanzialmente è un'operazione centralista, che riconferma integralmente in capo allo Stato la funzione impositiva e procede ad organizzare una differente redistribuzione delle ricchezze, delle disponibilità, delle risorse acquisite dallo Stato tra i diversi soggetti che compongono la Repubblica.

La Repubblica - lo ricordo - lo dice in modo inequivocabile la nostra Costituzione, è costituita da Stato, Regioni, Province (e quindi queste non possono essere abolite con editto regionale, né possono essere abolite con legge ordinaria dello Stato, devono essere abolite, se si vogliono abolire, con la procedura di revisione costituzionale) i comuni e le città metropolitane. Il tema del federalismo fiscale (io così lo intendo) è il tema di chi impone e di chi riscuote, quindi ognuno per le funzioni che deve esercitare, ognuno per le funzioni che gli sono riconosciute dalla Carta costituzionale, e se noi agiamo in regime di Costituzione vigente, in ragione delle competenze dello Stato, lo Stato deve imporre, per esercitare quelle funzioni e non altre, perché le altre sono esercitate dai livelli diversi in cui si articola la nostra Repubblica.

La legge numero 42 non fa nessuna operazione di questo livello, di questo spessore, cioè non stabilisce qual è il tetto che lo Stato deve mantenere a livello di imposizione diretta, quanto serve e quali sono le imposte che lo Stato applica per esercitare le funzioni che a lui sono attribuite dalla Costituzione. La legge numero 42 è ambigua, è una legge fondamentalmente centralista, mantiene cioè in capo allo Stato (anzi, ancora peggio, impone alle altre articolazioni in cui si sviluppa la Repubblica) comportamenti, anche dal punto di vista economico, quasi autoritari, tipicamente centralisti.

Badate, in mezzo alla confusione hanno una grandissima responsabilità tutti i soggetti dell'informazione, perché questo è un Paese che è disinformato sistematicamente sui fatti, sui contenuti, sulle verità credo siano pochi i cittadini che si dedichino alla lettura della legge numero 42 del 2009, che si dedichino alla lettura dei decreti attuativi. Ora è sintomatico che il primo decreto attuativo che è stato emanato riguardi un trasferimento immobiliare di proprietà che, guarda caso, alla Regione dovrebbero derivare direttamente ai sensi della Costituzione vigente, ai sensi dell'articolo 14 dello Statuto. L'operazione a cui noi stiamo assistendo è questa: uno spostamento del potere di direzione dello Stato, di uno Stato centralista e sempre più autoritario. E, badate, lo dico perché ci sono anche ragioni politiche in questo.

Noi abbiamo al potere in questo momento - non lo dico con spirito polemico, lo dico proprio recependo l'interpretazione che gli stessi soggetti che partecipano danno di quel governo e di quelle forze politiche che lo compongono - partiti carismatici e in quanto tali partiti autoritari. Partiti carismatici che anziché risiedere a Roma e dintorni risiedono a Milano e dintorni, dove cioè si coniuga il potere politico e il potere economico in maniera più evidente e più naturale che in altre parti di questo Paese. E noi siamo lì, ad assistere alla dissoluzione dello Stato che abbiamo conosciuto e all'imposizione di un altro Stato, non attraverso le leggi, quelle proprie, quelle che devono essere definite in ragione delle fonti, della qualità delle fonti, ma attraverso leggi ordinarie che regolano di fatto questioni di natura costituzionale.

Non a caso uno dei concetti che più viene utilizzato anche dai media colpevolmente, perché trae in inganno, costruisce un terreno fertile per violazioni di sostanza nel nostro ordinamento, è quello di Costituzione materiale, per contrapporla a quella formale. Ma quale Costituzione materiale! Costituzione ce n'è una sola ed è quella formale, è quella votata dalla Costituente, modificata, secondo le procedure di revisione da essa stessa previste, dal Parlamento.

Ora, di fronte a questo scenario io raccolgo alcune provocazioni provenienti positivamente anche dalla maggioranza, dall'onorevole Steri e dall'onorevole Maninchedda. Quella risoluzione l'abbiamo presentata unanimemente. Abbiamo deciso che era utile e necessario discutere di questi temi perché quando si modifica l'assetto della nostra Repubblica con spostamento di competenze da un soggetto ad un altro, noi dobbiamo stare attenti. E allora ben vengano strumenti che ci consentano lo studio, l'approfondimento, consentano l'individuazione dei punti di attacco, ci consentano la partecipazione di questo Consiglio regionale alla partita che abbiamo in corso e all'affermazione di quella sovranità - io qua voglio usare questo termine - che compete anche a questo livello istituzionale, così come è sancito dalla nostra Costituzione. Affermazione della sovranità, quindi, non in violazione, ma per adempiere al dettato costituzionale che invece viene violato proprio da normative di questa natura, quelle di cui noi discutiamo e che purtroppo potremmo subire.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi consiglieri, io credo che il dibattito che stiamo facendo sia molto utile anche se, devo dire, per una volta forse avremmo potuto chiuderlo sul primo intervento, anzi sulla presentazione della risoluzione che è stata firmata dai componenti della terza Commissione, quella del presidente Maninchedda. Credo che la cosa importante che avremmo dovuto fare (utilizzo quasi un paradosso ma questo poi mi consente di introdurre un ragionamento) sarebbe stata quella di stampare 1 milione e 630 mila copie, una per ogni cittadino della Sardegna. Poi il presidente Cappellacci avrebbe dovuto idealmente chiamare ogni cittadino sardo, fargli leggere la relazione e spiegargliela e dirgli che da oggi al 31 maggio 2011 il problema della Sardegna è questo. E' vero che ci sarà il problema degli agricoltori, dei pastori, il problema dei precari della scuola, il problema della sanità, tutti i problemi che conosciamo, ma il problema della Sardegna - il problema, non un problema - è questo: come noi andiamo a rapportarci sul versante delle entrate, sul versante del federalismo con lo Stato.

Del ragionamento del presidente Maninchedda io voglio sottolineare due aspetti. Il primo è che il punto su cui lo Stato intende intervenire per decidere quanti soldi trasferire alla Sardegna è quello del mix tra IVA, IRPEF e IRAP. Maninchedda ha detto una cosa che credo sia utile che venga conosciuto anche all'esterno di quest'Aula, e cioè che chi ha la situazione più disagiata e i servizi peggiori avrà necessità di aumentare l'IRPEF ai suoi cittadini e non potrà ridurre l'IRAP alle sue aziende, per cui di fatto saremo incentivati a immigrare in Lombardia dove ci sono servizi migliori e costi minori. Quindi restare in un posto come la Sardegna sarà difficile come è difficile a chi abita a Esterzili continuare a vivere a Esterzili e non trasferirsi a Cagliari. E' lo stesso identico meccanismo.

Il secondo ragionamento che mi premerebbe richiamare per capire se (ma penso di sì) se tutti quanti siamo d'accordo, è quello relativo al meccanismo con cui sta lavorando lo Stato. Lo Stato sta lavorando su due parametri apparentemente oggettivi: i cosiddetti livelli essenziali delle prestazioni e i cosiddetti costi standard. I livelli essenziali delle prestazioni noi li conosciamo già in sanità, nel senso che sono stati già a suo tempo utilizzati per garantire ai cittadini in ambito sanitario pari diritti. Voi credete che un'operazione d'appendicite eseguito all'ospedale di Sorgono sia uguale a un'operazione d'appendicite eseguita all'ospedale Brotzu? Io vi posso garantire, conoscendo la realtà sanitaria sarda, che non è uguale, per cui quando noi diciamo "appendicite" intendiamo una cosa diversa a Vibo Valentia, a Sorgono, a Cagliari o a Milano. E quando parliamo di costi standard (cioè la miglior prestazione nel posto dove viene fornita col minor costo possibile per la collettività9 stiamo dicendo la stessa cosa. E' l'esempio che io cercavo di fare quando abbiamo discusso della parte riforme strettamente intrecciata a quella di cui stiamo discutendo adesso.

Quando a noi diranno: "In Sardegna per rilasciare mille licenze di pesca avete dodici amministrativi, mentre in Lombardia ne bastano quattro", noi come faremo a spiegare che abbiamo otto amministrativi in più? E qual è il motivo per cui li abbiamo? Su questo punto forse vale la pena di soffermarci un attimo per dire che probabilmente se dodici amministrativi che rilasciano mille licenze di pesca non è tutta colpa nostra. Magari c'è un sistema informatico che è stato pagato dallo Stato e che non è stato pagato alla regione Sardegna, per cui nella regione Sardegna molti passaggi devono essere effettuati a mano. Da ciò deriva il nostro diritto a vedere eliminato quel gap che fa sì che i nostri diritti di cittadinanza inferiori siano rispetto a quelli di cui godono i cittadini lombardi, e c'è implicito, in questo ragionamento l'idea di ridiscutere il concetto di specialità.

Quando nel 1946-47-48 abbiamo ottenuto lo Statuto speciale, l'abbiamo ottenuto per ragioni di nazione, di etnia, di guerra appena finita, di ritardo economico. Oggi dobbiamo riposizionare il nostro ragionamento e non possiamo che riposizionarlo sull'idea che ci sono delle questioni non solubili, non risolvibili per la Sardegna, che sono sul tappeto e sono quelle ricordate: l'insularità, la bassa incidenza demografica, la dispersione demografica, i trasporti interni, la parcellizzazione dei piccoli comuni in zone montane difficilmente raggiungibili. Questi sono diseconomie che sono insite nella nostra regione; siamo l'unica regione che ha le ferrovie dello Stato non elettrificate, siamo l'unica regione che ha un capoluogo di provincia che non è raggiunto dalle ferrovie dello Stato! Insomma, in qualche maniera, se siamo cittadini italiani - noi Riformatori siamo convinti di esserlo - lo Stato deve intervenire per colmare questo gap.

Però, quando abbiamo finito di fare questo ragionamento dobbiamo anche chiederci quanta parte delle mille licenze di pesca rilasciate da dodici amministrativi (e non da quattro come in Lombardia) dipende da nostra inefficienza. Lì c'è il problema della modernizzazione del "sistema isola" che è un problema altrettanto cogente, altrettanto sul tappeto, altrettanto indispensabile, da affrontare subito, esattamente come quello relativo alla ridefinizione dei nostri rapporti con lo Stato.

E' un ragionamento, colleghi, di cui noi stiamo prendendo coscienza in Aula anche attraverso la discussione di queste ore, e se abbiamo avuto così tanta difficoltà a prenderne coscienza noi, che siamo avvantaggiati sicuramente in termini di raccolta di informazioni rispetto agli altri sardi, perché viviamo di questo e per questo, pensate la difficoltà che c'è a capire l'importanza di questi temi fuori dal Palazzo dove, comprensibilmente e legittimamente, i nostri concittadini (pensate ai pastori, ai precari della scuola, ai precari della sanità, ai pazienti degli ospedali) si concentrano sui loro problemi immediati.

Allora, noi dobbiamo trasferire una sensibilità che stiamo consolidando in queste ore e che fuori non c'è perché distratta dall'elemento contingente. Guardate, io lo ripeto a costo di essere noioso, la Costituente non è un limone spremuto, come qualcuno può ritenere, perché l'ha sentita nominare troppe volte, la Costituente è la soluzione di questi problemi perché è l'unico modo che ci consente di rimettere in movimento la nostra società, di ricostituire un rapporto con una classe politica che oggi è avulsa dalla gente che sta fuori; è l'unico elemento che ci consente di attrarre nuove capacità dalla società che sta fuori per utilizzarle ai fini della politica e di saldare la sensibilità della politica con quella della classe dirigente e con quella del cittadino comune e rendicontargli (al cittadino comune) qual è il problema vero con cui la nostra Regione dovrà confrontarsi nei prossimi mesi. Altrimenti la nostra posizione di contrattazione nei confronti dello Stato sarà debolissima, e non sarà soltanto debole perché il Sud è debole nei confronti del Nord, ma perché quando si sarà completata la cruenta battaglia per i soldi tra il Nord e il Sud inizierà, o sarà già iniziata, la battaglia all'interno dei poveri per capire quali risorse abbiamo diritto per poter garantire diritti di cittadinanza ai nostri cittadini.

Allora, ha ragione il collega Porcu: sosteniamo chi sta oggi ragionando sulle norme di attuazione, introduciamo l'argomento delle accise in modo virile, non semplicemente sussurrandolo nei corridoi, ipotizziamo forme di partenariato con regioni del Nord quali quelle che aveva ipotizzato a suo tempo la Fondazione Agnelli, ma teniamo presente che queste battaglie potremmo farle con la speranza di vincerle (perché la certezza non l'avremo mai) solo se avremo i sardi al nostro fianco e, per questo, dovremo dare loro uno strumento perché credano in questi obiettivi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, io vorrei leggere, prima di dar corso alle mie considerazioni, la motivazione che ha spinto l'U.D.C. (l'unica forza politica in Parlamento) a votare contro il federalismo fiscale. Noi abbiamo sentito in quest'Aula rappresentanti di diverse forze politiche locali, sardi, autorevoli rappresentanti, utilizzare gli stessi argomenti che l'U.D.C. ha utilizzato per votare contro il federalismo fiscale. Allora mi sorge subito una domanda: c'è reale collegamento tra noi rappresentanti regionali dei partiti e i partiti nazionali?

Altra domanda. Per una interpretazione del ruolo che ognuno di noi attribuisce alla sua funzione politica (e molto spesso ho sentito riecheggiare in quest'Aula l'affermazione che siamo prima rappresentanti dei sardi e poi delegati dei nostri partiti) mi chiedo se questa considerazione è stata fatta anche dai nostri rappresentanti in Parlamento quando si è discusso del federalismo fiscale e hanno votato a favore di quel testo.

Bene, l'U.D.C. in sintesi si dichiara favorevole a un federalismo vero "che garantisca da una parte l'unità della Repubblica e la solidarietà nazionale, dall'altra l'autonomia, il decentramento e la responsabilità dei diversi livelli di governo in base al principio di sussidiarietà. "La maggioranza, invece" vende un finto federalismo fiscale che non serve a contenere e razionalizzare la spesa pubblica, divide e discrimina". Questo è sostanzialmente il giudizio dell'U.D.C. sul voto sul federalismo fiscale.

Allora, noi siamo qui per discutere su una risoluzione presentata dalla Commissione terza sulla mozione del collega Ben Amara. Abbiamo iniziato questa sessione sulle riforme e sullo Statuto facendo alcuni riferimenti storici, rievocando come siamo arrivati a questo punto. Credo che questo sia abbastanza conosciuto dal popolo sardo. Adesso dobbiamo decidere come e se partecipare a scrivere la storia, perché questo è il senso dei nostri lavori. Quindi, dobbiamo definire le nostre posizioni.

Io vedo nell'Aula unanimità (e questo è già un fatto positivo) unanimità nel difendere le nostre entrate, nel difendere i nostri diritti, nel difendere i diritti già acclarati dallo Statuto sardo e che in qualche modo invece possono essere negati da questa struttura federale e in particolare dal federalismo fiscale. Nella storia che è stata fatta non sono mancati i richiami alle nostre responsabilità (quando dico nostre parlo della classe politica regionale). Si è detto dell'Iva, dell'Irap, dell'Irpef riscosse in Sardegna, dei vari meccanismi che ci portano a non avere ciò che è un nostro diritto in termini di trasferimenti finanziari, ma non ci si è chiesti una cosa: siamo in grado di gestire tutto questo?

Vedete, io devo far riferimento necessariamente all'ex Presidente della Regione senza polemica, al presidente Soru. Io credo che in questi ultimi due anni, un anno e mezzo, il presidente Soru abbia capito come funziona il Consiglio regionale e che il Consiglio regionale l'abbia aiutato molto a crescere anche politicamente. Da quando ha iniziato a frequentare il Consiglio regionale è cambiato anche il suo atteggiamento nei confronti della politica, dei Partiti, dei colleghi, dell'Assemblea regionale.

Con molta umiltà devo dire che io 11 anni fa, quando entrai qui, non avevo sicuramente le conoscenze che ho oggi, ancora molto devo apprendere, ma ho imparato molto da questa Aula. Perciò credo che soprattutto chi studia per diventare Presidente o per esserlo, debba frequentare questa Aula perché aiuta ad interpretare le indicazioni che essa fornisce e quindi a presentarsi nei tavoli importanti, decisionali, con quell'autorevolezza che sia il Trentino Alto Adige, sia le altre Regioni che prima di noi hanno compiuto passi importanti in questa materia hanno dimostrato di possedere. Addirittura ritengo che forse sarebbe stato opportuno invitare i tecnici che saranno deputati poi a rappresentarci nel confronto con lo Stato a sedere in quest'Aula o tra il pubblico per ascoltare le considerazioni del Consiglio in modo da meglio riportarle in sede di Commissione paritetica.

Perché dico questo? Vedete, in un convegno tenuto in Sicilia sul federalismo fiscale, qualcuno, non sto lì a leggere tutto, ha sottolineato il problema dei problemi: "la responsabilità fiscale e l'autonomia di entrata e di spesa presupporrebbero una classe dirigente di qualità che alla Sicilia manca". Arrivo al punto. Rifacendomi all'esempio dei funzionari addetti al rilascio delle licenze per la pesca, non confonderei i due livelli. Se noi non abbiamo le ferrovie elettrificate (nella provincia di Nuoro sono ancora, addirittura, a scartamento ridotto oltretutto, in riferimento ai costi standard,in provincia di Nuoro un'impresa, non può ricevere un vagone da 90 metri cubi perché non passa e quindi necessariamente deve sopportare dei costi aggiuntivi nei trasporti indiretti), questa è responsabilità dello Stato che è mancato, che è stato latitante, è una delle tante responsabilità dello Stato. Nel caso, invece dei funzionari addetti al rilascio delle licenze di pesca, se sono dodici forse abbiamo responsabilità anche noi, se il sistema informatico non è adeguato abbiamo responsabilità anche noi, se il SISAR ci è già costato 24 milioni di euro, e noi continuiamo a spendere su quello, lì abbiamo responsabilità noi.

E allora la classe dirigente, in primis chi la deve guidare e formare? Dov'è? Se sapremo rispondere a questo, forse avremo anche l'autorevolezza per confrontarci seriamente con il Governo centrale e rivendicare con forza democratica i nostri diritti.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Barracciu, Contu Felice, Cossa, Diana Mario e Porcu sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 59 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Vargiu - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Constatata la presenza del numero legale possiamo proseguire.

E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, colleghi, ricordo che abbiamo all'attenzione due documenti: la mozione del collega Ben Amara e più e la risoluzione votata all'unanimità dalla terza Commissione. Mi limito a pochissime considerazioni. La risoluzione chiede: "che sia tracciato un percorso di partecipazione del Consiglio regionale al processo attuativo del federalismo fiscale", punto. Ritenete voi che dai discorsi che abbiamo fatto si sia data una risposta al percorso che noi intendiamo continuare, in termini di partecipazione? Cioè può essere possibile che solo la discussione che noi abbiamo fatto fino adesso sia sufficiente per dare una risposta ad un deliberato della Commissione votato all'unanimità? Qualcuno di noi ha indicato che tipo di partecipazione questo Consiglio regionale dovrebbe offrire?

Io non ho sentito nessunissima proposta. Potrà venire da un ordine del giorno questa proposta? La realtà è che anche leggendo la mozione del collega Ben Amara e più, questa proposta non si evince. Peraltro si tratta di una mozione estremamente equilibrata salvo dove continua a parlare di Regione e Stato senza considerare che intanto è intervenuto un cambio straordinario nella nostra Costituzione, nel bene e nel male, per cui non siamo più subalterni allo Stato, noi, al pari dello Stato, facciamo parte della Repubblica. Lo Stato e la Regione sono due soggetti che fanno parte della stessa Repubblica, e che non devono entrare in contrasto a meno che questo non nasca nel sistema di perequazione che è quel famoso sistema che dovrebbe dare la possibilità a quelle Regioni (non le definisco neanche del meridione d'Italia o del Sud) che hanno bisogno, di avere le risorse. Ma queste risorse a cosa dovranno essere finalizzate? A una pari distribuzione delle stesse o a mettersi al pari delle altre o per cercare di abbattere quel gap, quel differenziale che c'è tra noi e le Regioni più evolute?

Questo è uno dei problemi che dobbiamo porci. Però il punto che mi interessa maggiormente è: in quale partecipazione? Posto anche che ci facessimo promotori di una maggiore divulgazione su questi temi, così come il collega Vargiu ha proposto, quale partecipazione, in coerenza, possiamo assicurare, come Consiglio regionale, al processo attuativo del federalismo fiscale?

Allora, faccio subito un esempio. È stata citata più volte la Regione Trentino Alto Adige. Sono andato a verificare che cos'è successo nel Trentino. Intanto, non c'è nessuna norma approvata dal Governo relativa al Trentino Alto Adige che non sia stata sostenuta da norme di attuazione, dalla prima fino all'ultima. Quindi appare confermato che senza norme di attuazione non possiamo andare da nessuna parte. Viene pertanto avvalorata ancora l'ipotesi che l'articolo 8 non è applicabile se non in presenza di norme di attuazione, perché sono una garanzia ulteriore, perché non ci dobbiamo fermare alle parole.

Però nel Trentino Alto Adige hanno fatto un'altra cosa, hanno costituito una Commissione paritetica, che è la famosa Commissione dei dodici (dei dodici non dei due). E chi fa parte di questa Commissione paritetica? Ne fanno parte, autorevoli rappresentanti del Consiglio regionale (l'autorevolezza ovviamente deriva dal fatto che poi si impegnino veramente in questa Commissione paritetica, perché se è solo per farne parte ovviamente non andiamo da nessuna parte), ne fanno parte rappresentanti del Governo regionale (il Presidente, o l'Assessore competente, o più assessori), ne fanno parte rappresentanti ministeriali, e quindi rappresentanti del Governo.

È una proposta. E' una strada che si può perseguire o non si può perseguire? Perché altrimenti mi viene difficile confermare il voto che ho espresso in quella Commissione, perché questo era lo spirito che aveva animato coloro che hanno votato all'unanimità quella Risoluzione. Non possiamo rimanere qua a discutere. Dopodomani, o non so quando, ci sarà di nuovo convocata la Commissione paritetica; chi andrà a rappresentare il Consiglio regionale questa volta? Chi andrà? Andranno i soliti solerti funzionari, che certamente ci metteranno del loro dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista politico? Come affronteremo quel famoso problema degli articoli numero 114, 115, 116, 117, 118 e 119 della nuova Costituzione, dove si fa una bella differenza tra Stato e Regioni, dove si fa una bella differenza tra la Repubblica e lo Stato, dove non è chiusa nessuna porta.

Certo, poi noi qua politicamente abbiamo la necessità anche di dire, come ha detto l'onorevole Salis, che tutti i guai derivano dal Governo di Centrodestra. Veda, onorevole Salis, io la bomba l'ho avuta sotto casa, l'ho avuta veramente, perché chi fa l'amministratore incorre anche in queste disgrazie. Non c'è stato nessun Governo che si è preparato, o che ha mandato un Ministro dell'interno in quel periodo. Il Ministro dell'interno della Repubblica italiana oggi, rappresentante di un partito tanto osteggiato, quanto per certi versi anche invidiato, la settimana prossima verrà in Sardegna, e verrà in Sardegna, guarda caso, su invito del Presidente della Regione, e verrà per rendersi conto della situazione, che non è solo una situazione determinata dal fatto che sia stato compiuto un attentato ad un Sindaco (tanti sindaci hanno subito e subiscono attentati quotidianamente; i fatti poi non li sappiamo mai tutti!), ma dalla condizione generale di crisi in cui versa il nostro territorio.

Ecco, voglio dire, non sviliamo il ruolo e i rapporti che ci devono essere tra una Regione come la nostra e il Governo italiano - continuo a dire con il Governo italiano - e con la Repubblica italiana, perché le prerogative che abbiamo noi oggi come Regione, sulla base di quegli articoli della Costituzione, non sono né minori né diverse di quelle che ha lo Stato. Se non entriamo nella logica di questo meccanismo, non faremo molta strada. Le rivendicazioni fatte solo perché noi protestiamo, perché battiamo i pugni, perché andiamo in piazza, non bastano più! E qui sono d'accordo con chi ha detto che ci vuole maggiore capacità. E ci vuole maggiore capacità da parte della politica, da parte della Regione nel suo insieme, da parte della burocrazia, dei tecnici, ci vogliono maggiori interlocuzioni, però bisogna che questo Consiglio regionale sia ascoltato, perché se rimane una voce che si disperde al vento, non serve.

Noi oggi partoriremo un ordine del giorno, forse anche all'unanimità, e poi cosa accadrà? Dalla settimana prossima, quando verrà convocata di nuovo la Commissione paritetica, chi ci sarà a rappresentare la Regione Sardegna? I soliti solerti funzionari? O ci sarà una rappresentanza politica forte che faccia capire le ragioni di questa Regione? Perché se non facciamo questo ragionamento, guardate, poi possiamo fare i ragionamenti che ha fatto il presidente Soru, i ragionamenti che opportunamente ha fatto il collega Locci, i ragionamenti che hanno fatto tutti coloro che sono intervenuti, ma non arriveremo da nessuna parte, perché sarà solo una rivendicazione sterile non supportata da atti concreti. E questa non può assolutamente essere la strada maestra! Questo vale per questo, e vale anche per lo Statuto.

Voglio ricordare che la legge numero 42 nasce dalla Costituzione, è una legge che non può andare oltre i poteri della Costituzione, semmai è il contrario! Ecco perché è importante che noi ci soffermiamo su questo, ecco perché è importante che la politica in quei tavoli faccia capire che cosa prevede la Costituzione, al di là della legge 42, che non offre certezze a nessuno, e men che meno le offre alle Regioni a Statuto speciale. Quindi…

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Grazie Presidente, Assessori, colleghi, ma, in apertura segnalo intanto un tema concreto che mi sembra attinente. Stamattina, o comunque in giornata, la Giunta regionale, tra i punti all'ordine del giorno, prevede il commissariamento dei consorzi industriali, quello dell'Ogliastra. E' stata presentata una mozione, dobbiamo fissare penso la prossima settimana in Aula la discussione di questa mozione, credo che sia quantomeno di cattivo gusto che oggi la Giunta regionale vada ad approvare questa delibera, che nomini un commissario straordinario, con uno sgarbo istituzionale nei confronti di questo Consiglio regionale, che nei tempi ha presentato una mozione. Chiedo pertanto all'assessore La Spisa di farsi parte attiva perché almeno questa delibera venga sospesa.

Ritornando al tema di oggi, il federalismo fiscale è un percorso che va avanti, che va avanti e che non ci aspetta, che ci vede clamorosamente in ritardo, come ha detto il presidente Cappellacci in modo molto candido nei giorni scorsi. Ci ha detto, con una metafora, che "c'è un treno in corsa" che "rischiamo di perderlo", che "se non facciamo in tempo, o se non ci muoviamo, ci riserverà carrozze di 2ª, di 3ª classe". Come se in questo periodo la Regione sarda non abbia avuto una guida, sia stata assente, non ci sia un Governo regionale, non ci sia una Giunta regionale!

Però il presidente Cappellacci sa bene che quel federalismo, che oggi deve essere attuato con i decreti attuativi, e che ha come capotreno Bossi, Calderoli, i Ministri di quel partito che forse qualcun ci invidia, onorevole Diana, e ha come capostazione Berlusconi, Tremonti, non assicura carrozze uguali per tutti, non le assicura per come è stato concepito, non vede insomma tutte le autonomie regionali uguali, tutti i cittadini uguali, da Bolzano fino a Cagliari, non è concepito in questo modo. Creare un'entità identitaria fittizia, come la Padania, farla diventare uno strumento che gioca un ruolo contrario alla solidarietà, all'uguaglianza, alla libertà delle persone, non è il tipo di federalismo che auspichiamo, e lo dice chi è fortemente convinto che il nostro Stato si componga di differenze, di identità profonde - da valorizzare, come abbiamo ripetuto nel dibattito di questi giorni - in un quadro unitario.

Insomma, riteniamo sbagliato un federalismo fiscale utile solo per limitare i flussi di riequilibrio delle Regioni, dalle Regioni che hanno una capacità impositiva maggiore, verso quelle che hanno una capacità impositiva minore, cioè finalizzato a trattare in modo uguale situazioni diverse. Piuttosto riteniamo che a situazioni diverse, pensiamo alla nostra specialità, debbano corrispondere discipline e normative diverse, finalizzate a perequare situazioni sperequate, finalizzate all'integrazione e all'accoglienza, e noi siamo una terra di integrazione, una terra di accoglienza.

Non siamo contro il federalismo, ci rendiamo conto che nel federalismo, nell'eliminazione della spesa storica, dei costi standard, nei livelli essenziali delle prestazioni ci sono fattori che hanno un valore, che crescono la responsabilità della Regione, degli enti locali e degli amministratori, verso vincoli di bilancio, verso una qualità della spesa. Però riteniamo che sia necessario un federalismo solidale che sia in grado, attraverso un fondo perequativo, di ridurre le differenze, di muoversi tra le entrate tributarie standard, che non sono necessariamente quelle effettive, e il fabbisogno standard, di garantire a tutti almeno la copertura dei costi delle prestazioni essenziali. Sappiamo che per quanto riguarda le regioni speciali vi è un'autonomia separata, continua ad esserci una autonomia separata, basata sul grado di autonomia finanziaria prevista negli statuti, e quindi prevista nel nostro Statuto. Ma, nello stesso tempo, la normativa riconduce anche a dei procedimenti che sono quelli - come ricordava l'onorevole Diana - di contrattazione nell'attuazione degli Statuti nell'ambito dei principi generali del federalismo fiscale.

Le norme di attuazione dovranno, tra l'altro, coordinare la finanza pubblica regionale con quella statale, coordinare il sistema tributario con la potestà tributaria attribuita alle regioni speciali e alla eventuale fiscalità di sviluppo. Allora, le nuove funzioni eventualmente trasferite dovranno trovare copertura proprio attraverso la compartecipazione alle entrate tributarie, così com'è avvenuto per la Regione con la riscrittura dell'articolo 8, per la sanità, per il trasporto pubblico locale. Un accordo che - lo dico a beneficio del collega Locci che è intervenuto ieri sulla base dei calcoli fatti dall'assessore La Spisa e che troviamo nei documenti allegati al bilancio 2010 - vedeva allora un differenziale positivo (quindi al netto della sanità e del trasporto pubblico locale) di un miliardo e 632 milioni, che oggi si è ridimensionato sulla base dei nuovi calcoli (400 milioni circa in meno con l'assestamento e, mi pare, forse, un centinaio di milioni in meno già nelle previsioni del bilancio del 2011).

Insomma, se non ho visto male, quei dati sintetici comunque portano il differenziale dal 2009 al 2011 a circa 1 miliardo di euro. Allora io credo che quelle risorse che sono un patrimonio da difendere, un patrimonio da difendere perché conquistato con l'apporto di tutti i sardi, rischino, assessore La Spisa, di non entrare nelle casse regionali. Io non credo nei percorsi che ha intrapreso la Commissione paritetica, non solo perché dobbiamo rafforzarla ma perché, comunque, riscontro un atteggiamento dilatorio da parte dello Stato. I senatori del Partito Democratico hanno ottenuto la convocazione (che penso arriverà in questa settimana) della Commissione affari costituzionali probabilmente in sede congiunta con la Commissione finanze del Senato e la convocazione del Governo proprio per parlare dell'articolo 8, proprio per parlare dello schema delle norme di attuazione che è in discussione in Commissione paritetica e che ad oggi ho visto solo prendere atto della lettera del Viceministro Vegas e della costituzione di un gruppo di lavoro, di un tavolo tecnico, ma niente di più.

E allora, ha ragione il Presidente della terza commissione: ci vuole una mobilitazione vasta, non solo per l'Irpef e per le accise ma anche per la difesa di ciò che è scritto nella nostra Costituzione attuale, nel nostro Statuto di autonomia, nell'articolo 8. Che ci sia bisogno di una politica contestativa l'ha detto perfino l'assessore Prato ieri abbandonando, sbattendo la porta del tavolo ministeriale: "Andiamo via, ci stanno prendendo in giro!" Se ne è accorto perfino l'Assessore Prato!

Allora credo che dobbiamo tutti, compreso lei assessore La Spisa, compreso il Presidente Cappellacci - oggi assente, ha qualcosa di meglio da fare - rendersi conto che non basta più seguire il Governo sulla strada dei gruppi di lavoro, dei tavoli tecnici delle norme di attuazione, dei funzionari che a volte vanno e a volte non vanno, anche quelli della nostra Regione. Il dibattito di questi giorni, quello che abbiamo concluso ieri, quello che concludiamo oggi, dimostra da un lato che l'esperienza autonomistica che finora abbiamo conosciuto è finita e dall'altra che vanno rilanciate le ragioni dell'autogoverno. Federalismo - questo deve essere sottolineato - non vuol dire sciogliere i legami che ci tengono insieme in Italia, non vuol dire questo, vuol dire maggiore capacità decisionale, vuol dire maggiori poteri per le regioni in un quadro unitario, col profondo senso però di appartenenza ad una comunità regionale e ad una comunità nazionale.

Qualche giorno fa Romano Prodi nel suo sito faceva notare un'incongruenza tra chi vuole il federalismo fiscale e contemporaneamente ha voluto la cancellazione dell'imposta sugli immobili, dell'Ici, che in tutti i paesi del mondo è il fondamento di una imposizione locale. Il Presidente Berlusconi definiva questa brillante intuizione elettoralistica con una logica: quella della botte piena e della moglie ubriaca. Ma non funziona così, non può funzionare così, salvaguardando le classi più deboli bisognerà pur trovare qualche forma di diffusa applicazione di un'imposta sugli immobili che dia fiato a quelle autonomie locali che tra l'altro devono fare i conti (li dovremmo fare anche noi) a partire dal 2011 con i tagli di Tremonti. Ne vedremo presto gli effetti.

(Interruzione)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Campus, Cherchi, Dedoni, Ladu e Peru sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 60 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Rassu - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Vargiu - Zedda Massimo.

Constatata la presenza del numero legale possiamo proseguire.

Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.Cercherò di essere il più sintetico possibile, però l'argomento è molto importante e richiederebbe considerazioni lunghe e approfondite. Per evitare che l'interruzione dell'audio mi impedisca di esprimere un concetto importante dal punto di vista del metodo e del percorso futuro, premetto che la Giunta regionale non solo è disponibile ma addirittura auspica che nel confronto con lo Stato, sia sull'attuazione dell'articolo 8 così com'è, sia nel confronto con lo Stato per l'attuazione della legge numero 42 (attraverso un tavolo a cui partecipano il Presidente del Consiglio dei Ministri, i ministri competenti e, per la Regione, il Presidente della Regione, e che si suddivide anche in sottogruppi tecnici) in tutte queste 2 fasi la Giunta regionale auspica in quanto lo ritiene importantissimo, l'apporto del Consiglio.

Sia in sede tecnica, nell'attuale comitato paritetico sia nella fase di confronto e di attuazione della "42" con i vertici della Regione e i vertici del Governo, la Giunta auspica ed è disponibile ad un confronto continuo, ad una informazione del Consiglio, della Commissione; gli stessi componenti regionali del comitato paritetico potrebbero essere, insieme anche alla Giunta, auditi dalla commissione, o riferire al Consiglio. Insomma, qualunque forma di collaborazione per noi, non solo è offerta come disponibilità, ma è addirittura auspicata. Più forza abbiamo e meglio è. Del resto la questione del federalismo fiscale è importantissima, è attuale, perché certamente costituisce un fattore fondamentale dello sviluppo dei diversi territori del Paese Italia, e di questo noi dobbiamo avere coscienza. I principi della legge 42 - com'è stato detto anche da più di uno di voi - sono quelli di sussidiarietà, responsabilità ma anche solidarietà. Il principio di sussidiarietà costituisce un fattore di modernizzazione e anche di democratizzazione del Paese, perché in forza di esso il potere scende e si avvicina sempre di più al cittadino. La sussidiarietà è sia verticale sia orizzontale, non dimentichiamolo mai, e quella orizzontale implica la collaborazione di tutte le componenti della comunità del nostro Paese e delle nostre Regioni, non soltanto quelle istituzionali ma anche quelle sociali. Poi c'è il principio di responsabilità, ma anche di solidarietà: la legge numero 42 prevede infatti norme di salvaguardia a favore delle Regioni speciali, e queste sono importantissime, addirittura decisive per la difesa dei nostri interessi.

I problemi allora dove sorgono, se la legge 42 in grandissima parte è condivisa da tutte le forze politiche, rappresentate anche in questo Consiglio regionale? Da che cosa nascono i problemi e che cosa ha fatto scattare l'allarme? Sicuramente i problemi nascono dai primi decreti attuativi, quello sul federalismo demaniale e quello (annunciato e già preesentato) sul federalismo cosiddetto municipale, e dalla relazione del Ministro dell'economia sull'attuazione del federalismo. Questi decreti (così come la relazione del Ministro) ci preoccupano perché fanno intravedere - lo dico e sono disponibile anche a pagare per quel che dico - un percorso di attuazione orientato a disegnare un federalismo senza le Regioni ordinarie e contro le Regioni speciali, questo è il motivo per cui si è scatenata anche quest'estate e anche da parte delle Regioni ordinarie, la contrapposizione, non solo alla relazione presentata da Tremonti, ma anche al decreto convertito in legge che sottraeva molte risorse alle Regioni ordinarie oltre che frenare la spesa di quelle speciali. Questo è il dato politico che Giunta regionale e Consiglio regionale, insieme anche alle rappresentanze sociali, devono avere molto chiaro: se questa impostazione si rafforzasse sotto la spinta di una parte della maggioranza che governa l'Italia e di una parte importantissima dello stesso Consiglio dei Ministri, la Regione Sardegna si troverebbe di fronte ad un assetto normativo e finanziario contrario al suo sviluppo.

Non è da poco dire questo, ma lo dobbiamo dire; per questo la Giunta e il Consiglio regionale devono attrezzarsi unitariamente per vigilare in questo momento e, eventualmente (ma non è un'eventualità lontanissima) agire con forza in difesa del nostro presente e del nostro futuro. La Regione Sardegna, però - bisogna aggiungere anche questo - se può anche essere disponibile a un confronto istituzionale e addirittura uno scontro se fosse necessario, non badando alla caratterizzazione politica di questo o quel Governo, per avere possibilità di successo deve essere credibile, deve cioè chiedere risorse adeguate alle condizioni di svantaggio oggettive, ma non può, non può più chiedere risorse per alimentare i fattori di svantaggio soggettivi, cioè quelli che derivano da proprie colpevoli inefficienze.

E' stato detto stamattina, e io credo che vada sottolineato: le nostre lentezze, le nostre divisioni, le nostre furbizie, l'assenza di coraggio nel volere la crescita del nostro sistema legislativo, governativo, amministrativo, imprenditoriale, sindacale, sono il più grande e il più stupido alleato dei fautori del federalismo cinico, che esistono nel nostro Parlamento e hanno una forte presenza anche nel Governo, dobbiamo dirlo. Questo federalismo cinico vuole risolvere, o vorrebbe risolvere, il problema dello sviluppo dell'Italia dividendola in due, tentando cioè di staccare la parte debole, così come si butta la zavorra in mare da una nave che si trova in difficoltà o addirittura in burrasca. Cosa dobbiamo fare, quale strategia e quale tattica dobbiamo adottare? Perché questo è il vero problema; se cioè la posizione politica e istituzionale della Regione unitariamente può essere questa - e per noi può essere questa -, però il problema è che fare dal punto di vista strategico e tattico.

Con la legge 42 il legislatore ha optato per un doppio binario, cioè ha delineato, nel lungo cammino verso il federalismo, due distinti percorsi, uno per le Regioni a Statuto speciale e uno per le Regioni a statuto ordinario. Nell'articolo 27 si rinviene la disciplina per le Regioni a statuto speciale, si stabilisce cioè il concorso delle autonomie al conseguimento degli obiettivi di solidarietà e perequazione e l'assolvimento degli obblighi comunitari da stabilirsi entro 24 mesi con apposite norme di attuazione, secondo criteri e modalità volti al graduale superamento del criterio della spesa storica. Queste norme di attuazione dovranno tener conto dei vantaggi strutturali permanenti, dei costi dell'insularità - è detto nella legge e anche questo è un fattore positivo della legge 42 - dei livelli di reddito pro capite che caratterizzano i vari territori e, per i territori nei quali la finanza locale è a carico delle Regioni, anche dei costi sostenuti per gli enti locali (non è ancora il nostro caso ma potrebbe diventarlo, se lo volessimo).

Il conseguimento degli obiettivi di perequazione e solidarietà dovrà essere attuato anche mediante l'assunzione di oneri derivanti dal trasferimento o dalla delega di funzioni statali ovvero da altre misure finalizzate al conseguimento di risparmi per il bilancio dello Stato. Cioè noi, con le norme di attuazione, dovremmo disciplinare il coordinamento tra la finanza pubblica statale e quella della Regione e degli enti locali, e individuare le forme di fiscalità di vantaggio, delle fiscalità di sviluppo. Sempre all'articolo 27, si prevede che l'assegnazione alle Regioni di ulteriori funzioni venga accompagnata da corrispondenti finanziamenti aggiuntivi. Cioè noi abbiamo oggi davanti un percorso per cui, attraverso queste norme di attuazione che scaturiranno da un percorso di confronto paritetico, possiamo effettivamente ottenere un risultato importante: che l'attuazione del federalismo fiscale per la Regione Sardegna avvenga lunga in un binario parallelo a quello delle Regioni ordinarie ma salvaguardando le specificità della nostra autonomia, e quindi anche i nostri diritti, cioè quello che noi abbiamo già in qualche modo stabilito nello Statuto.

Da questo punto di vista è opportuno sottolineare che la questione della perequazione è molto diversa per i due tipi di Regione: per le Regioni ordinarie, è stabilito un percorso ben preciso; per le Regioni speciali, invece la perequazione è solo indicata come criterio generale. Ma noi la perequazione l'abbiamo garantito attraverso il meccanismo di modifica dello Statuto, del titolo III e quindi dell'articolo 8, che permette con legge ordinaria, sentita la Regione, di modificare il livello delle entrate e quindi il livello di compartecipazione al gettito maturato in Sardegna (secondo la nuova formulazione dell'articolo 8) proprio in considerazione del mutamento nel tempo dei fabbisogni, delle funzioni e delle esigenze, come è avvenuto dal '48 ad oggi.

La perequazione per noi può essere attuata esattamente utilizzando bene il meccanismo e il procedimento paritetico di confronto attraverso il quale si hanno norme di attuazione, dopo, e prima ancora nuova formulazione dell'articolo 8 dello Statuto; cioè, un diverso livello di entrate corrispondente ai diversi bisogni, fabbisogni o ulteriori funzioni. Questo è il meccanismo che noi dobbiamo in qualche modo salvaguardare. Come fare? Dal punto di vista sia strategico sia tattico, mi sembra che il dibattito di questi giorni abbia individuato chiaramente una prospettiva che è quella di portare a casa il più in fretta possibile norme che disciplinino nel dettaglio quelle parti dell'articolo 8 che non sono sufficientemente definite, in modo tale da avere un livello di trasferimenti corrispondente a quello stabilito, nel patto tra l'allora Giunta regionale e l'allora Governo italiano. Sulla base di questo patto era stata effettuata poi la modifica del testo che modificava, appunto, le quote di compartecipazione o i criteri di calcolo.

Questo accordo dobbiamo difendere e lo stiamo facendo, stiamo cercando di farlo in tutti i modi, con un atteggiamento molto determinato (ve lo assicuro) da parte dei rappresentanti presenti nel Comitato nei confronti dei rappresentanti invece del Governo nazionale. Il confronto non è semplice, ma i nostri rappresentanti hanno un mandato - e lo stanno già svolgendo - che va nella direzione di ottenere esattamente quanto è stato pattuito a suo tempo, che porti cioè ad un risultato anche quantificabile pari a quello previsto.

Mi sembra che anche l'intervento del Capogruppo del P.D. abbia però segnalato che non possiamo parlare di cifre, dobbiamo parlare di quote di compartecipazione a cui corrisponderanno le cifre. Le cifre, infatti, dipendono dal gettito fiscale e prima dal reddito, sulla base del quale si calcola il gettito. Quindi si può parlare di cifre soltanto quando si conosce il reddito e quindi il gettito. Adesso stiamo parlando di quote di compartecipazione, di criteri di calcolo e su quelli ci dobbiamo attestare e su quello va fatto il lavoro nel comitato e poi nelle norme di attuazione. E se dai lavori del comitato non arrivassero risposte adeguate allora dovremmo essere pronti ad un conflitto istituzionale, a un conflitto di attribuzioni, a un ricorso, a quello che tecnicamente la strategia legale ci suggerirà davanti alla Corte costituzionale.

Relativamente, invece, all'attuazione del federalismo fiscale, su quello il confronto non è soltanto tecnico ma anche politico. Un altro accenno però va fatto, ed è quello che riguarda le accise; io sinteticamente direi: che la battaglia per le accise anche per noi è sacrosanta, perché è fondata giuridicamente, perché l'imposta è sulla fabbricazione; lo dice il decreto legislativo numero 504, lo dicono anche sentenze della Corte costituzionale tra cui l'ultima, la numero 115 del 2010. L'imposta è sulla fabbricazione e il fatto che ci sia una sospensione di imposta che trasferisce al momento d'uscita dai depositi fiscali l'esazione non tocca il principio, cioè che il luogo e il tempo in cui sorge l'obbligazione tributaria è e deve essere quello della fabbricazione.

Quindi la battaglia è legittima e direi che è anche giusta, è giusta perché la produzione dei beni petroliferi porta svantaggi al territorio in cui si trovano gli stabilimenti industriali e cioè inquinamento e cioè anche, non dimentichiamolo, una sopravvalutazione del reddito prodotto in Sardegna che non è assolutamente in incidente, è uno dei fattori che ha portato la Regione Sardegna a uscire dall'obiettivo 1, ad esempio. E anche questo è un fattore di svantaggio determinato proprio dalla presenza in Sardegna di questi stabilimenti industriali.

Non dobbiamo pertanto avere remore a pretendere una compensazione, cioè una maggiore compartecipazione non soltanto alle accise relative a quanto consumato in Sardegna ma anche a quanto prodotto e fabbricato in Sardegna.

Il problema è che non è una battaglia facile, è una battaglia durissima, difficilissima. Dobbiamo stabilire unitariamente la tattica per raggiungere questo obiettivo strategico. Dobbiamo cioè decidere se porre la questione delle accise nel comitato paritetico convocato proprio per definire i dettagli dell'applicazione dell'articolo 8 (noi lo abbiamo posto come problema) anche se è stato detto, che questa questione non faceva parte dei patti sulla base del quale è stato modificato l'articolo 8. Però può essere inserita anche strumentalmente, e lo stiamo già facendo.

Altra ipotesi è quella di spostare invece la battaglia sulle accise al confronto preliminare e all'applicazione del federalismo fiscale, oppure affidare questo obiettivo e questa battaglia all'attivazione di un conflitto di attribuzioni. In ogni caso occorrerà un confronto molto serrato, non dimenticando che il problema fondamentale è evidentemente quello di una posizione istituzionale e politica molto forte e per questo auspicabilmente unitaria.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, mi sembra dal dibattito di stamattina, da quanto detto adesso dall'Assessore, dall'onorevole Diana e da tutti i relatori intervenuti, si evinca che ci sono le condizioni, su questo tema specifico forse più che sul tema della revisione dello Statuto, per arrivare ad un ordine del giorno unitario che possa essere fortemente rivendicativo nei confronti dello Stato. Se così ho capito e se ho interpretato lo stato d'animo dell'Aula io credo che sarebbe opportuno, nello scriverlo, non essere frettolosi, essere circostanziati, essere precisi, essere responsabili. Le chiederei, pertanto, se i colleghi sono d'accordo, se l'Aula è d'accordo, di aggiornare la seduta alle 16 e 30 perché non credo che un ordine del giorno di questo spessore, di questa importanza, possa essere scritto in qualche minuto nei ritagli di tempo dell'Aula.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, prima di pronunciarmi sulla proposta dell'onorevole Porcu le chiedo 10 minuti di sospensione dei lavori.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, condivido l'impostazione del collega Porcu, credo che però che per l'economia dei lavori sia opportuno procedere alla sospensione dopo le repliche del Presidente della terza Commissione e del presentatore della mozione.

PRESIDENTE. Allora proseguiamo con le repliche e nel frattempo ci saranno le interlocuzioni per definire il prosieguo dei lavori.

Continuazione della discussione della risoluzione: "Sul percorso attuativo del federalismo fiscale" (3) abbinata alla mozione Ben Amara - Salis - Cocco Daniele - Mariani sull'attuazione del federalismo (79).

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, sarò schematico perché credo serva in questa fase dei lavori esserlo. Credo che non siano emerse nel corso dei lavori impostazioni così contrastanti da impedire l'approvazione di un ordine del giorno unitario che io però, sinceramente, immagino molto, molto pragmatico, cioè un ordine del giorno che funga realmente da perimetro della posizione che noi vogliamo assumere rispetto alle questioni all'ordine del giorno.

Proprio perché sia chiaro come andiamo a scrivere quest'ordine del giorno è necessario che ci chiariamo se la legge numero 42 sia un'opportunità, o non lo sia. La legge numero 42 è una legge dello Stato, vigente, con cui noi dobbiamo fare i conti, rappresentarla come una grande conquista è scegliere una linea di pensiero che decide di non considerare il contrasto che esiste tra l'articolo 119 della Costituzione, che è quello che in astratto garantisce un fisco federalista solidarista, con… rinuncio all'intervento, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, onorevole Diana, per cortesia. Prego, glielo chiedo io, onorevole Maninchedda, di proseguire l'intervento, grazie.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). No, non è un problema di silenzio, è un problema di maleducazione istituzionale.

Dicevo, il problema è il contrasto tra l'articolo 117 e il 119. L'articolo 117 configura il sistema dei poteri delle regioni e degli enti locali in modo sostanzialmente centralistico rispetto al 119, che invece ipotizza un fisco di tipo federalista. Questo è il problema che abbiamo noi. La legge numero 42 riflette questa contraddizione.

Vedete, colleghi, spesso ci chiediamo: "Ma questa battaglia la facciamo tatticamente o la facciamo sul serio?". Io invece vorrei che fossimo consapevoli che queste battaglie o noi le facciamo tutte sul serio o non siamo credibili, non siamo per niente credibili. Se voi andate a vedere la legge numero 42 e i decreti attuativi, vi rendereste conto che il confronto con lo Stato su questi necessita che facciamo bene i conti, perché, quando ci confrontiamo con lo Stato, lo Stato ha una rappresentazione numerica dell'interlocuzione. Lo Stato infatti ha inventato i costi standard per i diritti essenziali, ma voi avete visto i costi standard delle funzioni ministeriali centrali? Non ci sono. Esiste il costo standard della giustizia? Esiste il costo standard della sicurezza? Esiste il costo standard dell'amministrazione pubblica centrale? Tutto questo è fuori dalla legge numero 42. Però, poi, quando fanno i conti pubblici territoriali, dicono che noi avremmo uno sbilancio, cioè avremmo un residuo fiscale passivo, perché caricano su di noi 1 miliardo e mezzo di trasferimenti in Sardegna di organizzazione generale delle amministrazioni dello Stato. Come sono parametrati questi costi nessuno lo sa.

Qual è il costo standard della giustizia? No, la giustizia non ha un costo standard, ha un costo variabile che decide lo Stato. Questo nasce dalla differenza che c'è tra il 117 e il 119. Il 119 disegna un paradiso federalista e il 117, invece, dice che esiste ancora lo Stato centralista, perché questa è la verità. Esiste lo Stato centralista, perché la Costituzione fa un elenco di 250 funzioni dello Stato, onorevole Diana, e poi comincia ad elencare quelle della Regione, e la gran parte sono concorrenti. Noi di questo dobbiamo essere consapevoli, perché sta succedendo una cosa terrificante, colleghi.

Il leader del centrosinistra, che si occupa di queste cose, che si chiama Bassanini, scrive un articolo in cui dice che la competizione tra le regioni migliorerà la qualità dell'amministrazione pubblica. Cioè, il parlamentare più preparato del centrosinistra su questa materia, quello che firma gli articoli con Macciotta - che non piace a tutti, ha ragione l'onorevole Cuccu, però è autorevole, mettiamola così - scrive gli articoli col nostro conterraneo Giorgio Macciotta, dice che la competizione tra le regioni è un fattore positivo. E quindi è inevitabile che dobbiamo prepararci a un'idea di uno Stato che non ha creato prima le opportunità uguali per tutti per quella competizione, ma che sta chiedendo a tutti di competere per ottenere i migliori risultati nella condizione data.

STERI (U.D.C.). A questo serve lo Statuto: per creare le condizioni.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Sì, quello che sto dicendo non è in contrasto con quello che lei ha detto in quest'Aula: sto dicendo che esiste questo dato, questa competizione. E allora noi come ci prepariamo a questa competizione? Questo è il punto. C'è un primo problema che è stato sollevato da tanti di noi, che io non ho sollevato, ma che è stato sollevato in quest'Aula. E cioè si dice: come fa una Regione ad arrivare a un confronto con lo Stato con un disavanzo di 2 miliardi e 500 milioni?

Lo Stato infatti ci dirà: "Tu, con la ricchezza che già produci, splafoni, non sei capace di organizzarti. Perche? Sei sicuro allora che sia una ricchezza insufficiente rispetto ai tuoi bisogni o non piuttosto una ricchezza sprecata?". A ciò si aggiungono gli interrogativi dell'onorevole Capelli, dell'onorevole Vargiu, ma anche dell'onorevole Diana. La nostra classe dirigente è all'altezza di una capacità competitiva quale quella che ci verrà richiesta dai cambiamenti futuri! Io, questo argomento, che è un argomento decisivo, penso non possa essere minimamente accennato in un ordine del giorno conclusivo, perché è una questione che attiene a ciò che noi faremo, per esempio, nella prossima legge finanziaria. E' lì che si misurerà la nostra capacità di capire il momento, non quando perimetriamo ciò che ci apprestiamo a dire allo Stato. E' nel momento in cui noi decidiamo come usare le risorse che dimostreremo se siamo all'altezza o non lo stiamo.

Io sto notando che molto del tempo di questo Consiglio si sta consumando nel dibattito. Quando la finanziaria arriverà in Aula, spero che sapremo, per esempio, ristrutturare la spesa, renderla più efficiente, liberare risorse, accorgerci delle emergenze che ci sono fuori. Però, la nostra inadeguatezza si misurerà lì.

Quando ci confronteremo con lo Stato, dovremo affrontare tre argomenti. Primo: le entrate. Le entrate sono definite dall'articolo 8 e noi - mi pare che siamo tutti d'accordo, e l'apporto della Giunta è stato ulteriormente confortante in questo senso - ne vogliamo un'applicazione tassativa.

Secondo: il federalismo fiscale. Il federalismo fiscale per noi deve avere un perimetro molto chiaro. Chiarita la questione delle entrate, dobbiamo dire allo Stato che noi non ci carichiamo di nessuna funzione ulteriore che non sia adeguatamente finanziata. Abbiamo qualche punto debole su questo, ma dobbiamo affermarlo. Non possiamo "caricarci" la scuola solo sulla base delle compartecipazioni, possiamo farlo, invece, se ci vengono assegnate dallo Stato risorse aggiuntive. Quindi, come prevede la legge, a nuove funzioni devono corrispondere nuove entrate.

Terzo: patto di stabilità. La spesa deve essere adeguata al livello delle entrate, altrimenti, alla fine, facciamo un gesto clamoroso e non approviamo la finanziaria per un anno per smaltire tutti i residui che abbiamo.

Questi tre punti devono costituire la base di un ordine del giorno pragmatico sul federalismo fiscale, accantonando le parti politiche che sicuramente ci potrebbero dividere, tra cui il giudizio sull'attuale classe dirigente.

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Presidente, colleghi, noi abbiamo sottoscritto con convinzione la mozione che reca come primo firmatario l'onorevole Ben Amara. Abbiamo anche sottoscritto e approvato convintamente la risoluzione presentata a nome della terza Commissione dal presente Maninchedda, e esprimiamo anche soddisfazione per il dibattito che c'è stato e che nella mozione Ben Amara, Salis è più ha trovato una convinta e concreta definizione.

Io partirei, assessore La Spisa, da una sua affermazione critica, fortunatamente critica (e non potevamo aspettarci diversamente) relativa alla constatazione che siamo in presenza, in questo dibattito fondamentale per la Sardegna e per il Meridione, ma per la Sardegna in particolare, di un federalismo cinico. Per nostra sfortuna, chi propugna questo tipo di federalismo ha anche in materia le leve di comando, infatti la lega, col Ministro per le riforme, ha un peso straripante nella coalizione di governo attualmente in carica. Quindi lei ha ragione, sottoscriviamo assolutamente la sua preoccupazione circa la durezza della battaglia, perché i nemici, non gli avversari (in questo caso parlo di nemici, perché si tratta della nostra sopravvivenza e della sopravvivenza delle nostre popolazioni) sono forti.

Il federalismo cinico che deve essere battuto da un federalismo civico, che punti su alcuni degli obiettivi importanti che ha ricordato adesso il presidente Maninchedda, che noi dobbiamo assolutamente e concretamente tentare di ribadire in un documento che veda tutta la forza del Consiglio regionale esprimersi a sostegno di una battaglia che finora, assessore La Spisa, l'Esecutivo (non lo dico in termini critici, tanto per fare la mia parte da oppositore, non mi interessa) non ha condotto con una determinazione sufficientemente adeguata alla competizione che è in atto. E' una battaglia che va sostenuta con maggiore decisione, soprattutto a livello politico.

Badi, Assessore, io ho appreso con estrema preoccupazione il fatto che nella Commissione dei 30, composta da 15 rappresentanti dei Ministeri e 15 delle Regioni, non ci sia neanche un sardo, cioè la Sardegna da questa Commissione è esclusa. E quando leggo il documento di fine luglio della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, mi convinco che c'è qualcosa che non torna, che questa battaglia comune, che riesca a recuperare appieno le nostre risorse, è la battaglia delle battaglie.

Ecco perché è giusto il richiamo che è stato fatto in tutti i nostri interventi per definire concretamente un percorso, che riesca anche ad uscire dalle differenze che ci sono sulle valutazioni politiche o anche di prospettiva; è assolutamente indispensabile. Se non conduciamo questa battaglia sino in fondo non siamo credibili; è stato detto poco fa, e io lo sottoscrivo: non siamo credibili! Perderemo la nostra credibilità, rischieremo di doverci nascondere.

I segnali di questa battaglia pesante ci sono già. Quando infatti leggo oggi sulla stampa il comunicato dell'assessore Prato sulla vertenza dei pastori, per esempio, che ha tenuto la Sardegna sotto i riflettori della stampa nazionale, e non solo, per tutto il mese di agosto e quasi metà di settembre, e vedo che la tanto declamata task force ministeriale messa in piedi il 21 di settembre per tentare di dare soluzioni a questo problema ha concluso con un'uscita clamorosa dal tavolo della Sardegna e di alcune altre Regioni perché il Ministero, il Governo non dà risposte, allora mi preoccupo.

E mi preoccupo anche dei tempi, assessore La Spisa, perché quando il presidente Cappellacci, nelle sue comunicazioni su questo tema, dopo aver accennato alla necessità di accelerare i tempi, dice che la Commissione stessa si è aggiornata per il proseguo al 13 ottobre prossimo (cioè dal 21 settembre al 13 ottobre) mi sembra che non si possa proprio parlare di tempi d'emergenza. E' concepibile che una Commissione si riunisca a scadenze di quasi un mese su temi così importanti? Ecco, io sono dell'avviso che finora - non voglio assolutamente fare polemica -questo tema non sia stato affrontato con la necessaria decisione, ma che ci siano tutti gli elementi, anche a seguito di questo importante dibattito che abbiamo svolto oggi in Consiglio, tutti gli elementi per poter recuperare, partendo, per esempio, dalla risposta che verrà data all'applicazione dell'articolo 8.

La lettera m) di cui si è parlato, di cui parla anche il presidente Cappellacci, che consente di inserire nuovi tributi eventualmente anche prescidendo dalla modifica dell'articolo 8, secondo me è importante, è importante per definire una nostra proposta che consenta di inserire il problema delle accise, di recuperare la compartecipazione sulle varie entrate della nostra economia e fare in modo che possiamo poi spenderle unendo questa battaglia ad un'altra battaglia che è fondamentale.

I sindaci, l'ANCI, l'U.P.S. ci ha richiamato al problema del patto di stabilità. Non è possibile che la Regione e gli enti locali, che hanno anche disponibilità finanziarie, non possano spendere per una norma generalista che non guarda in faccia a nessuno, anzi, che mette le dita negli occhi di tutti. Non è possibile che ci sia questa assurda ossessione del Ministro Tremonti di ostacolare una modifica, anche equilibrata, anche parziale di questa normativa che sta impedendo a regione ed enti locali di poter spendere anche i soldi che hanno. Questi sono, secondo me, i binari su cui si deve muovere un ordine del giorno sintetico e concreto, come diceva il presidente Maninchedda, concreto!

Abbiamo secondo me le capacità di definire una tempistica dando un sostegno, anche andando a Roma, se necessario, anche facendoci sentire come Commissione bilancio, facendoci sentire come Commissioni consiliari, come Consiglio regionale, dando un sostegno alla Giunta in questo, perché veramente questa è una battaglia che non possiamo rischiare di perdere, è una battaglia su cui ci giochiamo il futuro nostro, dei nostri figli e della Sardegna.

PRESIDENTE. Sospendo i lavori e convoco la Conferenza dei Capigruppo.

(La seduta, sospesa alle ore 13 e 18, viene ripresa alle ore 13 e 29.)

PRESIDENTE. I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 13 e 30.



Allegati seduta

CXLVI Seduta

Giovedì 30 settembre 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 36.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 22 settembre 2010 (139), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Gian Franco Bardanzellu, Andrea Biancareddu, Daniele Cocco, Pietro Cocco, Luigi Lotto, Efisio Planetta, Teodoro Rodin, Matteo Sanna e Alessandra Zedda hanno chiesto congedo per la seduta del 30 settembre 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Congedi per motivi istituzionali

PRESIDENTE. Comunico, ai sensi del comma 5 dell'articolo 58 del Regolamento, che i consiglieri Simona De Francisci e Gavino Manca sono assenti nelle sedute del 30 settembre e 1° ottobre per motivi istituzionali.

Annunzio di presentazione di disegni di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti disegni di legge:

"Modifica dell'articolo 3 della legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane. Ambiti adeguati per l'esercizio associato di funzioni. Misure di sostegno per i piccoli comuni)". (198)

(Pervenuto il 29 settembre 2010 e assegnato alla prima Commissione)

"Utilizzo delle economie dei bandi fotovoltaici 2008 (PMI e privati) a favore dei beneficiari del bando fotovoltaico 2009". (199)

(Pervenuto il 29 settembre 2010 e assegnato alla sesta Commissione)

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Visto "l'eccessivo" affollamento dell'Aula che impedisce di poter esprimersi, chiederei i colleghi venissero richiamato in modo da consentire un numero minimo di presenze in Aula.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Noi abbiamo l'esigenza - lo chiedo come Gruppo della Sinistra, Comunisti e Rosso Mori - di almeno 30-40 minuti di sospensione.

PRESIDENTE. 30 o 40?

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Faccia lei, Presidente.

PRESIDENTE. Poiché non ci sono opposizioni sospendo la seduta sino alle ore 11 e 20.

La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 39, viene ripresa alle ore 11 e 21.)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Chiedo altri 10 minuti di sospensione.

PRESIDENTE. No, non è possibile.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Allora chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Milia.)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Agus, Barracciu, Ben Amara, Cappai, Caria, Contu Felice, Cossa, Cuccu, Dedoni, Dessì, Diana Giampaolo, Diana Mario, Floris Rosanna, Fois, Greco, Lai, Locci, Mariani, Meloni Francesco, Meloni Valerio, Moriconi, Mula, Murgioni, Peru, Petrini, Porcu, Salis, Sanna Gian Valerio, Solinas Antonio, Uras, Vargiu, Zedda Massimo e Zuncheddu sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 56 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Vargiu - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Constatata la presenza del numero legale, possiamo proseguire.

Continuazione della discussione della risoluzione: "Sul percorso attuativo del federalismo fiscale" (3) abbinata alla mozione Ben Amara - Salis - Cocco Daniele - Mariani sull'attuazione del federalismo (79)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione congiunta della risoluzione numero 3 e della mozione numero 79.

E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, colleghi, pensavo che la discussione sul federalismo fiscale potesse essere l'occasione per riflettere sulle politiche per il Mezzogiorno, sulle scelte di coesione portate avanti dal Risorgimento sino ad oggi, magari comparandole con quelle portate avanti nella Germania est, per esempio, che si era data 30 anni per colmare il gap... se deve parlare qualcun altro io posso aspettare...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Cuccureddu.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Grazie. Dicevo che le politiche di coesione del Mezzogiorno dal Risorgimento ad oggi non hanno prodotto i frutti che sinceramente ci si aspettava a differenza, per esempio, delle politiche molto più efficaci portate avanti per la coesione della Germania est: trent'anni era il limite che si era dato per avvicinare il Pil pro capite della Germania est a quello medio della Germania, e in meno di vent'anni l'obiettivo è stato raggiunto.

Questo dibattito poteva essere anche l'occasione per riflettere su come orientare il nostro modello economico finanziario, verso lo sviluppo e non verso l'assistenza, verso l'efficienza, verso il merito e non verso le clientele. Ma è un argomento che ci porterebbe lontano e non c'è sicuramente il tempo di affrontarlo.

Allora vengo alla legge numero 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Come è possibile che un solo partito, l'U.D.C. in Parlamento si sia opposto ad una legge che rappresentiamo come nefasta, improntata all'egoismo territoriale, una legge così marcatamente nordista. Io l'ho letta, l'ho riletta, ho letto numerosi commenti e sono arrivato alla conclusione che è difficile non condividere questa legge, è difficile non condividerne il contenuto dell'articolo della Costituzione che ne è il presupposto, cioè l'articolo 119, in maniera particolare il quinto comma.

I principi che la ispirano sono largamente condivisi e sono patrimonio sia della dottrina sociale della Chiesa, dalla Rerum novarum di Leone XIII sino ad oggi, ma prima ancora sono patrimonio della cultura liberale, dell'illuminismo e anche della cultura socialista. Sono i tre principi della solidarietà, della sussidiarietà, e della responsabilità sia individuale sia collettiva. Ho letto i numerosi commenti alla legge e ai singoli articoli anche di politici e intellettuali sardi, come Giorgio Macciotta e non mi pare che non possano essere condivisi i principi e gli obiettivi che emergono, in particolare dall'articolo 2.

Riassumo brevemente questi principi: il principio di leale cooperazione tra le istituzioni, di governo condiviso della finanza pubblica e di concorso sinergico agli obiettivi di stabilità e di sviluppo posto dall'Unione europea, di federalismo solidale, di perequazione infrastrutturale anche semplicemente nelle procedure ispirate alla partecipazione (con la previsione che la formazione dei decreti delegati sia un compito condiviso tra i diversi livelli istituzionali della Repubblica) il principio di non duplicazione dei costi, di non aumento della pressione fiscale, e il principio della competizione virtuosa (non la legge del più forte, non la legge della giungla, non l'egoismo del più ricco, ma una competizione fra regioni ispirata ai principi di cooperazione, di emulazione, di sussidiarietà).

E allora sorge spontanea la domanda: perché per questa legge esultano i rappresentanti di un partito che, all'articolo 1 del suo statuto, prevede la secessione della Padania? Perché chi è fautore di un federalismo solidale, di norme perequative, che dovranno essere gestite dal Sud, quotidianamente attacca e ironizza sulle capacità amministrative di governo delle regioni e delle città del centro-sud, Roma compresa? Come si conciliano i principi di solidarietà con le aspettative create dalla popolazione delle regioni settentrionali di riduzione del gettito fiscale in primis, e di miglioramento dei servizi finanziabili, scaridandosi della "palla al piede" del Mezzogiorno? La "fregatura" c'è, e risiede nei decreti attuativi, nelle varie leggi che, più o meno sommessamente, vengono approvate e che hanno effetti devastanti.

Voglio tornare al discorso delle accise, delle quali parlava ieri l'onorevole Maninchedda. A proposito della sentenza numero 115 del marzo scorso della Corte costituzionale: cadono le braccia a leggerla. Qualunque accordo, qualunque norma statutaria di Regioni a Statuto speciale di rango costituzionale può essere messa in discussione da semplici norme ordinarie o da direttive comunitarie. Questo è, in sintesi, il contenuto della sentenza della Corte costituzionale. E' ciò che è avvenuto col decreto legislativo numero 26 del 2007, quando la Lega era all'opposizione. Si trattava del recepimento di una direttiva, la 2003/96 dell'Unione europea, che è intervenuta modificando il momento dell'insorgenza dell'obbligazione tributaria, spostando in avanti il momento impositivo, dalla produzione alla fornitura finalizzata al consumo. Si sono inventati, o meglio si erano già inventati, col decreto legislativo numero 504, i depositi fiscali. Cosa significa questo? Che si è cambiato il presupposto dell'imposta (da tassa di fabbricazione ad imposta di consumo) e ciò è avvenuto nel silenzio generale.

Questo significa che le più grandi raffinerie d'Italia (guarda caso poste in Sardegna, a Sarroch, e in Sicilia ad Augusta) raffinano in Sardegna e in Sicilia, inquinano da noi, incrementano magari l'insorgenza di patologie tumorali (che al di là del dramma umano, che resta naturalmente la priorità, costituiscono anche un costo aggiuntivo sanitario per le nostre casse regionali) però, siccome i depositi fiscali sono posti al Nord Italia, in Veneto soprattutto (il grosso del consumo per l'autotrazione o per l'industria o per l'energia è nella Pianura Padana) la compartecipazione delle accise va al Friuli. L'80 per cento delle imposte per il petrolio trasformato a Sarroch andrà a incrementare le casse della Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia e delle altre regioni del Nord che avranno la compartecipazione alle entrate, come le hanno le Regioni a Statuto speciale, se non riusciremo a far modificare in Parlamento questa norma.

Ma, al di là di questo, per me è importantissima la partita delle entrate, e va giocata con furbizia, va giocata con lungimiranza. Io vorrei che prestassimo attenzione, oltre che a questo discorso importantissimo delle accise, al fatto che già la direzione generale Regio, la DG Regio dell'Unione europea, sta lavorando sul documento strategico da proporre per il settennio 2014-2020. In questo momento si sta valutando il parametro da prendere in esame, che al momento è sempre il 75 per cento del reddito medio. Se noi in questa fase, nella fase nella quale si stanno formulando i calcoli, non dovessimo riuscire con furbizia, per esempio per l'anno 2011, a chiedere a EON piuttosto che a Moratti di spostare la sede legale in Lombardia per farci rientrare in quel 75 per cento, forse perderemmo 20 milioni di euro di imposte sul reddito, ma ne guadagneremmo 8 miliardi con la politica di coesione e infrastrutture. Quindi l'attenzione particolare va mirata a questo.

Vedo che il tempo è pressoché scaduto. Volevo dire che condivido l'importanza dell'azione di coesione, di fronte comune del Presidente della Regione con tutti i Presidenti di Regione, poi mi interessa poco che sia la Polverini o Vendola a guidarla, l'importante è che si faccia un fronte comune, perché lo scontro è tra centro-nord e centro-sud. Dobbiamo confrontarci con l'Europa in maniera efficace, dobbiamo condurre una battaglia che sarà dura e che potrà lasciare sul campo molti feriti, speriamo non anche qualche morto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Grazie, signora Presidente, assessore La Spisa, onorevoli colleghi, parlando di federalismo e di federalismo fiscale, e quindi di risorse, e quindi di capacità di creare sviluppo, io non posso non iniziare il mio intervento di oggi, portando, a nome mio personale e dell'Italia dei Valori, la solidarietà e un saluto affettuoso al sindaco di Ottana Gian Paolo Marras, che ieri, come tutti abbiamo letto sulla stampa, ha confermato le sue dimissioni a causa dell'attentato che ha colpito la sua casa e la sua famiglia, e il Centro informagiovani del Comune di Ottana.

"Ci sentiamo oppressi dallo Stato" - queste sono le parole che ieri ha pronunciato ai suoi concittadini - "e se il ministro Maroni vuole venire è bene accetto, lo aspetto qui, in casa mia, tra la mia gente, perché solo così potrà respirare il clima di tensione e di paura". Badate, è un incipit eccezionale per la nostra discussione, perché dà il senso dell'offesa recata ad un Sindaco in quanto di più caro, in quanto di più bello possa avere (la sua famiglia, i suoi figli) e della impossibilità dello stesso di continuare a svolgere un ruolo democratico a causa delle tensioni sociali ed economiche esistenti all'interno del suo Comune. In questo modo quel territorio viene privato di un impegno democratico di cui, vivaddio, ha molto bisogno. Ecco perché il richiamo alla concretezza.

Io ho ascoltato or ora l'intervento - così come ho ascoltato gli altri interventi di ieri - del collega Cuccureddu. Sono assolutamente d'accordo su molto di ciò che ha detto, in primis sul richiamo alla Germania dell'Est. Badate, il richiamo fatto da Cuccureddu alla Germania dell'Est è il segnale inequivocabile del fallimento della politica italiana nei confronti del Meridione. Perché dico questo? Perché - cercando di allargare il tema, perché se parliamo di federalismo fiscale non possiamo parlare solo di Sardegna - il problema del Meridione d'Italia, cioè di 20 milioni di persone, è un tema nascosto, che grida vendetta, perché non c'è un'altra zona grande quanto il Meridione d'Italia, povera quanto il Meridione d'Italia all'interno dell'Europa, e addirittura della nuova Europa.

Il cancelliere Kohl, insieme a tutta la classe dirigente tedesca, si è posto il problema, al momento della caduta del muro di Berlino, di superare il gap, la differenza tra la Germania dell'Ovest e la Germania dell'Est. E in vent'anni sono riusciti ad attenuare, se non ad annullare per certi aspetti, questa differenza. In Italia noi stiamo festeggiando, tra virgolette, i 150 anni dell'unità d'Italia, e il problema del Meridione non è ancora stato risolto. Nonostante i problemi non siano quelli di 20, 30 o 40 anni fa, però, la differenza di sviluppo e di potenzialità di sviluppo tra Settentrione e Meridione non è stata scalfita. Oggi, venendo in Consiglio regionale, ho sentito alla radio il Presidente del Consiglio dei Ministri, all'atto della presentazione al Senato della sua proposta per i prossimi 3 anni di governo dichiarare, come un elemento di soddisfazione, come se fosse un risultato eccezionale, che tra i fondi CIPE e i fondi FAS, spesi, investiti e impegnati in questi ultimi anni, quasi il 40 per cento è stato investito nel Meridione. Io il dato lo leggo alla rovescia, e dico che quasi il 70 per cento è stato investito nel Settentrione, ciò vuol dire che la politica italiana, del Governo di centrodestra invece che tendere ad attenuare le distanze le sta ricreando. E quando io sento annunciare alla radio in diretta stamattina che stanno procedendo tutte le attività per avviare prontamente i lavori della Sassari-Olbia e della Carlo Felice in Sardegna, mi domando: chi vuole prendere in giro? E' chiaro che a questo punto io mi indigno, io mi indigno! Perché i lavori della Sassari-Olbia sono fermi. Sono invece partiti - e l'ha confermato lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri nel suo intervento oggi in aula al Senato - i cantieri per il ponte sullo Stretto di Messina; questi sì che sono partiti.

Ecco quindi che mi pare di poter dire che è più importante il dibattito di oggi, rispetto al dibattito di avantieri sullo Statuto! Perché non c'è autonomia, non c'è indipendenza, non c'è federalismo se non ci sono risorse adeguate. Non possiamo fare il federalismo degli straccioni, o l'autonomia dei morti di fame. Non possiamo! Ecco perché nel suo intervento il Presidente della terza Commissione ci ha messo di fronte alla necessità di scoprire un grande bluff, un grande imbroglio. C'è un tentativo di continuare ad imbrogliarci, di continuare ad imbrogliarci! Io non sono contro la legge numero 42 del 2009 - ricordo che l'Italia dei Valori ha votato a favore in Parlamento sulla legge numero 42 - la legge numero 42 contiene dei principi importanti, qualificanti, innovativi, che è giusto tentare di applicare.

A me si accende qualche spia d'allarme quando vedo, però, l'impostazione che stanno dando alle norme di attuazione. Badate, non sono mie invenzioni, io ho qui il parere espresso dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome che recita: "La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome evidenzia, sulla determinazione di fabbisogni standard che il decreto legislativo si pone per taluni aspetti in contraddizione con la legge numero 42 del 2009".

Addirittura! Cioè i decreti attuativi si pongono in contraddizione con la legge numero 42 di riferimento. La Conferenza non condivide la procedura di formazione normativa in quanto il decreto legislativo deve rappresentare l'esito e non la fonte di ulteriore rinvio ad un DPCM e quindi chiede di costituire un tavolo di confronto Regioni-Enti locali e Governo al fine di riportare l'attuazione della legge numero 42"…

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, colleghi, il mio ragionamento è un ragionamento che parte da una considerazione, che attiene al contenuto della normativa sul cosiddetto federalismo fiscale, ovvero al contenuto della legge numero 42 del 5 maggio 2009. Io sostengo infatti la tesi, in buona parte minoritaria, o, comunque non ampiamente sostenuta, che la normativa di cui trattiamo non c'entri niente con il federalismo e non c'entri niente neppure con la fiscalità, perché sostanzialmente è altra cosa, sostanzialmente è un'operazione centralista, che riconferma integralmente in capo allo Stato la funzione impositiva e procede ad organizzare una differente redistribuzione delle ricchezze, delle disponibilità, delle risorse acquisite dallo Stato tra i diversi soggetti che compongono la Repubblica.

La Repubblica - lo ricordo - lo dice in modo inequivocabile la nostra Costituzione, è costituita da Stato, Regioni, Province (e quindi queste non possono essere abolite con editto regionale, né possono essere abolite con legge ordinaria dello Stato, devono essere abolite, se si vogliono abolire, con la procedura di revisione costituzionale) i comuni e le città metropolitane. Il tema del federalismo fiscale (io così lo intendo) è il tema di chi impone e di chi riscuote, quindi ognuno per le funzioni che deve esercitare, ognuno per le funzioni che gli sono riconosciute dalla Carta costituzionale, e se noi agiamo in regime di Costituzione vigente, in ragione delle competenze dello Stato, lo Stato deve imporre, per esercitare quelle funzioni e non altre, perché le altre sono esercitate dai livelli diversi in cui si articola la nostra Repubblica.

La legge numero 42 non fa nessuna operazione di questo livello, di questo spessore, cioè non stabilisce qual è il tetto che lo Stato deve mantenere a livello di imposizione diretta, quanto serve e quali sono le imposte che lo Stato applica per esercitare le funzioni che a lui sono attribuite dalla Costituzione. La legge numero 42 è ambigua, è una legge fondamentalmente centralista, mantiene cioè in capo allo Stato (anzi, ancora peggio, impone alle altre articolazioni in cui si sviluppa la Repubblica) comportamenti, anche dal punto di vista economico, quasi autoritari, tipicamente centralisti.

Badate, in mezzo alla confusione hanno una grandissima responsabilità tutti i soggetti dell'informazione, perché questo è un Paese che è disinformato sistematicamente sui fatti, sui contenuti, sulle verità credo siano pochi i cittadini che si dedichino alla lettura della legge numero 42 del 2009, che si dedichino alla lettura dei decreti attuativi. Ora è sintomatico che il primo decreto attuativo che è stato emanato riguardi un trasferimento immobiliare di proprietà che, guarda caso, alla Regione dovrebbero derivare direttamente ai sensi della Costituzione vigente, ai sensi dell'articolo 14 dello Statuto. L'operazione a cui noi stiamo assistendo è questa: uno spostamento del potere di direzione dello Stato, di uno Stato centralista e sempre più autoritario. E, badate, lo dico perché ci sono anche ragioni politiche in questo.

Noi abbiamo al potere in questo momento - non lo dico con spirito polemico, lo dico proprio recependo l'interpretazione che gli stessi soggetti che partecipano danno di quel governo e di quelle forze politiche che lo compongono - partiti carismatici e in quanto tali partiti autoritari. Partiti carismatici che anziché risiedere a Roma e dintorni risiedono a Milano e dintorni, dove cioè si coniuga il potere politico e il potere economico in maniera più evidente e più naturale che in altre parti di questo Paese. E noi siamo lì, ad assistere alla dissoluzione dello Stato che abbiamo conosciuto e all'imposizione di un altro Stato, non attraverso le leggi, quelle proprie, quelle che devono essere definite in ragione delle fonti, della qualità delle fonti, ma attraverso leggi ordinarie che regolano di fatto questioni di natura costituzionale.

Non a caso uno dei concetti che più viene utilizzato anche dai media colpevolmente, perché trae in inganno, costruisce un terreno fertile per violazioni di sostanza nel nostro ordinamento, è quello di Costituzione materiale, per contrapporla a quella formale. Ma quale Costituzione materiale! Costituzione ce n'è una sola ed è quella formale, è quella votata dalla Costituente, modificata, secondo le procedure di revisione da essa stessa previste, dal Parlamento.

Ora, di fronte a questo scenario io raccolgo alcune provocazioni provenienti positivamente anche dalla maggioranza, dall'onorevole Steri e dall'onorevole Maninchedda. Quella risoluzione l'abbiamo presentata unanimemente. Abbiamo deciso che era utile e necessario discutere di questi temi perché quando si modifica l'assetto della nostra Repubblica con spostamento di competenze da un soggetto ad un altro, noi dobbiamo stare attenti. E allora ben vengano strumenti che ci consentano lo studio, l'approfondimento, consentano l'individuazione dei punti di attacco, ci consentano la partecipazione di questo Consiglio regionale alla partita che abbiamo in corso e all'affermazione di quella sovranità - io qua voglio usare questo termine - che compete anche a questo livello istituzionale, così come è sancito dalla nostra Costituzione. Affermazione della sovranità, quindi, non in violazione, ma per adempiere al dettato costituzionale che invece viene violato proprio da normative di questa natura, quelle di cui noi discutiamo e che purtroppo potremmo subire.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi consiglieri, io credo che il dibattito che stiamo facendo sia molto utile anche se, devo dire, per una volta forse avremmo potuto chiuderlo sul primo intervento, anzi sulla presentazione della risoluzione che è stata firmata dai componenti della terza Commissione, quella del presidente Maninchedda. Credo che la cosa importante che avremmo dovuto fare (utilizzo quasi un paradosso ma questo poi mi consente di introdurre un ragionamento) sarebbe stata quella di stampare 1 milione e 630 mila copie, una per ogni cittadino della Sardegna. Poi il presidente Cappellacci avrebbe dovuto idealmente chiamare ogni cittadino sardo, fargli leggere la relazione e spiegargliela e dirgli che da oggi al 31 maggio 2011 il problema della Sardegna è questo. E' vero che ci sarà il problema degli agricoltori, dei pastori, il problema dei precari della scuola, il problema della sanità, tutti i problemi che conosciamo, ma il problema della Sardegna - il problema, non un problema - è questo: come noi andiamo a rapportarci sul versante delle entrate, sul versante del federalismo con lo Stato.

Del ragionamento del presidente Maninchedda io voglio sottolineare due aspetti. Il primo è che il punto su cui lo Stato intende intervenire per decidere quanti soldi trasferire alla Sardegna è quello del mix tra IVA, IRPEF e IRAP. Maninchedda ha detto una cosa che credo sia utile che venga conosciuto anche all'esterno di quest'Aula, e cioè che chi ha la situazione più disagiata e i servizi peggiori avrà necessità di aumentare l'IRPEF ai suoi cittadini e non potrà ridurre l'IRAP alle sue aziende, per cui di fatto saremo incentivati a immigrare in Lombardia dove ci sono servizi migliori e costi minori. Quindi restare in un posto come la Sardegna sarà difficile come è difficile a chi abita a Esterzili continuare a vivere a Esterzili e non trasferirsi a Cagliari. E' lo stesso identico meccanismo.

Il secondo ragionamento che mi premerebbe richiamare per capire se (ma penso di sì) se tutti quanti siamo d'accordo, è quello relativo al meccanismo con cui sta lavorando lo Stato. Lo Stato sta lavorando su due parametri apparentemente oggettivi: i cosiddetti livelli essenziali delle prestazioni e i cosiddetti costi standard. I livelli essenziali delle prestazioni noi li conosciamo già in sanità, nel senso che sono stati già a suo tempo utilizzati per garantire ai cittadini in ambito sanitario pari diritti. Voi credete che un'operazione d'appendicite eseguito all'ospedale di Sorgono sia uguale a un'operazione d'appendicite eseguita all'ospedale Brotzu? Io vi posso garantire, conoscendo la realtà sanitaria sarda, che non è uguale, per cui quando noi diciamo "appendicite" intendiamo una cosa diversa a Vibo Valentia, a Sorgono, a Cagliari o a Milano. E quando parliamo di costi standard (cioè la miglior prestazione nel posto dove viene fornita col minor costo possibile per la collettività9 stiamo dicendo la stessa cosa. E' l'esempio che io cercavo di fare quando abbiamo discusso della parte riforme strettamente intrecciata a quella di cui stiamo discutendo adesso.

Quando a noi diranno: "In Sardegna per rilasciare mille licenze di pesca avete dodici amministrativi, mentre in Lombardia ne bastano quattro", noi come faremo a spiegare che abbiamo otto amministrativi in più? E qual è il motivo per cui li abbiamo? Su questo punto forse vale la pena di soffermarci un attimo per dire che probabilmente se dodici amministrativi che rilasciano mille licenze di pesca non è tutta colpa nostra. Magari c'è un sistema informatico che è stato pagato dallo Stato e che non è stato pagato alla regione Sardegna, per cui nella regione Sardegna molti passaggi devono essere effettuati a mano. Da ciò deriva il nostro diritto a vedere eliminato quel gap che fa sì che i nostri diritti di cittadinanza inferiori siano rispetto a quelli di cui godono i cittadini lombardi, e c'è implicito, in questo ragionamento l'idea di ridiscutere il concetto di specialità.

Quando nel 1946-47-48 abbiamo ottenuto lo Statuto speciale, l'abbiamo ottenuto per ragioni di nazione, di etnia, di guerra appena finita, di ritardo economico. Oggi dobbiamo riposizionare il nostro ragionamento e non possiamo che riposizionarlo sull'idea che ci sono delle questioni non solubili, non risolvibili per la Sardegna, che sono sul tappeto e sono quelle ricordate: l'insularità, la bassa incidenza demografica, la dispersione demografica, i trasporti interni, la parcellizzazione dei piccoli comuni in zone montane difficilmente raggiungibili. Questi sono diseconomie che sono insite nella nostra regione; siamo l'unica regione che ha le ferrovie dello Stato non elettrificate, siamo l'unica regione che ha un capoluogo di provincia che non è raggiunto dalle ferrovie dello Stato! Insomma, in qualche maniera, se siamo cittadini italiani - noi Riformatori siamo convinti di esserlo - lo Stato deve intervenire per colmare questo gap.

Però, quando abbiamo finito di fare questo ragionamento dobbiamo anche chiederci quanta parte delle mille licenze di pesca rilasciate da dodici amministrativi (e non da quattro come in Lombardia) dipende da nostra inefficienza. Lì c'è il problema della modernizzazione del "sistema isola" che è un problema altrettanto cogente, altrettanto sul tappeto, altrettanto indispensabile, da affrontare subito, esattamente come quello relativo alla ridefinizione dei nostri rapporti con lo Stato.

E' un ragionamento, colleghi, di cui noi stiamo prendendo coscienza in Aula anche attraverso la discussione di queste ore, e se abbiamo avuto così tanta difficoltà a prenderne coscienza noi, che siamo avvantaggiati sicuramente in termini di raccolta di informazioni rispetto agli altri sardi, perché viviamo di questo e per questo, pensate la difficoltà che c'è a capire l'importanza di questi temi fuori dal Palazzo dove, comprensibilmente e legittimamente, i nostri concittadini (pensate ai pastori, ai precari della scuola, ai precari della sanità, ai pazienti degli ospedali) si concentrano sui loro problemi immediati.

Allora, noi dobbiamo trasferire una sensibilità che stiamo consolidando in queste ore e che fuori non c'è perché distratta dall'elemento contingente. Guardate, io lo ripeto a costo di essere noioso, la Costituente non è un limone spremuto, come qualcuno può ritenere, perché l'ha sentita nominare troppe volte, la Costituente è la soluzione di questi problemi perché è l'unico modo che ci consente di rimettere in movimento la nostra società, di ricostituire un rapporto con una classe politica che oggi è avulsa dalla gente che sta fuori; è l'unico elemento che ci consente di attrarre nuove capacità dalla società che sta fuori per utilizzarle ai fini della politica e di saldare la sensibilità della politica con quella della classe dirigente e con quella del cittadino comune e rendicontargli (al cittadino comune) qual è il problema vero con cui la nostra Regione dovrà confrontarsi nei prossimi mesi. Altrimenti la nostra posizione di contrattazione nei confronti dello Stato sarà debolissima, e non sarà soltanto debole perché il Sud è debole nei confronti del Nord, ma perché quando si sarà completata la cruenta battaglia per i soldi tra il Nord e il Sud inizierà, o sarà già iniziata, la battaglia all'interno dei poveri per capire quali risorse abbiamo diritto per poter garantire diritti di cittadinanza ai nostri cittadini.

Allora, ha ragione il collega Porcu: sosteniamo chi sta oggi ragionando sulle norme di attuazione, introduciamo l'argomento delle accise in modo virile, non semplicemente sussurrandolo nei corridoi, ipotizziamo forme di partenariato con regioni del Nord quali quelle che aveva ipotizzato a suo tempo la Fondazione Agnelli, ma teniamo presente che queste battaglie potremmo farle con la speranza di vincerle (perché la certezza non l'avremo mai) solo se avremo i sardi al nostro fianco e, per questo, dovremo dare loro uno strumento perché credano in questi obiettivi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, io vorrei leggere, prima di dar corso alle mie considerazioni, la motivazione che ha spinto l'U.D.C. (l'unica forza politica in Parlamento) a votare contro il federalismo fiscale. Noi abbiamo sentito in quest'Aula rappresentanti di diverse forze politiche locali, sardi, autorevoli rappresentanti, utilizzare gli stessi argomenti che l'U.D.C. ha utilizzato per votare contro il federalismo fiscale. Allora mi sorge subito una domanda: c'è reale collegamento tra noi rappresentanti regionali dei partiti e i partiti nazionali?

Altra domanda. Per una interpretazione del ruolo che ognuno di noi attribuisce alla sua funzione politica (e molto spesso ho sentito riecheggiare in quest'Aula l'affermazione che siamo prima rappresentanti dei sardi e poi delegati dei nostri partiti) mi chiedo se questa considerazione è stata fatta anche dai nostri rappresentanti in Parlamento quando si è discusso del federalismo fiscale e hanno votato a favore di quel testo.

Bene, l'U.D.C. in sintesi si dichiara favorevole a un federalismo vero "che garantisca da una parte l'unità della Repubblica e la solidarietà nazionale, dall'altra l'autonomia, il decentramento e la responsabilità dei diversi livelli di governo in base al principio di sussidiarietà. "La maggioranza, invece" vende un finto federalismo fiscale che non serve a contenere e razionalizzare la spesa pubblica, divide e discrimina". Questo è sostanzialmente il giudizio dell'U.D.C. sul voto sul federalismo fiscale.

Allora, noi siamo qui per discutere su una risoluzione presentata dalla Commissione terza sulla mozione del collega Ben Amara. Abbiamo iniziato questa sessione sulle riforme e sullo Statuto facendo alcuni riferimenti storici, rievocando come siamo arrivati a questo punto. Credo che questo sia abbastanza conosciuto dal popolo sardo. Adesso dobbiamo decidere come e se partecipare a scrivere la storia, perché questo è il senso dei nostri lavori. Quindi, dobbiamo definire le nostre posizioni.

Io vedo nell'Aula unanimità (e questo è già un fatto positivo) unanimità nel difendere le nostre entrate, nel difendere i nostri diritti, nel difendere i diritti già acclarati dallo Statuto sardo e che in qualche modo invece possono essere negati da questa struttura federale e in particolare dal federalismo fiscale. Nella storia che è stata fatta non sono mancati i richiami alle nostre responsabilità (quando dico nostre parlo della classe politica regionale). Si è detto dell'Iva, dell'Irap, dell'Irpef riscosse in Sardegna, dei vari meccanismi che ci portano a non avere ciò che è un nostro diritto in termini di trasferimenti finanziari, ma non ci si è chiesti una cosa: siamo in grado di gestire tutto questo?

Vedete, io devo far riferimento necessariamente all'ex Presidente della Regione senza polemica, al presidente Soru. Io credo che in questi ultimi due anni, un anno e mezzo, il presidente Soru abbia capito come funziona il Consiglio regionale e che il Consiglio regionale l'abbia aiutato molto a crescere anche politicamente. Da quando ha iniziato a frequentare il Consiglio regionale è cambiato anche il suo atteggiamento nei confronti della politica, dei Partiti, dei colleghi, dell'Assemblea regionale.

Con molta umiltà devo dire che io 11 anni fa, quando entrai qui, non avevo sicuramente le conoscenze che ho oggi, ancora molto devo apprendere, ma ho imparato molto da questa Aula. Perciò credo che soprattutto chi studia per diventare Presidente o per esserlo, debba frequentare questa Aula perché aiuta ad interpretare le indicazioni che essa fornisce e quindi a presentarsi nei tavoli importanti, decisionali, con quell'autorevolezza che sia il Trentino Alto Adige, sia le altre Regioni che prima di noi hanno compiuto passi importanti in questa materia hanno dimostrato di possedere. Addirittura ritengo che forse sarebbe stato opportuno invitare i tecnici che saranno deputati poi a rappresentarci nel confronto con lo Stato a sedere in quest'Aula o tra il pubblico per ascoltare le considerazioni del Consiglio in modo da meglio riportarle in sede di Commissione paritetica.

Perché dico questo? Vedete, in un convegno tenuto in Sicilia sul federalismo fiscale, qualcuno, non sto lì a leggere tutto, ha sottolineato il problema dei problemi: "la responsabilità fiscale e l'autonomia di entrata e di spesa presupporrebbero una classe dirigente di qualità che alla Sicilia manca". Arrivo al punto. Rifacendomi all'esempio dei funzionari addetti al rilascio delle licenze per la pesca, non confonderei i due livelli. Se noi non abbiamo le ferrovie elettrificate (nella provincia di Nuoro sono ancora, addirittura, a scartamento ridotto oltretutto, in riferimento ai costi standard,in provincia di Nuoro un'impresa, non può ricevere un vagone da 90 metri cubi perché non passa e quindi necessariamente deve sopportare dei costi aggiuntivi nei trasporti indiretti), questa è responsabilità dello Stato che è mancato, che è stato latitante, è una delle tante responsabilità dello Stato. Nel caso, invece dei funzionari addetti al rilascio delle licenze di pesca, se sono dodici forse abbiamo responsabilità anche noi, se il sistema informatico non è adeguato abbiamo responsabilità anche noi, se il SISAR ci è già costato 24 milioni di euro, e noi continuiamo a spendere su quello, lì abbiamo responsabilità noi.

E allora la classe dirigente, in primis chi la deve guidare e formare? Dov'è? Se sapremo rispondere a questo, forse avremo anche l'autorevolezza per confrontarci seriamente con il Governo centrale e rivendicare con forza democratica i nostri diritti.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Barracciu, Contu Felice, Cossa, Diana Mario e Porcu sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 59 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Vargiu - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Constatata la presenza del numero legale possiamo proseguire.

E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, colleghi, ricordo che abbiamo all'attenzione due documenti: la mozione del collega Ben Amara e più e la risoluzione votata all'unanimità dalla terza Commissione. Mi limito a pochissime considerazioni. La risoluzione chiede: "che sia tracciato un percorso di partecipazione del Consiglio regionale al processo attuativo del federalismo fiscale", punto. Ritenete voi che dai discorsi che abbiamo fatto si sia data una risposta al percorso che noi intendiamo continuare, in termini di partecipazione? Cioè può essere possibile che solo la discussione che noi abbiamo fatto fino adesso sia sufficiente per dare una risposta ad un deliberato della Commissione votato all'unanimità? Qualcuno di noi ha indicato che tipo di partecipazione questo Consiglio regionale dovrebbe offrire?

Io non ho sentito nessunissima proposta. Potrà venire da un ordine del giorno questa proposta? La realtà è che anche leggendo la mozione del collega Ben Amara e più, questa proposta non si evince. Peraltro si tratta di una mozione estremamente equilibrata salvo dove continua a parlare di Regione e Stato senza considerare che intanto è intervenuto un cambio straordinario nella nostra Costituzione, nel bene e nel male, per cui non siamo più subalterni allo Stato, noi, al pari dello Stato, facciamo parte della Repubblica. Lo Stato e la Regione sono due soggetti che fanno parte della stessa Repubblica, e che non devono entrare in contrasto a meno che questo non nasca nel sistema di perequazione che è quel famoso sistema che dovrebbe dare la possibilità a quelle Regioni (non le definisco neanche del meridione d'Italia o del Sud) che hanno bisogno, di avere le risorse. Ma queste risorse a cosa dovranno essere finalizzate? A una pari distribuzione delle stesse o a mettersi al pari delle altre o per cercare di abbattere quel gap, quel differenziale che c'è tra noi e le Regioni più evolute?

Questo è uno dei problemi che dobbiamo porci. Però il punto che mi interessa maggiormente è: in quale partecipazione? Posto anche che ci facessimo promotori di una maggiore divulgazione su questi temi, così come il collega Vargiu ha proposto, quale partecipazione, in coerenza, possiamo assicurare, come Consiglio regionale, al processo attuativo del federalismo fiscale?

Allora, faccio subito un esempio. È stata citata più volte la Regione Trentino Alto Adige. Sono andato a verificare che cos'è successo nel Trentino. Intanto, non c'è nessuna norma approvata dal Governo relativa al Trentino Alto Adige che non sia stata sostenuta da norme di attuazione, dalla prima fino all'ultima. Quindi appare confermato che senza norme di attuazione non possiamo andare da nessuna parte. Viene pertanto avvalorata ancora l'ipotesi che l'articolo 8 non è applicabile se non in presenza di norme di attuazione, perché sono una garanzia ulteriore, perché non ci dobbiamo fermare alle parole.

Però nel Trentino Alto Adige hanno fatto un'altra cosa, hanno costituito una Commissione paritetica, che è la famosa Commissione dei dodici (dei dodici non dei due). E chi fa parte di questa Commissione paritetica? Ne fanno parte, autorevoli rappresentanti del Consiglio regionale (l'autorevolezza ovviamente deriva dal fatto che poi si impegnino veramente in questa Commissione paritetica, perché se è solo per farne parte ovviamente non andiamo da nessuna parte), ne fanno parte rappresentanti del Governo regionale (il Presidente, o l'Assessore competente, o più assessori), ne fanno parte rappresentanti ministeriali, e quindi rappresentanti del Governo.

È una proposta. E' una strada che si può perseguire o non si può perseguire? Perché altrimenti mi viene difficile confermare il voto che ho espresso in quella Commissione, perché questo era lo spirito che aveva animato coloro che hanno votato all'unanimità quella Risoluzione. Non possiamo rimanere qua a discutere. Dopodomani, o non so quando, ci sarà di nuovo convocata la Commissione paritetica; chi andrà a rappresentare il Consiglio regionale questa volta? Chi andrà? Andranno i soliti solerti funzionari, che certamente ci metteranno del loro dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista politico? Come affronteremo quel famoso problema degli articoli numero 114, 115, 116, 117, 118 e 119 della nuova Costituzione, dove si fa una bella differenza tra Stato e Regioni, dove si fa una bella differenza tra la Repubblica e lo Stato, dove non è chiusa nessuna porta.

Certo, poi noi qua politicamente abbiamo la necessità anche di dire, come ha detto l'onorevole Salis, che tutti i guai derivano dal Governo di Centrodestra. Veda, onorevole Salis, io la bomba l'ho avuta sotto casa, l'ho avuta veramente, perché chi fa l'amministratore incorre anche in queste disgrazie. Non c'è stato nessun Governo che si è preparato, o che ha mandato un Ministro dell'interno in quel periodo. Il Ministro dell'interno della Repubblica italiana oggi, rappresentante di un partito tanto osteggiato, quanto per certi versi anche invidiato, la settimana prossima verrà in Sardegna, e verrà in Sardegna, guarda caso, su invito del Presidente della Regione, e verrà per rendersi conto della situazione, che non è solo una situazione determinata dal fatto che sia stato compiuto un attentato ad un Sindaco (tanti sindaci hanno subito e subiscono attentati quotidianamente; i fatti poi non li sappiamo mai tutti!), ma dalla condizione generale di crisi in cui versa il nostro territorio.

Ecco, voglio dire, non sviliamo il ruolo e i rapporti che ci devono essere tra una Regione come la nostra e il Governo italiano - continuo a dire con il Governo italiano - e con la Repubblica italiana, perché le prerogative che abbiamo noi oggi come Regione, sulla base di quegli articoli della Costituzione, non sono né minori né diverse di quelle che ha lo Stato. Se non entriamo nella logica di questo meccanismo, non faremo molta strada. Le rivendicazioni fatte solo perché noi protestiamo, perché battiamo i pugni, perché andiamo in piazza, non bastano più! E qui sono d'accordo con chi ha detto che ci vuole maggiore capacità. E ci vuole maggiore capacità da parte della politica, da parte della Regione nel suo insieme, da parte della burocrazia, dei tecnici, ci vogliono maggiori interlocuzioni, però bisogna che questo Consiglio regionale sia ascoltato, perché se rimane una voce che si disperde al vento, non serve.

Noi oggi partoriremo un ordine del giorno, forse anche all'unanimità, e poi cosa accadrà? Dalla settimana prossima, quando verrà convocata di nuovo la Commissione paritetica, chi ci sarà a rappresentare la Regione Sardegna? I soliti solerti funzionari? O ci sarà una rappresentanza politica forte che faccia capire le ragioni di questa Regione? Perché se non facciamo questo ragionamento, guardate, poi possiamo fare i ragionamenti che ha fatto il presidente Soru, i ragionamenti che opportunamente ha fatto il collega Locci, i ragionamenti che hanno fatto tutti coloro che sono intervenuti, ma non arriveremo da nessuna parte, perché sarà solo una rivendicazione sterile non supportata da atti concreti. E questa non può assolutamente essere la strada maestra! Questo vale per questo, e vale anche per lo Statuto.

Voglio ricordare che la legge numero 42 nasce dalla Costituzione, è una legge che non può andare oltre i poteri della Costituzione, semmai è il contrario! Ecco perché è importante che noi ci soffermiamo su questo, ecco perché è importante che la politica in quei tavoli faccia capire che cosa prevede la Costituzione, al di là della legge 42, che non offre certezze a nessuno, e men che meno le offre alle Regioni a Statuto speciale. Quindi…

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Grazie Presidente, Assessori, colleghi, ma, in apertura segnalo intanto un tema concreto che mi sembra attinente. Stamattina, o comunque in giornata, la Giunta regionale, tra i punti all'ordine del giorno, prevede il commissariamento dei consorzi industriali, quello dell'Ogliastra. E' stata presentata una mozione, dobbiamo fissare penso la prossima settimana in Aula la discussione di questa mozione, credo che sia quantomeno di cattivo gusto che oggi la Giunta regionale vada ad approvare questa delibera, che nomini un commissario straordinario, con uno sgarbo istituzionale nei confronti di questo Consiglio regionale, che nei tempi ha presentato una mozione. Chiedo pertanto all'assessore La Spisa di farsi parte attiva perché almeno questa delibera venga sospesa.

Ritornando al tema di oggi, il federalismo fiscale è un percorso che va avanti, che va avanti e che non ci aspetta, che ci vede clamorosamente in ritardo, come ha detto il presidente Cappellacci in modo molto candido nei giorni scorsi. Ci ha detto, con una metafora, che "c'è un treno in corsa" che "rischiamo di perderlo", che "se non facciamo in tempo, o se non ci muoviamo, ci riserverà carrozze di 2ª, di 3ª classe". Come se in questo periodo la Regione sarda non abbia avuto una guida, sia stata assente, non ci sia un Governo regionale, non ci sia una Giunta regionale!

Però il presidente Cappellacci sa bene che quel federalismo, che oggi deve essere attuato con i decreti attuativi, e che ha come capotreno Bossi, Calderoli, i Ministri di quel partito che forse qualcun ci invidia, onorevole Diana, e ha come capostazione Berlusconi, Tremonti, non assicura carrozze uguali per tutti, non le assicura per come è stato concepito, non vede insomma tutte le autonomie regionali uguali, tutti i cittadini uguali, da Bolzano fino a Cagliari, non è concepito in questo modo. Creare un'entità identitaria fittizia, come la Padania, farla diventare uno strumento che gioca un ruolo contrario alla solidarietà, all'uguaglianza, alla libertà delle persone, non è il tipo di federalismo che auspichiamo, e lo dice chi è fortemente convinto che il nostro Stato si componga di differenze, di identità profonde - da valorizzare, come abbiamo ripetuto nel dibattito di questi giorni - in un quadro unitario.

Insomma, riteniamo sbagliato un federalismo fiscale utile solo per limitare i flussi di riequilibrio delle Regioni, dalle Regioni che hanno una capacità impositiva maggiore, verso quelle che hanno una capacità impositiva minore, cioè finalizzato a trattare in modo uguale situazioni diverse. Piuttosto riteniamo che a situazioni diverse, pensiamo alla nostra specialità, debbano corrispondere discipline e normative diverse, finalizzate a perequare situazioni sperequate, finalizzate all'integrazione e all'accoglienza, e noi siamo una terra di integrazione, una terra di accoglienza.

Non siamo contro il federalismo, ci rendiamo conto che nel federalismo, nell'eliminazione della spesa storica, dei costi standard, nei livelli essenziali delle prestazioni ci sono fattori che hanno un valore, che crescono la responsabilità della Regione, degli enti locali e degli amministratori, verso vincoli di bilancio, verso una qualità della spesa. Però riteniamo che sia necessario un federalismo solidale che sia in grado, attraverso un fondo perequativo, di ridurre le differenze, di muoversi tra le entrate tributarie standard, che non sono necessariamente quelle effettive, e il fabbisogno standard, di garantire a tutti almeno la copertura dei costi delle prestazioni essenziali. Sappiamo che per quanto riguarda le regioni speciali vi è un'autonomia separata, continua ad esserci una autonomia separata, basata sul grado di autonomia finanziaria prevista negli statuti, e quindi prevista nel nostro Statuto. Ma, nello stesso tempo, la normativa riconduce anche a dei procedimenti che sono quelli - come ricordava l'onorevole Diana - di contrattazione nell'attuazione degli Statuti nell'ambito dei principi generali del federalismo fiscale.

Le norme di attuazione dovranno, tra l'altro, coordinare la finanza pubblica regionale con quella statale, coordinare il sistema tributario con la potestà tributaria attribuita alle regioni speciali e alla eventuale fiscalità di sviluppo. Allora, le nuove funzioni eventualmente trasferite dovranno trovare copertura proprio attraverso la compartecipazione alle entrate tributarie, così com'è avvenuto per la Regione con la riscrittura dell'articolo 8, per la sanità, per il trasporto pubblico locale. Un accordo che - lo dico a beneficio del collega Locci che è intervenuto ieri sulla base dei calcoli fatti dall'assessore La Spisa e che troviamo nei documenti allegati al bilancio 2010 - vedeva allora un differenziale positivo (quindi al netto della sanità e del trasporto pubblico locale) di un miliardo e 632 milioni, che oggi si è ridimensionato sulla base dei nuovi calcoli (400 milioni circa in meno con l'assestamento e, mi pare, forse, un centinaio di milioni in meno già nelle previsioni del bilancio del 2011).

Insomma, se non ho visto male, quei dati sintetici comunque portano il differenziale dal 2009 al 2011 a circa 1 miliardo di euro. Allora io credo che quelle risorse che sono un patrimonio da difendere, un patrimonio da difendere perché conquistato con l'apporto di tutti i sardi, rischino, assessore La Spisa, di non entrare nelle casse regionali. Io non credo nei percorsi che ha intrapreso la Commissione paritetica, non solo perché dobbiamo rafforzarla ma perché, comunque, riscontro un atteggiamento dilatorio da parte dello Stato. I senatori del Partito Democratico hanno ottenuto la convocazione (che penso arriverà in questa settimana) della Commissione affari costituzionali probabilmente in sede congiunta con la Commissione finanze del Senato e la convocazione del Governo proprio per parlare dell'articolo 8, proprio per parlare dello schema delle norme di attuazione che è in discussione in Commissione paritetica e che ad oggi ho visto solo prendere atto della lettera del Viceministro Vegas e della costituzione di un gruppo di lavoro, di un tavolo tecnico, ma niente di più.

E allora, ha ragione il Presidente della terza commissione: ci vuole una mobilitazione vasta, non solo per l'Irpef e per le accise ma anche per la difesa di ciò che è scritto nella nostra Costituzione attuale, nel nostro Statuto di autonomia, nell'articolo 8. Che ci sia bisogno di una politica contestativa l'ha detto perfino l'assessore Prato ieri abbandonando, sbattendo la porta del tavolo ministeriale: "Andiamo via, ci stanno prendendo in giro!" Se ne è accorto perfino l'Assessore Prato!

Allora credo che dobbiamo tutti, compreso lei assessore La Spisa, compreso il Presidente Cappellacci - oggi assente, ha qualcosa di meglio da fare - rendersi conto che non basta più seguire il Governo sulla strada dei gruppi di lavoro, dei tavoli tecnici delle norme di attuazione, dei funzionari che a volte vanno e a volte non vanno, anche quelli della nostra Regione. Il dibattito di questi giorni, quello che abbiamo concluso ieri, quello che concludiamo oggi, dimostra da un lato che l'esperienza autonomistica che finora abbiamo conosciuto è finita e dall'altra che vanno rilanciate le ragioni dell'autogoverno. Federalismo - questo deve essere sottolineato - non vuol dire sciogliere i legami che ci tengono insieme in Italia, non vuol dire questo, vuol dire maggiore capacità decisionale, vuol dire maggiori poteri per le regioni in un quadro unitario, col profondo senso però di appartenenza ad una comunità regionale e ad una comunità nazionale.

Qualche giorno fa Romano Prodi nel suo sito faceva notare un'incongruenza tra chi vuole il federalismo fiscale e contemporaneamente ha voluto la cancellazione dell'imposta sugli immobili, dell'Ici, che in tutti i paesi del mondo è il fondamento di una imposizione locale. Il Presidente Berlusconi definiva questa brillante intuizione elettoralistica con una logica: quella della botte piena e della moglie ubriaca. Ma non funziona così, non può funzionare così, salvaguardando le classi più deboli bisognerà pur trovare qualche forma di diffusa applicazione di un'imposta sugli immobili che dia fiato a quelle autonomie locali che tra l'altro devono fare i conti (li dovremmo fare anche noi) a partire dal 2011 con i tagli di Tremonti. Ne vedremo presto gli effetti.

(Interruzione)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Campus, Cherchi, Dedoni, Ladu e Peru sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 60 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Rassu - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Vargiu - Zedda Massimo.

Constatata la presenza del numero legale possiamo proseguire.

Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.Cercherò di essere il più sintetico possibile, però l'argomento è molto importante e richiederebbe considerazioni lunghe e approfondite. Per evitare che l'interruzione dell'audio mi impedisca di esprimere un concetto importante dal punto di vista del metodo e del percorso futuro, premetto che la Giunta regionale non solo è disponibile ma addirittura auspica che nel confronto con lo Stato, sia sull'attuazione dell'articolo 8 così com'è, sia nel confronto con lo Stato per l'attuazione della legge numero 42 (attraverso un tavolo a cui partecipano il Presidente del Consiglio dei Ministri, i ministri competenti e, per la Regione, il Presidente della Regione, e che si suddivide anche in sottogruppi tecnici) in tutte queste 2 fasi la Giunta regionale auspica in quanto lo ritiene importantissimo, l'apporto del Consiglio.

Sia in sede tecnica, nell'attuale comitato paritetico sia nella fase di confronto e di attuazione della "42" con i vertici della Regione e i vertici del Governo, la Giunta auspica ed è disponibile ad un confronto continuo, ad una informazione del Consiglio, della Commissione; gli stessi componenti regionali del comitato paritetico potrebbero essere, insieme anche alla Giunta, auditi dalla commissione, o riferire al Consiglio. Insomma, qualunque forma di collaborazione per noi, non solo è offerta come disponibilità, ma è addirittura auspicata. Più forza abbiamo e meglio è. Del resto la questione del federalismo fiscale è importantissima, è attuale, perché certamente costituisce un fattore fondamentale dello sviluppo dei diversi territori del Paese Italia, e di questo noi dobbiamo avere coscienza. I principi della legge 42 - com'è stato detto anche da più di uno di voi - sono quelli di sussidiarietà, responsabilità ma anche solidarietà. Il principio di sussidiarietà costituisce un fattore di modernizzazione e anche di democratizzazione del Paese, perché in forza di esso il potere scende e si avvicina sempre di più al cittadino. La sussidiarietà è sia verticale sia orizzontale, non dimentichiamolo mai, e quella orizzontale implica la collaborazione di tutte le componenti della comunità del nostro Paese e delle nostre Regioni, non soltanto quelle istituzionali ma anche quelle sociali. Poi c'è il principio di responsabilità, ma anche di solidarietà: la legge numero 42 prevede infatti norme di salvaguardia a favore delle Regioni speciali, e queste sono importantissime, addirittura decisive per la difesa dei nostri interessi.

I problemi allora dove sorgono, se la legge 42 in grandissima parte è condivisa da tutte le forze politiche, rappresentate anche in questo Consiglio regionale? Da che cosa nascono i problemi e che cosa ha fatto scattare l'allarme? Sicuramente i problemi nascono dai primi decreti attuativi, quello sul federalismo demaniale e quello (annunciato e già preesentato) sul federalismo cosiddetto municipale, e dalla relazione del Ministro dell'economia sull'attuazione del federalismo. Questi decreti (così come la relazione del Ministro) ci preoccupano perché fanno intravedere - lo dico e sono disponibile anche a pagare per quel che dico - un percorso di attuazione orientato a disegnare un federalismo senza le Regioni ordinarie e contro le Regioni speciali, questo è il motivo per cui si è scatenata anche quest'estate e anche da parte delle Regioni ordinarie, la contrapposizione, non solo alla relazione presentata da Tremonti, ma anche al decreto convertito in legge che sottraeva molte risorse alle Regioni ordinarie oltre che frenare la spesa di quelle speciali. Questo è il dato politico che Giunta regionale e Consiglio regionale, insieme anche alle rappresentanze sociali, devono avere molto chiaro: se questa impostazione si rafforzasse sotto la spinta di una parte della maggioranza che governa l'Italia e di una parte importantissima dello stesso Consiglio dei Ministri, la Regione Sardegna si troverebbe di fronte ad un assetto normativo e finanziario contrario al suo sviluppo.

Non è da poco dire questo, ma lo dobbiamo dire; per questo la Giunta e il Consiglio regionale devono attrezzarsi unitariamente per vigilare in questo momento e, eventualmente (ma non è un'eventualità lontanissima) agire con forza in difesa del nostro presente e del nostro futuro. La Regione Sardegna, però - bisogna aggiungere anche questo - se può anche essere disponibile a un confronto istituzionale e addirittura uno scontro se fosse necessario, non badando alla caratterizzazione politica di questo o quel Governo, per avere possibilità di successo deve essere credibile, deve cioè chiedere risorse adeguate alle condizioni di svantaggio oggettive, ma non può, non può più chiedere risorse per alimentare i fattori di svantaggio soggettivi, cioè quelli che derivano da proprie colpevoli inefficienze.

E' stato detto stamattina, e io credo che vada sottolineato: le nostre lentezze, le nostre divisioni, le nostre furbizie, l'assenza di coraggio nel volere la crescita del nostro sistema legislativo, governativo, amministrativo, imprenditoriale, sindacale, sono il più grande e il più stupido alleato dei fautori del federalismo cinico, che esistono nel nostro Parlamento e hanno una forte presenza anche nel Governo, dobbiamo dirlo. Questo federalismo cinico vuole risolvere, o vorrebbe risolvere, il problema dello sviluppo dell'Italia dividendola in due, tentando cioè di staccare la parte debole, così come si butta la zavorra in mare da una nave che si trova in difficoltà o addirittura in burrasca. Cosa dobbiamo fare, quale strategia e quale tattica dobbiamo adottare? Perché questo è il vero problema; se cioè la posizione politica e istituzionale della Regione unitariamente può essere questa - e per noi può essere questa -, però il problema è che fare dal punto di vista strategico e tattico.

Con la legge 42 il legislatore ha optato per un doppio binario, cioè ha delineato, nel lungo cammino verso il federalismo, due distinti percorsi, uno per le Regioni a Statuto speciale e uno per le Regioni a statuto ordinario. Nell'articolo 27 si rinviene la disciplina per le Regioni a statuto speciale, si stabilisce cioè il concorso delle autonomie al conseguimento degli obiettivi di solidarietà e perequazione e l'assolvimento degli obblighi comunitari da stabilirsi entro 24 mesi con apposite norme di attuazione, secondo criteri e modalità volti al graduale superamento del criterio della spesa storica. Queste norme di attuazione dovranno tener conto dei vantaggi strutturali permanenti, dei costi dell'insularità - è detto nella legge e anche questo è un fattore positivo della legge 42 - dei livelli di reddito pro capite che caratterizzano i vari territori e, per i territori nei quali la finanza locale è a carico delle Regioni, anche dei costi sostenuti per gli enti locali (non è ancora il nostro caso ma potrebbe diventarlo, se lo volessimo).

Il conseguimento degli obiettivi di perequazione e solidarietà dovrà essere attuato anche mediante l'assunzione di oneri derivanti dal trasferimento o dalla delega di funzioni statali ovvero da altre misure finalizzate al conseguimento di risparmi per il bilancio dello Stato. Cioè noi, con le norme di attuazione, dovremmo disciplinare il coordinamento tra la finanza pubblica statale e quella della Regione e degli enti locali, e individuare le forme di fiscalità di vantaggio, delle fiscalità di sviluppo. Sempre all'articolo 27, si prevede che l'assegnazione alle Regioni di ulteriori funzioni venga accompagnata da corrispondenti finanziamenti aggiuntivi. Cioè noi abbiamo oggi davanti un percorso per cui, attraverso queste norme di attuazione che scaturiranno da un percorso di confronto paritetico, possiamo effettivamente ottenere un risultato importante: che l'attuazione del federalismo fiscale per la Regione Sardegna avvenga lunga in un binario parallelo a quello delle Regioni ordinarie ma salvaguardando le specificità della nostra autonomia, e quindi anche i nostri diritti, cioè quello che noi abbiamo già in qualche modo stabilito nello Statuto.

Da questo punto di vista è opportuno sottolineare che la questione della perequazione è molto diversa per i due tipi di Regione: per le Regioni ordinarie, è stabilito un percorso ben preciso; per le Regioni speciali, invece la perequazione è solo indicata come criterio generale. Ma noi la perequazione l'abbiamo garantito attraverso il meccanismo di modifica dello Statuto, del titolo III e quindi dell'articolo 8, che permette con legge ordinaria, sentita la Regione, di modificare il livello delle entrate e quindi il livello di compartecipazione al gettito maturato in Sardegna (secondo la nuova formulazione dell'articolo 8) proprio in considerazione del mutamento nel tempo dei fabbisogni, delle funzioni e delle esigenze, come è avvenuto dal '48 ad oggi.

La perequazione per noi può essere attuata esattamente utilizzando bene il meccanismo e il procedimento paritetico di confronto attraverso il quale si hanno norme di attuazione, dopo, e prima ancora nuova formulazione dell'articolo 8 dello Statuto; cioè, un diverso livello di entrate corrispondente ai diversi bisogni, fabbisogni o ulteriori funzioni. Questo è il meccanismo che noi dobbiamo in qualche modo salvaguardare. Come fare? Dal punto di vista sia strategico sia tattico, mi sembra che il dibattito di questi giorni abbia individuato chiaramente una prospettiva che è quella di portare a casa il più in fretta possibile norme che disciplinino nel dettaglio quelle parti dell'articolo 8 che non sono sufficientemente definite, in modo tale da avere un livello di trasferimenti corrispondente a quello stabilito, nel patto tra l'allora Giunta regionale e l'allora Governo italiano. Sulla base di questo patto era stata effettuata poi la modifica del testo che modificava, appunto, le quote di compartecipazione o i criteri di calcolo.

Questo accordo dobbiamo difendere e lo stiamo facendo, stiamo cercando di farlo in tutti i modi, con un atteggiamento molto determinato (ve lo assicuro) da parte dei rappresentanti presenti nel Comitato nei confronti dei rappresentanti invece del Governo nazionale. Il confronto non è semplice, ma i nostri rappresentanti hanno un mandato - e lo stanno già svolgendo - che va nella direzione di ottenere esattamente quanto è stato pattuito a suo tempo, che porti cioè ad un risultato anche quantificabile pari a quello previsto.

Mi sembra che anche l'intervento del Capogruppo del P.D. abbia però segnalato che non possiamo parlare di cifre, dobbiamo parlare di quote di compartecipazione a cui corrisponderanno le cifre. Le cifre, infatti, dipendono dal gettito fiscale e prima dal reddito, sulla base del quale si calcola il gettito. Quindi si può parlare di cifre soltanto quando si conosce il reddito e quindi il gettito. Adesso stiamo parlando di quote di compartecipazione, di criteri di calcolo e su quelli ci dobbiamo attestare e su quello va fatto il lavoro nel comitato e poi nelle norme di attuazione. E se dai lavori del comitato non arrivassero risposte adeguate allora dovremmo essere pronti ad un conflitto istituzionale, a un conflitto di attribuzioni, a un ricorso, a quello che tecnicamente la strategia legale ci suggerirà davanti alla Corte costituzionale.

Relativamente, invece, all'attuazione del federalismo fiscale, su quello il confronto non è soltanto tecnico ma anche politico. Un altro accenno però va fatto, ed è quello che riguarda le accise; io sinteticamente direi: che la battaglia per le accise anche per noi è sacrosanta, perché è fondata giuridicamente, perché l'imposta è sulla fabbricazione; lo dice il decreto legislativo numero 504, lo dicono anche sentenze della Corte costituzionale tra cui l'ultima, la numero 115 del 2010. L'imposta è sulla fabbricazione e il fatto che ci sia una sospensione di imposta che trasferisce al momento d'uscita dai depositi fiscali l'esazione non tocca il principio, cioè che il luogo e il tempo in cui sorge l'obbligazione tributaria è e deve essere quello della fabbricazione.

Quindi la battaglia è legittima e direi che è anche giusta, è giusta perché la produzione dei beni petroliferi porta svantaggi al territorio in cui si trovano gli stabilimenti industriali e cioè inquinamento e cioè anche, non dimentichiamolo, una sopravvalutazione del reddito prodotto in Sardegna che non è assolutamente in incidente, è uno dei fattori che ha portato la Regione Sardegna a uscire dall'obiettivo 1, ad esempio. E anche questo è un fattore di svantaggio determinato proprio dalla presenza in Sardegna di questi stabilimenti industriali.

Non dobbiamo pertanto avere remore a pretendere una compensazione, cioè una maggiore compartecipazione non soltanto alle accise relative a quanto consumato in Sardegna ma anche a quanto prodotto e fabbricato in Sardegna.

Il problema è che non è una battaglia facile, è una battaglia durissima, difficilissima. Dobbiamo stabilire unitariamente la tattica per raggiungere questo obiettivo strategico. Dobbiamo cioè decidere se porre la questione delle accise nel comitato paritetico convocato proprio per definire i dettagli dell'applicazione dell'articolo 8 (noi lo abbiamo posto come problema) anche se è stato detto, che questa questione non faceva parte dei patti sulla base del quale è stato modificato l'articolo 8. Però può essere inserita anche strumentalmente, e lo stiamo già facendo.

Altra ipotesi è quella di spostare invece la battaglia sulle accise al confronto preliminare e all'applicazione del federalismo fiscale, oppure affidare questo obiettivo e questa battaglia all'attivazione di un conflitto di attribuzioni. In ogni caso occorrerà un confronto molto serrato, non dimenticando che il problema fondamentale è evidentemente quello di una posizione istituzionale e politica molto forte e per questo auspicabilmente unitaria.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, mi sembra dal dibattito di stamattina, da quanto detto adesso dall'Assessore, dall'onorevole Diana e da tutti i relatori intervenuti, si evinca che ci sono le condizioni, su questo tema specifico forse più che sul tema della revisione dello Statuto, per arrivare ad un ordine del giorno unitario che possa essere fortemente rivendicativo nei confronti dello Stato. Se così ho capito e se ho interpretato lo stato d'animo dell'Aula io credo che sarebbe opportuno, nello scriverlo, non essere frettolosi, essere circostanziati, essere precisi, essere responsabili. Le chiederei, pertanto, se i colleghi sono d'accordo, se l'Aula è d'accordo, di aggiornare la seduta alle 16 e 30 perché non credo che un ordine del giorno di questo spessore, di questa importanza, possa essere scritto in qualche minuto nei ritagli di tempo dell'Aula.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, prima di pronunciarmi sulla proposta dell'onorevole Porcu le chiedo 10 minuti di sospensione dei lavori.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, condivido l'impostazione del collega Porcu, credo che però che per l'economia dei lavori sia opportuno procedere alla sospensione dopo le repliche del Presidente della terza Commissione e del presentatore della mozione.

PRESIDENTE. Allora proseguiamo con le repliche e nel frattempo ci saranno le interlocuzioni per definire il prosieguo dei lavori.

Continuazione della discussione della risoluzione: "Sul percorso attuativo del federalismo fiscale" (3) abbinata alla mozione Ben Amara - Salis - Cocco Daniele - Mariani sull'attuazione del federalismo (79).

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, sarò schematico perché credo serva in questa fase dei lavori esserlo. Credo che non siano emerse nel corso dei lavori impostazioni così contrastanti da impedire l'approvazione di un ordine del giorno unitario che io però, sinceramente, immagino molto, molto pragmatico, cioè un ordine del giorno che funga realmente da perimetro della posizione che noi vogliamo assumere rispetto alle questioni all'ordine del giorno.

Proprio perché sia chiaro come andiamo a scrivere quest'ordine del giorno è necessario che ci chiariamo se la legge numero 42 sia un'opportunità, o non lo sia. La legge numero 42 è una legge dello Stato, vigente, con cui noi dobbiamo fare i conti, rappresentarla come una grande conquista è scegliere una linea di pensiero che decide di non considerare il contrasto che esiste tra l'articolo 119 della Costituzione, che è quello che in astratto garantisce un fisco federalista solidarista, con… rinuncio all'intervento, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, onorevole Diana, per cortesia. Prego, glielo chiedo io, onorevole Maninchedda, di proseguire l'intervento, grazie.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). No, non è un problema di silenzio, è un problema di maleducazione istituzionale.

Dicevo, il problema è il contrasto tra l'articolo 117 e il 119. L'articolo 117 configura il sistema dei poteri delle regioni e degli enti locali in modo sostanzialmente centralistico rispetto al 119, che invece ipotizza un fisco di tipo federalista. Questo è il problema che abbiamo noi. La legge numero 42 riflette questa contraddizione.

Vedete, colleghi, spesso ci chiediamo: "Ma questa battaglia la facciamo tatticamente o la facciamo sul serio?". Io invece vorrei che fossimo consapevoli che queste battaglie o noi le facciamo tutte sul serio o non siamo credibili, non siamo per niente credibili. Se voi andate a vedere la legge numero 42 e i decreti attuativi, vi rendereste conto che il confronto con lo Stato su questi necessita che facciamo bene i conti, perché, quando ci confrontiamo con lo Stato, lo Stato ha una rappresentazione numerica dell'interlocuzione. Lo Stato infatti ha inventato i costi standard per i diritti essenziali, ma voi avete visto i costi standard delle funzioni ministeriali centrali? Non ci sono. Esiste il costo standard della giustizia? Esiste il costo standard della sicurezza? Esiste il costo standard dell'amministrazione pubblica centrale? Tutto questo è fuori dalla legge numero 42. Però, poi, quando fanno i conti pubblici territoriali, dicono che noi avremmo uno sbilancio, cioè avremmo un residuo fiscale passivo, perché caricano su di noi 1 miliardo e mezzo di trasferimenti in Sardegna di organizzazione generale delle amministrazioni dello Stato. Come sono parametrati questi costi nessuno lo sa.

Qual è il costo standard della giustizia? No, la giustizia non ha un costo standard, ha un costo variabile che decide lo Stato. Questo nasce dalla differenza che c'è tra il 117 e il 119. Il 119 disegna un paradiso federalista e il 117, invece, dice che esiste ancora lo Stato centralista, perché questa è la verità. Esiste lo Stato centralista, perché la Costituzione fa un elenco di 250 funzioni dello Stato, onorevole Diana, e poi comincia ad elencare quelle della Regione, e la gran parte sono concorrenti. Noi di questo dobbiamo essere consapevoli, perché sta succedendo una cosa terrificante, colleghi.

Il leader del centrosinistra, che si occupa di queste cose, che si chiama Bassanini, scrive un articolo in cui dice che la competizione tra le regioni migliorerà la qualità dell'amministrazione pubblica. Cioè, il parlamentare più preparato del centrosinistra su questa materia, quello che firma gli articoli con Macciotta - che non piace a tutti, ha ragione l'onorevole Cuccu, però è autorevole, mettiamola così - scrive gli articoli col nostro conterraneo Giorgio Macciotta, dice che la competizione tra le regioni è un fattore positivo. E quindi è inevitabile che dobbiamo prepararci a un'idea di uno Stato che non ha creato prima le opportunità uguali per tutti per quella competizione, ma che sta chiedendo a tutti di competere per ottenere i migliori risultati nella condizione data.

STERI (U.D.C.). A questo serve lo Statuto: per creare le condizioni.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Sì, quello che sto dicendo non è in contrasto con quello che lei ha detto in quest'Aula: sto dicendo che esiste questo dato, questa competizione. E allora noi come ci prepariamo a questa competizione? Questo è il punto. C'è un primo problema che è stato sollevato da tanti di noi, che io non ho sollevato, ma che è stato sollevato in quest'Aula. E cioè si dice: come fa una Regione ad arrivare a un confronto con lo Stato con un disavanzo di 2 miliardi e 500 milioni?

Lo Stato infatti ci dirà: "Tu, con la ricchezza che già produci, splafoni, non sei capace di organizzarti. Perche? Sei sicuro allora che sia una ricchezza insufficiente rispetto ai tuoi bisogni o non piuttosto una ricchezza sprecata?". A ciò si aggiungono gli interrogativi dell'onorevole Capelli, dell'onorevole Vargiu, ma anche dell'onorevole Diana. La nostra classe dirigente è all'altezza di una capacità competitiva quale quella che ci verrà richiesta dai cambiamenti futuri! Io, questo argomento, che è un argomento decisivo, penso non possa essere minimamente accennato in un ordine del giorno conclusivo, perché è una questione che attiene a ciò che noi faremo, per esempio, nella prossima legge finanziaria. E' lì che si misurerà la nostra capacità di capire il momento, non quando perimetriamo ciò che ci apprestiamo a dire allo Stato. E' nel momento in cui noi decidiamo come usare le risorse che dimostreremo se siamo all'altezza o non lo stiamo.

Io sto notando che molto del tempo di questo Consiglio si sta consumando nel dibattito. Quando la finanziaria arriverà in Aula, spero che sapremo, per esempio, ristrutturare la spesa, renderla più efficiente, liberare risorse, accorgerci delle emergenze che ci sono fuori. Però, la nostra inadeguatezza si misurerà lì.

Quando ci confronteremo con lo Stato, dovremo affrontare tre argomenti. Primo: le entrate. Le entrate sono definite dall'articolo 8 e noi - mi pare che siamo tutti d'accordo, e l'apporto della Giunta è stato ulteriormente confortante in questo senso - ne vogliamo un'applicazione tassativa.

Secondo: il federalismo fiscale. Il federalismo fiscale per noi deve avere un perimetro molto chiaro. Chiarita la questione delle entrate, dobbiamo dire allo Stato che noi non ci carichiamo di nessuna funzione ulteriore che non sia adeguatamente finanziata. Abbiamo qualche punto debole su questo, ma dobbiamo affermarlo. Non possiamo "caricarci" la scuola solo sulla base delle compartecipazioni, possiamo farlo, invece, se ci vengono assegnate dallo Stato risorse aggiuntive. Quindi, come prevede la legge, a nuove funzioni devono corrispondere nuove entrate.

Terzo: patto di stabilità. La spesa deve essere adeguata al livello delle entrate, altrimenti, alla fine, facciamo un gesto clamoroso e non approviamo la finanziaria per un anno per smaltire tutti i residui che abbiamo.

Questi tre punti devono costituire la base di un ordine del giorno pragmatico sul federalismo fiscale, accantonando le parti politiche che sicuramente ci potrebbero dividere, tra cui il giudizio sull'attuale classe dirigente.

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Presidente, colleghi, noi abbiamo sottoscritto con convinzione la mozione che reca come primo firmatario l'onorevole Ben Amara. Abbiamo anche sottoscritto e approvato convintamente la risoluzione presentata a nome della terza Commissione dal presente Maninchedda, e esprimiamo anche soddisfazione per il dibattito che c'è stato e che nella mozione Ben Amara, Salis è più ha trovato una convinta e concreta definizione.

Io partirei, assessore La Spisa, da una sua affermazione critica, fortunatamente critica (e non potevamo aspettarci diversamente) relativa alla constatazione che siamo in presenza, in questo dibattito fondamentale per la Sardegna e per il Meridione, ma per la Sardegna in particolare, di un federalismo cinico. Per nostra sfortuna, chi propugna questo tipo di federalismo ha anche in materia le leve di comando, infatti la lega, col Ministro per le riforme, ha un peso straripante nella coalizione di governo attualmente in carica. Quindi lei ha ragione, sottoscriviamo assolutamente la sua preoccupazione circa la durezza della battaglia, perché i nemici, non gli avversari (in questo caso parlo di nemici, perché si tratta della nostra sopravvivenza e della sopravvivenza delle nostre popolazioni) sono forti.

Il federalismo cinico che deve essere battuto da un federalismo civico, che punti su alcuni degli obiettivi importanti che ha ricordato adesso il presidente Maninchedda, che noi dobbiamo assolutamente e concretamente tentare di ribadire in un documento che veda tutta la forza del Consiglio regionale esprimersi a sostegno di una battaglia che finora, assessore La Spisa, l'Esecutivo (non lo dico in termini critici, tanto per fare la mia parte da oppositore, non mi interessa) non ha condotto con una determinazione sufficientemente adeguata alla competizione che è in atto. E' una battaglia che va sostenuta con maggiore decisione, soprattutto a livello politico.

Badi, Assessore, io ho appreso con estrema preoccupazione il fatto che nella Commissione dei 30, composta da 15 rappresentanti dei Ministeri e 15 delle Regioni, non ci sia neanche un sardo, cioè la Sardegna da questa Commissione è esclusa. E quando leggo il documento di fine luglio della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, mi convinco che c'è qualcosa che non torna, che questa battaglia comune, che riesca a recuperare appieno le nostre risorse, è la battaglia delle battaglie.

Ecco perché è giusto il richiamo che è stato fatto in tutti i nostri interventi per definire concretamente un percorso, che riesca anche ad uscire dalle differenze che ci sono sulle valutazioni politiche o anche di prospettiva; è assolutamente indispensabile. Se non conduciamo questa battaglia sino in fondo non siamo credibili; è stato detto poco fa, e io lo sottoscrivo: non siamo credibili! Perderemo la nostra credibilità, rischieremo di doverci nascondere.

I segnali di questa battaglia pesante ci sono già. Quando infatti leggo oggi sulla stampa il comunicato dell'assessore Prato sulla vertenza dei pastori, per esempio, che ha tenuto la Sardegna sotto i riflettori della stampa nazionale, e non solo, per tutto il mese di agosto e quasi metà di settembre, e vedo che la tanto declamata task force ministeriale messa in piedi il 21 di settembre per tentare di dare soluzioni a questo problema ha concluso con un'uscita clamorosa dal tavolo della Sardegna e di alcune altre Regioni perché il Ministero, il Governo non dà risposte, allora mi preoccupo.

E mi preoccupo anche dei tempi, assessore La Spisa, perché quando il presidente Cappellacci, nelle sue comunicazioni su questo tema, dopo aver accennato alla necessità di accelerare i tempi, dice che la Commissione stessa si è aggiornata per il proseguo al 13 ottobre prossimo (cioè dal 21 settembre al 13 ottobre) mi sembra che non si possa proprio parlare di tempi d'emergenza. E' concepibile che una Commissione si riunisca a scadenze di quasi un mese su temi così importanti? Ecco, io sono dell'avviso che finora - non voglio assolutamente fare polemica -questo tema non sia stato affrontato con la necessaria decisione, ma che ci siano tutti gli elementi, anche a seguito di questo importante dibattito che abbiamo svolto oggi in Consiglio, tutti gli elementi per poter recuperare, partendo, per esempio, dalla risposta che verrà data all'applicazione dell'articolo 8.

La lettera m) di cui si è parlato, di cui parla anche il presidente Cappellacci, che consente di inserire nuovi tributi eventualmente anche prescidendo dalla modifica dell'articolo 8, secondo me è importante, è importante per definire una nostra proposta che consenta di inserire il problema delle accise, di recuperare la compartecipazione sulle varie entrate della nostra economia e fare in modo che possiamo poi spenderle unendo questa battaglia ad un'altra battaglia che è fondamentale.

I sindaci, l'ANCI, l'U.P.S. ci ha richiamato al problema del patto di stabilità. Non è possibile che la Regione e gli enti locali, che hanno anche disponibilità finanziarie, non possano spendere per una norma generalista che non guarda in faccia a nessuno, anzi, che mette le dita negli occhi di tutti. Non è possibile che ci sia questa assurda ossessione del Ministro Tremonti di ostacolare una modifica, anche equilibrata, anche parziale di questa normativa che sta impedendo a regione ed enti locali di poter spendere anche i soldi che hanno. Questi sono, secondo me, i binari su cui si deve muovere un ordine del giorno sintetico e concreto, come diceva il presidente Maninchedda, concreto!

Abbiamo secondo me le capacità di definire una tempistica dando un sostegno, anche andando a Roma, se necessario, anche facendoci sentire come Commissione bilancio, facendoci sentire come Commissioni consiliari, come Consiglio regionale, dando un sostegno alla Giunta in questo, perché veramente questa è una battaglia che non possiamo rischiare di perdere, è una battaglia su cui ci giochiamo il futuro nostro, dei nostri figli e della Sardegna.

PRESIDENTE. Sospendo i lavori e convoco la Conferenza dei Capigruppo.

(La seduta, sospesa alle ore 13 e 18, viene ripresa alle ore 13 e 29.)

PRESIDENTE. I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 13 e 30.