Seduta n.378 del 31/01/2013
CCCLXXVIII SEDUTA
Giovedì 31 gennaio 2013
(ANTIMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 10 e 40.
COCCO DANIELE, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 12 dicembre 2012 (370), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Ignazio Artizzu, Gianfranco Bardanzellu, Antonio Cappai, Mario Diana, Sergio Obinu, Adriano Salis, Paolo Terzo Sanna e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 31 gennaio 2013.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di disegno di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:
"Proroga di termini di cui all'art. 1 della legge regionale 25.2.2012, n. 11, recante "Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011"". (481)
(Pervenuto il 30 gennaio 2013 e assegnato alla prima Commissione.)
Annunzio di presentazione di proposta di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:
Lotto - Agus - Cuccu - Diana Giampaolo - Meloni Valerio - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio: "Istituzione, individuazione e disciplina dei distretti urbani del commercio". (480)
(Pervenuta il 30 gennaio 2013 e assegnata alla sesta Commissione.)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Ne ha facoltà.
RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Presidente, chiedo la convocazione della Conferenza dei Presidenti di Gruppo.
PRESIDENTE. Convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 43, viene ripresa alle ore 10 e 46.)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione generale del testo unificato sulla legge statutaria elettorale ai sensi dell'articolo 15 dello Statuto speciale per la Sardegna
Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Mariano Contu, relatore.
CONTU MARIANO (P.d.L.), relatore. Signor Presidente, colleghi del Consiglio, devo chiedere scusa ai colleghi per la fretta con la quale si è arrivati alla designazione del relatore; io mi atterrò comunque, per quanto concerne la relazione del testo di legge in discussione, a quanto la Commissione aveva, a suo tempo, già elaborato. Il testo approvato è il frutto di una elaborazione scaturita da un lungo dibattito (mi corre l'obbligo di ripercorrerne i passi) sul tema delle riforme. Dibattito che ha preso avvio fin dall'inizio della Quattordicesima legislatura.
In una prima fase il tema, già discusso durante l'attività della prima Commissione, in seguito alla presentazione di numerose mozioni, è stato oggetto di una apposita sessione di lavori dell'Aula, iniziata nell'autunno del 2010. Alla conclusione della sessione, il 18 novembre del 2010, è stato approvato l'ordine del giorno numero 41, presentato da tutti i Presidenti dei Gruppi consiliari. Con questo atto di indirizzo politico il Consiglio ha demandato alla prima Commissione il compito di delineare un percorso per la riforma dello Statuto speciale e di individuare gli altri principali temi sui quali incentrare le riforme, quali la legge statutaria e l'organizzazione regionale.
L'ordine del giorno numero 41 è stato inserito nei lavori della prima Commissione (integrata con i Presidenti di Gruppo, secondo quanto previsto dal medesimo ordine del giorno) fin dai primi mesi dell'anno 2011.
Avviata la discussione, nella seduta del 30 marzo 2011 la Commissione aveva inizialmente stabilito di procedere all'esame dell'argomento attraverso la costituzione di due sottocommissioni, una per la riforma dello Statuto speciale, l'altra per l'esame degli ambiti da disciplinare con legge statutaria.
Dal settembre del 2011, in Commissione, l'argomento delle riforme si è focalizzato sul tema della composizione del Consiglio regionale e, in particolare, sull'esigenza (dettata dalla necessità di contenere e razionalizzare la spesa) di ridurre il numero dei consiglieri. L'esame si è concluso con l'approvazione e la conseguente presentazione al Parlamento, di una proposta di legge costituzionale da parte del Consiglio regionale che prevede la riduzione del numero dei consiglieri da 80 a 60, che è stata poi approvata come modifica dello Statuto in data 22 gennaio 2013, con il secondo passaggio in Parlamento.
In seguito a ciò, fin dalle prime sedute del 2012, la Commissione ha proseguito il mandato del Consiglio, conferito con l'ordine del giorno numero 41, con l'esame di tutte le proposte di legge vertenti sulle riforme istituzionali. Dal marzo del 2012, la Commissione ha adottato un primo testo base contenente alcune opzioni sulla disciplina dei rapporti tra gli organi di governo della Regione e del sistema elettorale, rinviando l'esame di altri argomenti di competenza della fonte statutaria - quali, ad esempio, gli strumenti di partecipazione popolare, il sistema delle fonti regionali, gli organi di garanzia statutaria, i rapporti tra la Regione e gli enti locali - attraverso lo stralcio delle relative proposte.
Dopo avere ulteriormente discusso su alcuni aspetti fondamentali della disciplina, la Commissione ha proseguito l'iter adottando un secondo testo base, predisposto dal relatore interno, che conteneva scelte maggiormente definite secondo le indicazioni scaturite dalla discussione in Commissione quali l'elezione diretta del Presidente della Regione.
Concluso l'esame degli articoli, nella seduta pomeridiana del 19 luglio 2012 la Commissione ha infine licenziato il testo per l'Aula che oggi abbiamo in esame, dopo aver stabilito di stralciare la parte relativa alle pari opportunità per l'accesso alle cariche elettive, con l'intento di approfondire l'argomento in Aula.
Il testo è una legge "statutaria" che va incontro a una procedura di approvazione rinforzata con maggioranza qualificata e serve a disegnare compiti e rapporti degli organi regionali (Consiglio, Presidente e Giunta) in stretta connessione con il sistema elettorale e, quindi, con il mandato popolare.
La Commissione, da ultimo, aveva avuto mandato a dare priorità alla riforma del sistema elettorale, per apportarvi modifiche anche parziali in modo da evitare di tornare al voto con un sistema non convincente per molti profili. Si voleva dare maggiore rilievo alla scelta degli elettori e abolire il listino e il meccanismo del premio impostato sull'aumento dei seggi, mantenendo però un quadro di stabilità e rappresentatività.
Il sistema elettorale, data l'impossibilità di ritoccare il macchinoso e complesso sistema vigente disciplinato dalla legge statale per le regioni ordinarie, e a noi derivato in via provvisoria, è stato ridisciplinato per intero. Si riprendono aspetti essenziali del sistema attuale come l'elezione diretta del Presidente in un collegio regionale con voto disgiunto, l'elezione dei consiglieri in collegi circoscrizionali in liste collegate a un candidato presidente, un premio di maggioranza articolato in base al risultato conseguito, una soglia di sbarramento equilibrata. Ma altri aspetti, meno apprezzabili, vengono decisamente superati.
Si preferisce il numero fisso dei consiglieri, in luogo del numero mobile verso l'alto, si prevede che tutti i consiglieri siano eletti nelle circoscrizioni in base a cifre individuali e si elimina il listino regionale senza preferenza, si prevede l'elezione dei candidati presidenti di tutte le coalizioni che superano la soglia di sbarramento e ottengono seggi, dando così spazio a una sorta di diritto di tribuna.
Colleghi, il compito che ci attende in questa mattinata, la discussione e l'approvazione di questo testo di legge, credo sia abbastanza importante e intenda superare, poi, in un periodo così particolare di elezioni, tutte quelle criticità che il sistema elettorale fin qui adottato ha rappresentato nelle due ultime legislature. Io credo che l'aver avuto da parte del Parlamento l'approvazione della proposta di legge che il Consiglio ha adottato, della riforma quindi dello Statuto, ci metta nelle condizioni di poter oggi, per il prosieguo della legislatura, e soprattutto per le prossime legislature, essere certi di avere una norma che garantisce, comunque sia, la rappresentanza democratica di tutti i territori della Sardegna.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
Ricordo che i consiglieri che intendono parlare devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.
COCCO PIETRO (P.D.). Presidente, non utilizzerò i venti minuti a disposizione, mi preme intervenire soltanto per sottolineare alcuni aspetti dei quali si è discusso durante questo periodo in cui la legge elettorale statutaria è stata portata all'attenzione della Commissione. Va detto che il collega relatore ha ripercorso molto bene l'iter che si è svolto in Commissione. Da parte di tutti i Gruppi consiliari sono pervenute tante, molteplici proposte, pertanto era necessario trovare una sintesi che potesse arrivare in Aula.
Il lavoro svolto è stato abbastanza complicato, la Commissione si è riunita parecchie volte e i temi affrontati sono stati molteplici. Per quanto ci riguarda fin dall'inizio è apparsa chiara la nostra idea, in merito alla riforma della legge elettorale, dal punto di vista del percorso che doveva compiersi. Infatti, quando ci siamo presentati in Commissione, abbiamo detto da subito che volevamo concentrarci esclusivamente su alcuni punti che erano l'abolizione del listino, l'elezione diretta del Presidente della Regione con la possibilità di tenere il voto disgiunto, la definizione dei collegi elettorali e la questione dello sbarramento al 4 per cento così come enunciato in alcune delle proposte formulate.
Abbiamo detto che se l'argomento fosse stato affrontato cercando di complicare la legge, mettendo insieme un sacco di questioni, non si sarebbe arrivati a nulla e ci saremmo fermati. Va sottolineata una questione che abbiamo cercato di rafforzare: l'abolizione del listino; una richiesta che nasceva non dalla riduzione del numero dei consiglieri regionali da 80 a 60, ma da più lontano essendo, il listino, l'ultimo rimasuglio del porcellum in Sardegna.
Era necessario dire, così come indicato da parte degli elettori, da parte di tutti i cittadini, che il listino doveva essere abolito. Tutti i consiglieri regionali devono essere eletti attraverso le preferenze, non essendo più accettabile tenere in piedi un sistema di elezione che per alcuni premiava la partecipazione all'interno della lista per cui, se questa vinceva, si aveva la possibilità di diventare consiglieri regionali esclusivamente partecipando al listino.
Per quanto ci riguarda, pertanto, la linea era questa. Abbiamo dato indicazioni, (questo è avvenuto ieri da parte del Consiglio regionale in gran parte) perché venisse stralciato il tema elettorale dalla proposta di legge arrivata complessivamente in Aula; abbiamo invitato a concentrarci esclusivamente sulla parte seconda della legge statutaria che dalla Commissione è stata trasmessa al Consiglio regionale. Quindi parliamo dell'abolizione del listino, della possibilità di tenere in piedi i collegi così come li abbiamo conosciuti fino alla precedente votazione del 2009, della possibilità di tenere in piedi lo sbarramento del 4 per cento (questa è la proposta che siamo disposti a discutere ovviamente in quest'Aula), del mantenimento del voto disgiunto e della possibilità che entrambi i generi abbiano gli stessi diritti e le stesse potenzialità di essere candidati nelle liste.
Queste sono le questioni su cui noi vogliamo concentrare la nostra attenzione relativamente alla legge elettorale e su questo inviterei l'Aula a esprimersi, anche in tempi abbastanza rapidi perché le cose che dobbiamo affrontare e discutere sono molte altre. Pertanto faremmo bene a dare un contributo importante su questo testo di legge senza perdere troppo tempo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto), Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. Signor Presidente, colleghi del Consiglio, io intervengo in questa discussione come consigliere regionale, ovviamente, non potendo portare nessun pensiero della Giunta regionale in materia per le note vicende, perché sappiamo che il Consiglio regionale aveva stabilito, con proprio ordine del giorno, che di queste riforme si sarebbero occupati la prima Commissione e il Consiglio regionale.
Però io ricordo di aver partecipato (erano agli albori del presidenzialismo, i primi segnali di un capovolgimento, di un nuovo sistema elettorale italiano) a un dibattito nazionale che sfociò in un documento consegnato alla Regione Calabria che poi impugnò il provvedimento dello Stato e la legge elettorale, l'aveva modificata e per alcuni versi non aveva consentito di modificarla in senso stretto.
Questo nuovo sistema elettorale e la forma di governo che ci vengono proposti prospettano uno status quo, una situazione quasi immodificata che ci consegna un bipolarismo imperfetto che in Sardegna, come in tante altre realtà d'Italia, ma in maniera forte e talvolta traumatica nella Regione Sicilia, non ha prodotto gli effetti sperati nel corso delle due esperienze che hanno portato al governo della Regione alternativamente il centrosinistra e il centrodestra. Ricordo la discussione che avemmo in questo Consiglio regionale in quegli anni quando l'onorevole Soru disse: "Io mi presento candidato alla Regione per governare la Regione autonoma della Sardegna a patto e condizione che noi applichiamo la legge nazionale sul sistema elettorale".
Diciamo quindi che non abbiamo avuto il coraggio di darci, a distanza di dodici anni, una nuova specifica legge elettorale capace di dare la nostra connotazione alla nostra specialità autonomistica. Si prendono semplicemente alcune parti della legge nazionale, si precisano, si eliminano alcune norme cosiddette di privilegio come il listino e l'alto numero di consiglieri. Non abbiamo voluto e non stiamo assolutamente tracciando una via indipendente tutta sarda, come è nella potestà della nostra Regione, a cominciare dalla forma di Regione e dalla forma di governo.
Il sistema elettorale che avevamo accettato e che stiamo accettando in maniera acritica dopo la riforma del 2001 ci ha fatto vivere due esperienze speculari, quella del centrosinistra e quella del centrodestra, e io non credo che tutte le cose che non sono andate bene siano responsabilità dell'onorevole Soru e dell'onorevole Cappellacci Pertanto dobbiamo parlare di questo sistema che, per noi, è stato traumatico. E' un sistema che ha accresciuto la conflittualità all'interno della maggioranza e dello stesso partito dei leader delle coalizioni di centrosinistra e di centrodestra, ha reso più debole il rapporto Regione-Stato, ma ha anche innescato, onorevoli colleghi - è una cosa importante - una contrapposizione tra gli stessi organi della Regione, Consiglio e Giunta regionale, che non si parlano tra di loro, facendo perdere di vista gli obiettivi di crescita e di sviluppo della Sardegna, della comunità regionale, soprattutto nei momenti nei quali era necessaria una vera unione delle forze politiche sarde.
Contrariamente alle ragioni che avevano portato all'elezione diretta del Presidente, non c'è stata né stabilità politica né stabilità di governo; si è per converso accentuata la conflittualità penosa tra Giunta regionale e Consiglio, l'uno contro l'altro armati in una tenzone che ha indebolito la forza della rappresentanza popolare e la credibilità stessa delle istituzioni autonomistiche. Di che cosa stiamo parlando? Vogliamo fare una cosa veloce con questa leggina togliendo il listino? E' questo che vogliamo fare? E' questa la risposta? E' questo che vogliamo consegnare ai nuovi amministratori? Diciamolo, ognuno si assuma la propria responsabilità, perché c'è chi ha fretta di approvare questa leggina, perché se no, se non si approva subito, non si approverà neanche dopo e se non si approva dopo si approverà la leggina ma non si approverà la statutaria, non si approverà la forma di governo, non si approveranno tutte riforme che erano intrecciate e incardinate l'una sull'altra.
L'approvazione di una legge statutaria quindi, non di una qualsiasi legge statutaria, è la migliore risposta che questo Consiglio può dare nel segno della maturità e della responsabilità di fronte alle problematiche della crisi che la Sardegna sta affrontando. Anche la stessa approvazione della legge statutaria, seppure di grande importanza, non è una riforma che deve viaggiare da sola, la riforma dell'assetto di governo della Regione deve essere accompagnata dalla riforma dello Statuto, da nuove regole di funzionamento del Consiglio regionale, dalla riforma dell'organizzazione complessiva della Regione.
Il tema centrale su cui oggi siamo chiamati a confrontarci è quello della forma di governo e, in particolare, di quale forma di governo. Vale a dire la scelta tra il sistema elezione diretta del Presidente della Regione e il sistema parlamentare. Le ragioni di quanti propendono per l'elezione diretta del Presidente della Regione sono tante, ne voglio citare qualcuna. In primo luogo risponderebbe alle necessità di assicurare una maggiore stabilità agli Esecutivi regionali attraverso il cosiddetto governo di legislatura; risponderebbe alle esigenze della stabilità che viene generalmente associata alla governabilità, caratteristica che migliorerebbe la capacità di governo in termini di prontezza, di efficacia e di continuità.
In secondo luogo l'investitura popolare diretta garantirebbe una maggiore democraticità alla scelta del Presidente, istituendo un nesso di rappresentanza e di responsabilità tra il Presidente e gli elettori. Al legame elettore-Presidente eletto si associa poi quello fra candidato Presidente-coalizione, suggellato dal programma di governo; una sorta di patto che, secondo i sostenitori dell'elezione diretta, coinvolge anche gli elettori rafforzando ulteriormente il mandato già conferito al Presidente. Altri hanno già risolto questa diatriba con la previsione di due elezioni separate, il Presidente da una parte, il Consiglio regionale dall'altra, ma in questa sede non solo non ne abbiamo parlato, ma neanche accennato: questo discorso non è mai venuto fuori.
I critici parlamentaristi - e io sono un parlamentarista, l'ho sempre detto - osservano che questo sistema comporta una serie di inconvenienze: il depotenziamento del Consiglio rispetto al Presidente, depotenziamento che rischia di creare squilibri nei rapporti fra i massimi organi della Regione, una concentrazione di poteri in capo al Presidente il quale può decidere le sorti dell'intera legislatura mediante l'istituto delle dimissioni volontarie. Tutti a casa. Tutti ricordano le vicende delle dimissioni del presidente Soru che hanno determinato lo scioglimento anticipato del Consiglio regionale e, ancora, il caso emblematico della Regione siciliana, a cui ho fatto riferimento, dove un Presidente eletto con una maggioranza ha governato con un'altra maggioranza.
Si diceva: "Questo fatto non si verificherà più", abbiamo visto che invece questo fatto si è ripetuto abbondantemente, perché poi nella continuità e nella stabilità di governo non vanno inseriti soltanto gli elementi della Giunta regionale col suo leader, vanno inseriti anche i cambi di tanti assessori che avvengono durante queste legislature con l'elezione diretta del Presidente. Essendoci questo rapporto di fiducia, che quando scade non deve essere giustificato, noi abbiamo una miriadi di assessori che cambiano da un momento all'altro creando ovviamente disagio per quanto riguarda le politiche diverse.
Quindi, è indubitabile che l'approvazione della legge statutaria costituisca lo strumento per mitigare gli aspetti negativi della elezione diretta in quanto, come è noto, essa regola, tra le altre cose, proprio i rapporti tra gli organi della Regione. In questa sede, presidente Maninchedda, ritengo sia necessario avviare almeno un ragionamento per cercare di coprire la mancanza di contrappesi, per rafforzare il ruolo del Consiglio di indirizzo e di controllo, delimitando in maniera precisa i compiti dell'Esecutivo e regolamentando in maniera fisiologica i conflitti tra il Consiglio e l'Esecutivo.
Se non faremo questo consegneremo a quelli che verranno dopo di noi una Regione ingestibile, ingovernabile, che ha adottato una prassi, in questi anni, che niente ha a che vedere con la vita democratica delle istituzioni. Attenzione, perché chi ritornerà in quest'Aula si ritroverà nelle stesse identiche situazioni, con l'aggravamento di quello che ho detto: una situazione che tutti abbiamo sotto gli occhi, che sappiamo benissimo essere ingovernabile.
Io credo che un altro degli argomenti che dobbiamo trattare sia il problema della legge regionale numero 1. Da tempo è emersa la necessità di riformare la legge numero 1, in particolare per adeguarla al nuovo sistema basato sull'elezione diretta del Presidente della Regione. In questa logica di equilibrio di poteri, che ispira il testo in discussione, è necessario valutare un modello organizzativo che contemperi il ruolo centrale attribuito al Presidente con quello degli Assessori. Questi ultimi, infatti, se da un lato non devono rappresentare delle entità separate e autonome, dall'altro non possono neppure essere ridotti a semplici collaboratori sotto ordinati del Presidente; e in questo senso si potrebbe anche pensare a recuperare un modello simile a quello dei dipartimenti, che era già inserito nella legge numero 1 regionale e che non è mai stato portato a compimento.
Pertanto, nell'approvare questi articolati c'è questa esigenza (e dobbiamo rispondere oggi, che sono sicuro è stata all'attenzione della Commissione ed è stata l'intenzione anche della Commissione), un'esigenza di chiarezza, ossia di evitare l'applicazione e la successiva attuazione della statutaria sui punti interpretativi che non sono stati chiariti.
C'è un altro tema, che riguarda le elezioni primarie, inserito nel testo di legge. Questo è un tema delicato e importante per le varie implicazioni e i molteplici risvolti a cui è legato questo istituto. Per questo se si sceglie di trattarlo come lo stiamo trattando, come ha fatto anche la Commissione, bisognerebbe quantomeno fissare i principi e lasciare solo la normativa di dettaglio alla successiva legge ordinaria. La materia, per la sua novità e complessità, meriterebbe di essere trattata in altra sede, dopo un adeguato approfondimento.
Tuttavia se si vuole mantenere la scelta del testo all'esame sarà utile tratteggiare, anche con brevi cenni, alcune problematiche legate all'istituto delle primarie per ipotizzare, aprendo un confronto sul punto, quali principi devono trovare eventuale collocazione all'interno della legge statutaria e quali trovino migliore applicazione all'interno della legge ordinaria. Ad esempio, si consideri la necessaria valutazione sulla legittimità e l'opportunità di istituire primarie obbligatorie, ovvero se queste devono essere rimesse a una scelta facoltativa di soggetti politici; altrettanto rilevante è l'alternativa tra primarie pubbliche, previste da strumenti di carattere pubblicistico, oppure primarie meramente private, lasciate all'autodeterminazione di ciascun soggetto politico.
Se si consideri che la problematica degli effetti giuridici da attribuire all'esito della votazione, vale a dire se le stesse devono considerarsi vincolanti o meno per le decisioni dei partiti politici, anche considerando le eventuali conseguenze che potrebbero essere previste nel caso di mancato adeguamento da parte dei partiti su cui non si dice niente, non è possibile che una legge ordinaria possa sostituirsi a una legge rinforzata senza che questa legge rinforzata dia le direttive alla legge ordinaria che noi dobbiamo applicare.
E un altro tema importante mi sembra il conflitto di interessi, lo diceva qualcuno ieri in quest'Aula; è possibile continuare ad andare avanti così? Abbiamo l'occasione per porre la parola fine a questo argomento; lo citiamo sempre, ne parliamo sempre a livello nazionale (il conflitto di interessi di Berlusconi), governa il centrosinistra anni e anni e non lo sfiora neanche, arriva l'altra parte e niente, ma ne vogliamo parlare? Io credo che sia un argomento importante, che sia un argomento che noi non possiamo assolutamente trascurare. Il conflitto di interessi tocca un aspetto fondamentale all'interno di un maturo e moderno assetto democratico, quello relativo all'equilibrio tra il diritto di ogni cittadino di candidarsi alle cariche pubbliche elettive e la necessità di far sì che le decisioni del potere pubblico non siano influenzate da interessi privati.
Trovare un punto di equilibrio tra questi valori divergenti comporta soluzioni di compromesso che lasciano inevitabilmente problemi aperti e assetti non soddisfacenti. Su questo punto io credo che la discussione in Aula vada fatta, che il confronto tra maggioranza e opposizione vada attuato, che questa parte del testo possa essere affinata nell'intento di garantire l'efficacia e la piena applicabilità di un istituto di tale rilevanza per le istituzioni regionali.
Io quindi nel concludere, colleghi del Consiglio, mentre esprimo apprezzamento per il lavoro svolto dalla prima Commissione, ritengo che stiamo lasciando inalterati tutti i dubbi che abbiamo evidenziato, tutte le critiche che abbiamo fatto in questi anni, tutti i malumori, tutti i bisticci, tutte le incongruenze, tutta l'inefficienza del Consiglio regionale e della Giunta regionale e che sia arrivato il momento invece di chiarire, in termini utili per tutti, i poteri del Presidente della Regione, quelli della Giunta regionale, quelli del Consiglio regionale, e anche quelli delle Commissioni, per evitare che si ripeta l'immagine di un Consiglio regionale che è qui, che non ha ruolo, che cerca di girarsi i pollici a fronte di una Giunta regionale che non riesce ad avere le sue corsie quando è necessario; e quindi separare ruoli, funzioni e responsabilità in modo che la prossima sia una legislatura capace di produrre effetti più positivi di quelli prodotti in questa.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (P.D.). Oggi noi affrontiamo finalmente il tema della legge elettorale e lo affrontiamo subito dopo la definitiva approvazione in Parlamento della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Io sono tra quelli che avevano proposto questa riduzione già dalla scorsa legislatura, quindi prima che i moti di popolo, la domanda pressante di una riforma della politica, di un ritrovare e applicare praticamente un concetto di sobrietà, di etica, di efficienza delle istituzioni pubbliche trovassero così tanto spazio nelle cronache e nelle vicende degli ultimi anni.
E sono tra quelli che ritenevano e ritengono che una riduzione equilibrata, non drastica, perché anche su quel tema ci siamo spesso trovati divisi tra chi tendeva alla conservazione e chi magari proponeva soluzioni drastiche (lo stesso governo Monti proponeva 30 consiglieri e anche in questo Consiglio si parlava di 40 o 50) potesse salvaguardare sia il principio della rappresentatività territoriale e politica, sia una effettiva esigenza di riduzione dei costi; ma io dico che è possibile dare a questa istituzione una maggiore efficienza anche all'interno dei costi attuali.
L'abbiamo detto più volte, ma spesso è un tema che abbiamo aggirato, non è soltanto un problema di numero ma è anche un problema di quello che si fa e si riesce a fare, è anche un problema di mettere a disposizione di chi siede in un'istituzione così importante come il Consiglio regionale quei servizi e quelle possibilità di esplicare il proprio mandato che altrimenti rischia di diventare un mandato vuoto, senza strumenti per poterlo svolgere.
Ho ascoltato con attenzione le parole dei colleghi, anche l'ultimo intervento del presidente Floris che credo abbia puntualmente elencato le aspettative che affiorano ogni volta che si tocca il tema di una legge statutaria. Devo dire però ai colleghi e al presidente Floris che la minoranza svolge un ruolo critico e svolge il ruolo che gli è dato anche dai numeri, non può certo impedire alla maggioranza di affrontare quei temi, non può certo impedire alla maggioranza di affrontare i temi della forma di governo, del modello organizzativo, dell'equilibrio dei poteri, del conflitto di interessi, ma è evidente che la minoranza può avere idee diverse su quel tema.
La minoranza accoglie quindi con favore il fatto che si sia riusciti perlomeno a portare in Aula la legge elettorale e vi invita a esercitare il vostro compito, il vostro ruolo se ritenete che si possa fare altro; noi abbiamo diverse idee e le abbiamo manifestate (erano compresi anche i punti che richiamava il presidente Floris) nella scorsa legislatura con la presentazione di una legge statutaria che poi non ha superato lo scoglio del referendum. Siamo pronti a rivederla ma occorre distinguere tra le responsabilità di una maggioranza, che anche in queste settimane si è dimostrata spesso soltanto una maggioranza numerica e non politica, e quelle di una minoranza che assolve al proprio compito critico.
Una minoranza quindi che non può non sottolineare come questa legislatura anche nel campo delle riforme istituzionali, anche nel campo della revisione dello Statuto sia una legislatura assolutamente inconcludente, una legislatura che ha rischiato e rischia non di costruire ma di lasciare danni e macerie, una legislatura che noi auspichiamo, e lo diciamo con forza e questo sta anche alla base del nostro consenso a questa legge elettorale, finisca al più presto. Allora credo che da questo giudizio politico, dalla nostra volontà di porre fine a uno stillicidio che nulla può portare alla nostra comunità e ai sardi, si può leggere e capire la nostra disponibilità a discutere in tempi rapidi di una legge elettorale snella, non ingombrante e non piena di temi che rischiano di trascinarci qui in Aula per giorni o per settimane.
Noi vogliamo innanzitutto mettere in sicurezza il fatto che si possa andare al voto al più presto con una legge elettorale semplice, comprensibile, che risolva alcune storture, a cominciare da un inaccettabile peso del listino all'interno di un Consiglio addirittura ridotto nel numero dei suoi componenti, al di là del fatto che ancora non si sia definito e non si definirà a breve il tema del riassetto delle province perché non siete in grado di portarlo avanti, non certo per volontà della minoranza. Riteniamo inoltre che oggi portare in Aula questa legge elettorale ci assicuri, soprattutto e innanzitutto, che si possa rapidamente, se ce ne sarà l'occasione, occasione che noi cercheremo, andare al voto al più presto con una legge elettorale che consenta alla nostra Regione di avere un nuovo governo.
Un governo forte, un governo stabile, un governo coeso e omogeneo politicamente, non frutto di maggioranze e di coalizioni pasticciate ed eterogenee; un governo che possa rappresentare per la Sardegna una svolta per riprendere un cammino di riforme importanti, non di leggi e leggine pasticciate, le abbiamo chiamate "leggine zavorra", leggine che avete esitato semplicemente per continuare a stare insieme ma non con una visione complessiva della Sardegna.
Noi non possiamo quindi che apprezzare il fatto che oggi si discuta una legge elettorale, pur nei termini in cui se ne può discutere. Oggi è in discussione una legge elettorale che stabilisce poche cose semplici: quanti collegi prevedere, e ci va bene che siano i collegi delle vecchie province perché si garantisce una rappresentatività dei vari territori; l'abolizione del listino, perché credo che i sardi, ma anche la comunità nazionale nel suo insieme abbiano dimostrato stanchezza rispetto alla presenza di nominati delle istituzioni.
Chiaramente non si fa di tutta l'erba un fascio perché noi abbiamo anche esempi illustri di persone che sono state nominate dalle istituzioni, che non sono passate attraverso l'elezione diretta da parte dei cittadini, ma che hanno svolto benissimo il proprio compito; purtroppo in questi anni in cui il centrodestra ha governato il Paese abbiamo avuto anche esempi non virtuosi, abbiamo avuto anche esempi di nominati non certo per meriti politici e non certo per le capacità dimostrate in qualche campo delle scienze sociali o politiche che potessero portare competenze utili al Parlamento nazionale o necessariamente a questo Consiglio regionale.
Quindi l'abolizione del listino non è una critica, o una mancanza di apprezzamento per il lavoro svolto anche in questa legislatura dai colleghi eletti nel listino, ma è un mettersi in sintonia con il Paese, un mettersi in sintonia con la nostra comunità che oggi chiede che i rappresentanti siano scelti, che la scelta torni al popolo. Lo chiede in maniera sempre più forte anche nel designare le cariche apicali attraverso le primarie. Noi veniamo da un'esperienza come Partito Democratico che certamente ci ha giovato, abbiamo fatto una scelta coraggiosa che voi non siete mai stati capaci di fare preferendo, anche nelle designazioni delle cariche apicali, delle scelte verticistiche, delle scelte che spesso non sono comprese dai cittadini.
Ritengo pertanto che il testo in discussione faccia bene a richiamare anche la possibilità di incentivare l'utilizzo delle primarie, e credo che le forme si possono trovare. Io sono stato presentatore di una proposta di legge sulle primarie nella scorsa legislatura; intendo ripresentarla in quanto, molto semplicemente, incentiva le primarie attraverso risorse, attraverso strutture, e premia quei partiti, quelle coalizioni, che vogliano scegliere attraverso le primarie i candidati alle cariche apicali.
Quindi credo che servisse un provvedimento come questo, e credo che si sia fatto bene ieri a proporre uno stralcio perché voi non sareste stati in grado di approvare un progetto di legge che avesse toccato tutti i temi richiamati dal presidente Floris. Il motivo è che non siete d'accordo fra di voi, e anche l'assenza oggi del partito dei Riformatori sardi, o pseudo partito dei Riformatori sardi, testimonia una lacerazione costante nella maggioranza. L'ennesima sceneggiata di ieri, con gli abbandoni dell'Aula, sottolinea le contraddizioni profonde della vostra maggioranza, le contraddizioni di chi vuole stare in maggioranza e all'opposizione, di chi vuole lucrare posti di governo e, nello stesso tempo, avere le mani libere per fare il tribuno del popolo, senza però rinunciare ai propri privilegi a alle proprie prerogative. E credo che questo non possa più essere accettato.
Ben venga quindi una legge elettorale che abolisca il listino, ben venga una legge elettorale che garantisca un premio di maggioranza robusto a salvaguardia della governabilità, ben venga una legge elettorale che preveda anche le soglie di sbarramento (le soglie di sbarramento le possiamo rivedere, possiamo rivedere la percentuale, o ipotizzare una soglia inferiore) per due motivi.
Le soglie di sbarramento garantiscono intanto l'omogeneità, evitano un'eccessiva eterogeneità delle coalizioni, un eccessivo sfilacciamento, garantiscono anche che chi viene eletto venga eletto con un numero di voti robusto, che non ci siano consiglieri che vengano eletti con 5000 voti, e consiglieri che vengano eletti con 800 voti. La rappresentatività non è infatti un concetto astratto, la rappresentatività è un concetto legato ai numeri assoluti o relativi, alla popolazione, ma non ci possono essere differenze così notevoli come quelle viste in questi anni.
Una legge elettorale che assegna un premio di maggioranza, evitando però quella forma perversa della vecchia legge elettorale, ereditata da quella nazionale, secondo la quale il premio di maggioranza veniva calcolato se necessario ad aumentare i consiglieri; quindi mette un limite massimo, non ci potrà essere un Consiglio di "80 più", o "60 più" consiglieri da definire, ma un Consiglio di 60, dove il numero dei consiglieri eletti a maggioranza viene assegnato in maniera certa e senza ulteriori incrementi.
Quindi, ripeto, io ritengo che abbiano fatto bene i Capigruppo a scegliere di far entrare in Aula questo testo di legge, credo che alcuni aspetti possano essere migliorati, ma credo anche che si sia fatto bene ieri a renderla più snella e a stralciare alcune parti che ci avrebbero portato a una discussione interminabile. Penso anche che faremmo bene ad approvarla al più presto. Approvarla al più presto con la speranza che il fatto che ci sia una legge elettorale sul tavolo, che garantisca rappresentatività, maggioranze coese e governabilità possa essere un via libera all'accelerazione di un processo di fine legislatura di cui credo ci sia bisogno, e che possa finalmente aprire una pagina nuova dopo questi anni bui di un centrodestra inconcludente, senza un progetto per una Sardegna che soffre più di altre regioni gli effetti drammatici della crisi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già domani). Presidente, mi sono già espresso ieri dicendo che nonostante tutto, e dirò poi che cosa intendo per "tutto", sono anch'io favorevole al che questo Consiglio approvi, rapidamente, senza dilungarsi troppo in discussioni filosofiche, quello che è rimasto della legge elettorale che è stata esitata, dopo una lunga e approfondita discussione, in Commissione. I punti reali che sono rimasti nel Capo II, di cui si è già accennato negli interventi che mi hanno preceduto, tutti molto brillanti, compresa la relazione del relatore, sono il richiamo al confronto che c'è stato in Commissione tra l'elezione diretta del Presidente e l'elezione indiretta, il problema della soglia di sbarramento, il premio di maggioranza, e perché no, aggiungo io, il voto disgiunto.
Ora è vero che il testo così come sortito dalla Commissione, così come possiamo votarlo, spogliato dal Capo I e dal Capo III, fondamentalmente secondo me ha un enorme vantaggio rispetto alla vecchia legge: l'abolizione del listino dei nominati. Le cosiddette "Truppe cammellate" del Presidente eletto, che spesso più che cavalcare i nobili ruminanti del Nord Africa, sono sembrate cavalcare dei banali e molto meno nobili ronzini. Ma dopo l'abolizione del listino dei nominati, cosa su cui in Commissione mi pare di capire, e anche in Aula, esiste una posizione quasi unanime, il confronto più serrato è stato sulla scelta del mantenimento di uno schema di sistema maggioritario con premio di maggioranza, e quindi con un premio di governabilità.
Aver mantenuto un premio di maggioranza e quindi un premio di governabilità ha comunque un aspetto che secondo me è positivo in questo testo scarno e certamente migliorabile; ma, preso atto della situazione politica e dei rapporti tra i Gruppi, non solo tra maggioranza e opposizione, ma anche all'interno sia della maggioranza che dell'opposizione, credo che davvero questo testo sia il massimo a cui si potesse arrivare, con qualche miglioramento che mi permetterò di proporre.
Una brevissima, consentitemi, sottolineatura del perché io avessi presentato il testo di legge statutaria elettorale che comportava l'elezione indiretta del Presidente della Regione. Il dibattito sull'argomento in Commissione è stato lungo, approfondito e anche di qualità. Diciamo che la posizione che mi ha meno convinto, tra i sostenitori dell'elezione diretta del Presidente, è quella secondo cui la gente vuole l'elezione diretta e pertanto non capirebbe il ritorno al parlamentarismo, come se non fosse già sufficiente nell'immaginario collettivo l'assunto, purtroppo per colpa dei politici, molto dei consiglieri regionali e anche della necessità che ha la stampa in tutte le manifestazioni (giornali, televisione, i media), di cavalcare le notizie, che il consigliere regionale equivale a vorace dissipatore dei soldi pubblici e quindi incapace e indegno di assumersi la responsabilità di trasferire nella scelta del capo del governo quel mandato che ha avuto, attraverso l'elezione, da parte dei cittadini.
Quindi siamo noi stessi che, un po' per paura di scontentare il popolo, un po' per paura di ritornare a un qualcosa che non era sbagliato concettualmente ma che si è dimostrato sbagliato nell'applicazione (i giochi delle segreterie di partito, i cambi continui di presidenza, ma questo era facilmente risolvibile) abbiamo scelto di dover avere ancora un magister, un primus super pares che dia garanzie; ma garanzie di che cosa?
Davvero pensiamo o possiamo sostenere che l'elezione diretta, quindi il suffragio diretto da parte dei cittadini sul Presidente possa essere un'investitura divina? Una calata dello Spirito Santo su un personaggio che, anziché avere saggezza, capacità, equilibrio e buona salute sia invece inesperto, inidoneo, mediocre, inadatto ma prescelto, questo sì, baciato, questo sì, infuso, questo sì, dal potere di qualche "ras" di partito, magari di partito nazionale non certo delle segreterie regionali, magari con interessi poco nobili, magari con interessi che poi si manifestano nel corso di una legislatura.
Quindi ho accettato democraticamente in Commissione che venisse bocciato il mio tentativo, la mia proposta di nobilitare la politica, di ridare nobiltà al Consiglio, ai consiglieri nel loro insieme, quale espressione più completa e compiuta, se non altro in termini di rappresentatività, perché il Consiglio rappresenta davvero tutto il popolo sardo: chi ha votato per la maggioranza e chi ha votato per l'opposizione. Ho preso atto e sostengo quindi, pur non essendo il mio disegno o quello che secondo me era il più adatto come disegno di sistema elettorale (e da qui la forma di governo, l'equilibrio dei poteri, il confronto tra le parti, la rappresentatività e la democrazia), che questo testo di legge vada avanti assolutamente perché c'è bisogno comunque di dare alcune risposte, c'è bisogno comunque di avere una legge elettorale che possa essere, auspico, immediatamente efficace senza la spada di Damocle di cosa succederà delle province e quindi dei collegi elettorali.
Spero ancora che ci possa essere un ulteriore miglioramento nel testo; perché se è vero che a favore della scelta dell'elezione diretta del Presidente c'è una maggioranza trasversale dei consiglieri ribadisco sia, quella scelta, la negazione, di quel potere che il popolo, lo ribadisco e lo ripeto, perché è nella Costituzione, è nel testo di questa legge, dà ai consiglieri in quanto eletti direttamente con uguale suffragio universale e diretto, con voto personale libero e segreto.
Però ribadisco che, avendo scelto che il Presidente abbia un carattere superiore, il Presidente può anche decidere poi di negare quel voto per i consiglieri e quindi quella scelta di una maggioranza che governi facendo, come abbiamo visto, il ribaltone; questo sì non viene impedito dal testo così come è stato predisposto, cioè la possibilità che il Presidente possa ribaltare la maggioranza e governare, forte del suo suffragio diretto contro la volontà però espressa in maniera contemporanea, concomitante, uguale e libera da parte dei cittadini.
Ma anche questo aspetto ormai credo sia impossibile da recuperare, però almeno una modifica posso proporla? La modifica sarebbe quella almeno di abolire il voto disgiunto, io credo davvero che il voto disgiunto e il premio di maggioranza siano un ossimoro, siano uno la negazione dell'altro. Che senso ha poter votare un Presidente, a cui si dà il potere di trascinarsi un premio di maggioranza su un programma, a meno che la scelta non sia davvero ad personam, cioè io scelgo il Presidente perché è lui, e purtroppo abbiamo constatato che si può vincere e diventare Presidenti della Regione pur essendo conosciuti solo dal 5 per cento dei sardi, quindi non era un voto diretto alla persona, era un voto diretto ai partiti, a un programma, a una proposta politica e magari si sceglie di sostenere un consigliere regionale di un partito opposto, di un programma opposto.
Noi col voto disgiunto scegliamo di mandare un Presidente, scegliamo di votare un programma però poi mandiamo un consigliere o cerchiamo di mandare un consigliere che deve invece sostenere un programma opposto e che quindi contrasterà il programma di quel Presidente che noi abbiamo scelto! Davvero io non riesco a capire la logica. Allora in Commissione mi fu detto: "Ma è il sistema di elezione dei sindaci!". Benissimo! Con i sindaci funziona abbastanza con qualche pecca, l'abbiamo visto, qua e là. Ma i sindaci non legiferano! I consiglieri comunali non legiferano! I consigli comunali applicano le leggi che fa un Consiglio regionale, Consiglio regionale che legifera attraverso i consiglieri regionali.
Un Presidente dovrebbe applicare, come capo del sistema esecutivo, le leggi che fa il Consiglio regionale e lo deve fare in maniera libera, senza ricatti; invece noi diamo il potere al Presidente, decide lui e lui solo, di scioglimento del Consiglio regionale. Certo il Consiglio lo può mandare a casa però mandando a casa il Presidente va a casa anche il Consiglio! Mentre il Presidente può decidere di mandare a casa la maggioranza e di prendersene un'altra, questo è davvero un potere diseguale. Ebbene col voto disgiunto noi, ribadisco, stiamo sostenendo la possibilità di scegliere un Presidente e un programma però di votare un candidato consigliere regionale che oltretutto, ha anche meno probabilità di essere eletto in quanto votando il Presidente noi diamo il premio di maggioranza ai partiti che sono contrari al partito in cui c'è il candidato consigliere che vogliamo votare.
Bene, io credo che almeno questo punto si possa approvare come chiarezza, come semplificazione, come riconoscimento, ribadisco, della funzione nobile del Consiglio regionale perché nelle scelte che sono concomitanti sembra quasi una forma di superficialità quella di poter dire che uno sceglie il Presidente, sceglie il programma di governo però al tempo stesso sceglie un consigliere che si deve opporre a quel programma di governo. Davvero credo che sia, quanto meno, consentitemi, diseducativo!
Quindi auspico che questa proposta di legge venga approvata, che ci sia una legge elettorale nuova, immediatamente applicabile, che ci sia l'abolizione del listino dei nominati ma che si dia, attraverso l'abolizione del voto disgiunto, quel riconoscimento che costituzionalmente deve competere a ciascun componente di questo Consiglio. Se io cittadino scelgo un programma di governo e un Presidente, che deve tenere la barra del timone per attuare quel programma di governo, credo debba essere anche conseguente e coerente nel mantenere la scelta di quell'altra funzione altrettanto nobile, dirò di più, molto più nobile, del consigliere che deve legiferare coerentemente con il programma scelto.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Presidente, permettetemi parlando di legge elettorale e quindi anche di tecnica elettorale di non astrarmi dalla realtà e pertanto dalla situazione politica che vive questo Consiglio regionale. A me sembra infatti che sia palese a tutti (è fotograficamente palese), anche stamattina, che siamo in una situazione di crisi: della Regione, della Giunta, del suo Presidente.
Dico fotograficamente perché basta guardare i banchi della Giunta dove è presente solo l'Assessore degli enti locali, mentre l'Assessore delle riforme decide di parlare dai banchi del Consiglio, il Presidente della Commissione autonomia che dovrebbe fare le riforme si presenta dimissionario, dove un partito che si chiama il partito dei Riformatori decide di non essere presente in Aula eppure è presente in Giunta, è presente in maggioranza e non si è mai sognato, questo partito, di dire che non appartiene più alla maggioranza decidendo, per esempio, di ritirare la propria delegazione dalla Giunta regionale.
Quindi viviamo una crisi palese, una crisi in atto, e una delle poche cose che condivido dell'intervento di Maninchedda di ieri sono queste sue parole: "è da anni che dico che bisogna restituire la parola agli elettori". Noi dall'opposizione lo diciamo coerentemente dall'inizio di questa legislatura. Perché il problema non è nella forma di governo; se noi analizziamo che cosa è successo in questa legislatura e quindi il peccato originale di questa legislatura non è nella scelta che hanno fatto gli elettori, che magari si sono fidati di uno conosciuto soltanto in una percentuale del 5 per cento, il problema è che hanno scelto Berlusconi, quindi la scelta nel 2009 è stata tra un Presidente uscente, il presidente Soru, e il presidente Berlusconi, si sono fidati di lui, ma penso abbiano abbondantemente cambiato idea.
E che ci sia una crisi in atto lo dimostra il fatto che i sardi ci chiedono perché parliamo di noi, perché parliamo di legge elettorale oggi e non presentiamo invece la finanziaria, la legge più importante, quella che destina le risorse per attuare le politiche; ci chiedono perché non parliamo di lavoro, perché non parliamo di sviluppo, perché non difendiamo quello di cui abbiamo detto in questi anni, penso alla Vinyls, penso a quell'impresa che sta andando verso il fallimento nonostante Ministri, Presidenti, Assessori ci abbiano detto "ci metto la faccia, risolvo il problema". Niente di tutto questo.
Ora io credo che di fronte alla contraddizione di un Assessore, l'Assessore della programmazione e del bilancio, che si candida con il partito del Presidente del Consiglio uscente (quello accusato da lui di aver scippato le risorse dei sardi), noi stiamo affrontando spero, mi auguro, l'ultimo atto di questa legislatura, e l'assenza del presidente Cappellacci oggi in Aula lo dimostra: non c'è interesse, è un'Aula distratta.
Allora, è in atto un fallimento ed è il fallimento anche di una legislatura che veniva annunciata come una legislatura costituente; come 'opposizione abbiamo posto in essere tutti i tentativi per permettere un percorso, e ricordo il passo indietro a favore di una Assemblea con funzione costituente per parlare di riscrittura dello Statuto e del patto costituzionale con lo Stato. Abbiamo chiesto al presidente Cappellacci di rappresentare i sardi anche nel momento in cui la riforma dello Stato in senso federale andava verso una revisione della stessa Costituzione.
La Sardegna non solo non ha guidato questo processo ma è stata muta, assente, afona, non ha avuto un Presidente in grado di interpretare i desideri dei sardi, anche perchè parlando di riforma, di riscrittura del patto costituzionale con lo Stato stiamo parlando di risorse, di diritti, stiamo parlando del pane. Ecco, non siamo stati capaci, meglio, non siete stati capaci di interpretare quel momento ed è passato un treno.
Credo che anche la zona Cesarini sia ormai passata, non c'è più niente, non c'è più la possibilità di fare politica (e quindi di avere margini di discrezionalità), di attuare un processo costituente che, partendo dalla revisione del patto costituzionale con lo Stato, da una nuova legge elettorale, da una nuova legge statutaria, da una nuova legge di organizzazione, affronti, perché bisogna affrontarlo, anche il tema del rapporto con l'amministrazione regionale, con la burocrazia, il rapporto di reciprocità che ci deve essere perché altrimenti le politiche, come abbiamo visto, non funzionano. Non vengono attuate le leggi, anche quelle poche leggi che questo Consiglio regionale in questi anni ha approvato.
Secondo me c'è una crisi della rappresentanza; il problema vero è che, probabilmente, non rappresentiamo più nessuno e che anche il nostro tentativo di fare politica, politica istituzionale, fa i conti con la nostra incapacità di rappresentare gli interessi generali ma, soprattutto, di ricercare insieme le soluzioni. Una crisi della rappresentanza che è palese anche nella politica nazionale dato che si va, come sta accadendo, alle elezioni con il sistema del porcellum, dato che di fatto si accetta, perché non si fa una legge elettorale nazionale, non di selezionare la classe dirigente dal basso, non di valutare la possibilità di applicare l'articolo 49 della Costituzione quindi il metodo democratico anche nella scelta dei candidati, ma ci si affida alle segreterie di partito che sono sempre più delle elite e si decide così di barattare anche gli interessi.
Abbiamo visto infatti quanto anche i nostri parlamentari, nella scorsa legislatura, siano stati condizionati dalla necessità di dover garantire il loro voto di fiducia alla loro ricandidatura e quindi di essere di fatto asserviti alle ragioni del partito, del leader del partito e non agli interessi del popolo che rappresentano. Ritengo che ci sia veramente una crisi della rappresentanza ma il problema sta anche nel ruolo che i partiti politici non esercitano più. La legge urgente che, certo, non possiamo fare noi ma il Parlamento è quella che riguarda l'attuazione dell'articolo 49, cioè la vita interna dei partiti, il metodo democratico, la rappresentanza degli interessi, la trasparenza.
E' quella la vera riforma da fare, perché i partiti hanno la funzione, è scritta nella Costituzione, di selezionare la classe dirigente, di mediare fra i cittadini e le istituzioni perché altrimenti - è questo il vero conflitto di interessi che c'è stato in questa legislatura - sono le lobby, sono i poteri forti che fanno le leggi, fanno le finanziarie senza una mediazione vera dei partiti che non esistono, non esistono in Sardegna e forse pochi esistono in Italia.
Siamo vittime in questo caso, nel vostro caso consapevoli, di altri interessi, di altri poteri; i partiti hanno invece, ripeto, questa funzione di mediazione tra i cittadini e le istituzioni, di selezione della classe dirigente e anche di formazione politica perché sempre più ci si improvvisa nelle nostre amministrazioni locali, e anche nei consigli regionali, nel Parlamento la politica diventa improvvisazione. Nessuno è più rappresentante di altri se non di interessi.
Si è detto dell'elezione del Presidente della Regione, della forma di governo, parlamentare o presidenziale, anche su questi temi ciò che ha caratterizzato questa legislatura, la contrapposizione tra Giunta e Consiglio, credo sia stata data non dalla scelta tecnica ma da una crisi tutta politica, assolutamente politica. La differenza che io vedo tra questa legislatura e quella scorsa, in vigore lo stesso sistema elettorale, sta nel fatto che nella scorsa legislatura, lo possiamo accettare o no, lo possiamo condividere o no, c'era un progetto politico, c'era un "progetto di Sardegna", c'era un'idea di Sardegna, nel vostro caso non c'è mai stato, né in campagna elettorale né durante il mandato, un progetto, tanto meno un progetto condiviso.
Non c'è stata maggioranza, vi siete retti sui numeri, avete, sì, tentato di modificare la legge, inventandovi un parlamentarismo, mettendo a turno un po' di consiglieri in Giunta, non so quanti Assessori abbiate cambiato, ventisei, ventisette, non potevate cambiare il Presidente, avete cambiato gli Assessori. Ma non regge, non regge non perché abbiamo una legge elettorale che non lo consente, non regge perché manca la politica, perché manca un progetto politico, perché manca un'idea di Sardegna, non l'avevate, non siete riusciti a fare una riforma, neanche la riforma della sanità che avete annunciato come uno dei primi atti di questo Consiglio regionale, avete cambiato i direttori generali, avete messo dei manager, avete fallito su tutti i fronti, e credo che dobbiate prendere atto di questo fallimento.
Dov'è la cerniera, dov'è il collante tra Giunta e Consiglio? Certo, è nei contrappesi, che forse anche in legge possiamo inserire, ma soprattutto sta nella capacità di condividere, di condividere un progetto, di condividere un percorso, un percorso politico, sta nella capacità di incarnare, Presidente, Giunta, Consiglio (direi anche amministrazione regionale che deve farsi interprete di quel progetto), un progetto politico che vede coinvolti i cittadini, non chiamati puntualmente (cioè come se mettessero un punto) ogni cinque anni a inserire una scheda nell'urna, ma chiamati a condividere un percorso, giorno per giorno, lungo il quale si avverte la volontà di perseguire una politica che sia chiara, che sia trasparente, un percorso politico che sia anche un progetto a breve-medio-lungo termine.
Questo non c'è stato, non c'è stato in questi anni per l'incapacità politica di rappresentarlo, per la situazione nella quale vi siete trovati fin dall'inizio. Pertanto, serve restituire sovranità al popolo, questo credo sia il compito principale anche di questo Consiglio regionale, serve farlo subito per quello che ci riguarda, andando immediatamente alle urne, serve restituire sovranità al popolo anche attraverso la selezione della classe dirigente. Avete inserito in questa legge le primarie, averle inserite di fatto con una forma obbligatoria, pur disciplinata da una legge organica che dovrà essere fatta, credo sia un elemento importante.
Le primarie, soprattutto quando viene rispettato l'esito, sono un sistema che consente davvero di poter selezionare dal basso la classe dirigente, di poter consultare i cittadini, anche in quelle forme associative, che magari non si esprimono attraverso i partiti politici, come i movimenti che hanno natura politica e vogliono contribuire a realizzare un progetto politico.
Quindi, restituire sovranità, avere un progetto, avere un programma, avere la capacità di guidarlo attraverso un'unità sostanziale tra la maggioranza e il Governo regionale. Ora, mi pare che, nella scorsa legislatura, fosse un'altra delle caratteristiche che a mio parere segnava la differenza. C'è stato il progetto e c'è stata anche la difesa del progetto; dopo quattro anni e mezzo, su un punto dirimente che riguardava il Piano paesaggistico regionale, quindi uno degli aspetti fondanti di quel progetto politico, anche la nostra maggioranza è caduta, siamo andati a casa, dopo quattro anni e mezzo, però di fatto sottoponendoci sempre a verifica, una verifica costante.
Io vi ricordo anche tutti i passaggi che ci sono stati, compresa una commissione d'inchiesta sul Presidente della Regione, sul suo operato, e anche quel momento era stato accettato e superato. Quindi, non è vero che il sistema presidenziale porta necessariamente a una crisi palese, a una crisi che si esercita durante il mandato; è vero invece che, laddove non c'è la politica, laddove non c'è il progetto politico, ci si scontra immediatamente con gli interessi personali, con gli interessi di parte.
Io credo che questo Consiglio regionale faccia bene ad approvare questo stralcio della legge elettorale, tenuto conto anche del taglio del numero dei consiglieri regionali e del fatto che non possiamo permetterci di non avere una nostra legge elettorale, non possiamo permetterci di andare a votare con una legge elettorale che è stata studiata per le regioni a statuto ordinario. Naturalmente è un passo di dettaglio, lo considero un passo di dettaglio, un atto dovuto.
La verità è che bisogna avere il coraggio, lo dico agli Assessori presenti, anche a quelli che parlano dai banchi del Consiglio, lo dico ai Riformatori, lo dico ai Sardisti, quando non c'è più la possibilità di realizzare un progetto, quando non c'è più la possibilità di soddisfare gli interessi di coloro che ci mandano in quest'Aula, credo che si debba conseguentemente prenderne atto, rassegnare le dimissioni, tornare al voto. Questo testo di legge che adesso noi approveremo ci consente di farlo; ci consente di farlo immediatamente, ci consente di farlo con la serenità dovuta, ci consente di differenziarci su progetti politici magari alternativi e di ritornare al voto per dare alla Sardegna finalmente un governo che sia capace di interpretare il momento di crisi che viviamo.
Durante la discussione sull'articolato entreremo nel merito dal punto di vista delle tecniche, entreremo nel merito dei vari punti, dei vari commi; probabilmente ci sono ancora alcuni aggiustamenti da fare, lo faremo insieme, ma tenendo conto di questo contesto, di questa cornice che non può essere taciuta nel momento storico che viviamo.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Greco. Ne ha facoltà.
GRECO (P.d.L). Modificare la legge elettorale è uno degli obiettivi di questa legislatura. Il tema della rappresentanza istituzionale è strettamente connesso a quello della legge elettorale. Sulla scia della recente approvazione in Parlamento della legge numero 215 del 23 novembre del 2012, disposizione per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali, che ovviamente tocca anche la nostra Regione, ci auguriamo che anche la nostra Assemblea esiti un testo che preveda gli strumenti adatti a soddisfare l'esigenza di accrescere quantitativamente il numero delle donne nelle istituzioni, al fine di conseguire una parità effettiva nell'accesso alla rappresentanza elettiva, come garanzia di democrazia.
L'inserimento della norma sulla doppia preferenza, contenuta nell'emendamento che abbiamo presentato al testo sulla legge elettorale che ci apprestiamo ad approvare, rappresenta lo strumento necessario per raggiungere o comunque per avvicinarci finalmente a una composizione equilibrata del Consiglio regionale. In particolare, la disposizione prevede che l'elettore possa esprimere uno o due voti di preferenza, e, nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e una un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza.
Tale norma trova il suo fondamento nella nuova formulazione dell'articolo 16 dello Statuto sardo che, oltre alla riduzione del numero dei consiglieri da 80 a 60, al secondo comma recita: "Al fine di conseguire l'equilibrio della rappresentanza fra uomini e donne, la medesima legge promuove condizioni di parità nell'accesso alle cariche elettive di consigliere regionale", così modificando la precedente disposizione di quell'articolo 15, che prevedeva l'approvazione della parità di accesso alle sole consultazioni elettorali. A ciò aggiungasi che significativa appare anche la diversa collocazione di tale disposizione, la quale viene inserita nella norma che riguarda il Consiglio regionale.
La finalità è dichiaratamente quella di ottenere un riequilibrio della rappresentanza politica dei due sessi all'interno del Consiglio regionale, in linea con gli articoli 51 e 117 della Costituzione. La prima norma costituzionale dispone che "Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possano accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge". A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne. La seconda norma costituzionale citata stabilisce che "Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, e promuovono la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive".
I mezzi per attuare questo disegno di realizzazione della parità effettiva tra uomo e donna nell'accesso alle cariche elettive possono essere di vario tipo. La tecnica prescelta della doppia preferenza di genere è quella di predisporre condizioni generali volte a favorire il riequilibrio di genere e la rappresentanza politica, senza introdurre strumenti che possano, direttamente o indirettamente, incidere sull'esito delle scelte elettorali dei cittadini.
Come correttamente osservato infatti dalla Corte costituzionale, con questo sistema non si prefigura il risultato elettorale, né si attribuiscono ai candidati dell'uno e dell'altro sesso maggiori opportunità di successo elettorale alterando la composizione della rappresentanza consiliare, posto che l'espressione della doppia preferenza è meramente facoltativa per l'elettore il quale ben può esprimere una sola preferenza, indirizzando la sua scelta verso un candidato dell'uno o dell'altro sesso; solo se decide di avvalersi della possibilità di esprimere una seconda preferenza, la scelta dovrà cadere su un candidato della stessa lista, ma di sesso diverso da quello oggetto della scelta precedente.
Nel caso di espressione di due preferenze per candidati dello stesso sesso, l'invalidità colpisce soltanto la seconda preferenza, ferma restando, pertanto, la prima scelta dell'elettore. Ancora aggiungasi che tale norma rende maggiormente possibile il riequilibrio nel Consiglio regionale, ma non lo impone, non ledendo così la libertà di voto, tutelata dall'articolo 48 della Costituzione. Si tratta, infatti, di una facoltà aggiuntiva, volta a ottenere, indirettamente ed eventualmente, un determinato risultato che, in ogni caso, non sarebbe della legge, ma delle scelte degli elettori, ai quali viene attribuito uno strumento utilizzabile a loro discrezione.
I diritti fondamentali dell'elettorato attivo e passivo rimangono inalterati; primo, perché l'elettore può decidere di non avvalersi di questa possibilità, optando per la preferenza unica, e secondo, perché la seconda preferenza non offre maggiori possibilità ai candidati dell'uno e dell'altro sesso di essere eletti, posto il reciproco paritario condizionamento tra i due generi nell'ipotesi di preferenza duplice. Pertanto, non vi sono candidati più favoriti o svantaggiati rispetto agli altri, ma solo un'eguaglianza di opportunità, particolarmente rafforzata da una norma, appunto, che promuove il riequilibrio di genere nella rappresentanza consiliare.
L'aleatorietà del risultato dimostra che tale previsione legislativa non è un meccanismo costrittivo, ma solo promozionale, nello spirito delle disposizioni costituzionali citate; non viene garantito alcun risultato. In realtà, infatti, ciò che prima di tutto bisogna superare sono le resistenze culturali e sociali, ancora largamente diffuse, che rischiano comunque di perpetuare la situazione esistente, che presenta un vistoso squilibrio nella nostra Assemblea, anche se è sempre più sentita l'esigenza di garantire all'interno delle Assemblee elettive una presenza equilibrata di entrambi i generi.
Questa scarsa presenza, dal punto di vista numerico, delle donne nelle Assemblee elettive ha determinato un impoverimento rispetto alle questioni da affrontare, che potrebbero essere risolte in maniera più completa con l'apporto di entrambi i generi. L'elemento di genere non va considerato infatti solo in termini numerici ma, anche e soprattutto, in termini di progettualità politica.
La società si sta evolvendo verso un modello di democrazia compiuta, in cui tutti i cittadini, senza alcuna distinzione, hanno paritariamente la stessa opportunità di votare e di essere eletti. Dico solo che le donne devono poter competere partendo dalla stessa base rispetto agli uomini; queste condizioni di uguaglianza non ci sono ancora. Bisogna trovare, dunque, il modo di dare la possibilità alle donne di non partire svantaggiate. Anche gli uomini devono prendere coscienza che una società all'avanguardia deve avere alla guida i rappresentanti di entrambi i generi.
E' necessario, dunque, fare qualcosa. Una pari rappresentanza istituzionale comporterebbe un beneficio per la collettività, considerato che un'equa distribuzione dei ruoli avvantaggia tutti cittadini. Un maggiore apporto delle donne alla vita dei partiti e delle istituzioni risolverebbe il problema di un'equilibrata rappresentanza di generi e, nel contempo, risponderebbe non solo a una legittima esigenza del mondo femminile, ma, nel contempo, all'interesse dell'intera società.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, questo Consiglio regionale ha iniziato da tempo un percorso sulle riforme. Doveva essere una legislatura costituente e, in parte, devo dire, soprattutto nell'ultimo anno, si è avviato un percorso di ristrutturazione dell'architettura istituzionale della Regione. E' sicuramente da ascrivere a merito di questo Consiglio forse la più importante, in questo momento storico, delle riforme: l'aver promosso la riduzione del numero dei consiglieri regionali, che sono passati, con l'ultima lettura di qualche giorno fa in Parlamento, da 80 a 60, dando anche risposta a quanto richiesto da più parti di una riduzione dei costi dei politici, più che dei costi della politica.
Perciò devo anche dare merito alla prima Commissione, e alla sua guida, di aver impostato una serie di riforme che, ricordo, sono iniziate dalla rivisitazione del numero dei consiglieri comunali, del numero degli assessori comunali, fino ad arrivare, in periodo non sospetto ante referendum, a iniziare il percorso della cancellazione delle province, per arrivare poi alla legge sull'istituzione dell'Assemblea costituente, e poi esitare il provvedimento sulla legge elettorale. E' vero che in quest'Aula abbiamo già discusso, negli anni, di legge elettorale, e non siamo mai riusciti a dare corso alla legge nazionale che, richiamando l'articolo 15 dello Statuto, prevede che noi possiamo legiferare in merito e quindi dotarci di una legge elettorale sarda.
Questo non è avvenuto nelle passate legislature, ci siamo avvicinati; sono approdate in Aula diverse proposte, ma non siamo mai riusciti a esercitare quel diritto all'autonomia che ci è riconosciuto dallo Statuto e dalla Costituzione; questo è sicuramente da non ascrivere a merito di questo Consiglio. E oggi siamo arrivati finalmente, in chiusura di legislatura, a discutere di legge elettorale. Non condivido il fatto che si sia proceduto allo stralcio, anche perché è stato svolto un lavoro duro, difficile, in Commissione riforme, e credo che bene avremmo fatto a discutere nella sua totalità della riforma della legge elettorale, perché ha poco senso discutere solo della Parte seconda.
In sede di discussione generale, però, possiamo confrontare le nostre posizioni, le varie posizioni, legittime, che ci sono in quest'Aula, per continuare quel percorso, e cercare di trovare la sintesi perché finalmente la Sardegna, autonomamente, si doti di una legge elettorale. Ci sono da risolvere sicuramente diversi problemi, e la politica è anche l'arte del compromesso. Noi, per undici legislature abbiamo votato con una legge elettorale proporzionale, parlamentarista, dopodiché c'è stato quel momento di richiesta di riforme che ci ha portato al sistema maggioritario; e, da allora, le cose non hanno più funzionato.
Non hanno più funzionato, e l'abbiamo visto soprattutto nelle ultime tre legislature con l'adozione del "sistema presidenziale"; sistema presidenziale che non ha consentito per certi versi la governabilità, non ha consentito un percorso legislativo sereno e produttivo e ha messo in evidenza, purtroppo, i lati negativi di quel sistema. Anche in Commissione c'è stato un confronto sulla scelta del sistema elettorale tra sistema presidenziale o, meglio, sintetizzato con il termine presidenziale l'elezione diretta del Presidente, e i parlamentaristi, i proporzionalisti, tra i quali io mi iscrivo.
Ci siamo confrontati su questo problema soprattutto perché siamo in presenza di un sistema presidenziale che non ha i giusti interventi di riequilibrio dei poteri, e neanche chiara definizione della divisione dei poteri tra Consiglio, Esecutivo e Presidente o, meglio, tra Consiglio e Presidente; e la storia di questi anni dimostra che il sistema sicuramente non ha funzionato. Perciò un primo confronto in Commissione è avvenuto proprio sulla scelta del sistema.
Noi potremmo scegliere un sistema diverso da quello presidenziale ma, come già ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto, in particolare il collega Campus, ci si è arroccati sul fatto che la gente non capirebbe il ritorno a un sistema parlamentare. Bene, io non credo che questa sia una giustificazione seria. E' servita a molti parlamentaristi dichiarati per giustificare il voto a favore di un sistema comunque presidenziale. Perché dico che non è così? Dico che non è così perché la gente non capisce ciò che non viene adeguatamente spiegato, correttamente spiegato e obiettivamente spiegato.
Ecco perché io continuo a prediligere il sistema parlamentare con dei correttivi che consentano e garantiscano la governabilità, quindi non più i cambi repentini di giunte, di presidenti e quant'altro; e nella proposta di legge che ha fatto parte del pacchetto di proposte che sono state esaminate da questo Consiglio ci siamo permessi, con i colleghi dell'U.D.C., di presentare all'attenzione dell'Aula e per la discussione della Commissione alcuni correttivi che andavano nella direzione di un giusto intervento per la governabilità.
Ma ha prevalso la linea presidenziale e ci siamo trovati, quindi, a dovere esaminare la legge cercando quell'utile compromesso che, comunque, portasse alla creazione di un sistema che tenesse conto degli errori del passato e, correggendoli, promuovesse qualcosa di utile e innovativo per ampliare la rappresentatività, la democrazia e la scelta diretta quanto meno dei propri rappresentanti in Consiglio regionale da parte dei cittadini. Tra queste innovazioni, è già stato ricordato anche dalla collega poc'anzi una, già recepita da altre regioni, e anche dal testo unico degli enti locali nell'ultima sua modifica, è la rappresentanza di genere.
Certo stupisce ovviamente riscontrare che gli attori e le attrici della sconfitta di quell'emendamento (avendo votato contro o assentandosi per non esprimere il proprio voto a favore o contro) in Commissione, cioè della proposta Barracciu e più - mi permetto di dire, onorevole Barracciu - che invitava a inserire nel testo la doppia preferenza di genere come possibilità di votare un genere e l'altro nel caso si vogliano esprimere due preferenze, abbiano determinato il fatto che in questo testo di legge noi non abbiamo la doppia preferenza di genere; è stato bocciato dalla maggioranza, in pochi abbiamo votato a favore di quell'emendamento che fortunatamente poi è stato reinserito sulle modalità elettive della Costituente.
Certo il ravvedimento è sempre ben accetto, ma quando si discute e si è convinti di una scelta si è convinti dall'inizio alla fine, e non ci si può ergere adesso a paladini di una scelta che precedentemente è stata volutamente bocciata. E' stata bocciata, si è sospesa e rimandata all'Aula quella decisione per favorire gli accordi e gli incontri tra le parti politiche? Bene, poteva essere fatto lo stesso, come è stato fatto nel testo di legge per la costituzione e la elezione della Costituente, e ne discuteremo, ma in quel testo è presente la doppia preferenza di genere, la riserva di un terzo di rappresentanza di genere nella formazione delle liste, invece sulla legge elettorale non si è voluto rischiare.
E io mi permetto sommessamente di fare una previsione: la doppia preferenza di genere, che è passata in gran parte delle regioni che hanno legiferato in merito alle leggi regionali, non passerà in quest'Aula; e credo che non sarà necessario utilizzare il voto segreto perché sarebbe quanto meno squallido l'utilizzo del voto segreto su quegli emendamenti. Perciò credo che nessuno si alzerà in quest'Aula per chiedere il voto segreto, ma a voto palese ognuno dimostrerà, dirà e sarà conseguente con le sue legittime, badate bene, motivazioni, coerente con il proprio pensiero, così come altre parti politiche si sono espresse negativamente su alcune proposte presenti e non presenti, perché gli emendamenti sono stati bocciati, in questo testo di legge.
E' la storia di questo Consiglio, è la storia di questa legislatura, quella di non dire quello che si pensa ma di cercare di carpire il consenso facendo credere che si è d'accordo con la gente; ma di fatto e nei fatti (nei fatti sono le votazioni, i fatti sono le prese di posizione politica che determinano il buon esito di una proposta o la negazione della stessa) questo è avvenuto varie volte ed è avvenuto anche in sede di discussione della legge elettorale.
Ha fatto bene a ricordare nel suo intervento il collega Campus, che molto spesso si è richiamata, per giustificare alcune scelte, la Costituzione e la norma che regola l'elezione dei consigli comunali, l'elezione del sindaco della Sardegna e quant'altro, dimenticando appunto, come bene è stato sottolineato, che noi siamo un'assemblea legislativa e non un'assemblea, perdonatemi l'inappropriatezza, amministrativa. Siamo consiglieri eletti per legiferare e non solo per amministrare sulla base delle leggi che il Consiglio regionale esita di volta in volta, perciò ci sono differenze sostanziali alle quali credo non sia possibile derogare.
Quindi andremo comunque incontro a questo esame e io auspico che questo Consiglio, come uno dei suoi ultimi atti di questa legislatura, riesca davvero a trovare la convergenza, anche se non fosse totalmente unitaria, perché la prossima legislatura venga decretata attraverso una nuova legge elettorale che sia rispettosa di alcuni termini: uno, l'ho già detto, riguarda la doppia preferenza di genere, l'altro, se ne è discusso molto, oltre il presidenzialismo, attiene alla presenza o meno del listino.
Teoricamente siamo tutti d'accordo sul fatto che il listino vada abrogato, siamo tutti teoricamente d'accordo come tutti teoricamente erano d'accordo nell'eliminare il porcellum come legge nazionale per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato. Erano tutti così d'accordo che alla fine è rimasto il porcellum. Ecco, io non vorrei che si seguisse la stessa via, che nelle enunciazioni fossimo tutti d'accordo nel cancellare il listino (tutti ovviamente con alcune eccezioni che legittimamente difendono quel sistema), per poi arrivare magari a votare con la legge che abbiamo, con il listino riproporzionato magari su 60 consiglieri.
Io ricordo molto spesso i dibattiti nazionali dove sentivo i leader nazionali esprimersi negativamente sul sistema elettorale col quale andremo a votare nel prossimo mese e, nel contempo, avevo la fortuna di sentire e di ascoltare con le mie orecchie, nei corridori dei centri decisionali, che era giusto fare tutta quella gazzarra sul porcellum, ma che alla fine il porcellum stava bene a tutti. Di fatto, questo succedeva nel febbraio del 2012, che cosa si è verificato? Si è verificato che andremo a votare con il porcellum.
Perché faccio questo paragone? Perché ho paura che insieme alla preferenza di genere, che sarà bocciata presumibilmente da questo Consiglio, sarà bocciata anche la cancellazione del listino e io questo non credo sia un buon segno, né una buona scelta. La cancellazione del listino è uno di quegli aspetti che possono garantire il compromesso per, unitariamente e trasversalmente, approvare una buona legge elettorale.
Perché arrivo a queste conclusioni? Perché alcuni sistemi, per chi conosce come tutti voi e mi insegnate, i meccanismi dell'Aula, portano a rimandare, dilazionare nel tempo, arrivare alla fine per poi dire: "Non c'è stata la possibilità, il tempo materiale per intervenire". E' come la questione delle province. Allora, io sostengo che riforme come queste vanno fatte nella complessità di una riforma dell'architettura istituzionale dell'intera Regione; sono assolutamente da sempre favorevole alla cancellazione delle province, ho espresso la mia contrarietà sull'abuso-uso del referendum che proponeva dieci quesiti, tutti e dieci già all'attenzione delle Commissioni consiliari, ma che dovevano cavalcare e animare l'onda dello scontento, l'onda della repulsione nei confronti della politica.
Io credo che chi siede in un'Assemblea legislativa abbia il dovere di riportare tutto a ragionamento logico, pacato, serio, pur nella diversità delle posizioni e che l'abuso del referendum abbia complicato anche i buoni rapporti che avrebbero potuto portare quest'Aula a soluzioni serie nell'ambito delle riforme. In quell'ambito di riforme, ricordo che fui gratificato dall'essere indicato come relatore per le riforme degli enti locali, portai avanti solo come relatore la riforma inerente il numero dei consiglieri comunali e degli assessori, rigettando o rimettendo poi il mandato per quanto riguarda il prosieguo della discussione della proposta sulla rimodulazione delle province, delle comunità montane e di tutti quei meccanismi e quegli enti intermedi che oggi ingorgano l'amministrazione pubblica. Io su questi problemi - molti di voi avranno prestato orecchio a questa mia proposta - dicevo che era il momento per una riforma statutaria del sistema e dell'architettura istituzionale.
Il fatto che siamo riusciti in un anno a proporre la riforma costituzionale statutaria del numero dei consiglieri regionali dimostra che anche quell'altra riforma sulle province (cioè la formazione di due province autonome per la Sardegna con un sistema che prevede il Consiglio regionale formato dai due consigli provinciali) portava a una razionalizzazione del sistema, alla cancellazione delle otto province e anche a quel risparmio economico atteso dalle riforme. Però, la semplicità di questa proposta era troppo complessa, per cui siamo andati incontro allo scontro, lo scontro che oggi c'è in Aula, che è stato decretato dallo stralcio del Capo I e del Capo III e che credo, purtroppo, non ci porterà a esitare una riforma attesa e necessaria che dia anche risposta di autonomia a questo Consiglio regionale.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.
LOTTO (P.D.). Presidente, pochi minuti per svolgere alcune considerazioni su un tema molto importante e delicato che stiamo affrontando però in una situazione particolarmente controversa. Siamo nel pieno di una crisi economica e sociale della nostra Isola che a ciascun sardo farebbe dire che di ben altro si dovrebbe parlare; la Regione sta operando in regime di esercizio provvisorio, quindi il Consiglio regionale non è stato messo in condizioni, dalla Giunta e dalla maggioranza, di affrontare, mettere in campo e approvare la principale legge, la legge di bilancio, che consente di costruire prospettive per il nostro popolo e creare le condizioni per affrontare quella difficile situazione di crisi economica e sociale di cui dicevo.
Siamo, oltretutto, nel mezzo di una campagna elettorale che da una parte sta mettendo a dura prova la tenuta di questa maggioranza, dall'altra sta creando una situazione di oggettiva difficoltà ad affrontare in quest'Aula temi così delicati. Quindi, una maggioranza che si sfilaccia anche nel decidere quali temi affrontare in quest'Aula,pertanto non era la soluzione migliore quella di discutere delle regole del gioco con i giocatori condizionati pesantemente dal clima esterno e interno a questo Consiglio.
Sarebbe stato più opportuno se avessimo affrontato e approvato la finanziaria tra dicembre e gennaio, così non è stato; però a questo punto siamo tenuti, anche per la responsabilità che spetta a ciascuno di noi, ad affrontare questo tema con il massimo di saggezza e di realismo allo stesso tempo.
Noi ci troviamo all'indomani di una decisione, presa in fotofinish nell'ultima giornata utile da parte del Parlamento italiano, relativa all'approvazione della legge che questo Consiglio regionale ha approvato diversi mesi fa sulla riduzione del numero dei consiglieri da 80 a 60. Tutti dobbiamo salutare positivamente questo evento perché rimette, diciamo così, in sintonia quest'Aula, questo Consiglio regionale con il sentire del popolo sardo. La riduzione del numero dei consiglieri è una decisione estremamente sentita dalla nostra gente, e la nostra gente ha prestato molta attenzione e ha anche riposto molte speranze nel raggiungimento di questo traguardo.
Un obiettivo raggiunto contemporaneamente ad altre scelte che questo Consiglio, la Presidenza di questo Consiglio, tutti gli organi preposti hanno compiuto sulla riduzione delle spese e per i consiglieri e per i Gruppi. Abbiamo cioè messo in piedi alcune misure che senz'altro aiutano a creare una maggiore sintonia tra il nostro fare e chi ci ha eletti.
Però questa leggina regionale sulla riduzione da 80 a 60 del numero dei consiglieri regionali ci impone di affrontare, in questa situazione particolare, la legge elettorale; e non direi la legge elettorale in senso largo ma alcuni aspetti fondamentali che possono essere, io spero, sottratti alla facile speculazione politica di carattere elettoralistico per rispondere invece ad alcune esigenze fondamentali, che abbiamo tutti, forze politiche e i cittadini, di risolvere alcune storture che diversamente caratterizzerebbero anche il prossimo confronto elettorale che potrebbe non essere poi così lontano.
Ecco perché ieri, a mio parere, abbiamo fatto bene a rinviare la discussione sul Capo primo c sul Capo terzo dove si trattano argomenti non meno importanti, anzi forse ancora più importanti, ma che dovevano essere assolutamente sottratti a una trattazione in un clima che non consente la giusta serenità per affrontarli nel migliore dei modi possibili. Ecco perché aver limitato il confronto in Aula in questi giorni ad alcuni temi strettamente legati alla legge elettorale è stato un fatto positivo.
E di fatto i temi davvero importanti su cui dobbiamo concentrare l'attenzione sono pochi, innanzitutto la questione del listino. Tutti ormai hanno seguito le vicende politiche degli ultimi anni che hanno portato migliaia di cittadini a firmare una richiesta di referendum per l'abolizione del cosiddetto porcellum, cioè per l'abolizione di quel sistema di elezione che prevede che le persone non vengano votate dai cittadini ma indicate dalle segreterie dei partiti.
Purtroppo abbiamo assistito tutti allo spettacolo indecoroso che ha caratterizzato l'attività del Parlamento negli ultimi mesi, per cui non si è riusciti a costruire le condizioni per impedire che il prossimo Parlamento italiano potesse essere eletto con una legge definibile come l'attuale. Però questa tanto odiata possibilità di mandare nelle assemblee elettive persone che non vengono sottoposte al giudizio della gente in parte è presente anche nella legge elettorale regionale vigente, sono le persone indicate nei cosiddetti listini e che vengono elette solo se la coalizione di cui fanno parte vince la competizione elettorale.
E'presente quindi nella legge regionale un pezzo di quell'aspetto tanto denigrato a tutti i livelli e che in certi casi sembrerebbe che faccia comodo. Noi non possiamo accettare che questo aspetto della legge elettorale resti ancora in vigore. Ritengo invece possibile far arrivare in quest'Aula competenze politiche e tecniche adeguate, anche sottoponendo tutti coloro che ambiscono a questo compito al giudizio degli elettori, e guai a chi pensasse che debba esserne sottratto.
Ecco perché credo che questa questione del listino sia una delle questioni fondamentali su cui concentrare l'attenzione e perchè sono convinto che il listino debba essere assolutamente abolito. Così come sono convinto che vada salvaguardato il numero delle circoscrizioni pari all'attuale numero di otto province per dare la garanzia ai territori con meno popolazione, e che con l'andar del tempo sono destinati ad averne sempre di meno, di avere la propria rappresentanza in questo Consiglio; e questo è il secondo aspetto fondamentale su cui bisogna concentrare l'attenzione.
Infine vi è la questione della garanzia per entrambi i generi di poter accedere a quest'Aula. Vanno fatti tutti gli sforzi affinché il numero degli uomini e delle donne presenti nelle assemblee elettive sia il più pari possibile; e quindi, se lo strumento dell'obbligo del numero delle persone in lista non è sufficiente a garantire questa elezione, strumenti come la doppia preferenza di genere vanno scandagliati. Certo, anche questo è un argomento delicato che potrebbe creare tensioni e non so se ci sono le condizioni per approvarlo.
So però che approvando questi aspetti di cui ho parlato, e contenuti in questo testo di legge, non si esauriscono tutte le questioni fondamentali che abbiamo davanti. E credo anche che non possiamo nemmeno attardarci a discutere per settimane su questo testo proprio perché i temi legati al Capo primo e al Capo terzo, che abbiamo rimandato in Commissione, non è che non debbano essere affrontati; dovranno essere affrontati successivamente in un clima diverso e, quindi, ciò che eventualmente non dovessimo, anche relativamente al Capo secondo, riuscire ad affrontare e risolvere in queste giornate, potrà essere eventualmente ripreso.
Così come è importante prendere una decisione relativamente allo sbarramento che non può tradursi in una eccessiva penalizzazione delle forze politiche minori, ma deve consentire che in un sistema maggioritario ci sia la possibilità per chi ha i voti di poter governare e l'obbligo per chi non ha i numeri di aggregarsi e di fare coalizioni un po' più complesse e ampie. Certamente se noi dovessimo pretendere di affrontare tutte le questioni sul tappeto in questa occasione, rischieremmo di non far andare la legge in porto.
Questo è un risultato che non ci possiamo permettere, così come non ci possiamo permettere di stare in Aula a parlare di questo tema per settimane; e neanche ci possiamo permettere di arrivare ad approvare una legge dove sia ancora presente il listino, dove non sia garantita la rappresentanza nei vari territori, che sono le questioni fondamentali su cui dobbiamo assolutamente concentrare l'attenzione.
Io credo che debba essere fatto uno sforzo, da parte di tutte le forze politiche, perché questo strumento, che è uno strumento per garantire la democrazia, venga portato a casa col massimo di unità possibile. Non stiamo facendo una legge per favorire questo o quel partito, ma non stiamo neanche affrontando un argomento che possa essere speso in campagna elettorale da questa o quella forza politica.
Se sottraiamo questo argomento dalla bagarre politica che c'è all'esterno del Palazzo, se creiamo uno strumento che sia più giusto e che metta in sintonia il Consiglio regionale con gli elettori, faremo una parte importante del nostro dovere. Ecco perché credo che, conclusa la discussione generale sia opportuna una riflessione attenta per individuare i punti su cui si può costruire l'unità andando poi, con grande decisione, fino in fondo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, oggi è il 31 gennaio, siamo in campagna elettorale, anche le presenze sono significative e testimoniano il momento che stiamo attraversando. Siamo al 31 gennaio e quindi, vorrei che non lo dimenticassimo, abbiamo terminato il primo mese di esercizio provvisorio; e, visto che ancora la Finanziaria non è arrivata in Aula, ci approssimiamo ad altri mesi di esercizio provvisorio, ma noi siamo qua a occuparci di come deve essere rieletta quest'Aula, questa istituzione. Ancora una volta dimostriamo di essere perlomeno avulsi dal contesto in cui stiamo operando, per non dire che siamo anche molto lontani dal sentire comune.
Collega Lotto (adesso non è in Aula), non siamo assolutamente in sintonia con quello che ci sta chiedendo la gente (almeno questo non lo possiamo dire), perché non è questo che ci sta chiedendo. Io ho un'unica consolazione nel mettermi a lavorare sulla legge elettorale: approvare la legge elettorale vuol dire far scadere definitivamente, una volta per tutte, l'assicurazione sulla vita della Giunta Cappellacci. L'approvazione della legge elettorale fa decadere questa polizza sulla vita, ed è solo questa la mia consolazione; perché noi oggi non dovremmo essere qua, non dovremmo occuparci di questi temi, o perlomeno stando qua dovremmo occuparci di altre cose.
E poi, colleghi, io penso anche che non sia questo il modo migliore per parlare di regole, non voglio parlare di riforma perché sarebbe un insulto definire così quello che stiamo facendo oggi: parlare di riforma è esagerato. Stiamo parlando di regole, però nel momento in cui parliamo di riscrivere le regole perlomeno le regole riscriviamole in condizioni di serenità.
Invece il Presidente della Commissione prima si dimette in aperta polemica con la maggioranza, l'Assessore delle riforme interviene da questi banchi, con un intervento che io per molti aspetti ho anche apprezzato, prendendo le distanze dalla sua maggioranza, il Gruppo che almeno nominalmente dovrebbe essere quello più attento alle riforme non partecipa ai lavori (adesso ho visto che è arrivato il presidente Cossa), ma non rinuncia sicuramente ai benefici dello stare in maggioranza, o in Giunta con i suoi tre Assessori, un quarto della Giunta.
Il clima, pertanto, non è dei migliori per parlare di riforme, è condizionato oltretutto, è del tutto evidente questo, anche dalla campagna elettorale, dove si inseriscono temi e atteggiamenti che probabilmente, in altri momenti, non ci sarebbero, o sarebbero depotenziati, oppure con la sordina. Ecco perchè io dico che non stiamo facendo bene ad affrontare in questo momento la legge elettorale.
E poi, sempre secondo me, non abbiamo fatto bene ieri a fare lo stralcio perché ci stiamo limitando a fare solamente alcune cose, come se la legge elettorale servisse solo per assegnare i consiglieri al Consiglio regionale, come se fosse una legge matematica, di resti, quozienti, sbarramenti, premi, e così via, tutti termini che appartengono sicuramente anche alla politica, ma che provengono da un'altra disciplina.
Io penso invece che il sistema elettorale debba essere parte integrante di un sistema di regole, un sistema di regole logico e ordinato all'interno del quale ci sta anche la legge elettorale. Un sistema di regole che riguarda i rapporti tra gli organi, e anche tra le diverse articolazioni dei poteri alle quali tentare di dare un assetto che sia perlomeno equilibrato. Oppure le regole, per esempio, sulla ineleggibilità e incompatibilità. Occuparci di questi argomenti, questo sì, significherebbe metterci in sintonia con un sentire comune.
Questo argomento della incompatibilità e della ineleggibilità è nell'agenda delle forze politiche, perché è tema su cui l'opinione pubblica ci chiede un impegno, e invece noi facciamo il cosiddetto stralcio. E non è un sentire comune occuparci del conflitto di interessi? O ci siamo dimenticati che cosa è successo negli ultimi vent'anni in Italia? Io penso che dovremmo occuparci di tutti questi temi, insieme alla legge elettorale. Per esempio, a seguito dell'elezione diretta del Presidente della Regione, con i grandi poteri di cui dispone, è nostro dovere secondo me prevedere norme severe di incompatibilità per gli Assessori poichè sono nominati direttamente dal Presidente. Invece non è previsto, perché abbiamo rinunciato a farlo, alcun controllo.
E io penso che debbano esserci norme che evitino commistioni tra interessi privati e interesse pubblico, o che le prevengano, perlomeno da parte del Presidente, degli assessori, dei consiglieri. E vogliamo parlare della incompatibilità tra assessori e consiglieri, o non possiamo discutere nemmeno di quello? Eleggeremo il prossimo Consiglio regionale, che sarà composto da 60 consiglieri, con maggioranze molto risicate, che il premio sia del 55 o del 60 per cento. Ma è pensabile che gli assessori siano anche consiglieri? Ma se gli assessori fossero anche consiglieri le Commissioni come potrebbero funzionare, e il Consiglio come potrà funzionare? Questo Consiglio regionale diventa allora quasi un consiglio di amministrazione, un'assemblea di condominio, ma non possiamo parlare nemmeno di questa eventualità perché abbiamo fatto lo stralcio.
E possiamo parlare di un equilibrato rapporto tra Presidente, Giunta, Consiglio, o pensiamo che tutto questo sia indifferente rispetto al funzionamento delle nostre istituzioni? Io penso di no. Io penso che vadano rafforzati i poteri di controllo e di indirizzo da parte del Consiglio su diverse materie; può avere, questo Consiglio, un potere di controllo rafforzato e di indirizzo sulla spesa? Io penso che debba averlo! Oppure, questo Consiglio può avere un ruolo sui rapporti con lo Stato, sui rapporti con l'Unione europea, sulle nomine, o deve passarci tutto sopra? Possiamo prendere atto che dal 2004 abbiamo un altro sistema elettorale o facciamo finta che non esiste in questa Regione e ce ne occupiamo solamente, limitatamente ad alcuni aspetti: come qualcuno di noi può tornare qua dentro e come può essere eletto questo Consiglio?
Il sistema elettorale, quindi, si inserisce all'interno di un sistema coordinato di norme e pertanto, a mio avviso, non può essere avulso da tutto il resto, è dentro quel sistema logico e coordinato. Chiaramente entreremo anche nel merito della legge elettorale, meglio, del sistema delle regole elettorali, perché adesso la stiamo chiamando legge ma a mio avviso non deve essere una legge elettorale, deve essere all'interno del sistema. Adesso ce ne occupiamo perché dobbiamo recepire le innovazioni introdotte dal nuovo articolo 15 dello Statuto, ma non è che ce ne occupiamo solo per quello!
Io sono stato un convinto sostenitore della necessità di ridurre il numero dei consiglieri regionali; la previsione di eleggere un consigliere in ragione di 20 mila abitanti nasceva dall'esigenza di rappresentare in una certa misura e in una certa maniera il corpo elettorale. Oggi quella esigenza è meno sentita perché i rapporti di comunicazione sono cambiati, ci sono altre modalità di tenersi in contatto con il corpo elettorale e quindi bene abbiamo fatto, noi, l'abbiamo fatto noi, non l'ha fatto il Senato, non l'ha fatto la Camera, l'abbiamo fatto noi, io questo voglio ribadirlo, con forza, a chiedere al Parlamento di ridurre il numero dei consiglieri regionali, da 80 a 60. In questa richiesta c'era una ragione e, forse, rispondevamo anche a un sentire comune.
All'interno di quella norma dobbiamo rispondere con il sistema elettorale a delle esigenze. La prima è che il tetto si fermi (noi l'avevamo previsto nella statutaria che non è più legge di questa Regione) a 60 consiglieri e che non ci sia il meccanismo perverso che ci ha portato nel 2004, per effetto del premio di maggioranza, ad arrivare a 85 consiglieri regionali. Questo è il primo obiettivo che dobbiamo raggiungere: impedire l'effetto crescita, previsto nell'articolo 15 dello Statuto, su cui dobbiamo dare risposte con il sistema elettorale che approveremo.
Abbiamo necessità di ragionare su come soddisfare l'esigenza di rappresentare i territori della Sardegna, soprattutto quelli soggetti a spopolamento; io penso che la proposta che è stata individuata: articolare i collegi elettorali sui territori delle vecchie province, possa consentire questa rappresentanza; diversamente, adottando altre forme (perché ci sono altre forme di rappresentanza dei territori, per esempio i collegi uninominali) dovremmo cambiare tutta la legge elettorale però, visto che abbiamo rinunciato a ragionare su altri temi, ci sposteremmo da ciò che possiamo fare.
Dobbiamo soddisfare norme che consentono l'equilibrio di genere tra gli eletti e questo è quello che ci chiede lo Statuto e che ci indica all'articolo 16 nella nuova scrittura. Ma perché rinunciare a consentire un'adeguata rappresentanza di genere anche all'interno della Giunta? Noi qui stiamo rinunciando perché abbiamo fatto lo stralcio e di alcune cose non ce ne dobbiamo occupare.
La rappresentanza di genere non si esaurisce consentendo la presenza nelle liste, ci sono gli organi di governo che sono altrettanto importanti e al cui interno noi dovremmo farci carico di garantire una rappresentanza adeguata dei diversi generi. Queste sono norme necessarie, dovute alla modifica dello Statuto; ma io sono convinto che avremmo dovuto fare anche altre modifiche che lo Statuto non ci chiede. Per esempio, io condivido la proposta, contenuta nel testo di legge in discussione, di eliminare dalla nostra legge elettorale l'ultimo residuo di porcellum, ancora presente.
Tutti i consiglieri, ma questo mi sembra sia condiviso dai più, devono essere legittimati dal consenso popolare. Noi, come forza politica, abbiamo cercato di ovviare alle storture del porcellum nazionale con le primarie, però, nonostante lo sforzo compiuto dal Partito Democratico di individuare i candidati con le primarie, cioè supportandoli con un più ampio consenso popolare rispetto alla scelta delle segreterie di partito, nel prossimo Parlamento avremo almeno il 50 per cento dei parlamentari che risponderanno a chi li ha nominati e non al corpo elettorale, non al popolo. Io penso che lo stesso metodo dovremmo adottarlo in Sardegna per i consiglieri regionali: devono rispondere del loro operato al corpo elettorale, ai cittadini; sicuramente su questa direzione ci muoviamo con larga condivisione.
Così come deve rispondere al corpo elettorale il Presidente, perché il Presidente è eletto direttamente (e io sono convinto del mantenimento di questa scelta) dal popolo e ha necessità di poter e di dover rispondere degli impegni che ha assunto. Per fare ciò va necessariamente supportato da una robusta maggioranza e il premio del 60 per cento a mio avviso è quello che consente, a maggior ragione con 60 consiglieri regionali, un giusto margine alla maggioranza.
Però dobbiamo anche parlare, dobbiamo farlo con serenità, con calma, senza fretta, delle soglie di sbarramento. Come pensiamo di trattare queste soglie di sbarramento? Non possiamo trattarle con leggerezza, come se la rappresentanza democratica delle minoranze costituisca un disturbo per i manovratori. La presenza delle minoranze nei consigli regionali e nelle assemblee elettive non è un disturbo per nessuno, è una conquista democratica; quindi noi non dobbiamo trattare con leggerezza le soglie di sbarramento.
Allo stesso tempo però dobbiamo stare attenti a introdurre norme che non aumentino la frammentazione, ma bensì garantiscano la pluralità e consentano la governabilità attraverso, a mio avviso, un rafforzamento del bipolarismo. Un rafforzamento che deve avvenire, però, nella chiarezza. Quindi con patti che si fanno di fronte agli elettori, prima delle elezioni; quindi consentiamo di governare ma, allo stesso tempo, consentiamo alle forze politiche e alle minoranze di avere le loro rappresentanze.
Certamente non possiamo trattare con leggerezza, con fretta le soglie di sbarramento, condizionati dal periodo elettorale, perché attengono ai principi democratici che noi dobbiamo salvaguardare. Se pensiamo infatti che le forze di minoranza o partiti anche identitari possano essere un fastidio e un disturbo per il manovratore, allora anche l'assemblea elettiva diventa, a questo punto, un disturbo per il manovratore, il passo è breve, non ci vuole molto, perché anche l'assemblea elettiva è una rappresentanza democratica del popolo sardo.
Quindi sono meccanismi che hanno bisogno e meritano un'attenta ponderazione, una valutazione che non può essere così condizionata dal momento che stiamo attraversando. Così come, relativamente alle primarie, noi siamo molto convinti della necessità che i candidati alle cariche apicali (il Presidente della Regione ma vale anche per sindaci o presidenti delle province) siano selezionati attraverso questo strumento. Bisogna essere però più decisi e prevedere meccanismi premiali o sanzionatori; e anche in questo caso se ci limitiamo a fare un'enunciazione (che è quasi enunciazione di principi all'interno della legge), è chiaro che stiamo rimandando a un momento successivo delle scelte che dovremmo fare oggi.
Però, nel corso della discussione generale avremo la possibilità di esaminare i criteri che almeno ci guideranno nell'approccio a queste tematiche e poi, all'interno della proposta di legge, sicuramente avremo la possibilità di entrare nel merito esaminando i singoli articoli. Per me l'obiettivo a questo punto è l'espletamento di questa pratica sperando sia quella definitiva, l'ultima pratica da chiudere prima di ridare la parola agli elettori.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, onorevoli colleghi, diversi interventi oggi hanno assunto come argomento il Capo I e il Capo III che ieri, a mio avviso in maniera prepotente piuttosto che dialogante, sono stati scorporati dall'esame del testo unificato giunto in Aula. Ora, al netto della onesta analisi fatta in questo momento dall'onorevole Cuccu, io ho avvertito una sensazione. Mi rivolgo al presidente Floris che ha auspicato che mi possa occupare della parte stralciata; io non me ne occuperò, presidente Floris, io mi sono dimesso con convinzione, però in quest'Aula stiamo facendo una piccola esperienza di una delle tante perversioni morali del costume italiano: è quella del pentimento anticipato rispetto al peccato da compiere.
Andrea Camilleri ha scritto un bellissimo libro su questa perversione italiana che si intitola "La bolla di componenda"; la "componenda" era un costume diffuso in Sicilia per cui chi sapeva di dover commettere un peccato molto grave, acquistava dal prete prima l'assoluzione. E quindi realizzava la sua vendetta o il suo scopo con maggiore soddisfazione perché realizzava contemporaneamente la soddisfazione della colpa ma anche la serenità della assoluzione.
Ieri con leggerezza, con leggerezza, perché la gran parte dei presenti sta agendo senza consapevolezza rispetto ai testi proposti, si è scorporato il Capo primo, quello dell'equilibrio dei poteri, e il Capo terzo quello sul conflitto di interessi, il sistema delle ineleggibilità e delle incompatibilità. Oggi, sollecitati dall'oggetto in discussione, si comprende che si è fatto un errore, che si sta decidendo su aspetti monchi, ma lo si fa con un pentimento; diciamo che viene esplicitato oggi ma era, come dire, acquisito ieri.
Francamente è una forma di responsabilità politica che rende le nostre parole qui dentro chiacchiere quando vengono a valle di voti irresponsabili quali quelli che sono stati dati ieri, voti irresponsabili fondati anche sulla disinformazione, colleghi. Perché, guardate, io non sono per niente convinto, e lo voglio dire con molta chiarezza qui, che l'approvazione della legge costituzionale che riduce il numero dei consiglieri regionali a 60 renda impossibile andare immediatamente a elezioni, io non sono per niente convinto, anzi, sono certo del contrario.
Sono certo che se oggi l'onorevole Cappellacci si dimettesse, o si avesse la forza di votare una mozione di sfiducia, si potrebbe tranquillamente andare a elezioni; e infatti, paradossalmente per difetto di istruttoria, qui si sta votando una proposta di legge che darà novanta giorni in più all'onorevole Cappellacci, qualora egli fosse a rischio di caduta. Essendo legge elettorale statutaria non entrerebbe in vigore prima di novanta giorni. Viceversa se oggi il presidente Cappellacci si dimettesse noi dovremmo andare a votare nei sessanta giorni successivi e potremmo votare con la legge numero 108. Io sono convinto di questo.
Però, a causa di un costume che è diffuso non solo nel nostro Consiglio regionale ma in tutte le assemblee parlamentari, costume per cui i consiglieri regionali, persone intelligenti che si adoperano nel lavoro di Commissione studiando, diventano poi in Aula dei bracci acefali che agiscono sull'onda del "si dice" e del sentito dire senza approfondire, senza valutare, ci si è convinti della necessità di fare una legge elettorale monca e di farla in fretta; farla in fretta perché altrimenti non si capisce che cosa potrebbe accadere: non accadrebbe assolutamente nulla.
C'è il rischio della permanenza del listino, si dice; bene, sarebbe stato sufficiente un patto tra gentiluomini, qualora il presidente Cappellacci si fosse dimesso, a seguito del quale tutti i presidenti candidati si sarebbero impegnati a non inserire candidati nel listino e l'effetto sarebbe stato esattamente lo stesso. Lo dico perché la pedagogia della paura che induce le menti deboli ad agire in fretta e meccanicamente ha prodotto e produce sempre disastri legislativi, sempre.
Ma che cosa è la legge elettorale? La legge elettorale è la legge principe del sistema dei poteri perché è la legge che regola, che disciplina la competizione sul potere. E vorrei dire all'onorevole Lotto e all'onorevole Cocco che ciò che caratterizza un uomo politico responsabile non è il rovello del potere ma è il ragionamento critico sul potere. Anche oggi questi ragionamenti, esclusivamente limitati al modello di calcolo, di proiezione dei voti sui seggi, danno l'idea di un ceto politico "infoiato" dal discutere esclusivamente della leggina che lo riguarda, trasformando la legge elettorale, che deve essere una legge che ha interiorizzato un ragionamento critico sul potere, in una legge castale, una legge di ceto che protegge gli eletti.
Non basta il rovello del potere, in una legge elettorale occorre il ragionamento critico sul potere; e la cultura occidentale, che pure latita in alcune zone (ma questo lo sapevamo), è la cultura che ragiona su come contenere il potere, non soltanto su come farlo funzionare, ma su come contenerlo rispetto alle libertà individuali.
Una legge elettorale dal punto di vista liberale che cosa è? E'una legge che struttura il sistema dei poteri in modo che questi rispettino le libertà dei cittadini e rendano efficaci ed efficienti le azioni del governo. Ma voi potete pensare che si possa ragionare esclusivamente della cifra elettorale e non chiederci, come ci stiamo chiedendo da cinque - sei anni con risposte varie tutte legittime: "E' equilibrato il rapporto tra un cittadino sardo e il Presidente della Giunta e la Giunta, oppure il cittadino si trova di fronte un potere così forte da non poter competere e difendersi da quel potere?".
Un ragionamento critico sul potere non accetta una visione paternalistica del potere che dice: "Ma tu non ti devi difendere da quel potere, perché quel potere provvede a te". No, perché noi abbiamo fatto rivoluzioni in Europa per dire che il potere degli uomini non deve essere mai sopra le leggi. Per cui, se le leggi non disciplinano il rapporto tra il singolo e il potere, il potere prevarica l'individuo. Quando parliamo di sistema di poteri, di questo si tratta.
Allora, se ne vogliamo parlare invece da un punto di vista meramente elettorale, il sistema dei poteri che cosa garantisce? Garantisce una cosa, e cioè che non ci troviamo mai di fronte a vittorie elettorali, come dicono i tecnici, a saldo zero, cioè chi vince prende tutto. Le vittorie elettorali a saldo zero sono quelle che hanno fatto fallire le polis greche, perché poi che cosa succedeva? Chi perdeva veniva ostracizzato, cioè veniva mandato via. Noi abbiamo impiegato due secoli a dire che le vittorie elettorali devono essere a saldo positivo, cioè tutti devono guadagnare qualcosa.
Come si fa a fare in modo che tutti guadagnino qualcosa? Si regola il sistema dei poteri in maniera tale che il potere di chi vince non sia mai tale da comprimere il diritto di chi perde. Come si fa a ragionare di cifre elettorali senza ragionare di queste cose, se non perchè mossi da una logica di ceto auto protettiva, ben descritta dall'onorevole Cuccu, auto protettiva, questa che voi state facendo è una legge castale.
Ed è anche una legge che non tiene conto di un'esperienza che è propria di uno Stato che ha mille difetti, ma che viene guardato come esempio rispetto ad alcune questioni: gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sanno che la competizione per il potere mette a rischio gli effetti della democrazia a saldo zero. Allora cosa hanno fatto? Hanno detto che su alcune questioni anche chi vince non può decidere da solo. Non so se avete visto il confronto Obama-Parlamento sul fisco, era un confronto regolato dalla legge, non dovuto al buon cuore o legato alla vittoria elettorale. Gli Stati Uniti capiscono questo e dicono: "Ci sono delle questioni su cui tu non vinci perché hai vinto le elezioni".
E' lo stesso aspetto su cui si è discusso in Italia quando si è scritto nei procedimenti che, per modificare la Costituzione, occorreva una maggioranza ampia. E io ricordo lo scontro qui a Cagliari con Luciano Violante che contestava questo obbligo; lo stesso Luciano Violante che dice: "I consigli regionali servono solo per fare sindacato, non per approvare le leggi". Quelle formule sono necessarie per dire che chi vince le elezioni non può mai comprimere il diritto di chi perde, e questo va regolato non dalla politica ma dalle istituzioni, e garantisce la stabilità istituzionale.
Infatti, sia chiara una cosa, in questo Consiglio non si fanno le riforme per un motivo, perché non si ha la capacità di non timbrarle. Le riforme della Sardegna o sono del Consiglio regionale, o sono dei sardi, o sono di nessuno. Allora oggi non si vuole fare, anche per puntiglio, la Parte prima sull'equilibrio dei poteri, perché non si dica che in questa legislatura si è regolato l'equilibrio dei poteri; ma la prossima legislatura succederà esattamente il contrario, e non si finirà mai più, perché manca questo senso dello Stato.
Senso dello Stato che vi è mancato ieri quando, con leggerezza, presi dal gusto della vittoria di una grande maggioranza, non avete accettato neanche una sospensione per ragionare, per ragionare, tutti "infoiati", da che cosa? Dai seggi che dal listino ritornano sui collegi elettorali. Complimenti! C'era un grande scrittore che diceva che l'amore degli uomini e quello degli animali si differenzia perché gli uomini conoscono le carezze; cioè si differenzia per la finezza, per la delicatezza, non è sull'onda della voglia.
C'è poi un aspetto della riforma elettorale (ne vogliamo parlare?), quello democratico, per il momento ci siamo fermati sull'aspetto liberale; cos'è il tratto caratteristico della democrazia, colleghi? Il tratto caratteristico della democrazia è il ragionamento sull'uguaglianza. I giacobini dicono: "L'uguaglianza è la parità dei livelli di partenza", come dire che non ha importanza che io calzi quarantacinque e l'onorevole Steri calzi quarantuno, tutti devono calzare quarantadue, lo stesso a tutti. Invece la democrazia liberale dice: "A tutti le scarpe, e buone scarpe", cioè l'uguaglianza dell'accesso.
Allora, come si garantisce l'accesso alle istituzioni? Lo so che vi sto annoiando e faccio il professore, abbiate pazienza, però il problema è: come si garantisce l'uguaglianza dell'accesso alle cariche pubbliche, alla partecipazione? Lo si garantisce con le leggi. E le leggi possono forse dimenticare (lo diceva l'onorevole Cuccu) che gli uomini sono diversi biologicamente, e che sono anche storicamente resi diversi dai rapporti sociali? E, rispetto a questa diversità, che cosa dice questa leggina elettorale di ceto? Nulla, proprio nulla.
Il tema riguardava un fatto strategico, che è questo: potete voi dire che oggi, oggi e mai, la ricchezza incide sulla vigenza dei diritti e sulla forza dei cittadini? Io credo di sì, lo riconosciamo tutti. E quando questa ricchezza è fatta di grandi interessi ramificati, forti (immaginate che domani si candidi a Milano o, se fosse residente qui, si candidi alla carica di consigliere regionale il leader di Esselunga, che ha negozi, a fornitori, che si occupa di trasporti, e quant'altro), è possibile che la legge dica a quali condizioni il detentore di quella ricchezza deve candidarsi?
O pensate che la ramificazione dei suoi interessi non confligga mai con l'interesse pubblico, o affidate solo alla sua coscienza - ricordatevi sempre la bolla di componenda, sempre, per le coscienze italiane, sempre - o al suo buon cuore la soluzione del contrasto degli interessi? Vale una legge che ci dica come disciplinare noi oggi il valore politico della ricchezza? Per me le imprese che fanno utili in Sardegna sono risorse nazionali, vanno difese. Io credo che sia necessario pensare diversamente al sistema delle imprese sarde, perché il sistema politico, condizionato da un certo giacobinismo italiano, che poi vive anche qui, ritiene che chi "fa impresa" sia sempre uno speculatore, non ha l'idea di un uomo che produce ricchezza per tutti.
Io penso che il loro sistema delle imprese vada difeso, ma quando uno che è già forte economicamente ambisce a diventare anche il più forte o tra i più forti, politicamente, io devo avere una legge che disciplina questo percorso. E' necessario disciplinarlo, perché allora quell'uguaglianza degli accessi non si realizza, colleghi, e voi rischiate di fare una leggina per cui se l'emiro del Qatar decidesse di trasferirsi in Sardegna e avere la residenza in Sardegna, potrebbe legittimamente candidarsi a fare sia il consigliere regionale che il Presidente della Regione, senza dover disciplinare minimamente: cosa ne fai delle tue cose, come discipliniamo il rapporto tra i tuoi interessi da un lato e l'interesse generale.
Volete continuare a vedere elette in quest'Aula persone che hanno convenzioni con la Regione, che poi a ogni leggina che facciamo, ogni leggina, mettono in moto (dov'è l'onorevole Bruno che su questo punto ha ragione) le lobby? Ma ieri abbiamo rinunciato a disciplinare il rapporto con le lobby, e con solo tre voti contrari. Le lobby sono presenti e sono degli aspetti parassitari del bilancio regionale, sono degli aspetti di privatizzazione del bilancio regionale, che vengono difesi dalla rappresentanza politica; perché non abbiamo voluto discuterne?
Perché non si è detto che andava male l'articolo che teneva la soglia dei 5 milioni? Bastava abrogarlo, che problema c'era? Io non sono un dogmatico, ci mancherebbe! Si portava a 100, ma disciplinate la materia, dite cosa pensate del rapporto tra denaro e potere! Perché state facendo una legge che consente a chi è già potente, potente socialmente, di diventarlo anche politicamente? Non solo non vi capisco, ma penso che stiate facendo male, e state facendo male sulla base di calcoli sbagliati.
Ho visto proiezioni simulate su risultati elettorali 2009 e dati statistici 2011; sono dati incomparabili! Sarebbero comparabili avendo il dato elettorale delle politiche, sapendo quanti giovani vanno a votare eccetera, eccetera, proiezioni a uso e consumo della acefalia del voto, della pedagogia della paura: "Votate in fretta!". Le leggi elettorali, se volete il mio parere, non si fanno in fretta, sono l'espressione di un ragionamento critico, e la politica è ragionamento critico.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, come ciascuno di noi sa, si sceglie l'impostazione e il taglio del proprio intervento in ragione della profondità che ciascuno di noi possiede degli argomenti in discussione. Io devo essere onesto e schietto: non ho capito del tutto il perché di questo scenario, il perchè di alcune cose, non l'ho capito; e, poiché mi accredito un'anzianità, almeno anagrafica, sotto il profilo della frequenza di quest'Aula, la cosa è, a mio giudizio, abbastanza preoccupante.
Allora, siccome non posso usare un taglio consapevole, è chiaro che devo recuperare un po' di libertà di pensiero e di ragionamento, perché questo possa essere utile a me, ma anche agli altri, a coloro che benevolmente accolgono in un paesaggio lunare, per questo Consiglio regionale, di fronte all'entità e alla rilevanza dell'argomento. Questo è un paesaggio lunare, senza il Presidente della Regione, senza un mandato, un'idea della Giunta di come guidare o mettere il suo contributo sulla strada di una soluzione condivisa.
E quindi comincio dal dato politico, non è che siccome l'argomento è delicato e riguarda tutti bisogna dimenticarsi di ciò che ci ha portato fino a questo punto. Colleghi, anche per quelli che sono stati più critici, ma ci vogliamo dimenticare che quello che abbiamo fatto in queste ore, e che stiamo facendo, decreta una certificazione del fallimento della vostra qualità e capacità riformista rispetto a questa legislatura? Cioè, noi a casa una Statutaria l'abbiamo portata, poi ha avuto limiti, evoluzioni che si potevano contestare, ma l'abbiamo fatta, in forza del nostro mandato.
Poi nel merito possiamo discutere, ma non abbiamo suonato le fanfare e le trombe il giorno che ci siamo insediati, parlando di "vocazione riformista", di "fatto costituente", di balle di questo genere, di cui ci siamo riempiti la bocca per tre anni e mezzo; vorremmo che questo punto non fosse un punto comune, perché è stata fatta la scelta, è stata fatta la scelta di un fallimento sul terreno riformista. E lo dico perché la legge elettorale, non dovete convincermi, io sono già convinto, non è una scelta, è un dovere, è una necessità, non fa parte di un'opzione o di un programma di Governo, è un fatto necessitato, da mille cose, da mille cose che sono intervenute.
Le vorrete dire queste cose a Cappellacci? Perché fino a quando c'è lui come Presidente della Regione, è comunque un interlocutore politico, ed è necessitato, appunto, quello che stiamo facendo, da una mutazione del quadro costituzionale. La cosa più preoccupante è che c'è stata una sceelta di accelerazione di una problematica, con la consapevolezza di non avere, nessuno di noi, nessuna parte, un punto di convergenza. Questo è un elemento molto grave, perché dietro questa accelerazione, oltre a quello sacrosanto che ha detto poc'anzi il collega Maninchedda, che non dovete convincere noi qui dentro, meno che mai la gente fuori, c'è il fatto che le leggi spesso vengano fatte con il grigiore dei coni d'ombra delle nostre immagini dentro le cose che deliberiamo, questa è una verità inconfutabile.
Ogni legge, purtroppo, e ogni atteggiamento, specie in questa materia, riportano il cono d'ombra delle proprie previsioni, perché una legge elettorale non si legge dal punto di vista di chi pensa di ritornare, o di chi pensa di fare questo o di fare quest'altro, bisognerebbe avere "l'altezza" di capire che bisogna farlo per tutelare principi costituzionali impersonali, al di sopra di qualunque convenienza. Questo è il punto. E allora, qual è il punto di convergenza?
Perché, lo dico per la parte che riguarda la mia cultura politica, non esiste al mondo possibilità di dar luogo a riforme strutturali, dell'essenza stessa delle istituzioni rappresentative, che non siano il frutto di un dialogo, di una convergenza, seppur parziale, con tutte le forze rappresentative, questa è la storia di una civiltà. E oggi che cosa c'è qui dentro, qualcosa di questo genere? Qualche surrogato? Qualche sottoprodotto? Io non lo so, forse ci sarà, ma non c'è. E vi sembra un atto responsabile che si avvii una discussione generale sul colore della luna?
Attenzione, la crisi della politica è anche la crisi della illogicità dei nostri percorsi. E allora io vi vorrei dire, sostanzialmente, che la nostra riflessione aveva bisogno, permettetemi, non vuole essere un elemento di distanza con nessuno, di un po' di cultura politica in più, per cominciare a dirci tra di noi che, è inutile che ci vergogniamo di affermarlo, noi abbiamo vissuto l'ultimo ventennio sotto lo scacco di non aver mai risolto il problema del conflitto di interessi, giratela come volete, questo è il punto critico della nostra democrazia, che, negli ultimi venti, trent'anni, ha scelto la politica degli interessi, cioè la politica che gli Stati Uniti per primi istituzionalizzarono dopo il '29', rendendo legittimo il primato dell'economia sulla società.
La nostra cultura politica era un'altra cultura politica, era la cultura del progetto che si basava, sostanzialmente, sulla sovranità delle masse, sul consenso del popolo, secondo una tradizione democratica, socialdemocratica, liberale, che era nata in Europa. In quest'ultimo ventennio noi abbiamo scelto, in nome dell'efficienza, un'idea di impostazione del governo e delle legittimazioni più propensa a portare avanti le politiche degli interessi; dentro quella logica ci siamo permessi persino il lusso di essere l'unico Stato, quello italiano, a non essersi mai dato una legge di contrasto al conflitto degli interessi.
Questo elemento sembra marginale perché viene messo in relazione poi all'elezione diretta e si confonde una modalità con una conseguenza, perché l'elezione diretta, che io condivido, ha un senso in un humus politico e culturale di tipo diverso perchè, avendo regolato i conflitti di interesse, previene la possibilità che chi viene eletto direttamente possa assumere in maniera impropria decisioni che non attengono al mandato che lui ha ricevuto in forza dell'appartenenza a una coalizione.
Allora, mi si dice che una delle ragioni per cui non bisogna ragionare oppure bisogna ragionare frettolosamente nei prossimi giorni e nelle prossime ore per trovare questo punto di convergenza, sia il pericolo che Cappellacci si dimetta in carenza di una legge elettorale. Ci saremmo attrezzati all'evenienza, ma pensate che sia credibile che ci vogliate far credere che Cappellacci sia lì lì per decidere di lasciarci e di far sciogliere il Consiglio regionale, quando da tre anni e mezzo non facciamo altro che sottolineare che siete uno contro l'altro, inconcludenti, che non avete combinato nulla, che ci sono mille ragioni, fallimenti colossali che avrebbero motivato molto più in precedenza, che non oggi oggettivamente, una sua dimissione?
D'altra parte la legge elettorale è un problema che nasce a valle della decisione costituzionale? Quella è una modifica statutaria e noi potevamo avere una legge elettorale che eliminava il listino a prescindere dalla riforma costituzionale. Perché non l'abbiamo fatta in altri tempi e in altri modi? Perché non ci siamo dati la possibilità? Ecco perché dico che, alla fine dei conti, è vostra consapevolezza il fallimento sul profilo riformista; e questa cosa comunque segna un punto di distanza.
Io non so dov'è finito Pittalis, però era importante che ascoltasse perché parlavo di scenario lunare. Ora, mi chiedo come pensiamo di raggiungere dei punti di equilibrio; e questo mi preoccupa, sapete perché? E lo dico al Presidente che sembra più ottimista di me su queste cose, ma io invito alla calma, perchè quando si improvvisano le azioni di convergenza su punti dirimenti nascono i pasticci. La legge elettorale è un meccanismo che deve produrre democraticamente, nel rispetto dei principi costituzionali, un risultato.
I margini della nostra manovra non sono infiniti perché dobbiamo rispettare principi costituzionali e se qualche meccanismo viene sabotato per l'evidente contrasto delle nostre posizioni, per il fatto che non ci siamo dati neanche il tempo di ritrovarci e di spiegarci sulle scelte che ognuno sostiene, ci troveremmo di fronte alla stessa situazione che vivemmo nella dodicesima legislatura quando, se non vado errato, fummo costretti a far abortire la legge in Aula perché, se fosse entrata in vigore, avrebbe creato dei problemi enormi.
E'un pezzo di storia che, per quello che serve, dovremmo ricordare per capire che il metodo in queste materie è anche sostanza, a volte, e poi è anche la capacità di capire quali sono i sistemi elettorali. Il fatto che ci siano stati nella discussione in Commissione pareri differenti sull'elezione diretta o indiretta (quindi sull'elezione parlamentare) è un dato acquisito, ma mi sembra che la maggioranza sul punto fosse talmente chiara che anche reiterarlo adesso sarebbe stato probabilmente un passaggio inutile.
Tuttavia al di là del metodo ci sono degli aspetti che, secondo me, riguardano non il riequilibrio ma una modalità virtuosa attraverso la quale il Consiglio regionale deve essere posto nella condizione di partecipare all'azione del Governo regionale, qualunque esso sia; e se questa condizione è letta in un certo modo può essere vista come un esproprio dell'Esecutivo, se è letta in un altro modo può essere considerata una mortificazione del Consiglio, ma questo problema noi lo dobbiamo affrontare per evitare che si spogli di tutto il Consiglio regionale, anche di un'azione di controllo.
Oggi noi abbiamo una funzione di controllo rispetto alla Giunta; ditemi voi quali sono gli strumenti di controllo se il solo numero delle interrogazioni con richiesta di risposta scritta alle quali non è stata data risposta in questa legislatura credo abbia superato ogni record possibile e immaginabile. Ne vogliamo parlare? Vogliamo parlare, per esempio, del fatto che se dodici consiglieri diventano Assessori su 80 rappresentano il 15 per cento ma rappresentano il 20 per cento di un Consiglio regionale composto da 60 consiglieri, e che già questo crea un conflitto di funzionamento? Ne vogliamo parlare? Perché noi con questa proposta di legge dodici assessori abbiamo e dodici assessori manteniamo; perché non discutiamo di questo argomento? Vogliamo parlare dei conflitti? Nel senso che alle elezioni, alle campagne elettorali, i cittadini devono partecipare, così come prevede la nostra Costituzione quando dice che lo Stato deve rimuovere ogni ostacolo perché le modalità con le quali noi esercitiamo i nostri diritti ci pongano in condizioni di parità; e se c'è un miliardario che fa la campagna elettorale rispetto a me o a un altro che non possiamo farla io credo che noi sbagliamo.
Circa la questione che ha sollevato la collega Greco, io non vado molto a fondo però le suggerisco un compito questo fine settimana: leggere attentamente l'articolo 49 della Costituzione e aiutarci nella riflessione se il tema del "genere" è un tema che può riguardare una legge elettorale o, diversamente, riguarda la civiltà di una cultura democratica che all'articolo 49 dice che i cittadini si mettono insieme nei partiti (quindi è la loro modalità di rappresentarsi), per esercitare democraticamente i poteri in questo Paese. O devo registrare che i partiti non sono in grado oppure dobbiamo aprire una discussione se questo problema è un problema che deve essere rimesso all'ordinamento e alla formazione e alle regole dei partiti nella proposta che fanno per concorrere alla vita democratica di questo Paese o sia la stessa legge elettorale perché a quel punto la legge elettorale potrebbe anche dire direttamente qual è il censo sociale di chi deve partecipare la vita pubblica. E perché no? Se vale, l'articolo 49 vale per tutti! Per qualunque censo, per qualunque religione, per qualunque appartenenza, per qualunque genere!
Il processo è delicato e io in questo momento so, in parte sulla mia pelle, che anche l'ipotesi che lo facciano i partiti può assumere un aspetto di buffonata perché se uno lo vuole fare seriamente lo fa seriamente, sennò lo fa come lo fa. E allora io credo che sarebbe necessario creare un diverso clima, io mi sarei aspettato una cosa diversa. Le riforme hanno bisogno di un sentimento comune di ciascuno di noi di astrarsi dai coni d'ombra delle proprie prospettive, primo; secondo, occorrerebbe mettere in campo qual è il tasso e il peso delle rinunce che ciascuna parte politica fa nel concorso di un'idea comune piuttosto che porre condizioni; bisogna lavorare per vedere come tutti tolgono un pezzo delle proprie condizioni.
Ci vuole non un clima segnato da colpi di votazioni per stralci o non stralci, ma un clima diverso di fraternità tra di noi, prima di tutto umanamente; un clima che qui dentro non c'è e nessuno sta lavorando a crearlo, perché per fare delle cose serie bisogna capirci come individui prima di tutto. Se vogliamo giocare sul piano politico giochiamo, ma poi voi pretendete che una forza di opposizione vi regali sempre e comunque convergenze di fronte a questi fallimenti? Mettetevi anche nei nostri panni! Chi è che crea questo clima, chi si dovrebbe incaricare di costruire proposte convergenti, di togliere le ombre che si annidano dietro le procedure?
Io avrei immaginato un cammino di questo genere, un cammino che poteva aiutare perché, vedete, la stabilità, questo grande bene dell'elezione diretta, per cui è nata l'elezione diretta, se la stabilità è quella che ci offre questa esperienza, per esempio, è una stabilità sotto ricatto, perde il significato politico. Dovremmo trovare le ragioni per cui in qualche modo parliamo di questi problemi perché sennò noi consegneremo parlamenti, istituzioni, perennemente in ostaggio di persone, di gruppi di persone e di interessi e io invece sono uno di quelli che vuole combattere per un'idea di una politica che lasci la politica degli interessi e trovi di nuovo il terreno di una politica del progetto, che si basi prima di tutto sulla sovranità popolare e su quello che noi in questa sede rappresentiamo e di cui dobbiamo rendere conto
Perché io voglio parlare di legge elettorale non pensando alla mia vicenda personale ma alla possibilità che tutti, anche le persone più umili, meno dotate di risorse, meno abituate ai network e alla pubblicità possano avere il diritto di dare un contributo alla loro terra. Questa è la democrazia, tutto l'altro è una finzione ed è un pericoloso percorso che se non è governato con il sentimento di una fratellanza tra persone, in quest'Aula difficilmente può portare a un prodotto che sia soddisfacente anche dal punto di vista del funzionamento.
PRESIDENTE. Alle ore 16 è convocata la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Il Consiglio è riconvocato per le ore 16 e 30. Il primo iscritto a parlare è il consigliere Cuccureddu.
La seduta è tolta alle ore 13 e 46.