Seduta n.144 del 29/09/2010 

CXLIV Seduta

Mercoledì 29 settembre 2010

(ANTIMERIDIANA)

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 01.

SANJUST, Segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 21 settembre 2010 (137), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Antonio Cappai e Matteo Sanna hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 29 settembre 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SANJUST, Segretario f.f.:

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di intervenire per accelerare i tempi di attuazione dei lotti di completamento della strada Sassari-Alghero". (412)

"Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta, su irregolarità nella concessione di contributi regionali ai comuni della Sardegna per il funzionamento delle scuole civiche di musica". (413)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cucca. Ne ha facoltà.

CUCCA (P.D.). Presidente, chiedo una sospensione della seduta, in quanto è in corso una riunione del Gruppo.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta e prego i consiglieri di essere puntuali per consentire l'inizio dei lavori.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 03, viene ripresa alle ore 11 e 09.)

Discussione della risoluzione: "Sul percorso attuativo del federalismo fiscale" (3) abbinata alla mozione Ben Amara - Salis - Cocco Daniele - Mariani sull'attuazione del federalismo (79)

PRESIDENTE. Colleghi, l'ordine del giorno reca la discussione della risoluzione numero 3 abbinata alla mozione numero 79.

(Si riporta di seguito il testo della risoluzione numero 3 e della mozione numero 79:

Risoluzione

sul percorso attuativo del federalismo fiscale

PREMESSO che:

- sono passati tre anni dalla modifica del titolo III (Finanze - Demanio e patrimonio) dello Statuto speciale operata con legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007);

- frattanto, è entrata in vigore la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) e successive modifiche ed integrazioni, il cui articolo 27 (Coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome), dispone che "Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonché al patto di stabilità interno e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario, secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, entro il termine di ventiquattro mesi stabilito per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 2 e secondo il principio del graduale superamento del criterio della spesa storica di cui all'articolo 2, comma 2, lettera m)";

- in data 30 novembre 2009, in attuazione della succitata legge sul federalismo fiscale, la Provincia autonoma di Trento, la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Trentino Alto Adige/Sudtirol hanno sottoscritto un accordo con il Governo, trasfuso nella legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), articolo 2, commi da 106 a 125, recante la revisione dell'ordinamento finanziario dei suddetti enti e l'individuazione di nuove competenze; in esso il Governo, nel disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo regime finanziario e amministrativo, ha garantito alla Regione Trentino e alle province autonome processi finanziari di accompagnamento particolarmente vantaggiosi; si consideri che lo stesso Presidente della Provincia autonoma di Trento, nel suo intervento reso al Consiglio provinciale in occasione dell'illustrazione della manovra finanziaria 2010-2012, ha dichiarato che le istanze rappresentate "Ben difficilmente avrebbero potuto trovare accoglimento, in particolare a livello politico, se avessimo aspettato passivamente che gli impianti finanziari di tutte le regioni speciali, ma anche di quelle a statuto ordinario, fossero oggetto di una profonda revisione";

CONSIDERATO che, anche alla luce di quanto suesposto, risulta oramai indifferibile rendere effettivo il "nuovo" regime delle entrate e, quindi, in relazione alle funzioni esercitate e a quelle potenzialmente esercitabili, attivare da subito una contrattazione con il Governo che, in attuazione della legge n. 42 del 2009, definisca le forme e le modalità di applicazione dei meccanismi perequativi, quantifichi gli oneri derivanti dagli svantaggi strutturali permanenti e dall'insularità, fissi i possibili ambiti di fiscalità di sviluppo, allenti i vincoli stringenti alla capacità di spesa imposti dal patto di stabilità interno;

RITENUTO che occorra tracciare un percorso di partecipazione del Consiglio regionale a tale processo,

chiede

1) che sia tracciato un percorso di partecipazione del Consiglio regionale al processo attuativo del federalismo fiscale;

2) che, ai sensi dell'articolo 51, comma 1, del Regolamento interno, la presente risoluzione sia portata in discussione in Assemblea. (3)

Mozione Ben Amara - Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani sull'attuazione del federalismo.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- il contesto degli attuali dibattiti sulle riforme costituzionali, con l'approvazione della legge sul federalismo fiscale, per la nostra Isola assumerebbe un fattore determinante per uno sviluppo economico sociale;

- l'articolo 119 della Costituzione, modificato ed approvato dal Parlamento, presenta elementi preoccupanti, introducendo il principio secondo il quale le regioni e gli enti locali devono reggersi con la finanza propria cancellando il riferimento specifico al Mezzogiorno e alle Isole;

- i principi del federalismo, così come dell'autonomia, non sono validi di per sé, ma vanno calati nelle singole realtà territoriali, in quanto ogni regione presenta delle peculiarità che le mette di fronte al sistema centrale in una posizione differente;

CONSIDERATO che:

- lo statuto ha offerto alla Giunta ed al Consiglio regionale la possibilità di legiferare in diversi settori delle attività produttive, tuttavia in larga parte questi strumenti sono stati ignorati, o non se ne è fatto buon uso, o sono stati utilizzati con la logica di amministratori aziendali;

- nel quadro odierno la situazione è sostanzialmente modificata e la specialità dello Statuto sardo ha perduto l'originaria funzione, in quanto la fase di transizione a livello di riforme istituzionali che stiamo vivendo ha già modificato i rapporti fra Stato e regioni attraverso l'introduzione delle nuove norme sul decentramento, tanto che le stesse regioni a statuto ordinario godono di un'autonomia per certi versi maggiore di quella di cui gode la Sardegna;

- è venuta meno una legislazione che favorisse l'emancipazione delle classi sociali subalterne, sebbene non siano mancate le iniziative perché si potesse creare nell'Isola una struttura che permettesse sviluppo autonomo;

RITENUTO che il sistema di federalismo che si sta delineando a livello centrale non fa che premiare le regioni forti del nord, che pure in passato hanno prodotto ricchezza con l'utilizzo della forza lavoro di migliaia di emigrati del sud e delle isole, e che oggi lamentano il fatto che la copertura fiscale della spesa pubblica cada in maniera rilevante su loro stesse;

RIBADITO che nell'attuale scenario politico la situazione è radicalmente cambiata e la specialità dello Statuto sardo ha perduto l'originaria funzione, in quanto la fase di transizione a livello di riforme istituzionali che stiamo vivendo ha già modificato i rapporti fra Stato e regioni attraverso l'introduzione delle nuove norme sul decentramento, tanto che le stesse regioni a statuto ordinario godono di un'autonomia per certi versi maggiore di quella di cui gode la Sardegna,

impegna la Giunta Regionale

1) a non sottovalutare, in questa fase di rinnovamento, il tipo di federalismo auspicato;

2) a tener presente che le autonomie regionali nascono con lo scopo di realizzare una politica redistributiva tesa a favorire un uguale trattamento dei cittadini in tutte le regioni del paese;

3) a strutturare un federalismo che sia compatibile con i bisogni della Regione e delle regioni del sud; non si può infatti rimanere arroccati sui caratteri della specificità sarda come quello di nazione, popolo, lingua, etnia, che sebbene legittimi non possono essere strumentalizzati indebolendo il contesto delle riforme istituzionali da portare avanti in una visione neomeridionalista;

4) a rivisitare il concetto di identità per calarlo nel contesto dei processi di rinnovamento che sono in corso nella nostra società, l'appartenenza ad una cultura non significa accettarla senza senso critico e accontentarsi di farne parte, ma viverne i tratti peculiari rapportandosi in modo dinamico alla realtà politica e istituzionale ed ai suoi mutamenti. (79).)

PRESIDENTE. Poichè non è presente in Aula il consigliere Maninchedda, Presidente della terza Commissione, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 11 e 10, viene ripresa alle 11 e 15.)

PRESIDENTE.

Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della risoluzione numero 3 ha facoltà di illustrarla.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Onorevoli colleghi, se vogliamo discutere di argomenti quali quello del federalismo fiscale, dobbiamo ascoltarci con un minimo di attenzione. Lo scopo della risoluzione è quello di definire una modalità di partecipazione del Consiglio regionale al processo attuativo del federalismo fiscale. La Commissione ha ritenuto che questa materia non possa essere affrontata dai membri della Commissione paritetica Stato-Regione senza un coinvolgimento costante in termini di indirizzo e di verifica da parte del Consiglio regionale. Occorre, dunque, che il Consiglio regionale elabori una propria posizione e ne affidi la gestione alla Giunta e ai membri della Commissione paritetica, riservandosi ovviamente la verifica di attuazione.

Ovviamente, colleghi, per fare questo il Consiglio deve essere messo a conoscenza di tutte le fasi del processo pattizio con lo Stato. Essendo tale processo all'inizio, non mi sembra incongruo ricordare che altre regioni, per lo stesso scopo, si sono dotate di forti competenze anche esterne all'amministrazione regionale. Bene farebbe la nostra Regione a fare altrettanto.

Entrando nel merito del tema del federalismo fiscale, dobbiamo aver chiaro il quadro normativo. Il quadro è dato in primo luogo dall'articolo 119 della Costituzione. Esso è considerato figlio di due padri: Tremonti e Salvati. Quindi è un articolo bipartisan, come si dice oggi. Ma, leggendolo, noi dobbiamo sempre ricordare che in politica un conto è la teoria e un conto è la pratica, e anche l'educazione. Sulla carta, l'articolo 119 disciplina il fisco federalista italiano secondo cinque principi: autonomia, responsabilità, coordinamento, coesione e solidarietà.

In sostanza, sulla carta, regioni ed enti locali avrebbero diritto al finanziamento integrale delle funzioni loro attribuite attraverso entrate garantite da tributi propri e compartecipazioni al gettito dei tributi erariali integrati da quote di un fondo perequativo per i territori che abbiano minore capacità fiscale. Il gettito delle compartecipazioni sarà calcolato al netto dei livelli di evasione fiscale registrati.

Quindi, entrando già nel merito del nostro articolo 8, su cui intendo tornare successivamente, è evidente che, in sede di negoziato con lo Stato sul federalismo fiscale, il problema dell'evasione fiscale in Sardegna sarà messo in campo dallo Stato. Lo ricordo a quei colleghi che agitano con forza il problema dell'evasione nell'isola, cosa che io credo sia una notizia falsa, e che sia dovuta a una vera distorsione prodotta da un meccanismo statistico che non riesce a intercettare compiutamente la natura degli scambi economici nelle zone rurali, come aveva anche scritto chi ha coniato il meccanismo di calcolo statistico dell'evasione fiscale.

L'articolo 117 della Costituzione impone poi che alcuni diritti siano garantiti allo stesso modo in tutto il territorio nazionale e quindi, come loro sanno, si sta procedendo a stabilire il costo standard dei servizi che garantiscono tali diritti; in modo poi da determinare che cosa? Da determinare quanto è il costo di quel determinato diritto in quel determinato territorio, per poi verificare se quel territorio ha la capacità fiscale per sostenerne il costo o se invece ha necessità di perequazione. Tutto questo avviene nonostante ci siano accertati ed evidenti squilibri in tutto il territorio della Repubblica italiana, come voi sapete. Questa contraddizione, costi formalmente uguali in territori sostanzialmente diversi, dev'essere chiara ai nostri occhi. Non si possono riequilibrare le differenze e gli svantaggi strutturali delle Regioni deboli solo rendendo efficienti sulla carta i costi dei servizi essenziali; questo ce lo ricordava anche l'onorevole Vargiu nei giorni scorsi.

Per colmare il differenziale di sviluppo delle Regioni italiane nel quadro tracciato dal federalismo fiscale, rimarrebbero solo due strade: o aumentare la spesa pubblica per gli investimenti - cosa impedita dalla legge numero 42 del 2009, che impone che il federalismo fiscale si realizzi a saldi finanziari invariati - o mantenerla invariata bloccando per un certo tempo la spesa per i trasferimenti e per gli investimenti nelle aree forti, destinandola esclusivamente alle aree deboli. Ora, voi pensate che questo sia possibile con l'egemonia politica e culturale della Lega Nord sul Governo italiano? Io credo di no! Ed è per questo che con certezza si può dire che la legge del federalismo fiscale è una legge che rischia di confermare e aumentare le differenze, che dividerà socialmente e civilmente l'Italia. L'Italia verrà portata sull'orlo di uno scontro civile mai visto prima. E' un problema che i parlamentari nazionali sardi non mi pare abbiano ben capito ancora, mentre risulta essere ben chiaro, anche alla luce di ciò che ha detto ieri il Presidente della Regione, ai Presidenti delle Regioni del Sud.

Alla fine del percorso del fisco federalista italiano ogni ente locale o Regione dovrà largamente cavarsela da solo e avrà due vincoli: non aumentare la pressione fiscale totale, non aumentare la spesa pubblica totale. E avrà tre possibilità: aumentare i servizi e la loro qualità e aumentare parallelamente tasse e tariffe; diminuire i servizi e diminuire parallelamente le imposte e le tariffe; oppure, infine, aumentare i servizi in numero e qualità senza aumentare le imposte e le tariffe, ma quindi rendendo più efficiente la spesa, cioè tagli ed eliminazione di sprechi. Allora, se le cose stanno così, sia per l'inizio che per la fine di questa partita con lo Stato, bisogna saper fare bene i conti, bisogna avere un'autonomia di saperi e di conoscenze che attualmente noi, Regione, non abbiamo, e questa è la nostra responsabilità più grande.

Per esempio, che cosa sa la Regione sarda sui fattori che oggettivamente e giustificatamente rendono maggiori i costi di alcuni suoi servizi rispetto agli stessi servizi erogati in un'altra Regione? Non lo sappiamo. Ancora; come abbiamo parametrato gli svantaggi derivanti dalla nostra insularità? Quanto costa l'insularità? Lo Stato è felicissimo che noi parliamo di insularità genericamente e non la parametriamo; questo è un fatto decisivo per la nostra trattativa, perché è anche una grande opportunità che dell'insularità si parli nella legge numero 42, ma noi non sappiamo parametrarla, noi abbiamo lasciato un'opportunità al palo, come un cane abbandonato. Senza queste e altre informazioni la Regione va al confronto con lo Stato come un agnello adagia la sua gola nelle mani di chi lo scanna: senza conoscenze si va alla cieca.

Alcuni punti da cui partire li abbiamo; sappiamo quanto è il nostro Pil, questa nuova divinità. Ma, attenzione, non è vero che sia chiaro quale sia, in maniera inconfutabile, il nostro gettito. La materia è regolata dall'articolo 8 del nostro Statuto novellato nel 2006, e io dico felicemente novellato. Nelle prime quattro lettere dell'articolo si parla di compartecipazioni a imposte riscosse nel territorio regionale. Nella lettera relativa all'Iva si parla di imposta generata; nella lettera m), che è il nostro cavallo di battaglia, è stata inserita una norma importantissima perchè si dice che spettano alla Regione i sette decimi delle entrate erariali, di qualunque natura esse siano, maturate nel territorio regionale, anche se riscosse presso uffici finanziari situari fuori dal territorio regionale.

Su questo punto si gioca prima che una battaglia di diritto, una battaglia politica, che è quella che si chiama la battaglia delle accise; c'è una ricchezza che viene prodotta in Sardegna e che lo Stato tassa, e sono i derivati del petrolio; il fatto che fa maturare l'imposta, il bene su cui l'imposta viene applicata è prodotto in Sardegna, lo Stato su questa ricchezza prodotta in Sardegna ci riconosce una sola delle sue imposte, l'imposta di fabbricazione. Valore - mi corregga l'onorevole Soru che queste cose se le ricorda - 670 milioni circa all'anno. Successivamente lo Stato applica una seconda imposta, l'accisa, che viene applicata solo quando il bene passa dal deposito fiscale ai depositi commerciali sparsi in tutta Italia. Sapete quanto è il valore?... Sei miliardi di euro. Fonte dei dati è l'Agenzia delle entrate della Regione autonoma della Sardegna che li ha ripresi dall'Agenzia delle entrate nazionale.

Questi numeri dicono chiaramente che la ricchezza prodotta in Sardegna sarebbe sufficiente ai bisogni della Sardegna se venisse lasciata nell'Isola, e che la Sardegna ha un residuo fiscale attivo; si pensi che le entrate salirebbero da 5 miliardi e rotti a 9 miliardi e rotti. Il problema è dunque dato dalle leggi dello Stato che invece sottraggono alla Sardegna la più importante imposta applicata su beni prodotti sul suo territorio. Ora, però, noi siamo in sede di negoziato sulle norme di attuazione.

La lettera m), a cui ha fatto cenno ieri il Presidente della Regione, consente una grande battaglia politica, non deve essere una battaglia burocratica, non deve essere una battaglia affidata solo a funzionari; e dobbiamo aver chiaro che in primo luogo la politica deve difendere le cose giuste, noi dobbiamo chiamare il popolo a difendere questa ricchezza usurpata e dobbiamo farlo con forza perché la Corte costituzionale, questo "organo pialla" richiamato dall'intervento dell'onorevole Sanna nel dibattito sulle riforme, nella sentenza che ha negato le accise alla Sicilia si è, letteralmente, "arrampicata sugli specchi".

In sostanza la Corte costituzionale, facendo riferimento a sentenze degli anni '70, cioè prima della riforma del Titolo V, con una formulazione e una decisione chiaramente politiche, di fatto ha affermato che spettano alle Regioni solo le imposte erariali riscosse entro il loro territorio; se questo criterio venisse adottato anche per la Sardegna, neanche l'Irpef maturata in Sardegna ma pagata a Roma ritornerebbe nell'Isola. Se viceversa la nostra compartecipazione varrà per l'Irpef maturata qui e riscossa fuori, dovrà valere anche per le accise. Si capisce allora perché serve una forte battaglia politica unitaria, credibile, sulle entrate. Serve perché se vale solo il riscosso, come dice la Corte costituzionale, non ci vengono riconosciute né l'IRPEF riscossa fuori e maturata qui, né tanto meno le accise.

Il nostro residuo fiscale, dato dalla differenza tra quanto ci viene trasferito dallo Stato - e su questo vorrei reintervenire nella discussione generale - e quanto spendiamo, è largamente attivo sempre che lo Stato ci riconosca realmente l'intero gettito. Questa è la battaglia delle entrate, il resto è decisamente minore.

C'è un'altra questione su cui dobbiamo essere certi e adeguatamente indignati, e spero di riuscire a spiegarla perché non è semplice. Avrete tutti letto la bozza del decreto legislativo in preparazione dell'attuazione del federalismo fiscale (ne ha dato conto "Il Sole 24 Ore"), il quale decreto dice che, presupponendo in astratto che tutte le regioni siano uguali, verrà consentita a tutte le regioni la facoltà di abbassare l'IRAP e l'addizionale IRPEF. Dove è l'inganno? Nelle regioni ricche con surplus tributario sarà possibile abbassare queste imposte, in quelle povere, che anzi dovranno vedere integrato il gettito della propria pressione fiscale dai fondi perequativi, non sarà possibile.

Quale sarà, dunque, l'effetto? L'effetto sarà che le regioni ricche si trasformeranno sempre più in zone di fiscalità di vantaggio, cioè saranno attrattive perché meglio attrezzate e perché avranno vantaggi fiscali da offrire. Questo è il paradosso! Cioè, se non l'abbiamo capito, hanno fregato la zona franca: l'hanno spostata a Milano!

Chiedetevi ora quale politica di agevolazione finanziaria potrà mai attrarre qualsivoglia impresa e competere con questa fiscalità di vantaggio unita alle infrastrutturazioni che voi conoscete al nord. Nessuna.

Allora, chi ha più bisogno di risorse, i poveri o i ricchi? Il fisco federalista italiano risponde: i ricchi. Dove sono più alte le spese dello Stato, dove c'è bisogno o dove non ce n'è? Risposta del fisco federalista italiano: dove c'è più bisogno, ma lo Stato deve spendere di più dove si spende meno e meglio, e quindi dove ci sono i ricchi. Credo di non dover andare oltre.

Formalizzo, in conclusione, ciò che praticamente credo serva alla Sardegna e serva anche a rafforzare le posizioni della Giunta su questo tavolo nazionale. Primo, dotare la Giunta e il Consiglio di staff e di conoscenze all'altezza del confronto con lo Stato. Non sono sufficienti i pur bravi funzionari dell'amministrazione regionale. Secondo, mobilitare il popolo, ma seriamente, sul tema dell'IRPEF maturata in Sardegna e riscossa fuori e delle accise maturate in Sardegna e riscosse fuori; IRPEF e IVA valgono insieme 4 miliardi, le accise da sole ne valgono 5! Quelli sono soldi nostri e dobbiamo contestare duramente la decisione della Corte costituzionale, ha ragione l'onorevole Sanna; dobbiamo contestarla duramente perché, a mio avviso, il Governo ha tergiversato ad aprire la trattativa con noi in attesa di quella sentenza, perché vuole costringerci nel solo riscosso, non nel maturato. Terzo, costruire un fronte delle Regioni del sud contro la fiscalità di vantaggio del nord che si sta mettendo in piedi. O si reagisce a un grado elevato o noi saremo sicuramente additati dagli storici, che io conosco bene, come gli stupidi che non si sono accorti della rovina in arrivo.

PRESIDENTE. Uno dei presentatori della mozione numero 79 ha facoltà di illustrarla.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, cari colleghi, cari Assessori, io ho ascoltato con attenzione il discorso del collega Maninchedda. Vorrei soltanto aggiungere alcune considerazioni di ordine forse logistico dicendo, come si dice di solito che "l'albero della teoria è grigio se non abbraccia quello della pratica". Vorrei soltanto dire che il federalismo solitamente si impone soprattutto come possibile risposta all'avanzata dei problemi relativi ai diritti, alle costituzioni, alle tradizioni, ai popoli dopo la crisi dell'ideologia e anche del post moderno. Né lo Stato, né le organizzazioni internazionali sono in grado di far fronte alla difesa della persona e dei suoi diritti.

Gli attuali problemi sociali e la crisi determinata dal confronto fra le culture e le civiltà richiedono soluzioni creative per facilitare una giusta mediazione tra tradizione e innovazione e, con la sua décadence, lo Stato non può più essere considerato il soggetto esclusivo e principale che possa far fronte alla difesa delle persone e dei loro diritti.

Anche le organizzazioni internazionali conoscono un netto declino nel mondo contemporaneo. Occorre, quindi, pensare alla formazione di nuove soggettività giuridiche e politiche per affrontare la crisi attuale. Le istituzioni, sempre più lontane e burocraticamente impermeabili, si svuotano di senso e ampliano una mancanza di significato che favorisce la ricerca di identità oltre un'uguaglianza reificata dalla massificazione e il consumismo.

Io ho sempre creduto che l'identità è psicologicamente appartenenza, ma eticamente resistenza. I governi non hanno più potere perché è la governabilità stessa che viene meno a ogni livello. E' l'irrazionalità economica che priva la politica di credibilità e quindi di un reale consenso sociale. La Sardegna ha urgente bisogno di una riforma federale basata sui principi di solidarietà, di autogoverno e di pluralismo politico, della creazione di strumenti che consentano l'inserimento dei cittadini e delle realtà territoriali emarginate all'interno dell'organizzazione di uno Stato.

Un federalismo localistico dunque, un modo di pensare ecologico per eccellenza, dato che lega l'uomo alla natura, al territorio e non a una visione costituita, reificata, pensata, ideologica, virtuale, artificiale. Il legame con un territorio dato ci rende consapevoli anche del concetto di limiti. E' l'essenza di una prospettiva olistica che sta nella volontà di riconnettersi con il proprio luogo, sottraendo il controllo della mega meccanica o macchina per ristabilire il corretto rapporto con il mondo naturale.

Gramsci e Lussu, attraverso le loro elaborazioni sui temi dell'autonomia regionale, hanno evidenziato l'intreccio tra la lotta delle classi subalterne del popolo e i problemi delle singole realtà regionali, sottolineando l'esigenza dell'autonomia politico territoriale delle stesse. A proposito, non dimentichiamo come la retorica in merito al federalismo viene spesso utilizzata come strumento geopolitico. Nel federalismo che il Governo centrale sta cercando di imporre non sono presenti elementi di solidarietà e giustizia sociale, sebbene si professino obiettivi tesi al superamento degli squilibri territoriali. I principi del federalismo, così come l'autonomia, non sono validi di per sé, ma vanno calati nelle singole realtà territoriali in quanto ogni regione presenta delle peculiarità che la mette di fronte al sistema centrale in una posizione differente. Una posizione federale assume valore se viene connessa a una legislazione speciale che favorisca lo sviluppo di strutture e di classi capaci di dare vita a iniziative locali di trasformazione e di progresso economico-sociale.

Se lo Statuto del '48 conteneva già in sé gli elementi che permettevano alla Giunta e al Consiglio regionale di contrastare interessi consolidati del blocco conservatore, i partiti dovevano rispettare le indicazioni presenti, scaturite dalle lotte popolari che si sviluppavano nell'immediato dopoguerra. Ma è venuta meno una legislazione che favorisse l'emancipazione delle classi sociali subalterne sebbene non siano mancate le iniziative perché si potesse creare nell'isola una struttura che permettesse sviluppo autonomo.

Le iniziative nel settore della riforma agraria non sono riuscite a risanare l'agricoltura e, tanto meno, hanno permesso un progresso nei rapporti di produzione nella pastorizia. Nel settore industriale le cose non sono andate meglio; abbandonata la produzione di carbone nel Sulcis, dove si concentrava una forza lavoro di circa 18 mila operai, gli interventi successivi si sono basati sulla lavorazione delle materie prime importate e in un continuo disinteresse verso un sistema di riconversione industriale che permettesse la valorizzazione delle materie prime locali e creasse l'infrastruttura necessaria per una reale rinascita, lasciando da sempre irrisolto l'endemico problema dei trasporti.

Innegabile che ci sia sempre stato un atteggiamento di contrasto da parte del Governo centrale verso l'esercizio di un potere autonomo della Giunta; nondimeno è rilevabile l'inettitudine delle Giunte nell'esercizio delle proprie prerogative federalistiche. Lo Statuto ha offerto alla Giunta e al Consiglio regionale la possibilità di legiferare in diversi settori delle attività produttive. Tuttavia in larga parte questi strumenti sono stati ignorati o utilizzati con la logica di amministratori aziendali. Oggi la stessa specificità o specialità dello Statuto sardo ha perduto le originarie funzioni in quanto la fase di transizione a livello di riforme istituzionali, che stiamo vivendo, ha già modificato i rapporti tra Stato e Regioni attraverso l'introduzione delle nuove norme sul decentramento, tanto che le stesse Regioni a Statuto ordinario godono di un'autonomia per certi versi maggiore di quella di cui gode la Sardegna.

E' fondamentale quindi tener presente che le autonomie regionali nascono con lo scopo di realizzare una politica redistributiva tesa a favorire un eguale trattamento di cittadini in tutte le regioni del Paese, ma il federalismo che oggi si va affermando, come quello fiscale, non ha lo stesso principio propulsore e intende limitare al massimo il ruolo dello Stato federale attraverso l'indebolimento progressivo del legame sociale che tiene coesi i cittadini.

L'articolo 119 della Costituzione, modificato e approvato dal Parlamento, presenta elementi preoccupanti introducendo il principio secondo il quale le regioni e gli enti locali devono reggersi con la finanza propria cancellando il riferimento specifico al Mezzogiorno e alle isole. Questo sistema non fa che premiare le Regioni forti del nord, che pure in passato hanno prodotto ricchezza con l'utilizzo della forza lavoro del sud e, oggi, queste stesse Regioni lamentano il fatto che la copertura fiscale della spesa pubblica cade in maniera rilevante su loro stesse. In queste visioni ristrette del federalismo parlare di sprechi dell'amministrazione pubblica sembra un eufemismo poiché gli sprechi ci sono stati e ci sono e hanno anche penalizzato in modo rilevante il sud. I beni pubblici, che fanno parte del patrimonio dei cittadini italiani che quindi ne sono titolari pro quota nel rispetto della Costituzione, sono oggetto di un processo che si sta portando avanti sotto le mentite spoglie del federalismo demaniale che depaupera il patrimonio della cittadinanza ridistribuendolo a Regioni ed enti locali.

La legge Calderoli, infatti, prevede che lo Stato ceda 19 mila 500 unità del proprio demanio con un valore nominale di circa 3 miliardi ai comuni, province e regioni. Si tratta di beni del demanio idrico e marittimo, caserme, aeroporti, catene montuose e via di seguito, dove una parte di questi beni trasferiti sarà disponibile immediatamente alla vendita, un'altra porzione passerà al demanio degli enti locali rimanendo inalienabile solo sulla carta poiché la stessa legge prevede anche il versamento gratuito dei beni pubblici e demaniali in fondi immobiliari privati. Quindi, i beni pubblici possono essere alienati per produrre ricchezza a beneficio della collettività territoriale, ossia non di tutti i cittadini italiani, ma produrre ricchezza in tal caso significa svendere considerato lo stato disastroso delle finanze locali dopo i tagli della manovra Tremonti a regioni ed enti locali di altri 15 miliardi di euro nel triennio.

Inoltre, i Comuni devono allegare al bilancio ogni anno un piano di alienazione immobiliare. Per contrastare questo atteggiamento nel portare avanti un federalismo che maschera piuttosto la strategia secessionista della Lega possiamo solo appellarci alla Costituzione, quella stessa che 16 milioni di italiani nel 2006 difesero col loro voto.

E' chiaro che attualmente in Italia uno dei maggiori problemi è dato dalle notevoli differenze economiche nel territorio. Si tratta di differenze macro regionali (nord, centro, sud), ma anche regionali e provinciali in quanto all'interno delle regioni vi sono altri divari legati sia al rapporto tra province diverse, sia alla diversa ricchezza di capoluoghi regionali e provinciali rispetto ai piccoli comuni delle zone rurali.

Tuttavia l'attuale situazione mette chiaramente in evidenza il fallimento dell'assetto centralizzato nella soluzione dell'endemico divario Nord-Sud. Ecco perché occorre riflettere bene sul modello di federalismo di cui si vuole dotare l'Isola, un federalismo che sia compatibile con i bisogni della Regione e delle Regioni del Sud. Non si può rimanere arroccati sul carattere della specificità sarda come quello di nazione, popolo, lingua, etnia che - sebbene legittimi - non possono essere strumentalizzati indebolendo il contesto delle riforme istituzionali da portare avanti in una visione neomeridionalista.

Occorre rivisitare anche il concetto di identità per calarlo nel contesto dei processi di rinnovamento che sono in corso nella nostra società. Pensare l'identità non significa soltanto situarsi in un tòpos storico, ma significa soprattutto mettere in gioco precise scelte di campo, di strategia, direi filosofiche, precise responsabilità teoriche ed etiche. Le identità culturali sono tutte soggette a ibridazione, cioè a un processo continuo e dinamico di scambio culturale che non tende comunque, come ci si potrebbe aspettare, a omogeneizzare le culture ma che porta piuttosto a una reciproca inseminazione per un costruttivo pluralismo culturale.

E' vero che viviamo oggi nei tempi dell'identità negata. Se oggi non sappiamo chi siamo, e sovente facciamo fatica a distinguere una dichiarazione del P.d.L. da una dichiarazione del P.D., è perché l'identità negata si vendica di noi facendoci vedere il vuoto profondo e vertiginoso che si è aperto con la sua scomparsa.

Ispirata a un autentico federalismo fu la visione di Jefferson e di Madison sui rapporti istituzionali, dove il federalismo rappresenta un mezzo per il conseguimento dell'autentica libertà individuale rappresentando un argine concreto allo strapotere delle elite governative e alle loro posizioni di interferenza con le decisioni del cittadino. Jefferson affermava che il governo migliore è quello che governa meno, nel senso che lo Stato è un'organizzazione volta ad agevolare i rapporti tra gli individui.

Anche per Tuveri il problema del federalismo è un problema politico generale da porsi con forza, sia in Italia che fuori dall'Italia, imperniato sui principi della cooperazione sociale e dell'autonomia comunale, ma effettua una distinzione tra la concentrazione del federalismo e quella dell'autonomismo, nonostante il fatto che l'autonomia sia un attributo della federazione: non può essere la stessa cosa in quanto può esistere senza di essa e contro di essa.

Tuveri sosteneva che perché uno Stato possa dirsi veramente federale occorre che le grandi frazioni che lo costituiscono siano sovrane in tutto ciò che non è incompatibile con l'interesse generale. Questo concetto di federalismo affonda le sue radici nella capacità di Tuveri di capire con chiarezza le cause dell'arretratezza della Sardegna e di proporre delle soluzioni per quella che lui stesso definisce "la questione sarda" che diventa dopo "la questione del Sud" con Gramsci; pur nel concetto unitario di nazione Tuveri aveva la percezione dell'esistenza di una peculiarità etnica o di una identità specifica del popolo sardo, ed è questa l'attualità del pensiero federalista.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, intervengo per chiedere, all'Aula e a lei, di poter aggiornare i lavori a questo pomeriggio in modo da consentire ai Gruppi, in particolare c'è un'esigenza specifica anche del nostro Gruppo, di poter approfondire la risoluzione, la mozione e le illustrazioni che sono state fatte e così contribuire in maniera più compiuta al dibattito a partire da questo pomeriggio.

PRESIDENTE. Se non ci sono opposizioni il Consiglio è riconvocato alle ore 16 e 30 del pomeriggio. Ricordo a tutti i colleghi che la durata degli interventi è di dieci minuti e che ci si dovrà iscrivere non oltre la conclusione del primo intervento.

La seduta è tolta alle ore 11 e 53.



Allegati seduta

Testo delle interrogazioni annunziate in apertura di seduta

Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di intervenire per accelerare i tempi di attuazione dei lotti di completamento della strada Sassari-Alghero.

Il sottoscritto,

visto che sono in corso attualmente i lavori relativi al secondo lotto della strada Sassari-Alghero all'altezza di Olmedo;

considerato che, al fine di completare l'intero percorso stradale, occorre realizzare i rimanenti due lotti Olmedo-Rudas e Rudas-Alghero che porteranno la viabilità a collegarsi con la circonvallazione di Alghero, per la cui opera la Giunta regionale ha, in questi giorni, stanziato i fondi per la completa realizzazione;

ritenuto che la Giunta regionale, in considerazione dell'importanza infrastrutturale dell'opera sotto i profili economico e sociale, debba intervenire tempestivamente presso l'ANAS per accelerare l'iter burocratico propedeutico all'esecuzione delle opere ritenute indispensabili per una migliore gestione del flusso di traffico tra Sassari e Alghero e viceversa, con particolare riferimento ai citati due lotti dei lavori relativi al tratto di strada tra Olmedo e Alghero,

chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dei lavori pubblici per conoscere le iniziative urgenti che intendano assumere presso l'ANAS al fine di accelerare le procedure amministrative e per fissare l'inizio dei lavori dei lotti della strada Sassari-Alghero con riferimento al collegamento da Olmedo ad Alghero. (412)

Interrogazione Zuncheddu, con richiesta di risposta scritta, su irregolarità nella concessione di contributi regionali ai comuni della Sardegna per il funzionamento delle scuole civiche di musica.

La sottoscritta,

premesso che:

- nel collegato alla finanziaria del 25 giugno 2009 (legge regionale n. 3 del 2009), all'articolo 6, comma 5, in materia di scuole civiche di musica, è previsto il trasferimento delle competenze sulla legge regionale 15 ottobre 1997, n. 28 (Interventi a favore della istituzione di scuole civiche di musica), ai comuni;

- si tratta quindi, nella fattispecie, dell'esercizio da parte della Regione di una competenza non propria, essendo stata attribuita per legge ai comuni; gli stessi comuni, pertanto, e non la Regione, sono i soggetti legittimati a formulare e disporre autonomamente i criteri per la gestione del fondo assegnato;

constatato che:

- dopo attento esame della deliberazione n. 31/11 del 6 agosto 2010 e allegati "Contributi ai comuni singoli o associati, per l'istituzione e il funzionamento delle scuole civiche di musica ai sensi della L.R. n. 28 del 15 ottobre 1997", si evidenziano gravissime violazioni di legge al fine di favorire l'erogazione di contributi a favore di soggetti che in realtà risulterebbero non aventi diritto per mancanza dei requisiti necessari;

- in particolare dall'allegato A della suddetta deliberazione (Soggetti beneficiari), si evince per esempio che il Comune di Mandas, comune che conta una popolazione di soli 2.365 abitanti, risulta essere comunque beneficiario di 50.000 euro, in palese violazione della legge regionale n. 28 del 1997 che infatti all'articolo 5, comma 1, lettera c), stabilisce che i finanziamenti sono assegnati ai comuni, singoli o associati "che abbiano una popolazione non inferiore a 15.000 abitanti";

- inoltre, il contributo di 50.000 euro concesso al Comune di Mandas viene rilasciato a dispetto di quanto stabilito dalla legge regionale n. 7 del 2005, articolo 12, comma 8, che prevede quanto segue:
"I finanziamenti destinati ai comuni singoli, ai sensi della legge regionale 15 ottobre 1997, n. 28, e finalizzati all'attivazione e al finanziamento delle scuole civiche di musica per l'anno scolastico 2004-2005 e seguenti sono concessi, per effetto della presente norma, ai comuni che hanno inoltrato regolare istanza ai sensi del comma 1 dell'articolo 4 della legge regionale n. 28 del 1997, e che hanno avviato la regolare attività corsuale entro il 31 dicembre del 2004";

sottolineato che:

- non essendo mai stato abrogato o sostituito con apposito provvedimento di legge, il succitato comma risulta essere ancora in vigore;

- ne consegue che l'Assessorato della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport della Regione autonoma della Sardegna, ha riservato trattamenti non equi nei confronti dei vari comuni della Sardegna e nella fattispecie il Comune di Mandas, trattato come comune singolo e non associato, risulta incomprensibilmente fruitore di un contributo che va ben oltre i limiti previsti dalla legge e non conforme ai requisiti richiesti;

- si evidenziano inoltre, tra i beneficiari, altri consorzi di comuni che non raggiungono i 15.000 abitanti utili a formare il bacino di utenza necessario, motivo per cui l'Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport avrebbe operato in violazione di quanto sancito nelle suddette leggi, e in particolare si fa riferimento ai seguenti consorzi e al relativo bacino d'utenza:

1) Lanusei, Arzana, Ilbono, Elini, Loceri, Osini 13.211

2) Bosa, Tresnuraghes, Suni 10.650

3) Cabras, Nurachi, Baratili S. Pietro, Riola Sardo 14.214

constatato che:

- il totale dei contributi erogati dall'Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport senza adeguato controllo sul bacino di utenza ammonterebbe quindi a ben 83.906 euro;

- aggiungendo a questi casi quello succitato del Comune di Mandas, e se non ci fossero stati nel frattempo provvedimenti riparatori concreti, ad oggi, su questo tema l'Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport risulta erogatore di contributi per un totale di euro 133.906 concessi in violazione delle leggi vigenti in materia,

chiede di interrogare l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport per sapere:

1) quali siano state le variabili in base alle quali gli uffici competenti hanno stabilito i requisiti per la selezione dei comuni beneficiari;

2) in base a quali oggettivi criteri siano stati rilasciati i contributi in oggetto rispetto al bacino d'utenza che in tutti i casi sopra elencati non rientra per difetto numerico nei limiti indicati dalla legge;

3) in che tempi siano previsti gli eventuali e dovuti atti riparatori;

4) viste e considerate le sopracitate azioni su questo tema da parte della Regione e la parentesi che si è creata negli anni precedenti con questa competenza attribuita alle province ora rientrata alla Regione, se le verifiche delle rendicontazioni negli anni precedenti siano tutte avvenute correttamente;

5) se esista una forma di controllo reale sul criterio della ripartizione dei contributi concessi per gli allievi che hanno sostenuto un esame;

6) se i contributi in oggetto vengano erogati anche in caso di un allievo che, con doppia frequenza, già frequenta un conservatorio, poiché in tali casi le scuole civiche di musica si avvantaggerebbero in maniera impropria di contributi per via di esami che questi allievi già dovrebbero sostenere per il loro normale iter di studi;

7) come si riesca ad esercitare il reale controllo sull'effettivo numero delle iscrizioni. (413)