Seduta n.4 del 03/04/2014
IV SEDUTA
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
(ANTIMERIDIANA)
Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU
La seduta è aperta alle ore 10 e 25.
FORMA DANIELA, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 20 marzo 2014 (1), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gaetano Ledda, Gavino Manca e Valter Piscedda hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 3 aprile 2014.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Discussione sulle dichiarazioni programmatiche
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione.
Dichiaro aperta la discussione generale.
Ricordo ai colleghi che, ai sensi del comma 2 dell'articolo 77 del Regolamento, i consiglieri devono iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento e che, ai sensi del comma 1 dell'articolo 78, la durata degli interventi non può eccedere i quindici minuti.
Prima di dare la parola al primo iscritto, ricordo ai consiglieri neoeletti che per iscriversi a parlare è sufficiente pigiare il tasto sopra la scheda elettronica.
E' iscritto a parlare il consigliere Ugo Cappellacci. Ne ha facoltà.
CAPPELLACCI UGO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito odierno è teso a illustrare la linea politica che deve proiettare la Sardegna verso il 2019. Per questo non può diventare un esercizio ozioso, un confronto che si esaurisce tra le quattro mura del cosiddetto "palazzo", ma se saremo all'altezza del compito deve essere sentito anche da chi sta fuori da quest'Aula e deve proseguire nelle vie, nelle piazze, nelle case, nelle campagne, nelle fabbriche della Sardegna. Consapevoli di questo gravoso compito abbiamo atteso le dichiarazioni del Presidente con sincero interesse, senza impulsi revanscisti, senza preparare quella che dai media talvolta viene descritta come un'opposizione con la bava alla bocca. Niente di tutto questo né oggi né in futuro, in altre parole non ci comporteremo come la precedente opposizione rimasta in perenne attesa di un passo falso, quasi a sperare in un danno per la Sardegna pur di procurare un vantaggio alla propria parte politica, un'opposizione seduta in tribuna a fare il tifo persino per i nemici della Sardegna pur di scagliarsi contro l'avversario politico. Il dato elettorale ha detto chiaramente chi deve governare e chi invece deve svolgere un ruolo di opposizione, allo stesso tempo però dimostra chiaramente che il centrodestra non è una sparuta minoranza, non si è vaporizzato. Non lo diciamo per portare il confronto sul piano muscolare, ma perché nessuno osi o possa mancare di rispetto ai moltissimi sardi che hanno scelto una parte diversa.
Caro Presidente, gli elettori del centrodestra non sono degli ingenui, non sono sedotti da promesse demagogiche, ma sono donne e uomini che hanno votato una proposta politica che ha pari dignità rispetto alla vostra, lo tenga bene a mente se intende vestire i panni di presidente di tutti i sardi. Lo rimarchiamo anche per ribadire il forte ruolo di responsabilità che ogni consigliere regionale di centrodestra ha nei confronti dell'intera compagine sociale; una responsabilità che nasce dalla consapevolezza che per una buona legislatura occorra non solo una buona e coesa maggioranza, ma anche un'opposizione che sappia costringere la maggioranza a essere tale se non intende venir meno o tradire le promesse rivolte agli elettori. Forza Italia, ma sono sicuro che questo vale anche per le altri componenti della nostra coalizione, saprà fare opposizione perché noi abbiamo un'idea di Sardegna, una visione complessiva, un programma che prescinde dalle contrapposizioni con l'avversario di turno. E se questo è lo spirito costruttivo con cui ci siamo avvicinati al dibattito non ci sembra di cogliere il medesimo atteggiamento in chi oggi ha la responsabilità di guidare la Sardegna. Le dichiarazioni del Presidente della Regione sembrano obliterare questo confronto come una pura e semplice formalità, come un momento quasi subito con fastidio prima di passare ad altro. Se l'esecutivo non era ancora pronto per presentare in Aula le proprie linee si poteva in qualche modo pensare di organizzare il dibattito per consentire un maggiore approfondimento, perché quella che abbiamo sentito ieri è stata una lunga analisi dalla quale però non emergono proposte programmatiche concrete sulle quali confrontarsi, scontrarsi e magari, se possibile, trovarsi anche d'accordo.
Abbiamo udito una serie di concetti generali condivisibili da qualunque schieramento e in qualsiasi Regione, dalle Alpi a Lampedusa: competenza, merito, onestà, semplificazione e trasparenza. Non abbiamo invece sentito come si intende articolare la propria azione politica quotidiana di legislatura per tradurre tali principi in provvedimenti concreti. Abbiamo rilevato una serie di riferimenti a iniziative già avviate o compiute, ma non comprendiamo quale sia, mi si passi il termine, la puntata successiva. Per esempio, la sentenza della Corte costituzionale sul patto di stabilità, da lei citata, non nasce dal nulla, ma è frutto di quella rivendicazione in sede politico-giurisdizionale dei diritti della Sardegna posta in essere dalla precedente Giunta e bollata da taluno come demagogia. Allo stesso modo, la sentenza che finalmente riconosce il diritto della Sardegna di partecipare alle decisioni in materia di continuità marittima nasce da un nostro ricorso, grazie al quale nessuno potrà più permettersi di decidere senza di noi. Tale decisione fa il paio con quella dell'antitrust che ha condannato, che ha inchiodato sempre su nostro ricorso, i "signori del mare" per il caro traghetti. Dire che si deve rivedere la convenzione è impegno scontato e generico; quello deve essere solo un passaggio intermedio, perché il traguardo, se non vogliamo continuare a essere vincolati da contratti firmati da altri, deve essere il passaggio delle funzioni e delle risorse della competenza alla Sardegna. Noi abbiamo aperto una breccia, Presidente, non fermiamoci qui.
Sempre a proposito di continuità territoriale, abbiamo sentito che cosa ha fatto il centrodestra per la tariffa unica, dalla continuità 1 a quella per le rotte minori, nessuna indicazione su cosa si intende fare per il futuro. Vorremmo sapere altresì se in materia energetica, oltre a un piano già approvato, si intendano proseguire azioni riconosciute a livello europeo come buona prassi. Mi voglio riferire in particolare al programma "Sardegna CO2.0" e al progetto "Smart City". Quando poi si parla di acquisti verdi, mi si permetta di ricordare che già dal 2012 la Sardegna è stata premiata a livello nazionale per un piano di eccellenza sugli acquisti verdi con attività nei diversi settori di intervento. Vorremmo capire, e sicuramente sono desiderosi di saperlo anche le migliaia di cittadini che rischiano di finire nel gorgo di circuiti usurari o tra le grinfie di Equitalia, quali siano in concreto le politiche per il credito cui si fa cenno. Lo diciamo con la forza politica di chi in materia, con il microcredito e il fondo di garanzia, ha dato prova di un'attenzione al mondo delle imprese che va oltre le parole di circostanza.
Presidente Pigliaru, mi permetta anche una precisazione: lei stesso ha affermato in quest'Aula che la campagna elettorale è terminata, che senso ha allora continuare a mentire sulla spesa farmaceutica affermando che è fuori controllo? Lo ha confermato anche la Corte dei conti: in due anni abbiamo operato una riduzione di oltre il 16 per cento.
C'è un altro tema, signor Presidente, sul quale siamo tutti chiamati, lei per primo a dimostrare la nostra autonomia, la nostra capacità di anteporre gli interessi dei sardi a quelli della fazione politica, ed è il rapporto con lo Stato. Sul patto di stabilità non possiamo permetterci il benché minimo passo indietro rispetto a quanto previsto dalla sentenza; nessuna trattativa al ribasso può essere credibile, né possiamo accontentarci di obiettivi intermedi. Sui fondi per l'alluvione condivido il richiamo nell'incipit del suo discorso, ma questo deve significare che da oggi, come ieri, insieme rivendichiamo dallo Stato i fondi promessi da chi ha fatto passerelle subito dopo la tragedia e poi, spenti i riflettori, ha pensato a salvare Roma o a destinare altri fondi all'Expo di Milano, ma si è dimenticato di una terra ferita mortalmente. Né possiamo accettare che in nome del centralismo assenteista di uno Stato che da un lato comprime l'autonomia e dall'altro batte in ritirata sul territorio, cui ci hanno abituati in questi anni i Governi romani, si possa ridimensionare la presenza delle forze dell'ordine in Sardegna. E' già stata presentata una mozione che contiene impegni precisi, non aspettiamo un solo minuto e diamo luogo a una mobilitazione che coinvolga non solo la politica, ma l'intera società sarda.
C'è un altro caso in cui non vorremmo tornare indietro: il Piano paesaggistico regionale. La motivazione della presunta illegittimità da voi sostenuta per annullare la delibera di approvazione definitiva non sta in piedi. È sufficiente ricordare che il parere di legittimità è stato dato alla nostra delibera dagli stessi funzionari che hanno controfirmato la vostra. Come la mettiamo? La verità è che con l'annullamento avete voluto affermare un dogma: ancora una volta avete avuto la pretesa di dividere i sardi in buoni e in cattivi, in ambientalisti e in cementificatori. L'avete fatto senza affrontare un dibattito aperto perché sapete bene che il piano paesaggistico dei sardi è ben altra cosa rispetto a quello che avete descritto in campagna elettorale. Non è uno strumento di cementificazione, ma un atto che ripristina la certezza del diritto e uno strumento che fissa un punto di equilibrio giusto tra la tutela dell'ambiente e le esigenze dell'economia.
Non abbiamo compreso, inoltre, quale sia il reale intendimento riguardo agli enti locali, alle riforme e all'eliminazione delle province, sulle quali, è bene ricordare - qualora qualcuno avesse qualche tentazione di ritorno al passato, visto che tra voi ci sono esponenti politici che non hanno mai nascosto questo proposito - che i sardi si sono pronunciati in maniera chiara e netta. Abbiamo sentito una presa di posizione chiara in ordine alla riforma del Titolo V della Costituzione, non vorremmo che questo fosse il sintomo di un appiattimento acritico sulle posizioni del partito nazionale di riferimento.
Vi è poi la questione delle accise, Presidente. È superfluo ribadire che la Sardegna non ha bisogno di Assessori che facciano il copia e incolla delle motivazioni addotte dal Governo per giustificare il ricorso alla Corte costituzionale contro la finanziaria approvata dal Consiglio regionale. Non abbiamo bisogno di viceré né di professori che ci mettano il brutto voto, ma di donne e uomini coraggiosi che comprendano l'importanza di una battaglia storica. Su questo stesso tema ne abbiamo fatto una analoga e grazie alla mobilitazione dei sindaci, dei movimenti e di tante persone di buona volontà, abbiamo vinto: quella della riduzione dell'IRAP con la modifica dell'articolo 10 dello Statuto. Spiace inoltre che non abbia avuto il tempo di entrare nei dettagli delle politiche per il turismo, l'agricoltura, l'industria, l'ICT[PS1] . Noi siamo qui e aspettiamo che anche in questi settori, tutt'altro che trascurabili, illustri la linea politica della nuova Giunta regionale.
Caro Presidente, questa non è un'aula universitaria in cui parla e allo scadere dell'ora saluta gli studenti, rinviandoli alle sue dispense per ulteriori approfondimenti. Questa volta, Presidente, quello sotto esame è lei. Anche in questo caso abbiamo sentito che cosa abbiamo fatto, ma non che cosa avete intenzione di fare. Inoltre, so che per lei rappresenta un incubo, ma per noi la zona franca integrale della Sardegna rappresenta una grande opportunità, una battaglia storica dei padri dell'autonomia. Molti vostri illustri colleghi e professori prima ne parlano bene (ne hanno parlato bene nelle aule universitarie) poi però si pentono se l'iniziativa viene portata avanti da esponenti di centrodestra. Ora non c'è il pericolo che tale traguardo sia identificato con il sottoscritto o con la nostra coalizione, portatela avanti voi. Se avrete coraggio anziché nascondervi dietro il tocco e la toga accademica, avrete il nostro sostegno, perché, mi creda, Presidente, per governare una Regione come la nostra occorre molto coraggio, forse anche un po' di pazzia, sicuramente moltissima sana passione politica. Questo, onorevoli colleghi, è il nostro dopoguerra. Sta a noi, con i nostri comportamenti quotidiani, decidere se essere come i nostri padri e i nostri nonni, che si rimboccarono le maniche per restituire ai figli e ai nipoti le certezze perdute, non solo economiche ma anche morali, o se essere ricordati come una generazione poco coraggiosa, che ha egoisticamente pensato solo alle carriere personali, al tornaconto per la fazione, per la categoria, per il campanile.
Presidente Pigliaru, l'aspettano e ci aspettano prove molto dure, decisioni difficili, cinque anni in cui incroceremo migliaia di sguardi in cui leggeremo speranza, rabbia, voglia di riscatto, aspirazioni, sogni che dobbiamo fare nostri, perché dalla nostra capacità di essere popolo dipende la possibilità di raggiungere obiettivi ambiziosi.
Presidente, mi creda, tra i suoi stessi attuali sostenitori ci sono molti "rottamatori alla rovescia". Servirà molto coraggio, servirà l'autonomia di dire anche dei no ai capibastone di partito, ai notabili delle correnti, alle combriccole dei professionisti della politica. Oggi, ci spiace dirlo, ma non intravediamo questo coraggio; oggi non vediamo la passione giusta, non leggiamo nei suoi occhi e nelle sue parole la speranza di cui il popolo sardo ha bisogno. Lei forse ci chiede un atto di fede, ma questo lo può domandare esclusivamente ai suoi compagni di coalizione. Per quanto ci riguarda, liberi dal pregiudizio, ma intransigenti nel giudizio, ci atterremo alla prova dei fatti. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Colleghi del Consiglio, l'intervento del Presidente della Regione sul programma di governo, nelle condizioni date, è stato semplice, lineare e anche tecnicamente perfetto. Qualcuno sostiene che forse era privo di passione politica, ma non poteva essere diversamente. Da tecnico qual è, prestato alla politica, a capo di una Giunta regionale tutta di tecnici, non poteva presentare delle dichiarazioni programmatiche più significative, com'è stato, elencando i problemi e le ipotesi organizzative e procedimentali. C'è stato, per la verità, Presidente, anche un momento di accostamento della politica ai problemi che sono stati elencati, con la consapevolezza delle difficoltà e il richiamo alla politica come servizio, rappresentando in questo modo contraddizioni non facili. Il Presidente Pigliaru ha avuto le stesse difficoltà che in precedenza hanno avuto il presidente Soru e il presidente Cappellacci, da quando cioè in questa Regione c'è l'elezione diretta del Presidente. Non nascondo una certa preoccupazione legata alle scelte di un percorso che non ha portato in questi ultimi dieci anni a risultati apprezzabili, sia sotto il profilo economico che su quello squisitamente politico. Mi preoccupa meno il progetto complessivo del centrosinistra, "Cominciamo il domani". Con l'evoluzione vertiginosa della politica nazionale europea è infatti un progetto già superato, a mio modo di vedere. Preoccupano invece le dichiarazioni e i proponimenti, signor Presidente, di alcuni Assessori, ancora prima del loro insediamento, che sono in netta contraddizione con il suo stile e con quanto lei ha dichiarato in quest'Aula proprio ieri. Preoccupa che la Giunta regionale, forse legittimamente secondo le procedure, adotti decisioni di dubbia necessità politica e istituzionale e delibere fondamentali per lo sviluppo dell'economia della Sardegna prima ancora di ottenere la fiducia sul programma di governo. Si è tanto parlato del fatto che viviamo in una fase in cui a parole invochiamo un confronto sulla sostanza dei problemi e diciamo espressamente che la politica degli annunci non è più valida, però dai primi risultati dei suoi Assessori mi pare che ci sia una ricerca del consenso facile e che l'annuncio continui a scandire modi e tempi dell'impegno politico. E' un aspetto non irrilevante sotto il profilo di corretti rapporti politico-istituzionali fondamentali.
Voglio però, signor Presidente, uscire dal sistema tradizionale per fare un ragionamento di prospettiva. Sui singoli problemi preferisco attendere le proposte e valutarle nel momento degli atti concreti sui temi dello sviluppo, del lavoro, dell'occupazione, delle riforme, dello stare in Italia e in Europa. A me oggi preme piuttosto una riflessione di metodo, di confronto e di selezione delle opzioni politiche sul ruolo della minoranza. Lei, Presidente, e i suoi Assessori avete finora usato un sinonimo, che tale non è, almeno nella concezione che personalmente ho del significato politico e giuridico del termine minoranza, del ruolo che le è attribuito, del lessico corrente, ma anche della prassi della democrazia reale. Voi ci avete chiamato "opposizione", termine che significa, che presuppone, che evoca scontro, contrapposizione,"essere contro a prescindere". Minoranza e maggioranza invece, insieme, pur nella naturale diversità dei ruoli, sono chiamate a garantire l'equilibrio delle istituzioni, quell'equilibrio dinamico, diceva Aldo Moro, necessario alle istituzioni per l'assolvimento della propria funzione. La rottura del rapporto maggioranza e minoranza, aggiungeva Moro, ritarda la vita democratica, è un fattore negativo, ma soprattutto fa perdere il contatto con i cittadini, frena la partecipazione alla vita democratica. Di questi aspetti, oltre che di programmi e di progetti avremmo voluto parlare, ma i primi segnali quasi di sfida, "fare le pulci" alla Giunta precedente piuttosto che mettere in campo le azioni più urgenti per il bene dei sardi e della Sardegna, è una prassi che non porta da nessuna parte! Stupisce, per esempio, che di fronte all'ennesima bocciatura da parte del Governo di una legge regionale, nel caso la finanziaria 2014, in materia di entrate regionali, vengano espressi giudizi minimali su battaglie di principio! Non contesto l'Assessore della programmazione, che ha tutta la mia stima e considerazione, non da oggi, ma un Assessore tecnico non può permettersi di dire, come ha riportato la stampa: "Questa impugnazione è la prova che non si possono raccontare frottole ai cittadini". "Non abbiamo questa potestà," - ha anche aggiunto - "non siamo liberi di decidere autonomamente di dimezzare le accise sulla benzina e ridurre il costo della benzina a favore dei sardi". Queste affermazioni possono essere fatte da tecnico, non da Assessore della Regione sarda. E' l'Assemblea legislativa dei sardi che fa le leggi per la Sardegna, il Governo nazionale ha il potere di impugnare le norme regionali così come noi possiamo impugnare gli atti del Governo e le leggi dello Stato. Sarà il giudice delle leggi a decidere se è nei nostri poteri fare le scelte che abbiamo deciso di fare, e quella delle accise sulla benzina è una battaglia sacrosanta, alla quale non possiamo abdicare. Lo abbiamo fatto in Italia e in Europa, unitamente alle altre istanze fondamentali e irrinunciabili che riguardano l'insularità, il deficit infrastrutturale, le servitù militari che penalizzano il nostro territorio e le nostre popolazioni.
Nel discorso del presidente Ganau, mi sia consentito questo riferimento, ho trovato condivisione in materia di enti locali, a cui ho accennato in occasione dell'avvio di questa legislatura. Sul rapporto Regione-enti locali c'è da parte mia l'apertura più completa, e lo dice uno come me che nel lontano 1990, da Presidente della Regione, ha sottoscritto, per la prima volta nella storia dell'autonomia, due specifici protocolli d'intesa con l'intero sistema delle autonomie locali, istituendo la prima Conferenza permanente Regione-enti locali come sede istituzionale di condivisione di scelte e decisioni per la crescita e lo sviluppo della Sardegna. Un provvedimento datato, ma straordinariamente attuale.
Sull'urbanistica noi sappiamo di che cosa parlare, assessore Erriu: intendiamo parlare con quel linguaggio e quei contenuti di cui abbiamo parlato e discusso per anni, condividendo percorsi e scelte fatte insieme da Regione, ANCI Sardegna e comuni, che lei ben conosce, perché dell'ANCI Sardegna è stato presidente fino a ieri. Percorsi e scelte fatte insieme che hanno portato all'adozione prima e all'approvazione poi del nuovo Piano paesaggistico regionale, che la Giunta regionale anche su sua proposta ha annullato. A chi vuole addebitarci la responsabilità di una sorta di deriva in materia di uso del territorio, a chi lamenta la mancanza di una legge urbanistica semplice e chiara e il permanere di un coacervo di norme nelle quali è difficile districarsi ricordo che negli anni '30, dal 1980 a oggi, per ben diciotto anni abbiamo avuto maggioranze, giunte e assessori dell'urbanistica di sinistra. Norme semplici e chiare, come il decreto di chi vi parla sugli standard edilizi, sono in piedi dal 1983 e se hanno consentito ai comuni, ai cittadini, ai professionisti e alle imprese di essere utilizzate con chiarezza dal punto di vista dell'interpretazione e dell'applicazione qualcosa vorrà dire. Non è la data del provvedimento che conta, è la bontà delle norme. La prima normativa di tutela ambientale è del 1937 e ancora ad essa noi facciamo riferimento. Le contrapposizioni aprioristiche sono dannose ed è emblematico il fatto che l'esperienza della Giunta Soru è crollata proprio sulla legge urbanistica generale, soprattutto se non esclusivamente per le contrapposizioni e i contrasti interni alla maggioranza di sinistra, che ha visto presidente Soru gettare la spugna.
Signor Presidente, se uno degli obiettivi della Giunta regionale è quello di abbattere la burocratizzazione che ritarda, se anche non ostacola, l'azione delle istituzioni, che danneggia le persone e le imprese, occorre allora riportare il confronto al nostro interno, poi nei confronti dello Stato e dell'Europa, sciogliendo quei lacci e lacciuoli che vedono la Sardegna subire limitazioni anche nelle prerogative della propria autonomia. Urge allora mettere subito mano alla legge statutaria e alla legge numero 1, sulle competenze del Presidente della Regione; occorre ridisegnare l'immagine e il ruolo della Regione che vogliamo; urge la riforma della riorganizzazione complessiva della Regione e dell'apparato pubblico in Sardegna, e degli enti locali in particolare, per avere finalmente una pubblica amministrazione snella, efficiente, efficace e vicina al cittadino. Occorre fare tutto ciò subito, senza farsi imbrigliare da quelle forme di commistione di ruoli e di compiti che, come è avvenuto purtroppo nel recente passato, hanno impedito le riforme. Ricordo al riguardo che già nel 2012 avevamo presentato la legge di riforma organica della "31" che, se approvata dal Consiglio, avrebbe consentito una riorganizzazione del personale del comparto regionale più moderna e trasparente. È rimasta invece nei meandri del Consiglio, che ha preferito al coraggio delle scelte e delle decisioni, le defaticanti e inconcludenti liturgie dei compromessi voluti e accettati da tutti i partiti presenti in quest'Aula.
Vogliamo parlare di trasporti, di continuità territoriale, delle varie stagioni e delle varie responsabilità? La continuità territoriale aerea la mettemmo in campo per la prima volta nel 2000, ricorda assessore Deiana? Presiedevo allora la Giunta regionale e lei come esperto diede il suo fattivo contributo. Qual è il problema oggi? Lei potrà certamente mettere in campo le migliori proposte, frutto anche dell'esperienza maturata da tutte le Giunte regionali che da allora si sono susseguite e alle quali lei ha fornito il suo contributo culturale e tecnico, condividendone anche, se mi consente, le responsabilità. Io e la mia parte politica attendiamo le proposte per valutarle con attenzione in maniera oggettiva. Condividiamo anche l'esigenza, manifestata dall'Assessore degli enti locali, di una nuova legge urbanistica, coinvolgendo tutti i soggetti portatori di interessi generali, non solo i comuni, utilizzando al meglio tutte le risorse professionali di cui l'Assessorato dispone, abbandonando la strada del ricorso a soggetti e organismi esterni peraltro dispendiosi.
Su questi temi ribadisco il nostro impegno culturale e politico di stimolo e di proposta, disponibile al dialogo e al confronto e a dare ogni utile contributo per il bene della Sardegna e dei sardi. Ma il problema dei problemi, signor Presidente, rimane quello dello Statuto. Qui le nostre colpe, le colpe di tutte le forze politiche, sono evidenti; siamo ancora alla ricerca di un metodo e di una procedura. Dobbiamo uscire dal tunnel, recuperare il tempo perduto. La storia insegna! È vero che è molto difficile che le istituzioni riformino sé stesse, ma abbiamo di fronte a noi una sfida, una sfida esaltante, non possiamo perdere il treno in questa occasione storica per la vita del Paese e della Regione. La revisione dello Statuto è indispensabile, dobbiamo essere noi a proporla e a completare il percorso dell'affermazione della nostra specialità autonomistica, predisponendoci e attrezzandoci a un confronto determinato e determinante con lo Stato e con l'Europa. Tra le questioni non possono essere sottaciute le interferenze e invasioni della legislazione statale su quella regionale, che ha finito per usurpare competenze anche degli statuti di autonomia. La Corte costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale non ha mai assunto una posizione terza, ma sempre una posizione a favore dello Stato. Le iniziative del Governo in ordine alla seconda Camera, al Senato, e al titolo V della Costituzione, riguardano anche noi e la nostra autonomia.
Signor Presidente, mi permetterei di dare due consigli: il primo è quello di eliminare una volta per sempre il CINSEDO e ricostituire il Comitato delle Regioni a statuto speciale; il secondo è quello di evitare ciò che abbiamo fatto nell'altra legislatura, lasciando al Consiglio regionale la responsabilità delle riforme, perché deve essere la Giunta regionale, come avviene a livello nazionale, a proporre le riforme per la Sardegna e a dare il proprio contributo sulla base della conoscenza che soltanto essa ha.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Roberto Deriu. Ne ha facoltà.
DERIU ROBERTO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il nostro è un Presidente fuori frame, fuori cornice, o diremo banalmente fuori schema. Il frame, lo schema, la cornice retorica e mediatica non lo contengono, non lo imprigionano. I cliché stilistici, semantici, linguistici e della propaganda non lo incatenano e non lo riducono, né lo proiettano o trasfigurano. Non aspira a ergersi a icona e non è possibile sminuirlo a pupazzo, caricatura, macchietta. Il suo discorso non è manifesto, peana, spartito di inni di battaglia; gli sono estranei e forse anche ignoti tromboni, timpani, grancasse. La sua composizione sviluppa l'andante, incalza e sostiene il ritmo di numeri, di frasi, di cose, infine di uomini e di pensieri. Tanto è distante da lui il meccanico riproporsi degli stereotipi e dei pregiudizi da proclamarsi, nel mezzo di un'assemblea politica quale noi siamo, "politico", e nel farlo ostenta umiltà e assenza di scherno, di provocazione. Semmai dimostra coraggioso anticonformismo, da apprezzare e condividere; percorre una via diversa e nuova, fa di sé un testimone partecipe, un interprete onesto, è vero, che non chiede sacrifici, ma li mostra oggettivi nella loro appartenenza all'ordine naturale delle cose, ostacoli superabili dall'intelligenza, dalla forza, dalla solidarietà comunitaria.
C'è un eroismo, signor Presidente della Regione, della semplicità e della saggezza nel suo programma che travalica lo stile e la storia personali. L'esplorazione della realtà diviene itinerario collettivo, guida ferma, tenace eppure mai aspra, mai dogmatica, mai aggressiva. E noi così abbiamo voluto Presidente e programma.
Signor Presidente, colleghi, intendiamo misurarci con la formidabile sfida, come diceva il presidente Floris, di questo tempo dei frammenti pur immersi nella soverchiante e disperante gravità della crisi, animati dalla sollecitudine verso gli strati più deboli e dispersi della nostra Sardegna, fautori del progresso della società e del riscatto del popolo, orfani noi stessi delle grandi ideologie e culture novecentesche dalle quali comunque in questo parlamento dell'autonomia sgorgarono feconde le politiche della rinascita.
Come frammenti di un'apocalittica deflagrazione vagano, infatti, le donne e gli uomini contemporanei, impoveriti e demotivati, frustrati, depressi, impauriti. A noi, loro rappresentanti, l'alto onore di soccorrere, consolare, confortare, educare, motivare e infine guidare al successo il nostro antico popolo e la sua nobile autonomia.
Signor Presidente della Regione, abbiamo udito con chiarezza e con piacere il suo disegno per una Sardegna coesa e consapevole, rivestita della sua dignità giudicale, cioè sovrana, di spiegarsi nella vasta trama dei valori e dei principi della Costituzione repubblicana, alla quale in quest'Aula tutti abbiamo prestato giuramento solenne. La sosteniamo e la sosterremo convinti, signor Presidente. Si rivolga con fiducia all'Assemblea, unita, vogliamo crederlo, al servizio della Sardegna, madre nobilissima in attesa del figlio meraviglioso: il futuro del suo popolo. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Marcello Orrù. Ne ha facoltà.
ORRÙ MARCELLO (PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente della Regione, Assessori, colleghi, intanto voglio fare gli auguri a tutti i componenti dell'Aula per la legislatura che è appena iniziata e faccio un appello al presidente Ganau affinché diventi il Presidente di tutti noi e non solo di una parte politica. Conoscendone le qualità, in quanto abbiamo trascorso diversi anni insieme in consiglio comunale a Sassari, sono certo che sarà un Presidente al di sopra delle parti.
Detto questo, ho ascoltato con attenzione le dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione e, in verità, devo dire che se con questo programma si pensa di far progredire le condizioni economiche e sociali della Sardegna ho la sensazione che noi sardi andremo incontro a cinque anni duri da affrontare.
Presidente, mi permetta intanto di non condividere la scelta della sua Giunta, non perché non siano persone qualificate, anzi sono sicuramente persone perbene e di alto profilo morale e culturale, ma semplicemente non sono state elette dai cittadini che si aspettavano di ritrovarsi in Giunta persone che hanno votato e appunto sono state elette e non un gruppo di tecnici o professori. Ma sono critico soprattutto per due motivi: intanto perché con la Giunta formata da tecnici si toglie dignità alla politica e poi perché si aumenta il distacco tra il Consiglio e la Giunta. Vorrei aggiungere che da un po' di tempo assistiamo a Governi di professori che, ahimè, non hanno fatto altro che aumentare le tasse. Mi riferisco al professor Monti, fortemente voluto da Napolitano, che poi si era rivelato campione di quell'austerità espansiva che ha messo in ginocchio l'Italia e la Sardegna. Quindi, Presidente, io sono del parere che chi è in grado di risolvere i problemi dei cittadini senza aumentare le tasse siano i politici e non gli esterni o i tecnici, i quali non conoscono la realtà vera e le sofferenze della gente e dovrebbero agire, semmai, da supporto ai politici e non viceversa.
Presidente, io sono stato candidato nelle liste del Partito Sardo d'Azione come indipendente e sono stato eletto nel collegio o circoscrizione di Sassari ed è a quel territorio che debbo rispondere in primis, un territorio che è stato trascurato per troppi anni e che ha urgente necessità di interventi, perché i cittadini, mi creda, sono al limite della sopportazione, sono strozzati dai debiti e dalla impossibilità di mandare avanti la loro professione a causa di un fisco sempre più accanito e opprimente. Diversi imprenditori, purtroppo, hanno preferito farla finita perché non ce l'hanno fatta a combattere una battaglia feroce e impari contro uno Stato che invece di agevolare la libertà d'impresa pretende senza dare. E ora, con questo nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, che aveva detto qualche mese fa che mai sarebbe andato a governare il Paese senza passare prima dal voto degli italiani, e invece sta governando, e che mai avrebbe aumentato le tasse qualora fosse diventato Presidente del Consiglio, invece ha subito aumentato la tassa comunale sui servizi indivisibili (TASI,), che risulta addirittura peggiore dell'IMU voluta da Monti, le imprese sarde verranno ulteriormente messe in ginocchio.
Presidente, mi creda, bisogna far ripartire l'economia e creare subito posti di lavoro, e per poter fare il rilancio dell'edilizia deve essere l'obiettivo primario di legislatura per la Sardegna e per il Sassarese, tanto è vero che il recente rapporto delle costruzioni in Sardegna ha confermato i numeri impressionanti di una crisi che sembra non lasciare respiro alle imprese che operano nel settore, con un calo di quasi il 40 per cento tra il 2008 e il 2013 in termini occupazionali e di investimenti. Nel nord Sardegna le cifre sono ancora più drammatiche: un'impresa edile su due è stata chiusa negli ultimi quattro anni e i lavoratori occupati nel settore sono scesi da 10 mila a 4 mila. Sono numeri impressionanti, Presidente, che meritano risposte decise e concrete da parte della Giunta.
Io, mi creda, avevo accolto con favore qualche tempo fa la notizia dell'approvazione del Piano paesaggistico dei sardi voluto dall'onorevole Cappellacci, che avrebbe spedito in soffitta il vecchio Piano paesaggistico regionale voluto da Soru nel 2006. Ebbene, quella legge dannosissima per l'economia della Sardegna, e i sardi lo sanno, all'epoca aveva determinato una paralisi dell'intero settore dell'edilizia, assestando un duro colpo a tanti medi e piccoli imprenditori che erano stati costretti a chiudere le aziende oppure nel migliore dei casi a mettere in cassa integrazione o licenziare dipendenti. Mentre con il piano Paesaggistico dei sardi le regole sarebbero state chiare e uguali per tutti e avrebbero dato respira a quelle centinaia di piccoli e medi imprenditori del settore e a tutte quelle attività a esso in qualche modo collegate. Per cui, Presidente, non condivido la decisione dell'annullamento del Piano paesaggistico dei sardi, decisione presa anche per aver ascoltato i cosiddetti ambientalisti, quelli che si definiscono ecologisti, che contrastano le idee imprenditoriali e che dicono sempre "no" a tutto: no al cemento, no al carbone, no all'edilizia. E nel frattempo la Sardegna muore, le aziende chiudono e le famiglie vanno in crisi.
Presidente, creiamo lavoro, facciamo lavorare subito i padri di famiglia che non hanno più la possibilità di pagare le bollette dell'acqua, della luce e del gas e non hanno più nemmeno i soldi per pagare le medicine. Questa è la realtà, pertanto è opportuno intervenire rapidamente e con concretezza attivando insieme al Governo centrale dei procedimenti virtuosi in modo da incrementare massici investimenti pubblici nelle infrastrutture come porti, strade ed energia e attrarre investimenti privati eliminando lacci e laccioli che negli anni passati hanno fatto fuggire gli imprenditori.
Ma c'è un'altra realtà che non solo fa fuggire gli imprenditori, ma blocca lo sviluppo e l'economia della Sardegna: si chiama Equitalia. Sono convinto che dovremmo cacciare via il "mostro" Equitalia, voluto da Bersani. Queste non sono parole che mi sono inventato io, ma le ha dette Matteo Renzi durante lo svolgimento delle primarie che lo vedevano in concorrenza con Bersani. Dobbiamo occuparci noi, come Regione, della riscossione delle imposte regionali, perché sicuramente non permetteremo che le aziende chiudano, anzi, dovrà essere interesse della Regione salvaguardare le aziende e i sardi. Oltretutto, se sarà la Regione a occuparsi della riscossione dei tributi, ci sarà una riduzione dei costi per i cittadini, ma, soprattutto, si terrà conto delle condizioni e delle difficoltà in cui si trovano i contribuenti.
Ma, sempre rimanendo nel territorio sassarese, c'è un altro tema da affrontare con altrettanta urgenza, ed è quello della sanità. I problemi che affliggono la sanità sassarese sono tali e profondi da dover essere considerati un'emergenza alla quale tutte le forze politiche e istituzionali devono dare risposte adeguate e non più procrastinabili. Il degrado delle strutture di accoglienza degli ospedali e l'arretratezza tecnologica sono tali da richiedere interventi urgenti di breve, medio e lungo periodo, perché negli ultimi anni nel nostro territorio abbiamo avuto una sanità senza miglioramenti di alcun genere, con tanti problemi, ma soprattutto tante difficoltà per i cittadini, iniziando dalle liste d'attesa dei pazienti, che si legano all'efficienza della classe medica e pure di quella paramedica. Ritengo che una delle maniere per ridurre o abbattere i tempi d'attesa sia il monitoraggio della struttura e della specialità medica che, insieme, devono tendere al giusto tempo di attesa incrementando, magari di poco, una o l'altra categoria professionale. Alla luce di queste problematiche ci dovremo ricordare quando la gestione del sistema sanitario era affidata ai comitati di gestione. Ricorderete che prima esistevano i comitati di gestione che, nella loro attività, riuscivano quasi sempre a smuovere anche l'indolenza funzionale. Ebbene, oggi, quasi tutte le Regioni e le ASL invocano come organizzazione perfetta i comitati di gestione, quindi non basta che la politica dia indirizzi programmatici, ma deve occuparsi anche di gestione, sia della classe medica preposta alle strutture, sia di quella paramedica, che è molto importante e indispensabile per far funzionare le strutture stesse. Se non vogliamo far perdere al territorio sassarese una realtà come quella sanitaria, che per Sassari è sempre stata fonte di attrazione e orgoglio, bisogna intervenire con immediatezza, affinché questa città diventi uno dei luoghi di alta specialità medica, con l'auspicio che venga legata alla città la cura, attraverso la medicina specialistica, di patologie che investono purtroppo, in quest'epoca, la gran parte dei pazienti.
L'ultimo punto che vorrei toccare, non ultimo per importanza, è quello dell'agricoltura, un settore che considero trainante per poter occupare chi, in questo momento, si ritrova senza impiego. E' un settore che ha grandi risorse e potenzialità, ma è indispensabile che vengano abbattuti i costi sia produttivi che contributivi, i quali, unitamente alla burocrazia, paralizzano le imprese agricole. E come dimostrano anche qui i dati, visto che nelle campagne c'è ancora possibilità di lavoro, dovremmo sfruttare questo momento con interventi mirati che consentano agli imprenditori agricoli di riprendere la corsa e aprire le porte ai lavoratori espulsi da altri settori.
Pertanto, Presidente, la proposta che io farò a lei e alla sua Giunta sarà quella di chiedere al Governo centrale di incentivare il passaggio dei lavoratori dai settori più in crisi all'agricoltura e di smetterla di erogare ammortizzatori sociali che non sono educativi e tanto meno contribuiscono a creare occupazione, utilizzando invece quelle risorse per riqualificare i lavoratori e agevolare le imprese sotto l'aspetto dei costi, dei contributi e del fisco. Questa la ritengo una proposta finalizzata all'assunzione di persone disoccupate. Quindi, Presidente, agisca in fretta, perché dobbiamo dare alla Sardegna e ai sardi una prospettiva, una speranza e un futuro, verso il quale proiettare l'impegno di tutte le forze produttive. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Paolo Zedda. Ne ha facoltà.
ZEDDA PAOLO (Soberania e Indipendentzia). Presidenti de su Consillu, Presidenti de sa Regioni, onorevulis consilleras e consilleris, apu pretziau meda su documentu programaticu anca su Presidenti nostru at inditau su mori de sighiri in is prossimus cincu annus. Cun sa propriu sintzilla, cuncreta e crara mirada chi at ghiau sa coalizioni de centru manca in custus mesis apena trascurtus. E chi dd'at portada a sa vitoria. Ia amirau intzandus su coragiu in su castiai a is arrexonis prus profundas de sa crisi epocali chi seus bivendi, su coragiu de amostai solutzionis efetivas e no populisticas, Amiru oi sa coerentzia in su sighiri in sa propriu bia, po nudda discantzosa nì paris. Sa eficientzia in sa aministratzioni publica e, a sighiri, in is serbitzius totus, sa spinta a is imbistimentus e a sa crescita econimica s'aumentu in su livellu mediu de istrutzioni e de formazioni sunti is tres puntus chi faint de basi a su programa nou e nostru de guvernu.
Mascamenti s'urtimu de custus: su potentziamentu de sa scola e de s'imparu, est, a parri miu, s'arregaliu chi luegus emus a depi promiti a sa generazioni imbenienti, poita ca is nazioni chi dexi, binti e trint'annus fait ant ingastau in s'istrutzioni de is giovunus insoru sunt cussas chi oi tenint un abetu de benessiri prus artu.
E su determinu de is generatzionis noas est sa primu chistioni chi teneus su doveri de ponni in setiu chi boleus chi fihlus nostrus si pesint in unu mundu aundi no amanchit sa sperantzia.
Is numurus de sa crisi chi est bivendi oi sa Sardinia faint a timi: su disimpreu, s'abasciada de su PIE, su dismembrametu de is industrias, is poboresas noas, is disagius sotzialis sunt seguramenti emergentzias, e grais puru.
Ma nosu (est a su presidenti Pigliaru chi tzitu imoi), no si podeus permiti de curri feti avatu de is emergentzias. In prus, custas no sunti is unicas emergentzias.
Sa lingua sarda est stetia una de is lumbreras chi, prus de trint'annus fait, ant orientau su crescimentu e s'ascesa finas a su guvernu de su Partidu Sardu, ghiau intzandus de sa bonanima de Mariu Melis. Sa "chistioni de sa lingua" est stetia unu de is motoris de su sardismu e unu de is simbulus de su cuncetu nou de natzioni sarda.
E puru, ancora oi su percursu de su bilinguismu no est cumentzau: ancora no teneus testus po is iscolas, ni sussidiarius, ni librus de ligidura, ni ditzionarius, ni antologias de sa literadura in sardu. Sa lei 482/99 (lei natzionali castiai beni!) est in totu disaplicada, su sardu no s'imperat in is istitutzionis cumenti s'italianu, e is sardus, finas bolendi, no podint studiai in iscola sa lingua insoru a su paris de is ateras materias.
E puru oi scieus beni ca anca si imparat sa lingua locali sa dispersioni scolastica est prus bascia, ca is pipius chi fueddant italianu e sardu imparant prima a ligi, si cuncentrant mellus, arresolvint prus beni problemas cumplessus, imparant prus a lestru s'inglesu. Totu is istudius medicus cuncordant in custu sensu.
Scieus beni ca su monolinguismu italianu est foras de custu tempus, e ca prima cumentzaus a praticai su multilinguismu e mellus est. E scieus fintzas ca un politica linguistica beni imperada potentziat sa atrativa turistica e ca donat orgogliu e dinnidadi a su populu chi nd'est meri. E scieus, ca donnia populu tenit deretu de connosci e studiai sa lingua sua: ddua narat sa lei sarda 26/97, ddu narat sa lei italiana 482/99, ddu narat sa carta europea de is linguas minoritarias e regionalis firmada de s'Italia in su 2000.
Ma is datus sunt dramaticus: a fronti de una percentuali de antzinus fueddantis superiori a su 80% is pipius no chistionant prus su sardu chi no in paghissimus tretus. Custu bolit nai ca sa lingua, su monumentu prus grandiosu chi sa storia de cust'isula at creau, pustis muli annus de vida, at perdiu sa capatzidadi de s'arreprodusi, i est morendi in is manus nostras. No est fortzis un emergentzia custa?
Su patrimoniu imateriali de sa Sardinia est imensu. Nisciuna regioni de s'Italia si podit ponni a paragoni. Is launeddas sunt su strumentu polifonicu prus antigamenti documentau in su mundu e, prus e prus, sa musica de is sonus de canna est una meravilla de s'arti chi no tenit tempus e vantat unu linguatzu cumplessu, arricu, sublimi e unicu. Su cantu de is pastoris sardus, cussu chi nant cantu a tenore o cantu a basciu e contra, est s'unicu esempru de boxi difonica struturada de manera armonica. Nisciuna atera tzivilidadi in su mundu est bona a produci unu cantu che a custu. Sa poesia de is improvisadoris sardus bantat una arrichesa de sistemas metricus e de struturas chi tenit ogualis. Est difundia e stimada in totu is tretus de s'isula i est fonti de produzioni literaria in lingua sarda prus sa produtiva e fecunda. Su cantu logudoresu a ghitarra e is cantus polifonicus de sa cida santa sunt, chen'e duda peruna, espressionis de livellu artisticu altissimu.
Totu custu patrimoniu, monumentu imateriali de sa tzivilidadi e de sa storia sarda, est perdendisì po mancantzia de strumentus de defentza e po inniorantzia: est a nai, poita ca is istitutzionis no iscint ca custas artis s'agatant e, prus e prus, no ant cumprendiu cantu balint. Est una pretzisa responsabilidadi nostra cussa de ddas amparai: poita ca chi sa musica lirica o jazz si perdint in Sardinia, nei at essiri calancunu ateru stadu in su mundu chi ddas defendit e ddis donat vida. Ma chi no protegeus nosu su cantu a tenore, o sa poesia de is cantadoris, o is launeddas, custas'ant a morri po sempiri, e nisciunu ateru populu de su mundu ddas at a podi sarbai foras chi ddu fetzaus nos'e totu. Depeus intendi totu su pesu de custa responsabilidadi chi, in cantu membrus de custu parlamentu, nos ant intregau e nos si seus pigaus.
Presidenti, nosu, arrubiumorus e soberanistas, emus a bolli chi custus cinc'annus benidoris fessint annus de rinascita economica, sotziali ma finas culturali e artistica. Chi is fillus nostrus imparint totus a chistionai s'ingiesu currentementi, ma finas chi potzant studiai sa literadura sarda in iscola, chi dd'olint fai; chi is laureaus lompant a essiri a su mancu unu donnia tres, cumenti in is stadus europeus prus avantzaus (e no prus unu donnis ses), ma chi connosciant finas sa storia de is nuraxis, coment'e a cussa de is romanus, e cussa de is giudicaus, cument'e cussa de is piemontesus. Chi in is teatrus si sigat a ascurtai sa musica jazz, sinfonica e lirica, ma finas chi nei siant scolas, anchivius e scenarius, cun sa propriu dinnidadi e su propriu prestigiu, arreservaus a sa grandu musica de sa tradizioni nostra.
Nosu emus a bolli chi in custus annus benidoris sa ripresa economica, sa aministratzioni prus sintzilla i eficienti, sa sistemazioni de is infrastruturas, bengat impari cun su rinascimentu culturali, cun un'istintu a tenni cura de is patrimonius, materialis e imaterialis chi sa storia e sa naturalesa s'ant arregalau, cun una artiva cuscientzia de populu, e cun su bisu de una Sardinia noa, prus forti, prus sana, prus bella e prus sarda.
Poita ca s'omini tenit fammi de bellesa, de emotzionis e de sentimentus cantu tenit abisongiu de traballu, de dinai e de su pani donnia dì. E poita ca sa storia, sa lingua, sa musica, s'architettura, sa poesia e is traditzionis ant fatu de sa genti sarda unu populu e una natzioni. E nosu est a serbitziu de custa natzioni chi seus innoi.
Bonu traballu a totus e chi deus nos'agiudit.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Stefano Tunis. Ne ha facoltà.
TUNIS STEFANO (FI). Presidente, colleghi, ho letto con attenzione le dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru con la speranza che questa lettura mi suggerisse un'impressione diversa da quella che l'immediatezza della lettura mi aveva regalato. In realtà un'analisi approfondita, una lettura attenta anche delle singole parole ha purtroppo confermato la sensazione iniziale che la stessa fosse vagamente superficiale, che fosse basata su un'analisi non attenta di tutti i temi che è andata a toccare, ma soprattutto carente dal punto di vista della trattazione di alcuni temi essenziali e vitali.
Ho raccolto con attenzione e condivido lo spirito che si possa trovare all'interno di questo Consiglio una profonda pulsione innovatrice. Ci sono tanti giovani, ci sono tante persone alla prima esperienza consiliare e credo che qui non ci sia neppure bisogno di invocare l'attenzione e l'aiuto di questo Consiglio perché questo, per l'alta responsabilità istituzionale che ci è data, è dovuto a questa Presidenza, è dovuto a questa Giunta, è dovuto soprattutto a tutti quanti i cittadini sardi.
Veda, Presidente, durante la recente campagna elettorale così breve, così poco ricca di contenuti, in alcuni momenti lei ha rassicurato anche noi che la stavamo osteggiando, quando ha detto: "Sappiamo esattamente cosa fare e lo faremo". Dall'analisi delle dichiarazioni programmatiche, Presidente, questo non appare; non appare perché la cosa che sembra contraddistinguerle di più è il fatto che si vuole marcare una differenza sostanziale tra la militanza e l'expertise. Voi rivendicate dalla vostra parte le capacità, le competenze e quasi mettete da parte in un ghetto l'appartenenza, la militanza. Ecco, Presidente, questo è uno dei primi punti dai quali voglio partire. Voglio partire da questo perché nella militanza ci sono sensibilità, ci sono esperienze, ci sono competenze che sono assolutamente in grado di dare risposte ai sardi. È assolutamente in grado di risolvere problemi concreti chi ha militato in un partito, chi ha militato in un consiglio comunale, mentre, soprattutto per la composizione della Giunta, sembrerebbe che si stia andando a cercare la soluzione dove spesso, invece, si sono creati i problemi. L'enorme quantità di risorse che ha avuto il mondo accademico sardo, soprattutto negli ultimi cinque anni, forse come in nessun altro periodo della storia di questi atenei, non ha rispondenza nella qualità del prodotto universitario. Lei mi insegna, Professore, che il Master and Back nasce perché l'Università sarda per qualità è la penultima in Europa. E questa enorme capacità non la si ravvisa quasi in nessun punto, se non nel fatto che si vanno a cercare le esperienze e le competenze proprio lì dove probabilmente sono state più carenti. Ora, Presidente, in questa circostanza noi ci troviamo tutti assieme con la stessa energia e lo stesso obiettivo, quello di risolvere i problemi concreti. Questi problemi concreti però vanno affrontati e approfonditi uno per uno.
Faccio fatica a non notare che rivendica per la sua amministrazione il desiderio di essere distante dalla gestione, di essere distante dalle pulsioni amministrative per rimanere sull'indirizzo politico, che è quello proprio. Nella realtà dei fatti, però, noi verifichiamo tutta una serie di atteggiamenti che vanno contro questo. Lo abbiamo visto nel momento in cui da una parte lei ha invocato una sanità sarda indipendente, dall'altra è stato recapitato tempestivamente ai direttori generali delle ASL un documento nel quale li si invita a svolgere esclusivamente l'ordinaria amministrazione. Posta l'assoluta inconsistenza giuridica di un documento di questo tipo, che non rientra nella differenza tra competenze amministrative e di indirizzo politico, così come declamate dall'articolo 8 della "31", è comprensibile che la Giunta regionale nella sua azione di indirizzo voglia anche avere a che fare con la gestione, ma non richiamando punti che sono già, per loro natura e per le loro caratteristiche, di ordine pattizio tra la parte amministrativa e la parte politica.
In questo momento voglio fare una sorta di apertura di credito alla Giunta da questo punto di vista, non la voglio considerare proprio una pulsione gestionale, ma soltanto la necessità di entrare nel merito delle questioni, però occorre anche dire che l'analisi che è stata fatta, cioè quella che ha sostanzialmente sovrapposto la vostra visione macroeconomica e la vostra ricetta finanziaria a tutta l'azione della Giunta di centrodestra della scorsa legislatura non fa altro che regalarci un quadro sostanzialmente identico dal punto di vista delle azioni possibili. Nonostante questo, in varie fasi, soprattutto quando parla di formazione professionale, quando parla di Youth Guarantee, lo spettro che si vogliano risolvere antichi problemi come quello della "42" e del personale della formazione professionale, oppure il vecchio problema dell'inquadramento del personale dei CSL appare come uno spettro, uno spettro concreto. Se infatti è vero - come dice lei - che noi dobbiamo contribuire al risanamento del bilancio dello Stato, è anche vero che non si può continuare, come nelle migliori tradizioni delle amministrazioni di centrosinistra, a stabilizzare un'enorme quantità di persone. Di conseguenza, il principio che io mi aspetto che questa Giunta affermi, subito e in maniera chiara, è che si viene a far parte dell'amministrazione regionale attraverso un concorso, non attraverso espedienti, non attraverso soluzioni pasticciate attribuibili alla vostra precedente Giunta regionale, come la legge numero 42.
Questo ci attendiamo che questa Giunta non lo faccia, mentre ci attendiamo che ricalchi le migliori esperienze che si sono svolte negli ultimi cinque anni per acquisirle come buone pratiche, perché, Presidente, prima di giudicare quello che hanno fatto gli altri occorrerebbe dimostrare di essere in grado di fare altrettanto, e ne manca, Presidente! Se andiamo ad analizzare, la parola "agricoltura" in tutte le vostre dichiarazioni programmatiche compare due sole volte: la prima volta per indicare l'importanza del paesaggio rispetto alla produzione agricola, non l'ho capita, devo ammetterlo; la seconda volta per dire che l'agricoltura non è un tema che si possa approfondire in questo momento e in questa sede, e lo posso comprendere. Troviamo i momenti per approfondirlo, ma l'agricoltura, lo posso garantire, ha bisogno di acqua, ha bisogno di asset, ha bisogno di produzione. Dopo, forse, ha bisogno di paesaggio.
In questo momento esiste la necessità di affrontare problemi che hanno una concretezza vitale, e leggendo la vostra visione del sistema energia della Sardegna mi riesce difficile pensare che si torni immediatamente indietro, a oltre cinque anni fa, quando sulla base del sogno del Galsi sono stati impegnati oltre 200 milioni di euro di risorse regionali per innervare la Sardegna di bacini, che peraltro adesso voi volete portare a termine, e che in questo momento non hanno utenza. In tutta la tradizione economica la produzione della rete, l'investimento infrastrutturale è in capo a chi vende il gas. In Sardegna, sulla base del sogno del Galsi, noi abbiamo regalato al futuro gestore una rete perfettamente efficiente, soprattutto se riterrete di completarla. Su questo, Presidente, noi vorremmo un confronto e lo vorremmo aspro, se dovesse essere necessario. Però è anche vero che le raccomandazioni dell'Unione europea, che voi in alcuni aspetti invocate, portano anche il fatto che dove ci sono risorse naturali queste devono essere estratte e utilizzate. Mi spiace che tra le varie opzioni la possibilità estrattiva non sia comparsa all'interno delle vostre dichiarazioni programmatiche.
Dobbiamo andare avanti perché non è soltanto su questo che dobbiamo focalizzare la nostra attenzione; il mondo del lavoro richiede interventi, interventi urgenti, ma il povero Marco Biagi ci insegnava che non esiste nessuna forma di flessibilità in grado di aumentare l'occupazione in assenza di una curva economica crescente. Di conseguenza la nostra prima esigenza deve essere quella di far crescere l'economia. Tutto il resto appare semplicemente la tendina dietro cui nascondere l'incorporamento all'interno della Regione di altre centinaia di risorse.
Ecco, Presidente, su questo noi ci vogliamo confrontare, sulla concretezza dei temi. Lei ha parlato di bonifiche e di questi fantomatici 150 milioni, che sono una cifra risibile rispetto all'esigenza di bonifica della Sardegna. Ma chi tratta di bonifiche sa bene, Presidente, che non si può approcciare il tema in assenza di una strategia in materia di gestione dei rifiuti, tema altrettanto assente dalle dichiarazioni programmatiche.
Ecco, Presidente, mi piacerà in un altro momento sapere cosa ne pensa questa Giunta, cosa ne pensa lei, cosa ne pensa questo Consiglio della conservazione, della protezione ed eventualmente dell'implementazione dei nostri asset industriali, perché a loro si deve non soltanto lo sviluppo economico degli ultimi decenni, ma soprattutto la grande crescita della cultura del lavoro che abbiamo avuto negli ultimi anni. Non ho sentito una parola in materia di concertazione, di confronto con i sindacati.
Presidente, io accolgo queste dichiarazioni programmatiche con il buon senso di chi dice che non ci poteva stare tutto, ma solo una traccia, un'indicazione. Sappia, però, che tutto quello su cui ci confronteremo, con la lealtà che ci contraddistingue, sarà oggetto di analisi puntigliosa e di serrata battaglia.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salvatore Demontis. Ne ha facoltà.
DEMONTIS SALVATORE (PD). Grazie, Presidente. Presidente Pigliaru, le sue linee di mandato ieri mi hanno emozionato, perché lei ha detto esattamente ciò che io speravo dicesse. Non lo affermo per piaggeria, ma perché in molti dei miei interventi ho sostenuto esattamente molti dei punti che lei ha trattato ieri.
Lei ha fatto riferimento alla necessità di riconquistare la fiducia dei cittadini, e ha perfettamente ragione, la fiducia dei cittadini italiani nella classe dirigente in generale, ma nella classe politica in particolare è la più bassa degli ultimi vent'anni, probabilmente la più bassa in Europa. Occorrerebbe risalire al tempo di Tangentopoli per ritrovare un tasso di fiducia così basso. I cittadini non vogliono più concederci deleghe in bianco né deleghe di mandato, io credo neppure deleghe annuali, probabilmente le deleghe sarebbero virtualmente infrannuali. Allora, noi dobbiamo trovare, come lei diceva ieri, un nuovo rapporto fra la politica e il cittadino. Credo che questo nuovo rapporto debba basarsi principalmente su quattro assi da lei citati, come dire, diversamente da come faccio io: la rendicontazione, la trasparenza totale, l'open data, l'esempio della politica, quindi la politica del buon esempio, e un modello di governance orizzontale.
Quando parlo di rendicontazione parlo della capacità di rendere conto delle proprie azioni. Mi riferisco al termine anglosassone accountability: chi rende conto di quel che fa è credibile, e la politica ha bisogno di recuperare credibilità. Dobbiamo quindi rendicontare, ma la politica non è abituata a farlo; dobbiamo rendicontare con la stessa cadenza di quella delega virtuale che i cittadini vorrebbero darci. Se occorre rendicontare ogni sei mesi, rendiconteremo ogni sei mesi. Io ci credo talmente tanto che nella mia campagna elettorale ho messo per iscritto che ogni sei mesi avrei rendicontato su tutto il territorio che mi ha eletto.
Lei poi ha parlato di open data. Io, come dicevo, voglio una Sardegna trasparente, nella quale le pubbliche amministrazioni favoriscano il controllo, da parte della collettività, del buon andamento e dell'imparzialità delle stesse pubbliche amministrazioni. La pubblica amministrazione deve rendere disponibile in rete tutte le informazioni su file in formato utilizzabile da chiunque, consultabile, aggiornato. Il che non significa fornire mille informazioni, perché troppe informazioni sono nessuna informazione. Presidente, io trovo quella dell'open data, che per altri può apparire banale, un'idea rivoluzionaria, perché ribalta il rapporto politica-cittadino. Consente al cittadino il controllo sull'operato complessivo della pubblica amministrazione non più attraverso l'accesso agli atti. Sono tendenze e linee internazionali, vengono anche dal presidente Obama, e tendono a favorire la partecipazione consapevole dei cittadini ai processi decisionali della pubblica amministrazione, a formare collettività che, come dire, non solo chiedano il cambiamento, ma siano aperte e protagoniste del cambiamento. Peraltro, l'open data ha un risvolto etico che non è di secondo momento: dove c'è trasparenza c'è minore corruzione e maggiore integrità, e per integrità non si intende ciò che non ha rilevanza penale, ma ciò che è eticamente opportuno. Per me integrità significa svolgere con onore e decoro il proprio lavoro; ad esempio, significa una pubblica amministrazione al servizio del cittadino e non il contrario.
Sono talmente convinto del principio dell'open data che anche in campagna elettorale ho aperto - io non sono nella pubblica amministrazione evidentemente, sono un candidato - sul mio profilo Facebook un album che si chiama appunto open data, trasparenza totale, nel quale ho dichiarato tutti i miei dati patrimoniali, quelli dei miei genitori e dei miei parenti fino al secondo grado, tutti certificati e a disposizione sul mio conto. Insomma chiunque voglia sapere chi sono, cosa faccio e cosa fanno i miei parenti fino al secondo grado può accedere al mio profilo Facebook.
Lei, Presidente, ha parlato di buon esempio della politica, che io considero come terzo asse, ma non in ordine di importanza, nel nuovo rapporto politica-cittadino. Ho avuto la fortuna di ascoltare un intervento di Oscar Farinetti, alla Leopolda, a Firenze; un intervento bellissimo, che mi ha emozionato molto e che ripropongo spesso. Oscar Farinetti diceva questo: "Come facciamo a far ripartire l'Italia? Lo facciamo ricreando una coscienza civica? Secondo me è così, ricreando una coscienza civica. Allora se la mission è ricreare una coscienza civica, quali sono le azioni, qual è il progetto, qual è la strategia? Io ho osservato che nelle famiglie dove i genitori si comportano bene spesso i figli si comportano bene; nelle aziende dove i dirigenti si comportano bene spesso i dipendenti si comportano bene; nelle amministrazioni dove la politica si comporta bene spesso i cittadini si comportano bene. E quindi se la mission è ricreare una coscienza civica il progetto è quello del buon esempio". E in che modo si dà il buon esempio? Riducendo le indennità, eliminando una delle due camere del Parlamento, abolendo le province, e potrei continuare. Tutto questo sotto l'aspetto dell'ordine di grandezza incide sulla nostra economia? Ma certo che non incide, ma è un buon esempio. E Farinetti diceva a Renzi che lo ascoltava: "È la prima riforma che devi fare". La riforma che viene prima dell'agroalimentare, prima del turismo, prima del cuneo fiscale, è quella del buon esempio ed è quello che sta succedendo se si va a vedere la politica del Presidente del Consiglio in questo momento.
Il quarto asse, dicevo, ma lo ha detto prima di me lei, Presidente, e in maniera molto più autorevole, è la governance orizzontale. Governance orizzontale significa che occorre negoziare con gli stakeholder e con i cittadini i sacrifici socioeconomici da affrontare per conquistare i benefici socioeconomici che si ritiene, tutti insieme evidentemente, di dover raggiungere. Le sto chiedendo di aggiungere ai tre principi citati, efficienza, efficacia ed economicità, un quarto principio, che è quello dell'economicità sociale, che va ben oltre il concetto di economicità. E' evidente che dobbiamo valutare le polis, dobbiamo valutare gli effetti delle politiche pubbliche sia ex ante, più difficile, sia ex post, più semplice, ma nemmeno questo si faceva. Quell'investimento è finito dove doveva finire oppure no? E' finito dove serviva di più oppure no? E' finito dove c'era più bisogno oppure no? E quell'investimento ha ottenuto dei miglioramenti, o meglio i miglioramenti sono attribuibili a quell'investimento oppure no? E che cosa sarebbe accaduto se quell'investimento non ci fosse stato? Anche questo punto, anche questo aspetto, secondo me, dovremmo esplorare, dovremmo cioè anche cercare di capire che cosa sarebbe accaduto se quell'investimento non ci fosse stato.
Arrivo alla situazione economica, devo illustrare brevemente il contesto del quale faccio un'analisi, altrimenti non riesco a motivarla. Intanto la situazione internazionale, secondo me, è questa: c'è una classe dominante sovranazionale che è finanziaria, tant'è che l'aspetto finanziario prevale sull'aspetto sociale, gli Stati investono miliardi di euro in derivati, milioni sul sociale, 10 alla nona e 10 alla sesta, stiamo parlando di un ordine di grandezza anche qui completamente diverso, miliardi e milioni, mille volte di più i miliardi evidentemente. Ma non lo dico perché mi auguro che le azioni collettive anche per questo portino la politica a ribaltare le cose, ma soprattutto perché in questa situazione è difficile davvero capire che cosa si deciderà a Cagliari, cosa si deciderà a Roma, cosa si deciderà a Bruxelles o chissà dove, questo io non lo so. Lei poi ha fatto riferimento alla crisi economica. La crisi economica che certamente è una crisi strutturale, è una crisi etica, non ho dubbi su questo, ho qualche dubbio che sia una crisi finanziaria perché le banche i bilanci se li sono ripuliti, quindi la liquidità c'è e se li sono ripuliti con i fondi europei, ma certamente non è una crisi mondiale, semmai è una crisi di riposizionamento mondiale, è una crisi che riguarda l'Europa e gli Stati Uniti d'America, è una crisi che riguarda noi, è una di quelle crisi che un tempo si risolvevano con le guerre, oggi per fortuna non è più così.
Tutto questo per dirle, Presidente, che il contesto rende difficile capire cosa succederà domani. È come se fossimo avvolti dalla nebbia, è difficile capire cosa succede subito dopo, allora anziché guardare ad altezza d'uomo, occorre elevarsi e guardare dall'alto per avere una visione, perché credo che in questo momento se non si ha visione non si riesce a disegnare un modello di sviluppo. Lo dico perché, secondo me, lei questa visione ce l'ha, Presidente. È facile diventare dei buoni amministratori, basta studiare, magari molto, però lo si diventa, avere una visione è una cosa diversa. Secondo me, la visione la si aveva e molto chiara nel 2004, quando era più difficile parlare di economia in termini di istruzione e di ambiente. Nel 2004 non eravamo pronti al cambiamento probabilmente, oggi dobbiamo essere pronti al cambiamento, non dobbiamo opporre inerzia al cambiamento, dobbiamo favorire il cambiamento.
Presidente, le dico sinceramente che non mi sarei candidato se il centrosinistra non avesse proposto un presidente di cambiamento, una coalizione di cambiamento e un programma di cambiamento. Così è stato e leggendo le sue dichiarazioni sono convinto d'aver fatto bene a candidarmi.
Qual è la situazione sarda in particolare? Siamo nel post Piano di rinascita, e il Piano di rinascita, secondo me, non è fallito, lo voglio dire molto chiaramente. La Sardegna non sarebbe quella che è oggi senza quel Piano di rinascita; si è esaurito, dopo quarant'anni qualunque modello si esaurisce evidentemente, però occorreva accorgersene prima che quel modello si stava esaurendo, perché adesso è tardi probabilmente. A Porto Torres, non per fare riferimento al mio collegio, l'industria è finita, certo c'è Matrica, ma Matrica è un'altra cosa, non è l'industria alla quale eravamo abituati, non che voglia difendere quel tipo di industria evidentemente. E comunque io credo che nel modello di sviluppo ci voglia comunque un po' di industria, non riesco a immaginare un modello di sviluppo senza un po' di industria. Peraltro c'è una situazione tale, in quella zona, per cui certe aree sono così compromesse che non esistono, o almeno non per quanto ne conosca io, bonifiche che possano riportarle alla situazione originaria, per cui in quelle aree io non vedo altro destino che l'industria.
Vengo all'istruzione, Presidente. Credere nell'istruzione significa parlare di Sardegna come l'isola dei saperi tradizionali e tecnologici, ma significa soprattutto, come diceva lei, consentire di studiare anche ai ragazzi che non ne hanno le possibilità economiche. In campagna elettorale mi ha avvicinato uno studente universitario e mi ha detto: "Ma tu sai che in questo momento di crisi stanno aumentando e di molto i beneficiari delle borse di studio, siano essi assegnatari o no e invece non aumentano le borse di studio?". Per un attimo ci ho ragionato: è chiaro che stanno aumentando i beneficiari perché sta diminuendo il reddito, le borse di studio sono assegnate in base al merito e al modello ISEE. Ma è possibile che in un momento nel quale diminuisce il reddito e quindi ci sono molti più ragazzi che hanno necessità della borsa di studio la Regione non pensi a investire in borse di studio? Questo vuol dire credere nell'istruzione, non parlarne e basta; credere nell'istruzione vuol dire prima di tutto questo e lei lo ha detto molto bene, significa aiutare principalmente chi ha difficoltà a portare avanti gli studi. C'è un esempio che mi piace molto e che cita una persona alla quale sono molto affezionato: in un campo arido una goccia non serve a niente, dieci gocce non servono a niente, se inizia a piovere cresce l'erba. Questo è il significato del modello di sviluppo sull'istruzione, secondo me.
E ancora sull'ambiente voglio utilizzare una frase per essere chiaro: l'ambiente è valorizzazione, verbo essere non congiunzione! La tutela dell'ambiente per me è valorizzazione economica. Quando si parla di valorizzazione in genere si parla di edilizia, di costruzione, di consumo del suolo. No! L'approccio è diverso: l'ambiente è valorizzazione!
Consigliere Orrù, poiché veniamo entrambi dallo stesso collegio, le voglio raccontare com'è l'agro antropizzato del comune di Sassari, così forse ci capiamo meglio. Sino alla legge di salvaguardia, quindi fino al PPR, nel comune di Sassari, così come in tutta la Sardegna, evidentemente perché la normativa sovraordinata lo consentiva, si potevano costruire residenze in agro, certamente connesse alla conduzione del fondo, ma non era necessario essere imprenditore agricolo a titolo principale. Bene, nel nostro comune sino alla norma di salvaguardia…
PRESIDENTE. Consigliere Demontis, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Marco Tedde. Ne ha facoltà.
TEDDE MARCO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente della Regione, ricambio gli auguri di buon lavoro che il Presidente ci ha fatto ieri. È un momento sicuramente difficile per l'economia della Sardegna e per la società tutta e tutti insieme dobbiamo impegnarci per sciogliere i nodi che impediscono lo sviluppo della nostra isola e creano stagnazione. L'impegno nostro, l'impegno dell'opposizione, è quello di lavorare, seppure da posizioni diverse, per far uscire la Sardegna dalla crisi, per migliorare la qualità della vita dei sardi, per dare servizi ai nostri cittadini, per disegnare la Sardegna delle future generazioni.
Presidente, alcuni passaggi delle sue dichiarazioni sono del tutto condivisibili, innanzitutto quando rivolge il suo pensiero alle vittime dell'alluvione di novembre, quando si propone di prestare attenzione alle fasce deboli e disagiate e ancora quando identifica la politica come servizio alla comunità, e io aggiungerei anche come progetto per una Sardegna migliore. Per il resto debbo dire, mio malgrado, che le sue dichiarazioni sono purtroppo intrise di luoghi comuni. Sono dense di analisi, prive però di tesi. Le aspettative, debbo dire, erano diverse: da un cattedratico eminente e da politico di grande prestigio, quale lei è, ci aspettavamo delle dichiarazioni programmatiche piene di contenuti, invece le sue dichiarazioni sono limitate a delle analisi, non sempre approfondite, sui temi fondamentali. Per esempio, non c'è la prospettazione di obiettivi strategici e tanto meno la prospettazione di strumenti tattici per conseguirli. Analisi ovvie e scontate, non capiamo come lei, come la sua Giunta, come la coalizione che comunque l'ha sostenuto, voglia risolvere assieme a noi i problemi della Sardegna.
Qualche esempio: lei dice che vogliamo una Regione riformata e fa menzione di due leggi vecchissime sulle quali si basa l'organizzazione della Regione. Sostiene di volerle modificare e, giustamente, noi siamo al suo fianco, però le debbo anche dire che mi lascia perplesso il fatto che soltanto oggi lei si accorga che l'organizzazione della Regione è basata su quelle norme, considerato che è stato un importantissimo Assessore della Giunta di centrosinistra di qualche anno fa. Ancora: dice che vogliamo una Regione trasparente, certo, ma come la vogliamo rendere trasparente? Lei prospetta un tavolo di consultazione delle parti economiche e sociali e dei cittadini, che è il tavolo che si individua quando non si conoscono le soluzioni dei problemi e non si hanno le idee del tutto chiare. Vogliamo una Regione più semplice, ma come la vogliamo rendere più semplice? Non ci sono proposte! I problemi delle province, poi, sono veramente una perla. Lei dice che le funzioni vanno ripensate nel contesto, in rapida evoluzione, che valuteremo nei prossimi giorni con la massima attenzione. Traduzione dal politichese alla lingua italiana: non sappiamo cosa fare!
Il suo, signor Presidente, lo dico con rammarico, è un approccio quasi "grillino" ai problemi, parla di inadeguatezza delle infrastrutture. Certo sappiamo che le nostre infrastrutture sono inadeguate, ma come superiamo questo handicap? Dove vuole individuare le risorse? Quali sono le priorità? Nell'ammodernamento delle infrastrutture o nella realizzazione di altre infrastrutture? Non l'abbiamo sentito. Parla di una sanità più vicine ai cittadini, che è uno slogan che viene usato a destra sinistra e al centro, ma non ci spiega come la vuole avvicinare ai cittadini.
Quindi si tratta di dichiarazioni carenti, reticenti, soprattutto sui grandi temi. Peraltro ci rinvia al programma, quindi dichiarazioni per relationem. Credo che le dichiarazioni programmatiche si rivolgano ai consiglieri, al Consiglio regionale, mentre il programma si rivolge alla comunità sarda. Se lei ci avesse detto, fin dall'origine, che avremmo potuto leggere il programma per capire le dichiarazioni programmatiche non avremmo perso tempo.
Sulla continuità territoriale, sia col continente che interna, non abbiamo sentito cenni significativi; gli unici cenni sono nebulosi. Sulla continuità aerea parla del solito tavolo di confronto per analizzare la continuità territoriale numero 2, la CT2, su quella interna nulla! Sul low cost non ci dice come intende superare i vincoli in tema di aiuti di Stato posti dalla Comunità europea, non ci dice come vuole superare la legge numero 10 del 2010, nonostante abbia al suo fianco un eccellente Assessore dei trasporti.
Sul turismo non ha fatto un cenno, non sappiamo quali siano le azioni che vuole mettere in campo per la crescita del comparto. Non ci dice quali sono le azioni che lei vuole mettere sul tavolo per incrementare la promozione, per migliorare la promozione di questo territorio, non ce lo dice, non lo sappiamo, noi vorremmo saperlo, vorremmo capirlo! Tutto questo nonostante abbia al suo fianco un ottimo Assessore del turismo, appassionato, competente e con la vista molto lunga.
Agricoltura e agroalimentare: non pervenute, così come ha fatto notare qualche collega che mi ha preceduto. Non un cenno, nonostante il suo Assessore sia un esponente di spicco di un'importante associazione dell'impresa agricola.
Sull'impresa pochi cenni, laconici cenni. Avremmo gradito sentir parlare di sostegno alle imprese, di semplificazione, di sburocratizzazione nel modo più puntuale, di riduzione del carico fiscale, ma non abbiamo sentito nulla al riguardo, Presidente, e ci dispiace.
Sul Piano paesaggistico regionale e sul Piano paesaggistico dei sardi, che sono in qualche modo collegati, avremmo gradito qualche cenno di chiarezza. Lei parla del PPR come di uno strumento da aggiornare. Noi riteniamo che il termine "aggiornamento" nasconda invece ben altre censure, perché è evidente che il PPR, che è stato comunque soppiantato dal PPS, non funzionava, era pieno di errori macroscopici, impediva ai comuni di aggiornare il PUC, di adeguarlo al PPR, cosa che è accaduta soltanto per 8 comuni su 377, e questo fatto è stato sottolineato anche dal Presidente del Consiglio, che purtroppo e suo malgrado ha dovuto affrontare questi legacci del PPR.
Su cultura e identità, che sono dei capisaldi della nostra comunità, tant'è che la ricchezza culturale e identitaria dei sardi e della Sardegna è proverbiale, non abbiamo sentito alcun cenno dal Presidente, ed è gravissimo.
Presidente Pigliaru, io sono fortemente preoccupato e lo sono ancora di più perché lei sostiene di avere molta fiducia in una maggioranza che eufemisticamente definisce composita. Io la definirei un fulgido esempio di una sorta di neo sincretismo politico, perché lei è riuscito in una bellissima operazione: mettere assieme pensieri e volontà politiche del tutto differenti, eterogenee, a volte contraddittorie. E'stata una bellissima operazione elettorale, ma non politica. Sarà una maggioranza difficile da gestire.
Credo che l'orizzonte non sia del tutto luminoso, nonostante tutto, signor Presidente, rivolgo un sentito "in bocca al lupo" a lei, a questo Consiglio, alla Giunta, ma soprattutto ai sardi. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Francesco Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI FRANCESCO (PD). Presidente Ganau, presidente Pigliaru, Assessori, colleghe e colleghi, al contrario di quanto sostenuto nelle dichiarazioni rese da esponenti politici di centrodestra stamani e negli interventi svolti dai colleghi della coalizione di minoranza, io ho capito benissimo quello che il Presidente della Regione ha voluto qui presentare attraverso le dichiarazioni programmatiche. Ho capito qual è l'idea, qual è il progetto, il nostro progetto, il nostro programma, che è appunto il programma presentato da lei in coerenza con il programma che abbiamo presentato agli elettori e che, lo voglio ricordare, espliciteremo nei dettagli nel Programma regionale di sviluppo, che non è uno strumento presentato ai sardi, ma uno strumento operativo dell'amministrazione regionale, del Governo della Regione, che viene presentato al Consiglio, esaminato in terza Commissione e trasmesso a ogni Commissione per il parere di competenza. In quella occasione espliciteremo nei particolari l'azione di governo, così come noi intendiamo impostarla.
Presidente, io condivido pienamente l'idea che solo attraverso una forte azione riformatrice noi possiamo rilanciare l'economia, possiamo rilanciare la nostra Sardegna, risollevarla dallo stato in cui ci è stata consegnata dal Governo di centrodestra. E la situazione di gravità in cui versa la Sardegna è stata esposta persino dai colleghi del centrodestra: a tutti i livelli, in tutti i comparti è una situazione disastrosa, per cui ci aspetta un lavoro enorme, fortemente impegnativo. Solo attraverso un grande progetto di riforma noi possiamo rilanciare la nostra isola e le riforme sono nel nostro DNA, appartengono ai partiti riformisti, alla nostra coalizione, fanno parte della nostra natura e quindi ci impegniamo ad accettare questa grande sfida.
Certamente non siamo riusciti fino adesso a mettere in piedi questo grande progetto di riforma, perché siamo inadeguati, perché c'è un'inadeguatezza culturale e un'inadeguatezza politica. Leopardi amava ripetere: "L'Italia manca di dimensione interiore e di classe dirigente". Un collega del centrodestra, Franco Meloni, ripeteva: "La nostra difficoltà e spesso il malfunzionamento della nostra macchina amministrativa dipendono da questa grande carenza". Questa frase interpella ciascuno di noi, interpella la classe politica, interpella anche chi insegna all'Università, che dovrebbe impegnarsi pesantemente nel formare una classe dirigente all'altezza, perché questa serve ad attuare un progetto di riforma serio.
La nostra economia va a traino. Tutti gli anni leggiamo i rapporti economici della Banca d'Italia, del CRENOS e quelli che ci offrono le associazioni di categoria nella speranza di trovare qualche segnale di novità, qualche segnale che indichi che l'economia sarda è in rilancio, guarda al futuro, ridà speranza, ma puntualmente siamo di fronte a una stagnazione, anzi a un'economia regionale fortemente condizionata dall'economia nazionale ed europea. Noi cresciamo, i nostri principali indicatori economici crescono di qualche punto decimale se l'Italia cresce di qualche punto e, al contrario, se l'Italia decresce di qualche decimale noi decresciamo di qualche punto. E in questo momento, per l'incapacità dimostrata dal centrodestra nel governare in cinque anni questa Regione, siamo al di sotto, mentre solitamente ci trovavamo al di sopra, delle Regioni meridionali. Oggi le nostre performance economiche sono agli ultimi posti in Italia.
Domenica scorsa il fondo di Eugenio Scalfari riportava una frase famosa di Guido Carli: "Dobbiamo liberarci dei lacci e lacciuoli che bloccano la nostra economia". E da dove dobbiamo partire per rilanciare l'economia se non da una revisione della nostra burocrazia, da una riforma della nostra burocrazia, così come bene ha detto il Presidente nelle sue dichiarazioni programmatiche? Presidente, io sono d'accordo, dobbiamo premiare il merito, dobbiamo premiare i tanti funzionari che hanno voglia di lavorare e che fanno bene nella nostra Regione, dobbiamo costituire i tavoli per semplificare le procedure, ma credo che noi dobbiamo andare oltre. Vede, nella nostra Regione, e lo dico dopo dieci anni di esperienza in questo Consiglio regionale, è presente una fitta rete di rapporti, una interconnessione che coinvolge parte della burocrazia, parte della politica, parte della finanza privata, che si mette insieme non certamente per perseguire gli interessi generali della Sardegna, non per guardare all'attenzione dei più deboli in questa Sardegna, non per guardare alle imprese che non ce la fanno, ma per rispondere a interessi propri. Allora va bene la semplificazione, va bene premiare i nostri funzionari, ma noi dobbiamo scardinare un sistema che è un cancro per la nostra Regione e non ci consente di fare quel salto di qualità che è fondamentale per rilanciare la nostra economia. Bisogna capire, e lo voglio dire anche ai nuovi Assessori, che la politica ha sempre il primato. In questi anni ho visto troppe volte Assessori di centrodestra e di centrosinistra soccombere alla burocrazia, farsi dettare le regole dai direttori generali, dai funzionari. La politica ha il primato, siamo noi che diamo le regole e l'amministrazione regionale deve aiutarci a perseguire gli obiettivi che la politica dà, teniamolo ben presente questo.
Sono altrettanto certo che l'amministrazione regionale, la Regione deve rimettere al centro il cittadino. Tutto deve muoversi in funzione delle esigenze del nostro territorio, delle imprese, delle nostre associazioni, degli enti locali. Poniamoci una domanda: oggi la formazione professionale risponde alle esigenze delle imprese e dei lavoratori o risponde piuttosto alle esigenze degli enti che operano nella formazione professionale? E gli esempi potrebbero essere tanti. Io non sono d'accordo con chi afferma che ci vuole più società e meno Stato; sono piuttosto d'accordo con chi afferma che ci vuole più società è più stato. Certamente una Regione che amministri a vantaggio dei nostri territori e dei cittadini, che combatta la diseguaglianza e dia a tutti pari opportunità e la possibilità di soddisfare le proprie aspirazioni è la Regione che noi dobbiamo costruire e per questo dobbiamo guardare con attenzione alle riforme.
Ma un progetto di innovazione, un progetto riformista non è un progetto semplice e dobbiamo porre molta attenzione quando avviamo le riforme, perché non basta smontare i sistemi. Dopo averli smontati, infatti, bisogna ricostruirli facendo in modo che siano migliori, più efficaci, più efficienti, più rispondenti a una società moderna che è cambiata. E allora è chiaro che dobbiamo studiare molto, meditare molto, capire quello che stiamo per fare e prenderci il tempo che è necessario per fare bene queste riforme condividendole con i territori, con tutta la società sarda. Guardate, le riforme non sono solo un fatto tecnico-amministrativo, molto spesso portano con sé dei passaggi culturali importanti. Valga per tutti l'esempio del PPR, con il quale abbiamo cambiato totalmente una mentalità: prima guardavamo a una porzione di territorio pensando a quanti metri cubi vi si sarebbero potuti edificare, oggi siamo invitati dal PPR a guardare a quella stessa porzione di territorio pensando al paesaggio, alla sua bellezza, alla sua salvaguardia, e a come si possa edificare senza deturpare i luoghi. Ci sono passaggi culturali che hanno bisogno di tempo, che hanno bisogno della condivisione, perché altrimenti i progetti di riforma che noi mettiamo in campo, anche i migliori possibili, sono destinati al fallimento. Allora la nostra è davvero una sfida importante, una sfida complessa che noi accettiamo perché capiamo che solo attraverso un grande progetto di riforma possiamo cambiare la nostra Sardegna. Ce la possiamo fare, ce la dobbiamo fare, questo è il nostro impegno.
Alla gestione delle finanze regionali voglio fare solo un accenno: credo che sia chiaro a tutti che è necessario aprire al più presto - il Presidente ha detto che sta già lavorando a questo - un confronto con lo Stato che in cinque anni non c'è stato, non raccontiamoci cose che non sono avvenute. Non c'è stato un vero confronto con lo Stato, un confronto che deve vedere coinvolto non solo questo Consiglio, ma tutti i parlamentari che rappresentano la nostra Regione; deve vedere rappresentate e coinvolte le forze sociali, perché qui si gioca tutto, non solo nel chiedere quanto l'articolo 8 ci riconosce, ma soprattutto nel chiedere la rimozione dei vincoli del patto di stabilità. Le nostre finanze sono al collasso, non si riesce più a pagare quanto promesso, lo abbiamo ripetuto in continuazione. Non possiamo spalmare nei capitoli di spesa la cifra accertata di questo bilancio, perché quella cifra non è nella nostra disponibilità. Se la spalmiamo sui capitoli di spesa facciamo false promesse, illudiamo la gente. Così è stato, c'è una miriade di capitoli, ma sono carta straccia, riguardano progetti e programmi che non possono essere realizzati. E allora dobbiamo costruire un sistema contabile vero, dove le somme iscritte esistono veramente. Quando faccio una conferenza stampa annunciando promesse e stanziamenti devo essere certo di poter mantenere quel che prometto. Allora ritorniamo a scritture contabili vere, a un bilancio che rappresenti davvero la situazione della Sardegna. Oggi, se uno vuole rendersi conto dello stato delle nostre finanze non deve leggere i nostri libri contabili, perché non se ne renderebbe conto, ne avrebbe un'immagine falsata: falsi sono gli stanziamenti, falsi sono i residui, false sono le entrate.
Voglio dire qualcosa anche sull'istituto dell'autonomismo, ripreso prima dal presidente Floris. Il nostro autonomismo, dobbiamo dircelo con molta chiarezza, fa acqua da tutte le parti. Nella nostra società, in Italia e in Europa, sono avvenuti tanti e tali cambiamenti che ormai il nostro autonomismo, la nostra carta fondativa ha perso di significato, non ha più nessuna forza nel costruire rapporti con la nostra Regione e soprattutto con l'Europa. Noi dobbiamo capire come stare dentro al sistema europeo, dobbiamo ripensare questo sistema (quindi l'autonomismo va superato), dobbiamo capire quali possono essere i percorsi, liberandoci da blocchi culturali che fermano il nostro pensiero, l'andare oltre. Io non ho limiti, sono pronto a ragionare per capire che cosa dobbiamo costruire e lo voglio fare partendo dal concetto di identità, che non è dato dal nostro passato, dalla nostra storia, dalle nostre tradizioni; il concetto di identità parte da un progetto politico che ci deve sostenere nel capire in che modo dobbiamo confrontarci col resto del mondo, come la Sardegna si pone rispetto agli Stati europei. Anche qui, lo voglio dire con chiarezza, si dà sempre colpa allo Stato, ma molte responsabilità sono nostre, sono innanzitutto di questa Assemblea, perché tante volte ci siamo riempiti la bocca di questi concetti, ma non abbiamo mai concretizzato nulla del percorso che poteva realizzare il federalismo fiscale. Siamo stati passivi.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Alessandra Zedda. Ne ha facoltà.
ZEDDA ALESSANDRA (FI). Signor Presidente, voglio formulare a lei, a tutti i colleghi, al presidente Pigliaru e alla sua Giunta, un sincero augurio di buon lavoro. Auguri sinceri perché credo rivolti anche a tutti i sardi per un futuro meno preoccupante e più sereno di speranza e fiducia.
Sarà questa una legislatura molto complessa, forse la più complessa degli ultimi cinquant'anni, perché bisognerà continuare a fronteggiare la crisi e lavorare per la ripresa della crescita e dello sviluppo. Le sue dichiarazioni sono un insieme di buone e oneste enunciazioni, ma con poca attenzione alle modalità di attuazione, agli strumenti e ai fatti concreti. Le proposte contenute nel programma sembrano a tratti enunciazioni di principi, situazioni che viviamo da tempo e che ben conosciamo, purtroppo. Sono in linea opzioni metodologiche, assunti di base e principi ispiratori per ora insufficienti rispetto, crediamo, all'enormità delle sfide in campo. Certo dovrà poi costruire il suo programma di governo. Come è noto, ai sensi della legge regionale numero 11 del 2006, dovrà provvedere alla presentazione del Programma regionale di sviluppo, che definirà, ci auguriamo in maniera univoca, le strategie, gli obiettivi, i progetti e i risultati attesi per la vostra azione di governo. Sarà quello, Presidente, il banco di prova per valutare compiutamente la vostra proposta.
Molti auspici e constatazioni, ma non abbiamo trovato contenuti programmatici e azioni di contrasto alle emergenze. Ha dichiarato di voler governare in modo efficace affrontando e risolvendo i problemi della gente. Governare, Presidente, è molto diverso dal fare una campagna elettorale, dallo scrivere piani e programmi. Governare vuol dire compattare strumenti operativi, atti formali, risorse certe, indirizzi chiari e decisi ai partner amministrativi con i quali si condivide la responsabilità di governo; significa seguire quotidianamente lo stato di attuazione di ciò che l'azione politica attraverso le leggi e le deliberazioni produce. Significa anche scontrarsi con un sistema che mal digerisce cambi di rotta. A volte i matrimoni sembrano fantastici, ma spesso la crisi aleggia già dal viaggio di nozze. Per contro, di fronte alla crisi del nostro Paese è necessario dare risposte tempestive se si vuole avere un effetto positivo e incidere significativamente nella vita di chi, come tantissimi sardi, non riesce neanche con il più felice dei matrimoni a mettere insieme il pranzo con la cena. La prima verifica la faremo, appunto, quando nei prossimi mesi alle sue dichiarazioni saranno accompagnate le somme e gli strumenti con i quali intendete qualificare il vostro Governo.
Presidente, lei ha fatto un'esatta diagnosi ben nota da tempo: ha tentato di individuare le patologie, anche le più complesse, ma ha scelto di tenere la prognosi riservata, e la cura è ancora fumosa. Noi ci sono le risorse e gli strumenti, come le ho detto, ma noi verremo con largo anticipo ai prossimi appuntamenti, e soprattutto vigileremo. Condivido invece il suo pensiero, Presidente, di portare la politica vicino alla gente, riconquistare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e, soprattutto, nei loro rappresentanti. Nel contempo è necessario, però, avviare un progetto di rilancio della Regione, ed è per questo che valuteremo attentamente non ogni sua parola delle dichiarazioni, ma ogni atto concreto del suo Governo, e lo faremo in modo attento, responsabile e senza sconti, perché la Sardegna ha bisogno di correre, ma la ostacolano pesanti macigni. C'è ragione di essere seriamente preoccupati, certo, per l'occupazione ai minimi storici degli anni '70, per le donne, che lamentano ancora difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, per le famiglie monoreddito, per i più deboli. E' doveroso investire, quindi, sulle attività produttive tradizionali, in particolare sull'agricoltura, su cui nel suo discorso, però, come hanno rilevato anche altri colleghi, nulla si è detto nello specifico, e invece noi crediamo che sia una preziosa attività produttiva sulla quale si dovrebbe continuare a scommettere. I settori produttivi tradizionali devono accompagnare la sfida sul turismo che, a mio parere, deve diventare un apporto al Pil determinante per la ricchezza del futuro dei sardi.
Tuttavia, crescita non significa solo produrre ricchezza, ma porre grande attenzione nel ridistribuire equamente questa ricchezza. Questo sforzo va compiuto in questo momento per sostenere le nostre imprese e non può essere separato da un impegno verso le infrastrutture, immateriali e materiali, quanto mai necessarie per colmare i gap della nostra amata Isola. Su questo concordiamo, a patto che quando si parla di sacrifici dei sardi per rialzarsi non si pensi a imposizioni fiscali stile la "tassa sul lusso", mai dimenticata, e ancora sosteniamo che disciplinare il territorio non vuol dire vincolarlo del tutto.
Il rapporto con il Governo nazionale non dovrà essere caratterizzato da ammiccamenti o timori reverenziali, ma solo da serietà, responsabilità e determinazione, perché mai dobbiamo dimenticare che dietro ogni nostra decisione ci sono i sardi, la nostra terra e la nostra sopravvivenza. Tanti conterranei hanno combattuto per la libertà e tanti nostri predecessori per l'autonomia del popolo sardo; autonomia, a nostro avviso, che deve essere a tratti anche estrema e deve essere la stella polare, la ragione e il senso che deve accomunare il nostro impegno. Un impegno che spero possa coinvolgere l'intero Consiglio regionale. Nelle battaglie per l'autonomia, per i diritti dei sardi ci sarà sempre il nostro sostegno costruttivo e convinto. A proposito di rapporti con il Governo nazionale e il Parlamento: sosteniamo in tanti, e da tempo, che non esistono governi amici o nemici, esistono dei governi centrali, con i quali si apre necessariamente una contrattazione spesso complessa, dura, che potrà essere ricca di forti significati per la nostra Isola se sapremo riempire di importanti contenuti e di proposte ogni occasione di confronto con il Governo e con il Parlamento. Con questo spirito è stata ottenuta la nostra bella pagina di autonomia finanziaria in materia di entrate, cioè la riduzione dell'Irap, voluta da tutto il Consiglio regionale e portata avanti dalla nostra Giunta con tanta determinazione e a tratti vera lotta.
Ecco, da ciò si deve ripartire, anche da quel principio di insularità che è stato riconosciuto alla nostra terra. Non sono affatto d'accordo con chi critica e considera quella dell'insularità non una straordinaria occasione, ma una conquista di poco conto o, peggio, continua a confonderla con l'attribuzione di qualche risorsa aggiuntiva per compensare i maggiori costi per la mobilità delle persone e il trasporto delle merci. Credo che proprio questo tema, quello dell'insularità, deve vedere coinvolto tutto il Consiglio regionale e dare grande prova di capacità e di responsabilità, se davvero vogliamo inaugurare una stagione costituente che possa culminare con la riscrittura del nostro Statuto di autonomia. Un proverbio dice che bisogna fare la spesa secondo l'entrata e, come ha ricordato lei, Presidente, lo dice pure la sentenza numero 118 della Corte costituzionale. Purtroppo i saldi invariati, ormai, purtroppo per noi, anche avariati del bilancio dello Stato, condannano la nostra Regione a non poter utilizzare i nostri soldi.
Sull'adeguamento del patto di stabilità saremo con lei per azioni forti, serie, decise, anche di forza, se ciò occorresse per il bene di tutti noi. Voglio, a questo proposito, fornire qualche piccolo elemento per far sì che tutto ciò che è stato fatto, ed è stato fatto molto nella passata legislatura, non vada perso, e soprattutto non venga poco considerato. La vertenza sul patto di stabilità già dal 2009 vede coinvolta la Giunta Cappellacci, che chiese al Ministero dell'economia e delle finanze che il patto di stabilità venisse adeguato al nuovo regime finanziario, in quanto se la capacità di spesa regionale non venisse ampliata in ragione di nuove entrate, le maggiori risorse spettanti alla Regione non potrebbero essere utilizzate. Continuiamo nel 2010 e l'operazione viene ritenuta corretta anche dalla Corte dei conti e dalla Corte costituzionale, ma il Mef continua a trattenere nelle casse statali una cospicua parte dei trasferimenti spettanti alla Regione Sardegna. Nel 2011 la Regione impugna, nanti la Corte costituzionale, l'atto della Ragioneria generale dello Stato, che aveva ancora una volta respinto le nostre richieste di adeguamento della spesa. Con la sentenza numero 118, l'abbiamo già detto, la Corte dei conti nel 2012, nel parificare il rendiconto generale della Regione 2011 afferma, tra l'altro, che il mancato adeguamento da parte del Mef del patto di stabilità regionale ai principi della Corte costituzionale determina un'enorme crescita di residui attivi e passivi, appesantendo oltremodo la già gravissima situazione socioeconomica isolana. La Regione allora intima al Mef l'immediato riversamento nelle casse regionali delle compartecipazioni ai tributi erariali, indebitamente trattenute nelle casse statali. Nell'ottobre 2012, finalmente, con la legge di assestamento del bilancio, il Mef contabilizza ufficialmente, in misura realistica, tutte le nuove maggiori entrate dovute alla Sardegna. Ancora una volta, però, non si adeguano i livelli di spesa. Allora chiediamo che i limiti di spesa del patto di stabilità regionale vengano immediatamente adeguati. Abbiamo chiesto con tanta attenzione l'adeguamento degli spazi finanziari, ma ancora non sono stati aggiornati e, addirittura, risultano inferiori del 35 per cento rispetto a quelli assegnati alla Regione nel 2010. In sede di conversione del decreto legislativo 35/2012 viene approvata una disposizione con la quale si stabilisce che entro centoventi giorni il Ministro concorda con la Regione modifiche da apportare al patto di stabilità, nel rispetto di principi già enunciati dalla sentenza numero 118 del 2012. Insomma, per farla breve, arriviamo ai nostri giorni. Nel corso del mese di gennaio apriamo il primo tavolo di trattativa con lo Stato e facciamo presente, in quell'occasione, che proprio con la finanziaria 2013 il Consiglio regionale decise di porre fuori dal patto anche il fondo unico per gli enti locali, quindi rivendichiamo correttamente un innalzamento della spesa pari a 700 milioni. Presidente, questo glielo ricordo perché sarà oggetto di grande impegno per il prossimo futuro. Il resto ovviamente, l'ha detto lei, è storia di questi giorni, continuerete questa trattativa importante.
Un altro argomento importante su cui credo che noi perseguiremo la nostra battaglia è quello della zona franca, su cui non abbiamo mai voluto né imbrogliare né prendere in giro nessuno. Riteniamo che sia un argomento importante, quali la fiscalità di vantaggio e lo sviluppo, da rientrare a pieno titolo fra le vertenze della Sardegna. Anche su questo un confronto è stato avviato con lo Stato in tempi assolutamente recenti. Abbiamo ritenuto di dover portare avanti un'azione di rivendicazione, non solo nei confronti dello Stato ma anche dell'Unione europea, fondata su presupposti normativi del trattato di Lisbona che sanciscono l'impegno solenne dell'Unione europea alla riduzione dei divari tra le regioni e al rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale, con particolare riferimento ai territori, come quello della Sardegna, fortemente svantaggiati. Nel 2013 abbiamo proceduto ad approvare prima delle delibere, poi un testo che è stato trasmesso direttamente all'Unione europea e con il quale si chiede sostanzialmente la modifica dell'articolo 3 del regolamento numero 450 del 2008. È una battaglia sulla quale ci spenderemo, anche nel rispetto di quanto il precedente Consiglio regionale ha tradotto in legge, con la modifica dell'articolo 12 dello Statuto sardo, presentando al Parlamento una proposta di legge nazionale. In primo luogo va detto che lo strumento della zona franca, se operativo, sarebbe uno strumento di politica economica nelle mani del Governo regionale, e quindi spetterebbe a noi stabilire quali esenzioni introdurre, in quale quantità e con attenzione alla scansione temporale delle esenzioni stesse. Oggi la Sardegna, di fronte alla complessità dei temi e dei problemi posti dalla nuova realtà globale, di fronte alle emergenze, non ha bisogno di una grande idea, ma di uno sforzo convinto per valorizzare le idee migliori dei protagonisti del governo locale, dei nostri migliori giovani laureati, del sistema delle imprese, in particolare delle piccole e medie attività imprenditoriali che quotidianamente accettano la sfida del mercato. Per chi ha realmente colto i principi della democrazia partecipata non può che essere questa la vera grande idea: creare le condizioni per agevolare e facilitare la produzione di idee attraverso nuove forme di governo allargato e di interazione tra i soggetti istituzionali e quelli del mondo economico, sociale, culturale e anche associativo. La sintesi finale, però, è della politica; spetterà alla politica, e soprattutto a chi ha la responsabilità di governo, il compito di arrivare a formulare le sintesi, le mediazioni, le scelte di governo che devono poi guidare lo sviluppo.
Entro questo quadro si inserisce, però, l'importanza del Consiglio regionale della Sardegna, la sua indiscutibile centralità per quanto riguarda le prerogative legislative, gli indirizzi di governo e il controllo sull'operato della Giunta; logiche di piena integrazione e di sistema rispetto a un rapporto purtroppo in larga parte ancora da costruire.
Esiste un problema, un'altra sfida importante, quella che afferisce ai fondi comunitari per la programmazione 2014-2020. Siamo riusciti, grazie al presidente Cappellacci e all'azione dell'Assessorato della programmazione, che ho avuto l'onore di rappresentare nel corso del 2013 e fino al gennaio 2014, a difendere le risorse assegnate alla Sardegna come regione in transizione. Vi lasciamo in eredità, se lo ritenete, un documento per la strategia unitaria di sviluppo regionale che rappresenta il quadro di priorità che la Regione dovrebbe assumere nel prossimo settennio per concorrere al perseguimento degli obiettivi di Europa 2020 e per orientare in tale direzione le risorse dei fondi europei disponibili, appunto, a livello regionale.
I principali obiettivi sono quello di perseguire ancora la difficile sfida del contrasto degli effetti della grave crisi economica e finanziaria che continua a colpire non solo la Sardegna ma tutta l'eurozona, e nel contempo mantenere le nuove direttrici di sviluppo per la nuova…
PRESIDENTE. Onorevole Zedda, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Giuseppe Meloni. Ne ha facoltà.
MELONI GIUSEPPE (PD). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signore e signori Assessori, colleghe e colleghi, ho ascoltato e letto con grande attenzione le dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione e le ritengo puntuali, complete e rispondenti alle esigenze attuali della Sardegna in uno dei momenti più difficili nella storia della nostra autonomia. La gravità della situazione impone a tutti noi un duro lavoro che è anche una scommessa - è stato già detto -, quella di contribuire in modo fattivo a ricreare fiducia nella politica, a colmare quel solco profondo che purtroppo oggi esiste tra la politica e i cittadini.
Ho apprezzato il suo discorso, Presidente, anche perché lei ha esordito affrontando questo tema forse scomodo per qualcuno, ma non per questo meno importante per tutti i sardi, quei sardi che si attendono tanto da noi in una legislatura fondamentale per il futuro della nostra isola e che io definirei l'ultima chiamata per la politica sarda. Non possiamo sprecarla in alcun modo e dovremo lavorare tutti insieme, Giunta e Consiglio, affinché vengano affrontati e superati definitivamente gli innumerevoli problemi che ingessano la Sardegna da troppo tempo e che negli ultimi anni si sono notevolmente aggravati. Per fare questo è imprescindibile una vera riforma della Regione al fine di raggiungere quella qualità istituzionale a cui ha fatto riferimento lei, Presidente, che è uno dei principali obiettivi che il nostro Governo regionale si propone di raggiungere.
Sono certo che la sua azione di governo sarà da subito incentrata sul tema del lavoro. Occorreranno misure straordinarie per affrontare una situazione altrettanto straordinaria, quale quella attuale sul fronte occupazionale, in particolare, ma non solo, dell'occupazione giovanile e femminile. Lo ha ricordato bene lei: un sardo su due nella fascia tra i 20 e i 64 anni non lavora. È un dato drammatico che richiede interventi mirati che non possono essere limitati al solo e solito ricorso agli ammortizzatori sociali, che pure tanto sono stati utili in questi anni. A questo proposito vorrei ricordare la preoccupante situazione di 1.200 cassintegrati di Meridiana che rischiano il licenziamento nel mese di giugno 2015. Sarebbe un dramma per tutta la Sardegna e credo sia doveroso che la Giunta regionale si occupi di questo tema al fine di scongiurare questa vera e propria sciagura sociale. Mi conforta avere la certezza che lo farà da subito, seppure nei limiti delle proprie competenze.
Ho apprezzato particolarmente il suo discorso, Presidente, anche nella parte in cui ha richiamato l'importanza degli enti locali nell'ambito del panorama istituzionale generale e sono certo che l'impegno ad affrontare definitivamente, per quanto di competenza della Regione, il tema degli enti intermedi verrà mantenuto e produrrà le scelte migliori e più funzionali per la Sardegna. A proposito dei territori, non posso non rimarcare l'esito nefasto della scorsa competizione elettorale per la provincia di Olbia-Tempio in tema di rappresentatività: due soli consiglieri eletti sui cinque potenzialmente assegnabili in base alla popolazione residente rappresentano un grave colpo alla rappresentatività democratica prodotto da una pessima legge elettorale obbligatoriamente da modificare, soprattutto nella parte in cui non prevede una quota adeguata dei seggi da assicurare a ogni circoscrizione provinciale. Badate, colleghi, ma lo sapete bene, in questa circostanza tale grave deficienza ha colpito Gallura e Monte Acuto, la prossima volta, in assenza di adeguati interventi correttivi sulla legge, potrebbe capitare a qualsiasi altro territorio.
Un altro tema cruciale da lei trattato, Presidente, e da sindaco non posso che testimoniarne la sua essenzialità, è rappresentato dalla necessità di attivare immediatamente formali trattative con lo Stato al fine di ottenere l'adeguamento dei limiti di spesa del patto di stabilità. E' un argomento cruciale.
Per quanto concerne il delicato tema dei trasporti apprezzo l'intenzione di rinegoziare subito con lo Stato e la nuova Tirrenia la convenzione di servizio per le rotte da e per la Sardegna. La Regione deve e dovrà recitare finalmente un ruolo da protagonista e lo stesso discorso vale per il trasporto aereo, sia che riguardi i collegamenti con Roma e Milano, sia quelli con gli scali minori e la cosiddetta continuità territoriale 2. Sono questi i temi fondamentali al fine di poter garantire per i sardi un vero e pieno diritto alla mobilità da e per la Sardegna e all'interno della nostra isola, a iniziare da un non più rinviabile ammodernamento dei treni regionali fino al doveroso miglioramento dei collegamenti marittimi con le nostre isole minori.
Potrei elencare tutta una serie di temi a me molto cari che sono contemplati puntualmente nel programma di governo e che, per ragionevoli motivi di tempo e di spazio, non è possibile trattare nei dettagli in questa sede. Mi riferisco in particolare al necessario, essenziale direi, rilancio in questa legislatura di alcuni settori trainanti per l'economia della Sardegna e per la Gallura e Monte Acuto in particolare, quali quelli del sughero, del granito, dell'allevamento bovino, della nautica e del turismo. Mi riferisco anche alla sanità, laddove occorre lavorare da subito al fine di raggiungere l'obiettivo ambizioso di avere finalmente un sistema sanitario efficiente, equilibrato nei territori e che - ha detto bene, Presidente - implichi una gestione della sanità che sia indipendente dalle ingerenze politiche nelle scelte gestionali e operative.
Un plauso particolare inoltre lo faccio a questa Giunta regionale per l'attenzione mostrata da subito con i fatti verso un settore, quello dell'istruzione, che va particolarmente sostenuto in un momento così critico per la società sarda.
Concludo con un riferimento a un tema che mi tocca molto, quello dell'alluvione. Prima di tutto vorrei ringraziare lei, Presidente, per aver rivolto il suo pensiero iniziale alle vittime dello scorso 18 novembre, inoltre colgo l'occasione per ringraziare, nella massima assise regionale e credo a nome di tutti i colleghi consiglieri, i tantissimi sardi che hanno voluto spontaneamente, in qualsiasi forma, aiutare chi è stato vittima dell'alluvione in particolare nella città di Olbia: uno straordinario esempio di solidarietà che Olbia non dimenticherà mai. Tuttavia, nonostante la lodevole gara di solidarietà che ha alleviato l'emergenza iniziale, molte zone alluvionate non sono ancora tornate alla normalità, attendono risposte dal Governo nazionale, che non arrivano se non in minima parte e quel che si fa è assolutamente inadeguato per forma e misura, e auspicano un intervento risolutivo della Regione direttamente e anche sotto forma di mediazione con Roma. Sono certo che questa amministrazione regionale farà la sua parte fino in fondo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Michele Cossa. Ne ha facoltà.
COSSA MICHELE (Riformatori Sardi). Per prima cosa, presidente Pigliaru, sinceri auguri di buon lavoro. Noi Riformatori, a differenza di altri, approviamo la scelta di una Giunta interamente composta da esterni. Deve esserci una dialettica tra Esecutivo, che ha determinate funzioni, e Legislativo, che ne ha altre, anche di controllo e di indirizzo nei confronti dell'Esecutivo, dialettica che viene inevitabilmente menomata se c'è una commistione tra i due organi. Certo, sull'operatività di questa Giunta avremo modo di valutare e sarà un lavoro per lei non facile, non solo per la situazione generale, ma soprattutto per una maggioranza nella quale convivono comunisti e liberali, indipendentisti e no, sinceri innovatori e chi invece pensa a salvare il salvabile. Una maggioranza tale da rendere estremamente difficile giungere a una sintesi anche sulle scelte di minore momento.
Certo, Presidente, nelle dichiarazioni programmatiche non si può parlare di tutto, ma esse non possono nemmeno venire declassate a mero adempimento rituale. Esse sono le linee guida, certo modificabili e suscettibili di essere adeguate alle mutevoli situazioni che si vanno a verificare, ma pur sempre linee guida. Quando cinque anni fa il presidente Cappellacci disse che per governare la Sardegna non c'era bisogno di chissà quali grandi idee, ma di buon senso e operatività, divenne oggetto di scherno e di attacchi violenti che andarono avanti come un mantra per anni. Chissà cosa direbbero adesso quegli stessi consiglieri di fronte a dichiarazioni programmatiche come quelle che lei ha reso. Da esse non si evincono se non proposte di soluzione, perlomeno indirizzi precisi, almeno sui temi di stringente urgenza. Emerge, al contrario, un preoccupante e marcato conservatorismo di fronte al tema delle riforme e assenza di coraggio e determinazione nei confronti del Governo nazionale.
Derubricare a una barzelletta (come ha fatto qualche esponente della sua Giunta) la vicenda delle accise è un grave errore politico e strategico. Preannunciare la resa manifesta un atteggiamento autolesionistico, sia perché stiamo parlando di una norma approvata all'unanimità, che è patrimonio di tutto il Consiglio regionale, non soltanto di una parte, ma soprattutto perché le accise sono un pezzo importante delle entrate che lo Stato nega alla Sardegna, sulle quali abbiamo oggi l'opportunità di confrontarci davanti alla Corte costituzionale, che in diverse occasioni ha riconosciuto la legittimità delle pretese della Sardegna nei confronti dello Stato.
A questo proposito, Presidente, abbiamo piena consapevolezza di quanto proprio in questi giorni sta succedendo a livello nazionale con la riforma del Titolo V proposta dal Governo Renzi? O pensiamo che questa partita se la debbano giocare solo i parlamentari e che la Regione se ne possa disinteressare? Si sta giocando in questi giorni la partita costituzionale più importante da che è stato approvato lo Statuto; la si sta giocando in un clima di terribile ostilità nei confronti delle Regioni e particolarmente delle Regioni a Statuto speciale, accusate di aver sfruttato il loro particolare status per gonfiare i propri organici e per alimentare sprechi e malaffare. Possibile, Presidente, che lei non abbia sentito il bisogno di dire una parola sul tema della salvaguardia della specialità e dell'autonomia della Sardegna? O anche questa è da voi, che annoverate tra le vostre file soggetti sovrani e indipendentisti, ritenuta una battaglia già persa?
Lei parla di istruzione e della necessità di aumentare il livello culturale come presupposto per aumentare il benessere della nostra società: questo è vero per definizione. Ma si è chiesto perché si contano in decine di migliaia di studenti sardi che preferiscono pagare fior di quattrini per studiare in università del continente o all'estero? Non sarà il caso che la Regione, nell'ottica della valutazione dell'utilità della spesa, cominci a capire quali sono le ricadute delle ingenti risorse che drenano le università sarde?
Parla della necessità di avere meno burocrazia e meno sprechi, altro assioma vero di per sé stesso. A parte il fatto che i consigli di amministrazione degli enti sono già stati soppressi, di fatto, nella passata legislatura nella quale si è attuato lo specifico referendum, il primo atto della sua Giunta è stato la revoca del provvedimento di revisione del Piano paesaggistico, un atto, il suo, che sembra preludere al proseguimento di quella politica di cieco vincolismo che è all'origine della quasi estinzione di un intero comparto economico, il comparto edilizio.
Si limita a nominare le province in un quadro generale che però va ormai decisamente verso la loro abolizione e, a fronte di referendum che hanno permesso ai sardi di pronunciarsi su questo tema in modo plebiscitario. Tutte le otto province sarde oggi sono in fase di liquidazione ed è in attesa di essere approvata la modifica statutaria dell'articolo 43 dello Statuto, altra norma approvata all'unanimità dal Consiglio. Non ritiene prioritario il completamento di questo percorso, sia nella logica della riduzione dell'insopportabile carico burocratico e fiscale che grava sui cittadini e sulle imprese, sia per avviare un disegno di riforma istituzionale che può fare della Sardegna un vero e proprio laboratorio a livello nazionale? Non pensa che le unioni dei comuni, che lei cita, non debbano essere decisamente ripensate, ma secondo modalità assai diverse da quelle immaginate da Del Rio, che possono andar bene per alcune parti del Paese, ma non certo per la Sardegna, e che le città metropolitane non possono rappresentare la reintroduzione di un livello istituzionale che si cerca di eliminare?
Sulla continuità territoriale, Presidente, la situazione delle due rotte principali, Roma e Milano, è migliorata radicalmente dal mese di ottobre, perché non riconoscerlo? E' tempo, casomai, di valutare se l'esperimento della tariffa unica si sia rivelato o meno positivo ed è tempo di uscire dall'incubo di provvedimenti contingenti che ogni paio d'anni gettano nel panico i sardi e di studiare soluzioni che ottimizzino le risorse per incrementare i flussi turistici e sfruttare la competizione tra i vettori.
Neanche io, Presidente, posso parlare di tutto, ma quelli che ho ricordato sono silenzi preoccupanti che non sono coerenti con le petizioni di principio sulla novità e sul cambiamento, anzi sono segnali che vanno in senso diametralmente opposto. Scelte conservatrici, salvaguardia di rendite clientelari e di posizione ed equilibrismi sono esattamente il contrario di ciò di cui la Sardegna oggi ha bisogno.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cesare Moriconi. Ne ha facoltà.
MORICONI CESARE (PD). Presidente, desidero innanzitutto esprimere ai colleghi tutti del Consiglio un particolare augurio di buon lavoro e l'auspicio affinché possiamo insieme condividere la consapevolezza della responsabilità che ci è stata affidata e anche delle aspettative che sono state riposte in noi, in un periodo come questo che, come il presidente Pigliaru ha opportunamente ricordato all'Aula, coincide con il momento peggiore della storia recente. Quelle aspettative, non è superfluo dirlo, sono prive di colore politico e si nutrono bene della speranza che la politica riesca finalmente a emanciparsi dagli schemi rigidi e ideologici delle contrapposizioni di parte, propagandistiche e pregiudiziali che un po' l'hanno caratterizzata e imbalsamata negli ultimi decenni.
Io credo che a noi oggi sia offerta la possibilità di cambiare veramente il passo nell'interesse generale e di avviare una stagione di pacificazione profonda tra la politica e l'opinione pubblica, al fine di rendere persino comprensibili e apprezzabili, se vogliamo, i legittimi auspicati e anche animati confronti tra le posizioni diverse, laddove ci fossero e ce ne saranno, a patto che siano però ai margini di un processo legislativo ed esecutivo inequivocabilmente chiaro ed efficace. È qui che siamo attesi: non più leggi inapplicabili o inapplicate, non più tempi e procedure incerte, non più un'azione politica tutta chiusa dentro il perimetro dell'emergenza e priva della necessaria capacità di visione d'insieme dei problemi e delle potenzialità della nostra regione.
Con questo spirito, presidente Garau, desidero rivolgere prima a lei gli auguri di buon lavoro per il prestigioso incarico che le abbiamo affidato, ma soprattutto per l'oneroso compito che l'attende di dirigere questa nostra Assemblea regionale dentro la più alta sfida della riconciliazione tra politica e cittadini e della produttività istituzionale e legislativa. Sono convinto, come lei, presidente Ganau, che solo una collaborazione forte e leale tra Consiglio, Giunta, enti locali e operatori socioeconomici potrà favorire una ripresa della crescita civile, sociale ed economica della nostra Isola, così come sono convinto che ciò ci renderà più efficaci, autorevoli, rispettabili e rispettati nei rapporti con l'opinione pubblica, lo Stato e l'Europa. In questa sfida io vorrei seriamente che lei, presidente Ganau, ci richiamasse tutti, ognuno per la parte di responsabilità che ricopre, ad assolvere il rispettivo compito.
Ecco, l'auspicio di un'azione politica forte, sinergica e leale tra le diverse responsabilità che distintamente ricopriamo è un po' anche il senso dell'appello che rivolgo a lei presidente Pigliaru e a tutti i componenti della sua Giunta, sulle cui competenze e adeguatezza politica non ho dubbi, affinché vogliate aiutare questo consesso consiliare a essere efficace organo di indirizzo e di supporto legislativo alla stessa vostra azione di governo.
Presidente Pigliaru, conosciamo la solennità e l'importanza del momento delle dichiarazioni programmatiche, le aspettative che crea, le speranze di un successo e anche i timori del fallimento che esso genera. Sono le stesse speranze e le stesse paure mie, nostre, di ogni cittadino di questa nostra regione. Ascoltando le sue dichiarazioni di ieri ho realizzato la misura della serietà del suo intervento, la sobrietà, l'equilibrio, ma anche la sua determinazione nell'assunzione degli impegni di fronte ai rappresentanti del popolo sardo. Non è un l'elenco di cose da fare, né alcun effetto speciale a impatto mediatico, ma un ragionamento, un ragionamento intorno a un'idea chiara di Sardegna, le sue emergenze, le sue risorse, le soluzioni possibili e le prospettive di una crescita. Nel passato altri Presidenti al suo posto hanno voluto e potuto osare di più, sino a rappresentare quel sogno di una Sardegna vincente, che purtroppo solo tale è rimasto, in forte espansione economica, in costante crescita infrastrutturale e dei servizi. A lei e a noi mi permetto di dire che ciò non è consentito per una ragione di rispetto della verità nei confronti dei sardi, per una questione di onestà morale e intellettuale. Oggi il sogno possibile è esattamente quello che ha tracciato lei, fortemente ridimensionato da una crisi senza precedenti e da un quadro economico devastato che appesantisce gli effetti della crisi e determina un ulteriore ritardo nello sviluppo, oltre che un'inadeguatezza, se non addirittura un'arretratezza, nelle infrastrutture e nei servizi.
Ecco, presidente Pigliaru, questa è la Sardegna per la quale lei, per la quale la sua Giunta e noi con voi ci ritroviamo a dover agire, a dover operare. Non ci piace né chi vende illusioni tanto meno ci piace vendere illusioni, ma vorremmo poter fare qualcosa di molto importante, qualcosa di utile per costruire un domani migliore rispetto a quello che le nuove generazioni, e non solo loro, riescono oggi a intravedere all'orizzonte. Ci metta nelle condizioni di collaborare con lei e con la sua Giunta.
E poi so che non basta, certo, e soprattutto so che dai livelli degli indicatori economici della crisi di cui ci ha parlato anche lei e dalla manifestazione del disagio e della rabbia sociale si capisce che non abbiamo neppure mollto tempo a disposizione, ma soprattutto si capisce che non abbiamo neppure la possibilità di sbagliare, noi no. Le modifiche costituzionali, oserei dire con le modifiche significative operate dal Consiglio regionale nella precedente legislatura, come la riduzione del numero dei consiglieri regionali, oltre che l'adeguamento della struttura organizzativa della nostra Assemblea regionale in chiave di spending review e di ammodernamento della nostra massima istituzione regionale, se non accompagnate da un'azione politica concreta ed efficace, in grado di produrre benefici reali, tangibili e immediati a favore delle famiglie e delle aziende isolane, rischiano di essere inutili e di essere spazzate via in men che non si dica dalla disperazione di chi non ha più il tempo né la speranza di aspettare. Per questo ho apprezzato moltissimo alcuni messaggi contenuti nelle sue dichiarazioni programmatiche che definiscono in modo inequivocabile l'attenzione e la linea del nuovo Governo regionale su alcune criticità che condizionano, limitano lo sviluppo della nostra Regione e frenano la crescita del nostro sistema produttivo. Sburocratizzazione, riduzione della pressione fiscale, semplificazione del quadro dei tributi, sostegno e incentivazione delle assunzioni, ecco su questi temi io non ho dubbi, non ho proprio dubbi circa la disponibilità immediata del Consiglio a farsi carico delle proprie responsabilità nei tempi più brevi. L'abbiamo già sperimentato qualche anno fa sulla riduzione dell'IRAP in un contesto politico completamente diverso e sono certo che nessuno, proprio nessuno si sottrarrà dalla opportunità che avrà di partecipare ad altre simili e importanti imprese, importanti conquiste nell'interesse dei sardi tutti. Così sono convinto che saremo in tanti al suo fianco oltre che per combattere queste nuove battaglie, per darle la forza che serve nella prosecuzione delle importantissime trattative in corso con lo Stato.
Presidente Pigliaru, nonostante qualche commento di parte politica nell'opinione pubblica cresce l'attesa e soprattutto cresce la speranza che lei e la sua Giunta possiate veramente farvi guida di un cambiamento reale della politica regionale. Ecco, io non ho dubbi; non ho dubbi che lo farete, non ho dubbi che lo farete senza trascurare il coinvolgimento degli enti locali e degli operatori economici e sociali della nostra isola, ma soprattutto non ho dubbi che lo farete senza trascurare quella leale collaborazione con il Consiglio regionale senza la quale nessuna sfida importante sarà possibile. Considero una valida terapia ai mali della Sardegna i primi provvedimenti già adottati dalla sua Giunta laddove, in particolare, dando semplicemente seguito ad alcuni impegni assunti in campagna elettorale, si è intervenuti in materia di credito delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione, di avvio della revisione della pianificazione paesaggistico-urbanistica, di utilizzo di una prima tranche delle risorse annunciate a sostegno dell'edilizia scolastica. Non cose banali, colleghi dell'opposizione, né mere analisi sui mali della Sardegna, ma semplicemente un progetto evidentemente diverso rispetto al vostro, quello che, per intenderci, in questi ultimi cinque anni evidentemente non ha funzionato. Banco di prova, presidente Pigliaru, su cui maturerà il gradimento e la fiducia dei cittadini saranno, ahimè, anche i tempi entro i quali si riuscirà insieme a dare attuazione alle previsioni contenute nelle dichiarazioni programmatiche e nei provvedimenti esitati dalla sua Giunta. Dico questo pensando che il tempo non sia una variabile trascurabile delle questioni politiche, anzi, giusto per stare sui temi di grande attualità regionale, cito a mo' di esempio una delle più gravi emergenze nella quale si ritrovano a operare lei e la sua Giunta, e cioè il problema di Abbanoa e del servizio idrico integrato. Tema questo, badate, che la precedente Giunta affrontò il 24 marzo del 2009, pochi giorni dopo il suo insediamento, avviando, proprio con l'approvazione di una delle prime delibere dell'era Cappellacci, un periodo commissariale dell'ATO che sarebbe dovuto durare solo il tempo necessario e sufficiente al fine di approvare la legge di riforma del servizio idrico integrato della Sardegna. Tre mesi, non di più, era scritto nella prima legge regionale approvata dalla precedente legislatura nel maggio del 2009. Era la seconda riunione di quella Giunta, era la prima di quel Consiglio regionale. Sono passati cinque lunghi anni e quel progetto di riforma, al quale si sono aggiunte altre proposte di legge, sta ancora lì, nei cassetti della Commissione consiliare competente Questo per dire: occhio alla clessidra, perché quando ci si accorge che il tempo è passato improduttivamente è quasi sempre troppo tardi per porvi rimedio.
La discussione sulle dichiarazioni programmatiche offre un'importante opportunità di allineamento tra Giunta e Consiglio sulle aspettative che possiamo alimentare, sulle modalità e i tempi dell'azione politica concertata e anche sull'orizzonte autonomistico verso il quale guardare alla luce dell'esperienza più recente, ma anche di quelle passate, e delle mutate condizioni in cui siamo chiamati a operare, al fine di trarne orientamenti politici strategici per costruire il nostro domani.
Ecco, la Sardegna, colleghi, non ha bisogno di un mero elenco di buoni propositi, come già successo anche nel passato più recente, ma di una carica progettuale nuova in grado di convincere, in grado di contagiare, in grado di coinvolgere tutti nell'impegno volto al superamento delle emergenze e del pantano dell'azione quotidiana di governo e alla realizzazione di un disegno programmatico e strutturale ampio, chiaro e realmente riformistico, in grado di ripensare le tematiche legate alla nostra particolare condizione geografico-insulare, politica ad autonomia speciale, culturale e identitaria. Io riconosco nelle sue dichiarazioni, presidente Pigliaru, e nel progetto della nostra coalizione quella carica progettuale nuova in grado di coinvolgere tutti dentro un impegno tanto ambizioso almeno quanto il desiderio e il diritto di riscatto sociale della nostra gente. In bocca al lupo!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Paolo Truzzu. Ne ha facoltà.
TRUZZU PAOLO (Gruppo Misto). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei iniziare il mio intervento ricordando, in questa giornata, un uomo di destra, un uomo perbene, sincero e generoso, che ha frequentato questi banchi per circa dieci anni e solo pochi giorni fa ci ha lasciati: Luigi Biggio. Sono certo che anche oggi da lassù egli ci segue con interesse e attenzione insieme ai suoi caratteristici lunghi baffi.
Egregio signor Presidente, volevo ringraziarla per la puntuale e precisa esposizione delle principali emergenze che caratterizzano la vita della nostra Isola. Le dico subito che, benché su posizioni contrapposte, e benché pronto a portare avanti una sana e costruttiva opposizione, ho avuto modo di apprezzare e condividere alcuni degli interventi da lei proposti e mi auguro, per la Sardegna e per i sardi, che a fine legislatura possa vedere realizzato almeno un quinto dei propositi annunciati ieri. Del resto, da uomo convintamente di destra e come rappresentante di Fratelli d'Italia e Alleanza nazionale, non posso che apprezzare la volontà di sconfiggere la burocrazia e semplificare la vita dei cittadini e delle imprese, di uniformare la Regione, trasformandola da mostro autoreferenziale in moderna istituzione capace di fornire risposte tempestive alle molteplici sfide che il Presidente ci propone, valorizzando e premiando le tante professionalità oggi presenti all'interno dell'Amministrazione. Allo stesso tempo, però, devo riconoscere che mi sarei indubbiamente preoccupato se fosse venuto qui in quest'Aula a raccontarci che l'obiettivo principale suo e della sua maggioranza, la maggioranza che oggi la sostiene, è quello di rendere ancora più complicata la vita dei cittadini e delle imprese e di contribuire ad alimentare il mostro burocratico. Io sinceramente ho qualche difficoltà a comprendere come concretamente si voglia passare dalle parole ai fatti, e per questo mi riservo di valutare le proposte che man mano la Giunta presenterà a questo Consiglio. Ma soprattutto mi chiedo, Presidente, se all'interno della vostra composita coalizione ci sia comunione di intenti su tali temi o se non si corra il rischio di trovare più nemici all'interno della sua maggioranza che non all'esterno, visto e considerato che alcuni dei movimenti e partiti che la compongono negli ultimi anni sono stati tra i più strenui difensori dello status quo.
Da uomo convintamente di destra non posso che apprezzare la volontà di ridurre la pressione fiscale, di favorire l'attrazione di investimenti, creando così nuove opportunità di sviluppo e di lavoro, e di generare un clima favorevole alle imprese che, sia chiaro, non è solo una sua proposta, ma è uno degli obiettivi che fornisce la strategia "Europa 2020". Anche qui, tuttavia, non mi è chiaro, al di là dell'eccezione di massima, assolutamente condivisibile, come concretamente si desideri passare dalle parole ai fatti e perché dovremmo credere, ad esempio, che lei e la sua Giunta possiate realmente creare un clima favorevole per le imprese, magari facilitando l'accesso al credito, visti i rapporti passati e presenti che illustri esponenti della sua coalizione hanno mantenuto e mantengono con il sistema bancario e finanziario dell'Isola; quel sistema bancario e finanziario che anche in questi anni di crisi tanto ha avuto, come hanno ricordato anche alcuni rappresentanti della maggioranza, dalle politiche europee nazionali e che, pur avendo il compito di raccogliere risparmio locale e favorire i progetti d'investimento sul territorio, ha finito per dragare risorse verso altri lidi e altri luoghi e che oggi è percepito, non a torto, da tanti cittadini, lavoratori e imprenditori, compresi tanti dei vostri elettori, non come un facilitatore dello sviluppo della Sardegna, ma in realtà come parte del problema della mancata crescita.
Ancora, Presidente, concordo con lei che una popolazione istruita è la migliore forma di assicurazione contro i rischi di un'economia globale che cambia continuamente e condivido lo sforzo per garantire un'istruzione di base alla totalità degli studenti, oltre che per cercare di incrementare il numero dei laureati, però mi sorprende che lei, prorettore dell'Università di Cagliari, e la sua Giunta, composta da un discreto numero di docenti universitari, non abbiate trovato lo spazio per dedicare almeno una riga ai tanti giovani laureati, spesso titolari di master, iper professionalizzati, i quali, non certo per incapacità loro, non riescono a trovare occupazione né nel pubblico né nel privato, per cui uno dopo l'altro emigrano, e abbandonando la nostra terra aumentano il deserto intellettuale. Quali opportunità vuole offrire a questa generazione? Lo chiedo perché nel vostro programma e nelle dichiarazioni programmatiche su questo punto non c'è nemmeno una riga.
Ancora, Presidente, mentre lei parlava di tutti questi temi condivisibili, ieri osservavo la sua Giunta e mi domandavo se negli ultimi vent'anni voi abbiate vissuto in questa regione e se abbiate contribuito politicamente e personalmente a portare la Sardegna nella situazione in cui si trova oggi. Quindi mi domando se effettivamente voi siete la soluzione al problema o siete invece parte del problema che avete contribuito a creare.
Infine, caro Presidente, mi ha stupito che nel suo intervento sia mancato qualsiasi riferimento alle scelte, come hanno già detto altri colleghi, in tema di politiche sull'agricoltura, sul turismo e sull'industria. Mi vorrei soffermare qualche secondo sull'agricoltura, sicuramente uno dei settori trainanti della nostra terra e uno dei settori che in questi anni si è dimostrato capace di realizzare inversioni di tendenza, in quanto è uno dei pochi settori in cui l'occupazione è aumentata. Le chiedo, quindi, come mai su questi temi non è voluto intervenire e non ha portato alcun riferimento. Non ha portato alcun riferimento, alcuna politica, alcuna chiara visione nemmeno sui problemi dell'industria sarda, che da anni vive in uno stato di crisi, testimoniata dall'incredibile riduzione dei consumi energetici, e che oggi, tra travagli e scompigli, è coinvolta in una faticosa e lenta attraversata da una riva all'altra: una che lentamente si sgretola e l'altra che ha lineamenti sfuggenti e ancora difficili da scoprire.
Ecco, da un Presidente del centrosinistra, da uno stimato professore universitario mi sarei aspettato almeno un'indicazione sulle priorità massime da seguire nei prossimi cinque anni. Per tutti questi motivi, caro Presidente, come Fratelli d'Italia e Alleanza nazionale aspetteremo le proposte che avanzerete, pronti a sostenerle se saranno in direzione degli interessi della Sardegna e dei sardi e a svolgere una dura e corretta opposizione se invece andranno in direzione contraria.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Luigi Ruggeri. Ne ha facoltà.
RUGGERI LUIGI (PD). Signor Presidente, in questi giorni, vicino a noi, le cronache raccontano di cose interessanti, ci dicono che c'è stato il congresso della Caritas a Quartu, che il CREL l'altro giorno ha esitato un altro documento su povertà e welfare, che sono in corso delle inchieste sulla struttura burocratica regionale. Sono tutte cose che ritroviamo nella relazione del presidente Pigliaru, iscritte nel campo della politica di contrasto alla povertà, nel campo delle politiche di supporto al lavoro. La povertà, ci dice il rapporto della Caritas, ormai riguarda in Sardegna più del 20 per cento delle famiglie, un terzo delle quali sta scivolando verso la povertà assoluta. Sul lavoro il Presidente ha citato i circa 85 mila disoccupati, che sono aumentati in questi ultimi anni e ai quali probabilmente vanno aggiunti i soggetti di cui non si tiene conto, quelli che godono di sussidi o della cassa integrazione, quindi ragionevolmente andiamo verso le 100 mila unità.
Siamo di fronte a problemi che hanno bisogno di soluzioni importanti, di cui sarebbe ingeneroso far carico solo all'Amministrazione precedente, ma va sottolineato che essa non è stata all'altezza della sfida, soprattutto perché ha trascurato il problema della visione di fondo alla quale le politiche regionali si dovevano richiamare; le politiche regionali devono infatti avere una visione di fondo, oltre che prevedere interventi nel breve e medio periodo, e possono essere declinate sotto una parola: responsabilità. Responsabilità è una parola in contrasto con demagogia, che è ciò di cui viene accusato il presidente Pigliaru in merito alle prime delibere approvate da questa Giunta o all'inevitabile genericità di alcuni intendimenti programmatici. Demagogica è invece la logica a cui si è ispirata l'Amministrazione precedente. Credo che il presidente Pigliaru con questa indicazione di responsabilità abbia contrastato la logica demagogica; è un concetto di responsabilità che ha accentuato quando ha detto che questa Amministrazione deve decidere quale modello energetico vuole per la Sardegna, com'è stato richiesto in qualche intervento precedente, e ha sostenuto che saranno prese decisioni sulla metanizzazione, sul gas, sul gassificatore, su diverse opzioni che si propongono oggi come necessarie. Bisogna decidere sulla sanità con responsabilità, sapendo che probabilmente si creeranno dei malcontenti o dei problemi, ma la sanità oggi, ne è testimonianza l'ultima delibera adottata dalla Giunta regionale precedente che prevede una copertura del disavanzo sanitario per 115 milioni di euro. La sanità, rispetto al fabbisogno definito in sede di Conferenza Stato-Regioni, 2 miliardi e 850 milioni di euro, presenta un buco in bilancio di oltre 400 milioni di euro, come registrato dall'ultimo consuntivo, e va detto che da questo punto di vista non è il presidente Pigliaru che racconta "balle", come ha affermato il presidente Cappellacci, semmai è lui che deve stare attento quando parla di spesa farmaceutica in diminuzione, perché non è così! Non è come ha detto lui: la spesa farmaceutica ospedaliera pro capite della Sardegna - ce lo dice la Corte dei conti - è la più alta in tutta la nazione italiana, con 4,7 punti percentuali rispetto all'obiettivo di 2,4. Stiamo parlando di 80-100 milioni di euro in più, risorse che vengono sottratte al sistema produttivo, allo sviluppo, al sistema dell'assistenza.
Dobbiamo anche pensare con responsabilità ai fondi europei, a come vanno iscritti, argomento al quale il presidente Pigliaru ha solo accennato. Io sono convinto che sui fondi europei, nel disegnare la spesa dovremo rinunciare ad accontentare i mille beneficiari dei mille rivoli in cui la stessa si disperde e provare a puntare su pochi progetti qualificanti, immagino soprattutto nell'ambito dei trasporti esterni ed interni, che corrispondono a un'esigenza che il Presidente ha posto in campagna elettorale, e del sistema portuale e aeroportuale. Non è solo un problema di responsabilità, è un problema di buone prassi, e quando l'onorevole Cappellacci dice, per esempio, che le affermazioni sulla necessità di premiare il merito sono generiche, deve stare attento perché non c'è niente di generico in questo, ben sapendo che nella precedente legislatura si sono addirittura modificate le regole per poter nominare alla conduzione di enti regionali persone che non avevano i requisiti che la legge precedente prevedeva. C'è un problema complessivo a questo riguardo, per cui il sistema delle nomine va ricondotto a una logica non amicale, tendente cioè a premiare chi è vicino a noi, ma alla logica di premiare chi è davvero più vicino agli interessi dei sardi. In questo avremo anche delle responsabilità dirette, perché nelle buone prassi vanno richiamati anche degli argomenti che l'opposizione ha messo in evidenza, per esempio il fatto che non si deve fare precariato, che è una particolare attitudine di alcuni manager, specialmente quelli di alcune aziende sanitarie. Non si deve fare precariato perché al precariato poi corrispondono aspettative di stabilizzazione. Su questo concordo con quello che ha detto il collega Tunis: non è pensabile, lo devo dire forte e chiaro, che si possano stabilizzare soggetti che non si sono approcciati al lavoro pubblico con un meccanismo di selezione che abbia garantito pari accessibilità, pari opportunità, equità. Non è pensabile! Alla stessa maniera, non è pensabile che la pubblicizzazione sia la risposta del deficit di occupazione all'interno di aree di crisi, non possiamo cioè rendere pubblici interi enti, inglobarli nella macchina regionale sapendo che magari questo determinerebbe una duplicazione di funzioni, per esempio quelle dell'Arpas. Penso che nell'ambito delle buone prassi, laddove vengano accertate operazioni illegittime, si debba avere la forza e il diritto di procedere con commissariamenti e avocazioni, mandando a casa gli incapaci. Più avanti diremo grazie alle persone che sono state capaci di fare semplicemente il proprio dovere.
Dico anche che la sfida importante che abbiamo di fronte è sulla macchina regionale. C'è da disboscare una foresta pietrificata! Abbiamo un numero di dipendenti esagerato: 15 ogni 10 mila abitanti, mentre la Lombardia ne conta 3,6. Abbiamo però più dirigenti della Lombardia e una condizione contrattuale di cui bisogna, nel segno dell'equità, farsi carico, perché non è possibile che il lavoro pubblico sia strutturato in modo da dare molto a pochi e poco a tanti. Penso che bisogna accettare una riduzione del numero dei dirigenti e una riduzione della forbice retributiva tra i dirigenti e il resto del personale regionale. Occorre fissare un limite al tetto di retribuzione dei dirigenti, bisogna operare nel senso della riforma, bisogna accorpare dirigenze, settori, dipartimenti, ma certamente bisogna ridurre il numero dei dirigenti. Bisogna partire però dalla consapevolezza che il lavoro pubblico gode di privilegi in tema di stabilità e in tema di tutele che non sono compatibili con stipendi che non hanno eguali nel contesto pubblico internazionale e nemmeno in quello del libero mercato. Bisogna accettare che non vengano lesi diritti acquisiti quando si correggono certe retribuzioni, così come bisogna accettare che si possano correggere i privilegi a favore dei consiglieri, quali soprattutto quelli connessi al vitalizio. Non stiamo parlando di diritti acquisiti, stiamo parlando di diritti sottratti alle nuove generazioni. Io auspico che ci sia un segnale forte sulle retribuzioni; non mandiamo in povertà nessuno se operiamo un taglio a scalare, tra il 5 e il 20 per cento, delle retribuzioni apicali di questa Amministrazione per costituire magari un fondo a sostegno dell'occupazione giovanile.
Per quanto riguarda l'occupazione giovanile, Presidente, vorrei dire che oggi il tasso di occupazione è inferiore a un terzo per la fascia di età che va dai 15 ai 29 anni. Per tassi di disoccupazione di questa entità, come dice la relazione del CREL, in Tunisia hanno fatto delle rivoluzioni! Con una condizione di sofferenza occupazionale di questo tipo rischiamo di perdere una generazione, rispetto alla quale dobbiamo adottare delle misure straordinarie. Per la mia esperienza personale, almeno un quarto dei ragazzi compresi nella fascia tra i 25 e i 35 anni sono emigrati; sono emigrati in Lombardia, in Piemonte, in Emilia-Romagna, in Germania, in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, insomma un po' dappertutto. E chi rimane, perché se ne vanno tra l'altro quelli che hanno più strumenti, i più acculturati, i più dotati, ha la percezione di essere escluso da un diritto di cittadinanza nella propria terra, ed è per loro che dobbiamo assumerci una responsabilità. Non è possibile che il nostro welfare sia strutturato per sostenere chi magari il lavoro lo perde e non abbia niente da dare a chi il lavoro non lo ha mai avuto e non ha nemmeno la speranza di poterlo avere.
Allora le chiedo, Presidente, al di là delle dichiarazioni programmatiche che lei ha proposto, che prevedono certamente il rilancio della "garanzia giovani", di mettere in campo delle politiche ulteriori e straordinarie, supplementari rispetto a queste, volte a mettere in moto l'occupazione giovanile, magari intorno a progetti di valorizzazione di beni culturali, per esempio attraverso società ad alta intensità di capitale umano (tipicamente le cooperative), per far in modo che si possano realizzare degli strumenti di valorizzazione finalizzati ad allungare la stagione turistica, ad aumentare l'offerta turistica, nella prospettiva che un'iniziativa di questo tipo, supportata inizialmente da fondi pubblici, abbia poi la capacità, superata la fase di avviamento, di autosostenersi nel mercato. Serve però uno sforzo finanziario straordinario e supplementare.
Da ultimo vorrei dire una cosa sul Consiglio. Credo che in una dialettica che vede progressivamente, da decenni ormai, le assemblee legislative in una condizione via via di subordine rispetto all'organo esecutivo, il Consiglio si debba riappropriare di alcune funzioni, soprattutto incalzando la Giunta per ottenere degli strumenti di conoscenza. Il collega Demontis citava il problema della accountability, quindi della possibilità di ottenere delle informazioni riguardo alle politiche attive messe in atto dall'organo esecutivo, ma anche riguardo alle stesse leggi che vengono approvate dal Consiglio regionale. E' necessario che all'interno del disposto legislativo il Consiglio regionale adotti la cautela di prevedere sempre da parte della Giunta una rendicontazione degli effetti che le leggi producono. È necessario come elemento di conoscenza, perché altrimenti chi fa le leggi potrebbe pensare che in virtù dell'investitura popolare non sbaglia mai. L'opposizione in questa zona grigia tende sempre di più a enfatizzare le insufficienze, le manchevolezze, senza interloquire invece sull'effettività delle cose, e in mezzo troviamo anche il corpo burocratico, che cerca di ovviare a una tale valutazione, che non fa mai molto piacere. Questo è un dato su cui invece va costruita una specifica competenza del Consiglio e che può essere oggetto di un confronto con le politiche della Giunta.
Immagino che il Consiglio regionale sia un luogo capace anche di riformare sé stesso. C'è un problema: chiunque abbia guidato o fatto parte di un ente locale, intuisce, entrando qui, la sovrabbondanza, la ripetizione, l'esercito di dipendenti e di sovrastrutture costruite intorno a questo luogo, così come intorno a tutta la macchina regionale. La riforma più difficile è quella della porta accanto, facciamola adesso che abbiamo una visione esterna, perché tra qualche mese tutti, io per primo, e poi quelli che sono seduti da quella parte, penseranno che addirittura la dotazione organica sia sottodimensionata, perché questo è il modo di pensare. È una condizione che invece deve passare attraverso una riforma coraggiosa; le riforme più coraggiose sono quelle della porta accanto, di ciò che ci sta vicino, e sono anche, ripeto, le più difficili da farsi. Immagino che il Consiglio regionale diventi soprattutto il luogo del confronto, e certamente il luogo dove le leggi si fanno, però i momenti decisionali ormai si spostano altrove. Il Consiglio regionale è il luogo del confronto, è il luogo decisionale ultimo, però è importante che il Consiglio regionale assolva il proprio ruolo e la minoranza, in particolare, assolva il ruolo di incalzare chi decide, chi ha il potere ultimo decisionale sulle idee e sulle cose, e non si riduca a praticare una tattica da guerriglia parlamentare, da filibustering, che logicamente porterebbe a riscrivere la rappresentazione della propria esperienza di governo solamente all'interno di una dinamica di puro potere, sino alle degenerazioni più estreme. La maggioranza ha contemporaneamente un obbligo, quello di non applicare questa visione delle cose, della Sardegna, ha cioè l'obbligo di non impelagarsi o farsi trascinare in una logica improntata alla visibilità personale, del proprio gruppo, della propria parte politica. Il voto segreto appartiene a logiche autoreferenziali del tutto estranee, del tutto lontane dalla logica che ci deve governare, che è quella che ha richiamato il presidente Pigliaru, ovvero la logica della nobiltà della politica, di una politica che assolva un servizio di rappresentanza, di tutela degli interessi della Sardegna, mandato che i sardi ci hanno affidato con la speranza che possiamo essere utili alla costruzione del loro futuro.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Luigi Crisponi. Ne ha facoltà.
CRISPONI LUIGI (Riformatori Sardi). Mi associo volentieri agli auguri che sono stati fatti a lei, presidente Pigliaru, al presidente Ganau e a tutta la Giunta regionale, e naturalmente anche agli onorevoli colleghi consiglieri. Mi associo anche ad alcune sottolineature che sono arrivate dai banchi del centrodestra, quelli dell'opposizione, da quei banchi che hanno sottolineato alcune questioni che sono state riportate nelle dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru. In modo particolare, io che rappresento un territorio in fortissima difficoltà, quello del Nuorese, così come rappresento un mondo in forte difficoltà, che è quello delle imprese, esprimo il mio rammarico, perché, vede, presidente Pigliaru, a quel mondo, al mondo attivo, operoso, quello che ha fatto parte di un circolo virtuoso che ha restituito tanto valore e tanta qualità alla nostra terra, lei ha dedicato solamente sei righe, eppure l'ha definito uno dei pilastri, soprattutto in funzione anticrisi. Ho visto anche che con quella definizione lei ha genericamente richiamato un ambiente favorevole, fatto di minore burocrazia e ridotta pressione fiscale. Siamo chiaramente d'accordo, però credo che il mondo delle imprese meriti ben altro: merita altre attenzioni, merita servizi, introduzione al credito, merita la ricerca di fondi per le leggi di sostegno ai vari settori, merita tutte quelle attenzioni verso i servizi che producono competitività. Mancano tutti i riferimenti possibili e immaginabili a ciò che può essere raccontato e raccomandato sul territorio come elemento di innovazione.
In molte parti della Sardegna, in modo particolare, come dicevo, nel Nuorese, manca completamente la fibra ottica, il Wi-Fi, l'ADSL, mancano tutti i riferimenti per le reti innovative energetiche, mancano cioè i riferimenti per poter dire che si possa fare attività di impresa competitiva. E se si parla di attività di impresa inevitabilmente si parla di lavoratori, di lavoratori autonomi, di collaboratori, di quei lavoratori che oggi soffrono e che lei comunque ha richiamato per un'impresa, l'IGEA, verso la quale naturalmente grande dedizione da parte di tutti coloro che hanno a cuore le sorti di questa grande impresa e del territorio in cui opera. Però di fatto lei, presidente Pigliaru, si è dimenticato delle dieci, cento, mille e forse diecimila imprese come l'IGEA che in questo momento soffrono sul nostro territorio. Sono le imprese di cui parlavo poc'anzi, alle quali mancano gli elementi essenziali per poter affrontare la durezza di una crisi che non accenna ad andar via. E quelle diecimila o centomila "IGEA" sono le rappresentanti di un consorzio civile al quale non possiamo far mancare il nostro sostegno per evitare che spengano definitivamente la luce. Lei non parla delle imprese del piccolo commercio, non parla del mondo sofferente dell'artigianato, non parla della situazione che tutte queste imprese oggi stanno affrontando.
Nel mondo del credito, per esempio, credo sia necessario fare un approfondimento davvero attento, che possa far capire a questo Consiglio ma anche a tutta la pubblica opinione cosa significhi oggi non poter accedere al credito, in quanto le banche si dimostrano aride nell'erogazione del credito verso le imprese così come verso i lavoratori e le famiglie. È un mondo che si contraddice in continuazione, tira fuori le unghie e mette le sue attività spesso in diretta concorrenza con il mondo imprenditoriale. Non credo che possa bastare il suo richiamo a un rafforzamento dell'attività dei consorzi fidi, non credo proprio, anche perché le famiglie non godono di nessun consorzio fidi. Come vede ci sono problemi sui quali questo Consiglio e in modo particolare la sua Giunta si dovranno certamente confrontare.
Molto breve, una sola parola, mi è parso anche il richiamo a una delle attività cardine, quella sì vero pilastro per il rilancio dell'economia regionale, ovvero l'attività turistica. Credo che quel mondo così importante, rappresentato da una filiera che produce oltre 50 mila occupati annualmente, con oltre 2.400 imprese attive nel comparto e nella filiera turistica, debba avere una particolarissima attenzione, grande dedizione, grandi risorse, grande impegno. Non credo si possa cadere ancora una volta nella trappola di dover parlare del turismo o di altri settori come compartimenti stagni. Io credo che invece si debba parlare di più di intersettorialità, e quindi ben venga il rapporto con il mondo che movimenta, l'utenza che movimenta i turisti con il rapporto con il paesaggio, con l'ambiente, con la cultura dell'identità. E proprio nell'identità vedo che manca un pilastro al quale si è fatto molto riferimento ultimamente sui media, ma che sembra già dimenticato, quello dei Giganti di Monti Prama, il simbolo più alto che mai si potesse immaginare per poter promuovere un rilancio definitivo del turismo, per stabilire una connessione reale tra il mondo del turismo e quello della cultura. Quelli sì sono autentici giganti, ma non vorrei che dopo essere rimasti per quarant'anni nei magazzini delle sovrintendenze ci si dimenticasse di questi elementi per noi straordinari, che possono rappresentare invece un modello di rilancio, una spinta propulsiva autentica non solo per il comparto dei beni culturali, ma anche per il grande seme dell'identità, di cui la Sardegna è ricca, straordinariamente ricca, e credo che questo Consiglio regionale, la sua Giunta in modo particolare, Presidente, debba fare su questo tantissime riflessioni.
Ma ho trovato anche una contraddizione nella sua esposizione, perché mentre lei ha richiamato, per fortuna e con convinzione, gli elementi del low cost, in una dichiarazione il suo Assessore in primis, l'Assessore dei trasporti, ne ha parlato in modo quasi distaccato, quasi che ciò che viene detto dall'Unione europea possa diventare motivo di ostacolo sul territorio regionale. Io non credo che possa esistere oggi in Sardegna altro strumento capace di restituire qualità economica, capacità numerica, rafforzamento settoriale in modo indistinto, quale quello del low cost. Lasciamo un'eredità importante, per fortuna avete a disposizione due elementi sui quali poter fondare la vostra attività: il primo è la continuità territoriale 1, capace di restituire valore in termini di presenze numeriche e soprattutto garantire libertà di circolazione a tutti i sardi, ai nostri emigrati, ai nostri giovani, ma anche e in particolare a quella massa critica, a quella popolazione turistica che lo scorso anno ha fatto crescere di oltre il 13 per cento le presenze turistiche in Sardegna. Il secondo elemento che lasciamo in eredità è la continuità territoriale 2, che è opera, valorizzazione della Giunta precedente e che sono sicuro saprà restituire, con la tariffa unica, vantaggio e valore all'intero territorio regionale. Come vede, tutti questi elementi ben si fondano per poter parlare davvero non di un'economia soltanto, ma di una serie di economie che saranno capaci, si spera, di restituire energia e sorriso al mondo delle imprese e ai tanti cittadini che in questo comparto operano con serietà da tempi lontani.
C'è però anche un'altra mancanza nella sua esposizione, presidente Pigliaru, c'è un'esposizione che dimentica le nostre campagne. Non c'è nessuna citazione a quegli elementi terribili che hanno fatto arretrare di decenni la buona produzione agricola. Mi riferisco alla lingua blu e alla peste suina, calamità sulle quali bisognerebbe fare invece una riflessione davvero approfondita per non dimenticare che ci sono luoghi che sono stati letteralmente inariditi da queste maledizioni che sembrano non voler lasciare il nostro territorio.
Presidente Pigliaru, pur con tutta l'attenzione che vogliamo dedicare alle vostre convinzioni, alle sue dichiarazioni programmatiche, noi non faremo certamente mancare il rigore nel censurare, nel verificare, nell'approfondire, ma, debbo dirlo, non faremo neanche mancare il nostro sostegno quando saranno proposte delle politiche capaci di interpretare realmente le esigenze delle imprese, delle famiglie, dei cittadini, e in primo luogo dell'intero territorio della nostra amata Isola. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Raimondo Perra. Ne ha facoltà.
PERRA RAIMONDO (Sardegna Vera). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, il programma preelettorale che ha portato la coalizione di centrosinistra al successo e le conseguenti connesse dichiarazioni programmatiche che lei, Presidente, ha illustrato a quest'Aula ieri mattina, sono per i Socialisti al di fuori di quest'Aula e per me, che da solo qui rappresento quel partito e i suoi valori, il punto di partenza per sviluppare il nostro progetto politico e dare il nostro contributo di idee ed esperienze per la soluzione dei problemi della Sardegna. Quanto questi siano gravi, difficili e complessi lo ha già ben illustrato lei, presidente Pigliaru, nella puntuale analisi che ha svolto quando ne ha indicato le questioni di carattere generale e quelle specifiche riferite ai principali settori della vita economica, sociale, culturale e relazionale della Sardegna. Voglio che lei sappia che i Socialisti che sono fuori da quest'Aula e io, che qui ho l'onore di rappresentarli, condividiamo totalmente quello che per noi suona come il comandamento numero uno: riavvicinare i cittadini alla politica e restituire alla pubblica amministrazione della nostra massima istituzione democratica la fiducia perduta. Ci batteremo al suo fianco e con maggiore vigore anche per affermare quello che è per noi il secondo comandamento, così come ce lo ha insegnato Pietro Nenni: portare avanti chi in questa Regione, per un motivo o per un altro, è rimasto indietro.
Certo, il nostro primo pensiero corre alle incolpevoli vittime dell'alluvione, che vivono ancora situazioni di disagio non più sopportabili, ma non dimentichiamo neppure i tanti studenti che vorrebbero, ma non possono studiare, né ci scordiamo dei tanti figli di questa terra che per affermare le loro qualità e la loro cultura sono stati obbligati a lasciare quest'Isola e rendono oggi, ai Paesi che li ospitano, uno straordinario servizio di qualità nel mondo della ricerca e del lavoro, alle università di tutta Europa e alle migliori imprese del mondo. Abbiamo l'obbligo morale e politico di permettere loro di rientrare a casa, se lo vorranno.
Un elemento molto convincente delle sue dichiarazioni programmatiche, presidente Pigliaru, è il metodo: gestire le emergenze con la massima attenzione possibile, ma con un occhio sempre vigile alla programmazione di medio termine. Abbiamo tante emergenze, ma non possiamo risolverle senza una visione. Il problema principale della nostra regione è il lavoro. I numeri citati nella sua relazione sono sconcertanti: il tasso di disoccupazione è giunto a livelli preoccupanti, il ricorso agli ammortizzatori sociali è in crescita esponenziale. C'è un'emergenza e ci deve essere una visione. Noi, da tempo, pensiamo che la soluzione al disequilibrio nel mercato del lavoro non siano le forme contrattuali, ma il costo del lavoro. Se riuscissimo a renderlo più leggero, anche solo per un tempo limitato, necessario al sistema per agganciare quel minimo di ripresa che si profila all'orizzonte, faremmo una buona politica e del bene al lavoro e alle imprese. Queste ultime devono essere messe in condizione di nascere, crescere, investire e stare sul mercato. Abbiamo il dovere di costruire un nuovo modello produttivo e un nuovo modello industriale, basato sull'aggregazione di piccole e medie imprese, in forma di distretti locali molto tecnologici, molto innovativi, molto aperti ai mercati esterni. Dobbiamo esaltare il buono che c'è nella cooperazione, possiamo investire nella vera chimica verde e nel comparto della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Possiamo concentrarci sulla formazione di competenze legate alle molte opportunità di occupazione nel prossimo ventennio, nel frattempo abbiamo decine di vertenze da gestire e migliaia di posti di lavoro a rischio. Ma quelle vertenze non possono essere un alibi per non progettare, così come i posti di lavoro sono un problema da risolvere; non è un ricatto che nel tempo si trasforma in illusione. Né ci possiamo permettere di subire il ricatto del consumo dell'ambiente con lo spauracchio dei posti di lavoro, perché oggi abbiamo 440 mila ettari inquinati, un sesto del territorio regionale, che di fatto sono sottratti a qualunque politica di sviluppo, e a fronte di ciò i posti di lavoro continuano a diminuire. La buona politica ricerca gli equilibri, nel nostro caso occorre trovare l'equilibrio tra tutela e uso del territorio.
Ha ragione lei, Presidente, ci vogliono anche politiche keynesiane, una di queste è un grande cantiere di bonifica: nel breve periodo dà lavoro e risolve le emergenze ambientali, nel periodo medio restituisce il territorio alle politiche di sviluppo. Per una regione come la nostra il settore primario resta sempre il principale versante produttivo. L'asprezza e la profondità della crisi ci obbliga a una fotografia veritiera, reale delle attuali condizioni del nostro sistema agricolo, chiamandoci alla responsabilità di scandagliare accuratamente i mutamenti economici, sociali e ambientali avvenuti, per comprendere le cause e prevedere le possibili evoluzioni. Nel contempo, però, ci propone una sfida che abbiamo il dovere di cogliere per ripensare lo sviluppo che vogliamo consegnare alla Sardegna. L'agricoltura può e deve tornare a essere l'architrave del nostro sistema economico e sociale, deve continuare a essere quella chiave di volta su cui sono stati costruiti millenni di rapporti economici, sociali e culturali, deve riappropriarsi della sua naturale capacità di disegnare il paesaggio rurale e di tutelare un intero ecosistema che, mai come oggi, necessita di sentinelle vigili e attente. Per fare questo le iniziative che, a mio avviso, è necessario intraprendere devono muoversi sullo sfondo di una battaglia anche culturale che coinvolga tutti gli attori del ciclo agroalimentare, affinché le nostre comunità si riapproprino di un modo nuovo di guardare all'agricoltura, con l'ingresso di nuove generazioni nel mondo della campagna, l'aggregazione delle imprese, la realizzazione di filiere produttive in tutti i comparti. Penso anche alla necessità di istituire distretti produttivi di qualità, quali opportunità di aggregare in obiettivi di innovazione e competitività le imprese del comparto, e quindi penso a una legge regionale che accompagni il sistema cooperativo agricolo sardo verso interventi strutturali capaci di introdurre elementi di innovazione sostanziale e soprattutto una gestione manageriale più al passo con i tempi.
Lei ha fatto bene, presidente Pigliaru, a richiamare la centralità del lavoro. Noi siamo d'accordo con lei e pure con il nuovo corso che in merito ha assunto la dottrina sociale della Chiesa, ma voglio aggiungere che non possiamo ignorare il pericolo, sempre più insidioso, che tende a porre l'enorme massa di disoccupati davanti all'alternativa: o il lavoro o la salute. Non possiamo permettere che esista questa alternativa, perché lavoro e salute sono non solo due diritti costituzionalmente garantiti, ma due diritti naturali dell'uomo, che dobbiamo proteggere e salvaguardare dagli effetti nefasti che una scriteriata gestione ambientale può determinare. Lei ha fatto riferimento, presidente Pigliaru, a un impegno di questa Giunta a favore della qualità della vita delle persone. Affermo che il primo elemento di qualità della vita di un uomo è il binomio lavoro e salute: non ci sarà garanzia di salute per i sardi se non ci sarà una forte attenzione per l'ambiente e i suoi rischi di inquinamento di aria, acqua e suolo, a causa di sciagurate politiche industriali e di iniziative di spregiudicata antropizzazione degli spazi di vita e degli ambienti di vita e di lavoro.
Se vogliamo ridurre la congestione del sistema ospedaliero, il costo della spesa farmaceutica, prevenire le malattie che originano dagli anomali stili di vita e dagli ambienti di lavoro abbiamo solo una strada da percorrere: creare un sistema di reti integrate tra ospedale e territorio e spostare il baricentro della salute dall'intervento riparativo svolto dall'ospedale verso la medicina preventiva, organizzata nel territorio, unica sede dove può davvero trovare realizzazione. Noi ci aspettiamo che utilizzando le migliori competenze, le migliori esperienze, ma anche, mi consenta, signor Presidente, le più intense passioni verso il bene della Sardegna, si mettano in atto tutti gli strumenti necessari, soprattutto in termini di monitoraggio e di previsione degli effetti dannosi, che consentano di intervenire prima che i fatti negativi si verifichino. Cito per tutti il fenomeno negativo oggi in campo: la cosiddetta "lingua blu".
La mia personale esperienza di lavoro, ormai ultradecennale, mi ha insegnato che non sono le professionalità che mancano in questa regione, è carente invece la cultura del lavoro organizzato per sistemi pure complessi, ma verificati e certificati in termini di sicurezza delle procedure e di efficacia dei risultati, anche avvantaggiandoci delle esperienze di regioni del mondo simili a noi per caratteristiche socioeconomiche e culturali che possono permetterci di riguadagnare il tempo perduto.
Il tempo tiranno mi costringe a concludere questo mio intervento, ma sono certo che non mancheranno occasioni in cui non solo potremo proseguire questo ragionamento, ma anche trovare le soluzioni giuste di cui riterremo di aver bisogno. Auguri pertanto di buon lavoro, signor Presidente, a lei ma anche a noi, perché sono personalmente certo che lei non verrà meno ai valori del pluralismo di questa Assemblea che rappresenta e alla migliore qualità delle idee che essa può offrire a vantaggio della comunità della Sardegna. Da questo punto di vista io personalmente e il Partito Socialista Italiano, che rappresento, non le faremo mancare il nostro contributo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Angelo Carta. Ne ha facoltà.
CARTA ANGELO (PSd'Az). Presidente Ganau, presidente Pigliaru, Assessori, colleghe e colleghi, nella lettura delle dichiarazioni programmatiche rese ieri dal Presidente della Regione ho cercato di spogliarmi di quello che è il ruolo di consigliere regionale, ho cercato di leggere tali dichiarazioni come sardo, come cittadino della Sardegna che aspetta di conoscere quali sono gli intendimenti del Presidente eletto e della Giunta che è stata nominata per procedere speditamente verso la risoluzione dei gravissimi problemi della Sardegna.
È stato detto che le dichiarazioni programmatiche contengono principi facilmente condivisibili, facilmente difendibili, se fosse necessario, però ci sono aspetti che sicuramente non vengono indicati. La domanda è: perché non sono stati indicati? Io non ho dubbi che il presidente Pigliaru sia a conoscenza di tutti i problemi della Sardegna e non ho neanche dubbi che abbia le ricette giuste, ma perché non sono state scritte nelle dichiarazioni programmatiche? Perché non ci è stato detto quali sono le soluzioni che si propongono ai problemi? Non basta, e non è bastato sicuramente, nel ruolo che egli ricopre, leggere venti pagine dense di principi, di cose condivisibili, di cose importanti, a volte scontate, ma credo che da oggi in avanti siano assolutamente imprescindibili, così come sono imprescindibili la trasparenza e l'onestà. Mi riferisco a temi come la lingua, l'identità, il turismo, l'ambiente, l'agricoltura, la cultura, il sovranismo.
La maggioranza composita che sostiene il Presidente ha al suo interno forze politiche che hanno costituito un gruppo che si chiama Soberania e Indipendentzia, e parlare di indipendenza, anche con i titoli che vediamo oggi sui giornali, impone di prendere comunque le distanze da derive di questo genere, perché per il Partito Sardo d'Azione, e credo per tutti quelli che hanno a cuore questo importante traguardo della nostra Isola, è assolutamente indubbio che vi sia la più ferma condanna di ogni deriva violenta rispetto alla ricerca di un risultato di quel genere. Ecco perché nel parlare di sovranità e nel parlare di un nuovo ruolo che la Sardegna deve avere con lo Stato italiano e con l'Europa bisogna chiedersi qual è il disegno, qual è la soluzione, come intendiamo proiettare la Sardegna in Europa. Vogliamo che la Sardegna ragioni come uno stato, seppure ancora non lo sia, vogliamo che il popolo sardo sia rappresentato in maniera importante all'interno del consesso europeo, vogliamo che i rappresentanti del popolo sardo vadano a Roma a discutere con il Governo di patto di stabilità, di zona franca, di nuova fiscalità, di tutte le componenti importantissime che fanno parte della ricerca di uno sviluppo. Bene, ma in che modo vogliamo andarci, su quali basi il Consiglio e la Giunta si pongono come un unico soggetto per proporre, discutere e combattere, se necessario, con lo Stato?
Ecco questi sono probabilmente gli aspetti che più ci colpiscono per la carenza delle soluzioni proposte e credo che invece sia importante che il Presidente della Regione dia una risposta su questo, perché la guida verso il confronto con lo Stato e l'Europa è il Presidente della Regione.
Stamattina ho apprezzato moltissimo l'intervento in sardo del collega Zedda, perché la lingua non è una banalità, la lingua non è un qualcosa di più, non è folclore, la lingua è una cosa importante. Pensiamo allo sforzo che deve fare a scuola un bambino di lingua madre sarda: elabora la frase in sardo e deve tradurla in italiano perché la capiscano. Credo quindi che sia indispensabile che la lingua sarda possa entrare a pieno titolo nella scuola come materia di studio.
Turismo: io vengo da un comune dove il turismo è una voce importante della nostra economia e abbiamo un problema che va risolto, quello dell'integrazione tra zone interne e zone costiere. Stiamo cercando di mettere in campo dei progetti, stiamo cercando di creare concretamente questo collegamento, perché senza le zone interne i turisti continueranno a venire nella nostra regione per fare il bagno in mare, ma non per "vivere" la Sardegna. Anche su questo è necessario e importante dire di più.
Ambiente: il discorso sul Parco nazionale del Gennargentu è un capitolo chiuso, un capitolo che non deve più sussistere, però è necessario mettere in campo un progetto importante, perché l'ambiente, come è stato detto, è valorizzazione. "È" come voce del verbo essere. Sono d'accordo sul fatto che è dalla valorizzazione dell'ambiente che comincia uno sviluppo serio.
Agricoltura: questo argomento non può essere relegato a una riga, è un argomento importante, sul quale dovevamo sentire e vogliamo sentire quello che il Presidente e la Giunta hanno da dire.
Sull'assetto istituzionale, le province, i piccoli comuni, si deve dire cosa si vuole fare, si deve indicare la via che si vuole seguire. È necessario dare uno scatto, essere coraggiosi nelle scelte ed è indispensabile che queste scelte vengano esplicitate.
C'è una frase che mi ha colpito nella sua relazione, a pagina 2: "Un confronto, dunque, basato sul reciproco coraggio di evitare il ricorso a facili proposte demagogiche che, nella loro insostenibilità economica e inefficacia di risultati concreti, creano prima illusioni e poi ulteriore sfiducia". Io non so a chi si riferisca, posso immaginare che si riferisca ai "zonafranchisti", ai sovranisti o a tutti e due. Sulla zona franca io credo che una cosa sia indiscutibile: abbiamo un decreto legislativo, il numero 75 del 1998, ribadito dalla legge numero 20 del 2 agosto 2013 Si deve fare la perimetrazione dei punti franchi lì individuati. Su questo credo non si possa tergiversare, né possono esserci diverse interpretazioni. La perimetrazione dei punti franchi va fatta e va fatta in fretta. Quello è un punto di partenza, quelle sono delle aree nelle quali possiamo veramente progettare e in qualche maniera provare che si tratta di una buona idea, quindi sicuramente questo è un passo importante.
Sul patto di stabilità è necessario, giustamente, fare una battaglia con lo Stato perché si tratta piuttosto di un "patto di stupidità", com'è stato definito ultimamente a Roma e a Parigi. Avere i soldi e non poterli spendere è una colossale sciocchezza, come Keynes diceva e come lei ha ribadito.
Per quanto riguarda l'assetto istituzionale tutti abbiamo rilevato che la legge elettorale che è stata approvata nella precedente legislatura ha prodotto effetti nefasti, sia perché non ha garantito la parità di genere, sia perché ha determinato la non rappresentanza di alcuni territori, inoltre ha fatto sì che delle forze politiche che pure hanno avuto un grandissimo consenso siano rimaste fuori da questo Consiglio. Allora noi torneremo sul tema dell'Assemblea costituente, che può essere non un risarcimento per le forze politiche escluse, ma uno strumento per il loro coinvolgimento, per poter dare tutti un contributo originale per un nuovo assetto istituzionale alla nostra isola.
Per quanto riguarda la formazione professionale, io sono sindaco e ai giovani che vengono a chiedermi un lavoro chiedo: "Che scuole hai frequentato?". Nel mio comune c'è il liceo scientifico, dopo la scuola media i ragazzi frequentano per un paio d'anni il liceo, dopo vanno a fare i camerieri o i manovali. "Conosci un mestiere, sai fare un lavoro?" Non sanno fare un lavoro, ma dove posso indirizzare un giovane per imparare un mestiere? Avevamo l'Enap, una buona scuola nella quale sono stati formati elettricisti, idraulici, meccanici, e tutto questo è stato cancellato, insieme sicuramente a degli sprechi, a degli abusi che andavano assolutamente eliminati, ma non poteva essere cancellata la formazione professionale, perché ne stiamo subendo conseguenze veramente nefaste.
A proposito di apprendistato, non c'è più un'azienda che assuma un apprendista. Allora è necessario metterci mano, è necessario semplificare, è assolutamente necessario intervenire per consentire alle aziende di accettare di nuovo il ragazzo in bottega. Senza il ragazzo in bottega esperienze importanti come l'artigianato artistico stanno scomparendo e invece potrebbero rappresentare un'ottima opportunità per i nostri giovani.
Per concludere, la nostra non è una posizione aprioristicamente contraria rispetto alle proposte che ci perverranno. Noi attendiamo le proposte, ma naturalmente l'opposizione sarà battagliera, come lei l'ha definita, Presidente, ma non potrà essere sicuramente nulla di più e nulla di meno che un contributo per cercare di risolvere i gravi problemi della Sardegna.
PRESIDENTE. Con questo intervento si concludono i lavori antimeridiani. Il Consiglio è riconvocato alle ore 16 di questo pomeriggio. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Cozzolino.
La seduta è tolta alle ore 13 e 47.
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Allegati seduta
Testo in lingua italiana dell'intervento del consigliere Paolo Zedda
Presidente del Consiglio, Presidente della Regione, onorevoli consigliere e consiglieri, ho molto apprezzato il documento programmatico in cui il nostro Presidente ha indicato come proseguire nei prossimi cinque anni, con gli stessi propositi, chiari e concreti, con i quali ha guidato la coalizione di centro sinistra nei mesi appena passati e l'ha portata a vincere.
Avevo allora ammirato il coraggio nell'individuare le ragioni più profonde della crisi epocale che stiamo vivendo, il coraggio nel proporre soluzioni effettive e non populistiche. Ammiro oggi la coerenza nel proseguire in quella direzione, per nulla facile né agevole, per l'efficienza della pubblica amministrazione e in tutti i servizi pubblici, la spinta agli investimenti e alla crescita economica, l'aumento del livello medio di istruzione e formazione; sono i tre punti alla base del nuovo e nostro programma di governo. Specialmente quest'ultimo, il potenziamento della scuola e dell'istruzione è, a mio parere, il regalo che subito dobbiamo impegnarci a fare alle future generazioni, perché le nazioni che dieci, venti e trenta anni fa hanno investito nell'istruzione dei loro giovani, sono quelle che oggi hanno un livello più alto di benessere. E il destino delle nuove generazioni è il primo problema che dovremmo portare a soluzione se vogliamo che i nostri figli crescano in un mondo dove non manche la speranza.
I numeri della crisi che la Sardegna sta oggi vivendo fanno paura: la disoccupazione, la calata del PIL, lo smembramento delle industrie, le nuove povertà, i disagi sociali sono sicuramente delle emergenze e pure gravi. Ma noi, e ora cito lo stesso presidente Pigliaru, non ci possiamo permettere di correre solo dietro alle emergenze, di più queste non sono le sole emergenze che abbiamo.
La nostra lingua è stata una delle guide che più di trent'anni fa, ha orientato la crescita e l'ascesa fino al governo del Partito sardo, allora guidato dallo scomparso Mario Melis. La questione della lingua è stata uno dei motori del sardismo e una delle icone del nuovo concetto di nazione sarda. Eppure, ancora oggi, il percorso del bilinguismo non è cominciato, ancora non abbiamo testi scolastici, né sussidiari, né libri di lettura, né dizionari, né antologie di letteratura in lingua sarda.
La legge 482 del 1999, legge nazionale si badi bene, è completamente disapplicata, il sardo non viene usato nelle istituzioni come l'italiano, e i sardi, anche volendolo, non possono studiare a scuola la loro lingua al pari delle altre materie.
Eppure noi oggi sappiamo bene che dove si insegna la lingua locale la dispersione scolastica è più bassa, perché i bambini che parlano italiano e sardo imparano prima a leggere, si concentrano meglio, risolvono meglio i problemi complessi, imparano più in fretta l'inglese. Tutti gli studi medici concordano in tal senso. Sappiamo bene che il monolinguismo italiano è fuori tempo, e che prima cominciamo a usare il plurilinguismo, meglio è. E sappiamo anche che una politica linguistica bene indirizzata potenzia l'attrattiva turistica e da orgoglio e identità al popolo a cui appartiene. Sappiamo che ogni popolo ha il diritto di conoscere e studiare la sua lingua: lo afferma la legge regionale sarda 26 del 1997, lo afferma la legge italiana 482 del 1999, lo afferma la corte europea delle lingue minoritarie e regionali firmata dall'Italia nel 2000. Ma i dati sono drammatici: a fronte di una percentuale di anziani parlanti il sardo superiore all'80 per cento, i giovani non parlano più in sardu, se non con rarissime eccezioni. Questo significa che la nostra lingua, il più grande monumento che la nostra storia è riuscita a creare, dopo mille anni di vita, ha perso la capacità di riprodursi e sta morendo nelle nostre mani. E questa non è forse un'emergenza?
Il patrimonio immateriale della Sardegna è immenso. Nessuna regione d'Italia può essere messa a paragone. Le "launeddas" sono il più antico strumento polifonico documentato al mondo, ma ancor più la musica del suono delle canne è una meraviglia dell'arte che non ha tempo e vanta armonie complesse, ricche, sublimi e uniche. Il canto de pastori sardi, quello detto "a tenore" o canto "a bassu e contra" è l'unico esempio di voce difonica strutturata in modo armonico; nessun'altra civiltà ha prodotto un canto come questo. La poesia degli improvvisatori sardi vanta una ricchezza di sistemi metrici e di strutturazione che non ha eguali. È diffusa e apprezzata in tutta l'Isola ed è la fonte di produzione letteraria in lingua sarda più produttiva e feconda. Il canto gallurese con la chitarra e i canti polifonici della Settimana santa sono, senza alcun dubbio, espressioni di livello artistico altissimo.
Tutto questo patrimonio, monumento immateriale della civiltà e della storia sarda, sta andando perduto per l'assenza di strumenti di difesa e per ignoranza: lo dobbiamo dire, perché le istituzioni non hanno coscienza che queste arti esistono e ancora di più, non hanno compreso quanto valgono. E è una nostra precisa responsabilità tutelarle, perché se la lingua o la musica jazz si perdono in Sardegna, ci sarà pure qualche stato al mondo che le difende e dà loro vita. Ma se non proteggiamo noi il canto "a tenore" o la poesia degli improvvisatori, o le "launeddas", moriranno per sempre e nessun altro popolo al mondo le potrà conservare se non lo facciamo noi soli. Dobbiamo sentire tutto il peso di questa responsabilità che, in quanto componenti di questo parlamento, ci impegna e verso la quale noi ci siamo impegnati.
Presidente, noi, rosso-mori e sovranisti, vogliamo che questi cinque anni a venire siano anni di rinascita economica e sociale, ma anche culturale e artistica, che i nostri figli apprendano tutti a parlare correntemente l'inglese, ma che possano anche studiare la letteratura sarda a scuola, se lo desiderano; che i laureati siano almeno uno ogni tre, come nei più avanzati stati europei (e non più uno ogni sei), ma che conoscano anche la storia dei nuraghi, come quella romana, quella dei giudicati, quella piemontese; che a teatro si continui ad ascoltare il jazz, la musica sinfonica e lirica, ma anche che nelle scuole si trovino archivi e scenari, con propria dignità e prestigio, riservati alla grande musica della nostra tradizione.
Vogliamo che negli anni futuri la nuova ripresa economica, l'amministrazione più trasparente ed efficiente, il riordino delle infrastrutture, avanzino di pari passo con il rinascimento culturale, con la voglia di preservare i patrimoni, materiali e immateriali che la storia e la natura ci hanno donato, con un'attiva coscienza di popolo e con la visione di una Sardegna nuova, più forte, più sana, più bella e più sarda. Perché l'uomo ha bisogno di bellezza, di emozioni e di sentimenti, quanto ogni giorno sente il bisogno di lavoro, di denaro e di pane, e perché la lingua, la musica, la poesia e le tradizioni hanno fatto della gente sarda un popolo e una nazione. E noi siamo qui per essere al servizio di questa nazione.
Buon lavoro a tutti e che Dio ci aiuti.