Seduta n.86 del 20/01/2010 

LXXXVI SEDUTA

(ANTIMERIDIANA)

Mercoledì 20 gennaio 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 28.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana di mercoledì 16 dicembre 2009 (79), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che il consigliere regionale Antonio Cappai ha chiesto congedo per la seduta antimeridiana di mercoledì 20 gennaio 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, il congedo si intende accordato.

Annunzio di presentazione di disegno di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:

"Riforma del Servizio sanitario regionale. Modifiche alla legge regionale 28 luglio 2006, n. 10". (96)

(Pervenuto il 12 gennaio 2010 e assegnato alla settima Commissione.)

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Dedoni: "Partecipazione della Regione autonoma della Sardegna alla costituzione, quale socio fondatore, della 'Fondazione Andrea Parodi'". (94)

(Pervenuta il 17 dicembre 2009 e assegnata alla ottava Commissione.)

Pitea - Randazzo - Tocco: "Intervento urgente a favore della promozione all'estero dell'industria agroalimentare tipica della Sardegna". (95)

(Pervenuto il 7 gennaio 2010 e assegnata alla sesta Commissione.)

Annunzio di interrogazione

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione dei lavoratori della CoSacem". (206)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Poiché devono trascorrere dieci minuti dall'inizio della seduta prima di poter procedere a una votazione, sospendo la seduta sino alle ore 10 a 40, con la preghiera ai Capigruppo di richiamare i consiglieri in aula. Sono passati oltre trenta minuti dal previsto orario di inizio della seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 31, viene ripresa alle ore 10 e 41.)

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che in data 19 gennaio 2010 il Gruppo U.D.C. (Unione Democratici Cristiani e Democratici di centro) ha nominato Presidente l'onorevole Sergio Milia.

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Abrogazione dell'articolo 5, comma 6, della legge regionale 16 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale delle attività commerciali), recante l'inderogabilità della chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio in determinate festività" (13-15/A) della proposta di legge Cuccureddu: "Abrogazione del divieto di apertura degli esercizi commerciali nelle giornate festive" (13/A) e del disegno di legge: "Modifiche alla legge regionale n. 5 del 2006 in materia di orari degli esercizi commerciali" (15/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale del testo unificato numero 13-15/A.

Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Mantengo la richiesta di verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, poiché la richiesta non è appoggiata da un altro Capogruppo non può essere accolta.

Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Signora Presidente, stamattina, in un'Aula disattenta, dobbiamo procedere all'esame di una modifica della disciplina generale delle attività commerciali e in particolare dell'articolo della legge numero 5 del 2006 che tratta della deroga alla chiusura degli esercizi commerciali nelle festività del 1º gennaio, del giorno di Pasqua, del 25 aprile, del 1º maggio e del 25 e 26 dicembre.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bruno. Prego i colleghi di prendere posto perché non si possono proseguire i lavori con questo brusio in aula e questa disattenzione. Chi deve conversare lo può fare fuori dell'aula. Grazie.

Prego, onorevole Bruno.

BRUNO (P.D.). In particolare il disegno di legge della Giunta e la proposta di legge presentata dal consigliere Cuccureddu di fatto abrogano il divieto di apertura degli esercizi commerciali in quelle giornate festive. La legge numero 5, che è stata approvata dal Consiglio regionale nel 2006, con otto anni di ritardo, di fatto ha recepito la legge Bersani e disciplinato il settore del commercio.

Voglio sottolineare, in questo breve intervento, alcuni aspetti anche di criticità rispetto alla modifica che stiamo per discutere e votare. La deroga alla chiusura nelle festività riguarda dei giorni particolari, ossia Natale, Pasqua, il 1º maggio - festa dei lavoratori - e così via, quindi pongo alcuni problemi che magari possono essere affrontati, discussi e forse risolti. Intanto noi abbiamo discusso e approvato la legge numero 5, e mi riferisco al recepimento della legge Bersani, avendo come obiettivo quello di razionalizzare il settore, ma anche...

Presidente, con questo brusio non riesco a parlare.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Bruno. Onorevole Pittalis, onorevole Sanna, onorevole Meloni, per cortesia, consentite all'oratore di svolgere il suo intervento.

BRUNO (P.D.). Magari chi è impegnato al telefono può uscire fuori, no?

PRESIDENTE. Onorevole Giampaolo Diana, per cortesia, può chiudere la comunicazione? Grazie.

BRUNO (P.D.). Dicevo che abbiamo tentato soprattutto di fronteggiare la grande distribuzione e in qualche modo di recuperare, anche attraverso il sistema dei centri commerciali naturali, il tentativo di mettere a sistema gli esercizi commerciali, di trovare la formula, con misure ben precise e il supporto dei centri di assistenza tecnica, promossi magari dalle associazioni di categoria, per riequilibrare la situazione e anche il mercato, soprattutto nei nostri centri urbani.

Avendo individuato un sistema per quanto riguarda l'apertura domenicale, ossia la concertazione tra gli enti locali, le associazioni di categoria e i sindacati, in una Sardegna che nella legge è considerata turistica nella sua globalità, tant'è che nella scorsa legislatura non abbiamo ritenuto opportuno distinguere i centri turistici da quelli non turistici, uniformando di fatto tutti i comuni sardi, resta un problema in rodine all'apertura nelle citate giornate festive, che è quello dei diritti dei lavoratori. E' vero che non spetta al Consiglio regionale controllare questo aspetto, però credo che dobbiamo inserirlo tra i problemi, perché attiene al rispetto del contratto dei lavoratori, all'esigenza di una turnazione effettiva, alla necessità che anche nelle festività - lo dico anche ai colleghi del centrodestra - ci sia una tutela della famiglia, per la quale alcune feste particolari rappresentano un momento di unità che con questo sistema probabilmente mettiamo a rischio.

Ci sono, dicevo, alcuni problemi. Intanto se noi diamo ai sindaci, che di fatto devono sentire le organizzazioni sindacali e le associazioni di categoria, il cui parere però non è vincolante, la facoltà di consentire sempre l'apertura degli esercizi commerciali e se consideriamo turistica tutta la Sardegna, quindi senza zone predeterminate, diamo un potere enorme ai sindaci e comunque anche la possibilità di fare, attraverso le scelte che riguardano, così come deve essere, i loro comuni, delle discriminazioni tra un comune e l'altro. E' infatti possibile una rincorsa ad aprire magari in comuni dove non vi è questa necessità, non essendo ubicati in zone turistiche. Fronteggiare la grande distribuzione, perché per come sono organizzati è probabilmente più facile per i grandi centri commerciali aprire nelle festività, costringendo in qualche modo i piccoli esercenti a fare altrettanto, può compromettere a volte la stessa vita dei lavoratori. Mi chiedo, insomma, se effettivamente questa norma, che va verso la liberalizzazione, che comunque tiene conto dei consumi delle famiglie, del cambiamento delle abitudini, delle tendenze dei consumatori - lo avevamo rilevato anche nel corso della discussione che abbiamo fatto nel maggio del 2006 -, garantisca una maggiore flessibilità dell'offerta, in termini di prodotti e di orari di apertura, ma io direi anche la ricerca della qualità e della professionalità all'interno degli esercizi commerciali.

La micro e piccola impresa rappresenta circa il 93 per cento del sistema distributivo commerciale, eppure realizza - dicono i dati - il 30 per cento del fatturato complessivo, mentre la media e grande distribuzione in Sardegna rappresenta solo il 7 per cento delle imprese e realizza il 70 per cento del fatturato del mercato isolano. La grande distribuzione occupa una media di 130,9 metri quadri ogni mille abitanti, contro una media di 130 metri quadri nell'Italia centrale e di 87 nel Nord Italia. Allora io credo che dobbiamo capire se il sistema della "McDonaldizzazione" serva effettivamente alla Sardegna, se tuteli effettivamente gli esercizi commerciali sardi o se occorra fare qualcosa di più, forse anche nella disciplina dei centri commerciali naturali. Insomma, credo che occorra una riflessione approfondita da parte di questo Consiglio regionale per verificare se effettivamente sia utile lasciare ai sindaci la facoltà di stabilire l'apertura degli esercizi commerciali anche nelle giornate di Natale e Pasqua. Pur tenendo conto del fatto che in alcune località, penso anche alla mia città, la stagione turistica inizia a Pasqua e si conclude a novembre, mi chiedo se per quanto riguarda alcune giornate particolari, ripeto e sottolineo Natale e Pasqua, sia giusto dare questo segnale sulla facoltà di apertura degli esercizi commerciali.

Pur con questi dubbi e tenendo conto dell'astensione del mio Gruppo in Commissione, affronterei la discussione con molta apertura, nel tentativo di favorire il dialogo, di non liquidare semplicemente con un voto quella che alcuni definiscono una leggina, che però si inserisce nella vita delle nostre città e dei nostri paesi. Noi riteniamo, e presenteremo una proposta in merito come Gruppo, che occorra disciplinare meglio la vita delle nostre comunità locali e quindi anche gli orari, gli spazi. In altre regioni d'Italia c'è una legge che riguarda i tempi delle città e credo che occorra riproporla, nella sua complessità, quindi non limitandola agli esercizi commerciali. Occorre riparlare dell'uso del tempo, della programmazione del tempo nelle nostre città, anche di banche del tempo, di come effettivamente i cittadini possono mettere a disposizione il loro tempo per la collettività e magari ricevere in cambio dei servizi da parte della stessa comunità in cui vivono. La materia è abbastanza complessa, per cui credo che sia riduttivo non affrontarla e semplicemente passare al voto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, colleghi, la legge in discussione dimostra, da un certo punto di vista, la modalità del tutto incongrua con la quale si cerca di intervenire anche rispetto alle condizioni congiunturali. La relazione di accompagnamento motiva questa norma anche in ragione della crisi economica. Punto primo: la crisi economica ha un'ampiezza e una complessità di lungo periodo, per quel che possiamo capire anche dagli indici di ripresa economica che ci vengono segnalati dalle fonti del Governo, che credo siano indiscutibili per quanto ottimistiche. Ci vorrà qualche anno, più di qualche anno perché possiamo considerare a regime una condizione di normalità. Quindi questo modo episodico di procedere dimostra una modalità miope del legislatore nell'affrontare una necessaria revisione più generale di questa materia, che non si esaurisce risolvendo questo specifico problema, magari "citofonato" da qualcuno.

Secondo: la norma che si propone non tiene conto di un aspetto che, a mio giudizio, viola alcuni presupposti. La questione è particolarmente ricorrente anche in altre circostanze. Oggi i contratti individuali di lavoro prevedono il rispetto di alcune festività e il riposo settimanale, per cui i datori di lavoro non possono violare i contratti individuali di lavoro, se non attuando atteggiamenti coercitivi nei confronti dei lavoratori, in dispregio dei loro diritti. Questa norma confligge con le clausole previste nei contratti individuali di lavoro e bisogna, quindi, mettersi d'accordo. Gli unici che ne potrebbero beneficiare sono gli esercizi commerciali a conduzione familiare, che non hanno oggettivamente questa obbligazione. E come si fa a dare la possibilità, in un regime di pari opportunità, agli esercizi che lo possono fare, cioè quelli a conduzione familiare, di poter aprire in quei giorni, se la decisione spetta al sindaco, sentite le organizzazioni di categoria? E' ovvio che in molti casi questa decisione può comportare una vessazione nei confronti di qualche tipologia di esercizio commerciale, perché evidentemente non ci sono condizioni di convenienza da parte degli altri e quindi si va indirettamente a ledere il principio della libera concorrenza. Questo perchè c'è un organismo rappresentativo che può porre veti e magari impedire agli esercizi a conduzione familiare o derivanti da attività artigianali, molte delle quali interessano questo provvedimento, di esercitare l'attività proprio in quelle date, nei luoghi e nei momenti in cui è maggiormente utile.

Credo che sarebbe più opportuno, signor Assessore, signor Presidente della Commissione, che questo argomento fosse affrontato in un clima di maggiore attenzione. Perché, per esempio, di fronte alla crisi, non dare maggiori possibilità ai produttori o agli artigiani? Sto parlando anche dei produttori agricoli, perché con tutte le "uscite", diciamo così, dell'Assessore dell'agricoltura, che sta pian piano, con dolcezza, portando l'agricoltura nel baratro, non riusciamo a risolvere i problemi degli agricoltori. Molte Regioni sono intervenute in via legislativa per dare ai produttori la possibilità, in determinate date e senza fare la trafila burocratica per acquisire una serie interminabile di autorizzazioni, di poter esercitare la vendita diretta dei loro prodotti, che nelle circostanze di festa o di particolare attenzione da parte del pubblico potrebbe offrire anche una ragione di pubblicità e di marketing di determinati prodotti in termini di qualità.

Ho fatto solo alcuni esempi per dire come la fretta sia sempre cattiva consigliera di fronte all'esigenza di rimettere in discussione alcune questioni su cui abbiamo legiferato in tempi, diciamo, di calma, per non dire di stagnazione economica. Se vogliamo fare una norma che renda il settore commerciale più competitivo dovremo tenere conto di queste difficoltà e di queste contraddizioni e semmai cercare di valorizzare alcuni settori del commercio potenziale che proprio in determinate circostanze e nel rispetto comunque delle leggi e dei contratti collettivi risultano opportuni.

Voglio anche ricordare, ma l'Assessore lo sa certamente, che noi siamo purtroppo nella condizione, rispetto alle deroghe e ai contratti individuali di lavoro, in cui molti giovani, per esempio, si trovano costretti a sacrificare il loro rapporto con le famiglie, il loro diritto al tempo libero in ragione di un atteggiamento che alla fine risulta essere vessatorio dei loro diritti fondamentali di lavoratori sanciti dalla legge. Credo pertanto che i motivi di riflessione ci siano e che riflettere assieme ci aiuterà a contemplare più aspetti e a definire una norma che sia davvero di utilità, perché tutti noi vogliamo che questa possibilità sia data, ma senza violare i principi di concorrenza e di legalità, affinché rappresenti davvero un'occasione per tutti di offrire sul mercato le cose migliori che siamo in grado di produrre.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Una volta era molto diverso, perché si partiva da un principio condiviso e affermato da tutti, e cioè che, così come qualcuno insegnò, il settimo giorno era dedicato al riposo. Così era. Io ho l'età per ricordare un periodo in cui la domenica era sacrosanta, non esisteva alcuna possibilità di apertura dei negozi, perché era una giornata santificata non solo da chi professava fede con convinzione, ma anche dal mondo laico, in quanto rappresentava il giorno del giusto riposo, a iniziare dai lavoratori. La domenica mattina si facevano delle eccezioni, aprivano cioè alcuni esercizi artigianali, come le pasticcerie, la cui attività, che si svolgeva nella notte precedente, consentiva di rendere più piacevole il giorno di festa, grazie alla possibilità di consumare dolci e pasticceria fresca. Aprivano poche altre attività artigiane, come i barbieri, che servivano soprattutto i lavoratori, i contadini e i pescatori, e recuperavano la festività con l'intera giornata del lunedì, così come le pasticcerie fanno ancora oggi. In più erano operativi i servizi di pubblica utilità: penso alle forze dell'ordine, al Corpo di polizia municipale, agli ospedali. Per il personale addetto a questi servizi, però, in qualche modo si è prevista una compensazione, ovvero il recupero di ciascun giorno festivo lavorato con due giornate di riposo da usufruirsi nel corso della settimana.

Avendo qui a fianco la collega Zuncheddu, mi viene in mente che per i medici di base, che un tempo erano in servizio permanente effettivo, ventiquattr'ore su ventiquattro, per l'intera settimana e per l'intero anno, il problema del recupero della festività o del riposo del sabato e della domenica è stato risolto con l'istituzione del servizio di guardia medica, che è a disposizione di tutti nel fine settimana. C'è, però, un modo di operare che va in direzioni diverse: in un settore si va incontro alle esigenze di una categoria di lavoratori, mentre nel settore del commercio ci si piega agli interessi beceri delle attività commerciali. Attività che sono legittime, nessuno lo mette in discussione questo, ma non è legittimo che si punti a sfruttare una categoria di lavoratori, come quelli del settore del commercio e del turismo, in danno alla categoria stessa.

Credo che si possa fare anche un altro esempio, che viene utilizzato per far leva sull'apertura indiscriminata delle attività commerciali: le farmacie e altri servizi essenziali esercitano il criterio della turnazione per garantire il servizio a chi dovesse averne bisogno assoluto in un giorno festivo. Questa potrebbe essere una soluzione, da proporre con un emendamento, alla quale possono contribuire le associazioni di categoria, le Camere di commercio, la Confesercenti e la Confcommercio. La porto come proposta, come suggerimento, a tutela dell'interesse dei lavoratori, per evitare che si sfondi un argine che non potrà più essere contenuto. Lavoratori che peraltro sono già in una condizione di difficoltà, di sfruttamento, ma non voglio entrare in un campo che mi porterebbe probabilmente a sconfinare in aspetti che non riguardano chiaramente l'argomento in discussione.

Dicevo che viviamo in una società piegata agli interessi del commercio e della grande distribuzione in primo luogo e anche questa operazione contribuisce a disumanizzare la nostra comunità. Il collega Mario Bruno faceva prima riferimento a quelle che sono le conseguenze di questa norma all'interno delle famiglie, che già attraversano momenti di difficoltà, e che trovano anche in questo ambito un ulteriore elemento di divisione, di incomunicabilità, di difficoltà, di discussioni sul perché non si è chiesto un giorno di riposo, un congedo, un certificato medico fasullo, insomma tutto quello che può consentire, per esempio, di poter accompagnare i figli a praticare un'attività sportiva che è stata concentrata, ovviamente, nelle domeniche e negli altri giorni festivi.

Credo che la proposta che era stata avanzata, quella di individuare nel calendario delle giornate, come dire, sacrosante corrispondenti alle festività che sono osannate anche dalle istituzioni, perché sono particolari e straordinarie, servisse anche ai fini di una riflessione su una deregulation che ha sconfinato in tutti i settori del commercio. Gli enti pubblici spendono fior di denari per promuovere l'immagine festosa di queste giornate e poi a una parte della nostra società viene negata questa possibilità, perché si deve comunque garantire la vendita di yogurt, hamburger e quant'altro viene venduto negli esercizi commerciali e in particolare nella grande distribuzione, che fra l'altro, lo devo ricordare a voi tutti, non patirebbe alcunché, perché questa storia del richiamo alla crisi economica e al rilancio dell'economia va sempre a vantaggio di pochi e a danno di molti.

Il diritto al riposo deve essere garantito a tutti, non solo al Signore, a cui questa amministrazione si è ispirata nelle sue dichiarazioni programmatiche: "se Dio vuole", "se la Madonna vuole", "se i Santi ci aiuteranno", e poi si calpestano appelli e richiami di una fede che viene utilizzata come la gomma americana, a seconda del momento e del bisogno.

Fra l'altro devo dire che, in virtù di una diversa normativa vigente, con l'apertura dei pubblici esercizi si garantisce un'assistenza al turista e al cittadino magari distratto, ma che l'abitudine ha reso tale, perché un tempo, quando i ritmi della vita erano diversi, questo non accadeva. I pubblici esercizi appartengono comunque a una categoria di attività commerciali speciali e hanno all'interno della settimana una giornata di riposo garantita. Questi esercizi sono, vi ricordo, i bar, i ristoranti, le caffetterie, gli alberghi e quant'altro fa parte di quell'offerta che garantisce un servizio pieno ai pubblici esercizi.

Allora, mi sento di fare con convinzione un appello a tutto il Consiglio affinché non si torni alla deregulation. Voglio ricordarvi, se il richiamo è a quei comuni e a quelle realtà che hanno una straordinaria vocazione turistica, dal momento che anch'io come il collega Bruno vengo da Alghero, città per antonomasia capitale del turismo in Sardegna, che ai sindaci rimane comunque l'autonomia, attraverso ordinanza sindacale, qualora lo ritengano opportuno e motivatamene, di provvedere in merito. Quindi credo che sia un errore insistere su questa eccessiva liberalizzazione o deregulation.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Questo è un tema sensibile, di cui abbiamo discusso in Commissione in più di una seduta, come ha riferito ieri il Presidente della Commissione. Stiamo parlando di sei festività che spaccano questo Paese anche per cultura. Penso al 1º gennaio, al 1º maggio, al 25 aprile, al 15 agosto, che sono feste - mi si passi il termine - laiche, in altri tempi si sarebbe detto pagane. Ce ne sono altre invece, come il 25 e il 26 dicembre...

(Interruzione)

Hai ragione, chiedo scusa, mi sono lasciato trascinare, qualcuno si inquieterà. Invece Natale e Pasqua sono feste che coinvolgono, per cui si rischia di suscitare l'irritazione di chi ritiene che in quelle festività, a parte i turnisti, che devono garantire alcuni servizi che non possono avere soluzione di continuità, tutti debbano comunque riposare. Ora, io credo che, come diceva poc'anzi il collega Sechi, probabilmente in Commissione, lo dico anche con un minimo di autocritica, abbiamo sottovalutato l'importanza di questa proposta di legge. Mi rendo conto che viviamo in un periodo in cui molti di noi preferirebbero avere orari diversi, perché a chi è impegnato quotidianamente e per parecchio tempo talvolta restano, come uniche possibilità per fare degli acquisti, i giorni festivi. Quindi mi rendo conto che non avere questa possibilità anche in quelle occasioni può diventare un problema.

Noi in Commissione abbiamo sviluppato una discussione che, come ricorderanno il Presidente e gli altri membri della Commissione, è stata articolata e altrettanto articolate sono state le audizioni, che pure in prevalenza hanno spinto per la liberalizzazione, e quindi per l'accettazione della proposta di legge. In realtà le proposte di legge erano due. Presidente, però...

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Diana. Colleghi, onorevole Petrini, onorevole Dessì, consentite all'onorevole Diana di svolgere il suo intervento.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Le proposte di legge erano due: una tendeva a liberalizzare tutto, mentre l'altra cercava di salvare le feste cattoliche, mi si passi il termine, e prevedeva l'apertura il 25 aprile e il 1º maggio. Ora è evidente che un'impostazione di questa natura avrebbe aperto a una contraddizione che andava oltre il dettato delle proposte stesse e avrebbe posto questioni di non poco conto. Alla fine si è scelta, con la nostra astensione, la strada più semplice, quella di liberalizzare tutto. A favore della liberalizzazione si sono espresse, è vero, a stragrande maggioranza, tutte le organizzazioni che sono state audite dalla Commissione. Tra le organizzazioni audite, però, c'è stato anche chi non era assolutamente d'accordo perché ciò avvenisse, e guarda caso si tratta delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, per le ragioni che ha ricordato poc'anzi l'onorevole Gian Valerio Sanna. Io credo che questo aspetto non sia da sottovalutare e che dovremmo avere rispetto davvero di tutto.

C'è anche un'altra questione che vorrei sottolineare ed è questa: abbiamo una difficoltà, perché chiunque di noi in uno dei giorni richiamati si rechi, per un giorno di vacanza o anche più d'uno, fuori della città in cui risiede trova tutti gli esercizi commerciali chiusi. Gli restano per fortuna i musei, i monumenti, quello di cui ovviamente si può fruire sotto l'aspetto culturale, però spesso ci lamentiamo per non poter utilizzare quell'occasione anche per visitare i centri di distribuzione, i centri commerciali. Ora, dobbiamo tener conto di una cosa: abbiamo discusso anche in quest'Aula, negli anni passati, sulla criticità del rapporto tra centri commerciali e piccola distribuzione, ma, attenzione, sarebbe un bel daffare per ognuno di noi cercare di stabilire in assoluto quali sono le località turistiche in questa regione, perché è facile parlare di Cagliari, Alghero e un po' di tutte le località marittime, ma sono località turistiche anche Iglesias, Nuoro e qualsiasi altra media cittadina di questa regione, come Tempio, insomma è difficile, a meno che non si voglia lasciare questa scelta al criterio che ci ricordava l'onorevole Sechi poc'anzi. Resta indubbio, Assessore, lei ha sentito in parte anche il dibattito che si è svolto in Commissione, che l'apertura in maniera liberalizzata nei giorni richiamati favorisce comunque i grandi centri commerciali, a discapito della piccola distribuzione. La piccola distribuzione tra l'altro, attenzione, è quella che ancora oggi anima i nostri centri storici, le nostre piccole e medie città. Cioè noi rischiamo, liberalizzando, di spostare anche in quelle festività il flusso di tanti cittadini che si devono servire degli esercizi commerciali verso i grandi centri commerciali. Questo vuol dire che se un cittadino sa che anche il 25 e il 26 dicembre, il giorno di Pasqua, il 25 aprile, il 1º maggio e il 15 agosto può comunque contare sulla grande distribuzione alla periferia della città ovviamente non avrà ragioni per recarsi nei centri storici dove è presente la piccola distribuzione. Noi rischiamo, quindi, di creare un danno. Mi rendo conto, per carità, che la liberalizzazione risponde ad alcune aspettative; non è un'esigenza insensata, non è che non ci sia un'attesa in quella direzione, però credo che abbia ragione l'onorevole Bruno quando dice che è vero che probabilmente siamo una società multietnica e multiculturale, in cui vengono professate diverse religioni, però dobbiamo stare attenti a tutto. C'è l'esigenza di un'organizzazione dei tempi completamente diversa, soprattutto nei grandi centri o comunque nelle città, e non possiamo limitarci, ovviamente, soltanto a discutere della liberalizzazione degli orari della grande distribuzione, perché di questo si tratta.

Io penso, in buona sostanza, pur facendo parte della Commissione, e quindi facendo anche un minimo di autocritica, che una materia come questa meriti un'ulteriore riflessione, perché ho paura che se si vuole procedere nella direzione che si è presa in apertura di questo dibattito rischiamo di fare una scelta che aprirà diverse contraddizioni. Probabilmente, come minimo, è necessario riunire nuovamente la Commissione per riesaminare alcuni aspetti di una situazione abbastanza complessa che non si sono presi in esame. Attenzione, consentire una totale liberalizzazione, seppur legata a una concertazione con le parti che sono indicate nella proposta, significa rischiare davvero di non avere più nessun controllo sulle regole che, in qualche maniera, devono normare anche questo settore e questo tipo di esercizi.

Come hanno detto ieri alcuni di noi, credo che la classe politica e le istituzioni non possano, anche in un settore come questo, farsi surrogare dalle leggi che detta il mercato, perché, badate, l'abbiamo detto ieri per altre questioni, noi in piccolo stiamo procedendo nella stessa direzione. Credo che sia sbagliato che la politica abdichi a un proprio ruolo, rinunci a svolgere una propria competenza, delegandola alle leggi del mercato. Quindi chiedo, con convinzione, un riesame di questo argomento in Commissione, perché credo che il primo passaggio abbia, non per colpa di nessuno e forse sottovalutandone gli effetti, licenziato un testo in maniera frettolosa.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, diciamo che non c'è una certezza di interpretazione su questa proposta, perché vantaggi e svantaggi sembrano equivalersi, anche se la completa deregolamentazione della chiusura degli esercizi commerciali nelle giornate festive sembra effettivamente, da un esame e anche da un parere articolato che abbiamo acquisito dall'associazione dei consumatori, un regalo alle grandi concentrazioni commerciali.

Ecco perché, in presenza di questi dubbi e della necessità di ulteriori precisazioni e chiarimenti in ordine a questi aspetti, mi sento di accogliere la proposta del collega Giampaolo Diana di riportare in Commissione la legge per un'ulteriore verifica. E' vero, Assessore, che nelle località turistiche c'è la necessità di tenere aperti gli esercizi commerciali anche nei giorni di festa, però lei sa meglio di me e di noi che il concetto di località turistica, soprattutto nelle zone dove sono presenti dei centri commerciali, si è dilatato a dismisura e spesso i sindaci dei comuni in cui sono ubicati i centri commerciali tendono a rincorrere le decisioni assunte dal sindaco del comune viciniore.

Ecco perché un provvedimento di questo genere rischia di creare una deregulation eccessiva, che a mio parere reca ulteriore danno alla piccola rete di esercizi commerciali diffusi sul territorio, che in Sardegna, e nella zona di Cagliari in particolare, è stata ampiamente danneggiata dalla grande distribuzione, la cui percentuale di diffusione è superiore a quella che si registra in quasi tutte le province italiane. Ecco perché una visione più ampia della potestà dei sindaci potrebbe essere una risposta meno elastica, meno totalizzante rispetto alla deregulation che abbiamo visto nella proposta passata in Commissione col voto della maggioranza, anche perché la modifica del comma 6 della legge numero 5 del 2006 sta portando, attraverso alcuni emendamenti che sono stati presentati, a un'apertura eccessiva alla deregolamentazione anche per quanto riguarda altri commi della legge. Penso, quindi, che sia necessaria un'ulteriore riflessione su questa proposta, anche perché solo pochissimi comuni in Sardegna beneficiano adesso di questa potestà e all'interno della legge numero 5 è già prevista la potestà dei sindaci, in casi determinati e previa concertazione con le maggiori associazioni di categoria, di stabilire le aperture che si ritengono opportune.
   
Assessore, approfitto dell'opportunità di discussione di questa proposta di modifica della legge numero 5 per sottoporle formalmente in Consiglio una richiesta che le è stata fatta relativa alla modifica del Regolamento per il commercio su aree pubbliche, ed esattamente la richiesta che le è prevenuta dall'Unione dei lavoratori ambulanti della Sardegna per l'abrogazione dell'articolo 4 di tale Regolamento, perché sembrerebbe lesivo - a detta delle associazioni di categoria invece lo è palesemente - dei diritti dell'ambulante e in contrasto con l'articolo 4 del decreto legislativo numero 114 del 1998.
   
So che questa richiesta le è stata già formulata ed eventualmente il riesame in Commissione - con il suo assenso, sembrerebbe, anche se di questo non sono sicuro - del testo di legge in discussione potrebbe consentire l'accoglimento di questa ulteriore richiesta da parte di una categoria, quella dell'ambulantato, che sappiamo essere molto numerosa e che ha necessità di risposte su un problema serio che ha sottoposto alla nostra attenzione.
   

PRESIDENTE. Onorevole Salis, vorrei sapere se ha fatto semplicemente una proposta all'Aula o ha posto una questione pregiudiziale in base all'articolo 86 del Regolamento, perché in questo caso, prima che si continui la discussione, può intervenire un consigliere per Gruppo e poi l'Aula si esprime con una votazione sul rinvio in Commissione.

SALIS (I.d.V.). Io vorrei capire qual è l'intenzione della maggioranza. Porre questioni pregiudiziali è un passo necessario ove c'è una chiusura netta. Io aspetterei di sapere qual è l'opinione della maggioranza e della Giunta sulla proposta che è stata avanzata e che mi sembra sensata rispetto alle problematiche che sono state poste.

PRESIDENTE. Per cui proseguiamo la discussione, vediamo quali sono gli orientamenti ed eventualmente alla fine valutiamo. Va bene

E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Io non so se la passata legislatura verrà ricordata a lungo, se passerà alla storia, fatto sta che se il "sorismo" - non so se esista questo neologismo - resisterà nella storia politica di questa Regione, la norma contenuta nella legge numero 5, che vietava l'apertura in alcune cosiddette superfestività, verrà ricordata sicuramente come una delle norme più emblematiche dei cinque anni passati. Insieme sicuramente alle norme contenute nel Piano paesaggistico, insieme sicuramente alle norme sulla fiscalità turistica, dalle tasse sul lusso a quelle di soggiorno. E' una norma che ci ha anche resi ridicoli in quasi tutto il mondo occidentale, almeno agli occhi di tutti coloro che pensano che il turismo possa essere una risorsa.
   
In qualche occasione ho avuto dei confronti, non pubblici, con l'ex presidente Soru - che oggi non è in aula -, il quale una volta, anche in termini aggressivi, mi disse: "Voi volete, tu vuoi un'isola fatta di camerieri e benzinai!". Ecco, io non so se tutti in Sardegna potranno diventare manager o proprietari di industrie tecnologiche, ma credo che l'importante sia capire che la nostra isola deve avere una prospettiva affinché i sardi possano lavorare. Le nostre risorse, i nostri saperi, che dobbiamo fortemente valorizzare, da quelli artigianali a quelli agroalimentari, possiamo valorizzarli solo attraverso lo strumento del turismo e soprattutto del turismo di qualità.
   
Ora, immaginate di arrivare in Sardegna il 15 agosto e trovare il deserto sotto l'aspetto dei servizi: tutto chiuso, tutto blindato, proprio nel momento in cui ci sono le maggiori esigenze! Questa norma per fortuna è stata modificata dopo qualche mese, ma sono rimaste altre superfestività nelle quali è assolutamente insensato che i turisti, ma anche gli stessi cittadini sardi, non possano godere dei servizi. Anche perché le politiche regionali, comprese quelle della Giunta Soru, erano orientate a favorire la mobilità interna ed esterna proprio in quelle particolari giornate. Mi riferisco, per esempio, al giorno di Pasquetta. Vendere la Settimana Santa e dilatare la stagione turistica erano gli obiettivi di cui si parlava più spesso e più a lungo. Evitiamo di costruire nuove case, si diceva, evitiamo di costruire nuovi alberghi che danno un'occupazione limitata nel tempo, cioè ad agosto, per qualche settimana, e puntiamo sulle stagioni di spalla. Ma quali sono le stagioni di spalla? I periodi in cui si possono valorizzare le nostre tradizioni, quindi favorire il turismo interno, come la Settimana Santa, la Pasquetta, che tradizionalmente è giornata vocata alle gite fuori porta, ma anche il 25 aprile e il 1º maggio.
   
Ecco, in passato si è cercato di impedire a una categoria importante, che non è soltanto quella dei supermarket, di lavorare e di realizzare un incasso che spesso, come alcuni mi hanno riferito, in quelle poche giornate è pari a un terzo dell'incasso complessivo di un intero anno. Io ho presentato una mia proposta di legge - e quasi contestualmente la Giunta ha presentato il suo disegno di legge - perché credevo che fosse importante che quella norma, così com'è stato per le tasse sul lusso, venisse al più presto superata, per dare nuovamente fiducia agli operatori del settore turistico e dei servizi. Purtroppo, per una serie di dinamiche, abbiamo perso un'altra Pasquetta, un altro 25 aprile, un altro Capodanno, un altro 1° maggio e siamo arrivati con dieci mesi di ritardo a discutere questa norma. Probabilmente se avessimo forzato un po' i tempi l'avremmo potuta inserire nella finanziaria dello scorso anno.
   
Io credo, e il mio partito l'ha detto più volte, che anche altre riforme, cosiddette riforme, quale quella sugli enti in agricoltura o nel turismo, andrebbero fatte rapidamente se vogliamo ripartire da zero e ripianificare positivamente in questi settori. Però qual era la ratio di quella norma? L'ammissione di un'incapacità: siccome non riusciamo a evitare che i dipendenti dei supermarket possano essere sfruttati dai loro datori di lavoro, impediamo a tutti i commercianti di tutta la Sardegna, anche a coloro che svolgono attività a conduzione familiare, che rappresentano il 90 per cento, in alcuni piccoli centri persino il 95 per cento del totale dei commercianti, di lavorare e fornire servizi. Impediamo, cioè, ai cittadini di godere dei servizi perché non riusciamo a evitare lo sfruttamento dei lavoratori. Credo che questo sia un pessimo modo di legiferare, così come un pessimo modo di legiferare - parlando di leggi ad personam - è quello di stabilire che in tutta la Sardegna si osserva la chiusura degli esercizi commerciali nelle giornate festive, tranne il 1° maggio nella città di Cagliari. Anche questo è modo scorretto di legiferare, a mio avviso, perché il 1° maggio ci sono iniziative importanti anche in altre zone della Sardegna, così come ce ne sono nella Settimana Santa, che è importantissima in moltissimi altri centri, e non si capisce perché una legge, che per sua caratteristica deve essere generale e astratta, deve prevedere deroghe specifiche per determinati ambiti territoriali.
   

Altra caratteristica peculiare di quella norma era il fatto che non dava la possibilità ai sindaci di valutare, con ordinanze sindacali, quando era opportuno mantenere aperte le attività commerciali, quindi non dava loro la facoltà di valutare come gestire l'organizzazione dei servizi, ma stabiliva come dovevano disciplinarsi le attività commerciali in tutto il territorio regionale.

Sebbene siamo arrivati a discutere questa legge con grave ritardo, rimangono ancora quattro anni di questa legislatura e credo che il segnale che dobbiamo dare sia al settore turistico e del commercio sia ai piccoli artigiani sia quello di dire: vi restituiamo il diritto di decidere voi, insieme ai sindaci e ai contesti territoriali, quando e se aprire, senza obblighi di chiusura o di apertura. Sarà poi il mercato a dare delle indicazioni, ma nel contempo un segnale altrettanto forte che dobbiamo dare, e credo che la Giunta regionale si debba far carico anche di sensibilizzare in merito le strutture dello Stato, è quello di far sì che vi sia un severissimo controllo per evitare che chi lavora nel settore del commercio possa essere sfruttato soprattutto dalle grandi organizzazioni.

Se approveremo questa legge, lo dico all'assessore Sannitu, che so essere attento a questi argomenti, dovremo contestualmente cercare di creare le condizioni perché ci siano veramente dei controlli efficaci onde evitare qualsiasi forma di abuso nell'ambito del lavoro commerciale. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Signora Presidente, intervengo molto brevemente, anche perché i colleghi sono stati sufficientemente chiari. Voglio ricordare che certamente le tradizioni, gli usi, i costumi sono cambiati notevolmente. La nostra è una società in continua evoluzione, per cui anche quelle che erano le consuetudini di apertura in giorni particolari credo che ormai debbano essere assolutamente superate, per tutte le motivazioni che sono state esposte all'Aula.

Io starei un pochino attento, invece, lo dico a tutti i colleghi, di maggioranza e di opposizione, al fatto che si vogliano includere tutti i giorni dell'anno. Almeno su qualche giorno, dico qualche, ma mi limiterei a due probabilmente, credo che dobbiamo porre la massima attenzione. Non credo che ciò possa modificare radicalmente il testo di legge, ma è una cosa che si può e si deve capire. Per cui al termine della discussione generale forse sarà il caso, anziché tornare in Commissione, perché non credo questo che sia necessario, consultarci un attimo per concordare qualche piccolissima modifica. Questo credo che si possa fare.

Faccio riferimento all'emendamento numero 2, che è stato presentato da alcuni colleghi e che reca anche la mia firma come Capogruppo, quindi una firma tecnica. Avendo letto con più attenzione questo emendamento, mi pare di ravvisare un qualcosa che esula dalla materia che stiamo discutendo, in quanto riguarda le rivendite al dettaglio di generi di monopolio. Credo che i generi di monopolio sfuggano alla regolamentazione e al controllo di una norma regionale. Per cui su questo invito i presentatori e me stesso a prestare la massima attenzione.

Per il resto credo che il Gruppo del Popolo della Libertà sia disponibile a trovare, assieme alla Giunta, una soluzione che possa abbreviare i termini e dare quelle risposte che tutti auspichiamo. Grazie.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa per quindici minuti, riprenderà alle ore 11 e 55.

(La seduta, sospesa alle ore 11 e 39, viene ripresa alle ore 12 e 08.)

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore del turismo, artigianato e commercio.

SANNITU, Assessore tecnico del turismo, artigianato e commercio. Signora Presidente, mi sembra che sia il disegno di legge che è stato presentato dalla Giunta sia la proposta presentata dal consigliere Cuccureddu vadano nella direzione che l'Amministrazione regionale, nel suo complesso, cerca di indicare nella programmazione e nello sviluppo del turismo in modo particolare. Noi riteniamo che il turismo abbia necessità di servizi, in modo particolare nei periodi di spalla, e il disegno di legge che era stato presentato dalla Giunta andava proprio in questa direzione. Riteniamo che sia opportuno che i servizi supportino lo sviluppo dei nostri territori sotto l'aspetto turistico, ma pensiamo che questo sia importante per tutti i territori della Sardegna.

Alcuni degli intervenuti, sulle cui osservazioni concordo nella sostanza, hanno manifestato delle paure e proposto una riflessione sull'utilità di liberalizzare totalmente l'apertura degli esercizi commerciali. Ritengo, però, che le proposte che noi abbiamo avanzato vadano anche nella direzione di una salvaguardia complessiva sia della tutela dei lavoratori, quindi dei diritti dei lavoratori del settore del commercio, sia dei diritti delle famiglie. Questa norma va semplicemente nella direzione di una maggiore offerta di servizi per l'attività turistica e questo credo sia importante tanto per i comuni a vocazione turistica quanto per quelli delle zone dell'interno. Le attività commerciali, infatti, sono sostanzialmente quelle che rivitalizzano molte nostre realtà territoriali dell'interno, molti piccoli comuni.

L'obiettivo è quello di dare la possibilità alle amministrazioni comunali di concedere l'apertura degli esercizi commerciali anche nei giorni del 25 aprile, del 1º maggio e in altre festività richiamate sia nel disegno di legge che nella proposta di iniziativa consiliare, per cui ritengo che questo provvedimento sia sostanzialmente da accogliere. Grazie.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Passiamo alla votazione del passaggio all'esame degli articoli.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del passaggio all'esame degli articoli.

(Segue la votazione)

Prendo atto che i consiglieri Artizzu, Floris Mario e Lai hanno votato a favore, e che i consiglieri Agus, Lotto e Meloni Valerio si sono astenuti.

Rispondono sì i consiglieri:Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Campus - Capelli - Cherchi - Contu Felice - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessi' - Diana Mario - Floris Mario - Floris Rosanna - Greco - Ladu - Lai - Locci - Meloni Francesco - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Sanjust - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Vargiu - Zedda Alessandra.

Rispondono no i consiglieri: Ben Amara - Cuccu - Solinas Antonio.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Agus - Barracciu - Bruno - Cocco Pietro - Cucca - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Meloni Valerio - Porcu - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Uras - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

Presenti 62

Votanti 45

Astenuti 17

Maggioranza 23

Favorevoli 42

Contrari 3

(Il Consiglio approva).

La sesta Commissione è convocata per l'esame degli emendamenti. I lavori del Consiglio riprenderanno questo pomeriggio, alle ore 16 e 30.

La seduta è tolta alle ore 12 e 13.



Allegati seduta

Testo dell'interrogazione annunziata in apertura di seduta

Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione dei lavoratori della CoSacem. (206)

Il sottoscritto,

premesso che i lavoratori della CoSacem sono attualmente in agitazione perché da mesi non ricevono quanto dovuto per le loro prestazioni lavorative;

considerato che:

- la società aveva acquisito i lavori in subappalto dalla Sirz Energy di Padova, che si è rivelata inadempiente per quanto riguarda la corresponsione dei compensi agli operai ed è attualmente sottoposta a procedura concorsuale;

- in particolare, i soci fondatori CoSacem, che avevano chiesto un prestito alle banche per sanare il debito della società padovana, forti delle rassicurazioni dell'azienda secondo la quale le fatture sarebbero state pagate, si trovano nella condizione di vedere i propri beni sottratti dal fisco, in quanto attualmente risultano nella situazione di non poter onorare gli impegni assunti;

constatato che la Saras, a proposito della vicenda, sta sulla difensiva e tenta una giustificazione estrema dichiarando di non poter intervenire in un fallimento;

visto che i rappresentanti dell'azienda contestano il metodo irresponsabile col quale la Saras ha portato avanti le trattative con una azienda, la Sirz Energy, che obiettivamente non forniva, già da allora, le garanzie necessarie e sufficienti a tutelare ciò che doveva essere l'oggetto del subappalto, avendo creato debiti per due milioni di euro con diverse ditte, ravvisandosi, quindi, anche colpe gravi della Saras nella gestione di tutta la vicenda,

chiede di interrogare il Presidente della Regione per sapere quali misure intenda adottare, per far prontamente luce su questa situazione e dare un sostegno concreto alle iniziative capaci di far fronte a questa emergenza che vede coinvolti, ancora una volta, i lavoratori e le loro famiglie che assistono ingiustamente alla violazione dei loro diritti.