Seduta n.115 del 17/06/2010
CXV Seduta
Giovedì 17 giugno 2010
(POMERIDIANA)
Presidenza del Vicepresidente CUCCA
La seduta è aperta alle ore 16 e 07.
DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta di mercoledì 31 marzo 2010 (108), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Renato Lai, Giorgio Locci, Renato Soru, Edoardo Tocco e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 17 giugno 2010.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del testo unificato numero 73-103-106/A, recante: "Disciplina delle attività europee di rilievo internazionale della Regione autonoma della Sardegna".
Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Rodin. Ha domandato di parlare il consigliere Cappai. Ne ha facoltà.
CAPPAI (U.D.C.). Presidente, per essere solidale con l'onorevole Rodin, chiedo di attendere per ulteriori cinque o dieci minuti, in modo che in aula ci sia un numero congruo di consiglieri.
PRESIDENTE. Se non ci sono opposizioni, sospendo la seduta per dieci minuti. Prego i Capigruppo di farsi parte diligente presso i propri colleghi di Gruppo affinché arrivino in aula. La seduta è sospesa, riprenderà alle ore 16 e 18.
(La seduta, sospesa alle ore 16 e 08, viene ripresa alle ore 16 e 20.)
comunitari" (106).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale del testo unificato numero 73-103-106/A.
E' iscritto a parlare l'onorevole Rodin. Ne ha facoltà.
Comunico che si sono già iscritti a parlare i consiglieri Ben Amara, Rosanna Floris e Giulio Steri, che rinuncia. Ricordo che i consiglieri che intendono intervenire devono iscriversi non oltre la conclusione dell'intervento dell'onorevole Rodin.
RODIN (P.d.L.). Colleghe e colleghi, onorevole Assessore, il tema delle politiche comunitarie in questi ultimi anni è diventato per le Regioni molto, molto importante soprattutto a seguito della modifica dell'articolo 117 della Costituzione che, com'è noto, ha ridisegnato le competenze delle Regioni in materia di legislazione concorrente, attribuendo loro, tra l'altro, quelle relative ai rapporti internazionali e con l'Unione europea. Tuttavia in Sardegna neppure la novità legislativa ha suscitato molto interesse e la sua portata è stata in genere sottovalutata anche a livello istituzionale. Infatti la Regione è in ritardo nell'adeguamento al diritto comunitario e lo dimostra il fatto che questo provvedimento di legge giunge in Aula un lustro dopo la data di approvazione della legge numero 11 del 2005, la cosiddetta legge Buttiglione, la legge quadro sulle politiche comunitarie.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Rodin, c'è un brusio di sottofondo che non consente di seguire il suo intervento. Prego i colleghi di fare silenzio.
RODIN (P.d.L.). Dicevo che questo testo di legge unificato giunge in Aula a distanza di cinque anni dall'approvazione della legge quadro, la cosiddetta legge Buttiglione, e bisogna riconoscere che, a fronte di scenari che cambiano così rapidamente, cinque anni sono troppi. Questo ci deve far riflettere sulle riforme che abbiamo allo studio.
A questo ritardo si aggiunge anche la difficoltà che incontra la Regione sarda nella spendita delle risorse assegnate. La Regione, infatti, spende in ritardo o talvolta proprio non riesce a spendere e si vede costretta, per mancanza di progetti e di idee, a restituire all'Unione europea le somme assegnate. Questo comportamento veramente singolare è contrario al precetto costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione e non deve più ripetersi, anche perché le risorse statali assegnate alle Regioni stanno sempre diminuendo e sono probabilmente destinate a diminuire ancora con il federalismo fiscale, per cui le risorse europee devono diventare il tesoretto della Regione. Da qui la necessità di tenere alta la bandiera dell'Unione europea.
Quali le cause di questo ritardo? Con molta probabilità il ritardo è dovuto a un gap culturale prima ancora che politico. Il sentire europeo delle istituzioni e della società, se non è offuscato, non è comunque forte. Non è cioè forte quel senso di appartenenza, quell'identità europea che è la precondizione per una vera integrazione nell'Unione. E' evidente, quindi, la necessità di rafforzare tale identità e di approvare rapidamente la legge. Non dimentichiamo che siamo costretti ad approvare questa legge anche per adempiere a precisi obblighi internazionali e per evitare che la Regione incorra in provvedimenti di infrazione.
I tre progetti di legge giunti in Commissione (una proposta di legge della maggioranza, una del maggiore partito di minoranza e un disegno di legge della Giunta) sono stati unificati e dopo l'audizione delle parti sociali e due mesi di discussione la Commissione ha approvato all'unanimità il testo unificato in esame. Gli aspetti politici più significativi di questo testo di legge sono tre. Il primo aspetto saliente riguarda la centralità del Consiglio: il Consiglio si riappropria del ruolo che gli è proprio, quello di svolgere un'attività di indirizzo e di controllo dell'Esecutivo, in un bilanciamento di competenze con la Giunta ben definito e con un meccanismo di raccordo convergente tale da rappresentare all'esterno una posizione unitaria della Regione. Il rapporto tra Consiglio e Giunta è un punto delicato della riforma e la regia della politica comunque è stata assegnata al Consiglio.
Secondo aspetto: questa proposta di legge rientra in quel processo che vede questa maggioranza impegnata a realizzare quelle riforme che ha in programma, prima fra tutte la riforma statutaria, e poi, solo per citarne qualcuna, la riforma sanitaria, che ormai dovrebbe essere in dirittura d'arrivo.
Terzo aspetto: è prevista la partecipazione diretta nella formazione delle leggi comunitarie delle autonomie locali e delle parti sociali e l'attuazione degli accordi dell'Unione europea e internazionali, aspetto quest'ultimo di grande rilievo per la posizione della Sardegna nel Mediterraneo.
Passando al contenuto, riteniamo che questa legge segni una rivoluzione culturale della Regione, in una prospettiva europea nuova e diversa. L'oggetto di questa proposta si può in sintesi riassumere in alcuni punti. Questa proposta è strutturata in modo articolato in una cornice di principi e procedure ben definite e fa perno sulla calendarizzazione dei lavori, che consiste in una scansione dell'attività della Giunta e del Consiglio, ripartita in un arco temporale definito "sessione europea", che si apre il 31 marzo, con l'approvazione del disegno di legge da parte della Giunta. Entro il 30 aprile il Consiglio deve riunirsi per esaminare la proposta di legge e la sessione europea si conclude entro il 31 luglio, termine assegnato per l'approvazione della legge.
L'altro punto è il rispetto del principio di sussidiarietà: è previsto che le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini, con il coinvolgimento delle autonomie locali. Per questo la legge favorisce la partecipazione e la consultazione degli enti locali, delle università e delle altre autonomie locali e parti sociali. Un'apposita sezione, infine, è dedicata ai rapporti internazionali. Come è noto, a seguito della riforma del citato articolo 117, le Regioni ora hanno la possibilità, nelle materie di loro competenza, di concludere accordi con gli Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato. Con questa legge la posizione della Sardegna esce rafforzata, non solo nei confronti dell'Unione europea e degli altri Stati membri, ma anche verso i Paesi non comunitari, perché apre una finestra verso gli altri Paesi mediterranei, ampliando un'area di libero scambio di merci, servizi e capitali.
Prima di concludere mi fa piacere sottolineare che il percorso di questo progetto di legge dimostra che le riforme si possono fare anche senza colpi di maggioranza. Pur nella distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione, con la partecipazione e il fattivo contributo di tutte le forze politiche portiamo oggi in Aula un testo di legge approvato in Commissione all'unanimità. Non è stato facile approvare un testo condiviso, ma con il confronto aperto a tutte le forze politiche, con il contributo di ciascun commissario e della Giunta, il cui rappresentante non ha perso una seduta nella disamina dei singoli articoli, e con il contributo di tutte le parti sociali (non è stata negata l'audizione di nessuno) alla fine il testo è stato approvato all'unanimità. La vicenda e il percorso di questo progetto di legge costituiscono, quindi, un esempio particolarmente importante per tutti noi. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Io non so se devo ripetere ciò che è stato già detto dal Presidente della Commissione e anche dal collega Rodin. Sarebbe forse una rapsodia di nonsenso, ma cercherò di inserirmi dentro un altro approccio.
Noi sappiamo bene che la riforma del titolo V della Costituzione ha aperto nuove porte e prospettive a favore degli enti locali, in particolar modo a favore delle Regioni. La Regione Sardegna ha un più ampio margine di azione in virtù dell'autonomia e della potestà statutaria che ci consentono un ampio margine d'azione sotto il profilo dell'autodeterminazione. L'autonomia deve spingerci ad attuare tutta una serie di riforme, a partire da quella dello Stato, fino ad arrivare a una nostra legge europea che disciplini, come fa questa legge, l'ampio spettro d'azione della Regione in campo europeo e internazionale. Le nuove disposizioni costituzionali hanno realizzato un ripensamento del ruolo delle Regioni proprio in questi ambiti. Dispone, infatti, il sesto comma dell'articolo 117 della Costituzione: "Le Regioni […], nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza". La disciplina dei rapporti tra Regioni e Unione europea è classificata come materia a disciplina concorrente e perciò le Regioni nelle materie di propria competenza hanno la possibilità di concludere accordi con altri Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato. Si tratta di una novità di grandissimo rilievo per le implicazioni che può comportare, se ben utilizzata.
Novità importantissime poi sono state introdotte dal Trattato di Lisbona, che valorizza fortemente il principio di sussidiarietà, principio in base al quale le decisioni dell'Unione europea dovrebbero essere prese al livello più vicino possibile ai cittadini, e quindi valorizza il ruolo degli enti locali. E' previsto infatti che sia affidato alle assemblee legislative, ossia alle massime espressioni democratiche, il compito di vigilare e sorvegliare affinché l'Unione europea rispetti la sussidiarietà e quindi le prerogative proprie delle assemblee legislative. Fondamentalmente il disposto dell'articolo 4, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea, che sancisce che l'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati davanti ai trattati e la loro identità nazionale, insita nella loro struttura fondamentale, politica e istituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali.
Vedo che c'è molto interesse, poi non riusciamo a spendere nulla, soprattutto nel settore vettoriale dell'energia!
Alla luce della disciplina che ho citato ne consegue che ogni futura proposta legislativa dell'Unione europea dovrà tener conto della competenza, del ruolo e delle necessità degli enti locali e regionali che sono chiamati a svolgere ora un ruolo partecipativo attivo nella formazione delle norme comunitarie e a creare una maggiore unione nell'area dei Paesi partecipanti all'Unione. Gli enti locali hanno il diritto di essere consultati durante la fase preliminare del processo legislativo e di svolgere un ruolo attivo anche nella fase di applicazione delle norme comunitarie.
Ecco, cari colleghi, quanto sia importante approvare oggi una legge che disciplina la partecipazione della Regione Sardegna alla formazione alla formazione del diritto comunitario. L'approvazione di questa legge è fondamentale ed è fondamentale che non si perda tempo, anche perché sulla base del Trattato di Lisbona il Comitato delle Regioni, come sapete, organo consultivo delle più importanti istituzioni europee, dovrà essere consultato anche nei nuovi settori d'intervento dell'Unione europea, come il settore energetico, tema di scottante attualità, e il settore dei cambiamenti climatici. Dunque dobbiamo attivarci al più presto per dotare l'istituzione regionale di un adeguato strumento normativo che consenta alla Regione di utilizzare sapientemente e in modo efficace tutte le possibilità non ancora ben sfruttate che i trattati internazionali, specie quelli comunitari, hanno sempre offerto o sfruttato male, come ad esempio nel caso degli aiuti di Stato, che hanno creato più danni che benefici, procurando l'apertura di una procedura d'infrazione da parte della Commissione. E la legge numero 44 del 1988, sul sostegno ai mutui e agli agricoltori, è solo uno dei peggiori esempi.
Dunque è ora di imparare dagli errori del passato e di non ripeterli più ed è ora di cogliere tutte le opportunità che possiamo cogliere per promuovere il progresso (la ricchezza culturale ed economica che può derivare dalle nuove prospettive). La Regione Sardegna è pertanto chiamata a fare la sua parte, la faccia e la faccia bene. Noi non vogliamo che il Mediterraneo rimanga soltanto un soggetto virtuale, che dà luogo a incontri, seminari e basta. Questa legge, quindi, rafforza teoricamente, ma rimane l'atto performativo, rimane l'atto della pratica, perché l'atto teorico è sempre grigio, quello della pratica dovrebbe essere verde. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Floris Rosanna. Ne ha facoltà.
FLORIS ROSANNA (P.d.L.). Signor Presidente, colleghi, la legge oggi in discussione contiene un insieme di norme, soprattutto di carattere procedurale, che mirano a disciplinare l'attività europea e internazionale della nostra Regione. Io mi soffermerò in particolare su quella parte della legge che disciplina la cooperazione territoriale e i rapporti internazionali, nella convinzione che l'apertura del territorio sardo alla cooperazione interna ed esterna all'Unione europea rappresenti un importante volano per lo sviluppo della nostra Regione.
Il periodo di programmazione 2007-2013 ha istituito il nuovo obiettivo "Cooperazione territoriale europea", che mira alla promozione di uno sviluppo equilibrato e sostenibile e alla riduzione dello scarto esistente tra i livelli di sviluppo delle macroregioni dell'Unione europea. Nell'ambito di questo obiettivo la Sardegna gioca, e può giocare sempre di più, un ruolo da protagonista, infatti partecipa a tutti programmi relativi all'obiettivo "Cooperazione". La nostra Regione aderisce già ai programmi transfrontalieri con il Programma operativo "Italia-Francia Marittimo" insieme alla Toscana, alla Liguria e alla Corsica, puntando con dei progetti concreti a valorizzare la risorsa mare e a investire sull'integrazione, modernizzazione e innovazione del sistema produttivo. La Sardegna, inoltre, partecipa a programmi di cooperazione transnazionale, dove il territorio Sardegna è eleggibile allo spazio Mediterraneo che interessa le regioni costiere e mediterranee di 9 Stati dell'Unione europea e di 2 Stati candidati. Questo programma ha una dotazione finanziaria di 257 milioni di euro e punta a stimolare la cooperazione tra i territori per trasformare lo spazio Mediterraneo in una regione competitiva a livello internazionale. E' proprio questo l'ambito nel quale, come prevede l'articolo 19 della nostra legge, la Sardegna può e deve valorizzare e cogliere le opportunità legate alla propria posizione di centralità nel Mediterraneo per diventare un punto di snodo delle attività commerciali e concorrere all'integrazione sociale e culturale con i Paesi del Mediterraneo.
Ricordiamo ancora la partecipazione della nostra Regione a tutti programmi interregionali che coinvolgono l'intero territorio dell'Unione europea promovendo la cooperazione tra regioni anche molto distanti che non condividono un confine, primo fra tutti il programma INTERREG IVC che conta su una dotazione finanziaria di 405 milioni di euro complessivi e che punta a migliorare l'efficienza delle politiche di sviluppo regionale e locale. Si tratta, colleghi, di programmi di estrema importanza per la Sardegna non solo dal punto di vista finanziario, ma anche perché promuovano partenariati pubblici incentivando la collaborazione e la progettualità tra enti locali, università, enti di ricerca, associazioni di categoria, secondo un modello di sviluppo che parte dal basso, ossia dagli attori chiave del territorio. A tale proposito è fondamentale, come prevede la legge, che la Regione garantisca, sulle attività europee, la massima diffusione delle informazioni sul territorio regionale con Internet, sportelli informativi e qualunque altra iniziativa ritenuta utile per assicurare la più ampia conoscenza e favorire la partecipazione ai programmi europei di enti locali, università, imprese, cittadini, associazioni pubbliche e private.
Sempre nel campo della cooperazione transfrontaliera un altro ambito ancora da esplorare è rappresentato dalle euroregioni, che per l'Unione europea rappresentano uno snodo per tutte le relazioni, i contatti, il trasferimento di conoscenze tra regioni frontaliere o altre entità locali e autorità regionali su aspetti come la cultura, l'istruzione, l'economia. Lo scopo è quello di incentivare i progetti locali di scambio delle migliori prassi, come ricorda il Parlamento europeo nella relazione del 2005. Le euroregioni risultano fondamentali per quelle regioni che, come la nostra, sono caratterizzate da handicap naturali, inclusi i piccoli Stati insulari. La Sardegna su questo fronte ha già fatto dei piccoli passi; essa fa parte dell'Eurimed, l'associazione delle isole del Mediterraneo, insieme alle Baleari, alla Corsica, a Creta, all'isola di Gozo e alla Sicilia, che già nel 2004 auspicava la creazione di un'euroregione delle isole del Mediterraneo, ma non si è ancora arrivati a questo traguardo. Non dimentichiamo, infine, che la Sardegna gioca un ruolo da protagonista quale Autorità di gestione nella politica europea di vicinato dell'Unione europea, che attraverso l'EN[p1] PI consente all'Unione europea di instaurare relazioni privilegiate e quindi di attivare progetti con 117 regioni appartenenti a 19 Stati diversi del bacino del Mediterraneo.
Queste sono le principali motivazioni per le quali ritengo che questa legge debba essere approvata da questo Consiglio. Essa rappresenta un primo passo in una nuova politica che proietta la nostra Regione verso l'esterno, secondo un modello di relazioni europee ed extraeuropee caratterizzato da stabilità, sicurezza e vantaggi economici sulla base del rispetto e del vantaggio reciproco. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Meloni Marco. Ne ha facoltà.
Scusi, onorevole Meloni. Colleghi, è possibile avere un po' di silenzio? Prima c'era un brusio di sottofondo, adesso c'è proprio chiasso.
Prego, onorevole Meloni.
MELONI MARCO (P.D.). Signor Presidente, colleghi, signori rappresentanti della Giunta, mi pare di poter dire che questa sia la prima legge di sistema, di rilievo ordinamentale, che questo Consiglio approva - se la approverà - o esamina in questa legislatura. Sentivo prima dal relatore e dal collega Rodin un apprezzamento, al quale mi associo, per dei lavori che sono stati condotti, con rigore e con le difficoltà che ci sono in questi casi, in modo tale per cui la Commissione ha potuto approvare all'unanimità questo testo di legge. Se questo è un aspetto positivo, certo non possiamo non notare come sia davvero preoccupante l'assenza di capacità propulsiva da parte della maggioranza e di questa Giunta, fatta eccezione per questa legge, perché in qualche modo proprio nella funzione di conduzione politica anche dell'attività legislativa dovrebbe rientrare una capacità di visione di riforme che devono essere generali e di sistema. Speriamo che questo sia un primo passo, perché di temi da affrontare ne abbiamo parecchi e non vorrei che, di qualunque cosa parlassimo, ci attardassimo a ripetere che dovremmo modificare lo Statuto, posto che nella scorsa legislatura siamo riusciti a non cogliere questa opportunità, e non certo per nostra responsabilità!
PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Meloni. Colleghi, non si può continuare così, stanno protestando anche i consiglieri che non riescono a seguire gli oratori che intervengono! Vi prego di fare silenzio.
MELONI MARCO (P.D.). Nella scorsa legislatura, ne siamo consapevoli tutti credo, abbiamo perso la preziosa opportunità di poter condividere, in un clima di maggiore cooperazione e responsabilità istituzionale, la legge statutaria. Siamo in una situazione nella quale l'architrave del sistema - lo Statuto e la legge statutaria - è debolissimo e soprattutto richiede aggiornamenti urgenti, senza i quali rimarremo fuori dal dibattito contemporaneo sull'Italia che si avvia a diventare federale, contro Regioni come la nostra, e sull'Europa che deve necessariamente diventare politica. E' responsabilità di tutti noi, ma prima di tutto della Giunta, portare avanti delle proposte che siano capaci di affrontare queste situazioni.
Devo dire anche che il clima di minore tensione, che talvolta per molti sfocia in disinteresse, che accompagna le discussioni su tematiche di questo genere è anche, ahimè, un segnale del fatto che i temi europei non sono al centro della nostra agenda politica e quindi, come dire, ci dividono poco: quando i temi sono politicamente rilevanti è anche ragionevole e giusto che si eserciti una sana dialettica politica. Io mi auguro che gli strumenti che apprestiamo con questa legge, che consentono alla relazione tra autonomie locali, Consiglio ed Esecutivo di cominciare a entrare nel merito delle politiche che sono governate da processi europei, ci portino - uso un paradosso - anche a dividerci, perché ciò significherebbe che parliamo di qualcosa di più concreto.
Questa legge è stata già descritta dai colleghi che mi hanno preceduto. Il relatore è tra i proponenti di una delle due proposte di legge che sono state esaminate congiuntamente dalla Commissione, per cui non intendo entrare nel merito di queste proposte più di tanto, ma voglio provare a dare qualche chiave di lettura dal mio e dal nostro punto di vista. Una prima chiave di lettura è il contesto nel quale avviene questa discussione, questo nostro tentativo di intervenire in questa materia. E' un contesto che percepiamo tutti essere di straordinario cambiamento; una straordinaria sfida per le istituzioni a livello europeo e a livello italiano. E se noi a questa sfida non arriviamo con nostre idee solide, rischiamo di perderla senza neppure giocarla questa partita. Sappiamo che in Italia non è uno slogan dire che si sta parlando di un federalismo fatto su misura di chi lo ha portato all'attenzione politica del Paese, perché se l'unica cosa che l'elettore e alla fine anche noi ricordiamo è che il federalismo fiscale è il costo standard delle prestazioni e da un lato dimentichiamo quali sono i diritti che devono essere garantiti a tutti i cittadini, in qualunque parte del nostro Paese, e dall'altro ignoriamo un criterio che vorrei introducessimo, quello del divario standard, che deve essere colmato in infrastrutture, in sviluppo, in molte delle dotazioni che sono poi la base per lo sviluppo dell'economia, allora noi non giochiamo la partita.
Questa legge invece - l'altra sfida è quella dell'Europa - fa parte del lavoro che stanno facendo i Parlamenti nazionali e le organizzazioni nazionali a livello europeo, nel senso che ci rendiamo conto tutti che l'Europa, in questa drammatica crisi internazionale, non sta giocando il ruolo politico che dovrebbe giocare, perché non è capace di avere una sua soggettività politica che deriva da un rapporto corretto tra elettori e rappresentanti istituzionali a livello europeo. E allora, siccome non possiamo non tener conto della complicazione che deriva dalla mancanza di arene politiche unitarie (non parliamo la stessa lingua, abbiamo opinioni pubbliche diverse, non leggiamo gli stessi giornali), il Trattato di Lisbona, che non è rivoluzionario e non è una costituzione, e che a molti di noi non piace perché siamo nostalgici di un'Europa che non c'è stata per molti anni, prova però a darci un compito, quello di integrare le attività dei Parlamenti - e anche noi siamo un pezzo del sistema parlamentare italiano - e di ridefinire i rapporti, cosa che sta avvenendo anche in Italia, tra Regioni e legislazione nazionale, tra organi esecutivi e assemblee parlamentari. Cioè noi dobbiamo prenderci il ruolo - ed è un ruolo che ci prendiamo solo se siamo competenti e capaci di esercitarlo autorevolmente - di interlocutori, di rappresentanti dei cittadini (lo siamo) nella legittimazione democratica delle politiche e delle attività che si svolgono a livello europeo. Se c'è questa legittimazione democratica, l'Europa non sarà né una necessità né una costrizione, ma sarà un soggetto politico, che è quello di cui abbiamo bisogno perché in questa realtà, ce ne rendiamo conto ora, ma nella realtà internazionale vale sempre, si possa parlare con una voce forte e autorevole, altrimenti non si viene neppure ascoltati.
In qualche modo il sistema di governo multilivello che ha governato questi processi negli ultimi decenni passa, in questo momento, da un sistema che vede le relazioni solo tra Esecutivi, e talvolta tra Esecutivi che non sono neppure dotati di una legittimazione democratica pari a quella che hanno quelli nazionali (mi riferisco alla Commissione europea), a un meccanismo che mette in circolo anche i Parlamenti. Pensiamoci: tutti gli atti di programmazione comunitaria, che poi in fondo sono stati in Italia, a partire dalla fine degli anni '80, la principale fonte di utilizzo di risorse pubbliche e quindi di definizione delle politiche di sviluppo - e la cosa ci riguarda molto da vicino - passano attraverso meccanismi elaborativi che vedono i Parlamenti, al più, come spettatori. Il meccanismo è: Governo-Commissione (il Consiglio decide, il Consiglio fa le leggi nel meccanismo comunitario), però poi il processo di elaborazione delle politiche è un processo di triangolazione Esecutivi regionali-Esecutivo nazionale e Commissione europea, spesso neanche in quest'ordine. Ebbene, immettere le assemblee rappresentative dentro questo processo è il compito di fronte al quale ci siamo posti e che stiamo cercando di affrontare anche con questa legge e quindi lo facciamo dotandoci di strumenti che ci devono consentire, nel Consiglio regionale, di essere dei bravi scolari dell'Unione europea. Non lo siamo stati e l'Italia ha sempre avuto bisogno di un maestro severo, del vincolo esterno. Non lo siamo perché abitualmente facciamo le leggi non sapendo, o facendo finta di non sapere, che esiste quel vincolo, che è un vincolo politico e legislativo. Se comprendiamo, invece, che possiamo intervenire nel processo legislativo dicendo all'Unione europea che, rispetto ai nostri diritti e rispetto ai nostri interessi di comunità nazionale, nel nostro caso regionale, il principio di sussidiarietà e il principio di proporzionalità devono delimitare entro quanto è necessario per il raggiungimento degli effetti l'intervento della legislazione e delle politiche comunitarie, faremo un passo avanti che ci porterà a essere attivi dentro quel processo. Per essere attivi dentro un processo dobbiamo prima capire che cosa vogliamo e in qualche modo questo è ciò che questa legge e questa condizione politica ci impongono di fare, anche se non so se siamo in grado di farlo.
Cosa vuol dire capire che cosa vogliamo?
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Meloni. Colleghi!
MELONI MARCO (P.D.). Grazie, Presidente, se non ci fosse lei qua non mi ascolterebbe nessuno.
Dicevo che questa legge ci obbliga a ridefinire e a migliorare alcuni aspetti della nostra organizzazione e della nostra attività e a ridefinire delle nostre priorità. Parlo innanzitutto degli aspetti che sono apparentemente di minore impatto, ma che per me sono fondamentali perché possono trasferire nella nostra qualità del lavoro, della legislazione, dell'organizzazione, dei principi positivi, se non necessari. La qualità della legislazione: qualità della legislazione significa, ad esempio, sapere che noi, come fa l'Italia dal 1989 una volta all'anno, ci dobbiamo rivedere e dobbiamo adeguare il nostro ordinamento ai dettami della legislazione comunitaria e che dobbiamo evitare a noi stessi e ai soggetti che ne possono beneficiare, o che possono essere interessati da provvedimenti legislativi, l'onere di dover vivere con la spada di Damocle di un'infrazione comunitaria, perché prevediamo che la legislazione regionale che adottiamo sia sottoposta sostanzialmente a una sospensione prima che siano approvati i provvedimenti di notifica rispetto al regime degli aiuti di Stato.
Sono due questioni che sembrano di poco conto, ma pensiamo che in questo modo, prevedendo anche che sia scritto in una legge, l'iniziativa della Giunta, per esempio, si potrebbe esercitare con maggiore rigore, anche su intervento del Consiglio. Anche in casi di necessità e urgenza ci sarebbero leggi specifiche per adeguare il nostro ordinamento alle norme comunitarie. Magari non saremo sempre incapaci di adottare anche normative di secondo livello che possano essere più adeguate alla nostra condizione; avremo una qualità della legislazione migliore; sapremo noi e sapranno le imprese e i cittadini quali sono le norme che derivano dal sistema comunitario e che disciplinano le loro attività.
Stabiliamo un modo migliore di organizzarci nei rapporti tra Giunta e Consiglio, stabiliamo cioè come Giunta e Consiglio interagiscono nella definizione degli atti di programmazione e dei meccanismi di controllo sulla programmazione delle risorse comunitarie? Siamo di fronte a una stagione che si sta per chiudere sostanzialmente, quella che dalla fine degli anni '90 ha definito le politiche regionali, e ho l'impressione che non abbiamo ancora compreso come il quadro unitario della programmazione su scala regionale possa interessare in maniera così decisiva le politiche che poi realizza la Regione. Questo Consiglio regionale ha il compito e il dovere di interessarsene e di dare degli indirizzi all'attività della Giunta, perché altrimenti quel triangolo, appunto, che poi trova una sede di confronto ugualmente fuori dal meccanismo parlamentare nella Conferenza Stato-Regioni continuerà a essere chiuso e a non respirare nelle aule parlamentari. Lo facciamo prevedendo che ci dobbiamo organizzare meglio. Io non so se sia necessario scrivere in legge che dobbiamo cambiare i nostri regolamenti, so che è necessario cambiare le nostre teste e cambiare l'organizzazione delle nostre amministrazioni, di questo Consiglio regionale e dell'amministrazione della Regione. E' necessaria una norma, alla quale io tengo particolarmente, che promuova, negli anni, una conoscenza pratica effettiva da parte delle decine di nostri funzionari pubblici su come funziona quel livello di amministrazione per permeare anche la nostra amministrazione di quei metodi di lavoro e di quelle regole, e non per fare, come è sempre stata tentazione da parte di molti, qualche viaggio premio o per occupare inutilmente un ufficio a Bruxelles, ma per andare a lavorare lì, a faticare, a imparare e a trasferire conoscenze.
Lo facciamo costringendoci - non che non lo vogliamo, però non lo facciamo per ora - a parlare di Europa e di attività internazionali nella sessione europea che dovremo tenere ogni anno per approvare la legge europea e anche per definire le nostre priorità programmatiche in materia di politiche europee e di politiche internazionali. Ho appreso dai giornali che il Presidente della Regione è un autorevole rappresentante della nostra Regione nel Comitato delle Regioni, ma non mi risulta che ci abbia mai raccontato che cosa rappresenta lì; è un suo limite e una sua responsabilità, come quella di essere assente ancora una volta oggi, ma è un nostro limite collettivo che questa istituzione rappresentativa non abbia ritenuto finora, con un ritardo che stiamo cercando di colmare, di doversi occupare di questi temi.
Il modo in cui stiamo vivendo il fatto che siamo un'Autorità di gestione di un importante programma comunitario legato alla definizione e allo sviluppo delle relazioni euromediterranee è un limite enorme che pagherà la nostra Regione se non avremo la capacità di fare qualcosa che rimanga nei legami, nelle relazioni, nelle istituzioni che possono governare i processi di relazione a livello mediterraneo. Non lo stiamo facendo anche per un'assenza di politica.
Conclusivamente, se è possibile, noi, come politica sarda nel suo complesso, dobbiamo cogliere da questa discussione e da questa legge l'opportunità di migliorare alcuni aspetti organizzativi e gestionali della nostra modalità di lavoro e da questa migliore organizzazione, da questa ridefinizione delle nostre priorità, da questo modo di prendere i problemi per la testa e non quando ci arrivano sulla testa, dobbiamo trarre spunto per capire qual è la nostra strategia fondamentale rispetto a un dibattito che stiamo subendo. Faccio un esempio per comprenderci, ma senza voler entrare nel merito: nella scorsa legislatura, quando la Regione, le organizzazioni sociali e le organizzazioni politiche hanno portato avanti una rivendicazione forte nei confronti dello Stato (poteva essere giusta o sbagliata, ma vi prego non entriamo nel merito perché ne abbiamo discusso tanto, io ho le mie idee in proposito), è stata molto importante l'intesa Stato-Regione sulle entrate, ma sapevamo che cosa volevamo. Questo è stato l'elemento decisivo grazie al quale siamo riusciti a conseguire un grande risultato nella buona fede di tutti, di quelli che pensavano che fosse appunto un grande risultato e di quelli che ritenevano lo fosse meno. La mia preoccupazione è che, in questa fase storica, noi non sappiamo cosa vogliamo e che possiamo trovarci nella singolare condizione per cui non beneficiamo di quelle norme, perché non ho capito se quest'anno i trasferimenti dello Stato ci sono, di che entità sono, se prevedono quelle risorse e quando arriveranno. E' una legge, è scritta, si deve applicare e invece non è scontato che sia così. E' l'applicazione del federalismo fiscale che, come dicevo prima, ci costringerà probabilmente a caricarci di oneri per noi, per la nostra organizzazione, per l'efficienza del nostro sistema, difficilmente sostenibili se non introduciamo dei principi che dicano che il nostro ritardo, che era poi alla base di quella trattativa con lo Stato, in termini infrastrutturali e di condizione derivante dalla nostra insularità deve essere chiaramente quantificato e affidato alla nostra responsabilità e a una valutazione severa quanto quella prevista dalle norme sul federalismo fiscale. Però noi non stiamo ponendo questo problema nel dibattito nazionale. Noi non ci siamo in quel dibattito! E se non comprendiamo che ora - non può succedere, siamo anche usciti dall'obiettivo "Convergenza" perché abbiamo un livello di sviluppo leggermente più alto rispetto ad alcune regioni italiane - dobbiamo pretendere tutti dal Governo nazionale, chi sta dalla parte politica del Governo di più, ma tutti insieme, che l'insularità da parolina scritta nei trattati comunitari diventi una politica, cioè che venga trasformata, come avviene per tutte le norme sulla coesione economica e sociale. Ci sono dei principi e poi si fanno dei regolamenti. Nei regolamenti si sono dimenticati di fare una cosa che avrebbe riguardato solo l'Italia e la Sicilia, tanto la Sicilia è comunque coperta dalle norme dell'obiettivo "Convergenza", la Sardegna no. Il Governo andò a trattare e si dimenticò della Sardegna. Cerchiamo di capire quali sono le nostre priorità e cerchiamo di sostenerle insieme. Troppe volte in questi mesi è accaduto che questa Giunta, debolissima nei confronti del Governo, abbia ricevuto indicazioni molto meno che corrette e legittime rispetto a ciò che deve fare. Io vorrei che ci rappresentasse, perché rappresenta questa istituzione e la Sardegna nel suo complesso, per quanto riguarda delle rivendicazioni che sono davvero determinanti in un passaggio decisivo come quello che stiamo affrontando nel dibattito nazionale ed europeo. Vi ringrazio.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera De Francisci. Ne ha facoltà.
DE FRANCISCI (P.d.L.). Signor Presidente, colleghi, intanto voglio rassicurare l'onorevole Meloni sul fatto che ho seguito il suo intervento, ma evidentemente è particolarmente distratto da altri.
Finalmente in Aula arriva un testo di legge unificato di notevole importanza per il futuro della nostra Regione nei rapporti con l'Unione europea e le istituzioni internazionali. La legge che stiamo dibattendo oggi, lo hanno detto gli autorevoli colleghi che mi hanno preceduto, ha visto un'omogeneità di consensi tra i consiglieri delle diverse Commissioni, pur con qualche distinguo, lo vedremo meglio più avanti quando esamineremo gli emendamenti che sono stati presentati. Prima fra tutte la seconda Commissione, che ha discusso il testo finale, approvandolo all'unanimità, frutto dell'unificazione di tre diversi progetti di legge: due proposte di legge di iniziativa consiliare, una dell'onorevole Meloni e l'altra dell'onorevole Rodin, e un disegno di legge della Giunta, su proposta dell'assessore Corona. Questo testo di legge nel passaggio in seconda Commissione ha ottenuto il contributo non da poco delle associazioni degli enti locali, delle forze economiche e sociali e delle università regionali, ed è stato ulteriormente arricchito proprio dopo aver sentito tutti loro. Per questo credo si renda necessario, per non dire urgente, approvare questo testo, così da mettere le basi per disciplinare la partecipazione concreta e fattiva della nostra Regione alla formazione del diritto dell'Unione europea. Rendere l'Europa più forte significa soprattutto consentire alle Regioni - lo ha appena detto l'onorevole Meloni - la partecipazione alla formazione del diritto dell'Unione europea e al rafforzamento delle assemblee legislative attraverso l'individuazione di modalità che disciplinino l'avvio di rapporti con la stessa Unione europea.
I ventisette articoli di questo elaborato molto complesso ridisegnano i rapporti tra la Sardegna e l'Unione europea, ma soprattutto aprono alla Regione la possibilità di fare accordi e firmare intese con Regioni di altri Stati e di Paesi extracomunitari, come ci spiegava l'onorevole Floris. In particolare, il riferimento è ai Paesi del bacino del Mediterraneo, con i quali la Sardegna, in quanto Regione autonoma, vuole intrattenere rapporti economici, sociali e culturali di grande importanza per lo sviluppo della nostra Isola, un tema che sta particolarmente a cuore al Vicepresidente della seconda Commissione, l'onorevole Ben Amara. L'articolato, inoltre, stabilisce in modo chiaro e dettagliato le competenze della Giunta e del Consiglio regionale, dando un ruolo importante all'Assemblea legislativa sulla base di quanto già previsto sia dalla legge nazionale numero 11 del 2005, la legge Buttiglione già richiamata in quest'Aula dall'onorevole Ladu e dall'onorevole Rodin, sia dal Trattato di Lisbona e dal Protocollo numero 2, con cui è stato ridisegnato il nuovo rapporto sul ruolo delle Regioni, delle assemblee legislative e anche degli enti locali.
Al Consiglio regionale e alla Regione, in piena autonomia l'uno dall'altro, è stato affidato il compito di esprimersi in merito alla verifica del principio di sussidiarietà negli atti normativi europei, ma al momento di presentare i risultati dovranno esprimersi con una posizione unitaria. Il principio di sussidiarietà, inoltre, richiamato dal Trattato di Lisbona, è fissato anche da questa nostra proposta di legge, prevedendo il coinvolgimento degli enti locali, del Consiglio delle autonomie, delle organizzazioni sociali ed economiche, delle università e possibilmente anche degli stessi cittadini. La legge fissa il rapporto con l'Unione europea attraverso la partecipazione della Regione alla formazione degli atti europei in una fase che viene definita ascendente. Di seguito, nella fase discendente, il Consiglio regionale si riunirà in un'apposita sessione di lavoro, denominata sessione europea, per approvare la legge europea annuale.
Con questa legge il Consiglio regionale recepirà tutta la normativa e gli atti comunitari, le sentenze della Corte di giustizia europea e gli atti della Commissione europea. E' una legge che, secondo me e secondo il parere degli esponenti della seconda Commissione, non dovrebbe essere modificata rispetto a quanto già fatto e approvato, ribadisco all'unanimità, dalla stessa Commissione. Sempre in quella sessione verranno cancellate le norme regionali chiaramente in contrasto con le direttive comunitarie e saranno respinte le norme europee che non si mostrino coerenti con il principio di sussidiarietà.
Infine è importante sottolineare come l'attuazione di questa legge richiederà un impegno finanziario sufficientemente limitato. E' stata prevista la somma di 900 mila euro per ciascun anno, copertura finanziaria necessaria soprattutto per consentire tutte quelle operazioni a cui faceva riferimento anche l'onorevole Meloni, rispetto alla possibilità che il personale dipendente frequenti corsi di specializzazione, master di qualificazione e aggiornamento che vengono promossi dall'Unione europea e che possono durare anche diversi mesi rendendo necessario il trasferimento di questi dipendenti a Bruxelles e a Strasburgo.
A questo proposito colgo l'occasione per ringraziare, a nome mio personale ma anche a nome della Commissione, le funzionarie della seconda Commissione, che hanno fatto un lavoro davvero straordinario e hanno aiutato tutti noi a entrare in questo variegato mondo del diritto europeo.
Ecco che in questo modo si sta dando alla Sardegna la concreta possibilità di partecipare in maniera diretta e attiva al consolidamento dell'Unione europea, una sfida che ci attende e che non può non trovarci preparati. E parlando di Unione europea e della sfida che ci attende, non posso non citare il presidente Barroso, che di recente ha definito il programma per l'Europa, da qui al 2020, come l'azione concreta per sormontare alcune delle sfide economiche più temibili con cui il nostro continente si sia mai confrontato. A seguito di questa dichiarazione la prima cosa che ci viene da pensare, quali legislatori regionali, è se vogliamo che la Sardegna si attrezzi per rispondere alla sfida che ha visto l'Europa, in poco tempo e a causa della crisi mondiale, perdere gran parte dei meriti acquisiti nel decennio precedente al 2008. Penso alla Grecia, ma penso anche alla Spagna e alla stessa Italia, vista la situazione della disoccupazione.
Il presidente Barroso ha inoltre precisato che nel decennio precedente al 2008 la disoccupazione europea si era ridotta dal 12 al 7 per cento. La principale sfida attuale, quindi, sarà quella di recuperare tutti i posti di lavoro che sono stati persi nel corso di questa tragica crisi economica e industriale. Questa non è che l'ultima delle tante sfide da vincere a cinquantatré anni di distanza dalla firma del Trattato di Roma del 25 marzo del 1957, con cui è stata istituita la Comunità economica europea, trattato sottoscritto per l'Italia dall'allora Presidente del Consiglio dei Ministri, il sardo Antonio Segni, e dal Ministro degli esteri, Gaetano Martino, padre di Antonio Martino, che è stato Ministro degli esteri e anche Ministro della difesa nei vari Governi Berlusconi. Per questo noi sardi, a ragione, possiamo definirci artefici, fin dalla prima ora, della volontà di unire i Paesi europei sotto un unico vessillo e un'unica moneta, tenendo salde le nostre peculiarità, le nostre tradizioni, la nostra identità particolare. Noi sardi, quindi, da protagonisti dal primo momento, quando l'Europa unita si componeva di appena 6 Stati, dobbiamo avere la capacità politica di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per continuare a essere protagonisti anche oggi che l'Europa unita è composta da 27 nazioni, con Croazia, Macedonia e Turchia che spingono per allargare i confini. E gli strumenti non ci mancano, ma dobbiamo metterli in campo già da ora.
In tutto questo, e in linea con quanto previsto dal Trattato di Lisbona, con la legge che stiamo discutendo è nostro dovere disciplinare soprattutto la nostra peculiare condizione di insularità per poter godere di tutti quei diritti che sono appannaggio dei territori identificati in condizioni di svantaggio e per poter rovesciare e invertire tale condizione. La condizione di insularità, che crea una depressione della condizione socioeconomica strutturale, è prevista in particolare nell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che riconosce a questi territori un'attenzione particolare per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione. Gli arcipelaghi europei dell'oceano Atlantico, penso alle Canarie e alle Azzorre, ad esempio, si sono visti riconoscere le condizioni di Regioni ultraperiferiche, con le quali si sono visti attribuire particolari condizioni relative a politiche doganali, commerciali e fiscali, tra cui le zone franche. A suo tempo, però, il Governo italiano, seppure sollecitato dalla nostra Regione, non è stato capace di intervenire affinché alla nostra Isola venisse riconosciuta una similare e specifica condizione di svantaggio, e su questa, secondo me, dovremmo insistere tutti quanti.
Per questo, considerato che siamo costretti a inseguire il contingente, occorrerà pianificare la possibilità di poter negoziare con l'Unione europea il riconoscimento della nostra insularità, con tutti i vantaggi che conseguentemente potremo ottenere. E in questo occorre davvero una sinergia di interventi, sia a livello regionale sia a livello nazionale, ma soprattutto si rende indispensabile l'univocità del Consiglio regionale affinché la nostra Regione possa godere di una maggiore autorevolezza e partecipazione alle decisioni europee.
Per questo, e concludo, si rende sempre più necessario che la nostra Regione si doti di strumenti normativi come quello oggi in esame, affinché possa ritagliarsi una presenza attiva in Europa e nei ruoli di interesse internazionale, così da rafforzarsi all'interno della potenziale area di libero scambio tra Paesi europei e del Mediterraneo. Ma ancora non basta: questa legge è oltremodo importante perché supplisce alle carenze che lo Statuto autonomo della Sardegna inevitabilmente presenta, perché è approvato nel '48, quindi qualche anno prima della nascita dell'Unione europea. Ritengo, pertanto, che questa normativa consentirà alla Regione sarda di fare passi avanti per superare certi ritardi inevitabilmente contenuti nel nostro Statuto. Per questo la Sardegna dovrà rivedere e sicuramente riscrivere il rapporto con lo Stato, guardando sempre di più all'Europa e al Mediterraneo. E ciò lo si dovrà fare mettendo mano allo Statuto, che necessita di una dovuta rivisitazione e di un aggiornamento per renderlo sempre più in sintonia con l'Unione europea. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.
URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori.). Presidente, io intervengo molto brevemente sull'argomento per cercare di fare una riflessione ad alta voce sulle conseguenze che questo provvedimento determinerà inevitabilmente qualora non subisse il destino di tante leggi che noi produciamo, cioè la non applicazione sistematica. Tuttavia, se fosse applicato, questo provvedimento condizionerebbe in maniera significativa tutta l'azione amministrativa della Regione, e non solo quella amministrativa, ma anche quella legislativa.
Vi sono contenuti in questo provvedimento che io porto a riflessione comune, perché tracciano degli obblighi, anche per questo Consiglio regionale, che a me paiono impropri all'interno di questa legge. Faccio un esempio, per non parlare di cose vaghe. Articolo 11, "Contenuto della legge europea regionale", comma 4: "Le nuove spese e le minori entrate, l'istituzione di nuovi organi amministrativi per l'adeguamento della legislazione regionale a quella europea avvengono solo tramite la legge europea". Cioè noi stiamo dicendo che ogni anno - perché la legge che prevediamo si farà ogni anno, a inizio legislatura, a inizio esercizio - la legge europea, presentata come disegno di legge della Giunta, è l'unica sede nella quale si interviene in materia di spese e di minori entrate e di istituzione di nuovi organi amministrativi per l'adeguamento della legislazione regionale a quella europea. Siccome la produzione della legislazione europea è una produzione significativa, interviene sull'universo mondo e attiene anche ai compiti di questa Regione, dire questo significa semplicemente una cosa, cioè che noi rischiamo di dare alla legge europea, cosiddetta, ovvero al prodotto di recepimento di quella legislazione, il compito di esaurire la produzione legislativa della Regione nel corso degli esercizi. Di esaurirla! Allora, io voglio riuscire a capire questo: abbiamo idea di quale sia la portata di questa norma, sappiamo cosa significa maggiori spese e minori entrate e che cosa comporta il nostro adeguarci a una produzione legislativa che non conosciamo e, badate, alla quale non partecipiamo? Le uniche partecipazioni che possiamo fare sono di entità veramente minima: possiamo partecipare tramite la Conferenza Stato-Regioni, possiamo mandare osservazioni, tra l'altro anche i rappresentanti noi li nominiamo, anzi li nomina la Giunta tenendo conto dell'opinione del Consiglio. Il Consiglio non può essere tenuto in conto dalla Giunta, lo ritengo offensivo, lo dico per quelli che l'hanno scritto, che sicuramente non avevano questa intenzione. La Giunta propone previa approvazione del Consiglio, sulla base del parere della Commissione competente. Cosa vuol dire "tenere conto"? L'organo di maggiore rappresentanza della nostra comunità è il Consiglio regionale, non la Giunta. Casomai potrebbe esserlo il Presidente della Regione nella stessa identica misura, perché viene eletto, ma la Giunta, l'organo collegiale viene nominato, non passa al vaglio di nessuno se non dell'opinione personale che il Presidente della Regione ha dei propri collaboratori di governo. Poi giurano qua, sì, ma la responsabilità è diversa!
Queste cose le sollecito perché ci rifletto sopra e tento di capire: ma se domani l'Unione europea dovesse tirar fuori una direttiva con la quale interviene pesantemente, per esempio, in alcune materie a noi care? La formazione professionale, per dirne una. E ne fa, eh! L'Unione europea ne fa parecchie di direttive in materia di formazione professionale, perché interviene, per esempio, con fondi del Fondo sociale europeo che sono destinati in modo specifico alla formazione e regola come si devono spendere e come si devono rendicontare conseguentemente le risorse del Fondo sociale europeo che noi possiamo spendere. Poi noi abbiamo il nostro bilancio, abbiamo le nostre procedure, abbiamo la considerazione che riteniamo di dover esprimere in ragione delle esigenze specifiche che possiamo, attraverso la nostre forze, regolare. Ma se acquisissimo ciò che viene in via generica definito sempre nell'articolo 11, cioè che la legge europea regionale recepisce, nelle materie di competenza regionale, gli atti emanati dall'Unione europea, cioè tutti gli atti, cosa accadrebbe? La formazione professionale è una materia di competenza regionale e l'Unione europea fa un atto in cui dice che deve essere organizzata in un certo modo. Per la formazione professionale che sono obbligato ad organizzare in un certo modo, perché l'obbligo mi deriva dall'utilizzo dei fondi comunitari, lo capisco, ma per quanto riguarda la formazione che vorrei organizzare autonomamente, in ragione delle mie esigenze, con le mie risorse, se recepisco quell'atto, che è un atto di principio, di orientamento, di indirizzo, sono poi obbligato a rispettarlo e non ho spazi in cui muovermi, per cui mi consegno integralmente a un livello di normazione che rende inutile la presenza del Consiglio regionale.
Io vorrei riuscire a capire! Faccio questa riflessione perché quando si formula una norma in via così generale, perché la lettera a) del comma 1 dell'articolo 11, "…recepisce nelle materie di competenza regionale gli atti emanati dall'Unione europea, con particolare riguardo alle direttive europee, e dispone quanto ritenuto necessario per il completamento dell'attuazione dei regolamenti dell'Unione europea" è generale, si sta sostanzialmente dicendo che tutto ciò che l'Unione europea decide lo si deve trasferire acriticamente nel proprio ordinamento. Se questo è, io propongo un ultimo articolo, con valore statutario, che declassi il Consiglio regionale a Commissione seconda, composta di dieci persone, recepiamo all'inizio e abbiamo risolto! In parte è già così, perché noi interveniamo, per esempio, su una parte delle risorse finanziarie regionali che non attiene ai fondi comunitari, che rappresenta buona parte delle risorse disponibili per la funzione di governo e viene gestita dai funzionari europei insieme a quelli dello Stato e della Regione. Si fanno per questo i comitati di gestione. Sono loro che governano la spesa regionale, è la Giunta! Il Consiglio regionale non viene mai consultato e qualche volta, anzi spesso, non viene neppure informato, se non per comunicargli che dobbiamo restituire soldi all'Unione europea perché non siamo stati capaci di spenderli, però di questo ci informano i giornali, in genere.
Con questo non voglio dire che questa legge non debba essere fatta, dico, onorevole Presidente del Consiglio, che sarebbe utile, prima di andare al voto del passaggio all'esame degli articoli, vedere se c'è lo spazio per qualche riflessione concreta e per presentare emendamenti puntuali che attengono ad alcune specifiche questioni contenute in questo provvedimento. Per altri versi questo provvedimento può essere utilissimo, anzi la legge europea avrebbe il compito principale di rendere ciascuno di noi che svolge una funzione pubblica consapevole del quadro normativo nel quale deve agire. Siccome noi non conosciamo tutte le direttive, tutti i regolamenti, tutti gli atti normativi che pure condizionano la nostra attività, avere uno strumento che faccia questa ricognizione puntuale ogni anno e aggiorni è utile. Altra cosa è consegnarci mani e piedi, no? E' da anni che stiamo combattendo per un'autonomia rispetto allo Stato, per cui se ci consegniamo mani e piedi a uno che si chiama anche Barroso, devo dire la verità, qualche perplessità mi viene!
Pertanto, Presidente, e concludo così il mio intervento, chiederei una sospensione della seduta, secondo i tempi e gli orari che si andranno a prefigurare, prima di procedere alla votazione del passaggio all'esame degli articoli, per consentirci di puntualizzare meglio eventuali emendamenti migliorativi del progetto di legge che è stato presentato e ottimamente licenziato dalla Commissione competente.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Noi chiediamo al Presidente di rispondere a questa perplessità o sovralettura del compagno Uras!
PRESIDENTE. Un attimo, onorevole Ben Amara.
Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (P.d.L.). Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?
(Appoggia la richiesta il consigliere Giampaolo Diana.)
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Lotto e Meloni Francesco risultano presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 59 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Caria - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Steri - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo.
Poiché il Consiglio è in numero legale, i lavori possono proseguire.
E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.
BARRACCIU (P.D.). Signor Presidente, sono contenta perché vedo che c'è il Capogruppo del P.d.L., l'onorevole Mario Diana, che se ha voglia oggi mi ascolta e spero che il suo giudizio sul mio intervento sia migliore di quello espresso l'altra volta. Ci tengo molto al suo giudizio, perché lei interviene sempre al massimo delle sue potenzialità, mette in campo tutte le sue qualità e ha così raggiunto la statura di statista sardo! Il suo giudizio mi sta, pertanto, molto a cuore.
Questa è una legge importante, Presidente. Ho ascoltato molto attentamente anche l'intervento dell'onorevole Uras e le preoccupazioni da lui espresse; su alcune concordo, su altre non concordo per niente. Tra l'altro alcune cose importanti che lui ha sottolineato credo siano già contenute in emendamenti che potranno certamente modificare il testo e fugare le preoccupazioni sottolineate stasera.
Il sistema comunitario è un sistema in continua evoluzione, è un sistema dinamico, al quale bisogna stare appresso; è molto più dinamico, evidentemente, dei sistemi statali e regionali che pure lo compongono. Nell'ultimo decennio sono cresciuti soprattutto, grazie anche all'attività europea, la visibilità e il ruolo che le regioni sono chiamate a giocare all'interno dell'ordinamento dell'Unione europea. E' evidente che la Sardegna non si può sottrarre a esercitare, quindi, un ruolo importante in quest'ambito: non solo ha il diritto di partecipare, ma ha anche il dovere di concorrere a quelle che sono le diverse fasi della formazione del diritto, e noi siamo in ritardo sotto questo aspetto, e alla successiva attuazione nelle materie di competenza, secondo quanto disposto - l'hanno già detto le colleghe e i colleghi che mi hanno preceduto - dall'articolo 117, comma 5, della Costituzione. Se più in generale è riconosciuto un maggiore ruolo alle Regioni nelle relazioni internazionali, e ne è un esempio ciò che accade al Consiglio d'Europa e all'ONU, per quanto riguarda l'Unione europea rimane fondamentale - anche questo è già stato detto - il riferimento che il Trattato di Lisbona, del dicembre 2007, fa direttamente al sistema delle autonomie locali, alle autonomie regionali, alla coesione territoriale a livello regionale e locale sulla base del principio di sussidiarietà. Comme pure è fondamentale il richiamo ai parlamenti regionali con poteri legislativi per quel che attiene al controllo del principio di sussidiarietà nelle proposte legislative europee.
In Italia, dove alcune Regioni hanno deliberato le prime leggi comunitarie annuali, l'introduzione di opportune norme regionali di procedura è conseguente all'adozione della legge nazionale numero 11 del 2005, con la quale è stata abrogata la legge del 1989 sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario, la cosiddetta legge La Pergola. Adesso, quindi, non è più pensabile che si rimandi la necessità di individuare organi, tempi e modalità di partecipazione della Regione alla formazione e all'attuazione del diritto dell'Unione europea, da cui derivano, secondo quanto ribadito nelle sentenze della Corte di giustizia europea e nelle stesse norme della nostra Costituzione, vincoli, obblighi e diritti. Singolare poi è il fatto, per la nostra Regione così solita a ribadire, si sa, il concetto di autonomia, che ancora una volta il riconoscimento dell'autonomia arriva dall'esterno. E' l'articolo 117 della Costituzione che investe le Regioni di un proprio potere estero e le rende perciò capaci di concludere accordi con altri Stati sovrani e intese con enti interni ad altro Stato. Sempre la Costituzione riconosce la partecipazione delle Regioni alla formazione e attuazione degli atti comunitari e dell'Unione europea. E' soltanto dal 1987, in verità, che le Regioni ad autonomia speciale nelle materie di competenza esclusiva possono dare immediata attuazione alle direttive. Ma non solo, infatti laddove le direttive europee hanno inciso sui principi delle leggi quadro nazionali le Regioni sarebbero potute intervenire nella loro attuazione disattendendo i principi nazionali. L'avrebbero già potuto fare. Un'attività questa che più di una volta forse avremmo fatto bene a esercitare e non abbiamo esercitato. Peccato che non si sia stati abbastanza attenti a tutto questo e che l'inerzia legislativa in questo senso abbia prevalso anche nella nostra Regione; un'inerzia che oggi con questa legge si cerca giustamente di recuperare. In realtà quell'inerzia, secondo il mio e il nostro punto di vista, era stata già ben superata dall'approvazione della legge statutaria che invece, purtroppo, si è voluto, in maniera secondo noi assurda, bloccare, fermare, in qualche modo limitando quella che è la vera possibilità della nostra Regione di incidere su quei processi che con questa legge certo riusciamo ad approcciare, ma non con la stessa forza che ci avrebbe potuto conferire, invece, la piena attività della legge statutaria.
Oggi l'influenza della legislazione europea nel nostro sistema produttivo, nella vita quotidiana è palese, è tentacolare. La legislazione europea entra evidentemente e costantemente nella nostra vita, nel nostro sistema, e influisce in maniera determinante sui nostri stili di vita, sulle capacità produttive e formative. Lo vediamo quando dobbiamo trattare il prezzo dell'energia. Purtroppo noi l'abbiamo vissuto e lo viviamo sulla nostra pelle di sardi quando sbattiamo il muso contro la disciplina degli aiuti di Stato; lo vediamo anche quando ai nostri pescatori viene impedito di pescare a strascico entro le tre miglia dalla costa ed essi si trovano obbligati ad allargare le maglie delle reti; lo vediamo quando ci occupiamo delle nostre campagne. Io vengo da un territorio, quello del Mandrolisai, che è stato quasi completamente estirpato della propria capacità produttiva principale, che è quella della produzione dell'uva e quindi del vino. Sappiamo cos'è successo e quanto incidono le politiche dell'Unione europea nei nostri sistemi. Lo vediamo perché le coltivazioni sono in gran parte abbandonate per rispondere alle esigenze di un'assurda, per certi versi, politica agricola comune, la stessa che fissa il prezzo del latte - e anche qui sappiamo quanto stanno pagando i nostri pastori, i nostri produttori di latte e formaggio - e impone un mercato del tutto illiberale all'interno di una vasta area, in cui invece tutto il resto è regolato sulla base degli assunti classici del libero mercato e della libera concorrenza.
Certo, quando si valutano i pesi delle disposizioni normative europee la tendenza è quella di sentirsi gravati di oneri aggiuntivi, a volte anche omologanti, restrittivi, certamente è così. Questo avviene, però, soprattutto perché non ci siamo abituati - in alcuni casi non abbiamo voluto, in altri casi abbiamo respinto la prospettiva europea - al fatto che dovessimo stare dentro questo sistema. I Governi nazionali, certuni Governi nazionali certamente non si sono distinti per essere europeisti e con questo hanno anche influito purtroppo sulle sorti delle Regioni, e la Regione Sardegna è una di queste. Questo avviene, dicevo, proprio perché non ci siamo voluti abituare e politicamente a volte abbiamo respinto con forza o rallentato il processo di implicazione europea delle nostre Regioni. Il dialogo con Bruxelles, quindi, è fondamentale. Dopo decenni di prevalenza delle norme comunitarie su quelle nazionali ci accingiamo solo adesso a entrare, e mi auguro che ciò avvenga con il giusto peso politico, nel merito del processo legislativo delle due fasi - ne parlava prima l'onorevole De Francisci -, quella ascendente e quella discendente, però sarà soprattutto fondamentale la fase ascendente, lo sappiamo, che è di importanza basilare per far valere il peso delle nostre Regioni. Lì la nostra dovrà essere una presenza propositiva, e non soltanto di contorno, nei termini e nei modi in cui ne parlava l'onorevole Meloni prima di me. Le ragioni dell'insularità, della specialità, dell'economia, della cultura, del lavoro, devono trovare sfogo e stanziarsi in provvedimenti di ampio respiro.
Certo, il peso politico, specie in un contesto internazionale, non lo regola nessuno. Lo dobbiamo regolare noi, lo dobbiamo mettere in campo noi e dobbiamo essere capaci di farlo velocemente. Quello di cui discutiamo è uno strumento che ci consentirà anche di iniziare a fare questo, ma dipenderà veramente dalla capacità della classe dirigente, quale noi siamo. Il Consiglio e la Giunta evidentemente hanno un ruolo fondamentale, soprattutto il Consiglio, concordo con ciò che diceva l'onorevole Uras. Quel peso deve essere il frutto di un lavoro costante, con una guardia che deve rimanere sempre alta, e deve mettere la Sardegna, nei rapporti con l'Unione europea, alla pari delle altre Regioni e Nazioni europee. Se in Europa arriviamo così tardi a far sentire il nostro peso, l'ho detto anche prima, penso, appunto, al confronto che noi possiamo fare con le Regioni tedesche, è perché abbiamo agito effettivamente in maniera ingiustificata nel respingere invece la contaminazione europea. Così sono stati e spesso continuano a essere soprattutto i Paesi forti, come la Francia e la Germania e le loro regioni, a contare e a segnare la via per la legislazione europea. Noi non ci siamo. Esserci significa saper tracciare la via, altrimenti si rimane succubi di interessi altrui.
Ecco, questo progetto di legge, con cui è stato possibile tracciare un percorso condiviso e che potrà essere maggiormente condiviso col ragionamento intorno agli emendamenti che sono stati presentati e rispetto ai quali si auspica evidentemente un miglioramento del testo che è arrivato in Aula, ci dà l'opportunità di metterci in linea con quanto avviene nel resto dell'Europa. Avremo anche noi una legge comunitaria, che certo non sarà la panacea di tutti i mali; potremo recepire le direttive europee, stringere accordi, fare tutte le cose che sono scritte, appunto, nella legge. L'iter della legge non si conclude qui, evidentemente. Al contrario, la legge è uno strumento formale che permette di dare voce ai nostri contenuti. In questo senso la Giunta regionale e il Consiglio regionale sono chiamati a esercitare in maniera non acritica, non asettica, come con preoccupazione sottolineava l'onorevole Uras, ma in maniera responsabile, in maniera pienamente consapevole, critica, assolutamente presente, il ruolo di pianificatori, di attori conoscitori di quelle che sono le esigenze della Sardegna, perché queste paradossalmente possano essere recepite dalle direttive europee che noi poi dovremo recepire. E' un danno, certo, recepire acriticamente le direttive e spesso siamo stati nelle condizioni di fare questo perché quelle direttive, stante la nostra assenza nei tavoli dove si decidono anche le direttive, non hanno mai recepito o hanno recepito solo in parte le esigenze della nostra Regione.
Il maggiore coinvolgimento e la maggiore presenza sia nel livello decisionale comunitario sia nelle sede nazionali in cui sono definiti la posizione e l'indirizzo politico nazionale da attuarsi a livello comunitario sono impegni con scadenze improrogabili che presumono, appunto, grande competenza, presenza e lungimiranza politica. Credo che questo strumento possa consentire di mettere in campo questa via, di tracciare la via. Il ragionamento sugli emendamenti è aperto e credo che l'approvazione di questa legge possa far fare un salto nel senso, appunto, di un miglioramento delle nostre condizioni e della nostra capacità di decidere i nostri destini rispetto anche al passato.
PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.
CORONA, Assessore tecnico degli affari generali, personale e riforma della Regione. Mi rimetto a ciò che ha detto il Presidente della seconda Commissione. Questo testo di legge è il risultato di un esame unitario da parte della Giunta e di tutta la Commissione, quindi confermo, ripeto, ciò che ha detto il Presidente della seconda Commissione al riguardo.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Anche in virtù di quel che è stato detto dall'onorevole Uras poco fa, ritengo opportuno convocare la Conferenza dei Capigruppo.
Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale, Presidente.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?
(Appoggia la richiesta il consigliere Diana Mario.)
Seconda verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Planetta e Solinas Christian sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 57 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Cappai - Cherchi - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Planetta - Porcu - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo.
Il Consiglio è in numero legale. Sospendo la seduta per quindici minuti e convoco la Conferenza di Capigruppo. La seduta riprenderà alle ore 18.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 44, viene ripresa alle ore 18.)
PRESIDENTE. Comunico all'Aula che gli onorevoli Locci e Zuncheddu sono rientrati dal congedo.
La Conferenza dei Capigruppo ha stabilito di sospendere i lavori per un'ora, in modo da consentire l'esame degli emendamenti già presentati e di eventuali emendamenti che dovessero essere presentati nel frattempo. Pertanto la seconda Commissione è convocata immediatamente. La seduta è sospesa per un'ora, sino alle ore 19.
(Interruzione)
I lavori termineranno alle ore 21, salvo che non si valuti l'opportunità di proseguire.
(Interruzione)
Se mancherà il numero legale ovviamente seguiremo il Regolamento.
Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.). Gli emendamenti devono essere esaminati anche dalla prima Commissione, per cui un'ora non è sufficiente.
PRESIDENTE. Solo se saranno presentati ulteriori emendamenti di competenza della prima Commissione, perché la Commissione autonomia ha già espresso il suo parere. Eventualmente l'onorevole Pittalis, che è il relatore della prima Commissione, potrà partecipare ai lavori della seconda Commissione. Ovviamente hanno facoltà di partecipare anche i proponenti degli emendamenti, questo è pacifico.
Prego, onorevole Steri.
STERI (U.D.C.). Tutti gli emendamenti che ho presentato io sono la traduzione del parere reso dalla prima Commissione, per cui ritengo che gli emendamenti debbano essere esaminati congiuntamente dalla prima e dalla seconda Commissione oppure prima si esprime la prima Commissione e poi la seconda. In ogni caso in un'ora non ci si riesce.
PRESIDENTE. Onorevole Steri, è appositamente prevista la presenza del relatore della prima Commissione, che potrà partecipare ai lavori, oppure i proponenti gli emendamenti potranno partecipare ai lavori della seconda Commissione.
La seduta è sospesa, riprenderà alle ore 19.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 03, viene ripresa alle ore 19 e 08.)
PRESIDENTE. La seconda Commissione non ha ancora esaurito l'esame degli emendamenti, pertanto i lavori del consiglio si concludono qui, in maniera da consentire alla Commissione stessa di proseguire il proprio lavoro. Il Consiglio è riconvocato per martedì pomeriggio, alle ore 16 e 30.
Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (U.D.C.). Scusi, Presidente, per martedì sono già convocate delle Commissioni, con corposi ordini del giorno.
PRESIDENTE. Per martedì mattina.
CAPELLI (U.D.C.). Si proseguiranno i lavori in caso di necessità, e credo che sarà così, parlo della terza Commissione, perciò consiglierei, se i colleghi sono d'accordo e se anche lei è d'accordo, Presidente, di aggiornare i lavori dell'Aula direttamente a mercoledì mattina, perché se si iniziano dei lavori nelle Commissioni bisogna aver rispetto anche per quei lavori.
PRESIDENTE. I Capigruppo sono d'accordo?
URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, non ho sentito la proposta.
PRESIDENTE. Onorevole Uras, poiché la terza Commissione è già convocata per martedì, con un nutrito numero di argomenti all'ordine del giorno, l'onorevole Capelli propone di rinviare i lavori dell'Aula a mercoledì mattina. Se i Capigruppo concordano in questo senso, il Consiglio è riconvocato per mercoledì mattina, alle ore 10. Resta inteso che la seconda Commissione si riunisce immediatamente per proseguire l'esame degli emendamenti.
La seduta è tolta alle ore 19 e 11.
[p1]European Neighbourhood and Partnership Instrument