Seduta n.355 del 03/10/2012
CCCLV SEDUTA
(ANTIMERIDIANA)
Mercoledì 3 ottobre 2012
Presidenza del Vicepresidente COSSA
indi
della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 10 e 02.
COCCO DANIELE, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 13 settembre 2012 (347), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Radhouan Ben Amara, Mario Bruno, Roberto Capelli, Antonio Cappai, Mariano Contu, Antonio Pitea, Matteo Sanna, Carlo Sanjust e Carlo Sechi hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 3 ottobre 2012.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di disegno di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:
"Interventi urgenti in materia di commercio: adeguamento all'articolo 31, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici". (422)
(Pervenuto il 28 settembre 2012 e assegnato alla sesta Commissione.)
Annunzio di presentazione di proposta di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:
Stochino - Pittalis - Bardanzellu - Peru - Murgioni - Sanna Paolo Terzo - Contu Felice - Sanna Giacomo - Meloni Francesco:
"Disposizioni urgenti per il contrasto al disagio sociale e alla tensione abitativa presente nei territori caratterizzati da diffusione discontinua ed altri usi impropri, in materia di piani di risanamento urbanistico e piani di riqualificazione". (423)
(Pervenuta il 1° ottobre 2012 e assegnata alla quarta Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interrogazione pervenuta alla Presidenza.
COCCO DANIELE, Segretario:
"Interrogazione Lotto - Solinas Antonio - Cucca, con richiesta di risposta scritta, sul decreto dell'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale n. 1056 del 12 luglio 2012 sulla classificazione dei terreni agricoli ricadenti in aree svantaggiate". (959)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.
COCCO DANIELE, Segretario:
"Mozione Vargiu - Dedoni - Cossa - Fois - Meloni Francesco - Mula sulle azioni urgenti per l'acquisizione al patrimonio regionale delle centrali idroelettriche già in concessione all'ENEL". (214)
"Mozione Sanna Giacomo sui ritardi e le procedure per le bonifiche nel sito industriale di Porto Torres nell'area Syndial". (215)
"Mozione Barracciu - Bruno - Diana Giampaolo - Uras - Salis - Ben Amara - Maninchedda - Agus - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Zuncheddu sulla revoca del bando "Scuola digitale Semid@s" e sull'accordo di programma tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e la Regione sui temi della cloud education, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (216)
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, apprezzate le circostanze sospendo la seduta sino alle ore 10 e 20.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 04, viene ripresa alle ore 10 e 20.)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Diana Giampaolo, Meloni Francesco, Peru e Salis sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 26 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Biancareddu - Cocco Daniele - Contu Felice - Cossa - De Francisci - Diana Giampaolo - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Maninchedda - Meloni Francesco - Milia - Mula - Murgioni - Obinu - Peru - Pittalis - Planetta - Randazzo - Salis - Sanna Giacomo - Steri.)
Poiché il Consiglio non è in numero legale, sospendo i lavori. La seduta riprenderà alle ore 10 e 51.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 21, viene ripresa alle ore 10 e 57.)
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D). Chiedo la verifica del numero legale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
Seconda verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Cappai, Diana Giampaolo, Meloni Francesco, Piras, Salis e Zedda Alessandra sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 42 consiglieri.
(Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Cocco Daniele - Contu Felice - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Maninchedda - Meloni Francesco - Milia - Mula - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Salis - Sanna Giacomo - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Vargiu - Zedda Alessandra.)
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge numero 385.
Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Lai, relatore di maggioranza.
LAI (P.d.L.), relatore di maggioranza. Presidente, Assessori, colleghe e colleghi, devo riconoscere che sento forte la consapevolezza dell'impegnativo ruolo di relatore del disegno di legge, che mi è stato assegnato e che mi accingo a svolgere con l'esposizione della relazione di maggioranza. Sostituisco il collega Giorgio Locci, che ringrazio per il lavoro da lui svolto, e do per letta la relazione da lui elaborata e presentata il 6 settembre.
Ritengo però sia doveroso esprimere alcune valutazioni in ordine, prima di tutto, all'arduo compito che attende me e voi, care colleghe e cari colleghi, per affrontare l'esame dell'Aula con il massimo impegno, sicuramente, ma anche con serenità di giudizio nel confronto tra le diverse posizioni, le diverse vedute, cercando di favorire, per quanto possibile, l'emergere di qualificati, opportuni contributi per arricchire e migliorare il testo e ricercare il più possibile elementi di condivisione.
Rispetto all'inizio della relazione dell'onorevole Locci, che delineava le posizioni delle parti politiche al momento del voto del provvedimento in Commissione sanità, il quadro è profondamente cambiato, perché in questi due mesi (sono passati giusto due mesi da allora) ci sono state proficue, costruttive interlocuzioni anche all'interno della stessa maggioranza, perché c'erano posizioni differenti, differenti vedute che io reputo naturali considerata la complessità della materia, la vastità e anche la portata dell'intervento.
Questa diversità, queste disparità sono state superate. Oggi ci presentiamo all'Aula in una condizione di maggiore unitarietà e davvero io penso di poter dire che non mi trovo più in quella condizione in cui mi sarei potuto trovare a luglio di quest'anno. Perché la situazione era quella di un autista costretto a guidare una macchina sgangherata, con tanti competenti tecnici ai box di parte avversa e purtroppo anche della stessa scuderia.
Io spero che questo percorso che ci attende veda prima di tutto una maggioranza che continua a essere leale e coesa, perché ritengo che la macchina sia eccellente e possa percorrere la sua strada con dignità.
Sotto il profilo strettamente legislativo il disegno di legge è uno strumento alternativo, non sostitutivo in una fase di emergenza, perché preso atto che siamo in una situazione economica particolarmente grave, che vede sia lo Stato italiano sia la Regione coinvolti in un processo di contenimento delle spese, delle spese che si possono effettuare, sia a livello nazionale sia regionale, solo con strumenti normativi d'urgenza, altrettanto urgente è stato operare in termini di riequilibrio, razionalizzazione e attinenza al provvedimenti della spending review (decreto legge numero 95 del 6 luglio 2012).
Lo Stato, sempre sotto un profilo legislativo, detta i principi, ma la competenza va individuata applicando lo Statuto. Quindi la razionalizzazione della rete ospedaliera non ha valore di atto regolamentare ma di atto amministrativo di carattere generale. E quindi è un percorso ineluttabile che la maggioranza ha accolto prima che il decreto fosse approvato e che, in ogni caso, lascia margini di elaborazione in rapporto alle specificità della nostra Regione.
C'è bisogno di mettere il sistema sanitario sotto controllo, i direttori generali sono responsabilizzati, i direttori generali sono soggetti sempre più coinvolti nel controllo della spesa, e questo richiamo alle responsabilità dei direttori generali è importante perché è frutto di valutazioni condivise nella Commissione bilancio, che hanno portato a inserire specifici elementi normativi nella finanziaria del 2012, con l'intento di contemperare il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario con il rispetto degli obiettivi assegnati ai direttori generali, che non sono soltanto obiettivi di carattere economico-finanziario ma anche di salute e di organizzazione.
Il presente disegno di legge rappresenta uno strumento eccezionale, che insiste nell'alveo del processo di riduzione della spesa pubblica che è stato intrapreso sia a livello nazionale sia regionale. Giova ricordare che la Regione Sardegna, anticipando le riforme poi stabilite dal Governo e dal Parlamento, aveva già operato una individuazione dei punti nevralgici sui quali intervenire, determinando di conseguenza specifiche leve di azione, le quali sono state successivamente confermate dalle recenti disposizioni normative a livello nazionale.
E' stato quindi necessario - lo si è fatto in settima Commissione - rivedere il disegno di legge in oggetto alla luce delle disposizioni nazionali per la riduzione della spesa pubblica, con riferimento in particolare alla riduzione dei costi sanitari.
E' pur vero - e lo riconosciamo - che la Regione Sardegna a tutt'oggi è priva di un Piano regionale sanitario, perché l'ultimo è stato cassato dal TAR nella sua parte principale; però proprio per questo riteniamo imprescindibile che la Regione stessa venga dotata di uno strumento che, da un lato, permetta la riorganizzazione della spesa sanitaria nel rispetto delle previsioni di una sua riduzione, dall'altro garantisca le attuali ed urgenti esigenze di assistenza sanitaria. Si sottolinea, peraltro, che la revisione della spesa pubblica deve avvenire senza che ciò comporti qualsivoglia modifica nei confronti dei servizi che devono essere garantiti ai territori e ai cittadini. La Regione Sardegna in questo modo è parte attiva e operante nel processo di risanamento della finanza pubblica.
A livello nazionale, l'analisi della spesa sostenuta dalle diverse Regioni, dalle Aziende sanitarie locali e dalle Aziende ospedaliere (che è stata naturalmente oggetto di studi approfonditi che hanno evidenziato una notevole variabilità dei costi sostenuti, soprattutto per l'acquisto di beni, servizi sanitari e non sanitari, farmaci e dispositivi medici) ha avuto come conseguenza quella di concentrare gli sforzi e le azioni per ridurre questi costi specifici.
Relativamente a questi capitoli si è data l'indicazione di ridurre del 5 per cento i contratti di beni e servizi da attuarsi entro il 31 dicembre 2012 (per quanto riguarda le condizioni di acquisto e fornitura di beni e servizi); sono stati indicati dei nuovi tetti di spesa per i farmaci per il 2012-2013 (sia per la farmaceutica territoriale sia per quella ospedaliera); sono stati indicati nuovi tetti alla spesa per i dispositivi medici e sono stati indicati nuovi tetti di spesa anche per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati.
E' prevista poi - e questa è la parte pregnante del provvedimento - la riduzione dei posti letto ospedalieri, per i quali sono previsti nuovi indicatori e parametri. Questa riduzione, secondo il decreto sulla spending review, dovrà avvenire solo ed esclusivamente attraverso la soppressione di strutture complesse, e in conseguenza di ciò verranno anche sospesi i conferimenti e i rinnovi di incarichi ai sensi dell'articolo 11 septies.
Ora, l'intendimento del disegno di legge è quello di agire sul costo strutturale del Sistema sanitario regionale, all'interno del quale la spesa sanitaria ospedaliera è sicuramente il costo strutturale più rilevante. Ci sono le altre voci, ma anche per la spesa farmaceutica la voce più onerosa (quella che ha avuto maggiore incremento) è quella ospedaliera.
L'altra voce da governare è quella delle risorse umane. Poi viene la tecnologia che, sempre in un percorso di gestione, razionalizzazione e controllo delle risorse, dovrebbe essere affrontata cercando la rete dell'Health Technology Assessment (HTA), che significa creare dei gruppi multifunzionali che scelgono la tecnologia necessaria nel posto giusto e al prezzo giusto, con apparecchiature che eroghino il giusto volume di prestazioni. Questo è un percorso dalle enormi potenzialità che viene seguito da altre Regioni e che comporta atti di responsabilizzazione importanti per i direttori generali.
Quindi tecnologia, personale e farmaci sono tutti elementi riconducibili alla riorganizzazione della rete ospedaliera, che è la madre di tutti i discorsi e che è il motore principale. In sostanza il concetto è: "partiamo ma partiamo bene". Occorre pertanto riportare la rete ospedaliera ai parametri sui quali avevamo già iniziato ad agire nella prima stesura della norma, come quello relativo ai tassi di ospedalizzazione per mille abitanti che, insieme ad altri colleghi, abbiamo proposto di abbassare da 180 (parametro adottato in Sardegna) a 160 (parametro che stabilisce l'appropriatezza dei ricoveri) .
La spending review è, in un certo senso, rafforzativa di questo disegno di legge, che non è considerabile nella sua essenza come taglio generale, proprio perché interviene in maniera razionale e articolata, e quindi non si presenta come una riforma a 360 gradi ma rappresenta l'intento di agire in modo mirato su elementi di valenza particolare (quali, ad esempio, l'eccesso di posti letto di bassa complessità, la frammentazione della rete ospedaliera, la duplicazione delle specialità, l'inappropriatezza dei ricoveri e delle prestazioni, l'aumento dell'offerta ospedaliera per alcune specialità) che generano più che efficienza e qualità dei costi non giustificati. Quindi, qualunque aspetto di programmazione e di analisi, qualunque approccio per ridisegnare il Sistema sanitario regionale (e qui entriamo nel merito degli articoli del disegno di legge e in particolare dell'articolo 1 che definisce la creazione dell'Osservatorio epidemiologico regionale, dei Centri epidemiologici aziendali e dei registri di patologia) richiede l'opportunità e la necessità di avere dati solidi sotto il profilo statistico, confrontabili in maniera certa e attendibile fra le diverse realtà della regione.
Ma è uno strumento, questo, che deve essere aperto ad altri apporti, non solo di inserimento di patologie ma anche di monitoraggio - l'ha fatto la Regione Emilia-Romagna tramite il registro regionale - di procedure chirurgiche che sono ad altissimo costo. Noi riconosciamo che la sequenza fisiologica finora adottata negli atti e nelle procedure del Sistema sanitario regionale è stata corretta ed è la seguente: ci sono gli atti normativi (il riferimento alla legge numero 10 del 2006, alla legge 23 sui servizi sociali, gli atti di indirizzo, il Piano sanitario regionale, la rete ospedaliera, la rete territoriale, la rete di emergenza; atti che purtroppo non hanno avuto la possibilità di arrivare ad attuazione) gli atti di organizzazione e di programmazione aziendale, il programma sanitario, il piano degli investimenti, il piano di fabbisogno del personale. Ognuno di questi livelli ha la sua gerarchia e sicuramente non si possono invertire i percorsi, per cui il nostro percorso in atto prevede che la riforma della legge numero 10 del 2006, che è in itinere, debba essere portata a compimento.
E' davanti agli occhi di tutti, invece, che finora non l'abbiamo fatto, pertanto abbiamo il dovere di completare questo importante percorso normativo. Gli atti di indirizzo ci sono e si sta lavorando in Assessorato per avere un atto di indirizzo della rete ospedaliera che sia ulteriormente aggiornato. Occorre precisare, però, che la delibera del luglio 2011 sugli atti di indirizzo per la rete ospedaliera è bloccata di fatto, poiché non è intervenuto ancora il parere della Commissione permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria. Per questa medesima ragione, è stato cassato dal TAR, o meglio, ha inciso negativamente anche il percorso del Piano sanitario regionale predisposto nella precedente legislatura.
Per evitare questi devastanti intoppi, all'articolo 16, che non è stato emendato dalla Commissione, si propone una modifica che introduce un termine di trenta giorni per l'indicazione dei nomi dei cinque rappresentanti eletti dal Consiglio delle autonomie locali nella Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria, trascorso il quale la stessa è pienamente operante. Quindi, questa legge non interferisce col normale ordine e livello gerarchico degli atti e delle procedure e si inserisce in alcuni punti e a vari livelli per velocizzare e dare dei riferimenti immediati e certi sulla scorta della situazione di emergenza del decreto sulla spending review.
Il capitolo II del disegno di legge numero 385 è certamente quello che entra nel merito del riordino della rete ospedaliera ed è la parte più pregnante, che produrrà sicuramente i maggiori effetti in termini di liberazione di risorse per il potenziamento delle attività territoriali e delle funzioni appropriate. Ne deriverà sicuramente una razionalizzazione, un risparmio, con elevazione dei tassi di occupazione dei posti letto e una maggiore appropriatezza dei ricoveri; una risposta adeguata ai reali bisogni di salute.
Da questo punto di vista è importante l'articolo 14 perché rappresenta un cambiamento decisivo, segnando il passaggio dal mero riferimento alla spesa storica a criteri più dinamici di assegnazione delle risorse basati sulla determinazione delle necessità, sull'articolazione anche dei progetti di ristrutturazione e di riorganizzazione delle reti a livello territoriale attuata dai direttori generali. Quindi ciò determinerà un'attribuzione di risorse più consona alle diverse esigenze.
Questo verrà fatto anche col coinvolgimento di tutti gli altri attori del sistema: la parte tecnica dell'Assessorato, le aziende sanitarie, la Commissione sanità, con una consultazione più vasta possibile a livello territoriale. Non è però certamente messo in discussione il ruolo della Commissione consiliare, che è presente all'inizio e alla fine del percorso. Quindi, è un percorso che possiamo definire di botton up, basato sulla condivisione, ma essendo un percorso delicato, in cui per la prima volta si mette mano concretamente ai costi strutturali della rete, per la sua accettabilità sociale ha bisogno di una consultazione della comunità regionale, degli assetti direzionali delle ASL, perché la conoscenza delle esigenze territoriali è patrimonio dei territori stessi. Se non si saprà gestire con realismo la responsabilizzazione a livello locale, si vanificherà l'opportunità del coinvolgimento nel percorso e si demanderà all'alto l'imposizione di modelli organizzativi senza che nulla si possa eccepire.
Io mi sento, a questo punto, di rivolgere un appello a voi, care colleghe e cari colleghi…
PRESIDENTE. Onorevole Lai, il tempo a sua disposizione è terminato.
Ha facoltà di parlare la consigliera Barracciu, relatore di minoranza.
BARRACCIU (P.D.), relatore di minoranza.Presidente, colleghi, era il dicembre 2009, quando il Consiglio regionale, ovvero la maggioranza, approvava il Piano regionale di sviluppo con il quale la Giunta regionale esplicitava il proprio programma di governo per la XIV legislatura. Il famoso programma, ricordate colleghi, capace di far tornare il sorriso sul volto dei sardi e fondato su un principio addirittura definito rivoluzionario: "La persona prima di tutto, lo sviluppo nasce dall'Io".
E' utile ricordare, anche in questa sede oggi, che dopo tre anni dall'approvazione del PRS infarcito di numerosi voli pindarici anche in materia di sanità (andate a rivederlo) la storia ci consegna una Sardegna per la quale il sorriso è davvero un ricordo sbiadito, con indici di povertà tra i più alti in Italia, stremata da una crisi economica e sociale, se non generata, certamente amplificata all'estremo limite dall'azione di questa Giunta regionale. E così è più che mai svelata la "banalità demagogica" del principio regolatore del Piano regionale di sviluppo, con la persona che prima di tutto paga le spese del fallimento di questa Giunta, in quanto messa al centro sì, ma di un vortice di povertà e solitudine. Vortice nato, cresciuto e alimentato dal vuoto politico e programmatico che ha caratterizzato e caratterizza tutta l'azione di governo e, in particolar modo, della sanità.
Soprattutto della sanità, in quanto, a differenza degli altri settori di intervento, a giustificazione della drammatica situazione nella quale si trova, non può essere invocata l'assenza o l'indisponibilità di risorse finanziarie. Anzi, paradossalmente, le ingenti risorse rese (volenti o nolenti) disponibili, sempre e comunque, per la gestione (al 99 per cento spesa corrente) del sistema sanitario regionale, sono una delle cause delle sue distorsioni e comunque certamente non ne determinano una maggiore qualità. Tant'è che la Corte dei conti, sezione Autonomie, nella relazione con la quale riferisce al Parlamento sulla gestione finanziaria delle regioni per gli esercizi finanziari 2010 e 2011, sottolinea che la scarsa qualità e inappropriatezza dei servizi erogati si concentra soprattutto nelle regioni con più elevati disavanzi, dove cioè si sperperano i soldi.
Ciò è vero per tutte le regioni che hanno maturato i disavanzi ed è ovviamente vero per la Sardegna dove, a fronte di un disavanzo che dal 2009 ha ripreso a crescere a dismisura fino a toccare punte di 360 milioni di euro, alla scarsa qualità e inappropriatezza dei servizi erogati, con ciò che ne deriva in termini di percezione negativa della qualità dei servizi, di mobilità sanitaria interregionale e di aumento della spesa sanitaria privata, si è aggiunta, per l'incapacità di questa Giunta regionale di tenere fede al piano di rientro imposto dal Governo Berlusconi, la perdita di 14 milioni di euro di finanziamenti statali e di oltre 55 milioni assegnati in base agli impegni sottoscritti col Governo nazionale nel 2009.
Come già più volte denunciato, tre anni e mezzo di "non governo" di cui la sanità è l'emblema, l'assenza totale di politica sanitaria dolosamente voluta dal Presidente e perseguita poi dagli assessori che si sono succeduti, la clamorosa e ingiustificata mancanza del Piano sanitario regionale (approvato nella passata legislatura dopo vent'anni e scaduto nel 2008) il fallimento della pseudo-proposta di riforma del sistema sanitario e della riorganizzazione della rete ospedaliera, l'inesistente monitoraggio dei fattori di spesa, l'anarchia nella gestione dei farmaci, sono tutti capisaldi di una gestione improvvisata e disinvolta che denunciamo dal 2009 e di cui è testimone la Corte dei conti.
Questo mostruoso disavanzo è l'inevitabile risultato, sia della incapacità di predisporre, approvare e applicare atti di programmazione necessari, sia della contrarietà a continuare nella strada tracciata preferendo distruggere tutto il lavoro svolto nella precedente legislatura. Il sistema sanitario regionale procede dal 2009 alla cieca, senza guida. Viceversa, se nel 2009 il centrosinistra vi ha consegnato un disavanzo (quello del 2008) pari a 75,6 milioni di euro, non è perché allora la sanità si è fermata, non è perché le persone non si sono più ammalate, non è per questo, semplicemente ci si è assunti la doverosa responsabilità di fare politica sanitaria, dando corso al programma elettorale e approvando le leggi di riforma e gli atti conseguenti di programmazione.
Ricordiamo molto bene che quella politica, certo, non era di vostro gradimento, ricordiamo quanto l'abbiate avversata dentro e fuori quest'Aula, salvo poi (negli allegati alle finanziarie di questi anni che riportano lo stato di attuazione dell'assistenza sanitaria) elencare e riconoscere le vostre deficienze programmatiche quale causa di complicazione della situazione e richiamare la necessità di riprendere e portare a termine il percorso tracciato nella precedente legislatura.
Mi riferisco a quello segnato dalla legge numero 23 del 2005, dalla numero 10 del 2006, dal Piano sanitario regionale, dagli atti aziendali per le ASL, dai protocolli d'intesa con le Università, dai tetti di spesa per i privati, dalla lotta contro i ricoveri inappropriati, dalla programmazione e dallo sviluppo dei servizi di assistenza territoriale, il tutto orientato ad obiettivi chiari: tagliare gli sprechi, rendere più efficiente la spesa pubblica senza compromettere il diritto alla salute dei cittadini.
E' così che nella passata legislatura è diminuito il disavanzo, ed è così che il sistema sanitario regionale stava cambiando positivamente volto, non grazie ai vuoti proclami. Ma noi abbiamo ben chiaro il perché la Giunta ha preferito e preferisce continuare la sua stagione senza approvare leggi e atti adeguati: perché l'assenza di regole e di programmazione garantisce interessi particolari, ed è funzionale alla libertà incondizionata con cui si utilizza la sanità attraverso i direttori generali; non tutti, ma quasi. Una macchina per ampliare il potere personale ed il consenso elettorale di alcuni, con buona pace dei bisogni di salute dei cittadini, di un minimo sindacale di governo clinico e delle casse pubbliche.
I numeri della vostra gestione, Assessore, purtroppo sono impietosi e a disposizione di tutti. Non li riporto perché sono contenuti nella relazione depositata. Dico solo che la spesa sanitaria pro capite in Sardegna ha già superato di gran lunga la media nazionale, senza che sia aumentata minimamente la qualità dei servizi, con l'aggravante che tutto ciò che è sprecato in sanità viene sottratto alle esigenze dei cittadini e delle imprese. Sono dati ufficiali e non c'è spazio né per lo scaricabarile, né per la manipolazione delle cifre; cifre da capogiro, le vostre, che dimostrano quanto affermato in precedenza, ovvero che il problema della sanità sarda non è certo l'esigua disponibilità finanziaria, ma l'incapacità di programmare e di utilizzare bene le risorse. Infatti, dopo tre anni e mezzo di legislatura, il Consiglio regionale, a parte alcune norme isolate approvate in sede di manovra finanziaria, è chiamato a discutere il primo e unico provvedimento legislativo in materia di sanità che siete stati in grado di produrre e portare fino all'iscrizione all'ordine del giorno.
Alla prova dei fatti della politica e del governo della sanità, superata l'esigenza dell'unità nella e per la propaganda, ciò che è emerso da subito è, appunto, il vuoto programmatico, l'incompetenza e la litigiosità interna . Tutto ciò è riscontrabile nella inconcludenza delle norme approvate (legge numero 3 del 2009) e di quelle approvate in Commissione e poi insabbiate (testo unificato numero 48-99/A); nei tentativi falliti di ridefinire la rete territoriale, la rete ospedaliera e quella dell'emergenza (delibera numero 31/2 del 2011); nell'assurdità della deliberazione da parte sua, Assessore, delle linee guida per gli atti aziendali delle ASL, prima dell'approvazione di questa legge a cui gli atti aziendali avrebbero dovuto far riferimento (un pasticcio); nella illegittimità delle linee guida per la salute mentale che voi avete approvato senza il necessario passaggio in Commissione e che noi chiediamo che vengano ritirate immediatamente perché percorrano l'iter consiliare (abbiamo già chiesto alla Presidente del Consiglio di occuparsene).
A questa sequenza confusa di provvedimenti, a questa pseudo politica sanitaria spezzatino, oggi si aggiunge il disegno di legge numero 385 in discussione, che lungi dal recuperare i tre anni e mezzo che avete buttato via insieme al sistema sanitario regionale, è anch'esso un testo approssimativo, contraddittorio, dove è possibile riscontrare importanti profili di illegittimità tali da renderlo inapplicabile. I funzionari stessi del Consiglio sono fortemente preoccupati per i profili di illegittimità presenti in questo disegno di legge.
Per questi motivi in Commissione non solo abbiamo espresso il voto contrario, ma abbiamo chiesto anche, a più riprese, il ritiro del disegno di legge da parte della Giunta. Sebbene riteniamo di dover dare atto che il testo presentato dalla Giunta ha subito in Commissione consistenti modifiche che ne hanno alleggerito la gravità, evidenziando che buona parte delle sostanziali modifiche (le abrogazioni degli articoli 7, 8 e 17) sono il frutto delle insistenti e dettagliate battaglie e osservazioni delle minoranze e dell'approvazione dei relativi emendamenti, ciò che rimane, colleghi (in particolare gli articoli 10, 11, 12, 13) necessita di un'ampia discussione e di un'attenta valutazione da parte del Consiglio, poiché si tratta di norme, oltre che inopportune, inutili rispetto alle scadenze dettate dal Governo nazionale, e illegittime in quanto disattendono in pieno sia la normativa regionale vigente in materia di programmazione sanitaria (la legge numero 10 del 2006) sia la normativa nazionale (il decreto legislativo numero 502 del 1992). Le due norme, infatti, indicano la strada della programmazione sanitaria che non può e non deve saltare la redazione del Piano sanitario regionale.
Richiamo la vostra attenzione, colleghi, sul fatto che questa legge, derogando esplicitamente (articolo 18, comma 2) e illegittimamente alle leggi vigenti, assesta volutamente un altro colpo al sistema regionale delle regole approvate nella passata legislatura e, con esse, non all'ex assessore Dirindin, non al presidente Soru e al centrosinistra, ma a un modello di governo del sistema che non dovrebbe avere colore politico, perché semplicemente basato su un caposaldo riconosciuto e auspicato in maniera diffusa: il rafforzamento del ruolo di indirizzo e di controllo della Regione ed il pieno esercizio delle funzioni di committenza da parte delle ASL.
Contestualmente (circostanza altrettanto grave, colleghi) il disegno di legge numero 385 espropria il Consiglio regionale della sua funzione in materia di programmazione sanitaria (collega Lai, mi dispiace contraddirla) elimina dal processo di programmazione il necessario coinvolgimento e la condivisione delle decisioni con la comunità regionale e i suoi rappresentanti a tutti i livelli, scarica le responsabilità di programmazione sanitaria sui direttori generali che, chiamati anche ad autoridursi i posti letto, vengono investiti di un potere che esula dall'ambito gestionale e amministrativo per sconfinare in quello politico.
Ecco che questa legge, quindi, rappresenta l'esempio più eclatante dell'involuzione della programmazione sanitaria regionale, l'epilogo di quanto prodotto nel corso di questi anni da parte dell'Esecutivo: annunci di riforme storiche mai realizzate, di tentativi incompiuti di ridefinire la rete ospedaliera e quella dell'emergenza perlopiù incoerenti, se non in contrasto tra loro.
Il capo II del disegno di legge, colleghi, prevede interventi di riordino della rete ospedaliera - un articolo pesantissimo, il cuore di questa legge - con il taglio di circa 1300 posti letto, recependo i parametri previsti dal Patto della salute del dicembre 2009 e dalla recente legge, la cosiddetta "spending review". Si tratta, com'è facile capire, di un passaggio delicatissimo, critico, di forte impatto sul sistema assistenziale regionale, un passaggio delicatissimo che, in realtà, dovrebbe essere realizzato per parte preponderante (800 posti letto) entro il 30 giugno 2011, attraverso la ridefinizione della rete ospedaliera regionale.
La definizione della rete ospedaliera è un capitolo fondante del Piano sanitario regionale e deve essere necessariamente pensata all'interno di un piano più complessivo di programmazione sanitaria; non può essere lasciata nelle mani dei direttori generali di turno con un ruolo politico che non gli spetta, perché tagliare i posti letto può comportare rischiose discrasie nell'offerta dei servizi sanitari, in termini di equilibrio della presenza delle discipline ospedaliere nei diversi territori della Regione, perché la funzionalità di una riconversione dell'assistenza non può prescindere dalla definizione e dal governo di precise regole: l'individuazione dei centri di riferimento di livello regionale che svolgono funzioni sovraziendali, la definizione dei criteri per l'organizzazione in rete dei servizi sanitari territoriali, la definizione dei parametri che devono guidare il processo di riconversione dei più piccoli ospedali e di mantenimento per questi dello status di presidi ospedalieri.
In questo senso questo disegno di legge rappresenta una totale abdicazione del ruolo di governo del sistema sanitario da parte della Regione, una completa negazione dei principi stabiliti non solo nella legge regionale numero 10, ma anche dal decreto legislativo numero 502. Tutto è giustificato, nella relazione di maggioranza, dalla necessità di avvalersi di procedure più snelle rispetto a quelle previste dalla legge regionale numero 10. Queste deroghe superficialmente e indebitamente giustificate dall'esigenza di fare in fretta rappresentano, come già sottolineato, degli illegittimi e inaccettabile arretramenti in termini giuridici, culturali e strategici, e minano nella sostanza il ruolo affidato alla Regione e non raggiungono gli obiettivi che il Governo ci ha chiesto di rispettare.
Su un punto siamo d'accordo: sull'estremo ritardo con il quale un provvedimento di riordino della rete ospedaliera viene portato alla discussione del Consiglio regionale. Ma questo ritardo non può essere sanato con un rimedio - questa legge - che è peggiore della malattia. Non giova, infatti, mascherare l'incapacità dell'azione di programmazione con la necessità di prevedere una pianificazione sanitaria dal basso attuata dai direttori generali in conformità a direttive generali impartite dalla Giunta regionale.
Non giova, perché siamo invece di fronte ad un problema di cattiva e aberrante interpretazione della norma che porta a confondere i ruoli e le funzioni reciproche della Regione rispetto a quelli delle aziende sanitarie. Non giova perché accanto alle distorsioni formali, una prima valutazione di merito del processo di riorganizzazione assistenziale, così come delineato in questa legge, porta facilmente a prevedere il fallimento dello stesso; molto facilmente. Infatti, quali aspettative possono essere poste sull'efficacia di un modello a centralità aziendale, secondo il quale il direttore generale di un'azienda sanitaria propone alla Giunta l'autoriduzione dei posti letto essenzialmente sulla base del rispetto o meno del valore soglia (75 per cento) del tasso di utilizzazione del posto letto?
Una seconda deroga riguarda la necessità di derogare, appunto, all'ampia consultazione; deroga sempre alla "10" e alla "502". Perché, c'è da chiedersi, se è stato cancellato nel 2008 il piano di riordino della rete ospedaliera da parte del Tar, per l'allora rilevato difetto di consultazione, dovrebbe essere oggi possibile approvare in quest'Aula, in modo estemporaneo e ignorando le previste forme di partecipazione della comunità regionale, un disegno della rete ospedaliera che assume un impatto sicuramente maggiore del precedente, almeno in termini quantitativi (1300 contro 722 di allora)?
Ci lasciano increduli le previsioni che, come parziale rimedio, prevedono la delega delle funzioni e degli obblighi di consultazione previsti dalla normativa nazionale ai direttori generali. Non si può abdicare a questa regola di democrazia o pretendere di investire in modo improprio altri di questo obbligo. Non si può sfuggire al confronto su temi di valore strategico come la qualità dei servizi sanitari. Noi pensiamo questo. I criteri che guidano l'azione dei direttori generali sono quelli previsti dalla norma generale: il tasso di ospedalizzazione, la dotazione di posti letto rispetto alla popolazione residente. Criteri d'indirizzo che sono propri della programmazione nazionale; criteri che devono essere calati nella realtà regionale per soddisfare le esigenze specifiche del territorio.
L'unico indicatore però è quello del tasso di utilizzazione dei posti letto. E' un indicatore completamente desueto, tanto da non essere più utilizzato nei rapporti sulla valutazione dell'efficienza dei servizi. Vi prego di andare a confrontare l'ultimo rapporto del Ministero della salute sull'attività di ricovero 2010. E' un indicatore che non viene più utilizzato. Sanno tutti, infatti, o dovrebbero sapere, che i processi di deospedalizzazione non si governano misurando quanti giorni si occupa un letto in una corsia, ma attraverso l'applicazione dei principi guida che mirano a ridurre il numero dei ricoveri inappropriati, che nel 2009 in Sardegna sono stati 51 mila.
Le azioni di deospedalizzazione, preliminari al taglio dei posti letto, dei reparti e delle strutture ospedaliere, comprendono gli interventi di riorganizzazione e potenziamento dei servizi delle cure primarie finalizzate all'assistenza 24 ore su 24, attraverso obiettivi, accordi che necessitano di un forte governo regionale, necessitano della redazione del Piano sanitario regionale. E' davvero pericoloso e fuorviante fare tutto questo affidandosi alla buona volontà dei direttori generali.
Se poi confrontiamo questo D.L. con le norme nazionali che vengono richiamate per sottolineare la necessità di approvare in fretta questo disegno di legge, collega Lai, non regge neanche questa necessità e questo motivo che voi portate. Intanto perché, dopo che è stata approvato in Commissione, sono stati approvati altri due importanti provvedimenti da parte del Governo nazionale che la Commissione ha il dovere di verificare e di discutere perché possano poi essere recepiti dentro un'eventuale legge approvata qui dentro, e noi, invece, sotto questo aspetto, andiamo avanti senza renderci conto di quella necessità.
Non solo. Molte delle indicazioni contenute anche soltanto nel "decreto Balduzzi" ci dovrebbero veramente indurre a una preoccupazione tale che non può passare sotto silenzio, ma va ripresa con senso di responsabilità. Quindi siamo, anche rispetto alle norme nazionali, assolutamente fuori strada.
Insomma, se la maggioranza intende mettere mano al sistema noi diciamo che l'unico modo è quello di approvare il Piano sanitario regionale. Se verrà ritirato questo disegno di legge e noi ci renderemo disponibili, sin da domani mattina, a lavorare pancia a terra per approvare, entro il 31 dicembre di quest'anno, il Piano sanitario regionale oppure ad aggiornare quello già esistente. Solo in questo modo noi potremo essere seri e dare risposte concrete alla necessaria riorganizzazione del sistema sanitario regionale, in vista certamente di una riorganizzazione della spesa, ma soprattutto della qualità dei servizi erogati ai cittadini.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gallus. Ne ha facoltà.
Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.
GALLUS (P.d.L.). Signor Presidente, Assessori, colleghe e colleghi, il provvedimento che andiamo a esaminare oggi, nonostante sia stato sottoposto a uno stravolgimento con l'eliminazione di alcuni articoli durante il suo travagliato passaggio in settima Commissione, merita comunque di essere approvato, perché cerca di dare alcune soluzioni agli annosi e spinosi problemi che affliggono la sanità sarda e concretizza la costanza e l'impegno che l'Assessore e la Giunta hanno profuso nella sua stesura. Auspico pertanto che in Aula su di esso venga espresso il consenso almeno da parte di tutta la maggioranza, considerato che il voto finale del 31 luglio scorso in Commissione ha fatto purtroppo registrare la dolorosa presa di posizione contraria dei Riformatori, oltre a quella dell'opposizione.
L'importanza del disegno di legge è anche dovuta al fatto che permette una risposta in chiave economico-finanziaria da parte dello Stato, che con questa approvazione ristorerebbe le casse asfittiche dell'Assessorato della sanità con circa 244 milioni, la maggior parte destinati all'edilizia ospedaliera. Infatti con l'approvazione dell'articolo 10 di questa legge, relativo alla rete ospedaliera, riusciamo a soddisfare gli accordi di programma necessari per avere queste risorse, perché gli uffici ministeriali hanno già comunicato che, senza un atto di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, non sarà possibile accedere ai finanziamenti statali.
Che di queste risorse ci sia bisogno lo dimostra il fatto che alcuni reparti, anche eccellenti, come ad esempio quello della clinica neurologica dell'Università di Sassari, versano in condizioni a dir poco vergognose per quanto riguarda i requisiti strutturali. A tal proposito vi porto la mia personale esperienza poiché, ahimè, nei giorni scorsi da paziente sono stato per due settimane ricoverato presso tale struttura e ho toccato con mano le condizioni critiche - e uso un eufemismo -in cui operano fior di professionisti del settore (e non parlo della condizione dei pazienti). E' paradossale che di fronte a un materiale umano e professionale di primo ordine, dal direttore ai medici specializzandi, agli infermieri, agli operatori sociosanitari e ai fisioterapisti, vi siano, di contro, letti e comodini antidiluviani, tre bagni (se si possono definire tali) per 20 degenti più 6 in day hospital, bagni che sono distanti da alcuni letti anche 50 metri, e una palestra per la riabilitazione che non è altro che una stanza di degenza.
Colleghi, un reparto che ospita pazienti gravi e impegnativi, a causa di patologie complesse e invalidanti quali ictus, emorragie cerebrali, sclerosi multipla, Parkinson e neoplasie, non può nel 2012 registrare una situazione logistica di tal guisa. Pertanto queste risorse sono come una manna piovuta dal cielo per cercare di dare risposte e soluzioni a questi che sono certamente dei piccoli problemi della sanità sarda. Comunque, per dovere di cronaca, vi informo che ho sollecitato per questa situazione l'Assessore che ha assicurato la sua totale disponibilità per risolvere quanto meno e quanto prima il problema degli arredi.
Poi possiamo concretamente dare le giuste risposte agli onorevoli Mario Diana e Mario Bruno, i quali nei giorni scorsi hanno lamentato la scarsa attenzione della Giunta rispettivamente verso i territori della ASL 5 di Oristano e dell'ospedale di Alghero, che nell'assegnazione dei fondi CIPE precedentemente erogati sono stati trascurati. Per quanto attiene alla rete ospedaliera e ai conseguenti dolorosi tagli imposti dal decreto sulla spending review, l'idea che mi sono fatto sia durante l'esperienza dei sette anni in Commissione sanità da politico, sia da medico nella vita professionale e sia da paziente, è che la distribuzione dei posti letto e delle specialità deve garantire un approccio ai problemi di salute della popolazione sarda tutta, con uguaglianza di risorse, di mezzi e di tempi d'intervento.
Mi spiego meglio. Se abbiamo una patologia cardiaca, grave o lieve che sia, dobbiamo garantire al cittadino un ugual sistema di risposta, vuoi che si trovi a Cagliari, vuoi che si trovi a Santa Teresa di Gallura o a Morgongiori ovvero a Sant'Antioco. La distribuzione dei posti letto e delle specialità deve garantire un sistema sanitario regionale che risponda in maniera organica attraverso una rete ospedaliera che abbia programmato gli interventi necessari al bisogno di salute, cosa che oggi non è purtroppo attuabile, per cui anche in una regione come la nostra vivere lontano dai grossi centri può essere una causa di ulteriore rischio per la propria salute.
Ipotizziamo, per esempio, un politrauma da incidente stradale o un infarto acuto del miocardio; l'area geografica dove questo si verifica può risultare spesso fatale per il malcapitato, per cui la distribuzione dei posti letto deve essere programmata secondo criteri di equilibrata distribuzione territoriale. Non vorrei che invece tutto si risolvesse nella logica del pesce grande che mangia il pesce piccolo, tagliando esclusivamente i posti letto periferici dei piccoli ospedali in nome dei requisiti di appropriatezza che sarebbero solo una mera giustificazione per tagliare ancora una volta le risorse a chi non ha voce per difendersi e che paga sempre per tutti.
A tal proposito chi vi parla ha presentato nelle sedi competenti ( Assessorato, Commissione sanità e ASL ) oltre alla stampa e ai sindaci del territorio, un proprio progetto di riorganizzazione dei piccoli ospedali della ASL 5, nella fattispecie quelli di Bosa e di Ghilarza. Tale progetto, senza alcuna presunzione, potrebbe essere una base di partenza e un tassello importante nella distribuzione dei posti letto e delle specialità che garantiscano un approccio sistemico ai bisogni di salute della popolazione sarda tutta per i prossimi anni.
Concludendo, seppure certamente siamo di fronte a un disegno di legge perfettibile, ritengo che debba essere comunque approvato con la consapevolezza di aver compiuto un passo significativo per offrire alcune risposte alla popolazione in termini di salute.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Espa. Ne ha facoltà.
ESPA (P.D.). Presidente, colleghi, io volevo riprendere alcune affermazioni pronunciate oggi, in particolare dall'onorevole Gallus alla fine del suo intervento, che mi sembrano abbastanza legittime. Entrando nel merito del disegno di legge il collega si chiedeva come avremmo proceduto, in sede di riorganizzazione della rete ospedaliera, nel decidere i tagli dei posti letto, quindi già si preoccupava di alcuni passaggi importanti, come per esempio che i tagli non venissero effettuati in determinate zone, che i piccoli ospedali fossero salvaguardati, eccetera, eccetera.
Allora, quando noi vi chiediamo di ritirare questa legge, quando ve lo chiediamo molto seriamente, quando prendiamo l'impegno di lavorare da domani mattina, come ha detto la mia collega Francesca Barracciu, per il Piano sanitario, per aggiornarlo, vi stiamo dicendo di lavorare per un qualcosa che dia risposte anche alle preoccupazioni dell'onorevole Gallus. Questa legge, infatti, stravolge completamente i poteri, ma soprattutto l'idea del coinvolgimento di tutti nel realizzare il Piano sanitario. Quando mai una legge si sostituisce al Piano sanitario nel decidere dove prevedere posti letto in più o in meno, in quel territorio sì, in quel territorio no?
Credo che la discussione che c'è stata in questo Consiglio regionale quando è stato approvato il Piano sanitario sia stata una discussione importante e feconda. Certo, è stata una battaglia, sono intervenuti tanti fatti, ci sono stati ricorsi al TAR, tutto quello che volete, ma perché da soli ci vogliamo togliere la prerogativa di discutere di problemi che riguardano i cittadini e il nostro territorio? Praticamente stiamo dicendo: "No, va beh, il Consiglio non si occupa di queste cose, facciamo una leggina" . Però poi quelli che governate vi inseguiranno per dirvi: "Ma perché state facendo questo? Perché state facendo quest'altro? Perché avete approvato una legge che taglia fuori le comunità locali, taglia fuori i sindaci, taglia fuori tutti gli attori sociali che la legge numero 10 prevedeva fossero coinvolti?" Non si tratta di velocizzare, si tratta di rispettare le normali procedure che in tutta Italia vengono seguite.
Per questo, parto dall'esempio dell'onorevole Gallus, preoccupato per la sorte dei piccoli ospedali, per dire che anche quella è materia di Piano sanitario, come lo è anche quella delle RSA. Grazie a Dio il tentativo il tentativo - scusate, ma era un po' una barzelletta - di portare per legge a 4500 i posti in RSA poi è saltato perché c'è stata l'intelligenza di capire che era una follia. La legge numero 10 è una legge vigente, non è una legge abrogata e questa legge stabilisce che il Piano regionale dei servizi sanitari, faccia tutta una serie di cose, illustri le condizioni di salute della popolazione, indichi le aree prioritarie di intervento, individui gli strumenti per orientare il sistema sanitario regionale per la qualità, insomma, uno spettro ampissimo.
Con questo disegno di legge, invece, si è deciso di disciplinare con legge materie che, ai sensi della normativa quadro, non solo regionale, ma anche nazionale, (come il decreto legislativo 502 del '92) devono essere demandate allo strumento del Piano sanitario regionale, che deve essere adottato al termine di un preciso iter procedimentale: parere del Ministro (quindi un coordinamento anche di carattere nazionale) partecipazione procedimentale degli enti locali e delle categorie interessate eccetera. Eliminando quindi la partecipazione di questi attori dal procedimento decisionale incorriamo sicuramente in un vizio di legittimità.
Veramente non riesco a comprendere la ratio di questo assalto alla legge numero 10, che è stata la legge più importante, secondo me, della scorsa legislatura, perché ha interrotto un silenzio di anni . Una legge approvata dopo un grande lavoro, con grandi discussioni all'interno di questo Consiglio che viene considerata patrimonio del centrosinistra, ma che io sono orgoglioso che sia patrimonio di tutta la Sardegna. E' finita la fase in cui sembrava doveroso cercare di "impallinare" strumenti utili alla Sardegna per il solo fatto di provenire dalla parte avversa.
Secondo me è una follia disciplinare per legge posti letto, residenze sanitarie, deospedalizzazioni; sono decisioni che vanno assunte in base a discussioni fatte con la partecipazione dei diversi attori interessati. Parlavo, prima, della barzelletta delle residenze sanitarie assistite: cosa sarebbe successo se quella proposta fosse passata? Che senza una visione generale del problema magari quei territori che avevano già centinaia di posti letto ne avrebbero avuti altri e quelli che non ne avevano magari sarebbero rimasti senza. Ecco perché, giustamente, la legge numero 10 ha previsto che su queste materie si dovesse presentare un piano, farlo passare in Commissione, discuterlo con le comunità locali e poi rappresentarlo al Ministero. Credo inoltre che sia importante sottolineare il fatto che in data 20 luglio 2011 la Giunta ha deliberato l'approvazione preliminare del documento di riordino della rete ospedaliera e della rete di emergenza.
Allora, che fine fa questa delibera che è in vigore? Non si sa. Questa è una riforma pasticciata, e io non posso che sottolineare il fallimento del disegno di legge, presentato proprio un anno fa, che ancora giace negli uffici della Presidente del Consiglio, perché evidentemente c'è il timore che venga bocciato dall'Aula.. Quel disegno di legge è ancora figlio del vostro famoso emendamento approvato mentre si discuteva di carciofi. Voi, con la legge numero 3 avete cambiato tutto il sistema sanitario con la scusa che ciò veniva fatto "in attesa della legge di riforma", quella legge di riforma che non c'è ancora.
A volte fate pensare di essere non dei legislatori che rigorosamente utilizzano le loro competenze, che decidono seguendo un proprio disegno generale, a volte, quando vediamo certi disegni di legge o certi emendamenti che proponete, sembra veramente di trovarci al bar mentre, tra un cappuccino e una brioche, qualcuno dice: "Ma perché non togliamo questo e mettiamo quest'altro? Ma perché non decidiamo che i direttori generali della ASL possano essere neolaureati e non avere bisogno di anni di esperienza?". Ci si abbandona ad un modo così facilone di legiferare che veramente lascia perplessi.
Noi pensiamo invece che l'interesse dei sardi e della salute dei sardi si persegua veramente trovando forme (in un periodo di grande crisi e di tagli) che ci permettano di spiegare a noi, alla politica, quello che sta succedendo, ricordando anche la questione molto importante delle risorse ( è stato già detto prima dalla mia collega, ma ci voglio tornare). L'Assessore ha affermato che l'approvazione di questo disegno di legge ci permette di non perdere 256 milioni per gli ospedali, e noi siamo i primi che non vogliamo perdere nessuna risorsa, però dobbiamo dirci le cose tecnicamente come sono.
Noi pensiamo che questa affermazione faccia riferimento alle risorse previste per il programma di investimenti ex articolo 20 della legge numero 67 dell'88. A questo proposito, abbiamo osservato che le somme a disposizione del Ministero della sanità non sono di 256 milioni, ma di 200 milioni di euro, ripartite con delibere CIPE numero 97 e 98 del 18 dicembre del 2008. Comunque non è sufficiente approvare una legge perché il Ministero ci dia soldi, ma la procedura da seguire per l'attribuzione delle risorse è articolata e complessa. E pertanto non si può certamente prescindere dal recepimento degli standard nazionali.
Su questo punto anche qua voglio ricordare, lo voglio risottolineare, che quando il decreto legge numero 95 del 2012 nazionale è stato convertito con la legge 7 agosto del 2012 numero 135 sono intervenute alcune modifiche di cui sicuramente bisogna tener conto. Per esempio il legislatore ha modificato la percentuale dei posti letto a carico dei presidi ospedalieri portandola dal 40 al 50 per cento mentre noi in questo disegno di legge non ne abbiamo tenuto conto. Poi il 6 settembre (quindi successivamente alla presentazione del vostro disegno di legge) il "decreto Balduzzi" ha apportato altre novità, e, anche di esse, ovviamente, qui non si tiene conto.
Questo fatto ancora di più induce a pensare che occorra fermarci davanti a questa situazione perché la sanità non si può governare a colpi di articoli di legge, ma c'è bisogno di partecipazioni ben diverse, più ampie, e c'è bisogno di considerazioni che permettano soluzioni condivise il più possibile, che creino una situazione di gestione virtuosa per le risorse che noi dobbiamo utilizzare e quindi di razionalizzazione della spesa, come siamo stati richiamati dalla spending review, evitando gli sprechi.
Ecco, sui piccoli ospedali, per esempio, questo disegno di legge - ritorno all'inizio del mio intervento - non prevede nulla, mentre il decreto legge numero 95 del 2012 prevede che nell'ambito del processo di riduzione le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano operino una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche e promuovano un ulteriore passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all'assistenza in regime ambulatoriale favorendo l'assistenza residenziale e domiciliare. Queste sono le notizie che arrivano dal Governo.
Ma ritornando alla faciloneria con la quale si ritiene, secondo me sbagliando (culturalmente, non politicamente: culturalmente) che determinate leggi siano solo leggi di parte quando in realtà costituiscono veramente una risorsa per la Sardegna come la legge numero 10, voglio ricordarvi, ancora una volta, la famosa scena che si verificò in Consiglio quando abrogaste l'articolo 7 a seguito delle sollecitazioni nostre e del collega Campus.
Il problema quindi è il metodo. Ora noi adesso abbiamo le risorse per pagare la spesa sanitaria, però quando si tratta di razionalizzazione, se le osservazioni sono giuste io aderisco molto volentieri. Allora quando il Governo ci ricorda che dobbiamo orientare le nostre politiche verso l'assistenza domiciliare (e parlo anche di assistenza ospedaliera) quindi muovendoci non nell'ottica di una visione ospedalocentrica, come in questo disegno di legge, ma nell'ottica di offrire veramente sostegno a una sanità diffusa nel territorio, noi siamo d'accordo.
A questo proposito voglio ricordare la storia delle case della salute. Come voi sapete appena cambiò la Giunta voi sparaste a zero contro le case della salute, adesso invece che pare che il Governo nazionale voglia fare delle case della salute il nuovo Assessore, il vostro Assessore, si è espresso a favore. Quindi, ripeto, la polemica politica a volte non serve a niente e le cose buone vanno sostenute a prescindere da chi le propone. Però quando voi ci portate un provvedimento che spiega che noi dobbiamo arrivare a 4350 posti letto nelle RSA (con un incremento pari a quasi tre volte l'attuale dotazione) e scopriamo, dopo una lunga discussione, che la spesa passerebbe dagli attuali 60 milioni di euro circa ai 173 milioni e che addirittura, come ci hanno spiegato i funzionari dell'Assessorato, i posti che ci sono non sono tutti occupati, non possiamo essere d'accordo .
Del resto lo stesso Governo nazionale ci invita a passare all'assistenza domiciliare, a sviluppare forme di intervento come, per esempio, quelle della rianimazione a domicilio che libera i reparti di rianimazione negli ospedali e crea un'assistenza ospedaliera sul territorio.
Io voglio citare l'esempio di un piccolo ospedale come quello di Isili che ha istituito un servizio di oncologia a domicilio, una iniziativa importantissima che fa risparmiare moltissimi soldi e permette ai malati oncologici gravi di poter essere sostenuti nel loro territorio. Sono interventi utilissimi che si sperimentano, buone prassi, piccole ma che si sperimentano qui. Voi invece cosa proponete? Proponete: tutti in RSA.. Poi quanto spendiamo? Tre volte di più.
E' dal 2000 che tutte le Giunte, partendo dalla Giunta con assessore Giorgio Oppi passando a quella con assessore Roberto Capelli e poi a quella con la professoressa Dirindin, stanno investendo giustamente decine e decine di milioni di euro per fare in modo che le persone possano essere assistite nel loro territorio. Oggi invece improvvisamente decidiamo: "No vabbè basta, ritornino tutti in istituto".
Ora è notorio - lo sostengono tutti i governi - che questi investimenti fanno risparmiare e quindi riducono il debito della sanità perché ovviamente i costi dell'assistenza domiciliare sono notevolmente inferiori. Pensiamo a come si è trasformata, per esempio, l'assistenza ai malati di SLA. Prima i malati di SLA rimanevano un anno e mezzo in ospedale perché non c'erano ancora le leggi che favorissero l'assistenza domiciliare. Poi, nella legislatura precedente, è partito il progetto "Ritornare a casa" e, insieme a questo, altri progetti per la deospedalizzione del malato. Con questi progetti, non solo siamo riusciti a far tornare a casa il malato ma abbiamo anche ottenuto delle economie di costi, perché l'esborso (anche di 40 mila euro all'anno per singolo progetto) confrontato con il costo di 700 mila euro annui che comporta tenere un soggetto in reparto di rianimazione, è notevolmente inferiore.
Quindi quando si afferma che con questi interventi stiamo spendendo troppo non si tiene conto che, nel conto totale si risparmiano 10 volte le stesse risorse grazie a queste politiche . Allora come si può pensare di portare la spesa per rinchiudere le persone da 63 milioni a 173 milioni? Per fortuna l'intelligenza ha portato tutti a capire che non conviene, che non è un braccio di ferro da fare con nessuno e il provvedimento è stato ritirato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue ESPA.) Però il senso di tutto ciò è che è necessaria una vera programmazione da fare nel piano sanitario. Noi siamo pronti. Credo che tutto il centrosinistra, come è stato già detto anche prima, se si vuole veramente rifare il piano sanitario in tempi brevi, sia a disposizione. Sono sicuro, Assessore, che il Governo nazionale non esiterà, davanti all'adozione di procedure corrette (e se sarete capaci ovviamente di chiederli e di non far bocciare il piano di rientro e tutto il resto) a riconoscere i 200 milioni che ci deve anche in questa materia. Su questo ancora una volta vi rivolgo un appello. Ragionateci, c'è ancora tempo, cercate di capire che questa non è una pratica amministrativa, è un fatto importante, è un fatto grave, e lo dico consapevole del significato che ha questa parola.
Quindi se riconosciamo che questa legge non è lo strumento più adatto dobbiamo avere il coraggio di riportarla via da questa'Aula e cercare altri strumenti che ci permettano di dare risposte comprensibili al territorio, fare in modo che i cittadini capiscano che non si tratta solamente di un movimento di pedine, ma che davanti a situazioni pesanti come quelle che si annunciano su tutti i territori, noi siamo decisamente per la territorializzazione dei servizi sanitari e per ridurre gli sprechi attraverso una politica che ci permetta di razionalizzare la spesa, e questo si può fare solo con il piano sanitario, non a colpi di legge.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.
VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi consiglieri, la sanità sarda ha bisogno di essere riformata. Il nostro sistema è basato fondamentalmente sull'ospedale e ha una rete territoriale troppo debole che va potenziata. Non sono affermazioni mie, sono affermazioni che rappresentano un po' la sintesi di ciò che nella scorsa legislatura è risuonato in quest'Aula e che è stata un po' la linea conduttrice dell'azione politica del binomio Soru-Dirindin sui temi della sanità.
Queste affermazioni venivano pronunciate in un contesto in cui il deficit del bilancio consolidato della sanità sarda era, sino a quando lo si contava in lire, intorno ai 350 miliardi l'anno, quando si iniziò a contarlo in euro andò crescendo. Normalmente i deficit si valutano almeno su base triennale, calcolarli su base annua è ovviamente distorsivo, e vale come punto di riferimento il deficit del 2011. A fronte di 2.850 milioni di euro che ci ha assegnato il CIPE, noi spendiamo 350 milioni di euro in più.
Io credo, allora, che noi dovremmo, avremmo dovuto, forse lo abbiamo fatto, chiederci seriamente in quest'Aula qual è il motivo per cui, mentre lo Stato dice che i nostri livelli essenziali di assistenza si possono garantire con una certa cifra, noi normalmente ne spendiamo una che, qualunque altra regione a Statuto ordinario l'avesse spesa, sarebbe stata immediatamente "schiaffata" in piano di rientro.
Forse noi in Sardegna abbiamo una sanità di maggiore qualità rispetto a quella che c'è altrove, rispetto alla Toscana, all'Emilia-Romagna, alla Lombardia, modelli diversi di sviluppo del sistema sanitario? Io credo che sia difficile sostenere ciò; non possiamo che dare una risposta negativa. Forse abbiamo una maggiore difficoltà in Sardegna a garantire la capillarità e la qualità del servizio? A questa domanda invece risponderei affermativamente, nel senso che sicuramente l'idea di portare in Sardegna modelli copiati da altre regioni italiane si scontra con il fatto che abbiamo 24.000 kilometri quasi di territorio, una dispersione della popolazione estrema nei piccoli comuni della Sardegna che tutti conosciamo, e una rete stradale e un assetto geografico che è penalizzante rispetto all'idea di portare la salute sul territorio.
Per noi non è difficile comprendere come sia più costoso organizzare il servizio del 118 in Sardegna, che non per la metà della città di Milano, eppure gli abitanti probabilmente sono gli stessi. Però, ecco, a parte questa considerazione ce n'è un'altra di cui tutti quanti abbiamo consapevolezza, e cioè che quel famoso criterio dell'efficienza, dell'efficacia e dell'appropriatezza - che insieme all'universalità degli accessi rappresenta uno dei cardini del nostro sistema sanitario, o almeno di quella che oggi l'economia sanitaria applica ai sistemi della salute - forse in Sardegna non è rispettato come dovrebbe.
Ecco allora perché nella scorsa legislatura noi abbiamo sostenuto che la risposta a queste problematiche non poteva essere certo la legge numero 10 del 2006. E' una legge, infatti, che forse potrebbe andare bene in Toscana, dove se si fanno trenta commissioni, tutte e trenta funzionano, se ci vogliono trenta timbri, riusciamo ad ottenere trenta timbri entro il tempo che è necessario per ottenere poi il risultato finale. Sicuramente in Sardegna, regione dove la burocrazia ha già grandi difficoltà a garantire il poco che garantisce, una legge burocratica non ha niente di garantista.
E' figlio della deriva burocratica della legge numero 10 del 2006 anche il fatto che purtroppo ad oggi noi non abbiamo un piano di razionalizzazione della rete ospedaliera, perché quella che - io sono d'accordo - rappresenta una delle parti fondanti di qualsiasi piano sanitario regionale è stata per un vizio di forma cassata, caducata, bocciata dal Tribunale amministrativo regionale, e pertanto in Sardegna oggi non c'è un piano di razionalizzazione della rete ospedaliera.
Nella scorsa legislatura noi Riformatori, quando abbiamo detto no ad alcune scelte che venivano decise per la sanità, abbiamo specificato che non lo dicevamo in nome della conservazione, ma che lo dicevamo in nome del cambiamento. E abbiamo anche detto un'altra cosa, che io stesso per conto di riformatori ho ripetuto per le tre legislature in cui ho avuto la ventura e l'onore di sedere in quest'Aula: abbiamo sempre detto che sulla sanità non c'erano battaglie ideologiche da fare, ma che c'era, e sarebbe stata necessaria una battaglia di condivisione. E l'abbiamo detto perché siamo convinti che nessuno meglio dei sardi sarebbe in grado, se lo volesse, di stabilire quali debbano essere le regole del funzionamento del nostro sistema sanitario, che nessuno meglio dei sardi conosce le esigenze di qualità di salute che sono richieste dai sardi, e che nessuno meglio dei sardi che ragionano bene, e che vogliono impegnarsi per risolvere i problemi, sarebbe in grado di dare le risposte. Purtroppo non è stato così.
Questa legislatura ha registrato un inizio che io, dal mio punto di vista, capisco che ci possano essere opinioni contrarie, pensavo promettente. C'è stato un inizio di riforma della sanità in Sardegna che è stato addirittura nel 2009 inserito all'interno di una legge. E sull'onda di questa legge noi Riformatori abbiamo anche spiegato, cercato di spiegare, qual era il nostro punto di vista sul funzionamento della sanità, e abbiamo detto che due interventi erano fondamentali. Il primo era quello di separare la committenza dall'erogazione del servizio. Sinché i nostri ospedali saranno delle specie di "vacche nere nelle notti nere", dove cioè all'interno della quota capitaria non si capisce come vengano spesi i soldi, non si capisce se i servizi che vengono forniti funzionino o non funzionino, se siano o non siano graditi dalla popolazione, se siano o no di qualità, se forniscano una risposta appropriata, sino a quando permarrà questa situazione non potremo dire di aver messo mano in maniera seria a nessuna riforma del sistema.
Lo stesso discorso vale per le economie di scala: sino a quando noi non cercheremo di avere delle economie di scala (quali erano, per esempio, quelle prospettate dalla proposta di legge sull'azienda unica che abbiamo presentato in questa legislatura) sino a quando le economie di scala rimarranno frenate dai mille interessi localistici, sarà difficile cambiare veramente qualcosa.
Io so bene che molti di questi interessi localistici sono assolutamente comprensibili, e forse anche giustificati e leciti - perché io capisco perfettamente che acquistare il pane su dimensione regionale cancelli decine di panetterie locali che campano attraverso un sistema che distribuisce i soldi in maniera capillare sugli attori che si muovono nel sistema - però noi dobbiamo garantire salute, non dobbiamo preoccuparci degli interessi dei fornitori.
Noi abbiamo alla fine, volenti o nolenti, gestito il quotidiano, ma senza interventi radicali il quotidiano non migliora, il quotidiano rotola, il quotidiano scivola. Siamo stati accompagnati in un piano di rientro - è vero - e il piano di rientro è stato bocciato, siamo diventati una delle Regioni scandalo d'Italia per il consumo della farmaceutica. Insomma abbiamo lasciato che le cose andassero. Però, guardate, oggi sta succedendo qualcosa di cui non possiamo non tenere conto, e cioè sono cambiati i tempi. E i tempi non sono cambiati soltanto per l'ex Capogruppo di Forza Italia della Regione Lazio, o per altri che si sono resi conto che ciò che sembrava si potesse fare non si può fare, ma sono cambiati soprattutto per la politica intesa come gestione virtuosa della cosa pubblica. E allora, già in pieno federalismo, prima che scoppiasse il problema gigante dei conti dello Stato in Italia, lo Stato si era reso conto dell'insostenibilità dei conti nella sanità, e si è iniziato a parlare di centralizzazione del sistema.
Noi sappiamo perfettamente che quando si è parlato di costi standard e quando si è parlato di best practice si stava parlando di una ripresa del controllo dello Stato sulla spesa regionale, che in Sardegna è il 50 per cento del consuntivo ma nelle Regioni a statuto ordinario arriva al 70-80 per cento del consuntivo. Poi è precipitata la situazione economica. E allora io vi pongo una domanda: come fare a garantire un welfare regionale e nazionale, che cresce a ritmi tra il 2 e il 5 per cento l'anno, se il Pil è fermo o torna indietro? Come si può fare? Questo è il problema che oggi noi tutti ci troviamo di fronte nella nostra attività di legislatori e di politici. E come si può fare a garantire l'universalità degli accessi e la gratuità delle prestazioni, se il Pil decresce? E' impossibile.
Non c'è infatti un solo economista sanitario di sinistra che dica "si può fare" e uno di destra che dica " non si può fare": gli economisti sanitari (se di questa medaglietta si fregiano) dicono tutti la stessa cosa. Ed allora ecco lo Stato che parte con la spending review in sanità, termine inglese, che per la Sardegna significa, come ci spiega il decreto del 5 luglio, un elenco con i nomi e cognomi degli ospedali da chiudere immediatamente, un elenco che fa parte di uno più grande che comprende altri 150 ospedali nazionali. E' la rivoluzione. Poi lo Stato sembra fare marcia indietro.
E' vero che ha cancellato i nomi e cognomi degli ospedali da chiudere (quindi non sono più identificabili a uno a uno) ma è anche vero che nel frattempo ci ha proposto nuovi parametri di ospedalizzazione e di posti letto per mille abitanti, con taglio verticale delle strutture complesse (cioè non andate a togliere quattro posti letto in quel reparto e quattro in quell'altro, dovete togliere i primari) e ciò si traduce per la Sardegna in una perdita stimata tra 1200 e 1300 posti letto, 600 in più di quelli che avrebbe cancellato il Piano sanitario regionale della Dirindin. Tutto questo, com'è stato ricordato, deve avvenire entro il 31 dicembre.
Allora, io rivolgo un'altra domanda ai colleghi che eventualmente si volessero cimentare in una risposta: siamo in grado di fare ciò che la spending review nazionale ci propone? Siamo in grado di accogliere la proposta dell'onorevole Barracciu che, se io non ho capito male, dice: togliamo dal tavolo questo provvedimento, che secondo noi ha profili di illegittimità, non ci piace, forse non serve, e mettiamoci a lavorare pancia a terra in modo da arrivare ad approvare entro il 31 dicembre il piano di razionalizzazione della rete ospedaliera? Siamo in grado di farlo?
Vi dico come la penso io, e ovviamente io la penso così a titolo personale e forse del mio Gruppo: noi non siamo in grado di farlo, e non siamo in grado di farlo perché non abbiamo mai costruito quel linguaggio comune della politica sui temi della sanità che ci avrebbe permesso di scavalcare ideologie, di scavalcare rendite di posizione, particolarismi locali, retropensieri, convenienze elettorali, quelle cose che mandano in giro i sindaci di sinistra quando vogliono fare le riforme quelli di destra, e che magari mandano in giro gli stessi sindaci di sinistra quando è la sinistra che le vuol fare, perché poi il modo per far scendere in piazza gli amministratori locali purtroppo la politica lo conosce.
Il testo quindi del provvedimento che oggi è in discussione mirerebbe a conseguire un obiettivo che è difficilissimo da conseguire, e cioè l'accelerazione della stesura del piano della rete ospedaliera, il cui iter è stato allungato a dismisura dalla burocrazia della legge numero 10 del 2006. Ma, guardate, se poi andate a fare i conti di quanto tempo ci vuole con le accelerazioni, che forse sono addirittura illegittime (così dicono i colleghi del centrosinistra), ci vorrebbe un anno, ci vorrebbero nove mesi, e ci vorrebbero nove mesi se fossimo d'accordo tutti a farle, se fossimo d'accordo a trovare un punto di caduta che poi ci permetta di scrivere un piano che non faccia scendere i sindaci per strada e che non faccia scoppiare la rivoluzione a sei mesi di distanza dalle elezioni, perché sapete perfettamente che se scoppia la rivoluzione a sei mesi di distanza dalle elezioni non si può fare niente.
Quindi, se manca l'idem sentire, il sentire comune, i tre mesi che il relatore di minoranza, la collega Barracciu, ha proposto, badate, a mio avviso non servono assolutamente a niente. E' per questo che io non provo passione per il disegno di legge oggi in discussione, ed è per questo che invece - non vorrei fare la prefica o la Cassandra come qualche altra volta sulla sanità mi è capitato di fare - provo a dirvi quale è secondo me l'ultima parte del film sulla sanità, quella che ancora oggi non abbiamo visto né scritto né proiettata nelle sale cinematografiche: la riforma sanitaria in Sardegna non la farà questo Consiglio regionale, ce la farà lo Stato.
Avete presente la riforma dei tribunali, e quella delle sedi scolastiche, e quella degli uffici postali? Ebbene, dove avrà fallito questa classe dirigente lavorerà lo Stato, che non conosce nel dettaglio le nostre esigenze e i nostri bisogni di salute, però sa benissimo quanti soldi ha in tasca e quanti ce ne può dare. Ricordatevi che a oggi - se ne ricordi anche il collega Maninchedda e il Gruppo dei Sardisti - noi non siamo né la Catalogna né la Lombardia. Diciamo sempre che lo Stato ci deve dei soldi ma omettiamo di dire che lo Stato quando non ci dà i soldi sta semplicemente facendoci uno sconto sulle sue partite di trasferimento di fondi dalla Lombardia verso la Sardegna.
Concludo. Qualcuno di voi, se ha ascoltato il ragionamento, probabilmente vorrebbe chiedere: se la situazione che tu Vargiu descrivi a nome dei Riformatori è vera, la colpa di chi è? La colpa è della maggioranza, della Giunta, di qualche assessore di oggi, di ieri, di vent'anni fa? Guardate, io non cerco responsabilità in questa vicenda, quindi vi do una risposta che forse potrà anche stupirvi: io sono consapevole che la colpa è mia - anche mia ovviamente, non ho una percezione ipertrofica del mio ego al punto di dire che è mia e basta - ed è questa una delle più grandi sofferenze della mia vita dedicata alla politica, almeno in questo periodo. La colpa è, per quota parte diversa, di ciascuno di noi che ha avuto un ruolo nella guida della società sarda, e più ancora di coloro che si sono occupati di sanità.
Il mio rammarico personale è quello di non avere avuto la forza, la capacità, la bravura di aiutare alcuni che potevano farlo a capirlo, affinché facessero ciò che insieme avremmo potuto e dovuto fare.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (Sardegna è già Domani). Signora Assessore, lei sa che io ho già espresso in Commissione il mio apprezzamento nei suoi confronti per lo sforzo, per la disponibilità che ha anche mostrato nel raggiungere alcuni accordi, o meglio dei punti di contatto (perché accordi è una parola grossa) in Commissione, cercando di ripulire il testo da alcuni passaggi certamente poco chiari se non addirittura sbagliati. Così come ho apprezzato alcuni passaggi del testo proposto, soprattutto quelli in cui - lo affronteremo poi nella discussione - si ricerca quella trasparenza e quel confronto che alcuni definiscono solo perdite di tempo e lungaggini burocratiche.
Io però davvero Assessore - in amicizia, se mi è consentito - le chiedo: si è domandata perché finora sulla sanità non si è fatto nulla? E perché anche quello che si è fatto (mi riferisco ad esempio alla delibera di oltre un anno fa sulla riorganizzazione della rete ospedaliera, presa in accordo con gli impegni assunti con il patto della salute 2010 - 2012) è stato lasciato cadere? Perché anche di quello non si è dato corso a nulla?
Voi ora presentate un'altra legge, una legge che è di fatto un atto di indirizzo. Certo, si potrà dire che è una legge obbligata: una volta espunto quanto di inutile o pericoloso era stato inserito di fatto è rimasta una legge che, nelle parti salienti, è un atto obbligato, è obbligato perché è certamente meglio legiferare in sede regionale che non dover subire tout court le decisioni degli altri.
Però sappiamo tutti, e non da oggi, che per riorganizzare le tre reti (la rete dell'emergenza, la rete della degenza ospedaliera e la rete della medicina territoriale) era necessario intervenire anche con dei tagli. Ebbene di questo ne eravamo consci, ne eravamo consci in campagna elettorale, ne siamo stati consci in questi quattro anni, che sono trascorsi inutilmente, e sono trascorsi inutilmente non solo per i 256 milioni che, appunto, da quattro anni aspettano di essere assegnati, ma anche perché in questi quattro anni non siamo mai riusciti - allora facevo parte della maggioranza - a trovare la quadra nella maggioranza.
Qualsiasi decisione di razionalizzazione che richieda tagli, riduzione nel settore della degenza ospedaliera avrebbe infatti necessitato un'assunzione di responsabilità da parte di chi governa e da parte della maggioranza che lo sostiene. Questa maggioranza, invece, non è mai stata in condizioni di gestire, in nessun settore, delle decisioni che potessero avere valenza ed efficacia reale.
Ecco perché, Assessore, come ho fatto in Commissione, noi non ci opporremo in questa Aula a che questa legge vada avanti, non ci opporremo perché vogliamo vedere se il re è ancora nudo. Perché se è vero che in quattro anni non si è fatto nulla di pianificazione sanitaria è anche vero che quel poco che si è fatto, poco ma importante, è stato lasciato cadere per vari motivi ma è stato lasciato cadere.
Noi abbiamo condotto una campagna elettorale basata fondamentalmente su due punti: gli aspetti paesaggistici, come ben ricorda l'ex presidente Soru, e il piano sanitario dell'assessore Dirindin. In campagna elettorale abbiamo sguazzato, trovando terreno fertile nella gente, attaccando la precedente gestione per quel piano sanitario regionale (piano per la verità che poi non è stato nemmeno applicato per i motivi che conosciamo, almeno in questa parte sostanziale) e poi cosa abbiamo fatto in quattro anni? Abbiamo presentato la nostra proposta, abbiamo provato a fare una legge di riforma abortita già sul nascere, siamo riusciti alla fine a presentare un testo per non spaccare la maggioranza dove l'unica vera riforma è il cambio del nome delle Aziende sanitarie da ASL ad ASP, nome che poi dovremo modificare nuovamente a seguito della soppressione delle province .
Ora però, con questo disegno di legge, dobbiamo per forza dettare (articolo 11 comma 9) delle linee guida, e qui per linee guida si intendono atti di programmazione, atti di gestione politica, atti e scelte politiche, perché non è certo pensabile che stante la spending review, così com'è scritta nell'articolo 10, così come calata indubbiamente da scelte nazionali sulla base della crisi che stiamo vivendo, non è certo pensabile che noi possiamo trasferire ai vari direttori generali delle varie ASL o delle varie aziende semplicemente il contenuto dell'articolo 10, e cioè il mero obbligo di tagliare posti letto per passare dagli attuali 6912 a 5509. Queste non sono linee guida.
Avete solo 30 giorni di tempo per dettare le linee guida (perché questi sono i giorni che vi siete dati); dovete dire dove, come e perché, e sulla base di quali parametri, (che non inventiamo noi, i parametri esistono, sono internazionalmente riconosciuti) e sulla base di quelle linee guida noi valuteremo (perché, anche se erroneamente in relazione è scritto che non devono passare al vaglio della Commissione, le linee guide passano al vaglio sia della Commissione sia dell'Assemblea) se davvero avete la capacità di impartire degli indirizzi e se questi indirizzi sono validi.
Certo, il percorso non è quello corretto, perché il percorso di un piano sanitario e la riorganizzazione della rete ospedaliera richiedono un tempo maggiore e una discussione e un confronto maggiore. Io non so come farete in questi 30 giorni a trasformare l'articolo 10 in linee guida, in linee di indirizzo, in linee di razionalizzazione sulla cui base i direttori generali dovranno formulare la proposta, sulla base della loro esperienza sul campo, proposta che dovrà essere portata (e qui sono d'accordo: inutile lungaggine, però fondamentale) al vaglio della politica, perché sinora la politica ha dialogato con i direttori generali in maniera molto impropria.
Invece io credo che questa volta la politica debba dialogare con i direttori generali per capire, sulla base della loro esperienza maturata nei vari territori, in che maniera si possa davvero riformare il nostro sistema di assistenza ospedaliera. E io penso che si debba offrire questa possibilità non dico a lei, Assessore (non personalizzo mai) ma a questa Giunta di poter davvero fare qualcosa di concreto.
Veda, Assessore, io non ho molta fiducia, perché ricordo, per esempio, che quando è stato presentato per la prima volta il testo, all'articolo 7, relativo alle RSA, si diceva genericamente (senza tener conto di quanto già realizzato, di quanto già approvato e mai attivato) che se ne potevano costituire altre senza precisare né dove né come né perché, senza soprattutto che ci fosse una reale richiesta in tal senso se non di natura, diciamolo pure, clientelare, perché questa è la verità .
Qualcosa di simile veniva poi fatto addirittura per gli hospice. Quell'articolo 8 sugli hospice era quasi offensivo rispetto alla gravità dell'argomento; si chiedeva a noi come legislatori di approvare un articolo che in sostanza recitava: possono essere autorizzati 100 posti letto in Sardegna. Dove? Come? Perché? Non c'è scritto! Ora lei correttamente, Assessore - e gliene do atto per l'ennesima volta - ci ha aiutato, ha espresso parere favorevole a espungere dal testo queste vergogne, però nel testo erano state scritte, la Giunta le ha approvate e questo mi spaventa se penso al dopo, a come saranno queste nuove linee guida, a come saranno interpretate le proposte che verranno formulate dai vari direttori generali per applicare i criteri di razionalizzazione.
Quindi ben vengano tutti questi passaggi e queste lungaggini burocratiche che implicano un momento di confronto su quello che voi produrrete e su quello che produrranno i direttori generali. Ci vorrà tempo, si perderà forse un anno, abbiamo perso quattro anni e se ne perderemo un altro non sarà così grave, sempre che si riesca davvero ad andar via da questa Aula, e voi da quei banchi, avendo prodotto almeno un progetto (che potrà essere giudicato giusto o sbagliato, però almeno un progetto) in un settore su cui, ripeto, questa maggioranza, questo centrodestra ha costruito la propria campagna elettorale.
Mi consenta, assessore, una brevissima considerazione, dopo quello che ha detto l'onorevole Gallus. La carenza di politica in sanità è causa anche delle situazioni di cui ha parlato l'onorevole Gallus, ma non è causa di queste situazioni, perché non eroga le risorse per comprare nuovi armadietti o nuovi letti, ma perché è incapace di gestire, se non in termini clientelari, la sanità. Ciò porta alla conseguenza che le risorse, che pure sono state assegnate, sono state sperperate. L'Azienda mista di Sassari né è l'esempio più clamoroso, ma lo stesso discorso può farsi anche per l'Università.
Se infatti il reparto di neurologia ha dei bagni vergognosi, non più di sei mesi fa, con i soldi dell'Ateneo, nello stesso palazzo, il palazzo Clemente, è stato ristrutturato il reparto della terza chirurgia di Sassari, con i soldi dell'università. E' vero, non è colpa dell'Assessore, ma la politica su questo deve poter intervenire, deve poter dire: "E' così che usi i soldi? Lasci un reparto (unico) come quello di neurologia in condizioni vergognose e usi i soldi, che sono anche soldi regionali, per comprare letti, armadietti e rifare i bagni per il (terzo) reparto di chirurgia?".
Per la verità il terzo reparto di chirurgia ha anche da anni due sale operatorie modernissime che non sono mai state aperte, perché sono state costruite nel posto sbagliato, non nel blocco operatorio, e sono più attrezzate da un punto di vista delle capacità tecniche. La lampada scialitica a comando vocale - io l'ho vista solo nei film - c'è in quella sala operatoria, non in quelle dove operiamo ogni giorno. Sale operatorie mai aperte, soldi pubblici sperperati.
L'Azienda mista di Sassari è quella che ha armato di posti letto, armadietti, bagni e attrezzature un reparto di emodinamica che non è mai stata aperto; non vi ho mai visto un malato. Allora, la politica, Assessore, è scelte e decisioni, e anche sanzioni, perché chiedere di poter governare significa essere in condizioni di saper controllare e gestire anche questi sprechi, per non arrivare poi ad avere delle vergogne di cui si debba rispondere, e magari quando non si hanno più soldi per fare nulla, perché i soldi sono stati sperperati.
Chiudo la parentesi localistica per dire: proviamo davvero, Assessore, a presentare qualcosa di credibile, di concreto, qualcosa di scientifico, perché in sanità non si inventa nulla. Certo, è stato ricordato, quello che si conosce attraverso i parametri e gli indici sanitari internazionali deve essere calato sulla realtà, ma questo gli indici già ce lo dicono. Non basta il case mix se non si valuta l'entità della rete stradale, se non si valutano i tempi di percorrenza, se non si valutano i tempi di attacco, cosiddetto, sul malato. Certo, tutto ciò dovrà essere calato su questo territorio, e io non so se voi in trenta giorni ci riuscirete, a meno che non abbiate già un lavoro svolto.
Io mi auguro che possa essere ripreso, aggiornando i dati (erano del 2009, siamo nel 2012) il lavoro fatto sul progetto e sulla delibera di riorganizzazione della rete ospedaliera. Io voglio vedere queste linee guida, voglio vedere questo progetto, perché noi siamo chiamati come legislatori a salvare la faccia, voi che state governando, ma anche noi (e non solo io) che, come ho già detto in altre occasioni abbiamo messo in gioco la nostra credibilità nel sostenere questa maggioranza. Io credo che tutti noi dobbiamo mettere in gioco la nostra credibilità, dapprima come persone e poi come politici. Non vorrei che si rivelasse l'ennesima delusione.
Questa legge deve essere approvata con i voti della maggioranza; non chiedete a chi non è più maggioranza di dare sostegno. Dovete dimostrare di esistere come maggioranza per riuscire ad approvare i vostri disegni di legge. Noi siamo qui per controllare, per verificare, per ricordarvi che avete imboccato la strada sbagliata. Però, se questa è la strada e non ce n'è altra, ribadisco che io voglio offrire a me stesso e alla Sardegna la possibilità di poter produrre qualcosa, se voi foste capaci di proporla. Dopodiché, Assessore, ripeto, se sarà un fallimento, cosa di cui ho molta paura, io non attribuirò la colpa a lei come Assessore (anzi una colpa continuo ad attribuirgliela, mi consenta) ma come consigliere, perché col suo voto contribuisce a mantenere in vita, una vita purtroppo inutilmente vegetativa, questa disastrosa legislatura.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mariani. Ne ha facoltà.
MARIANI (I.d.V.). Con questo disegno di legge ci troviamo di fronte all'ennesimo tentativo di migliorare il servizio sanitario regionale e di adeguarlo alle nuove norme e direttive nazionali. Il passaggio in Commissione è stato relativamente breve, ma non per questo acritico da parte dei rappresentanti dell'opposizione, e ha pure creato divisioni e contrasti tra quelli della maggioranza.
Intanto, la motivazione dell'urgenza di approvarlo in tempi rapidi è legata all'esigenza di poter accedere al finanziamento statale di 256 milioni di euro, segno chiaro di come questo Consiglio sia chiamato a legiferare sotto la pressione del contingente e dell'emergenza, sia in sanità come nell'industria, nell'agricoltura e nei trasporti.
Le emergenze e le contingenze sono frutto e segno chiaro di una mancanza di progettualità a medio e lungo termine, che offra soluzioni strutturali ai vari settori dell'amministrazione regionale. Sono anche la causa della perenne conflittualità, spesso puramente strumentale, tra maggioranza e opposizione, e spesso all'interno della stessa opposizione e della stessa maggioranza. La recente presentazione della mozione numero 209 dei colleghi Riformatori, che in questo momento purtroppo sono rappresentati solo dall'onorevole Fois, né è la più evidente dimostrazione.
Con essa, i Riformatori giustamente manifestano la pressante e condivisa esigenza che, prima di andare a discutere di questa leggina tampone, si apra una sessione consiliare di messa a punto del quadro generale attuale dell'assistenza sanitaria in Sardegna. Solo avendo una visione generale e completa si possono evidenziare le realtà positive e le eccellenze di cui il nostro sistema sanitario regionale dispone (e sono tante) senza piangersi continuamente addosso, come se nulla fosse stato fatto dalla riforma del sistema sanitario regionale, dal 1989 in poi.
Con troppa superficialità, spesso, si esprimono giudizi negativi generalizzati sia sulla classe medica ed infermieristica sia sulla classe amministrativa, umiliando così le notevoli professionalità di cui il nostro sistema sanitario regionale dispone. Non buttiamo via, con l'acqua sporca, anche il bambino. Questo non ci impedisce certamente di mettere in luce le criticità, le deficienze, i limiti, le incompetenze, le male pratiche sanitarie, e non ultime le truffe e gli sprechi, le invadenze partitiche e dei singoli politici in un settore così delicato e sostanzialmente professionale quale quello sanitario.
Oggi, volenti o nolenti, tutte le nostre considerazioni, valutazioni, esigenze, programmi, non possono prescindere da alcuni punti fermi. Primo, la definizione chiara dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) regionali da confrontare con quelli nazionali e delle altre regioni. Secondo, la disponibilità finanziaria. Terzo, l'individuazione delle strutture ospedaliere e territoriali di cui disponiamo e la loro adeguatezza a soddisfare i LEA. Quarto, la disponibilità delle risorse professionali mediche, infermieristiche, amministrative e tecnico-amministrative. Quinto, l'individuazione del patrimonio tecnologico su cui possiamo fare affidamento. Solo se si avrà una chiara visione complessiva dell'esistente e del suo corretto utilizzo, si potrà procedere ad una programmazione strategica e realistica per il futuro.
Un buon indice dell'efficienza delle prestazioni sanitarie e del loro gradimento da parte degli utenti è senz'altro la mobilità passiva extra regionale, e anche la mobilità interna nella nostra Regione. Dalla mobilità sanitaria si possono facilmente individuare le strutture che hanno raggiunto un buon livello di efficienza, fino all'eccellenza, capirne le ragioni e si può comprendere se analoghe strutture si possano realizzare anche nelle nostre realtà.
Ogni anno il saldo tra mobilità attiva e passiva ci costa 65 milioni circa; non è una cifra spropositata, tenendo conto che è riferita a prestazioni di alta qualità professionale (erogate, peraltro, in strutture con elevati costi gestionali) come alcune tipologie di trapianti d'organo, la chirurgia oncologica, l'interventistica ortopedica, la cardiochirurgia pediatrica, la chemio e la radioterapia. Potenziando e investendo sulle nostre strutture già esistenti nel campo della chirurgia oncologica e della terapia oncologica potremmo risparmiare risorse per promuovere la formazione professionale specialistica e renderci autonomi in tali prestazioni. Inoltre, la mobilità interna offre una certa indicazione su come progettare la rete di assistenza territoriale e la stessa rete ospedaliera.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie disponibili, dobbiamo prendere atto che esse vengono quantificate dal CIPE e dalla Conferenza Stato-Regioni, e che per il 2012 la disponibilità è di 2 miliardi di euro su 106 miliardi e 174 milioni di euro, naturalmente tenendo conto di tutte le misure prese sulla sanità dalla spending review. Bene ha fatto l'onorevole Barracciu nella sua relazione, a nome della minoranza, a sottolineare che i numeri, purtroppo, sono impietosi, ed è proprio sui numeri, onorevoli colleghi, che dobbiamo abituarci a ragionare, piuttosto che sui principi astratti, e senza lasciarci travolgere dalla fuga delle idee. Le regole della matematica ci aiuteranno molto di più delle parole ad essere realisti e a effettuare delle scelte prioritarie.
Le risorse finanziarie non possono essere infinite, e a questa lapalissiana realtà ci ha bruscamente richiamato lo Stato con le norme sulla spending review, esercitando un'azione di supplenza alla nostra autonoma capacità di autodisciplina contabile. Il deficit di bilancio in sanità è confermato, pare, anche per quest'anno, al 10 per cento, e per una somma di 300 milioni circa ci ha annoverato fra le Regioni costrette al piano di rientro, compromettendo i nostri livelli essenziali di assistenza. In pratica ci richiama ad un uso efficiente delle risorse, per un'appropriata erogazione delle prestazioni sanitarie.
Le misure della spending review sulla sanità vanno ad incidere, infatti, sui punti critici che contribuiscono alla formazione del nostro deficit sanitario, come la farmaceutica territoriale ed ospedaliera (imponendone una riduzione percentuale); i contratti di forniture e di beni e servizi sanitari (da ridurre del 5 per cento); i posti letto (riportati a 4 per 1000 abitanti comprensivi dello 0,7 posti letto per 1000 abitanti riservati alla riabilitazione e alla lunga degenza e adeguando ad esse anche le dotazioni organiche del personale); l'obbligo di avvalersi di centrali di committenza; la riduzione percentuale di spesa per i dispositivi medici; il controllo della remunerazione delle prestazioni per funzioni, quali le prestazioni di pronto soccorso, la prevenzione e la sperimentazione, che non sono soggette ai DRG (sull'abuso di queste prestazioni stiamo assistendo alla presunta truffa alla sanità lombarda da parte del connubio Daccò-Formigoni); la riduzione percentuale progressiva nei prossimi tre anni della spesa per beni e servizi da privati; la fissazione delle tariffe in materia di assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera; il contenimento della spesa per il personale. Il tutto conseguente ad una riduzione del finanziamento del sistema sanitario nazionale di 900 milioni di euro per il 2012, di 1, 8 miliardi per il 2013 e di 2 miliardi per il 2014.Inoltre, la spesa sarà sottoposta a stringenti regole e severi controlli.
Certo, il cuore di questo progetto di legge riguarda la rete ospedaliera, il ridimensionamento e la razionalizzazione dei posti letto sulla base delle ultime indicazioni della legge statale sulla revisione della spesa. Mi sarei aspettato che allegato al disegno di legge, Assessore, ci fosse stato uno studio serio della rete ospedaliera regionale attuale, dell'attuale distribuzione di posti letto sia pubblici sia privati, della presunta ma oggettiva necessità dei posti letto nelle singole realtà ospedaliere esistenti, evidenziando dove integrarli e dove eventualmente ridurli . Invece, il tutto (con l'articolo 11, "Adempimenti delle aziende sanitarie", dell'attuale disegno di legge) è delegato ai direttori generali delle ASL.
Penso che sarebbe stato sufficiente un atto amministrativo, e non legislativo, per incaricare i direttori generali a fornirci un quadro chiaro della situazione attuale dell'ASL, di cui ognuno è responsabile. Questo avrebbe facilitato oggi la discussione della legge in Aula, e ieri i lavori della settima Commissione. Purtroppo in campo sanitario, in questi 3 anni e mezzo di legislatura - ed è stato sottolineato dall'onorevole Vargiu e anche dall'onorevole Campus - si è assistito ad un incredibile immobilismo. Pur avendo una buona legge di riferimento - questo non è certo condiviso né dall'onorevole Campus né dall'onorevole Vargiu - la legge numero 10 del 2006, e un Piano sanitario regionale, sia pure scaduto nel 2008, si è voluto perdere tempo su una proposta legislativa di riforma neppure condivisa dalla stessa maggioranza, e su un lungo periodo di commissariamento e di sostituzione dei direttori generali delle ASL all'insegna di una vergognosa spartizione delle cariche apicali fra i partiti di maggioranza decisa sulla base dell'appartenenza e non certo della trasparenza, del merito e della competenza.
Per certi versi siamo al paradosso; non c'è il Piano sanitario regionale perché si vuole modificare la legge che lo prevede, la legge numero 10 del 2006; senza un Piano sanitario regionale non è fattibile una strutturale organizzazione della rete ospedaliera, senza l'organizzazione della rete ospedaliera non è possibile la ridistribuzione dei posti letto nelle singole unità operative. Si impartiscono le linee guida ai direttori generali per gli atti aziendali di indirizzo senza che questi abbiano un riferimento al Piano sanitario regionale né alla ridistribuzione della rete ospedaliera.
Gli atti aziendali di indirizzo vengono concepiti come programmi rigidi, ma, giustamente, il direttore della ASL numero 8, dottor Simeone, nell'audizione in Commissione faceva notare che non esiste un atto aziendale definitivo ed unico da parte dell'Azienda, ma esistono degli atti aziendali che via via devono essere emanati affinché l'Azienda possa rispondere nel tempo alle diverse esigenze per le quali vengono indicati.
Come potete notare, onorevoli colleghi, ci troviamo nella stessa situazione in cui si è venuto a trovare l'asino di Buridano, morto per non essere riuscito a decidere se prima mangiare o prima bere.
Voglio dire che è compito della politica individuare le priorità nella ridistribuzione dei posti letto sulla base del 3,3 per 1000 abitanti per acuti e dello 0,7 per 1000 abitanti per cronici. Tale suddivisione è valida come media regionale, ma non azienda per azienda, perché prioritariamente bisognerà soddisfare le esigenze delle strutture ospedaliere a valenza regionale, quali l'ospedale Brotzu, il Businco, il Microcitemico di Cagliari e le eventuali strutture sovra-aziendale da individuare e potenziare. Solo in un secondo tempo sarà compito delle singole ASL programmare e organizzare i loro atti aziendali di indirizzo da sottoporre alla valutazione dell'Assessorato della sanità e della competente Commissione consiliare.
Per questo dico che sono d'accordo con i colleghi Riformatori quando chiedono, con la loro mozione numero 209, di dedicare un'intera sessione dei lavori dell'Aula alla discussione delle comunicazioni del Presidente e dell'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, concludendo il dibattito con un ordine del giorno che indichi tutti gli strumenti organizzativi e finanziari che debbono essere messi in campo per il raggiungimento degli obiettivi di salute che lo stesso ordine del giorno indicherà con chiarezza.
L'onorevole Vargiu si è dichiarato poco fa molto pessimista sulla possibilità di dare corso e attuazione concreta in tempi ragionevoli a quanto proposto nella sua stessa mozione, e questo è veramente disarmante. Penso, comunque, che questa mozione dei colleghi Riformatori sia propedeutica alla discussione di questo disegno di legge, che per questi motivi dovrebbe essere rinviato in Commissione sanità o addirittura ritirato.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Chiedo la verifica del numero legale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Salis.)
Terza verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Cugusi, Obinu, Salis e Steri sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 48 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Campus - Cappai - Cocco Daniele - Contu Felice - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lotto - Lunesu - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Murgioni - Obinu - Piras - Pittalis - Rodin - Sabatini - Salis - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Soru - Steri - Tocco - Zuncheddu.
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo continuare i nostri lavori.
E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.
SORU (P.D.). Signor Presidente, mi tocca intervenire quando siamo ormai vicini all'ora della ricreazione. L'Aula è un po' distratta, mentre credo che sia doveroso un sovrappiù di attenzione, perché ci troviamo a discutere una legge abbastanza svuotata e di per se stessa poco importante rispetto a ciò che ci saremmo aspettati su questo argomento.
Il dibattito si sta sviluppando interessante. Stamattina sono state pronunciate delle affermazioni importanti in quest'Aula sulla sanità, uno dei due temi, (l'altro è quello del piano paesaggistico) più rilevanti della legislatura, che hanno anche determinato, come è stato ricordato, un cambio di governo in questa Regione. Consiglieri autorevoli di questa maggioranza oggi hanno affermato che ormai, allo scadere quasi del quarto anno, niente è stato realizzato e, di fatto, non si sta mantenendo la promessa fatta agli elettori di una migliore sanità, di una sanità più efficiente, di una sanità più al servizio cittadini, di una sanità che finalmente avrebbe posto fine alle tante malefatte di quel binomio, è stato ricordato, Soru-Dirindin.
E mentre si denuncia la circostanza che niente è stato fatto, si è provato a dire: ma insomma alla fine di chi è la colpa? Di chi è la colpa se non riusciamo a trovare nemmeno un linguaggio comune, se non riusciamo ad aiutarci nel legiferare meglio e a dare qualche risposta ai problemi di questa Regione? Io non sono interessato a attribuire colpe oggi; me ne assumo la mia parte, una parte anche importante avendo avuto responsabilità importanti. Provo però ad aiutare un pochino, innanzitutto ad utilizzare un linguaggio comune, e cioè a fare chiarezza sui presupposti dell'analisi della situazione, del contesto, e su dove vorremmo arrivare.
Per provare a conseguire un linguaggio comune voglio rettificare qualche numero che ho sentito stamattina. I numeri sono importanti anche in sanità. E' stato ricordato che nella nostra Regione circa il 50 per cento di quanto viene speso viene speso in sanità, e i numeri sono importanti in sanità perché assistiamo progressivamente a una crescita della spesa sanitaria intorno al 6-7 per cento per anno, laddove il PIL addirittura diminuisce. Stiamo andando quindi verso un punto di non ritorno, le risorse per finanziare la spesa sanitaria saranno sempre meno, e quindi avere in mente i numeri e prevedere un percorso di contenimento e di finanziamento di questa spesa è estremamente importante. Se i numeri sono importanti vale ricordare che è bene avere un qualche punto di riferimento comune. E forse un punto di riferimento credibile è la Corte dei conti.
La Corte dei conti cita, per il bilancio del 2008, un disavanzo in Sardegna di circa 71 milioni. Il consuntivo 2008 naturalmente si fa nel 2009, magari entro il 30 giugno del 2009, ed è stato fatto dai direttori generali, coordinati da un Assessorato, di questa maggioranza. Quando si fanno i bilanci c'è sempre un po' di margine nel valutare lo stato dei crediti, degli impegni, lo stato dei debiti, lo stato dei magazzini, nel valutare alcune partite che fanno sì che un bilancio possa, non dico essere stravolto, ma certamente un po' modificato, per magari prendersi qualche sicurezza in più per il futuro, costituirsi qualche riserva in più per il futuro.
In questo contesto, nel bilancio al 31 dicembre 2008 risultava un deficit per la sanità sarda di 71 milioni di euro. Magari con un po' di prudenza in meno e con un diverso Assessorato si sarebbe potuto attestare intorno ai 38 milioni di euro; con qualche prudenza in meno e con qualche riserva in meno per gli anni futuri. Noi dicevamo che avevamo raggiunto un sostanziale equilibrio - e ancora lo dico - perché quel disavanzo è misurato rispetto al finanziamento standard fissato dal CIPE e concordato in sede di Conferenza delle regioni dal Fondo sanitario nazionale. Ma poiché eravamo stati collocati tra le regioni virtuose dentro un piano di rientro, avevamo ricevuto un finanziamento ulteriore per non ricordo più quale programma di spesa, per cui non andavamo a gravare sul bilancio regionale essendo stato quello finanziato in maniera successiva rispetto alle previsioni del fondo sanitario nazionale.
In poche parole, secondo la Corte dei conti partiamo da un disavanzo di 71 milioni di euro, secondo un'altra possibile valutazione partiamo da un sostanziale equilibrio; è certo che per il 2011 e per il 2012 stiamo arrivando a 360 milioni di deficit in un solo anno. Stiamo moltiplicando le difficoltà del bilancio della sanità sarda per un numero che va da 8 a 10. Ciò vuol dire che qualcosa è cambiato, e certamente è cambiato perché si è smesso di governare questa sanità.
E' stato detto che abbiamo iniziato questa legislatura con qualche speranza di riformare il sistema sanitario dopo che l'avevamo riformato nel 2006 con la legge numero 10, di riformarlo ulteriormente nel senso di minore burocrazia, maggiore velocità, maggiore capacità di operare togliendo qualche orpello costituito da qualche condivisione di troppo. A oggi questa ulteriore riforma non è arrivata in Aula, è stata approvata in Commissione ma lì si è arenata; credo che in Commissione sia stato approvato un testo totalmente difforme da quello originario.
Sarei stato interessato a discutere i miglioramenti della legge numero 10, sarei stato interessato a discutere magari, anche in virtù ad alcuni cambiamenti importanti che si stanno verificando, se siano necessarie 8 ASL in Sardegna, se sia necessaria una quantità di centri di spesa, se non può essere fatto niente, prima che lo faccia lo Stato, per la riduzione delle ASL, per la riduzione dei centri di spesa, per gli accorpamenti. Di tutto questo non si è parlato.
La scorsa legislatura ha lasciato un piano sanitario e dentro il piano sanitario il piano della rete ospedaliera. Discussioni animatissime in quest'Aula, nottate, per arrivare a rispettare quei parametri che poi oggi ci vengono imposti dallo Stato. Si arrivava a circa 720 posti letto in meno. Ma non era solamente una quantificazione di posti letto, si andava nella direzione che è stata ricordata: meno ospedale più territorio, meno lungodegenze più rientri a casa, più attenzione alla prevenzione, più attenzione ai bisogni di salute, meno attenzione alle necessità delle strutture esistenti e più attenzione alla capacità di riprogrammarle e di reindirizzare e contenere la spesa.
Quel piano della rete ospedaliera è caduto per un formalismo procedurale, perché pur essendo passato in Commissione sanità, pur essendo stato approvato dentro il piano sanitario da quest'Assemblea, non era ripassato in Commissione sanità per le modifiche e quindi, per un vizio di forma, è stato cassato dal TAR. Dopo quattro anni mi sarei aspettato che il piano sanitario venisse aggiornato, rivisto secondo i vostri punti di vista. Niente è stato fatto. Dopo quattro anni, ma direi dopo quattro mesi, pensavo che il piano della rete ospedaliera potesse essere riapprovato magari con tutte le formalità di rito e anche con le modifiche che avreste potuto ritenere necessarie. Niente è stato fatto.
Per questo si è assistito all'esplosione del disavanzo: da un percorso orientato verso un definitivo equilibrio a 360 milioni di euro di disavanzo in un solo anno. Una enormità! E poi ci sono quei disavanzi che non rimangono sulla carta perché sono spesi giorno per giorno, che devono essere finanziati e che non vengono finanziati con risorse europee, vengono finanziati con le risorse proprie di questa Regione che vengono sottratte alle altre spese che si sarebbero potute fare.
Alla fine, presto o tardi, i bilanci bisogna farli, Assessore. Presto o tardi si esce dai titoli del giornale o dagli spot nei telegiornali sardi. Presto o tardi si esce dalla retorica e si fanno i bilanci e qualcosa occorre fare, visto che di fronte alla nostra totale inadempienza lo farà il governo del Paese. Qualcosa occorre fare per porre un freno a questo disavanzo che aumenta in progressione geometrica. Mi è venuto in mente che forse occorre mettere mano alla rete ospedaliera al più presto, visto che la spesa ospedaliera è quella maggiormente fuori controllo, e voi lo fate nel peggiore dei modi.
Lo fate in una maniera veramente incomprensibile dando mandato ai direttori generali di queste nostre ASL di farsi la piccola rete ospedaliera, di decidere dove tagliare e dove non tagliare, di decidere anche se ci sarà bisogno o meno di un nuovo ospedale nei loro territori. Successivamente l'Assessore riceve queste proposte, le mette sul tavolo, prova a capire qual è il quadro regionale che ne deriva, chiede un parere non vincolante alla Commissione sanità ed ecco che il piano della rete ospedaliera è fatto.
Da un piano di una rete ospedaliera che è stato cassato per un passaggio in meno in Commissione sanità e che era stato approvato in questo Consiglio regionale dopo una discussione unanime, arriviamo a un piano della rete ospedaliera proposto da dei direttori generali (nominati sappiamo come) che devono miracolosamente comporre un mosaico che piaccia a tutta la Regione. Poi fortunatamente in un qualche comma di questa legge in sostanza gli si dice: "Sì, questi sono i parametri fissi, però poi puoi considerare lo stato dei trasporti, della rete viaria e qualche altra specificità geografica, per cui più o meno puoi fare come ti pare". Il tutto in totale assenza di dibattito, in totale assenza di trasparenza e di chiarezza e interamente nelle mani della Giunta regionale e di chi sa chi.
La circostanza che ancora mi stupisce maggiormente - e vorrei che fosse chiaro a tutti noi - è che in questa Regione, se dobbiamo approvare un piano regionale dei trasporti lo deve approvare l'Aula, se dobbiamo approvare il piano energetico regionale lo deve approvare l'Aula, se dobbiamo approvare il piano forestale lo deve approvare l'Aula, mentre il piano della rete ospedaliera, che inciderà ben più di altri piani, lo facciamo fare ai direttori generali. E magari si tratta di quegli stessi direttori generali di cui ho sentito parlare a Sassari oggi, sui quali circolano storie veramente raccapriccianti, che ci portano a domandarci: ma cosa stiamo facendo, in che mondo stiamo vivendo? Un mondo dove gli unici investimenti che si fanno si effettuano in presidi dove non entrerà nessuno e che non verranno aperti. Questo è nella buona sostanza quello che stiamo discutendo oggi.
Questo Consiglio regionale sta abdicando in maniera evidente al suo ruolo; voi con la Giunta ci state appunto proponendo questo: di abdicare completamente, dopo quattro anni di esplosione geometrica del deficit, al governo della sanità . Dopo essere andati in giro in ogni angolo della Sardegna a dire che finalmente bisognava superare il modello della Dirindin, o della precedente legislatura, che bisognava rifare il sistema sanitario regionale, non avete fatto nulla! Parlavate della necessità di migliorare i livelli di assistenza, e non avete fatto nulla! Di migliorare la qualità dell'offerta, e non avete fatto nulla!
Con la scusa della fretta di non perdere 250 milioni di euro ci dite: "demandiamo ai direttori generali" perché, come ci ha ricordato il collega Lai, questo d'altronde è un provvedimento amministrativo. Collega Lai, se questo è provvedimento amministrativo è bene che ce ne andiamo tutti a casa. Non capisco, infatti, che cosa ci stiamo a fare qui, se programmare l'offerta di salute per i cittadini della Sardegna è un fatto amministrativo che va lasciato ai direttori generali. Questo è quanto.
Noi siamo pronti a discutere qualunque argomento senza dogmatismi, siamo pronti a discutere in fretta, prima che ce lo facciano gli altri, il piano della rete ospedaliera, e nascerebbe prima in questo Consiglio che con i tempi previsti dalla legge, e forse nascerebbe in maniera più trasparente, e forse anche più accurato e più giusto. Siamo anche interessati a migliorare il sistema sanitario della Sardegna. Se qualcuno ci dice che si può andare più velocemente rispetto a come stavamo procedendo noi nel costituire i centri di spesa unici, dove magari una certa ASL era capofila per certe tipologie di acquisto, e un'altra ASL era capofila per un'altra tipologia di acquisti, se vogliamo dire che ci deve essere un unico centro di acquisto in Sardegna, se vogliamo mettere sul tavolo questioni serie e risolverle nell'interesse di tutti, invece che nell'interesse di qualche capetto locale, noi siamo pronti.
Assessore, stiamo scrivendo una pagina importante della storia di questa Regione, e le stiamo facendo compiere un passo assai grave; stiamo dicendo che questo Consiglio regionale è inutile e non ha competenza nel programmare l'offerta relativa ai bisogni a cui deve rispondere, ai bisogni di salute di questa Regione. Non so di che cosa dovremmo discutere in futuro: di altri ordini del giorno, di altre mozioni urgenti, di altre chiacchiere che si esauriscono nel nostro chiacchierare? E non so neanche che tipo di Regione abbiamo in mente per il futuro: una Regione dove ci sarà un Consiglio regionale che non parteciperà più a nessuna pianificazione, che si accontenterà di delegare a qualcuno (nemmeno alla Giunta regionale: all'amministrazione) l'individuazione delle necessità?
Per assurdo, dentro questa vostra proposta, è persino previsto ci siano nuove aperture in qualche territorio, e questo sulla base della necessità che emerge dai singoli territori, dai singoli direttori generali. Francamente mi sembra che stiamo percorrendo una strada sbagliata: cambiatela finché siete in tempo!
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Scusate, sull'ordine dei lavori, c'era un impegno!
PRESIDENTE. Sì alle 13 e 30, cioè dopo l'intervento dell'onorevole Agus concludiamo, onorevole Diana.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, scusi se insisto, le chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Onorevole Diana, è già iniziato l'intervento dell'onorevole Agus.
E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Cercherò di non utilizzare tutto il tempo a disposizione, ma intervengo perché questo disegno di legge mi offre un'ulteriore opportunità.
Qui si è parlato di sperperi e autorevoli colleghi, più esperti, più capaci e più addentro di me alle tematiche sanitarie, li hanno denunciati. Insomma, con questo disegno di legge si sta tentando di dare una risposta ad un piano sanitario regionale a suo tempo approvato, mai entrato in vigore, tentando in qualche modo di tamponare un impegno, credo anche politico, assunto da questa maggioranza. Non è la prima volta che in quest'Aula assistiamo ad interventi tampone che, di fatto, sconvolgono l'ossatura stessa delle leggi ormai approvate da tempo; è un metodo sicuramente non corretto che dovremmo riuscire a superare.
Ma, ripeto, non voglio intervenire in questi termini, intervengo solo perché il disegno di legge mi offre l'opportunità, ancora una volta, di dire che in Sardegna c'è stato, proprio nella precedente legislatura, il tentativo pratico di mettere in atto l'articolo 12 di questo disegno di legge, e lo si è fatto in termini pratici, partendo dal basso. E' vero che anche oggi, chiedendo ai direttori generali di individuare dove si possano praticare i tagli, si parte dal basso, ma nella scorsa legislatura si è fatto ancora di più, si è partiti dagli amministratori locali, quindi dai soggetti più vicini ai bisogni della gente.
Questo tentativo è stato fatto in particolare nel territorio periferico del Medio-Campidano dove, però, purtroppo non è stato colto a pieno dalla politica che, anzi, l'ha snobbato. Io ho vissuto tutto ciò in prima persona e mi dispiace che sia andata così, perché ci sono situazioni drammatiche, ci sono persone che hanno perso il posto di lavoro, pazienti che non possono essere più curati, e credo pertanto che abbiamo perso un'opportunità. Spero che la politica possa recuperarla.
Abbiamo anche perso l'opportunità di frenare un fenomeno che ci costa molto, che è quello di viaggi della speranza, un fenomeno che prima avevamo addirittura invertito positivamente, perché dalla Penisola i malati venivano in Sardegna per farsi curare. Ecco, chiedo scusa all'Assessore e al Consiglio se mi permetto di tornare su questo tema, ma vi torno perché lo ritengo pertinente con il disegno di legge. Io credo che qualunque iniziativa, anche se proposta in maniera disorganica, che possa essere utile alla risoluzione dei problemi, vada intrapresa, quindi mi appello di nuovo alla politica, perché la politica può e deve risolvere questi problemi, così come li ha risolti per il centro di San Giovanni Battista e Santa Maria bambina, intervenendo in loro salvataggio. Mi dispiace, però, che non ci sia stata altrettanta attenzione nei riguardi di una sperimentazione che ha portato alla creazione del primo Hospice istituzionale in Sardegna, oltre quello che fa riferimento all'ospedale oncologico.
Nel territorio del Medio-Campidano è stato costruito un Hospice grazie alla collaborazione dell'azienda sanitaria con l'istituzione del Comune di Guspini. Abbiamo un centro per l'alzheimer che ha dato i primi risultati in maniera organica. Sono tutti servizi che non solo mancavano sul territorio, ma che erano addirittura carentissimi in tutta la Sardegna, perché avevamo un unico centro alzheimer a Selargius, e forse a Sassari, e un unico Hospice, quello del Brotzu . In questo modo, invece, si cominciava a dare risposta ai bisogni della gente.
Mi dispiace, però, chhe poi, attorno a questa storia, sia stato montato un grande circo, che non ha veramente senso. E allora chiedo al Consiglio di rivedere queste opportunità quando i Capigruppo della maggioranza depositeranno l'ennesimo emendamento per intervenire a favore di quel territorio che, con un atto formale da parte del Consiglio provinciale, per venire incontro alle difficoltà manifestate dalla Regione, ha rinunciato a 50 posti letto nell'ospedale di San Gavino in cambio della disponibilità a distribuirli sul territorio.
Questo purtroppo non è avvenuto, c'è stato un ripensamento, perché forse sono subentrate poi scelte politiche diverse. Ebbene quell'attività, come sa, Assessore, oggi è sostanzialmente chiusa; si è sempre detto che la si rilancerà, la si rimodulerà, però oggi di fatto è una struttura chiusa all'interno della quale ci sono apparecchiature, (ripeto, io l'ho detto in Aula) che il Niguarda di Milano ha inaugurato 2 mesi fa e che noi deteniamo dal 2008; ci sono anche 4 vasche riabilitative. E' possibile che questo patrimonio, che è patrimonio pubblico, non possa essere riconosciuto e riavviato dalla sanità pubblica? Io credo che questo possa e debba essere fatto.
Basterebbe fare i conti, ma io comunque la invito a leggere anche la relazione della ASL numero 6, che ha stilato il piano industriale della struttura, per comprendere che quella struttura si tiene perfettamente in equilibrio finanziario. Purtroppo, come lei sa, forse c'è stata un'incomprensione, perché quando la struttura ha cominciato a svolgere la sua attività, venne autorizzata per 50 posti letto a fronte di un accreditamento di soli 11 posti letto. Pertanto quando arrivavano nuovi pazienti (in modo particolare dalla Stroke unit del Brotzu) veniva ugualmente dato corso ai ricoveri, anche in eccedenza all'accreditamento, sino alla copertura dei 50 posti letto, e ciò veniva comunicato sistematicamente alla Regione Sardegna. E che queste comunicazioni venissero effettivamente fatte risulta anche dalla circostanza che l'assessore Liori, tramite l'ufficio, scrisse alla direzione del Banco di Sardegna affermando che l'Assessorato stava valutando le prestazioni fatte e che avrebbe dato disposizioni affinché venissero liquidate le spettanze.
L'attività proseguiva con buoni risultati; anche dalle relazioni della ASL 8 sui pazienti mandati dalla la Stroke units risultava che erano state trattate ben 13 specialità diverse all'interno della struttura, e che quindi si trattava di una struttura utile alla Sardegna. Ma non solo, anche dai dati ripresi dalla stessa ASL 6 risultava che, a fronte di circa 10 mila prestazioni del 2009, che negli ospedali sarebbero costate circa 7 milioni di euro, con l'intervento sulla struttura extraterritoriale il costo sarebbe sceso a 1 milione e mezzo di euro, cioè in un anno solo quella struttura avrebbe prodotto un'economia di 6-7 milioni di euro.
A fronte dei questo risparmio si chiede non di ripianare i debiti, ma di acquisire al patrimonio pubblico una struttura che può generare economie alla Regione Sardegna. Non si chiede di ripagare, o meglio, lo si è chiesto ma non si è neanche messa in mora la Regione Sardegna perché quelle certificazioni di prestazioni sono agli atti.
Allora ecco, mi appello ancora (e chiudo) perché davvero, in questa parte della norma, possa essere accordato lo stesso trattamento concesso in casi simili. Sono stati investiti 25 milioni per Plaoghe, per pagare Equitalia e poi per Santa Maria bambina. Nonostante gli atti del riordino della distribuzione della riabilitazione in Sardegna prevedessero per quest'ultima 15 posti letto gliene sono stati attribuiti 60, con determina del funzionario, non con la rivisitazione del piano regionale sulla riabilitazione.
Quindi, ripeto, mi appello alla politica, perché sani la situazione di una struttura che è stata utilizzata strumentalmente, utilizzata forse più in termini politici che valutata in termini di risorsa sanitaria. Assessore, la invito ancora a leggere la relazione della ASL numero 6 per meglio comprendere quanto quel centro sia utile non solo alla sanità regionale, ma anche la Sardegna e ai pazienti che attendono ancora di essere seguiti in questi centri oggi purtroppo chiusi.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Agus, anche per la sintesi del suo intervento. I lavori del Consiglio riprenderanno questo pomeriggio alle ore 16 e 30. La seduta è tolta alle ore 13 e 30.
Allegati seduta
Testo dell'interrogazione e mozioni annunziate in apertura di seduta
Interrogazione Lotto - Solinas Antonio - Cucca, con richiesta di risposta scritta, sul decreto dell'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale n. 1056 del 12 luglio 2012 sulla classificazione dei terreni agricoli ricadenti in aree svantaggiate.
I sottoscritti,
VISTA:
- la legge regionale 26 marzo 2012, n. 8, concernente "Disposizioni per l'individuazione dei terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984";
- la delibera della Giunta regionale n. 25/16 del 12 giugno 2012 recante i criteri da utilizzarsi per la classificazione dei terreni agricoli svantaggiati;
CONSIDERATO che:
- la legge regionale n. 8 del 2012, all'articolo 1, prevede che la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale e previo parere della Commissione consiliare competente, individua con propria deliberazione i territori agricoli ricadenti in aree montane, di collina o svantaggiate;
- nessun parere è stato espresso in merito dalla Commissione consiliare competente in materia di agricoltura;
VERIFICATO che:
- in data 12 luglio 2012 veniva emanato il decreto n 1056/decA/62 a cui è allegato l'elenco dei comuni ricadenti in aree svantaggiate di cui alla legge regionale n. 8 del 2012;
- nello stesso elenco di comuni non veniva ricompreso il Comune di Sassari,
chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale per sapere:
1) quali siano le ragioni che hanno spinto l'Assessore ad escludere dall'elenco i terreni agrari del Comune di Sassari che come noto rappresenta una delle più ampie e importanti, ma non certo ricche, zone agricole della Regione;
2) per quale ragione non abbia ritenuto di dover richiedere il parere della competente Commissione consiliare così come è invece previsto dalla citata legge regionale n. 8 del 2012. (959)
Mozione Vargiu - Dedoni - Cossa - Fois - Meloni Francesco - Mula sulle azioni urgenti per l'acquisizione al patrimonio regionale delle centrali idroelettriche già in concessione all'ENEL.
IL CONSIGLIOREGIONALE
CONSIDERATO che:
- il bene acqua è una fondamentale risorsa da salvaguardare ed è uno degli elementi in carenza dei quali niente è sostenibile;
- questo è ancora più importante nel clima torrido - temperato della nostra Isola, fortemente caratterizzato da stagioni siccitose che ciclicamente si ripresentano con sempre maggiore e allarmante frequenza;
- anche nel passato, la questione acqua è sempre stata centrale nel governo della Regione e, per questo motivo, anche i progetti del Piano di rinascita furono accompagnati da forti investimenti nel settore;
SOTTOLINEATO che:
- la risorsa idrica ha tre utilizzi fondamentali: civile, agricolo e industriale, da cui può derivare anche la produzione di energia idroelettrica;
- la risorsa idrica appartiene senz'altro alla categoria dei beni comuni, intesi come beni di uso comune e per questo appartenenti alle comunità; tali beni comuni sono generalmente risorse prive di restrizioni nell'accesso e indispensabili alla sopravvivenza umana e/o oggetto di accrescimento con l'uso (http://it.wikipedia.org/wiki/Beni_comuni);
- è oggi elemento politico condiviso che, nel complesso delle azioni orientate alla sostenibilità, i beni comuni assumano valore strategico e debbano essere detenuti e gestiti dalle istituzioni pubbliche statali o regionali, secondo il principio della sussidiarietà;
- nella nostra epoca di grande attenzione verso le opportunità delle fonti rinnovabili è possibile ipotizzare che anche il processo della produzione idroelettrica possa contribuire alla conservazione dell'ambiente, riducendo l'utilizzo di combustibili fossili nel fabbisogno energetico del sistema idrico multisettoriale regionale;
- così come è diventato strategico il tema del razionale sfruttamento dell'energia, generata non costantemente dal sole o del vento, altrettanto cruciale appare la discussione sul possesso della risorsa acqua e sul suo uso razionale, sia per gli scopi alimentari che industriali e commerciali; l'autonomia di un popolo si misura anche dalla titolarità delle risorse che gli consentono di progredire;
RILEVATO che:
- in Sardegna la produzione di energia dall'uso idroelettrico è piuttosto diffusa e si concentra sui bacini dei fiumi principali, con modeste attività in alcune altre piccole centrali periferiche;
- la potenza complessiva degli impianti di produzione dell'energia idroelettrica in Sardegna ammonta a circa 140 MW per un totale di energia prodotta pari a 350 GWh/anno;
- buona parte di tali centrali di produzione è attualmente detenuta dall'ENEL che, per la sua attività, beneficia anche dei certificati verdi (incentivi fonti innovabili);
- i proventi complessivi derivanti da tale attività di produzione idroelettrica nelle centrali sarde gestite dall'ENEL possono stimarsi in 75 milioni di euro all'anno;
- per effetto della legge regionale n. 19 del 2006, la Regione è subentrata nella titolarità di tutte le concessioni inerenti l'utilizzo delle acque da invasi destinati all'uso multisettoriale dagli strumenti di pianificazione delle risorse idriche;
- la gestione delle dighe e delle opere di trasporto destinate al servizio multisettoriale regionale è esercitata dalla Regione, che ne è titolare, attraverso l'ENAS;
- grazie all'iniziativa consiliare che ha portato all'approvazione del comma 1 dell'articolo 2 della recente legge regionale 7 agosto 2012, n. 16, si dispone che, dopo il comma 2 dell'articolo 11 della legge regionale n. 19 del 2006, sia aggiunto il comma 1 bis, che riafferma la titolarità della Regione sul demanio idrico e stabilisce che "La Regione dispone delle sole acque pubbliche e conserva la titolarità di tutte le concessioni scadute che utilizzino impianti inseriti nel sistema multisettoriale regionale; sono fatti salvi gli eventuali procedimenti per i rinnovi delle domande di concessione scadute e per eventuali proroghe, da disporre nel rispetto dei principi sulla concorrenza e nei limiti della disponibilità della risorsa.";
- la stessa norma introduce una disposizione di legge che tende a salvaguardare gli utilizzi multisettoriali della risorsa, valutati in un arco pluriennale, per garantire la permanenza negli invasi di quantitativi strategici di acque e di fatto rilancia la titolarità della concessione regionale per i diversi usi e per tutti gli invasi afferenti al servizio multisettoriale regionale;
- la disposizione di legge appare dunque formulata proprio per porre dei limiti ragionevoli a qualsiasi utilizzo non programmato della risorsa;
- la procedura di subentro della Regione, ai sensi della legge regionale n. 19 del 2006, non è stata completata per quanto attiene ai seguenti invasi attualmente sfruttati da ENEL Spa per uso idroelettrico: Coghinas 60 GWh/anno; Casteldoria 10 GWh/anno; Ozieri 8 GWh/anno; Flumendosa (I, II, III salto) 120 GWh/anno; Pedra'e Othoni 8 GWh/anno; Taloro-naturale 15 GWh/anno, per un totale di oltre 220 GWh/anno;
- a seguito delle sentenze del Tribunale superiore delle acque, confermate dalla Cassazione, anche le centrali Tirso I salto e Tirso II salto, della potenzialità di oltre 50 GWh/anno devono essere assegnate alla Regione e per essa al gestore unico ENAS;
- tale assegnazione è ancora oggetto di un contenzioso con ENEL, che dovrebbe risolversi senza esborsi in virtù dei compensi dovuti per le produzioni e vendite pregresse, nel periodo di utilizzo da parte di ENEL, in assenza di concessione;
- a fronte di un quadro legislativo e giurisprudenziale assolutamente chiaro, ENEL Spa continua invece a gestire impropriamente sia le centrali idroelettriche afferenti sia ai sopra citati invasi utilizzati per l'uso multisettoriale, che le centrali Tirso I e Tirso II, fingendo di ignorare la specifica e definitiva competenza regionale in materia di demanio idrico;
- l'ente gestore ENAS riconosce l'acqua quale patrimonio da tutelare, in quanto risorsa limitata di alto valore ambientale, culturale ed economico;
- ENAS considera altresì l'accesso all'acqua come diritto umano, individuale e collettivo, contribuendo, nell'ambito delle proprie competenze e degli indirizzi impartiti dalla Regione, alla regolamentazione del suo uso;
- ENAS garantisce pertanto, per conto della Regione, la gestione secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità, al fine di salvaguardare, in armonia con la Costituzione, i diritti e le aspettative delle generazioni presenti e future;
- ENAS ha attualmente in corso un giudizio presso il competente Tribunale delle acque pubbliche contro ENEL perché sia dismessa la gestione delle centrali Tirso I e Tirso II e perché sia pagato alla Regione il valore integrale della produzione elettrica fin dal 2005;
- le centrali del Tirso sono da considerare assolutamente strategiche e, una volta inserite nel Sistema idrico multisettoriale regionale, consentiranno di ridurre i costi di gestione dello stesso sistema, riducendo l'entità dei contributi che annualmente la Regione assegna all'ENAS per limitare il costo dell'acqua all'utenza (tali contributi sono pari a circa 15 milioni di euro/anno) oppure, a contributi costanti, consentendo di ridurre ulteriormente il costo del metro cubo di acqua per l'utenza;
- il fabbisogno energetico dell'ENAS per fornire l'acqua in pressione al settore agricolo ed agli usi civile ed industriale è di 135 GWh/anno e registra annualmente un deficit energetico rilevante;
- per il trasporto della risorsa e per il ristoro dell'energia consumata dai consorzi di bonifica, ENAS sopporta per l'energia una spesa annua di oltre 13 milioni di euro;
- la potenzialità di produzione delle centrali del Tirso potrebbe contribuire, nell'anno medio, alla copertura di oltre il 50 per cento del fabbisogno annuale di energia del servizio multisettoriale regionale;
- l'acquisizione in tempi certi e rapidi di tutte le centrali ed il loro trasferimento ad ENAS rappresenta pertanto un passaggio fondamentale ed un obiettivo prioritario nel percorso intrapreso per il riequilibrio del bilancio energetico del servizio multisettoriale regionale;
- è dunque evidente come il tema della gestione della risorsa idrica in Sardegna non possa essere disgiunto dal dibattito concernente il complessivo approvvigionamento energetico della nostra Isola;
- il primo passo del percorso congiunto idrico-energetico non può che essere l'acquisizione di tutte le centrali idroelettriche degli invasi dell'Isola destinati all'uso multisettoriale e, conseguentemente, il governo e la valorizzazione delle risorse degli invasi multisettoriali regionali per la produzione di energia idroelettrica;
- è del tutto evidente come tale percorso debba trovare la sua cornice di riferimento nell'approvazione del Piano energetico regionale;
- è altrettanto evidente come tale azione regionale debba essere inquadrata nella più complessiva azione di riappropriazione di competenze economiche e di produzione, indebitamente sottratte dallo Stato o da soggetti economici terzi ricollegabili all'apparato statale;
RILEVATO come tale azione di riappropriazione di attività e di competenze sia funzionale ad un vero e proprio radicale cambiamento della cultura e del modello di sviluppo della Sardegna che, abbandonando le logiche clientelari, burocratiche e assistenziali che ne hanno condizionato la crescita dal dopoguerra in poi, punti invece decisamente verso investimenti di innovazione e di competitività in grado di sbloccare i gangli e gli snodi sclerotici della società sarda,
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
1) ad assumere immediatamente tutti gli atti amministrativi necessari ai sensi della legge regionale n. 19 del 2006 e della legge regionale n. 16 del 2012 per immettere nella piena disponibilità del patrimonio regionale e dei suoi gestori le centrali idroelettriche oggi illegittimamente detenute da ENEL Spa;
2) ad attivare tutte le iniziative indispensabili per il definitivo rilascio delle centrali Tirso I e Tirso II, per le quali, nonostante il pronunciamento del Tribunale delle acque e della Corte di cassazione, esiste ancora un contenzioso con ENEL Spa;
3) a predisporre il disegno di legge attuativo che preveda le modalità di affido e di gestione di tutte le centrali idroelettriche regionali e la definizione dei nuovi canoni di concessione per l'utilizzo delle risorse idriche. (214)
Mozione Sanna Giacomo sui ritardi e le procedure per le bonifiche nel sito industriale di Porto Torres nell'area Syndial.
IL CONSIGLIOREGIONALE
PREMESSO che sono da tempo concluse le attività di caratterizzazione delle aree dello stabilimento Syndial di Porto Torres i cui risultati, unitamente alle analisi di rischio, sono stati approvati dal Ministero dell'ambiente nel 2006 con un costo di 20 milioni di euro;
CONSTATATO che:
- nel 2009 il confronto tra l'azienda, gli enti locali, la Regione e l'Arpas ha favorito la presentazione dei progetti di bonifica da parte della Syndial che ha indicato modalità e tempi di realizzazione fino ad oggi mai rispettati;
- altresì tra il 2010 e il 2011 sono stati presentati ulteriori sei progetti di bonifica, tre dei quali risultano in attesa del decreto ministeriale per l'approvazione;
RILEVATO che le volontà espresse dalle amministrazioni locali in ordine alle bonifiche prevedono l'asportazione, il trattamento e lo smaltimento di tutti i suoli e i sottosuoli inquinati mentre l'azienda propone le bonifiche dei suoli e dei sottosuoli nel sito senza asportazione e smaltimento;
SOTTOLINEATO che:
- il progetto di bonifica della falda nell'area Syndial approvato dal Ministero dell'ambiente nel novembre 2011 e per il quale nel dicembre dello scorso anno è stata bandita la gara da 57 milioni di euro si sarebbe dovuto assegnare con regolare contratto entro il marzo del 2012 e le indagini di caratterizzazione evidenziano inquinamento da metalli, solventi clorurati, idrocarburi e cloro benzeni particolarmente pericolosi anche per la capacità di veicolare i contaminanti verso il tratto di mare prospiciente che affaccia sul golfo dell'Isola dell'Asinara (parco nazionale e area marina protetta);
- altresì è scaduto invano anche il termine del giugno 2012 (fissato da Syndial) per la presentazione del progetto di bonifica dei suoli con la realizzazione di diversi moduli e di una piattaforma il cui costo era stato stimato in 120 milioni di euro;
DENUNCIATO che la discarica di Minciaredda rischia di restare ancora per anni senza le necessarie e urgenti bonifiche per una serie di contraddittorie iniziative assunte dalla Syndial che rischiano di far slittare il risanamento dell'area ed in particolare numerose perplessità desta la decisione dell'azienda di procedere con il cosiddetto "tombamento" della discarica in luogo della asportazione, trattamento e smaltimento dei rifiuti come invece richiesto dagli enti locali;
RILEVATO che il 14 agosto 2012 la Syndial ha indetto una manifestazione di interesse invitando oltre 25 società alla presentazione di un "Progetto integrato di bonifica dei suoli e dei sottosuoli" compresa l'area di Minciaredda e negli atti di gara è presente tra gli altri il progetto per la messa in sicurezza di Minciaredda che prevede l'asporto dei materiali di riporto e il tombamento del corpo dei rifiuti attraverso diaframmi permanenti;
RIMARCATO che la Syndial avrebbe dovuto presentere il progetto di bonifica di Minciaredda nel gennaio 2012 e che la presentazione dei 25 progetti dalle società private richiede valutazioni e un percorso autorizzativo la cui durata è stimata in oltre tre anni;
RILEVATO altresì che il progetto richiesto alle società private dovrà prevedere la realizzazione di diversi moduli tra cui almeno 4 piattaforme mobili e una grande piattaforma permanente nell'area di Minciaredda (che dovrebbe essere utilizzata per il recapito finale di tutti i rifiuti, suoli, sottosuoli e materiali da discarica) e una discarica di servizio per rifiuti speciali pericolosi e non,
esprime
ferma contrarietà alle soluzioni proposte dalla Syndial per le bonifiche nell'area industriale di Porto Torres che rischiano di vedere la creazione di tante piccole discariche (i moduli) una grande discarica a Minciaredda (la piattaforma) e una vera e propria discarica di servizio,
esprime altresì
contrarietà all'ipotesi di realizzare i cosiddetti diaframmi nell'area di Minciaredda la cui tenuta non può essere garantita per più trenta anni con le ovvie conseguenze in ordine ai rilasci di materiali altamente inquinanti nelle acque del golfo dell'Asinara;
RICORDATO che la Syndial è un'azienda a partecipazione statale,
invita il Presidente della Regione, l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente
e l'Assessore regionale dell'industria
1) a intraprendere le più opportune iniziative anche al livello governativo per garantire il rispetto del crono programma (al momento totalmente disatteso) proposto dalla Syndial per le bonifiche nell'area industriale di Porto Torres;
2) a verificare la regolarità dei "Progetti integrati di bonifica dei suoli e dei sottosuoli" presentati dai privati alla Syndial;
3) a ribadire le volontà degli enti locali che chiedono che i siti inquinati siano bonificati attraverso l'asportazione, il trattamento e lo smaltimento di tutti i suoli e sottosuoli inquinati;
4) a monitorare con particolare attenzione il progetto e i tempi di realizzazione delle bonifiche nell'area di Minciaredda, considerato che gli inquinanti presenti sono tra i più pericolosi e cancerogeni tra quelli presenti sulla terra;
5) a scongiurare il rischio che le bonifiche nell'area industriale di Porto Torres si traducano nella realizzazione di nuove discariche sul territorio, ma si realizzino secondo le volontà degli enti locali interessati, della Regione e dell'Arpas. (215)
MozioneBarracciu - Bruno - Diana Giampaolo - Uras - Salis - Ben Amara - Maninchedda - Agus - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Zuncheddu sulla revoca del bando "Scuola digitale Semid@s" e sull'accordo di programma tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e la Regione sui temi della cloud education, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
- con deliberazione n. 52/9 del 27 novembre 2009 la Regione ha varato il progetto "Scuola digitale in Sardegna" con cui si candidava a diventare un avamposto nazionale dell'applicazione delle nuove tecnologie al sistema scolastico con la totale digitalizzazione dell'attività didattica;
- con deliberazione n. 18/12 dell'11 maggio 2010 venivano inoltre approvate le linee guida del suddetto progetto, elaborate dal direttore scientifico, nominato il 7 gennaio 2010 a seguito di avviso pubblico di selezione per titoli di un esperto di alta professionalità, pubblicato il 4 dicembre 2009 dal Servizio istruzione dell'Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport;
- il progetto era finanziato interamente con 125 milioni di euro provenienti dal POR Sardegna e avrebbe dovuto essere gestito dalla stessa Regione attraverso una cabina di regia formata da due assessori (l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport e l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione), due direttori generali, due dirigenti di servizio, oltre naturalmente il direttore scientifico del progetto;
- nella sua versione originaria il progetto prevedeva l'introduzione, in ogni classe di ogni ordine e grado del sistema scolastico della Sardegna, di una lavagna interattiva multimediale (LIM) per un totale di circa 10.000 kit comprensivi ognuno di lavagna, PC, videoproiettore, software e connessione alla rete tramite local area network (LAN); un piano di formazione sull'uso della LIM, dei materiali didattici digitali, di ambienti di apprendimento di nuova concezione, finalizzati a favorire un più stretto ed efficace raccordo tra processi d'insegnamento e processi d'apprendimento, diretto a tutti i ventimila docenti della Sardegna, che assicurasse un capillare servizio formativo per la durata di almeno un anno scolastico; la creazione di una banca dati unica del sistema scolastico, la fornitura di un tablet o netbook per tutti i 198 mila scolari e studenti sardi e per tutti i docenti del sistema scolastico regionale;
- successivamente, il 20 luglio 2011, con la deliberazione n. 31/11 "Riprogrammazione del programma operativo FESR 2007-2013 e della rimodulazione del piano finanziario" la Giunta regionale approvava la destinazione al Progetto "Banda ultra larga" di euro 31.200.000 originariamente destinati al progetto "Scuola digitale" per l'acquisto di tablet per gli studenti;
- conseguentemente veniva predisposta la deliberazione n. 43/47 il 27 ottobre 2011 "Scuola digitale. Aggiornamento delle azioni programmate e della dotazione finanziaria delle linee di azione FESR e FSE. Deliberazione della Giunta regionale n. 52/9 del 27/11/2009"; con essa la Giunta regionale ridefiniva gli obiettivi operativi e le linee di attività del PO Sardegna FESR 2007-2013 e FSE 2007-2013 in seguito alla rimodulazione di cui sopra e alle modifiche degli obiettivi nel frattempo intervenute e dava mandato all'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, ad attuare le azioni necessarie per la realizzazione del progetto scuola digitale;
- sulla base di questo mandato ricevuto dalla Giunta regionale, l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport ha disposto di dar corso alla procedura di gara aperta di cui al bando pubblicato sul sito internet della Regione il 27 aprile 2012 avente ad oggetto la "Realizzazione di un sistema telematico, produzione di contenuti digitali e costituzione di un centro di competenze per l'erogazione dei servizi di eccellenza";
- punti qualificanti del capitolato tecnico erano: la creazione di un'innovativa piattaforma didattica multimediale in grado di favorire l'organizzazione e la ricerca dei materiali ospitati non soltanto per parole chiave, come fanno i motori di ricerca maggiormente diffusi, ma per associazioni in termini di significato e di affinità semantiche, in modo da stimolare e rendere possibile una reale ottica inter e trans-disciplinare; la produzione di contenuti didattici digitali originali per tutte le discipline e per tutti gli ordini di scuola appositamente progettati e realizzati per essere fruibili in modi diversi, quindi realmente personalizzabili, grazie a un innovativo processo redazionale che consentisse di trattare fonti grezze per trasformarle in contenuti aggregati flessibili e in grado di sfruttare la multicanalità; la creazione di un centro di competenze in grado di fare il punto sulle innovazioni di prodotto e di processo di carattere tecnologico e metodologico via via emerse, di recepire quelle più significative e di favorirne il trasferimento al sistema scolastico regionale; queste scelte erano scaturite dall'ampio confronto promosso, provincia per provincia, con la comunità scolastica regionale prima di emetterne la versione definitiva; da questo confronto era appunto scaturita l'opzione in favore di materiali didattici modulari da strutturare e organizzare secondo le specifiche esigenze didattiche;
- il capitolato tecnico stabiliva che, a fronte dei 20 milioni di euro complessivi assegnati per la produzione dei contenuti (articolata in 12 lotti e con un limite massimo di 2 lotti di aggiudicazione da parte dello stesso concorrente, in modo da evitare situazioni di monopolio o comunque dominanti), la Regione si assicurava la proprietà dei materiali acquisiti, in modo da poterne disporre senza limiti di tempo o di utilizzo; questa scelta, oltre a essere in linea con la filosofia complessiva del progetto, era tra l'altro imposta dall'Unione europea, che diversamente avrebbe considerato aiuti di Stato all'editoria scolastica le risorse erogate; i vincitori della gara avrebbero dovuto aggiornare gratuitamente per cinque anni i contenuti didattici e poi renderli disponibili per l'aggiornamento successivo da parte del sistema scolastico regionale, in modo che fossero sempre al passo con i tempi;
- pertanto, avendone la libera disponibilità, la Sardegna avrebbe potuto esportarli e renderli fruibili in altre regioni, previ accordi di collaborazione e scambio di servizi che già si cominciavano a impostare e realizzare, e anche con altri stati, essendo i contenuti in inglese, oltre che in italiano; con questo investimento la Regione si sarebbe quindi assicurata la disponibilità dell'archivio dei contenuti didattici digitali per tutte le discipline per tutti gli ordini e i gradi di scuola, sgravando totalmente e una volta per tutte le famiglie del costo, sempre più oneroso, dei libri di testo; la spesa di 20 milioni di euro corrispondeva a una spesa per studente e per anno pari a 49,57 euro contro una spesa media che per le superiori supera ormai i 500 euro; inoltre l'Amministrazione regionale avrebbe in breve recuperato l'intera cifra investita considerando che ogni anno vengono spesi 2.500.000 euro per la fornitura di libri in comodato d'uso (legge regionale n. 1 del 2006, articolo 8, comma 1, lettera b), e 3.338.801 per la fornitura gratuita e semigratuita di libri di testo (legge regionale n. 448 del 1998), con un risparmio complessivo in un triennio di 17.516.403 euro ai quali andavano aggiunti gli altri due anni di aggiornamento gratuito dei materiali prodotti richiesti agli aggiudicatari, il che avrebbe portato il risparmio complessivo a 28.694.005 euro, che avrebbe coperto l'intero ammontare dei 20 milioni di euro messi a gara e degli 8 milioni di euro di cui era prevista l'erogazione al sistema scolastico regionale per l'autoproduzione dei contenuti;
EVIDENZIATO che:
- la nuova versione, così come viene prospettata dalla più volte citata deliberazione del 31 luglio 2012, non permette al contrario alcuna economia di scala alla Regione e, conseguentemente, alle famiglie degli studenti sardi: attualmente il mercato offre, e a caro prezzo, solo licenze d'uso dei contenuti digitali, limitate nel tempo (due, estensibili al massimo a tre anni dopo di che bisognerebbe ricominciare da capo e riacquistarle ex novo sempre a caro prezzo, ovviamente imposto dal mercato) e nello spazio (l'uso delle licenze è limitato alla sola Sardegna);
- in questo caso sono dunque le case editrici a mantenere, come già succede per i manuali adottati, i diritti di proprietà sui contenuti didattici digitali con costi che continueranno a rimanere in capo alle famiglie degli studenti sardi e alla Regione; anche quest'anno, infatti, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, nella seduta del 18 settembre 2012 ha approvato, con la delibera n. 38/9, il Piano regionale di ripartizione dei fondi in favore dei comuni della Sardegna per la fornitura gratuita o semi gratuita dei libri di testo per l'anno scolastico 2012/2013, finanziato con oltre 3 milioni di euro, in base alla legge 23 dicembre 1998, n. 448; lo stesso finanziamento, vista la revoca del bando "Scuola digitale Senid@s", dovrà essere ripetuto nei prossimi anni;
PRESO ATTO che il 31 luglio 2012, sei soli giorni prima della scadenza, con deliberazione "Modifica della deliberazione n. 18/12 dell'11/05/2010 relativa all'approvazione delle linee-guida del progetto Scuola digitale", la Giunta regionale ha disposto la revoca del bando e la modifica delle linee guida del progetto precedentemente approvate; l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport ha motivato il cambio di rotta con il fatto che le maggiori case editrici nazionali avevano ritenuto di non dovere partecipare alla gara;
VERIFICATO che:
- questa affermazione è vera solo in minima parte, in quanto dalle richieste di chiarimento (in termini informatici FAQ) presentate dagli editori interessati a rispondere al bando si evince che la Mondadori e il gruppo De Agostini-Utet, certo non dei piccoli editori, avevano invece deciso di partecipare alla gara e sono rimasti sconcertati quando è cominciata a circolare l'ipotesi della revoca; inoltre, nonostante la notizia della revoca del bando, prima della scadenza di esso sono state protocollate all'Assessorato le proposte progettuali del CNR, dell'Enciclopedia Italia, del Politecnico di Torino e dell'Università Bocconi; comunque, per sapere se, oltre a questi citati, ci fossero altri grandi editori interessati al progetto bisognava semplicemente aspettare solo tre giorni in modo che venissero presentate tutte le offerte e aperte le buste;
- secondo la Giunta regionale la modifica del bando sulla scuola digitale era inoltre motivata dall'esigenza di stare al passo con i tempi e saper cogliere le opportunità offerte dalle "recenti evoluzioni del mercato dei materiali didattici"; ma il recentissimo accordo del 25 luglio 2012 tra Governo, regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano concernente la diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado dei progetti e delle azioni di innovazione didattica si pone, come obiettivo fondamentale da raggiungere (lettera f) dell'articolo 1 - Obiettivi), quello di "favorire la produzione di contenuti digitali per la didattica e il loro utilizzo nelle classi"; dunque, contrariamente a quello che afferma in modo perentorio la citata deliberazione della Giunta regionale della Sardegna del 31 luglio 2012, il mercato editoriale non viene giudicato dal MIUR e dalle altre regioni ancora maturo e pronto per quanto riguarda la produzione di contenuti didattici digitali, al punto che l'accordo citato ha appunto la funzione di stimolarlo;
- in base a questo accordo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si impegna a "sostenere le Regioni nel perseguimento degli obiettivi di cui all'art. 1, ivi compreso l'implementazione del PNSD, attraverso l'acquisto di tecnologie e di software didattici e la formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, con appositi finanziamenti, ripartiti tra le Regioni sulla base della popolazione scolastica, nell'arco del triennio di riferimento, per una quota di 20 milioni, e per una ulteriore quota premiati di 4 milioni di euro, da ripartirsi in modo commisurato alla popolazione scolastica, qualora le Regioni, ognuna per le parti di propria competenza, cofinanzino il Piano suddetto con almeno il 40% dei finanziamenti ministeriali, ivi previsti, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente"; il MIUR mette quindi a disposizione, in un triennio, 20 milioni di euro, cioè l'importo previsto dal progetto "Semid@s" per la produzione dei contenuti digitali per tutte le discipline e per le scuole di ogni ordine e grado, a dimostrazione della correttezza e della congruità delle risorse previste dal progetto medesimo; sulla base di questo impegno la Sardegna avrebbe potuto quindi anche (se il bando non fosse stato revocato) ambire legittimamente a una consistente quota della premialità prevista;
- inoltre l'accordo tra Governo e regioni esaminato fa riferimento al Piano scuola digitale - azione editoria digitale scolastica - Linee guida tecnico-operative per la stesura del Capitolato tecnico; questo documento del 1° dicembre 2011 si propone "anche come azione di impulso al mondo dell'editoria per la realizzazione di prodotti editoriali innovativi" (a ulteriore conferma del fatto che il mercato editoriale, allo stato attuale, non è ancora maturo e ha bisogno di essere stimolato) e "mira all'acquisizione, in collaborazione e con l'apporto delle istituzioni scolastiche coinvolte, di 20 prototipi di «edizioni digitali scolastiche», vale a dire prodotti che consentano ai protagonisti del processo educativo di interagire efficacemente con le moderne tecnologie digitali e multimediali e di sperimentare nuovi contenuti e modalità di studio e di co-costruzione dei saperi"; dunque viene considerata essenziale la "co-costruzione dei saperi" e dei relativi contenuti con la partecipazione e il coinvolgimento attivo di tutti i protagonisti del processo educativo, come si propone di fare il progetto " Scuola digitale Semid@s", obiettivo che è in palese contrasto con il proposito di acquisire materiali digitali già pronti e disponibili sul mercato editoriale, come si propone oggi di fare la Giunta regionale sulla base della deliberazione del 31 luglio 2012;
- la deliberazione "Modifica della deliberazione n. 18/12 dell'1/05/2010 relativa all'approvazione delle linee-guida del progetto Scuola digitale" giustifica la revoca del bando come esigenza di autotutela, facendo riferimento all'accordo di programma Regione-MIUR sui temi della cloud education, allegato alla deliberazione medesima e approvato contestualmente con essa; ma l'accordo citato non parla di revoca del bando, bensì di sua rimodulazione limitatamente alla linea A del capitolato tecnico, e non all'intero capitolato; l'articolo 5 dice infatti: "La Regione si impegna a rimodulare il progetto Semid@s, con l'obiettivo di integrarlo col piano previsto dall'Agenda digitale"; quindi l'azione di revoca e le motivazioni prodotte a sostegno di essa appaiono chiaramente esorbitanti rispetto agli effettivi contenuti dell'accordo in questione; per quanto riguarda la suddetta linea A, questo accordo parte dall'esigenza di "un più stretto raccordo tra il progetto Semid@s - Scuola digitale in Sardegna e la strategia di Agenda Digitale Nazionale, all'interno del Piano di Azione Coesione che vede la Sardegna direttamente coinvolta sui temi del cloud computing quale possibile riferimento nazionale" ed offre alla Sardegna di diventare sede del data center dedicato alla scuola italiana, il cui insediamento era originariamente previsto in Puglia; di conseguenza il MIUR si impegna a "mettere a disposizione della Regione il software di gestione delle diverse funzioni del cloud education, sviluppato nell'ambito del progetto PON ricerca «Smart cities and social innovation: Smart education», che potrà quindi essere installato sul data center citato; non si tratta affatto però, contrariamente a quello che è stato detto dal Presidente della Regione e dall'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport nella conferenza stampa congiunta del 2 agosto 2012, in cui è stato presentato l'accordo con il MIUR e contestualmente preannunciata la revoca del bando, di una elargizione a titolo gratuito, che consente il risparmio di tutte le risorse destinate dal bando alla linea A del capitolato (importo a base d'asta euro 5.785.123,97 (IVA esclusa). Infatti l'articolo 5 "Impegni dell'Amministrazione regionale" stabilisce che "la Regione Sardegna parteciperà al progetto mediante uno specifico cofinanziamento e il coinvolgimento dei propri centri di ricerca (che vanno pagati, ovviamente, per questa loro prestazione) allo sviluppo del software per la gestione dei diversi servizi del cloud";
- nella delibera di revoca del bando del 31 luglio 2012 si fa riferimento anche a "mutate condizioni del contesto e al necessario riferimento nazionale del progetto" che renderebbero necessaria "la ridefinizione degli assetti organizzativi e delle connesse procedure di governance e supporto delle reti scolastiche regionali e nazionali, rendendo, quindi, necessaria una modifica della impostazione ipotizzata del centro di competenza (linea C del capitolato tecnico)"; ciò che viene qui adombrato è dunque, in nome della "proiezione nazionale" del progetto, l'affidamento diretto al MIUR - o indiretto a una sua società in house, di quello che è il centro propulsivo dell'intero progetto, con la conseguenza che le decisioni sulle innovazioni e sui servizi da adottare per l'innalzamento del livello qualitativo del sistema scolastico regionale e per migliorarne l'efficienza sarebbero prese fuori dalla Sardegna;
- perplessità in merito alle ragioni addotte a sostegno della modifica del progetto e all'ipotesi di revoca del bando, che l'Assessore Milia ha cominciato a prospettare solo pochi giorni dopo aver disposto di dar corso alla procedura di gara aperta con il bando del 27 aprile 2012, e quindi ben prima dell'incontro del 16 e 17 luglio con la delegazione del MIUR e con il Ministro Profumo che ha portato alla definizione dell'accordo quadro poi invocato per motivare a posteriori la revoca medesima, sono state manifestate, attraverso un documento interno consegnato al direttore generale della Pubblica istruzione e alla Direttrice del Servizio istruzione dell'Assessorato dal direttore scientifico del progetto Scuola digitale, al quale è stata negata la possibilità di farle presenti in occasione dell'incontro con la delegazione del MIUR, al quale non è stato invitato nonostante si discutesse di un progetto e di un bando redatti sotto la sua guida e responsabilità, come esplicitamente attestato nella documentazione di gara, tra i cui allegati figurava anche il suo curriculum;
ATTESO che:
- la delibera della Giunta regionale del 31 luglio 2012 con cui la Giunta ha disposto la revoca del bando relativo al progetto "Scuola digitale-Semid@s" è stata presa con il solo parere di conformità del direttore generale della Pubblica istruzione; nonostante le azioni messe a gara fossero finanziate con il POR-FSE l'Autorità di gestione del FSE non si è espressa in proposito e, a quanto risulta, non è stata neppure consultata e ha fatto immediatamente presente il concreto rischio di disimpegno dei fondi in seguito ai ritardi dovuti alla revoca;
- nonostante l'accordo quadro con il MIUR preveda (articolo 5) che "per favorire il raccordo tra Regione Sardegna e MIUR e garantire una sinergia costante tra le diverse iniziative, è costituita una Commissione paritetica composta da due rappresentanti indicati dal Ministero dell'istruzione e da due rappresentanti indicati dalla Regione" a tutt'oggi non si è nemmeno provveduto all'indicazione di tali rappresentanti, per cui lo sviluppo delle attività e iniziative legate al progetto risulta ancora del tutto fermo;
- sussiste una palese difformità di versioni sulla posizione attuale del Direttore scientifico del progetto, la cui convenzione, secondo quanto affermato dal Presidente Cappellacci e dall'Assessore Milia nella conferenza stampa congiunta del 2 agosto 2012, sarebbe già scaduta e non verrà più rinnovata per il contrasto di vedute sulla natura e gli obiettivi del progetto Semid@s, mentre a detta del direttore scientifico, prof. Silvano Tagliagambe, è stata rinnovata il 20 aprile di quest'anno, con scadenza "fino alla data di effettiva conclusione di tutte le attività previste dal progetto, tenuto anche conto di eventuali rimodulazioni del progetto";
EVIDENZATO che:
- la deliberazione del 31 luglio 2012 con la quale si è dato mandato all'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport di procedere alla revoca del bando impugna e annulla, come risulta dalla sua stessa intestazione "Modifica della Delib.G.R. n. 18/12 dell'11.5.2010 relativa all'approvazione delle linee-guida del progetto Scuola digitale", una delibera, come ricordato in premessa, che si limitava ad approvare le linee guida del progetto predisposte, come prima bozza di lavoro, dal direttore scientifico; la delibera operativa che ha dato il via libera al bando e che ne riassumeva le linee di intervento e le relative fonti di finanziamento è invece, come si è visto, tutt'altra: la deliberazione n. 43/47 del 27 ottobre 2011 avente per oggetto: "Scuola digitale. Aggiornamento delle azioni programmate e della dotazione finanziaria delle linee di azioni FESR e FSE. Delib.G.R. n. 52/9 del 27.11.2009". Alla base della procedura di gara aperta di cui al bando poi revocato vi è dunque questa delibera, che infatti si conclude, com'è stato ricordato, con le decisioni "di approvare le modifiche apportate agli interventi da attuare nell'ambito del progetto Scuola digitale e la conseguente rimodulazione della dotazione finanziaria dell'ex linea di attività 1.2.2.a (Asse I) e della Linea di attività 2.2.1.b (Asse II) del PO Sardegna FESR 2007-2013 e dell'obiettivo specifico h dell'Asse IV del PO Sardegna FSE 2007-2013, nonché la rimodulazione degli assetti organizzativi previsti dalla deliberazione n. 52/9 del 27 novembre 2009 e di dare mandato all'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, in base a quanto indicato in premessa, ad attuare le azioni necessarie per la realizzazione del progetto Scuola digitale, attraverso le azioni sinteticamente indicate in premessa". Questa delibera non è stata né modificata né revocata ed è pertanto tuttora in vigore e operativa, in quanto neppure citata dalla deliberazione del 31 luglio 2012, per cui l'atto di revoca del bando sembra anche essere privo di presupposti formali validi;
SOTTOLINEATO che:
- la Giunta regionale, con la deliberazione n. 34/14 del 7 agosto 2012, avente per oggetto: "Piano di Azione Coesione: Rimodulazione delle risorse nell'ambito delle Priorità «Grande Viabilità stradale» e proposta inserimento delle priorità relative al progetto Scuola digitale Semid@s", resa visibile al pubblico solo il 22 agosto 2012, ha proceduto alla rimodulazione interna delle risorse trasferite al Piano di Azione Coesione che, per quanto riguarda il FSE, prevede di "rimodulare, nell'ambito delle finalità dell'Agenda Digitale, parte del progetto Scuola digitale Semid@s e di integrarlo all'interno del PAC, in coerenza con il Protocollo sottoscritto con il MIUR in data 27 luglio 2012 allegato alla Delib.G.R. n. 33/1 del 317.2012". Le risorse e gli interventi del FESR, riprogrammati sul PAC per il progetto "Scuola digitale Semid@s" risultano pari a euro 21.310.752,23". Per quanto riguarda il FSE la sopra citata delibera dà mandato "all'Autorità di gestione del PO FSE di coordinare le attività necessarie alla conseguente rimodulazione interna del PO FSE con il Piano di Azione Coesione, necessaria all'orientamento delle risorse verso la suddette macro aree, definendo l'allocazione dell'importo complessivo di euro 54.237.969,94 sulle priorità individuate di concerto con l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport" e dispone che "il Piano di Azione Coesione, essendo compreso nell'ambito della Programmazione Unitaria, sia sottoposto a procedure di gestione e sorveglianza analoghe a quelle previste per i Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali e secondo le indicazioni del QSN e secondo quanto contenuto nella nota MISE n. 0008196U del 18.6.2012 rettificata il 23 luglio 2012";
- da quanto sopra detto si evince chiaramente che un progetto pensato, nato e sviluppato nella nostra Regione e finanziato con i fondi europei a essa destinati, che con il bando che è stato poi revocato sarebbe stato gestito autonomamente qui in Sardegna, in seguito al trasferimento di fondi operato e al passaggio dal POR e al Piano di azione e coesione viene ora "sottoposto a procedure di gestione e sorveglianza" da parte del Governo, in particolare del MISE e del MIUR, che ne possono controllare gli obiettivi e le procedure di attuazione e le possono imporre alla Regione, rischiando seriamente di far perdere quegli elementi di specificità che erano stati introdotti per rispondere alle esigenze peculiari del nostro territorio e del nostro ambiente sociale e culturale;
- questa "tutela" nazionale appare tutt'altro che tranquillizzante, se si considera che lo stesso Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, in occasione dell'avvio del nuovo anno scolastico, ha lanciato un grido di dolore sulle criticità derivanti dal recente piano di dimensionamento scolastico regionale, e sulle "conseguenze derivanti dalla politica di tagli del Governo" e ha evidenziato la necessità di "trovare soluzioni condivise con le parti sociali, al di là dei rispettivi ruoli";
- inoltre, l'Assessore competente, proprio nei giorni scorsi ha dovuto, come recita un suo comunicato stampa del 13 settembre 2012, "rammentare la necessità di mantenere una costante e vigile attenzione sulla assoluta efficacia di quanto finora programmato dal Ministero dell'istruzione in materia di promozione delle lingue minoritarie e che sembra ora aver subito un'improvvida battuta d'arresto", dal momento che "il terremoto estivo della revisione della spesa ha, a quanto pare, gettato nel subbuglio il Ministero"; per questo egli ha sentito la necessità di rivolgersi "in primis al Ministro, certo della sua sensibilità alla questione delle lingue regionali affinché si dia impulso agli uffici competenti e venga al più presto riportata la situazione a una ragionevole e proficua attività, pur nell'ambito del necessario contenimento dei costi". Insomma la vera e propria cessione di primogenitura e di sovranità per quanto riguarda la gestione del progetto "Scuola digitale Semid@s", che si configura con il trasferimento dei fondi operato, alla luce di questo quadro generale delineato dallo stesso Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport apre uno scenario che appare molto rischioso per la nostra Regione;
RIMARCATO che:
- nella sua versione originaria, come si desume dalle linee guida modificate dalla Giunta regionale con la delibera del 31 luglio 2012, era garantito il ruolo fondamentale delle scuole ovvero dei docenti nel processo; infatti si prevedeva che al bando poi revocato seguisse, in coincidenza con l'inizio dell'anno scolastico 2012-2013 la pubblicazione di un avviso pubblico che metteva a disposizione del sistema scolastico regionale 8 milioni di euro per l'autoproduzione, da parte dei docenti, di contenuti didattici digitali per le scuole di ogni ordine e grado;
- a supporto di tale intenzionale centralità del ruolo dei docenti, era già stato adottato un atto formale preciso che dava avvio a questa linea di azione: la delibera n. 28/69 del 24 giugno 2011, avente per oggetto "L.R. 19 gennaio 2011 n .1, art. 6. Piano straordinario per l'occupazione e per il lavoro: servizi, politiche del lavoro e dell'occupazione. Comparto Istruzione - Indirizzi operativi per gli interventi a favore delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado della Sardegna. Programmazione anno scolastico 2010-2011 - Stanziamento totale euro 15.000.000,00 a far carico sul Bilancio regionale 2011";
- in tale delibera viene esplicitamente stabilito l'avvio di un processo di "coinvolgimento diretto e capillare del sistema scolastico regionale" e, a tal fine, si prevede "la costituzione di un adeguato supporto tecnico e organizzativo che sia interno allo stesso sistema scolastico, che richiede il riconoscimento della capacità di autogestirsi e non gradisce, considerandole penalizzanti per la propria autonomia, oggi garantita costituzionalmente, ogni modalità di gestione dall'alto e dall'esterno", e ancora si "ritiene di dover individuare all'interno del sistema scolastico regionale delle istituzioni scolastiche autonome, che facciano da supporto alle linee di intervento indicate e che siano rappresentative dell'intera comunità scolastica, rappresentative dei diversi ambiti territoriali, dei diversi indirizzi scolastici e dei gradi del sistema";
- questo processo sistemico di coinvolgimento del sistema scolastico regionale, di costituzione di una sua struttura di governance interna e di autoproduzione dei contenuti da parte degli stessi docenti delle istituzioni scolastiche regionali, pur essendo previsto da una delibera della Giunta regionale approvata ormai 15 mesi fa, è rimasto a tutt'oggi lettera morta; in particolare, essendo stato revocato il bando per la produzione dei contenuti didattici digitali e non essendo chiaro da quale tipo di intervento verrà sostituito, non si ha più notizia neppure dell'avviso pubblico per l'affidamento al sistema scolastico regionale di progetti autonomi riguardanti la produzione di materiali didattici originali, la cui pubblicazione doveva avvenire in questi giorni;
APPRESO che nonostante la totale indeterminatezza che, per le ragioni esposte, vige ad oggi sugli obiettivi, sui tempi e sui contenuti del progetto "Scuola digitale Semid@s", la mancanza non solo di un bando sostitutivo di quello revocato, ma anche delle linee guida che definiscano le linee operative da seguire (dal momento che con la delibera del 31 luglio 2012 la Giunta ha disconosciuto quelle precedentemente approvate con la delibera n. 18/12 dell'11 maggio 2010), sarebbe di imminente pubblicazione da parte dell'Assessorato competente il bando per i progetti di formazione dei docenti, evidenziando l'emblematica incongruità di tale proposito stante l'inesistenza di una compiuta progettazione esecutiva indispensabile per poter progettare la formazione degli operatori e, prima ancora, per poter predisporre un bando adeguato per la stessa formazione,
impegna il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport
1) a rimettere in discussione l'accordo siglato col MIUR;
2) a mantenere il progetto "Scuola digitale Semid@s" nella sua versione originaria, apprezzata dalla Commissione europea, unanimemente considerata di elevata fattura e qualità a livello nazionale ed esplicitamente ritenuta fino alle scorse settimane dalla stessa Giunta (lo si desume dai numerosi comunicati stampa del Presidente e dell'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport) uno dei fiori all'occhiello delle politiche regionali, e come tale presentata al Governo reiteratamente e al Presidente della Repubblica in occasione di una delle sue ultime visite in Sardegna;
3) a ripubblicare il bando, revocato senza validi argomenti sostanziali e con una delibera priva di legittimità formale, modificandolo solo relativamente agli specifici e limitati punti oggetto delle motivate richieste avanzate con le FAQ, che comunque mai ne mettono in dubbio l'originalità, il livello qualitativo, la rispondenza alle attuali esigenze del sistema scolastico e la sua centralità, la concreta fattibilità, e riaprendo i termini per la presentazione delle domande, anche al fine di evitare possibili ricorsi al TAR e legittime richieste di danni da parte dei soggetti che hanno intensamente e lungamente lavorato per rispondere al bando medesimo e hanno visto vanificato questo loro impegno;
4) a sospendere, in attesa della definitiva progettazione esecutiva del progetto "Scuola digitale Semid@s", l'eventuale pubblicazione del bando per la formazione dei docenti, ristabilendo la corretta sequenza dei provvedimenti da assumere e delle procedure da seguire;
5) a riconoscere al direttore scientifico del progetto, a cui non è stato ad oggi revocato l'incarico, il ruolo e le funzioni che gli spettano in base alla convenzione tuttora in atto e in prosecuzione dell'attività finora svolta. (216)