Seduta n.153 del 15/03/2016 

CLIII Seduta

Martedì 15 marzo 2016

Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU

La seduta è aperta alle ore 16 e 27.

FORMA DANIELA, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 18 febbraio 2015 (66), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Marcello Orrù e Christian Solinas hanno chiesto congedo per la seduta del 15 marzo 2016.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Seduta congiunta del Consiglio regionale con il Consiglio delle autonomie locali sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna (articolo 10 della legge regionale del 17 gennaio 2005, n. 1)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la seduta congiunta del Consiglio regionale con il Consiglio delle autonomie locali sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna (articolo 10 della legge regionale del 17 gennaio 2005, n. 1).

Comunico che i lavori, dopo il mio intervento, proseguiranno con l'intervento del Presidente del Consiglio delle Autonomie locali, quindi gli interventi dei componenti del Consiglio delle autonomie locali che non potranno superare complessivamente i 60 minuti e saranno articolati sulla base delle indicazioni pervenute dal CAL, alternati con gli interventi dei consiglieri regionali di maggioranza e di minoranza, è previsto un intervento di 5 minuti per ciascun gruppo consiliare. I lavori si chiuderanno con l'intervento dell'Assessore Erriu per il Presidente della Regione.

Un saluto al Presidente Casti, a tutti i Sindaci, ai rappresentanti della Giunta e a tutti i colleghi Consiglieri.

Svolgiamo questo incontro sulla base di una scadenza dovuta, obbligatoria, ma con l'impegno ad un confronto vero , un momento di sintesi di quel confronto che avviene sempre più frequentemente sui principali temi di intervento della Regione e sulle tante criticità dell'isola.

Lo facciamo alla vigilia dell'avvio della discussione consiliare sulla legge finanziaria 2016 che rappresenta il riferimento delle azioni di governo dell'anno in corso. E credo che sarà questo l'argomento principale della giornata odierna.

Ci accingiamo a definire una manovra di grande difficoltà, perché molte ed accresciute sono le criticità che dobbiamo affrontare quotidianamente, tante e ben note a chi amministra gli enti locali. Dobbiamo fare i conti con la ristrettezza delle risorse e siamo tutti chiamati ad una piena assunzione di responsabilità per individuare le priorità ed eliminare ogni possibile spreco, ottimizzando le politiche ed indirizzandole verso sistemi di maggior efficienza, economicamente sostenibili.

È evidente che il perdurare della crisi economica ed il persistere delle tante situazioni di crisi in ambito regionale che pongono gravissimi problemi sociali, rendono ancora più difficile quest'opera.

In questo quadro di gravissima crisi economica e sociale è purtroppo evidente che proprio i Sindaci sono le figure più esposte perché in prima linea ad affrontare, con mezzi sempre meno adeguati, le difficoltà. Lo ribadisco, l'ho detto lo scorso anno, purtroppo lo devo ribadire anche quest'anno, i Sindaci non possono essere lasciati soli ad affrontare le difficoltà, a garantire la legalità e l'imparzialità dell'amministrazione. È di pochi giorni fa l'ennesima assemblea dei Sindaci che ha avuto come tema proprio gli attentati contro gli amministratori locali. Colgo l'occasione per rinnovare la solidarietà mia personale e di tutto il Consiglio al sindaco di Desulo, ma con lui a tutti, troppi, amministratori locali che hanno subito vigliacchi atti di intimidazione, che mettono a rischio la loro incolumità e purtroppo anche quella dei propri familiari, per il solo fatto di svolgere un impegno civico in favore della comunità. È da troppo tempo che sentiamo di leggi che dovrebbero tutelarli, di interventi di intelligence, di osservatori sugli attentati, e dall'altra invece registriamo un impoverimento progressivo della presenza dei presidi delle forze dell'ordine nella nostra isola, e più in generale di quei presidi che rappresentano una testimonianza della presenza dello Stato e della vicinanza delle istituzioni centrali nel nostro territorio.

Credo sarebbe utile, seppur non consuetudine, se oggi definissimo un ordine del giorno per ribadire le richieste di attenzione al problema, rafforzando le richieste già avanzate dagli Enti Locali.

In questo quadro, siamo impegnati a realizzare interventi necessari, non rinviabili, a definire profonde riforme in settori chiave della nostra Regione. Ad iniziare proprio da quella riforma della Regione, che deve trovare un nuovo assetto che sia basato sulla semplificazione e la lotta alla burocrazia, per una migliore efficienza ed una migliore risposta ai cittadini, alla riforma degli Enti locali, che pur avendo una legge di riferimento è ancora lontana dall'essere attuata e dall'aver raggiunto quell'equilibrio necessario. La riforma sanitaria, che è una priorità assoluta per garantire la qualità dovuta nell'erogazione delle prestazioni socio sanitarie ai Sardi, per trasformare un sistema economicamente insostenibile e con una qualità non soddisfacente in un sistema sostenibile e di qualità. Un progetto ambizioso, ma possibile e già avviato.

Mi limito a questi riferimenti per sottolineare la necessità di un sempre miglior rapporto tra Enti Locali, l'organo legislativo ed esecutivo per affrontare questi problemi trovando le migliori soluzioni e la più ampia condivisione.

È dalla capacità che avremo di dare risposte a queste criticità, di dare una speranza diversa da quella attuale. Speranza che passa anche per l'attuazione di politiche del lavoro efficaci e, nell'immeditato, di un governo del sociale più equilibrato, è da questo che dipende il futuro dell'isola.

A questo proposito credo che sia matura una riflessione sulla ripartizione del Fondo Unico erogato dalla Regione, che così come ripartito genera delle evidenti diseguaglianze, in particolare nella disponibilità di risorse per la spesa sociale penalizzando le situazioni dove c'è maggiore necessità.

Credo anche sia opportuna una maggiore consapevolezza delle ragioni della nostra Specialità, che non è al sicuro, come qualcuno vuole far credere, ma è messa in discussione da processi riformatori nazionali che hanno caratteri di accentuazione del centralismo. Le difficoltà della nostra Regione derivano in gran parte dall'essere isola, tagliata fuori dai grandi sistemi di rete nazionali ed europei: quelle dei trasporti, delle comunicazioni e dell'energia in primo luogo.

Per questo dobbiamo ribadire e difendere in ogni sede e con ogni strumento la nostra autonomia.

Mi piace dare questa valenza anche alla recente scelta fatta dal Consiglio Regionale di opporsi all'esproprio delle proprie funzioni e competenze su temi prioritari che riguardano il territorio, l'ambiente e la salute dei cittadini, promuovendo i referendum contro le trivelle.

In questo senso va inquadrata la rinnovata collaborazione con l'isola gemella Corsica che condivide gran parte dei nostri problemi, storia e cultura.

Per un nuovo ruolo che questa macroregione europea (Corsica e Sardegna) può svolgere non solo nei confronti degli stati madre, ma nei confronti dell'Europa, con un'interlocuzione non più mediata che punti innanzitutto ad un pieno riconoscimento della condizione di insularità.

Per esercitare con maggiore efficacia gli spazi previsti dallo Statuto sardo è necessario definire una volta per tutte una legge statutaria. Devo dire con piacere che è in fase di definizione una proposta che terrá conto delle esigenze di modernità e di maggiore efficienza del sistema Regione, all'interno della quale dovrà trovare collocazione la nuova legge elettorale in grado di superare le ambiguità interpretative che caratterizzano quella attuale, ma sopratutto di dare risposte alle esigenze di rappresentatività di genere e territoriali.

In questo quadro dovrà trovare definizione un aggiornamento della legge 1/05 di istituzione del Consiglio delle Autonomie Locali.

Io credo ad un sistema dove gli Enti Locali affianchino il Consiglio Regionale nella fase di definizione dei provvedimenti che li riguardano, e credo che sia opportuno rinforzare il sistema dei pareri del CAL con forme che, in caso di parere negativo, riportino ad un supplemento di confronto tra i due Consigli sui temi in discussione, oltrechè ribadire e rafforzarne il ruolo e le funzioni. Ecco, spero che nel Consiglio Regionale ci sia la disponibilità per cogliere questa opportunità. Grazie.

Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio delle autonomie locali, Giuseppe Casti.

CASTI GIUSEPPE, Presidente del Consiglio delle autonomie locali. Signor Presidente, onorevoli consiglieri, Assessori, e colleghi sindaci, un saluto a tutti. Naturalmente per premettere che giornate come queste costituiscono importanti momenti di confronto e discussione, utili per contribuire all'azione riformatrice che il Governo regionale sta portando avanti. La nostra Isola, come purtroppo è accaduto diverse volte nella sua storia, si trova nella risoluzione di problemi sempre un passo indietro rispetto a quanto accade nel resto del paese. Mentre alcune regioni d'Italia, come testimoniano i recenti dati forniti dall'Istat, hanno iniziato faticosamente dopo anni di stagnazione una lenta ripresa economica, la nostra Sardegna, soprattutto ad alcune zone e in alcuni settori vive ancora situazione di grave importanza e difficoltà economica e sociale. Rispetto al passato si comincia a intravedere qualche cambiamento e qualche passo avanti ma è sicuramente ancora prematuro tirare le somme e chiudere i bilanci, d'altronde la crisi economica internazionale e quella nazionale hanno avuto un effetto importante proprio nella nostra isola che si è trovata costretta a fare i conti con le ripercussioni che questo svantaggio economico proietta sull'intero sistema sociale.

Basti l'esempio dei dati forniti dall'Inps: nel 2014 sono stati stanziati 282 milioni di euro per la disoccupazione dei lavoratori, 57 milioni per la mobilità con un'impennata del 209 per cento rispetto all'anno precedente, nonché 28 milioni per pagare la cassa integrazione. Dati assolutamente drammatici su cui è necessario riflettere in maniera seria.

Ancora una volta l'amministrazione comunale e le autonomie locali devono rimarcare il difficile e duro lavoro che si deve svolgere in quella che volgarmente viene definita da tutti noi la prima linea. Da tempo i comuni sono diventati, per forza di cose, i principali referenti dei cittadini che spesso portano alle amministrazioni locali anche istanze che appartengono ad enti sovra ordinati che sono difficilmente raggiungibili, da tempo si assiste ad una graduale ritirata dello Stato con la chiusura delle strutture periferiche lasciando soli gli amministratori locali. La mancanza di risorse e i tagli progressivi che si sono registrati nel corso degli anni non fanno altro che colpire l'anello più debole: il cittadino e i servizi che vengono erogati, finendo per trasformare le istituzioni periferiche in una sorta di imbuto e comunque rendendo lo stesso lavoro degli enti locali più difficile anche per la circostanza che spesso doveva fare da intermediario tra il cittadino agli altri enti. Preoccupante come diceva poco fa il Presidente del Consiglio regionale l'ondata di violenza che colpisce gli amministratori pubblici, troppo spesso i sindaci, soprattutto nei piccoli centri, finiscono nel mirino degli attentatori, gesti che non solo condanniamo duramente ma che richiedono una risposta concreta e decisa dello Stato e penso anche della Regione con alcune azioni da mettere in campo prontamente. I sindaci non possono assolutamente essere lasciati soli, rispetto al passato non possiamo che constatare un cambiamento che pur tra mille difficoltà riguarda l'azione politica intrapresa dall'amministrazione regionale, il processo delle riforme ancora in discussione-abbiamo votato la legge - è stato avviato, e se pur in fase di elaborazione ha seguito una strada che porterà un cambiamento dell'intero sistema degli enti locali, certo si tratta di un cammino in cui devono essere ancora definiti parecchi aspetti e soprattutto sciolti nodi importanti che diventano cruciali con la crescita della nostra Regione. Il consiglio delle autonomie locali, ma anche l'ANCI hanno attivato un confronto proprio con la Regione per affrontare il tema delle riforme evitando rinvii ma cercando di arrivare a soluzioni in tempi ragionevoli. É altresì chiaro che l'amministrazione regionale nella predisposizione della finanziaria non ha potuto non tener conto del grave problema provocato dal cosiddetto rosso della Sanità regionale. Un fatto che impone non solo una riflessione importante, precisa e puntuale, ma anche un'assunzione di responsabilità da parte di chi amministra, c'è un fatto che deve essere assolutamente chiaro: da una parte c'è l'esigenza di affrontare e cercare di risolvere la cosiddetta voragine dei conti della sanità, dall'altra però devono essere assolutamente garantiti i servizi sanitari adeguati verso tutti i cittadini di questa regione. Questo vuol dire che la politica di razionalizzazione non può essere portata avanti a colpi di scure, in qualsiasi azione di risanamento non possono essere mai dimenticati i cittadini e le diverse problematiche che li riguardano. Le azioni per risanare il sistema sanitario vanno fatte ma non devono essere calate dall'alto, questi interventi devono sempre tener presente un fatto imprescindibile: davanti a noi amministratori ci sono delle persone e quando si parla di sanità si parla di persone che hanno problemi, difficoltà e la necessità di trovare soluzioni o quantomeno lenire le proprie sofferenze. Per gli enti locali sicuramente un dato positivo è la conferma dello stanziamento del fondo unico. Qua voglio dire che naturalmente mi arrivano notizie di un emendamento che tenderebbe a tagliare, anche se in misura molto minore il fondo unico, questo è assolutamente sbagliato, sarebbe assolutamente sbagliato, penso che sia necessario, anche capendo le difficoltà del bilancio regionale, incrementare i fondi destinati alle politiche sociali e soprattutto i soldi per il contrasto alla povertà. L'esperienza mi ha insegnato che queste azioni pur non costituendo ovviamente la soluzione del problema sono in grado di dare un sollievo immediato ai destinatari contribuendo anche a allentare la tensione sociale. Mi sento di dire, in conclusione, che al di là dei dati economici, dei meri numeri, l'attenzione di noi amministratori non può essere rivolta che in tutte le sue forme ai nostri concittadini su cui ancora grava il peso di una crisi economica che forse ha cambiato per sempre il nostro sistema produttivo ma che di certo impone un diverso modo di fare politica.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare il consigliere Daniele Cocco per il Gruppo SEL.

COCCO DANIELE (SEL). Credo che ci sia poco da aggiungere rispetto a quello che ha appena detto il Presidente del CAL. Viviamo una situazione congiunturale, nazionale che da noi è strutturale, una situazione di estrema straordinarietà negativa che da noi è ordinaria e rispetto a questo dobbiamo misurarci e confrontarci, il Presidente Casti ha citato due argomenti che sono all'ordine del giorno, la legge di stabilità e la legge di riforma sanitaria. Credo che su questi 2 argomenti si giochi molto il futuro dei nostri cittadini. Ha detto bene il Presidente Casti quando ha parlato di bisogni che non possono essere riferiti esclusivamente a numeri: i cittadini infatti non possono essere numeri e i bisogni sono sempre più forti. Dicevo che i bisogni che sono sempre più pressanti devono avere risposte sempre più certe e uguali in tutte le parti della Sardegna, è quasi stucchevole ed anacronistico parlare di quel famoso buco della famosa ciambella che sembra allargarsi sempre di più, purtroppo sino ad ora risposte che potessero in qualche maniera ridurre questa portata non ci sono state, noi cercheremo di lavorare di concerto con voi perché questo al più presto possa avvenire. Diceva bene, in altre parti d'Italia si comincia a vedere i piccoli sintomi di ripresa, questi fatti da noi fanno più fatica ad arrivare per una serie di situazioni che possono e che sono sicuramente strutturali, però noi dobbiamo fare in modo con le due leggi di cui lei ha parlato, dobbiamo fare in modo di cercare di dare quelle risposte. Noi con la legge di riforma sugli enti locali abbiamo sancito un principio che è il principio della perequazione, in quella sede noi all'atto dell'approvazione di quella legge abbiamo detto che avremmo fatto di tutto, che avremmo creato le situazioni e le norme affinché i comuni che stavano peggio fossero equiparati a quelli che stavamo meno peggio, non diciamo meglio, questo dobbiamo farlo perché quel principio sancito, perché quando noi siamo andati di approvare la legge che parla di città metropolitana per Cagliari e di area metropolitana per Sassari, abbiamo detto che non potevamo dimenticare tutti quegli altri comuni che non facevano parte né dell'area metropolitana di Sassari, né della città metropolitana di Cagliari. Quindi su questo dobbiamo lavorare alacremente perché ci crediamo, e crediamo che i cittadini della Sardegna non possano essere diversi a seconda della loro posizione geografica dove loro abitano, credo davvero che su questo dobbiamo anteporre anche i nostri casati, i nostri piccoli egoismi territoriali e personali perché è nostro dovere, non solo politico, cercare di creare una Sardegna che marci alla stessa velocità in tutte le sue parti.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Michele Cossa per il Gruppo Riformatori Sardi.

COSSA MICHELE (Riformatori Sardi). Questa seduta si tiene all'indomani dell'approvazione di una legge sugli enti locali che apre molti più problemi di quanti non ne risolva e lo stiamo vedendo in questi giorni in cui i comuni si cominciano a interrogare sull'applicazione di questa legge. Sta emergendo che è una legge che non razionalizza, che non semplifica, anzi, che non modernizza ma contiene in sé il germe di tutto quello che avremmo dovuto avere il coraggio di smantellare e che invece non abbiamo smantellato, a partire da vecchi modi di concepire l'amministrazione. Bene ha fatto il presidente Ganau a toccare e a rammentare a quest'Aula il tema degli attentati agli amministratori locali perché noi non dovremmo minimamente sottovalutare quello che sta accadendo. Io però non credo, Presidente, che sia solo, o anche solo, prevalentemente un problema di ordine pubblico, credo che sia frutto di un mix di fattori, ma credo che tra questi fattori ci sia prevalentemente il fatto che le istituzioni ai vari livelli stanno arretrando e, progressivamente, le amministrazioni e gli amministratori vengono delegittimati. C'è, è vero, in gran parte un progressivo scadimento del livello politico, dovuto anche al fatto che la normativa attuale scoraggia la presenza nelle istituzioni, scoraggia la presenza in Consiglio regionale e ancor più scoraggia la presenza nelle Istituzioni locali. Avanzano le seconde file, spesso gli amministratori locali possono essere soltanto pensionati o persone ricche di famiglia e questo ha conseguenze evidenti in quella che è la gestione dei nostri comuni. Ma soprattutto ripeto vi è un elemento che: i Sindaci vengono lasciati soli nel ruolo di frontiera, talvolta si tratta di trincea, istituzionale. È evidente, perché per quanto ci riguarda questo pone il problema delle risorse, ha fatto bene Presidente del CAL a evidenziare il rischio che le risorse degli enti locali vengano ulteriormente intaccate, perché non è solo un rischio, perché noi abbiamo istituito una Commissione d'inchiesta per valutare quello che succede nella spesa sanitaria, in questi due anni di commissariamento la spesa sanitaria è ulteriormente aumentata, io spero, lo dico principalmente al mio Capogruppo, che è anche presidente della Commissione d'inchiesta, onorevole Dedoni, che la Commissione voglia andare alla radice delle cause dell'incremento della spesa sanitaria, che fa da pendant a un peggioramento della qualità dell'offerta di salute. Io credo che noi bene faremmo, a incominciare dalla Commissione, a preoccuparci di questo elemento. Io credo che a fronte della riduzione delle risorse per gli Enti locali che erogano servizi, che garantiscono la coesione sociale, che si assumono responsabilità che spesso non sono neanche loro, basti pensare al fatto che molti comuni sono costretti a pagare le caserme dei carabinieri, onere primario dello Stato, pur di mantenere un preside di legalità all'interno dei loro comuni, a fronte di questo io credo che noi faremo bene ad interrogarci su come spendiamo i soldi, a partire dai soldi che noi spendiamo per la sanità. Lo dico, ovviamente, polemicamente ma consapevole che è un problema che certo non riguarda questa o quella maggioranza, ma che riguarda un sistema che dobbiamo avere il coraggio di aggredire. Ultimo punto, il ruolo del CAL, io credo che sia il momento di porci questo problema, le presenze di oggi sono desolanti, è evidente che oggi il CAL è una figura sbiadita, pur essendo un organo di rango costituzionale, e io credo che questo tema vada affrontato proprio per restituire al CAL la dignità che deve avere.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sindaco del Comune di Sassari.

SANNA NICOLA, Sindaco del Comune Sassari. Ringrazio tutti per l'attenzione che dimostrano per questi temi, che già con la relazione del presidente delle autonomie locali è stata qui rappresentata. Io aggiungo, semplicemente, alcune considerazioni che in questi mesi, come i Sindaci impegnati non solo nell'amministrazione locale ma anche nelle organizzazioni di rappresentanza degli enti locali abbiamo discusso e analizzato. Credo che la riforma degli enti locali sia una sfida per tutti e per tutti i livelli istituzionali, dobbiamo fare tutti in modo che quell'impressione circa una frammentazione, una divisione tra territori forti e territori deboli non faccia breccia, non possa fare breccia tra le nostre comunità. Ruoli assegnati dalla nuova legge devono essere considerati sempre nella capacità che, anche nella stessa legge, è indicata degli enti locali di fare sistema, di fare aggregazione, di tenere insieme la più grande parte dei territori che amministriamo. La solidarietà, l'attenzione dei territori è un imperativo non trascurabile da alcuno di noi, dalla Giunta regionale, del Consiglio regionale, da tutte le comunità istituzionali dobbiamo contrastare questo clima generale di neocentralismo che serpeggia nel paese e anche la riforma costituzionale della Camere deve rappresentare, perché rappresenta nei contenuti più essenziali, non una riduzione della rappresentatività democratica, quanto piuttosto, con il Senato delle autonomie locali, un'esaltazione della funzione della rappresentatività delle autonomie locali. Il nuovo Senato sarà un Senato composto anche dai Sindaci, certo con grande sacrificio, con grande impegno, perché la vita di noi sindaci sapete bene che è full time, ma che in termini pratici significa non avere tempo per se stessi, perché abbiamo deciso di darlo agli altri, ma non avere davvero il tempo per seguire tutte le necessità che occorrono alle nostre comunità. Allora la rappresentatività deve corrispondere alla rappresentanza, deve corrispondere al superamento di questa crisi, e deve corrispondere alle esigenze e agli aneliti di sviluppo delle nostre comunità in un quadro strategico e programmatico discusso e ragionato che veda non solo una prospettiva, ma anche segni tangibili dell'azione delle nostre amministrazioni. La crisi attanaglia i bilanci delle famiglie come attanaglia i bilanci della Regione e degli Enti locali. Siamo impegnati in queste settimane in un duro lavoro di chiusura delle previsioni dei bilanci dei Comuni, non sappiamo come chiuderli perché il livello di incertezza sulle risorse che devono pervenire ai Comuni è davvero alto, e si può certamente dire che si possono chiudere i bilanci in crescita. È vero che non ci sono nuovi grossi tagli, ma è altrettanto vero che il livello di contribuzione al risanamento alla finanza pubblica, da parte degli enti locali, è stato in proporzione e dimensione tra i più alti nella pubblica amministrazione. Quest'Assemblea legislativa credo che abbia un compito fondamentale sia nella rappresentanza e sia nella capacità di risposta alle esigenze dei comuni, se la manovra regionale chiama tutti al senso di responsabilità sarebbe davvero grave il solo pensare, o immaginare, di intaccare le risorse storicamente destinate al fondo unico per gli Enti locali. La riforma degli Enti locali comporta anch'essa una maggiore spesa organizzativa, ad esempio, il fatto di dover comunicare tra Comuni l'uno con l'altro di per sé è già una spesa maggiore, ma è giusto investire in questa spesa perché il ritorno, sono convinto, porterà maggiore efficienza, maggiore capacità di risposta ai nostri cittadini. Ma il fondo unico per gli enti locali non è un'elargizione, toccare quel fondo significa: ridurre drasticamente la spesa per le mense e i trasporti scolastici; ridurre fortemente il finanziamento per gli asili nido e per le scuole; ridurre fortemente il finanziamento per i cantieri comunali, che hanno una duplice attitudine quella di fare una buona manutenzione delle nostre città e dei nostri paesi, ma anche quella di consentire un minimo di occupazione, anche se temporanea. Ridurre il fondo unico significa limitare le possibilità di trasporto e assistenza scolastica ai bambini disabili, e così anche per gli interventi sulla cultura e a favore degli operatori culturali delle nostre città.

Quindi il fondo unico non è e non può essere considerato come un'elargizione agli enti locali, è l'assunzione di una responsabilità, nostra innanzitutto, di scelte che siamo chiamati a fare e che dobbiamo saper assumere avendo certezza che quello stanziamento non abbia ad avere cambiamenti.

Certo occorre anche una riforma del processo di accreditamento delle risorse, forse occorre puntare molto di più e sostenere il processo dell'aggregazione, proprio in coerenza con la riforma degli enti locali, però ridurre l'importo destinato al fondo unico per gli enti locali potrebbe significare contraddire seriamente qualsiasi affermazione di solidarietà e vicinanza al duro lavoro dei sindaci e degli amministratori locali. Grazie.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Angelo Carta per il Gruppo PSd'Az.

CARTA ANGELO (PSd'Az). Nella relazione della Giunta regionale che accompagna il disegno di legge numero 176 di riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna si legge: "Il presente disegno di legge considera necessario e improrogabile il grande obiettivo di riforma del sistema delle autonomie locali della regione quale momento propulsivo di modernizzazione di una pubblica amministrazione che deve mirare ad essere dinamica, efficiente, economica, il più vicino possibile ai cittadini, capace di individuare soluzioni gestionali e amministrative omogenee nei diversi ambiti territoriali governati". Il percorso frastagliato di questo disegno di legge ha segnato un momento storico importante, per aver costretto tutti, amministratori e cittadini, a confrontarsi con questo importantissimo argomento; forse in modo tardivo rispetto alla presentazione della Giunta regionale, che ricordo è stata il 15 gennaio 2015, in Sardegna si è sviluppato un confronto serrato, a tratti anche animato, perché nei territori si presagiva un passaggio dal noto all'ignoto che presentava numerosi punti oscuri, primo fra tutti la rappresentatività dei territori che è stata largamente differenziata, premiandone alcuni e mortificandone altri. Fra questi ultimi vi è certamente la Sardegna centrale, del tutto spogliata di qualsiasi rappresentatività politica e che si trova adesso dibattuta tra la possibile Rete urbana e le Unioni dei Comuni: una scelta obbligata che porta in sé tutte le incognite di un contenitore al momento vuoto, come è svuotata di ogni competenza la Sardegna centrale. Come non osservare, infatti, la palese discrasia tra le competenze della Città metropolitana e quelle di una Rete urbana? E sia chiaro, il mio non è un attacco alla Città metropolitana di Cagliari, tutt'altro, è la presa d'atto di un'occasione perduta, l'occasione di considerare la Sardegna come una città. Siamo 1 milione e 600 mila abitanti, contro i 2 milioni e 600 mila di Roma e il milione e 300 mila di Milano; Sassari dista da Cagliari 200 chilometri, Nuoro da Cagliari 160 chilometri, Sassari da Nuoro 130 chilometri, distanze in altre parti d'Italia ed Europa risibili, percorse quotidianamente da migliaia di persone - operai, impiegati, amministratori e quant'altro -, distanze che tutti i sardi sono costretti a percorrere per avvicinarsi al potere. Quotidianamente sindaci, amministratori, operai e impiegati arrivano a Cagliari da ogni parte della Sardegna, viaggi lunghi su strade che ben conosciamo, spostamenti che in altri luoghi sono considerati urbani: perché da noi non è così? Per le strade che ci ritroviamo, per i treni del 1800, per la ferrovia a pezzi, per il trasporto su gomma antiquato, ma soprattutto per la cultura espropriative della nostra classe dirigente; classe dirigente che non ha mai valutato l'ipotesi di considerare un unicum la Sardegna, adagiati in uno status quo dove Cagliari è tutto e il resto della Sardegna è un'appendice della quale ci dovremmo ogni tanto occupare, ce ne occupiamo con piani di rinascita e con investimenti spot, ce ne occupiamo solo dopo che lo Stato riconosce come aree di crisi territori martoriati, impoveriti, disabitati o in via di spopolamento, aspettiamo che un decreto legge dica ciò che tutti ben conosciamo: che l'industria ad Ottana è fallita, che efficienti trasporti interni sono un miraggio, che il turismo non decolla, che l'agricoltura stenta, che l'ambiente, grande risorsa più volte evocata come propulsore di una nuova stagione di sviluppo, non decolla. Tutto ciò lo sappiamo bene ma senza l'imprimatur del governo di Roma non si può fare nulla, o quel che possiamo fare è ben poco. Il riordino del sistema delle autonomie è stata l'ennesima occasione perduta sull'altare del "cagliaricentrismo" e della volontà gattopardesca di cambiare tutto perché nulla cambi. Perché anche dopo che saranno definiti ambiti, reti urbane o metropolitane, zone omogenee e quant'altro, i territori, abbandonati fino all'approvazione di questa legge, tali resteranno. Eppure c'è la consapevolezza di queste difficoltà, la realtà è davanti agli occhi di tutti, si abbia il coraggio a questo punto di mettere le ruote al carrozzone regionale e spostare il Consiglio regionale a Nuoro e la Giunta regionale ad Oristano: non si deve chiedere il permesso a nessuno se non a noi stessi, e se veramente si ha a cuore la Sardegna la si pensi come un'unica grande città. La Sardegna centrale, da Nuoro ad Oristano, deve vivere, non sopravvivere, ed è una parte importante della nostra terra. Rivitalizzare il centro di questa terra è un dovere, francamente non vedo all'orizzonte niente che possa costituire lo scossone necessario come occupare quel pezzo di Sardegna con le istituzioni regionali, considerato anche l'abbandono da parte dello Stato che in un osservatorio pensa di proteggere i sindaci dall'azione dei criminali…

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Gian Luigi Rubiu per il Gruppo UDC - Sardegna.

RUBIU GIAN LUIGI (UDC-Sardegna). La legge regionale numero 2 dello scorso 4 febbraio 2016 ha riformato in modo forzato il ruolo dei Comuni e degli enti locali che nel prossimo futuro verranno modificate le proprie funzioni, il proprio ruolo e soprattutto la programmazione e la gestione dei servizi che verranno erogati sui diversi territori.

I Comuni sono parte integrante dell'autonomia speciale della Sardegna, rappresentano il nucleo della società, il primo punto di riferimento per i cittadini ed il primo erogatore dei servizi, ma negli ultimi anni, grazie alla proposta che diminuisce nettamente la reale configurazione finanziaria, il ruolo e la capacità amministrativa di questi fondamentali enti viene messa in discussione, sarà infatti un altro anno difficile per gli amministratori locali che, sempre con maggiore frequenza, sono esposti ad episodi di tensione sociale causati da un costante aumento della povertà e da un continuo peggioramento dei servizi, congiuntamente all'aumento delle aliquote erariali, che rendono meno sostenibile la vita per i cittadini sardi.

Questa introduzione mostra come la società sia costituita da due posizioni differenti: da una parte i sindaci e gli amministratori, che svolgono le funzioni istituzionali sottoforma di ciò che si può definire volontariato (perché oggi, cari colleghi, cari amici sindaci, svolgere il ruolo di sindaco in uno dei nostri paesi significa fare il volontario verso il proprio comune e verso il proprio territorio), dall'altra parte i cittadini che lamentano disagi sociali e disservizi; a questa situazione politica e sociale si collega una grande difficoltà di programmazione delle finanze e quindi del territorio, causando un blocco della funzioni amministrative e sociali. La nuova riforma degli enti locali ha l'ambizione di placare questi gravi disagi, fondando tutta la sua applicazione sull'obbligatorietà dell'associazionismo tra Comuni e tra Unioni dei Comuni, e soprattutto dando un ruolo di unico vertice accentratore alla sola città di Cagliari, favorendo una delle aree più popolose della Sardegna. Questa norma produrrà effetti distinti per i cittadini e per gli amministratori, per i primi andrà a favorire e ad accentuare il famoso effetto ciambella, ovvero lo spopolamento delle aree interne che vedranno aggravato il gap dei servizi primari erogati (scuole, ospedali, uffici pubblici, servizi postali, banche, eccetera) a causa del distaccamento degli stessi del territorio. L'allontanamento delle istituzioni incentiva la popolazione interna ad emigrare verso centri più grandi e si verificherà un e vero proprio abbandono delle aree interne.Dal lato degli amministratori si prospetta una vera e propria mistificazione delle figure istituzionali, il sindaco eletto non sarà più, infatti, il capo del governo di un comune bensì un mero rappresentante cittadino all'interno dell'unione di comuni e/o di rete urbana o di città media ovvero di una rete metropolitana, e il caso più emblematico sarà proprio il primo cittadino di Cagliari il quale oltre al governo del capoluogo dovrà anche amministrare la neonata città metropolitana, la rete metropolitana e grazie alla nuova riforma del Senato ricoprirà insieme ad altri 20 sindaci l'incarico da senatore.

Appare quindi evidente che il voto espresso dai cittadini assume un ruolo marginale violando la sovranità popolare sancita dal primo articolo della Costituzione in quanto il ruolo del primo cittadino di un comune sarà effettivamente svolto da un'altra figura che sia esso il vice sindaco o un delegato.

Alla luce di quanto appena enunciato è sempre evidente che l'incremento del fondo unico per i comuni rappresenti l'unica via per garantire la sopravvivenza dei piccoli centri, in quanto sarebbe possibile attuare proprie politiche di bilancio programmando nel medio e lungo periodo la spesa per garantire i servizi al cittadino e quindi lasciando intatta…

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Emilio Usula per il Gruppo Soberania e Indipendetzia.

USULA EMILIO (Soberania e Indipendentzia). Grazie Presidente, un saluto a tutti i presenti e in particolare i sindaci, ai diretti rappresentanti dei territori va senza dubbio un saluto di particolare riconoscenza per il ruolo che svolgono e che hanno svolto in un periodo in cui la Sardegna, i sardi si trovano ad affrontare condizioni di grandissima difficoltà e complessità per la mancanza di risorse con cui devono operare e con cui comunque hanno dovute e devono dare risposte e per le prospettive di futuro non proprio rosee o rasserenanti. Dai territori e dai loro rappresentanti viene un appello a questo Consiglio, al nostro Esecutivo di fare di più e più in fretta nell'impegno di trovare soluzioni agli effetti di una crisi devastante. Io credo che questa risposta la possiamo trovare. La prima condizione sta senza dubbio in una maggiore condivisione delle leggi, delle riforme, dei provvedimenti che in questa aula approveremo e prenderemo e che avranno una diretta conseguenza sulle condizioni di vita dei nostri concittadini.

Sono chiari i segnali di una tendenza a un progressivo spopolamento della Sardegna. Ci sono studi fatti con metodi scientifici che accertano questo fenomeno, uno spopolamento che interesserà in primo luogo in maniera devastante le zone rurali e le aree interne, le aree depresse. Ma attenzione, non si tratta di un fenomeno meteorologico e non è qualcosa di ineluttabile o immodificabile, si tratta di un trend che si può modificare, si può correggere, si può e si deve contrastare e noi dobbiamo agire, operare solo in quella direzione.

Penso naturalmente in particolare alle zone del nuorese, un territorio dove una definitiva deindustrializzazione si accompagna a un disastro occupazionale pericolosissimo anche per le tensioni sociali che ne derivano oltre al polo industriale di Ottana, Macomer, Siniscola penso alla chiusura di tante piccole e medie attività produttive e alla difficoltà di fare impresa nel settore agricolo. Penso alla sofferenza mortale del settore artigianato. Territori che perdono progressivamente anche un ruolo sociale e culturale malgrado la potenziale ricchezza di capacità produttive, di cultura, di beni ambientali, di beni naturali, di conoscenze e di ricchezza storica e artistica.

Come ho già avuto modo di sottolineare in altre occasioni se non vogliamo fallire dobbiamo fare di tutto perché nessuno e nessuna comunità rimanga indietro. Per ottenere questo risultato non possono però esserci due velocità di sviluppo e di crescita, non può esserci uno strabismo nell'attenzione e quindi nel dedicare risorse per lo sviluppo. Voglio ribadire piuttosto la necessità di uno sbilanciamento, di una maggiore attenzione a favore delle aree interne delle zone rurali per rimetterle al passo, per non farle rimanere ulteriormente indietro e marginali.

Nuoro e il nuorese non hanno porti, non hanno aeroporto, non hanno collegamenti ferroviari degni di questo nome, anche l'infrastrutturazione tecnologica è approssimativa e insufficiente. È difficile in quei posti fare impresa. È sempre stato difficile ma oggi lo è ancora di più. E allora tocca a noi, tocca ai legislatori creare le condizioni di reale riequilibrio, di perequazione, di contro bilanciamento, tocca noi e favorire e determinare equità di opportunità di crescita e di sviluppo. In tutte le politiche ci dev'essere questo intento chiaro, forte, inequivocabile, deciso.

Voglio, solo a titolo di esempio, dire due parole sulle politiche sanitarie che al di là della determinante dei numeri deve avere un solo obiettivo il mantenimento dei livelli dell'offerta sanitaria di prossimità adeguata ai bisogni dei cittadini, di tutti i cittadini. Devono esserci uguali opportunità di accesso alle strutture, alle prestazioni e ai servizi da Ovodda a Is Mirrionis, un unico, uguale diritto alla salute per tutti. Se prevalesse l'idea che i servizi e quindi le cure adeguate possano essere assicurate solo sulla base dei parametri di popolosità non si avrebbe quella capacità di variare velocità e di…

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sindaco del Comune di Nuoro.

SODDU ANDREA, Sindaco del Comune di Nuoro. Buona sera a tutti, buonasera signor Presidente del Consiglio, signori Assessori e gentilissimi consiglieri. Io quasi non dovrei parlare perché tutto ciò che c'era da dire è già stato detto e anche bene da chi mi ha preceduto che ha centrato il tema della diseguaglianza tra territori, dello spopolamento, della crisi economica e della necessità che l'architettura istituzionale da un lato e la volontà del legislatore dall'altro possa servire a calmierare queste tendenze che appaiono un po' dappertutto nella nostra nazione.

Io voglio puntare l'attenzione su alcuni dati, che sono dati statistici dell'Istat, che probabilmente ci aiutano a riflettere per poi arrivare a delle conclusioni, a delle richieste: 2002 Provincia di Nuoro abitanti 164.000 e rotti; 2015 abitanti 158.000. Gli studenti, la popolazione studentesca 17 anni fa era composta da 1500 studenti; nel 2015 da 1000 studenti, se n'è perso un terzo. L'età media, quindi, un dato veramente importante ai fini della nostra capacità di riproduzione nel 2002 40,1 anni; nel 2015 44,8 anni. Stiamo uscendo dalla fase riproduttiva.

Allora è evidente che davanti a questi dati lo sforzo che collegialmente tutti quanti dobbiamo fare è quello di pensare a un sistema di sviluppo e a un sistema di interventi coordinati tra di loro che vadano a curare questo che è un male che noi non ci stiamo a considerare incurabile. Cioè il male di chi non abita nei centri, nelle aree metropolitane ma abita fuori dalle aree metropolitane e che il destino sembra aver destinato a una sorte nefasta. Non ci vogliamo stare e chiediamo al Consiglio regionale, chiediamo alla Regione di metterlo in campo questo progetto e questo progetto deve essere anche un progetto di architettura istituzionale che non può, se si vuole combattere questo brutto fenomeno, che abbiamo enumerato prima, non può questo progetto passare per lo svilimento della classe politica e per lo svilimento della rappresentanza politica delle zone che non sono le zone delle aree metropolitane del paese, non sono le aree metropolitane della Sardegna, perché di fatto, con la riforma degli enti locali, è purtroppo avvenuto che si è attuato a migliaia di anni di distanza il famoso brocardo latino divide et impera. È accaduto proprio questo, si è vestito, si è cucita una camicia a una certa area della Sardegna, e ben venga, e siamo tutti contenti per questo, però il resto della Sardegna è stato diviso in unioni di comuni che dalle relazioni del Ministero dell'interno precedenti all'approvazione della legge del luglio del 2015, del settembre del 2015, si vedeva benissimo che erano degli strumenti molto difficili da far funzionare, e soprattutto non uniscono i territori, ma li dividono, e non consentono che ci sia una rappresentanza politica unitaria dei territori. Voi mi direte, ma perché ti concentri sulla rappresentanza politica? Perché se non c'è rappresentanza politica, se non c'è una voce eletta dal popolo, una classe di persone elette dal popolo che siano in grado di battersi per un determinato territorio, a quel territorio non arriverà mai lo sviluppo, e quella classe politica deve avere la responsabilità politica delle funzioni amministrative che in quel determinato territorio vengono svolte. Noi su questo, sia come singoli che come Consiglio delle autonomie locali, abbiamo cercato di essere molto chiari. Ed è ovvio che questo si interseca anche con l'altro argomento che è oggi in discussione, e cioè quello del fondo unico. Prima, chi mi ha preceduto ha detto: "Diminuire il fondo unico significa far diminuire i servizi", e in un periodo come questo esporre gli amministratori, lasciamo perdere quelli che amministrano delle città grandette, ma gli altri sono veramente volontari, sono volontari gratis et amore Dei. Diminuire il fondo unico significa far diminuire i servizi alla collettività, e far diminuire i servizi alla collettività in questo momento significa esporre gli amministratori a quei gesti ignobili, a quegli attentati che sono un gambizzamento per la democrazia.

Per cui, io vi faccio un appello, e sono convinto che questo appello è anche nel vostro cuore e coglie nel segno, noi dobbiamo assolutamente uscire da queste aule, uscire dalla Regione con un progetto inclusivo per tutte le zone della Sardegna, che le metta tutte nello stesso piano e che consenta a tutti dal punto di vista politico ed economico di stare sullo stesso piano per ripartire, altrimenti la Sardegna affonderà. E i dati che io ho citato all'inizio, che sono dati ISTAT pubblicati nel sito dell'ISTAT, sono i dati che preannunciano un funerale, e io questo funerale non lo voglio celebrare, e al quale soprattutto non voglio neanche assistere. Grazie.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Pierfranco Zanchetta per il Gruppo Cristiano Popolari Socialisti.

ZANCHETTA PIERFRANCO (Cristiano Popolari Socialisti). È inevitabile ripetersi, come è stato anche sottolineato dagli interventi che mi hanno preceduto. Ritengo che ci sia comunque un sentire comune nell'affrontare le questioni che investono i nostri comuni, le nostre comunità, la Sardegna tutta nel suo insieme, ma se noi zoomiamo, se utilizziamo una lente di ingrandimento, è chiaro che l'analisi si focalizza su differenze, divari, diseguaglianze. E parla chi, provenendo da un'isola minore, si sente più vicino a quei piccoli comuni pur essendo io appartenente ad una cittadina, ma proprio per le difficoltà, le differenze, i disagi che esistono, mi sento, come ho già detto e voglio ribadire, più vicino alle piccole realtà, che sono fondamento peraltro non soltanto della democrazia, ma esercitano un ruolo fondamentale, erogatori di servizi fondamentali, sentinelle e presidi di democrazia, garanzia per i cittadini. Ed ecco che esprimo una considerazione che va proprio a favore di quelle realtà che possono essere dimenticate in un discorso che oggi ci vede impegnati con una riforma appena approvata, che va non soltanto messa a punto, rodata, ma perfezionata con il concorso di quest'aula. Io ritengo che il nostro ruolo, non soltanto in occasione accademica come questa, debba continuare ad essere esercitato nel mantenere ferma la considerazione che è stata fatta anche negli interventi che mi hanno preceduto, richiamandosi alla riforma degli enti locali, alla riforma della sanità, al principio di perequazione, e io credo che noi dobbiamo esercitare un ruolo fondamentale a sostegno delle realtà locali che, oggi, vivono più di altri momenti difficoltà legate anche e soprattutto, certamente, a problemi infrastrutturali che sono stati richiamati, perché le nostre distanze talvolta non sono ideologiche, sono fisiche, dettate dalla difficoltà di raggiungere noi stessi, dalle distanze che non sono colmate da infrastrutture che permettono anche di avere una visione di insieme per richiamarsi a quell'unicum che dovrebbe essere la Sardegna. Io credo, per concludere, Presidente, che la nostra azione di legislatori, ma di responsabili cittadini che stanno vicino alle esigenze dei più deboli, debba trasformarsi in azione di governo dal punto di vista delle norme che garantiscono a tutti di avere pari dignità nell'accesso alla possibilità che noi dobbiamo dare a tutti i sardi di non sentirsi emarginati e divisi, ed è per questo che bisogna fare anche attenzione e richiamarsi a quello che è un problema importantissimo - che forse non interessa l'onorevole Cozzolino, ma io concludo e dico, perché la vedevo chiacchierare, la ringrazio - che riguarda lo spopolamento delle nostre città. Credo che questo sia un argomento che ci investe a partire dalla città di Cagliari, che per quanto venga giustamente riconosciuta con un ruolo fondamentale di guida della Regione è nel trend di crescita in decremento nei prossimi anni, quindi dobbiamo porci realmente il problema dello spopolamento come elemento destabilizzante della nostra armonia regionale. Grazie.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sindaco del Comune di Bortigiadas.

DEIANA EMILIANO, Sindaco del Comune di Bortigiadas. Io era indeciso se intervenire, poi ho pensato anche di riproporre uno dei discorsi che avevo fatto negli anni scorsi perché intanto la liturgia mi sembra identica. Non lo faccio per l'amicizia che ho nei confronti del Presidente, e provo a sviluppare un ragionamento così come è stato fatto nel dibattito.

La seduta congiunta serve per valutare lo stato dei rapporti tra Regione ed Enti locali, e vedere tutto nero non credo sia un dato positivo, e vorrei illuminare con alcuni luci che io credo di vedere nei rapporti istituzionali tra Regione ed Enti locali. Innanzitutto, il processo della progettazione territoriale che attraversa il centro regionale di programmazione dà ai territori un'arma importantissima, io credo che i sindaci abbiano la responsabilità di attivarlo. A oggi sono pochissimi i territori che l'hanno attivato, quindi c'è una responsabilità anche da parte nostra. È dei giorni scorsi invece la notizia del finanziamento della banda ultra larga, io credo che questa sia una notizia importantissima per tutta la Sardegna, che serva a sviluppare realmente le aree rurali. Adesso, senza la democrazia digitale, senza il superamento del divario digitale, noi credo che non possiamo mettere le condizioni nello sviluppo. La rete, l'informatica sono le nuove strade, e bene ha fatto la Regione a finanziare in maniera completa tutta la Sardegna partendo dalle aree rurali. Così come vedo in maniera molto positiva l'accordo di ieri con la Corsica, con i nostri omologhi corsi, sulla lotta allo spopolamento, sull'energia, sui trasporti, sul dialogo transfrontaliero e sulle aree rurali. Sulla riforma degli enti locali io ho già, come Consiglio delle autonomie, personalmente, per la poca voce che abbiamo, abbiamo detto che c'erano delle criticità; io permango contrario alla delega delle funzioni comunali all'Unione, l'ho già esplicitato e ho motivato questa posizione, perché significa l'uccisione dell'autonomia comunale. Tuttavia la riforma ha anche qua dei lati positivi: c'è il superamento del sistema provinciale, c'è un nuovo investimento sulla capacità delegativa dei comuni, c'è l'investimento, che credo sia la nota più importante di tutta la legge, sugli ambiti territoriali strategici. Spetta a noi costituirli; gli ambiti territoriali strategici devono essere il luogo della devoluzione dei poteri dalla Regione al sistema delle autonomie locali. Chiaramente non tutto è luci, e iniziamo ad elencare alcune ombre. Innanzitutto dico in maniera chiara un no completo alla diminuzione complessiva del fondo unico; credo che quest'Aula debba impegnarsi a mantenere la dotazione così come è stata concordata nelle sedi opportune, e aggiungo anche un ulteriore no, no a toccare il criterio di ripartizione. E lo motivo. C'è uno studio IFEL, il Centro studi di Anci, che dice che i comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti sono quelli maggiormente colpiti dai tagli governativi; se si toccasse il criterio di ripartizione significherebbe la morte di 118 comuni sotto i 1000 abitanti. Si è parlato di bilancio armonizzato, il bilancio armonizzato come superamento del patto di stabilità. In realtà il bilancio armonizzato per i comuni che vi entrano per la prima volta, cioè tutti i comuni, in particolare quelli che non erano sottoposti al patto di stabilità sotto i 1000 abitanti, si può dire che il bilancio armonizzato non è il superamento del patto di stabilità, ma è la sua sublimazione. Dirò di più. Favorisce i comuni che sono indebitati e che non hanno riscosso. Ovvero, chi è stato puntuale, non ha fatto debiti, non ha acceso mutui e ha riscosso le tasse è quello maggiormente punito, e credo che questo sia un segnale che il Governo nazionale ha dato in maniera sbagliata. E' inutile fare i buoni padri di famiglia quando si amministra. Ancora. Sulla sanità io dico che bisogna tagliare gli sprechi, i privilegi, dire no alle inefficienze, ma bisogna dire che bisogna garantire il diritto alla salute in tutta la Sardegna. Tra Olbia e Sassari, parlo della zona che conosco meglio, si rischia di fare il deserto, il deserto in mezzo. Tempio e la Maddalena in particolare sono nello stesso destino di Sorgono e di Isili; non c'è una Regione della Sardegna che vive bene, ma c'è una Regione della Sardegna, che è la parte mediana tra Sassari e Olbia, che soffre le stesse dinamiche di Isili e di Sorgono. Un altro brevissimo accenno sui lavoratori delle Zir. Noi abbiamo il dovere di dare una mano a questi lavoratori che sono quasi un anno, penso a Siniscola e a Tempio, senza ricevere il loro stipendio, perché non si è data attuazione a una riforma nel 2007-2008. Così come invito, perché avete fatto anche una cosa molto bella ad approvare una legge per i danni agli alluvionati, ad individuare le risorse adeguate per dare sostegno ai privati che sono stati colpiti dalle alluvioni. Infine, credo che tutta la manovra finanziaria debba essere a sostegno della lotta alla povertà e per le socialità. In questo contesto il finanziamento dei cantieri verdi credo che per i paesi delle zone interne possa essere un piccolo sostegno in un momento di crisi drammatica. Termino dicendo una cosa, anche conscio della gravità con cui la voglio dire. Non basta esprimere solidarietà quando sparano a un sindaco, perché la parola "solidarietà" ha la stessa radice di "solitudine"; è troppo facile dire che siamo solidali. Io credo che non sia un problema di ordine pubblico, come lo vuol far apparire il Ministro degli Interni, ma è un problema democratico, come giustamente ha sottolineato il sindaco di Nuoro. Sparare a un sindaco sta diventando uno status symbol in certi paesi, e andrò ancora più in profondità, conscio della gravità della mia affermazione. È solo questione di tempo prima che piangiamo un sindaco morto. E allora, ogni investimento deve andare a tutela delle comunità rurali, quelle più piccole, che vedono un'assenza di servizi drammatica. Grazie.

PRESIDENTE Ha facoltà di parlare il consigliere Gianfranco Congiu per il Gruppo Sovranità, Democrazia e Lavoro.

CONGIU GIANFRANCO (Sovranità, Democrazia e Lavoro). Nel confronto Regione-Consiglio autonomie locali si fa il punto sullo stato di attuazione di politiche territoriali, sulla base delle leggi promulgate, sulla base degli atti in gestazione. E' ovvio che sul banco della verifica siedono due soggetti importanti, che sono la legge di riordino e la nuova manovra finanziaria. Ebbene, i processi legislativi seguono fasi ordinate: c'è la fase del confronto, c'è la fase della proposizione, c'è la fase della discussione in aula, ma c'è anche la fase della promulgazione e della attuazione. Questa è una fase di attuazione della legge di riordino, questa è una fase in cui tutti si è chiamati ad impadronirci di uno strumento, e non nell'arroccamento su posizioni che ci vedono divisi tra favorevoli e contrari. Si ha un dovere di conoscenza dello strumento, si ha un dovere di applicazione, perché la legge possa essere utile. La legge non è bella, non è brutta, la legge deve essere utile, deve essere utile per le zone interne, deve essere utile per quegli ambiti territoriali per i quali abbiamo fatto la battaglia perequativa, per quegli ambiti territoriali che non vogliamo che stiano indietro, e io ritengo che all'interno della legge ci siano tutti gli ingredienti per poter mettere in campo delle politiche di vero ausilio. Vengo dalle zone della sofferenza, vengo dal Centro Sardegna, vengo dalla Provincia di Nuoro, vengo dalla Provincia di Nuoro più marginale, quella che ha immolato il maggior numero di vittime sull'altare della fine dell'industrializzazione, vengo dal territorio degli ammortizzatori locali che non esistono più, ma dico anche che la legge di riordino è una legge delle opportunità, non è una legge sulla quale dobbiamo continuare a misurarci per tastare il nostro livello di respingimento della norma, dobbiamo misurarci per trovare invece quel livello di condivisione e di politiche, che all'interno della legge di riordino potrebbero esserci. E' una legge dalla quale discendono opportunità per i territori che sono chiamati a scegliere il nuovo modello aggregativo. Il confronto con il Consiglio delle autonomie locali, ma anche con le altre rappresentanze, lo dico anche da amministratore locale, deve essere un confronto biunivoco, e forse rompo un po' lo schema del rituale, quando vado a dire che anch'io da consigliere regionale mi aspetto dal Consiglio delle autonomie locali un livello di impadronimento della norma che vi veda protagonisti, prendendo per mano i comuni, prendendo per mano le autonomie e portandole su un tavolo di ideale delineamento di quello che potrebbe essere il nuovo schema aggregativo. Non lasciamo soli gli enti locali in questa fase, non lasciamo soli gli enti locali in un momento in cui vedo che iniziano a stagliarsi all'orizzonte delle iniziative non troppo organiche, affidate a questo o a quel soggetto, a questo o a quel consigliere regionale, a questa o a quella sigla politica. Chiedo che il Consiglio delle autonomie locali, le rappresentanze degli enti locali si impadroniscano dello strumento legislativo e accompagnino i territori in un processo di coesione; questo è il momento dell'applicazione di una legge, dalla quale io ritengo possono discendere delle nuove opportunità, a condizione che la norma venga conosciuta e correttamente applicata.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Pietro Cocco per il Gruppo PD.

COCCO PIETRO (PD). Presidenti, colleghi consiglieri, Assessori, colleghi Sindaci. Diciamo che questo Consesso, riunito oggi e istituito con legge del 2005, ha il compito di conferire dignità giuridica al rapporto fra Regione ed enti locali, e anch'io sono dell'avviso, così come ho sentito dire da alcuni colleghi che mi hanno preceduto, che probabilmente occorre rivedere non tanto la formula, ma quanto il rapporto più forte e stringente che ci deve essere fra le istituzioni che oggi sono quali riunite per discutere dei temi. E non mi voglio sottrarre, tenuto conto anche dei minuti residui disposizione, a centrare l'argomento che ha accompagnato un po' il dibattito di quest'oggi, soprattutto per quanto riguarda il tema trattato sulla riforma degli enti locali, tenuto conto dello spopolamento dei piccoli comuni, della necessità di avere in Sardegna i territori privi di diseguaglianze così come sono state raccontate, e anche una serie di dati che ci sono stati forniti ci danno l'idea in qualche misura che occorre intervenire. E allora le domande in questi casi sorgono spontanee perché se le cose non vanno bene da tanti anni, da tantissimi anni, è necessario per forza intervenire, cioè quello che bisogna fare è evitare di lasciare le cose così come sono, evitare di tenere fermi i processi di miglioramento, fare tentativi che possono essere sempre migliorati e la riforma degli enti locali si inserisce in questo percorso. Questo è quello che è stato fatto, in primo luogo perché ci sono misure nazionali alle quali per forza noi ci dobbiamo attenere, in secondo luogo perché, forti del nostro Statuto speciale e della nostra autonomia, siamo costretti e obbligati a tenere in considerazione l'idea che bisogna fare delle riforme.

Allora la riforma degli enti locali cosa racconta? Racconta che le province spariscono, perché un referendum ha detto così e noi prendiamo atto del fatto che le province devono sparire, e quindi c'è un rapporto diretto fra comuni e Regione. Questo è quello che è stato scritto nel provvedimento normativo. Un rapporto diretto fra comuni e Regione e un rapporto diretto in qualche modo che deve essere mediato attraverso le unioni dei comuni, le città medie e le reti urbane come le abbiamo disegnate nella legge, così come alcuni consiglieri e colleghi sindaci che sono intervenuti ci hanno detto. Allora questo è bene o questo è male? Io dico che certamente così com'era non poteva essere e se il problema è quello dello spopolamento, se il problema è quello di garantire a tutti i cittadini uguale dignità, uguali diritti e uguali possibilità io credo che non si possa affrontare la sfida così come l'abbiamo conosciuta fino a oggi. Cioè i piccoli comuni, anche quelli un po' più grandi di quelli piccoli piccoli, affrontano difficoltà enormi nell'amministrare ogni giorno, uno per le risorse sempre più contenute che arrivano dallo Stato e che arrivano dalla Regione, l'altro perché i servizi che i cittadini chiedono devono essere uguali a quelli che sono conferiti a Cagliari, che abbiamo scritto essere città metropolitana, un'occasione che non potevamo certo lasciarci sfuggire perché è bene che sia così. D'altro canto Cagliari è la capitale della Sardegna, è l'unico luogo nel quale abbiamo detto ci sono le condizioni perché potesse essere costituita la città metropolitana, e abbiamo anche detto che un'altra città, Sassari, che poteva avere caratteristiche simili, poteva avere dignità dal punto di vista della programmazione strategica dando l'area metropolitana in quel territorio. Però le sfide io credo che si possano affrontare soltanto unendo le forze e le unioni dei comuni, ovvero la possibilità di costruire attorno alle città medie delle reti urbane che possano programmare territorialmente, questa è la sfida che dobbiamo fare, senza peraltro perdere dignità per ogni singolo comune e per ogni singolo ente locale, però la sfida è questa e non possiamo fare diversamente. I dati che ci ha raccontato il sindaco di Nuoro, che provengono dal 2000, dal 2001, dal 2002 e via dicendo, ci dicono di un periodo abbastanza lungo, molto più lungo probabilmente - sono dati forniti dall'Istat - e ci obbligano a intervenire, mica possiamo stare fermi. Naturalmente questo consesso, questo luogo nel quale noi ci riuniamo fra Consiglio regionale della Sardegna e Consiglio delle autonomie locali, ha il dovere importante di intervenire e di dare il proprio parere in merito a questo. Così si sta facendo per la riforma degli enti locali, così si sta facendo per quanto riguarda la riorganizzazione della rete ospedaliera e sanitaria della Regione Sardegna. E anche in questo caso il tema è sempre lo stesso, evitare che ci siano luoghi nei quali i territori rimangano scoperti dai presidi ospedalieri, ma certamente bisogna intervenire per razionalizzare la spesa che è arrivata a livelli insostenibili, 3 miliardi e mezzo di euro, una cifra assolutamente fuori controllo che anche essa proviene da tanti anni di gestione della sanità che evidentemente non era quella migliore. Al di là del fatto che le responsabilità siano di destra o di sinistra abbiamo il dovere di intervenire. Viene fatta una proposta di riorganizzazione, che può essere migliorata, e naturalmente ognuno di noi deve fare il proprio lavoro, ma è assolutamente incredibile continuare a sentire un'Assemblea come questa nella quale veniamo solo a lamentarci. Noi tutti, ognuno per la sua parte, abbiamo il dovere di intervenire e di dare il proprio contributo per migliorare le cose. Questo è quello che dobbiamo fare nelle riunioni plenarie che sono vincolate dall'organizzazione che ci siamo dati e anche in quelle non previste dallo Statuto.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Pietro Pittalis per il Gruppo Forza Italia.

PITTALIS PIETRO (FI). Ha detto bene il sindaco di Bortigiadas che questa avrebbe dovuto rappresentare l'occasione per una verifica dei rapporti tra il sistema delle autonomie locali e la Regione, ma mi pare che, invece, sia una seduta che si iscriva a quei noti rituali dove ognuno recita la propria parte e a me spiace, presidente Caschi, dirle, come ha già detto qualcuno, ma non per la assenza vistosa dei sindaci ma per anche il contenuto della sua relazione, che probabilmente dobbiamo rivedere e ripensare il ruolo del CAL che non può essere soltanto l'appendice di una maggioranza o coscienza poco critica, assolutamente acritica, di quello che invece deve essere, come ha fatto qualche sindaco in maniera serena, non coraggiosa, facendo il proprio dovere, di portare all'attenzione di quest'Assemblea. Altrimenti è inutile! Altrimenti si dà la sensazione che tutto vada bene. Altrimenti si ha la sensazione che basti una visita a un amministratore, a un sindaco vittima di un attentato per dire che c'è la politica, c'è l'istituzione, c'è la Regione. No, non è così. Non è così che, invece, deve essere valorizzato e rafforzato il ruolo dei sindaci, degli amministratori locali, e specie mi fa non aver sentito una critica soprattutto sulla riforma gli enti locali, una riforma che riporta veramente all'antico…

Chiedo scusa, sto sentendo dei commenti della collega Busia. Chiedo scusa veramente, ma danno fastidio. È un discorso a braccio, non è scritto, non ho un compitino preparato e quindi ho necessità non che mi si ascolti, però che non mi si disturbi.

Dicevo che il problema è che qui viene restaurato nella maniera davvero più vergognosa quello che altre volte ho visto proprio il sistema delle autonomie locali combattere. Noi come Regione lo abbiamo combattuto, con scarsi risultati, soprattutto con la politica inaugurata da questo Governo nazionale del centralismo dello Stato, oggi si restaura in Sardegna il centralismo regionale. Nella riforma non c'è quello che avremmo dovuto fare e che avreste dovuto fare, perché ve ne assumete voi, maggioranza di centrosinistra, tutta la responsabilità, un'operazione semplice: ripensare a un'organizzazione del sistema delle autonomie locali tenendo conto della nostra peculiarità sarda, valorizzando il ruolo dei comuni. I comuni altro che valorizzazione! I comuni sono assolutamente relegati in secondo piano per funzione e per ruolo perché c'è una visione accentratrice da parte della Regione e poi in modo vergognoso per giustificare, e ancora oggi sento anche alcuni esponenti delle autonomie locali iscriversi a questo partito moderno del giustificazionismo che un MAN, un consorzio universitario, una biblioteca, quella Sebastiano Satta, che erano punti di eccellenza nella governance degli enti locali, sono stati portati a Cagliari e si dice: "Sono stati elevati alla dignità regionale", e tutto questo, badate, con una Regione che dirige e controlla, ma con i costi che gravano sul fondo unico. E allora dov'è l'armonia? Dov'è l'equilibrio tra i territori? Tutto ciò che sta fuori di Cagliari è periferia. E allora, ecco, qual sarà la nostra battaglia: davvero tornare su questa sciagurata legge sugli enti locali che crea più danni che benefici. Perché una riforma, come è stato già ricordato, non si fa a costo zero, perché questi costi dovranno essere supportati su quel solito fondo unico e, badate, hanno già tolto, rispetto allo stanziamento abituale, 8 milioni perché servono per le prebende degli emendamenti della maggioranza, altrimenti non si chiude il discorso sulla finanziaria. Questi sono i problemi che bisogna portare all'attenzione se si ha il coraggio di fare un dibattito franco.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sindaco del Comune di Cagliari.

ZEDDA MASSIMO, Sindaco del Comune di Cagliari. Ringrazio il Presidente del Consiglio, il Presidente del Consiglio delle autonomie locali, gli Assessori presenti, gli onorevoli consiglieri e gli colleghi sindaci e amministratori. Devo dire la verità, avevo immaginato un intervento diverso e quindi sono un po' in difficoltà. Cerco di esprimere molto modestamente la mia opinione, non so se a braccio, a gamba, a orecchio, però, insomma, cercando di fare la mia parte. Intanto invito tutti quanti a ragionare sui numeri perché i numeri aiutano.

Intanto non è pensabile che la discussione sia un pezzo di Sardegna contro un'altra parte, un comune contro un altro, un territorio contrapposto perché è un pezzo importante purtroppo del sottosviluppo, non dello sviluppo, di ciò che ha determinato nella contrapposizione interna e nel non ragionamento come isola, come territorio inserito nel contesto mediterraneo, nel rapporto più ampio con le sfide che ci attendono con altri territori che stanno al di là dei confini dell'isola, è un elemento che ha giocato nella storia della Sardegna pesantemente in termini di sottosviluppo, di contrapposizione e ha, in tempi passati, oggi per fortuna meno, consentito anche le incursioni. Che queste fossero poi di popoli che hanno portato anche benefici o barbarie comunque incursioni erano. Invece ci terrei a riflettere sul fatto che la desertificazione, in natura così come in politica e anche in economia, alla fin fine il processo di desertificazione politica, economica o di popolazione raggiungerà anche Cagliari; quindi è indispensabile, necessario e fondamentale per Cagliari che vi sia uno sviluppo omogeneo, armonico, in fin dei conti sviluppo, non grazie alla mortificazione del resto della Sardegna che amo perché mi considero cittadino sardo, che apprezzo e che nel mio piccolo cerco di sviluppare, ma anzi ragionare come insieme per poter utilizzare la città in funzione dello sviluppo dei territori. Alla fin fine siccome poi nella semplicità dei ragionamenti bisogna anche andar giù "per li rami" e parlare alla quotidianità del bisogno di avere lo sviluppo oggi, il pane oggi, non chissà quando o tra quante programmazioni europee, lo verifico e lo tocco con mano e su questo ci dovremo interrogare, come fare rete, come dialogare tra noi perché ogni qualvolta organizziamo le iniziative e vengono da Barumini, dal resto del territorio della Sardegna a Cagliari gli agricoltori, i produttori che lavorano e vivono (quindi contribuiscono ad arginare un minimo quello spopolamento di cui si parlava) nel resto della Sardegna, dicono che quelle tre giornate nel territorio cagliaritano valgono due mesi di vendite di prodotti nel loro territorio in termini di guadagno. Quindi è la pretesa da parte degli altri territori, giusta e sacrosanta, che la città svolga una funzione a servizio della propria comunità e del resto del territorio della Sardegna. In questo, badate, i numeri sempre ci danno una mano d'aiuto, perché la spesa totale del sistema enti locali in Italia vale il 6,5 per cento della spesa totale delle risorse pubbliche. L'indebitamento totale di tutto l'apparato statale dai vertici giù "per li rami" fino al più piccolo comune, sapete quanto pesa su questo la parte riguardante il sistema complessivo degli enti locali? Il 2,5 per cento, l'indebitamento totale del sistema degli enti locali. Non è lì la discussione, la discussione è in che termini utilizzare risorse per rispondere alle esigenze dei territori in relazione all'erogazione dei servizi migliori, di efficienza, di qualità a infrastrutture che consentano anche di lavorare in parti distanti della Sardegna, ma di continuare a vivere in altri territori. È un tema giustissimo che pongono i territori dell'interno. Anche lì dati, numeri: Amazon mette piede a cavallo tra Cagliari ed Elmas, al confine, nell'area industriale. Il 35 per cento delle persone addette ad Amazon che lavorano, stiamo parlando di qualcosa come cinquecento persone che lavorano, non proviene dalla provincia di Cagliari. Il collegamento efficiente di cui si parlava, le reti che sono tecnologiche, ma anche di trasporto, perché poi si viaggia nell'etere, si guarda su Internet ma qualche volta c'è anche bisogno di spostare il corpo, oltre che il neurone e i cervelli, questo sistema potrebbe consentire, a chi vuole ovviamente, in libertà, anche quello. Stiamo attenti perché alla fin fine, guardando sempre il dato, sapete quali sono gli studenti che più guardano al confine oltre l'isola nell'iscrizione all'università? Gli studenti dell'Ogliastra. Gli studenti ogliastrini dovendo scegliere dove iscriversi non si scrivono né a Sassari, in termini percentuali sempre, né a Cagliari. Spostarmi per spostarmi tanto vale vado a trovare l'eccellenza altrove, una migliore facoltà o comunque mi sposto per guardare un'altra realtà. Quindi, non c'è beneficio neanche per Cagliari. Stiamo molto attenti perché questo aspetto della frantumazione, della parcellizzazione alla fine non della solidarietà, ma dell'egoismo non ha mai aiutato e soprattutto non ha mai aiutato i piccoli, anzi è l'elemento che ha tenuto sempre ai margini i territori con l'illusione di un certo tipo di sviluppo, della fabbrica (pensate alla piana di Ottana), e poi la scomparsa di alcune possibilità. Per il resto, come dire, io spero di vivere da sardo in una regione che sia ricca e prosperosa per i cittadini sardi, altrimenti non ci sarà benessere neanche a Cagliari, ne sono certo e convinto.

L'altro aspetto è quello del discutere come chiedere alla Regione, io credo che ci siamo tutti sbagliati, c'era un aumento del fondo unico, ci siamo confusi, la proposta è un aumento del fondo unico perché non credo che a nessuno possa balenare nell'anticamera del cervello anche solamente di toccare il fondo unico, quindi credo che ci sia un errore sui termini. C'è un aumento del fondo unico a favore di tutte le esigenze che sono state dette prima, non c'è un taglio. Lo do per scontato.

(Interruzione del consigliere Pittalis)

(Segue ZEDDA MASSIMO.) Lo do per scontato perché sarebbe una cosa impossibile, un'ipotetica dell'impossibilità, onorevole Pittalis, un racconto, una storia, una barzelletta, chiamatela come volete, non esiste semplicemente! Ci deve essere un errore nel campo semantico, nel termine stesso, probabilmente un aumento... anche il sindaco di Sassari sta dicendo che si è confuso, ha sbagliato, ha compreso male, è un aumento al fondo unico in modo tale da rispondere a quelle esigenze che i sindaci più e più volte hanno segnalato e indicato, perché anch'io sono convinto, però le risorse così vengono ripartite e credo che sia anche questa una dimostrazione di aiuto ai territori, sono convinto che vada dato un aiuto ai territori così come avviene, semmai c'è da chiedersi su alcuni temi - e ci sarà occasione per dibatterne - di sviluppo, eccetera.

Chiudo, Presidente, sul fatto che, se posso fare un altro esempio, per citare sempre il MAN e altre realtà, anche nell'articolazione delle iniziative, ad esempio, l'aver organizzato su scala regionale la mostra su Maria Lai, ha portato benefici a Cagliari, benefici nel paese natale di Maria Lai, che ospitava un pezzo di mostra, e benefici a Nuoro, al MAN. Credo il sistema, l'aiuto, il percepirci tutti come comunità e capire invece quale può essere la città e come deve essere giustamente utilizzata la città per quelle comunità sia utile. Ad esempio mi limito in questa sede, l'ho detto già anche al Presidente dell'ANCI a suo tempo e al Presidente del CAL, la disponibilità di...

PRESIDENTE. Sindaco Zedda, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha facoltà di parlare l'Assessore del bilancio, credito e assetto del territorio.

PACI RAFFAELE, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. Intervengo in qualità di Vicepresidente in questa importante occasione, innanzitutto per portare anche i saluti e le scuse del presidente Pigliaru che è impegnato all'estero in una importante iniziativa e quindi per sottolineare una serie di temi che sono stati toccati prima di dare la parola all'assessore Erriu che ha la competenza sugli enti locali e quindi entrerà nel merito di alcuni argomenti. Ma mi sembra che la seduta non sia stata solo rituale, è rituale l'occasione, però non mi pare che siano stati rituali i temi che sono stati toccati, temi importanti che riguardano in questo momento il rapporto tra l'istituzione regione e le istituzioni degli enti locali. Il tema della riforma sul quale ovviamente l'assessore Erriu entrerà nel merito, i temi finanziari sui quali dirò qualcosa, ma altri temi importanti, la riforma della rete ospedaliera, in generale la riforma della sanità che vuol dire servizi per i territori e i cittadini, è stato toccato il tema del piano energetico anch'esso con una valenza territoriale importante, l'agenda digitale che ha ricadute sui territori, la programmazione territoriale nella quale regione e unioni dei comuni e territori si stanno confrontando proprio per individuare in modo cooperativo e collaborativo, partecipativo, quali possono essere i processi di sviluppo dei territori stessi. Quindi sembra una serie di temi che avremo sicuramente occasione poi di continuare a sviluppare e a trattare nei prossimi mesi. Per quanto riguarda la finanziaria ci sono tante voci, tante cose che si rincorrono, io penso che gli emendamenti si vedrà domani, dopodomani quando scadrà il momento, quali saranno gli emendamenti che la maggioranza con la firma del Presidente della Commissione e dei Capigruppo porterà, però io sono convinto che ci sarà un aumento delle risorse che vengono destinate alle esigenze dei cittadini che vivono nei comuni e quindi alle esigenze del lavoro, alle esigenze della cultura, alle esigenze dell'università, perché questo è sicuramente l'elemento comune che abbiamo nella maggioranza, ma che so che è condiviso anche in pieno dall'opposizione cioè l'esigenza di cercare di intervenire su quelli che sono i temi e i problemi maggiori che riguardano i cittadini. Perché i cittadini sono cittadini contemporaneamente dell'ente regione e cittadini dell'ente comune e quindi non ha senso aumentare le tasse da una parte o ridurle dall'altra o ridurre il fondo unico. Io penso che dobbiamo fare un discorso complessivo come quello che stiamo cercando di fare come maggioranza che riguarda la comunità regionale, una comunità regionale che ha diverse istituzioni ma che alla fine si rivolge agli stessi cittadini. Le risorse sono scarse, così ci insegnano i libri di economia e in presenza di risorse scarse bisogna fare le scelte e io sono convinto che nella finanziaria, nella discussione che c'è stata e che ci sarà nei prossimi giorni le nostre due istituzioni insieme riusciranno a fare le scelte migliori nell'interesse dei cittadini.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

ERRIU CRISTIANO, Assessore tecnico degli enti locali, finanze ed urbanistica. Anch'io non considero per nulla rituale la discussione e il dibattito di questo Consiglio tanto più che si inserisce all'interno di un periodo nel quale la discussione è diffusa in modo pervasivo in tutti i comuni, in tutte le realtà chiamate anche a delle scelte, delle scelte che hanno una finalizzazione ben precisa, dei tempi ben precisi delineati dalla legge numero 2 che puntano finalmente a risolvere, ad arrestare quel processo che sembrava inesorabile di vera e propria necrosi amministrativa che stava portando i comuni sardi e non solo i comuni sardi all'impossibilità di gestire le funzioni fondamentali. Voglio ricordare che i numeri www.Istat.it dicono che la quantità di risorse trasferite dalla regione agli enti locali sono di gran lunga superiori rispetto a tutto il resto d'Italia, sono dieci volte superiori a quelle della Toscana, quattro volte superiori a quelle del Lazio e dell'Umbria e il doppio di quelli trasferiti dalla regione Sicilia che pure come sappiamo è molto munifica. Il 60º governo della Repubblica italiana verrà ricordato come quello più longevo e anche quello che aveva introdotto l'obbligatorietà mai attuata di gestione associata delle funzioni e di introduzione della centrale territoriale di committenza e delle stazioni appaltanti a livello territoriale cioè sottraendo ai Comuni quell'autonomia principale che consiste nel gestire le proprie funzioni e i propri servizi autonomamente, Presidente di quel Governo era Silvio Berlusconi e autore del DL numero 78 del 2010 era Tremonti. Tremonti si era spinto anche oltre, come sappiamo, cioè quello che portava alla fusione obbligatoria, al dimensionamento coatto dei comuni al di sotto dei 1000 abitanti. Io sono orgoglioso del fatto che questo Consiglio regionale e la Sardegna tutta abbia approvato una legge che invece introduce criteri, principi che in modo molto più elastico, molto più rispettoso dell'autonomia dei comuni consente di delineare processi che portano ad attivare forme di cooperazione intercomunale molto rispettose dell'orografia, della geografia dei territori e che consente attraverso gli strumenti disponibili, le convenzioni, cioè senz'altro anche all'unione dei comuni a trovare risposte.

Noi stiamo passando da un modello volontaristico, quello del TUEL delle unioni dei comuni assolutamente volontario a un processo che porta a una gestione, a un riassetto che rende obbligatoria la partecipazione a questi enti locali. C'è il superamento delle province come sappiamo, c'è la necessità di individuare ambiti territoriali strategici chiamati proprio a dare risposte, quelle risposte che il sindaco di Nuoro richiede e pretende, e non solo lui, che riguardano i temi della perequazione tra territori, dell'esercizio dei diritti di cittadinanza e di pari opportunità per tutti i cittadini della Sardegna che è un tema aperto, però anche su questo la legge dice cose molto precise e delinea un percorso che deve essere attuato e sarà attuato nel rispetto delle autonomie e nel rispetto della volontà dei territori. Abbiamo forse raggiunto e stiamo raggiungendo l'apice della crisi politico-istituzionale, autonomia significa anche responsabilità e la responsabilità se la prende tutta la Giunta regionale, se l'è presa il Consiglio facendo la legge, ma se la devono prendere anche le autonomie territoriali così come se la stanno prendendo in tutta Italia i comuni che sono ugualmente impegnati in processi. Mi viene da dire di più, noi veniamo dalla Corsica, da una due giorni corsa, c'è stato spiegato come anche in Corsica esiste l'obbligatorietà della gestione associata delle funzioni per i piccoli comuni e badate bene da due dipartimenti si è passati, sono stati azzerati e si va verso un unico livello oltre i comuni e le comunità di comuni appunto il corrispettivo delle unioni che è la collettività, la regione corsa.

Quindi vedete è un processo che riguarda non solamente noi a livello nazionale, riguarda un po' tutta l'Europa, è un processo di semplificazione che va affrontato con responsabilità e con serietà come quella che vedo in molti territori della Sardegna, in questi giorni ripeto, e anche nella discussione di oggi. Poi ci sono gli attentati ai sindaci, c'è la difficoltà dello stare in trincea certamente, c'è una preoccupazione ulteriore. Noi andiamo di fronte a una tornata elettorale amministrativa, a me non va via di mente, non è andato via di mente l'episodio che ho citato anche in questa stessa Aula, che ha visto nelle ultime elezioni amministrative presentare in un terzo dei Comuni, erano più di 150, solo una lista, solo un candidato a Sindaco. Questo è preoccupante, significa che si sta vulnerando lo stesso principio democratico che porta i territori a candidarsi all'autogoverno. In molti casi i Sindaci sono pensionati, sono notabili di paese, sono professionisti che vivono ed operano di fianco al Comune. Questa è una cosa che deve preoccupare tutti, a me preoccupa sicuramente. La Regione ha un compito importante, deve affiancare, incentivare, guidare, sostenere economicamente i Comuni in questo difficile percorso, soprattutto i comuni più piccoli che hanno pieno diritto alla loro autonomia e debbono essere valorizzati. Però tutti ci dobbiamo credere, il livello della Regione, il Consiglio e puntare diritti verso una direzione senza guardare nello specchietto retrovisore, perché le discussioni, le polemiche su città metropolitane, le contrapposizioni tra territori, che pure avevano senso, probabilmente nel momento in cui è stata fatta la legge e si sono trovate delle soluzioni, per me persuasive, che possono trovare le risposte giuste ai fabbisogni e anche alle preoccupazioni dei territori, possano consentirci di fare un passo in avanti. Poi c'è il tema del Fondo unico, il tema della perequazione, delle politiche di sviluppo, l'ha detto l'assessore Paci, un tema importante tanto più in un periodo di scarsità di risorse pubbliche a disposizione, con le risorse statali assolutamente decrescenti, con i tagli del fondo della montagna, del fondo di solidarietà, del fondo delle politiche sociali, con l'azzeramento delle risorse dei trasferimenti RC auto e i PT alle Province, che erano risorse che andavano agli enti locali e che non ci sono più. La Regione è chiamata ad una supplenza e ad un ulteriore impegno e mi pare che lo stia facendo con molta attenzione, con molto impegno, sottraendo risorse anche alle stesse politiche regionali, non si può certamente tacciare di mancanza di responsabilità e di attenzione verso un mondo, quello delle autonomie locali, che rappresenta un valore da sostenere e da incentivare e da promuovere. Questa discussione è importante, ma sarà ancora di più importante il lavoro che ci attende nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, all'interno del contesto la Conferenza permanente Regione - enti locali, che sarà chiamata a fare delle scelte, insieme con la Giunta regionale, e alle scelte poi di perequazione, distributive, redistributive che il Consiglio sarà chiamato ad affrontare e risolvere nelle prossime settimane. Io sono ottimista, e l'ottimismo della volontà credo che debba essere la cifra dell'impegno politico nostro e di quanti operano all'interno delle comunità locali.

PRESIDENTE. Grazie, chiudiamo così la seduta. Ringrazio il Presidente Casti, tutti i Sindaci e tutti i colleghi che sono presenti. Ricordo che il Consiglio è convocato domani mattina alle ore 10, e convoco adesso nella sala qui affianco una rapida Conferenza dei Capigruppo. La Seduta è tolta.

La seduta è tolta alle ore 18 e 11.