Seduta n.5 del 31/03/2009 

V Seduta

(ANTIMERIDIANA)

Martedi' 31 marzo 2009

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

Del Vicepresidente COSSA

La seduta è aperta alle ore 10 e 28.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Paolo Luigi Dessì e Simona De Francisci hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 31 marzo 2009.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

CAPPAI, Segretario: f.f.:

"Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sulla delibera del direttore generale della ASL n. 8 di Cagliari n. 228 del 9 febbraio 2009". (1)

"Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sui concorsi per la dirigenza regionale". (2)

Continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione.

E' iscritto a parlare il consigliere Franco Meloni. Ne ha facoltà.

MELONI FRANCO (Riformatori Sardi). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signore e signori della Giunta, onorevoli colleghi, confesso un poco di emozione nel prendere la parola per la prima volta in quest'Aula così importante per la nostra collettività. Mi consola il fatto che pari emozione l'abbiano dichiarata sia altri consiglieri neofiti come me, sia qualcuno di grande esperienza come l'onorevole Planetta, quindi posso essere compreso.

Io, Presidente, intervengo nel dibattito sulle sue dichiarazioni per offrirle un contributo che spero possa essere utile per la formulazione del programma definitivo della nostra coalizione. Devo innanzitutto dichiarare che condivido le sue dichiarazioni, sia perché affrontano problemi che abbiamo ripetuto in lungo e in largo durante la campagna elettorale, sia perché offrono spunti molto interessanti, su alcuni dei quali noi Riformatori concordiamo. Pertanto intendiamo essere vicini alla sua Giunta, nei prossimi cinque anni, per partecipare attivamente all'approfondimento e all'affinamento delle premesse e delle promesse di questa legislatura. L'obiettivo di far emergere dal dibattito e dal confronto le idee migliori ci sembra affascinante, quindi ci sentiamo impegnati a fiancheggiarla per aiutarla a decidere insieme quali siano le migliori e soprattutto quali siano le maniere migliori per implementarle e per metterle in pratica nell'interesse di tutti i sardi.

Vorrei però entrare nel merito di un tema che mi sta particolarmente a cuore, anche per la mia storia professionale, cioè quello della sanità; una materia sulla quale si impone una scelta circa il modello di organizzazione e di gestione che vogliamo assegnare al nostro servizio sanitario. E queste scelte sono preliminari a tutti gli altri atti, sia legislativi sia di programmazione, incluso il Piano sanitario regionale che, come è noto, dobbiamo rifare, in quanto il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna, con una sentenza dello scorso mese di dicembre, ne ha annullato buona parte, o almeno la parte più importante.

Noi ci troviamo oggi di fronte a un sistema che, da un punto di vista tecnico, si potrebbe definire di tipo emiliano, cioè un modello mutuato da quello delle regioni del centro-nord Italia, in particolare dell'Emilia-Romagna. Io direi addirittura emiliano rafforzato, con una centralizzazione molto rigida del processo decisionale in capo alla Regione, e un tipo di programmazione assai poco flessibile. Il controllo dei costi sembra essere stato il principale, se non l'unico, obiettivo della maggioranza che ci ha preceduto alla guida della Regione, e questo - sia detto senza falsi infingimenti - è comunque un aspetto di grande rilevanza, un obiettivo che dovremmo perseguire anche noi, perché dal controllo dei costi dipende la buona salute economica della Regione in generale, e più in particolare del servizio sanitario.

In una organizzazione configurata come quella che ci è stato lasciata in eredità, si è scelto di favorire la massima integrazione possibile dei servizi e delle strutture erogatrici delle prestazioni, sia in senso orizzontale sia in senso verticale, e questo bisogna dire che è una buona cosa, è un fatto che, nei limiti del possibile, dobbiamo cercare di salvare anche noi. Ma affianco a questo si è ridotta al minimo - e questo invece è un aspetto negativo - l'autonomia decisionale delle aziende e delle stesse istituzioni locali, al di là della partecipazione più o meno formale a comitati pletorici e burocratici privi del reale potere di incidere sulle scelte.

Ci troviamo di fronte a direttori generali deresponsabilizzati, trasformati in funzionari regionali - non che abbia nulla contro i funzionari regionali, ma ritengo che il mestiere di funzionario regionale e quello del manager di un'azienda sanitaria siano differenti, o almeno dovrebbero esserlo - direttori generali che quando si trovano di fronte a una decisione appena appena impegnativa sono costretti ad aspettare bolli e autorizzazioni preventive da parte della Regione o del funzionario di turno. Il sistema che ne è scaturito è quindi inevitabilmente un sistema privo di iniziativa dal basso, un sistema slegato dalla realtà e dalle esigenze locali, e soprattutto privo della prontezza necessaria per reagire alle domande che vengono dai territori. La dimostrazione di questo è fornita ad abundantiam, credo, dalle inaccettabili liste d'attesa cui lei, Presidente, in campagna elettorale, e l'assessore Liori, nelle sue prime dichiarazioni pubbliche, avete giustamente detto di voler porre riparo nel più breve tempo possibile.

E' inutile, adesso, tornare sul profondo grado di disagio e di insoddisfazione che la nostra gente avverte nei confronti del sistema sanitario; l'abbiamo detto e ripetuto in campagna elettorale in tutte le salse, e credo che ciò sia stato anche parte rilevante del successo che i sardi le e ci hanno fatto conseguire nelle elezioni del 15 e 16 febbraio. Voglio invece tornare sulla considerazione che, nonostante si sia scelto di far pagare ai cittadini un prezzo così alto in termini di qualità e di quantità delle prestazioni, non è stato centrato neanche l'obiettivo del controllo dei costi. Infatti, i dati dei preconsuntivi provenienti dalle aziende sanitarie, a oggi, rivelano un deficit di bilancio vicino ai 90 milioni di euro. Siccome, per esperienza, sappiamo cosa succede quando poi si arriva ai consuntivi definitivi, è facile ipotizzare che il buco sia almeno di un centinaio di milioni.

Io ho letto, nei giorni scorsi, una preoccupante intervista dell'ex assessore Dirindin a "La Nuova Sardegna", e la fonte della preoccupazione era costituita dal fatto che la Regione, consegnata nelle nostre mani, nelle mani del centrodestra (mani evidentemente incapaci di gestire) potesse sprofondare rapidamente a livello di "Regione canaglia", cioè di Regione che non rispetta i tetti di bilancio della sanità. Bene, io non mi intendo di "canaglieria" e affini, e quindi non so a che livello di deficit scatti la patente di "Regione canaglia", però mi pare che le preoccupazioni della professoressa Dirindin siano abbastanza infondate perché, a occhio e croce, ictu oculi, potremmo essere già una "Regione canaglia", e questo non per effetto delle nostre scelte, che non abbiamo ancora effettuato, ma in virtù di un'eredità ricevuta.

Di fronte a questa difficile situazione è necessario operare una grande scelta di tipo sistemico, cioè scegliere se vogliamo tenerci questo tipo di sistema, sburocratizzandolo, "flessibilizzandolo", prestando quel tanto di manutenzione che un sistema di questo genere consente, oppure se effettuare, come ritengo più opportuno, una scelta più coraggiosa, una scelta, cioè, che ridia spazio alle iniziative dei singoli, che sia più attenta alle esigenze che sorgono dalle collettività locali, e, soprattutto, che introduca nel sistema una buona dose di sana competizione tra i soggetti erogatori delle prestazioni.

Oggi - è ormai riconosciuto dalla maggior parte degli esperti - il sistema sanitario della Regione Lombardia è quello più moderno e avanzato del Paese, quello che meglio risponde alle esigenze degli utenti; basti ricordare che quella Regione assorbe da sola circa il 30 per cento dell'intera migrazione sanitaria del Paese, più un sistema caratterizzato da un numero ridotto di aziende sanitarie locali, alcune delle quali molto grandi (quella di Milano serve una popolazione superiore ai 3 milioni) e da un numero elevato, invece, di soggetti, di strutture ospedaliere e non ospedaliere, pubbliche e private, che competono tra di loro nel mercato. Una competizione non selvaggia, intendiamoci, una competizione che avviene in un ambiente ben regolato e controllato da un potere pubblico forte e autorevole.

E' chiaro che non ignoro che succedono anche pasticci, lo leggiamo sui giornali, lo sentiamo in televisione, ma questi succedono in tutte le Regioni italiane, direi in tutto il mondo, sono legati alla natura umana; non c'è legge, per quanto ben fatta, che possa impedire che sorgano pasticci. Infatti in Lombardia il sistema, oltre ad alcune realtà di eccellenza sotto il profilo sanitario assistenziale, a cui spesso anche i sardi devono fare riferimento (cito per esempio il San Raffaele di Milano, l'Istituto nazionale dei tumori, l'Istituto europeo di oncologia, il San Matteo di Pavia, e potrei fare un elenco lunghissimo) vantano anche un bilancio sostanzialmente sotto controllo; la Lombardia nel 2007 ha speso circa 1695 euro a cittadino contro la media nazionale che è superiore ai 1720. Non ignoro che la Sardegna ha speso di meno, ma sappiamo tutti a quale prezzo e a quali condizioni.

Naturalmente io non sto dicendo che dobbiamo adottare il sistema lombardo, il sistema lombardo non è applicabile sic et simpliciter alla nostra realtà. La realtà della Sardegna è molto differente rispetto a quella della Lombardia: 1 milione 600 mila abitanti contro 9 milioni, una popolazione sparsa su 24.000 chilometri quadrati con le ben note difficoltà dei collegamenti. Dico solo che la Lombardia potrebbe essere un buon modello a cui ispirarci e in cui inserire, in un tutto armonico e funzionale, esperienze che sono state effettuate in altre Regioni d'Italia, direi in altri Paesi del mondo. Parlo ad esempio dell'adozione di sistemi di area vasta, della maggiore integrazione del privato (che poi è pubblico a gestione privata) nel sistema pubblico; dell'istituzione anche di aziende ospedaliere e locali di ridotte dimensioni.

Quando parlo di questi argomenti molti interlocutori mi guardano come un marziano, ma, in realtà, sono cose che già succedono. In Sardegna ci sono aziende sanitarie private con 7, 8, 10 milioni di budget che riescono a fornire una buona qualità delle prestazioni, tanto che la domanda dei cittadini continua ad aumentare e solo i tetti rigidi impediscono di andare oltre, e con un bilancio che viene chiuso normalmente in utile. Un utile modesto - non siamo più a 20 o 30 anni fa - però mi domando per quale motivo una struttura pubblica con 30, 40, 50 milioni di budget di bilancio non possa ottenere gli stessi risultati assistenziali e chiudere i bilanci non dico in utile, ma almeno in pareggio; secondo me è possibile.

I riformatori le offrono queste riflessioni, signor Presidente, sperando che le siano utili. Noi sappiamo che l'assessore Liori è probabilmente quello fra i suoi Assessori che ha davanti a se il compito più difficile, le responsabilità più gravose, perché sappiamo quanto pesi, quanto peserà nella valutazione dell'operato dell'amministrazione, della sua e della nostra amministrazione, nella percezione del successo della sua e della nostra amministrazione la soddisfazione di un bisogno primario quale quello dell'assistenza sanitaria. Per questo garantisco che i riformatori non le faranno mai mancare la loro attività di supporto, di vigilanza e di partecipazione sui temi della sanità. Siamo consapevoli che sono temi sui quali si decide, si può decidere un'elezione regionale, e credo che, sui risultati del 15 e 16 febbraio, molto abbiano inciso questi temi.

Sappiamo bene che sono temi su cui si gioca buona parte della credibilità della nostra amministrazione, e sappiamo anche bene quanto sia facile sbagliare, data la loro complessità e la difficoltà di trovare soluzioni condivise. Sui temi della sanità non bisogna quindi abbassare la guardia neppure per un momento; se lo facessimo rischieremmo di trovarci davanti a un sistema con i costi fuori controllo, ad una programmazione senza strategia e senza anima, ad uno scadimento progressivo della qualità e della quantità delle prestazioni, insomma, all'insoddisfazione della gente, che è quella che abbiamo registrato in questi mesi di campagna elettorale.

Sulla sanità non si può sbagliare; oggi è forse facile costruire e iniziare bene sulle macerie fumanti dell'intolleranza di chi ci ha preceduto, ma fra sei mesi, fra un anno, Presidente, gli elettori, i cittadini, ci chiederanno conto dei risultati, conto delle nostre scelte, ci chiederanno quali risultati abbiamo raggiunto. E' per questo che nell'augurare sinceramente, ancora una volta, buon lavoro a lei e ai suoi Assessori, le garantiamo che i Riformatori non avranno distrazioni, saranno vigili e solerti nel promuovere e sostenere le scelte in materia sanitaria nella nostra coalizione.

Chiudo, Presidente, richiamando la sua invocazione alla fine del discorso delle dichiarazioni programmatiche: "Che Dio ci aiuti, che Dio benedica la Sardegna". Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Signora Presidente, signor Presidente della Giunta regionale, signori Assessori, colleghi consiglieri, ho ascoltato con attenzione le dichiarazioni programmatiche del presidente Cappellacci, e ho letto con scrupolo l'allegato con gli approfondimenti al quale ci ha rimandato durante il suo intervento; l'impressione avuta è stata, devo dire, inferiore all'attesa.

Mi rendo conto, ovviamente, che si tratta di dichiarazioni programmatiche e che avremo modo, più avanti, di effettuare valutazioni più approfondite, tuttavia, mi pare non ci sia stata sufficiente attenzione su alcuni temi di fondo, in modo particolare su quelli di stretta attualità, su quelli sociali, sulla crisi occupazionale e sulla crisi industriale della Sardegna.

E' vero - lo ha detto lei, Presidente, e lo hanno ripetuto gran parte degli intervenuti nel dibattito - la globalizzazione, la grande crisi mondiale che investe molti paesi difficilmente può lasciare indenne la nostra Isola. E' altrettanto vero, però, che in un programma d'inizio legislatura non possono essere sufficienti le sole enunciazioni. Sulle difficoltà complessive delle nostre realtà industriali, in particolare di quella parte di Sardegna da cui provengo, il Sulcis Iglesiente, non posso non segnalare in quest'Aula il grido di dolore lancinante delle migliaia di lavoratori dal futuro incerto e per molti versi compromesso.

Non basta richiamare i problemi per risolverli, come mi pare sia stato fatto. E' necessario indicare percorsi da seguire e dire concretamente come ci si propone di risolverli, anche perché durante la campagna elettorale sono state elargite promesse di rapida soluzione, sia da lei sia dal suo principale sostenitore, ovvero il Presidente del Consiglio dei ministri. Avete suscitato speranze e attese che sono state ripagate, mi pare ampiamente, in termini elettorali, e queste attese e queste speranze non possono essere assolutamente disattese.

La situazione è ancora la stessa, nonostante gran parte dei titoli dei giornali dicano che sia stata risolta. In realtà c'è stato l'accordo che i sindacati non potevano non firmare sulla cassa integrazione per un massimo di 350 operai dell'Euroallumina e sull'integrazione per quelli delle imprese d'appalto per un anno, di questo si tratta. Era assente il Governo ed era assente soprattutto la Rusal, che non ha mandato nessun rappresentante. Insomma, la situazione è la stessa di qualche mese fa.

Per aggiungere qualche elemento in più le dico, signor Presidente, che quel documento, che è stato sottoscritto l'altro giorno, i sindaci in delegazione al Ministero dell'industria qualche settimana fa lo avevano già visto e avevano espresso disappunto al dirigente incaricato dal Governo perché non dichiarava nulla sulla questione del mantenimento della realtà industriale e sulla garanzia minima della riapertura fra un anno. Inoltre mi pare - e questo mi dispiace doverlo dire - che l'assessore Farris, che in questo momento non è presente, non abbia fatto una gran bella cosa - lo dico a lei, Presidente - impedendo ai sindaci di prendere parte all'incontro. L'esordio non è stato dei migliori. Insomma, un'intesa aleatoria che non offre nessuna soluzione strutturale per quella fabbrica e per il futuro dell'alluminio in Sardegna.

Lei ha detto che sarà urgente difendere il nostro apparato industriale fuori da logiche meramente assistenziali, ponendolo nelle condizioni di competitività indispensabili per stare sul mercato, con interventi per il rilancio del settore chimico regionale, del settore minerario e metallurgico del Sulcis Iglesiente e del comparto tessile della Sardegna centrale. Ma cosa vuol dire? Così come va apprezzato quanto ha detto sul carbone Sulcis (ovvero che si intende proseguire sul percorso già tracciato dalla precedente amministrazione regionale, lavorando sul Progetto integrato centrale-miniera con l'utilizzo di nuovi sistemi per ottenere emissioni zero, in grado di integrare le nuove tecnologie per la cattura dello CO2) allo stesso modo mi sarebbe piaciuto sentire nel suo intervento (e forse avrebbero voluto sentirlo più di me i lavoratori interessati) che cosa fare del comparto dell'alluminio e del futuro di tutte le realtà industriali ad esso legate. Di questo non vi è traccia.

Altra questione della quale vorrei chiedere conto riguarda la bonifica delle aree minerarie dismesse e dei finanziamenti dirottati dal Governo per realizzare opere in altre parti d'Italia. Il Sulcis Iglesiente guspinese ha storia mineraria vecchia di secoli, la storia di un popolo che ha scavato le viscere della terra per tirare fuori un pezzo di pane; in particolare negli ultimi 150 anni di attività mineraria lo sfruttamento delle miniere, soprattutto di quelle metallifere, da parte di tutte le società che si sono alternate nella gestione, compresi lo Stato e la Regione che vi hanno partecipato, ha lasciato ai nostri territori ingenti strutture derelitte, ma soprattutto vaste aree compromesse da riqualificare. La precedente amministrazione regionale ha avviato un importante lavoro di riqualificazione dei siti contaminati, destinando risorse e programmando interventi per consentire ai comuni di riappropriarsi di territori da troppo tempo inutilizzabili, riparando un danno che fino a poco tempo fa in pochi si erano presi la briga di sistemare. Questo è un tema completamente assente dal suo intervento, a cui spero possa porre rimedio.

Sarà che questa Regione non ha bisogno di un governo con una grande idea, come è stato detto, però mi pare che tutto il suo intervento, signor Presidente, sia costruito cercando di omettere le grandi idee di lavoro che chi l'ha preceduta ha saputo pensare e realizzare, perché oltre alle visioni strategiche e agli assi strategici sui quali costruire il programma, come lei dice, credo sia importante capire esattamente il presente, avendo l'onestà intellettuale di riconoscere quanto è stato fatto, da cui occorre partire.

Questo, Presidente, mi creda, non la rende più debole; io credo sia il contrario. Avrebbe potuto riconosce lo straordinario risultato ottenuto sulla vertenza entrate, che ha determinato un incremento di risorse dal 2010 di 1,6 miliardi di euro in più all'anno, oppure il Piano sanitario regionale approvato dopo vent'anni, o i risultati sulla raccolta differenziata dei rifiuti, passata dal 5 al 50 per cento, o quelli del piano di smilitarizzazione dell'isola, o della rete di banda larga che permette a tutti noi connessioni con Internet a velocità al passo coi tempi, o ancora quelli della legge regionale numero 9 del 2006, conosciuta meglio come Fondo unico, che ha permesso a tutti i comuni della Sardegna di avere più risorse senza vincoli di destinazione, con un incremento importante rispetto alle destinazioni che giungevano con le vecchie leggi vincolanti, lasciando la possibilità di programmare secondo le necessità.

E cosa dire dei piani di riqualificazione urbana comunali, come Civis, Domos, Biddas e altri, che hanno dato ai comuni la possibilità di arricchire i centri cittadini e promuovere interventi di miglioramento urbano che erano prima assolutamente insufficienti? Avrebbe potuto citare i dati sul turismo, che in Sardegna, al contrario di quanto accade nel resto d'Italia, continua a crescere. Nel 2007 la Sardegna era stata la regione italiana che aveva registrato il maggior incremento sui flussi turistici totali, e il dato l'ha fornito l'Istat, affermando che sono aumentati del 18 per cento gli arrivi e del 15 per cento le presenze. Nel 2008, poi, nonostante l'acuirsi della crisi e l'ottimo risultato del 2007, i flussi turistici hanno continuato a crescere, il movimento passeggeri negli aeroporti ha registrato un aumento consistente, e questo anche grazie anche a 75 nuovi voli low cost (nel 2004, quando la precedente amministrazione è partita, erano soltanto 6). Nel 2008, infatti, la crescita del movimento passeggeri è stata del 6,25 per cento, con una punta a Cagliari del 10,44.

Non ho trovato nel suo intervento una parola sui fondi raddoppiati per le politiche sociali e io credo che una differenza importante tra una buona e una cattiva amministrazione la faccia proprio il grado di sensibilità nei confronti dei più deboli della società. Altro tema su cui vorrei soffermarmi riguarda la questione delle politiche giovanili, ovvero della partecipazione attiva dei giovani alla vita sociale e civile, tema che continua a fare discutere, soprattutto perché è quasi sempre trascurato, e anche lei, purtroppo, non ha fatto eccezione, non dedicandogli neanche una riga. Questo è un tema che ha sollevato anche un collega della maggioranza, mi pare Sanjust, col quale su questo mi trovo d'accordo. Colgo però l'occasione per raccomandargli (ovviamente sottovoce e molto sommessamente) un po' più di serenità e prudenza nei suoi interventi, anche perché la campagna elettorale è finita e non è il caso di metterci tanto accanimento ingiustificato. Ora, del resto, in maggioranza ci siete voi e siamo noi a chiedervi conto del governo della Regione.

Per tornare alla questione, le politiche giovanili fanno parte, soprattutto in questi ultimi anni, delle linee di intervento di gran parte dei paesi europei, perché se è vero che l'indifferenza cinica abbinata all'indifferenza emotiva allontana i giovani dall'idea di un futuro credibile, è certamente vero che è impensabile uno sviluppo della democrazia che non tragga forze e spirito dall'energia delle giovani generazioni. La Sardegna ne ha assolutamente bisogno.

Signor Presidente, io credo che la Regione sarda abbia compiuto in questi anni passati un percorso chiaro di cambiamento, cercando di aprire nuove prospettive di sviluppo, di giustizia sociale e di riforma delle istituzioni, dando un senso profondo alla specificità, all'autonomia e alla rinascita della nostra Isola. Non trascuri il lavoro che è stato fatto: ne avrà vantaggio lei e ne avrà vantaggio la nostra isola. Buon lavoro.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Christian Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS CHRISTIAN (P.S.d'Az.). Onorevole Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, onorevoli colleghe e consiglieri, consentitemi innanzitutto di unirmi a quanti hanno già formulato a ciascuno i migliori auspici per un proficuo lavoro nella legislatura che si apre, estendendo quest'augurio all'intera Sardegna e a tutti i sardi che in questa drammatica congiuntura storica, sociale ed economica, necessitano come mai di un impegno serio e costante dell'intera classe politica per ottenere risposte concrete ai bisogni che nel quotidiano li attanagliano.

Intervenire in questa prima discussione della XIV legislatura, dopo le voci dell'esperienza e della competenza politica che si sono alternate fin dalla presente seduta, non è cosa semplice. Il rischio della ripetitività, di ricadere nell'edonismo oratorio di un mero esercizio di stile pur di partecipare a un rito che deve consumarsi per tradizione mi è ben presente e ne avverto per intero l'inutilità. Ora più che mai la gente chiede alla politica rigore, sobrietà e lucidità. Emerge un sentimento diffuso e un'istanza forte per il cambiamento che non può e non deve significare restaurazione, quanto piuttosto superamento consapevole e condiviso di metodi, strategie e interventi che non hanno portato i risultati attesi.

Ma questo concetto democratico e moderno di superamento - senza scomodare l'esempio di Tocqueville - implica necessariamente la capacità di individuare e riconoscere anche quanto di buono negli anni è stato fatto e può essere mantenuto come base per il cambiamento. Sotto questo profilo, signor Presidente, ho apprezzato, nella sua proposta di programma di legislatura, il richiamo all'adozione di un metodo di governo partecipativo ed il riferimento molto pragmatico alla democrazia dell'alternanza. Voglio intenderlo come anelito ad una democrazia matura e consapevole del fatto che, al di là delle differenti e legittime visioni tra forze politiche, non possiamo permetterci il lusso di distruggere ad ogni cambio di maggioranza tutto quel che è stato fatto per ricominciare da capo.

Una legislatura non sarà, infatti, mai sufficiente per cogliere i frutti di un'impostazione radicalmente nuova ed il rischio concreto, e già sperimentato, ahinoi, in passate esperienze, è quello di un perenne cantiere, di un continuo inizio, di una fase destruens imperitura immobile nel tempo, che lascia però fuori da quest'Aula soltanto inutili attese tradite. In ciò raccogliamo, purtroppo, l'eredità difficile di quindici anni di una transizione incompiuta del sistema politico e democratico a livello nazionale, da quella che è stata giornalisticamente definita Prima Repubblica, ad un caotico circo delle sterili contrapposizioni, magmatico, indefinito tanto da generare il più alto tasso di disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Quindici anni nei quali politica e società hanno marciato su linee divergenti.

Chi guarda alla superficie della contesa politica, e tanto più nella sua proiezione televisiva, coglie i segni di una dismisura, di un eccesso, e insomma, di una frattura non colmabile, non riducibile dentro i limiti fisiologici di una democrazia dell'alternanza. Ed è tratto a dedurre da questa polemica senza tregua e senza remissione la realtà di una società radicalmente divisa sul piano degli interessi, della visione, dei valori. Ma se appena poniamo lo sguardo al di sotto di questa superficie clamorosa per cercare indizi significativi del comune sentire, scopriamo che le cose non stanno così, accertiamo che la faziosità politica non interpreta, ma falsifica la struttura e il sentimento sociale.

In altre parole, il sentimento sociale, il conflitto messo in scena dalla politica risulta artificioso e deviante sul paragone della vita sociale. Si avverte che a una società più disorientata che fratturata viene imposta la rigidità di uno scontro politico fomentato da un manierismo ideologico senza verità e senza progetto. C'è qui un paradosso e insieme lo spreco di un'occasione mancata. Non è per caso che si torna a visitare con enfasi rinnovata la distinzione tra politica e società civile secondo una lettura francamente deviante. Girotondi e movimenti interpretati da un lato come espressione univoca della realtà sociale, e dall'altro la ripetuta polemica contro il teatrino della politica, sono, messi insieme, la traccia di una incomprensione in ordine all'esigenza di un rapporto transitivo tra l'azione politica e il contesto comunitario.

Accade così che sul versante sociale risulta incontrastata la tendenza degli interessi più forti a chiudersi in vigorosi assetti corporativi, mentre su quello istituzionale si va dispiegando tutto l'impegno della politica in termini di bulimia riformatrice. La questione al fondo di tutte le altre sarebbe quella di rifare la "forma della politica", ma la fatica dei contendenti sembra quotidianamente consumarsi nell'assillo di fare le riforme. Il cantiere è insonne, non c'è problema che venga affrontato fuori dall'ottica di un radicale cambiamento, tutto si riassume nell'idea che la stanchezza democratica e l'inettitudine della politica si possano guarire inseguendo la semplificazione delle procedure, la riduzione delle regole e, insomma, incidendo sulla delicata complessità del sistema democratico.

L'idea che governare sia comandare, il fastidio per l'impaccio della dialettica assembleare, la convinzione che l'investitura popolare sia l'inizio e la fine della geografia democratica, la presunzione di un nesso indiscutibile tra concentrazione del potere ed efficienza delle decisioni, sono, in ultima analisi, la costante del pensiero politico trasversale agli schieramenti di questi ultimi quindici anni.

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, dinanzi a uno scenario quale quello che ci circonda, il nostro più grande impegno per dare risposte alle esigenze e alle aspettative dei sardi è quello di ricreare da subito i presupposti essenziali del nostro sistema democratico. Vanno bene, signor Presidente, i tre momenti dell'azione di governo: l'ascolto, lo sviluppo, le nuove regole. Ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che perché possano attuarsi è necessario recuperare un clima di civiltà ed eticità della politica, fondato sul rispetto e il riconoscimento reciproco. Le urne hanno consegnato all'alleanza programmatica tra il P.d.L., l'Unione di Centro, i Riformatori Sardi, l'U.D.S. Sardegna-Socialista, l'M.P.A. e noi sardisti, la responsabilità di governare con una maggioranza piuttosto ampia. La presenza del Partito Sardo d'Azione in questo quadro politico - all'esito di un percorso congressuale anche doloroso e lacerante - vuole contribuire, al di là del fatto numerico, ad una connotazione in termini di approccio alle problematiche, di metodo e di priorità strategiche per l'Isola.

Viviamo un tempo di rapidi e profondi mutamenti epocali. Viviamo in un momento di fermenti, di dubbi e di speranze. Un momento in cui siamo alle soglie o stiamo già vivendo il passaggio ad un mondo in cui la costruzione del bene comune troverà sempre più il fondamento nella creatività, nella fantasia, nell'intraprendenza dell'uomo. Inevitabilmente, in un contesto di globalizzazione, anche la competitività internazionale avrà il proprio discrimine nel capitale umano come fattore di crescita e di sviluppo dei sistemi economici.

Egregio Presidente, ella ha opportunamente fatto il primo degli assi strategici del programma che presenta a questo Consiglio, sottolineando l'esigenza di investire sui giovani, sul loro livello di istruzione e sulla loro formazione. Su questo tema non può che incontrare tutta la mia sensibilità ed il mio impegno perché investire sui giovani, ai quali mi accomuna la condivisione generazionale di ansia e aspettative sul futuro, significa aiutarli nell'investimento più importante della loro vita: la propria cultura, la propria formazione. Significa aiutare quotidianamente la Sardegna di domani perché l'emancipazione culturale, l'internazionalizzazione dei percorsi formativi, il diritto allo studio, rappresentano l'unico vero strumento di riscatto e progressione sociale ed economica.

Su questo terreno può, a nostro avviso, sperimentarsi il suo richiamo alla maturità del sistema politico, anche nel riconoscere una linea di continuità rispetto a quanto di buono è stato fatto nel passato, soprattutto con riferimento agli stanziamenti specificamente destinati.

Merita apprezzamento, signor Presidente, ancora l'intento programmatico di restituire protagonismo ai governi locali in un'ottica di coinvolgimento e partecipazione. Apparecchiare una nuova centralità della persona e dei territori significa, infatti, radicare la politica dentro la dimensione sociale; vuol dire ritrovare la ragione morale della politica, perché è in questo radicamento che la politica giustifica il suo potere, rende feconde le sue competizioni, significativa la sua lotta. Questa interpretazione del valore umano della politica è tutta inscritta nel codice di noi sardisti. In un caos geopolitico che esige l'impresa grandiosa di un nuovo ordine internazionale, in un incrocio della storia che domanda alla politica il recupero del suo primato nei confronti delle competizioni, della tecnica e dell'economia, questa domanda sulla ragione morale del potere non può essere elusa.

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, i tempi della discussione odierna e l'occasione non consentono di sviluppare riflessioni specifiche sui diversi settori del governo regionale: dalla conoscenza all'industria, dal turismo al lavoro, dalla sanità all'agricoltura, alla programmazione. Vi saranno modi e tempi in quest'Aula per poter confrontare e illustrare le nostre proposte.

C'è parso, invece, opportuno soffermaci sui presupposti indispensabili perché le diverse politiche di settore possano realizzarsi efficacemente. Tra questi presupposti non possiamo però sottacere oggi quello che rappresenta il fondamento del nostro accordo programmatico e che rappresenta la chiave di volta per legittimare il governo diretto della nostra terra: lo Statuto. Il popolo sardo deve essere chiamato a riscrivere le regole comuni del proprio stare insieme e i cardini dello stare nel contesto internazionale ed europeo.

L'Assemblea costituente è la via maestra, soprattutto in una contingenza storica dove lo Stato italiano imprime una notevole accelerazione alla riforma federale. La parola del federalismo va sottratta alla cabala delle convenienze e restituita alla sua virtù, quella che perorava Cattaneo quando nella dissoluzione degli imperi centrali vaticinava un'Europa federale di popoli liberi. Questo sogno lontano è adesso nell'agenda più attuale dell'impegno politico.

Oggi, dinanzi alle roboanti possibilità dei partiti italiani, abbiamo consapevolezza dei nostri limiti economici, mediatici e strutturali, ma le nostre ragioni sono più grandi di noi e sentiamo che ci riesce di interpretare molti stati d'animo, molte attese deluse, molte istanze che salgono sempre più forti dalla società sarda. Idealmente rappresentiamo, dapprima di tutti gli altri, l'aspirazione di un popolo a esercitare una sovranità sul proprio territorio, a poterlo governare autonomamente pur in un contratto sociale con il consenso internazionale ed europeo.

Sarebbe un errore non cogliere nella società attuale l'oramai consapevolezza dei sardi di essere nazione, con un patrimonio di specificità e peculiarità uniche. Siamo e vogliamo essere chiamati ad essere sempre più artefici del nostro destino, affrancandoci dal secolare - seppur sempre sotto rinnovate forme - colonialismo, già lucidamente denunciato da Giovanni Maria Lei-Spano agli albori del secolo scorso e perpetrato nei decenni a seguire dalle servitù militari, dallo sfruttamento ambientale e umano della chimica di Stato, dal mancato ristorno delle quote di imposte e tributi alla Regione.

Scriveva proprio il giudice di Ploaghe nel 1922: "Abbiamo il primato di tutte le deficienze, di tutte le avversità naturali e legali. Abbiamo da lamentare il massimo taglieggiamento nei favori che lo Stato concede alle altre regioni". Il nostro non deve essere supino pietismo, ma rivendicazione dei diritti naturali. Va rilanciata con forza e in chiave moderna una questione nazionale sarda come strumento fondamentale per l'affermazione, senza i troppi lacci e laccioli delle burocrazie statali, di un modello complessivo di sviluppo sostenibile dell'Isola, in grado di garantire il riavvio dei settori strategici e con esso la produzione di ricchezza endogena e il benessere diffuso.

Ha destato particolare scalpore mediatico, qualche tempo fa, la sostituzione da parte del Governo del Bhutan del prodotto interno lordo come indicatore della ricchezza della Nazione, con un nuovo indicatore, la felicità interna lorda, che tiene conto della qualità della vita, della cultura, della serenità dei propri cittadini. Ecco, anche a noi piacerebbe contribuire a realizzare una Sardegna ad alto tasso di felicità interna lorda. Questa legislatura si è aperta con alcuni segnali importanti: simbolica e storica è stata l'elezione dell'onorevole Lombardo alla massima carica di questa Assemblea, una donna giovane e capace, che con le citazioni impegnative di Eleonora d'Arborea e Grazia Deledda, ha evocato in tutti la storica modernità della cultura sarda in ordine alle pari opportunità.

Onorevole presidente Lombardo, ancora congratulazioni per questo alto incarico. Infine, consentitemi, nell'augurare ancora buon lavoro a lei presidente Cappellacci, alla sua Giunta da tutti noi, la citazione di un antico adagio indiano che recita così: "In tempi di particolare crisi e buio" - e questo credetemi lo è - "è meglio accendere un piccolo lume piuttosto che maledire l'oscurità".

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.

CONTU MARIANO (P.d.L.). Credo di dover iniziare questo intervento porgendo gli auguri al Presidente della Regione, alla Giunta, a lei Presidente Lombardo, gli auguri di un proficuo impegno perché il compito che ci è stato attribuito dai nostri cittadini è un compito arduo, un compito che ci mette nelle condizioni di dover dare il meglio di noi stessi per portare avanti quanto lei stesso, Presidente, ha illustrato nella relazione programmatica, quanto lei stesso ha voluto che fosse nei contenuti di questa azione programmatica, soprattutto pensando alla grave crisi che in questo momento attraversa la Sardegna in un contesto di crisi nazionale e internazionale legata a motivazioni che il mercato globale ha generato.

Io credo che in questo momento sia responsabilità nostra, piena, noi che siamo stati chiamati dagli elettori, sforzarci per superare ciò che una legislatura, quella trascorsa appunto, non ha fatto che aggravare per l'incapacità di interpretare i bisogni e le emergenze che si generavano di giorno in giorno.

Potrei oggi riprendere tutti i passaggi che hanno caratterizzato i lavori di quest'Aula, dove l'insipienza è stata manifestata fin dai primi atti compiuti in questo Consiglio, negando ai sardi diritti acquisiti, diritti ispirati dalla consapevolezza che comunque, rispetto al resto della Nazione, rispetto all'Europa, la Sardegna viveva momenti critici di difficoltà economiche legate a ritardi nell'applicazione di norme e sulla spendita di risorse urgenti. Si tratta di risorse che la stessa Unione europea ci aveva assegnato perché questi gap strutturali, questi gap infrastrutturali, queste difficoltà culturali, economiche e sociali che la Sardegna attraversava e che ci portavano ad essere sempre nella coda della classifica delle condizioni socioeconomiche della nostra Italia e della nostra Europa, potessero essere superate.

Io credo che gridi vendetta che centinaia di milioni di euro (faccio l'esempio del POR 2000-2006) messi a disposizione della nostra Isola, siano stati persi. Voglio riallacciarmi soprattutto ad uno degli obiettivi strategici individuati nelle dichiarazioni programmatiche relativo, appunto, agli interventi di sostegno alle imprese e alla gestione di un settore importantissimo per la nostra Isola, quello agricolo. E allora, partendo da uno di quei settori che ha sofferto di più in questi anni per le difficoltà legate alla mancanza di risorse o alla mancata utilizzazione delle risorse destinate ad esso, io voglio ricordare la battaglia per l'integrazione del prezzo del latte, ma voglio ricordare che ancora oggi scontiamo i ritardi relativi agli indennizzi per il benessere animale, per la forestazione, per l'infrastrutturazione in generale, e comunque sia rivolti ad un settore che soffre e che avrebbe dovuto essere invece uno dei settori trainanti della nostra economia.

Questo voglio dirlo perché dobbiamo riuscire a capire, quale è nella mente, ma quale è soprattutto nelle idee che si vogliono portare avanti in questo settore, la motivazione prima che deve portare a rendere disponibili interventi e risorse straordinarie per le imprese agricole. Da questo sono partito per tornare un attimo indietro, soprattutto per evitare che nel prosieguo noi possiamo ritrovarci di nuovo col mondo delle campagne a sfilare e a manifestare di fronte al palazzo della Regione in un continuum di manifestazioni che nell'azione del Governo regionale mai hanno trovato momenti di ascolto, mai hanno trovato soprattutto momenti di risposta.

Dalla crisi economica internazionale, dicevo, scaturiscono momenti di grossa difficoltà per la nostra economia, ma scaturiscono soprattutto per un motivo: per il fatto che noi rispetto alla crisi non abbiamo saputo intraprendere. Andiamo sull'altra pagina, quella delle imprese industriali: io ricordo che dopo un anno e mezzo di partecipazione ai lavori della Commissione industria, dissi al mio Capogruppo che non me la sentivo più di assistere ai lavori di una Commissione che sembrava più un'agenzia funebre che una Commissione che avrebbe dovuto lavorare su proposte e su progetti, ma soprattutto sugli interventi che potevano essere attivati rispetto alla crisi delle nostre imprese.

E arrivano i tagli sulla Legge numero 37, e arrivano le negazioni dei finanziamenti sui vari settori produttivi, a iniziare dall'artigianato e a finire col commercio, dove comunque sia noi troviamo ancora nei residui passivi le risorse destinate dall'amministrazione nel bilancio del 2004. Io credo che il Governo, che ha amministrato la Sardegna dal 2004 al 2008, abbia molte responsabilità per il fatto che la nostra Isola oggi attraversi alcune situazioni gravissime che sono sotto l'osservazione di tutti: un PIL che cresce poco e meno di quello nazionale; una disoccupazione in crescita esponenziale; una crescita esponenziale del ricorso agli ammortizzatori sociali.

Diminuiscono i consumi, cresce l'indebitamento delle famiglie, ma soprattutto voglio ricordare le manifestazioni in piazza della Caritas, dei sindacati, che hanno denunciato, a più riprese, la crescita delle nuove povertà. Nel suo documento, Presidente, scrive: "370 mila sono le persone che oggi vivono al di sotto della soglia di povertà". 370 mila persone sono un mare rispetto alle risposte che l'amministrazione regionale può, nel breve periodo, essere in grado di dare. Si sono attivati dei processi di analisi rispetto a queste nuove povertà. La "verità vera" è che questi processi non sono stati "antagonizzati", creando nuovi posti di lavoro attraverso la creazione di nuova economia.

Bene, proprio qui si è impattati in un'amministrazione che ha pensato soprattutto a negare qualsiasi risposta: basti pensare che si è portata la Sardegna ad essere sotto l'osservazione, non solo dell'Italia ma del mondo, per i diritti che sono stati negati. E voglio riferirmi innanzitutto al devastante impegno posto dall'amministrazione regionale, dalla maggioranza che ci ha preceduto, nel portare all'attenzione, non solo del nostro Consiglio regionale ma dell'Italia intera, il P.P.R.. Il Piano paesistico regionale per il blocco dell'economia isolana, che i vincoli in esse contenuti hanno determinato.

Quando si discusse in Aula quel piano io dissi che avrebbe generato un blocco dell'economia isolana per lo meno per cinque anni. Bene, quattro sono già trascorsi, e a tutt'oggi noi non abbiamo ancora avuto un Piano urbanistico comunale, approvato ed adeguato al Piano paesistico regionale. Quest'azione di negazione, quest'azione soprattutto di imposizione di vincoli, anche dove non sono necessari, ha generato complessivamente - non so calcolarle con precisione - migliaia, decine di migliaia di perdite di posti di lavoro.

Pensiamo alla frenata, per non dire al blocco, di un settore importante e trainante per l'economia sarda, con l'edilizia che ha portato ad un danno (che per il momento non sappiamo neanche valutare, e che forse ci troveremo a farlo nel corso di questa legislatura) rispetto alla necessità di dare il via ad uno di quei contenuti che caratterizzano e caratterizzarono l'azione di governo, cioè la realizzazione di quelle infrastrutture che alla Sardegna continuano a mancare e che dovrebbero costituire il nuovo volano di sviluppo per superare non solo l'ostacolo dell'insularità, ma anche tutti quei momenti critici che frenano lo sviluppo della nostra Isola.

Voglio dire che il piano di azione, che lei ha voluto presentare, credo che si basi, in modo particolare, sull'integrazione complessiva tra le diverse aree, quelle centrali e quelle periferiche, e tra le diverse parti di ognuna di esse, per far fronte ad una carenza di viabilità, ad una carenza di trasporti, ad una carenza di quei servizi di rete che dovrebbero garantire, nei diversi territori, una possibilità di crescita economica e sociale per le nostre popolazioni. Credo che lo spopolamento dell'interno sia legato fondamentalmente ad una mancanza di strategie, che porta la nostra gente a rimanere legata ai propri territori.

Credo che in questa direzione l'azione politica (ma soprattutto le iniziative economiche) debba soprattutto favorire nuovi insediamenti, o la possibilità che i nostri giovani possano trovare nel proprio territorio appagamento alle aspirazioni di una vita sociale, di una vita soprattutto non limitata alla sopravvivenza, ma supportata da un'economia che garantisca il benessere ai nostri giovani, e soprattutto alle nuove famiglie.

Io credo che l'integrazione territoriale vada bene, in vista soprattutto dell'integrazione dei settori produttivi. Abbiamo dei territori che presentano vocazioni specifiche. Le vocazioni specifiche vanno coltivate, ma vanno coltivate nel senso che devono essere indirizzate verso quella specializzazione di cui le economie hanno sempre più bisogno. Io credo che non si possa pensare all'integrazione dei territori senza pensare che nei territori, soprattutto dell'interno, non si possono continuare a trascurare le esperienze locali, che spesso sono anche esperienze di qualità, esperienze di eccellenza, che comunque trovano corrispondenza soprattutto nelle culture tradizionali, nell'esperienza tramandata, che riesce ad esprimersi, anche ad alti livelli, in attività di base, anche nelle zone più sperdute del nostro interno.

Voglio ricordare che noi negli anni abbiamo trascurato, relativamente alla necessità del rispetto ambientale, un concetto fondamentale: che l'ambiente deve essere comunque fruibile, che l'ambiente deve poter essere comunque utilizzato, mantenuto, custodito. E' vero che deve essere anche tramandato, conservato, ma non per questo ne deve essere negata l'utilizzazione produttiva. Non ci servono "riserve indiane", chiuse alla possibilità di essere destinate a essere risorsa economica.

Credo ora che sia importante entrare nel merito di uno dei principi dell'azione di governo che lei ha voluto evidenziare: quello della partecipazione del popolo alle scelte. Credo che in questo concetto, che va a caratterizzare l'azione di governo, il momento dell'ascolto sia il più importante. Ce lo dicevamo nei giorni scorsi, in un momento importante per la nostra parte politica, quella della fondazione del nostro partito. Ritengo che quello sia stato uno dei primi momenti di ascolto, che deve essere parte importante della politica di un Governo. Invece, nella passata legislatura abbiamo assistito alla negazione di qualsiasi confronto con le associazioni, ma soprattutto con le rappresentanze sociali; un atteggiamento che ha caratterizzato l'azione del precedente governo in tutti i momenti.

Io ricordo di aver partecipato, come tutta la minoranza, ad un'azione di confronto con il governo di Roma rispetto al problema delle entrate. Bene, in quel momento che sembrava che si volesse offrire la possibilità alla Sardegna di avere un confronto con il governo di Roma su un tema così importante il nostro sforzo si è concluso....

PRESIDENTE. Consigliere Contu, lei conosce le regole: allo scadere dei 20 minuti la parola è tolta.

E' iscritto a parlare il consigliere Cossa. Ne ha facoltà.

COSSA (Riformatori Sardi). Signor Presidente, colleghi, tutti gli interventi che si sono succeduti in quest'aula, a partire dalle dichiarazioni programmatiche del Presidente Cappellacci, hanno richiamato da un lato le gravi difficoltà della situazione presente, dall'altra le grandi aspettative che i sardi ripongono nell'azione della Giunta regionale. Proprio questi due elementi devono indurci a ragionare sulla centralità del ruolo della Regione quale soggetto di programmazione, regolazione e organizzazione delle competenze amministrative sul territorio e sugli aspetti organizzativi, vale a dire sul modello di Regione che questa Giunta e questa maggioranza tendono a costruire.

Sul primo punto va evidenziato come la Regione mantenga ancora in capo a sé rilevanti competenze in materia di amministrazione attiva che non sono state decentrate agli enti locali. Restano ancora parzialmente inattuati quei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione che non solo sono imposti dall'evoluzione costituzionale italiana ed europea, ma rispondono ad una precisa esigenza di modernizzazione ed "efficientizzazione" delle istituzioni. Il tema del rapporto con gli enti locali è assolutamente strategico. Vorrei dire all'onorevole Gianvalerio Sanna, che ha introdotto nel suo intervento il tema del fondo unico, che esso indubbiamente rappresenta un importante passo avanti ma che in realtà si tratta di una evoluzione del sistema introdotto dalla legge numero 25 del 1993, una delle più importanti conquiste del mondo autonomistico isolano che ha messo un punto fermo in un sistema nel quale vi era un rapporto di quasi sudditanza degli enti locali rispetto a chi governava in quel momento la Regione, che diventava arbitro dei destini di interi territori a seconda delle simpatie politiche o di corrente del sindaco.

Bisogna dare atto tuttavia alla Giunta Soru che è stata una scelta coraggiosa quella di riunire tutte le risorse destinate agli enti locali in un fondo unico senza vincolo di destinazione. Un passo fondamentale verso la piena responsabilizzazione degli amministratori dinanzi agli amministrati. Tuttavia è stato un atteggiamento bifronte e non si può tacere dell'altra faccia: quella del paternalismo nel rapporto con gli enti locali.

La Giunta Soru ha agitato il bastone e la carota della discrezionalità piena dell'Esecutivo nella distribuzione dei fondi europei e nella stipula delle intese introdotte dal Piano paesaggistico regionale; ha cercato, e spesso ci è riuscito; di placare il dissenso barattando la dignità degli amministratori con la benevolenza dell'amministrazione regionale. Questi comportamenti hanno gettato un'ombra sulla correttezza e trasparenza del rapporto istituzionale tra la Regione e gli enti locali, che è fatto di mille sfaccettature e non si esaurisce certo nel fondo unico. Il mondo delle autonomie locali, così variegato e così sensibile ai problemi dei cittadini, rappresenta una ricchezza insostituibile del nostro ordinamento, quello che ha scontato più pesantemente le conseguenze del difficile momento economico, l'interlocutore naturale, istituzionale della Giunta regionale, da collocare sempre in un piano diverso rispetto agli attori sociali, per definizione portatori di interessi particolari.

Presidente Cappellacci, c'è una parte che condivido particolarmente delle sue dichiarazioni: quella relativa al potenziale ruolo trainante delle città. La strada da seguire non può che essere quella della piena integrazione del territorio, del rafforzamento della sua coesione interna. In questo contesto, mi pare che la Regione non possa ignorare il ruolo della città capoluogo. Il governo nazionale ha cancellato Cagliari dal novero delle città metropolitane, io non so perché questo sia accaduto. Ma la Regione certo non può non porsi il problema di una città e di un'aria vasta che si pone al servizio di tutta la Sardegna ma che ha seri problemi di integrazione al proprio interno e non riesce a svolgere quel ruolo di locomotiva dello sviluppo che naturalmente le compete.

Un aspetto cruciale è il secondo punto che voglio affrontare, quello dell'organizzazione della Regione. Dovremo cogliere l'occasione della revisione della legge statutaria per superare un modello ormai datato, che affonda le sue radici nel classico sistema gerarchico funzionale di stampo ministeriale, per introdurre innovazioni che permettano alla macchina regionale di essere rispondente alle esigenze di una moderna amministrazione.

Vi sono nel Paese, a livello statale e regionale, esperienze che meritano di essere studiate e che hanno radicalmente trasformato il rapporto tra la pubblica amministrazione e il mondo dei cittadini e delle imprese in una visione non più settoriale, a compartimenti stagni, della politica regionale, ma organica, in grado di cogliere le interconnessioni e le relazioni tra diversi ambiti di governo e di impostare un'azione di governo coerente ed efficace. Si pone evidentemente la questione delle risorse umane, quelle alle quali è destinata la gran parte dei bilanci pubblici, quelle che determinano il successo o l'insuccesso delle politiche pubbliche, quelle di cui si tiene meno conto quando si formulano le strategie.

Nella passata legislatura abbiamo assistito, da parte della Giunta regionale, ad una sistematica e tenace azione di delegittimazione del personale del sistema amministrativo regionale, della stessa Regione, delle aziende sanitarie, degli enti. Non si è trattato, come sarebbe stato giusto, e anzi auspicato, di tagliare rami secchi, di premiare il merito e punire il lassismo, di individuare le sacche di inefficienza per eliminarle, se del caso anche con interventi drastici, è stato fatto tutt'altro, purtroppo. Brillanti professionalità sono state messe da parte, è stata premiata la fedeltà e l'accondiscendenza a scapito della competenza. Dov'è stato possibile, soprattutto in alcuni assessorati e nelle aziende sanitarie, è stata addirittura creata una struttura parallela, fatta di personale esterno che ha svuotato la struttura amministrativa, arrivando al paradosso che gli uffici preposti non erano a conoscenza di pezzi importanti dell'attività svolta dal loro ente. E questo non è stato certo a costo zero, visto che ha comportato anche uno sperpero rilevante di risorse pubbliche; tutto il contrario di quella moralità e accuratezza che si richiede a chi amministra la cosa pubblica.

Su questo fronte, Presidente Cappellacci, occorre agire subito. Io non credo che questa Giunta agirà con la brutalità con la quale chi l'ha preceduta ha cacciato i direttori generali delle AA.SS.LL. e i consigli di amministrazione degli enti, ma è necessario inviare un segnale forte, ai sardi anzitutto, e poi a coloro i quali stanno utilizzando questi ultimi mesi di potere per mantenere il controllo di ruoli chiave, e anche a quelli che, dopo anni di razzie, stanno già cercando di riciclarsi nei ranghi del centrodestra. Occorre tornare al merito, alla valutazione della capacità, incoraggiare chi interpreta il suo ruolo di funzionario pubblico come servitore della comunità e non del potente di turno.

Condivido molto anche l'attenzione dedicata ai problemi dell'ambiente, in Italia, il paese più bello del mondo. Ogni Regione ha le sue peculiarità, vi sono regioni rese uniche dalla straordinaria ricchezza di storia e di monumenti, alla Sardegna è stato donato un patrimonio realizzato non dall'uomo ma dalla mano stessa di Dio. Strettamente legato al tema dell'ambiente è quello dell'agricoltura, oggi in Sardegna allo stremo. Vorrei che a nessuno sfuggisse la gravissima crisi strutturale che attraversa l'agricoltura sarda, le sue difficoltà di mercato, i problemi insormontabili che affrontano gli operatori oppressi dai debiti e dall'aumento incontrollato dei prezzi di mangimi, concimi e sementi: è necessario un intervento immediato e straordinario per evitare che tra qualche mese ci troviamo al capezzale di un malato terminale; e c'è una cosa che si può fare nell'immediato, Presidente: erogare i risarcimenti alle molte aziende agricole e alle moltissime famiglie che hanno subito gravi danni a causa dell'alluvione dei mesi di ottobre e novembre del 2008.

Presidente Cappellacci, mi sembrava doveroso, in sede di discussione sul programma, almeno sfiorare alcuni punti nodali. E' evidente tuttavia che questa legislatura si inserisce in un momento importante dell'evoluzione del sistema politico-istituzionale italiano, e ci sono in particolare due eventi che potranno rappresentare un nodo fondamentale. Di qui a poco saremo chiamati a votare per un referendum - noi speriamo che si voti il 7 giugno - che mira ad imprimere in Italia una svolta decisa verso il bipartitismo, un tema questo che fa parte dello stesso patrimonio genetico di noi Riformatori, che vediamo in esso il naturale complemento del principio presidenzialista.

Nei giorni scorsi, poi, il Parlamento ha approvato definitivamente la legge sul federalismo fiscale; vedo un forte collegamento tra questi due temi, perché il bipartitismo può rappresentare per la Sardegna il presupposto per avere la forza istituzionale necessaria per affrontare i nuovi scenari che si apriranno con il federalismo. Presidente Cappellacci, noi ci aspettiamo che la Sardegna abbia una posizione forte nei confronti dello Stato, perché il federalismo aumenterà la conflittualità tra lo Stato e le Regioni ma aumenterà soprattutto la competizione tra le Regioni, e nessuno ci regalerà niente, come dimostra anche la vicenda del collegio separato per le elezioni europee, annunciato sino a ieri come cosa fatta e per l'ennesima volta sfumato.

A poco varrà il riconoscimento del gap derivante dall'insularità se non avremo la forza di imporre una rappresentanza della Sardegna nel Parlamento europeo, se permetteremo allo Stato di sottrarsi alle sue responsabilità anche stanziando adeguate risorse per garantire un'adeguata continuità territoriale ai cittadini sardi, e se sui prodotti sardi continuerà a pesare la doppia imposizione degli oneri di trasporto, falcidiando alla radice ogni seria e non marginale prospettiva di mercato. Su questo ci dovremo confrontare, e probabilmente scontrare, con il Governo nazionale. Su questo si misurerà la nostra capacità di riaffermare e di esaltare la nostra specialità, in un contesto istituzionale che si avvia decisamente verso il livellamento delle Regioni e la progressiva scomparsa delle autonomie speciali. Su questo si basa la nostra idea del partito dei sardi, la casa comune del centrodestra sardo, saldamente ancorata agli interessi dei sardi e della Sardegna.

Il tempo dirà quale sarà la capacità della Giunta regionale di affrontare queste sfide e di reggere con determinazione il confronto con lo Stato; molto dipenderà dal tipo di rapporto che questa Giunta intenderà instaurare con il Consiglio regionale. Chi parla rappresenta un partito a fortissima vocazione presidenzialista; nella scorsa legislatura siamo stati additati quali collaborazionisti per aver contribuito a respingere un emendamento alla legge statutaria che mirava a svuotare il principio presidenzialista: la cosa non ci ha toccato più di tanto; abbiamo costruito questo partito sulla coerenza ai nostri valori fondanti e sulla lealtà nei confronti degli elettori, non semplicemente sulla contrapposizione al centrosinistra. E proprio perché siamo presidenzialisti, siamo convinti che ad un Presidente dotato di forti prerogative debba fare da pendant un forte Consiglio regionale, in grado di sostenere un rapporto dialettico con la Giunta ed esercitare rispetto ad essa quelle funzioni di indirizzo politico, di controllo e di vigilanza che gli sono connaturate.

Ciò non significa introdurre elementi di rallentamento dell'azione politico-amministrativa della Giunta, ma porre le basi per una democrazia matura, nella quale i meccanismi istituzionali garantiscano rapidità ed efficacia nell'azione di governo ma anche correttezza della medesima. Non esiste, a livello regionale, un potere neutro del tipo di quello esercitato dal Capo dello Stato; questo richiama la responsabilità del Presidente del Consiglio regionale con la quale avrò l'onore di collaborare e alla quale esprimo tutta la mia stima personale, e alla quale intendo porgere in questa occasione i più sinceri auguri di buon lavoro.

Presidente Cappellacci, abbiamo affrontato assieme a lei questa campagna elettorale, ne abbiamo condiviso le ansie e le aspirazioni a governare per il bene della Sardegna, solo questo deve essere il nostro comune obiettivo e per quanto riguarda i Riformatori posso affermare con serena certezza che saremo fermi nel perseguirlo. L'augurio di buon lavoro che rivolgo a lei e alla sua Giunta a nome dei Riformatori, vuole significare che saremo al suo fianco con quest'unico obiettivo; da noi non riceverà mai imboscate da muretto a secco, avrà leale collaborazione sulla base di un rapporto che vuole diventare solido improntato a chiarezza delle relazioni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Signora Presidente, signor presidente Cappellacci, signore e signori Assessori, colleghi e colleghe, anch'io, nell'iniziare questo mio primo intervento in quest'Aula, voglio associarmi a quanti hanno voluto esprimere a tutti, all'intera Aula e alla struttura, un augurio di buon lavoro per un proficuo mandato nell'interesse dei sardi; un augurio quindi a noi ma principalmente alla Sardegna e al popolo sardo che ci ha delegato a rappresentarlo. Un augurio che da quest'Aula possano essere prodotti misure, provvedimenti, azioni che diano alla Sardegna una prospettiva di crescita e di benessere.

Le dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione appena eletto sono, e devono essere comunque, un documento di grande importanza; lo sono nel bene se sono esaustive, ricche di contenuti, lo sono nel male se sono povere di proposte e indicazioni. Le sue dichiarazioni, signor Presidente, al di là del tono conciliante, cortese ed ottimista, non ci convincono, e in quanto non ci convincono ci preoccupano, perché si intravede la volontà di non proporre alla Sardegna una idea ed un progetto. Non fa intravedere un progetto, non fa intravedere un'idea e anzi lei, nelle sue dichiarazioni, su questo fa un'affermazione molto impegnativa, dicendo: "la Sardegna non ha bisogno di una grande idea, abbiamo in giro tante idee da valorizzare, vedremo cosa fare".

Però, signor Presidente, mi permetto con molta umiltà di esprimere il dubbio che tante idee facciano un progetto, in quanto un progetto, un'idea la si deve innanzitutto volere, costruire e perseguire. E per adesso non mi sembra - mi auguro che più avanti possa essere smentito - che lei e la sua maggioranza lo vogliano. E se non si persegue un'idea complessiva e un progetto di prospettiva si è destinati a non dare una prospettiva alla Regione e si è destinati a un triste e drastico ritorno indietro.

L'onorevole Vargiu nel suo intervento parlava con molta convinzione di nessun disegno di restaurazione. Quanto di buono è stato fatto - diceva lui - verrà valorizzato. Sono certo che di quello che ha detto era profondamente convinto, e ancor di più ovviamente che era in buona fede, ma ho la sensazione che la forza delle cose non vada in quella direzione. Io sono profondamente convinto che se non c'è un progetto si è destinati a non governare bene, e questo non può farci piacere, non ci fa piacere perché non è nell'interesse della Sardegna che rappresentiamo, non lo è nell'interesse di chi ha bisogno, di chi non ha una casa adeguata e vive nel disagio abitativo, di chi sta perdendo il lavoro, del mondo delle imprese che affrontano una crisi economica (che tutti noi riconosciamo essere di proporzioni enormi) del mondo economico in generale.

Noi abbiamo interesse, signor Presidente, che voi, che lei, la sua Giunta, la sua maggioranza governiate bene, e però, viste le premesse, non possiamo essere ottimisti e siamo altresì preoccupati. In una congiuntura economica, non solo sarda, non solo italiana, ma mondiale così grave serve uno sforzo complessivo, innanzitutto per consolidare quanto già acquisito, innanzitutto per difendere quanto è già nelle nostre disponibilità, e questo mi sembra di capire non è un obiettivo prioritario di questa Giunta.

Qualche esempio lo può dimostrare: sui fondi della Sassari Olbia, una strada che ancora l'altro giorno ci ha ricordato di esistere e di esistere in quelle condizioni, su quelli per il risanamento delle aree industriali, si era pronti a partire e si è tornati al punto di partenza. L'esperienza di molti di noi - molti di noi sono anche amministratori locali - ci ricorda che è difficile, anche per oggettive difficoltà, realizzare in tempi non biblici opere importanti a cui la nostra gente aspira. E' difficile quando ci sono fondi, disponibilità finanziarie, quando si è già avviato un percorso, diventa praticamente impossibile se queste risorse vengono a mancare, se vengono dirottate per altri obiettivi estranei a quella realtà e quindi, se non si difende quello che è già è stato conquistato, diventa impossibile effettuare corrette e giuste operazioni di buon governo.

Veda signor Presidente, lei non ne ha fatto cenno in quest'Aula, e a mio parere lo ha fatto per onestà intellettuale, che io le riconosco, perché ormai è certo che la partita è persa, però abbiamo tutti noi, ma lei in particolare, per il ruolo che è chiamato a svolgere, delle responsabilità, abbiamo il dovere di non rassegnarci. Dicevo della congiuntura e della necessità di uno sforzo corale. Certamente non aiuta quello che si è sentito in qualche caso in quest'Aula; non aiuta sentire definizioni come "la Sardegna dei cocci", quella che è stata ereditata in questi mesi da questa Giunta, o addirittura "legislatura nefasta" a proposito di quella appena trascorsa. Credo serva innanzitutto il senso della misura.

Certo, la conquista di un ruolo di governo comporta il diritto a guardare a modelli alternativi, a soluzioni originali, il diritto a conferire una propria impronta a un proprio programma di governo, non viene meno però il dovere di spiegare dove si vuole andare e cosa si vuole fare. Non è ancora accaduto, accadrà io spero più avanti, si potrebbe dire però che c'è tempo, invece di tempo non ce n'è, perché servono interventi urgenti e risposte concrete, e le proposte, l'onere di formulare proposte, sta in anzitutto in carico a lei, signor Presidente, alla sua Giunta e alla sua maggioranza. Serve questo perché solo con le idee chiare si possono dare risposte, che per adesso non ci sono.

Certamente servirà anche quella continuità amministrativa, di cui tanto, chi ha avuto un ruolo di governo negli enti locali, ha più volte richiamato la necessità e si è sentito a questo più volte richiamato. Alle iniziative adottate nella scorsa legislatura - e sono tante - va data questa continuità; ne ricorderò solo alcune.

La vertenza sulle entrate. Con questa vertenza si è conseguito un risultato storico per questa Regione; si avrà la forza di consolidarlo? Pongo non a caso un punto interrogativo perché credo che lei, signor Presidente, dovrà vigilare affinché questo importante risultato resti acquisito e non vada messo in discussione.

Le servitù militari. Si è ottenuto un risultato storico nella scorsa legislatura; a La Maddalena siamo agli albori di una nuova era. Però ci sono delle aree, sempre a La Maddalena, non ancora nella disponibilità della Regione sarda. Su quelle aree non ancora disponibili io le chiedo chi deciderà cosa fare e a cosa destinarle. L'autorità militare, il Governo centrale oppure la Regione? Circolano voci inquietanti, preoccupanti - anche lei le avrà senz'altro sentite - sulla possibilità che queste realtà siano coinvolte nel progetto di produzione di energia atomica. E' un tema ovviamente delicato. Lei ha avuto già modo, mi sembra, di capire e di pronunciarsi in materia, ribadendo la contrarietà assoluta della Regione a procedere in questa direzione. La ritrosia a rendere disponibili per intero alla Regione sarda quelle aree mi pone comunque qualche interrogativo.

La scuola pubblica. Stiamo uscendo da una stagione ricca di rinnovamento e di iniziative innovative, che ha registrato il coinvolgimento del corpo docente in uno straordinario programma di rilancio dell'attività di responsabilizzazione. Però, anche qui sono stati compiuti dei passi indietro. Un esempio sconcertante: ci sono corsi di formazione per docenti nella gestione di nuove tecnologie per i laboratori didattici che sono stati, neanche due settimane fa, interrotti a metà. Ma ha senso tutto questo? Io credo che non ne abbia e che crei nel corpo docente e nei corsisti un forte senso di sconcerto e di impotenza.

Sulle autonomie locali. Il fondo unico e i suoi riscontri sulla vera autonomia degli enti locali, dei sindaci, delle Giunte, per predisporre programmi, interventi, individuare priorità, è una conquista dalla quale non si deve tornare indietro.

Sulla sanità. A seguito dell'approvazione, dopo tantissimi anni di attesa, del piano sanitario regionale, che ha consentito di disporre di un'analisi puntuale della realtà (strumento assolutamente indispensabile per una razionalizzazione degli investimenti, per evitare, come è successo in passato, che sale operatorie rimanessero inutilizzate per oltre dieci anni) sono stati assegnati fondi per rinnovare le strutture sanitarie esistenti, e per costruirne delle nuove, ad Alghero e a Sassari. Si sono date, per la prima volta dopo anni, risposte a realtà sanitarie, come quella di Ittiri e Thiesi, con la costruzione e la realizzazione della casa della salute, dopo tanti anni passati tra proposte di rilancio e richieste di soppressione.

Sulla spesa farmaceutica. C'è stata per la prima volta una razionalizzazione della spesa in questa materia e si sono conseguiti ingentissimi risparmi. E' vero, lei dice che serve attenzione all'effetto pratico dei risparmi, ma, Presidente, gli sprechi sono sprechi, da qualunque parte li si guardi, e, se è vero che la centralità deve essere l'esigenza del malato, è anche vero che la migliore qualità della vita del paziente si assicura spendendo nel suo interesse le risorse, e non sprecandole. Così come con la legge numero 10, con la quale si recepivano le misure della "legge Bindi" del '99, sono stati istituiti i distretti sanitari e si è avviata una politica di consolidamento della sanità nel territorio.

Sono questi soltanto alcuni esempi che dimostrano come eventuali ritorni indietro sarebbero soltanto un danno per la Sardegna. Ripeto, è nel diritto di ogni nuovo Presidente, di ogni nuova Giunta, di ogni nuova coalizione avviare nuove politiche e nuovi programmi, mai però va scordato l'interesse a cui dobbiamo guardare, che è quello della Regione, è quello del popolo sardo, ed è quello a cui noi ci ispireremo nel portare avanti la nostra azione politica in quest'Aula, la nostra azione di opposizione e di controllo dell'operato della Giunta, un'opposizione che sarà rigorosa e puntuale, e mai preconcetta.

Nessuno, per avviarmi a concludere, deve pensare di gestire risorse proprie, di essere a casa propria. Siamo tutti noi, voi e noi, in questa casa comune, ospiti discreti del popolo sardo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gallus. Ne ha facoltà.

GALLUS (Fortza Paris). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, signori Assessori, colleghe e colleghi, la XIV legislatura del Consiglio regionale della Sardegna si apre all'insegna di ottimi auspici, con grandi speranze e con interessanti novità all'orizzonte; una stagione alla quale tutti noi guardiamo con interesse e con partecipazione. Per la prima volta, nella lunga storia dell'autonomia regionale, il seggio più alto del Consiglio è occupato da una donna, che oltre ad avere una lunga esperienza e qualità politiche è anche molto giovane.

In questo duplice primato, si racchiude e sublima al meglio la grande apertura dimostrata dal nostro Parlamento verso la modernità e il raggiungimento di un'effettiva democrazia paritaria. Una classe politica che quindi nei prossimi cinque anni si avvia a governare la nostra Regione con le migliori prospettive per un positivo agire. Un avvenimento non casuale, una scelta ricercata, direi condivisa, anche da una parte politica di opposizione, un forte segnale di unità e di cambiamento per costruire un percorso politico fatto di confronto, dialogo e condivisione, nel pieno rispetto dei singoli ruoli che rivestiamo in quest'Aula. Personalmente mi sia consentito esprimere la soddisfazione per la scelta effettuata dal sottoscritto e dai colleghi. La scelta di una donna con tutta la carica di energia, di determinazione, di innovazione, che l'essere donna e contemporaneamente l'essere molto giovane racchiude, è per noi una garanzia. Sinceri auguri di buon lavoro, cara Presidente.

Colleghi, il consenso attribuito dal popolo alla nostra coalizione va inteso come un forte mandato indirizzato a cambiare il modo di governare la Sardegna, va inteso come un'esigenza verso una decisa inversione di rotta, verso una politica che parta dalla gente e dalle primarie esigenze dei cittadini, una politica che sappia ascoltare i sindaci, che sappia programmare lo sviluppo del territorio insieme alle amministrazioni locali, con le categorie dei lavoratori, con gli agricoltori, con gli artigiani, con i commercianti, con gli imprenditori, con il mondo del volontariato, con gli emarginati, insomma che sappia ascoltare il popolo sardo. Dobbiamo ripensare un nuovo vincente modello di sviluppo basato sulle nostre potenzialità politiche, geografiche, culturali, e di intelligenza.

La Sardegna, partendo dalla sua posizione strategica nel mar Mediterraneo, ha tutti i requisiti per esercitare un ruolo di rilievo come ponte tra l'Europa, l'Africa e l'Asia mediorientale, un ruolo non esclusivamente commerciale, ma anche di cooperazione politica e culturale, una posizione che deve giocare un ruolo del tutto positivo, trasformandosi da economia perdente in economia vincente. Per questo assume una particolare valenza il riconoscimento della nostra insularità attraverso opportune misure di compensazione volute dal Governo nell'ambito del federalismo fiscale. Un Governo amico, che apre ad una svolta significativa, vorrei dire storica, nei nuovi rapporti con la nostra regione.

Ad essa va aggiunta l'opera di valorizzazione, in chiave moderna, della nostra identità, che deve diventare un fattore di sviluppo, un valore aggiunto per il rilancio di tutte le attività produttive, materiali e immateriali della Sardegna. In un mondo volto alla globalizzazione, l'affermazione delle proprie radici si pone come strumento indispensabile per rilanciare e potenziare il ruolo dei sardi e della Sardegna, in chiave italiana e in chiave europea.

Il nostro essere speciali deve tradursi in un valore aggiunto che arricchisce le nostre potenzialità in tutti i settori economici, culturali e sociali; essere popolo non significa solo condividere una lingua, un territorio e delle comuni tradizioni, significa anche e soprattutto sapersi proporre con tutti gli altri popoli senza soggezione o timori, consapevoli che la nostra storia e la nostra cultura testimoniano il costante impegno dei sardi per dare un contributo positivo allo sviluppo dell'umanità.

A questi temi va aggiunta la riforma della Regione, una riforma che deve vedere l'attribuzione di nuovi ruoli, di nuove competenze agli amministratori, che si coordina con la prossima entrata in vigore del federalismo fiscale; si impone, quindi, un nuovo modo di rapportarsi tra Regione Sardegna ed Enti locali territoriali. Occorre quindi lavorare con grande impegno e costanza per rendere operativo questo modo nuovo di fare politica regionale: l'assunzione del metodo partecipativo nell'attuazione della politica regionale, non può che trovarmi d'accordo. Come Sindaco da quasi dieci anni di un piccolo Comune dell'interno di questa terra di Sardegna, numerosissime volte ho potuto constatare, in maniera più acuta negli ultimi anni, la difficoltà dell'ascolto, diverse volte anche di dialogo, di condivisione, poi, non se ne parli.

Non sono riuscito a capire appieno se era una direttiva politica dei governanti (ma non credo) o se questi non hanno avuto la capacità di governare in maniera incisiva sull'apparato burocratico dell'Amministrazione. Questa volontà di cambiamento, espressa in più occasioni da parte della Presidenza della Regione, non può che trovare pieno accoglimento e gradimento, innanzitutto in me e, ne sono certo, anche fra tutti i protagonisti dello sviluppo dell'Isola. Ma questa - si è detto - dev'essere anche non una, ma la legislatura costituente. Avviare la riscrittura di una Carta costituzionale della Sardegna che riconosca al popolo sardo un'autentica autonomia, che sia frutto di una piena espressione democratica della volontà del popolo sardo, della sua identità e della sua specialità, dello stato di insularità: questa è una necessità.

La Presidente del Consiglio, nel suo apprezzato intervento, ha giustamente posto l'urgenza di provvedere ad un processo di riforma della nostra autonomia speciale. Contestualmente si rende necessario avviare la riforma dell'apparato amministrativo della Regione per renderlo snello e tecnologicamente avanzato, in grado di rispondere alle mutate esigenze di una Regione, punta avanzata dell'intero "sistema Sardegna". Il Presidente della Giunta, nella sua relazione ha saggiamente, anche se in maniera sintetica per esigenze di tempo, elencato le numerose emergenze che affliggono i sardi e la Sardegna.

La crisi mondiale ha purtroppo investito come uno Tzunami le economie più deboli, e tra queste la nostra. Il tessuto economico produttivo ha subito una pericolosa battuta d'arresto con la conseguente espulsione (un termine che non si dovrebbe usare quando parliamo di persone, ma che brutalmente da l'idea dell'allontanamento dal mondo del lavoro) di giovani, padri di famiglia, donne. La disoccupazione negli ultimi mesi del 2008 ha raggiunto livelli preoccupanti in tutti i settori, a partire dall'agricoltura, che ha perso oltre 10.000 addetti, passando al settore dell'edilizia che ne ha perso altri 11.000, proseguendo con il commercio che ne ha perso 9000 e concludendo con l'industria che ne ha perso oltre 4000.

E' sotto gli occhi di tutti quanto sta succedendo nel comparto della chimica, anche se le problematiche, sentendo le ultime notizie, si stanno risolvendo in modo positivo. Il tasso di disoccupazione - confrontando sempre i dati del terzo e quarto trimestre del 2008 - è cresciuto dal 10 al 13,3 per cento; non sono soltanto numeri: dietro questi numeri ci sono altrettanti drammi, drammi di esseri umani, di famiglie, di giovani e di donne.

La seconda buona notizia, comunque, rimbalzata in questi ultimi giorni riguarda l'Euroallumina, dove grazie al mantenimento degli impegni assunti dal Governo Berlusconi, oggi si aprono spiragli che fanno ben sperare, anche qui, in una positiva risoluzione della vertenza in atto; un piccolo raggio di sole che va salutato con speranza, ma che ancora non basta. Troppe sono le emergenze che questa Giunta ha ereditato, molte sono le cose da fare, troppi i problemi da affrontare per poter gioire.

Ancora; condivido appieno il progetto di rilanciare il ruolo delle città quali pilastri dello sviluppo. Sicuramente le città della Sardegna, che non sono poi delle megalopoli, contengono realtà e contesti diversi: università, ospedali, imprese del terziario avanzato ecc, rispetto ai borghi rurali, ai paesi delle aree interne, ma i laboratori di conoscenza, forse, si trovano più nei borghi rurali, nei paesi dell'interno che nelle metropoli. Questo per sottolineare, ma non ce n'è bisogno, che la città potrebbe essere il cuore dello sviluppo di un territorio, ma non può pulsare ritmicamente se gli altri organi periferici (i paesi delle aree interne, delle aree rurali) pulsano aritmicamente.

Con questo voglio affermare che lo sviluppo dev'essere armonico, deve coinvolgere tutte le realtà della Sardegna, ciascuna contribuendo con le proprie potenzialità, con le proprie intelligenze, con i propri saperi. Colleghi, come voi sento forte il dovere di ripagare il consenso espressomi dagli elettori, un consenso che, nel mio caso, essendo il più votato della Provincia di Oristano, spinge ad incessante opera di sensibilizzazione verso le problematiche territoriali per la tutela dei diritti dei suoi abitanti. Mi sia consentito, quindi, sottolineare alcuni aspetti peculiari.

Oltre all'aspetto dell'occupazione, che in provincia di Oristano assume dimensioni molto più drammatiche che nel resto dell'Isola, e su cui dovremo obbligatoriamente tornare quanto prima, desidero portare alla vostra cortese attenzione due gap storici di ordine infrastrutturale che impediscono il decollo economico del mio territorio. Mi riferisco e parlo ovviamente del Porto e dell'Aeroporto di Oristano; due realtà vitali, indispensabili, che hanno bisogno di un potenziamento strutturale ed infrastrutturale, di un potenziamento tecnologico per garantire lo sviluppo di tutte le attività economiche, siano esse industriali, agroalimentari o turistiche.

Presidente Cappellacci, sono convinto che le attese del popolo oristanese riceveranno da questo Governo una qualificata e significativa attenzione verso questi problemi, dando un forte sostegno all'azione finora esercitata dall'Amministrazione provinciale della città di Oristano, rassicurando quanti hanno sollevato più di una preoccupazione e perplessità sulla mancata presenza di un nostro rappresentante nel suo Esecutivo. L'Oristanese un tempo era leader dell'agroindustria; occorre rivolgere una convinta e adeguata attenzione verso questo settore, e così riportare a nuovo splendore questa attività. Le vocazioni territoriali non mancano, le professionalità non mancano, le iniziative sono in stand-by, occorre un forte impulso, una spinta da parte della politica, e in particolare dalla politica regionale.

Altrettanto dicasi della promozione turistica dell'Oristanese, costiera ed interna; le coste oristanesi sono quelle che presentano il minor numero di strutture ricettive di tutta la Sardegna, sia in termini assoluti sia in termini relativi. Prestando la massima attenzione alle emergenze ambientali, ricordo che l'Oristanese ha la più alta presenza di zone umide e di aree lagunari, con una ricchissima varietà di biotipi; si auspica una nuova attenzione alle aspettative del territorio, degli operatori turistici e del settore pesca.

Le aree interne, sia dell'Oristanese sia del resto della Sardegna, stanno vivendo un drammatico momento di transizione. In queste aree lo sviluppo dipende in misura notevole dall'andamento delle attività agropastorali; nelle aree interne a forte vocazione agropastorale, quando va bene il comparto agricolo vanno bene il commercio, l'edilizia e quant'altro, quindi bisogna ridare vigore alle attività agricole e pastorali con un'appropriata azione mirata alla valorizzazione delle razze rustiche locali, siano esse bovine, ovine, caprine o suine, ma anche con piani territoriali. Bisogna rimodulare la politica del credito agrario, anche con una eventuale richiesta di deroga straordinaria ai principi della politica del credito, conosciuti come "Basilea 2".

Altro problema indilazionabile riguarda quello della sicurezza nelle campagne; sarà un aspetto che dovremo affrontare nel proseguo della legislatura.

Concludo, e sarà il leitmotiv di tutta la mia attività politica in quest'Aula, ribadendo che si presenta urgentissimo rivolgere una speciale attenzione alle problematiche del lavoro, ai giovani, ai meno giovani e ai diversamente abili; non c'è nessuno, credo, che qui non abbia nei suoi pensieri, al primo posto, questo grave problema, un autentico dramma non facilmente risolvibile. E che sia un dramma lo sappiamo tutti, su come attenuarlo, se proprio non possiamo risolverlo appieno, vi sono diverse scuole di pensiero, diverse strategie.

Sono convinto che il Presidente della Regione e tutto il Consiglio non lesineranno energie, iniziative per contenere questo annoso bisogno umano. Il diritto al lavoro è un diritto sancito dalla Costituzione, è un diritto richiamato continuamente dal Santo padre, perché il lavoro allontana la schiavitù ed eleva la dignità dell'uomo. Tutto ciò per noi deve tradursi in un forte impegno. Sono certo che in questo Consiglio, in questa Giunta, esistano le sensibilità giuste. Grazie e buon lavoro a tutti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIANPAOLO (P.D.). Signor Presidente della Regione, nelle scorse settimane della sua campagna elettorale ha rappresentato la Sardegna, e nella fattispecie il suo sistema economico in ginocchio, ha ripetuto questo concetto nelle sue dichiarazioni programmatiche. Signor Presidente, lei, le ragioni di questa crisi le ha cercate e trovate esclusivamente nella responsabilità di governo del centrosinistra guidato da Renato Soru; nelle sue dichiarazioni avverto il tentativo quasi ossessivo di cancellare l'azione di governo svolta nella passata legislatura. Questo tentativo finora le ha impedito di svolgere un'analisi seria sulle ragioni che stanno alla base della crisi drammatica che investe le economie più forti del nostro pianeta e di indicare, attraverso una sua idea, un progetto di sviluppo e la strada per far uscire quest'Isola dalle difficoltà che lei ci ha ricordato. Mi permetto, Presidente, di suggerirle un rapporto più sereno con quanto realizzato nella passata legislatura, meno imbarazzo con quell'azione di governo, capace, come non mai, di dotarsi di importanti strumenti di programmazione e pianificazione in tanti settori del nostro sistema economico.

Signor Presidente, abbiamo ascoltato con attenzione la sua relazione e letto con altrettanta attenzione l'allegato consegnatoci. Nonostante questo esercizio non ho trovato una sola indicazione sul come intendete affrontare la grave crisi industriale che investe gran parte della nostra regione e, più in generale, il nostro sistema economico. In Sardegna c'era molta attesa intorno alla sua relazione, la si attendeva con l'auspicio che in essa vi fossero contenuti gli interventi, gli strumenti e indicate le risorse per aggredire i tanti problemi che lei ha ricordato. Certo, nella sua relazione sono enucleati i problemi: ci ricorda la lotta alla povertà, il sostegno al reddito, il sostegno al sistema delle imprese, la necessità di salvaguardare il comparto industriale, la lotta alla disoccupazione. Come si può non essere d'accordo con quanto testé richiamato? Il problema è capire come intendete intervenire. Di ciò non c'è traccia nella sua relazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue DIANA GIAMPAOLO.) Presidente, mi permetto qualche domanda, le sarei grato se volesse rispondermi in sede di replica. Nell'allegato alla sua relazione si impegna a fornire risposte concrete a chi ha perso il lavoro o rischia di perderlo. Ebbene, le chiedo: pensa forse a un sistema di tutele per i lavoratori che ne sono esclusi? Pensa a un sistema integrativo a quello nazionale, seppure per un periodo limitato? Se così fosse sarebbe una risposta importante. In attesa della sua risposta le chiedo di intervenire tempestivamente affinché si proseguano i processi di stabilizzazione avviati, d'accordo con le organizzazioni sindacali, dalla precedente Giunta regionale.

Mi riferisco in particolare al processo avviato con l'articolo 36 della finanziaria 2007, che prevede la stabilizzazione dei precari entro il 31 dicembre del 2009, ma anche all'osservanza degli impegni assunti per la stabilizzazione dei lavoratori dei Csl e del Cesil, nonché alle tantissime attese stabilizzazioni delle lavoratrici in particolare che operano nel sociale, senza dimenticare il problema di quanti finora hanno garantito i processi di potabilizzazione e depurazione del sistema idrico, che ancora vivono nell'incertezza a causa del mancato compimento del processo di internalizzazione di queste attività in Abbanoa.

Queste, Presidente, alcune richieste, alcune proposte. Spero che nella replica voglia farci conoscere la sua opinione e i suoi intendimenti, così come sarebbe importante sapere che idee ha in merito alle scelte da adottare nel medio periodo per le politiche di sviluppo. In Sardegna in questi anni si è attuata una politica di riequilibrio dei settori merceologici, tuttavia il contributo di valore aggiunto dell'industria in senso stretto al PIL è ancora molto basso: infatti con il suo 14,3 per cento è sotto di circa 10 punti rispetto alla media nazionale, mentre l'agricoltura, con il suo 4 per cento, è in media con quello nazionale e i servizi, invece, anomalia tutta nostra, rappresentano oltre 9 punti in più in percentuale della media nazionale.

Ho voluto richiamare, quasi in maniera maniacale, questi dati semplicemente per ricordare a lei e a noi tutti che in Sardegna non c'è troppa industria, come spesso ho sentito, semmai è vero l'esatto contrario. Per questo, Presidente, non avendo trovato traccia nella sua relazione, le chiedo qual è l'idea, piccola o grande che sia, che ha sulle politiche di sviluppo e, nella fattispecie, sulle politiche industriali. Insieme alle politiche di sviluppo nel medio periodo, che pure mancano, lei dovrebbe dirci come intende affrontare le tantissime emergenze industriali.

Sulla drammaticità che investe l'apparato industriale si è soffermata l'onorevole Lombardo, con particolare riferimento al suo Sulcis. Sono d'accordo con lei, Presidente: nel Sulcis c'è il concreto pericolo che venga cancellato l'intero apparato industriale e con ciò svanisca nel nulla il 41 per cento del prodotto interno lordo che fornisce quel segmento produttivo, ma, ahinoi, non stanno meglio a Porto Torres, a Ottana e in diverse realtà del Cagliaritano, come non stanno meglio a Olbia relativamente alla crisi che sta investendo, drammaticamente in queste ore, la società aerea Meridiana.

Presidente Cappellacci, non ho trovato nella sua relazione la percezione esatta di questo pericolo e non mi si dica, come ho sentito poc'anzi in quest'Aula, che le soluzioni trovate per Eurallumina o quelle individuate attraverso l'accordo firmato ieri con Sartor, che verrà ufficializzato oggi sono la soluzione di questi problemi, perché sappiamo perfettamente che l'accordo su Eurallumina consente un accordo sugli ammortizzatori sociali, ma non c'è, ahinoi, ancora una prospettiva di ripresa di quell'attività produttiva. Invito lei, Presidente, e l'Assessore dell'industria a vigilare attentamente perché l'accordo con Sartor rischia di penalizzare, come voi sapete, la filiera del cloro-soda a Cagliari con ripercussioni drammatiche per Porto Torres. Mi rendo conto che siamo in contraddizione, in una qualche alternativa con Porto Marghera, però su questo vi invito davvero, nell'interesse di tutti, a vigilare.

Un accordo non si nega mai a nessuno, il problema è il contenuto dell'accordo e io ho molti dubbi che gli accordi sottoscritti nei giorni scorsi vadano nell'interesse della gente che noi rappresentiamo. E' vero, Presidente, lei indica nel piano strutturale lo strumento atto al rilancio del sistema economico e fa leva su alcuni fattori, in particolare quelli infrastrutturali, sia materiali che immateriali. Ebbene, lei si è soffermato sull'importanza del capitale umano. Siamo d'accordo con lei, non si può prescindere dalla priorità del capitale umano. Non è un caso che il Partito Democratico abbia sostenuto nella passata legislatura e incoraggiato l'azione di governo del presidente Soru che dell'istruzione e della conoscenza ha fatto l'asse portante dell'intera legislatura, tutto ciò mentre il Governo di centrodestra continuava e continua, anche in questi giorni, il progressivo smantellamento della scuola pubblica. Quindi anche quella valorizzazione io credo vada messa in rapporto a quanto sta avvenendo.

Presidente Cappellacci, le ricordo che in Sardegna, per effetto di quei provvedimenti, nel prossimo anno scolastico avremo 2200 dipendenti in meno nel sistema dell'istruzione, di cui 1700 docenti e 500 tra tecnici e amministrativi. Le chiedo, Presidente, davvero di risponderci nella sua replica sul come intende comportarsi e cosa intende fare questa amministrazione regionale per respingere e contrastare il depauperamento continuo del sistema scolastico e formativo di questa regione. Senza scuola, Presidente, non si può far leva sul capitale umano, perché mancherebbero le precondizioni per scommettere in quella direzione e il Governo nazionale, con la politica scellerata di smantellamento del sistema pubblico, compreso quello scolastico, sta andando in questa direzione.

Lei, Presidente, insieme all'importanza del capitale umano, ci ha ricordato la strategicità che ricopre l'energia quale fattore della produzione. Anche qui non possiamo che concordare con lei, ma allo stesso tempo denunciamo l'assenza di un minimo di indicazione sul come intendete operare. Lei si limita a denunciare ritardi sul SAPEI, sul metanodotto, sull'eolico e sul fotovoltaico. Francamente non capisco a cosa si riferisca. E' grave che non sappia che sul SAPEI, sul metanodotto, nella passata legislatura si siano definite, facendole uscire dalla nebbia in cui erano precipitate, tutte le intese che danno certezza sui tempi di realizzazione di queste importanti opere infrastrutturali.

Signor Presidente, come lei ben sa, il costo dell'energia, sia elettrica sia termica, rappresenta la causa principale delle diseconomie del nostro sistema produttivo e rischia, se non eliminata immediatamente, di sancire la fine di un processo di industrializzazione durato quaranta anni. Ciò vale per il Sulcis, per Porto Torres, Ottana e in parte anche per i segmenti produttivi di Cagliari. Per tutto ciò le chiedo di intervenire immediatamente su tre direttrici.

La prima: definire con le aziende energivore che hanno chiesto le autorizzazioni per l'installazione di impianti di autogenerazione, le intese necessarie all'avvio immediato della costruzione di questi impianti. La seconda: definire con il Governo lo strumento che consenta di mantenere le attuali condizioni di fornitura di energia elettrica negoziati dalla precedente Giunta regionale, attraverso gli accordi bilaterali. Infine, la terza. Le chiedo - e qui dimostrerete anche la capacità di relazione con il Governo regionale - le chiedo, nelle more della metanizzazione, di definire con il Governo un accordo che, attraverso la leva fiscale, allinei il prezzo della caloria prodotta in Sardegna con combustibili diversi dal metano a quelli della Penisola che utilizza invece il metano.

Presidente, se nell'immediato riuscirà a risolvere questi problemi o perlomeno ad affrontarli concretamente, credo che potrà rivendicare il merito di aver indicato una prospettiva al nostro sistema produttivo. Spero, nell'interesse della Sardegna, che lei riesca in questo obiettivo. Noi la incalzeremo costantemente, non le daremo tregua perché convinti che la gravità della situazione imponga scelte di governo chiare e tempestive.

Purtroppo, queste scelte non le ho trovate, come le ho già detto, nelle sue dichiarazioni programmatiche, del tutto sbilanciate nello sterile, quanto inutile, tentativo di dimostrare che in questi quattro anni e mezzo non si è governato. Bene avrebbe fatto, Presidente, ad indicare a questa Assemblea e ai sardi la sua idea di governo per i prossimi cinque anni. Tuttavia, Presidente, le do atto d'aver svolto questo tentativo quasi con garbo, diversamente da chi ha pescato a piene mani nel repertorio della volgarità e dell'offesa gratuita al presidente Soru, nel puerile tentativo di negare anche quanto di buono c'è stato.

In questo senso ho apprezzato il profilo dell'intervento dell'onorevole Vargiu nel richiamo all'etica della responsabilità che deve accompagnare tutti coloro che hanno l'onore di essere ospitati in quest'Aula, ed impedire a chiunque di banalizzare quanto di buono si fa dall'una e dall'altra parte nell'interesse generale dei sardi.

Quanto avvenuto nelle votazioni per l'Ufficio di Presidenza non è certamente lo specchio della correttezza e trasparenza tra maggioranza e opposizione. Quanto avvenuto inquina la corretta dialettica della dinamica politica tra i due schieramenti. Non nego, anzi auspico, che sul merito di singole questioni possano esserci convergenze tra le forze politiche, ma sul merito: nella chiarezza e alla luce del sole. Invece, quanto avvenuto in quelle votazioni serve solamente ad intorbidire i rapporti politici e, in questo entroterra, a soddisfare qualche singola ambizione. Così facendo si smarrisce il senso dell'appartenenza e si rischia di non distinguere i punti cardinali che pure esistono anche in politica. Per quanto mi riguarda non sono disponibile a questa pratica ed è per questo che non posso non stigmatizzare questa condotta, indipendentemente dallo schieramento da cui proviene.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Signor Presidente, signor Presidente della Regione, signore e signori Assessori, gentili colleghe e colleghi, io come tanti altri, signor Presidente della Regione, in quest'Aula, sono tra coloro che hanno accompagnato con decisione e con convinta partecipazione la sua campagna elettorale, difendendola anche dalla malafede e dalla malignità di chi sperava di cancellare i propri errori e i propri gravissimi difetti inventandone altri a suo carico, alcuni anche molto pittoreschi, per la verità. Sono tra i tanti che hanno gioito per la sua e per la nostra vittoria, anzi, io posso assicurarglielo, sono tra coloro che hanno gioito più per la sua vittoria che per la propria elezione, perché assolutamente conscio che solo la sua vittoria avrebbe conferito un senso reale anche alla mia personale affermazione.

Ho ascoltato e riletto le sue dichiarazioni programmatiche e non posso che condividerle. Ho apprezzato la sua sintesi, oltre che la sua capacità di analisi, e sono anche convinto che in questa sede, in una fase cioè di dichiarazione programmatica, retaggio per la verità più della coreografia esteriore della politica che non dell'effettiva concretezza di un'azione di governo, in questa sede, dicevo, lei non poteva che limitarsi a denunciare proposte e linee guida, senza poter scendere in particolari che non potevano trovare spazio nel prologo programmatico di un inizio di legislatura. E' certamente, quindi, strumentale e fazioso pretendere il contrario.

La minoranza deve decidere se continuare a limitarsi a recitare - alcuni, per la verità, più da attori caratteristi che da attori protagonisti - la sua parte nel copione del teatrino della politica o invece prendere atto e spunto dagli errori compiuti quando ha avuto la responsabilità di governo e proporsi, quindi, sulla base di quell'esperienza e fornire a quest'Aula un contributo tale da mettere noi realmente nella condizione di dover dimostrare di essere pronti e capaci a collaborare; prendere spunto dagli errori commessi nella passata legislatura anziché difenderli per partito preso, dare concreto impulso per costruire una nuova stagione di idee e di proposte e di azioni così come ha già chiesto il popolo sardo.

Potete davvero pensare che sia stata la campagna elettorale di un solo mese, per quanto supportata da un grande e capace testimonial come Silvio Berlusconi, a far cadere e cadere così tanto il centrosinistra? Ma non vi viene il sospetto che forse sarebbe stata necessaria un'autocritica, e da quella autocritica sugli errori compiuti nel governare l'Isola partire per avanzare proposte realmente alternative (alternative agli errori, perché tali li ha riconosciuti la stragrande maggioranza dei sardi) piuttosto che nascondervi dietro il dito di una campagna elettorale persa per colpa di Silvio Berlusconi o parlare addirittura di complotto masso-pluto-clericale?

Ci dite che il presidente Cappellacci nel suo discorso sul programma non ha elencato o specificato né quando né come vorrà attuare le sue linee guida che ha tracciato, ma il vostro contributo è stato solo quello di ricordare - e ribadisco, ricordare acriticamente - quanto fatto (a volte, per la verità, più enunciato che fatto) durante il passato governo regionale, ma senza analizzare che quel programma di cose fatte e non fatte è stato bocciato dai sardi.

Noi siamo qui in democrazia per rappresentare i sardi, per essere dei portavoce, recepire e tradurre in azione di governo le esigenze del popolo sardo, non per imporre le nostre personali convinzioni, idee o, peggio ancora, le nostre ideologie. E non aiutano nemmeno la vostra opera di opposizione programmi televisivi scioccamente faziosi come è stata, per l'ennesima volta, la puntata di "Anno zero", al di là di pulsioni onanistiche, stimolate nel mondo della sinistra parimenti faziosa.

Ma è davvero credibile che sia stata la recente elezione del presidente Cappellacci ad aver permesso sconci e speculazioni che risalgono, alcuni a decine di anni fa, altri - è il caso delle immagini fatte vedere su Porto Cervo - solo a pochi anni fa, quando governava la sinistra? E si poteva costruire solo sulla base di accordi o intese siglate ai massimi livelli del governo regionale, accordi stretti caso per caso, persona per persona, impresa per impresa, e non è questo certo un esempio di programmazione ma piuttosto nasce il sospetto di una dubbia commistione tra potere e impresa.

Torniamo però a noi, signor Presidente della Giunta, e alle sue importanti e gravose responsabilità. Sono ormai sufficientemente esperto nella vita come nella politica per non sapere quanto mare può dividere il dire dal fare, ed i primi atti di questa legislatura, per la verità, mi hanno lasciato alquanto perplesso. La composizione della Giunta, e non certo per le singole persone che stimo tutte sinceramente e incondizionatamente (e non solo il mio collega di partito o la mia collega di facoltà) mi porta a dubitare della sua promessa di voler tutelare tutta l'Isola, dal Nord al Sud. Diciamo che questa promessa per ora si è concretizzata in maniera evidente solo per il Sud e, come qualcuno diceva, "se il buongiorno si vede dal mattino", a Sassari stiamo ancora portando gli ombrelli.

Né, per la verità, in questa contrapposizione l'hanno aiutata le promesse fatte ma non mantenute ancora, da parte sia del presidente Berlusconi sia di alcuni illustri Ministri, promesse fatte in campagna elettorale ma ancora non confermate in atti di governo. Mi riferisco a un opera simbolo del divario Sud - Nord quale la strada Sassari - Olbia. Sappiamo bene che non è mai stata realmente finanziata. I fondi necessari non sono mai stati effettivamente vincolati, ma questo non giustifica che una tale pantomima debba e possa continuare. Altri segnali di un doveroso cambiamento di tendenza e di una reale ed effettiva rappresentanza e tutela di tutta l'Isola saranno il terreno dei fondi per l'edilizia sanitaria e l'ammodernamento tecnologico.

Se realmente, signor Presidente vuol dimostrare l'avvio di un nuovo corso, ci fornisca i dati sui finanziamenti effettivi, non su quelli promessi nella passata legislatura, ad uso squisitamente elettorale. Ci fornisca i dati perché la scarsa concretezza di chi ci ha preceduto non sarà una scusante per noi. E se i fondi per gli interventi necessari per creare nuove strutture ospedaliere (a partire dalle realtà più carenti e inadeguate, come l'azienda ospedaliera universitaria di Sassari) ma soprattutto per l'acquisto di nuove e moderne e adeguate apparecchiature tecnologiche non saranno trovati e non saranno attuati gli interventi in tempi brevi, sarà un'altra promessa mancata, anche e soprattutto verso il territorio che ho avuto l'onore di poter rappresentare in quest'Aula.

E se saremo costretti, signor Presidente, a vedere le delusioni prendere il posto delle promesse, anche il mio impegno nei confronti della maggioranza come nei confronti non già della sua persona, ma della sua carica di Presidente, dovrà essere necessariamente e conseguentemente rivisto e rimodulato. Sono convinto che lei saprà smentire le note di pessimismo che si sono manifestate in queste prime settimane e riportare la sua Giunta e la sua maggioranza - la sua squadra quindi - ad essere tutta (perché di tutti ci sarà bisogno) convintamente decisa e motivata nell'affrontare i gravissimi problemi che insieme, lei e noi, in campagna elettorale abbiamo dichiarato alla Sardegna, alla Sardegna tutta, di essere adeguati e pronti ad affrontare e risolvere.

Le auguro di cuore, veramente buon lavoro signor Presidente, a lei e a tutta la Giunta. In me avrà un sostenitore leale ma non supino. Vi riconosco tutta la capacità e la concretezza oltre che le adeguate e specifiche competenze che saranno necessarie per il tantissimo lavoro che sarete chiamati a svolgere. Spero solo che la politica, quella con la "p" minuscola, vi lasci lavorare senza pressioni e senza quei condizionamenti di cui per la verità non sentiamo davvero più nessun bisogno in quest'Isola.

Buon lavoro signor Presidente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti - Sinistra Sarda - Rosso Mori). Onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, onorevole Presidente della Regione. Confesso di essere emozionato nel prendere la parola, per la prima volta in quest'Aula, quale rappresentante della sinistra. Aula dove siede la massima istituzione rappresentativa del popolo sardo. Il richiamo formulato da lei, presidente onorevole Cappellacci, a che la chiara memoria dei padri costituenti e dei componenti il primo Consiglio regionale rimanga viva in noi, e non solo quale memoria storica o quale ricordo del passato, ma valga invece oggi innanzitutto quale stimolo e guida nel presente, è un richiamo pienamente condivisibile.

Su di me sento il peso della responsabilità, da un lato per il compito in sé, dall'altro, appunto, per l'eredità che portiamo per la statura politica e morale di coloro ai quali guardiamo: Luigi Crespellani, Anselmo Contu, Luigi Pirastu, Carlo Sanna, ed altri ancora. Uomini tutti che, al di là della differenza di pensiero politico, di schieramento, comunque si trovarono insieme accomunati dal sentimento autonomistico, dal comune impegno per l'avvio alla soluzione dei problemi drammatici che la Sardegna presentava all'indomani della seconda guerra mondiale, e dal vivere la politica quale forma più alta dell'etica posta al servizio dell'interesse comune.

Come si dice comunemente, da allora tanta acqua è passata sotto i ponti. Eppure a quell'esperienza di politica alta, a quegli uomini, a quelle donne, a quei momenti che caratterizzarono l'azione di governo allora, non possiamo non guardare oggi con emozione e rispetto per ricavarne, soprattutto noi giovani, incitamento a un migliore e maggiore impegno. Esprimo inoltre le più vive felicitazioni e il mio più sentito augurio di buon lavoro al presidente, onorevole Claudia Lombardo.

Nel rivolgere il suo saluto l'onorevole Presidente, che è giovane, è donna, e però, allo stesso tempo, è ricca di esperienza, ha voluto intendere il suo ruolo come garanzia e prestigio dell'autonomia di quest'Assemblea e come garanzia e prestigio e garanzia del ruolo e del compito di ciascun consigliere senza distinzione alcuna tra maggioranza e opposizione. Sono affermazioni degne di rispetto, condivisibili e sicuramente maturate nel corso del tempo e dell'esperienza anche in quest'Aula, in questo Consiglio. Sicuramente sarà più facile in questo modo eliminare le asprezze e le tensioni quando non utili, e stemperare alcuni effetti della naturale dialettica tra i diversi schieramenti.

Nel saluto l'onorevole Lombardo ha ricordato e ha detto di volersi ispirare a due donne, Grazia Deledda, scrittrice premio Nobel per la letteratura, ed Eleonora d'Arborea, sovrana, legislatrice, indomita custode dell'autonomia del popolo sardo. Ebbene, mi permetto sommessamente di unire a queste due donne una terza, il ricordo di una terza donna, Nadia Spano, che combatté nelle file della resistenza antifascista, nell'immediato dopoguerra fu eletta a far parte dell'Assemblea costituente e fu a lungo parlamentare nazionale in rappresentanza dalla Sardegna, svolgendo in ambito politico, all'interno delle istituzioni e fuori, nella società, un ruolo importante e un'intensa attività per il progresso economico e civile dell'Isola e per l'emancipazione delle donne, dalle più odiose forme di discriminazione nel lavoro e nella società. Credo che ciascuna di queste tre donne sarebbe ben felice di stare in compagnia delle altre due.

Nei limiti di tempo assegnati esprimerò la mia opinione sul programma di governo, senza pretese di compiutezza. E nell'esprimerla dirò che personalmente condivido il suo auspicio, che anche da parte di ciascuno, Presidente, sia fatto un deciso passo in avanti per il superamento di contrapposizioni pregiudiziali, sterili e inconcludenti, che poco hanno a che fare con la corretta dialettica tra i diversi schieramenti e nei ruoli rispettivi tra maggioranza e opposizione. Insomma, le diversità di opinione, le diverse culture, sono una cosa e il contrasto invece, il livore e l'insulto, sono altra cosa.

Mi permetta però, Presidente, di osservare che negli interventi di alcuni consiglieri, anche nell'arco della mattinata odierna, non tutti coloro che stanno dalla sua parte la seguiranno sul piano metodologico da lei impostato. Si tratterà sicuramente di un'inversione di rotta che avverrà col tempo, ma per adesso mi pare che si parli dai banchi della maggioranza stando ancora all'opposizione, e quindi sarà necessario attendere un po' di tempo perché vengano avanti proposte e si incalzi la Giunta e il Consiglio in termini propositivi.

Rimane però l'importanza della sua dichiarazione di impegno, che mi pare essere corretta e doverosa, e in linea con la gravità e la drammaticità dei problemi che il Consiglio dovrà affrontare, con i quali appunto noi tutti ci dovremo misurare. Noi verremmo meno al nostro compito e non saremo capiti, se anziché produrre risposte producessimo litigi continui. Abbiamo tutti piena consapevolezza della crisi in atto, della profondità di essa in Sardegna, in Italia, in Europa e nel mondo, però attribuirne gli effetti rovinosi alla precedente esperienza di governo della Regione, alla precedente maggioranza della Regione, è cosa che non merita risposta, anche perché nessuno di noi, Presidente, ha un così demoniaco potere da poter causare la una crisi mondiale. Piuttosto dobbiamo chiederci, tutti insieme, cosa fare, quali politiche escogitare, quali azioni porre in essere. Insomma, questo mi pare il punto della discussione di oggi.

Le massime istituzioni economiche a livello mondiale e i massimi economisti, i più noti, i più prestigiosi, sono concordi ormai nell'affermare ed indicare nella sfrenata deregolamentazione dei mercati finanziari, nella rapacità degli speculatori, nel dissennato consumo delle risorse, nel capitalismo, il più selvaggio, assunto a religione, nell'ostentato disprezzo dei valori minimi di solidarietà sociale e attenzione per i più deboli, ciò che ha determinato l'esplodere di questa crisi, che per alcuni effetti è anche ben più grave di quella che scoppiò nel '29.

Sostenere che la crisi si possa superare non parlandone, facendo finta di nulla, e che parlarne nei termini imposti, dai bisogni, dalle necessità, sia un mancare di fiducia, corrisponde all'atteggiamento di chi, malato, pensa di poter guarire indossando un corno scaramantico. La cruda verità è che andiamo subendo gli effetti di una trentennale politica economica, improntata alla regola, parafrasando Churchill: "…che in pochi e in poco tempo ci si debba arricchire a danno di così tanti", e che ha finito coll'impoverire tutti o quasi tutti.

E' in atto, come si è detto, un immenso tzunami, che muove dagli Stati Uniti, e va abbattendosi sul mondo intero. Ebbene, mentre questo tzunami mette in discussione i sistemi economici, borsa valori, grandi e piccole imprese, va crescendo, di giorno in giorno, il numero dei disoccupati, delle famiglie spinte verso la soglia, o al di sotto della soglia minima di sopravvivenza. Tutto ciò meriterà pure qualche considerazione. O dobbiamo, signor Presidente, stare alla ripetuta promessa di un domani ricco di sorrisi?

Essere in sintonia con la società ed i problemi del tempo in cui si vive, signor Presidente, significa saper interpretare e fare nostro il dramma in cui vivono milioni di famiglie. Migliaia di famiglie sarde, prive di reddito, o di reddito ridotto al minimo, migliaia di giovani precari, o privi di lavoro. Questi sono drammi personali, che colpiscono famiglie, giovani, donne, intere comunità, di cui si è resa interprete la trasmissione condotta da Santoro, pochi giorni fa. Ebbene, quei padri di famiglia, senza più lavoro, minacciati dalla disoccupazione, quelle donne che gridavano la propria disperazione e rivendicavano il diritto a vivere una vita degna di essere vissuta, quei giovani che chiedevano di poter spendere in Sardegna le loro capacità e le loro conoscenze, tutti quelli esprimono un bisogno e rappresentano il cuore dolente della nostra terra, e debbono costituire la nostra prima preoccupazione.

Di tutto ciò, signor Presidente, nelle sue dichiarazioni programmatiche, c'è solo l'eco lontana, sfumata, inavvertibile. Ecco, signor Presidente, questo è un primo motivo di dissenso, direi che più per le affermazioni pronunciate, scritte nel programma di governo e nell'allegato, per quanto da lei non detto, per il tono, per l'assenza di reale partecipazione a quei drammi e a quelle vicende, e soprattutto per il difetto di coraggio nell'indicare strade nuove da percorrere, nuove strategie di sviluppo economico e sociale.

Alla gravità della crisi non può non corrispondere l'altezza e l'ampiezza dei propositi, la capacità di immaginare nuovi percorsi, nuove possibilità di sviluppo, nuovi valori di riferimento, attorno ai quali creare energie, muovere speranza, aggregare uomini e donne. Tutto questo nelle dichiarazioni programmatiche manca, e lo dico con rammarico. C'è un percorrere vecchie strade, c'è la prospettazione di modelli di sviluppo sperimentati e logori, c'è il ribadire l'insofferenza per le regole e per i limiti, ma fanno difetto il coraggio delle idee e la capacità di immaginare un futuro diverso dal presente e dal passato.

Lei, signor Presidente, nel suo programma assume quale idea centrale il non aver alcuna idea, e propone quale metodo quello dell'ascolto; condivisibile anch'esso, gran bella cosa! Chi può dirsi contrario all'ascolto, al coinvolgimento, alla partecipazione? Ma lei che intende ascoltare tutti, ma proprio tutti, in realtà quali interessi, quali valori intende promuovere? Quali priorità intende assumere? A chi vuol dare davvero ascolto? La lettura attenta del suo programma, signor Presidente, fornisce indizi sufficienti a fare intendere chi siano, in realtà, i suoi interlocutori primari, e quali interessi intenda promuovere davvero. D'altronde, forse per maggiore garanzia, non dico per difetto di fiducia nei suoi confronti, molti di questi interessi sono direttamente rappresentati nella Giunta.

La Sinistra, movimento che mi onoro di rappresentare, nella modestia della sua attuale forza, ma nella possibile prospettiva di unificazione della sinistra su basi moderne, europeiste, riformatrici e, in Sardegna, autonomistiche, ha alcune idee alle quali corrispondono alcuni limitati obiettivi prioritari. Per noi l'emergenza in Sardegna è data dal lavoro, la cui altra faccia è purtroppo data dalla povertà antica e nuova. Si tratta di questioni che accomunano la gran parte della società sarda: quanti non hanno un lavoro, quanti hanno un lavoro e rischiano di perderlo, i giovani precari assunti attraverso i più disparati sistemi della precarietà, marchingegni creati all'insegna di un domani possibile e di una speranza futura, che hanno creato invece disillusione e tristezza in tanti giovani sardi.

Bene, su questo fronte, sul fronte appunto del lavoro, della ripresa, vanno dispiegate idee motrici, capacità progettuali, risorse economiche e finanziarie, e ciò con uno sforzo straordinario di saldatura delle politiche di emergenza, mirate all'oggi, con quelle che lei giustamente invece chiama politiche di medio e lungo termine. In questa situazione, ciò che si richiederebbe al governo della Regione e alle istituzioni autonomistiche non è un sorriso, non è solo l'ascolto, ma è la capacità di assumere le proprie responsabilità, di farsi carico dei problemi, delle questioni, di politiche coraggiose e coerenti.

Si guardi, se è consentito il paragone, a ciò che sta avvenendo oggi negli Stati Uniti governati dal presidente Obama. Ebbene, lì vi è una inversione di marcia, un'inversione di rotta rispetto a ciò che è avvenuto negli ultimi anni, durante le precedenti amministrazioni. Si imbocca una strada nuova all'insegna dell'attenzione ai più deboli, della solidarietà sociale, della trasparenza nell'amministrazione della cosa pubblica, nel ripristino dell'etica nel governo delle banche e delle imprese. A considerare bene la cosa, questo indirizzo, assunto dalla nuova amministrazione Obama, potrebbe trovare, ridimensionato nelle forme dovute, il suo corrispondente nella nostra Regione, almeno nei suoi principi di fondo.

La strada che lei, signor Presidente, indica nel suo programma è invece un'altra strada, la stessa che si è percorsa: la cancellazione e l'attenuazione di regole, vincoli, in materia di edificabilità, la concezione schizofrenica del criterio di rigore della spesa pubblica. Mentre da un lato vi sono i tagli, e si accettano i tagli alla scuola e all'università pubblica, dall'altro lato viene deprecata la politica di rigore, attuata nel corso degli ultimi anni nel governo della sanità. Le due cose insieme non stanno, non si reggono.

La ripresa dalla politica dell'indebitamento della Regione, mediante la contrazione di nuovi mutui, previsti anche nella finanziaria approvata dalla Giunta, ci riporta al passato. Ci auguriamo che questa impostazione programmatica possa cambiare nel corso dei prossimi mesi. Questo programma di governo, Presidente, così impostato, così basato su logiche di difesa di ben determinati interessi, così vecchio nella sua filosofia di fondo, non si può condividere. Il problema non è dato dal fatto che non ci si conosca, o non si abbia rispetto reciproco, il problema è dato dal fatto che un programma così scritto, con questi punti, non può essere condiviso da noi.

Il problema è che le sue dichiarazioni sono svolte col metodo del contrappunto, si direbbe in musica. Si afferma un valore con dovizia di argomenti e poi, quasi per inciso, lo si nega. Si veda quanto si dice in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale. Come si conciliano, Presidente, le affermazioni circa la valorizzazione, il bisogno, la risorsa primaria, come lei la definisce, del patrimonio ambientale, col fatto di avere per primo, subito, espresso un immediato consenso circa la prima ipotesi di decreto Berlusconi in materia di ampliamento edilizio? Una proposta talmente indecente da essere, poco dopo, rinnegata dallo stesso Presidente del Consiglio.

Intendiamoci, non sono per l'intangibilità di ogni singolo giunco palustre, o di ogni rudere presente nella nostra regione. L'edilizia è, in particolar modo in un momento di crisi, motore importante dello sviluppo, di fondamentale importanza, però vi è uno sviluppo dell'edilizia diverso dallo scempio delle città: ad esempio il restauro dei centri storici, il risanamento e la riqualificazione delle periferie urbane e dei quartieri degradati, la costruzione di alloggi a prezzi accessibili per le giovani coppie e per i giovani, giusto per indicare alcune delle possibili direttrici di sviluppo dell'economia edile, non solo compatibili, ma pienamente coerenti con gli obiettivi di tutela dell'ambiente.

Ancora lei, Signor Presidente, dice cose importanti circa il ruolo delle città, ed in primo luogo della città capoluogo dell'Isola, dell'imprescindibile rapporto tra città e Regione, citando, nelle dichiarazioni programmatiche, anche la Carta di Lipsia. Bene, come si reggono insieme queste dichiarazioni di intenti con la negazione di tale ruolo e di tali rapporti nelle recenti vicende dell'amministrazione cagliaritana? Ricordo il blocco del campus universitario per gli studenti fuori sede, la mancata riqualificazione di Sant'Elia, il mancato accordo per la chiusura del trasporto pubblico. Quets'ultimo fatto, che concerne anche il progetto di metropolitana underground, meriterebbe la bocciatura all'esame di trasporti della facoltà di ingegneria.

E come si lega questo con ciò che dice la Carta di Lipsia circa gli investimenti nelle città che sono fonti di aggregazione della popolazione residente? Attorno alle città, nelle periferie, attorno alla metropoli, nell'area vasta, come noi la definiamo, vi sono tantissimi giovani, donne, persone, che popolano quelle aree. Come si concilia pertanto tutto ciò con la volontà dichiarata di arginare lo spopolamento della città capoluogo, che perde 20 mila giovani nell'arco di 10 anni, privandosi così delle energie più vive e fresche?

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, nel ringraziarvi dell'attenzione mi avvio alla conclusione del mio intervento. Ho già affermato di condividere senza riserve l'invito da lei rivolto, Presidente onorevole Cappellacci, a chhe il confronto, tra noi, nelle dinamiche del Consiglio, esca appunto dagli schemi pregiudiziali, dalle sterili contrapposizioni. Noi del centrosinistra non concepiamo e non vivremo il nostro compito nei termini della nostalgia del passato, della mera custodia dell'eredità, per quanto buona ed importante, della precedente esperienza di governo. Il nostro impegno è rivolto al presente, ad affrontare e, laddove possibile, risolvere i problemi del presente e, nella misura del possibile, a costruire un futuro migliore ed una vita degna di essere vissuta per tanti giovani sardi. Mi auguro che lo stesso intento animi la coalizione e i singoli esponenti del centrodestra.

Non sarà necessario e non sarebbe neppure realistico che noi si concordi su tutto, ciò anzi significherebbe l'appiattimento e la mortificazione del ruolo del Consiglio, il non confronto in definitiva produrrebbe questo punto. Sarà sufficiente e sarà pure necessario essere d'accordo nel sostenere buone politiche e buone pratiche di governo, la Sardegna ed i sardi da noi attendono questo. Presidente, nel momento in cui si fa politica è necessario porsi sempre la domanda: "è giusto o non è giusto fare una qual cosa?" invece che porsi la domanda: "mi conviene o non mi conviene?". Nel momento in cui si pone la seconda domanda si smette di far politica e si fa altro.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Signor Presidente, chiedo che venga convocata una breve Conferenza dei capigruppo alla ripresa dei lavori di questo pomeriggio per concordare le modalità di prosecuzione e di conclusione dei lavori.

PRESIDENTE. Ne parlerò con la Presidente Lombardo, sarà lei a valutare, prima della conclusione dei lavori comunque comunicherò come si procederà.

Continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Milia. Ne ha facoltà.

MILIA (U.D.C.). Signor Presidente della Regione, ho molto apprezzato il suo intervento del 20 marzo, giorno in cui lei si è presentato in Consiglio regionale con il programma di legislatura, ho valutato estremamente positivo il taglio deciso e volitivo della relazione. Una relazione che apre alla massima collaborazione con le varie anime della coalizione che l'hanno supportata in campagna elettorale e che hanno fattivamente contribuito alla vittoria (forze moderate, autonomiste, liberali) in un momento in cui anche la vita delle organizzazioni politiche dei partiti subisce il cambiamento dei tempi. Ritengo sia importante richiamarsi ancora una volta al primato della politica, non soltanto in fase di composizione delle liste dei candidati ma anche e soprattutto quando si tratta di elaborare delle idee e provvedere alla loro adeguata realizzazione.

Voglio sottolineare l'impegno e l'attenzione che la Giunta da lei guidata ha promesso di dedicare alle proposte e alle istanze che perverranno dall'opposizione. Per quattro anni e mezzo siamo stati abituati diversamente, perché vi era chi aveva inteso trasformare questo consesso democratico in un'Aula sorda e distante rispetto alle impellenti istanze dei sardi, i quali, non dimentichiamolo mai, sono coloro che con il voto liberamente espresso ci hanno delegati all'amministrazione delle loro cose. Lei Presidente Cappellacci ha espresso la volontà di essere il Presidente di tutti i sardi, sia di quelli che l'hanno votata, sia di quelli che non l'hanno votata, confermando così il massimo rispetto verso chi è oggi in quest'aula in minoranza e che dalla Regione dei sardi ha avuto compiti di opposizione.

Resta tuttavia il fatto che la responsabilità del governo regionale presuppone - e la cito con piacere - l'assunzione di decisioni che siano rispettose degli impegni assunti in modo chiaro e trasparente davanti agli elettori. Ciò presuppone la necessità di effettuare quelle scelte che riguardano spesso le idee e talvolta gli uomini, e che consentono di concretizzare una volta per tutte il tanto auspicato cambiamento epocale della nostra Isola. Ecco Presidente, chi le parla non è un seguace del "vae victis", guai ai vinti, però credo che nel rispetto del metodo democratico dobbiamo avere immediatamente il coraggio di cambiare affinché la macchina amministrativa sia posta nelle mani giuste, ovvero di coloro che, per competenza e professionalità, siano in grado di manifestare una limpida e non equivoca sintonia con le linee politiche della Giunta, dando un seguito al programma di governo da lei testé presentato. Anche di queste scelte dobbiamo rendere conto ai cittadini della nostra Isola che hanno espresso, con il suffragio, un'indicazione chiara, forte e improcrastinabile, da cui non possiamo sottrarci.

In queste ore, nonostante le indicazioni da lei inviate ai vari enti e istituzioni della Sardegna, c'è chi "sforna" delibere e provvedimenti come neanche il più alacre panificio industriale fa nelle ore di punta quando si ha bisogno di questo elemento essenziale per la sopravvivenza e sostentamento. Le dico questo perché c'è chi irride queste sue indicazioni e chi continua a perseguire interessi che non sono gli interessi della maggioranza e dei sardi che l'hanno votata e le hanno permesso di diventare Presidente della Regione. Molte volte in queste ore abbiamo aperto i quaderni delle doglianze esprimendo disagio dinanzi alla grave crisi occupazionale dell'industria, al blocco della formazione, allo stato di dissesto della sanità pubblica, alle carenze economiche dell'agricoltura, dell'allevamento, per citare alcuni dei temi più comuni.

Oggi noi abbiamo la responsabilità, certificata dal consenso elettorale, di modificare un percorso politico e culturale affinché si giunga nel minor tempo possibile agli obiettivi prefissati. Auspico che si abbia il coraggio e la volontà politica di voltar pagina, senza scuse e fraintendimenti, tagliando le inoperose fronde che spesso si annidano nei sepolcri imbiancati della politica e dell'amministrazione regionale. Oggi viviamo uno dei momenti di più elevata crisi economica e internazionale, una crisi che non può non avere ricadute anche sul tessuto economico e sociale dei sardi. Occorrono quindi scelte coraggiose che rilancino il nostro territorio e che siano di aperta rottura e discontinuità con i fallimenti del recente passato.

Lei conosce, Presidente Cappellacci, i numerosi problemi che attanagliano la provincia di Sassari (io sono consigliere regionale di lunga militanza, ed è la prima volta che, in un discorso di apertura, parlo del mio territorio). Da una parte questo nostro territorio è costretto dalla crescita di importanza della città di Cagliari, la cui ammirevole statura di città di dimensione europea e mediterranea ci inorgoglisce tutti, non ci devono essere fraintendimenti, e dall'altra il progressivo sviluppo del Nord-Est, Sassari e la sua provincia, anche per colpa di una classe politica imbolsita, di un sistema creditizio ed imprenditoriale per molti versi logoro riversato su se stesso, ha perso tutti i treni della modernità e della competitività. Mi auguro - e lei lo ha già annunciato in campagna elettorale - che tra gli obiettivi di questa Giunta vi sia anche quello di rilanciare il nostro territorio, partendo dai porti e dagli aeroporti che esistono ad Alghero e Porto Torres, per proseguire nel coinvolgimento concreto di tutte le risorse culturali, turistiche e produttive esistenti al suo interno.

Non possiamo dimenticare la forte interdipendenza tra Sassari, Alghero e Porto Torres nei rapporti di impresa, di lavoro, nonché in quelli di tipo turistico e ambientale, e, dato che ha sollecitato a quest'Aula delle proposte, io vorrei ricordare uno dei temi della nostra campagna elettorale. Nel 2001 ebbi l'onore di firmare il passaggio dell'isola dell'Asinara alla Regione autonoma della Sardegna; lo firmai un po'a malincuore poiché lo Stato, ancora una volta, non ci diede la piena e completa disponibilità dell'isola. Io vorrei, Presidente, al di là della progettualità di cui parleremo più avanti nel rispetto ambientale di questo monumento ambientale che grazie a Dio abbiamo conservato intonso fino ai giorni nostri, che una delle battaglie sue e della sua Giunta nei confronti del Governo nazionale fosse quella di conseguire la pienezza della titolarità dell'isola dell'Asinara e degli immobili che insistono sulla stessa, poiché non devono esistere Ministeri che utilizzano questi beni non si sa per quale fine (forse per far trascorrere le vacanze a qualche dipendente).

Credo che la stessa battaglia che lodevolmente ha portato avanti il presidente Soru, più importante ancora, per le servitù militari, debba essere condotta nei confronti del Governo nazionale perché l'Asinara divenga interamente e totalmente di proprietà della Regione autonoma della Sardegna. Per l'Asinara però sono trascorsi otto anni, otto lunghi anni, dalla firma di quel passaggio: non c'è bisogno che io riferisca a quest'Aula e a lei Presidente quali siano le condizioni e la mancanza di progettualità. Crediamo che con coraggio occorra un disegno forte - non so se tramite un bando internazionale o qualche cosa di simile - un progetto che la Regione autonoma della Sardegna dovrà portare avanti perché quello possa diventare veramente il volano di uno sviluppo che non interessi solamente un lembo di terra ma tutta la provincia di Sassari e, perché no, il sistema intero del Nord-Ovest e Nord-Est.

Altra battaglia che mi auguro sarà vinta sarà quella dell'arteria principale, quella di cui tutti parliamo, per cui si scende in piazza, per cui purtroppo a volte si commemorano decine se non centinaia di vittime, la "Sassari-Olbia", Presidente; lo dico a voce bassa perché è meglio usare questi toni per un problema così importante.

Gli altri problemi li conosciamo tutti. Ricordo che, da 12 mila impiegati nel settore industriale degli anni '70, oggi a Porto Torres ci sono 1400 operai che non conoscono il loro futuro. Nel 2008 E.ON, colosso energetico, acquistò la centrale di Fiume Santo, e promise di trasferire la sede legale della società in Sardegna. Ciò avrebbe comportato per le casse della Regione la bellezza di 120 milioni di euro all'anno, un giro d'affari di 2 miliardi e mezzo di euro. Oggi però E.ON deve impegnarsi a rispettare ciò che ha sottoscritto nel 2007. Il progetto del nuovo gruppo ha bisogno del nullaosta dall'Assessorato dell'ambiente, e non bastano i cortei dei lavoratori a rischio per sbloccare queste vertenze. C'è stata una presa di posizione del ministro Scajola, lodevole, e anche un ammonimento del Presidente del Consiglio Berlusconi perché gli impianti non vengano bloccati, tutt'ora però le questioni rimangono irrisolte.

L'altra problematica e quella di NEOS che con Polimeri Europa evidentemente non trova accordi; anche in questa situazione e in questa vertenza, viene manifestata l'intenzione dell'Eni di abbandonare la nostra Isola. Crediamo che questi, da soli, per il nostro territorio, possano essere argomenti più che sufficienti da essere affrontati e per i quali si possa spendere la nostra legislatura nell'interesse di tutti.

Io facevo parte della Commissione industria, nell'ultimo anno non si è mai riunita. Avevamo un Assessore che manifestava grande ottimismo e la situazione è quella che abbiamo sotto gli occhi. Non abbiamo bisogno di manifestare ottimismo, abbiamo bisogno di lavorare tutti assieme per risolvere i problemi. Questo è l'impegno che chiedo a lei, Presidente, ma a lei perché rappresenta la nostra Giunta.

Il XIV rapporto del CRENOS ha certificato una situazione di pesante e persistente arretratezza in Sardegna. Sappiamo che le nostre imprese, nell'arco di dieci anni, hanno fatto segnare un deciso regresso sia nell'esportazione di prodotti ad elevata crescita di domanda mondiale, cioè i prodotti chimici, sia negli altri prodotti, e si deve aggiungere la difficoltà ad attrarre nuovi investimenti. Credo che questo, insieme al problema della industria turistica che nel Nord-Ovest è stata scientemente abbandonata e volutamente ostacolata, siano i problemi che abbiamo sul tavolo. Le pianificazioni paesistiche penalizzanti che riguardano il Nord-Ovest arrivano dagli anni '80, '85, e continuano e persistono con il nuovo Piano regionale paesistico.

Bisogna cambiare rotta, bisogna cambiarla decisamente, e io sono convinto, Presidente, che anche dalle esperienze pregresse, per quanto negative, si possano trarre utili insegnamenti se si vogliono evitare gli incidenti e gli errori del passato e se si vuole realmente rilanciare un'economia di cui le sorti possono essere ancora cambiate, con la serietà, con il lavoro, con la programmazione adeguata e soprattutto perseguendo sempre l'interesse dei nostri corregionali. Questa è la tendenza che deve essere invertita e in questa maniera, e solo in questa maniera, si potrà restituire al nostro territorio e ai sardi quella dignità che compete loro per diritto naturale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mula. Ne ha facoltà.

MULA (Riformatori Sardi). Onorevole Presidente del Consiglio, onorevole Presidente della Regione, onorevoli colleghi, è finalmente iniziata da qualche settimana la nuova legislatura che auspichiamo possa caratterizzarsi per una elevata capacità dell'Istituzione regionale di programmare politiche per risolvere e superare gli ostacoli allo sviluppo che si trascinano da troppo tempo.

Amici consiglieri, abbiamo tutti la consapevolezza dei problemi irrisolti che attanagliano la società sarda, per risolvere i quali è nostro auspicio che inizi una nuova stagione in cui le persone siano al centro dell'impegno politico. Lo ricordava Aldo Moro: uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell'uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l'autonomia della persona umana; concetto che il centrosinistra non ha mai applicato, a partire dal Piano paesaggistico regionale, alla soppressione degli enti di formazione e al mancato sostegno delle imprese. La campagna elettorale è finita e la maggior parte dei sardi hanno deciso di accordare fiducia alla coalizione di centrodestra; di ciò l'opposizione se ne deve fare una ragione, consentendo di superare asti e invidie, con interventi collaborativi e propositivi per il bene del nostro territorio. Dico "la maggioranza dei sardi ci hanno votato", non solo le casalinghe - come dice qualcuno - ma anche i laureati e i diplomati, i giovani e meno giovani.

Ci tengo a sottolineare, perché lo condivido profondamente, che il nostro programma politico non parte da un paradigma precostituito e assoluto in capo ad un unico essere pensante che decide di calarlo successivamente e forzatamente nella realtà, ma la nostra politica è politica dal basso, di ascolto, confronto e rielaborazione costruttiva delle esigenze reali del tessuto rappresentato da enti locali, imprenditori, parti sociali, e quindi da tutto il popolo sardo. Dico questo perché, successivamente alla presentazione del programma del nostro Presidente, da alcune parti sono emerse critiche aspre per la mancanza di una grande idea, di un'ipotesi di sviluppo originale, insomma di una teoria socioeconomica calata dall'alto.

La nostra politica non può rifarsi a questo modello di governo perché non caliamo nulla dall'alto, siamo stati scelti dal popolo sardo per soddisfare le esigenze reali, immediate e di lungo periodo, utili, positive che sicuramente una volta soddisfatte ci consentiranno di superare la grave crisi in cui ci troviamo. Speriamo di affrontare assieme a tutti voi le problematiche della gente e del territorio sardo che la vecchia maggioranza ha lasciato allo sbando. Dico questo in modo che i colleghi consiglieri della minoranza capiscano e si rendano conto che da soli non si va da nessuna parte.

Quando la sinistra al governo ha dimostrato palesemente di non essere mai stata in grado di far crescere l'economia di questa Regione. Vorrei ricordare che a partire dal piano paesaggistico regionale, non sono state rispettate le regole del mondo civile: un piano pieno di vincoli, una falsa difesa dell'ambiente che a discrezione poteva essere calpestato con lo strumento dell'Intesa, uno strumento che doveva garantire sviluppo e conservazione del territorio e che invece ha relegato la Sardegna alla stregua di una grande riserva al cui interno solo qualcuno poteva operare in regime di monopolio.

La Sardegna è una Regione piena di potenzialità, ricca di intelligenze e di talenti che chiedono solo di essere posti nella condizione di esprimersi, ma anche una Regione che paga duramente un'assenza di progettualità e di visione del futuro che si manifesta in fenomeni di stagnazione del sistema economico. I nostri giovani migliori, così come fecero i loro nonni, hanno ripreso a fare le valigie per cercare fortuna all'estero. Questo determina non solo una nuova questione sociale, ma anche l'impoverimento professionale, culturale della nostra terra.

Noi, senza avere l'illusione di poter compiere miracoli, dobbiamo essere in grado di offrire una prospettiva ai nostri figli, che dopo aver speso una vita sui libri si ritrovano con l'unica speranza dell'immigrazione. Noi dobbiamo creare le condizioni per fermare la fuga dei nostri talenti che impoverisce la nostra Regione. Come scrivono gli economisti, oggi il talento, nella fase della competizione globale, è una risorsa produttiva al pari di quelle materiali. C'è tutto un tessuto di piccole e medie imprese che va salvato e rafforzato. Ora probabilmente, in un contesto di crescente globalizzazione, la logica del "piccolo è bello" non regge più, e per questo motivo occorre dare forza a progetti di cooperazione e creazione di reti industriali dei quali si parla da tempo senza risultato.

L'artigianato è un altro settore nevralgico del sistema produttivo sardo e noi dobbiamo pensare a creare strumenti nuovi e adeguati per favorire l'accesso al credito, la reale applicazione di innovazioni tecnologiche utili al miglioramento dei prodotti nel rispetto della tradizione. Così come perde colpi il turismo, che risente ancora sostanzialmente di una logica da "mordi e fuggi" che non ci ha consentito di divenire competitivi nel Mediterraneo. Penso sia indispensabile puntare alla valorizzazione dei piccoli comuni (piccoli gioielli storici che meriterebbero ben altra attenzione) dei prodotti tipici della nostra terra, dell'ambiente e dei beni architettonici. Dobbiamo essere in grado di fronteggiare la crisi di molti settori nevralgici del sistema produttivo regionale.

Provenendo dal territorio della Baronia - parliamo di Nuoro e provincia - vorrei soffermarmi su alcuni aspetti particolari: attualmente ad Orosei, operano 16 società che gestiscono 15 cave di marmo, 11 stabilimenti, un laboratorio artigianale, 4 impianti per la produzione di granulati con una occupazione di circa 600 persone. L'indotto è costituito da numerose aziende di autotrasporti, meccanica, falegnameria, manutenzione, commerciali, alberghiere, ristorazione. Il settore lapideo fattura circa 22 miliardi di euro e costituisce il quarto polo industriale della Sardegna. Il 15 percento della produzione delle cave della Baronìa è venduto in Sardegna, l'85 percento nel resto d'Italia e nel mondo.

Orosei rappresenta l'esempio degli sforzi delle imprese tesi verso la ricerca di nuovi mercati e il potenziamento delle attività di lavorazione e commercializzazione dei prodotti finiti, come anche rappresenta un gran bel biglietto da visita per l'economia sarda. I manufatti provenienti dalla Baronìa si trovano in tutto il mondo e arrivano anche in Giordania e Giappone passando per il casinò di Mosca e il municipio di Santo Domingo; la loro qualità fa bella mostra in edifici, piazze e musei. Nonostante tutto oggi il distretto è in crisi, da qui la messa in cassa integrazione di alcune unità che fa temere la messa in discussione della forza lavoro, la diminuzione degli ordinativi nazionali ed internazionali; un effetto domino che rischia di far saltare l'intera area.

L'esempio delle cave del marmo di Orosei è l'occasione per evidenziare che negli ultimi anni le aziende del settore estrattivo, uno dei comparti storici dell'industria sarda, hanno conosciuto una crescente difficoltà ad operare. Ai problemi connessi all'andamento dei mercati e alla concorrenza dei nuovi competitor asiatici, India e Cina, si sono aggiunte le difficoltà interne derivanti da una legislazione regionale ormai obsoleta e inattuata nei suoi punti più qualificanti; si pensi, per esempio, al piano regionale per le attività estrattive. In questo senso le misure assunte dalla Regione nella precedente legislatura non sembrano configurare un percorso di sviluppo di questo settore e sono fonte di forte preoccupazione da parte delle imprese.

Il disegno di legge numero 183 del 2005, approvato dalla precedente Giunta regionale, doveva costituire una proposta organica e coerente con gli orientamenti della Giunta in capo ambientale, ma appare in contrasto con l'obiettivo di rendere economicamente sostenibile l'attività estrattiva e di lavorazione dei minerali metalliferi. Il disegno di legge nasce condizionato da due criticità: una sottostima del settore dal punto di vista economico e, ancora più grave, dal fatto che si attribuisce una valenza negativa dal punto di vista ambientale, sociale alle attività estrattive. Da qui è facile comprendere il complesso di vincoli e laccioli, l'impossibilità di ottenere nuove autorizzazioni, la difficoltà estrema di ottenere rinnovi ed ampliamenti. Ciò non significa certamente che i problemi o le criticità che coinvolgono queste attività siano da ricondurre alla normativa regionale, però è anche vero che la stessa non può avere un approccio meramente vincolistico o vessatorio.

Dal mese di settembre 2007 la precedente Giunta regionale ha assunto numerose delibere con le quali ha di fatto sospeso l'esame dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale presentati dalle aziende in attesa dell'approvazione del piano regionale delle attività estrattive. Questa situazione sta creando grande confusione tra gli operatori del settore e l'incertezza che ne deriva pregiudica notevolmente le attività in essere, con conseguenze estremamente negative sugli aspetti produttivi e occupazionali delle imprese.

Altra nota dolente: ad Orosei era prevista anche la realizzazione del porto turistico; la precedente Giunta di centro destra - e qui ringrazio pubblicamente gli onorevoli Pittalis e Ladu - aveva stanziato nel bilancio gli appositi fondi, successivamente però sono stati disimpegnati. Ciò che rimane oggi del porto sono soltanto alcune boe telematiche che a nulla servono al nostro territorio. E non dirò da chi sono state "sponsorizzate". Quanto è accaduto è grave, perché ha penalizzato il sistema turistico locale con la conseguente riduzione dei flussi di ingresso. Per questo, signor Presidente, le chiedo di prendere impegni per il rifinanziamento del porto, sapendo molto bene cosa significa realizzare un porto in termini di sviluppo economico del territorio, da quello turistico o artigianale all'edilizio, ai servizi, allo spettacolo e all'intrattenimento.

Nella passata programmazione delle risorse finanziarie europee, i pochi confortanti dati economici della Provincia di Nuoro hanno consentito l'arrivo di grossi finanziamenti per tutta la Sardegna, ma vergognosamente proprio la Provincia di Nuoro è stata la più penalizzata nell'assegnazione.

Vorrei infine fare un accenno al problema della sanità. In Provincia di Nuoro - citando un dato per tutti - i tempi delle liste d'attesa per un esame diagnostico sono circa di otto mesi, e il dato si commenta da solo. Vorrei parlare anche dell'Università nuorese, che doveva diventare il terzo polo universitario della Sardegna, mentre adesso, probabilmente, è destinata alla chiusura.

Fermare il declino: è questo l'obiettivo che abbiamo dinanzi a noi. La disoccupazione dilaga e i punti nevralgici dello sviluppo perdono colpi. Settori crescenti dalla società sono in preda alla paura e alla sfiducia. Cari colleghi, il rispetto e il valore delle istituzioni devono caratterizzare il nostro impegno nei prossimi anni. Non possono appartenerci le logiche irresponsabili del "tanto peggio tanto meglio"; noi ci siamo formati nella democrazia, nella libertà, nel rispetto delle differenze, e questi valori devono essere potenziati e sviluppati negli anni di lavoro che ci attendono.

Caro Presidente, concludo chiedendo a lei un impegno forte. E' questo quello che serve, perché i sardi ci guardano e i sardi aspettano. Rivolgo un appello a questa maggioranza, caro Presidente, perché in brevissimo tempo possa diventare da una maggioranza numerica una maggioranza veramente politica.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (P.R.C.). Signor Presidente, chiedo di sapere se ha avuto modo di consultare la presidente Lombardo, e quindi di avere conferma sulla Conferenza dei Capigruppo prima dell'inizio dei lavori, e poi per sottolineare che questo lavoro si sarebbe dovuto fare prima, perché stabilire la modalità di svolgimento del dibattito non è politicamente, e neppure sotto il profilo del merito e del contenuto, anche a termini di Regolamento, ininfluente sull'esito della discussione in corso.

PRESIDENTE. Sì, onorevole Uras, ho parlato con la presidente Lombardo. La Conferenza dei Capigruppo è convocata per questo pomeriggio alle ore 16 e 30. I lavori del Consiglio, invece, riprenderanno subito dopo, alle ore 17.

Continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione

PRESIDENTE. Concludiamo i lavori della mattinata con l'intervento della consigliera Francesca Barracciu.

E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.

BARRACCIU (P.D.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, Assessori, colleghe e colleghi, siamo alle prime battute della XIV legislatura: le dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione e le repliche dei consiglieri sulle stesse. Un momento importante che non considero rituale, ma un momento nel quale il Presidente della Regione eletto adempie al dovere di illustrare, spiegare e chiarire al Consiglio, ma anche al popolo sardo, la strategia di governo, che come si sa si costituisce di metodo e contenuti. Metodo e contenuti presumibilmente definiti sulla base di un'attenta analisi del contesto socio-economico della nostra Isola, che dovrebbe far emergere con chiarezza il modello di Sardegna che si intende costruire, la propria visione della società e i valori fondanti del proprio agire politico.

Ho atteso questo momento nella speranza di poter finalmente venire a conoscenza del suo progetto politico per la Sardegna, che deve necessariamente essere alternativo al nostro, e che lei, signor Presidente, e la destra che rappresenta, vi accingete a rappresentare. Speravo, in altre parole, che finita la campagna elettorale, da voi animata spesso con vuota propaganda e dispregio dell'avversario, lei, signor Presidente, ponendosi il problema del rispetto di questo Consiglio e dei sardi, facesse ciò che non ha fatto in campagna elettorale, e rivelasse con serietà il suo vero programma di governo, e mettesse così tutti noi in grado di valutare le proposte e replicare con cognizione di causa. E invece, signor Presidente, le ventuno pagine da lei lette senza mai staccare lo sguardo dai fogli, e il salvifico allegato di altrettante pagine, lungi dal recuperare il vuoto di idee che non ha saputo mitigare totalmente durante la campagna elettorale, rappresentano una dissertazione sul metodo di governo, metodo contrabbandato per contenuto, e che addirittura contengono senza pudore, direi, l'ammissione della mancanza di un'idea per la Sardegna.

Di più, la mancanza di un'idea portante per la Sardegna diventa, come d'incanto, il perno centrale del programma di governo. E la Sardegna dovrebbe tornare a sorridere su queste basi, Presidente? Sì, un po' mi viene da sorridere. Forse non si è reso ben conto, onorevole Presidente, ma la missione orgogliosa di non possedere un'idea per la Sardegna fa del suo programma un "non programma", e il modo assurdo con il quale esalta questo suo "non programma" mi fa venire alla mente il cappellaio che in "Alice nel paese delle meraviglie" festeggiava convinto e felice i "non compleanni". Quest'assonanza mi fa sorridere, per il resto sento invece una profonda preoccupazione per il presente e per il futuro, preoccupazione per il presente e per il futuro della Sardegna tutta, e in particolare per le zone interne dell'Isola, dove peraltro sono nata, cresciuta, e vivo, preoccupazione indotta dal paradigma espresso nel suo "non programma", secondo il quale lo sviluppo locale della Sardegna passa attraverso il rilancio del ruolo delle città, le quali debitamente rilanciate, appunto come si legge, secondo la vostra generica visione, dovranno svolgere anche il ruolo di poli trainanti delle aree interne.

Senza nulla togliere al doveroso impegno per le città, come si fa, onorevole Presidente, a banalizzare in questo modo quella che invece deve essere definita e trattata secondo noi come una vera e propria questione, questione con la "q" maiuscola, una questione per l'intera Sardegna, quella delle zone interne? Una questione che come tale, per la sua complessità, necessita - così come il governo Soru e il centrosinistra avevano iniziato a fare - di azioni specifiche e dedicate, e non, come si può leggere a pagina 11 dei suoi ventuno fogli, della semplice speranza che prima o poi possano beneficiare dell'effetto diffusivo dello sviluppo raggiunto dalle città grazie alla vostra specifica azione di rilancio.

Ma come si fa - continuo a chiedermi e a chiederle, signor Presidente - a preoccuparsi principalmente del rilancio delle città, ed in subordine ad esse delle zone interne, quando la Sardegna è composta per il 72 per cento di paesi al di sotto dei 3 mila abitanti, che per lo più sono situati nell'entroterra? Non solo si evince che non ci sia un'idea per la Sardegna, Presidente, anzi si ammette che non si abbia un'idea per la Sardegna. Il dramma che si intravede dai ventuno fogli è che non ha neanche contezza di quale sia anche solo la configurazione geografica dei problemi della Sardegna. Noi chiediamo invece che la questione delle aree interne torni a essere, così come nella XIII legislatura, un tema prioritario dell'agenda politica regionale, e che non venga interrotto il cammino faticosamente percorso fin qui per gettare le basi di un'inversione della tendenza alla desertificazione sociale ed economica.

Il trend negativo è in atto da tempo, da molto tempo, in particolare per quanto attiene la distribuzione della popolazione nelle varie attività economiche. La questione non riguarda tanto la diminuzione del numero degli abitanti - che, peraltro, è gravissima - ma la qualità delle attività produttive nelle quali gli occupati sono impegnati, visto che si tratta di attività residuali e destinate progressivamente a scomparire nel tempo.

Nell'attuale momento dell'economia capitalistica, la crisi delle zone interne costituisce evidentemente l'anello più debole, e anche per lei (mi dispiace intravedere questo, signor Presidente) nonostante questo sia un problema di tutta l'Isola, questa crisi viene dopo quella delle città, dopo le industrie, dopo la sanità e dopo la scuola. L'acuirsi della crisi internazionale impone ancora più interventi immediati, vigorosi e di dimensioni straordinarie per affrontare la questione nella sua globalità. Serve un'azione corale e condivisa, che non può essere più rinviata né sostituita da azioni settoriali e isolate, e tanto meno dalla speranza che arrivi, ripeto, l'effetto diffusivo dello sviluppo, eventualmente creato nelle città.

Servono azioni collocate dentro un quadro di una visione unitaria, finalizzata a bloccare la tendenza al declino, a fermare la fuga delle giovani generazioni, a invertire la decrescita delle nascite e il conseguente progressivo invecchiamento della popolazione, a bloccare l'indebolimento delle strutture produttive e il degrado dei servizi, a bloccare cioè tutti quei fenomeni negativi che in questi ultimi anni hanno anche toccato territori che ne sembravano esclusi, perché confinanti con aree urbane e con zone turistiche più evolute e dinamiche.

Peraltro, ignorando e sottovalutando le cause originarie del ritardo di sviluppo, è circolata una tesi assolutamente insopportabile per chi è nato e cresciuto nelle zone interne, ed è altrettanto insopportabile per chi, come me, fa il Sindaco di un Paese delle zone interne. Una tesi, neppure tanto isolata, che attribuisce alle stesse popolazioni e alla classe dirigente di quelle popolazioni, delle zone interne, la responsabilità del ritardo. Viene così affermato che tutto dipende dalla mancanza di iniziativa, di coraggio, di fantasia, dal non saper sfruttare le occasioni, dal non saper utilizzare in senso moderno gli antichi saperi, le antiche tradizioni, dal rifiuto del rischio e via discorrendo. La colpa del sottosviluppo, secondo questa teoria, e di chi non sa sfruttare le risorse naturali, sia perché non ha voglia di lavorare, sia perché non vuole rischiare, sia perché non è capace neppure di guardare oltre l'orizzonte del proprio paese.

In parte tutto questo si verifica - non lo nego - ma non è la causa fondamentale del ritardo di sviluppo e, tantomeno, del declino, del quale semmai è l'effetto che a sua volta alimenta un processo circolare che si perpetua all'infinito se qualcosa non interviene a neutralizzare le cause originarie. E' ciò che abbiamo iniziato a fare nella scorsa legislatura: intervenire sulle cause originarie, un lavoro lungo e faticoso, con risultati certamente non immediati e che lei, signor Presidente, non cita neanche lontanamente.

Ma non si può iniziare da capo anche su questo tema, bisogna far tesoro di ciò che è già stato impostato nell'interesse di quelle popolazioni e nell'interesse della Sardegna. Ciò che è stato portato avanti nella pianificazione urbanistica, nelle politiche ambientali, nei trasporti, nelle politiche di bilancio e finanziaria, nelle politiche socio-sanitarie e dell'istruzione, ha guardato con un approccio globale e unitario alle questioni delle zone interne. Da qui si deve ripartire cercando di incidere direttamente sulle strutture culturali e sociali, altrimenti penso che potremo far diventare ingegneri tutti i giovani delle zone interne, ma le cose non cambierebbero.

Si lavori ancora per apportare modifiche profonde e durevoli nella struttura produttiva, con significative presenze industriali e del terziario avanzato che creino nuovi posti di lavoro e carriere idonee a soddisfare l'offerta di lavoro qualificata dei giovani laureati, e si renda possibile ancora, per il rilancio dell'entroterra sardo.... c'è molto brusio, presidente Cossa...

PRESIDENTE. Ha ragione onorevole Barracciu. Prego...

BARRACCIU (P.D.)... si renda possibile, a chi possiede i numeri, di realizzare progetti di vita diversi da quelli possibili nell'ambiente preindustriale che ancora domina le società delle zone interne, che ancora non possono rispondere all'esigenza di una diversa qualità della vita e delle relazioni sociali, fondata su valori di alto livello culturale tali da assicurare un livello di fruizione di beni di qualità, se non uguale, almeno vicina a quello delle aree urbane maggiori.

Insomma, suggeriamo che si dia luogo a misure di interventi urgenti, non isolati, o, peggio, fortuiti, ma inseriti in una visione più ampia che investa settori produttivi tradizionali e ne crei altri nuovi, finalizzati non solo a stabilizzare l'equilibrio attuale, ma, soprattutto - per continuare a gettare le basi per un equilibrio più alto e più stabile - capace di invertire davvero la tendenza al declino che altrimenti non sarà solo il declino di una porzione di territorio sardo, ma l'intera Isola. Si tratta di promuovere pari opportunità per i diversi territori e di recuperare le mancate opportunità dei decenni trascorsi. Ma mi rendo conto che questa delle pari opportunità non è una sua preoccupazione, tant'è che non compare in relazione alle zone interne ed è totalmente assente nel suo significato più diffuso: quello che lo lega al superamento delle differenze sociali fra uomini e donne. Non si fa una parola, nelle sue dichiarazioni, su questo tema.

Naturalmente spetta a me, ancora una volta, come nella passata legislatura, a me e alle colleghe che sedevano in quest'Aula, sottoporre questo tema, e sarebbe invece auspicabile che anche i colleghi uomini si ponessero, piano piano, il tema delle pari opportunità, perché è questione democratica e non questione eminentemente femminile. Ma, purtroppo, così non è. Naturalmente non sono per niente sorpresa, signor Presidente, di questa sua gravissima dimenticanza. Qui le è riuscito il gioco di evitare il problema che non ha potuto evitare nella composizione della sua Giunta, in cui la presenza delle donne è imposta per legge, grazie alla tenacia delle donne presenti in quest'Aula nella passata legislatura e alla capacità delle donne, allora consigliere regionali, di destra e di sinistra, che hanno lavorato insieme per porre rimedio a una differenza insopportabile delle donne nelle istituzioni e nei luoghi di rappresentanza storica e atavica.

Dicevo queste cose l'altra volta, quando sono stata eletta nel listino regionale con un marchio indelebile di "incapacità di rappresentare" (questo care colleghe, ve lo sentirete dire anche voi prima o poi) lo dico oggi che sono stata eletta nel collegio di Nuoro, e che del collegio di Nuoro sono la consigliera regionale più votata. Sono temi, però, che non possono essere superati perché personalmente si raggiungono risultati; quando si raggiungono personalmente risultati, ancor di più bisogna rilanciare ed impegnarsi perché altri soggetti, altre persone possano fare e compiere gli stessi percorsi.

Dicevo, quindi, risultati raggiunti nell'altra legislatura. Oggi abbiamo il piacere di avere nella Giunta regionale ben cinque donne (il 40 per cento dei componenti l'Esecutivo) alle quali rivolgo, insieme ai colleghi, naturalmente, davvero gli auguri di buon lavoro. Quello, però, è un risultato che discende da una norma specifica approvata in quest'Aula, quindi, a partire da questo, Presidente, posto che c'è questa dimenticanza nel suo programma, le chiederei di riflettere sull'opportunità che questo Governo regionale che sta iniziando a lavorare dopo la grande opera riformatrice svolta nella passata legislatura, possa compiere un ulteriore passo in avanti: assumere la differenza di genere tra i criteri di interpretazione della realtà sociale della Sardegna, programmando azioni concrete per ridurre le disuguaglianze e valorizzare la risorsa femminile in chiave di crescita economica ed equilibrata dello sviluppo locale.

E' anche una questione di sviluppo locale e di crescita economica. Tant'è che l'Unione Europea ha assunto e rafforzato nella nuova programmazione del sessennio 2007-2013 l'attuazione di strategie e di interventi volti a garantire, nelle programmazioni nazionali, regionali e locali, la traduzione del principio delle pari opportunità tra uomini e donne in azioni e interventi concreti. La Carta europea per l'uguaglianza e le parità delle donne e degli uomini nella vita locale, invita gli enti regionali e locali ad aderire ai suoi principi di parità tra donne e uomini e ad attuare azioni concrete nel proprio territorio. Non è un capriccio femminile la richiesta del rispetto del principio delle pari opportunità: è una precisa prescrizione che viene dall'Unione europea.

Il raggiungimento dell'obiettivo del 60 per cento di occupazione femminile, nei paesi comunitari, entro il 2010, indicato dall'Unione Europea, potrà essere raggiunto solo se le misure che consentono alle donne di conciliare lavoro e famiglia - e questi sono temi che vanno anche oltre la possibilità di essere rappresentate nelle istituzioni - verranno messe con urgenza all'ordine del giorno dell'agenda pubblica ed applicate con determinazione. Le istituzioni sono chiamate a favorire in misura sempre maggiore il superamento della rigida divisione dei ruoli sociali mediante la valorizzazione, in termini di competenze e motivazioni, della prospettiva di genere in tutte le scelte politiche.

Con la riforma del Titolo V della Costituzione le regioni hanno il compito di rimuovere ogni ostacolo che impedisca la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, e di promuovere la parità di accesso alle cariche elettive. E a questo proposito, confermando la soddisfazione per l'elezione dell'onorevole Lombardo alla più alta carica del Parlamento dei sardi, ed esprimendo di nuovo i miei più sinceri auguri di buon lavoro, tengo a sottolineare che questa storica elezione (la considero storica) non rappresenta affatto il compimento della cosiddetta "democrazia paritaria". Se così fosse, sarei la prima a gioire, ma l'esiguità delle donne che siedono in questo Parlamento, l'esiguità delle donne che svolgono il ruolo di sindaco, di consigliere comunale, di consigliere provinciale, di Presidente a vari livelli, dimostra che, evidentemente, questo problema emerge ed è presente nella società sarda come nella società italiana e non solo, in tutta la sua drammaticità.

L'esiguità delle donne elette mi ha portato a valutare questa storica elezione come l'eccezione che conferma la regola, e la stessa enfasi con la quale i colleghi sottolineano questa elezione, dimostra che evidentemente è un fatto eccezionale, che è trattato come tale e che, quindi, è davvero un'eccezione, che lascia intatto il grave problema delle pari opportunità di genere, della presenza paritaria dei due sessi in seno alle istituzioni. Per risolverlo non basta purtroppo l'elezione di una donna alla Presidenza del Consiglio regionale, ma servono norme giuste, inclusive, che favoriscano davvero la presenza delle donne nelle istituzioni.

E a questo proposito, signor Presidente della Regione, onorevole Cappellacci, chiederei, a lei, alla sua Giunta, ma all'intero Consiglio regionale, in particolare alle colleghe e alla collega Lombardo che ha lavorato anche nell'altra legislatura per raggiungere importanti risultati in termini di pari opportunità, di prendere in considerazione la possibilità che la prossima legge elettorale contenga norme specifiche che davvero consentano alle donne di godere della pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive. Dicevo che ne ero convinta ieri così come ne sono convinta oggi.

Sono due temi, quelli che ho posto alla sua attenzione, signor Presidente della Regione, che non ho trovato nelle sue dichiarazioni programmatiche: quello delle zone interne e quello delle pari opportunità. Si uniscono agli altri temi evidenziati come assenti dagli altri colleghi che sono intervenuti prima di me e rispetto ai quali chiedo di poter avere risposte adeguate a fugare la profonda preoccupazione - che è mia ma che è anche di molti altri sardi che hanno letto le stesse dichiarazioni - per il presente e per il futuro di Sardegna.

PRESIDENTE. Ricordo che la Conferenza dei Capigruppo è convocata alle ore 16 e 30 presso la sala riunioni della Presidenza del Consiglio. I lavori del Consiglio riprenderanno questo pomeriggio alle ore 17.

La seduta è tolta alle ore 13 e 46.



Allegati seduta

Testo delle interpellanze annunziate in apertura di seduta.

Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sulla delibera del direttore generale della ASL n. 8 di Cagliari n. 228 del 9 febbraio 2009. (1)

I sottoscritti,

PREMESSO che, con delibera n. 228 del 9 febbraio 2009, il direttore generale della ASL n. 8 ha autorizzato "l'attivazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa con la dott.ssa Giovanna Del Giudice";

CONSIDERATO che nelle premesse di detto atto si fa riferimento, quale presupposto essenziale, all'Atto aziendale;

RILEVATO che:

- il TAR Sardegna (sent. n. 2201/2008) ha annullato il Piano regionale dei servizi sanitari nella parte in cui disciplinava la rete ospedaliera;

- è di tutta evidenza che detto annullamento non può che ripercuotersi sull'Atto aziendale che ha per l'appunto, quale suo necessario presupposto, il citato Piano, annullato in parte qua;

OSSERVATO che il contenuto dei compiti affidati alla dott.ssa Del Giudice induce a ritenere che, in effetti, ci si trovi in presenza di un contratto ad alto contenuto professionale non qualificabile quale contratto di collaborazione continuata e coordinata, al di là della dizione utilizzata nell'atto stesso (si richiama al riguardo la circolare del Dipartimento della funzione della funzione pubblica del 15 marzo 2005, n. 3);

PRESO ATTO che la delibera n. 228 del 9 febbraio 2009 fa seguito ad altra delibera (la n. 85 del 15 febbraio 2006) con la quale alla stessa dott.ssa Del Giudice era stato conferito l'incarico di direttore del Distretto di Cagliari con delega alla strutturazione ed avvio del Dipartimento di salute mentale;

CONSTATATO che, in ogni caso ed a tutto volere ritenere, il presupposto del ricorso ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa è l'assenza nell'organico delle professionalità ritenute necessarie allo scopo;

RAVVISATO che la delibera prevede l'erogazione di un compenso di euro 38.000 lordi,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere se sono a conoscenza della delibera n. 228 del 9 febbraio 2009 del direttore generale dell'ASL n. 8 di Cagliari e per conoscere:

1) quali direttive siano state emanate successivamente alla pubblicazione della citata sentenza al fine di dare attuazione alla stessa e, in particolare, al fine di evitare che vengano portati a ulteriore attuazione gli atti emanati (Atto aziendale e successivi atti applicativi) sul presupposto dell'adozione del Piano regionale dei servizi sanitari;

2) se sia stato accertato il rispetto dei limiti posti dal decreto legislativo 3 dicembre 1992, n. 502, e sue modifiche ed integrazioni per simili incarichi nonché dalla legge finanziaria per il tetto di spesa dei rapporti di consulenza;

3) quali iniziative ritengano opportuno che siano poste in essere al fine di scongiurare che in effetti il contratto si possa tradurre in una mascherata proroga del precedente incarico di direttore di distretto;

4) se sia stato effettivamente accertato che nell'organico dell'ASL n. 8 non esistano in atto idonee professionalità e che non si tratti di funzioni rientranti nelle competenze degli organi di vertice e delle figure apicali dell'ASL stessa;

5) se ritengano condivisibile che venga erogata la somma di cui sopra per lo svolgimento di funzioni che ben avrebbero dovuto e potuto essere svolte dagli organi dell'ASL e dal personale dipendente e si chiede di conoscere quali iniziative intendano assumere per evitare che in futuro possano ripetersi analoghi episodi.

Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sui concorsi per la dirigenza regionale. (2)

I sottoscritti,

RILEVATO che, con lettera prot. n. 128/2009 in data 16 marzo 2009, la CISL-FPS, il SADiRS e la FEDRO hanno presentato istanza al Presidente della Regione, all'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione nonché agli uffici del citato Assessorato, chiedendo l'annullamento del concorso in atto per l'accesso alla dirigenza regionale;

CONSIDERATO che le ragioni poste a fondamento di detta richiesta appaiono del tutto condivisibili e constatato che la situazione di profondo disagio in cui è venuta a trovarsi la dirigenza regionale a seguito delle traversie subite nell'ultima legislatura richiedono un intervento legislativo di ridisciplina della materia,

chiedono di interpellare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione:

per conoscere se l'Amministrazione intenda ritirare in sede di autotutela gli atti del bando di concorso per l'accesso alla dirigenza di cui trattasi;

affinché si provveda al più presto all'annullamento dei concorsi per la dirigenza in svolgimento.