Seduta n.323 del 16/05/2012 

(POMERIDIANA)

Mercoledì 16 maggio 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 31.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 22 marzo 2012 (315), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gianfranco Bardanzellu, Gavino Manca, Francesco Meloni, Marco Meloni, Valerio Meloni, Carlo Sechi e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 16 maggio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Agus, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione del progetto SIADARS (Sistema informativo degli archivi di deposito della Regione Sardegna)". (875)

"Interrogazione Fois - Vargiu - Cossa - Dedoni - Mula - Meloni Francesco, con richiesta di risposta scritta, sul rischio di interruzione dei voli low cost". (876)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interpellanza Diana Mario - Amadu - Campus - Peru sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo". (332)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Mozione Diana Mario - Amadu - Campus - Peru - Pittalis - Sanjust - Lunesu - Stochino - Bardanzellu - Locci - Piras - Tocco - Sanna Paolo Terzo - Murgioni - Rodin - Lai - Pitea - Greco - Floris Rosanna - Randazzo - Petrini - Contu Mariano Ignazio - Gallus sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (181)

PRESIDENTE. Constatato lo scarso numero dei consiglieri presenti in Aula, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 34, viene ripresa alle ore 16 e 52.)

Dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sull'attuazione dell'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio 2012 concernente le problematiche che rientrano nella "vertenza Sardegna"

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sull'attuazione dell'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio 2012 concernente le problematiche che rientrano nella "vertenza Sardegna". Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, cari colleghi, credo sia superfluo affrontare l'argomento ripercorrendo le tappe di quel che è stato perché le conosciamo; la stragrande maggioranza le abbiamo vissute insieme, talvolta condividendole, quindi è un vissuto, è un percorso che conosciamo molto bene. Penso sia utile invece toccare rapidamente gli elementi di novità, o anche, poiché sono presenti, gli elementi di criticità che possono essere utili per poter promuovere un dibattito, per poter offrire dei contributi, per poter avere un confronto su un tema così importante,così delicato e anche così decisivo rispetto alle sorti della nostra Regione.

Come voi sapete la vertenza ha avuto inizio con un tavolo politico, al quale ha partecipato anche una vostra rappresentanza, alla presenza del Presidente Monti; dopo quel momento è stato costituito il tavolo tecnico, formalizzando questo percorso, che si è riunito per tre volte se non vado errato. Voglio ricordare che quest'Aula aveva affrontato il problema anche nella Assemblea degli Stati generali.

A seguito dei contributi pervenuti, la Giunta ha avviato una interlocuzione con le parti sociali, con le rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori, arrivando a condividere un importante documento che individua un percorso, che puntualizza in qualche modo i punti focali, intorno ai quali e sui quali tutti stiamo lavorando per ottenere il risultato di un accordo su quella vertenza.

Inizialmente voglio partire dalle novità che nascono in sede giurisdizionale. Come voi tutti sapete la Giunta ha avviato una serie di attività che abbiamo condiviso, nel senso che c'è stato un passaggio normativo da parte di questo Consiglio, e che hanno caratterizzato un certo percorso. Dopo l'accordo del 2006, sostanzialmente, ci sono stati alcuni passaggi che elenco molto rapidamente. La Giunta, in primo luogo, con propria deliberazione propose una serie di criteri cui far riferimento per quantificare la compartecipazione regionale ai tributi erariali.

La Regione, in secondo luogo, in strettissimo raccordo con l'amministrazione finanziaria, anche a seguito di un'attività molto lunga e complessa, individuò dei meccanismi di contabilizzazione delle nuove entrate regionali. Quindi gli uffici regionali accertarono nel rendiconto tutte le compartecipazioni ai tributi erariali sin dal primo anno di applicazione del nuovo regime finanziario, cioè il 2010, sulla base dei meccanismi di calcolo definiti con gli uffici ministeriali, come ho appena detto.

In data 8 marzo 2011, sempre su quelle basi la commissione paritetica esitò uno schema di decreto legislativo recante le norme di attuazione. Infine questo è stato un atto particolarmente importante, il Consiglio regionale approvò l'articolo 3, primo comma, della legge numero 12 del 2011, che sancisce esattamente che anche in assenza delle norme di attuazione l'accertamento delle compartecipazioni regionali ai tributi erariali avviene sulla base degli indicatori disponibili.

Questo passaggio, e lo dichiarammo anche a suo tempo, faceva parte del percorso che era stato studiato con l'ausilio dei tecnici, eminenti giuristi; era un passaggio strumentale, ovverossia serviva a costringere lo Stato ad assumere una posizione, che poteva essere quella dell'impugnazione della norma, oppure quella dell'assenso, della non impugnazione, e quindi della ammissione della correttezza implicita dell'operato. Il Governo optò per l'impugnazione, e si avviò quindi un giudizio presso la Corte costituzionale. Dopo quel momento, altro passo importante e successivo, la Corte dei Conti ritenne corrette le azioni di carattere contabile poste in essere dalla Regione, che avevano portato all'iscrizione delle entrate, e parificò il rendiconto regionale 2010.

Infine nel giugno 2011 la Regione impugnò il diniego ministeriale alla nostra proposta di aumento del livello di spesa ammissibile pur nel rispetto del Patto di stabilità. Questo è il percorso che ha portato a sostenere questi due procedimenti, uno relativo alla nostra legge finanziaria, e l'altro relativo al Patto di stabilità. L'esito di questi due procedimenti è positivo, e credo che sia oggi l'elemento più importante e la base per poter rivendicare a quel tavolo, in modo ancora più forte, con un titolo ancora più forte, le nostre ragioni, e per avviare il percorso che adesso vi illustrerò.

Come dicevo l'esito è stato positivo perché la Corte costituzionale nel primo caso ha dato ragione alla Regione riconoscendo la correttezza dell'iscrizione di quelle entrate in bilancio; nel secondo caso, pur ritenendo il percorso non ammissibile in quanto riferito a un atto per il quale a detta della Corte non c'erano i presupposti per l'impugnativa, la Corte però è entrata nel merito delle ragioni e, sostanzialmente, con una sentenza molto importante, ha riconosciuto pienamente le ragioni dell'amministrazione regionale, stabilendo che il Patto di stabilità non può non tenere conto nella sua determinazione del nuovo livello di entrate, così come previsto dal novellato articolo 8.

Sulla base di questi due presupposti oggi esiste quindi una giurisprudenza costituzionale sul caso Sardegna che riconosce l'esattezza del calcolo e l'assoluta necessità di revisione del Patto di stabilità. Perché è importante questo passaggio? Perché l'ultimo tavolo tecnico si è riunito esattamente ieri e, pur prendendo atto di questa situazione, non ha fatto passi avanti, anzi, a quel tavolo si è avuta l'impressione che si volesse ricondurre la vertenza entrate nell'alveo delle problematiche più generali relative al federalismo, quindi all'articolo 27, che è un percorso che questo Consiglio regionale ha escluso sin dall'inizio, che la Giunta ritiene altresì di dover escludere, quindi con perfetta coincidenza di vedute e di impostazione.

Sostanzialmente abbiamo pertanto rifiutato un percorso di questo genere e oggi siamo arrivati a questo punto; ieri in Giunta abbiamo deliberato la decisione della diffida e messa in mora del Governo per l'adempimento e, altresì, il Presidente stato autorizzato, a esito della diffida, ad avviare tutte le azioni sia in sede ordinaria, dal giudice ordinario per l'ottenimento del dovuto, sia in sede costituzionale e amministrativa per il riconoscimento delle nostre ragioni.

E' evidente che avviare, come stiamo facendo, un procedimento di questo tipo potrebbe significare il fallimento del tavolo politico, quel tavolo al quale tutti abbiamo lavorato, nel quale abbiamo riposto e credo forse possiamo ancora riporre qualche speranza. Allora vi comunico che ho provveduto in data odierna, anzi provvedo stasera, lo anticipo al Consiglio regionale e firmerò la missiva stasera, a notificare al Presidente del Consiglio la delibera assunta dalla Giunta regionale nella quale si dice che, in mancanza di una forte accelerazione di quel tavolo e di un intervento decisivo da parte dei livello politico per arrivare a una sintesi corretta, noi avvieremo tutte le azioni opportune, e quindi adiremo le vie legali.

Sostanzialmente comunichiamo che il tavolo politico rischia il fallimento, perché quando ci si deve rivolgere alla magistratura per far valere le proprie ragioni, ma soprattutto per affermare un principio molto banale: il principio della legalità e del riconoscimento di ciò che è dovuto (e che altri organi giurisdizionali hanno già riconosciuto come dovuto), evidentemente è un grave fallimento della politica ed è anche un sancire il venir meno di un principio, quello della lealtà e della correttezza istituzionali, al quale questo Governo più volte si è richiamato e continua a richiamarsi, che è il principio che dovrebbe muovere o comunque essere alla base e fare da cornice ai rapporti tra i diversi livelli costituzionali.

La stessa nota io la manderò, sempre stasera, in copia per conoscenza, con una nota di accompagnamento e di spiegazione, al Presidente Napolitano, e quindi solleciterò il Presidente Monti a voler fissare immediatamente il tavolo politico per arrivare alla sintesi.

Oggi la situazione sul piano dei presupposti, sul piano del percorso è sostanzialmente matura per poter certificare quel risultato, soprattutto sul livello più importante, quello che abbiamo sempre detto deve essere tenuto distinto dalle altre problematiche, serve il passaggio finale del livello politico nazionale e, in mancanza di questo passaggio che si deve consumare, ripeto, nel giro di pochissimi giorni, noi avvieremo tutte le iniziative di natura legale, anzi, le avviamo comunque e quindi quel passaggio dovrà cercare di anticipare gli effetti di quel momento.

Nel frattempo, è stato comunicato che il prossimo 23 maggio ci sarà l'apertura del tavolo sul federalismo con il ministro Gnudi. Io ho informato il Presidente del Consiglio, Monti, che ovviamente per quanto ci riguarda qualunque partecipazione, qualunque riconoscimento di quel tavolo non può che essere successivo alla definizione delle vertenze aperte che sono una cosa diversa, che niente hanno a che fare con la partita del federalismo.

Questo è lo stato attuale dell'arte, questo è, credo, soprattutto per quanto riguarda il risultato in sede giudiziaria, l'esito di un'azione forte, determinata, corretta e opportuna che l'Amministrazione ha portato avanti e che consente oggi di avere quei presupposti. Questo è il titolo che ci consente di rivendicare oggi in modo ancora più forte al tavolo politico le nostre ragioni; questo però, anche alla luce di quell'accordo e di quel documento che è stato sottoscritto con le parti sociali, credo sia il momento decisivo nel quale far valere le nostre ragioni cercando di unire tutti le forze.

Io, d'altra parte, ho sempre detto che questo Governo poteva offrire una opportunità; l'ho detto più volte e lo ripeto stasera, talvolta sono stato anche criticato ma lo voglio ripetere ulteriormente, non voglio però entrare nelle polemiche nate con riferimento al precedente Governo, perché poi alla fine, come vedete, i nodi vengono al pettine a prescindere dal Governo che ci si trova di fronte. Comunque, ho sempre detto che un elemento che poteva fare la differenza era il fatto che ci fosse un Esecutivo sostenuto da molte forze politiche, anche di opposto schieramento, e che in questa fase ciascuno di noi, nel rappresentare la propria parte politica, avrebbe potuto e dovuto dare un contributo per sollecitare il Governo ad arrivare al giusto risultato.

Ecco, cari colleghi, io credo che questo sia il momento decisivo; il momento decisivo per far valere la politica all'interno di queste Aule, come è corretto e giusto che sia, visto, peraltro, che la politica ha perso e sta perdendo molto in credibilità, ma anche un momento decisivo perché tutti quanti ci si impegni affinché il risultato arrivi in sede politica. E se quel risultato arriverà non in sede politica ma in sede giudiziaria (e i presupposti maturati, già dicono quale sarà l'esito finale), onestamente non mi sentirei di gioire particolarmente, mentre mi sentirei di poter gioire a pieno titolo se la politica, unendo le forze come non mi stancherò mai di ripetere, sarà capace di portare tutti i livelli istituzionali e di governo, nostri interlocutori, a convergere sulle posizioni della Sardegna, posizioni assolutamente legittime e oramai anche certificate come tali.

Concludo queste mie comunicazioni perché ritengo di avere adempiuto all'onere e al dovere di informativa rispetto alle novità intercorse; ovviamente aspetto e ascolterò con molta attenzione i vostri contributi al dibattito per poi eventualmente, se fosse necessario, integrare ulteriormente anche le comunicazioni.

PRESIDENTE. Ricordo ai consiglieri che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Espa. Ne ha facoltà.

ESPA (P.D.). Presidente Cappellacci, abbiamo ascoltato con estrema attenzione le dichiarazioni da lei oggi rese rispetto a questa vicenda; una vicenda che noi sappiamo essere estremamente pesante per la salute e per lo stato dei sardi, per la loro possibilità di esprimere i diritti di cittadinanza. La situazione è pesante, lo sappiamo tutti, e mai come adesso la soluzione in senso positivo della vertenza entrate ci starebbe a cuore. Però, Presidente, lei ha detto molto chiaramente, alla fine del suo intervento, che le posizioni espresse dalla Sardegna sono assolutamente legittime.

Presidente, noi da tanti anni siamo convinti della legittimità della posizione della Sardegna. Lei ha citato la Corte dei conti, io ricordo quando il Presidente della Corte dei conti ha detto a questa Assemblea, in maniera estremamente chiara, che l'articolo 8 poteva essere immediatamente applicato, mentre voi negli anni passati sostenevate che questo non fosse possibile senza l'approvazione delle norme di attuazione.

Faccio adesso questa considerazione non perché devo per forza fare una lamentela retroattiva ma semplicemente perché il nostro timore è che, con quello che sta succedendo oggi in Italia, non si faccia più in tempo ad arrivare al risultato, soprattutto perché lei ci annuncia che ritiene possibile, anzi, chiede di essere autorizzato ormai a diffidare il Governo in sede costituzionale, in tutte le sedi competenti, per avere il risultato che tutti auspichiamo.

Presidente, sì è vero, sarebbe un fallimento se il tavolo politico dovesse saltare; possiamo dirlo che ricorrere ai tribunali ovviamente può essere un fallimento della politica, però, Presidente, i Governi non sono tutti uguali. Lo so, lei ha detto che non fa polemiche, che poi i nodi vengono al pettine, però, Presidente, noi abbiamo passato anni incitandola, addirittura incontrandoci anche, durante la nostra occupazione dell'Aula sulla vertenza entrate per cercare di impostare una strategia comune, ebbene, queste iniziative sono state disattese.

Il precedente Governo è andato contro gli interessi della Sardegna e noi - e lei in modo particolare, signor Presidente - non siamo stati in grado di mettere i puntini sulle "i" e di dire, in maniera forte, che eravamo pronti non solo alla diffida ma ad andare nei tribunali per esigere non una vertenza ma quello che ci spetta per legge costituzionale. Per questo il nostro timore, Presidente, è di non riuscire ad arrivare a un risultato, io non so se c'è da parte della sua maggioranza quella adeguatezza che ci permetterà di arrivare a un risultato.

Così si rivolge l'appello a essere tutti uniti, a mobilitarci tutti per, questo è un appello nobile, dare risposte ai sardi, siamo tutti responsabili. Siamo tutti responsabili però con diverse corresponsabilità. C'è chi in questi mesi, in questi anni ha lavorato perché subito dopo le elezioni, da lei vinte, si entrasse in campo per chiedere le risorse. Ma lei faceva capire che, essendo un Governo amico, ci avrebbe dato risposte. Non è stato così e questo è un fallimento delle politiche della vostra maggioranza.

Ripeto, non voglio fare dietrologia ma il nostro timore, il mio timore è che ora abbiamo di fronte una situazione di tensione dal punto di vista finanziario; una situazione che nel 2009 non era presente, per cui di quel momento dovevamo approfittare per riuscire finalmente a ottenere le risorse che ci spettano, risorse che non fanno parte di alcun accordo. Da quelle risorse dobbiamo partire e noi vorremmo che il Presidente della Regione partisse proprio dal fatto che non c'è alcuna vertenza aperta. E i tavoli non devono servire a ragionare su come arrivare all'obiettivo, ma devono sancire prima di tutto che queste sono risorse nostre.

Per noi non ci sono governi amici, Presidente, non è che il Governo precedente non fosse assolutamente amico, capisco qual è la nostra posizione a livello nazionale, ma le posso assicurare che nessuno dice al centrosinistra, sicuramente non al Partito Democratico, che dobbiamo stare cauti, che in questo momento bisogna stare zitti. Siamo totalmente liberi di incidere, di protestare in maniera forte rispetto a diritti che spettano ai sardi, perché la ricaduta della soluzione della vertenza entrate, chiamiamola così, vuol dire benessere per la comunità.

Noi abbiamo dei dubbi, Presidente, che lei e la sua Giunta possiate portare fino in fondo questa vertenza. Io ho paura che a Roma noi non siamo autorevoli, che la Sardegna non sia autorevole, che di conseguenza le interlocuzioni rimangano, come dire, di secondo livello, di serie B. Questo è un fatto che per noi è assolutamente da sanare. Noi non possiamo andare avanti con un Governo che a volte, come dire, non ci tiene in conto, non tiene in conto ma forse anche perché non è bene informato, non sa le notizie, succedono cose particolari, e si permette di respingere, di opporsi, di impugnare le nostre leggi davanti alla Corte costituzionale sulla base di pareri a volte indubbiamente corretti ma, altre volte, assolutamente da ridere, superficiali.

Se il Governo nazionale si permette questo, io credo che la Sardegna e le nostre istituzioni debbano veramente essere forti in questo periodo. Lei ha parlato di diffida, possiamo diffidarli, ci rivolgiamo alla magistratura però lasciamo una finestra aperta. Proviamo a scrivere a Monti dicendogli che noi siamo pronti a ricorrere a questi strumenti.

Presidente, al di là di qualunque mio pensiero personale, esattamente come avrebbe dovuto fare con Berlusconi subito, e non ha fatto, (questo glielo metto in conto come un difetto), adesso deve dire dopo quanti giorni ricorrerà alla magistratura. Non dico che debba minacciare, ma deve svolgere il suo ruolo. Se intende veramente dire al presidente Monti che ricorrerà a strumenti legali deve anche dire entro quanto tempo lo farà. Si deve prendere un impegno nei confronti del Governo Monti e nei confronti di questa Aula, altrimenti continuiamo ad andare avanti in una situazione di debolezza che credo non dia alcun beneficio.

Concludo, sicuramente il mio Capogruppo continuerà il discorso, però credo sia importante innanzitutto non appiattire il tutto, non dire che un Governo è uguale all'altro, distinguere in maniera forte le proprie responsabilità da quelle dell'opposizione, perché è la verità, e dare un segnale di rigore che deve essere accolto, deve essere prima di tutto nostro, ma in particolar modo suo. Se lei ritiene di avere la forza per poterlo fare, se ritiene di avere una maggioranza che la sostiene compatta, se ritiene che la sua proposta possa essere condivisa, non deve limitarsi a dichiarazioni generiche anche nei confronti di Roma, ma ammettere che siamo noi che dettiamo l'agenda sulla vertenza entrate, siamo noi che diciamo che questi sono soldi nostri che non sono sottoposti ad alcuna trattativa.

Ritengo che questo debba essere il primo passaggio, ma noi abbiamo la convinzione, il sospetto (in questi banchi non c'è fiducia), che non riusciremo a chiudere questa vertenza, che non ce la faremo, che non ci sarà, come dire, risposta dal Governo, e questo ugualmente lo imputiamo a voi, voi tutti, a lei come primo esponente di questa maggioranza.

Il fatto poi che la Consulta ci abbia dato ragione rinforza i concetti che noi esprimiamo da anni. Quindi vediamo di capire e cerchiamo di essere forti, determinati e non lasciare spazio a nessuno, qualunque sia il Governo, margini di trattativa su risorse che ci spettano di diritto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, io credo che il Presidente della Regione debba dare atto a questo Consiglio, e all'opposizione che siede in questo Consiglio, di avere sempre avuto sul tema delle entrate un comportamento "speranzoso", nel senso di sperare che ci fosse una possibilità, attraverso un'azione unitaria, di ottenere per la Sardegna il riconoscimento delle maggiori entrate derivanti dalla modifica dell'articolo 8 dello Statuto.

Oggi lei, Presidente, ha ripercorso quello che è successo in questi tre anni, io mi permetto di ricordarle che un ordine del giorno firmato e approvato all'unanimità dal Consiglio, già nel maggio del 2009 (mi riferisco all'ordine del giorno numero 3, uno dei primissimi approvati in questo Consiglio), le pose il problema dell'adeguamento del Patto di stabilità al nuovo regime delle entrate. E ci darà atto, Presidente, che anche nei mesi successivi fu di nuovo l'opposizione in questa Aula a portare all'attenzione dell'opinione pubblica (ricorderà le notti concitate, l'occupazione dell'Aula), l'urgenza, l'importanza di alzare il tiro, di non fidarci delle promesse dei Governi pseudo amici, di porre con forza e determinazione il tema della leale collaborazione fra le istituzioni, il problema di un Governo che appariva non rispettoso delle sue stesse leggi, anche quelle di rango costituzionale.

Abbiamo proposto anche quella volta un ordine del giorno, in questo caso è l'ordine del giorno del 22 dicembre, il numero 42, e successivamente abbiamo continuato a portare il nostro contributo. Ricordo anche una risoluzione della Commissione bilancio, approvata ugualmente all'unanimità, che arrivava a dire più o meno le stesse cose, che anche all'interno della discussione del federalismo fiscale, Presidente, noi dovevamo introdurre il tema del Patto di stabilità, anteponendo a qualsiasi altra discussione, a qualsiasi altra vertenza il rispetto dell'articolo 8 novellato. Abbiamo insistito, le abbiamo posto il problema più volte, e ancora di recente, quando è stata convocata l'assemblea del popolo sardo, siamo arrivati a dire cose del tutto simili, cioè di dare priorità alla vertenza entrate.

Ora, quello che manca nel suo racconto, Presidente, è il senso che lei dovrebbe dare di un popolo, quello sardo, che si sente in qualche modo ingannato, un popolo che aveva accettato quella modifica statutaria, a cui corrispondevano, ricordiamocelo sempre, maggiori responsabilità, maggiori competenze; e noi crediamo che un autonomismo moderno non sia un autonomismo che tira la giacca al Governo, allo Stato perché ci soccorra, ma sia un autonomismo che si fa carico di responsabilità, di competenze, e si prende le risorse dai bilanci dello Stato per gestire in autonomia quelle competenze.

Questo era il senso di quella riforma, e credo che nelle sue parole manchi il senso di indignazione di un popolo che si sente ingannato, che attraversa un momento di crisi difficilissima, che ha assunto delle competenze, ahimè, gestite assai male, me lo faccia dire, Presidente, dalla vostra Giunta. Il costo della sanità, infatti, quando l'abbiamo preso in carico, era più o meno di 2 miliardi e 500, 2 miliardi e 600 milioni di euro, oggi è arrivato, nel vostro bilancio, a 3 miliardi e 200 milioni di euro. Si è assunta una responsabilità onerosa che ha costituito addirittura per lo Stato un minor rischio, un minor rischio di non contenere i costi, in particolare della sanità.

A fronte di quelle maggiori responsabilità, di quella richiesta credo responsabile, noi ci siamo trovati in una situazione di inganni: più rischi, più oneri, senza le maggiori entrate con le quali dovevamo in qualche modo compensare quei maggiori rischi e quei maggiori oneri che di fatto si sono verificati; e stiamo parlando di circa 800 milioni in più, quanto occorre per costruire tre ospedali, quanto occorre per moltiplicare per otto volte le risorse che abbiamo stanziato nel bilancio faticosamente per l'occupazione, per le opere immediatamente cantierabili.

Presidente, il tema oggi non è se la Consulta ci ha dato ragione, il tema non è se ci sia qualcosa di cui gioire dal punto di vista della giurisprudenza, il tema, Presidente, me ne duole, e lei sa che da questi banchi lo spirito vuole essere sempre costruttivo, è se la Presidenza della Regione (e la vostra Giunta) ha la credibilità politica per arrivare fino in fondo, per far valere le ragioni della Sardegna; il tema è che la vostra Giunta non ha più una maggioranza politica, e credo che il brusio, le assenze, le cose che sentiremo dopo, le poche voci che si alzeranno per difenderne l'operato lo confermeranno.

Ci sarà il solito intervento, doveroso, dell'onorevole Mario Diana, pochissime altre voci, molti silenzi, molte assenze, forse farà un intervento l'onorevole Pittalis, che però oggi sembra aver marcato visita, magari gli farà una telefonata il Presidente e gli ricorderà di stare in Aula, e di fare il suo intervento stereotipato. Il punto, Presidente, è se lei è ancora credibile, perché lei, dopo tre anni e mezzo, ci dice che siamo al punto di partenza, ci dice che abbiamo ragione dal punto di vista giuridico. Ma è quello che le abbiamo detto tre anni e mezzo fa. Dov'è la vittoria politica? Che cosa c'è da gioire? Di che cosa dobbiamo rallegrarci se lei stesso dice che il tavolo politico è un fallimento?

Provi a girare le spalle, Presidente - non mi riferisco alla presidente Lombardo, ma forse potrebbe essere una metafora - lei è rimasto solo, non ha più nessuno alle spalle, lei è di nuovo un Presidente solo al comando. Qualcuno aveva accusato l'ex Presidente della Regione di essere un Presidente solo al comando perché andava troppo in avanti. Io ho l'impressione che lei sia un Presidente solo al comando perché scivola troppo all'indietro, non ho sentito nelle sue parole un accenno di orgoglio, una capacità di mobilitazione, una capacità di coinvolgere, di coinvolgere il Consiglio, di coinvolgere il sindacato, di coinvolgere il partenariato sociale.

Lei, Presidente, è rimasto solo perché la sua credibilità politica è venuta meno, perché lei adesso è diventato un Presidente che cavalca le ragioni demagogiche della piazza per riuscire a giustificare i suoi fallimenti. Lei rincorre le scorciatoie invece di assumersi la responsabilità piena della sua azione politica, che dopo tre anni ci ha riportato al punto di partenza, come un gioco dell'oca, dove finiamo sempre sulla stessa casella, torniamo al punto di partenza.

Presidente, io non voglio parlare di fallimenti, ma la invito a una riflessione profonda sulla sua capacità e credibilità di portare avanti questa battaglia; perché non vincerà questa battaglia con gli avvocati, non si illuda, ad avvocati si aggiungeranno altri avvocati, ci saranno ricorsi, ci sarà un procedimento la cui conclusione rischia di arrivare troppo tardi, quando la Sardegna avrà sofferto troppo sulla propria pelle, e avrà sofferto per aver preso la decisione di assumersi delle responsabilità, di essere d'esempio per le altre regioni, di aprire la strada a un nuovo federalismo fatto di competenze, di responsabilità, di risorse.

Lei oggi ha ammesso di essere solo, di avere solo la carta dei tribunali, dei ricorsi, solo la carta delle sedi giurisdizionali, ma questo non basterà, e le rinnovo l'appello, Presidente, non c'è nulla di personale, c'è molto di politico. Noi vorremmo che lei avesse successo, ma si giri, si guardi, lei è rimasto drammaticamente solo, e la sua è una solitudine tutta politica, una politica di un Presidente e di una Giunta che non sono stati all'altezza delle proprie responsabilità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). A me pare, presidente Cappellacci, e credo che lei ne sia consapevole, che oggi non abbia dato né a questo Consiglio né ai sardi elementi utili. Potrei dire che non ci ha detto niente, non ha detto niente stamattina sulla continuità territoriale, sul fallimento della continuità territoriale, almeno di questi tre anni, ho letto i resoconti, non ha detto niente oggi sulla vertenza Sardegna, non sulla vertenza entrate, quella si è già conclusa con l'accordo del 2006, ma sulla difesa della Sardegna, quella che noi chiamiamo appunto "vertenza Sardegna". Ha preso tempo Presidente, ha preso tempo stamattina sulla continuità territoriale, ha dilatato i tempi, ha allungato l'agonia, ma non ci ha detto niente.

Io ricordo, dicembre 2010, fase iniziale della finanziaria, occupazione da parte del centrosinistra del Consiglio regionale, lo ricorda anche lei perfettamente che siamo arrivati a una discussione. Lei molto gentilmente venne a incontrarci in quell'auletta, e parlammo di vertenza entrate, perché il problema era come affrontare nel rapporto con l'allora Governo Berlusconi il tema dei diritti della Sardegna, perché siamo in questa fase, nell'alveo dei diritti della Sardegna in una fase storica precisa, quella del federalismo, in cui dobbiamo tentare di essere almeno alla pari con lo Stato, con le altre regioni, sicuramente non indietro rispetto agli altri; in quella saletta quindi concordammo un programma e, alla fine, predisponemmo un ordine del giorno. Quell'ordine del giorno diceva le stesse cose che lei ci ha detto oggi a distanza di un anno e mezzo. Diceva che se fosse fallito il tavolo politico, allora il tavolo politico era col Governo Berlusconi, si sarebbe aperto un altro tavolo, quello tecnico, seguendo la via giuridica, la via del giudice ordinario, la via della sede costituzionale.

Lei allora ha preso tempo, avete incaricato due costituzionalisti importanti che vi hanno dato alcuni suggerimenti, avete dilatato i tempi, siete arrivati sostanzialmente a dire una cosa che è scritta in quel documento col quale la Regione accetta il tavolo ministeriale con il Governo Monti e accetta questo rapporto proprio nell'ambito del federalismo fiscale, cioè noi stiamo andando sostanzialmente a far coincidere quella che è stata una conquista storica per la Sardegna, la vertenza entrate, col federalismo, il che ci porterà inevitabilmente a vedere negati e annullati i benefici che quella vertenza ha portato per i sardi.

Certo, quei benefici li abbiamo quantificati bene; anche l'assessore La Spisa, con l'aiuto degli Uffici, ha quantificato bene le risorse, ma noi vi abbiamo detto in questi anni, ve lo abbiamo detto noi, ve lo ha detto la Corte dei conti, ve lo ha detto per ultima la Corte costituzionale, ve l'hanno detto tutti, ve lo ha detto Onida, che non c'era necessità di norme di attuazione, che non bisognava rincorrere le commissioni paritetiche e il Governo, che mai si è sognato di portare in Consiglio dei Ministri quelle norme per approvarle. Oggi lei ci ha detto "ieri ho approvato una diffida in Giunta, nel senso che metterò in mora il Governo", quante volte l'ha fatto in questi anni? Quanto ha coinciso, negli anni del Governo Berlusconi, la sua appartenenza politica con gli interessi della Sardegna?

E oggi è troppo facile dire "ma nel Governo ci siete anche voi, datemi una mano", è troppo facile. La sua politica è già abbastanza plasticamente rappresentata dalla campagna elettorale che l'ha vista vincere le elezioni, e oggi il popolo sardo, ne sono convinto, affronterebbe in maniera diversa quella stessa campagna elettorale alla luce dei risultati che ha prodotto.

Perché parliamo di vertenza Sardegna, parliamo certamente anche di difesa della vertenza entrate ma parliamo anche di continuità territoriale, di un fallimento dopo l'altro: quale tariffa unica? Io ricordo la risposta che le ha dato Matteoli a dicembre dell'anno scorso. I primi decreti, parlavate tanto di tariffa unica, ma poi le Conferenze di servizi da lei indette e presiedute, giustamente, non hanno dato come esito la tariffa unica, tant'è che avete chiesto di ritirare quei decreti; e poi si è arrivati alla compensazione, poi si è arrivati ai 57 milioni e mezzo per fare una gara, lì sì sulla tariffa unica, prendendoci le competenze, chiaramente trasferite sulla base dell'accordo Soru-Prodi ma che portavano, l'ha detto il mio Capogruppo stamattina, in dote alla Regione due miliardi in più di euro all'anno: noi non abbiamo visto un euro di quelle risorse, ci siamo accollati la continuità territoriale e non abbiamo neanche chiesto, lì sì, le norme di attuazione per trasferirci quelle competenze, così come invece è stato fatto per quanto riguarda il trasferimento per esempio di FdS e di FMS.

C'è stata questa fretta, devo dire condivisa dal ministro Passera per altre ragioni, di arrivare alla gara e di arrivare alla continuità territoriale con la tariffa unica. Il fallimento era ed è inevitabile; prendete un altro anno di tempo, ammesso che vi sia concesso, io credo che già oggi la continuità territoriale aerea non l'abbiamo, lo ha riconosciuto stamattina l'assessore Solinas. Non l'abbiamo perché non c'è rispetto degli oneri di servizio, non c'è rispetto delle frequenze, non c'è rispetto del numero dei voli e non c'è rispetto delle fasce orarie; e lo conferma Ryan air dicendo che probabilmente andrà via dalla Sardegna, perché non c'è l'autorevolezza neanche di sostenere delle linee guida in sede europea e in sede di Governo nazionale che portino a riconoscere l'interesse economico generale che ha anche il mercato a basso costo, mercato complementare e non sostitutivo della continuità territoriale ma che ha dato frutti innegabili per la Sardegna.

Eppure la Sardegna emblematicamente potrebbe svolgere questo ruolo in Europa, proprio quantificando i risultati e facendo emergere i benefici. E lei deve intervenire, Presidente, come rappresentante dei sardi, in seno all'Unione europea per vedere riconosciuti quei diritti, almeno per le isole.

Io credo però che dobbiamo parlare anche della crisi industriale, perché fa parte della vertenza Sardegna: quali risultati? Non ci ha detto niente, Presidente. Qual è il rapporto con il Governo? Deve parlarci certamente della revisione dei vincoli del Patto di stabilità, deve parlarci del Piano per il Sud: che cosa sta succedendo? Il Piano attuativo regionale dei fondi FAS, approvato nel 2009 prima dalla Giunta Soru e poi da lei riveduto, rimodulato e riapprovato nell'agosto del 2009, mandato a Roma chiaramente non è stato neanche esaminato, ne hanno stralciato una parte che riguarda le infrastrutture universitarie e la Sassari-Olbia, ma, al di là della delibera, non vediamo il trasferimento delle risorse.

È una sciagura, è il destino della Sardegna, è un destino cinico e baro oppure possiamo fare qualcosa? Può il Presidente della Regione intervenire autorevolmente? Può intervenire nel Consiglio dei Ministri, perché ha il rango di Ministro quando si parla di Sardegna, e mettere all'ordine del giorno la vertenza Sardegna, una volta tanto? Oppure dobbiamo accontentarci del fatto che la politica non c'è, non esiste, e dobbiamo quindi ricorrere da un lato ai tavoli tecnici e dall'altro al giudice ordinario e al giudice costituzionale? Se così è lei deve fare un altro mestiere; io credo che la rappresentanza dei sardi abbia innanzitutto necessità di una rappresentanza politica, ed è la politica che è mancata, è mancata negli anni del Governo Berlusconi, per una coincidenza e per una identificazione, e sta mancando in questi anni. Manca la politica.

Guardi, io non le dico che lei è un uomo solo al comando, io vedo invece responsabilità politiche di una maggioranza che la sostiene ancora, perché se lei fosse solo il Consiglio regionale ne avrebbe preso atto e saremmo andati, come dovremmo andare per fare l'interesse dei sardi, velocemente a elezioni. E credo che questa sarà inevitabilmente e innegabilmente la strada.

Non c'è un fallimento di un tavolo politico, c'è il fallimento della politica Sardegna, e la vertenza Sardegna, lo zero assoluto che anche oggi ci ha rappresentato, plasticamente ci dice che questa è la situazione; e quindi il Governo regionale ne deve prendere atto: o ha la capacità di una svolta immediata, oppure è meglio veramente che si ritorni alle urne.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

Non essendo presente in Aula decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Intanto correttezza istituzionale vorrebbe che ringraziassimo il Presidente di averci informato, poi i giudizi sul momento, l'opportunità, la tempestività sono un altro discorso; io credo che però noi non possiamo in questa fase sottovalutare quello che in qualche modo il Presidente ci ha comunicato. In effetti è una riflessione che facevo da un po' di tempo su questa strana propensione, sviluppata in questi mesi, in questi anni, ad aprire i cosiddetti tavoli, tavoli, tavoli, tavoli, senza poi portare nessun risultato concreto, che ha in qualche modo trasformato la nostra questione delle entrate in un grande magazzino dell'Ikea. Cioè, se io non riesco a trasformare trattative che devono essere concrete e fattive in prodotti e in ricadute, ho necessità di eliminare questi punti di decantazione: perché? Perché lei si ritrova in Sardegna un altro scenario, lo scenario di una società in grande fibrillazione, in grande sofferenza, alla quale non può dire che c'è l'attesa di un tavolo.

Fondamentalmente quella sentenza ha dato ragione a questa tesi: non c'era bisogno di aspettare, c'era necessità di riconoscere. Ecco perché io e alcuni altri abbiamo detto "adesso Monti dia i soldi"; cioè, secondo il mio modo di vedere, adesso non c'è più nulla che renda necessaria una trattativa dopo quella pronuncia, c'è necessità di dare attuazione. Lei dice: "Se non ci riusciamo sul terreno politico, passiamo immediatamente alle vie giuridiche". Io su questo punto mi permetto di prefigurare uno scenario. Noi possiamo fare i prepotenti, i giusti prepotenti, quelli che rivendicano il proprio, solo se abbiamo la capacità di essere coerenti sotto il profilo dell'unità, come lei ha invocato fino adesso; e, quindi, secondo il mio modo di vedere, quell'atto della Giunta che lei sta per adottare probabilmente andrebbe meditato un attimino, per vedere come possa essere meglio sintetizzato rispetto all'origine del percorso che abbiamo cercato di fare assieme, perché se no rimane un atto amministrativo, politico quanto si vuole, ma un atto amministrativo, e secondo me non è il momento di atti amministrativi; mi spiego.

L'altra elemento, che invece dovrebbe accompagnare questo momento di consapevolezza della situazione, è il renderci conto che lo Stato non è, in questo momento, in gran forma, e che oggettivamente, pur riconoscendo sul piano della legittimità ciò che spetta, potrebbe avere delle difficoltà; e pretendere sapendo che l'altro ha dei problemi è come vanificare una giusta pretesa, diminuire il potenziale della nostra, in questo caso, rivendicazione.

Ecco perché in date non sospette, in altri dibattiti, ci siamo permessi di dire: "Presidente, noi dobbiamo essere in grado di dire a Monti e al suo Governo che abbiamo un diritto, l'abbiamo quantificato, ed è questo. Sappiamo che non ce lo possono pagare tutto in una volta, però vi possiamo suggerire di diluirlo, di darcelo per esempio in titoli dello Stato, a scadenze programmate, messe in relazione con un programma di opere pubbliche che si articola nel tempo".

E si deve essere in grado di dire a Monti: "Se tu ci dai quelle risorse che ci spettano, in quella forma, noi porteremo avanti queste attività di sviluppo e di crescita che ti producono lavoro, cantieri, crescita, cioè quello che tu stai cercando dall'intera Italia, e noi saremo in grado di fare la nostra parte, rispettando la tua difficoltà, ma tu riconoscendo il nostro diritto". Questo discorso presuppone che ci sia un atto di più alto livello, un atto di programmazione più ampio, studiato, che abbia il conforto di una forte approvazione anche del Consiglio regionale, magari un'approvazione all'unanimità, e che venga posto in termini concreti come un atto di consapevolezza della situazione comune di difficoltà, ma nel quale agisce il diritto, ed è qualcosa che lei potrebbe spendere nei confronti della sua Terra, e noi potremmo dare un significato a questa azione.

Un conto è andare in astratto in giudizio contro lo Stato, senza avere la coscienza a posto rispetto alle tecniche che possono consentire l'attuazione di un diritto, un altro è avere le carte in regola, e io sinceramente mi presenterei con le carte in regola, proprio perché quello che stiamo pretendendo è un diritto alto e sostanzialmente inviolabile. Quindi le chiederei di riflettere se abbinare quell'atto che lei voleva fare questa sera a un atto più articolato, da condividere con il Consiglio regionale, che possa segnalare allo Stato che noi comprendiamo, ma non rinunciamo.

Un atto che sarebbe in grado di far ricadere, anche nel medio, lungo periodo sulla Sardegna, un'attenzione, un'attenzione importante, che non è l'attenzione che le ha dichiarato il ministro Barca stamattina in ordine all'allentamento del Patto di stabilità, perché forse, per come l'ho letto io, è quasi un diritto riconosciuto a tutte le regioni, non sarebbe quindi un qualcosa in più.

Certo, bisogna anche saper aprire immediatamente alla possibilità di spendere quei soldi, rivendicando gli indici drammatici della situazione sociale, e quindi stabilendo che stanno nella capacità di allentamento del Patto di stabilità gli elementi prioritari e privilegiati per farvi fronte. Ho l'impressione che di questa consapevolezza anche lei non abbia tratto alcun sentore in quest'ultimo periodo.

Quando la politica non ha progetto, e indico come progetto anche come utilizzerò quei soldi, per che cosa li voglio utilizzare, in che tempi li voglio utilizzare (la mancanza di progetto è anche la mancanza di queste indicazioni), quando la politica non ha progetto sono i tecnocrati che impongono il loro progetto, e quello che sta avvenendo a livello nazionale è esattamente questo, è la congiunzione del potere di quell'antica burocrazia con una visione burocratica affidata a quelli che oggi governano, che è la cosa peggiore che possiamo immaginare.

Ecco perché noi, Regione a Statuto speciale, dobbiamo avere una specialità nel dettaglio di ciò che ci spetta, nella descrizione della nostra pretesa. In questa congiuntura gli strumenti e le modalità non sono insignificanti, e io credo che lei debba pretendere di costruire in questa sede, con il Consiglio regionale, probabilmente senza distinzione fra Giunta e Consiglio, ma come Istituto regionale, la base di un patto nella direzione che io ho pensato così vagamente di descrivere, ma che può avere una radice fondata: va incontro allo Stato perché vende titoli che deve mettere sul mercato, va incontro all'esigenza della Sardegna che sa che tutto in una volta quei soldi non li può spendere, e può così programmarli.

E come li programma? Non per sperperarli, non è spesa corrente, dimostriamo che li mettiamo sul terreno degli investimenti e individuiamo i progetti che sono cantierabili in quei tempi e in quei momenti, e possiamo dare speranze diverse. Ecco perché la nostra funzione non è quella, come sostiene qualcuno, di venire qui a disturbare, noi siamo qui dentro, come dicevo stamattina, per mettere al servizio della minore sofferenza, mettiamola così, dei sardi, le idee che abbiamo, i principi che abbiamo, l'equilibrio che abbiamo, e non abbiamo nessuna intenzione di andare fuori da qui a esercitare illegittimamente, improvvidamente un'attività di riforma.

Le riforme sono prima di tutto le riforme culturali che interessano ogni singolo consigliere regionale, ogni singolo parlamentare, pretendere di andare fuori da quest'Aula per inculcare un sentimento populista, che voglia anche essere riformista, non è mai accaduto, è l'anticamera di scenari apocalittici. Noi non staremo mai da quella parte. Ecco perché può sembrare lontana a qualcuno anche la soluzione referendaria, ma si lavora qui.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente Cappellacci, io sono certo che se l'intervento che lei oggi ha fatto in quest'Aula l'avesse fatto tre o magari due anni fa, avrebbe avuto sicuramente più credibilità e un significato e una forza ben diversi. Se oggi dovessimo rileggere i resoconti dei dibattiti tenuti nel corso di questi tre anni in quest'Aula, su mozioni, interpellanze, fino agli ordini del giorno unitari sistematicamente disattesi da questa maggioranza, o rileggessimo anche le cronache di questo Consiglio, ne hanno già parlato i miei colleghi, ricorderemmo che siamo arrivati al punto di dover occupare l'Aula per convincerla che era opportuno portare avanti una battaglia forte di questo Consiglio, una battaglia forte di tutti i sardi nei confronti di un Governo centrale sordo ai problemi della Sardegna.

Nei testi relativi a quel dibattito, Presidente, troverà considerazioni molto simili a quelle che lei oggi ha svolto in quest'Aula, troverà qualcosa in più, sicuramente, oltre al problema dell'adempimento da parte del Governo nazionale dell'articolo 8. Troverà, per esempio, argomenti come l'alleggerimento del Patto di stabilità, i fondi FAS, la continuità territoriale e altro. Se quando noi abbiamo occupato quest'Aula lei, invece di preoccuparsi di non dispiacere l'allora Governo amico, avesse non dico seguito, ma sposato quella che era una battaglia di tutti i sardi probabilmente oggi noi staremmo discutendo di ben altro.

Lei, Presidente, assieme alla sua Giunta, assieme alla sua maggioranza, ha una grossa responsabilità: aver fatto mancare alla Regione sarda risorse molto importanti, risorse importanti che in questo periodo di grave crisi economica e sociale avrebbero consentito alla nostra isola di affrontare i problemi con una situazione ben diversa. Oggi la situazione economica dell'Italia, dell'Europa, ma del mondo intero, è sicuramente cambiata rispetto a tre anni fa, è sicuramente più difficile. Oggi la nostra nazione è governata da un Governo parlamentare che cerca in qualche modo di salvare l'Italia, che cerca in qualche modo di porre rimedio a quattro anni di governo del centrodestra.

Oggi lei ci chiede unità, chiede unità a questo Consiglio, a tutte le forze politiche di questo Consiglio, forse finalmente consapevole che da solo non può farcela.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue SOLINAS ANTONIO.) Presidente, nel 2007-2008 non il centrosinistra, che allora governava la Regione, ma tutto il popolo sardo, il centrodestra e il centrosinistra, tutte le associazioni di categoria, i sindacati, le autonomie locali scesero in campo per una battaglia fondamentale per l'isola; quella battaglia fu vinta non perché eravamo più belli, ma perché eravamo più forti e più uniti. Se lei questa unità non l'avesse chiesta a corrente alternata, tenendo conto che noi dobbiamo continuamente sollevare il livello dello scontro anche dentro quest'Aula per poter avere l'onore di averla in quest'Aula a riferire all'Assemblea sarda delle situazioni che si stanno verificando nel confronto tra Stato e Regione, molto probabilmente sarebbe più credibile.

Lei oggi, Presidente, di fatto sta certificando il fallimento di tre anni del suo governo e del governo di questa maggioranza. Mi consenta di dirle che questo era già scritto dal primo momento; una maggioranza di governo, una maggioranza politica che si presenta per governare una Regione come quella sarda senza un programma, senza un'idea dello sviluppo della Sardegna ma semplicemente unita dall'obiettivo di sconfiggere qualcuno e non di perseguire il bene della Sardegna, non poteva che produrre questi risultati. Il suo, Presidente, è stato un fallimento sotto tutti i punti di vista, che rischia di mettere definitivamente in ginocchio l'economia della Sardegna.

Noi, Presidente, saremo anche questa volta in prima fila in questa battaglia non perché ce lo chiede lei, ma perché ce lo hanno chiesto i sardi nel momento in cui ci hanno votato per ricoprire il ruolo di minoranza all'interno di quest'Aula, ce lo chiedono quei sardi che oggi sono disperati e delusi dal suo governo e che non vedono l'ora che questo governo finisca la propria agonia.

La nostra disponibilità, Presidente, è per un confronto a 360 gradi su tutto, che affronti oltre alla vertenza delle entrate anche il problema dell'alleggerimento del Patto di stabilità, il problema dei fondi FAS, i problemi dell'insularità e della continuità territoriale. Bene, se lei vuole aprire un confronto serio su questi temi troverà responsabilmente disponibile, credo di poterlo dire tranquillamente, il Partito Democratico che oggi è momentaneamente in minoranza in questo Consiglio regionale, ma che lavora per ritornare al governo di questa Regione.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente Cappellacci, siamo dei politici e, come tali, ci siamo contrapposti in diverse occasioni, ma siamo anche persone per cui mi permetto, se da lei sono graditi, di farle gli auguri per la sua pronta guarigione avvenuta a seguito dell'evento che giorni fa non le ha consentito di essere presente in Aula, ne sono felice per lei, e non lo dico ironicamente.

Io credo che il confronto politico sia una cosa, il rapporto tra persone un'altra e perciò cerco sempre di incanalare i miei interventi sul confronto politico e non sul confronto personale, pertanto voglia apprezzare i miei auguri per una guarigione rapida e spero che da ora in poi il confronto sia sempre incanalato tra tutti noi sull'idea di Sardegna, sulle idee di sviluppo che molto spesso non mi hanno visto condividere la sua linea o, meglio, da un certo momento in poi mi hanno visto non condividere la sua linea nel metodo e nel merito.

Per tornare all'ordine del giorno io credo, Presidente, che avrei molto apprezzato se lei avesse impostato il suo intervento sulla falsariga di quanto ha riportato in Aula il collega Gian Valerio Sanna che ha ricordato come, in un periodo non sospetto, alcuni di noi in quest'Aula si sono permessi di indicare delle soluzioni, delle vie, delle proposte che abbiamo portato alla sua attenzione. Il collega ha ricordato le proposte per un eventuale transazione con il Governo per avere quanto dovuto, e quanto ormai certificato come diritto, alla Sardegna sulle entrate, con la possibilità di utilizzare anche i Buoni del Tesoro.

In quegli interventi si sottolineava soprattutto una cosa e si lanciava una proposta, quella di approcciare il confronto con il Governo con una seria proposta programmatica, un serio progetto di sviluppo, nell'interesse unico di risolvere una problematica vitale per la Sardegna. Io in quest'Aula in sede di discussione della finanziaria, che bene o male ha interessato anche la discussione sulle entrate, ho posto questo quesito alla Giunta e alla maggioranza: "Ma se si dovesse verificare che lo Stato riconosca ed eroghi quanto dovuto alla Sardegna per circa 1 miliardo e 600 milioni, qual è la vostra idea di spendita di queste risorse?". Io ho paura che le risorse arrivino e ci trovino impreparati.

E poi abbiamo il gravoso problema del Patto di stabilità e sono due cose direttamente collegate. Allora mi chiedo, lo dissi allora e lo ripeto, se noi abbiamo la forza e l'autorevolezza di dire al Governo centrale: "abbiamo delle idee, abbiamo dei progetti". Richiamai i Piani di rinascita, per carità lungi da me proporre nuovi Piani di rinascita, ma possiamo sederci a un tavolo per dire, nel momento in cui il diritto è pienamente riconosciuto, che noi proponiamo un progetto di sviluppo per la Sardegna che ci finanziamo, perciò chiediamo l'allargamento delle maglie del Patto di stabilità e, consci del fatto che il Governo, lo Stato italiano non può pagare quanto dovuto alla Sardegna, avanziamo una serie di proposte (alcune già riferite dal collega Sanna), tra le quali per esempio azioni di fiscalità di vantaggio.

Per il prossimo decennio chiediamo al Governo italiano che ci consenta alcune azioni o ci riconosca alcune azioni di fiscalità di vantaggio, nel senso, per renderla semplice e comprensibile a tutti, che fatto 100 il prelievo fiscale da trasferire, trasferiamo solo il 50 perché l'altro 50 va a ridurre l'esposizione che lo Stato ha nei confronti della Sardegna e lo investiamo in azioni legate all'energia, ai trasporti, legate agli interventi infrastrutturali che Dio solo sa quanto sono importanti per la Sardegna.

Aggiungo. Stamattina abbiamo discusso sul finanziamento della continuità territoriale per 56 milioni di euro, giusto o non giusto, anzi a mio avviso non giusto perché è un diritto che deve essere riconosciuto a un'isola, non a una regione dell'Italia, ma a un'isola-regione che apre a un contesto completamente diverso, però alcuni interventi che siamo costretti a supportare con le finanze regionali teniamoli fuori dal Patto di stabilità; i 56 milioni che utilizziamo per la continuità territoriale chiediamo che vengano messi immediatamente da parte rispetto al conteggio del Patto di stabilità, l'ha fatto Roma capitale. E l'ha fatto Roma capitale con l'ennesimo decreto in attuazione del federalismo fiscale, l'ha fatto qualche settimana fa riuscendo a ottenere un'autonomia superiore a quella riconosciuta alle Regioni autonome tenendo fuori dal conteggio del Patto di stabilità persino le spese per il personale, cioè spese particolari che sono state riconosciute dal Governo centrale; ma Roma capitale ha autorevolezza e forza politica che la Sardegna non ha.

Ed ecco che qui tiro in ballo i nostri parlamentari che oggi non distinguiamo più con la maggioranza di centrodestra di ieri ma che distinguiamo e raggruppiamo tutti nella maggioranza trasversale che sostiene il governo tecnico, il governo Monti.

Quindi andiamo dal P.D. al centro, al P.d.L. e noi lì dentro abbiamo una numerosa, numerosa relativamente ai numeri necessari, rappresentanza parlamentare che deve a mio avviso essere richiamata perché faccia pesare il proprio voto nei confronti del governo Monti. E, badate bene, non per un ricatto, come ha fatto la Lega per le quote latte, cioè ricattando un governo su una manciata di voti, ma ricatti se questo è il termine corretto, forza di pressione da attuare nei confronti del Governo centrale per attuare un diritto che, come lei ha ricordato nel suo intervento, è oggi riconosciuto totalmente.

Allora, dove sono i nostri rappresentanti parlamentari che si dilettano a scrivere note giornalistiche solo ed esclusivamente in senso demagogico e populista dimenticando di essere stati in quest'Aula e di aver prodotto quelle leggi che oggi cercano o hanno cercato, giustamente a mio avviso, di abrogare anche sostenendo i referendum?

Ma tante cose cambiano; in quest'Aula il sottoscritto il 10 gennaio del 2011 aveva proposto la norma per l'abrogazione delle province regionali e non regionali, ed è successo che diversi appartenenti al comitato referendario (e anche lei, Presidente) hanno votato contro quella norma. Così come, Presidente, lei ha votato contro sull'abrogazione degli enti e dei consigli di amministrazione, votato contro, lo dicono i resoconti d'Aula. Come si è votato contro le proposte concrete di riforma che diversi hanno portato avanti con i referendum, ma che non hanno mai proposto nulla per cambiare la Sardegna.

Allora, Presidente, la cosa migliore credo sia produrre un progetto sul quale confrontarci con il Governo centrale; un progetto che deve essere sostanziato da azioni fattibili, concrete e autofinanziate che superino il Patto di stabilità e la ritrosia, ieri di Calderoli e Tremonti, oggi del governo Monti, a rispettare i diritti della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). L'impressione fastidiosa è che la vertenza Sardegna, signor Presidente, interessi solo le opposizioni in Consiglio regionale. E il fatto che la maggioranza non partecipi, o non abbia ancora partecipato a questo dibattito, è sintomatico delle difficoltà in cui la maggioranza si trova ad affrontare una vertenza che, conclusa nella scorsa legislatura, invece è stata riaperta per l'inconsistenza politica della Giunta regionale e della sua maggioranza.

Ma noi siamo di fronte a un percorso che chiamare fallimentare è forse ottimistico. Il 7 febbraio, con strepito mediatico eccezionale, era stato annunciato il decreto del governo Monti per l'istituzione del tavolo tecnico per affrontare i problemi legati alle schede che la Giunta regionale aveva presentato. Questo tavolo avrebbe dovuto concludere i lavori entro quattro settimane; a distanza di quattro mesi non si capisce ancora dove si voglia andare a parare.

Abbiamo organizzato gli Stati generali del popolo sardo e, nel corso di quella assemblea, è stata da tutti evidenziata l'urgenza di intervenire in tempi brevi (settimane appunto) per risolvere quantomeno il problema prioritario della vertenza entrate all'interno della vertenza Sardegna. Ripeto, signor Presidente, che, a distanza di quattro mesi, cascano le braccia nel sentirla richiamare l'Aula alla necessità di ricorrere alla carta bollata. Cioè abbiamo perso la battaglia politica e ricorriamo alla carta bollata.

Signor Presidente, questa è una dichiarazione di fallimento su tutti i fronti, una dichiarazione di fallimento su tutti i fronti! L'accordo cui si fa costante riferimento è del 2006, sono passati sei anni, ma dal 2009, signor Presidente, le chiediamo di battere i pugni sul tavolo. Gliel'abbiamo detto in tanti modi, le abbiamo detto chiaramente che a opinione unanime della minoranza consiliare le norme di attuazione sulla vertenza entrate non erano necessarie; avete testardamente continnuato su questa indicazione datavi dal Governo nazionale, avete creduto alle illusioni e, come dire, alle fandonie che il Governo vi ha propinato.

Ricordiamo ancora le rassicurazioni del sottosegretario Vegas che adesso, come abbiamo sentito, si scaglia contro la dittatura dello spread nella sua nuova funzione di presidente della Consob. E che dire? Vogliamo andare avanti con i ricorsi giudiziari? Che lo si faccia. Sarebbe stato meglio, molto meglio farlo tre anni fa perché già dal 2009, signor Presidente, noi le chiedemmo di ricorrere contro le norme governative che impedivano di applicare immediatamente la norma sulle entrate. E non lo abbiamo fatto, incuranti anche delle sollecitazioni che ci venivano dalle forze sociali.

Ho richiamato gli Stati generali del 16 marzo 2012. Il rappresentante della Confartigianato e del movimento delle imprese della Sardegna ci ricordava in quella sede, come il movimento degli imprenditori sardi ritenesse fondamentale definire una gerarchia tra le priorità, e che nella prima fase, in tempi brevissimi si dovesse pretendere dallo Stato il rispetto dei patti già sottoscritti: vertenza entrate, modifica del Patto di stabilità, conferma operativa di quanto stabilito nella programmazione del FAS 2007-2013 che comprendeva una risposta a molti problemi legati al tema della insularità della Sardegna; temi che sono stati richiamati anche nella discussione di stamattina, signor Presidente.

Se la vertenza entrate fosse stata chiusa positivamente, senza aspettare norme di attuazione, che anche la Consulta ha dichiarato assolutamente non necessarie, quante ulteriori disponibilità avremmo potuto garantire alla Giunta regionale per una migliore definizione, per esempio, dei problemi legati alla continuità territoriale? O quante ulteriori risorse avremmo potuto destinare per finanziare i settori produttivi della Sardegna che lamentano la crisi che tutti noi conosciamo? Che dire, signor Presidente, di fronte a questa sua dichiarazione di assoluta resa politica, rispetto all'autorevolezza che lei dovrebbe manifestare nei confronti del Governo nazionale?

Non possiamo che ribadire quello che abbiamo detto nel 2009, nel 2010, nel 2011 e che ribadiamo oggi, e cioè che noi abbiamo tentato di chiederle che lei si mettesse alla testa di un movimento della politica, dell'economia, delle attività sociali della Sardegna, perché venissero garantiti i nostri diritti, e venisse chiusa positivamente una vertenza che consideravamo già conclusa dalla precedente legislatura. Questo non è stato fatto, lei ha ribadito l'appello allo stare uniti che ha caratterizzato il suo intervento anche negli Stati generali del 16 marzo. Il problema è stare uniti su che cosa? Stare uniti sulle vertenze giudiziarie, sulla carta bollata? Ci sembra una caduta di impegno, una caduta anche di obiettivi politici che, sinceramente, ritenevamo potessero essere meglio perseguiti, e raggiungendo sicuramente dei risultati diversi, se solamente si fosse dato ascolto alle tante indicazioni date in questo Consiglio dalla minoranza.

Quanti ordini del giorno del Consiglio abbiamo sottoscritto, signor Presidente? Quante parole abbiamo speso per dire che la vertenza entrate, all'interno della vertenza Sardegna, era l'obiettivo principale e prioritario da conseguire per far sì che la Sardegna potesse avere dalla Regione risposte più puntuali e precise ai bisogni che continuamente emergono dal tessuto sociale della nostra isola?

Adesso le consigliamo, signor Presidente, di non rinchiudersi nell'ambito ristretto di decisioni che attengono solamente ai pronunciamenti della Giunta regionale. Lei ha avuto un incontro con i sindacati, è stato sottoscritto un protocollo di cui abbiamo potuto avere notizia solamente dalla stampa, un protocollo d'intesa con le forze sindacali, non conosciamo a oggi quali possano essere le prospettive del tavolo tecnico, quando e come potrà essere convocato il tavolo politico per affrontare compiutamente i problemi posti anche dalle schede. Stamane l'assessore Solinas proponeva l'aggiunta di un ulteriore scheda, l'ottava, a quelle attualmente presenti sul tavolo tecnico, relativa alla rivisitazione dei problemi legati alla continuità territoriale.

Ma io chiedo con quale peso politico, assessore Solinas, possiamo pensare di inserire ulteriori rivendicazioni, pur giuste, pur opportune e innegabili, all'interno del tavolo con il governo Monti, se il governo Monti non dà nessuna risposta neanche rispetto ai decreti da esso emanati? Stiamo rischiando di ululare al vento, assessore Solinas e presidente Cappellacci. Stiamo continuando a ululare al vento!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, vorrei che il mio intervento esulasse dalla polemica e anche da una ricerca di responsabilità. Le responsabilità sono note, sono nei fatti, quindi è inutile parlarne ancora, parliamo invece del contenuto di questa discussione e di come è nato. Stiamo parlando di vertenza Sardegna, lo dico ai colleghi che stanno in fondo, non so se vi sia sfuggito che non stiamo vivendo un buon tempo, non abbiamo un'occupazione ai massimi storici, la nostra economia è in salute, siamo in una condizione di disastro pressoché certificato. Varrebbe la pena di ricordare che la situazione economica è un disastro per tutti, per tutto il resto del Paese e per molti Paesi dell'Unione europea, sta di fatto che siamo nel disastro.

E noi, Presidente, ci siamo dati un percorso; abbiamo tenuto riunioni a Roma, abbiamo tenuto assemblee con la partecipazione delle parti sociali, del sistema delle imprese, delle autonomie locali in quest'Aula, e questo percorso prevedeva due momenti, che io vorrei ricordare anche ai colleghi perché forse vi sfugge, ma è messa in discussione anche la nostra utilità.

Presidente, noi abbiamo appena tenuto un referendum, che è stato definito anti-casta, secondo me in modo erroneo, che però ha fatto una cosa, vorrei ricordarvelo, ha cancellato le indennità dei consiglieri regionali, e le ha cancellate per un moto di protesta che riguarda la Regione nel suo complesso, ma riguarda anche questo Consiglio. E perché pensiamo che ci sia questo moto di protesta? Perché non riusciamo a risolvere i problemi della nostra Regione e della nostra comunità.

Come dicevo, ci eravamo dati un percorso in base al quale dovevamo agire sul piano istituzionale, legale e politico, senza indugio alcuno, per la realizzazione dei diversi punti che erano stati individuati come i principali della vertenza Sardegna: la partita delle entrate (e lei oggi si è almeno soffermato un poco sugli aspetti di natura giuridica di questa questione), l'avvio del confronto con il Governo sul Patto di stabilità per una più ampia flessibilità di spesa della Regione, difesa e consolidamento del sistema produttivo isolano e vertenza industriale (perchè tutte le industrie stanno chiudendo), continuità territoriale, moratoria delle azioni promosse da Equitalia nei confronti delle imprese sarde in crisi temporanea di liquidità e rimodulazione e operatività degli interventi finanziati con fondi FAS.

Su questi temi, su tutti, noi registriamo un blocco e siccome dovevamo agire sul piano istituzionale legale e politico, senza indugio alcuno, e accompagnare questo nostro agire attraverso…

(Brusio in Aula)

Presidente, per cortesia, dica di andare a chiacchierare fuori dall'Aula! Stiamo parlando di vertenza Sardegna, di persone che stanno male! Si era detto, l'avevamo detto con l'ordine del giorno numero 80, di chiedere la convocazione urgente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un tavolo politico partecipato dagli organi della Regione, e gli organi della Regione sono tre: Presidente, Consiglio regionale e Giunta regionale, dalle rappresentanze istituzionali locali, dal sindacato dei lavoratori e dalle associazioni e organizzazioni di categoria e delle imprese.

Abbiamo detto di agire al fine di promuovere una generale mobilitazione del popolo sardo a sostegno di questa vertenza. Io chiedo a lei Presidente, questo ordine del giorno, che abbiamo scritto insieme e che tutti abbiamo condiviso, vale ancora? L'abbiamo buttato nel cestino? Rinunciamo ad avere una vertenza Sardegna? Si deve continuare a violare questo indirizzo a favore di una gestione quasi personale di questa vertenza che lei stesso oggi ha dichiarato essere fallimentare sul piano dei risultati? Onorevole Fois, noi abbiamo incominciato questo cammino rafforzandolo attraverso l'azione che si è sviluppata nella Commissione bilancio con l'esame della legge finanziaria.

Non vale più, e tutto quello che ci siamo detti ce lo siamo detti per scherzare? Noi l'abbiamo preso sul serio! L'avevano preso sul serio anche i sardi! Non bastano le pagine di giornale che gridano al successo, anche quando abbiamo un insuccesso, perché non servono neppure ai proprietari di quel giornale! Perché se noi vivremo ancora questo disastro progressivo della nostra economia nessuno ne avrà un vantaggio! Noi siamo in quest'Aula per dire: seguiamo il percorso che ci siamo dati, riprendiamo un cammino, cerchiamo di essere leali, almeno sul piano istituzionale, facciamo una cernita delle cose che possiamo risolvere, quelle che possiamo risolvere in Sardegna e quelle che devono essere risolte a Roma oppure a Bruxelles, e recuperiamo autorevolezza all'istituzione pubblica, anche alla nostra funzione politica di rappresentanza che non si recupera demolendo tutto, si recupera anche e soprattutto costruendo qualcosa! Noi viviamo una stagione nella quale ciò che pesa di più è la rincorsa a distruggere l'esistente, senza alternative, si dice che poi ci penseremo, e il poi non arriva mai!

Quante volte abbiamo incontrato lavoratori, operai dell'industria e ci siamo spesi proprio per loro, per le loro famiglie? Io credo che bisogna avere una sorta di scatto di orgoglio, facciamo il nostro dovere fino in fondo, riprendiamo questi punti, si faccia quello che c'è scritto e, probabilmente, supereremo anche molte delle incomprensioni presenti all'interno delle istituzioni regionali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Spiace parlare in un'Aula semideserta e distratta, nonostante l'importanza dell'argomento, perché oggi non parliamo solo della vertenza entrate, parliamo della vertenza Sardegna quale abbiamo configurato nell'ordine del giorno che è stato testé richiamato dall'onorevole Uras.

Questo ordine del giorno ha evidenziato solo la punta dell'iceberg, perché sappiamo tutti che la situazione è molto più grave, sappiamo tutti dello stato di sofferenza, sappiamo tutti che ci sono decine e centinaia di sardi privi di lavoro e che rischiano di perdere il posto di lavoro. Quindi è una situazione estremamente delicata che avrebbe richiesto l'attenzione, la presenza, l'impegno e l'apporto costruttivo di tutti.

Purtroppo questo non è avvenuto, non è avvenuto con gli assenti, non è avvenuto con i distratti, non è avvenuto con taluni discorsi che, fermo rimanendo le eventuali critiche sulla gestione della vertenza Sardegna, hanno esteso le critiche in modo più globale all'attività della maggioranza affermando che vi è mancanza di idee, mancanza di programmi e quant'altro. Questo è facilmente smentibile perché i programmi esistono, le idee esistono, per quanto riguarda il nostro Gruppo più volte in quest'Aula ho esposto una serie di obiettivi, una serie di programmi.

E' ben vero che in questa ipotesi bisogna dare atto, perché bisogna essere onesti, che la maggioranza è in difetto di celerità nel portare avanti tutti programmi e tutte le idee, magari perché si è attardata a giocare a golf e cose simili che forse sarebbe stato meglio evitare. Questo è vero, bisogna darne atto con onestà, però ciò non toglie che il programma c'è, ciò non toglie che questa maggioranza deve impegnarsi e individuare all'interno del programma quei tre, quattro, cinque punti essenziali e portarli a compimento in tempi brevi, se la maggioranza c'è questo deve essere fatto!

Detto questo, per quanto riguarda la vertenza Sardegna le novità attengono più che altro a quello specifico e limitato settore che attiene alla vertenza entrate. Abbiamo i due recenti pronunciamenti della Corte costituzionale. Ritengo che tutti abbiate letto le sentenze, la numero 99 e la 118, che hanno affermato i principi che il Gruppo dell' U.D.C. ha affermato in quest'Aula dal primo giorno. Ricordo che, contrariamente a quanto affermato da taluno, se non sbaglio l'onorevole Espa, non è vero invece che il P.D. abbia sempre affermato che non servivano norme di attuazione. Basta riprendere il Documento annuale di programmazione economico finanziaria 2008 per leggere espressamente che si concluderà l'attività propedeutica all'entrata in vigore del nuovo regime che comporterà l'elaborazione di proposte per l'aggiornamento delle norme di attuazione.

La richiesta delle norme di attuazione proveniva dalla precedente maggioranza, ed è una richiesta che ha fatto sì che il problema non fosse risolto immediatamente dopo l'approvazione delle norme di legge. Va detto che anche noi in questi tre anni effettivamente, così come la precedente maggioranza, non abbiamo risolto questo problema, quindi non è che dicendo queste cose risolviamo qualcosa, è solo per puntiglio. Ricordo infatti che i primi in quest'Aula a parlare di non necessità di norme di attuazione siamo stati noi con un documento firmato dall'onorevole Capelli, in quel momento nostro Capogruppo, e da tutti i componenti dell'U.D.C., in cui dicevamo che le norme di attuazione non servivano e che si poteva agire immediatamente; e dicevamo anche che il Patto di stabilità andava adeguato in automatico.

Prendiamo atto quindi con soddisfazione delle pronunce della Corte costituzionale ma, detto questo, il problema non lo abbiamo risolto e quindi siamo punto e da capo e dobbiamo continuare a combattere. Per la verità nel corso degli incontri l'onorevole La Spisa ci aveva preannunciato, quando firmammo l'ordine del giorno, che per la definizione delle norme di attuazione sarebbero stati necessari circa dieci, quindici giorni; evidentemente sono sopraggiunte ulteriori difficoltà di cui non siamo a conoscenza; fatto sta che in questa situazione l'unica via per far sentire la voce dei sardi è quella dell'ordine del giorno.

In quest'Aula è stata chiesta l'unità di tutte le forze politiche, questa unità ha trovato sintesi in quell'ordine del giorno, questa unità la salvaguardiamo e la utilizziamo in maniera proficua se la portiamo avanti nelle forme che abbiamo deciso e stabilito. In presenza di problemi così rilevanti, di problemi così gravi, non possiamo perderci dietro le chiacchiere, non possiamo continuare a rincorrerci ripetendoci sempre le stesse cose, bisogna che all'esito di questo confronto, di questa riunione, conseguente alla ritenuta necessità da parte del Presidente di informarci sull'evoluzione della controversia con il Governo Monti, si prenda in mano la situazione e si capisca che solo mobilitando le forze sociali, insieme con il Presidente della Regione, con la Giunta e con il Consiglio regionale, si può far valere a Roma una voce che pesi.

Noi abbiamo avuto l'esperienza del Governo Berlusconi, e in particolare dei ministri Tremonti e Calderoli, che è stata estremamente negativa, auspichiamo che il Governo Monti non abbia uguale atteggiamento; è ben vero, come ha ricordato l'onorevole Gian Valerio Sanna e come abbiamo detto in precedenti occasioni, che potrebbe esserci una difficoltà da parte del Governo a onorare con immediatezza gli impegni assunti, ma questa difficoltà deve essere rappresentata con lealtà, senza nascondersi e senza frapporre difficoltà giuridiche inesistenti per il riconoscimento dei diritti della Sardegna.

Ricordo che la Sardegna vanta storicamente delle richieste nei confronti dello Stato nazionale; Stato nazionale che, ricordo, è nato dal Regno di Sardegna, visto che la Repubblica italiana è un successore del Regno di Sardegna nato dall'unione con il Piemonte alla quale noi siamo addivenuti con una richiesta di sviluppo e di progresso ma, in luogo di rispondere a questa domandasi sono verificati ulteriori episodi a detrimento della Sardegna, da qui la rivendicazione storica di ottenere quanto dovuto moralmente alla Sardegna dallo Stato italiano.

Un riscontro di questa rivendicazione lo troviamo anche nello Statuto nella approvazione della norma sul Piano di rinascita; norma che deve essere letta non staticamente, nel senso che il Governo per una volta finanzia un piano di rinascita e si chiude lì, chi si è visto si è visto, ma dinamicamente, nel senso che vi è affermato l'obbligo dello Stato italiano di concorrere allo sviluppo della regione Sardegna, e ciò al di là delle deleterie norme di legge sul federalismo fiscale e quant'altro. Il Governo si faccia, se ritiene, il federalismo fiscale, ma rispetti gli impegni e gli obblighi che ha nei confronti della Sardegna, questa è la rivendicazione.

Ma, così come fare le riforme non vuol dire risolvere problemi, ottenere il riconoscimento dei diritti, ottenere l'attribuzione delle somme di quanto ci spetta - quanto è questa somma poi è abbastanza incerto, perché se noi partiamo dal 2007 ad oggi, vediamo che c'è una curva che oggi sale e domani scende, perché partiamo da una quantificazione iniziale di 1 miliardo e 100 per arrivare poi al massimo apice, al netto di sanità e quant'altro, di 2 miliardi e 200 e poi ridiscendere in questi bilanci, quindi per la verità quali siano le somme effettivamente spettanti a oggi non lo possiamo sapere, vedremo a consuntivo quali erano i calcoli che risulteranno esatti - ottenere le risorse, dicevo, non vuol dire ancora avere risolto i problemi, vuol dire solo ed esclusivamente porre i presupposti per risolverli: bisogna lavorare, bisogna che questa maggioranza dimostri di essere presente e lavori concretamente ed effettivamente, coinvolgendo per quanto possibile le forze dell'opposizione.

Ringrazio i pochi che mi hanno ascoltato.

PRESIDENTE. Comunico all'Aula che la consigliera Rosanna Floris ha chiesto congedo per la seduta pomeridiana. Poichè non vi sono opposizioni il congedo si intende accordato. Comunico inoltre che la consigliera Zuncheddu è rientrata dal congedo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Devo dire, per la verità, che essendo il primo firmatario dell'ordine del giorno numero 76, del 14 febbraio, approvato dopo una lunghissima discussione durata qualche giorno, ne conosco quanto meno il contenuto e i presupposti.

Il Presidente della Regione viene in Aula per fare un report della situazione, così come eravamo rimasti d'intesa, per riferire sull'evolversi della vertenza Sardegna relativamente all'articolo 8, ai tavoli tematici, al tavolo politico, l tavolo tecnico, e a tutta un'altra serie di cose contenute nell'ordine del giorno e su altre che non sono invece neanche contenute nell'ordine del giorno ma rientrano nel quadro più ampio della vertenza Sardegna.

Attenersi esattamente all'ordine del giorno sarebbe dimostrare per l'ennesima volta che gli ordini del giorno non servono a nulla; il Presidente ha riferito strettamente sull'ordine del giorno però in quest'Aula siamo andati un attimo oltre, legittimo, ci mancherebbe altro, però io che sono il primo firmatario ho ascoltato il Presidente della Regione e mi sono fatto un'idea su che tipo di situazione abbiamo davanti.

Non cerco in questa sede soluzioni tecniche o, per esempio, indicazioni su come spendere le eventuali risorse che ci deriveranno dall'applicazione dell'articolo 8, non è argomento oggi in discussione. A me oggi interessa capire che quadro di riferimento abbiamo alla luce di quell'ordine del giorno, che quadro di riferimento abbiamo alla luce del fatto che è cambiato il Governo.

Colleghi, sono passati esattamente tre mesi e due giorni dal giorno in cui abbiamo firmato questo ordine del giorno, c'è un nuovo Governo, c'è una situazione che per certi versi è peggiorata rispetto a quella esistente con il precedente Governo, c'è un Governo che non rispetta assolutamente alcun tipo di accordo politico antecedente al suo insediamento, e non mi pare che abbia neanche granché voglia di rispettare eventuali pregressi accordi conclusi col Governo Prodi e col Governo Berlusconi, non mi pare che ci troviamo in questa situazione.

Quindi, quando il Presidente della Regione dice "io mi debbo rivolgere necessariamente alla magistratura", che sia ordinaria, che sia amministrativa, qualunque essa sia questa è la situazione nella quale ci troviamo.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue DIANA MARIO.) L'ordine del giorno peraltro parlava non solo dell'articolo 8 ma anche di altre problematiche; invitava per esempio a richiedere "l'avvio immediato dei confronti tematici sugli argomenti esaminati in sede di incontro con il Governo con specifico riferimento a…". Credo, Presidente, che i tavoli tematici si siano insediati e stiano, pur con grande difficoltà, operando. Altro tema: Patto di stabilità, un argomento vecchio, antico sul quale moltissime amministrazione ormai sono entrate in rotta di collisione con lo Stato e con il Governo. Mi risulta che il Comune di Torino, per esempio, guidato da un autorevole sindaco italiano, abbia deciso di non rispettare il Patto di stabilità; non sto parlando di un sindaco di centrodestra, sto parlando di un sindaco di centrosinistra, anzi di sinistra-centro, cioè dell'onorevole Fassino. Non sta rispettando il Patto di stabilità e come lui si stanno comportando altri autorevolissimi sindaci.

Se c'è questa necessità di mettersi contro lo Stato da parte dei sindaci figuriamoci se non c'è la necessità che noi ci poniamo come controparte, con toni certamente molto alti, nei confronti dello Stato; ma questo serve a dare responsabilità al Presidente della Regione piuttosto che alla maggioranza che c'è o non c'è… Ha ragione l'onorevole Steri quando dice che la maggioranza spesso è assente, ma non è assente solo la maggioranza perché si può essere anche presenti ma, contemporaneamente, essere molto più assenti.

(Brusio in Aula)

Non se ne abbiano a male i colleghi del centrosinistra, io sono in quest'Aula da tre legislature, credo di poter dire le cose che sto dicendo. E non le dico per offendere qualcuno, dico solo che probabilmente l'appello rivolto dal Presidente della Regione stasera, al termine del suo intervento, è un atto doveroso nei confronti del Consiglio; non si può banalizzare il tutto facendo la storia, come ha fatto l'onorevole Bruno, di ciò che è accaduto nella legislatura Soru. Mi dispiace che non sia presente: è tempo di finirla. Quei tempi sono passati, ci siamo noi sotto accusa, siamo noi i responsabili per la gente che sta fuori.

Mi è piaciuto molto il passaggio che ha fatto l'onorevole Uras, piacerebbe anche a me fare passaggi di quel genere in questa Aula ma non è questo il momento. Quando sarà il momento li farò anch'io e così cercheremo di capire qual è la casta sotto inchiesta. Perché la gente ce l'ha con la casta? Sarà proprio vero che la gente ce l'ha con la casta? Può anche darsi.

Noi stiamo cercando comunque di lavorare con grande impegno, io dico grande impegno ma non so, presidente Cappellacci, se l'impegno sia sufficiente arrivati a questo punto, probabilmente c'è necessità d'altro perché se non risolviamo nessuno dei problemi che quest'ordine del giorno, votato all'unanimità, poneva, qualcosa ci sta sfuggendo.

Non è assolutamente possibile, il mondo economico e finanziario isolano è in subbuglio, le parti sociali sono in subbuglio e noi dobbiamo marcare differenze, per cercare di salvarci, cercare di fare ragionamenti arrampicandoci spesso e volentieri anche sugli specchi. E nella stragrande maggioranza delle circostanze non riusciamo a dare delle risposte.

Non si può dire che questa è responsabilità del presidente Cappellacci ed escludersi, non ci si deve escludere. Se vogliamo salvare la famosa casta ci dobbiamo stare tutti quanti in mezzo e tutti quanti dobbiamo assumere un grado di responsabilità, che credo che sia assolutamente necessario in questo momento, perché altrimenti…

PORCU (P.D.). Presti attenzione al suo Gruppo.

DIANA MARIO (P.d.L.). Io presto attenzione al mio Gruppo nella misura in cui lei dovrebbe limitare lo sguardo verso il suo Gruppo. Onorevole Porcu, io non l'ho mai interrotta e siccome sono anche pestilenziale, quando voglio, la prego di non interrompermi più. Io sto facendo un ragionamento che serve a noi prima che a coloro che stanno fuori, ma se non aiutiamo noi stessi, se non aiutiamo questa istituzione noi fuori non otteniamo alcun risultato; possono promuovere centomila referendum e passano tutti in nome di una cosa sola: la nostra faccia, quella di chi sta in quest'Aula. Non guardano altro. I Grillini, saremo sommersi dai Grillini; vogliamo questo? Se è questo che vogliamo va detto chiaramente. Io dico che prima di arrivare a quel punto sarebbe necessario (l'onorevole Steri sostiene che occorri vederci, sederci e lavorare ancora di più) fermarci tutti un attimo.

Io parlo per la parte della maggioranza che ancora riesco a rappresentare, gli altri parleranno per la loro maggioranza e voi potete tranquillamente parlare delle vostre minoranze. Tutti siamo impegnati, è una situazione insostenibile e non è insostenibile perché il presidente Cappellacci non ottiene risultati a Roma, è insostenibile perché è il sistema, che è cambiato, insostenibile. C'è infatti un Governo che è asservito al Governo tedesco, e bisogna dirlo, non bisogna aver paura di dire questo, presidente Cappellacci. Sui tavoli bisogna battere i pugni e bisogna farlo una volta per tutte. Prima l'accordo era con Sarkozy, adesso ha già stretto un bel connubio con il nuovo Presidente francese e il nostro Presidente non fa altro che "pellegrinare" in giro, lo diremo domani quando discuteremo la mozione su E.ON, per cercare ingenti finanziamenti nel mondo asiatico salvo poi bloccare i finanziamenti in questa terra. Ma si può andare avanti così? Ma si può sopportare una situazione di questo genere? Io credo che non sia più possibile.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Io chiedo scusa al Presidente della Regione perché ho avuto modo di assistere solo ad una parte della sua comunicazione, ho cercato di recuperare la parte che mi è mancata dalle agenzie di stampa. Quindi chiedo scusa per eventuali imperfezioni.

Presidente, vorrei dire, nel giudicare la comunicazione che lei ha offerto a questa Aula, che forse non per volontà sua non ci ha detto granché e ha rappresentato una situazione poverella. E' difficile sulla base delle comunicazioni che lei ha rilasciato a quest'Aula, se lo stato del confronto è quello che lei ci ha rappresentato, e non ne dubito, per carità, costruire un futuro con una prospettiva positiva per quest'Isola.

Anch'io non interrompo mai nessuno, non è mia abitudine per tante ragioni, lo dico al collega Diana, ognuno si assuma la responsabilità che gli compete, ma certamente assistere a un dibattito, che avrebbe dovuto avere un tono diverso, con queste presenze, con questa distrazione, è davvero triste. E' triste e non aiuta a trasmettere un'immagine della politica e delle istituzioni o, meglio, dei partiti e delle istituzioni diversa rispetto a quella che è in forte crisi nel rapporto di fiducia con i cittadini, con i nostri rappresentati. E non voglio fare nessun riferimento al recente responso ottenuto dei quesiti referendari.

Io aspettavo, presidente Cappellacci, le sue dichiarazioni proprio perché sono convinto, onorevole Diana, che le comunicazioni del Presidente dovessero attenersi al dettato dell'ultimo ordine del giorno approvato all'unanimità da questo Consiglio regionale che richiamava per intero l'ordine del giorno precedente votato, sempre all'unanimità, da questo Consiglio regionale. E tra gli impegni contenuti nei due ordini del giorno c'era anche, guarda caso, l'impegno-dovere della Giunta regionale, del Presidente, di informare costantemente il Consiglio regionale.

Una informazione richiesta non perché siamo affetti, Presidente, da libidine di curiosità (non ce ne frega nulla), ma perché si doveva in qualche misura tentare di modificare il metodo di condivisione o, se volete, di partecipazione del Consiglio al confronto che la Giunta ha da tempo con questo Governo oggi e con quello precedente, non voglio esprimere per ora giudizi.

Io mi aspettavo, pertanto, presidente Cappellacci, una relazione dettagliata sulle entrate, sulla vertenza industriale, sul Patto di stabilità, sulla continuità territoriale, sulla rimodulazione dei fondi FAS, perché di questo abbiamo parlato, onorevole Diana, in quegli ordini del giorno; e su questo io ricordo anche l'intervento del Presidente del Consiglio in quest'Aula, quando ha relazionato, mi è sembrato di capire tutto sommato con la soddisfazione di tutti i Gruppi, al Presidente della Repubblica la condizione in cui versa quest'isola, in particolare sul versante socio-economico.

In quel periodo abbiamo iniziato a tracciare un percorso, seppure con differenze di responsabilità sensibili, che non abbiamo voluto confondere allora e tantomeno vogliamo confondere oggi, tra maggioranza e opposizione, tra chi ha un ruolo esecutivo e chi ha una funzione legislativa in questa'Aula; senza confondere nulla, perché confondere questi ruoli alimenta quel clima di antipolitica che purtroppo diventa anche anti-istituzioni, e su questo dovremmo stare molto attenti.

Detto questo, io non comprendo, Presidente, perché lei non abbia voluto oggi - forse lo dava per scontato, magari ha anche ragione - offrire a quest'Aula un dettaglio maggiore sullo stato del confronto col Governo sulla vertenza Sardegna. Ora, lei annuncia azioni legali per il riconoscimento delle nostre ragioni. Per carità, diventa difficile, in particolare per il sottoscritto e per il Partito Democratico in Consiglio regionale, dire che questa è una sciocchezza. Sono anni che stiamo sollecitando il Presidente a mettere in essere anche le azioni legali per pretendere il riconoscimento dei nostri diritti, ovviamente non lo facciamo oggi.

Presidente, però, c'è una differenza che vorrei fosse colta - lo dico anche ai colleghi che continuano a chiacchierare, a passeggiare, sembriamo nel boulevard parigino, o in quello di Vallermosa, e diventa complicato discutere - quindi se lei ha deciso con la Giunta di avviare un'azione legale confermo quanto ho detto: non posso dirle di no, però glielo chiedo quasi mestamente, ma non per questo sono meno convinto, vorrei capire, quando lei dichiara di essere costretto ad avviare azioni legali perché sono venute meno le condizioni politiche del confronto, è venuto meno il tavolo politico, se questo venir meno delle condizioni politiche lei lo riferisce esclusivamente al rapporto tra Giunta e Governo, oppure si riferisce, indipendentemente dalla sua volontà, per carità, al fatto che lei oggi, per le ragioni più disparate, e non c'è il tempo per enunciarne nemmeno alcune, non rappresenta la sintesi politica di ciò che abbiamo attivato nei mesi scorsi.

Io vorrei capire che cosa intende per venir meno delle condizioni del tavolo politico. Tra l'altro, una delle richieste avanzate nella Assemblea degli Stati generali, in tutte le occasioni, in quegli ordini del giorno, è stata l'attivazione di un tavolo politico col Presidente del Consiglio dei ministri, e abbiamo anche detto, nulla di personale, Presidente, che sarebbe stato importante, anzi vitale, che quel tavolo politico vedesse la partecipazione non soltanto dell'Esecutivo regionale, ma una partecipazione ben più ampia.

Lei oggi, senza sentire i soggetti, che hanno chiesto attraverso quegli ordini del giorno di attivare quel tavolo politico, ci sta comunicando per una scelta sua, per un giudizio suo, per una conclusione sua, solitaria, che non ci sono più quelle condizioni politiche. Chi l'ha stabilito? Noi abbiamo partecipato a quella fase propedeutica e non siamo stati messi nelle condizioni di valutare se non ci sono quelle condizioni politiche, perché io mi rifiuto. Ha ragione, presidente Cappellacci, questo è un Governo che ha un sostegno in Parlamento ben più ampio di quello che aveva il precedente Presidente del Consiglio dei ministri.

Sta scadendo il tempo. Io le chiedo questo, Presidente, per semplificare, l'onorevole Gian Valerio Sanna oggi, e qualche mese fa lo ha fatto il presidente Soru…

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato. Poiché non vi sono altri iscritti a parlare, ha facoltà di replicare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Onorevole Diana, forse se avesse letto il mio intervento, avrebbe fatto un intervento adeguato, ovverosia in linea con quello che ho detto, impiegando al meglio le sue forze e i suoi sforzi; ma io non sono in grado di risponderle perché pone quesiti su cose che non ho detto. Quindi, abbia pazienza, non terrò conto di ciò che ha detto.

Ho ascoltato tutti con attenzione, e tutte le volte che ho l'opportunità di ascoltare i vostri contributi lo faccio, come oggi, con sincero spirito per trarre spunti positivi. Mi piace sottolineare la proposta avanzata dall'onorevole Gian Valerio Sanna; in realtà sui tavoli tecnici l'ipotesi dell'intesa sull'adempimento, chiamiamo così, intendendo per adempimento la liquidazione del dovuto, è stata più volte affacciata e, proprio perché siamo consapevoli della situazione di particolare difficoltà che sta vivendo la finanza pubblica, con senso di responsabilità e con il massimo della concretezza e del pragmatismo siamo disponibili ad affrontare qualunque tipo di ipotesi.

La sua proposta, onorevole Sanna, credo offra uno spunto importante, interessante per poter far seguire, a quella comunicazione della quale vi ho parlato, un'ipotesi concreta ovviamente riferita alle modalità di liquidazione; è una cosa differente, invece, l'aspetto relativo alla scelta di destinazione delle somme, perché credo non sfugga a nessuno che l'impostazione che abbiamo dato, continuo a ripeterlo, è quella di aver riportato in bilancio esattamente il dovuto. Evidentemente, riportando in bilancio esattamente il dovuto abbiamo, anche insieme col risultato finale delle leggi di bilancio, destinato le somme, non abbiamo pertanto somme da destinare. In ogni caso, credo che questo sia uno spunto assolutamente utile, ed è quindi opportuno tenerne conto.

Con riferimento invece ad altre affermazioni che sono state fatte circa i tempi del ricorso, l'opportunità del medesimo e quant'altro, e anche con riferimento all'eventuale azione solitaria della Giunta nelle azioni legali, invito tutti a voler rileggere l'ordine del giorno. Rileggendolo non sfuggirà a nessuno che uno dei punti era proprio quello delle azioni legali, e quindi credo che la Giunta abbia fatto esattamente il suo dovere, abbia fatto quello che avrebbe dovuto fare, ma l'ha fatto sulla base di un mandato, quindi in perfetto e scrupoloso adempimento di quel mandato che il Consiglio le aveva assicurato.

Infine, è stato detto di far sapere entro quanti giorni si provvederà, o quanti giorni si daranno al Governo prima della messa in mora dello stesso. Probabilmente mi sono espresso male, o forse chi l'ha detto era distratto quando ho parlato: non c'è neanche un giorno da concedere, ho detto che l'azione viene immediatamente avviata, così come viene immediatamente sollecitato, cosa che ho fatto perché ho firmato le lettere durante il dibattito, il Presidente Monti e sensibilizzato il Presidente Napolitano a voler attivarsi prima che quelle azioni, che vengono avviate contestualmente, svolgano il loro corso portandoci verso quello scenario giudiziario di fallimento della politica, invece di ed essere ricondotte nell'alveo della corretta e leale collaborazione istituzionale e delle soluzioni politiche.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. E' stato presentato un ordine del giorno. Sospendo la seduta al fine di consentire la distribuzione dell'ordine del giorno ai consiglieri.

(La seduta, sospesa alle ore 19 e 02, viene ripresa alle ore 19 e 10.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. Si dia lettura dell'ordine del giorno.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 1:

Ordine Del Giorno Uras - Cugusi - Cocco Daniele Secondo - Zuncheddu sullo stato di attuazione della vertenza Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione della discussione sulle comunicazioni del Presidente della Regione sullo stato della vertenza Sardegna

riafferma la volontà

- di promuovere la generale mobilitazione del popolo sardo a sostegno della soluzione delle problematiche individuate nell'ordine del giorno n. 76 dello scorso 14 febbraio 2012 approvato a larghissima maggioranza dall'Assemblea;

- di dare mandato al Presidente della Regione perché sia convocato con urgenza il tavolo di confronto Stato-Regione col Presidente del Consiglio dei Ministri e con l'attiva partecipazione di tutti gli organi della Regione, (Consiglio, Giunta, Presidente) delle Organizzazioni sindacali e delle Associazioni delle imprese,

e impegna la Giunta regionale

a fornire al Consiglio ogni elemento documentale in suo possesso relativo allo stato delle attività dei tavoli tecnici-tematici promossi in sede ministeriale. (1) )

PRESIDENTE. Per esprimere il parere sull'ordine del giorno numero 1, ha facoltà di parlare il Presidente della Regione

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Mi spiace dover rilevare che le richieste avanzate nella parte espositiva, laddove si dice "di dare mandato al Presidente della Regione perché sia convocato con urgenza il tavolo di confronto Stato-Regione…", richieste peraltro reiterate anche questa sera, attengono ad azioni già poste in essere, quindi le ritengo superate.

Con riferimento invece agli elementi documentali in possesso della Giunta relativi allo stato delle attività dei tavoli tecnici-tematici promossi in sede ministeriale, i documenti sono le schede che sono state sottoposte, non mi risulta che ci siano ulteriori documenti a parte forse il verbale delle riunioni. Devo dire, onestamente, che non riesco a dare un'interpretazione compiuta, quindi non vorrei ci fossero equivoci.

PRESIDENTE. Presidente, esprime pertanto un parere negativo?

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Sì.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 1.

Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io voterò a favore. Mi permetto, prima di svolgere la mia dichiarazione, di sottolineare come nel sito si dica erroneamente che l'ordine del giorno numero 80 attiene alla necessità di sostenere il sistema ippico in Sardegna, mentre sappiamo che il tema è la vertenza Sardegna.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Uras, l'ordine del giorno è il numero 76, non è il numero 80.

URAS (Gruppo Misto). No, il numero 80 che è del 21 marzo 2012 ha riconfermato il numero 76, e dice esattamente: "A conclusione della discussione convocata in attuazione dell'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio…", mentre questo ordine del giorno in votazione, riporta esattamente il contenuto, che era stato sottoscritto e condiviso col Presidente, dell'ordine del giorno numero 80.

Presidente, poiché ha citato i tavoli tematici e l'interlocuzione in atto, noi abbiamo pensato che chi va a rappresentarci in quella sede, si porti almeno una cartella, abbia un'istruttoria fatta, abbia documenti. Io mi sono stupito francamente. Dare un parere negativo su un contenuto che è stato unanimemente votato e che lei ha condiviso, e sollevare un problema su una documentazione che io mi auguravo ci fosse e che invece lei mi dice che non c'è, allora vuol dire che proprio ci dobbiamo rassegnare. Ci arrendiamo!

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Non capisco quale sia la documentazione, non ho detto che non c'è.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io non l'ho precisato perché non partecipando ai tavoli, non so quale possa essere!

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, io vorrei chiederle, forse forzando anche il Regolamento consiliare, visto lo stato della discussione, una breve sospensione al fine di poter valutare diversamente le conclusioni del dibattito.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 19 e 15, viene ripresa alle ore 19 e 46.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. Prego i colleghi di prendere posto.

Comunico che l'ordine del giorno numero 1 è stato ritirato. E' stato presentato l'ordine del giorno numero 2.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 2:

Ordine Del Giorno Giampaolo Diana - Uras - Salis - Capelli - Espa - Porcu - Bruno - Ben Amara - Barracciu - Solinas Antonio - Sabatini - Zuncheddu sullo stato di attuazione della vertenza Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione della discussione sulle comunicazioni del Presidente della Regione sullo stato della vertenza Sardegna,

PRESO ATTO che con riferimento a quanto indicato nell'ordine del giorno n. 76 del 14 febbraio 2012 nulla è stato concretamente raggiunto in particolare a riguardo della effettiva ed integrale applicazione dell'articolo 8 novellato, sull'adeguamento del livello di spesa fissato dal patto di stabilità e sugli altri temi riguardanti la vertenza Sardegna: crisi del sistema industriale e produttivo isolano, continuità territoriale aerea e marittima, moratoria Equitalia, rimodulazione dei fondi FAS

VERIFICATA

la mancata mobilitazione del popolo sardo a sostegno della soluzione delle problematiche individuate nell'ordine del giorno n. 76 dello scorso 14 febbraio 2012 approvato a larghissima maggioranza dall'Assemblea;

CENSURA

il Presidente della Regione e lo invita a prendere atto del fallimento finora registrato nella conduzione della fondamentale vertenza entrate e della più generale vertenza Sardegna nei confronti dello Stato. (2) )

PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 2.

Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io…

(Brusio in aula)

C'è una dichiarazione di voto. No, ho capito…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

URAS (Gruppo Misto). Da come ha letto l'ordine del giorno il Segretario si ha la dimensione esatta di quanto ci rispettiamo, perché ci dobbiamo rispettare prima noi, poi chiediamo il rispetto agli altri. Io non ho fatto un intervento violento, di attacco, di censura, al Presidente della Regione ho detto: "Prendiamo atto che non ci siamo riusciti e ricominciamo da capo" e questo è stato ritenuto offensivo dai grandi strateghi che stanno a fianco del Presidente e dallo stesso Presidente.

Il risultato è che adesso proponiamo un ordine del giorno di censura del suo comportamento, Presidente, e dichiariamo il fallimento di tutta quella partita, di tutta quella grande manifestazione che abbiamo promosso, lei in testa. L'unità se la ricorda? Le riunioni con i parlamentari, tutte queste cose, tutto fuffa! Fuffa! Questo è il grande risultato! Noi non ci rispettiamo, quindi non ci rispetteranno; ma avremmo avuto il dovere di dare un'immagine diversa dell'istituzione pubblica, non rispetteranno noi, non rispetteranno l'istituzione pubblica ed è in questo modo che si scrive il destino anche di una democrazia. Qualcuno penserà che godrà meglio fuori dagli ambiti di una cultura democratica; io non auguro a nessuno di pagarne le conseguenze che noi stiamo richiamando con questo tipo di comportamento. Voterò a favore.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Porcu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.)., Presidente, intervengo per dichiarare che voterò a favore di questo ordine del giorno e per sottolineare un aspetto politico che ho già voluto evidenziare nel mio precedente intervento. La battaglia con lo Stato non la vinceremo con le carte bollate; richiede una grande mobilitazione, non è soltanto una partita tra avvocati e, pertanto, io mi sono permesso nel mio intervento di sottolineare la solitudine di questo Presidente, la solitudine innanzitutto rispetto alla sua maggioranza che, come si è ben evidenziato nel dibattito, non è intervenuta in massa ad appoggiarlo e a spiegarne le ragioni.

Questo l'ha fatto soltanto l'onorevole Diana, e non me ne dolga, onorevole Diana, se l'ho invitata a rivolgersi al suo Gruppo; ha parlato da Capogruppo del partito più grande per onor di firma, ma non si vince la battaglia con lo Stato per onor di firma, la si vince con una grande mobilitazione e un coinvolgimento; un coinvolgimento che non può essere, come spesso purtroppo fa il Presidente, richiesto a posteriori, per cui ci chiede di appoggiarlo a prescindere.

Il coinvolgimento deve avvenire in ogni passaggio di questo dibattito, in ogni passaggio del tavolo con lo Stato, facendo capire che dietro il Presidente c'è l'intera società sarda. Questa è una critica che abbiamo rivolto ed è per questo che, nonostante i tentativi, le aperture, la discussione franca che si è verificata in quest'Aula, noi non possiamo fare altro in questa circostanza che censurare il Presidente per chiarire e distinguere le responsabilità. Poi se ci sarà modo e volontà di recuperare l'unità del Consiglio che avete voluto rompere vedremo, ma le responsabilità sono distinte.

C'è una responsabilità di chi guida e di chi è in maggioranza e c'è una responsabilità di chi è in minoranza e che ha certamente denunciato questo stato di cose dal primo giorno, dall'alba di questa legislatura, e cioè l'importanza di adeguare le entrate, l'importanza di non passare per le norme di attuazione, l'importanza di alzare subito la voce con lo Stato. Non ci siete riusciti, vi chiediamo di prenderne atto. Se avrete la forza ripartite e, su un terreno diverso, noi siamo anche pronti a discutere di nuovo nel merito.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro domanda di parlare sull'ordine del giorno numero 2, lo metto in votazione.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'ordine del giorno numero 2.

(Segue la votazione)

Prendo atto che il consigliere Salis ha votato a favore.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Mariani - Moriconi - Porcu - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Amadu - Artizzu - Biancareddu - Campus - Cappai - Cappellacci - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccureddu - Dedoni - Dessi' - Diana Mario - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Steri - Stochino - Tocco - Vargiu.

Si è astenuta: la Presidente Lombardo.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 61

votanti 60

astenuti 1

maggioranza 31

favorevoli 22

contrari 38

(Il Consiglio non approva).

Comunico che la Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha deciso che la mozione numero 181, abbinata all'interpellanza numero 332, verrà discussa domani mattina alla presenza dell'Assessore dell'industria. Passiamo al successivo punto dell'ordine del giorno che prevede l'esame del testo unificato numero 343-354 (II)/A.

Questione sospensiva ai sensi dell'articolo 86 del Regolamento

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, vorrei proporre all'Aula, poiché mi sembra che sia stata raggiunta un'intesa in tal senso anche tra i Presidenti di Gruppo, di rinviare il testo unificato numero 343-354(II)/A all'esame della Commissione.

Alla luce degli ultimi eventi referendari credo sia necessario riprendere e approfondire questo testo sul riordino degli enti locali e in particolar modo per quanto attiene alle province.

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha posto una questione sospensiva sulla quale è possibile che intervenga un oratore per Gruppo.

Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, concordiamo sulla proposta del consigliere Capelli di rinvio del testo in Commissione.

PRESIDENTE. Ricordo che quando il Regolamento prevede espressamente la votazione per alzata di mano non si può chiedere il voto elettronico.

Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Mi esprimo a favore del rinvio in Commissione del testo unificato.

PRESIDENTE. Metto in votazione la proposta del consigliere Capelli. Chi la approva alzi la mano.

(E' approvata)

Il Consiglio è riconvocato domani, giovedì 17 maggio, alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 19 e 55.



Allegati seduta

(POMERIDIANA)

Mercoledì 16 maggio 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 31.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 22 marzo 2012 (315), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gianfranco Bardanzellu, Gavino Manca, Francesco Meloni, Marco Meloni, Valerio Meloni, Carlo Sechi e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 16 maggio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interrogazione Agus, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione del progetto SIADARS (Sistema informativo degli archivi di deposito della Regione Sardegna)". (875)

"Interrogazione Fois - Vargiu - Cossa - Dedoni - Mula - Meloni Francesco, con richiesta di risposta scritta, sul rischio di interruzione dei voli low cost". (876)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Interpellanza Diana Mario - Amadu - Campus - Peru sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo". (332)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

DESSI', Segretario:

"Mozione Diana Mario - Amadu - Campus - Peru - Pittalis - Sanjust - Lunesu - Stochino - Bardanzellu - Locci - Piras - Tocco - Sanna Paolo Terzo - Murgioni - Rodin - Lai - Pitea - Greco - Floris Rosanna - Randazzo - Petrini - Contu Mariano Ignazio - Gallus sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (181)

PRESIDENTE. Constatato lo scarso numero dei consiglieri presenti in Aula, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 34, viene ripresa alle ore 16 e 52.)

Dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sull'attuazione dell'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio 2012 concernente le problematiche che rientrano nella "vertenza Sardegna"

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sull'attuazione dell'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio 2012 concernente le problematiche che rientrano nella "vertenza Sardegna". Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, cari colleghi, credo sia superfluo affrontare l'argomento ripercorrendo le tappe di quel che è stato perché le conosciamo; la stragrande maggioranza le abbiamo vissute insieme, talvolta condividendole, quindi è un vissuto, è un percorso che conosciamo molto bene. Penso sia utile invece toccare rapidamente gli elementi di novità, o anche, poiché sono presenti, gli elementi di criticità che possono essere utili per poter promuovere un dibattito, per poter offrire dei contributi, per poter avere un confronto su un tema così importante,così delicato e anche così decisivo rispetto alle sorti della nostra Regione.

Come voi sapete la vertenza ha avuto inizio con un tavolo politico, al quale ha partecipato anche una vostra rappresentanza, alla presenza del Presidente Monti; dopo quel momento è stato costituito il tavolo tecnico, formalizzando questo percorso, che si è riunito per tre volte se non vado errato. Voglio ricordare che quest'Aula aveva affrontato il problema anche nella Assemblea degli Stati generali.

A seguito dei contributi pervenuti, la Giunta ha avviato una interlocuzione con le parti sociali, con le rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori, arrivando a condividere un importante documento che individua un percorso, che puntualizza in qualche modo i punti focali, intorno ai quali e sui quali tutti stiamo lavorando per ottenere il risultato di un accordo su quella vertenza.

Inizialmente voglio partire dalle novità che nascono in sede giurisdizionale. Come voi tutti sapete la Giunta ha avviato una serie di attività che abbiamo condiviso, nel senso che c'è stato un passaggio normativo da parte di questo Consiglio, e che hanno caratterizzato un certo percorso. Dopo l'accordo del 2006, sostanzialmente, ci sono stati alcuni passaggi che elenco molto rapidamente. La Giunta, in primo luogo, con propria deliberazione propose una serie di criteri cui far riferimento per quantificare la compartecipazione regionale ai tributi erariali.

La Regione, in secondo luogo, in strettissimo raccordo con l'amministrazione finanziaria, anche a seguito di un'attività molto lunga e complessa, individuò dei meccanismi di contabilizzazione delle nuove entrate regionali. Quindi gli uffici regionali accertarono nel rendiconto tutte le compartecipazioni ai tributi erariali sin dal primo anno di applicazione del nuovo regime finanziario, cioè il 2010, sulla base dei meccanismi di calcolo definiti con gli uffici ministeriali, come ho appena detto.

In data 8 marzo 2011, sempre su quelle basi la commissione paritetica esitò uno schema di decreto legislativo recante le norme di attuazione. Infine questo è stato un atto particolarmente importante, il Consiglio regionale approvò l'articolo 3, primo comma, della legge numero 12 del 2011, che sancisce esattamente che anche in assenza delle norme di attuazione l'accertamento delle compartecipazioni regionali ai tributi erariali avviene sulla base degli indicatori disponibili.

Questo passaggio, e lo dichiarammo anche a suo tempo, faceva parte del percorso che era stato studiato con l'ausilio dei tecnici, eminenti giuristi; era un passaggio strumentale, ovverossia serviva a costringere lo Stato ad assumere una posizione, che poteva essere quella dell'impugnazione della norma, oppure quella dell'assenso, della non impugnazione, e quindi della ammissione della correttezza implicita dell'operato. Il Governo optò per l'impugnazione, e si avviò quindi un giudizio presso la Corte costituzionale. Dopo quel momento, altro passo importante e successivo, la Corte dei Conti ritenne corrette le azioni di carattere contabile poste in essere dalla Regione, che avevano portato all'iscrizione delle entrate, e parificò il rendiconto regionale 2010.

Infine nel giugno 2011 la Regione impugnò il diniego ministeriale alla nostra proposta di aumento del livello di spesa ammissibile pur nel rispetto del Patto di stabilità. Questo è il percorso che ha portato a sostenere questi due procedimenti, uno relativo alla nostra legge finanziaria, e l'altro relativo al Patto di stabilità. L'esito di questi due procedimenti è positivo, e credo che sia oggi l'elemento più importante e la base per poter rivendicare a quel tavolo, in modo ancora più forte, con un titolo ancora più forte, le nostre ragioni, e per avviare il percorso che adesso vi illustrerò.

Come dicevo l'esito è stato positivo perché la Corte costituzionale nel primo caso ha dato ragione alla Regione riconoscendo la correttezza dell'iscrizione di quelle entrate in bilancio; nel secondo caso, pur ritenendo il percorso non ammissibile in quanto riferito a un atto per il quale a detta della Corte non c'erano i presupposti per l'impugnativa, la Corte però è entrata nel merito delle ragioni e, sostanzialmente, con una sentenza molto importante, ha riconosciuto pienamente le ragioni dell'amministrazione regionale, stabilendo che il Patto di stabilità non può non tenere conto nella sua determinazione del nuovo livello di entrate, così come previsto dal novellato articolo 8.

Sulla base di questi due presupposti oggi esiste quindi una giurisprudenza costituzionale sul caso Sardegna che riconosce l'esattezza del calcolo e l'assoluta necessità di revisione del Patto di stabilità. Perché è importante questo passaggio? Perché l'ultimo tavolo tecnico si è riunito esattamente ieri e, pur prendendo atto di questa situazione, non ha fatto passi avanti, anzi, a quel tavolo si è avuta l'impressione che si volesse ricondurre la vertenza entrate nell'alveo delle problematiche più generali relative al federalismo, quindi all'articolo 27, che è un percorso che questo Consiglio regionale ha escluso sin dall'inizio, che la Giunta ritiene altresì di dover escludere, quindi con perfetta coincidenza di vedute e di impostazione.

Sostanzialmente abbiamo pertanto rifiutato un percorso di questo genere e oggi siamo arrivati a questo punto; ieri in Giunta abbiamo deliberato la decisione della diffida e messa in mora del Governo per l'adempimento e, altresì, il Presidente stato autorizzato, a esito della diffida, ad avviare tutte le azioni sia in sede ordinaria, dal giudice ordinario per l'ottenimento del dovuto, sia in sede costituzionale e amministrativa per il riconoscimento delle nostre ragioni.

E' evidente che avviare, come stiamo facendo, un procedimento di questo tipo potrebbe significare il fallimento del tavolo politico, quel tavolo al quale tutti abbiamo lavorato, nel quale abbiamo riposto e credo forse possiamo ancora riporre qualche speranza. Allora vi comunico che ho provveduto in data odierna, anzi provvedo stasera, lo anticipo al Consiglio regionale e firmerò la missiva stasera, a notificare al Presidente del Consiglio la delibera assunta dalla Giunta regionale nella quale si dice che, in mancanza di una forte accelerazione di quel tavolo e di un intervento decisivo da parte dei livello politico per arrivare a una sintesi corretta, noi avvieremo tutte le azioni opportune, e quindi adiremo le vie legali.

Sostanzialmente comunichiamo che il tavolo politico rischia il fallimento, perché quando ci si deve rivolgere alla magistratura per far valere le proprie ragioni, ma soprattutto per affermare un principio molto banale: il principio della legalità e del riconoscimento di ciò che è dovuto (e che altri organi giurisdizionali hanno già riconosciuto come dovuto), evidentemente è un grave fallimento della politica ed è anche un sancire il venir meno di un principio, quello della lealtà e della correttezza istituzionali, al quale questo Governo più volte si è richiamato e continua a richiamarsi, che è il principio che dovrebbe muovere o comunque essere alla base e fare da cornice ai rapporti tra i diversi livelli costituzionali.

La stessa nota io la manderò, sempre stasera, in copia per conoscenza, con una nota di accompagnamento e di spiegazione, al Presidente Napolitano, e quindi solleciterò il Presidente Monti a voler fissare immediatamente il tavolo politico per arrivare alla sintesi.

Oggi la situazione sul piano dei presupposti, sul piano del percorso è sostanzialmente matura per poter certificare quel risultato, soprattutto sul livello più importante, quello che abbiamo sempre detto deve essere tenuto distinto dalle altre problematiche, serve il passaggio finale del livello politico nazionale e, in mancanza di questo passaggio che si deve consumare, ripeto, nel giro di pochissimi giorni, noi avvieremo tutte le iniziative di natura legale, anzi, le avviamo comunque e quindi quel passaggio dovrà cercare di anticipare gli effetti di quel momento.

Nel frattempo, è stato comunicato che il prossimo 23 maggio ci sarà l'apertura del tavolo sul federalismo con il ministro Gnudi. Io ho informato il Presidente del Consiglio, Monti, che ovviamente per quanto ci riguarda qualunque partecipazione, qualunque riconoscimento di quel tavolo non può che essere successivo alla definizione delle vertenze aperte che sono una cosa diversa, che niente hanno a che fare con la partita del federalismo.

Questo è lo stato attuale dell'arte, questo è, credo, soprattutto per quanto riguarda il risultato in sede giudiziaria, l'esito di un'azione forte, determinata, corretta e opportuna che l'Amministrazione ha portato avanti e che consente oggi di avere quei presupposti. Questo è il titolo che ci consente di rivendicare oggi in modo ancora più forte al tavolo politico le nostre ragioni; questo però, anche alla luce di quell'accordo e di quel documento che è stato sottoscritto con le parti sociali, credo sia il momento decisivo nel quale far valere le nostre ragioni cercando di unire tutti le forze.

Io, d'altra parte, ho sempre detto che questo Governo poteva offrire una opportunità; l'ho detto più volte e lo ripeto stasera, talvolta sono stato anche criticato ma lo voglio ripetere ulteriormente, non voglio però entrare nelle polemiche nate con riferimento al precedente Governo, perché poi alla fine, come vedete, i nodi vengono al pettine a prescindere dal Governo che ci si trova di fronte. Comunque, ho sempre detto che un elemento che poteva fare la differenza era il fatto che ci fosse un Esecutivo sostenuto da molte forze politiche, anche di opposto schieramento, e che in questa fase ciascuno di noi, nel rappresentare la propria parte politica, avrebbe potuto e dovuto dare un contributo per sollecitare il Governo ad arrivare al giusto risultato.

Ecco, cari colleghi, io credo che questo sia il momento decisivo; il momento decisivo per far valere la politica all'interno di queste Aule, come è corretto e giusto che sia, visto, peraltro, che la politica ha perso e sta perdendo molto in credibilità, ma anche un momento decisivo perché tutti quanti ci si impegni affinché il risultato arrivi in sede politica. E se quel risultato arriverà non in sede politica ma in sede giudiziaria (e i presupposti maturati, già dicono quale sarà l'esito finale), onestamente non mi sentirei di gioire particolarmente, mentre mi sentirei di poter gioire a pieno titolo se la politica, unendo le forze come non mi stancherò mai di ripetere, sarà capace di portare tutti i livelli istituzionali e di governo, nostri interlocutori, a convergere sulle posizioni della Sardegna, posizioni assolutamente legittime e oramai anche certificate come tali.

Concludo queste mie comunicazioni perché ritengo di avere adempiuto all'onere e al dovere di informativa rispetto alle novità intercorse; ovviamente aspetto e ascolterò con molta attenzione i vostri contributi al dibattito per poi eventualmente, se fosse necessario, integrare ulteriormente anche le comunicazioni.

PRESIDENTE. Ricordo ai consiglieri che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Espa. Ne ha facoltà.

ESPA (P.D.). Presidente Cappellacci, abbiamo ascoltato con estrema attenzione le dichiarazioni da lei oggi rese rispetto a questa vicenda; una vicenda che noi sappiamo essere estremamente pesante per la salute e per lo stato dei sardi, per la loro possibilità di esprimere i diritti di cittadinanza. La situazione è pesante, lo sappiamo tutti, e mai come adesso la soluzione in senso positivo della vertenza entrate ci starebbe a cuore. Però, Presidente, lei ha detto molto chiaramente, alla fine del suo intervento, che le posizioni espresse dalla Sardegna sono assolutamente legittime.

Presidente, noi da tanti anni siamo convinti della legittimità della posizione della Sardegna. Lei ha citato la Corte dei conti, io ricordo quando il Presidente della Corte dei conti ha detto a questa Assemblea, in maniera estremamente chiara, che l'articolo 8 poteva essere immediatamente applicato, mentre voi negli anni passati sostenevate che questo non fosse possibile senza l'approvazione delle norme di attuazione.

Faccio adesso questa considerazione non perché devo per forza fare una lamentela retroattiva ma semplicemente perché il nostro timore è che, con quello che sta succedendo oggi in Italia, non si faccia più in tempo ad arrivare al risultato, soprattutto perché lei ci annuncia che ritiene possibile, anzi, chiede di essere autorizzato ormai a diffidare il Governo in sede costituzionale, in tutte le sedi competenti, per avere il risultato che tutti auspichiamo.

Presidente, sì è vero, sarebbe un fallimento se il tavolo politico dovesse saltare; possiamo dirlo che ricorrere ai tribunali ovviamente può essere un fallimento della politica, però, Presidente, i Governi non sono tutti uguali. Lo so, lei ha detto che non fa polemiche, che poi i nodi vengono al pettine, però, Presidente, noi abbiamo passato anni incitandola, addirittura incontrandoci anche, durante la nostra occupazione dell'Aula sulla vertenza entrate per cercare di impostare una strategia comune, ebbene, queste iniziative sono state disattese.

Il precedente Governo è andato contro gli interessi della Sardegna e noi - e lei in modo particolare, signor Presidente - non siamo stati in grado di mettere i puntini sulle "i" e di dire, in maniera forte, che eravamo pronti non solo alla diffida ma ad andare nei tribunali per esigere non una vertenza ma quello che ci spetta per legge costituzionale. Per questo il nostro timore, Presidente, è di non riuscire ad arrivare a un risultato, io non so se c'è da parte della sua maggioranza quella adeguatezza che ci permetterà di arrivare a un risultato.

Così si rivolge l'appello a essere tutti uniti, a mobilitarci tutti per, questo è un appello nobile, dare risposte ai sardi, siamo tutti responsabili. Siamo tutti responsabili però con diverse corresponsabilità. C'è chi in questi mesi, in questi anni ha lavorato perché subito dopo le elezioni, da lei vinte, si entrasse in campo per chiedere le risorse. Ma lei faceva capire che, essendo un Governo amico, ci avrebbe dato risposte. Non è stato così e questo è un fallimento delle politiche della vostra maggioranza.

Ripeto, non voglio fare dietrologia ma il nostro timore, il mio timore è che ora abbiamo di fronte una situazione di tensione dal punto di vista finanziario; una situazione che nel 2009 non era presente, per cui di quel momento dovevamo approfittare per riuscire finalmente a ottenere le risorse che ci spettano, risorse che non fanno parte di alcun accordo. Da quelle risorse dobbiamo partire e noi vorremmo che il Presidente della Regione partisse proprio dal fatto che non c'è alcuna vertenza aperta. E i tavoli non devono servire a ragionare su come arrivare all'obiettivo, ma devono sancire prima di tutto che queste sono risorse nostre.

Per noi non ci sono governi amici, Presidente, non è che il Governo precedente non fosse assolutamente amico, capisco qual è la nostra posizione a livello nazionale, ma le posso assicurare che nessuno dice al centrosinistra, sicuramente non al Partito Democratico, che dobbiamo stare cauti, che in questo momento bisogna stare zitti. Siamo totalmente liberi di incidere, di protestare in maniera forte rispetto a diritti che spettano ai sardi, perché la ricaduta della soluzione della vertenza entrate, chiamiamola così, vuol dire benessere per la comunità.

Noi abbiamo dei dubbi, Presidente, che lei e la sua Giunta possiate portare fino in fondo questa vertenza. Io ho paura che a Roma noi non siamo autorevoli, che la Sardegna non sia autorevole, che di conseguenza le interlocuzioni rimangano, come dire, di secondo livello, di serie B. Questo è un fatto che per noi è assolutamente da sanare. Noi non possiamo andare avanti con un Governo che a volte, come dire, non ci tiene in conto, non tiene in conto ma forse anche perché non è bene informato, non sa le notizie, succedono cose particolari, e si permette di respingere, di opporsi, di impugnare le nostre leggi davanti alla Corte costituzionale sulla base di pareri a volte indubbiamente corretti ma, altre volte, assolutamente da ridere, superficiali.

Se il Governo nazionale si permette questo, io credo che la Sardegna e le nostre istituzioni debbano veramente essere forti in questo periodo. Lei ha parlato di diffida, possiamo diffidarli, ci rivolgiamo alla magistratura però lasciamo una finestra aperta. Proviamo a scrivere a Monti dicendogli che noi siamo pronti a ricorrere a questi strumenti.

Presidente, al di là di qualunque mio pensiero personale, esattamente come avrebbe dovuto fare con Berlusconi subito, e non ha fatto, (questo glielo metto in conto come un difetto), adesso deve dire dopo quanti giorni ricorrerà alla magistratura. Non dico che debba minacciare, ma deve svolgere il suo ruolo. Se intende veramente dire al presidente Monti che ricorrerà a strumenti legali deve anche dire entro quanto tempo lo farà. Si deve prendere un impegno nei confronti del Governo Monti e nei confronti di questa Aula, altrimenti continuiamo ad andare avanti in una situazione di debolezza che credo non dia alcun beneficio.

Concludo, sicuramente il mio Capogruppo continuerà il discorso, però credo sia importante innanzitutto non appiattire il tutto, non dire che un Governo è uguale all'altro, distinguere in maniera forte le proprie responsabilità da quelle dell'opposizione, perché è la verità, e dare un segnale di rigore che deve essere accolto, deve essere prima di tutto nostro, ma in particolar modo suo. Se lei ritiene di avere la forza per poterlo fare, se ritiene di avere una maggioranza che la sostiene compatta, se ritiene che la sua proposta possa essere condivisa, non deve limitarsi a dichiarazioni generiche anche nei confronti di Roma, ma ammettere che siamo noi che dettiamo l'agenda sulla vertenza entrate, siamo noi che diciamo che questi sono soldi nostri che non sono sottoposti ad alcuna trattativa.

Ritengo che questo debba essere il primo passaggio, ma noi abbiamo la convinzione, il sospetto (in questi banchi non c'è fiducia), che non riusciremo a chiudere questa vertenza, che non ce la faremo, che non ci sarà, come dire, risposta dal Governo, e questo ugualmente lo imputiamo a voi, voi tutti, a lei come primo esponente di questa maggioranza.

Il fatto poi che la Consulta ci abbia dato ragione rinforza i concetti che noi esprimiamo da anni. Quindi vediamo di capire e cerchiamo di essere forti, determinati e non lasciare spazio a nessuno, qualunque sia il Governo, margini di trattativa su risorse che ci spettano di diritto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, io credo che il Presidente della Regione debba dare atto a questo Consiglio, e all'opposizione che siede in questo Consiglio, di avere sempre avuto sul tema delle entrate un comportamento "speranzoso", nel senso di sperare che ci fosse una possibilità, attraverso un'azione unitaria, di ottenere per la Sardegna il riconoscimento delle maggiori entrate derivanti dalla modifica dell'articolo 8 dello Statuto.

Oggi lei, Presidente, ha ripercorso quello che è successo in questi tre anni, io mi permetto di ricordarle che un ordine del giorno firmato e approvato all'unanimità dal Consiglio, già nel maggio del 2009 (mi riferisco all'ordine del giorno numero 3, uno dei primissimi approvati in questo Consiglio), le pose il problema dell'adeguamento del Patto di stabilità al nuovo regime delle entrate. E ci darà atto, Presidente, che anche nei mesi successivi fu di nuovo l'opposizione in questa Aula a portare all'attenzione dell'opinione pubblica (ricorderà le notti concitate, l'occupazione dell'Aula), l'urgenza, l'importanza di alzare il tiro, di non fidarci delle promesse dei Governi pseudo amici, di porre con forza e determinazione il tema della leale collaborazione fra le istituzioni, il problema di un Governo che appariva non rispettoso delle sue stesse leggi, anche quelle di rango costituzionale.

Abbiamo proposto anche quella volta un ordine del giorno, in questo caso è l'ordine del giorno del 22 dicembre, il numero 42, e successivamente abbiamo continuato a portare il nostro contributo. Ricordo anche una risoluzione della Commissione bilancio, approvata ugualmente all'unanimità, che arrivava a dire più o meno le stesse cose, che anche all'interno della discussione del federalismo fiscale, Presidente, noi dovevamo introdurre il tema del Patto di stabilità, anteponendo a qualsiasi altra discussione, a qualsiasi altra vertenza il rispetto dell'articolo 8 novellato. Abbiamo insistito, le abbiamo posto il problema più volte, e ancora di recente, quando è stata convocata l'assemblea del popolo sardo, siamo arrivati a dire cose del tutto simili, cioè di dare priorità alla vertenza entrate.

Ora, quello che manca nel suo racconto, Presidente, è il senso che lei dovrebbe dare di un popolo, quello sardo, che si sente in qualche modo ingannato, un popolo che aveva accettato quella modifica statutaria, a cui corrispondevano, ricordiamocelo sempre, maggiori responsabilità, maggiori competenze; e noi crediamo che un autonomismo moderno non sia un autonomismo che tira la giacca al Governo, allo Stato perché ci soccorra, ma sia un autonomismo che si fa carico di responsabilità, di competenze, e si prende le risorse dai bilanci dello Stato per gestire in autonomia quelle competenze.

Questo era il senso di quella riforma, e credo che nelle sue parole manchi il senso di indignazione di un popolo che si sente ingannato, che attraversa un momento di crisi difficilissima, che ha assunto delle competenze, ahimè, gestite assai male, me lo faccia dire, Presidente, dalla vostra Giunta. Il costo della sanità, infatti, quando l'abbiamo preso in carico, era più o meno di 2 miliardi e 500, 2 miliardi e 600 milioni di euro, oggi è arrivato, nel vostro bilancio, a 3 miliardi e 200 milioni di euro. Si è assunta una responsabilità onerosa che ha costituito addirittura per lo Stato un minor rischio, un minor rischio di non contenere i costi, in particolare della sanità.

A fronte di quelle maggiori responsabilità, di quella richiesta credo responsabile, noi ci siamo trovati in una situazione di inganni: più rischi, più oneri, senza le maggiori entrate con le quali dovevamo in qualche modo compensare quei maggiori rischi e quei maggiori oneri che di fatto si sono verificati; e stiamo parlando di circa 800 milioni in più, quanto occorre per costruire tre ospedali, quanto occorre per moltiplicare per otto volte le risorse che abbiamo stanziato nel bilancio faticosamente per l'occupazione, per le opere immediatamente cantierabili.

Presidente, il tema oggi non è se la Consulta ci ha dato ragione, il tema non è se ci sia qualcosa di cui gioire dal punto di vista della giurisprudenza, il tema, Presidente, me ne duole, e lei sa che da questi banchi lo spirito vuole essere sempre costruttivo, è se la Presidenza della Regione (e la vostra Giunta) ha la credibilità politica per arrivare fino in fondo, per far valere le ragioni della Sardegna; il tema è che la vostra Giunta non ha più una maggioranza politica, e credo che il brusio, le assenze, le cose che sentiremo dopo, le poche voci che si alzeranno per difenderne l'operato lo confermeranno.

Ci sarà il solito intervento, doveroso, dell'onorevole Mario Diana, pochissime altre voci, molti silenzi, molte assenze, forse farà un intervento l'onorevole Pittalis, che però oggi sembra aver marcato visita, magari gli farà una telefonata il Presidente e gli ricorderà di stare in Aula, e di fare il suo intervento stereotipato. Il punto, Presidente, è se lei è ancora credibile, perché lei, dopo tre anni e mezzo, ci dice che siamo al punto di partenza, ci dice che abbiamo ragione dal punto di vista giuridico. Ma è quello che le abbiamo detto tre anni e mezzo fa. Dov'è la vittoria politica? Che cosa c'è da gioire? Di che cosa dobbiamo rallegrarci se lei stesso dice che il tavolo politico è un fallimento?

Provi a girare le spalle, Presidente - non mi riferisco alla presidente Lombardo, ma forse potrebbe essere una metafora - lei è rimasto solo, non ha più nessuno alle spalle, lei è di nuovo un Presidente solo al comando. Qualcuno aveva accusato l'ex Presidente della Regione di essere un Presidente solo al comando perché andava troppo in avanti. Io ho l'impressione che lei sia un Presidente solo al comando perché scivola troppo all'indietro, non ho sentito nelle sue parole un accenno di orgoglio, una capacità di mobilitazione, una capacità di coinvolgere, di coinvolgere il Consiglio, di coinvolgere il sindacato, di coinvolgere il partenariato sociale.

Lei, Presidente, è rimasto solo perché la sua credibilità politica è venuta meno, perché lei adesso è diventato un Presidente che cavalca le ragioni demagogiche della piazza per riuscire a giustificare i suoi fallimenti. Lei rincorre le scorciatoie invece di assumersi la responsabilità piena della sua azione politica, che dopo tre anni ci ha riportato al punto di partenza, come un gioco dell'oca, dove finiamo sempre sulla stessa casella, torniamo al punto di partenza.

Presidente, io non voglio parlare di fallimenti, ma la invito a una riflessione profonda sulla sua capacità e credibilità di portare avanti questa battaglia; perché non vincerà questa battaglia con gli avvocati, non si illuda, ad avvocati si aggiungeranno altri avvocati, ci saranno ricorsi, ci sarà un procedimento la cui conclusione rischia di arrivare troppo tardi, quando la Sardegna avrà sofferto troppo sulla propria pelle, e avrà sofferto per aver preso la decisione di assumersi delle responsabilità, di essere d'esempio per le altre regioni, di aprire la strada a un nuovo federalismo fatto di competenze, di responsabilità, di risorse.

Lei oggi ha ammesso di essere solo, di avere solo la carta dei tribunali, dei ricorsi, solo la carta delle sedi giurisdizionali, ma questo non basterà, e le rinnovo l'appello, Presidente, non c'è nulla di personale, c'è molto di politico. Noi vorremmo che lei avesse successo, ma si giri, si guardi, lei è rimasto drammaticamente solo, e la sua è una solitudine tutta politica, una politica di un Presidente e di una Giunta che non sono stati all'altezza delle proprie responsabilità.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). A me pare, presidente Cappellacci, e credo che lei ne sia consapevole, che oggi non abbia dato né a questo Consiglio né ai sardi elementi utili. Potrei dire che non ci ha detto niente, non ha detto niente stamattina sulla continuità territoriale, sul fallimento della continuità territoriale, almeno di questi tre anni, ho letto i resoconti, non ha detto niente oggi sulla vertenza Sardegna, non sulla vertenza entrate, quella si è già conclusa con l'accordo del 2006, ma sulla difesa della Sardegna, quella che noi chiamiamo appunto "vertenza Sardegna". Ha preso tempo Presidente, ha preso tempo stamattina sulla continuità territoriale, ha dilatato i tempi, ha allungato l'agonia, ma non ci ha detto niente.

Io ricordo, dicembre 2010, fase iniziale della finanziaria, occupazione da parte del centrosinistra del Consiglio regionale, lo ricorda anche lei perfettamente che siamo arrivati a una discussione. Lei molto gentilmente venne a incontrarci in quell'auletta, e parlammo di vertenza entrate, perché il problema era come affrontare nel rapporto con l'allora Governo Berlusconi il tema dei diritti della Sardegna, perché siamo in questa fase, nell'alveo dei diritti della Sardegna in una fase storica precisa, quella del federalismo, in cui dobbiamo tentare di essere almeno alla pari con lo Stato, con le altre regioni, sicuramente non indietro rispetto agli altri; in quella saletta quindi concordammo un programma e, alla fine, predisponemmo un ordine del giorno. Quell'ordine del giorno diceva le stesse cose che lei ci ha detto oggi a distanza di un anno e mezzo. Diceva che se fosse fallito il tavolo politico, allora il tavolo politico era col Governo Berlusconi, si sarebbe aperto un altro tavolo, quello tecnico, seguendo la via giuridica, la via del giudice ordinario, la via della sede costituzionale.

Lei allora ha preso tempo, avete incaricato due costituzionalisti importanti che vi hanno dato alcuni suggerimenti, avete dilatato i tempi, siete arrivati sostanzialmente a dire una cosa che è scritta in quel documento col quale la Regione accetta il tavolo ministeriale con il Governo Monti e accetta questo rapporto proprio nell'ambito del federalismo fiscale, cioè noi stiamo andando sostanzialmente a far coincidere quella che è stata una conquista storica per la Sardegna, la vertenza entrate, col federalismo, il che ci porterà inevitabilmente a vedere negati e annullati i benefici che quella vertenza ha portato per i sardi.

Certo, quei benefici li abbiamo quantificati bene; anche l'assessore La Spisa, con l'aiuto degli Uffici, ha quantificato bene le risorse, ma noi vi abbiamo detto in questi anni, ve lo abbiamo detto noi, ve lo ha detto la Corte dei conti, ve lo ha detto per ultima la Corte costituzionale, ve l'hanno detto tutti, ve lo ha detto Onida, che non c'era necessità di norme di attuazione, che non bisognava rincorrere le commissioni paritetiche e il Governo, che mai si è sognato di portare in Consiglio dei Ministri quelle norme per approvarle. Oggi lei ci ha detto "ieri ho approvato una diffida in Giunta, nel senso che metterò in mora il Governo", quante volte l'ha fatto in questi anni? Quanto ha coinciso, negli anni del Governo Berlusconi, la sua appartenenza politica con gli interessi della Sardegna?

E oggi è troppo facile dire "ma nel Governo ci siete anche voi, datemi una mano", è troppo facile. La sua politica è già abbastanza plasticamente rappresentata dalla campagna elettorale che l'ha vista vincere le elezioni, e oggi il popolo sardo, ne sono convinto, affronterebbe in maniera diversa quella stessa campagna elettorale alla luce dei risultati che ha prodotto.

Perché parliamo di vertenza Sardegna, parliamo certamente anche di difesa della vertenza entrate ma parliamo anche di continuità territoriale, di un fallimento dopo l'altro: quale tariffa unica? Io ricordo la risposta che le ha dato Matteoli a dicembre dell'anno scorso. I primi decreti, parlavate tanto di tariffa unica, ma poi le Conferenze di servizi da lei indette e presiedute, giustamente, non hanno dato come esito la tariffa unica, tant'è che avete chiesto di ritirare quei decreti; e poi si è arrivati alla compensazione, poi si è arrivati ai 57 milioni e mezzo per fare una gara, lì sì sulla tariffa unica, prendendoci le competenze, chiaramente trasferite sulla base dell'accordo Soru-Prodi ma che portavano, l'ha detto il mio Capogruppo stamattina, in dote alla Regione due miliardi in più di euro all'anno: noi non abbiamo visto un euro di quelle risorse, ci siamo accollati la continuità territoriale e non abbiamo neanche chiesto, lì sì, le norme di attuazione per trasferirci quelle competenze, così come invece è stato fatto per quanto riguarda il trasferimento per esempio di FdS e di FMS.

C'è stata questa fretta, devo dire condivisa dal ministro Passera per altre ragioni, di arrivare alla gara e di arrivare alla continuità territoriale con la tariffa unica. Il fallimento era ed è inevitabile; prendete un altro anno di tempo, ammesso che vi sia concesso, io credo che già oggi la continuità territoriale aerea non l'abbiamo, lo ha riconosciuto stamattina l'assessore Solinas. Non l'abbiamo perché non c'è rispetto degli oneri di servizio, non c'è rispetto delle frequenze, non c'è rispetto del numero dei voli e non c'è rispetto delle fasce orarie; e lo conferma Ryan air dicendo che probabilmente andrà via dalla Sardegna, perché non c'è l'autorevolezza neanche di sostenere delle linee guida in sede europea e in sede di Governo nazionale che portino a riconoscere l'interesse economico generale che ha anche il mercato a basso costo, mercato complementare e non sostitutivo della continuità territoriale ma che ha dato frutti innegabili per la Sardegna.

Eppure la Sardegna emblematicamente potrebbe svolgere questo ruolo in Europa, proprio quantificando i risultati e facendo emergere i benefici. E lei deve intervenire, Presidente, come rappresentante dei sardi, in seno all'Unione europea per vedere riconosciuti quei diritti, almeno per le isole.

Io credo però che dobbiamo parlare anche della crisi industriale, perché fa parte della vertenza Sardegna: quali risultati? Non ci ha detto niente, Presidente. Qual è il rapporto con il Governo? Deve parlarci certamente della revisione dei vincoli del Patto di stabilità, deve parlarci del Piano per il Sud: che cosa sta succedendo? Il Piano attuativo regionale dei fondi FAS, approvato nel 2009 prima dalla Giunta Soru e poi da lei riveduto, rimodulato e riapprovato nell'agosto del 2009, mandato a Roma chiaramente non è stato neanche esaminato, ne hanno stralciato una parte che riguarda le infrastrutture universitarie e la Sassari-Olbia, ma, al di là della delibera, non vediamo il trasferimento delle risorse.

È una sciagura, è il destino della Sardegna, è un destino cinico e baro oppure possiamo fare qualcosa? Può il Presidente della Regione intervenire autorevolmente? Può intervenire nel Consiglio dei Ministri, perché ha il rango di Ministro quando si parla di Sardegna, e mettere all'ordine del giorno la vertenza Sardegna, una volta tanto? Oppure dobbiamo accontentarci del fatto che la politica non c'è, non esiste, e dobbiamo quindi ricorrere da un lato ai tavoli tecnici e dall'altro al giudice ordinario e al giudice costituzionale? Se così è lei deve fare un altro mestiere; io credo che la rappresentanza dei sardi abbia innanzitutto necessità di una rappresentanza politica, ed è la politica che è mancata, è mancata negli anni del Governo Berlusconi, per una coincidenza e per una identificazione, e sta mancando in questi anni. Manca la politica.

Guardi, io non le dico che lei è un uomo solo al comando, io vedo invece responsabilità politiche di una maggioranza che la sostiene ancora, perché se lei fosse solo il Consiglio regionale ne avrebbe preso atto e saremmo andati, come dovremmo andare per fare l'interesse dei sardi, velocemente a elezioni. E credo che questa sarà inevitabilmente e innegabilmente la strada.

Non c'è un fallimento di un tavolo politico, c'è il fallimento della politica Sardegna, e la vertenza Sardegna, lo zero assoluto che anche oggi ci ha rappresentato, plasticamente ci dice che questa è la situazione; e quindi il Governo regionale ne deve prendere atto: o ha la capacità di una svolta immediata, oppure è meglio veramente che si ritorni alle urne.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

Non essendo presente in Aula decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Intanto correttezza istituzionale vorrebbe che ringraziassimo il Presidente di averci informato, poi i giudizi sul momento, l'opportunità, la tempestività sono un altro discorso; io credo che però noi non possiamo in questa fase sottovalutare quello che in qualche modo il Presidente ci ha comunicato. In effetti è una riflessione che facevo da un po' di tempo su questa strana propensione, sviluppata in questi mesi, in questi anni, ad aprire i cosiddetti tavoli, tavoli, tavoli, tavoli, senza poi portare nessun risultato concreto, che ha in qualche modo trasformato la nostra questione delle entrate in un grande magazzino dell'Ikea. Cioè, se io non riesco a trasformare trattative che devono essere concrete e fattive in prodotti e in ricadute, ho necessità di eliminare questi punti di decantazione: perché? Perché lei si ritrova in Sardegna un altro scenario, lo scenario di una società in grande fibrillazione, in grande sofferenza, alla quale non può dire che c'è l'attesa di un tavolo.

Fondamentalmente quella sentenza ha dato ragione a questa tesi: non c'era bisogno di aspettare, c'era necessità di riconoscere. Ecco perché io e alcuni altri abbiamo detto "adesso Monti dia i soldi"; cioè, secondo il mio modo di vedere, adesso non c'è più nulla che renda necessaria una trattativa dopo quella pronuncia, c'è necessità di dare attuazione. Lei dice: "Se non ci riusciamo sul terreno politico, passiamo immediatamente alle vie giuridiche". Io su questo punto mi permetto di prefigurare uno scenario. Noi possiamo fare i prepotenti, i giusti prepotenti, quelli che rivendicano il proprio, solo se abbiamo la capacità di essere coerenti sotto il profilo dell'unità, come lei ha invocato fino adesso; e, quindi, secondo il mio modo di vedere, quell'atto della Giunta che lei sta per adottare probabilmente andrebbe meditato un attimino, per vedere come possa essere meglio sintetizzato rispetto all'origine del percorso che abbiamo cercato di fare assieme, perché se no rimane un atto amministrativo, politico quanto si vuole, ma un atto amministrativo, e secondo me non è il momento di atti amministrativi; mi spiego.

L'altra elemento, che invece dovrebbe accompagnare questo momento di consapevolezza della situazione, è il renderci conto che lo Stato non è, in questo momento, in gran forma, e che oggettivamente, pur riconoscendo sul piano della legittimità ciò che spetta, potrebbe avere delle difficoltà; e pretendere sapendo che l'altro ha dei problemi è come vanificare una giusta pretesa, diminuire il potenziale della nostra, in questo caso, rivendicazione.

Ecco perché in date non sospette, in altri dibattiti, ci siamo permessi di dire: "Presidente, noi dobbiamo essere in grado di dire a Monti e al suo Governo che abbiamo un diritto, l'abbiamo quantificato, ed è questo. Sappiamo che non ce lo possono pagare tutto in una volta, però vi possiamo suggerire di diluirlo, di darcelo per esempio in titoli dello Stato, a scadenze programmate, messe in relazione con un programma di opere pubbliche che si articola nel tempo".

E si deve essere in grado di dire a Monti: "Se tu ci dai quelle risorse che ci spettano, in quella forma, noi porteremo avanti queste attività di sviluppo e di crescita che ti producono lavoro, cantieri, crescita, cioè quello che tu stai cercando dall'intera Italia, e noi saremo in grado di fare la nostra parte, rispettando la tua difficoltà, ma tu riconoscendo il nostro diritto". Questo discorso presuppone che ci sia un atto di più alto livello, un atto di programmazione più ampio, studiato, che abbia il conforto di una forte approvazione anche del Consiglio regionale, magari un'approvazione all'unanimità, e che venga posto in termini concreti come un atto di consapevolezza della situazione comune di difficoltà, ma nel quale agisce il diritto, ed è qualcosa che lei potrebbe spendere nei confronti della sua Terra, e noi potremmo dare un significato a questa azione.

Un conto è andare in astratto in giudizio contro lo Stato, senza avere la coscienza a posto rispetto alle tecniche che possono consentire l'attuazione di un diritto, un altro è avere le carte in regola, e io sinceramente mi presenterei con le carte in regola, proprio perché quello che stiamo pretendendo è un diritto alto e sostanzialmente inviolabile. Quindi le chiederei di riflettere se abbinare quell'atto che lei voleva fare questa sera a un atto più articolato, da condividere con il Consiglio regionale, che possa segnalare allo Stato che noi comprendiamo, ma non rinunciamo.

Un atto che sarebbe in grado di far ricadere, anche nel medio, lungo periodo sulla Sardegna, un'attenzione, un'attenzione importante, che non è l'attenzione che le ha dichiarato il ministro Barca stamattina in ordine all'allentamento del Patto di stabilità, perché forse, per come l'ho letto io, è quasi un diritto riconosciuto a tutte le regioni, non sarebbe quindi un qualcosa in più.

Certo, bisogna anche saper aprire immediatamente alla possibilità di spendere quei soldi, rivendicando gli indici drammatici della situazione sociale, e quindi stabilendo che stanno nella capacità di allentamento del Patto di stabilità gli elementi prioritari e privilegiati per farvi fronte. Ho l'impressione che di questa consapevolezza anche lei non abbia tratto alcun sentore in quest'ultimo periodo.

Quando la politica non ha progetto, e indico come progetto anche come utilizzerò quei soldi, per che cosa li voglio utilizzare, in che tempi li voglio utilizzare (la mancanza di progetto è anche la mancanza di queste indicazioni), quando la politica non ha progetto sono i tecnocrati che impongono il loro progetto, e quello che sta avvenendo a livello nazionale è esattamente questo, è la congiunzione del potere di quell'antica burocrazia con una visione burocratica affidata a quelli che oggi governano, che è la cosa peggiore che possiamo immaginare.

Ecco perché noi, Regione a Statuto speciale, dobbiamo avere una specialità nel dettaglio di ciò che ci spetta, nella descrizione della nostra pretesa. In questa congiuntura gli strumenti e le modalità non sono insignificanti, e io credo che lei debba pretendere di costruire in questa sede, con il Consiglio regionale, probabilmente senza distinzione fra Giunta e Consiglio, ma come Istituto regionale, la base di un patto nella direzione che io ho pensato così vagamente di descrivere, ma che può avere una radice fondata: va incontro allo Stato perché vende titoli che deve mettere sul mercato, va incontro all'esigenza della Sardegna che sa che tutto in una volta quei soldi non li può spendere, e può così programmarli.

E come li programma? Non per sperperarli, non è spesa corrente, dimostriamo che li mettiamo sul terreno degli investimenti e individuiamo i progetti che sono cantierabili in quei tempi e in quei momenti, e possiamo dare speranze diverse. Ecco perché la nostra funzione non è quella, come sostiene qualcuno, di venire qui a disturbare, noi siamo qui dentro, come dicevo stamattina, per mettere al servizio della minore sofferenza, mettiamola così, dei sardi, le idee che abbiamo, i principi che abbiamo, l'equilibrio che abbiamo, e non abbiamo nessuna intenzione di andare fuori da qui a esercitare illegittimamente, improvvidamente un'attività di riforma.

Le riforme sono prima di tutto le riforme culturali che interessano ogni singolo consigliere regionale, ogni singolo parlamentare, pretendere di andare fuori da quest'Aula per inculcare un sentimento populista, che voglia anche essere riformista, non è mai accaduto, è l'anticamera di scenari apocalittici. Noi non staremo mai da quella parte. Ecco perché può sembrare lontana a qualcuno anche la soluzione referendaria, ma si lavora qui.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente Cappellacci, io sono certo che se l'intervento che lei oggi ha fatto in quest'Aula l'avesse fatto tre o magari due anni fa, avrebbe avuto sicuramente più credibilità e un significato e una forza ben diversi. Se oggi dovessimo rileggere i resoconti dei dibattiti tenuti nel corso di questi tre anni in quest'Aula, su mozioni, interpellanze, fino agli ordini del giorno unitari sistematicamente disattesi da questa maggioranza, o rileggessimo anche le cronache di questo Consiglio, ne hanno già parlato i miei colleghi, ricorderemmo che siamo arrivati al punto di dover occupare l'Aula per convincerla che era opportuno portare avanti una battaglia forte di questo Consiglio, una battaglia forte di tutti i sardi nei confronti di un Governo centrale sordo ai problemi della Sardegna.

Nei testi relativi a quel dibattito, Presidente, troverà considerazioni molto simili a quelle che lei oggi ha svolto in quest'Aula, troverà qualcosa in più, sicuramente, oltre al problema dell'adempimento da parte del Governo nazionale dell'articolo 8. Troverà, per esempio, argomenti come l'alleggerimento del Patto di stabilità, i fondi FAS, la continuità territoriale e altro. Se quando noi abbiamo occupato quest'Aula lei, invece di preoccuparsi di non dispiacere l'allora Governo amico, avesse non dico seguito, ma sposato quella che era una battaglia di tutti i sardi probabilmente oggi noi staremmo discutendo di ben altro.

Lei, Presidente, assieme alla sua Giunta, assieme alla sua maggioranza, ha una grossa responsabilità: aver fatto mancare alla Regione sarda risorse molto importanti, risorse importanti che in questo periodo di grave crisi economica e sociale avrebbero consentito alla nostra isola di affrontare i problemi con una situazione ben diversa. Oggi la situazione economica dell'Italia, dell'Europa, ma del mondo intero, è sicuramente cambiata rispetto a tre anni fa, è sicuramente più difficile. Oggi la nostra nazione è governata da un Governo parlamentare che cerca in qualche modo di salvare l'Italia, che cerca in qualche modo di porre rimedio a quattro anni di governo del centrodestra.

Oggi lei ci chiede unità, chiede unità a questo Consiglio, a tutte le forze politiche di questo Consiglio, forse finalmente consapevole che da solo non può farcela.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue SOLINAS ANTONIO.) Presidente, nel 2007-2008 non il centrosinistra, che allora governava la Regione, ma tutto il popolo sardo, il centrodestra e il centrosinistra, tutte le associazioni di categoria, i sindacati, le autonomie locali scesero in campo per una battaglia fondamentale per l'isola; quella battaglia fu vinta non perché eravamo più belli, ma perché eravamo più forti e più uniti. Se lei questa unità non l'avesse chiesta a corrente alternata, tenendo conto che noi dobbiamo continuamente sollevare il livello dello scontro anche dentro quest'Aula per poter avere l'onore di averla in quest'Aula a riferire all'Assemblea sarda delle situazioni che si stanno verificando nel confronto tra Stato e Regione, molto probabilmente sarebbe più credibile.

Lei oggi, Presidente, di fatto sta certificando il fallimento di tre anni del suo governo e del governo di questa maggioranza. Mi consenta di dirle che questo era già scritto dal primo momento; una maggioranza di governo, una maggioranza politica che si presenta per governare una Regione come quella sarda senza un programma, senza un'idea dello sviluppo della Sardegna ma semplicemente unita dall'obiettivo di sconfiggere qualcuno e non di perseguire il bene della Sardegna, non poteva che produrre questi risultati. Il suo, Presidente, è stato un fallimento sotto tutti i punti di vista, che rischia di mettere definitivamente in ginocchio l'economia della Sardegna.

Noi, Presidente, saremo anche questa volta in prima fila in questa battaglia non perché ce lo chiede lei, ma perché ce lo hanno chiesto i sardi nel momento in cui ci hanno votato per ricoprire il ruolo di minoranza all'interno di quest'Aula, ce lo chiedono quei sardi che oggi sono disperati e delusi dal suo governo e che non vedono l'ora che questo governo finisca la propria agonia.

La nostra disponibilità, Presidente, è per un confronto a 360 gradi su tutto, che affronti oltre alla vertenza delle entrate anche il problema dell'alleggerimento del Patto di stabilità, il problema dei fondi FAS, i problemi dell'insularità e della continuità territoriale. Bene, se lei vuole aprire un confronto serio su questi temi troverà responsabilmente disponibile, credo di poterlo dire tranquillamente, il Partito Democratico che oggi è momentaneamente in minoranza in questo Consiglio regionale, ma che lavora per ritornare al governo di questa Regione.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente Cappellacci, siamo dei politici e, come tali, ci siamo contrapposti in diverse occasioni, ma siamo anche persone per cui mi permetto, se da lei sono graditi, di farle gli auguri per la sua pronta guarigione avvenuta a seguito dell'evento che giorni fa non le ha consentito di essere presente in Aula, ne sono felice per lei, e non lo dico ironicamente.

Io credo che il confronto politico sia una cosa, il rapporto tra persone un'altra e perciò cerco sempre di incanalare i miei interventi sul confronto politico e non sul confronto personale, pertanto voglia apprezzare i miei auguri per una guarigione rapida e spero che da ora in poi il confronto sia sempre incanalato tra tutti noi sull'idea di Sardegna, sulle idee di sviluppo che molto spesso non mi hanno visto condividere la sua linea o, meglio, da un certo momento in poi mi hanno visto non condividere la sua linea nel metodo e nel merito.

Per tornare all'ordine del giorno io credo, Presidente, che avrei molto apprezzato se lei avesse impostato il suo intervento sulla falsariga di quanto ha riportato in Aula il collega Gian Valerio Sanna che ha ricordato come, in un periodo non sospetto, alcuni di noi in quest'Aula si sono permessi di indicare delle soluzioni, delle vie, delle proposte che abbiamo portato alla sua attenzione. Il collega ha ricordato le proposte per un eventuale transazione con il Governo per avere quanto dovuto, e quanto ormai certificato come diritto, alla Sardegna sulle entrate, con la possibilità di utilizzare anche i Buoni del Tesoro.

In quegli interventi si sottolineava soprattutto una cosa e si lanciava una proposta, quella di approcciare il confronto con il Governo con una seria proposta programmatica, un serio progetto di sviluppo, nell'interesse unico di risolvere una problematica vitale per la Sardegna. Io in quest'Aula in sede di discussione della finanziaria, che bene o male ha interessato anche la discussione sulle entrate, ho posto questo quesito alla Giunta e alla maggioranza: "Ma se si dovesse verificare che lo Stato riconosca ed eroghi quanto dovuto alla Sardegna per circa 1 miliardo e 600 milioni, qual è la vostra idea di spendita di queste risorse?". Io ho paura che le risorse arrivino e ci trovino impreparati.

E poi abbiamo il gravoso problema del Patto di stabilità e sono due cose direttamente collegate. Allora mi chiedo, lo dissi allora e lo ripeto, se noi abbiamo la forza e l'autorevolezza di dire al Governo centrale: "abbiamo delle idee, abbiamo dei progetti". Richiamai i Piani di rinascita, per carità lungi da me proporre nuovi Piani di rinascita, ma possiamo sederci a un tavolo per dire, nel momento in cui il diritto è pienamente riconosciuto, che noi proponiamo un progetto di sviluppo per la Sardegna che ci finanziamo, perciò chiediamo l'allargamento delle maglie del Patto di stabilità e, consci del fatto che il Governo, lo Stato italiano non può pagare quanto dovuto alla Sardegna, avanziamo una serie di proposte (alcune già riferite dal collega Sanna), tra le quali per esempio azioni di fiscalità di vantaggio.

Per il prossimo decennio chiediamo al Governo italiano che ci consenta alcune azioni o ci riconosca alcune azioni di fiscalità di vantaggio, nel senso, per renderla semplice e comprensibile a tutti, che fatto 100 il prelievo fiscale da trasferire, trasferiamo solo il 50 perché l'altro 50 va a ridurre l'esposizione che lo Stato ha nei confronti della Sardegna e lo investiamo in azioni legate all'energia, ai trasporti, legate agli interventi infrastrutturali che Dio solo sa quanto sono importanti per la Sardegna.

Aggiungo. Stamattina abbiamo discusso sul finanziamento della continuità territoriale per 56 milioni di euro, giusto o non giusto, anzi a mio avviso non giusto perché è un diritto che deve essere riconosciuto a un'isola, non a una regione dell'Italia, ma a un'isola-regione che apre a un contesto completamente diverso, però alcuni interventi che siamo costretti a supportare con le finanze regionali teniamoli fuori dal Patto di stabilità; i 56 milioni che utilizziamo per la continuità territoriale chiediamo che vengano messi immediatamente da parte rispetto al conteggio del Patto di stabilità, l'ha fatto Roma capitale. E l'ha fatto Roma capitale con l'ennesimo decreto in attuazione del federalismo fiscale, l'ha fatto qualche settimana fa riuscendo a ottenere un'autonomia superiore a quella riconosciuta alle Regioni autonome tenendo fuori dal conteggio del Patto di stabilità persino le spese per il personale, cioè spese particolari che sono state riconosciute dal Governo centrale; ma Roma capitale ha autorevolezza e forza politica che la Sardegna non ha.

Ed ecco che qui tiro in ballo i nostri parlamentari che oggi non distinguiamo più con la maggioranza di centrodestra di ieri ma che distinguiamo e raggruppiamo tutti nella maggioranza trasversale che sostiene il governo tecnico, il governo Monti.

Quindi andiamo dal P.D. al centro, al P.d.L. e noi lì dentro abbiamo una numerosa, numerosa relativamente ai numeri necessari, rappresentanza parlamentare che deve a mio avviso essere richiamata perché faccia pesare il proprio voto nei confronti del governo Monti. E, badate bene, non per un ricatto, come ha fatto la Lega per le quote latte, cioè ricattando un governo su una manciata di voti, ma ricatti se questo è il termine corretto, forza di pressione da attuare nei confronti del Governo centrale per attuare un diritto che, come lei ha ricordato nel suo intervento, è oggi riconosciuto totalmente.

Allora, dove sono i nostri rappresentanti parlamentari che si dilettano a scrivere note giornalistiche solo ed esclusivamente in senso demagogico e populista dimenticando di essere stati in quest'Aula e di aver prodotto quelle leggi che oggi cercano o hanno cercato, giustamente a mio avviso, di abrogare anche sostenendo i referendum?

Ma tante cose cambiano; in quest'Aula il sottoscritto il 10 gennaio del 2011 aveva proposto la norma per l'abrogazione delle province regionali e non regionali, ed è successo che diversi appartenenti al comitato referendario (e anche lei, Presidente) hanno votato contro quella norma. Così come, Presidente, lei ha votato contro sull'abrogazione degli enti e dei consigli di amministrazione, votato contro, lo dicono i resoconti d'Aula. Come si è votato contro le proposte concrete di riforma che diversi hanno portato avanti con i referendum, ma che non hanno mai proposto nulla per cambiare la Sardegna.

Allora, Presidente, la cosa migliore credo sia produrre un progetto sul quale confrontarci con il Governo centrale; un progetto che deve essere sostanziato da azioni fattibili, concrete e autofinanziate che superino il Patto di stabilità e la ritrosia, ieri di Calderoli e Tremonti, oggi del governo Monti, a rispettare i diritti della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). L'impressione fastidiosa è che la vertenza Sardegna, signor Presidente, interessi solo le opposizioni in Consiglio regionale. E il fatto che la maggioranza non partecipi, o non abbia ancora partecipato a questo dibattito, è sintomatico delle difficoltà in cui la maggioranza si trova ad affrontare una vertenza che, conclusa nella scorsa legislatura, invece è stata riaperta per l'inconsistenza politica della Giunta regionale e della sua maggioranza.

Ma noi siamo di fronte a un percorso che chiamare fallimentare è forse ottimistico. Il 7 febbraio, con strepito mediatico eccezionale, era stato annunciato il decreto del governo Monti per l'istituzione del tavolo tecnico per affrontare i problemi legati alle schede che la Giunta regionale aveva presentato. Questo tavolo avrebbe dovuto concludere i lavori entro quattro settimane; a distanza di quattro mesi non si capisce ancora dove si voglia andare a parare.

Abbiamo organizzato gli Stati generali del popolo sardo e, nel corso di quella assemblea, è stata da tutti evidenziata l'urgenza di intervenire in tempi brevi (settimane appunto) per risolvere quantomeno il problema prioritario della vertenza entrate all'interno della vertenza Sardegna. Ripeto, signor Presidente, che, a distanza di quattro mesi, cascano le braccia nel sentirla richiamare l'Aula alla necessità di ricorrere alla carta bollata. Cioè abbiamo perso la battaglia politica e ricorriamo alla carta bollata.

Signor Presidente, questa è una dichiarazione di fallimento su tutti i fronti, una dichiarazione di fallimento su tutti i fronti! L'accordo cui si fa costante riferimento è del 2006, sono passati sei anni, ma dal 2009, signor Presidente, le chiediamo di battere i pugni sul tavolo. Gliel'abbiamo detto in tanti modi, le abbiamo detto chiaramente che a opinione unanime della minoranza consiliare le norme di attuazione sulla vertenza entrate non erano necessarie; avete testardamente continnuato su questa indicazione datavi dal Governo nazionale, avete creduto alle illusioni e, come dire, alle fandonie che il Governo vi ha propinato.

Ricordiamo ancora le rassicurazioni del sottosegretario Vegas che adesso, come abbiamo sentito, si scaglia contro la dittatura dello spread nella sua nuova funzione di presidente della Consob. E che dire? Vogliamo andare avanti con i ricorsi giudiziari? Che lo si faccia. Sarebbe stato meglio, molto meglio farlo tre anni fa perché già dal 2009, signor Presidente, noi le chiedemmo di ricorrere contro le norme governative che impedivano di applicare immediatamente la norma sulle entrate. E non lo abbiamo fatto, incuranti anche delle sollecitazioni che ci venivano dalle forze sociali.

Ho richiamato gli Stati generali del 16 marzo 2012. Il rappresentante della Confartigianato e del movimento delle imprese della Sardegna ci ricordava in quella sede, come il movimento degli imprenditori sardi ritenesse fondamentale definire una gerarchia tra le priorità, e che nella prima fase, in tempi brevissimi si dovesse pretendere dallo Stato il rispetto dei patti già sottoscritti: vertenza entrate, modifica del Patto di stabilità, conferma operativa di quanto stabilito nella programmazione del FAS 2007-2013 che comprendeva una risposta a molti problemi legati al tema della insularità della Sardegna; temi che sono stati richiamati anche nella discussione di stamattina, signor Presidente.

Se la vertenza entrate fosse stata chiusa positivamente, senza aspettare norme di attuazione, che anche la Consulta ha dichiarato assolutamente non necessarie, quante ulteriori disponibilità avremmo potuto garantire alla Giunta regionale per una migliore definizione, per esempio, dei problemi legati alla continuità territoriale? O quante ulteriori risorse avremmo potuto destinare per finanziare i settori produttivi della Sardegna che lamentano la crisi che tutti noi conosciamo? Che dire, signor Presidente, di fronte a questa sua dichiarazione di assoluta resa politica, rispetto all'autorevolezza che lei dovrebbe manifestare nei confronti del Governo nazionale?

Non possiamo che ribadire quello che abbiamo detto nel 2009, nel 2010, nel 2011 e che ribadiamo oggi, e cioè che noi abbiamo tentato di chiederle che lei si mettesse alla testa di un movimento della politica, dell'economia, delle attività sociali della Sardegna, perché venissero garantiti i nostri diritti, e venisse chiusa positivamente una vertenza che consideravamo già conclusa dalla precedente legislatura. Questo non è stato fatto, lei ha ribadito l'appello allo stare uniti che ha caratterizzato il suo intervento anche negli Stati generali del 16 marzo. Il problema è stare uniti su che cosa? Stare uniti sulle vertenze giudiziarie, sulla carta bollata? Ci sembra una caduta di impegno, una caduta anche di obiettivi politici che, sinceramente, ritenevamo potessero essere meglio perseguiti, e raggiungendo sicuramente dei risultati diversi, se solamente si fosse dato ascolto alle tante indicazioni date in questo Consiglio dalla minoranza.

Quanti ordini del giorno del Consiglio abbiamo sottoscritto, signor Presidente? Quante parole abbiamo speso per dire che la vertenza entrate, all'interno della vertenza Sardegna, era l'obiettivo principale e prioritario da conseguire per far sì che la Sardegna potesse avere dalla Regione risposte più puntuali e precise ai bisogni che continuamente emergono dal tessuto sociale della nostra isola?

Adesso le consigliamo, signor Presidente, di non rinchiudersi nell'ambito ristretto di decisioni che attengono solamente ai pronunciamenti della Giunta regionale. Lei ha avuto un incontro con i sindacati, è stato sottoscritto un protocollo di cui abbiamo potuto avere notizia solamente dalla stampa, un protocollo d'intesa con le forze sindacali, non conosciamo a oggi quali possano essere le prospettive del tavolo tecnico, quando e come potrà essere convocato il tavolo politico per affrontare compiutamente i problemi posti anche dalle schede. Stamane l'assessore Solinas proponeva l'aggiunta di un ulteriore scheda, l'ottava, a quelle attualmente presenti sul tavolo tecnico, relativa alla rivisitazione dei problemi legati alla continuità territoriale.

Ma io chiedo con quale peso politico, assessore Solinas, possiamo pensare di inserire ulteriori rivendicazioni, pur giuste, pur opportune e innegabili, all'interno del tavolo con il governo Monti, se il governo Monti non dà nessuna risposta neanche rispetto ai decreti da esso emanati? Stiamo rischiando di ululare al vento, assessore Solinas e presidente Cappellacci. Stiamo continuando a ululare al vento!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, vorrei che il mio intervento esulasse dalla polemica e anche da una ricerca di responsabilità. Le responsabilità sono note, sono nei fatti, quindi è inutile parlarne ancora, parliamo invece del contenuto di questa discussione e di come è nato. Stiamo parlando di vertenza Sardegna, lo dico ai colleghi che stanno in fondo, non so se vi sia sfuggito che non stiamo vivendo un buon tempo, non abbiamo un'occupazione ai massimi storici, la nostra economia è in salute, siamo in una condizione di disastro pressoché certificato. Varrebbe la pena di ricordare che la situazione economica è un disastro per tutti, per tutto il resto del Paese e per molti Paesi dell'Unione europea, sta di fatto che siamo nel disastro.

E noi, Presidente, ci siamo dati un percorso; abbiamo tenuto riunioni a Roma, abbiamo tenuto assemblee con la partecipazione delle parti sociali, del sistema delle imprese, delle autonomie locali in quest'Aula, e questo percorso prevedeva due momenti, che io vorrei ricordare anche ai colleghi perché forse vi sfugge, ma è messa in discussione anche la nostra utilità.

Presidente, noi abbiamo appena tenuto un referendum, che è stato definito anti-casta, secondo me in modo erroneo, che però ha fatto una cosa, vorrei ricordarvelo, ha cancellato le indennità dei consiglieri regionali, e le ha cancellate per un moto di protesta che riguarda la Regione nel suo complesso, ma riguarda anche questo Consiglio. E perché pensiamo che ci sia questo moto di protesta? Perché non riusciamo a risolvere i problemi della nostra Regione e della nostra comunità.

Come dicevo, ci eravamo dati un percorso in base al quale dovevamo agire sul piano istituzionale, legale e politico, senza indugio alcuno, per la realizzazione dei diversi punti che erano stati individuati come i principali della vertenza Sardegna: la partita delle entrate (e lei oggi si è almeno soffermato un poco sugli aspetti di natura giuridica di questa questione), l'avvio del confronto con il Governo sul Patto di stabilità per una più ampia flessibilità di spesa della Regione, difesa e consolidamento del sistema produttivo isolano e vertenza industriale (perchè tutte le industrie stanno chiudendo), continuità territoriale, moratoria delle azioni promosse da Equitalia nei confronti delle imprese sarde in crisi temporanea di liquidità e rimodulazione e operatività degli interventi finanziati con fondi FAS.

Su questi temi, su tutti, noi registriamo un blocco e siccome dovevamo agire sul piano istituzionale legale e politico, senza indugio alcuno, e accompagnare questo nostro agire attraverso…

(Brusio in Aula)

Presidente, per cortesia, dica di andare a chiacchierare fuori dall'Aula! Stiamo parlando di vertenza Sardegna, di persone che stanno male! Si era detto, l'avevamo detto con l'ordine del giorno numero 80, di chiedere la convocazione urgente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un tavolo politico partecipato dagli organi della Regione, e gli organi della Regione sono tre: Presidente, Consiglio regionale e Giunta regionale, dalle rappresentanze istituzionali locali, dal sindacato dei lavoratori e dalle associazioni e organizzazioni di categoria e delle imprese.

Abbiamo detto di agire al fine di promuovere una generale mobilitazione del popolo sardo a sostegno di questa vertenza. Io chiedo a lei Presidente, questo ordine del giorno, che abbiamo scritto insieme e che tutti abbiamo condiviso, vale ancora? L'abbiamo buttato nel cestino? Rinunciamo ad avere una vertenza Sardegna? Si deve continuare a violare questo indirizzo a favore di una gestione quasi personale di questa vertenza che lei stesso oggi ha dichiarato essere fallimentare sul piano dei risultati? Onorevole Fois, noi abbiamo incominciato questo cammino rafforzandolo attraverso l'azione che si è sviluppata nella Commissione bilancio con l'esame della legge finanziaria.

Non vale più, e tutto quello che ci siamo detti ce lo siamo detti per scherzare? Noi l'abbiamo preso sul serio! L'avevano preso sul serio anche i sardi! Non bastano le pagine di giornale che gridano al successo, anche quando abbiamo un insuccesso, perché non servono neppure ai proprietari di quel giornale! Perché se noi vivremo ancora questo disastro progressivo della nostra economia nessuno ne avrà un vantaggio! Noi siamo in quest'Aula per dire: seguiamo il percorso che ci siamo dati, riprendiamo un cammino, cerchiamo di essere leali, almeno sul piano istituzionale, facciamo una cernita delle cose che possiamo risolvere, quelle che possiamo risolvere in Sardegna e quelle che devono essere risolte a Roma oppure a Bruxelles, e recuperiamo autorevolezza all'istituzione pubblica, anche alla nostra funzione politica di rappresentanza che non si recupera demolendo tutto, si recupera anche e soprattutto costruendo qualcosa! Noi viviamo una stagione nella quale ciò che pesa di più è la rincorsa a distruggere l'esistente, senza alternative, si dice che poi ci penseremo, e il poi non arriva mai!

Quante volte abbiamo incontrato lavoratori, operai dell'industria e ci siamo spesi proprio per loro, per le loro famiglie? Io credo che bisogna avere una sorta di scatto di orgoglio, facciamo il nostro dovere fino in fondo, riprendiamo questi punti, si faccia quello che c'è scritto e, probabilmente, supereremo anche molte delle incomprensioni presenti all'interno delle istituzioni regionali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Spiace parlare in un'Aula semideserta e distratta, nonostante l'importanza dell'argomento, perché oggi non parliamo solo della vertenza entrate, parliamo della vertenza Sardegna quale abbiamo configurato nell'ordine del giorno che è stato testé richiamato dall'onorevole Uras.

Questo ordine del giorno ha evidenziato solo la punta dell'iceberg, perché sappiamo tutti che la situazione è molto più grave, sappiamo tutti dello stato di sofferenza, sappiamo tutti che ci sono decine e centinaia di sardi privi di lavoro e che rischiano di perdere il posto di lavoro. Quindi è una situazione estremamente delicata che avrebbe richiesto l'attenzione, la presenza, l'impegno e l'apporto costruttivo di tutti.

Purtroppo questo non è avvenuto, non è avvenuto con gli assenti, non è avvenuto con i distratti, non è avvenuto con taluni discorsi che, fermo rimanendo le eventuali critiche sulla gestione della vertenza Sardegna, hanno esteso le critiche in modo più globale all'attività della maggioranza affermando che vi è mancanza di idee, mancanza di programmi e quant'altro. Questo è facilmente smentibile perché i programmi esistono, le idee esistono, per quanto riguarda il nostro Gruppo più volte in quest'Aula ho esposto una serie di obiettivi, una serie di programmi.

E' ben vero che in questa ipotesi bisogna dare atto, perché bisogna essere onesti, che la maggioranza è in difetto di celerità nel portare avanti tutti programmi e tutte le idee, magari perché si è attardata a giocare a golf e cose simili che forse sarebbe stato meglio evitare. Questo è vero, bisogna darne atto con onestà, però ciò non toglie che il programma c'è, ciò non toglie che questa maggioranza deve impegnarsi e individuare all'interno del programma quei tre, quattro, cinque punti essenziali e portarli a compimento in tempi brevi, se la maggioranza c'è questo deve essere fatto!

Detto questo, per quanto riguarda la vertenza Sardegna le novità attengono più che altro a quello specifico e limitato settore che attiene alla vertenza entrate. Abbiamo i due recenti pronunciamenti della Corte costituzionale. Ritengo che tutti abbiate letto le sentenze, la numero 99 e la 118, che hanno affermato i principi che il Gruppo dell' U.D.C. ha affermato in quest'Aula dal primo giorno. Ricordo che, contrariamente a quanto affermato da taluno, se non sbaglio l'onorevole Espa, non è vero invece che il P.D. abbia sempre affermato che non servivano norme di attuazione. Basta riprendere il Documento annuale di programmazione economico finanziaria 2008 per leggere espressamente che si concluderà l'attività propedeutica all'entrata in vigore del nuovo regime che comporterà l'elaborazione di proposte per l'aggiornamento delle norme di attuazione.

La richiesta delle norme di attuazione proveniva dalla precedente maggioranza, ed è una richiesta che ha fatto sì che il problema non fosse risolto immediatamente dopo l'approvazione delle norme di legge. Va detto che anche noi in questi tre anni effettivamente, così come la precedente maggioranza, non abbiamo risolto questo problema, quindi non è che dicendo queste cose risolviamo qualcosa, è solo per puntiglio. Ricordo infatti che i primi in quest'Aula a parlare di non necessità di norme di attuazione siamo stati noi con un documento firmato dall'onorevole Capelli, in quel momento nostro Capogruppo, e da tutti i componenti dell'U.D.C., in cui dicevamo che le norme di attuazione non servivano e che si poteva agire immediatamente; e dicevamo anche che il Patto di stabilità andava adeguato in automatico.

Prendiamo atto quindi con soddisfazione delle pronunce della Corte costituzionale ma, detto questo, il problema non lo abbiamo risolto e quindi siamo punto e da capo e dobbiamo continuare a combattere. Per la verità nel corso degli incontri l'onorevole La Spisa ci aveva preannunciato, quando firmammo l'ordine del giorno, che per la definizione delle norme di attuazione sarebbero stati necessari circa dieci, quindici giorni; evidentemente sono sopraggiunte ulteriori difficoltà di cui non siamo a conoscenza; fatto sta che in questa situazione l'unica via per far sentire la voce dei sardi è quella dell'ordine del giorno.

In quest'Aula è stata chiesta l'unità di tutte le forze politiche, questa unità ha trovato sintesi in quell'ordine del giorno, questa unità la salvaguardiamo e la utilizziamo in maniera proficua se la portiamo avanti nelle forme che abbiamo deciso e stabilito. In presenza di problemi così rilevanti, di problemi così gravi, non possiamo perderci dietro le chiacchiere, non possiamo continuare a rincorrerci ripetendoci sempre le stesse cose, bisogna che all'esito di questo confronto, di questa riunione, conseguente alla ritenuta necessità da parte del Presidente di informarci sull'evoluzione della controversia con il Governo Monti, si prenda in mano la situazione e si capisca che solo mobilitando le forze sociali, insieme con il Presidente della Regione, con la Giunta e con il Consiglio regionale, si può far valere a Roma una voce che pesi.

Noi abbiamo avuto l'esperienza del Governo Berlusconi, e in particolare dei ministri Tremonti e Calderoli, che è stata estremamente negativa, auspichiamo che il Governo Monti non abbia uguale atteggiamento; è ben vero, come ha ricordato l'onorevole Gian Valerio Sanna e come abbiamo detto in precedenti occasioni, che potrebbe esserci una difficoltà da parte del Governo a onorare con immediatezza gli impegni assunti, ma questa difficoltà deve essere rappresentata con lealtà, senza nascondersi e senza frapporre difficoltà giuridiche inesistenti per il riconoscimento dei diritti della Sardegna.

Ricordo che la Sardegna vanta storicamente delle richieste nei confronti dello Stato nazionale; Stato nazionale che, ricordo, è nato dal Regno di Sardegna, visto che la Repubblica italiana è un successore del Regno di Sardegna nato dall'unione con il Piemonte alla quale noi siamo addivenuti con una richiesta di sviluppo e di progresso ma, in luogo di rispondere a questa domandasi sono verificati ulteriori episodi a detrimento della Sardegna, da qui la rivendicazione storica di ottenere quanto dovuto moralmente alla Sardegna dallo Stato italiano.

Un riscontro di questa rivendicazione lo troviamo anche nello Statuto nella approvazione della norma sul Piano di rinascita; norma che deve essere letta non staticamente, nel senso che il Governo per una volta finanzia un piano di rinascita e si chiude lì, chi si è visto si è visto, ma dinamicamente, nel senso che vi è affermato l'obbligo dello Stato italiano di concorrere allo sviluppo della regione Sardegna, e ciò al di là delle deleterie norme di legge sul federalismo fiscale e quant'altro. Il Governo si faccia, se ritiene, il federalismo fiscale, ma rispetti gli impegni e gli obblighi che ha nei confronti della Sardegna, questa è la rivendicazione.

Ma, così come fare le riforme non vuol dire risolvere problemi, ottenere il riconoscimento dei diritti, ottenere l'attribuzione delle somme di quanto ci spetta - quanto è questa somma poi è abbastanza incerto, perché se noi partiamo dal 2007 ad oggi, vediamo che c'è una curva che oggi sale e domani scende, perché partiamo da una quantificazione iniziale di 1 miliardo e 100 per arrivare poi al massimo apice, al netto di sanità e quant'altro, di 2 miliardi e 200 e poi ridiscendere in questi bilanci, quindi per la verità quali siano le somme effettivamente spettanti a oggi non lo possiamo sapere, vedremo a consuntivo quali erano i calcoli che risulteranno esatti - ottenere le risorse, dicevo, non vuol dire ancora avere risolto i problemi, vuol dire solo ed esclusivamente porre i presupposti per risolverli: bisogna lavorare, bisogna che questa maggioranza dimostri di essere presente e lavori concretamente ed effettivamente, coinvolgendo per quanto possibile le forze dell'opposizione.

Ringrazio i pochi che mi hanno ascoltato.

PRESIDENTE. Comunico all'Aula che la consigliera Rosanna Floris ha chiesto congedo per la seduta pomeridiana. Poichè non vi sono opposizioni il congedo si intende accordato. Comunico inoltre che la consigliera Zuncheddu è rientrata dal congedo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Devo dire, per la verità, che essendo il primo firmatario dell'ordine del giorno numero 76, del 14 febbraio, approvato dopo una lunghissima discussione durata qualche giorno, ne conosco quanto meno il contenuto e i presupposti.

Il Presidente della Regione viene in Aula per fare un report della situazione, così come eravamo rimasti d'intesa, per riferire sull'evolversi della vertenza Sardegna relativamente all'articolo 8, ai tavoli tematici, al tavolo politico, l tavolo tecnico, e a tutta un'altra serie di cose contenute nell'ordine del giorno e su altre che non sono invece neanche contenute nell'ordine del giorno ma rientrano nel quadro più ampio della vertenza Sardegna.

Attenersi esattamente all'ordine del giorno sarebbe dimostrare per l'ennesima volta che gli ordini del giorno non servono a nulla; il Presidente ha riferito strettamente sull'ordine del giorno però in quest'Aula siamo andati un attimo oltre, legittimo, ci mancherebbe altro, però io che sono il primo firmatario ho ascoltato il Presidente della Regione e mi sono fatto un'idea su che tipo di situazione abbiamo davanti.

Non cerco in questa sede soluzioni tecniche o, per esempio, indicazioni su come spendere le eventuali risorse che ci deriveranno dall'applicazione dell'articolo 8, non è argomento oggi in discussione. A me oggi interessa capire che quadro di riferimento abbiamo alla luce di quell'ordine del giorno, che quadro di riferimento abbiamo alla luce del fatto che è cambiato il Governo.

Colleghi, sono passati esattamente tre mesi e due giorni dal giorno in cui abbiamo firmato questo ordine del giorno, c'è un nuovo Governo, c'è una situazione che per certi versi è peggiorata rispetto a quella esistente con il precedente Governo, c'è un Governo che non rispetta assolutamente alcun tipo di accordo politico antecedente al suo insediamento, e non mi pare che abbia neanche granché voglia di rispettare eventuali pregressi accordi conclusi col Governo Prodi e col Governo Berlusconi, non mi pare che ci troviamo in questa situazione.

Quindi, quando il Presidente della Regione dice "io mi debbo rivolgere necessariamente alla magistratura", che sia ordinaria, che sia amministrativa, qualunque essa sia questa è la situazione nella quale ci troviamo.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue DIANA MARIO.) L'ordine del giorno peraltro parlava non solo dell'articolo 8 ma anche di altre problematiche; invitava per esempio a richiedere "l'avvio immediato dei confronti tematici sugli argomenti esaminati in sede di incontro con il Governo con specifico riferimento a…". Credo, Presidente, che i tavoli tematici si siano insediati e stiano, pur con grande difficoltà, operando. Altro tema: Patto di stabilità, un argomento vecchio, antico sul quale moltissime amministrazione ormai sono entrate in rotta di collisione con lo Stato e con il Governo. Mi risulta che il Comune di Torino, per esempio, guidato da un autorevole sindaco italiano, abbia deciso di non rispettare il Patto di stabilità; non sto parlando di un sindaco di centrodestra, sto parlando di un sindaco di centrosinistra, anzi di sinistra-centro, cioè dell'onorevole Fassino. Non sta rispettando il Patto di stabilità e come lui si stanno comportando altri autorevolissimi sindaci.

Se c'è questa necessità di mettersi contro lo Stato da parte dei sindaci figuriamoci se non c'è la necessità che noi ci poniamo come controparte, con toni certamente molto alti, nei confronti dello Stato; ma questo serve a dare responsabilità al Presidente della Regione piuttosto che alla maggioranza che c'è o non c'è… Ha ragione l'onorevole Steri quando dice che la maggioranza spesso è assente, ma non è assente solo la maggioranza perché si può essere anche presenti ma, contemporaneamente, essere molto più assenti.

(Brusio in Aula)

Non se ne abbiano a male i colleghi del centrosinistra, io sono in quest'Aula da tre legislature, credo di poter dire le cose che sto dicendo. E non le dico per offendere qualcuno, dico solo che probabilmente l'appello rivolto dal Presidente della Regione stasera, al termine del suo intervento, è un atto doveroso nei confronti del Consiglio; non si può banalizzare il tutto facendo la storia, come ha fatto l'onorevole Bruno, di ciò che è accaduto nella legislatura Soru. Mi dispiace che non sia presente: è tempo di finirla. Quei tempi sono passati, ci siamo noi sotto accusa, siamo noi i responsabili per la gente che sta fuori.

Mi è piaciuto molto il passaggio che ha fatto l'onorevole Uras, piacerebbe anche a me fare passaggi di quel genere in questa Aula ma non è questo il momento. Quando sarà il momento li farò anch'io e così cercheremo di capire qual è la casta sotto inchiesta. Perché la gente ce l'ha con la casta? Sarà proprio vero che la gente ce l'ha con la casta? Può anche darsi.

Noi stiamo cercando comunque di lavorare con grande impegno, io dico grande impegno ma non so, presidente Cappellacci, se l'impegno sia sufficiente arrivati a questo punto, probabilmente c'è necessità d'altro perché se non risolviamo nessuno dei problemi che quest'ordine del giorno, votato all'unanimità, poneva, qualcosa ci sta sfuggendo.

Non è assolutamente possibile, il mondo economico e finanziario isolano è in subbuglio, le parti sociali sono in subbuglio e noi dobbiamo marcare differenze, per cercare di salvarci, cercare di fare ragionamenti arrampicandoci spesso e volentieri anche sugli specchi. E nella stragrande maggioranza delle circostanze non riusciamo a dare delle risposte.

Non si può dire che questa è responsabilità del presidente Cappellacci ed escludersi, non ci si deve escludere. Se vogliamo salvare la famosa casta ci dobbiamo stare tutti quanti in mezzo e tutti quanti dobbiamo assumere un grado di responsabilità, che credo che sia assolutamente necessario in questo momento, perché altrimenti…

PORCU (P.D.). Presti attenzione al suo Gruppo.

DIANA MARIO (P.d.L.). Io presto attenzione al mio Gruppo nella misura in cui lei dovrebbe limitare lo sguardo verso il suo Gruppo. Onorevole Porcu, io non l'ho mai interrotta e siccome sono anche pestilenziale, quando voglio, la prego di non interrompermi più. Io sto facendo un ragionamento che serve a noi prima che a coloro che stanno fuori, ma se non aiutiamo noi stessi, se non aiutiamo questa istituzione noi fuori non otteniamo alcun risultato; possono promuovere centomila referendum e passano tutti in nome di una cosa sola: la nostra faccia, quella di chi sta in quest'Aula. Non guardano altro. I Grillini, saremo sommersi dai Grillini; vogliamo questo? Se è questo che vogliamo va detto chiaramente. Io dico che prima di arrivare a quel punto sarebbe necessario (l'onorevole Steri sostiene che occorri vederci, sederci e lavorare ancora di più) fermarci tutti un attimo.

Io parlo per la parte della maggioranza che ancora riesco a rappresentare, gli altri parleranno per la loro maggioranza e voi potete tranquillamente parlare delle vostre minoranze. Tutti siamo impegnati, è una situazione insostenibile e non è insostenibile perché il presidente Cappellacci non ottiene risultati a Roma, è insostenibile perché è il sistema, che è cambiato, insostenibile. C'è infatti un Governo che è asservito al Governo tedesco, e bisogna dirlo, non bisogna aver paura di dire questo, presidente Cappellacci. Sui tavoli bisogna battere i pugni e bisogna farlo una volta per tutte. Prima l'accordo era con Sarkozy, adesso ha già stretto un bel connubio con il nuovo Presidente francese e il nostro Presidente non fa altro che "pellegrinare" in giro, lo diremo domani quando discuteremo la mozione su E.ON, per cercare ingenti finanziamenti nel mondo asiatico salvo poi bloccare i finanziamenti in questa terra. Ma si può andare avanti così? Ma si può sopportare una situazione di questo genere? Io credo che non sia più possibile.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Io chiedo scusa al Presidente della Regione perché ho avuto modo di assistere solo ad una parte della sua comunicazione, ho cercato di recuperare la parte che mi è mancata dalle agenzie di stampa. Quindi chiedo scusa per eventuali imperfezioni.

Presidente, vorrei dire, nel giudicare la comunicazione che lei ha offerto a questa Aula, che forse non per volontà sua non ci ha detto granché e ha rappresentato una situazione poverella. E' difficile sulla base delle comunicazioni che lei ha rilasciato a quest'Aula, se lo stato del confronto è quello che lei ci ha rappresentato, e non ne dubito, per carità, costruire un futuro con una prospettiva positiva per quest'Isola.

Anch'io non interrompo mai nessuno, non è mia abitudine per tante ragioni, lo dico al collega Diana, ognuno si assuma la responsabilità che gli compete, ma certamente assistere a un dibattito, che avrebbe dovuto avere un tono diverso, con queste presenze, con questa distrazione, è davvero triste. E' triste e non aiuta a trasmettere un'immagine della politica e delle istituzioni o, meglio, dei partiti e delle istituzioni diversa rispetto a quella che è in forte crisi nel rapporto di fiducia con i cittadini, con i nostri rappresentati. E non voglio fare nessun riferimento al recente responso ottenuto dei quesiti referendari.

Io aspettavo, presidente Cappellacci, le sue dichiarazioni proprio perché sono convinto, onorevole Diana, che le comunicazioni del Presidente dovessero attenersi al dettato dell'ultimo ordine del giorno approvato all'unanimità da questo Consiglio regionale che richiamava per intero l'ordine del giorno precedente votato, sempre all'unanimità, da questo Consiglio regionale. E tra gli impegni contenuti nei due ordini del giorno c'era anche, guarda caso, l'impegno-dovere della Giunta regionale, del Presidente, di informare costantemente il Consiglio regionale.

Una informazione richiesta non perché siamo affetti, Presidente, da libidine di curiosità (non ce ne frega nulla), ma perché si doveva in qualche misura tentare di modificare il metodo di condivisione o, se volete, di partecipazione del Consiglio al confronto che la Giunta ha da tempo con questo Governo oggi e con quello precedente, non voglio esprimere per ora giudizi.

Io mi aspettavo, pertanto, presidente Cappellacci, una relazione dettagliata sulle entrate, sulla vertenza industriale, sul Patto di stabilità, sulla continuità territoriale, sulla rimodulazione dei fondi FAS, perché di questo abbiamo parlato, onorevole Diana, in quegli ordini del giorno; e su questo io ricordo anche l'intervento del Presidente del Consiglio in quest'Aula, quando ha relazionato, mi è sembrato di capire tutto sommato con la soddisfazione di tutti i Gruppi, al Presidente della Repubblica la condizione in cui versa quest'isola, in particolare sul versante socio-economico.

In quel periodo abbiamo iniziato a tracciare un percorso, seppure con differenze di responsabilità sensibili, che non abbiamo voluto confondere allora e tantomeno vogliamo confondere oggi, tra maggioranza e opposizione, tra chi ha un ruolo esecutivo e chi ha una funzione legislativa in questa'Aula; senza confondere nulla, perché confondere questi ruoli alimenta quel clima di antipolitica che purtroppo diventa anche anti-istituzioni, e su questo dovremmo stare molto attenti.

Detto questo, io non comprendo, Presidente, perché lei non abbia voluto oggi - forse lo dava per scontato, magari ha anche ragione - offrire a quest'Aula un dettaglio maggiore sullo stato del confronto col Governo sulla vertenza Sardegna. Ora, lei annuncia azioni legali per il riconoscimento delle nostre ragioni. Per carità, diventa difficile, in particolare per il sottoscritto e per il Partito Democratico in Consiglio regionale, dire che questa è una sciocchezza. Sono anni che stiamo sollecitando il Presidente a mettere in essere anche le azioni legali per pretendere il riconoscimento dei nostri diritti, ovviamente non lo facciamo oggi.

Presidente, però, c'è una differenza che vorrei fosse colta - lo dico anche ai colleghi che continuano a chiacchierare, a passeggiare, sembriamo nel boulevard parigino, o in quello di Vallermosa, e diventa complicato discutere - quindi se lei ha deciso con la Giunta di avviare un'azione legale confermo quanto ho detto: non posso dirle di no, però glielo chiedo quasi mestamente, ma non per questo sono meno convinto, vorrei capire, quando lei dichiara di essere costretto ad avviare azioni legali perché sono venute meno le condizioni politiche del confronto, è venuto meno il tavolo politico, se questo venir meno delle condizioni politiche lei lo riferisce esclusivamente al rapporto tra Giunta e Governo, oppure si riferisce, indipendentemente dalla sua volontà, per carità, al fatto che lei oggi, per le ragioni più disparate, e non c'è il tempo per enunciarne nemmeno alcune, non rappresenta la sintesi politica di ciò che abbiamo attivato nei mesi scorsi.

Io vorrei capire che cosa intende per venir meno delle condizioni del tavolo politico. Tra l'altro, una delle richieste avanzate nella Assemblea degli Stati generali, in tutte le occasioni, in quegli ordini del giorno, è stata l'attivazione di un tavolo politico col Presidente del Consiglio dei ministri, e abbiamo anche detto, nulla di personale, Presidente, che sarebbe stato importante, anzi vitale, che quel tavolo politico vedesse la partecipazione non soltanto dell'Esecutivo regionale, ma una partecipazione ben più ampia.

Lei oggi, senza sentire i soggetti, che hanno chiesto attraverso quegli ordini del giorno di attivare quel tavolo politico, ci sta comunicando per una scelta sua, per un giudizio suo, per una conclusione sua, solitaria, che non ci sono più quelle condizioni politiche. Chi l'ha stabilito? Noi abbiamo partecipato a quella fase propedeutica e non siamo stati messi nelle condizioni di valutare se non ci sono quelle condizioni politiche, perché io mi rifiuto. Ha ragione, presidente Cappellacci, questo è un Governo che ha un sostegno in Parlamento ben più ampio di quello che aveva il precedente Presidente del Consiglio dei ministri.

Sta scadendo il tempo. Io le chiedo questo, Presidente, per semplificare, l'onorevole Gian Valerio Sanna oggi, e qualche mese fa lo ha fatto il presidente Soru…

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato. Poiché non vi sono altri iscritti a parlare, ha facoltà di replicare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Onorevole Diana, forse se avesse letto il mio intervento, avrebbe fatto un intervento adeguato, ovverosia in linea con quello che ho detto, impiegando al meglio le sue forze e i suoi sforzi; ma io non sono in grado di risponderle perché pone quesiti su cose che non ho detto. Quindi, abbia pazienza, non terrò conto di ciò che ha detto.

Ho ascoltato tutti con attenzione, e tutte le volte che ho l'opportunità di ascoltare i vostri contributi lo faccio, come oggi, con sincero spirito per trarre spunti positivi. Mi piace sottolineare la proposta avanzata dall'onorevole Gian Valerio Sanna; in realtà sui tavoli tecnici l'ipotesi dell'intesa sull'adempimento, chiamiamo così, intendendo per adempimento la liquidazione del dovuto, è stata più volte affacciata e, proprio perché siamo consapevoli della situazione di particolare difficoltà che sta vivendo la finanza pubblica, con senso di responsabilità e con il massimo della concretezza e del pragmatismo siamo disponibili ad affrontare qualunque tipo di ipotesi.

La sua proposta, onorevole Sanna, credo offra uno spunto importante, interessante per poter far seguire, a quella comunicazione della quale vi ho parlato, un'ipotesi concreta ovviamente riferita alle modalità di liquidazione; è una cosa differente, invece, l'aspetto relativo alla scelta di destinazione delle somme, perché credo non sfugga a nessuno che l'impostazione che abbiamo dato, continuo a ripeterlo, è quella di aver riportato in bilancio esattamente il dovuto. Evidentemente, riportando in bilancio esattamente il dovuto abbiamo, anche insieme col risultato finale delle leggi di bilancio, destinato le somme, non abbiamo pertanto somme da destinare. In ogni caso, credo che questo sia uno spunto assolutamente utile, ed è quindi opportuno tenerne conto.

Con riferimento invece ad altre affermazioni che sono state fatte circa i tempi del ricorso, l'opportunità del medesimo e quant'altro, e anche con riferimento all'eventuale azione solitaria della Giunta nelle azioni legali, invito tutti a voler rileggere l'ordine del giorno. Rileggendolo non sfuggirà a nessuno che uno dei punti era proprio quello delle azioni legali, e quindi credo che la Giunta abbia fatto esattamente il suo dovere, abbia fatto quello che avrebbe dovuto fare, ma l'ha fatto sulla base di un mandato, quindi in perfetto e scrupoloso adempimento di quel mandato che il Consiglio le aveva assicurato.

Infine, è stato detto di far sapere entro quanti giorni si provvederà, o quanti giorni si daranno al Governo prima della messa in mora dello stesso. Probabilmente mi sono espresso male, o forse chi l'ha detto era distratto quando ho parlato: non c'è neanche un giorno da concedere, ho detto che l'azione viene immediatamente avviata, così come viene immediatamente sollecitato, cosa che ho fatto perché ho firmato le lettere durante il dibattito, il Presidente Monti e sensibilizzato il Presidente Napolitano a voler attivarsi prima che quelle azioni, che vengono avviate contestualmente, svolgano il loro corso portandoci verso quello scenario giudiziario di fallimento della politica, invece di ed essere ricondotte nell'alveo della corretta e leale collaborazione istituzionale e delle soluzioni politiche.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. E' stato presentato un ordine del giorno. Sospendo la seduta al fine di consentire la distribuzione dell'ordine del giorno ai consiglieri.

(La seduta, sospesa alle ore 19 e 02, viene ripresa alle ore 19 e 10.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. Si dia lettura dell'ordine del giorno.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 1:

Ordine Del Giorno Uras - Cugusi - Cocco Daniele Secondo - Zuncheddu sullo stato di attuazione della vertenza Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione della discussione sulle comunicazioni del Presidente della Regione sullo stato della vertenza Sardegna

riafferma la volontà

- di promuovere la generale mobilitazione del popolo sardo a sostegno della soluzione delle problematiche individuate nell'ordine del giorno n. 76 dello scorso 14 febbraio 2012 approvato a larghissima maggioranza dall'Assemblea;

- di dare mandato al Presidente della Regione perché sia convocato con urgenza il tavolo di confronto Stato-Regione col Presidente del Consiglio dei Ministri e con l'attiva partecipazione di tutti gli organi della Regione, (Consiglio, Giunta, Presidente) delle Organizzazioni sindacali e delle Associazioni delle imprese,

e impegna la Giunta regionale

a fornire al Consiglio ogni elemento documentale in suo possesso relativo allo stato delle attività dei tavoli tecnici-tematici promossi in sede ministeriale. (1) )

PRESIDENTE. Per esprimere il parere sull'ordine del giorno numero 1, ha facoltà di parlare il Presidente della Regione

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Mi spiace dover rilevare che le richieste avanzate nella parte espositiva, laddove si dice "di dare mandato al Presidente della Regione perché sia convocato con urgenza il tavolo di confronto Stato-Regione…", richieste peraltro reiterate anche questa sera, attengono ad azioni già poste in essere, quindi le ritengo superate.

Con riferimento invece agli elementi documentali in possesso della Giunta relativi allo stato delle attività dei tavoli tecnici-tematici promossi in sede ministeriale, i documenti sono le schede che sono state sottoposte, non mi risulta che ci siano ulteriori documenti a parte forse il verbale delle riunioni. Devo dire, onestamente, che non riesco a dare un'interpretazione compiuta, quindi non vorrei ci fossero equivoci.

PRESIDENTE. Presidente, esprime pertanto un parere negativo?

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Sì.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 1.

Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io voterò a favore. Mi permetto, prima di svolgere la mia dichiarazione, di sottolineare come nel sito si dica erroneamente che l'ordine del giorno numero 80 attiene alla necessità di sostenere il sistema ippico in Sardegna, mentre sappiamo che il tema è la vertenza Sardegna.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Uras, l'ordine del giorno è il numero 76, non è il numero 80.

URAS (Gruppo Misto). No, il numero 80 che è del 21 marzo 2012 ha riconfermato il numero 76, e dice esattamente: "A conclusione della discussione convocata in attuazione dell'ordine del giorno numero 76 del 14 febbraio…", mentre questo ordine del giorno in votazione, riporta esattamente il contenuto, che era stato sottoscritto e condiviso col Presidente, dell'ordine del giorno numero 80.

Presidente, poiché ha citato i tavoli tematici e l'interlocuzione in atto, noi abbiamo pensato che chi va a rappresentarci in quella sede, si porti almeno una cartella, abbia un'istruttoria fatta, abbia documenti. Io mi sono stupito francamente. Dare un parere negativo su un contenuto che è stato unanimemente votato e che lei ha condiviso, e sollevare un problema su una documentazione che io mi auguravo ci fosse e che invece lei mi dice che non c'è, allora vuol dire che proprio ci dobbiamo rassegnare. Ci arrendiamo!

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Non capisco quale sia la documentazione, non ho detto che non c'è.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io non l'ho precisato perché non partecipando ai tavoli, non so quale possa essere!

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, io vorrei chiederle, forse forzando anche il Regolamento consiliare, visto lo stato della discussione, una breve sospensione al fine di poter valutare diversamente le conclusioni del dibattito.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 19 e 15, viene ripresa alle ore 19 e 46.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. Prego i colleghi di prendere posto.

Comunico che l'ordine del giorno numero 1 è stato ritirato. E' stato presentato l'ordine del giorno numero 2.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 2:

Ordine Del Giorno Giampaolo Diana - Uras - Salis - Capelli - Espa - Porcu - Bruno - Ben Amara - Barracciu - Solinas Antonio - Sabatini - Zuncheddu sullo stato di attuazione della vertenza Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione della discussione sulle comunicazioni del Presidente della Regione sullo stato della vertenza Sardegna,

PRESO ATTO che con riferimento a quanto indicato nell'ordine del giorno n. 76 del 14 febbraio 2012 nulla è stato concretamente raggiunto in particolare a riguardo della effettiva ed integrale applicazione dell'articolo 8 novellato, sull'adeguamento del livello di spesa fissato dal patto di stabilità e sugli altri temi riguardanti la vertenza Sardegna: crisi del sistema industriale e produttivo isolano, continuità territoriale aerea e marittima, moratoria Equitalia, rimodulazione dei fondi FAS

VERIFICATA

la mancata mobilitazione del popolo sardo a sostegno della soluzione delle problematiche individuate nell'ordine del giorno n. 76 dello scorso 14 febbraio 2012 approvato a larghissima maggioranza dall'Assemblea;

CENSURA

il Presidente della Regione e lo invita a prendere atto del fallimento finora registrato nella conduzione della fondamentale vertenza entrate e della più generale vertenza Sardegna nei confronti dello Stato. (2) )

PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 2.

Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, io…

(Brusio in aula)

C'è una dichiarazione di voto. No, ho capito…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

URAS (Gruppo Misto). Da come ha letto l'ordine del giorno il Segretario si ha la dimensione esatta di quanto ci rispettiamo, perché ci dobbiamo rispettare prima noi, poi chiediamo il rispetto agli altri. Io non ho fatto un intervento violento, di attacco, di censura, al Presidente della Regione ho detto: "Prendiamo atto che non ci siamo riusciti e ricominciamo da capo" e questo è stato ritenuto offensivo dai grandi strateghi che stanno a fianco del Presidente e dallo stesso Presidente.

Il risultato è che adesso proponiamo un ordine del giorno di censura del suo comportamento, Presidente, e dichiariamo il fallimento di tutta quella partita, di tutta quella grande manifestazione che abbiamo promosso, lei in testa. L'unità se la ricorda? Le riunioni con i parlamentari, tutte queste cose, tutto fuffa! Fuffa! Questo è il grande risultato! Noi non ci rispettiamo, quindi non ci rispetteranno; ma avremmo avuto il dovere di dare un'immagine diversa dell'istituzione pubblica, non rispetteranno noi, non rispetteranno l'istituzione pubblica ed è in questo modo che si scrive il destino anche di una democrazia. Qualcuno penserà che godrà meglio fuori dagli ambiti di una cultura democratica; io non auguro a nessuno di pagarne le conseguenze che noi stiamo richiamando con questo tipo di comportamento. Voterò a favore.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Porcu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.)., Presidente, intervengo per dichiarare che voterò a favore di questo ordine del giorno e per sottolineare un aspetto politico che ho già voluto evidenziare nel mio precedente intervento. La battaglia con lo Stato non la vinceremo con le carte bollate; richiede una grande mobilitazione, non è soltanto una partita tra avvocati e, pertanto, io mi sono permesso nel mio intervento di sottolineare la solitudine di questo Presidente, la solitudine innanzitutto rispetto alla sua maggioranza che, come si è ben evidenziato nel dibattito, non è intervenuta in massa ad appoggiarlo e a spiegarne le ragioni.

Questo l'ha fatto soltanto l'onorevole Diana, e non me ne dolga, onorevole Diana, se l'ho invitata a rivolgersi al suo Gruppo; ha parlato da Capogruppo del partito più grande per onor di firma, ma non si vince la battaglia con lo Stato per onor di firma, la si vince con una grande mobilitazione e un coinvolgimento; un coinvolgimento che non può essere, come spesso purtroppo fa il Presidente, richiesto a posteriori, per cui ci chiede di appoggiarlo a prescindere.

Il coinvolgimento deve avvenire in ogni passaggio di questo dibattito, in ogni passaggio del tavolo con lo Stato, facendo capire che dietro il Presidente c'è l'intera società sarda. Questa è una critica che abbiamo rivolto ed è per questo che, nonostante i tentativi, le aperture, la discussione franca che si è verificata in quest'Aula, noi non possiamo fare altro in questa circostanza che censurare il Presidente per chiarire e distinguere le responsabilità. Poi se ci sarà modo e volontà di recuperare l'unità del Consiglio che avete voluto rompere vedremo, ma le responsabilità sono distinte.

C'è una responsabilità di chi guida e di chi è in maggioranza e c'è una responsabilità di chi è in minoranza e che ha certamente denunciato questo stato di cose dal primo giorno, dall'alba di questa legislatura, e cioè l'importanza di adeguare le entrate, l'importanza di non passare per le norme di attuazione, l'importanza di alzare subito la voce con lo Stato. Non ci siete riusciti, vi chiediamo di prenderne atto. Se avrete la forza ripartite e, su un terreno diverso, noi siamo anche pronti a discutere di nuovo nel merito.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro domanda di parlare sull'ordine del giorno numero 2, lo metto in votazione.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'ordine del giorno numero 2.

(Segue la votazione)

Prendo atto che il consigliere Salis ha votato a favore.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Mariani - Moriconi - Porcu - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Uras - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Amadu - Artizzu - Biancareddu - Campus - Cappai - Cappellacci - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccureddu - Dedoni - Dessi' - Diana Mario - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Steri - Stochino - Tocco - Vargiu.

Si è astenuta: la Presidente Lombardo.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 61

votanti 60

astenuti 1

maggioranza 31

favorevoli 22

contrari 38

(Il Consiglio non approva).

Comunico che la Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha deciso che la mozione numero 181, abbinata all'interpellanza numero 332, verrà discussa domani mattina alla presenza dell'Assessore dell'industria. Passiamo al successivo punto dell'ordine del giorno che prevede l'esame del testo unificato numero 343-354 (II)/A.

Questione sospensiva ai sensi dell'articolo 86 del Regolamento

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, vorrei proporre all'Aula, poiché mi sembra che sia stata raggiunta un'intesa in tal senso anche tra i Presidenti di Gruppo, di rinviare il testo unificato numero 343-354(II)/A all'esame della Commissione.

Alla luce degli ultimi eventi referendari credo sia necessario riprendere e approfondire questo testo sul riordino degli enti locali e in particolar modo per quanto attiene alle province.

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha posto una questione sospensiva sulla quale è possibile che intervenga un oratore per Gruppo.

Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, concordiamo sulla proposta del consigliere Capelli di rinvio del testo in Commissione.

PRESIDENTE. Ricordo che quando il Regolamento prevede espressamente la votazione per alzata di mano non si può chiedere il voto elettronico.

Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Mi esprimo a favore del rinvio in Commissione del testo unificato.

PRESIDENTE. Metto in votazione la proposta del consigliere Capelli. Chi la approva alzi la mano.

(E' approvata)

Il Consiglio è riconvocato domani, giovedì 17 maggio, alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 19 e 55.