Seduta n.163 del 18/11/2010
CLXIII Seduta
Giovedì 18 Novembre 2010
(POMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
INDICE
La seduta è aperta alle ore 16 e 37.
DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana dell'11 novembre 2010 (156), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Daniele Secondo Cocco, Giampaolo Diana, Giorgio Locci, Sergio Obinu, Matteo Sanna, Adriano Salis, Paolo Terzo Sanna, Carlo Sechi, Christian Solinas, Edoardo Tocco e Pierpaolo Vargiu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 18 novembre 2010.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di disegno di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:
"Rettifica della legge regionale 10 agosto 2010, n. 14, e disposizioni varie." (224)
(Pervenuto il 17 novembre 2010 e assegnato alla terza Commissione.)
Considerate le assenze in aula, sospendo la seduta per dieci minuti. Prego i Capigruppo di richiamare i consiglieri in aula.
(La seduta, sospesa alle ore 16 e 39, viene ripresa alle ore 16 e 52 .)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 96.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Cuccu - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla privatizzazione dell'acqua e dei servizi idrici introdotta dall'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito in legge 20 novembre 2009, n. 166, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
l'acqua è un bene essenziale ed insostituibile per la vita, e la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo;
l'acqua, essendo un diritto, non può essere considerata una merce, ma un bene comune e pubblico;
l'acqua, al pari dell'aria, essendo una risorsa fondamentale, deve essere nella disponibilità di tutto il genere umano;
con la risoluzione del 15 marzo 2006 il Parlamento europeo ha dichiarato che l'acqua è un bene comune dell'umanità e come tale l'accesso ad essa costituisce un diritto fondamentale della persona umana e ha chiesto che siano esplicitati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015;
nel paragrafo 5 della sua risoluzione dell'11 marzo 2004, il Parlamento europeo ritiene che, essendo l'acqua un bene comune dell'umanità, la gestione delle risorse idriche non debba essere assoggettata alle norme del mercato interno;
CONSIDERATO che:
la gestione del servizio idrico integrato in Italia è attualmente disciplinata dall'articolo 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
l'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, ha modificato l'articolo 23 bis della legge n. 133 del 2008;
col nuovo articolo 23 bis si procede in maniera decisa verso la privatizzazione dei servizi idrici espropriando l'acqua potabile dal controllo degli enti locali e dei cittadini, consegnando l'acqua al mercato con tutte le ripercussioni sociali che questo può generare;
il nuovo articolo 23 bis prevede l'affidamento della gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica a favore di imprenditori o società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica o, in alternativa, a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40 per cento e la cessazione degli affidamenti "in house" a società totalmente pubbliche, controllate dai comuni alla data del 31 dicembre 2011;
il provvedimento in questione è lesivo delle prerogative assegnate dalla Costituzione alle regioni;
RICONOSCIUTA l'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica,
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
1) ad impugnare, dinanzi alla Corte costituzionale, l'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
2) a porre in essere tutti gli adempimenti necessari a garantire che le quote di Abbanoa Spa rimangano di proprietà pubblica;
3) a chiedere al Governo la deroga prevista dal comma 3 dell'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135.)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.
CUCCU (P.D.). Signora Presidente, signori Assessori, colleghi, questa mozione arriva in Aula dopo essere stata presentata per ben due volte, la prima un anno fa, subito dopo l'approvazione da parte del Parlamento, con l'ormai abusato voto di fiducia, del decreto Ronchi, il quale, tra le altre misure, all'articolo 15 prevede: "Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica". Articolo apparentemente innocuo, ma che invece è un vero e proprio cavallo di Troia, utilizzato dal Governo Berlusconi per aprire la strada a speculazioni selvagge da parte delle multinazionali, che si butterebbero così a capofitto su quello che ormai è comunemente definito come "l'oro blu", con la conseguenza di oneri sempre più pesanti a carico dei cittadini.
In questi mesi, in quest'anno, poiché il decreto è del novembre dell'anno scorso, nel Paese, ma anche in Sardegna, si è aperta un'ampia discussione che ha portato l'argomento all'attenzione dell'opinione pubblica. In questi mesi i sindaci si sono mobilitati per cercare di evitare lo scippo che si sta perpetrando a danno dei propri cittadini. Il dibattito che movimenti spontanei, associazioni e forze politiche hanno animato ha fatto sì che, dati alla mano, si confutasse l'opinione diffusa che con la privatizzazione si sarebbero ridotti costi e tariffe. Le esperienze recenti ci hanno dimostrato che nei territori dove operano le grandi società non sono diminuite le perdite della rete idrica e tanto meno sono diminuite le tariffe, che spesso sono anzi lievitate. Il dibattito, dicevo, che si è animato in questi mesi ha consentito di ribadire con fermezza che l'acqua è un bene essenziale e insostituibile per la vita e che la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo. L'acqua, essendo un diritto, non può essere considerata una merce, ma un bene comune e pubblico, al pari dell'aria. Essendo, quindi, risorsa fondamentale deve essere nella disponibilità di ogni cittadino.
Anche il Parlamento europeo più volte si è pronunciato in questa direzione: con la risoluzione del 15 marzo del 2006 ha dichiarato l'acqua un bene comune dell'umanità, e come tale l'accesso a essa costituisce un diritto fondamentale della persona umana, e ha chiesto che siano esplicitati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015; nel paragrafo 5 della risoluzione dell'11 marzo 2004 ritiene che, essendo l'acqua un bene comune dell'umanità, la gestione delle risorse idriche non debba essere assoggettata alle norme del mercato interno. Invece il Parlamento italiano si muove in tutt'altra direzione: converte l'articolo 15 del decreto legge numero 135 del 2009 e modifica così l'articolo 23 bis della legge numero 133 del 2008, che attualmente disciplina la gestione del servizio idrico integrato in Italia. Con questo nuovo articolo 23 bis si procede in maniera decisa verso la privatizzazione dei servizi idrici, espropriando l'acqua potabile al controllo degli enti locali e dei cittadini e consegnando l'acqua al mercato, con tutte le ripercussioni sociali che questo potrà generare. La nuova versione dell'articolo 23 bis prevede l'affidamento della gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica a favore di imprenditori o società in qualunque forma costituite, individuati mediante procedure competitive a evidenza pubblica o, in alternativa, a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40 per cento e la cessazione degli affidamenti in house a società totalmente pubbliche, controllate dai comuni alla data del 31 dicembre 2011.
Noi pensiamo che questo epilogo vada scongiurato a tutti i costi. L'acqua, secondo noi, non è una merce, è un diritto umano e il servizio idrico è un servizio pubblico locale privo di qualsiasi rilevanza economica. E certo non ci tranquillizza, e anzi se è possibile ci allarma, il rigetto di questi giorni da parte della Corte costituzionale del ricorso presentato da alcune Regioni contro il decreto Ronchi. La Consulta ritiene inammissibili i ricorsi in quanto considera le regole che concernono l'affidamento e la gestione dei servizi idrici di competenza esclusiva statale, poiché inerenti alla materia di tutela della concorrenza. A nostro modesto avviso il servizio idrico integrato è un servizio pubblico essenziale, di interesse generale, senza alcuna rilevanza economica e pertanto non rientrante nella disciplina della libera concorrenza. A maggior ragione non dobbiamo avere tentennamenti. Consegnare l'acqua al mercato vuol dire mettere a rischio la democrazia. La storia ci ha insegnato che chi governa l'acqua comanda, ecco perché abbiamo insistito per portare questo dibattito all'attenzione del Consiglio regionale.
La mozione, nonostante il pronunciamento della Consulta, a nostro avviso rimane attuale, intanto perché il comma 3 dell'articolo 15 del decreto Ronchi consente l'affidamento del servizio idrico a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, qualora siano dimostrate peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento; consente, in sostanza, una deroga qualora si dimostri di avere queste caratteristiche. Noi pensiamo che la Sardegna abbia queste caratteristiche. Ha una popolazione di circa 1 milione 600 mila abitanti a fronte di un territorio piuttosto vasto, di oltre 24 mila chilometri quadrati, presenta una ciclicità di periodi siccitosi e comunque in genere scarsità di precipitazioni, presenta corsi d'acqua brevi a regime torrentizio, ha una morfologia e una distribuzione della popolazione da cui scaturisce un sistema di infrastrutture idrauliche notevolmente complesso. Ecco perché, a nostro avviso, da quest'Aula deve partire un impegno forte per rivendicare una deroga rispetto ai vincoli imposti dal decreto Ronchi, e va fatto subito perché il 31 dicembre 2011 scadono i termini per l'affidamento in house e anche perché questo decreto si innesta in un sistema gestito da un soggetto pubblico, Abbanoa, appesantito da un notevole indebitamento, da cui discende una forte esposizione finanziaria nei confronti degli istituti di credito e dei fornitori e allo stesso tempo di ingenti masse di credito difficilmente esigibili.
E' chiaro che una situazione di questo tipo deve preoccuparci, perché il rischio concreto è quello del fallimento del soggetto di gestione. Certo, se andiamo a parlare con i nostri cittadini non sentiremo dire bene di Abbanoa, però il fallimento cosa comporterebbe? Quali sarebbero i risultati per i nostri cittadini? Non certo un servizio più efficiente, né tanto meno l'acqua gratis per tutti. Senz'altro si andrebbe dritti verso una gara internazionale - il fallimento porterebbe a questo - per l'affidamento della gestione del patrimonio idrico a un soggetto privato, con l'assoggettamento, quindi, dell'acqua al libero mercato (esattamente quello che vorremmo scongiurare), con tutto quello che ciò comporterebbe sia in termini di costi che di gestione del servizio. Che interesse avrebbe un gestore privato a portare l'acqua a Baradili, che conta 98 abitanti, meno di un palazzo di Cagliari? E' chiaro che i costi non sarebbero sostenibili nel libero mercato.
Ecco perché, a mio avviso, da quest'Aula deve partire l'altro impegno concreto. Il primo impegno, a nostro avviso, è quello di chiedere la deroga per l'affidamento a un soggetto interamente pubblico, ma l'altro impegno deve essere quello di procedere a una seria ricapitalizzazione di Abbanoa, per scongiurare la scalata al nostro soggetto gestore, il che comporterebbe l'ingresso del privato. Dei due aumenti di capitale previsti nelle leggi finanziarie del 2007 e del 2008, per complessivi 34 milioni di euro, solo nel marzo del 2009 si è concluso il primo, per circa 19 milioni; il secondo aumento è ancora in corso, ma non basta, non è sufficiente. In questo contesto, poi, si è inserito in questi mesi il reiterato commissariamento dell'Autorità d'ambito, che di fatto esclude gli enti locali, comuni e province, ovvero le istituzioni più vicine ai cittadini, dal sistema delle scelte generali sull'acqua, dagli indirizzi politici ai controlli sull'acqua stessa. A questo si aggiunga che il Parlamento è intervenuto a modificare la normativa sulle Autorità d'ambito, prevedendo la loro abolizione e la cessazione delle funzioni a partire dal 1° gennaio 2011.
Pertanto, alla luce di questi fatti, diventa quanto mai urgente che incominciamo a ragionare su come garantire che gli indirizzi politici sull'acqua siano riportati in capo agli enti locali e che si individuino gli ambiti ottimali di gestione del servizio idrico integrato; ambiti che devono essere dimensionati in maniera tale che si determini il livello minimo dei costi medi unitari, dimensione oltre la quale si creerebbero inefficienze e diseconomie di scala. Ecco, penso che nel nostro dibattito dovremmo liberarci da ogni pregiudizio che è frutto dell'esperienza passata, da quello che abbiamo vissuto in questi anni con l'Autorità d'ambito o con il soggetto gestore unico. Se ci liberiamo da questi pregiudizi possiamo ragionare liberamente. E se abbiamo dei dati che dimostrano che il livello minimo dei costi lo si raggiunge con più ambiti se ne faranno quanti ne servono; se invece dovessimo raggiungere questi risultati con un solo ambito vorrà dire che provvederemo a farne uno solo, però liberiamoci dal pregiudizio di chi vuole mantenere quanto ha fatto con un soggetto unico, con un ambito unico, e di chi invece oggi è pronto a cancellare tutto, a fare un ambito provinciale o più ambiti. Ragioniamo, invece, su quello che serve ai cittadini, cioè la determinazione del costo medio più basso, e a quel punto avremo l'ambito ottimale che ci serve.
In chiusura - non utilizzo tutto il tempo a mia disposizione -, se c'è la volontà dei colleghi di discutere, se c'è anche la volontà della Giunta di ragionare insieme al Consiglio, potremmo prendere degli impegni: l'impegno a ottenere la deroga dal Governo per l'utilizzo del soggetto pubblico, perché pensiamo che il soggetto pubblico sia più idoneo a governare la risorsa idrica, l'impegno a ricapitalizzare seriamente Abbanoa, per evitare che ci sia una scalata da parte dei privati, e l'impegno per una nuova disciplina in materia di organizzazione del servizio idrico.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Ho già dato la parola all'onorevole Lotto.
STERI (U.D.C.). Alla prossima!
LOTTO (P.D.). Prego, è lo stesso. Io non ho problemi.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Lotto, le avevo già dato la parola.
LOTTO (P.D.). Presidente, l'argomento della gestione del servizio idrico integrato, che anima il dibattito nella nostra regione dal lontano 1995, è di grandissima rilevanza sia per l'importanza, di cui poi dirò, che l'acqua ha nella vita dei cittadini, sia per quello che in quasi tutti i comuni dell'Isola, ma anche dell'intera Nazione, essa ha rappresentato in termini di costi, di diseconomie legate a gestioni spesso sconsiderate, di passivi nascosti nei bilanci dei comuni, in parte rimediati negli anni passati, però ancora oggi dovuti in gran parte alle perdite della rete idrica, se è vero com'è vero che soltanto il 50 per cento dell'acqua che viene immessa in rete arriva agli utenti e si trasforma in bolletta, quindi in tariffa e in un rientro per chi gestisce questo servizio.
Il problema parte quindi da lontano, cioè da quando è stata emanata la legge Galli e in Sardegna è stato istituito, con legge regionale, l'ambito unico. L'obiettivo di fondo di entrambe le leggi, e comunque del dibattito che si è animato in quegli anni su questo argomento, partiva da una constatazione che nessuno ufficialmente contestava, e cioè che l'acqua è un bene essenziale e insostituibile, è un bene pubblico, e come tale non può essere considerato al pari di una qualsiasi merce oggetto del mercato classico, e l'accesso a questo bene è assolutamente un diritto per tutti i cittadini. La gestione del servizio idrico deve però rispondere - e su questo la legge Galli aveva imposto un percorso che modificava sostanzialmente quello che era accaduto fino a quegli anni - ai criteri di efficienza, razionalità ed economicità. Ecco perché, per esempio, nei comuni veniva premiato chi, per ottenere finanziamenti e per intervenire nella riqualificazione delle proprie reti idriche, costituiva società seppure di proprietà pubblica che però fossero gestite con criteri privatistici, cioè con criteri di efficienza ed economicità.
Ora, il problema è abbastanza complesso e non credo che faccia bene a nessuno strumentalizzarlo con superficialità, però non possiamo sposare la tesi che gestione pubblica significhi inefficienza e gestione privata significhi efficienza. Ci sono tantissimi esempi che dimostrano il contrario, così come tanti altri esempi confermano questo assunto. Serve, invece, creare le condizioni affinché questo bene pubblico, che sta diventando in Sardegna e nel mondo sempre più delicato per la sua importanza, venga gestito nel miglior modo possibile e nell'interesse unico e principale dei cittadini più che di chi lo gestisce. E la tariffa che viene imposta sia per la messa a disposizione dell'acqua e per la sua depurazione, sia per il servizio di fognatura, deve rispondere anch'essa a un criterio atto a compensare i costi che chi fornisce questo servizio sostiene.
Quello della tariffa è un altro argomento importante: in una regione come la Sardegna la tariffa non può che essere unica su tutto il territorio regionale, fatte salve le agevolazioni in favore di fasce sociali particolari, che però devono essere dislocate su tutto il territorio. Non è pensabile cioè che passi il messaggio, che pure qualcuno in alcune realtà cerca di far passare, che l'acqua è un bene dei comuni proprietari dei terreni in cui sono situati gli invasi. Questo non è per legge, ma non deve neanche passare come concezione o convinzione da parte del pubblico e dei cittadini. Gli invasi sono di proprietà di tutto il popolo sardo, vanno messi in connessione tra loro e vanno create le condizioni affinché ogni comune, dal più lontano al più vicino all'invaso, abbia lo stesso identico servizio. E di questo se ne deve fare carico l'intera comunità sarda.
In Sardegna, quindi, nacque a suo tempo, e fu una scelta abbastanza condivisa, l'ambito unico, da cui è derivata la costituzione, partendo da un'ottantina di società operanti in tutta l'Isola, tra cui la Siinos di Sassari e il Govossai di Nuoro, di una società unica per la gestione dell'intero servizio idrico in Sardegna, ovvero Abbanoa. Questo soggetto si è mosso con grandissime difficoltà, non è stato accompagnato come era previsto e come sarebbe dovuto essere, correndo un grande rischio, tant'è che oggi Abbanoa, a torto o a ragione, è invisa a tantissimi cittadini sardi. C'è un pessimo giudizio sul suo operato, però questo rischia di essere il peggior viatico verso quello che sembra essere l'obiettivo di qualcuno, che io spero non abbia la maggioranza dei consensi qua dentro, di utilizzare questa situazione di oggettiva difficoltà per privatizzare la gestione dell'acqua. In Sardegna questo non ce lo possiamo permettere, va detto con grande forza e convinzione. Le diverse soluzioni della gestione con una società mista o con una società privata sono, a mio parere, soluzioni che non rispondono alle esigenze della nostra realtà. Serve un provvedimento che crei le condizioni affinché ciò che la legge numero 135 del 2009 recita al comma 3 dell'articolo 15 venga assolutamente utilizzato da questa Regione. Come ben diceva il collega Cuccu poco fa, bisogna che quella deroga la Regione la chieda e la ottenga, però serve che la Giunta regionale di questo problema si faccia carico con convinzione, perché la deroga non arriva da sola e noi avremo tra qualche tempo neanche tanto lontano una gestione del servizio idrico che tantissimi di noi non vogliono, che senz'altro la maggioranza del popolo sardo non vuole. Forse qualcuno potrà avere interesse a che questo accada, ma senz'altro non il popolo sardo.
E allora bisogna, secondo me, che quel processo che a partire dal commissariamento dell'ATO è proseguito con l'espropriazione degli enti locali, che sono gli unici che hanno il diritto e il dovere di gestire il servizio idrico integrato in Sardegna, venga interrotto. E' un passaggio fondamentale. Non ci possiamo affidare, dicevo, a una società privata e nemmeno a una società mista con capitale privato non inferiore al 40 per cento, ma dobbiamo assolutamente mantenere il controllo pubblico. Questo non vuol dire che non dobbiamo razionalizzare il sistema, che non dobbiamo ricapitalizzare Abbanoa o che non dobbiamo adeguare il management. Queste sono risposte che dobbiamo assolutamente dare, però dobbiamo anche creare le condizioni per poterle dare. E allora, già a partire dalla legge che affronteremo in prima Commissione e in Aula nelle prossime settimane, credo serva da parte di tutta la maggioranza, oltre che della minoranza, una posizione convinta in difesa di un obiettivo, che è quello di fare in modo che l'acqua in Sardegna non sia un problema, ma una risorsa e come tale sia garantita a tutti i cittadini.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.). Mi sono iscritto a parlare.
PRESIDENTE. Si è iscritto a parlare, non per chiedere la verifica del numero legale.
Ha domandato di parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?
(Appoggia la richiesta il consigliere Steri.)
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Bruno, Cappai, Dessì, Mulas e Planetta sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 59 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.
E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Il giovedì è sempre un grave problema per l'attenzione del Consiglio regionale, peggio se siamo di sera, però vorrei amichevolmente dire ai colleghi: attenzione, se teniamo l'argomento che stiamo trattando prigioniero della nostra abitudine un po' burocratica di leggere i problemi collettivi rischiamo che la concezione dei beni collettivi venga ancora una volta compromessa in maniera irreversibile.
Parliamo oggi di acqua, ma potremmo, Assessore, parlare tranquillamente di aria, di vento, di terra, cioè di beni e di valori che sono incardinati nella nostra Costituzione, precisamente incardinati, perché da qui bisogna partire. Poi spiegherò perché indirettamente anche il Governo è consapevole di legiferare entro un limite che gli pone la Costituzione, perché è evidente che se il Governo, nella sua determinazione, inserisce una deroga a un provvedimento di privatizzazione sta ammettendo che c'è un vizio di costituzionalità, perché la deroga non può essere data a livello locale su di un bene di quella natura e di quel valore, perché sarebbe una contraddizione, sarebbe come tenere aperta una valvola. Anche per questo credo che sia importante una riflessione sull'opportunità di impugnare complessivamente questa norma per violazione della Costituzione.
Il bene di cui parliamo, l'acqua, è un bene costituzionale e quindi è corretto parlare di Costituzione prima che di tecnicismi, anche perché la Costituzione in questo momento è sotto attacco. E siccome avanza l'idea - e il provvedimento legislativo del Governo ne è un esempio - che in questo Paese esista una Costituzione reale diversa dalla Costituzione scritta, si legifera ipotizzando che esista una Costituzione inventata dal Presidente del Consiglio e dai suoi Ministri che dice esattamente l'opposto di ciò che afferma la Costituzione vigente. E lo spiego, lo spiego molto bene: la nostra Costituzione ha dodici principi fondamentali, incardinati al suo interno, ovvero la sovranità popolare, i diritti dell'uomo, i diritti di libertà e uguaglianza, il diritto al lavoro, le autonomie locali, la tutela delle minoranze linguistiche, i rapporti con la Chiesa (a dire il vero questo è poi il principio più contestato nella storia), la libertà religiosa, la condizione giuridica degli stranieri, il paesaggio e i beni naturali e ambientali, il ripudio della guerra e la bandiera. Cosa accade? Accade che nella dinamica costituzionale i beni acqua, aria e terra sono collocati sul piano più alto della tutela, esattamente su quel piano e non un gradino più sotto. E qualsiasi cosa dica Tremonti, anche in questo "capolavoro", non può che essere subordinata a quella tutela che è costituzionalmente garantita. Così come è garantito il bene collettivo perché è di utilità al cittadino, non può esistere che l'interesse economico prevalga sull'interesse generale.
Nella legge, poi, c'è un'aberrazione, si parla di "gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica". Immaginate, anche la libertà potrebbe essere in teoria un interesse pubblico di rilevanza economica, quindi la restringiamo perché non riusciamo a esplicitarla diversamente! Non si possono mettere in relazione le due cose, perché l'interesse economico è al di sotto dell'interesse pubblico, dell'interesse dei cittadini.
Allora, il punto è esattamente questo: cosa vogliamo fare? Vogliamo inseguire il Governo sul terreno della sovversione dei principi costituzionali in ordine a questi beni? Se facciamo questo non solo accettiamo che la Costituzione reale venga messa sotto attacco, ma dico anche di più: secondo me i titolari di questa competenza legislativa, tra l'altro, per natura e coerenza dovrebbero essere le Regioni. Secondo i principi generali assegnati dallo Stato, quindi dei principi costituzionali, dovrebbero essere le Regioni a legiferare sulle modalità di gestione dei beni collettivi. Perché? Per il semplice fatto che l'interesse pubblico, se è anche un interesse economico, è un interesse economico che, come ci insegna la crisi che abbiamo vissuto in questi anni, se viene affidato ai marchingegni di una finanza mal gestita mette persino a rischio e cancella il diritto pubblico a un bene collettivo, perché le società che verranno quotate si approprieranno dell'interesse di tutti in funzione dei propri interessi speculativi, per cui il rischio che oggi corriamo è un rischio vero.
C'è poi un problema di analisi della nostra esperienza, che tutti dicono essere Abbanoa. Intanto parto dall'idea che se condivido il ruolo pubblico che deve essere esercitato intorno a un bene intangibile, tutelato dalla Costituzione, devo anche dire subito ai comuni: non potete continuare a ragionare con la cultura che ci è derivata dall'editto delle chiudende, nel senso che tutto quello che si trova nel mio territorio è roba mia, perché è evidente che la tutela di un principio di valore universale se la voglio sottrarre allo Stato per rivendicarla alle Regioni, non la posso contemporaneamente riconoscere ad altri. C'è bisogno, quindi, di fare un ragionamento. Voglio dire, se il Comune di Abbasanta ha centomila fonti ha una responsabilità in più, ma non è padrone di quei beni; è soltanto custode di quel bene anche nel rendere un servizio agli altri e probabilmente una legislazione regionale metterebbe in condizioni quel comune, che forse non ha le risorse per utilizzare al meglio quel bene, a beneficio anche degli altri comuni, di poterlo gestire senza depauperare le proprie risorse. Ma questo non è mai stato fatto, ecco perché dico che la scelta di riarticolarci in uno o più ambiti è del tutto aperta; è un problema che riguarda la dislocazione della risorsa idrica e la modalità attraverso la quale la dobbiamo conservare, valorizzare e distribuire.
Il problema è semmai un altro: mentre i comuni fanno la voce grossa nella rivendicazione della proprietà, che è il portato di una cultura tipicamente sarda, appartiene al nostro legame con la terra, insomma siamo proprietari di tutto quello che tangibilmente è sotto i nostri piedi, dobbiamo anche ragionare sul fatto che i comuni vogliono la proprietà, ma non hanno quasi mai esercitato appieno la titolarità e il diritto a una riscossione esatta del valore di quel bene distribuito ai cittadini. E allora nel tempo abbiamo così generato un buco finanziario, che oggi si porta appresso persino una cultura, che è una cultura tipicamente di evasione, se me lo fate dire, perché chi distribuisce un bene pubblico ha il dovere di vigilare e di farsi remunerare per quello che offre. Mettendo insieme queste due cose i comuni possono essere coinvolti in questo sistema di responsabilità, ma anche di giusta riscossione di un bene. Non è un problema né di prezzo né di ambito unico o no; è un problema di organizzazione e di cultura che la Regione deve introdurre anche nella testa dei comuni, affinché cominciamo a essere, almeno a partire dall'acqua, davvero un'istituzione autonomistica unitaria, nel senso che distribuiamo le responsabilità a tutela di un nostro bene che non dobbiamo far gestire al ministro Tremonti, che spero, a beneficio del suo nome, sia accompagnato a un sereno "tramonto".
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Parlare oggi di acqua per dire se debba essere privatizzata o debba restare pubblica è veramente surreale, direi assurdo. Subiamo forse un processo alla Kafka, dove la vittima sa che deve morire, ma non sa di che morte morirà. Io non posso non affermare oggi, lo dico per onestà intellettuale, che la privatizzazione dell'acqua è iniziata con i sindaci del centrosinistra, lo devo dire, escluso i comunisti. Ricordiamoci bene di Veltroni e di Rutelli, che hanno privatizzato l'acqua a Roma, e ricordiamoci anche di Bologna. Anche in Sardegna l'ideatore della privatizzazione dell'acqua è un postcomunista, che tutti conosciamo bene. Dunque dobbiamo stare attenti con il linguaggio.
Negli ultimi anni sono state portate avanti politiche dell'acqua imposte dalla società multinazionale, in linea con le logiche di mercificazione e di privatizzazione. In questo modo l'acqua viene considerata non un bene pubblico, ma una merce in mano a pochi grandi gruppi industriali che agiscono nell'obiettivo della massimizzazione dei profitti. L'accesso all'acqua, quindi, sarebbe un bisogno che ciascuno deve cercare di soddisfare come può, non un diritto che deve essere garantito a tutti sulla base di un ragionamento che dovrebbe essere ovvio, ma che in pratica non lo è. L'acqua non è un prodotto o un bene economico qualsiasi, ma un bene di prima necessità, essenziale per la vita di ogni uomo, e la vita deve essere assicurata a tutti. L'acqua quale fonte di vita fa parte dei diritti inalienabili e non mercificabili che ognuno di noi acquisisce con la nascita.
La riforma del sistema delle risorse idriche portata avanti in Sardegna non è razionalmente comprensibile e risulta a tratti un'operazione paradossale. Abbanoa, unico soggetto gestore in Sardegna, a capitale interamente pubblico, è diversa formalmente da una società per azioni pubblica, ma presenta comunque il principio privatistico di una Spa, con l'obbligo di copertura tariffaria integrale, e per tutti i costi di gestione e le spese per gli investimenti deve attenersi al divieto di intervento finanziario pubblico diretto. La gestione in house di una Spa non le fa perdere la natura giuridica di società privata e neppure la finalità di lucro che ne definisce l'oggetto sociale. Il processo che si sta avviando in Sardegna è pertanto una privatizzazione a tutti gli effetti.
Il nuovo articolo 23 bis della legge numero 133 del 2008 avvia gli enti verso la privatizzazione del servizio idrico attraverso un vero e proprio atto di esproprio dell'acqua, quale bene essenziale di ogni cittadino, al controllo degli enti locali, considerando l'acqua alla stregua di un qualsiasi bene di scambio sul mercato, portando a una situazione insostenibile con tutta una serie di ripercussioni sociali. Infatti l'articolo in questione prevede l'affidamento della gestione dei servizi pubblici di grande rilevanza economica a imprenditori privati e società. Questo non può che essere lesivo delle prerogative costituzionali assegnate alla Regione. La stessa Costituzione riconosce l'acqua come un diritto umano; il servizio idrico integrato in qualità di servizio pubblico non deve perseguire obiettivi di interesse economico particolare. In una società l'acqua è un bene essenziale di vita per ogni suo componente, viene annoverata tra i diritti inviolabili dell'uomo e in quanto tale non può essere trattata alla stregua di una merce. Io mi ricordo l'esperienza di Parigi, che ha privatizzato l'acqua per tre anni e dove adesso l'acqua è pubblica, l'esperienza di Bordeaux e quella della Spagna. Copiamo quello che fanno loro, lasciandoci contaminare un po'.
Mi fermo qui perché non serve a niente, c'è un disturbo unico!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ladu. Ne ha facoltà.
LADU (P.d.L.). Rinuncio
PRESIDENTE. Ha domandato parlare il consigliere Francesco Meloni. Ne ha facoltà.
MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?
(Appoggia la richiesta il consigliere Steri.)
PRESIDENTE. Comunico che il consigliere Christian Solinas è rientrato dal congedo.
Seconda verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Floris Mario e Greco sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 59 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire.
E' iscritto a parlare consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.). Signora Presidente, la mozione presentata dal collega Cuccu tratta il problema dell'acqua. E' indubbio che l'acqua costituisce non un diritto alla personalità, ma uno dei presupposti essenziali, con tutti gli altri componenti dell'ambiente, per consentire l'effettivo e pieno sviluppo della personalità. Questo ritengo che non sia contestabile da nessuno.
In questo caso, però, la mozione non pone il problema di discutere della natura e delle situazioni giuridiche del bene acqua, ma pone il problema di discutere della gestione del bene acqua. In questo dico subito che l'U.D.C. condivide totalmente la mozione presentata dal collega Cuccu. La posizione dell'U.D.C. si differenzia da quella degli altri partiti perché noi siamo totalmente e assolutamente contrari a ogni forma di privatizzazione; posizione che naturalmente è confermata dalla posizione assunta in sede di votazione alla Camera, dove siamo all'opposizione e dove abbiamo contrastato il provvedimento assunto dal Governo.
Fatta questa precisazione, bisogna parlare del sistema idrico integrato. La Regione sarda in prima battuta ha recepito la legge Galli con una sua norma di legge, introducendo l'ambito unico ottimale per tutta la Regione. Si è poi arrivati, attraverso un lungo percorso che è iniziato sotto la presidenza Pili e che si è chiuso sotto la presidenza Soru, alla gestione commissariale dell'ATO e poi all'istituzione della società Abbanoa, in origine Sidris. Questo sistema è frutto, quindi, della volontà politica sia di quella che oggi è la maggioranza, sia di quella che è l'opposizione. E' un meccanismo che è stato scelto non da una parte politica, ma da tutte le forze politiche oggi presenti in Consiglio, perché, ripeto, il percorso è iniziato sotto la Giunta Pili e si è concluso successivamente.
Qual è la particolarità del sistema Abbanoa? La particolarità del sistema Abbanoa è che questa società è stata istituita sotto forma di società in house, una delle prime ipotesi in Sardegna di utilizzo di questo sistema, che non era mai stato utilizzato in nessun'altra parte d'Italia, dove esistevano diversi ambiti ottimali provinciali che avevano affidato in gestione privata il servizio idrico, con un contenzioso e disfunzioni che non sto qui a elencare, perché sono a tutti ben noti. Il sistema Abbanoa è stato talmente apprezzato che il legislatore nazionale (governava il centrosinistra), nel redigere e poi modificare il decreto legislativo numero 152 del 2006 ha preso il sistema Abbanoa tale e quale e l'ha inserito in legge. Il sistema delle società in house introdotto nel decreto legislativo numero 152 è il sistema sardo. Questo a dimostrazione che la Sardegna ha idee ed è in grado di dare indirizzi utili per tutto il territorio nazionale.
Detto questo, mi onoro di aver collaborato alla stesura di questo meccanismo che io ritengo assolutamente adeguato e penso sia un errore abbandonarlo. Ciò non toglie che il sistema non funziona, ma non è che non funziona perché sia sbagliato teoricamente, è sbagliato il modo in cui è stato attuato. Noi abbiamo adottato questo sistema di corsa; sotto la presidenza Pili sono stati approvati lo schema tipo di convenzione e una serie di atti che sono stati approvati, ripeto, di corsa per non perdere la premialità europea. Quegli atti ovviamente sono oggi inadeguati a maggior ragione, quindi vanno rivisti. Il sistema non funziona perché gli atti che lo regolano e lo disciplinano non sono corretti.
Allora, bisogna: rivedere lo statuto dell'ATO e lo statuto della società Abbanoa, che, per dirne una, non disciplina in maniera adeguata il controllo analogo. Ricordo che la società in house è, né più né meno, una direzione dell'ATO, quindi noi dobbiamo disciplinare adeguatamente tutti questi compiti; dobbiamo riscrivere integralmente la convenzione, disciplinandola diversamente, disciplinando l'attribuzione di poteri espropriativi ad Abbanoa, per semplificare e accelerare le procedure. Si tratta di tutta una serie di interventi che devono essere messi in campo per migliorare il servizio.
Crisi finanziaria: la crisi finanziaria di Abbanoa deriva fondamentalmente, a mio avviso, da tre fattori. Primo: il Piano di bacino prevedeva che ogni anno si sarebbe dovuto assegnare un finanziamento ad Abbanoa. Non è mai stato assegnato. Secondo: con sentenza del Consiglio di Stato le tariffe di un anno sono state annullate, perché si è detto che valgono dal momento in cui vengono approvate, e siccome sono state approvate a novembre per quell'anno valgono da novembre in poi. Prendiamo atto della sentenza, ma ricordo che i comuni approvano le tariffe entro il termine di approvazione del bilancio e con efficacia retroattiva. Con tutto il rispetto dovuto alla giustizia, ovviamente, a mio avviso, questa sentenza non è condivisibile, però della stessa occorre prendere atto. Questo ha comportato in capo ad Abbanoa un obbligo restitutorio in relazione alle somme che sono state richieste. Non sappiamo a oggi chi abbia richiesto il rimborso e non mi risulta, del resto, che Abbanoa abbia provveduto d'ufficio a effettuare i rimborsi. Terzo: inefficienza del sistema Abbanoa. Questi sono i tre fattori che hanno determinato il deficit di Abbanoa. In questa situazione, a mio avviso, non si può assolutamente parlare di privatizzazione del sistema. Dobbiamo spostare l'attenzione sul fatto che è necessario rendere funzionale l'attività di Abbanoa, quindi il problema è un altro.
Il ricorso in Corte costituzionale avverso la legge nazionale è al primo punto, ma siccome la mozione è datata lo stesso non è più fattibile, perché sono scaduti i relativi termini. Sicuramente si può chiedere la deroga; sicuramente possiamo intervenire in sede legislativa. Qua c'è l'impegno espresso assunto dalla maggioranza a portare in Aula una legge che ridisciplini il sistema idrico integrato. In quella sede potremo ribadire che la Regione Sardegna, nell'ambito delle sue attribuzioni, delle sue competenze, vuole una gestione pubblica. Se il Governo non è d'accordo su questo, impugni la legge e vedremo in Corte costituzionale chi avrà ragione.
Quello che dobbiamo fare, ancora una volta, attesa la gravità della situazione, che inciderà sul bilancio regionale in maniera rilevante, è rimboccarci le maniche di gran carriera e rendere funzionale questo sistema.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (P.d.L.). Signora Presidente, se dovessimo affrontare il problema dell'acqua, credo che questa discussione non sarebbe certamente sufficiente e forse neanche necessaria. Lo ha dimostrato l'intervento dell'onorevole Steri, che ovviamente ha toccato aspetti che non sono strettamente connessi con quello che chiede la mozione. Infatti il Presidente della Regione dovrebbe: impugnare dinanzi alla Corte costituzionale l'articolo 15 del decreto legge numero 135, il che non ha più senso; porre in essere tutti gli adempimenti necessari a garantire che le quote di Abbanoa S.p.A. rimangano di proprietà pubblica. Quella legge rimane in piedi oppure la si modifica, altrimenti bisogna andare al terzo punto, che prevede la richiesta di deroga. Quindi il punto fondamentale di questa mozione rimane la richiesta al Governo della deroga prevista dall'articolo 15 del decreto legge numero 135. Questo è il problema. E' chiaro che nel dispositivo della mozione si dicono, poi, anche altre cose.
Io credo di conoscere bene la vicenda dell'ATO e di Abbanoa, perché ho partecipato alla nascita dell'ATO ed ero tra quelli che chiedevano più ambiti. Questa era la posizione politica di un gruppo politico di allora, il Gruppo di Alleanza Nazionale, che annoverava al suo interno, guarda caso, sindaci e amministratori provinciali. Nella fattispecie, l'onorevole Campus e io, che ero allora Presidente di provincia, eravamo contrarissimi all'ambito unico, perché avevamo previsto molte delle distorsioni che poi si sono verificate.
Ma neanche questo è l'argomento. L'argomento è la privatizzazione dell'acqua, perché è di questo che questa mozione vorrebbe parlare. E se si volesse parlare di questo, questa mozione credo che sia assolutamente insufficiente perché non tocca il problema. Quindi noi dovremmo chiederci esattamente: ma il decreto legge numero 135 privatizza l'acqua? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre, perché io da più parti sento dire ai cittadini che l'acqua verrà privatizzata. Leggo: "La legge sui servizi pubblici locali conferma il carattere pubblico del bene acqua. Non è vero che l'acqua possa essere privatizzata, l'acqua resta un bene amministrato". Questo lo dice la legge, quindi se è un bene amministrato non può essere privatizzato. "Restano saldamente nelle mani delle autorità pubbliche l'indirizzo e il controllo amministrativo (agli enti locali e agli ATO), la formazione delle tariffe, la proprietà degli acquedotti, degli impianti di depurazione, delle fognature e degli altri impianti. Il problema è rafforzare e lottizzare meno queste leve pubbliche di comando del sistema", cioè la gestione. Uno dei grossi mali dell'acqua non sono mai state le reti, perché alle reti si mette rimedio, alle perdite si può mettere rimedio. Se Milano ha il 10,3 per cento di perdite e la Sardegna ne ha ancora oggi il 46 per cento, questo è segno evidente che non c'è un problema di amministrazione dell'acqua, ma c'è un problema di interventi strutturali per quanto riguarda l'acqua.
Io non chiedo che la mozione venga rinviata o ritirata, dico che in questa materia non può essere solo questo l'argomento da trattare. Noi dobbiamo veramente decidere se l'ambito territoriale debba rimanere unico, perché è chiaro che il problema della Siinos di Sassari, il problema della società di gestione di Cagliari, il problema delle amministrazioni che hanno nel loro territorio il 70 per cento della produzione idrica regionale… Ci siamo dimenticati che il più grosso invaso della Sardegna, il lago Omodeo (900 milioni di metri cubi d'acqua), insiste in un unico territorio, che però è approvvigionato da altri territori? E per tutti gli altri territori è la stessa cosa. E' possibile che le amministrazioni su questo non abbiano fatto nessun tipo di battaglia? O meglio due amministrazioni avevano fatto una battaglia a suo tempo, ma nessuno si è accodato, perché nessuno voleva ambiti separati, tutti volevano l'ambito unico, compresa l'amministrazione regionale di allora.
Certamente c'era una visione diversa che noi abbiamo accettato, nonostante fosse in atto un grande movimento che prevedeva almeno quattro ambiti territoriali ottimali, che facevano capo ai bacini idrici più importanti della Sardegna. Questo non è stato fatto, c'è sicuramente da mettere mano a questa materia per evitare gli sprechi di Abbanoa, per evitare che l'ATO si comporti come si è comportato fino a quando non è stato commissariato, bisogna certamente intervenire, però dobbiamo essere onestamente e intellettualmente corretti e non dire che una parte politica piuttosto che un'altra vuole privatizzare l'acqua, perché questo non corrisponde assolutamente al vero! Questa in altri termini l'avrei definita una menzogna, mi limito a dire che è un'inesattezza che non può essere veicolata all'esterno. L'acqua non può essere privatizzata, fermo restando questo principio, se c'è da votare un ordine del giorno nel quale si chiede la deroga sulla base dell'ultimo comma della mozione, credo che possiamo confrontarci e anche trovarci d'accordo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (P.D.). Signora Presidente, facendo riferimento all'ultimo intervento dell'onorevole Diana, credo che bene abbia fatto il collega Cuccu a offrirci questa occasione di discussione. Vede, onorevole Diana, qui c'è una minoranza responsabile che tra la giornata di ieri e quella di oggi ha dimostrato di saper stare in aula, di collaborare quando c'è unità di intenti su riforme utili ai sardi, di porre questioni e riflettere sulle riforme anche in maniera critica o autocritica se occorre. Quindi credo che vada dato atto a questa minoranza di aver posto in questi giorni delle questioni rilevanti, dalla scuola alla legge numero 162 e oggi all'acqua, sulle quali si correva il rischio di glissare e sulle quali, a nostro avviso, per superficialità e per fretta la Giunta regionale e la maggioranza che guidano la Regione correvano il rischio di fare grossi errori.
Noi, onorevole Diana, non portiamo una posizione precostituita; abbiamo una posizione laica. Anche nel nostro Gruppo le posizioni sono variegate, sia sull'ambito unico sia sull'eventuale ruolo di società miste. Personalmente non aderirò né al referendum nazionale contro la legge Galli, perché lo ritengo strumentale e demagogico, in quanto non credo che il privato sia l'origine dei mali così come non ritengo che lo sia il pubblico, né ad altri referendum regionali. Però su un punto - e mi rivolgo a tutti i colleghi, in particolare a quelli della maggioranza - siamo tutti d'accordo in questa minoranza: l'effetto e l'impatto delle riforme si valutano quando le riforme sono effettivamente completate.
Allora a noi pare che voi abbiate una fretta sospetta di tirare le somme delle riforme fatte. Cito, per esempio, la riforma sanitaria, con le ASL commissariate da oltre un anno, senza vederne dispiegare gli effetti. Peraltro le ASL non avevano fatto neanche tutti i piani strategici. Oggi, con la fretta di commissariare e in qualche caso, come ci spiega la magistratura, di affidare frettolosamente gli appalti, si commissaria anche l'ATO senza avere un'idea chiara di dove si voglia arrivare, come avete dimostrato anche oggi nel corso della discussione.
Colleghi, su un punto noi speriamo di trovare con voi l'accordo: le riforme si valutano a ciclo di riforma completato. Questo non vale solo per le politiche pubbliche, ma vale per qualsiasi ambito delle attività organizzative e imprenditoriali che mettiamo in campo. Se riflettiamo sulla grande riforma che abbiamo fatto sull'acqua, che è partita da sette società, da duecento gestioni in economia, da un sistema di raccolta che non era sinergico, in cui si lottava per trasferire l'acqua da un bacino all'altro, dobbiamo ammettere che questa riforma - mi rivolgo all'assessore Sannitu, che so essere persona assai attenta e competente - non l'abbiamo mai completata. Siamo partiti dicendo che dovevamo ricapitalizzare Abbanoa con 102 milioni di euro - poi dirò qualcosa su Abbanoa, perché quando diciamo che questa società va male vorrei capire in che cosa va male - e invece l'abbiamo ricapitalizzata con soli 19 milioni. Nel Piano d'ambito del 2002, cioè di un'era politica fa, quando ancora c'era una dispersione di organismi gestionali spesso non dialoganti tra loro, avevamo previsto debiti per 35 milioni di euro e abbiamo trovato un disavanzo di 150 milioni, avevamo previsto consumi per 150 metri cubi e invece i consumi sono risultati assai più modesti.
Allora, avendo fatto una riforma importante e impegnativa, abbiamo la responsabilità di portarla a compimento. Non abbiamo rivisto le tariffe idriche, non le abbiamo adeguate all'inflazione. Le tariffe applicate da Abbanoa, checché se ne dica, sono tra le più basse d'Europa: 60 centesimi a metro cubo. A Berlino si paga l'acqua 4 euro e mezzo a metro cubo! Allora perché va male Abbanoa? Perché a qualcuno si è chiesto di cominciare a pagare le bollette? Ma lo sappiamo che c'è una correlazione lineare tra il costo dell'acqua e i consumi? E' possibile che a Berlino il consumo pro capite annuale sia la metà di quello sardo e che gli abitanti di quella città non si facciano la doccia? Io mi pongo queste domande. Di che cosa stiamo parlando? Dobbiamo tenere un sistema selvaggio che alla fine penalizza i più deboli, perché chiede i soldi a chi non ne ha, rinunciando a far pagare chi può?
Io credo, Assessore, che laicamente noi non dobbiamo oggi precostituire delle soluzioni o aprire discussioni sugli ambiti, che a mio avviso possono essere aperte semmai in una fase successiva. Personalmente sostengo la scelta dell'ambito unico, credo che sarebbe un grave errore tornare indietro. Immaginiamoci cosa vorrebbe dire in Sardegna avere quattro ambiti: quattro società di gestione, quattro Autorità d'ambito! Cioè, in un mondo in cui la politica dice di voler semplificare, noi moltiplichiamo gli apparati, moltiplichiamo le poltrone anche in un contesto territoriale che potrà essere vasto, ma conta soltanto 1 milione e 600 mila abitanti! Credo che quella sarebbe una controriforma. Ci sono colleghi che non la pensano come me, io rispetto la loro idea, ma su che base ci confrontiamo, su una riforma a metà o su una riforma che vogliamo portare finalmente a compimento?
Assessore, noi dobbiamo chiedere la deroga innanzitutto perché quando si inizia una riforma, ammesso anche che si voglia arrivare alla privatizzazione, la si deve portare a termine. Se, per esempio, vogliamo vendere una casa cosa facciamo? La presentiamo al compratore con le porte abbattute, piena di calcinacci e di immondizia oppure cerchiamo di ripulirla, tinteggiamo le pareti, facciamo crescere qualche pianta nel giardino e gliela facciamo vedere alla luce del giorno per evidenziarne la luminosità? Come è possibile che oggi diamo per scontato di cedere delle quote a privati in un contesto in cui la riforma fatta non è stata ancora valorizzata e i benefici della scelta del gestore unico del sistema idrico non si sono ancora dispiegati completamente?
Io credo che sarebbe sbagliato innanzitutto economicamente, perché svenderemmo; sarebbe sbagliato perché non conoscendone il valore esatto faremmo un regalo a qualcuno che certamente poi non ci renderebbe il favore e ci farebbe pagare a caro prezzo, questa volta sì, perché non abbiamo completato la riforma, la nostra volontà di non spendere più denari pubblici.
Assessore, noi siamo favorevoli al completamento della riforma e chiediamo un impegno solenne alla Giunta per completare la ricapitalizzazione di Abbanoa e per rivedere con urgenza il Piano d'ambito, scegliendo la strada più opportuna. Non so se questa strada possa essere una nuova legge, ma noi innanzitutto vogliamo chiedere la deroga al Governo, perché siamo favorevoli a mantenere Abbanoa così com'è e a fare in modo che funzioni. Se serve cambiamo il management, se serve portiamo professionalità al suo interno, ma completiamo la riforma. Certamente non vorremmo, Assessore, che con la scorciatoia dell'emergenza, con la scorciatoia dei debiti, che non rappresentano niente di nuovo, perché sapevamo che c'era questo rischio, espropriassimo i comuni di una loro competenza attraverso proposte di legge frettolose, in cui magari il ruolo dei rappresentanti dei comuni diventa assolutamente marginale. Prima di addentrarci in nuove soluzioni, facciamo funzionare quello che abbiamo. Chiediamo la deroga, ricapitalizziamo Abbanoa, salvaguardiamo quella grande riforma e poi insieme, a partire dalle proposte in Commissione, lavoriamo per scegliere la riforma migliore veramente nell'interesse dei sardi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore dei lavori pubblici.
SANNITU, Assessore tecnico dei lavori pubblici. Signora Presidente, il dibattito verte su un argomento davvero interessante, che appassiona un po' tutti e ha appassionato nel tempo tanti di noi. Sentendo parlare il consigliere Diana e tanti altri di voi, ricordo che anch'io su questa battaglia ho cercato di svolgere un ruolo importante da Assessore dell'ambiente della Provincia di Sassari, quando nel 2002-2003 ci si batteva perché si riteneva che l'ambito unico non fosse la scelta strategica giusta per rispondere a una pianificazione fondamentale della risorsa, credo, più importante soprattutto in una realtà ambientale come quella sarda, in una regione al centro del Mediterraneo con peculiarità di tipo ambientale che sono uniche e meritano un approfondimento prima di fare scelte così incidenti sull'utilizzo futuro della risorsa stessa. Anch'io ero contro l'ambito unico e con le province, con tutte le province, ho fatto tante battaglie, chiamando a raccolta tutti gli amministratori locali, però, poi, ciò che è scaturito dalle scelte del Consiglio regionale di allora e da quelli successivi, che l'hanno comunque condiviso, ha portato alla definizione di un unico ambito e di un unico soggetto gestore.
Riprendendo un po' tutti gli interventi che si sono susseguiti, io non sarei molto d'accordo sul fatto che non ci debbano essere rivendicazioni da parte di comunità o comunque di comuni che, per il famoso principio della perequazione, chiedono che venga riconosciuto il sacrificio che essi fanno per la conservazione e la tutela di una risorsa così delicata e importante. Credo che questo principio debba essere richiamato e con forza sostenuto. Credo che nessuno debba, in qualche maniera, portare avanti quelle che sono probabilmente delle deformazioni che derivano da una ricerca del possesso, della proprietà, però la rivendicazione di un certo diritto alla perequazione per chi conserva e tutela la risorsa idrica e fa sacrifici per arrivare a questi obiettivi, a mio avviso, deve essere sostenuta.
Comunque siamo arrivati a questo momento e la situazione attuale la conosciamo tutti. Emerge un sostanziale fallimento della riforma che è stata fatta, perché l'ambito unico e il gestore unico hanno condotto alla situazione nella quale ci troviamo, perché la gestione del servizio idrico, in effetti, non ha portato all'efficienza, all'efficacia e all'economicità degli interventi, ma ha prodotto risultati non soddisfacenti, e questo emerge in tutti i passaggi.
Che cosa si deve fare oggi? Naturalmente è stato presentato ed è all'attenzione del Consiglio un disegno di legge, il numero 191, che risponde ad alcune esigenze che derivano dalla normativa nazionale e internazionale, per la quale è opportuno intervenire per sostituire l'Autorità d'ambito così come concepita dalla legge numero 29, in recepimento della legge Galli, che prevedeva un organismo pletorico che comunque non poteva reggersi. Il disegno di legge risponde a esigenze di modifica dell'impostazione concettuale del soggetto gestore, che deve recuperare gli elementi di efficienza nell'erogazione di un servizio che è strategico e fondamentale. Quindi è alla vostra attenzione un disegno di legge della Giunta che riteniamo debba essere al più presto analizzato, discusso e approvato da parte del Consiglio. Trra l'altro risponde anche ad alcune esigenze che molti di voi hanno richiamato, come la ricapitalizzazione del soggetto gestore, perché poi, credo sia opportuno concentrare oggi l'attenzione, al di là delle volontà e dei sentimenti che animano ciascuno di noi, proprio sul soggetto gestore. Vi ho ricordato che a suo tempo feci delle battaglie in favore della definizione di più ambiti, piuttosto che dell'ambito unico. Oggi, però, credo sia particolarmente difficile riprendere quella discussione, non foss'altro perché di acqua nelle condotte idriche di Abbanoa e della Sardegna ne è passata tanta, come sotto i ponti. Quindi ritengo molto pericoloso non affrontare quello che è un problema serio di fronte al quale oggi ci troviamo, rappresentato da Abbanoa, che si ritrova con un'esposizione finanziaria enorme e quindi ha grosse difficoltà a mandare avanti la gestione del servizio idrico.
Il disegno di legge che propone la Giunta consente al soggetto gestore, Abbanoa, con uno stanziamento di 14 milioni di euro per la sua ricapitalizzazione e con la disponibilità di 50 milioni di euro per un fondo di garanzia, di presentarsi al sistema bancario con una maggiore liquidità e quindi anche con una maggiore capacità di negoziazione, per trasformare il debito a breve termine in debito a medio-lungo termine, al fine di poter recuperare alcune capacità finanziarie che oggi sono venute meno.
Nel merito della mozione è difficile contraddire quanto ha detto il consigliere Steri, con cui concordo totalmente. E' chiaro che anche una parziale privatizzazione, in base al decreto Ronchi, potrebbe preordinare un maggiore efficientamento nella gestione del servizio idrico. Per principio sottoscriverei totalmente quanto ha detto l'onorevole Steri, pertanto, per quanto riguarda me personalmente e la Giunta, chiedere una deroga, giustificandola con l'eccezionalità delle condizioni della nostra realtà territoriale, credo sia una strada che può essere perseguita. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, per quanto riguarda la mozione noi siamo soddisfatti, perché ha suscitato comunque un dibattito su un tema che ci sta molto a cuore. Forse arriviamo a conclusioni o perlomeno partiamo da considerazioni differenti sui risultati delle riforme che hanno portato alla definizione dell'ambito unico e del gestore unico. E' vero che i risultati non possono ritenersi soddisfacenti se facciamo riferimento a quella che è la percezione e la considerazione che i cittadini hanno di Abbanoa, e questo penso sia inconfutabile. Diverso è il discorso se invece la nostra soddisfazione o insoddisfazione la facciamo partire da quello che c'era prima, perché prima c'era una miriade di gestori, alcuni efficienti altri meno, che comunque attingevano, anno per anno, a risorse pubbliche per ripianare le perdite. Quindi la gestione sociale dell'acqua comportava costi che ricadevano comunque sulla finanza pubblica.
Oggi ci siamo liberati, o ci saremmo liberati, anno per anno, delle risorse che inserivamo in bilancio per rifinanziare l'ESAF; ogni singolo comune si è liberato delle risorse che inseriva in bilancio per rifinanziare le società municipalizzate o si è liberato delle risorse che stanziava per la gestione diretta del servizio idrico, gestione che in alcuni comuni ricadeva addirittura interamente sulla fiscalità pubblica. Se partiamo da cosa c'era prima, possiamo dire che non siamo completamente soddisfatti, ma che comunque un passo avanti è stato fatto. Far discendere la necessità di più ambiti o di più gestori da una considerazione parziale di quella che è l'esperienza di Abbanoa in questi anni ci può condurre a considerazioni errate.
Il nostro ragionamento deve partire, invece, da quelli che sono i risultati attesi per i nostri cittadini. Io penso che l'ambito ottimale sia quello che garantisce il costo più basso e il servizio migliore per i cittadini. Allora, se gli ambiti ottimali che garantiscono il costo più basso e il servizio migliore per i cittadini sono otto, io penso che dovremmo farne otto; se gli ambiti ottimali che consentono un servizio migliore e un costo più basso della risorsa idrica per i cittadini sono quattro, dovremmo farne quattro. Ma non dovremmo avere preclusioni a fare un solo ambito ottimale qualora questo garantisse un costo più basso e un servizio migliore. Penso che preclusioni di questo tipo non dovremmo averne, e questo lo vedremo quando affronteremo la legge di riforma del servizio idrico.
Qui facciamo un dibattito, facciamo delle considerazioni, anche di principio, ma il principio ci può portare fuori strada se facciamo un ragionamento di questo tipo. Lo stesso ragionamento lo dovremmo fare per quanto riguarda il gestore, perché ambito e gestore non sono la stessa cosa, non necessariamente devono coincidere. Un ragionamento di questo tipo anche sul gestore ci porterà sicuramente a individuare la forma e la dimensione migliore del gestore, perché per quanto riguarda la forma penso che il capitale debba essere sempre e comunque nelle mani dei comuni, quindi del pubblico, ma sulla dimensione possiamo ragionare, sempre tenendo conto di quella che riteniamo sia la dimensione ottimale per avere un costo più basso e un servizio migliore per i cittadini. Idem dovremmo dire per quanto riguarda il discorso del coinvolgimento dei comuni o le rivendicazioni che essi portano avanti, anche lamentando una scarsa perequazione rispetto ai costi che hanno sostenuto, rispetto anche al gravame derivante dall'avere dei bacini o dei pozzi nel proprio territorio. Noi possiamo tener conto di una giusta perequazione, ma non possiamo prescindere dal fatto che comunque l'acqua è un bene pubblico di tutti e non di chi la capta, perché diversamente avremmo territori con disponibilità d'acqua e territori senz'acqua, mentre noi dobbiamo garantire che tutti usufruiscano di questa risorsa. Poi troviamo le misure di perequazione, però la priorità deve essere un'altra, appunto quella di garantire l'acqua a tutti. Comunque penso che su questi argomenti ci torneremo.
Vorrei fare una proposta all'Aula su questa mozione. Visto che su alcuni punti abbiamo tutti convenuto, su altri no, propongo di votare per parti, tenendo conto che il primo punto degli impegni, l'ho già detto nell'illustrazione, è venuto meno dal momento che avantieri la Corte costituzionale si è pronunciata ritenendo inammissibili i ricorsi della Puglia, dell'Emilia-Romagna e di altre Regioni. Non so, Presidente, se tecnicamente possiamo ritirare questo punto o se dobbiamo votare contro.
PRESIDENTE. Scusi, ero un attimo distratta.
CUCCU (P.D.). Non si preoccupi. Dicevo che non so se il primo punto, che è venuto meno proprio perché avantieri la Corte costituzionale ha ritenuto inammissibili i ricorsi di altre Regioni, possa essere cancellato o debba essere per forza votato. Tecnicamente le sto chiedendo una mano. Mi sembra di percepire che ci sia l'unanimità dell'Aula sul terzo punto. I primi due punti potremmo anche ritirarli, se tecnicamente possono essere ritirati.
PRESIDENTE. Possono essere ritirati.
CUCCU (P.D.). Allora il primo e il secondo punto del dispositivo della mozione li ritiriamo e ritiriamo anche la parte da "il provvedimento" sino a "rilevanza economica", alla fine della prima pagina, in modo che la mozione possa essere votata all'unanimità.
PRESIDENTE. Rimangono quindi le parti che cominciano con "premesso" e "considerato", tranne l'ultimo capoverso, viene eliminata la parte che inizia con "riconosciuta" e vengono infine eliminati i primi due punti del dispositivo.
Ha domandato di parlare il consigliere Cossa. Ne ha facoltà.
COSSA (Riformatori Sardi). Presidente, credo sia il caso di interrompere per qualche minuto, perché stiamo trattando una materia molto complessa e nella mozione ci sono parti condivisibili, ma ci sono anche parti che sono incostituzionali e che non sono quindi condivisibili. Sul dispositivo siamo d'accordo, ma ci sono alcuni punti della parte "considerato" che secondo me è bene eliminare. Se sospendiamo la seduta per tre minuti, stando in aula, possiamo confrontarci con il collega Cuccu e arrivare a un testo condiviso.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Chiedo la verifica del numero legale, prima della sospensione.
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, pensavo che lei volesse esprimersi sulla sospensione, altrimenti non le avrei dato la parola.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Avevo chiesto di parlare prima dell'onorevole Cossa. Può verificare.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta dell'onorevole Cuccureddu?
(Appoggia la richiesta il consigliere Steri.)
Terza verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Meloni Francesco e Sanjust sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 53 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.
Come richiesto, sospendo la seduta per cinque minuti. I lavori riprenderanno alle ore 18 e 20.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 14, viene ripresa alle ore 18 e 24 .)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, le comunico il ritiro di alcune parti.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cuccu. Prego i colleghi di prendere posto e di prestare un attimo di attenzione, perché l'onorevole Cuccu sta esplicitando una richiesta di votazione per parti, con ritiro di alcune parti contenute nella mozione. Prego.
CUCCU (P.D.). Ritiriamo il terzo e l'ultimo capoverso della parte che inizia con "considerato" e i primi due punti del dispositivo. Chiediamo la votazione separata di tre parti: la prima è costituita dai paragrafi "premesso" e "considerato", la seconda dal paragrafo "riconosciuta" e la terza dal punto 3 del dispositivo.
PRESIDENTE. Colleghi, se è tutto chiaro, dichiaro chiusa la discussione.
Procediamo alla votazione.
Ha domandato di parlare il consigliere Cappai. Ne ha facoltà.
CAPPAI (U.D.C.). Chiedo la votazione nominale.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della prima parte della mozione numero 96.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Peru, Randazzo, Solinas Antonio e Uras hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 54
votanti 53
astenuti 1
maggioranza 27
favorevoli 53
(Il Consiglio approva).
Metto in votazione la seconda parte della mozione, comprendente il paragrafo "riconosciuta".
Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (P.d.L.). Chiedo la votazione separata della parte: "riconosciuta l'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale".
PRESIDENTE. Non è possibile, perché non possono rimanere da sole le parole "privo di rilevanza economica".
DIANA MARIO (P.d.L.). Possono rimanere.
PRESIDENTE. Onorevole Diana, non è possibile. Le singole parti devono avere contenuto normativo autonomo, per cui le sole parole "privo di rilevanza economica" non hanno alcun significato.
DIANA MARIO (P.d.L.). E infatti non ne hanno.
PRESIDENTE. Sì, ma non si può mettere in votazione solo la parte sino a "servizio pubblico locale".
DIANA MARIO (P.d.L.). In questo caso annunciamo su questa seconda parte il voto contrario.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Intervengo per aiutare, perché la volontà che era stata ricercata e trovata è quella di consentire al Consiglio di riconoscere l'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale. Se votassimo solo questa dicitura, onorevole Diana, già sopprimendo la parte relativa a "privo di rilevanza economica" otterremmo questo risultato.
PRESIDENTE. Onorevole Uras, l'unica possibilità è che l'inciso "privo di rilevanza economica" venga ritirato dal proponente, altrimenti io non posso ammettere la votazione per parti.
URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Allora il proponente ritira le parole "privo di rilevanza economica". Il paragrafo finisce con la parola "locale", così votiamo il senso della mozione.
PRESIDENTE. Onorevole Cuccu, ritira l'inciso?
CUCCU (P.D.). E' ritirato.
PRESIDENTE. Le parole "privo di rilevanza economica" sono eliminate.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della seconda parte della mozione numero 96.
(Segue la votazione)
Rispondono sì i consiglieri:Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 53
votanti 52
astenuti 1
maggioranza 27
favorevoli 52
(Il Consiglio approva).
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della terza parte della mozione numero 96.
(Segue la votazione)
Prendo atto che il consigliere Steri ha votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri:Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Si è astenuta la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 55
votanti 54
astenuti 1
maggioranza 28
favorevoli 54
(Il Consiglio approva).
PRESIDENTE. Il Consiglio regionale deve procedere all'elezione suppletiva di due componenti del Collegio dei revisori dei conti dell'Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Cagliari, in sostituzione di Raimondo Dessì e Maria Carmela Sirigu, dimissionari.
Si procederà con un'unica chiama. Verranno consegnate due schede: una rossa per la sostituzione di Dessì e una verde per la sostituzione di Sirigu. Ogni consigliere scriverà un nome scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili, di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, numero 88. Risulteranno eletti coloro che avranno ottenuto il maggior numero di voti.
PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto per schede per l'elezione di due componenti del Collegio dei revisori dei conti dell'Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Cagliari.
Prego i Segretari di procedere alla chiama.
(Segue la chiama e lo spoglio delle schede)
Hanno partecipato alla votazione: la Presidente Lombardo - Agus - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 54
astenuti 54
Non avendo avuto esito, la votazione è rinviata a una prossima seduta.
I lavori odierni si concludono qui. Comunico che è convocata immediatamente la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Il Consiglio verrà riconvocato a domicilio.
La seduta è tolta alle ore 18 e 53.
Allegati seduta
CLXIII Seduta
Giovedì 18 Novembre 2010
(POMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
INDICE
La seduta è aperta alle ore 16 e 37.
DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana dell'11 novembre 2010 (156), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Daniele Secondo Cocco, Giampaolo Diana, Giorgio Locci, Sergio Obinu, Matteo Sanna, Adriano Salis, Paolo Terzo Sanna, Carlo Sechi, Christian Solinas, Edoardo Tocco e Pierpaolo Vargiu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 18 novembre 2010.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di disegno di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:
"Rettifica della legge regionale 10 agosto 2010, n. 14, e disposizioni varie." (224)
(Pervenuto il 17 novembre 2010 e assegnato alla terza Commissione.)
Considerate le assenze in aula, sospendo la seduta per dieci minuti. Prego i Capigruppo di richiamare i consiglieri in aula.
(La seduta, sospesa alle ore 16 e 39, viene ripresa alle ore 16 e 52 .)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 96.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Cuccu - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla privatizzazione dell'acqua e dei servizi idrici introdotta dall'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito in legge 20 novembre 2009, n. 166, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
l'acqua è un bene essenziale ed insostituibile per la vita, e la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo;
l'acqua, essendo un diritto, non può essere considerata una merce, ma un bene comune e pubblico;
l'acqua, al pari dell'aria, essendo una risorsa fondamentale, deve essere nella disponibilità di tutto il genere umano;
con la risoluzione del 15 marzo 2006 il Parlamento europeo ha dichiarato che l'acqua è un bene comune dell'umanità e come tale l'accesso ad essa costituisce un diritto fondamentale della persona umana e ha chiesto che siano esplicitati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015;
nel paragrafo 5 della sua risoluzione dell'11 marzo 2004, il Parlamento europeo ritiene che, essendo l'acqua un bene comune dell'umanità, la gestione delle risorse idriche non debba essere assoggettata alle norme del mercato interno;
CONSIDERATO che:
la gestione del servizio idrico integrato in Italia è attualmente disciplinata dall'articolo 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
l'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, ha modificato l'articolo 23 bis della legge n. 133 del 2008;
col nuovo articolo 23 bis si procede in maniera decisa verso la privatizzazione dei servizi idrici espropriando l'acqua potabile dal controllo degli enti locali e dei cittadini, consegnando l'acqua al mercato con tutte le ripercussioni sociali che questo può generare;
il nuovo articolo 23 bis prevede l'affidamento della gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica a favore di imprenditori o società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica o, in alternativa, a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40 per cento e la cessazione degli affidamenti "in house" a società totalmente pubbliche, controllate dai comuni alla data del 31 dicembre 2011;
il provvedimento in questione è lesivo delle prerogative assegnate dalla Costituzione alle regioni;
RICONOSCIUTA l'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica,
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
1) ad impugnare, dinanzi alla Corte costituzionale, l'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
2) a porre in essere tutti gli adempimenti necessari a garantire che le quote di Abbanoa Spa rimangano di proprietà pubblica;
3) a chiedere al Governo la deroga prevista dal comma 3 dell'articolo 15 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135.)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.
CUCCU (P.D.). Signora Presidente, signori Assessori, colleghi, questa mozione arriva in Aula dopo essere stata presentata per ben due volte, la prima un anno fa, subito dopo l'approvazione da parte del Parlamento, con l'ormai abusato voto di fiducia, del decreto Ronchi, il quale, tra le altre misure, all'articolo 15 prevede: "Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica". Articolo apparentemente innocuo, ma che invece è un vero e proprio cavallo di Troia, utilizzato dal Governo Berlusconi per aprire la strada a speculazioni selvagge da parte delle multinazionali, che si butterebbero così a capofitto su quello che ormai è comunemente definito come "l'oro blu", con la conseguenza di oneri sempre più pesanti a carico dei cittadini.
In questi mesi, in quest'anno, poiché il decreto è del novembre dell'anno scorso, nel Paese, ma anche in Sardegna, si è aperta un'ampia discussione che ha portato l'argomento all'attenzione dell'opinione pubblica. In questi mesi i sindaci si sono mobilitati per cercare di evitare lo scippo che si sta perpetrando a danno dei propri cittadini. Il dibattito che movimenti spontanei, associazioni e forze politiche hanno animato ha fatto sì che, dati alla mano, si confutasse l'opinione diffusa che con la privatizzazione si sarebbero ridotti costi e tariffe. Le esperienze recenti ci hanno dimostrato che nei territori dove operano le grandi società non sono diminuite le perdite della rete idrica e tanto meno sono diminuite le tariffe, che spesso sono anzi lievitate. Il dibattito, dicevo, che si è animato in questi mesi ha consentito di ribadire con fermezza che l'acqua è un bene essenziale e insostituibile per la vita e che la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo. L'acqua, essendo un diritto, non può essere considerata una merce, ma un bene comune e pubblico, al pari dell'aria. Essendo, quindi, risorsa fondamentale deve essere nella disponibilità di ogni cittadino.
Anche il Parlamento europeo più volte si è pronunciato in questa direzione: con la risoluzione del 15 marzo del 2006 ha dichiarato l'acqua un bene comune dell'umanità, e come tale l'accesso a essa costituisce un diritto fondamentale della persona umana, e ha chiesto che siano esplicitati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015; nel paragrafo 5 della risoluzione dell'11 marzo 2004 ritiene che, essendo l'acqua un bene comune dell'umanità, la gestione delle risorse idriche non debba essere assoggettata alle norme del mercato interno. Invece il Parlamento italiano si muove in tutt'altra direzione: converte l'articolo 15 del decreto legge numero 135 del 2009 e modifica così l'articolo 23 bis della legge numero 133 del 2008, che attualmente disciplina la gestione del servizio idrico integrato in Italia. Con questo nuovo articolo 23 bis si procede in maniera decisa verso la privatizzazione dei servizi idrici, espropriando l'acqua potabile al controllo degli enti locali e dei cittadini e consegnando l'acqua al mercato, con tutte le ripercussioni sociali che questo potrà generare. La nuova versione dell'articolo 23 bis prevede l'affidamento della gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica a favore di imprenditori o società in qualunque forma costituite, individuati mediante procedure competitive a evidenza pubblica o, in alternativa, a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40 per cento e la cessazione degli affidamenti in house a società totalmente pubbliche, controllate dai comuni alla data del 31 dicembre 2011.
Noi pensiamo che questo epilogo vada scongiurato a tutti i costi. L'acqua, secondo noi, non è una merce, è un diritto umano e il servizio idrico è un servizio pubblico locale privo di qualsiasi rilevanza economica. E certo non ci tranquillizza, e anzi se è possibile ci allarma, il rigetto di questi giorni da parte della Corte costituzionale del ricorso presentato da alcune Regioni contro il decreto Ronchi. La Consulta ritiene inammissibili i ricorsi in quanto considera le regole che concernono l'affidamento e la gestione dei servizi idrici di competenza esclusiva statale, poiché inerenti alla materia di tutela della concorrenza. A nostro modesto avviso il servizio idrico integrato è un servizio pubblico essenziale, di interesse generale, senza alcuna rilevanza economica e pertanto non rientrante nella disciplina della libera concorrenza. A maggior ragione non dobbiamo avere tentennamenti. Consegnare l'acqua al mercato vuol dire mettere a rischio la democrazia. La storia ci ha insegnato che chi governa l'acqua comanda, ecco perché abbiamo insistito per portare questo dibattito all'attenzione del Consiglio regionale.
La mozione, nonostante il pronunciamento della Consulta, a nostro avviso rimane attuale, intanto perché il comma 3 dell'articolo 15 del decreto Ronchi consente l'affidamento del servizio idrico a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, qualora siano dimostrate peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento; consente, in sostanza, una deroga qualora si dimostri di avere queste caratteristiche. Noi pensiamo che la Sardegna abbia queste caratteristiche. Ha una popolazione di circa 1 milione 600 mila abitanti a fronte di un territorio piuttosto vasto, di oltre 24 mila chilometri quadrati, presenta una ciclicità di periodi siccitosi e comunque in genere scarsità di precipitazioni, presenta corsi d'acqua brevi a regime torrentizio, ha una morfologia e una distribuzione della popolazione da cui scaturisce un sistema di infrastrutture idrauliche notevolmente complesso. Ecco perché, a nostro avviso, da quest'Aula deve partire un impegno forte per rivendicare una deroga rispetto ai vincoli imposti dal decreto Ronchi, e va fatto subito perché il 31 dicembre 2011 scadono i termini per l'affidamento in house e anche perché questo decreto si innesta in un sistema gestito da un soggetto pubblico, Abbanoa, appesantito da un notevole indebitamento, da cui discende una forte esposizione finanziaria nei confronti degli istituti di credito e dei fornitori e allo stesso tempo di ingenti masse di credito difficilmente esigibili.
E' chiaro che una situazione di questo tipo deve preoccuparci, perché il rischio concreto è quello del fallimento del soggetto di gestione. Certo, se andiamo a parlare con i nostri cittadini non sentiremo dire bene di Abbanoa, però il fallimento cosa comporterebbe? Quali sarebbero i risultati per i nostri cittadini? Non certo un servizio più efficiente, né tanto meno l'acqua gratis per tutti. Senz'altro si andrebbe dritti verso una gara internazionale - il fallimento porterebbe a questo - per l'affidamento della gestione del patrimonio idrico a un soggetto privato, con l'assoggettamento, quindi, dell'acqua al libero mercato (esattamente quello che vorremmo scongiurare), con tutto quello che ciò comporterebbe sia in termini di costi che di gestione del servizio. Che interesse avrebbe un gestore privato a portare l'acqua a Baradili, che conta 98 abitanti, meno di un palazzo di Cagliari? E' chiaro che i costi non sarebbero sostenibili nel libero mercato.
Ecco perché, a mio avviso, da quest'Aula deve partire l'altro impegno concreto. Il primo impegno, a nostro avviso, è quello di chiedere la deroga per l'affidamento a un soggetto interamente pubblico, ma l'altro impegno deve essere quello di procedere a una seria ricapitalizzazione di Abbanoa, per scongiurare la scalata al nostro soggetto gestore, il che comporterebbe l'ingresso del privato. Dei due aumenti di capitale previsti nelle leggi finanziarie del 2007 e del 2008, per complessivi 34 milioni di euro, solo nel marzo del 2009 si è concluso il primo, per circa 19 milioni; il secondo aumento è ancora in corso, ma non basta, non è sufficiente. In questo contesto, poi, si è inserito in questi mesi il reiterato commissariamento dell'Autorità d'ambito, che di fatto esclude gli enti locali, comuni e province, ovvero le istituzioni più vicine ai cittadini, dal sistema delle scelte generali sull'acqua, dagli indirizzi politici ai controlli sull'acqua stessa. A questo si aggiunga che il Parlamento è intervenuto a modificare la normativa sulle Autorità d'ambito, prevedendo la loro abolizione e la cessazione delle funzioni a partire dal 1° gennaio 2011.
Pertanto, alla luce di questi fatti, diventa quanto mai urgente che incominciamo a ragionare su come garantire che gli indirizzi politici sull'acqua siano riportati in capo agli enti locali e che si individuino gli ambiti ottimali di gestione del servizio idrico integrato; ambiti che devono essere dimensionati in maniera tale che si determini il livello minimo dei costi medi unitari, dimensione oltre la quale si creerebbero inefficienze e diseconomie di scala. Ecco, penso che nel nostro dibattito dovremmo liberarci da ogni pregiudizio che è frutto dell'esperienza passata, da quello che abbiamo vissuto in questi anni con l'Autorità d'ambito o con il soggetto gestore unico. Se ci liberiamo da questi pregiudizi possiamo ragionare liberamente. E se abbiamo dei dati che dimostrano che il livello minimo dei costi lo si raggiunge con più ambiti se ne faranno quanti ne servono; se invece dovessimo raggiungere questi risultati con un solo ambito vorrà dire che provvederemo a farne uno solo, però liberiamoci dal pregiudizio di chi vuole mantenere quanto ha fatto con un soggetto unico, con un ambito unico, e di chi invece oggi è pronto a cancellare tutto, a fare un ambito provinciale o più ambiti. Ragioniamo, invece, su quello che serve ai cittadini, cioè la determinazione del costo medio più basso, e a quel punto avremo l'ambito ottimale che ci serve.
In chiusura - non utilizzo tutto il tempo a mia disposizione -, se c'è la volontà dei colleghi di discutere, se c'è anche la volontà della Giunta di ragionare insieme al Consiglio, potremmo prendere degli impegni: l'impegno a ottenere la deroga dal Governo per l'utilizzo del soggetto pubblico, perché pensiamo che il soggetto pubblico sia più idoneo a governare la risorsa idrica, l'impegno a ricapitalizzare seriamente Abbanoa, per evitare che ci sia una scalata da parte dei privati, e l'impegno per una nuova disciplina in materia di organizzazione del servizio idrico.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Ho già dato la parola all'onorevole Lotto.
STERI (U.D.C.). Alla prossima!
LOTTO (P.D.). Prego, è lo stesso. Io non ho problemi.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Lotto, le avevo già dato la parola.
LOTTO (P.D.). Presidente, l'argomento della gestione del servizio idrico integrato, che anima il dibattito nella nostra regione dal lontano 1995, è di grandissima rilevanza sia per l'importanza, di cui poi dirò, che l'acqua ha nella vita dei cittadini, sia per quello che in quasi tutti i comuni dell'Isola, ma anche dell'intera Nazione, essa ha rappresentato in termini di costi, di diseconomie legate a gestioni spesso sconsiderate, di passivi nascosti nei bilanci dei comuni, in parte rimediati negli anni passati, però ancora oggi dovuti in gran parte alle perdite della rete idrica, se è vero com'è vero che soltanto il 50 per cento dell'acqua che viene immessa in rete arriva agli utenti e si trasforma in bolletta, quindi in tariffa e in un rientro per chi gestisce questo servizio.
Il problema parte quindi da lontano, cioè da quando è stata emanata la legge Galli e in Sardegna è stato istituito, con legge regionale, l'ambito unico. L'obiettivo di fondo di entrambe le leggi, e comunque del dibattito che si è animato in quegli anni su questo argomento, partiva da una constatazione che nessuno ufficialmente contestava, e cioè che l'acqua è un bene essenziale e insostituibile, è un bene pubblico, e come tale non può essere considerato al pari di una qualsiasi merce oggetto del mercato classico, e l'accesso a questo bene è assolutamente un diritto per tutti i cittadini. La gestione del servizio idrico deve però rispondere - e su questo la legge Galli aveva imposto un percorso che modificava sostanzialmente quello che era accaduto fino a quegli anni - ai criteri di efficienza, razionalità ed economicità. Ecco perché, per esempio, nei comuni veniva premiato chi, per ottenere finanziamenti e per intervenire nella riqualificazione delle proprie reti idriche, costituiva società seppure di proprietà pubblica che però fossero gestite con criteri privatistici, cioè con criteri di efficienza ed economicità.
Ora, il problema è abbastanza complesso e non credo che faccia bene a nessuno strumentalizzarlo con superficialità, però non possiamo sposare la tesi che gestione pubblica significhi inefficienza e gestione privata significhi efficienza. Ci sono tantissimi esempi che dimostrano il contrario, così come tanti altri esempi confermano questo assunto. Serve, invece, creare le condizioni affinché questo bene pubblico, che sta diventando in Sardegna e nel mondo sempre più delicato per la sua importanza, venga gestito nel miglior modo possibile e nell'interesse unico e principale dei cittadini più che di chi lo gestisce. E la tariffa che viene imposta sia per la messa a disposizione dell'acqua e per la sua depurazione, sia per il servizio di fognatura, deve rispondere anch'essa a un criterio atto a compensare i costi che chi fornisce questo servizio sostiene.
Quello della tariffa è un altro argomento importante: in una regione come la Sardegna la tariffa non può che essere unica su tutto il territorio regionale, fatte salve le agevolazioni in favore di fasce sociali particolari, che però devono essere dislocate su tutto il territorio. Non è pensabile cioè che passi il messaggio, che pure qualcuno in alcune realtà cerca di far passare, che l'acqua è un bene dei comuni proprietari dei terreni in cui sono situati gli invasi. Questo non è per legge, ma non deve neanche passare come concezione o convinzione da parte del pubblico e dei cittadini. Gli invasi sono di proprietà di tutto il popolo sardo, vanno messi in connessione tra loro e vanno create le condizioni affinché ogni comune, dal più lontano al più vicino all'invaso, abbia lo stesso identico servizio. E di questo se ne deve fare carico l'intera comunità sarda.
In Sardegna, quindi, nacque a suo tempo, e fu una scelta abbastanza condivisa, l'ambito unico, da cui è derivata la costituzione, partendo da un'ottantina di società operanti in tutta l'Isola, tra cui la Siinos di Sassari e il Govossai di Nuoro, di una società unica per la gestione dell'intero servizio idrico in Sardegna, ovvero Abbanoa. Questo soggetto si è mosso con grandissime difficoltà, non è stato accompagnato come era previsto e come sarebbe dovuto essere, correndo un grande rischio, tant'è che oggi Abbanoa, a torto o a ragione, è invisa a tantissimi cittadini sardi. C'è un pessimo giudizio sul suo operato, però questo rischia di essere il peggior viatico verso quello che sembra essere l'obiettivo di qualcuno, che io spero non abbia la maggioranza dei consensi qua dentro, di utilizzare questa situazione di oggettiva difficoltà per privatizzare la gestione dell'acqua. In Sardegna questo non ce lo possiamo permettere, va detto con grande forza e convinzione. Le diverse soluzioni della gestione con una società mista o con una società privata sono, a mio parere, soluzioni che non rispondono alle esigenze della nostra realtà. Serve un provvedimento che crei le condizioni affinché ciò che la legge numero 135 del 2009 recita al comma 3 dell'articolo 15 venga assolutamente utilizzato da questa Regione. Come ben diceva il collega Cuccu poco fa, bisogna che quella deroga la Regione la chieda e la ottenga, però serve che la Giunta regionale di questo problema si faccia carico con convinzione, perché la deroga non arriva da sola e noi avremo tra qualche tempo neanche tanto lontano una gestione del servizio idrico che tantissimi di noi non vogliono, che senz'altro la maggioranza del popolo sardo non vuole. Forse qualcuno potrà avere interesse a che questo accada, ma senz'altro non il popolo sardo.
E allora bisogna, secondo me, che quel processo che a partire dal commissariamento dell'ATO è proseguito con l'espropriazione degli enti locali, che sono gli unici che hanno il diritto e il dovere di gestire il servizio idrico integrato in Sardegna, venga interrotto. E' un passaggio fondamentale. Non ci possiamo affidare, dicevo, a una società privata e nemmeno a una società mista con capitale privato non inferiore al 40 per cento, ma dobbiamo assolutamente mantenere il controllo pubblico. Questo non vuol dire che non dobbiamo razionalizzare il sistema, che non dobbiamo ricapitalizzare Abbanoa o che non dobbiamo adeguare il management. Queste sono risposte che dobbiamo assolutamente dare, però dobbiamo anche creare le condizioni per poterle dare. E allora, già a partire dalla legge che affronteremo in prima Commissione e in Aula nelle prossime settimane, credo serva da parte di tutta la maggioranza, oltre che della minoranza, una posizione convinta in difesa di un obiettivo, che è quello di fare in modo che l'acqua in Sardegna non sia un problema, ma una risorsa e come tale sia garantita a tutti i cittadini.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.). Mi sono iscritto a parlare.
PRESIDENTE. Si è iscritto a parlare, non per chiedere la verifica del numero legale.
Ha domandato di parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?
(Appoggia la richiesta il consigliere Steri.)
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Bruno, Cappai, Dessì, Mulas e Planetta sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 59 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.
E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Il giovedì è sempre un grave problema per l'attenzione del Consiglio regionale, peggio se siamo di sera, però vorrei amichevolmente dire ai colleghi: attenzione, se teniamo l'argomento che stiamo trattando prigioniero della nostra abitudine un po' burocratica di leggere i problemi collettivi rischiamo che la concezione dei beni collettivi venga ancora una volta compromessa in maniera irreversibile.
Parliamo oggi di acqua, ma potremmo, Assessore, parlare tranquillamente di aria, di vento, di terra, cioè di beni e di valori che sono incardinati nella nostra Costituzione, precisamente incardinati, perché da qui bisogna partire. Poi spiegherò perché indirettamente anche il Governo è consapevole di legiferare entro un limite che gli pone la Costituzione, perché è evidente che se il Governo, nella sua determinazione, inserisce una deroga a un provvedimento di privatizzazione sta ammettendo che c'è un vizio di costituzionalità, perché la deroga non può essere data a livello locale su di un bene di quella natura e di quel valore, perché sarebbe una contraddizione, sarebbe come tenere aperta una valvola. Anche per questo credo che sia importante una riflessione sull'opportunità di impugnare complessivamente questa norma per violazione della Costituzione.
Il bene di cui parliamo, l'acqua, è un bene costituzionale e quindi è corretto parlare di Costituzione prima che di tecnicismi, anche perché la Costituzione in questo momento è sotto attacco. E siccome avanza l'idea - e il provvedimento legislativo del Governo ne è un esempio - che in questo Paese esista una Costituzione reale diversa dalla Costituzione scritta, si legifera ipotizzando che esista una Costituzione inventata dal Presidente del Consiglio e dai suoi Ministri che dice esattamente l'opposto di ciò che afferma la Costituzione vigente. E lo spiego, lo spiego molto bene: la nostra Costituzione ha dodici principi fondamentali, incardinati al suo interno, ovvero la sovranità popolare, i diritti dell'uomo, i diritti di libertà e uguaglianza, il diritto al lavoro, le autonomie locali, la tutela delle minoranze linguistiche, i rapporti con la Chiesa (a dire il vero questo è poi il principio più contestato nella storia), la libertà religiosa, la condizione giuridica degli stranieri, il paesaggio e i beni naturali e ambientali, il ripudio della guerra e la bandiera. Cosa accade? Accade che nella dinamica costituzionale i beni acqua, aria e terra sono collocati sul piano più alto della tutela, esattamente su quel piano e non un gradino più sotto. E qualsiasi cosa dica Tremonti, anche in questo "capolavoro", non può che essere subordinata a quella tutela che è costituzionalmente garantita. Così come è garantito il bene collettivo perché è di utilità al cittadino, non può esistere che l'interesse economico prevalga sull'interesse generale.
Nella legge, poi, c'è un'aberrazione, si parla di "gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica". Immaginate, anche la libertà potrebbe essere in teoria un interesse pubblico di rilevanza economica, quindi la restringiamo perché non riusciamo a esplicitarla diversamente! Non si possono mettere in relazione le due cose, perché l'interesse economico è al di sotto dell'interesse pubblico, dell'interesse dei cittadini.
Allora, il punto è esattamente questo: cosa vogliamo fare? Vogliamo inseguire il Governo sul terreno della sovversione dei principi costituzionali in ordine a questi beni? Se facciamo questo non solo accettiamo che la Costituzione reale venga messa sotto attacco, ma dico anche di più: secondo me i titolari di questa competenza legislativa, tra l'altro, per natura e coerenza dovrebbero essere le Regioni. Secondo i principi generali assegnati dallo Stato, quindi dei principi costituzionali, dovrebbero essere le Regioni a legiferare sulle modalità di gestione dei beni collettivi. Perché? Per il semplice fatto che l'interesse pubblico, se è anche un interesse economico, è un interesse economico che, come ci insegna la crisi che abbiamo vissuto in questi anni, se viene affidato ai marchingegni di una finanza mal gestita mette persino a rischio e cancella il diritto pubblico a un bene collettivo, perché le società che verranno quotate si approprieranno dell'interesse di tutti in funzione dei propri interessi speculativi, per cui il rischio che oggi corriamo è un rischio vero.
C'è poi un problema di analisi della nostra esperienza, che tutti dicono essere Abbanoa. Intanto parto dall'idea che se condivido il ruolo pubblico che deve essere esercitato intorno a un bene intangibile, tutelato dalla Costituzione, devo anche dire subito ai comuni: non potete continuare a ragionare con la cultura che ci è derivata dall'editto delle chiudende, nel senso che tutto quello che si trova nel mio territorio è roba mia, perché è evidente che la tutela di un principio di valore universale se la voglio sottrarre allo Stato per rivendicarla alle Regioni, non la posso contemporaneamente riconoscere ad altri. C'è bisogno, quindi, di fare un ragionamento. Voglio dire, se il Comune di Abbasanta ha centomila fonti ha una responsabilità in più, ma non è padrone di quei beni; è soltanto custode di quel bene anche nel rendere un servizio agli altri e probabilmente una legislazione regionale metterebbe in condizioni quel comune, che forse non ha le risorse per utilizzare al meglio quel bene, a beneficio anche degli altri comuni, di poterlo gestire senza depauperare le proprie risorse. Ma questo non è mai stato fatto, ecco perché dico che la scelta di riarticolarci in uno o più ambiti è del tutto aperta; è un problema che riguarda la dislocazione della risorsa idrica e la modalità attraverso la quale la dobbiamo conservare, valorizzare e distribuire.
Il problema è semmai un altro: mentre i comuni fanno la voce grossa nella rivendicazione della proprietà, che è il portato di una cultura tipicamente sarda, appartiene al nostro legame con la terra, insomma siamo proprietari di tutto quello che tangibilmente è sotto i nostri piedi, dobbiamo anche ragionare sul fatto che i comuni vogliono la proprietà, ma non hanno quasi mai esercitato appieno la titolarità e il diritto a una riscossione esatta del valore di quel bene distribuito ai cittadini. E allora nel tempo abbiamo così generato un buco finanziario, che oggi si porta appresso persino una cultura, che è una cultura tipicamente di evasione, se me lo fate dire, perché chi distribuisce un bene pubblico ha il dovere di vigilare e di farsi remunerare per quello che offre. Mettendo insieme queste due cose i comuni possono essere coinvolti in questo sistema di responsabilità, ma anche di giusta riscossione di un bene. Non è un problema né di prezzo né di ambito unico o no; è un problema di organizzazione e di cultura che la Regione deve introdurre anche nella testa dei comuni, affinché cominciamo a essere, almeno a partire dall'acqua, davvero un'istituzione autonomistica unitaria, nel senso che distribuiamo le responsabilità a tutela di un nostro bene che non dobbiamo far gestire al ministro Tremonti, che spero, a beneficio del suo nome, sia accompagnato a un sereno "tramonto".
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Parlare oggi di acqua per dire se debba essere privatizzata o debba restare pubblica è veramente surreale, direi assurdo. Subiamo forse un processo alla Kafka, dove la vittima sa che deve morire, ma non sa di che morte morirà. Io non posso non affermare oggi, lo dico per onestà intellettuale, che la privatizzazione dell'acqua è iniziata con i sindaci del centrosinistra, lo devo dire, escluso i comunisti. Ricordiamoci bene di Veltroni e di Rutelli, che hanno privatizzato l'acqua a Roma, e ricordiamoci anche di Bologna. Anche in Sardegna l'ideatore della privatizzazione dell'acqua è un postcomunista, che tutti conosciamo bene. Dunque dobbiamo stare attenti con il linguaggio.
Negli ultimi anni sono state portate avanti politiche dell'acqua imposte dalla società multinazionale, in linea con le logiche di mercificazione e di privatizzazione. In questo modo l'acqua viene considerata non un bene pubblico, ma una merce in mano a pochi grandi gruppi industriali che agiscono nell'obiettivo della massimizzazione dei profitti. L'accesso all'acqua, quindi, sarebbe un bisogno che ciascuno deve cercare di soddisfare come può, non un diritto che deve essere garantito a tutti sulla base di un ragionamento che dovrebbe essere ovvio, ma che in pratica non lo è. L'acqua non è un prodotto o un bene economico qualsiasi, ma un bene di prima necessità, essenziale per la vita di ogni uomo, e la vita deve essere assicurata a tutti. L'acqua quale fonte di vita fa parte dei diritti inalienabili e non mercificabili che ognuno di noi acquisisce con la nascita.
La riforma del sistema delle risorse idriche portata avanti in Sardegna non è razionalmente comprensibile e risulta a tratti un'operazione paradossale. Abbanoa, unico soggetto gestore in Sardegna, a capitale interamente pubblico, è diversa formalmente da una società per azioni pubblica, ma presenta comunque il principio privatistico di una Spa, con l'obbligo di copertura tariffaria integrale, e per tutti i costi di gestione e le spese per gli investimenti deve attenersi al divieto di intervento finanziario pubblico diretto. La gestione in house di una Spa non le fa perdere la natura giuridica di società privata e neppure la finalità di lucro che ne definisce l'oggetto sociale. Il processo che si sta avviando in Sardegna è pertanto una privatizzazione a tutti gli effetti.
Il nuovo articolo 23 bis della legge numero 133 del 2008 avvia gli enti verso la privatizzazione del servizio idrico attraverso un vero e proprio atto di esproprio dell'acqua, quale bene essenziale di ogni cittadino, al controllo degli enti locali, considerando l'acqua alla stregua di un qualsiasi bene di scambio sul mercato, portando a una situazione insostenibile con tutta una serie di ripercussioni sociali. Infatti l'articolo in questione prevede l'affidamento della gestione dei servizi pubblici di grande rilevanza economica a imprenditori privati e società. Questo non può che essere lesivo delle prerogative costituzionali assegnate alla Regione. La stessa Costituzione riconosce l'acqua come un diritto umano; il servizio idrico integrato in qualità di servizio pubblico non deve perseguire obiettivi di interesse economico particolare. In una società l'acqua è un bene essenziale di vita per ogni suo componente, viene annoverata tra i diritti inviolabili dell'uomo e in quanto tale non può essere trattata alla stregua di una merce. Io mi ricordo l'esperienza di Parigi, che ha privatizzato l'acqua per tre anni e dove adesso l'acqua è pubblica, l'esperienza di Bordeaux e quella della Spagna. Copiamo quello che fanno loro, lasciandoci contaminare un po'.
Mi fermo qui perché non serve a niente, c'è un disturbo unico!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ladu. Ne ha facoltà.
LADU (P.d.L.). Rinuncio
PRESIDENTE. Ha domandato parlare il consigliere Francesco Meloni. Ne ha facoltà.
MELONI FRANCESCO (Riformatori Sardi). Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?
(Appoggia la richiesta il consigliere Steri.)
PRESIDENTE. Comunico che il consigliere Christian Solinas è rientrato dal congedo.
Seconda verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Floris Mario e Greco sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 59 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Poiché il Consiglio è in numero legale possiamo proseguire.
E' iscritto a parlare consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.). Signora Presidente, la mozione presentata dal collega Cuccu tratta il problema dell'acqua. E' indubbio che l'acqua costituisce non un diritto alla personalità, ma uno dei presupposti essenziali, con tutti gli altri componenti dell'ambiente, per consentire l'effettivo e pieno sviluppo della personalità. Questo ritengo che non sia contestabile da nessuno.
In questo caso, però, la mozione non pone il problema di discutere della natura e delle situazioni giuridiche del bene acqua, ma pone il problema di discutere della gestione del bene acqua. In questo dico subito che l'U.D.C. condivide totalmente la mozione presentata dal collega Cuccu. La posizione dell'U.D.C. si differenzia da quella degli altri partiti perché noi siamo totalmente e assolutamente contrari a ogni forma di privatizzazione; posizione che naturalmente è confermata dalla posizione assunta in sede di votazione alla Camera, dove siamo all'opposizione e dove abbiamo contrastato il provvedimento assunto dal Governo.
Fatta questa precisazione, bisogna parlare del sistema idrico integrato. La Regione sarda in prima battuta ha recepito la legge Galli con una sua norma di legge, introducendo l'ambito unico ottimale per tutta la Regione. Si è poi arrivati, attraverso un lungo percorso che è iniziato sotto la presidenza Pili e che si è chiuso sotto la presidenza Soru, alla gestione commissariale dell'ATO e poi all'istituzione della società Abbanoa, in origine Sidris. Questo sistema è frutto, quindi, della volontà politica sia di quella che oggi è la maggioranza, sia di quella che è l'opposizione. E' un meccanismo che è stato scelto non da una parte politica, ma da tutte le forze politiche oggi presenti in Consiglio, perché, ripeto, il percorso è iniziato sotto la Giunta Pili e si è concluso successivamente.
Qual è la particolarità del sistema Abbanoa? La particolarità del sistema Abbanoa è che questa società è stata istituita sotto forma di società in house, una delle prime ipotesi in Sardegna di utilizzo di questo sistema, che non era mai stato utilizzato in nessun'altra parte d'Italia, dove esistevano diversi ambiti ottimali provinciali che avevano affidato in gestione privata il servizio idrico, con un contenzioso e disfunzioni che non sto qui a elencare, perché sono a tutti ben noti. Il sistema Abbanoa è stato talmente apprezzato che il legislatore nazionale (governava il centrosinistra), nel redigere e poi modificare il decreto legislativo numero 152 del 2006 ha preso il sistema Abbanoa tale e quale e l'ha inserito in legge. Il sistema delle società in house introdotto nel decreto legislativo numero 152 è il sistema sardo. Questo a dimostrazione che la Sardegna ha idee ed è in grado di dare indirizzi utili per tutto il territorio nazionale.
Detto questo, mi onoro di aver collaborato alla stesura di questo meccanismo che io ritengo assolutamente adeguato e penso sia un errore abbandonarlo. Ciò non toglie che il sistema non funziona, ma non è che non funziona perché sia sbagliato teoricamente, è sbagliato il modo in cui è stato attuato. Noi abbiamo adottato questo sistema di corsa; sotto la presidenza Pili sono stati approvati lo schema tipo di convenzione e una serie di atti che sono stati approvati, ripeto, di corsa per non perdere la premialità europea. Quegli atti ovviamente sono oggi inadeguati a maggior ragione, quindi vanno rivisti. Il sistema non funziona perché gli atti che lo regolano e lo disciplinano non sono corretti.
Allora, bisogna: rivedere lo statuto dell'ATO e lo statuto della società Abbanoa, che, per dirne una, non disciplina in maniera adeguata il controllo analogo. Ricordo che la società in house è, né più né meno, una direzione dell'ATO, quindi noi dobbiamo disciplinare adeguatamente tutti questi compiti; dobbiamo riscrivere integralmente la convenzione, disciplinandola diversamente, disciplinando l'attribuzione di poteri espropriativi ad Abbanoa, per semplificare e accelerare le procedure. Si tratta di tutta una serie di interventi che devono essere messi in campo per migliorare il servizio.
Crisi finanziaria: la crisi finanziaria di Abbanoa deriva fondamentalmente, a mio avviso, da tre fattori. Primo: il Piano di bacino prevedeva che ogni anno si sarebbe dovuto assegnare un finanziamento ad Abbanoa. Non è mai stato assegnato. Secondo: con sentenza del Consiglio di Stato le tariffe di un anno sono state annullate, perché si è detto che valgono dal momento in cui vengono approvate, e siccome sono state approvate a novembre per quell'anno valgono da novembre in poi. Prendiamo atto della sentenza, ma ricordo che i comuni approvano le tariffe entro il termine di approvazione del bilancio e con efficacia retroattiva. Con tutto il rispetto dovuto alla giustizia, ovviamente, a mio avviso, questa sentenza non è condivisibile, però della stessa occorre prendere atto. Questo ha comportato in capo ad Abbanoa un obbligo restitutorio in relazione alle somme che sono state richieste. Non sappiamo a oggi chi abbia richiesto il rimborso e non mi risulta, del resto, che Abbanoa abbia provveduto d'ufficio a effettuare i rimborsi. Terzo: inefficienza del sistema Abbanoa. Questi sono i tre fattori che hanno determinato il deficit di Abbanoa. In questa situazione, a mio avviso, non si può assolutamente parlare di privatizzazione del sistema. Dobbiamo spostare l'attenzione sul fatto che è necessario rendere funzionale l'attività di Abbanoa, quindi il problema è un altro.
Il ricorso in Corte costituzionale avverso la legge nazionale è al primo punto, ma siccome la mozione è datata lo stesso non è più fattibile, perché sono scaduti i relativi termini. Sicuramente si può chiedere la deroga; sicuramente possiamo intervenire in sede legislativa. Qua c'è l'impegno espresso assunto dalla maggioranza a portare in Aula una legge che ridisciplini il sistema idrico integrato. In quella sede potremo ribadire che la Regione Sardegna, nell'ambito delle sue attribuzioni, delle sue competenze, vuole una gestione pubblica. Se il Governo non è d'accordo su questo, impugni la legge e vedremo in Corte costituzionale chi avrà ragione.
Quello che dobbiamo fare, ancora una volta, attesa la gravità della situazione, che inciderà sul bilancio regionale in maniera rilevante, è rimboccarci le maniche di gran carriera e rendere funzionale questo sistema.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (P.d.L.). Signora Presidente, se dovessimo affrontare il problema dell'acqua, credo che questa discussione non sarebbe certamente sufficiente e forse neanche necessaria. Lo ha dimostrato l'intervento dell'onorevole Steri, che ovviamente ha toccato aspetti che non sono strettamente connessi con quello che chiede la mozione. Infatti il Presidente della Regione dovrebbe: impugnare dinanzi alla Corte costituzionale l'articolo 15 del decreto legge numero 135, il che non ha più senso; porre in essere tutti gli adempimenti necessari a garantire che le quote di Abbanoa S.p.A. rimangano di proprietà pubblica. Quella legge rimane in piedi oppure la si modifica, altrimenti bisogna andare al terzo punto, che prevede la richiesta di deroga. Quindi il punto fondamentale di questa mozione rimane la richiesta al Governo della deroga prevista dall'articolo 15 del decreto legge numero 135. Questo è il problema. E' chiaro che nel dispositivo della mozione si dicono, poi, anche altre cose.
Io credo di conoscere bene la vicenda dell'ATO e di Abbanoa, perché ho partecipato alla nascita dell'ATO ed ero tra quelli che chiedevano più ambiti. Questa era la posizione politica di un gruppo politico di allora, il Gruppo di Alleanza Nazionale, che annoverava al suo interno, guarda caso, sindaci e amministratori provinciali. Nella fattispecie, l'onorevole Campus e io, che ero allora Presidente di provincia, eravamo contrarissimi all'ambito unico, perché avevamo previsto molte delle distorsioni che poi si sono verificate.
Ma neanche questo è l'argomento. L'argomento è la privatizzazione dell'acqua, perché è di questo che questa mozione vorrebbe parlare. E se si volesse parlare di questo, questa mozione credo che sia assolutamente insufficiente perché non tocca il problema. Quindi noi dovremmo chiederci esattamente: ma il decreto legge numero 135 privatizza l'acqua? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre, perché io da più parti sento dire ai cittadini che l'acqua verrà privatizzata. Leggo: "La legge sui servizi pubblici locali conferma il carattere pubblico del bene acqua. Non è vero che l'acqua possa essere privatizzata, l'acqua resta un bene amministrato". Questo lo dice la legge, quindi se è un bene amministrato non può essere privatizzato. "Restano saldamente nelle mani delle autorità pubbliche l'indirizzo e il controllo amministrativo (agli enti locali e agli ATO), la formazione delle tariffe, la proprietà degli acquedotti, degli impianti di depurazione, delle fognature e degli altri impianti. Il problema è rafforzare e lottizzare meno queste leve pubbliche di comando del sistema", cioè la gestione. Uno dei grossi mali dell'acqua non sono mai state le reti, perché alle reti si mette rimedio, alle perdite si può mettere rimedio. Se Milano ha il 10,3 per cento di perdite e la Sardegna ne ha ancora oggi il 46 per cento, questo è segno evidente che non c'è un problema di amministrazione dell'acqua, ma c'è un problema di interventi strutturali per quanto riguarda l'acqua.
Io non chiedo che la mozione venga rinviata o ritirata, dico che in questa materia non può essere solo questo l'argomento da trattare. Noi dobbiamo veramente decidere se l'ambito territoriale debba rimanere unico, perché è chiaro che il problema della Siinos di Sassari, il problema della società di gestione di Cagliari, il problema delle amministrazioni che hanno nel loro territorio il 70 per cento della produzione idrica regionale… Ci siamo dimenticati che il più grosso invaso della Sardegna, il lago Omodeo (900 milioni di metri cubi d'acqua), insiste in un unico territorio, che però è approvvigionato da altri territori? E per tutti gli altri territori è la stessa cosa. E' possibile che le amministrazioni su questo non abbiano fatto nessun tipo di battaglia? O meglio due amministrazioni avevano fatto una battaglia a suo tempo, ma nessuno si è accodato, perché nessuno voleva ambiti separati, tutti volevano l'ambito unico, compresa l'amministrazione regionale di allora.
Certamente c'era una visione diversa che noi abbiamo accettato, nonostante fosse in atto un grande movimento che prevedeva almeno quattro ambiti territoriali ottimali, che facevano capo ai bacini idrici più importanti della Sardegna. Questo non è stato fatto, c'è sicuramente da mettere mano a questa materia per evitare gli sprechi di Abbanoa, per evitare che l'ATO si comporti come si è comportato fino a quando non è stato commissariato, bisogna certamente intervenire, però dobbiamo essere onestamente e intellettualmente corretti e non dire che una parte politica piuttosto che un'altra vuole privatizzare l'acqua, perché questo non corrisponde assolutamente al vero! Questa in altri termini l'avrei definita una menzogna, mi limito a dire che è un'inesattezza che non può essere veicolata all'esterno. L'acqua non può essere privatizzata, fermo restando questo principio, se c'è da votare un ordine del giorno nel quale si chiede la deroga sulla base dell'ultimo comma della mozione, credo che possiamo confrontarci e anche trovarci d'accordo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (P.D.). Signora Presidente, facendo riferimento all'ultimo intervento dell'onorevole Diana, credo che bene abbia fatto il collega Cuccu a offrirci questa occasione di discussione. Vede, onorevole Diana, qui c'è una minoranza responsabile che tra la giornata di ieri e quella di oggi ha dimostrato di saper stare in aula, di collaborare quando c'è unità di intenti su riforme utili ai sardi, di porre questioni e riflettere sulle riforme anche in maniera critica o autocritica se occorre. Quindi credo che vada dato atto a questa minoranza di aver posto in questi giorni delle questioni rilevanti, dalla scuola alla legge numero 162 e oggi all'acqua, sulle quali si correva il rischio di glissare e sulle quali, a nostro avviso, per superficialità e per fretta la Giunta regionale e la maggioranza che guidano la Regione correvano il rischio di fare grossi errori.
Noi, onorevole Diana, non portiamo una posizione precostituita; abbiamo una posizione laica. Anche nel nostro Gruppo le posizioni sono variegate, sia sull'ambito unico sia sull'eventuale ruolo di società miste. Personalmente non aderirò né al referendum nazionale contro la legge Galli, perché lo ritengo strumentale e demagogico, in quanto non credo che il privato sia l'origine dei mali così come non ritengo che lo sia il pubblico, né ad altri referendum regionali. Però su un punto - e mi rivolgo a tutti i colleghi, in particolare a quelli della maggioranza - siamo tutti d'accordo in questa minoranza: l'effetto e l'impatto delle riforme si valutano quando le riforme sono effettivamente completate.
Allora a noi pare che voi abbiate una fretta sospetta di tirare le somme delle riforme fatte. Cito, per esempio, la riforma sanitaria, con le ASL commissariate da oltre un anno, senza vederne dispiegare gli effetti. Peraltro le ASL non avevano fatto neanche tutti i piani strategici. Oggi, con la fretta di commissariare e in qualche caso, come ci spiega la magistratura, di affidare frettolosamente gli appalti, si commissaria anche l'ATO senza avere un'idea chiara di dove si voglia arrivare, come avete dimostrato anche oggi nel corso della discussione.
Colleghi, su un punto noi speriamo di trovare con voi l'accordo: le riforme si valutano a ciclo di riforma completato. Questo non vale solo per le politiche pubbliche, ma vale per qualsiasi ambito delle attività organizzative e imprenditoriali che mettiamo in campo. Se riflettiamo sulla grande riforma che abbiamo fatto sull'acqua, che è partita da sette società, da duecento gestioni in economia, da un sistema di raccolta che non era sinergico, in cui si lottava per trasferire l'acqua da un bacino all'altro, dobbiamo ammettere che questa riforma - mi rivolgo all'assessore Sannitu, che so essere persona assai attenta e competente - non l'abbiamo mai completata. Siamo partiti dicendo che dovevamo ricapitalizzare Abbanoa con 102 milioni di euro - poi dirò qualcosa su Abbanoa, perché quando diciamo che questa società va male vorrei capire in che cosa va male - e invece l'abbiamo ricapitalizzata con soli 19 milioni. Nel Piano d'ambito del 2002, cioè di un'era politica fa, quando ancora c'era una dispersione di organismi gestionali spesso non dialoganti tra loro, avevamo previsto debiti per 35 milioni di euro e abbiamo trovato un disavanzo di 150 milioni, avevamo previsto consumi per 150 metri cubi e invece i consumi sono risultati assai più modesti.
Allora, avendo fatto una riforma importante e impegnativa, abbiamo la responsabilità di portarla a compimento. Non abbiamo rivisto le tariffe idriche, non le abbiamo adeguate all'inflazione. Le tariffe applicate da Abbanoa, checché se ne dica, sono tra le più basse d'Europa: 60 centesimi a metro cubo. A Berlino si paga l'acqua 4 euro e mezzo a metro cubo! Allora perché va male Abbanoa? Perché a qualcuno si è chiesto di cominciare a pagare le bollette? Ma lo sappiamo che c'è una correlazione lineare tra il costo dell'acqua e i consumi? E' possibile che a Berlino il consumo pro capite annuale sia la metà di quello sardo e che gli abitanti di quella città non si facciano la doccia? Io mi pongo queste domande. Di che cosa stiamo parlando? Dobbiamo tenere un sistema selvaggio che alla fine penalizza i più deboli, perché chiede i soldi a chi non ne ha, rinunciando a far pagare chi può?
Io credo, Assessore, che laicamente noi non dobbiamo oggi precostituire delle soluzioni o aprire discussioni sugli ambiti, che a mio avviso possono essere aperte semmai in una fase successiva. Personalmente sostengo la scelta dell'ambito unico, credo che sarebbe un grave errore tornare indietro. Immaginiamoci cosa vorrebbe dire in Sardegna avere quattro ambiti: quattro società di gestione, quattro Autorità d'ambito! Cioè, in un mondo in cui la politica dice di voler semplificare, noi moltiplichiamo gli apparati, moltiplichiamo le poltrone anche in un contesto territoriale che potrà essere vasto, ma conta soltanto 1 milione e 600 mila abitanti! Credo che quella sarebbe una controriforma. Ci sono colleghi che non la pensano come me, io rispetto la loro idea, ma su che base ci confrontiamo, su una riforma a metà o su una riforma che vogliamo portare finalmente a compimento?
Assessore, noi dobbiamo chiedere la deroga innanzitutto perché quando si inizia una riforma, ammesso anche che si voglia arrivare alla privatizzazione, la si deve portare a termine. Se, per esempio, vogliamo vendere una casa cosa facciamo? La presentiamo al compratore con le porte abbattute, piena di calcinacci e di immondizia oppure cerchiamo di ripulirla, tinteggiamo le pareti, facciamo crescere qualche pianta nel giardino e gliela facciamo vedere alla luce del giorno per evidenziarne la luminosità? Come è possibile che oggi diamo per scontato di cedere delle quote a privati in un contesto in cui la riforma fatta non è stata ancora valorizzata e i benefici della scelta del gestore unico del sistema idrico non si sono ancora dispiegati completamente?
Io credo che sarebbe sbagliato innanzitutto economicamente, perché svenderemmo; sarebbe sbagliato perché non conoscendone il valore esatto faremmo un regalo a qualcuno che certamente poi non ci renderebbe il favore e ci farebbe pagare a caro prezzo, questa volta sì, perché non abbiamo completato la riforma, la nostra volontà di non spendere più denari pubblici.
Assessore, noi siamo favorevoli al completamento della riforma e chiediamo un impegno solenne alla Giunta per completare la ricapitalizzazione di Abbanoa e per rivedere con urgenza il Piano d'ambito, scegliendo la strada più opportuna. Non so se questa strada possa essere una nuova legge, ma noi innanzitutto vogliamo chiedere la deroga al Governo, perché siamo favorevoli a mantenere Abbanoa così com'è e a fare in modo che funzioni. Se serve cambiamo il management, se serve portiamo professionalità al suo interno, ma completiamo la riforma. Certamente non vorremmo, Assessore, che con la scorciatoia dell'emergenza, con la scorciatoia dei debiti, che non rappresentano niente di nuovo, perché sapevamo che c'era questo rischio, espropriassimo i comuni di una loro competenza attraverso proposte di legge frettolose, in cui magari il ruolo dei rappresentanti dei comuni diventa assolutamente marginale. Prima di addentrarci in nuove soluzioni, facciamo funzionare quello che abbiamo. Chiediamo la deroga, ricapitalizziamo Abbanoa, salvaguardiamo quella grande riforma e poi insieme, a partire dalle proposte in Commissione, lavoriamo per scegliere la riforma migliore veramente nell'interesse dei sardi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore dei lavori pubblici.
SANNITU, Assessore tecnico dei lavori pubblici. Signora Presidente, il dibattito verte su un argomento davvero interessante, che appassiona un po' tutti e ha appassionato nel tempo tanti di noi. Sentendo parlare il consigliere Diana e tanti altri di voi, ricordo che anch'io su questa battaglia ho cercato di svolgere un ruolo importante da Assessore dell'ambiente della Provincia di Sassari, quando nel 2002-2003 ci si batteva perché si riteneva che l'ambito unico non fosse la scelta strategica giusta per rispondere a una pianificazione fondamentale della risorsa, credo, più importante soprattutto in una realtà ambientale come quella sarda, in una regione al centro del Mediterraneo con peculiarità di tipo ambientale che sono uniche e meritano un approfondimento prima di fare scelte così incidenti sull'utilizzo futuro della risorsa stessa. Anch'io ero contro l'ambito unico e con le province, con tutte le province, ho fatto tante battaglie, chiamando a raccolta tutti gli amministratori locali, però, poi, ciò che è scaturito dalle scelte del Consiglio regionale di allora e da quelli successivi, che l'hanno comunque condiviso, ha portato alla definizione di un unico ambito e di un unico soggetto gestore.
Riprendendo un po' tutti gli interventi che si sono susseguiti, io non sarei molto d'accordo sul fatto che non ci debbano essere rivendicazioni da parte di comunità o comunque di comuni che, per il famoso principio della perequazione, chiedono che venga riconosciuto il sacrificio che essi fanno per la conservazione e la tutela di una risorsa così delicata e importante. Credo che questo principio debba essere richiamato e con forza sostenuto. Credo che nessuno debba, in qualche maniera, portare avanti quelle che sono probabilmente delle deformazioni che derivano da una ricerca del possesso, della proprietà, però la rivendicazione di un certo diritto alla perequazione per chi conserva e tutela la risorsa idrica e fa sacrifici per arrivare a questi obiettivi, a mio avviso, deve essere sostenuta.
Comunque siamo arrivati a questo momento e la situazione attuale la conosciamo tutti. Emerge un sostanziale fallimento della riforma che è stata fatta, perché l'ambito unico e il gestore unico hanno condotto alla situazione nella quale ci troviamo, perché la gestione del servizio idrico, in effetti, non ha portato all'efficienza, all'efficacia e all'economicità degli interventi, ma ha prodotto risultati non soddisfacenti, e questo emerge in tutti i passaggi.
Che cosa si deve fare oggi? Naturalmente è stato presentato ed è all'attenzione del Consiglio un disegno di legge, il numero 191, che risponde ad alcune esigenze che derivano dalla normativa nazionale e internazionale, per la quale è opportuno intervenire per sostituire l'Autorità d'ambito così come concepita dalla legge numero 29, in recepimento della legge Galli, che prevedeva un organismo pletorico che comunque non poteva reggersi. Il disegno di legge risponde a esigenze di modifica dell'impostazione concettuale del soggetto gestore, che deve recuperare gli elementi di efficienza nell'erogazione di un servizio che è strategico e fondamentale. Quindi è alla vostra attenzione un disegno di legge della Giunta che riteniamo debba essere al più presto analizzato, discusso e approvato da parte del Consiglio. Trra l'altro risponde anche ad alcune esigenze che molti di voi hanno richiamato, come la ricapitalizzazione del soggetto gestore, perché poi, credo sia opportuno concentrare oggi l'attenzione, al di là delle volontà e dei sentimenti che animano ciascuno di noi, proprio sul soggetto gestore. Vi ho ricordato che a suo tempo feci delle battaglie in favore della definizione di più ambiti, piuttosto che dell'ambito unico. Oggi, però, credo sia particolarmente difficile riprendere quella discussione, non foss'altro perché di acqua nelle condotte idriche di Abbanoa e della Sardegna ne è passata tanta, come sotto i ponti. Quindi ritengo molto pericoloso non affrontare quello che è un problema serio di fronte al quale oggi ci troviamo, rappresentato da Abbanoa, che si ritrova con un'esposizione finanziaria enorme e quindi ha grosse difficoltà a mandare avanti la gestione del servizio idrico.
Il disegno di legge che propone la Giunta consente al soggetto gestore, Abbanoa, con uno stanziamento di 14 milioni di euro per la sua ricapitalizzazione e con la disponibilità di 50 milioni di euro per un fondo di garanzia, di presentarsi al sistema bancario con una maggiore liquidità e quindi anche con una maggiore capacità di negoziazione, per trasformare il debito a breve termine in debito a medio-lungo termine, al fine di poter recuperare alcune capacità finanziarie che oggi sono venute meno.
Nel merito della mozione è difficile contraddire quanto ha detto il consigliere Steri, con cui concordo totalmente. E' chiaro che anche una parziale privatizzazione, in base al decreto Ronchi, potrebbe preordinare un maggiore efficientamento nella gestione del servizio idrico. Per principio sottoscriverei totalmente quanto ha detto l'onorevole Steri, pertanto, per quanto riguarda me personalmente e la Giunta, chiedere una deroga, giustificandola con l'eccezionalità delle condizioni della nostra realtà territoriale, credo sia una strada che può essere perseguita. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, per quanto riguarda la mozione noi siamo soddisfatti, perché ha suscitato comunque un dibattito su un tema che ci sta molto a cuore. Forse arriviamo a conclusioni o perlomeno partiamo da considerazioni differenti sui risultati delle riforme che hanno portato alla definizione dell'ambito unico e del gestore unico. E' vero che i risultati non possono ritenersi soddisfacenti se facciamo riferimento a quella che è la percezione e la considerazione che i cittadini hanno di Abbanoa, e questo penso sia inconfutabile. Diverso è il discorso se invece la nostra soddisfazione o insoddisfazione la facciamo partire da quello che c'era prima, perché prima c'era una miriade di gestori, alcuni efficienti altri meno, che comunque attingevano, anno per anno, a risorse pubbliche per ripianare le perdite. Quindi la gestione sociale dell'acqua comportava costi che ricadevano comunque sulla finanza pubblica.
Oggi ci siamo liberati, o ci saremmo liberati, anno per anno, delle risorse che inserivamo in bilancio per rifinanziare l'ESAF; ogni singolo comune si è liberato delle risorse che inseriva in bilancio per rifinanziare le società municipalizzate o si è liberato delle risorse che stanziava per la gestione diretta del servizio idrico, gestione che in alcuni comuni ricadeva addirittura interamente sulla fiscalità pubblica. Se partiamo da cosa c'era prima, possiamo dire che non siamo completamente soddisfatti, ma che comunque un passo avanti è stato fatto. Far discendere la necessità di più ambiti o di più gestori da una considerazione parziale di quella che è l'esperienza di Abbanoa in questi anni ci può condurre a considerazioni errate.
Il nostro ragionamento deve partire, invece, da quelli che sono i risultati attesi per i nostri cittadini. Io penso che l'ambito ottimale sia quello che garantisce il costo più basso e il servizio migliore per i cittadini. Allora, se gli ambiti ottimali che garantiscono il costo più basso e il servizio migliore per i cittadini sono otto, io penso che dovremmo farne otto; se gli ambiti ottimali che consentono un servizio migliore e un costo più basso della risorsa idrica per i cittadini sono quattro, dovremmo farne quattro. Ma non dovremmo avere preclusioni a fare un solo ambito ottimale qualora questo garantisse un costo più basso e un servizio migliore. Penso che preclusioni di questo tipo non dovremmo averne, e questo lo vedremo quando affronteremo la legge di riforma del servizio idrico.
Qui facciamo un dibattito, facciamo delle considerazioni, anche di principio, ma il principio ci può portare fuori strada se facciamo un ragionamento di questo tipo. Lo stesso ragionamento lo dovremmo fare per quanto riguarda il gestore, perché ambito e gestore non sono la stessa cosa, non necessariamente devono coincidere. Un ragionamento di questo tipo anche sul gestore ci porterà sicuramente a individuare la forma e la dimensione migliore del gestore, perché per quanto riguarda la forma penso che il capitale debba essere sempre e comunque nelle mani dei comuni, quindi del pubblico, ma sulla dimensione possiamo ragionare, sempre tenendo conto di quella che riteniamo sia la dimensione ottimale per avere un costo più basso e un servizio migliore per i cittadini. Idem dovremmo dire per quanto riguarda il discorso del coinvolgimento dei comuni o le rivendicazioni che essi portano avanti, anche lamentando una scarsa perequazione rispetto ai costi che hanno sostenuto, rispetto anche al gravame derivante dall'avere dei bacini o dei pozzi nel proprio territorio. Noi possiamo tener conto di una giusta perequazione, ma non possiamo prescindere dal fatto che comunque l'acqua è un bene pubblico di tutti e non di chi la capta, perché diversamente avremmo territori con disponibilità d'acqua e territori senz'acqua, mentre noi dobbiamo garantire che tutti usufruiscano di questa risorsa. Poi troviamo le misure di perequazione, però la priorità deve essere un'altra, appunto quella di garantire l'acqua a tutti. Comunque penso che su questi argomenti ci torneremo.
Vorrei fare una proposta all'Aula su questa mozione. Visto che su alcuni punti abbiamo tutti convenuto, su altri no, propongo di votare per parti, tenendo conto che il primo punto degli impegni, l'ho già detto nell'illustrazione, è venuto meno dal momento che avantieri la Corte costituzionale si è pronunciata ritenendo inammissibili i ricorsi della Puglia, dell'Emilia-Romagna e di altre Regioni. Non so, Presidente, se tecnicamente possiamo ritirare questo punto o se dobbiamo votare contro.
PRESIDENTE. Scusi, ero un attimo distratta.
CUCCU (P.D.). Non si preoccupi. Dicevo che non so se il primo punto, che è venuto meno proprio perché avantieri la Corte costituzionale ha ritenuto inammissibili i ricorsi di altre Regioni, possa essere cancellato o debba essere per forza votato. Tecnicamente le sto chiedendo una mano. Mi sembra di percepire che ci sia l'unanimità dell'Aula sul terzo punto. I primi due punti potremmo anche ritirarli, se tecnicamente possono essere ritirati.
PRESIDENTE. Possono essere ritirati.
CUCCU (P.D.). Allora il primo e il secondo punto del dispositivo della mozione li ritiriamo e ritiriamo anche la parte da "il provvedimento" sino a "rilevanza economica", alla fine della prima pagina, in modo che la mozione possa essere votata all'unanimità.
PRESIDENTE. Rimangono quindi le parti che cominciano con "premesso" e "considerato", tranne l'ultimo capoverso, viene eliminata la parte che inizia con "riconosciuta" e vengono infine eliminati i primi due punti del dispositivo.
Ha domandato di parlare il consigliere Cossa. Ne ha facoltà.
COSSA (Riformatori Sardi). Presidente, credo sia il caso di interrompere per qualche minuto, perché stiamo trattando una materia molto complessa e nella mozione ci sono parti condivisibili, ma ci sono anche parti che sono incostituzionali e che non sono quindi condivisibili. Sul dispositivo siamo d'accordo, ma ci sono alcuni punti della parte "considerato" che secondo me è bene eliminare. Se sospendiamo la seduta per tre minuti, stando in aula, possiamo confrontarci con il collega Cuccu e arrivare a un testo condiviso.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Chiedo la verifica del numero legale, prima della sospensione.
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, pensavo che lei volesse esprimersi sulla sospensione, altrimenti non le avrei dato la parola.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Avevo chiesto di parlare prima dell'onorevole Cossa. Può verificare.
PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta dell'onorevole Cuccureddu?
(Appoggia la richiesta il consigliere Steri.)
Terza verifica del numero legale
PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.
(Segue la verifica)
Prendo atto che i consiglieri Meloni Francesco e Sanjust sono presenti.
PRESIDENTE. Sono presenti 53 consiglieri.
Risultano presenti i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.
Come richiesto, sospendo la seduta per cinque minuti. I lavori riprenderanno alle ore 18 e 20.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 14, viene ripresa alle ore 18 e 24 .)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, le comunico il ritiro di alcune parti.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cuccu. Prego i colleghi di prendere posto e di prestare un attimo di attenzione, perché l'onorevole Cuccu sta esplicitando una richiesta di votazione per parti, con ritiro di alcune parti contenute nella mozione. Prego.
CUCCU (P.D.). Ritiriamo il terzo e l'ultimo capoverso della parte che inizia con "considerato" e i primi due punti del dispositivo. Chiediamo la votazione separata di tre parti: la prima è costituita dai paragrafi "premesso" e "considerato", la seconda dal paragrafo "riconosciuta" e la terza dal punto 3 del dispositivo.
PRESIDENTE. Colleghi, se è tutto chiaro, dichiaro chiusa la discussione.
Procediamo alla votazione.
Ha domandato di parlare il consigliere Cappai. Ne ha facoltà.
CAPPAI (U.D.C.). Chiedo la votazione nominale.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della prima parte della mozione numero 96.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Peru, Randazzo, Solinas Antonio e Uras hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 54
votanti 53
astenuti 1
maggioranza 27
favorevoli 53
(Il Consiglio approva).
Metto in votazione la seconda parte della mozione, comprendente il paragrafo "riconosciuta".
Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (P.d.L.). Chiedo la votazione separata della parte: "riconosciuta l'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale".
PRESIDENTE. Non è possibile, perché non possono rimanere da sole le parole "privo di rilevanza economica".
DIANA MARIO (P.d.L.). Possono rimanere.
PRESIDENTE. Onorevole Diana, non è possibile. Le singole parti devono avere contenuto normativo autonomo, per cui le sole parole "privo di rilevanza economica" non hanno alcun significato.
DIANA MARIO (P.d.L.). E infatti non ne hanno.
PRESIDENTE. Sì, ma non si può mettere in votazione solo la parte sino a "servizio pubblico locale".
DIANA MARIO (P.d.L.). In questo caso annunciamo su questa seconda parte il voto contrario.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Intervengo per aiutare, perché la volontà che era stata ricercata e trovata è quella di consentire al Consiglio di riconoscere l'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale. Se votassimo solo questa dicitura, onorevole Diana, già sopprimendo la parte relativa a "privo di rilevanza economica" otterremmo questo risultato.
PRESIDENTE. Onorevole Uras, l'unica possibilità è che l'inciso "privo di rilevanza economica" venga ritirato dal proponente, altrimenti io non posso ammettere la votazione per parti.
URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Allora il proponente ritira le parole "privo di rilevanza economica". Il paragrafo finisce con la parola "locale", così votiamo il senso della mozione.
PRESIDENTE. Onorevole Cuccu, ritira l'inciso?
CUCCU (P.D.). E' ritirato.
PRESIDENTE. Le parole "privo di rilevanza economica" sono eliminate.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della seconda parte della mozione numero 96.
(Segue la votazione)
Rispondono sì i consiglieri:Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Si è astenuta: la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 53
votanti 52
astenuti 1
maggioranza 27
favorevoli 52
(Il Consiglio approva).
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della terza parte della mozione numero 96.
(Segue la votazione)
Prendo atto che il consigliere Steri ha votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri:Agus - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
Si è astenuta la Presidente Lombardo.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 55
votanti 54
astenuti 1
maggioranza 28
favorevoli 54
(Il Consiglio approva).
PRESIDENTE. Il Consiglio regionale deve procedere all'elezione suppletiva di due componenti del Collegio dei revisori dei conti dell'Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Cagliari, in sostituzione di Raimondo Dessì e Maria Carmela Sirigu, dimissionari.
Si procederà con un'unica chiama. Verranno consegnate due schede: una rossa per la sostituzione di Dessì e una verde per la sostituzione di Sirigu. Ogni consigliere scriverà un nome scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili, di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, numero 88. Risulteranno eletti coloro che avranno ottenuto il maggior numero di voti.
PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto per schede per l'elezione di due componenti del Collegio dei revisori dei conti dell'Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Cagliari.
Prego i Segretari di procedere alla chiama.
(Segue la chiama e lo spoglio delle schede)
Hanno partecipato alla votazione: la Presidente Lombardo - Agus - Barracciu - Ben Amara - Campus - Capelli - Cappai - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Marco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Uras - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 54
astenuti 54
Non avendo avuto esito, la votazione è rinviata a una prossima seduta.
I lavori odierni si concludono qui. Comunico che è convocata immediatamente la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Il Consiglio verrà riconvocato a domicilio.
La seduta è tolta alle ore 18 e 53.